UN ESPERIMENTO UN “FARMACO BIOLOGICO” … · n. 36 gennaio-marzo 2012 (*) UN “FARMACO...

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n. 36 gennaio-marzo 2012 (*) UN “FARMACO BIOLOGICO” CONTRO L’OSTEOPOROSI Da pochi mesi è disponibile anche in Italia un nuovo farmaco contro l’osteoporosi, chiamato “denosumab” e commercializzato con il nome Prolia®. È stato approvato per il trattamento dell’osteoporosi in donne post-menopausali ad aumentato rischio di fratture e negli uomini in terapia ormonale per cancro della pro- stata con aumentato rischio di fratture). Si deve usare in aggiunta a un adeguato supplemento di calcio e vitamina D. È prescrivibile in “classe A” solo sulla base di un “piano terapeutico” preparato e registrato via internet da parte di un centro specialistico ospeda- liero o da un medico specialista. Solo in presenza di questo “piano terapeutico” il medico di famiglia può preparare la normale ricetta per ritirare il farmaco in farmacia (con il pagamento del ticket). In assenza di “piano terapeutico” il farmaco può essere prescritto, ma il suo costo resta a carico del paziente. Il denosumab è venduto in “siringa preriempita” e deve essere iniettato una volta ogni 6 mesi. Nelle donne con osteoporosi postmenopausale esso riduce significativamente il rischio di fratture vertebrali, non vertebrali e di femore (solo quelle vertebrali negli uomini con cancro della prostata). Come tutti i farmaci, il denosumab può provocare reazioni avverse anche gravi, tra cui stitichezza, dolore agli arti, sciatica, infezioni urinarie, respiratorie e cutanee (cellulite), cataratta. In casi molto rari, è stata segnalata anche con il denosumab (come con i bisfosfonati) l’osteonecrosi della mandibola. Si raccomanda quindi una visita odontoiatrica con appropriata profilassi dentale prima di iniziare la cura, si devono evitare, se possibile, procedure odontoiatriche invasive durante la cura, e si deve mantenere sempre una buona igiene orale. –––––––––––––––––––––––– (*) Tutti i numeri arretrati di “ Notizie LIOS” sono disponibili in PDF alla pagina “Pubblicazioni” sul sito http://www.lios.it UN ESPERIMENTO Spiegare come funzionano i farmaci è piuttosto difficile, e questa volta è più difficile del solito. Abbiamo quindi dedicato un intero articolo (“Come le cellule comunicano fra loro, a pag. 2-3) ai concetti di base necessari per capire come funziona il denosumab. Ci farebbe piacere ricevere via email ([email protected]) il vostro giudizio: questo esperimento è interessante e utile, o no? MODELLAMENTO E RIMODELLAMENTO OSSEO. Per capire come funzionano i farmaci anti-osteoporosi occorre ricordare che l’osso è un tessuto vivo, che si modifica continuamente lungo tutta la nostra vita. Nell’infanzia e nell’adolescenza lo scheletro deve crescere, e ogni osso deve assumere le dimensioni e la forma proprie dell’età adulta: si parla quindi di crescita e di modellamento osseo. Ma durante tutta la vita l’osso deve adattarsi alle diverse esigenze determinate, tra l’altro, dalla nostra taglia corporea e dal tipo di lavoro fisico a cui lo sottoponiamo: p.es. l’osso di una persona alta e massiccia deve essere più robusto di quello di una persona piccola ed esile; l’osso di una persona giovane che porta grandi pesi sulle spalle deve essere più robusto di quello di una persona anziana e sedentaria. Per questo, in tutte le fasi della vita, l’osso deve essere in grado di adattarsi e rinnovarsi (e anche autoripararsi) giorno dopo giorno per mantenere la sua “microstruttura” interna nelle migliori condizioni, perché da questa microstruttura dipende la sua robustezza e la sua resistenza alle fratture. E questo processo di mantenimento e autoriparazione è chiamato rimodellamento osseo. Nei giovani, modellamento e rimodellamento avvengono in parallelo. Negli adulti il modellamento è finito, e resta solo il rimodellamento. Ma come avvengono modellamento e rimodellamento osseo? Bisogna pensare all’osso come a una specie di “cemento armato” vivente. Il cemento armato consiste in una intelaiatura di“tondini” di ferro, su cui si cola il cemento: i tondini danno all’insieme elasticità e robustezza, il cemento dà resistenza alla compressione. Nell’osso, la struttura interna (l’equivalente dei tondini) è costituita da filamenti di una proteina chiamata collagene, che forma la cosiddetta “matrice proteica”, su cui poi si depositano sali di “idrossiapatite” (fosfato di calcio, l’equivalente del cemento). Nell’osso ci sono tre tipi di cellule, e sono queste che lo rendono un tessuto vivo. Gli osteoblasti hanno il compito di produrre la matrice proteica (il collagene), su cui si depositano i sali di calcio (calcio e fosfato arrivano all’osso attraverso il sangue). Gli osteoclasti hanno il compito di “riassorbire” l’osso nei punti in cui l’osso vecchio deve essere distrutto (sia per modificare la forma sia per rinnovarlo sosti- tuendolo con osso “nuovo”). In pratica, gli osteoclasti fanno nuovamente “sciogliere” i sali di fosfato di calcio nel sangue e distruggono la matrice proteica. Gli osteociti, cellule che vivono “murate vive” nell’osso, “rilevano” grazie ai loro lunghi filamenti le reazioni dell’osso alle sollecitazioni meccaniche (compressione, torsione, flessione) e segnalano in quali punti c’è bisogno di un intervento di modellamento o manutenzione. La vita e la salute dell’osso dipendono dal bilanciamento dell’azione degli osteoclasti (i distruttori di osso) e degli osteoblasti (i costruttori di osso). La regolazione della loro attività è molto complicata, ed è in parte sotto il controllo di ormoni (paratormone, 1,25- diidrossi-vitamina D, calcitonina, estrogeni, ormone della crescita) in parte sotto il controllo di numerose citochine (vedi pag. 2). Uno dei punti- chiave della vita dell’osso è proprio l’attivazione degli osteoclasti, cioè l’ordine di iniziare, in una certa localizzazione, l’attività di riassorbi- mento. Molti dei farmaci contro l’osteoporosi agiscono proprio sugli osteoclasti, abbreviandone la vita o riducendone l’attività “distruttrice”. 1

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n. 36 gennaio-marzo 2012 (*)

UN “FARMACO BIOLOGICO”

CONTRO L’OSTEOPOROSIDa pochi mesi è disponibile anche in Italia un nuovo farmaco

contro l’osteoporosi, chiamato “denosumab” e commercializzato

con il nome Prolia®. È stato approvato per il trattamento

dell’osteoporosi in donne post-menopausali ad aumentato rischio

di fratture e negli uomini in terapia ormonale per cancro della pro-

stata con aumentato rischio di fratture). Si deve usare in aggiunta a un adeguato supplemento di calcio e vitamina D. È prescrivibile

in “classe A” solo sulla base di un “piano terapeutico” preparato e registrato via internet da parte di un centro specialistico ospeda-

liero o da un medico specialista. Solo in presenza di questo “piano terapeutico” il medico di famiglia può preparare la normale

ricetta per ritirare il farmaco in farmacia (con il pagamento del ticket). In assenza di “piano terapeutico” il farmaco può essere

prescritto, ma il suo costo resta a carico del paziente. Il denosumab è venduto in “siringa preriempita” e deve essere iniettato una

volta ogni 6 mesi. Nelle donne con osteoporosi postmenopausale esso riduce significativamente il rischio di fratture vertebrali,

non vertebrali e di femore (solo quelle vertebrali negli uomini con cancro della prostata). Come tutti i farmaci, il denosumab può

provocare reazioni avverse anche gravi, tra cui stitichezza, dolore agli arti, sciatica, infezioni urinarie, respiratorie e cutanee

(cellulite), cataratta. In casi molto rari, è stata segnalata anche con il denosumab (come con i bisfosfonati) l’osteonecrosi della

mandibola. Si raccomanda quindi una visita odontoiatrica con appropriata profilassi dentale prima di iniziare la cura, si devono

evitare, se possibile, procedure odontoiatriche invasive durante la cura, e si deve mantenere sempre una buona igiene orale.

––––––––––––––––––––––––(*) Tutti i numeri arretrati di “ Notizie LIOS” sono disponibili in PDF alla pagina “Pubblicazioni” sul sito http://www.lios.it

UN ESPERIMENTO Spiegare come funzionano i

farmaci è piuttosto difficile, e questa volta è più difficile delsolito. Abbiamo quindi dedicato un intero articolo (“Come lecellule comunicano fra loro, a pag. 2-3) ai concetti di basenecessari per capire come funziona il denosumab. Ci farebbe piacere ricevere via email ([email protected]) il vostrogiudizio: questo esperimento è interessante e utile, o no?

MODELLAMENTO E RIMODELLAMENTO OSSEO. Per capire come funzionano i farmaci anti-osteoporosi occorre ricordare chel’osso è un tessuto vivo, che si modifica continuamente lungo tutta la nostra vita. Nell’infanzia e nell’adolescenza lo scheletro deve crescere,e ogni osso deve assumere le dimensioni e la forma proprie dell’età adulta: si parla quindi di crescita e di modellamento osseo. Ma durantetutta la vita l’osso deve adattarsi alle diverse esigenze determinate, tra l’altro, dalla nostra taglia corporea e dal tipo di lavoro fisico a cui losottoponiamo: p.es. l’osso di una persona alta e massiccia deve essere più robusto di quello di una persona piccola ed esile; l’osso di unapersona giovane che porta grandi pesi sulle spalle deve essere più robusto di quello di una persona anziana e sedentaria. Per questo, in tuttele fasi della vita, l’osso deve essere in grado di adattarsi e rinnovarsi (e anche autoripararsi) giorno dopo giorno per mantenere la sua“microstruttura” interna nelle migliori condizioni, perché da questa microstruttura dipende la sua robustezza e la sua resistenza alle fratture.E questo processo di mantenimento e autoriparazione è chiamato rimodellamento osseo. Nei giovani, modellamento e rimodellamentoavvengono in parallelo. Negli adulti il modellamento è finito, e resta solo il rimodellamento. Ma come avvengono modellamento e rimodellamento osseo? Bisogna pensare all’osso come a una specie di “cemento armato” vivente.Il cemento armato consiste in una intelaiatura di“tondini” di ferro, su cui si cola il cemento: i tondini danno all’insieme elasticità e robustezza,il cemento dà resistenza alla compressione. Nell’osso, la struttura interna (l’equivalente dei tondini) è costituita da filamenti di una proteinachiamata collagene, che forma la cosiddetta “matrice proteica”, su cui poi si depositano sali di “idrossiapatite” (fosfato di calcio, l’equivalentedel cemento). Nell’osso ci sono tre tipi di cellule, e sono queste che lo rendono un tessuto vivo. Gli osteoblasti hanno il compito di produrrela matrice proteica (il collagene), su cui si depositano i sali di calcio (calcio e fosfato arrivano all’osso attraverso il sangue). Gli osteoclastihanno il compito di “riassorbire” l’osso nei punti in cui l’osso vecchio deve essere distrutto (sia per modificare la forma sia per rinnovarlo sosti-tuendolo con osso “nuovo”). In pratica, gli osteoclasti fanno nuovamente “sciogliere” i sali di fosfato di calcio nel sangue e distruggono lamatrice proteica. Gli osteociti, cellule che vivono “murate vive” nell’osso, “rilevano” grazie ai loro lunghi filamenti le reazioni dell’osso allesollecitazioni meccaniche (compressione, torsione, flessione) e segnalano in quali punti c’è bisogno di un intervento di modellamento omanutenzione. La vita e la salute dell’osso dipendono dal bilanciamento dell’azione degli osteoclasti (i distruttori di osso) e degli osteoblasti(i costruttori di osso). La regolazione della loro attività è molto complicata, ed è in parte sotto il controllo di ormoni (paratormone, 1,25-diidrossi-vitamina D, calcitonina, estrogeni, ormone della crescita) in parte sotto il controllo di numerose citochine (vedi pag. 2). Uno dei punti-chiave della vita dell’osso è proprio l’attivazione degli osteoclasti, cioè l’ordine di iniziare, in una certa localizzazione, l’attività di riassorbi-mento. Molti dei farmaci contro l’osteoporosi agiscono proprio sugli osteoclasti, abbreviandone la vita o riducendone l’attività “distruttrice”.

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COME LE CELLULECOMUNICANO FRA LORONegli ultimi anni, molti dei più importanti passi avanti della

medicina sono stati dovuti ai grandissimi progressi della biologia

cellulare. Del resto, il nostro corpo è composto da miliardi di

cellule di diversi tipi (1), e il suo funzionamento “globale”

dipende dalla salute e dal funzionamento coordinato delle cellule

che lo compongono. Tutte le malattie, in ultima analisi, derivano

da alterazioni più o meno gravi del funzionamento delle cellule,

dovute a cause interne (es. tumori, malattie genetiche) o esterne

(es. infezioni, intossicazioni, carenze alimentari). Capire sempre

meglio come le cellule funzionano, come comunicano fra loro,

come regolano la loro attività (anche coordinandosi a distanza

con cellule di altro tipo ma impegnate in compiti “collegati”) è

uno dei grandi temi della biologia e della medicina di oggi. E

questo non solo stimola sempre nuove ricerche, ma ha già

cominciato a dare risultati molto concreti, come la realizzazione

di farmaci sempre più specifici e “mirati”. Per capire questi

discorsi, molto interessanti ma anche piuttosto complicati,

occorre conoscere alcuni concetti di base, che cercheremo di

presentare qui di seguito.

(1) Anche se la struttura generale delle cellule è sempre la stessa, nel nostro corpoesistono molti diversi tipi di cellule (es. cellule epiteliali, cellule muscolari,cellule ossee, cellule nervose), che nell’insieme formano molti diversi tipi esottotipi di “tessuti” (es. tessuti epiteliali, tessuto muscolare, tessuto osseo, tessuto

nervoso). Un tessuto in genere contiene diversi tipi di cellule (anche se un tipo di solito prevale e caratterizza il tessuto stesso). Similmente, i vari organi (es.pelle, cuore, scheletro, cervello) sono costituiti da uno o più tessuti: p.es. lo scheletro contiene osso (tessuto osseo) e cartilagine (tessuto cartilagineo). Ogni cellulaè immersa in un ambiente composto da altre cellule, da sostanze intercellulari più o meno dense, e da fluidi intercellulari (acqua e sostanze chimiche insoluzione: p.es. sodio, potassio, cloro, calcio, bicarbonato, ossigeno, idrogeno, ecc.). Il sangue –circolando nel sistema delle arterie (vasi che dal cuore vannoverso tutti gli organi) e delle vene (vasi che dai tessuti riportano il sangue verso il cuore) – permette il continuo ricambio di tutti i fluidi dell’organismo e ladiffusione a tutte le cellule di sostanze essenziali per la vita (in primo luogo l’ossigeno). Il corpo umano è composto da circa 100 miliardi di cellule di vari tipi,tutte “figlie” della stessa cellula originaria (l’ovulo fecondato) anche se specializzate in compiti diversi. In un essere umano “adulto”, solo certe cellule restanoin grado di riprodursi per sostituire quelle che man mano muoiono (l’esempio più tipico di cellule che devono essere rinnovate continuamente è quello dellecellule della pelle, delle mucose e del sangue).

1. PREMESSA SULLE CELLULE.

Che cos’è una cellula? Semplificando molto un discorso complicato, diciamo che è la più

piccola entità biologica che può essere definita “vivente”. I batteri, i protozoi e altri

organismi microscopici sono esseri viventi costituiti da una sola cellula. Le piante e gli

animali (compreso l’uomo) sono invece costituiti da molte cellule (oltre che da “sostanze

intercellulari” che di per sé non sono “vive”, come p.es. il collagene e i sali di calcio

dell’osso), e la loro vita dipende dal lavoro coordinato di tutte le cellule che li

compongono. Schematicamente, ogni cellula è delimitata da una membrana cellulare, che

racchiude il citoplasma (un materiale gelatinoso più o meno abbondante, molto ricco di

acqua), che a sua volta

contiene gli organuli intracellulari (p.es. i mitocondri, le “centrali

energetiche” della cellula), e il nucleo (il contenitore delle

“informazioni genetiche” dell’organismo). Noi diciamo che un

organismo è “vivo” in quanto è capace di nutrirsi, di muoversi (grazie

all’energia ricavata dagli alimenti), e di riprodursi. Ovviamente la vita

degli organismi pluricellulari è molto più complicata di quella dei

batteri e dei protozoi. Le loro cellule devono lavorare tutte insieme

(p.es. per esplorare il mondo esterno: le cellule degli organi di senso

e del sistema nervoso; per assorbire gli alimenti: le cellule

dell’apparato digerente; per far circolare il sangue: le cellule del cuore

e dei vasi; ecc.), e per lavorare insieme devono essere in grado di

comunicare fra loro.

2. ORMONI E CITOCHINE

Ormoni e citochine sono “messaggeri chimici” che permettono la

comunicazione fra le cellule (non sono gli unici: p.es. le cellule del

sistema nervoso comunicano attraverso altre sostanze, dette

“neurotrasmettitori”). I principali ormoni sono conosciuti da decenni,

mentre le citochine sono una scoperta recente, ma il loro meccanismo

COME AGISCE IL DENOSUMAB

N.B. Per seguire questa spiegazione piuttosto complicata

è probabilmente necessario leggere (con molta pazienza)

l’articolo qui a fianco.

Il denosumab è un “anticorpo monoclonale” umano, che

agisce sul principale sistema di attivazione degli osteoclasti,

il sistema “RANK/RANKL/osteoprotegerina”. In questo

sistema, RANK è il recettore, che si trova sulla membrana

degli osteoclasti, e RANKL è il ligando naturale, prodotto

dagli osteoblasti, che – legandosi al RANK – attiva questo

recettore, e così facendo stimola gli osteoclasti a

riassorbire osso. L’osteoprotegerina è un “falso recettore”

naturale (=prodotto dal nostro organismo) che regola

l’azione del RANKL e “protegge” l’osso: essa infatti,

legandosi al RANKL gli impedisce di legarsi al RANK e

quindi di attivare gli osteoclasti. Il denosumab (prodotto

“artificiale”) agisce in modo simile all’osteoprotegerina. In

quanto “anticorpo”, il denosumab si lega al RANKL, e gli

impedisce di attivare il RANK. Ciò riduce l’attivazione degli

osteoclasti, e quindi riduce il riassorbimento osseo, sia a

livello corticale che trabecolare.

LE PAROLE DELLA MEDICINA

INFIAMMAZIONE. Risposta dei tessuti viventi vascolarizzatia uno stimolo “dannoso” di qualsiasi natura (es. infezioni,stimoli chimici da parte di sostanze irritanti o tossiche,stimoli fisici come radiazioni, calore, traumi).L’infiammazione “acuta” si presenta con rossore, calore,gonfiore (“edema”) e dolore localizzati. In genere si risolvein poco tempo. Se non riesce a risolversi completamente,l’infiammazione può diventare “cronica” e determinarealterazioni o danni permanenti.

INFEZIONE. Invasione (locale o generale) dell’organismoda parte di microrganismi patogeni (es. virus o batteri). Leinfezioni determinano sempre una reazione del sistemaimmunitario (il sistema “di difesa” del nostro organismo),che inizia in genere con un processo infiammatorio.

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di funzionamento è molto simile. La distinzione è essenzialmente legata al fatto che gli ormoni sono prodotti da cellule

specializzate raggruppate in organi chiamati “ghiandole endocrine” (es. ipofisi, tiroide, paratiroidi, surrene, gonadi). Le citochine

sono invece prodotte dalle singole cellule presenti nei vari tessuti (particolarmente studiate sono le citochine prodotte dalle cellule

del sistema immunitario, ma anche quelle prodotte dalle cellule ossee). Gli ormoni vengono rilasciati dalle ghiandole nel sangue,

circolano con il sangue e agiscono a distanza sulle cellule di specifici “organi bersaglio”. Invece -- anche se questa è solo una

semplificazione, che ha molte eccezioni -- le citochine sono rilasciate localmente nei fluidi interstiziali, e la loro azione è in genere

limitata alle cellule vicine. Oggi conosciamo molti tipi di citochine. Per esempio, l’attivazione dei “globuli bianchi” del sangue

(le cellule che si attivano nelle infiammazioni e nelle infezioni) e degli osteoclasti (le cellule che distruggono l’osso “vecchio” da

sostituire) è regolata da citochine. Tutti i processi infiammatori (vedi box) sono iniziati e controllati da citochine. Sia le citochine

che gli ormoni agiscono legandosi a specifici “recettori” cellulari.

3. RECETTORI E LIGANDI

I recettori sono molecole speciali presenti sulla membrana o all’interno delle cellule che – quando sono attivati dal legame con

certe sostanze (genericamente chiamate “ligandi”) – attivano o bloccano specifiche funzioni cellulari. Ormoni e citochine agiscono

in genere come “ligandi” di specifici recettori, e quindi possono esser visti come segnali inviati da certe cellule (quelle che li

producono e li mettono in circolo) a certe altre (quelle che posseggono i recettori a cui essi si legano). Esistono innumerevoli tipi

di recettori e di ligandi diversi. La relazione fra un recettore e i suoi ligandi è molto specifica. L’esempio migliore per capirla è

quello di serratura (recettore) e chiave (ligando). Se consideriamo un certo recettore, solo i ligandi “giusti” possono attivarlo, come

solo le chiavi giuste aprono una certa serratura. Esistono anche ligandi che possono legarsi al recettore ma non lo attivano (e quindi

lo bloccano): sono come chiavi che entrano nella serratura ma non la aprono. Ovviamente, i ligandi destinati a recettori diversi

sono come chiavi che proprio non entrano nella serratura, e quindi non possono aver nessun effetto su quel recettore. Molti

farmaci agiscono legandosi a specifici recettori cellulari, esattamente come i ligandi naturali (normalmente prodotti dal nostro

organismo) di quei recettori. Per esempio, la morfina (farmaco) si lega agli stessi recettori (“recettori degli oppioidi”) a cui si legano

le “endorfine” (tipi particolari di “neuro-ormoni”, ormoni prodotti dal nostro sistema nervoso). Una delle azioni delle endorfine

è regolare il funzionamento del nostro sistema di percezione del dolore, e infatti la morfina è un potente analgesico (farmaco che

allevia il dolore). Il fatto che la morfina riesca a alleviare un dolore anche molto grave, su cui le endorfine da sole non hanno

effetto, dipende principalmente dal fatto che la quantità di farmaco che noi possiamo introdurre tutta insieme nell’organismo è

enormemente superiore alla quantità di endorfine che produciamo. E questo meccanismo di azione vale anche per molti altri

farmaci equivalenti a ormoni naturali (es. cortisone, teriparatide, ecc.) o interagenti con i recettori di certi ormoni naturali (es.

“beta-bloccanti”, ecc.).

4. ANTIGENI E ANTICORPI

L’organismo durante lo sviluppo impara a distinguere fra “sé” e “non sé”, cioè fra ciò che è “proprio” e ciò che è “estraneo”. Il

sistema immunitario è un complicatissimo sistema di difesa, basato su vari tipi di cellule (linfociti, plasmacellule, macrofagi, ecc.)

che identificano gli “attacchi” da parte di invasori estranei e – se tutto va bene – riescono a neutralizzarli. Uno dei sistemi di difesa

è basato sulla produzione di “anticorpi” solubili, che vanno a legarsi, con lo stesso meccanismo estremamente preciso che

abbiamo visto sopra parlando di recettori e ligandi, alle sostanze (“antigeni”) riconosciute come estranee (per esempio la capsula

dei virus o certe molecole presenti sulla membrana dei microbi “invasori”). In questo senso possiamo dire che gli “antigeni”

presenti su un virus o un batterio sono “recettori” per i nostri anticorpi. P.es., se noi sopravviviamo a una prima infezione, il nostro

sistema immunitario impara una volta per tutte a riconoscere gli antigeni caratteristici di quegli specifici agenti patogeni: in caso

di nuova infezione da parte di agenti simili, produrrà immediatamente una grande quantità di anticorpi che andranno a legarsi

agli antigeni degli invasori. Il complesso antigene-anticorpo, per certi tipi di globuli bianchi (p.es. granulociti e macrofagi), è il

segnale che i virus o i batteri così “marcati” vanno distrutti o “fagocitati” (=“mangiati”). Le vaccinazioni sono basate proprio su

questo principio. I vaccini contengono gli “antigeni” di virus (morbillo, polio, influenza, epatite) o batteri (tifo, tetano, difterite)

in forma inattivata e non pericolosa: dopo la vaccinazione, noi iniziamo a produrre anticorpi, che ci eviteranno in futuro di

prendere la malattia. Anche le “allergie” fanno parte dei fenomeni immunitari, coinvolgendo reazioni antigene-anticorpo. Solo

che in questo caso si tratta di reazioni “anomale” a qualcosa che non è necessariamente un “nemico”. Sono reazioni che alcuni

di noi possono avere per sostanze “estranee” di vario tipo (alimenti, farmaci, polline di certe piante, leghe metalliche, ecc.) e che

possono anche essere molto gravi. Esistono anche malattie, dette “autoimmuni”, in cui il nostro sistema immunitario perde la

capacità di riconoscere il “sè”, e tratta cellule o strutture del nostro organismo come se fossero estranee e pericolose, cercando

di distruggerle. Si parla in questo caso di malattie “autoimmuni” (p.es. lupus eritematoso sistemico, certe forme di tiroidite, epatite

o glomerulonefrite, artrite reumatoide, ecc.).

5. FARMACO BIOLOGICO

Termine generico che indica i nuovi farmaci studiati per agire direttamente a livello di specifici recettori cellulari o dei loro ligandi.

Ovviamente, anche molti dei vecchi farmaci in uso da anni sono “biologici” nel senso che “agiscono direttamente a livello di

specifici recettori cellulari o dei loro ligandi”: p.es. il cortisone, l’insulina, gli estrogeni e la già citata morfina. Ma oggi questa

definizione si utilizza specificamente per indicare farmaci studiati e prodotti con tecniche nuovissime di “ingegneria genetica” (per

esempio, facendo produrre il farmaco a cellule geneticamente modificate e opportunamente “coltivate”). Molti dei nuovi farmaci

biologici appartengono alla classe degli “anticorpi monoclonali” (in inglese “monoclonal antibodies”, abbreviato “mab”), e hanno

dei nomi che appunto finiscono con -mab (es. infliximab, rituximab, denosumab). “Monoclonali” significa che sono prodotti da

un singolo “clone” di cellule immunitarie (cioè cellule tutte derivanti da una stessa “cellula madre”, e quindi con un identico

patrimonio genetico): un farmaco di questo tipo è composto quindi da “anticorpi” tutti perfettamente identici fra loro, e capaci

quindi di agire su un ben preciso antigene-bersaglio (p.es. uno specifico recettore cellulare).

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Osteoporosi”), oppure online con carta di credito (tramite il sito sicuro di Banca Sella), dal sito http://www.lios.it.

DISTURBI DEL COMPORTAMENTOALIMENTARE E SALUTE DELL’OSSOI disturbi del comportamento alimentare (DCA) – che comprendono l’anoressia nervosa (AN), la bulimia nervosa (BN) e altri

disturbi meno definiti – in genere compaiono nell’adolescenza, e sono molto più frequenti nelle ragazze che nei maschi (circa

10:1). Già nel 2007 l’International Osteoporosis Foundation ha lanciato l’allarme sui danni provocati dal più frequente di questi

disturbi, l’AN, e ha rivolto un appello ai giovani invitandoli a “investire” nella salute delle loro ossa. L’AN non riguarda infatti solo

le modelle-grissino, ma purtroppo un numero crescente di ragazze e ragazzi nell’età più delicata per il loro sviluppo (e non solo

per lo sviluppo dell’osso). L’AN deve essere considerata una malattia cronica grave, ed è caratterizzata dal rifiuto di mantenere

un peso minimamente normale, da una forte paura di acquistare peso o di diventare grassi, da un’alterata percezione della forma

e della taglia del proprio corpo, e dall’estrema riduzione della dieta (300-700 chilocalorie al giorno). Considerando che il periodo

di maggior crescita dello scheletro è quello della pubertà e dell’adolescenza, fra gli 11 e i 17 anni, un’alimentazione sbagliata in

questo periodo, in particolare un’alimentazione povera di calcio, può impedire il raggiungimento di un ottimale “picco di massa

ossea” al termine della crescita e dello sviluppo osseo (intorno ai 25-30 anni di età), e quindi predisporre a osteoporosi e fratture

da fragilità. Un’alimentazione insufficiente, alla ricerca di una magrezza irraggiungibile, provoca non solo carenze di proteine,

vitamine, calcio, ferro, acidi grassi essenziali e altri principi nutritivi importanti, ma anche gravi squilibri ormonali, in particolare

una riduzione della produzione di ormoni sessuali. Ritardi dello sviluppo puberale, arresto della crescita e, nelle ragazze,

amenorrea sono conseguenze frequenti dell’AN. Molti soggetti, inoltre, mettono in atto altri comportamenti mirati a “bruciare”

calorie e perdere peso (eccessiva attività fisica, induzione del vomito, abuso di lassativi e diuretici). Gli eccessi di attività fisica

sono non meno dannosi delle carenze alimentari, e possono anch’essi contribuire alle alterazioni ormonali e all’amenorrea. Nelle

ragazze l’irregolarità mestruale è in molti casi un segno precoce, e l’amenorrea totale spesso precede la perdita di peso,

costituendo una vera e propria minaccia per l’osso e un importante fattore di rischio per l’osteoporosi. La riduzione della

produzione di estrogeni causata dall’anoressia è infatti dannosa per l’osso esattamente come la riduzione degli estrogeni causata

dalla menopausa. Una ragazza anoressica che non ha le mestruazioni è come se fosse in menopausa anche se ha vent’anni, e

infatti nell’AN è stato osservato un aumento del riassorbimento e una diminuzione della formazione di osso, principalmente

dovuto al deficit di estrogeni. L’aumento del peso e la ricomparsa delle mestruazioni può permettere, con il tempo, un buon

recupero di massa ossea a livello sia vertebrale che femorale. Ovviamente, il risultato è tanto più favorevole quanto più precoce

è il recupero, e questo sottolinea l’importanza di una diagnosi precoce e di un intervento psicologico e medico efficace. Il peso

e il valore della “massa magra” (misurabile con la densitometria DXA) al momento della diagnosi sono indicatori importanti per

predire il rischio di perdita di massa ossea. La durata della malattia è il fattore più importante per lo sviluppo di osteoporosi.

La BN è caratterizzata da episodi ricorrenti e incontrollabili di assunzione eccessiva di alimenti (p.es. dolci), in genere fatta di

nascosto per vergogna, seguiti da comportamenti compensatori (come vomito auto-indotto). In genere non si ha significativa

perdita di peso, e la malattia è meno grave dell’AN.

Tutti i DCA possono determinare alterazioni del metabolismo osseo e ridotta massa ossea, con rischio di osteoporosi precoce,

anche perché la malnutrizione determina un’insufficiente assunzione di calcio e proteine. Il trattamento dei DCA, e in particolare

dell’AN, deve avere come primo obiettivo il recupero di un peso normale e – nelle donne giovani – la ricomparsa delle

mestruazioni (che in genere avviene entro 6 mesi dal recupero del 90% del peso ideale). La guarigione è difficile, e i diversi studi

riportano percentuali di recupero del peso e delle mestruazioni fra il 35% e l’85%. Tuttavia i risultati osservati sul recupero della

massa ossea sono almeno in parte contraddittori, per cui il recupero di un normale peso e equilibrio ormonale è considerato come

condizione necessaria ma non sufficiente. La correzione dell’apporto di calcio e di eventuali carenze di vitamina D sono

importanti, anche se da soli non sembrano risolutivi. L’attività fisica è utile all’osso, ma ovviamente deve essere moderata e non

tale da ostacolare il recupero del peso per eccesso di consumo energetico. Viceversa, i ricoveri ospedalieri con riposo forzato a

letto possono avere effetti negativi sull’osso e devono essere limitati allo stretto necessario. Nonostante la grave carenza di

estrogeni, la terapia ormonale sostitutiva ha in genere dato risultati poco significativi. Anche l’utilità di un’eventuale terapia anti-

riassorbimento osseo con i bisfosfonati non è stata dimostrata.

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