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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II”
FACOLTÀ DI SCIENZE MM.FF.NN.
TESI DI LAUREA IN FISICA
Una metodologia per la determinazione del livello di
detezione di una rete sismica.
Anno Accademico 2005-2006
RELATORI:
Prof. A.Zollo
Dott. A.Emolo
CANDIDATO:
Simone Lepore
Matricola 060/860
Indice
Introduzione 1-5
Capitolo 1: Il rumore sismico. 6-22
1.1 Introduzione al rumore sismico. 6
1.2 Il livello di rumore ad una stazione sismica. 12
1.3 Lo studio degli effetti di sito. 20
Capitolo 2: La sorgente sismica. 23-49
2.1 Gli effetti alla sorgente della generazione di un terremoto. 23
2.2 Le conseguenze della propagazione delle onde sismiche. 26
2.3 Il modello cinematico di Haskell. 32
2.4 Il modello dinamico di Madariaga. 43
2.5 Lo spettro di ampiezza della velocità del moto del suolo. 49
Capitolo 3: Elaborazione dei dati sperimentali. 50-81
3.1 Descrizione di una generica stazione sismica. 50
3.2 Spettri di Fourier del rumore sismico. 52
3.3 Spettri di velocità del moto del suolo associata a terremoti. 65
3.4 Confronto tra gli spettri del rumore e quelli dei terremoti. 71
3.5 Curve di rivelazione di un terremoto. 80
Conclusioni 82-85
Appendice A: Gli strumenti di una stazione sismica 86-91
A1 Il sensore elettromagnetico. 86
A2 L’ADSP (Analog/Digital Signal Processing). 88
A3 Il temporizzatore (TIMER). 89
A4 La memoria. 90
A5 Conversione conteggi-velocità. 90
Bibliografia 92-96
1
Introduzione
L’obiettivo di questo lavoro di tesi è la determinazione del livello di identificazione
(“detezione”) dei terremoti attesi ad una stazione sismica o ricevitore. Nella descrizione
di una metodologia per stabilire questo livello, è importante definire il rumore sismico,
il terremoto e la soglia di detezione. Il rumore sismico è un segnale risultante da un gran
numero di processi di origine artificiale (traffico e macchinari industriali, ad esempio) e
naturale (il vento e l’acqua che scorre, ad esempio). Ne consegue che questo è un
fenomeno stocastico, con un’ampiezza indeterminabile ad un certo istante di tempo e
luogo. Il terremoto, invece, è un’improvvisa emissione dell’energia di deformazione
accumulata in prossimità di una superficie di discontinuità che separa due comparti di
differente materiale (definizione geofisica di “faglia” sismica). Questa emissione di
energia avviene nella litosfera, lo strato più esterno della Terra. La soglia di detezione,
infine, è un particolare valore del rapporto tra gli spettri di ampiezza del terremoto e del
rumore sismico. Tutti i terremoti che presentano un valore di questo rapporto maggiore
di quello di soglia, saranno identificabili ad un ricevitore: in altre parole, si distinguono
dal rumore sismico presente alla stazione. La problematica che sarà presentata nel
lavoro di tesi, è stabilire se, una volta che è stato determinato il livello di rumore
sismico ad una stazione, è possibile identificare un terremoto caratterizzato da una certa
caduta di sforzo statico, da una determinata magnitudo, e che si è verificato ad una certa
distanza dal sito di acquisizione. La magnitudo di un terremoto è direttamente collegata
con l’ampiezza massima di una fase delle onde sismiche sul sismogramma: di
conseguenza, è relazionata con l’energia di un terremoto. Il sismogramma, invece, è la
descrizione nel tempo del segnale associato ad un terremoto. La caduta di sforzo statico,
infine, è una variazione dello sforzo (forza per unità di area) cui è sottoposta una faglia
sismica.
Il livello di riconoscimento di un sisma è un’importante proprietà di primo ordine
di una rete o stazione sismica. Lo studio del livello di detezione dei terremoti ha
2
rappresentato, in letteratura, una parte importante nell’identificazione di eventi sismici
attraverso test nucleari [Ringdal (1975), Evernden (1986), Sereno & Bratt (1989),
Kvaerna & Ringdal (1999) ] alle distanze regionali (150 2000km r km< < ), ma non ha
riscosso ancora molto interesse nell’identificazione a distanze locali ( 150r km≤ )
all’interno di una rete sismica [Seggern (2004) ]. Questo secondo punto è quello che
sarà sviluppato in questa tesi, poiché la distanza massima dal sito di acquisizione che
sarà considerata in questo lavoro di tesi è 150 km .
Lo studio del rumore sismico è un argomento che è stato sviluppato in letteratura
fin dagli anni sessanta. Attraverso questa analisi è stato possibile definire e
caratterizzare il rumore sismico [Brune (1959), Berger (1988), Friedrich (1988),
Bormann (1998 a, 2002), Stutzmann (2000), Wilson (2002) ]. E’ stato anche stabilito
come individuare il livello di rumore registrato ad una stazione sismica [Sereno (1989),
Bormann (1998 b), Seggern (2004) ]. Questa determinazione è stata eseguita di norma
nel dominio delle frequenze, mediante la densità di potenza spettrale [Peterson (1993),
McNamara (2004, a & b) ] e lo spettro di ampiezza di Fourier [Vila (2002), Maresca
(2003), Comoretto (2003) ], che sono ricavate direttamente dal segnale di rumore nel
tempo. La densità di potenza spettrale descrive la distribuzione delle ampiezze in
frequenza di un segnale. Con ciò si definisce quanto le ampiezze spettrali, comprese
nell’intervallo di frequenze caratteristiche delle sorgenti di rumore, sono importanti
all’interno del segnale e contribuiscono al suo livello ed alla sua forma complessiva. Lo
spettro di ampiezza di Fourier in frequenza, invece, tiene conto delle possibili variazioni
temporali del rumore sismico. La definizione del livello del segnale, avviene, in questo
caso, attraverso l’osservazione contemporanea di molte finestre contenenti ampiezze
spettrali di rumore sismico registrate in varie ore della stessa giornata ed in giorni
diversi. Questo secondo criterio di determinazione del livello di rumore sismico è quello
che sarà seguito in questa tesi. Nell’esame del rumore sismico, è stata anche analizzata,
in letteratura, l’influenza della diversa geologia del sito in cui è collocata la stazione
sismica sullo spettro di ampiezza del segnale di rumore. La diversa geologia dei vari siti
3
si nota osservando intorno a quali frequenze si trovano i picchi presenti nello spettro.
Queste frequenze sono di risonanza per il sito in questione [Nakamura (1989), Maresca
(2003), Cara (2003) ].
Parallelamente allo studio del rumore sismico, è stata sviluppata una teoria della
meccanica di una frattura sismica [Lay & Wallace (1995), Aki & Richards (2002) ]
sulla base della teoria del “rimbalzo elastico” di H. Reid (1910). Sono stati inoltre
elaborati dei modelli capaci di descrivere lo spettro di un terremoto avente origine da
una sorgente sismica, attraverso la caratterizzazione della forma delle onde, la quale
contiene informazioni sui processi fisici avvenuti alla sorgente e che è unica per ogni
terremoto [Bay (2003) ]. I modelli descritti in questa tesi, sono quello cinematico di
Haskell (1964), quello dinamico di Madariaga (1976), e quello quasi-dinamico di
Boatwright (1978 & 1980). Quest’ultimo modello sarà usato in tale tesi di laurea per il
calcolo degli spettri della radiazione sismica. E’ importante inoltre segnalare, anche se
tale argomento non sarà svolto in questa tesi, che è possibile ricavare gli spettri dei
terremoti partendo direttamente dallo studio dei sismogrammi, analogamente a ciò che è
eseguito sul segnale di rumore sismico [Durukal (2002) ].
Lo studio della soglia di detezione è avvenuto, in letteratura, attraverso il calcolo
dei rapporti, per ogni frequenza, tra le ampiezze spettrali del terremoto (“segnale”) e del
rumore sismico. Dopo aver calcolato tutti i rapporti segnale-rumore per ogni terremoto,
essi sono suddivisi in dei gruppi fissati sulla base dell’influenza del rumore sismico sul
segnale [Pazos (2003) ]. Attraverso un altro criterio, è infine stabilito da quale gruppo
estrarre il valore del rapporto segnale-rumore corrispondente alla soglia di detezione
[Bormann (2002) ]. Questo è il procedimento che sarà usato per determinare il valore
della soglia di detezione in questa tesi.
Con questo lavoro di tesi, come già detto, si vuole determinare il livello di
detezione di un terremoto ad una stazione sismica. La metodologia che sarà utilizzata
per l’analisi di questa problematica, è articolata nei tre seguenti punti: la valutazione del
livello di rumore, il calcolo degli spettri di ampiezza di un terremoto, e la definizione
del valore della soglia di detezione. Per lo svolgimento del primo punto, è necessaria
4
l’elaborazione di una procedura che permette la determinazione dello spettro
d’ampiezza di Fourier della velocità del moto del suolo associata al rumore sismico
registrato alla stazione NAPI della rete sismica Eduseis ubicata presso il Dipartimento
di Scienze Fisiche a Monte Sant’Angelo. Il calcolo degli spettri di ampiezza di terremoti
simulati, invece, si basa sul modello di Boatwright (1980). Questi terremoti sono stati
simulati per determinati valori di caduta di sforzo statico a differenti distanze dal sito di
acquisizione per una fissata magnitudo, e a diversi valori di magnitudo per una fissata
distanza dal sito di acquisizione. La definizione del valore della soglia di detezione,
infine, avviene mediante il confronto tra l’ampiezza spettrale del rumore sismico e
quella del terremoto. Questo confronto è eseguito attraverso l’utilizzo del rapporto
segnale-rumore (SNR, Signal to Noise Ratio). Seguendo i criteri di Pazos (2003) e di
Bormann (2002), si individua nell’intervallo di valori di tale rapporto quello che
rappresenta la soglia di detezione di un evento sismico. Di conseguenza, si ha che sono
identificabili ad una stazione sismica tutti i terremoti, per i quali l’ampiezza spettrale
supera quella del rumore sismico un numero di volte maggiore rispetto alla soglia.
Questo lavoro di tesi sarà articolato in tre capitoli. Il primo capitolo è dedicato al
rumore, il secondo è incentrato sulla descrizione di un terremoto, ed il terzo riguarda
l’elaborazione dei dati sperimentali. Nel primo capitolo, sarà, prima di tutto, presentata
un’introduzione al rumore sismico, in cui questo tipo di vibrazioni sarà definito e
caratterizzato. Si procederà, poi, ad una valutazione del livello di rumore ad una
stazione sismica nel dominio delle frequenze, attraverso la densità di potenza spettrale e
la trasformata di Fourier. Sarà, infine, portata a termine una breve descrizione degli
effetti di sito sullo spettro del rumore sismico. Nel secondo capitolo sarà descritto il
processo fisico che porta all’enucleazione, alla propagazione ed all’arresto di una
frattura. Si passerà, quindi, ad una spiegazione più quantitativa della sorgente sismica
mediante la soluzione della equazione dell’elastodinamica che descrive la frattura in un
mezzo omogeneo, isotropo ed illimitato. Tutto ciò serve per ottenere una relazione
fisico-matematica, che esprime la forma delle onde di volume della radiazione sismica
(terremoto) che ha avuto origine dalla frattura. Da questa sarà, infine, ottenuto lo spettro
5
d’ampiezza che definisce il terremoto nel dominio delle frequenze in funzione della
caduta di sforzo statico, della magnitudo e della distanza dal sito di acquisizione. Tale
spettro sarà descritto attraverso tre modelli: quello cinematico di Haskell (1964), quello
dinamico di Madariaga (1976), e quello quasi-dinamico di Boatwright (1980). Nel terzo
capitolo sarà descritto come sono stati acquisiti ed elaborati i dati sperimentali raccolti
alla stazione sismica NAPI. Di conseguenza, saranno illustrate le caratteristiche della
stazione sismica (sistema d’acquisizione) usata e riprodotto il segnale di rumore nel
dominio del tempo. Sarà in seguito descritto com’è stata eseguita l’elaborazione di tali
dati sperimentali, al fine di ottenere la caratterizzazione spettrale in frequenza del
rumore sismico. Sarà riportato, inoltre, come si presentano alla stazione gli spettri dei
terremoti simulati attraverso il modello di Boatwright (1980). I risultati ottenuti per lo
spettro d’ampiezza di Fourier del rumore sismico saranno, infine, messi a confronto con
gli spettri dei terremoti, attraverso il rapporto segnale-rumore. I terremoti che saranno
distinguibili dal rumore presente alla stazione sismica, compariranno nelle mappe di
identificazione (detection maps, o anche “mappe di detezione”) a valori fissati della
caduta di sforzo statico. Tali mappe sono delle cartine geografiche sulle quali si indica
la magnitudo dei terremoti identificabili ad una stazione sismica. Da queste è possibile
leggere due dati: per una fissata distanza dal sito di acquisizione, il valore della minima
magnitudo affinché un terremoto sia identificabile, e per una fissata magnitudo, la
massima distanza dal sito di acquisizione fino alla quale un terremoto è identificabile.
Nella parte finale di questo lavoro di tesi, sarà riportato un paragrafo dedicato alle
conclusioni. In questo paragrafo, saranno riassunti brevemente i punti focali del lavoro
di tesi ed i risultati ricavati da questo trattamento dei dati sperimentali. Si passerà, in
seguito, alla discussione del livello di detezione della stazione sismica usata ed al
confronto di questo livello con altri già esistenti. Saranno infine illustrati gli sviluppi
futuri di questo lavoro di tesi.
6
Capitolo 1
Il rumore sismico
1.1 Introduzione al rumore sismico.
La valutazione e caratterizzazione del rumore sismico in sismologia è una delle
problematiche affrontate fin dagli anni ’60, a riguardo della quale si trova una vasta
letteratura. Tra i lavori fondamentali che riguardano lo studio del rumore sismico, vanno
ricordati quelli di Brune (1959), Bungum (1971), Nakamura (1989), Peterson (1993),
Bormann (1998), Stutzmann (2000), Seggern (2004) e McNamara (2004). Il rumore
sismico, secondo la definizione data anche da Bormann (2002), è ipotizzato essere un
fenomeno di tipo stocastico, quasi stazionario, e non caratterizzato da uno spettro di fase
ben definito. Tale processo, inoltre, è causato da una varietà di sorgenti tutte diverse,
spazialmente distribuite, per lo più senza relazioni, e spesso continue. Il livello in
ampiezza ed il contenuto in frequenza del rumore sismico dipendono dal sito di
osservazione, oltre ad essere anche condizionati dal periodo caratteristico delle sorgenti
che lo hanno prodotto [Brune (1959) ] e dalla banda passante della curva di risposta del
sistema di acquisizione [Bormann (1998) ]. Le rilevazioni di rumore sismico sono
eseguite nella maniera più appropriata, se il sito in cui la stazione sismica è collocata
presenta una bassa sismicità [Berger (1998) ]. Un esempio di rumore sismico registrato
da una generica stazione è riportato come conteggi nel tempo nella seguente figura 1. I
conteggi sono i numeri associati ai punti di un segnale elettrico digitale in uscita da un
convertitore analogico-digitale. Tali numeri sono proporzionali ai valori della tensione
analogica in ingresso al convertitore, che è il risultato della trasformazione delle
7
vibrazioni della Terra in un segnale continuo. Questi ultimi due concetti saranno ripresi
e spiegati meglio nel terzo capitolo.
Le sorgenti di rumore sismico possono essere suddivise, in base al proprio periodo
caratteristico, in tre principali categorie, seguendo la classificazione di Bormann (2002 e
1998, a). La prima categoria include sorgenti come l’acqua che scorre (cascate o rapide
in fiumi e torrenti), oppure di tipo eolico (frizione del vento su un terreno rugoso ed
oscillazioni di alberi e di altra vegetazione o di costruzioni sotto l’azione del vento),
oppure ancora di tipo antropico (macchine ruotanti o martellanti, traffico stradale e
ferroviario, etc.). Il periodo di queste sorgenti è breve, dell’ordine del decimo di
secondo (vedere anche Peterson, 1993). La seconda categoria, invece, comprende
sorgenti di rumore oceanico (microsismi oceanici primari che si generano in acque
basse di regioni costali e microsismi oceanici secondari generati dalla sovrapposizione
di onde marine di uguale periodo che viaggiano in direzione opposta). Il periodo
dominante, a differenza di quello del gruppo precedente, è di durata intermedia,
dell’ordine dei secondi [vedere gli articoli di Bungum (1971) e Friedrich (1998) ]. La
terza categoria annovera oscillazioni dovute alle maree terrestri ed alle fluttuazioni della
pressione barometrica: tali oscillazioni presentano periodi lunghi, dell’ordine delle
decine di secondi (vedere anche Brune, 1959). Nella figura 2, riportata qui di seguito, è
Figura 1: Il rumore sismico sotto forma di segnale digitale in conteggi in funzione del
tempo lungo la componente Z [Peterson (1993) ].
TIME
8
illustrata un’ipotesi per il meccanismo di generazione dei microsismi oceanici primari:
in seguito alle variazioni di pressione su fondali marini rugosi in acque basse di regioni
costali, l’energia delle onde del mare può essere direttamente convertita in energia
sismica.
Nell’analisi del rumore sismico è inoltre utile distinguere tra il giorno e la notte, poiché
il livello di rumore è abbastanza variabile a causa della forte variazione dell’attività
antropica [Wilson (2002) ]. Dalla figura 3, infatti, si vede che a frequenze molto basse
( 0.01 ÷ 0.1 Hz), il rapporto tra il livello di rumore giornaliero e quello notturno è in
media circa uguale a 1.5. Inoltre, a basse frequenze ( 0.1 ÷ 0.6 Hz), i due livelli sono
equivalenti. Infine, ad alte frequenze ( 0.7 ÷ 10.0 Hz), il livello di rumore giornaliero è
in media circa 3 volte quello notturno. Il rapporto in esame in questa figura è ottenuto
dalle curve di ampiezza spettrale che descrivono (per tutte le tre componenti, vale a dire
Z, N-S ed E-O) il livello di rumore sismico durante il giorno e la notte. Inoltre, conviene
anche discernere tra giornate lavorative e festive, poiché anche in questo caso bisogna
tener conto della variazione dell’attività antropica: questa ulteriore distinzione,
Figura 2: La generazione dei microsismi oceanici primari [Friedrich (1998) ].
pppp
9
comunque, sarà ulteriormente chiarita nel terzo capitolo, al momento di affrontare
l’analisi dei dati sperimentali di questa tesi.
E’ possibile, anche, rappresentare la variazione del livello di rumore sismico nel
passaggio dal giorno alla notte attraverso la “densità di potenza spettrale”. La
definizione di questa grandezza spettrale può esser trovata nei due libri seguenti:
Oppenheim & Schafer (1985) e Lo Presti & Neri (1992). La densità di potenza spettrale
(Power Spectral Density, PSD) è definita come la trasformata di Fourier della funzione
di autocorrelazione ( ) ( ) ( ),p f t f tτ τ= + , vale a dire:
( ) ( ) ( )expPSD p i dω τ ωτ τ+∞
−∞
= −∫
La trasformata di Fourier è, a sua volta, definita nella seguente maniera:
( ) ( ) ( )expF f t i t dtω ω+∞
−∞
= −∫
Di conseguenza, la densità di potenza spettrale è direttamente collegata col quadrato
della trasformata di Fourier.
In figura 4 sono riportate le curve di densità di potenza spettrale (per tutte le tre
componenti Z, N, E) del rumore sismico registrato alla stazione TAM in Nord Africa
per vari gruppi di ore della stessa giornata analizzate da Stutzmann (2000).
Figura 3: Rapporto tra il rumore sismico rilevato, alla medesima stazione sismica,
durante il giorno e la notte sulle tre componenti cartesiane [Wilson (2002) ].
Frequency
(1)
(2)
10
Attraverso la densità di potenza spettrale, inoltre, è possibile anche studiare le variazioni
di rumore dovute al cambio di stagione. In figura 5 sono riportate le curve di densità di
potenza spettrale (per tutte le tre componenti Z, N, E) del rumore sismico registrato alla
stazione INU in Giappone in quattro diversi periodi dell’anno.
Figura 5: Le variazioni stagionali del rumore sismico. La curva q1 si riferisce al periodo
gennaio-marzo, la curva q2 ad aprile-giugno, la curva q3 a luglio-settembre e la curva
q4 ad ottobre-dicembre [Stutzmann (2000) ].
Figura 4: Le variazioni diurne di rumore sismico [Stutzmann (2000) ].
11
E’ da notare che per poter analizzare le variazioni diurne e stagionali di rumore sismico
attraverso la densità di potenza spettrale, si sceglie, normalmente, di osservare finestre
la cui durata copre l’intero arco di interesse [vedere l’articolo di McNamara (2004, a) ].
Di tutti i possibili utilizzi del rumore sismico, due sono di fondamentale importanza.
Il primo aspetto, che sarà sviluppato in questo lavoro di tesi (terzo capitolo), riguarda
l’individuazione di una soglia di identificazione (o “detezione”) degli eventi sismici
(rispetto alla magnitudo, alla caduta di sforzo e alla distanza sorgente-ricevitore) tenuto
conto del livello di rumore sismico al sito di registrazione. Questo aspetto è affrontato in
letteratura nei seguenti articoli: Seggern (2004), Bormann (1998, b), Sereno (1989). Il
segnale sismico associato ad un terremoto sarà distinguibile dal rumore nel momento in
cui presenta un’ampiezza maggiore di questo. Lo studio della soglia di detezione degli
eventi sismici da registrazioni di rumore sismico è tipicamente realizzato nel dominio
delle frequenze. Il livello in ampiezza del rumore sismico (e di conseguenza la soglia di
detezione), è normalmente ricavato attraverso lo studio della densità di potenza spettrale
[McNamara (2004, a & b) ]. Le curve di PSD sono generalmente messe a confronto con
due curve di riferimento ricavate da Peterson (1993), che stabiliscono il livello più
basso (New Low Noise Model, NLNM) e quello più alto (New High Noise Model,
NHNM) del rumore sismico a scala mondiale. Tali curve, riportate nella seguente figura
6, sono state ottenute dai valori più bassi e più alti di PSD del rumore sismico registrato
alle stazioni della rete sismica GSN (Global Seismic Network), escludendo quelli che
riguardavano picchi stretti, mediante la sovrapposizione di più grafici spettrali [Peterson
(1993) ]. Il livello di rumore sismico, in altri casi [Vila (2002), Comoretto (2003),
Maresca (2003) ], è anche stabilito attraverso lo studio dell’ampiezza spettrale media
del rumore sismico ad un sito. Questo valore di ampiezza spettrale sarà usato, nel terzo
capitolo, per poter definire la soglia di detezione.
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Il secondo aspetto riguarda l’analisi degli effetti di sito associati alla diversa geologia
della zona in cui è collocata la stazione sismica [Maresca (2003), Cara (2003), Parolai
(2002), Field (1995), Nakamura (1989) ]. Tale aspetto sarà soltanto brevemente
descritto in questa tesi.
1.2 Il livello di rumore ad una stazione sismica.
L’analisi del rumore sismico, attraverso la densità di potenza spettrale e la trasformata
di Fourier, è eseguita, come già detto in precedenza, per valutare il livello di rumore,
stabilire quanto è rumoroso un sito di registrazione [McNamara (2004, a) ], e di
conseguenza, per individuare una soglia di detezione dei terremoti [Seggern (2004) ]. Il
primo procedimento per la valutazione della rumorosità di un sito, in cui è posta una
stazione sismica, è quello descritto nell’articolo di McNamara (2004, a). In questo caso,
Figura 6: Le due curve NLNM e NHNM [Peterson (1993) ].
NLNM
NHNM
13
si fa riferimento alle due curve di Peterson (1993) NLNM (New Low Noise Model,
Figura 6) e NHNM (New High Noise Model, Figura 6), e si analizza dove si collocano
rispetto a queste le curve di PSD calcolate dal rumore sismico nella zona di interesse.
Secondo la relazione che si stabilisce tra i livelli di ampiezza delle curve NLNM e
NHNM, e di quelle che descrivono le sorgenti di rumore sismico, si determina una
soglia di detezione. Nella figura 7 sono riportati esempi di PSD per la componente Z del
rumore sismico registrato alla stazione sismica AHID posta in Idaho confrontati con le
curve NLNM e NHNM. A differenza delle precedenti analisi di PSD (vedere Peterson,
1993), i valori che riguardavano picchi stretti non sono stati più esclusi. In conseguenza
di quanto riportato in precedenza riguardo al periodo delle sorgenti di rumore sismico,
si nota che, ad alte frequenze, si distingue facilmente tra il rumore prodotto dalle
automobili (il cui è periodo è breve e presenta un livello elevato in ampiezza prossimo
alla curva NHNM) e quello generato dai microsismi oceanici (con un periodo
intermedio, dell’ordine dei secondi, che quindi presenta un livello in ampiezza
intermedio tra le curve NLNM e NHNM).
Figura 7: Esempio di PSD del rumore sismico [McNamara (2004, a) ].
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La PSD del rumore sismico, è ottenuta da registrazioni di rumore ( )u t , anche in
presenza di terremoti, come conteggi nel tempo. Il trattamento generale dei dati di
rumore ( )u t acquisiti dalle registrazioni, è quello riportato di seguito. Come
riferimento, è possibile seguire l’articolo di McNamara (2004, b). Le registrazioni di
rumore sismico sono normalmente suddivise in finestre della durata ( )hT di un’ora. In
ciascuna finestra, il rumore sismico è campionato con un passo t∆ stabilito in
conformità alle caratteristiche degli strumenti della stazione sismica alla quale sono
state eseguite le registrazioni. I conteggi sono poi trasformati in grandezze fisiche del
moto del suolo, attraverso l’utilizzo delle costanti di conversione conteggi-volt e di
trasduzione (nell’articolo di [McNamara (2004, b) ], in particolare, si passa dai conteggi
( )u t alla velocità ( )x t del moto del suolo). Ogni finestra, successivamente, è suddivisa
in un certo numero di segmenti di durata sT sovrapposti in una determinata maniera. La
suddivisione in segmenti e la sovrapposizione di questi sono effettuate per ridurre la
varianza nella stima della PSD (Cooley & Tukey, 1965). E’ necessario, a questo punto,
eliminare le tendenze (andamenti) indesiderate dal segnale di rumore contenuto in
ciascun segmento. Di conseguenza, da ciascuna parte di segnale è rimossa la media (è
ottenuto, in pratica, un segnale a media nulla), e poi è eliminato qualsiasi andamento a
lungo periodo mediante l’applicazione di un filtro passa-alto, poiché esso, introducendo
grandi distorsioni nello spettro di ampiezza, annullerebbe la corretta stima di quantità
spettrali a basse frequenze. La media di un segmento di rumore ( )x t , di durata sT ,
contenente un certo numero di campioni sN T t= ∆ , è definita dalla equazione riportata
qui di seguito:
1
N
i
imean
x
xN
==∑
(3)
15
In tal equazione ( ) , 1,...,i ix x t i N= ∀ = . Gli andamenti a lungo periodo sono definiti
come quelli di durata lp
T maggiore di un certo rT di riferimento:
( ) ( )3
2 3 0
22 29
r r
r
T T
T rlp
r
x t dt x t dtT
T tT
−
= −
∫ ∫
Il segnale ( )y t derivante da questi passaggi è, dunque, il risultato del trattamento
operato sul rumore sismico ( )u t di partenza (vedere successivo schema a blocchi):
questo segnale è quello che sarà utilizzato per le analisi successive.
Dato che per calcolare la PSD per ogni segmento bisogna utilizzare un algoritmo di
trasformata veloce di Fourier (nell’articolo di [McNamara (2004, b) ] si fa riferimento
all’algoritmo di Fast Fourier Transform riportato da Bendat & Piersol, 1971), è
importante applicare un assottigliamento (“tapering”) al segnale di velocità del moto del
suolo associata a rumore sismico ( )y t . L’applicazione del tapering ha l’effetto di
limitare gli effetti che hanno origine dalle discontinuità presenti all’inizio ed alla fine di
ogni serie. Il “TAPER” è una generica funzione, con una durata tT stabilita, che varia in
maniera monotona tra zero ed uno. L’applicazione al segnale ( )x t è definita nella
maniera seguente, ed è del tutto simile all’operazione di pesatura:
( ) ( ) ( )f t y t T t= ⋅
Registrazioni di
rumore sismico
( )u t in conteggi
funzione del
tempo (s).
Velocità del moto
del suolo ( )x t
Velocità del moto
del suolo ( )y t
Rimozione della media e degli
andamenti a lungo periodo.
tapering
Schema a blocchi del trattamento di tipo standard del rumore sismico ( )u t .
(4)
(5)
16
Sulle finestre di velocità del moto del suolo ( )y t , è applicato l’algoritmo di FFT. Tale
operazione di FFT fornisce lo spettro di ampiezza ( )F ω e di fase ( )φ ω del segnale
( )f t in funzione della frequenza nell’intervallo ( )min max1 1 2D tω ω= ÷ = ∆ . Poiché
lo spettro di fase presenta caratteristiche aleatorie (“random”) a causa della
concomitanza di sorgenti casuali, è normalmente usato soltanto lo spettro di ampiezza.
Dagli spettri di ampiezza di Fourier della velocità del moto del suolo ottenuti, si
definiscono le componenti di Fourier: ( )kF F k N t t= ∆ ∆ . Da queste componenti, si
ottiene la densità di potenza spettrale della velocità del moto del suolo associata al
rumore sismico in funzione della frequenza, mediante la relazione seguente (tenendo
presente a proposito delle equazioni (1) e (2), quanto enunciato in precedenza):
( )22
k kk
tPSD P F
N
∆= =ɶ
Questa relazione indica che la densità di potenza spettrale dipende solo dallo spettro di
ampiezza e non da quello di fase. Le densità di potenza spettrali (Eq. 6) sono, inoltre,
smussate (“smoothing”) applicando un algoritmo di media mobile del tipo:
,
1
q
k i
ik
P
Pq
==∑ ɶ
Scopo di tale operazione è quello di ridurre l’estrema variabilità dell’ampiezza spettrale.
E’ anche effettuata una correzione per tener conto del tapering applicato in precedenza:
in particolare, come suggerito da McNamara (2004, b), per un tapering del 10%, la
correzione è 1.142857k k
P P= . Infine, queste densità di potenza spettrale k
P sono
rappresentate in decibel, mentre le frequenze corrispondenti sono scandite in intervalli
di ottave ( ( )1 12 1 2k k kω ω ω− += = ). Ciò è ben visibile in figura 8 [McNamara (2004, b) ]:
(6)
(7)
17
Il secondo procedimento per valutare il livello di rumore ad una stazione sismica
prevede lo studio di un elevato numero di finestre che contengono ampiezze spettrali di
Fourier di velocità del moto del suolo associata al rumore sismico, ciascuna della stessa
durata delle altre. E’ importante spiegare anche tale procedimento poiché è quello che
sarà usato in questa tesi nel terzo capitolo dedicato all’analisi dei dati sperimentali.
Elementi di una descrizione generale di tale procedura si trovano, ad esempio, negli
articoli di Vila (2002) e Comoretto (2003). L’analisi contemporanea di più finestre è
necessaria sia per tener conto delle variazioni dell’ampiezza spettrale della velocità del
moto del suolo associata al rumore sismico (dal giorno alla notte, tra giornate lavorative
e festive, stagionali), sia perché il calcolo della media è tanto più adeguato quanto più è
grande il numero di campioni a disposizione. Da queste curve è ricavata, infatti,
l’ampiezza spettrale media: tale valore sarà usato per definire una soglia di detezione
degli eventi sismici. Diversamente dall’esame del rumore sismico eseguita attraverso la
densità di potenza spettrale, quindi, in questo caso si preferisce osservare
Figura 8: La densità di potenza spettrale ottenuta dalle registrazioni di rumore sismico
sulla componente Z eseguite alla stazione sismica SDCO posta nel sud-est degli U.S.A.
La PSD è scandita in decibel, mentre il periodo in ottave. Le curve NHNM (New High
Noise Model) e NLNM (New Low Noise Model) sono quelle di Peterson (1993).
18
contemporaneamente più finestre e non una sola di gran durata ( 3 410 10 s÷ ). Per
eseguire questa analisi spettrale ed ottenere degli spettri di ampiezza ( )G ω di Fourier
del rumore sismico ( )u t , le tracce di rumore sismico di conteggi nel tempo sono
comunemente trattate nella maniera descritta di seguito. Il trattamento dei dati di rumore
sismico è abbastanza simile a quello esposto in precedenza per ricavare la densità di
potenza spettrale. Ne consegue che la descrizione sarà più breve: in ogni modo, saranno
messe in risalto le differenze. Il segnale digitale è registrato ad una stazione sismica per
un certo numero di giornate ed è poi suddiviso in finestre temporali della durata di
un’ora ( )hT , scartando quelle in cui si è verificato un terremoto. In ciascuna finestra il
rumore sismico ( )u t è campionato con un passo t∆ . Sono poi selezionate da ogni
finestra, dei segmenti di segnale digitale di durata sT , ad intervalli di circa un’ora, allo
scopo di controllare la stazionarietà del rumore sismico ( )u t . E’ eseguito,
successivamente, un passaggio dai conteggi alla velocità del moto del suolo ( )x t .Prima
di calcolare lo spettro di ampiezza di Fourier delle finestre da un’ora di rumore sismico
( )u t selezionate, sono eseguite quella serie di operazioni, già enunciate in precedenza,
che servono a eliminare le tendenze indesiderate dal segnale di rumore contenuto in
ciascuna finestra. Su queste nuove finestre di velocità del moto del suolo, sono applicati
in serie i seguenti algoritmi, già definiti in precedenza: tapering, FFT e smoothing. Si
ottengono così le ampiezze spettrali ( )G ω della velocità del moto del suolo associata
al rumore sismico. In Figura 9 sono riportate, come esempio [vedere Maresca (2003) ],
otto finestre da un’ora di segnale digitale, nell’intervallo di frequenze 0.5 20 Hz÷ , di
cui le prime quattro contengono ampiezze spettrali di Fourier di velocità del moto del
suolo ottenute da rumore sismico registrato alla stazione BASA, mentre le seconde
quattro contengono ampiezze spettrali di rumore sismico registrato alla stazione SED3.
La stazione sismica BASA, si trova a circa 2 km a sud-ovest di Benevento, mentre la
stazione sismica SED3, invece, è collocata a 500m a nord-ovest di Benevento.
19
Affinché si possa poi stabilire la soglia di detezione dei terremoti ad una stazione
sismica, si calcola infine l’ampiezza spettrale media della velocità del moto del suolo
associata al rumore sismico dagli spettri di ampiezza di Fourier ( )G ω . Nel lavoro di
Maresca (2003), è riportata l’ampiezza spettrale media ottenuta dagli spettri di ampiezza
di Fourier della velocità del moto del suolo associata al rumore sismico registrato alla
stazione SED3: questa media è qui raffigurata nella seguente Figura 10.
Figura 9: Ampiezze spettrali della velocità del moto del suolo ricavate mediante la
trasformata di Fourier per la componente verticale (linea continua), per la componente
N-S (linea tratteggiata sottile) e per la componente E-O (linea tratteggiata spessa). I
primi quattro spettri, sono ottenuti partendo dalla registrazione di rumore sismico nel
tempo alla stazione BASA collocata su uno strato di rocce solide, mentre i secondi
quattro sono acquisiti da registrazioni di rumore sismico nel tempo alla stazione SED3
posta su uno strato di rocce sedimentarie [Maresca (2003) ].
Am
pli
tud
e (m
/s)/
Hz
Am
pli
tud
e (m
/s)/
Hz
20
1.3 Lo studio degli effetti di sito.
Come accennato alla fine del primo paragrafo di questo capitolo, esiste anche un altro
tipo di studio del rumore sismico: questo riguarda l’analisi degli effetti di sito associati
alla diversa geologia della zona in cui è collocata la stazione sismica. Di tale analisi è
data solo una breve descrizione, poiché questa non sarà più ripresa in questo lavoro di
tesi. Come riferimento principale, è stato usato l’articolo di Nakamura (1989). Di
articoli su questo studio, ad ogni modo, ne esistono molti altri (vedere anche quelli che
sono stati citati in precedenza). In questo esame si procede alla individuazione dei
picchi caratteristici di ampiezze spettrali di Fourier di velocità del moto del suolo
associata al rumore sismico registrato a diverse stazioni sismiche. Si calcola poi il
rapporto H V (Horizontal to Vertical Ratio) tra l’ampiezza spettrale della componente
Z e quella delle componenti N-S ed E-O per ogni stazione. Si vanno poi ad individuare
le differenze tra i vari rapporti ottenuti per ogni ricevitore. Le ipotesi basilari, sono che
Figura 10: Ampiezza spettrale media di Fourier della velocità del moto del suolo per la
componente verticale (linea continua), per la componente N-S (linea tratteggiata sottile)
e per la componente E-O (linea tratteggiata spessa) [Maresca (2003) ].
Am
pli
tud
e (m
/s)/
Hz
21
il rapporto H V è invariabile rispetto a tutte le variazioni di rumore sismico, e che
conserva i picchi corrispondenti alle fondamentali frequenze di risonanza del sito
[vedere anche gli articoli di Field (1995) e Parolai (2002) ]. E’ importante riportare due
esempi di tale studio del rumore sismico. Il primo esempio, riportato qui di seguito
[vedere Maresca (2003) ], ha come base la seguente analisi delle ampiezze spettrali di
Fourier raffigurate in Figura 9. Per quanto riguarda gli spettri BASA, si nota la presenza
di un chiaro picco stretto intorno a 3Hz (visibile su ciascuna delle tre componenti per
tutte le finestre) e l’esistenza di un picco intorno ai 10 Hz . Anche questo, come il
precedente, è visibile su ognuna delle tre componenti per tutte le finestre, ed inoltre è
molto variabile in larghezza: infatti, è abbastanza ampio nella prima finestra, ed è,
invece, molto stretto nella quarta. Per quanto riguarda gli spettri SED3, invece, si
osserva la presenza di picchi nell’intervallo di frequenze 2 4 Hz÷ (visibili
principalmente sulla componente Z per tutte le finestre, anche se il livello in ampiezza si
abbassa passando dal giorno alla notte), e l’esistenza di un picco slargato per frequenze
superiori ai 10 Hz (visibile sulle due componenti orizzontali e variabile in larghezza in
base all’ora di registrazione). Tenendo presente questa analisi dei picchi, sono stati
calcolati i rapporti H V sia per le ampiezze spettrali di Fourier riferite alla stazione
BASA, sia per quelle riferite alla stazione SED3. I risultati trovati per quanto riguarda i
rapporti H V sono riportati nella seguente Figura 11.
Figura 11: I rapporti H/V per quanto riguarda le ampiezze spettrali di Fourier della
velocità del moto del suolo associata al rumore sismico registrato a BASA e SED3.
Frequenze Frequenze
H/V
22
Il secondo esempio [vedere Cara (2003) ] mette a confronto le ampiezze spettrali della
velocità del moto del suolo associata al rumore sismico registrato ad una stazione
sismica (A) posta su rocce sedimentarie alluvionali a 2 km a nord-est di Colfiorito, con
le ampiezze del rumore registrato ad una stazione (B) posta su rocce solide a 3km a est
di Colfiorito. I picchi di risonanza caratteristici che si trovano nei grafici dei rapporti
H V sono, ad ogni modo, diversi da quelli dell’esempio precedente, sebbene le
tipologie di rocce siano molto simili. I risultati sono riportati in Figura 12. Per quanto
riguarda la stazione sismica A, il picco caratteristico è intorno a 1 Hz , mentre, per
quanto riguarda la stazione B, il picco caratteristico è intorno a zero. A differenza
dell’esempio precedente in cui è stato considerato un unico rapporto H V , qui i
rapporti sono stati calcolati separatamente da rumore sismico registrato di giorno, di
notte, in giornate calme e disturbate.
Figura 12: I rapporti H/V per quanto riguarda le ampiezze spettrali di Fourier della
velocità del moto del suolo associata al rumore sismico registrato alle stazioni A e B.
23
Capitolo 2
La sorgente sismica
2.1 Gli effetti alla sorgente della generazione di un terremoto.
In questo paragrafo saranno descritti in maniera qualitativa i processi alla sorgente che
portano alla nascita di un terremoto, e ciò che comporta la generazione di un sisma. Per
quanto riguarda il primo punto, è possibile seguire come riferimento principale il
capitolo 1 del Lay & Wallace (1995). Punto di partenza per la descrizione dei processi
che portano alla generazione di un sisma, è la formulazione della teoria del rimbalzo
elastico di un terremoto (elastic rebound theory of earthquakes, Reid, 1910). Tale teoria
stabilisce che gli sforzi τ derivanti dal movimento delle placche della litosfera,
provocano un accumulo di energia elastica di deformazione (Figura 1A) nelle
immediate vicinanze delle faglie. Nel momento in cui l’energia di deformazione
accumulata supera una soglia imposta dalle proprietà dei materiali della faglia, ha luogo
un improvviso scorrimento con attrito, col rilascio di tal energia. In seguito a questa
emissione, ha origine un terremoto (Figura 1B). Dato che contemporaneamente anche lo
sforzo applicato alla faglia supera la stessa soglia di resistenza alla frattura, avviene,
inoltre, una repentina (Figura 1C) dislocazione (spostamento relativo dei due blocchi
rispetto alla superficie di separazione, in pratica la faglia). L’energia di deformazione
accumulata nell’intorno della superficie di faglia è rilasciata in gran parte sotto forma di
calore prodotto dall’attrito, ma una porzione è convertita in onde elastiche, le quali si
propagano all’esterno dalla zona di faglia, trasmettendo la deformazione anche alle
regioni lontane.
24
Per quanto riguarda il secondo punto che sarà descritto in questo paragrafo, in pratica
ciò che comporta la generazione di un terremoto, è possibile seguire come riferimento
principale i capitoli 8 e 9 del Lay & Wallace (1995). I movimenti di scorrimento hanno
origine in un punto (l’ipocentro del terremoto) e conseguentemente si genera un fronte
di rottura che si propaga allargandosi sopra la faglia (Figura 2). Questo fronte nel suo
avanzare separa le zone che stanno scivolando da quelle che non hanno ancora subito
uno scivolamento. L’arresto della frattura sismica (o anche del fronte di rottura)
avviene, o perché questa incontra una zona il cui materiale presenta una soglia di
resistenza alla frattura maggiore, oppure perché l’incremento di sforzo cui è sottoposta
la roccia diminuisce [Aki & Richards (1980), capitolo 15]. In corrispondenza della
enucleazione, della propagazione e dell’arresto della frattura sismica, lo sforzo τ cui è
sottoposto un punto P sulla faglia presenta in funzione del tempo l’andamento riportato
in Figura 2 e descritto qui di seguito. Prima che la frattura arrivi nei paraggi del punto
P , lo sforzo ha come valore iniziale 0τ . A mano a mano che si accumula energia di
deformazione e la frattura si avvicina a P , aumenta lo sforzo, fino a raggiungere
all’istante 0t (in cui P comincia a scivolare lungo la faglia) il valore massimo mτ . Nel
momento in cui P inizia a scivolare, lo sforzo subisce una rapida caduta fino al valore
fτ stabilito dall’attrito dinamico. Infine, dopo l’istante 1t in cui ha fine lo scivolamento
del punto P , lo sforzo risale fino a stabilizzarsi ad un valore finale 1τ minore di quello
Figura 1: Le tre fasi principali della teoria del rimbalzo elastico [Lay & Wallace (1995) ].
25
iniziale. La differenza tra il valore iniziale e finale assunto da τ definisce la caduta di
sforzo statico. Di conseguenza, si ha che:
0 1σ τ τ∆ = −
L’espansione dell’area del fronte di rottura ( ),A ξ τ è una funzione della coordinata
vettoriale locale ξ e del tempo τ (la notazione qui usata è quella del libro Aki &
Richards), come lo è il corrispondente campo vettoriale di scivolamento ( ),D ξ τ , il
quale definisce l’attuale (al tempo τ ) insieme dei vettori di scorrimento sulla faglia
(Figura 3). Nel caso in cui una stazione sismica (Figura 3) è situata ad una distanza dalla
sorgente dei terremoti minore o uguale della lunghezza d’onda, ci si trova in
approssimazione di campo vicino, mentre, per una distanza molto maggiore della
lunghezza d’onda, l’approssimazione è di campo lontano. La radiazione sismica emessa
è costituita, in un mezzo omogeneo, isotropo ed illimitato, ed in approssimazione di
campo lontano, da onde sismiche elastiche di volume P (primarie, longitudinali) e S
(secondarie, trasversali).
Figura 2: Andamento dello sforzo τ nel tempo t [Lay & Wallace (1995) ].
(1)
26
Dato che fino a adesso è stato descritto ciò che avviene alla sorgente prima e dopo la
generazione di un terremoto, è importante adesso passare a spiegare ciò che riguarda la
propagazione della radiazione sismica emessa.
2.2 Le conseguenze della propagazione delle onde sismiche.
In questo paragrafo sarà descritta la propagazione della radiazione sismica emessa dalla
sorgente nel corso di un sisma, il conseguente spostamento (di campo lontano) che è
rilevato ad una stazione sismica (o ricevitore) durante un terremoto e come è possibile
rappresentare la sorgente in approssimazione di campo lontano. Per quanto riguarda il
primo punto, il riferimento bibliografico è il capitolo 2 del Lay & Wallace (1995). La
base di partenza è l’analisi del bilancio delle forze su un elemento cubico sottoposto a
moti interni. L’equazione di equilibrio deve tener conto dei termini inerziali, delle forze
di volume f e delle forze per unità di superficie σ (sforzi) che agiscono sull’elemento
cubico. Ne consegue che:
2
2
ijii
j
uf
t x
σρ
∂∂= +
∂ ∂
Figura 3: Schema di una frattura che si estende sulla faglia dall’ipocentro. L’epicentro è
la proiezione sulla superficie di faglia dell’ipocentro [Lay & Wallace (1995) ].
(2)
27
Questa è l’equazione del moto in un mezzo continuo ed elastico, dove i
u è una
componente dello spostamento lungo un asse del cubo e ijσ è il tensore degli sforzi,
che, in un mezzo isotropo ed omogeneo, presenta sei elementi indipendenti a causa delle
simmetrie. La relazione che collega lo sforzo cui è sottoposto l’elemento cubico alle
deformazioni elastiche associate ijε , è la legge di Hooke:
2ij ij kk ijσ λδ ε µε= +
In questa equazione, i coefficienti λ e µ sono i moduli di Lamè, di cui il secondo
descrive la rigidità del mezzo. La deformazione, analogamente allo sforzo, è un tensore
che presenta sei elementi indipendenti a causa delle simmetrie, ed è collegata allo
spostamento u attraverso la relazione:
1
2
jiij
j i
uu
x xε
∂∂= + ∂ ∂
Combinando insieme l’equazione del moto per un mezzo continuo ed elastico
(Equazione 2), la legge di Hooke (Equazione 3), e la relazione deformazione-
spostamento (Equazione 4), si giunge all’equazione dell’elastodinamica (qui riportata in
forma vettoriale) per la sorgente in un mezzo omogeneo, isotropo ed illimitato [Aki &
Richards (1980), capitoli 3 e 4].
( ) ( )( 2 )u f u uρ λ µ µ= + + ∇ ∇ ⋅ − ∇ × ∇ × ɺɺ
In questa equazione ( ),u x t è lo spostamento rilevato alla stazione sismica ( x è il
vettore posizione al ricevitore) al tempo t . Tale spostamento costituisce la soluzione
dell’equazione in questione. La forza di volume f è data da ( ) ( ) ( )0 1,i if x t X t xδ δ= ,
mentre ( )1 1( )SF g uλ µ= + e ( )2 2SF g uµ= sono due forze di superficie. Attraverso i
simboli e ⋅ × sono indicati, rispettivamente, il prodotto scalare e quello vettoriale.
Imponendo le condizioni iniziali e quelle al contorno, si ricava che la soluzione
dell’equazione dell’elastodinamica si può scrivere nella forma seguente:
(5)
(3)
(4)
28
( ) ( ) ( ), , , , ,u x t R G x t tξ τ ξ= ∗
Lo spostamento u è, quindi, la convoluzione (indicata con il simbolo ∗ ) di due campi
vettoriali: ( ),R ξ τ , campo di spostamento alla sorgente dei terremoti (funzione
dislocazione) e ( ), , ,G x t ξ τ (funzione di Green), campo di spostamento prodotto da una
sorgente sismica funzione delle coordinate del ricevitore ( ),x t e della sorgente ( ),ξ τ .
Servendosi dei potenziali di Helmholtz e del teorema di Lamè, la soluzione ( ),u x t
dell’equazione dell’elastodinamica (Equazione 5), diventa la seguente [per lo
svolgimento teorico si rimanda al capitolo 4 del libro Aki & Richards (1980) ]:
( ) ( ) ( )
( ) ( )
( ) ( )
2
0
02
02
1 1,
4
1v
4 v
1v
4 v
p
s
T
i
i j T
p
p i j
ij s
s i j
u x t x X t dx x r
r rx X t r
r x x
r rx X t r
r x x
δ τ τ τπ ρ
δπ ρ
δ δπ ρ
∂= − + ∂ ∂
∂ ∂+ − + ∂ ∂
∂ ∂− − ∂ ∂
∫
Questa equazione per una componente dello spostamento ( ),iu x t rilevato al ricevitore,
descrive gli effetti di propagazione della radiazione prodotta da una sorgente sismica. In
questa equazione r x ξ= − è la distanza sorgente-ricevitore e ( )X t τ− è una funzione
del tempo di ritardo per la propagazione delle onde sismiche t τ− . Il primo termine
dell’Equazione 7 descrive lo spostamento di campo vicino per r λ≤ (dove λ è la
lunghezza d’onda), e gli altri due descrivono lo spostamento di campo lontano con
r λ≫ per le onde P e S. Servendosi dei coseni direttori, è possibile riscrivere i termini
dell’equazione (7) costituiti da derivate parziali nella seguente maniera:
(6)
(7)
29
2
3
31 i j ij
NF
i j
i j FFP
i j
FFS ij FFP
x x r r
r r
x x
γ γ δ
γ γ
δ
−∂= = ℑ
∂ ∂
∂ ∂= = ℑ
∂ ∂
ℑ = − ℑ
Tali termini sono, rispettivamente, il diagramma di radiazione in coordinate cartesiane
per lo spostamento di campo vicino (near field), di campo lontano per le onde P
(far field) e di campo lontano per le onde S. I termini ( )v 2p λ µ ρ= + e vS
µ ρ=
rappresentano il modulo della velocità delle onde P e quella delle S per lo spostamento
di campo lontano. Gli elementi v e vP p S S
t t r t t r= − = − sono i tempi impiegati per
coprire la distanza tra la sorgente ed il ricevitore, rispettivamente per le onde sismiche P
e S. Per lo spostamento di campo vicino, invece, non è possibile definire né la velocità
dell’onda né il tempo d’arrivo in un certo punto, poiché i moti delle onde P e S si
mescolano. 3r − e 1r − sono i fattori d’attenuazione per il campo vicino e lontano.
Quest’ultimo domina per r → ∞ e, invece, il campo vicino prevale per 0r → . Infine, il
campo lontano P è di tipo longitudinale a polarizzazione irrotazionale (Figura 3) e
quello S di tipo trasversale a polarizzazione solenoidale. Il campo vicino, invece,
riunisce ambedue le caratteristiche riguardanti sia il tipo sia la polarizzazione.
Figura 4: Vettori spostamento e polarizzazione per l’onda P e S [Aki & Richards (1980)]
(8a)
(8b)
(8c)
30
Da questo punto in poi, saranno trattati solo gli spostamenti rilevati al ricevitore
nell’approssimazione di campo lontano. Si è interessati a studiare, infatti, la rivelazione
di un terremoto per valori della distanza r (molto) maggiori della lunghezza d’onda. Per
il terzo punto fondamentale di questo paragrafo, è possibile seguire i capitoli 14 e 15 del
libro Aki & Richards (1980) ed il capitolo 8 del Lay & Wallace (1995). In questa
approssimazione è possibile rappresentare la sorgente sismica, dal punto di vista
cinematico, attraverso cinque parametri: la lunghezza e la larghezza della faglia, la
velocità di rottura, il valore finale della dislocazione ed il tempo di salita, che è il tempo
impiegato dalla dislocazione per raggiungere il valore finale. E’ importante notare che,
nei modelli dinamici, al posto della lunghezza e la larghezza della faglia, come
parametri si usano l’area del fronte di rottura (spesso circolare) ed il raggio di faglia. Per
quanto riguarda la dislocazione, in particolare, è importante osservare che, in
approssimazione di campo lontano, è possibile ricondurre i vari processi dislocativi che
si sono verificati alla sorgente sismica (Figura 5A) ad un’unica dislocazione media D
(Figura 5B). Tale dislocazione D è prodotta da un sistema a doppia coppia di forze
(Figura 5C), che è equivalente all’intero insieme di forze che hanno generato i processi
dislocativi, sempre in approssimazione di campo lontano.
Figura 5: I processi dislocativi alla sorgente (A), la corrispondente dislocazione media
D (B) ed il sistema equivalente a doppia coppia di forze (C) [Lay & Wallace (1995) ].
A B
C
31
Per ogni singola coppia del sistema di forze indicato in Figura 5C, è possibile definire il
momento sismico scalare 0M . Questa grandezza non è altro che il prodotto della
rigidità moltiplicata per la superficie di faglia e per la dislocazione media. Ne consegue:
0M Dµ= ∑
Dato che sono uguali i momenti sismici scalari per ogni coppia, il sistema di forze che
agiscono sulla faglia è bilanciato: ciò equivale ad affermare che il momento totale della
forza è nullo. Mediante l’assegnazione dei cinque parametri enunciati in precedenza che
descrivono la sorgente sismica in approssimazione di campo lontano, è possibile
introdurre la funzione ( ), vu t rξ∆ − sorgente (o dislocazione), che dipende dalle
coordinate spaziali della sorgente stessa e dal tempo di ritardo per la propagazione fino
al ricevitore delle onde di volume P o S con velocità v. L’integrale della derivata
rispetto al tempo della funzione sorgente sulla superficie di faglia definisce le forme (o i
profili) delle onde P e S della dislocazione nella maniera seguente:
( ) ( ), v d ,u t r x tξ∑
∆ − Σ = Ω∫∫ ɺ
Sostituendo la (10) all’interno dell’equazione per lo spostamento rilevato al ricevitore
che si ottiene dalla (7) in approssimazione di campo lontano, si ha che:
( ) ( ) ( )3 3
, , ,4 4
FFSFFPi P S
p s
u x t x t x tr v r vπρ πρ
ℑℑ= Ω + Ω
E’ importante notare che, in questa formula, i diagrammi di radiazione per le onde P e S
(definiti in precedenza attraverso le equazioni 8b e 8c) assumono le nuove espressioni
riportate qui di seguito.
( )
2FFP i j k k j
FFS ij i j k j
n
n
µγ γ γ ν
λ δ γ γ ν
ℑ =
ℑ = −
Da queste equazioni, si vede che i diagrammi di radiazione dipendono anche
dall’orientazione kν del piano di faglia e dalla direzione
jn della discontinuità della
dislocazione che si è verificata alla sorgente.
(10)
(11)
(12a)
(12b)
(9)
32
2.3 Il modello cinematico di Haskell.
Il modello di Haskell (1964), è il primo ad essere stato sviluppato tra quelli cinematici
che descrivono la sorgente sismica in approssimazione di campo lontano. E’ importante
spiegare tale modello, poiché in questo è introdotto il concetto di direttività della
rottura, tenendo così in conto che le forme delle onde della dislocazione dipendono
dalla posizione relativa del ricevitore. Questo concetto sarà ripreso anche nei modelli
esposti in seguito, in pratica quelli di Madariaga (1976) e Boatwright (1978 & 1980). La
successiva descrizione del modello di Haskell (1964), segue come riferimenti principali
il capitolo 9 del Lay & Wallace (1995) ed il capitolo 7 dello Zollo & Herrero & Emolo
(2004). Nei modelli cinematici di sorgente sismica, si prescinde dal sistema di forze
agenti sulla superficie di faglia che genera il processo di frattura, e si assegna
arbitrariamente la funzione sorgente ( ), vu t rξ∆ − mediante i parametri larghezza
della superficie di faglia w , lunghezza della superficie di faglia wL >> , velocità di
rottura Rv , valore di dislocazione finale D e tempo di salita τ necessario per coprire
D . Per la parte dipendente dal tempo, la funzione sorgente è supposta a rampa lineare:
( )
( )
( )
0 per 0
per 0
per
u t t
u t Dt t
u t D t
τ τ
τ
∆ = <
∆ = < <
∆ = >
La superficie di faglia è supposta rettangolare con dimensioni w e L : quest’ultima è
ottenuta dalla sovrapposizione di piccoli segmenti dx . La frattura ha inizio ad uno dei
due estremi della faglia e, subito dopo, si sviluppa un fronte di rottura che si propaga
lungo L a velocità R
v , ed infine si arresta (Figura 6) dopo aver percorso l’intera
lunghezza L della superficie di faglia. E’ quindi possibile separare l’integrale di
superficie della equazione (10) nelle due variabili ex w′ .
(12a)
(12b)
(12c)
33
La forma d’onda della dislocazione è descritta attraverso la seguente relazione:
( )0 0
, ,
w L
R
xx t dw u t dx
vξ
′Ω = ∆ −
∫ ∫ ɺ
Utilizzando le proprietà della funzione delta di Dirac:
( ) ( ) ( )0
,
L
Rx t w u t t x v dxδΩ = ∆ ∗ −∫ɺ
Definendo una nuova variabile d’integrazione Rz t x v= − , si ricava che:
( ) ( ) ( ),
z
R
t
x t w v u t z dzδΩ = ∆ ∗ − ∫ɺ
L’integrale della delta di Dirac è la funzione di Heaviside a scatola (boxcar) con
larghezza L RT L v= . Inoltre, poiché la funzione sorgente è a rampa lineare, la sua
derivata, date le proprietà (12a, b, c), è una funzione a scatola con altezza Dt τ e
larghezza τ . La forma delle onde della dislocazione è quindi direttamente
proporzionale alla convoluzione di due funzioni a scatola:
( ) ( ) ( ), R Lx t wv u H TτΩ = ∆ ∗ɺ
Si può dimostrare che la convoluzione di due funzioni a scatola è una funzione
trapezoidale come quella riportata nella seguente Figura 7:
Figura 6: La superficie di faglia rettangolare di Haskell [Lay & Wallace (1995) ].
(14)
(16)
(15)
(13)
34
Dalla figura si vede che questa funzione trapezoidale ha una durata tT uguale alla
somma delle larghezze delle due funzioni a scatola, vale a dire t LT T τ= + , e tempi di
salita e di discesa pari a τ . E’ importante, adesso, esaminare la propagazione e l’arrivo
del fronte delle onde di volume ad un generico ricevitore, in maniera tale da rendersi
conto che L
T non è costante, ma dipende dalla posizione relativa della stazione sismica
rispetto alla sorgente. Il tempo impiegato dalla fase di enucleazione del fronte di rottura
per giungere al ricevitore (Figura 8) è definito come 1 1 vT R= (dove v è la velocità
delle onde di volume), mentre quello impiegato dalla fase di arresto (Figura 8) del
fronte è ( ) ( )2 2 vRT L v R= − .
Figura 7: La convoluzione di due funzioni a scatola [Zollo & Herrero & Emolo (2004)].
35
Il tempo di rilevazione del ricevitore è la differenza tra 2 1eT T . Assumendo che
1 2 2 1, cosL R R R R L θ⇒ = −≪ , tale differenza è data da:
1 cosv
R
R
vLT
vθ
∆ = −
Dalla (16) è possibile ricavare il T∆ minimo e massimo, secondo la posizione relativa
del ricevitore rispetto alla superficie di faglia. Le espressioni sono:
( )
( )
min
max
0 1v
1v
R
R
R
R
vLT T
v
vLT T
v
θ
θ π
= °⇒ ∆ = ∆ = −
= ⇒ ∆ = ∆ = +
L’effetto di variazione della durata del segnale (al ricevitore) in funzione di θ è
denominato direttività della rottura. Tal effetto implica anche che i lobi dei diagrammi
di radiazione si slarghino durante il processo di frattura (Figura 9): gli effetti sono
amplificati al crescere del rapporto vR
v .
(17)
Figura 8: La propagazione del fronte delle onde di volume P e S fino al ricevitore
triangolare [Zollo & Herrero & Emolo (2004) ].
(18a)
(18b)
36
Passando ad analizzare le forme delle onde P e S della dislocazione nel dominio delle
frequenze, tenendo conto dell’effetto di direttività della rottura, si ricava che lo spettro
di ampiezza di ( ),x tΩ è dato dalla seguente equazione [Aki & Richards (1980) ]:
( )( )1 expsin
,iT
x wLDT
ωτωω
ω ωτ
−∆Ω =
∆
Introducendo tal equazione all’interno dello spettro di ampiezza dello spostamento u
rilevato al ricevitore, che si ricava eseguendo la trasformata di Fourier della (11) su tutte
le componenti, si ottiene il seguente risultato:
( )( )
3 3
1 expsin,
4 4
FFSFFP
p s
iTu x wLD
r v r v T
ωτωω
πρ πρ ω ωτ
−ℑℑ ∆= + ∆
Figura 9: Andamento dei diagrammi di radiazione per due valori della velocità di rottura,
vale a dire 0.5s
v∗ e 0.9s
v∗ [Lay & Wallace (1995) ].
0.5R sv v= ∗
0.9R sv v= ∗
(19)
(20)
37
Tale risultato è mostrato in Figura 10 (linea a). Analizzando le situazioni limite
dell’equazione (20), si ricavano le seguenti condizioni:
( )
( ) 2
,
,
c
c
u x C
u x
ω ω ω
ω ω ω ω−
∝ ⇔ ≤
∝ ⇔ >
Lo spettro che si ricava dalle condizioni (20 a & b), invece, è rappresentato nella
seguente Figura 10 dalla linea b.
2.4 Il modello dinamico di Madariaga
Il modello di Madariaga (1976), a differenza del precedente, fa parte del gruppo di
modelli dinamici che descrivono la sorgente sismica in approssimazione di campo
lontano. E’ importante spiegare tale modello, poiché in questo è usata l’area del fronte
Figura 10: Spettro di ampiezza dello spostamento per il modello di Haskell. La frequenza
d’angolo Cω divide la parte piatta da quella che decade come2−ω [Lay & Wallace (1995)]
a
b
(21a)
(21b)
38
di rottura (circolare) come parametro per la sorgente, ed è introdotto il concetto di
cicatrizzazione della frattura: in pratica, è spiegata la causa fisica dell’arresto del fronte
di rottura. Questo concetto sarà ripreso anche nel successivo modello di Boatwright
(1978 & 1980), la cui equazione per lo spettro di ampiezza della velocità del moto del
suolo rilevata al ricevitore sarà poi messa a confronto, nel terzo capitolo, con la
corrispondente per il rumore sismico. La successiva descrizione del modello di
Madariaga (1976), segue come riferimenti i capitoli 14 e 15 del libro Aki & Richards
(1980). Nei modelli dinamici, a differenza di quelli cinematici, non c’è bisogno di
supporre a priori specifiche caratteristiche della sorgente sismica, dato che queste si
ricavano direttamente dalla descrizione del sistema delle forze agenti sulla superficie di
faglia. Il modello di Madariaga (1976), però, non è totalmente dinamico dato che la
velocità di rottura Rv è assunta nella maggior parte dei casi uguale a 0.9 vs , e la
superficie di faglia circolare. Andando a studiare le forme delle onde della dislocazione,
la distanza sorgente-ricevitore presente nell’equazione (10) può essere riscritta
attraverso il teorema di Carnot e l’espansione della funzione radice in serie di Taylor
troncata al secondo ordine, come segue:
( ) ( ) ( )2
2 2 2
0 02 2 2
0 0 0 0 0 0
2 2 21 11 1
2 8r x r r
r r r r r r
ξ γ ξ γ ξ γξ ξ ξξ
⋅ ⋅ ⋅ = − = + − = + − − −
In tale relazione 0x r= è la distanza ipocentrale tra l’ipocentro O e il ricevitore C, ξ è
la distanza tra l’ipocentro ed un elemento di superficie della sorgente, e γ è l’angolo tra
OC e 0r (Figura 11). Trascurando tutti i termini d’ordine superiore al primo ( r e 0r
sono molto più grandi rispetto alle dimensioni lineari della superficie ∑ di faglia), la
relazione precedente si riduce a:
( )0r r ξ γ= − ⋅
Sostituendo la (23) nell’espressione per la forma delle onde (Equazione 10), si ottiene la
seguente equazione:
(23)
(22)
39
( )( )0
, ,r
x t u t dv
ξ γξ
∑
− ⋅ Ω = ∆ − ∑
∫∫ ɺ
Per determinare la funzione sorgente della equazione (24), bisogna ricavare la
dislocazione finale e il tempo di salita. Per eseguire ciò, è necessario risalire al sistema
di forze per unità di superficie (sforzi) che agiscono sulla faglia. La geometria del
sistema è cilindrica, dato che la superficie di faglia è stata supposta circolare. La matrice
del tensore sforzo, di conseguenza, si scrive nella seguente maniera:
rr r rz
r z
r z z z z
φ
φ φφ φ
φ
τ τ τ
τ τ τ
τ τ τ
Gli elementi della matrice assumono le seguenti espressioni:
cos
cos
cos
cos
sin
sin
rr rr
zz zz
rz rz
r r
z z
φφ φφ
φ φ
φ φ
τ φ
τ φ
τ φ
τ φ
τ φ
τ φ
= Σ
= Σ
= Σ
= Σ
= Σ
= Σ
Le condizioni al contorno da imporre sono le seguenti:
(24)
(25)
Figura 11: Raffigurazione geometrica della relazione tra r e 0r [Aki & Richards (1980)]
(26a)
(26b)
(26c)
(26d)
(26e)
(26f)
40
0
0
rz r
zz
zu u
φ
φ
σ−Σ = Σ = ∆
Σ =
= =
E’ importante ricordare che la grandezza σ∆ (Equazione 1, Figura 2), introdotta
all’interno della condizione (27a), è la caduta di sforzo statico. Dalle condizioni (27b) e
(27c) si ricava che la funzione sorgente è indipendente da z e da φ . Di conseguenza, la
funzione sorgente (o anche dislocazione) dipende solo da r . Da ciò segue che tale
funzione è rappresentabile attraverso il seguente grafico (Figura 12).
Da questo grafico si vede che è possibile individuare tre fasi per il fronte di rottura:
quella di sviluppo di tale fronte (salita dolce della funzione dislocazione), quella di
propagazione a velocità di rottura costante (salita rapida quasi rettilinea della funzione
dislocazione) e quella d’arresto (che ha inizio subito dopo le frecce orientate verso il
basso ed in cui la funzione dislocazione ha un andamento generalmente piatto), in cui il
fronte raggiunge il bordo della superficie di faglia e la dislocazione finale assume il
valore RD v τ= (τ è il tempo di salita). Nel momento in cui è raggiunto il bordo, ha
(27a)
(27b)
(27c)
Figura 12: La dislocazione media sulla superficie di faglia per una velocità di
propagazione del fronte di rottura s0.9 vR
v = [Aki & Richards (1980) ].
41
inizio la fase di cicatrizzazione della frattura: questa avviene in seguito alla generazione
d’onde P diffratte che si propagano verso l’interno e che sono la causa fisica dell’arresto
definitivo del fronte di rottura. Tenendo conto che u∆ dipende da r e da t ed usando
la trasformata di Fourier, è possibile ricavare lo spettro delle forme delle onde P e S:
( ) ( ) ( ) ( )( )0, , ex p v , ex p vr i r u r i dφ ω ω ω ω ξ γ∑
Ω = ∆ − • ∑∫∫ ɺ
L’integrale di superficie presente all’interno di questa equazione è separabile nelle due
variabili er φ , poiché, in coordinate cilindriche, la superficie è d rdrdφ∑= ed il
prodotto scalare è ( )2 sin2rξ γ φ⋅ = . Si ha, dunque, che:
( ) ( ) ( ) ( )0
0
, , exp v , exp sin 2 2vcr
r i r r u r dr i r d
π
π
φ ω ω ω ω φ φ−
Ω = ∆∫ ∫ɺ
Utilizzando le proprietà della funzione di Bessel e le tecniche d’integrazione coi residui:
( ) ( ) ( ) ( )0 0
0
, , exp v , sin vcr
r i r r u r J r drφ ω ω ω ω φΩ = ∆∫ ɺ
Infine, tenendo conto dell’effetto di direttività della rottura, in pratica che la durata del
segnale dipende da θ (Equazione 17), si giunge alla forma finale dello spettro di
ampiezza dello spostamento:
( ) ( ) ( ) ( )( )0 03 3
0
, exp v , sin4 v 4 v
cr
FFSFFPc
p s
u r i r r u r J d rr r
ω ω ω ω φ ω θπρ πρ
ℑℑ= + ∆
∫ ɺ
In tale relazione, ( ) vc rω θ ∝ è la frequenza d’angolo che dipende da θ e dalla
velocità di propagazione del fronte di rottura. Ciò è mostrato in Figura 13 sia per le
onde P sia per le onde S:
(28)
(31)
(30)
(29)
42
E’ possibile, infine, risolvere numericamente l’integrale riportato nella formula
precedente. Si ricava che, analogamente al modello di Haskell, l’andamento principale
dello spettro di ampiezza dello spostamento è piatto a basse frequenze, e decade come
2−ω alle alte frequenze (Figura 14). Considerando il caso in cui la velocità di rottura è
pari a 0.9 vs, si nota che, aumentando l’angolo θ , la parte piatta si restringe, e
predomina l’andamento ad alte frequenze (Figura 14).
Figura 13: Andamento della frequenza d’angolo per diversi valori della velocità di
rottura per le onde P e S [Aki & Richards (1980) ].
43
2.5 Lo spettro di ampiezza della velocità del moto del suolo
Il modello di Boatwright (1978 & 1980 & 1981) che sarà illustrato in questo paragrafo,
è di tipo intermedio tra i modelli cinematici e dinamici di sorgente sismica in
approssimazione di campo lontano, dato che utilizza contemporaneamente i risultati
dell’uno e dell’altro gruppo di modelli: infatti, è definito “quasi-dinamico”. In tale
modello, si considera che la frattura abbia origine da un punto d’enucleazione
(ipocentro), e che un conseguente fronte di rottura si propaghi radialmente a velocità
costante s0.9 vR
v = , fino a coprire la superficie ∑ di faglia (Figura 15). A causa della
Figura 14: Spettro di ampiezza dello spostamento per le onde P e S in funzione della
frequenza per diversi θ [Aki & Richards (1980) ].
44
propagazione radiale del fronte, la frattura è studiata in un sistema di coordinate
cilindriche [Aki & Richards (1980), capitolo 14], in pratica il perimetro ( ),ρ θ φ
dell’area coperta dal fronte di rottura (Figura 15), e la distanza 0r tra l’ipocentro e la
stazione sismica situata in C. Durante la propagazione del fronte di rottura, la lunghezza
del suo perimetro passa da un valore iniziale 0ρ ad uno finale massimo uguale a bρ
(Figura 15). La forma del perimetro, inoltre, cambia continuamente. Nel momento in
cui il perimetro del fronte di rottura assume il valore ( ) bt ρρ = , ha inizio la fase di
cicatrizzazione: questa avviene in seguito alla generazione d’onde P diffratte che si
propagano verso l’interno e che sono la causa fisica dell’arresto definitivo del fronte di
rottura [Madariaga (1976) ]. Nel modello di Boatwright, il perimetro della superficie ∑
coperta dal fronte di rottura, al momento dell’arresto della frattura sismica, è assunto di
forma circolare. Di conseguenza, è possibile individuare un raggio a di faglia.
Figura 15: Le coordinate cilindriche. L’origine indica il punto d’enucleazione e C quello
d’osservazione. La superficie di faglia, d’estensione ∑ , è quella coperta dal fronte di
rottura al momento dell’arresto della frattura sismica [Aki & Richards (1980) ].
45
Durante le due fasi di crescita e d’arresto del fronte di rottura, la dislocazione assume il
seguente andamento in funzione del tempo:
( ) ( )
( ) ( ) ( )
22
0
2 22
0
, durante la crescita
, durante l'arresto
R
R S R
u r t u t r v
u r t u t v t t r r v
∆ = ∆ −
∆ = ∆ − − −
ɺ
ɺ
In queste relazioni, r è la distanza sorgente-ricevitore, R
v è la velocità di rottura, e S
t è
l’istante d’inizio della fase d’arresto. La velocità 0u∆ ɺ è data dalla formula seguente:
00 3
3
2
Rv Mu
aπµ∆ =ɺ
Eseguendo la derivata rispetto al tempo delle equazioni (32a & 32b) per la dislocazione
in funzione del tempo, si ricava la velocità di dislocazione, il cui andamento è riportato
nella seguente figura 16.
(32a)
(32b)
Figura 16: Andamento della velocità di dislocazione per diversi valori del raggio di
faglia a [Boatwright (1980 & 1981) ].
(33)
46
Nella figura, si possono distinguere la fase d’enucleazione del fronte di rottura (fino alla
cuspide), quella di crescita (dalla cuspide all’angolo) ed infine quella d’arresto
(dall’angolo in poi). L’angolo è prodotto in seguito all’inizio della fase di
cicatrizzazione della frattura. E’ importante notare che la funzione sorgente in questo
modello quasi-dinamico di Boatwright, si ottiene dall’insieme dei parametri descritti
finora, mentre la forma delle onde della dislocazione si ricava dalla risoluzione
dell’integrale di superficie presente nell’equazione (10). Tenendo presente la equazione
(9) che descrive il momento sismico scalare e l’effetto di direttività della sorgente
sismica, che comporta che la frequenza d’angolo è una funzione dell’angolo θ [Haskell
(1964)], è possibile ottenere, attraverso la trasformata di Fourier, un’espressione per lo
spettro di ampiezza dello spostamento u :
( )( ) ( )
( )
0
3 3 2
, ,,
4 v 4 v 1
FFP FFS
p Sc
Mu r
r r γ
θ φ θ φω
πρ πρ ω ω θ
ℑ ℑ= + +
Tal equazione è rappresentata in Figura 17 nei riquadri grandi per diversi valori di θ .
FFℑ è un diagramma di radiazione medio, definito nel seguente modo [Bay (2003) ]:
( ) ( ), ,FF f sR P Fθ φ θ φℑ =
In questa equazione ( )φθ ,R è il coefficiente di radiazione medio di norma uguale a
0.55, fP è il fattore di partizione che vale 1.0 per l’onda P e 0.707 per la S, che ha due
componenti orizzontali, ed 2=sF è l’amplificazione di superficie libera. Nella
equazione (34), γ è un parametro che regola la caduta dello spettro oltre la frequenza
d’angolo, la quale è funzione di θ . Il parametro γ è fissato uguale a 2. Partendo dalla
legge di scala (Equazione 36) per il momento sismico scalare [Keilis-Borok, (1960) ], si
può ricavare la relazione (37) per la frequenza d’angolo ( )θωc [Bay (2003) ]:
(34)
(35)
47
( )
( )( )
03
30v
c
Ma A
M
C
θσ
σω θ
θ
=∆
∆=
Le frequenze d’angolo sono indicate in Figura 17 con dei punti ben marcati sullo
spettro. Dalle equazioni (36 & 37), si vede che un terremoto è caratterizzabile attraverso
l’assegnazione del momento sismico 0M (Equazione 9) e della caduta di sforzo statico
σ∆ (Equazione 1). Nella relazione (37) ( )θC è una costante reale (ad esempio, se
15θ = ° allora ( )1 0.49C θ− = ) e v è la velocità delle onde P o S [Bay (2003) ]. Dalla
figura 17, si nota che, all’aumentare dell’angolo θ , diminuisce la frequenza d’angolo
(per 0,,v Mσ∆ fissati) ed inoltre se ne presenta una seconda a frequenze intermedie,
poiché in tali casi vi sono tre andamenti diversi (vedi il caso di °= 45θ in Figura 17).
Questa situazione è stata verificata anche a livello sperimentale. Ciò comporta anche
che, per ogni nuova frequenza d’angolo, bisogna aggiungere un altro parametro γ
all’interno dello spettro di ampiezza dello spostamento (Equazione 34). E’ importante
aggiungere che, se si va a studiare l’energia rilasciata durante lo svolgimento di un
terremoto, si vede che questa è massima intorno alla frequenza d’angolo. Eseguendo la
derivata rispetto alla frequenza, si ricava anche un’equazione per lo spettro di ampiezza
della velocità del moto del suolo ( )V ω per diversi θ (riquadri piccoli in Figura 17).
( ) ( )2V uω π ω ω=
Infine, bisogna tener conto di un fattore aggiuntivo d’attenuazione anelastica del mezzo
di propagazione per giustificare la presenza del punto di flesso (Figura 15) nella parte di
discesa dello spettro di velocità (altrimenti si sarebbe dovuta prevedere una rapida
caduta a zero). Tale attenuazione anelastica è causata, dal punto di vista fisico, dal fatto
che la Terra non risponde in maniera elastica alla propagazione delle onde sismiche di
volume P e S, provocando una progressiva perdita di energia della radiazione sismica,
ed è descritta a livello teorico dalla seguente equazione [Lay & Wallace (1995) ]:
(38)
(36)
(37)
48
( ) ( ) exp [ ] [ v]A r Qω π ω ω= −
In questa equazione, ( )ωQ è un termine che si chiama fattore di qualità, legato alla
perdita d’energia per ciclo d’onda [Lay & Wallace (1995) ]:
( ) p
0Q Qω ω=
In questa equazione 2700 =Q (valore medio) ed il fattore 5.0=p descrive la
dipendenza dalla frequenza del termine d’attenuazione anelastica [Bay (2003) ]. Con
questi accorgimenti lo spettro di ampiezza della velocità del moto del suolo assume la
seguente espressione:
( ) ( ) ( )2V A uω π ω ω ω=
Figura 17: Spettro di ampiezza dello spostamento e della velocità del moto del suolo per
θ variabile e per una velocità di rottura s0.9 vR
v = [Boatwright (1980) ].
(39)
(41)
(40)
49
La equazione (41) sarà utilizzata nel capitolo successivo per ricavare, per quanto
riguarda una radiazione sismica, gli spettri simulati di ampiezza della velocità del moto
del suolo (in funzione del momento sismico, della caduta di sforzo statico e della
distanza sorgente-ricevitore). Tali spettri, sempre nel prossimo capitolo, saranno messi a
confronto con i corrispondenti spettri sperimentali di ampiezza della velocità del moto
del suolo associato al rumore sismico già discussi nel capitolo precedente.
50
Capitolo 3
Elaborazione dei dati sperimentali
3.1 Descrizione di una generica stazione sismica.
Per un’analisi quantitativa del moto del suolo, sia associato al rumore sismico oppure ad
un terremoto, è necessario disporre di dati relativi ad esso. La stazione sismica è
l’apparato di misura che consente di convertire il moto del suolo (segnale analogico) in
un segnale elettrico, e di acquisire il segnale, così tradotto, in formato digitale in modo
che esso possa essere elaborato con un computer. Uno schema di una generica stazione
sismica è riportato in Figura 1. In questo lavoro di tesi, sono stati utilizzati i dati
acquisiti alla stazione NAPI della rete sismica Eduseis ubicata presso il Dipartimento di
Scienze Fisiche a Monte Sant’Angelo.
Lo strumento che è in grado di rilevare il moto del suolo, e di convertirlo in un segnale
elettrico, è chiamato geofono (o anche sensore, Figura 1). Il geofono utilizzato alla
Figura 1: Schema a blocchi di una generica stazione sismica [Zollo (2004) ].
TIMER
51
stazione sismica NAPI è il velocimetro a tre componenti KS2000, prodotto dalla
Geotech Instruments. Questo è un sismometro di tipo elettromagnetico, la cui sensibilità
è pari a ( )2000 V m s , e presenta una curva di risposta (Figura 2) avente banda
passante compresa tra 0.05 e 20 Hz . Per una descrizione più dettagliata del sensore
(elettromagnetico) si rimanda all’appendice che tratta in maniera specifica degli
strumenti di una stazione sismica.
Lo strumento che è in grado di convertire la tensione analogica, equivalente al moto del
suolo, in un segnale elettrico digitale (in pratica una composizione di numeri discreti
associati a potenziali, vale a dire i conteggi), è l’ADSP (Analog/Digital Signal
Processing, Figura 1) [Millmann (1994) ]. Quello usato a NAPI presenta una costante di
trasduzione conteggi-volt uguale a 10 V . Il segnale digitale in uscita è poi sincronizzato
da un temporizzatore (quello usato a NAPI è il GARMIN, che presenta s3108 −⋅ come
Figura 2: Curva di risposta del sensore KS2000 (http://www.geoinstr.com/ks2000.htm)
52
passo di campionamento), che è capace di decodificare i segnali provenienti dal GPS
(Global Position System). Questo sistema fornisce le coordinate geografiche del luogo
ed è una sorgente molto accurata per il tempo. Questo segnale digitale sincronizzato è
inoltre registrato (nel blocco MEMORIA in Figura 1). L’apparecchiatura che funge da
registratore alla stazione sismica NAPI è l’IRAE (Internet Remote Acquisition Engine),
prodotto dall’Agecodagis. Per una descrizione più dettagliata dell’ADSP, del
temporizzatore e della memoria si rimanda all’appendice che tratta in maniera specifica
degli strumenti di una stazione sismica.
La calibrazione di una stazione sismica, infine, consiste nel determinare la corretta
relazione tra l’ingresso (moto del suolo) e l’uscita (segnale elettrico digitalizzato). Dato
che generare un preciso moto del suolo è piuttosto complicato, normalmente si calibra
la stazione utilizzando, come ingresso, una forza elettromagnetica nota generata in
un’opportuna bobina di calibrazione.
3.2 Spettri di Fourier del rumore sismico.
In questo paragrafo sarà mostrata la procedura di elaborazione ed analisi dei dati di
rumore sismico acquisiti alla stazione NAPI nel mese di aprile 2005. Questo
procedimento è stato sviluppato per ricavare il livello del rumore sismico presente alla
stazione NAPI. E’ stato preliminarmente verificato che sulle tracce disponibili non vi
erano segnali prodotti da terremoti, attraverso la consultazione della Banca dati sul sito
web EduSeis (http://eduseis.na.infn.it/indice/indfr1.html). In definitiva, sono state
selezionate 200 finestre di rumore, ognuna della durata di un’ora, con passo di
campionamento pari a 38 10 s−⋅ , per la sola componente verticale. E’ preferibile
analizzare questa componente, poiché l’andamento dello spettro di ampiezza in
funzione della frequenza per più stazioni si mantiene simile sia alle basse sia alle alte
frequenze. Questa situazione, invece, si verifica per le componenti N-S e E-W soltanto
alle basse frequenze. Secondo quanto è esposto nel paragrafo precedente e
nell’appendice a proposito del segnale digitale in uscita da una stazione sismica, i dati di
53
rumore nel tempo si presentano sotto forma di finestre di velocità del moto del suolo,
espressa in m s . La finestra di velocità del moto del suolo associata al rumore sismico
acquisito alla stazione sismica NAPI dalle ore 1:00 alle ore 2:00 del 21 aprile 2005 è
riportata in Figura 3, come esempio.
Figura 3: La finestra di velocità del moto del suolo associata al rumore sismico acquisito
alla stazione sismica NAPI dalle ore 1:00 alle ore 2:00 del 21 aprile 2005.
54
L’elaborazione delle 200 finestre di rumore sismico, è stata eseguita secondo il
procedimento illustrato nell’articolo di Cara (2003) e mediante il package software SAC
(Seismic Analysis Code, P.Goldstein, http://www.llnl.gov/sac/). Le prime operazioni
eseguite sono servite ad eliminare gli andamenti non desiderati dal segnale contenuto in
ciascuna finestra. In particolare, è stata rimossa la media ed eliminati gli andamenti a
lungo periodo. In Figura 4 è riportata la finestra di velocità del moto del suolo ottenuta
dopo aver svolto le due operazioni descritte, per lo stesso intervallo temporale della
Figura 3.
Il trattamento del segnale ha quindi previsto l’applicazione di un algoritmo di “tapering”
ai bordi di ogni finestra, avente una durata pari al 5% della durata del segnale originario
Figura 4: Esempio di una finestra di velocità del moto del suolo ottenuta dalla
precedente dopo la rimozione degli andamenti indesiderati.
55
su ciascun estremo. L’applicazione del “tapering” limita gli effetti originati dalle
discontinuità presenti all’inizio ed alla fine di ogni finestra. La finestra di velocità del
moto ottenuta dopo l’applicazione del “tapering” è riportata in Figura 5.
Il nuovo segnale ( )f t così ottenuto, è stato trasformato nel corrispondente spettro di
Fourier ( )F ω , attraverso l’algoritmo di trasformata veloce di Fourier (Fast Fourier
Transform, FFT; Oppenheim A.V. & Schafer R.W., 1985). Come risultato
dell’applicazione dell’algoritmo di FFT, si ottengono gli spettri di ampiezza ( )F ω e di
fase ( )φ ω del segnale ( )f t in funzione della frequenza, nell’intervallo di frequenze
comprese tra la minima ( 4
min 1 3600 2.8 10s Hzω −= = ⋅ , pari all’inverso della durata di
una finestra) e la massima ( max 125 2 62.5Hz Hzω = = , uguale alla metà della frequenza
Figura 5: Esempio di una finestra di velocità del moto del suolo con l’applicazione di
un taper hanning avente width pari a 0.05.
56
di campionamento del segnale ( )125 Hz e denominata frequenza di Nyquist) possibili.
Poiché lo spettro di fase ( )φ ω presenta caratteristiche random a causa della
concomitanza di sorgenti casuali, è stato esaminato soltanto lo spettro di ampiezza
( )F ω . L’intervallo in frequenza è stato poi ridotto a 0.05 20 Hz÷ (i valori di ampiezza
spettrale compresi in questo intervallo sono 83500), per tener conto dell’effettiva
estensione della banda passante della curva di risposta del sensore KS2000 della
stazione sismica NAPI (Figura 2). Lo spettro di ampiezza della velocità del moto del
suolo così ottenuto, è riportato in Figura 6.
Questi nuovi spettri ( )L ω sono stati smussati (smoothing) applicando un algoritmo di
media mobile: il valore di ogni ampiezza è stato nuovamente calcolato sulla base dei
valori delle 128 ampiezze precedenti e successive. Scopo di questa operazione è di
ridurre l’estrema variabilità dell’ampiezza spettrale. Lo spettro di ampiezza di Fourier
Figura 6: Esempio di uno dei 200 spettri di ampiezza di Fourier.
57
della velocità del moto del suolo ottenuto dopo l’applicazione dello smussamento è
riportato in Figura 7.
Infine, mediante l’operazione di decimazione, si è passati da 83500 a 835 punti. E’
possibile vedere, dal confronto degli andamenti dell’ampiezza spettrale (Figura 7 e 8),
che la decimazione non inficia il segnale. Sono state così ottenute le 200 finestre di
ampiezza spettrale ( )G ω della velocità del moto del suolo associata al rumore sismico.
In Figura 8 è riportato lo spettro di ampiezza corrispondente alla finestra di velocità del
moto del suolo (Figura 3).
Figura 7: Esempio di uno dei 200 spettri di ampiezza di velocità del moto del suolo
ottenuto dopo l’applicazione di uno smussamento con halfwidth pari a 128.
58
I passaggi fondamentali del trattamento dei dati sperimentali, che hanno portato dal
segnale rappresentato in Figura 3 a quello spettrale riprodotto in Figura 8, sono riassunti
nel seguente diagramma di flusso.
Figura 8: Esempio di uno dei 200 spettri di ampiezza di velocità del moto del suolo
ottenuto dopo l’applicazione di uno smussamento ed una decimazione.
59
Finestra di
velocità del moto
del suolo (Fig. 3)
Rimozione della
media e degli
andamenti a lungo
periodo.
Finestra di
velocità a
media nulla
(Figura 4)
Applicazione di un
taper (tipo hanning
con ampiezza 0.05)
Finestra di velocità
a media nulla con
assottigliamenti
(Figura 5)
Algoritmo di FFT
(Fast Fourier
Transform)
Spettro di
ampiezza
di Fourier
(Figura 6)
Applicazione di
uno smoothing con
metà larghezza
pari a 128 punti
Spettro di
ampiezza con
smussamenti
(Figura 7)
Applicazione di
una decimazione
con fattore uguale
a cento
Spettro di
ampiezza
smussato e
decimato
(Figura 8)
Spettro di ampiezza
della velocità del
moto del suolo
60
Attraverso un programma in Fortran realizzato durante l’attività di tesi, sono state poi
calcolate l’ampiezza spettrale media ( )G ω e la deviazione standard ( )( )Gσ ω su tutti
i 200 spettri di ampiezza ( )G ω per ciascuna delle 835 frequenze disponibili. Inoltre, in
conformità al criterio di Chauvenet, sono stati esclusi dal calcolo del valore medio per
ciascuna frequenza, tutti i punti G per i quali la probabilità percentuale P è tale che:
( )
( )( )68%
G GP
G
ω
σ ω
−= >
La relazione (1) equivale ad affermare che i punti G esclusi sono al di fuori di un
intervallo di ampiezza pari a 1± deviazione standard intorno al valor medio,
ipotizzando che i dati seguano una distribuzione di probabilità gaussiana. Sui punti
rimasti è stata calcolata nuovamente la media e la deviazione standard. La nuova media
( )G ω , e le curve ( ) 1G ω σ± sono riportate in Figura 9. E’ da notare che gli
andamenti dello spettro di ampiezza di Fourier negli intervalli in frequenza 0.1 2 Hz÷ ,
2 8 Hz÷ e 8 20 Hz÷ sono nettamente diversi l’uno dall’altro.
(1)
61
Per ottenere, invece, informazioni sulla variabilità dello spettro di velocità (che presenta
a ciascuna frequenza più valori in ampiezza), per ogni frequenza, le ampiezze spettrali
di ogni curva sono state ordinate per valori crescenti. Da ciascuna delle curve di
ampiezze spettrali alla stessa frequenza, sono state poi selezionate le ampiezze per
Figura 9: Ampiezza spettrale della velocità del moto del suolo in funzione della
frequenza. La linea continua rappresenta l’ampiezza spettrale M media, mentre le due
linee tratteggiate raffigurano le curve 1M σ± .
Media
Media + 1σ
Media - 1σ
62
numero di dato predefinito. I valori scelti sono il 20°, 60°, 100°, 140° ed il 180°: questi,
rispetto alle 200 finestre disponibili, rappresentano il 10°, 30°, 50°, 70° e 90° percentile.
Il programma in Fortran per il calcolo dei percentili è stato realizzato durante l’attività
di tesi. Una rappresentazione dei percentili è riportata in Figura 10.
Figura 10: I percentili (P=10, 30, 50, 70 e 90) del rumore sismico.
63
I percentili e le ampiezze spettrali medie sono state poi riportate in un unico grafico, per
visualizzare l’estensione del livello di rumore presente alla stazione NAPI (Figura 11).
Figura 11: Ampiezza spettrale media, Ampiezza spettrale media 1σ± e percentili.
64
Infine, a completamento dell’analisi, i 200 spettri disponibili sono stati suddivisi in
cinque gruppi secondo il periodo di raccolta (in parentesi è indicato il numero di spettri
presenti in ciascun gruppo): Giorno Lavorativo (91), Notte Lavorativa (59), Giorno
Festivo (18), Notte Festiva (22), Sabato Mattina (10). Questa classificazione è stata
usata per individuare la possibile presenza di effetti sistematici dovuti essenzialmente
all’attività antropica. Per ognuno dei gruppi è stata calcolata nuovamente l’ampiezza
spettrale media, che è stata messa a confronto con l’ampiezza spettrale media
complessiva calcolata su tutti gli spettri. Le ampiezze spettrali medie di tutti i gruppi
citati e quella complessiva, sono riportate in Figura 12. Si nota che per
frequenze 1 Hz≥ , i livelli di ampiezza spettrale media della velocità del moto del suolo
associata al rumore sismico diminuiscono nell’ordine seguente: Giorno Lavorativo,
Sabato Mattina, Giorno Festivo, Media Globale, Notte Lavorativa e Festiva.
65
3.3 Spettri di velocità del moto del suolo associata a terremoti.
Per simulare le ampiezze spettrali di velocità attesa per un certo terremoto, è stato
seguito il procedimento illustrato nell’articolo di McNamara (2005). La simulazione dei
terremoti è stata eseguita per individuare quelli la cui ampiezza spettrale si trova sopra il
livello di rumore sismico, e quindi candidati ad essere rivelabili. A differenza di
McNamara, però, il modello usato per la simulazione del moto del suolo associato ad un
terremoto non è quello di Brune, ma quello di Boatwright (1978 & 1980 & 1981). Per
una spiegazione dettagliata del modello usato, si rimanda al paragrafo 2.5 del secondo
Figura 12: Ampiezze spettrali medie per i vari gruppi indicati nella legenda.
66
capitolo. Sono state poi calcolate le ampiezze spettrali della velocità del moto del suolo
di terremoti attesi ad una stazione sismica (che, per lo studio eseguito in questo lavoro
di tesi, è NAPI), per valori fissati della caduta di sforzo statico. Per ogni σ∆ è stato
considerato un intervallo di magnitudo wM per una fissata distanza r sorgente-
ricevitore, oppure un intervallo di distanze r sorgente-ricevitore per una fissata
magnitudo wM . Il calcolo delle ampiezze spettrali, è stato portato a termine servendosi
di un programma in Fortran disponibile presso il gruppo di sismologia, usando le
equazioni da (34) a (41) del Capitolo 2. I valori di σ∆ , wM e r utilizzati sono indicati
in Tabella 1.
σ∆ (MPa) wM r (km)
1 0.5 → 4.5 ( 0.5wM∆ = ) wM∀ , r va da 5 a 100 ( 5r∆ = )
1 r∀ , w
M va da 0.5 a 4.5 ( 0.5w
M∆ = ) 5 → 100 ( 5r∆ = )
3 0.5 → 4.5 ( 0.5w
M∆ = ) w
M∀ , r va da 5 a 100 ( 5r∆ = )
3 r∀ , wM va da 0.5 a 4.5 ( 0.5wM∆ = ) 5 → 100 ( 5r∆ = )
10 0.5 → 4.5 ( 0.5wM∆ = ) wM∀ , r va da 5 a 100 ( 5r∆ = )
10 r∀ , wM va da 0.5 a 4.5 ( 0.5wM∆ = ) 5 → 100 ( 5r∆ = )
Dato che nel modello di Boatwright (vedi equazione 34 del capitolo 2) si utilizza il
momento sismico scalare, è importante chiarire che questo è collegato con la magnitudo
wM attraverso una semplice relazione di scala. Da ciascun valore di wM , infatti, è stato
preliminarmente ricavato il momento sismico scalare 0M in N m⋅ mediante la seguente
relazione di Kanamori (1977).
( )1. 5 16.1 7
0 10 wMM
+ −=
Le ampiezze spettrali della velocità del moto del suolo associata a terremoti a r fissato
a 5 km e per w
M variabile, sono riportate in Figura 13. In tale figura, queste sono
confrontate con il rumore spettrale medio e con i percentili (livello di rumore sismico)
ricavati per la stazione NAPI.
(2)
Tabella 1: Valori di σ∆ , wM e r utilizzati.
67
E’ importante notare che per 2.0w
M < l’ampiezza spettrale del terremoto si mantiene
minore della banda in ampiezza del rumore sismico per ogni frequenza. Per 2.0wM =
l’ampiezza spettrale del terremoto è maggiore delle ampiezze spettrali 10, 30, 50p = e
media del rumore sismico per frequenze superiori a 18 Hz . Per 2.5wM = , l’ampiezza
Figura 13: Ampiezza spettrale di Fourier di terremoti per 1, 3 e 10 MPaσ∆ = , per
5r km= e per w
M variabile (linee colorate). Ampiezza spettrale media (linea azzurra) e
percentili del rumore sismico e (linee nere).
Spettro Terremoti e Rumore SismicoSpettro Terremoti e Rumore SismicoSpettro Terremoti e Rumore SismicoSpettro Terremoti e Rumore Sismico
(Hz)(Hz)(Hz)(Hz)
68
spettrale del terremoto è maggiore della banda in ampiezza spettrale del rumore sismico
per frequenze superiori a 10 Hz . Per 3.0w
M = , ciò è verificato per 5 Hzω > , per
3.5w
M = quando 1Hzω > , per 4.0w
M = quando 0.8 Hzω > e per 4.5w
M = ciò
avviene a qualsiasi frequenza. Un’analisi più dettagliata e quantitativa del confronto
sarà eseguita nel paragrafo 3.4, in cui saranno definiti sia il rapporto segnale-rumore sia
la soglia di detezione dei terremoti.
E’ stato anche valutato come cambia il livello in ampiezza aumentando la distanza
sorgente-ricevitore (la quale, come si può leggere dalla Tabella 1, varia da un minimo di
5 km ad un massimo di 100 km ) per ogni magnitudo e per i tre valori di caduta di
sforzo statico 1, 3,10 MPaσ∆ = (Figure 14, 15 e 16). La valutazione è stata effettuata
ad una determinata frequenza ( )10 Hz scelta in base ai valori delle frequenze d’angolo
comprese nell’intervallo 0.05 20 Hz÷ . Si osserva che i valori delle ampiezze spettrali
della velocità del moto del suolo associata a terremoti, diminuiscono progressivamente
a qualsiasi frequenza. Per le magnitudo ( )2.5wM ≥ per le quali la frequenza d’angolo è
compresa nell’intervallo 0.05 20 Hz÷ , inoltre, si nota che, al crescere della caduta di
sforzo statico, aumenta anche il livello in ampiezza ma non cambia l’andamento della
curva, come ci si aspettava dall’equazione (34) del Capitolo 2.
69
Figura 14: Curve di ampiezze spettrali (ricavate alla frequenza di 10 Hz ) in funzione
della distanza sorgente-ricevitore a diverse magnitudo per un determinato valore della
caduta di sforzo statico ( )1 MPa .
70
Figura 15: Curve di ampiezze spettrali (ricavate alla frequenza di 10 Hz ) in funzione
della distanza sorgente-ricevitore a diverse magnitudo per un determinato valore della
caduta di sforzo statico ( )3 MPa .
71
Figura 16: Curve di ampiezze spettrali (ricavate alla frequenza di 10 Hz ) in funzione
della distanza sorgente-ricevitore a diverse magnitudo per un determinato valore della
caduta di sforzo statico ( )10 MPa .
72
3.4 Confronto tra gli spettri del rumore e quelli dei terremoti.
Le ampiezze spettrali di velocità del moto del suolo simulate per terremoti caratterizzati
da magnitudo e caduta di sforzo statico variabili e che avvengono a distanze crescenti
dalla stazione sismica sono state messe a confronto con le caratteristiche del rumore
sismico, allo scopo di decidere di quante volte l’ampiezza spettrale di un terremoto deve
superare quella del rumore sismico (valore di soglia) affinché tale terremoto sia
distinguibile dal rumore ad una stazione. Più precisamente, è stato calcolato il rapporto
tra gli spettri di ampiezza dei terremoti e quelli del rumore sismico. Seguendo quanto
riportato anche da Pazos (2003), il rapporto segnale-rumore (Signal to Noise Ratio,
SNR) è stato definito sulla base della relazione seguente, in cui segnale e rumore sono
grandezze fisiche non in relazione tra loro:
( )20logSNR s n=
I rapporti sono riportati in decibel ( )1 20log rifdb A A = . Il criterio qui usato per
stabilire il valore di soglia per il rapporto segnale-rumore è quello riportato di seguito.
Prima di tutto, si deve tener in considerazione che, quando il rapporto segnale-rumore
è 40 db≥ , allora il rumore sismico è considerato non rilevante, mentre, per valori di
2.5SNR db≤ , il rumore sismico finisce per sovrastare completamente il segnale. Il
valore di soglia da scegliere, quindi, deve ricadere all’interno di questo intervallo.
Inoltre, è importante tener conto di quanto afferma Bormann (2002), vale a dire “se il
rumore sismico contiene picchi molto alti o altri transienti, oppure se è presente rumore
sismico antropico, allora sarà necessario un elevato valore di soglia e ne deriverà una
scarsa capacità di rivelazione della rete sismica”. Infine, bisogna individuare il primo
terremoto per il quale l’ampiezza spettrale alla frequenza d’angolo (ed intorno a questa)
supera il livello di rumore (da intendere come tutti i valori di ampiezza spettrale
compresi tra il percentile minimo ( )10p = e massimo ( )90p = considerati) alla
stazione sismica. Per quanto riguarda la stazione sismica NAPI, si nota dalla Figura 13
(3)
73
che il primo terremoto per il quale l’ampiezza spettrale alla frequenza d’angolo supera il
livello di rumore è quello con magnitudo 2.5 e distanza dalla stazione uguale a 5 km .
Bisogna quindi scegliere un valore di soglia per il quale è possibile considerare questo
terremoto come il primo rivelabile. Di conseguenza, il valore di soglia scelto è
soglia 6.5SNR db= . Individuata la soglia, il calcolo dello SNR, per ogni terna di valori
( ), ,wM rσ∆ riportata in Tabella 1, è stato eseguito attraverso un programma in Fortran
realizzato durante l’attività di tesi. Tenendo presente la curva di risposta del geofono
KS2000 (Figura 2) e che, per quanto riguarda le ampiezze spettrali dei terremoti, le più
rilevanti sono soltanto quelle comprese nell’intervallo ± un’ottava della frequenza
d’angolo (in cui si concentra la maggior parte dell’energia sismica), sono stati esclusi i
terremoti con 2.0w
M < per cui è stato constatato che ( )1 2 20cf Hz> . Le curve di
SNR trovate (utilizzando come livello di rumore sismico di riferimento quello stabilito
dall’ampiezza spettrale media) per tre valori di caduta di sforzo statico
( 1, 3,10 MPaσ∆ = ), sono riportate nelle Figure 17, 18 e 19 nel caso di distanza
sorgente-ricevitore fissata ( 5, 50,100r km= ) e magnitudo variabili nell’intervallo
( )2.0 4.5 0.5wM÷ ∆ = . Invece, nelle Figure 20, 21 e 22 sono riportate le curve SNR nel
caso di magnitudo fissata a 3.5 e distanza sorgente-ricevitore variabile nell’intervallo
( )5 100 5r km÷ ∆ = . Bisogna in ogni caso evidenziare che le curve di SNR sono state
calcolate anche utilizzando il percentile 10 e 90p p= = come livello di rumore sismico
di riferimento. E’ importante notare che, per considerare un terremoto rivelabile, la
curva di SNR deve trovarsi tutta sopra il valore di soglia. Di conseguenza, quando le
curve di SNR (sia quelle a wM fissata, sia quelle a r fissato) presentano valori sotto e
sopra di quello di soglia ( )soglia 6.5SNR db= , allora, il terremoto è considerato non
distinguibile dal rumore sismico (questo succede, ad esempio, per il terremoto di
magnitudo 2.5 e 1wM MPaσ= ∆ = , come si vede dal primo riquadro della Figura 17).
74
10 MPaσ∆ = 1 MPaσ∆ = 3 MPaσ∆ =
Soglia = 6. 5 db Soglia = 6. 5 db Soglia = 6. 5 db
Figura 17: Curve di SNR (Signal to Noise Ratio) calcolate nell’intervallo di frequenze
( )1 2 2c cf f÷ per i tre valori di caduta di sforzo statico 1, 3,10 MPaσ∆ = alla distanza
sorgente-ricevitore di 5 km e per magnitudo comprese nell’intervallo
( )2.0 4.5 0.5wM÷ ∆ = , scegliendo come rumore di riferimento l’ampiezza spettrale
media. La linea grigia sottile indica il valore di soglia per lo SNR (6.5 db). E’ da notare
che, date le caratteristiche strumentali, per ( )2.0, 10wM MPaσ= ∆ = , si verifica che
( )1 2 20cf Hz< : perciò, non è stato possibile riportare la curva di SNR ottenuta per
questo terremoto disegnata nel terzo riquadro. Il primo terremoto distinguibile dal
rumore, è quello con 2.5 per 1wM MPaσ= ∆ > .
75
1 MPaσ∆ = 3 MPaσ∆ = 10 MPaσ∆ =
Figura 18: Curve di SNR calcolate nell’intervallo di frequenze ( )1 2 2c cf f÷ per i tre
valori di caduta di sforzo statico 1, 3,10 MPaσ∆ = alla distanza sorgente-ricevitore di 50
km e per magnitudo comprese nell’intervallo ( )2.0 4.5 0.5wM÷ ∆ = , scegliendo come
rumore di riferimento l’ampiezza spettrale media. La linea grigia sottile indica il valore di
soglia per lo SNR (6.5 db). Come in figura 13, non è stato possibile riportare la curva di
SNR ottenuta per il terremoto con 2.0wM = nel terzo riquadro. Il primo terremoto
distinguibile dal rumore è quello con 4.0 per 1 e 3wM MPaσ= ∆ = e con
3.5 per 10w
M MPaσ= ∆ = .
Soglia = 6. 5 db Soglia = 6. 5 db Soglia = 6. 5 db
76
1 MPaσ∆ = 3 MPaσ∆ = 10 MPaσ∆ =
Figura 19: Curve di SNR calcolate nell’intervallo di frequenze ( )1 2 2c cf f÷ per i tre
valori di caduta di sforzo statico 1, 3,10 MPaσ∆ = alla distanza sorgente-ricevitore di
100 km e per magnitudo comprese nell’intervallo ( )2.0 4.5 0.5wM÷ ∆ = , scegliendo
come rumore di riferimento l’ampiezza spettrale media. La linea grigia sottile indica il
valore di soglia per lo SNR (6. 5 db). Come in figura 14, non è stato possibile riportare
la curva di SNR ottenuta per il terremoto con 2.0wM = nel terzo riquadro. Il primo
terremoto distinguibile dal rumore è quello con 4.5 per 1e 3wM MPaσ= ∆ = e con
4.0 per 10w
M MPaσ= ∆ = .
Soglia = 6. 5 db Soglia = 6. 5 db Soglia = 6. 5 db
77
1MPaσ∆ =
Figura 20: Curve di SNR calcolate nell’intervallo di frequenze ( )1 2 2c cf f÷ per il
valore di caduta di sforzo statico 1 MPaσ∆ = con magnitudo 3.5wM = per distanze
sorgente-ricevitore variabili, e scegliendo come rumore di riferimento l’ampiezza
spettrale media. La linea grigia sottile indica il valore di soglia per lo SNR (6.5 db).
L’ultimo terremoto distinguibile dal rumore, inoltre, è quello con una distanza sorgente-
ricevitore 20r km= .
Soglia = 6. 5 db
78
3 MPaσ∆ =
Figura 21: Curve di SNR calcolate nell’intervallo di frequenze ( )1 2 2c cf f÷ per il
valore di caduta di sforzo statico 3 MPaσ∆ = con magnitudo 3.5wM = per distanze
sorgente-ricevitore variabili, scegliendo come rumore di riferimento l’ampiezza spettrale
media. La linea grigia sottile indica il valore di soglia per lo SNR (6.45 db). L’ultimo
terremoto distinguibile dal rumore, inoltre, è quello con una distanza sorgente-ricevitore
35r km= .
Soglia = 6. 5 db
79
10 MPaσ∆ =
Figura 22: Curve di SNR calcolate per il valore di caduta di sforzo statico 10 MPaσ∆ =
con magnitudo 3.5w
M = per distanze sorgente-ricevitore variabili, scegliendo come
rumore di riferimento l’ampiezza spettrale media. La linea grigia sottile indica il valore
di soglia per lo SNR (6.45 db). L’ultimo terremoto distinguibile dal rumore, inoltre, è
quello con una distanza sorgente-ricevitore 50r km= .
Soglia = 6. 5 db
80
3.5 Curve di rivelazione di un terremoto.
Dall’analisi del rapporto segnale-rumore, discussa nei precedenti paragrafi, sono stati
ottenuti due importanti risultati. Il primo riguarda la valutazione della magnitudo
minima che un terremoto, con una determinata caduta di sforzo statico e verificatosi ad
una certa distanza sorgente-ricevitore dalla stazione sismica NAPI, deve avere affinché
sia distinguibile dal rumore sismico. Il secondo risultato riguarda la stima della massima
distanza sorgente-ricevitore dalla stazione sismica NAPI cui un terremoto, con una certa
caduta di sforzo statico e una magnitudo fissata, può essere identificato. Riportando i
valori della magnitudo dei terremoti rivelabili in funzione della distanza epicentrale
dalla stazione sismica cui tali sismi possono essere identificati, si ottengono le curve che
sono mostrate in Figura 23 a diversi valori della caduta di sforzo statico
( )1, 3,10 MPaσ∆ = . Si osserva che, a 5r km= , il primo terremoto rivelabile a
1MPaσ∆ = è quello con magnitudo 3.0wM = , a 3MPaσ∆ = è quello con magnitudo
2.7wM = ed a 10 MPaσ∆ = è quello con magnitudo 2.5wM = . In questo caso, il
valore di riferimento per il rumore sismico è quello dell’ampiezza spettrale media.
Invece, se si utilizza come riferimento per il rumore sismico, il minimo livello
dell’ampiezza spettrale, vale a dire il percentile 10p = , allora il primo terremoto
identificabile è quello con magnitudo 2.0wM = , caduta di sforzo statico 10 MPaσ∆ =
e distanza dal sito di registrazione 5r km= . Infine, se si utilizza come riferimento per il
rumore sismico, il massimo livello dell’ampiezza spettrale, vale a dire il percentile
90p = , allora il primo terremoto identificabile è quello di 3.0wM = , con distanza
sorgente-ricevitore 5r km= per 1MPaσ∆ = , con 5 10km r km≤ ≤ per 3MPaσ∆ = , e
con 5 20km r km≤ ≤ per 10 MPaσ∆ = . Quindi, alla stazione sismica NAPI, sono
rivelabili i terremoti compresi nell’intervallo di magnitudo 2.0 3.0÷ per una distanza
epicentrale 5r km= .
81
Figura 23: Curve distanza-magnitudo di rivelazione dei terremoti. I triangoli rossi
indicano punti a 1 MPaσ∆ = , i cerchi verdi a 3 MPaσ∆ = , ed i quadrati blu a
10 MPaσ∆ = , come è possibile vedere dalla legenda. La distanza epicentrale è misurata
dalla stazione sismica NAPI.
82
Conclusioni
Mediante la definizione del livello di detezione dei terremoti attesi ad una stazione
sismica, è stato possibile stabilire quali siano i terremoti (identificati attraverso la caduta
di sforzo statico, la magnitudo e la distanza sorgente-ricevitore) distinguibili dal rumore
sismico presente a quel sito di registrazione. Lo studio del livello di detezione serve per
stabilire un’importante proprietà, di prim’ordine, di una stazione sismica, e per definire
meglio le caratteristiche del sito di registrazione. Tale analisi va eseguita per tutte le
stazioni di una rete sismica, in maniera tale che può anche servire per ottimizzare la
geometria della rete stessa al fine di migliorare il livello di detezione. In questo lavoro
di tesi, l’osservazione del livello di detezione è stata eseguita alla stazione NAPI della
rete sismica Eduseis ubicata presso il Dipartimento di Scienze Fisiche a Monte
S.Angelo. Questo obiettivo è stato raggiunto mediante l’analisi dello spettro di Fourier
del rumore sismico registrato alla stazione NAPI, il calcolo delle ampiezze spettrali
teoriche associate a terremoti (utilizzando l’approssimazione di sorgente puntiforme), e
la definizione del valore della soglia di detezione degli eventi sismici in termini del
rapporto segnale-rumore.
Per quanto riguarda la determinazione del livello di rumore sismico, è stata sviluppata la
procedura seguente. Vari dati di rumore sismico sono stati acquisiti alla stazione NAPI
nel mese di aprile 2005. Da questo insieme di dati disponibili, sono state eliminate
quelle finestre all’interno delle quali si era verificato un terremoto registrato alla
stazione NAPI. E’ stato quindi calcolato lo spettro di ampiezza di Fourier. Le
caratteristiche spettrali del rumore sismico sono state calcolate a diverse ore della stessa
giornata per vari giorni consecutivi. L’osservazione di più finestre è stata eseguita per
tener conto delle continue variazioni dell’ampiezza spettrale del rumore sismico nel
passaggio dal giorno alla notte e da giornate lavorative a festive, e per un migliore
calcolo dello spettro medio e dei livelli spettrali associati a diversi percentili statistici.
Questi ultimi, che sono stati stimati per tener conto della variabilità dello spettro di
83
velocità (che presenta a ciascuna frequenza più valori in ampiezza), caratterizzano,
insieme all’ampiezza spettrale media, il livello del rumore presente ad una stazione
sismica.
Per quanto riguarda il calcolo delle ampiezze spettrali teoriche associate ad un
terremoto, si è proceduto alla simulazione di eventi sismici mediante il modello
quasi-dinamico di Boatwright (1978 & 1980 & 1981). Lo spettro della velocità del moto
del suolo associata a terremoti simulati attesi ad una stazione sismica, è stato calcolato a
determinati valori della caduta di sforzo statico ( )σ∆ , per una fissata magnitudo con
distanza sorgente-ricevitore variabile, e per una distanza sorgente-ricevitore fissata con
magnitudo variabile. La grandezza σ∆ è stata considerata variabile poiché si osserva
che questa non assume sempre lo stesso valore per ogni terremoto. Per i terremoti
avvenuti in Campania, ad esempio, è stato riscontrato (Convertito et al., 2005) che
questa varia tra 1 e10 MPa . L’assegnazione di un diverso valore di caduta di sforzo
statico ad un terremoto, si riflette in un differente andamento dell’ampiezza spettrale in
frequenza nella parte intorno alla frequenza d’angolo (che assume anche diversi valori).
Per quanto riguarda la definizione di una soglia di detezione degli eventi sismici, sono
stati seguiti i criteri di Pazos (2003) e Bormann (2002). In conformità a questi criteri, il
valore di soglia per il rapporto tra segnale e rumore è stato fissato a 6.5db . La soglia è
stata valutata al fine di stabilire di quanto lo spettro di ampiezza di un terremoto deve
superare quello del rumore, affinché tale sisma sia identificabile. A questo punto, per
ciascun sisma, è stato calcolato il rapporto tra gli spettri di ampiezza di tali terremoti e
quello del rumore sismico per ogni frequenza (rapporto segnale-rumore), per capire
quali eventi sismici erano distinguibili dal segnale di rumore.
I risultati ottenuti in questo lavoro di tesi dall’applicazione alla stazione sismica
NAPI del procedimento che è stato illustrato in precedenza, sono riportati di seguito.
Il livello di rumore sismico è stato valutato dalle registrazioni della componente
verticale del rumore eseguite nel mese di aprile 2005 alla stazione sismica NAPI. Su 10
giorni consecutivi sono state selezionate 240 finestre successive da un’ora. Dall’insieme
84
delle finestre disponibili sono state eliminate quelle in cui si è verificato un terremoto.
Per ciascuna delle 200 finestre rimanenti, è stato ricavato lo spettro medio di ampiezza
di Fourier e la sua caratterizzazione in termini di percentili. E’ stato possibile studiare lo
spettro di ampiezza della velocità del moto del suolo nell’intervallo di frequenze
0.5 20 Hz÷ , poiché questa è la banda passante della curva di risposta alla velocità del
geofono KS2000. Il livello spettrale di rumore sismico desunto varia, nella banda di
frequenze analizzata, nell’intervallo di ampiezze ( )6 410 10 m s Hz− −÷ (Figura 10,
Capitolo 3).
Lo spettro di ampiezza dei terremoti simulati locali attesi alla stazione sismica NAPI è
stato calcolato in corrispondenza dei tre seguenti valori di caduta di sforzo statico
( )1,3,10 MPaσ∆ = per una magnitudo fissata e distanza sorgente-ricevitore variabile
nell’intervallo ( )5 100 per 5km r km r km≤ ≤ ∆ = , e per una distanza sorgente-
ricevitore fissata con magnitudo variabile nell’intervallo
( )0.5 4.5 per 0.5w wM M≤ ≤ ∆ = . Nell’intervallo di frequenze 0.05 20 Hz÷ , in cui è
possibile confrontare lo spettro del terremoto con quello del rumore, lo spettro di
ampiezza della velocità del moto del suolo simulata per tutti i possibili eventi sismici
considerati varia nell’intervallo ( )10 210 10 m s Hz− −÷ (Figura 12, Capitolo 3).
Avendo considerato che nell’intervallo 0.05 20 Hz÷ le frequenze più importanti sulle
quali fissare l’attenzione fossero quelle comprese nell’arco di 1± ottava intorno alla
frequenza d’angolo cf , in cui si concentra la maggior parte dell’energia di un terremoto,
per ciascun sisma indicato in precedenza il rapporto segnale-rumore è stato calcolato
nell’intervallo di frequenze ( )1 2 2c cf f÷ . Una volta che sono stati esclusi i terremoti
con 2.0wM < per i quali si è assodato che ( )1 2 20cf Hz> , è stato ottenuto che il
rapporto segnale-rumore varia nell’intervallo 40 60db− ÷ (Figure 13-18, Capitolo 3).
Dato che la soglia di detezione degli eventi sismici è stata fissata a 6.5db , sono stati
considerati distinguibili dal rumore presente alla stazione NAPI soltanto i terremoti per i
85
quali si è verificato che lo (signal to noise ratio) 6.5SNR db≥ . Di conseguenza,
l’ampiezza spettrale minima che un terremoto deve avere affinché sia identificabile è
( )62.1 10 m s Hz−⋅ .
Dati i risultati fino ad adesso riportati, è possibile stabilire che il livello minimo di
detezione degli eventi sismici attesi a NAPI è rappresentato da un terremoto con
magnitudo 2.0wM = , caduta di sforzo statico 10 MPaσ∆ = e distanza dal sito di
registrazione 5r km= , considerando l’ampiezza spettrale del rumore sismico pari al
percentile 10p = . Invece, se si accetta l’ampiezza spettrale media del rumore sismico
come riferimento, allora il primo terremoto distinguibile dal rumore sismico è quello
con magnitudo 2.5wM = , con distanza sorgente-ricevitore 5r km= per
1 o 3MPaσ∆ = , e con 5 15km r km≤ ≤ per 10 MPaσ∆ = . Infine, se si considera il
massimo livello dell’ampiezza spettrale del rumore sismico, vale a dire il percentile
90p = , allora il primo terremoto identificabile è quello con 3.0w
M = , con distanza
sorgente-ricevitore 5r km= per 1MPaσ∆ = , con 5 10km r km≤ ≤ per 3MPaσ∆ = , e
con 5 20km r km≤ ≤ per 10 MPaσ∆ = .
La metodologia usata per determinare il livello di identificazione dei terremoti
potrà essere in futuro applicata a qualsiasi altra stazione sismica della stessa rete
EduSeis, o anche di altre reti tipo quella dell’area Irpina. Sarà possibile, inoltre, usare
questa metodica per valutare quanto è rumoroso un sito ed anche quanto è opportuno
installare una nuova rete sismica in tale luogo.
86
Appendice A
Gli strumenti di una stazione sismica
A1 Il sensore elettromagnetico.
Il sensore elettromagnetico converte le vibrazioni della Terra in un segnale continuo
(tensione analogica) [Lay & Wallace (1995), Aki & Richards (2002) ]. Il suo schema è
riportato in Figura 1. Esso è costituito da un magnete permanente nel quale è ricavato
un incavo. All’interno di questo incavo è posta una massa M agganciata con una molla
di costante elastica K alla parete opposta al terreno. Intorno alla massa, che quindi è
libera di oscillare, è arrotolata una bobina di lunghezza l . Il magnete permanente si
muove in maniera solidale con le vibrazioni della Terra e genera, come risposta, un
campo magnetico costante di modulo B . Al contrario, la massa M , e di conseguenza
anche la bobina, in quanto sospesa alla molla, si muove in maniera non solidale. Si
instaura così un moto ( )z t relativo (per il sistema massa M -Terra) e nella bobina è
indotta una tensione variabile nel tempo ( )V t pari alla variazione del flusso del campo
magnetico attraverso la superficie concatenata col circuito (legge di Faraday). Essendo
B uniforme, la variazione di flusso concatenato è proporzionale alla velocità del moto
relativo ( )z tɺ . Ne discende che:
( ) ( )V t l B z t= ɺ
Il campo magnetico costante esercita sulla massa M una forza, direttamente collegata
con la corrente ( )I t indotta nella bobina e con la lunghezza l di questa. Tale forza
(magnetica) è data da:
(1)
87
( ) ( )BF t I t l B=
Dall’equazione (1), è possibile ricavare la corrente. Collegando la massa con una
resistenza R , si ha che ( ) ( )I t lBx t R= ɺ . Sostituendo tale relazione nella (2), si ha:
( )( ) ( )
2
B
lB z tF t
R=
ɺ
All’interno del geofono, inoltre, la molla esercita sulla massa una forza elastica EF
proporzionale al moto relativo ( )z t di M rispetto alla Terra, che include allungamenti
oppure contrazioni della molla. Considerando, infine, la forza derivante
dall’accelerazione relativa della massa e quella che descrive l’azione del moto del suolo
su M , è possibile scrivere l’equazione del bilancio di forze:
( ) ( ) ( ) ( ) 0M z t x t Dz t K z t + + + = ɺɺɺɺ ɺ
In questa equazione le forze esterne sono considerate nulle e la costante D è uguale a
2 2l B R . Assumendo che ( ) ( )expz t Z i tω= − e ( ) ( )expx t X i tω= − , posto
0 K Mω = e ( )02h D Mω= , si ricava che:
2
2 2
0 02
XZ
ih
ω
ω ωω ω
−=
+ −
Allo scopo di convertire il moto del suolo in una tensione analogica equivalente ( )U t ,
la massa M e la resistenza sono accoppiati con un voltmetro. La tensione in uscita sarà
pari a GZ , dove G è la costante di trasduzione di modo.
(2)
(3)
(4)
(5)
88
A2 L’ADSP (Analog/Digital Signal Processing)
L’ADSP [Millmann (1994) ] converte la tensione analogica equivalente al moto del
suolo in un segnale elettrico digitale (in pratica una composizione di numeri discreti
associati a potenziali, vale a dire i conteggi. La tensione in ingresso è prima amplificata
usando un guadagno impostabile, e poi è filtrata mediante un filtraggio antialiasing. La
conversione di questa tensione in un segnale elettrico digitale avviene attraverso il
convertitore analogico-digitale (ADC, Analog to Digital Converter). Il segnale digitale è
filtrato passa-basso attraverso dei filtri digitali FIR (Finite Impulse Response) ed è
decimato alla frequenza di campionamento scelta dall’operatore. Infine, un blocco di
trigger controlla se il segnale digitale supera una certa soglia. Questo blocco, infatti,
calcola dal segnale una media a lungo termine (LTA, Long Term Average) ed una a
Figura 1: Schema del geofono elettromagnetico [Zollo & Herrero & Emolo (2004) ].
89
corto termine (STA, Short Term Average), e verifica se tra queste sussiste la seguente
relazione:
RATIOLTASTA ⋅>
Nella relazione (6) RATIO è un parametro fissato dall’operatore. In Figura 2 è riportato
uno schema a blocchi di un generico ADSP.
A3 Il temporizzatore (TIMER)
Il segnale digitale in uscita è poi sincronizzato da un temporizzatore che è dotato di un
orologio tipo quello dei computer e di un decodificatore di segnali GPS (Global Position
System) che permette di regolare il clock interno [Zollo & Herrero & Emolo (2004) ]. Il
GPS, sistema basato su una costellazione di satelliti geostazionari (collocati ad una
distanza dalla Terra p
r tale che le forze centrifuga e d’attrazione gravitazionale sono
equivalenti), fornisce le coordinate geografiche del luogo e una sorgente molto accurata
per il tempo.
(6)
Figura 2: Schema a blocchi dello strumento ADSP [Zollo & Herrero & Emolo (2004) ].
90
A4 La memoria
I segnali sincronizzati sono poi acquisiti da un apparecchio che funge da MEMORIA.
Tale strumento, è dotato di un sistema di registrazione (dispositivo hardware compatto
da connettere ad un computer) e di trasferimento dei dati in continuo (24h/24h), ed è
completamente scritto in Java. I dati registrati possono essere estratti dalle singole
stazioni, e trasmessi mediante FTP (File Transfer Protocol) ad un Server Centrale
attraverso l'utilizzo della rete Internet (protocollo TCP/IP). La comunicazione
giornaliera tra le stazioni sismiche e il Server Centrale è veloce, ed inoltre le stazioni
sismiche possono essere installate anche in zone molto lontane da Centri di Ricerca.
A5 Conversione conteggi-velocità
I segnali in uscita da una stazione sismica si presentano sottoforma di conteggi
( )n nu u t= in funzione del tempo. Qui è riportata in Figura 3, come esempio, la finestra
di rumore acquisito alla stazione NAPI dalle ore 1:00 alle ore 2:00 del 21 aprile 2005.
91
I conteggi ( )nu t sono stati quindi trasformati in unità di misura peculiari per la
grandezza fisica associata al moto del suolo in esame (in questo caso, la velocità ( )tv ),
utilizzando la sensibilità del velocimetro S e la costante di trasduzione T del
convertitore analogico-digitale (vedere equazione 7 successiva).
[ ][ ]
( )24
Conteggi VoltVelocità
2
Tm s
S V s m
⋅=
⋅ ⋅
(7)
Figura 5: Finestra di rumore sismico in conteggi nel tempo.
92
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