Tutti fiori dello stesso giardino

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Interculturalità e minori: esperienze a confronto. Atti del Convegno

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Quaderni del volontariato 11

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Associazione di Volontariato“Genitori Oggi” - Onlus

Tutti fiori dello stesso

giardino

Interculturalità e minori:esperienze a confronto

Atti del convegno

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CesvolCentro Servizi Volontariatodella Provincia di Perugia

Via Sandro Penna 104/106Sant’Andrea delle Fratte06132 Perugiatel.075/5271976fax.075/[email protected]@pgcesvol.net

Pubblicazione a cura di

Con il patrocinio della Regione Umbria

Progetto grafico e videoimpaginazioneChiara Gagliano

© 2009 CESVOLISBN 88-96649-01-5

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I quaderni del volontariato, un viaggio attraverso un libro nel mondo del sociale

Il CESVOL, centro servizi volontariato per la Provincia di Perugia, nel-l’ambito delle proprie attività istituzionali, ha definito un piano specifi-co nell’area della pubblicistica del volontariato.

L’obiettivo è quello di fornire proposte ed idee coerenti rispetto ai temidi interesse e di competenza del settore, di valorizzare il patrimonio diesperienze e di contenuti già esistenti nell’ambito del volontariato orga-nizzato ed inoltre di favorire e promuovere la circolazione e diffusionedi argomenti e questioni che possono ritenersi coerenti rispetto a quel-li presenti al centro della riflessione regionale o nazionale sulle temati-che sociali.

La collana I quaderni del volontariato presenta una serie di produzio-ni pubblicistiche selezionate attraverso un invito periodico rivolto alleassociazioni, al fine di realizzare con il tempo una vera e propria colla-na editoriale dedicata alle tematiche sociali, ma anche ai contenuti edalle azioni portate avanti dall’associazionismo provinciale.

I Quaderni del volontariato, inoltre, rappresentano un utile supporto perchiunque volesse approfondire i temi inerenti il sociale per motivi distudio ed approfondimento.

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Indice

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Genitori Oggi” Onlus: breve storia, attività e progetti 9

Introduzione a cura di Alberto Taddei 13

Centro Interculturale Educativo e Ricreativo per minori “Peter Pan” a cura di Valentina Rossi 15

La Presenza in Altotevere degli alunni con cittadinanza straniera Dott.Giuseppe Martini Dirigente scolastico 19

Una cultura multietnica come ricchezza di un progetto educativoDott.ssa Adriana Croci Cidis Onlus Perugia 23

La mediazione culturaleAmahdar AbdelillahUfficio Immigrazione San Giustino 27

Interculturalità e minori: esperienze a confrontoElisabetta GiovenaleRappresentante del Cidis 31

Interculturalità e minori: esperienze a confrontoFrancesca FanelliAssociazione MappaMondo onlus di Spoleto 35

Interculturalità e minori: esperienze a confrontoElisa PalmiAssociazione educativa culturale “Insieme”Città di Castello 39

Interculturalità e minori: esperienze a confrontoClaudia SerraAssociazione di volontariato “Genitori Oggi” Servizio Civile 45

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Interculturalità e minori: esperienze a confrontoDott. Alessandro VestrelliDirigente responsabile del Servizio Rapporti Internazionali e coopera-zione presso la Presidenza della Giunta Regionale dell’Umbria 55

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“Genitori Oggi” Onlus: breve storia, attività e progetti

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L’Associazione di Volontariato “Genitori Oggi” Onlus ha sede legale inSan Giustino (PG), Fraz. Lama, Via Centrale,110. Costituitasi nel 1982,dal 1992 è iscritta all’Albo Regionale delle Associazioni di Volontariato,dal 2000 è parte attiva del Cesvol di Perugia e dal 2003 è Ente accredi-tato presso l’Ufficio Nazionale del Servizio Civile.La sua “mission” è stata fin dall’inizio ben definita nello statuto: “...l’Associazione, richiamandosi ai più alti valori umani, morali e cri-stiani quali la Famiglia, l’Accoglienza e la Solidarietà verso chiunque,la Difesa della Dignità della Persona, il Rispetto degli Altri el’Amicizia, opera per la Promozione sociale e culturale di tutta lacomunità...”.Nel 1983 inizia la sua attività a favore dei minori (“Il Sabato delVillaggio” e i Centri estivi di Valdimonte) e di sostegno alle loro fami-glie e nel 1995 riesce a far decollare il “Peter Pan”, un centro educati-vo e ricreativo per ragazzi da sei a quattordici anni. Oggi il Peter Pan èun fondamentale punto di riferimento per l’accoglienza e il sostegno diminori nell’Alta Valle del Tevere.Nel 1987, per arricchire le opportunità educative e ricreative dei ragaz-zi, costituisce l’Associazione di promozione sportiva “Volley ClubAltotevere” che oggi, oltre una intensa attività di pallavolo giovanile,promuove l’attività motoria per anziani e più in generale lo sport pertutti.Nel 1990, con i soggiorni estivi (per molti la prima vacanza), inizia lasua attività a favore degli anziani.Tale esperienza porta l’Associazione a contatto con storie difficili, disolitudine e di sofferenza e spinge i volontari a mettere in atto momen-ti di aggregazione e socializzazione, di compagnia e di sostegno inalcuni bisogni della vita quotidiana.Nel 1996, preso atto che non è più possibile gestire con continuità eadeguata professionalità i vari progetti avviati, dà vita alla CooperativaSociale Fiore Verde per la progettazione, gestione ed erogazione di ser-vizi sociali, assistenziali ed educativi.Nel 1999, in collaborazione con i Comuni di San Giustino e Citernaviene attivato il Servizio di Accoglienza diurna per anziani bisognosi diassistenza che, oltre a sostenere l’autonomia e la socializzazione del-l’anziano, svolge un’importante azione di supporto e sollievo per lefamiglie che accolgono i propri anziani.

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Nel 2002 a Città di Castello viene aperta la prima Casa famiglia peranziani. Dallo stesso anno è attivo “l’InformAnziani”, un servizio gra-tuito di ascolto, informazione, orientamento e supporto a favore dellepersone anziane, approvato e finanziato dal Ministero del Lavoro edelle Politiche Sociali e nel 2008 sostenuto dal Cesvol di Perugia nel-l’ambito del Bando Progettazione Sociale.Nel 2007, a Citerna, viene aperta la Casa famiglia per anziani “SanMichele”.

“LA CASA DEI GIRASOLI” - UN PROGETTO SOCIALE POLIFUNZIONALE

Nel 2001 comincia a prendere forma e sostanza il progetto a cui daanni i volontari dell’ associazione stanno pensando: la realizzazione diuna grande casa di accoglienza comunitaria.Finalmente il 14 Maggio 2006 viene messa la prima pietra de “La Casadei Girasoli”, un grande progetto sociale polifunzionale, in costruzione aLama di San Giustino (PG), condiviso e sostenuto dalle AmministrazioniComunali di San Giustino, Città di Castello e Citerna, da tante Attivitàproduttive e commerciali e soprattutto da tante famiglie e cittadini.“La Casa dei Girasoli”, oltre il più importante progetto sociale del ter-ritorio, è un grande progetto di solidarietà, nato per rispondere ai biso-gni, sempre più complessi e urgenti, ai quali una comunità deve rispon-dere:- sostegno alle famiglie attraverso servizi per la prima infanzia e di

assistenza agli anziani;- opportunità occupazionali destinate in particolare ai soggetti più

deboli e svantaggiati.“La Casa dei Girasoli” ha infatti come obiettivi:- la realizzazione di una struttura di comunità ove sarà aperto un asilo

nido, una casa di accoglienza residenziale e diurna per anziani e dovesaranno organizzati anche una serie di servizi a sostegno dell’anzianonella propria abitazione (pasti a domicilio, lavanderia, accompagna-mento per la fruizione di servizi socio-sanitari e la gestione della vitaquotidiana);

- la costituzione di una cooperativa sociale finalizzata all’inserimento

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di soggetti svantaggiati, alla quale saranno affidati servizi quali: puli-zie, lavanderia, cucina e sala ristorante, servizi di accompagnamentoe manutenzione parco.

“La Casa dei Girasoli” sarà una delle tante famiglie, anche se piùnumerosa, che compongono la comunità. “La Casa dei Girasoli” saràuna grande opportunità di promozione di una comunità solidale.

Associazione di Volontariato “Genitori Oggi” – Onlus San Giustino (PG), Via Centrale 110

Tel/fax 075-8583455 E-mail: info@genitori oggi.org

www.genitorioggi.org

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Introduzione

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Nel 2007, in occasione del 25° compleanno della sua attività,l’Associazione di Volontariato “Genitori Oggi” decide di dedicare parti-colare “attenzione” ad uno dei suoi fondamentali progetti: “Peter Pan” -Centro Interculturale Educativo e Ricreativo per Minori. E in collaborazione con il Servizio Convegni, Eventi e Seminari delCesvol di Perugia organizza un convegno a San Giustino dal titolo: “TUTTI FIORI DELLO STESSO GIARDINO – Interculturalità eminori” .E non poteva essere altrimenti, considerato che l’attenzione ai minori èstato il motivo che ha messo insieme, nel lontano 1982, un gruppo digenitori che, consapevoli del loro importante e non facile ruolo, hannodeciso di destinare tempo e risorse per offrire “insieme” opportunitàeducative ai propri figli, quando ancora poche erano le “proposte”.Dall’esperienza de “Il Sabato del Villaggio”(1983-1986), la primaesperienza di aggregazione genitori e figli, insieme nei sabato pomerig-gio dell’anno scolastico, nasce quella dei Centri Estivi di Valdimonte,storica esperienza per l’Alta Valle del Tevere ancora viva e attiva, finoal Centro pomeridiano per minori “Peter Pan”.Un servizio molto impegnativo e non facile, specie oggi in una societàche rapidamente si è fatta “plurale” per culture, religioni, tradizionitanto diverse. Ma proprio per questo tanto affascinante, significativo egratificante... .Aperto con tanta fatica nel 1995 con vero spirito di solidarietà, peralcuni anni aveva accolto ragazze e ragazzi per offrire loro, oltre unsostegno scolastico, un’opportunità di crescita vera in un contestosociale sempre più faticoso e difficile. Benchè tanti i bisogni che erano emersi e con i quali eravamo venuti acontatto, dopo sei anni le difficoltà di spazi e di risorse economiche ciavevano costretto a chiudere l’esperienza.Quando nell’ottobre del 2002 il “Peter Pan”, in collaborazione con ilComune di San Giustino e la Direzione Didattica, riprendeva la suaattività per i volontari dell’Associazione fu un grande momento diemozione e soddisfazione.Oggi, all’esperienza dei volontari di Genitori Oggi, si sono aggiuntil’entusiasmo e la disponibilità delle volontarie del Servizio CivileNazionale.

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Introduzione

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Il futuro del Centro Pomeridiano Educativo e Ricreativo per Minori,una grande risorsa per il nostro territorio ma soprattutto un’esperienzaconcreta e quotidiana di accoglienza e solidarietà, è sicuramente piùtranquillo. Il Peter Pan può contribuire alla “crescita” più generale deiminori in difficoltà con una sua ben definita specificità: si svolge in uncontesto diverso da quello familiare e da quello scolastico, ricco dinuove esperienze, di nuove amicizie e con tanti bambini provenienti dapaesi diversi. E la “diversità” può essere una vera occasione di confron-to, di conoscenza di sé e degli altri e di acquisizione della capacità diaprirsi a chi ci sta intorno.Grazie al Cesvol di Perugia, al Comune di San Giustino, alla DirezioneDidattica e alla Presidenza della Scuola Media per aver condiviso lanostra “proposta” di riflessione come occasione di confronto e di scam-bio di esperienze, sempre per crescere e migliorare nel rispetto dei tantibambini che, frequentando i vari Centri, ci hanno dato fiducia.Questo “quaderno” raccoglie gli interventi di tutti coloro che hannovoluto rendere significativo il convegno svoltosi a San Giustino il 17Ottobre 2008. Un sincero ringraziamento a tutti i Relatori, ai Dirigenti Scolastici, ainumerosi Insegnanti e Operatori sociali che con la loro presenza e i variinterventi hanno arricchito l’esperienza quotidiana di tutti noi.

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Centro Interculturale educativo e ricreativo per minori “Peter Pan”

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CENTRO INTERCULTURALE EDUCATIVO E RICREATIVO PER MINORI “PETER PAN”

Associazione di Volontariato “Genitori Oggi”

È sotto gli occhi di tutti il fatto che la nostra società sia caratterizzatada profonda complessità, dinamismo, pluralismo, interdipendenza emulticulturalità. Tale scenario ci interpella con sempre maggior forza,reclamando scelte e progettualità all’altezza delle sue sfide. Sfide chenon possono essere affrontate né con atteggiamenti di chiusura o nega-zione/rimozione, né di apertura acritica, bensì a partire da percorsi checonsentano a ciascuno, e quindi soprattutto ai bambini, l’acquisizionedi strumenti per un confronto aperto e critico con l’attuale complessitàe con le diversità, anche culturali. Da queste premesse, dunque, nasceil Progetto “Peter Pan”: la proposta di un percorso di crescita persona-le e socio-relazionale centrato sull’attenzione ai bambini, italiani e stra-nieri, e alle loro famiglie.Il Centro Pomeridiano “Peter Pan”, realizzato grazie al contributo delComune di San Giustino e della Regione Umbria, nasce come propostacomplementare ai compiti educativi propri della famiglia e della scuo-la. È un luogo di incontri e di iniziative volte all’impiego del tempolibero e alla socializzazione dei bambini. L’Associazione di Volontariato “Genitori Oggi”, titolare del servizio,ha voluto dare una risposta a lungo termine, con un progetto rivolto aiminori in particolare con difficoltà scolastiche e carenti di esperienzeaggregative sane ed educative.La finalità più generale del Progetto “Peter Pan” è infatti quella di inte-grare i processi educativi già avviati in famiglia e a scuola, attraversola proposta di attività creative e ricreative, educativo-formative e didat-tiche ponendo sempre la massima attenzione al vissuto personale delminore. Le attività si svolgono presso idonei locali del Palasport Comunale diSan Giustino: 5 giorni la settimana, dal lunedì al venerdì, dalle 14,00alle 19,00.Possono essere accolti bambini, italiani e stranieri, di età compresa trai 6 e i 14 anni. Ad oggi accogliamo circa 30 bambini, che frequentanoil Centro in giorni programmati.

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Centro Interculturale educativo e ricreativo per minori “Peter Pan”

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L’inserimento dei bambini può avvenire tramite i Servizi Sociali, laScuola, oppure privatamente. Il pomeriggio è così organizzato:- Accoglienza (dalle ore 14:00 alle ore 14:30)- Sostegno scolastico (dalle ore 14:30 alle ore 16:30): finalizzato al

sostegno e all’aiuto dei bambini, in stretta collaborazione con leScuole di provenienza, sia per quanto riguarda le finalità educative edidattiche che i contenuti proposti.

- Merenda (dalle ore 16:30 alle ore 17:00)- Attività ludico sportiva e motoria (dalle ore 17:00 alle ore 19:00):

gioco libero e guidato, attività di pallavolo con l’inserimento in unasquadra sportiva dietro la supervisione di un allenatore.

- Laboratorio di manualità e di creatività (dalle ore 17:00 alle ore19:00): le attività sono differenziate e le proposte operative vengonovariate nell’arco della permanenza dei minori nella struttura, inmaniera che l’offerta possa soddisfare le loro esigenze e le loro predi-sposizioni personali.

Le attività sono collegate ai diversi periodi dell’anno, sono a tema e atermine e interessano manipolazione di materiali diversi, laboratorioartistico-espressivo, bricolage e attività di supporto didattico.Tutte le attività vengono programmate e realizzate da un gruppo dilavoro composto da:n. 1 assistente sociale, responsabile dei servizi dell’“Associazione

“Genitori Oggi”;n. 1 psicologa, coordinatrice e responsabile del Servizio;n. 1 animatore ludico-sportivo;n. 4 volontari/e del Servizio Civile Nazionale e dell’Associazione

“Genitori Oggi”, come animatori che affiancano il gruppo di lavorodurante le attività proposte.

n. 1 operatore addetto al servizio di trasporto;Le linee metodologiche che guidano il nostro lavoro sono:Rapporto operatori-bambini: si cerca di mantenere per quanto possibi-le un rapporto di un educatore per 2-3 bambini, almeno nell’orariodedicato ai compiti e di un educatore ogni 8-9 negli altri momenti dovesono più importanti le attività di gruppo. Per alcuni bambini che hannogravi difficoltà di apprendimento e relazionali il rapporto diventa spes-so di 1 a 1.

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Centro Interculturale educativo e ricreativo per minori “Peter Pan”

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Incontri d’equipe: per valutare le difficoltà incontrate con i bambini,verificare le attività programmate, raccogliere suggerimenti e idee perorganizzare al meglio le attività, la coordinatrice si incontra settimanal-mente con gli operatori. Rapporti con i genitori: Con i genitori il dialogo inizia al momento del-l’iscrizione e continua nel corso di tutto l’anno in particolare per ana-lizzare insieme eventuali atteggiamenti dei bambini che richiedono unastretta collaborazione con la famiglia.Rapporti con le istituzioni:Scuola: Pur salvaguardando una specificità metodologica e di contenu-ti del progetto, è costantemente favorita la collaborazione con le mae-stre, per accogliere tutte le indicazioni operative utili a raggiungereobbiettivi educativi comuni: incontri periodici si svolgono tra laResponsabile e gli insegnanti dei bambini che frequentano il CentroPomeridiano. Comune: Anche con le Assistenti Sociali dei Comuni, gli incontri sonofrequenti: al momento della presentazione iniziale del progetto, ad ogniinserimento dei bambini e alla conclusione dell’anno scolastico perillustrare i risultati ottenuti soprattutto a livello formativo e di socializ-zazione e per valutare, per alcuni, l’inserimento nelle attività estive del-l’associazione.

Momenti di vita al Centro Peter Pan

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“La Presenza in Altotevere degli alunni con cittadinanza straniera”

Dott.Giuseppe MartiniDirigente scolastico

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La scuola umbra presenta un tessuto sociale ed economico sempre più multietnico e multiculturale che rafforza la necessità di un confronto edi un dialogo su principi, valori condivisi e regole che favoriscono l’ac-cesso alla conoscenza di diritti e doveri, ma anche alla partecipazioneconsapevole e costruttiva alla vita sociale e politico-istituzionale, daparte delle famiglie degli alunni stranieri.Conseguentemente, la necessità di promuovere l’educazione attraversola partecipazione attiva dei giovani e dei loro genitori alla costruzioneeuropea e al miglioramento della comprensione della diversità cultura-le e dei valori comuni, sostenendo il rispetto dei diritti umani e la lottacontro il razzismo, la xenofobia e l’antisemitismo, trova nel protagoni-smo degli studenti e delle studentesse un ambito privilegiato.La scuola, sede istituzionale dell’educazione e dell’istruzione, deveassumere la responsabilità di contribuire alla coesione sociale attraver-so l’attenzione alle differenze tra generazioni, generi, etnie, lingue, reli-gioni e culture, l’impegno a leggere i bisogni formativi del territorio diriferimento rapportati alla più ampia dimensione nazionale, europea emondiale, la ricerca di strategie adeguate, in grado di favorire la parte-cipazione di tutti gli alunni e le alunne al proprio processo educativo-formativo e alla vita della comunità scolastica.I cambiamenti sociali, culturali, economici e le complessità che carat-terizzano le società attuali hanno determinato processi di innovazionee trasformazione significativi sul sistema educativo italiano rendendonecessario ridefinire il concetto stesso di cittadinanza anche attraversoil riconoscimento del ruolo fondamentale della componente studente-sca nella vita della scuola e della comunità.In Umbria sono oltre 13.000 di cui circa 1.600 nella zona dell’AltaValle del Tevere gli alunni con cittadinanza non italiana che frequenta-no, nel corrente anno scolastico, le scuole della nostra regione con unacostante progressione negli ultimi dieci anni.Per questo crediamo si possa affermare che, dal punto di vista organiz-zativo e pedagogico-didattico, l’inserimento e l’inclusione degli alunnidi cittadinanza non italiana sia una delle trasformazioni più significati-ve e profonde che la scuola umbra stia vivendo.La presenza in classe di alunni provenienti da altri paesi sta oramaidiventando una costante per tutti gli ordini di scuola; insegnare ed

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apprendere in una classe multiculturale e plurilingue sta diventandosempre più un fatto normale e ricorrente che richiede allo stesso tempola necessità di rispondere ai nuovi bisogni con nuovi strumenti e nuoveprofessionalità e questo per fare in modo che l’appuntamento con il“nuovo”, che ci sta di fronte, sia il più sereno ed efficace possibile.I dati, raccolti alla data odierna, offrono uno spaccato nell’anno scola-stico 2008/2009 della presenza degli alunni di cittadinanza non italia-na; uno sguardo sul fenomeno che investe le singole scuole, la distribu-zione sul territorio, la concentrazione nei plessi scolastici e le tendenzerelative ai macrofenomeni per i prossimi anni.I dati ci dicono che tutto il territorio regionale è, per lo più, equamenteinteressato dalla presenza di alunni stranieri; tutti i piccoli, come i piùgrandi centri urbani, vedono la presenza di immigrati senza particolarie significative concentrazioni se si escludono pochissimi casi.130 sono le nazionalità di provenienza degli alunni e molti di questi,quasi la metà dei frequentanti la scuola dell’obbligo, sono oramai natiin Italiae diventeranno presumibilmente, tra pochi anni, a tutti gli effetti citta-dini italiani.Di seguito, su base percentuale, viene riportata la presenza di alunnicon cittadinanza non italiana presenti nei diversi ordini di scuoladell’Alta Valle del Tevere:

Scuola dell’Infanzia (Statale e paritaria) 13,9%Scuola Primaria 14,8%Scuola secondaria di 1°Grado 13,6%Scuola secondaria di 2°Grado 8,5%

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“Una cultura multietnica come ricchezzadi un progetto educativo”

Dott.ssa Adriana Croci CIDIS Onlus Perugia

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Adriana Croci

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L’intercultura sembra essere diventata di pressante urgenza da quandoalunni e alunne stranieri frequentano le scuole italiane in numero più omeno rilevante. (Quando una quantità si definisce rilevante?) Sembraquindi una “cosa” da fare perché ci sono gli alunni stranieri.Mi propongo di affrontare – non certo in maniera esauriente – il temadell’intercultura non necessariamente collegato alle presenze stranierein classe, ma come aspetto culturale proprio della scuola. Aspetto cheprecede quindi il fenomeno migratorio, ed è non necessariamente adesso connesso.L’aver dovuto o dover ancora misurarsi però con alunni non italiani, haavuto il “merito” di far conoscere il problema, che più che problema èuna dichiarazione d’impotenza: come si fa a fare scuola con una o piùculture diverse tra loro e diverse dalla nostra, caratterizzata da trattimolto omogenei o comunque riconoscibili e stratificati nella storianazionale, regionale, comunale, personale?Proviamo a considerare realisticamente il fatto. La scuola non è fre-quentata da culture astrattamente intese; gli alunni e le alunne, sonopersone, portatrici di culture diverse. Con precise persone (Amina,Omar, Pedro ecc) la scuola è tenuta a misurarsi e lo fa da tempo conciascun allievo italiano che considera una specificità piuttosto che unindividuo componente la scuola.Si dice: sono venuti in Italia, devono adeguarsi alle regole nostre, nonci devono provocare con usi e costumi che stravolgono le nostre usan-ze; non devono delinquere (e chi lo può invece fare?) ecc.E se provassimo a chiederci invece come costruire qualcosa di nuovodall’incontro tra persone diverse?.La richiesta di adeguamento, molto praticata attraverso i mass mediache fanno tendenza, è praticabile solo se declina intelligentemente iltermine. Cioè: chi si deve adeguare? Il modello nostro è veramente ilmodello che non deve cambiare perché è al massimo del suo sviluppoe perciò è il canone che stabilisce il confine tra chi è civile e chi non ècivile?.La risposta alla prima domanda (Chi) è: dobbiamo cambiare (sentiteche non sto usando il termine adeguamento) tutti insieme. Perché nellastoria delle civiltà, nulla rimane come è all’inizio, che lo vogliamo omeno. Ogni tipo di civiltà è il risultato di cambiamenti subiti o control-

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lati consapevolmente: questo è quanto avviene da millenni nella storiadelle civiltà. L’avverbio “consapevolmente” chiama in causa la scuolacome agente primario del cambiamento vissuto, non come perdita e/orinuncia ma come aggiunta per la costruzione di un mondo che puòessere pensato e perciò costruito, anche diverso da quello che conoscia-mo:“Solo un’informazione precisa, aggiornata e diffusa può davveroguidarci verso il passaggio che ci aspetta e creare le premesse di quel-la riconciliazione col futuro che è uno dei compiti più urgenti dellanostra cultura” (Aldo Schiavone).Su questi presupposti si fonda l’intercultura: incontro e scambio; con-flitto e mediazione; riduzione ed aggiunta; confronto e progettazione. La scuola può fare tutto ciò?

Come? Può farlo perché il suo compito è prioritariamente quello cul-turale sin dalla scuola dell’infanzia.

Come? Utilizzando gli strumenti propri della scuola: far acquisireconoscenze, competenze ed abilità in un clima d’apprendimento edinsegnamento in cui si riconoscono e valorizzano le soggettività e lasocialità:

Le soggettività

come consapevolezza del proprio io che implica, tra l’altro, l’apparte-nenza ad un determinato contesto ambientale e culturale da conoscereed esaminare, ed anche il riconoscimento di qualsiasi altra soggettivitàcon la quale condividere uno spazio fisico e psicologico.

La socialità

come ambito in cui agire la tolleranza, il confronto, il dialogo, la gestio-ne dei conflitti. Aspetti questi che io definisco l’interculturalità vissutain classe anche a prescindere dalla presenza di stranieri.La nostra cultura, quella che si pretende giustamente di rivalutare ascuola, è un ibrido le cui radici affondano intorno al Mediterraneo,luogo di scambio e di evoluzione tecnica, linguistica, artistica, religio-sa ecc. Oggi il bacino di interscambi si è allargato fino a diventare mon-diale. Il sapere cui la scuola ha il compito di far approdare tutti i suoiutenti, va offerto e fatto apprendere con tutti gli elementi che lo com-pongono, compreso quello della sua modificabilità.

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Perché fare intercultura

Le forme storiche di un mondo futuro e prossimo (oggi i tempi delmutamento sono velocissimi) non sono prevedibili. Quindi nessunacertezza sulla qualità del mutamento: sappiamo però con certezza cheil mutamento ci sarà. La scuola con i suoi programmi di studio, può eperciò dovrebbe formare persone capaci di dare un contributo al muta-mento nelle innumerevoli e diversificate forme di partecipazionedemocratica,, in cui siamo chiamati a vivere: studiare, lavorare, diver-tirsi, costruire, consumare.Il termine mutamento, rapidità del mutamento ecc., può dare l’impres-sione di muoverci in un relativismo che induce ad aspettare e non afare, fino a scivolare verso un pericoloso senso di impotenza se non difatalismo (non si può fare niente).Voglio eliminare con forza invece ogni equivoco sul concetto di relati-vità che pur emerge da quanto posso aver detto. C’è infatti del relativi-smo che però non solo non esclude l’azione, anzi la richiede o meglioimpone di fare delle scelte prima di agire.Ma la scuola che può fare? La sua parte, come ha sempre fatto, sce-gliendo la metodologia, gli strumenti, le strategie coerenti con il suoprogetto educativo, che è sempre formativo e istruttivo.Si tratta di lavorare e far lavorare gli studenti intorno all’esistente,vederne i limiti e le prospettive e progettare un futuro con delle“aggiunte”, diceva Capitini, che includano noi e gli altri, qualsiasi altrodiverso da noi. Le discipline scolastiche che sono il campo di lavoro diogni insegnante che si trovi da solo e/o in team, contengono tutti gli

elementi interculturali comprensibili da ogni fascia d’età degli allie-vi, se ben programmati e benissimo proposti.Si tratta tutto sommato di ripensare come fare e perché, dal momentoche il che fare della scuola è ancora quello dell’insegnare ad appren-dere.

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“La mediazione culturale”

Amahdar Abdelillah Ufficio Immigrazione San Giustino

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Amahdar Abdelillah

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Un’analisi dell’evoluzione della situazione degli stranieri negli ultimidieci anni mostra che nonostante un miglioramento dei livelli di inte-grazione degli stranieri durante la precedente fase di aumento degliarrivi a seguito delle pratiche di ricongiungimento familiare, l’integra-zione è sensibilmente legata ai cambiamenti delle normative e dellepolitiche di inserimento (politiche locali) e che alcune sotto categoriedi stranieri sono più vulnerabili in particolare le donne, giovani e mino-ri e che sono, il nostro argomento di oggi.Un miglioramento globale della situazione sociale non basta tuttavia agarantire alla seconda generazione – figli di immigrati – un’integrazio-ne duratura nel tessuto sociale italiano visto che ci sono altri fattori cheinfluenzano il grado di inserimento ed integrazione [è una analisi moltocomplessa perché non sappiamo se dobbiamo includere i figli che sonoarrivati piccoli o arrivati nell’età dell’ adolescenza o sono arrivati unpo’ più grandi].È assai probabile che l’incrocio dei tre grandi processi di cambiamen-to educativi definiscano in modi e misure diverse, il grado di integra-zione contribuendo ad allargare alcune aree educative tradizionali edaprirne di nuove; l’educazione dei genitori, l’educazione dei figli e ilsistema educativo del paese di accoglienza.E per questo occorre una strategia strutturale ed efficace basata su unamediazione culturale fra le diverse culture di cui sono portatori glialunni: mediazione non riduttiva degli apporti culturali diversi, bensìanimatrice di un continuo, produttivo confronto fra differenti modelli. L’educazione culturale basata su una mediazione mirata e precisa avva-lora il significato della democrazia, considerato che la diversità cultu-rale va pensata quale risorsa positiva per i complessi processi di cre-scita della società e delle persone.Pertanto l’obiettivo primario della mediazione culturale si delineacome promozione delle capacità di convivenza costruttiva in un tessu-to culturale e sociale multiforme. Essa comporta non solo l’accettazio-ne ed il rispetto del diverso, ma anche il riconoscimento della sua iden-tità culturale nella quotidiana ricerca di dialogo, di comprensione, dicollaborazione, in una prospettiva di reciproco arricchimento.Secondo un rapporto del Ministero dell’istruzione: “I bambini e lebambine [stranieri], nel corso della loro socializzazione devono con-

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frontarsi con diverse ipotesi di identità etnica: quella originaria, quelladel paese d’arrivo, quella che nel paese di arrivo è ritenuta l’etnicitàpresente nel paese di partenza, quella che la famiglia ritiene essere l’et-nicità e diversi modelli identitari :1 - Resistenza culturale [chiusura]2 - Assimilazione [imitazione alla cieca]3 - Marginalità [fuori dalle schemi della società]4 - La doppia etnicità [ una identità a misura basata su due culture ]Possiamo dunque comprendere le difficoltà di inserimento di un bam-bino straniero il quale arriva a scuola con un bagaglio di norme, divalori, di simboli che non coincidono con quelli della maggioranza deicompagni e degli adulti. Il nuovo arrivato si trova come colui che aven-do appreso la lettura con il sistema alfabetico, si ritrovasse a dover leg-gere con l’ideografico: capisce che tali segni comunicano qualcosa, manon ha mezzi per poterli leggere. Così il bambino straniero possiedegriglie che non gli consentono la decodifica dei gesti, dei comporta-menti e delle norme del nuovo ambiente. Anche l’insegnante spessonon possiede gli strumenti per una sicura interpretazione del comporta-mento del bambino. Sono stati provati alcuni test psicologici costruitiper bambini occidentali ma con risultati disastrosi per i bambini cheprovengono da altri paesi, per questo dobbiamo prendere in considera-zione la figura del mediatore e valorizzarla visto i cambiamenti che lasocietà italiana sta vivendo.Però occorre sapere di che tipo di mediazione ha bisogno il nostro bam-bino; se una mediazione interculturale (interventi in classe assieme aglialtri bambini della classe - la seconda generazione ...), mediazione lin-guistica (alfabetizzazione, dopo scuola....) o mediazione familiare checonsiste nel coinvolgimento delle famiglie per fargli capire come fun-ziona la scuola e che sistema segue .Questo non vuol dire che lo stesso mediatore può fare tutto ma ognitipo di mediazione ha la sua figura specifica e precisa e ogni caso deveessere preso da solo e personalizzato, soprattutto quando si tratta dimediazione familiare (es. bambini che vengono da zone rurali dove lafigura del professore è suprema... ).E quindo basta con la mediazione improvvisata figlia di un’emergenzacontinua, e basta sciacquarsi la bocca con parole tecniche e nuove per

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analizzare il fenomeno solo nel momento in cui ci troviamo con l’ac-qua alla gola, la mediazione non deve essere un processo ma un’azio-ne. Qualcuno mi dirà: quali sono le soluzioni? secondo me dobbiamoliberare i nostri figli dalla posizione difensiva!Occorre fargli capire che le culture possono incontrarsi senza scontrarsi,nessuna cultura è meglio dell’altra, con il dialogo c’è la possibilità dicreare un equilibrio mettendo il bagaglio culturale a loro trasmesso efarlo convivere con gli insegnamenti della società di accoglienza, senzacadere nell’assimilazione né nella chiusura e forse i giovani riuscirannoa capire che non sono lacerati fra due culture ma fra due tappe che pos-sano dare possibilità di trovare un’identità in evoluzione senza ideologiepolitiche che non fanno altro che amplificare e aumentare il divario frabambini che vivono nella stessa società, hanno gli stessi modelli di vita,hanno gli stessi idoli e guardano purtroppo la stessa televisione.

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“Interculturalità e minori: esperienze a confronto”

Elisabetta GiovenaleRappresentante del Cidis

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Elisabetta Giovenale

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La nostra impostazione è quella di fornire supporto alla progettualitàche la scuola esprime, come si è già detto, il vero attore che in realtàagisce sull’integrazione scolastica dei minori stranieri è la scuola.Il ruolo del Terzo settore è quello di fornire supporto, articolandolo suibisogni reali e quel progetto regionale aveva proprio questo intento: lanostra proposta era quella di agire su dei punti che noi riteniamo chesiano quelli fondamentali e che è la mediazione, come è stato già detto,sia con gli adulti – quindi il momento di arrivo e tutta la fase di acco-glienza – e che riteniamo sia estremamente importante, con incontri disensibilizzazione e aggiornamento degli insegnanti, perché chiaramen-te poi il supporto che noi possiamo fornire e credo anche dobbiamo for-nire, è estemporaneo. Poi la vera integrazione e l’integrazione scolasti-ca si fa in classe, da parte degli insegnanti. Quello che noi possiamoconcretamente fare è fornire degli strumenti operativi e anche di docu-mentazione, strumenti pratici agli insegnanti.Un altro punto che riteniamo fondamentale, come già peraltro sottoli-neato in precedenza, è la mediazione con le famiglie. Il Cidis esiste daventi anni, da più di venti anni e opera da subito nella scuola: negli anniabbiamo avuto la possibilità di vedere anche modificare le richieste chearrivano dalle scuole.Da un iniziale stupore, anche, di fronte all’arrivo di alunni non italiani,poi le scuole hanno trovato risorse anche interne per rispondere a que-sto fenomeno, che ormai è chiaramente stabile e strutturale nella scuo-la.Quello che sta emergendo e rimane un nodo fondamentale è la proble-matica delle famiglie. E lo è in particolare nella fase di orientamento,cioè nel momento in cui le famiglie si trovano a dover accompagnare ifigli nella scelta della scuola secondaria, di secondo grado. Non èsecondario il dato che il Direttore Martini ha detto all’inizio, cioè chegli alunni stranieri sono estremamente rappresentati dagli istituti tecni-ci e professionali. Non sempre è una scelta dovuta al fatto di avereun’esigenza maggiore di trovare prima un lavoro, spesso c’è una caren-za di informazione, spesso c’è un mito rispetto al fatto che le scuoletecniche e professionali siano più semplici da un punto di vista lingui-stico. L’orientamento quindi soprattutto nella scelta della scuola secon-daria di secondo grado per noi è un nodo centrale.

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Così come il rapporto, per tutto l’arco della presenza degli alunni ascuola, il rapporto con le famiglie, quindi la collaborazione tra gli inse-gnanti e famiglie, proprio dal punto di vista del patto educativo che lascuola fa con i familiari. Questi sono i punti che il Cidis sta sviluppan-do oggi con maggiore attenzione. Tutte le altre attività che vanno dal-l’aggiornamento degli insegnanti ai laboratori delle classi testimonianoche la nostra proposta è abbastanza diversificata ma il nodo centrale èquello di rispondere alle esigenze delle scuole. Tutti progetti che noiabbiamo nascono dall’incontro e confronto con le scuole, con le realiesigenze. Perché ogni territorio, anche in Umbria che è una dimensione più pic-cola, può sembrare una realtà anche omogenea ma in verità i territoriesprimono esigenze anche profondamente diverse.Quindi il nostro approccio è quello di capire quale è la reale esigenzadella scuola e cercare di dare delle risposte adeguate al problema e chesiamo in grado di dare.

Ayub, il “veterano”del Centro “Peter Pan”

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“Interculturalità e minori: esperienze a confronto”

Francesca FanelliAssociazione MappaMondo onlus di Spoleto

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Francesca Fanelli

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Ringrazio l’Associazione Genitori Oggi per avermi invitata a questoincontro. Ho accettato subito l’invito a partecipare perché trovo moltointeressante un’iniziativa in cui viene proposto di mettere a confronto,condividere, esperienze diverse. Penso, infatti, che confrontarsi su cosastiamo facendo sia un’attività utile allo sviluppo delle competenze eabilità di ognuno di noi, rispetto al lavoro che facciamo, quello, appun-to, della mediazione interculturale ovvero la promozione della convi-venza fra persone provenienti da diverse culture. Del resto, anche questo luogo, è un luogo di convivenza, nel senso cheognuno di noi è espressione di metodi e percorsi di lavoro diversi, per-ciò conoscere il mio punto di vista può essere utile a qualcun altro percapire meglio il proprio e viceversa. Spero, quindi, che iniziative comequesta si propongano spesso. Rispetto all’esperienza dell’Associazione MappaMondo onlus, possoraccontare che nasce 10 anni fa, con un progetto, sotto forma di gioco,dedicato al tempo extrascolastico. Il primo approccio alle problemati-che dell'integrazione socio-culturale nel territorio in cui l’Associazioneopera, è avvenuto tramite contatti diretti con la popolazione straniera.In particolare genitori che chiedevano supporto soprattutto nel periododi sospensione delle attività didattiche. Si trattava di persone impiega-te nella raccolta del tabacco, con orari che non permettevano di conci-liare il tempo della cura dei figli con quello lavorativo. A questo propo-sito, trovo interessante cogliere l’occasione, proprio in questo luogo dimemoria storica sulla coltivazione del tabacco, per far emergere com’ècambiato il mercato del lavoro in un settore, come quello agricolo cheha visto le donne immigrate sostituire le “tabacchine” Umbre e diveni-re una risorsa importante per la nostra economia regionale.La nostra esperienza nasce, dunque, in un contesto extrascolastico,un'esperienza che oggi mi è stato chiesto di raccontare per essere messaa confronto con l’esperienza dell’Associazione Genitori Oggi che,come ci diceva il responsabile, si occupa di questo, cioè di accoglierebambini in orario extrascolastico. L’approccio che abbiamo utilizzato èdi tipo preventivo, a-specifico e generale, destinato cioè alla comunitàlocale nel suo complesso piuttosto che mirato sul target group di riferi-mento: non abbiamo, cioè, mai pensato un progetto destinato solamen-te ai bambini e alle bambine immigrati/e. Finalità generale delle azioni

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promosse è stata quella di favorire il benessere e la qualità della vitaall’interno della comunità. In particolare, lavorare con i bambini ci hapermesso di entrare in relazione con gli adulti, le famiglie e instaurarecon queste una relazione di fiducia reciproca. Da questo progetto si èpoi sviluppato un percorso che ci ha portato a collaborare con le scuo-le anche durante l’orario scolastico. Oggi vorrei però sottolineare l’im-portanza dell’attività extrascolastica, fondamentale, dal punto di vistasocio-educativo, per lo sviluppo della socializzazione e, quindi, dellacreazione di relazioni positive con l’altro diverso da sé. In 10 anni di esperienza posso dire che un punto debole, rispetto allavoro che facciamo, è presente a livello comunicativo: secondo lametafora informatica di Hofstede (1991) ogni persona ha un softwareof the mind, un software mentale costituito da una serie di file di siste-ma ai quali attingere per poter prendere parte ad una relazione comuni-cativa. Dunque, se non superiamo l’approccio comunicativo interper-sonale, che presuppone la presenza di persone cresciute nel medesimocontesto socio-culturale, a favore di un approccio comunicativo inter-culturale, all’interno del quale viene riconosciuto che ciascuno portacon sé una propria mappa mentale, diventa difficile costruire la convi-venza fra persone provenienti da diverse culture. Credo quindi che occorre riflettere in modo approfondito sulla qualitàdelle relazioni sociali, interculturali, che intercorrono nei nostri conte-sti di intervento e su come queste possano essere interpretate attraver-so i concetti di identità sociale, ruoli e status, rapporti tra gruppi e pre-giudizio.

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“Interculturalità e minori: esperienze a confronto”

Elisa PalmiAssociazione educativa culturale

“Insieme”Città di Castello

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Mi chiamo Elisa Palmi, sono laureanda in scienze pedagogiche preci-samente in consulenza pedagogica e coordinamento di interventi for-mativi. Collaboro ormai da 4 anni a fianco di Don Achille Rossi egestiamo insieme il doposcuola di Riosecco, nel comune di Città diCastello, realtà ormai presente nel territorio tifernate dal 1971. Primadi parlare di intercultura e della nostra esperienza, sento la necessità diraccontare e spiegare quelli che sono i cardini pedagogici fondamenta-li nel nostro doposcuola. Come si legge nel libro intitolato “Insieme",opera che racconta la storia di questa esperienza (scritto da Don AchilleRossi e pubblicato nel 1996) “il termine doposcuola non è esatto, per-chè per doposcuola molta gente intende un luogo dove si fanno solo icompiti. Per noi, invece, è una scuola dove si cerca di formare dellepersone che un domani nella società non sfruttino e non se ne freghinodi tutto e di tutti ma che aiutino gli altri e che affrontino seriamente tuttii problemi della vita. Quindi continuiamo a definirlo doposcuola peruna facile interpretazione ma in realtà, vedremo che si dovrebbe parla-re di scuola, una “scuola alternativa”. Influenze culturali importanti perla nascita del Doposcuola vennero certamente da Don Milani e dallasua scuola della parola, valori che hanno fondato e che ancora riman-gono essenziali per la nostra vita insieme. Ma dobbiamo ricordare,anche I’esperienza romana della scuola di don Sardelli che proprio inquegli anni aveva dato inizio alla cosiddetta scuola 725, nata nell’omo-nimo quartiere di Roma, la quale don Achille visitò personalmente. Masicuramente l’esperienza più vicina al contesto tifernate fu quella por-tata avanti da Don Nesi nel quartiere di Corea di Livorno, che volevaaiutare i ragazzi a volgere il loro sguardo verso il mondo. Il nostrodoposcuola si basa quindi sul concetto di gruppo e riprendendo la peda-gogia degli oppressi, si potrebbe dire che nessuno educa nessuno e nem-meno se stesso, in quanto gli uomini si educano in comunione, standoinsieme. II doposcuola ha una realtà laica, e questo penso sia essenzia-le ricordarlo, realtà laica che ogni giorno è valorizzata da una profondafede non solo in Dio ma nell’uomo, in ogni uomo qualunque sia il loroproprio Dio. II Doposcuola è un luogo di vita e di relazioni, è un luogoin cui si discute e si parla, dove ognuno e libero di esprimere le proprieidee e i propri sentimenti restando sempre rispettoso nei confronti del

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gruppo. Ogni giorno nelle nostre attività si cerca di attivare collabora-zione, fiducia, curiosità, disponibilità, partecipazione e ascolto verso disé e verso l’Altro. L’obiettivo del nostro doposcuola è attivare neiragazzi il pensiero critico combattere così il pensiero unico e l’omolo-gazione e promuovere in ognuno di loro una “mente accogliente",capace di discernimento. Il nostro doposcuola è aperto da settembre agiugno, tutti i giorni della settimana, dal lunedì al venerdì, dalle 15.00alle 18.15, è un doposcuola per le scuole medie dove però sono presen-ti anche i ragazzi delle superiori che offrono la loro collaborazione e illoro aiuto verso “i più piccoli”. La giornata nel nostro doposcuola èsuddivisa in tre momenti fondamentali: dalle tre alle quattro i ragazzisono impegnati nelle attività che hanno scelto, in un clima di collabo-razione e di rispetto. Ci cimentiamo in diverse attività: lettura di libri equotidiani, discussioni, scrittura, attività manuali, teatro, creazioni difilmati. Poi c’è il gioco di gruppo, dalle 16.00 alle 16.45 e infine i com-piti scolastici, dalle 16.45 alle 18.15. Il nostro doposcuola si può defi-nire a tutti gli effetti multiculturale , ma non solo, io aggiungerei inter-culturale. Infatti, come ben sapremo c’è tra questi due termini una pic-cola, ma allo stesso tempo direi gigante, differenza semantica, che oggil’utilizzo esasperato di tali concetti ci porta a dimenticare. La multicul-turalità, infatti, è una situazione di fatto, una realtà, un dato oggettivo,è la coesistenza di diversi gruppi etnici e culture nella nostra società.Avere un atteggiamento multiculturale significa accettare di coabitarecon altri diversi da sé, nel rispetto e nella tolleranza, ma senza per que-sto promuovere intenzionalmente forme di scambio e di relazione e diprogettazione interculturale. Si potrebbe affermare che la società mul-ticulturale c’é già, mentre la società interculturale va creata, grazie alnostro quotidiano impegno educativo. L’educazione interculturale vaprogettata, va pensata e voluta altrimenti rimaniamo bloccati nellanostra società multiculturale.L’interculturalità porta al dialogo, all’ascolto attivo, alla relazione, allasinergia tra i diversi fiori di uno stesso giardino. L’interculturalità riaf-ferma la volontà di un incontro che, da un lato assume le differenzeindividuali e culturali come una ricchezza e dall’altro accoglie le radi-ci, le tradizioni, i vissuti, i segni e i significati che ci stimolano a nuovi

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apprendimenti. È un movimento di reciprocità, non a caso i nemici del-l’interculturalità sono il pensiero unico, l’omologazione, gli stereotipie i pregiudizi. Non voglio mentire a me stessa, né tanto meno a voi, neldire che creare un contesto interculturale sia facile, sicuramente è unprocesso complesso e non istantaneo. Nella nostra esperienza del dopo-scuola abbiamo trovato e continuiamo a trovare piccole e grandi diffi-coltà.Ogni giorno nel nostro lavoro da educatori, bisogna permettere alminore di aprirsi a se stesso, di guardarsi dentro, di vedere i suoi pre-giudizi e stereotipi e capire che per mezzo dell’Altro si può cercarequalcosa di più, imparare cose nuove e conoscere il mondo.Noi siamo fortunati, in quanto il nostro doposcuola si basa già sui giu-sti ingredienti per poter promuovere un buon contesto interculturale,cioè: la libertà di pensiero, l’ascolto attivo, la discussione, il dialogo el’accoglienza. Inoltre nel nostro lavoro educativo si cerca di incorag-giare al decentramento, che porta come ben sappiamo l’individuo adarricchire la propria identità con altri punti di vista, altre memorie ealtre fonti. Il decentramento è infatti uno degli elementi essenziali peruna corretta interculturalità.Da sempre, infatti, la prima ora , cioè l’ora dell’attività, è stata utilizza-ta per progetti volti verso la conoscenza dell’Altro e verso l’intercultu-ralità. Gli strumenti educativi a nostra disposizione sono tanti: discus-sioni, visione di film, giochi di ruolo e molte volte ci sono dei temi checi possono aiutare per portare i minori a conoscere altre culture, adesempio il cibo, la musica, le favole, l’abbigliamento, le diverse reli-gioni... . È necessario, allora, in ogni contesto educativo che si vogliadefinire multiculturale, capire le differenze e creare un clima di relazio-ne e reciprocità. Promuovere l’ascolto, l’accoglienza e l’empatia per“lottare” contro il rifiuto, la negazione o ancora peggio la xenofobia,per camminare insieme verso l’intercultura.In realtà ci sarebbe ancorada parlare molto, ma concludo qui il mio intervento e invito chiunquevolesse comprendere la nostra realtà di venirci a trovare, perché pensoche il modo migliore per capire al meglio il nostro Doposcuola è vive-re con noi.

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Riferimenti bibliografici

Nanni Antonio, Abbruciati Sergio, “Per capire l'interculturalità”, EMI,Bologna, 1999.

D’Andretta Pasquale, “II gioco nella didattica interculturale”, EMI,Bologna, 1999.

Bartolini Alessia, “Nel cerchio delle relazioni – l'esperienza educativa delDoposcuola di Riosecco”, L’Altrapagina, San Giustino, 2007.

Rossi Achille, “Insieme – racconto ragionato di un'esperienza educati-va”, L’Altrapagina, Città di Castello, 1996.

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“Interculturalità e minori: esperienze a confronto”

Claudia SerraAssociazione di volontariato

“Genitori Oggi” - Servizio Civile

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L’essere umano si distingue dalle altre specie viventi non solo per esse-re un animale sociale ma soprattutto perché si riconosce come esserepensante. Se sulla prima caratteristica ci si può interrogare su quantonaturale sia la condizione di socialità, lo si può fare proprio in virtù dellacapacità di auto-riflessione dell’intelletto.Non trattandosi dunque di una facoltà selettiva, attivata cioè solo indeterminate situazioni, non si ritiene che essa debba venir meno quandoci troviamo di fronte al riconoscimento dell’altro.Si tratta sicuramente di una delle partite più rischiose perché le insidiesono numerose ma è una necessità imprescindibile per l’uomo: il carat-tere eminentemente sociale dell’uomo ne supporta e motiva l’esigenza.L’era della globalizzazione ha creato nuovi sillogismi con cui definirerealtà mutevoli ma ormai sentite come familiari, perché quotidiane: l’apertura a spazi senza più confini, la possibilità di comunicare senzapiù distanza spaziale e temporale ha condotto le persone a sentirsi citta-dini del mondo, ma con un significato non esattamente cosmopolita. Sitratta di qualcosa di meno rassicurante, contraddittorio e capace di farsmarrire il senso di appartenenza e così l’identità: i glocalismi indicanoquelle dimensioni che cercano di riunire realtà per definizione opposte,il globale ed il locale appunto.Questo è un concetto che permea le nostre esperienze quotidiane, a talpunto vicine da averle automatizzate. Il grado di automatismo è mag-giormente formale quanto più le questioni sono importanti.Infatti il riconoscimento dell’altro necessita di essere compreso esostanziato per non rimanere un’istanza che alcune volte viene tropposemplicisticamente identificata come progresso.Occorre porre estrema attenzione nell utilizzare termini come integra-zione, interculturalità, multiculturalità se le si considera semplicemen-te delle strategie: dal mio punto di vista si tratta di un orientamento benpreciso che parte dalla considerazione integrale, totale della personaper percorrere un cammino condiviso di integrazione. Il riconoscimen-to dell altro non è mai fittizio se si parte dai quei tratti di similitudineche rendono comunicabile l’alterità: l’altro è diverso da me senza chequesto implichi una relazione diretta con la provenienza, la religione,la cultura. Altrimenti opero quelle caratterizzazioni, sì rassicuranti, maproprie degli stereotipi. Piuttosto, quelle citate, sono contenuti della

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diversità che aiutano a comunicare la propria identità. Perciò non pos-sono essere di natura sottrattiva e discriminatoria. Inoltre l’altro è estra-neo a me quanto io lo sono per lui. Perciò non vi sono rapporti di domi-nanza nei processi di integrazione ma una volontà comune di conoscen-za. Per usare la metafora che dà il titolo a questo Convegno, la questio-ne è primariamente quella di riconoscersi come fiori. L’appartenenzaallo stesso giardino ne rappresenterà l’effetto diretto.La somiglianza (tutti fiori) rende comunicabile la differenza, il punto dipartenza per creare la comunicazione. Ecco allora che mi trovo assolu-tamente d’accordo con la dottoressa Adriana Croci quando afferma chel’intercultura non è un concetto/valore legato necessariamente alla pre-senza di bambini stranieri in classe ma piuttosto di un aspetto cultura-le che ella applica alla dimensione della scuola.L’azione pedagogica, in ragione della sua direttività, ci ragguaglia sulfatto che l’interculturalità non è un atteggiamento naturale ma frutto diuna negoziazione tra esigenze auto-conservative e di apertura.Integrazione e interculturalità sono approcci che declinano strumentispecifici con cui impostare il proprio modus vivendi, preventivi deiconflitti e non solo strumenti di mediazione di essi.La scuola, insieme alla famiglia, sono tra le agenzie educative conside-rate come primarie: sono contesti essenziali e funzionali per uno svi-luppo armonioso ed equilibrato, diritti dei minori questi, richiamatidalla Convenzione ONU sui Diritti del Fanciullo ed estesi con ratificadai Paesi parte dell Unione Europea.Pari diritti sono riconosciuti a quei minori che entrano soli negli stessiPaesi, legalmente o illegalmente non è rilevante, e per i quali è neces-sario predisporre un’accoglienza in grado di non ledere i suddetti dirit-ti.È evidente che in siffatti contesti le urgenze di integrazione si declina-no in una maniera maggiormente pragmatica ma l’accoglienza non puòconsiderarsi temporanea e quindi è necessario operare un vero e pro-prio programma di integrazione, a tutto campo.L’inserimento scolastico ne è una tappa ed è così che l’integrazione e l’intercultura divengono strumenti per un medesimo scopo: il ricono-scimento e la condivisione, pur nella diversità, valore questo di unicitàda preservare tanto quanto quello dell’integrazione.

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Io non sono un insegnante, né ho esperienza nel settore perché mi defi-nisco una persona ancora in formazione ed in via di perfezionamento,su questa strada. Ho però condotto un studio prassico e di definizioneidentitaria dei minori stranieri non accompagnati, interessandomi alladimensione pedagogica degli interventi di accoglienza e di sostegno. Credo di poter affermare, senza per questo peccare di presunzione, diavere un impostazione pedagogica e comunque professionale decisa-mente orientata: conduco questo intervento nell’ottica del consulentepedagogico e del coordinatore pedagogico, di cui ho recentemente con-seguito il titolo.Nell’ambito del percorso di tesi ho cercato di attrezzarmi per compren-dere i presupposti metodologici alla base del mio futuro ruolo profes-sionale e ho avuto l’occasione di fare numerosi incontri letterari: alcu-ni percorsi di studio, tanto antropologici quanto sociologici, si sonodimostrati altamente formativi per comprendere in profondità certimeccanismi di sedimentazione culturale e affermazione identitaria chesopperiscono alla mancanza di esperienza.Vi è in particolare un sociologo algerino di fama internazionale, prota-gonista di quelli che definisco incontri letterari, che con la propria ana-lisi qualitativa ha messo in atto la lezione weberiana dei vissuti sogget-tivi, per studiare ed analizzare le grandi migrazioni: si tratta diAbdelmalek Sayad ed il libro in questione è “La doppia assenza”: dalleillusioni dell’emigrato alle sofferenze dell’immigrato.Perché prestare attenzione a tale letteratura di settore? Il presuppostometodologico su cui fondare la nuova ricerca della sociologia dell’immi-grazione è quello di analizzare il processo alla luce dei vissuti, discostan-dosi da una tradizione che concepiva i processi migratori come dei mec-canismi idraulici: il movimento umano come effetto piuttosto standar-dizzato di cause oggettive.Ponendo in primo piano la portata esistenziale del processo migratorioci si tutela da grossolane mutilazioni di senso: la ricerca mira a preve-nire successive ondate migratorie ma anche a gestire meglio l’emergen-za esistenziale. Sayad risulta un osservatore puntuale e meticoloso,esso stesso migrante in Francia, e perciò in grado di un’immedesima-zione particolarmente fruttuosa.Nell’affrontare i grandi temi dell’immigrazione puntualizza da subitoche il processo migratorio è duplice: è sempre un emigrare che produ-

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ce un istanza di accoglienza, disattesa o finalizzata. Si instaura un dop-pio legame, una tensione dualistica che implicitamente agisce sullanuova identità dell’emigrato, e cioè l’immigrato. Sayad si sbilanciasugli esiti dualistici di questa condizione: le illusioni dell’emigrato e lesofferenze dell’immigrato. Sembra essere questo il frutto dell’integra-zione. Ma preliminarmente che cos è l’integrazione?“Il discorso sul-l’integrazione, che è necessariamente un discorso sull’ identità, propriao di altri e, in ultima analisi, sull’ineguale rapporto di forze in cui sonoimplicate queste identità, non è un discorso di verità, ma è un discorsoche produce un effetto di verità.In questo campo, la scienza sociale oscilla ancora tra la scienza e ilmito”2.Affermare che l’integrazione sia un costrutto basato sulla finzionesociale e che sia il prodotto di un effetto di verità pedagogicamenterisulta un dato sconcertante, ma il punto è un altro: si parla di un effet-to di verità come implicazione dell’inscindibilità della ragione politicae morale che motiva la stessa esigenza d’integrazione.Le politiche d’integrazione sono necessarie ad uno Stato per identifi-carsi liberale, progressista, sensibile alle politiche sociali; in sostanzafanno parte di una serie di attributi confluenti nel politically correctdalla scarsa motivazione intrinsecamente politica e più aderente ad unalogica buonista e mediatrice. Questo non dimostra l’infondatezza delcostrutto pedagogico dell’integrazione ma pone l’accento sull’impor-tanza dell’essenza dell’azione: un agire basato sull’onestà dello scopoche intende perseguire ha di sicuro degli effetti positivi e necessari alcontesto entro cui si intende operare mentre in caso contrario si attuauna finzione perché consapevoli di essere doppiogiochisti.Sayad non intende dimostrare l’infondatezza del processo di integra-zione ma sembra fermamente convinto che occorra sfoltirne i reali con-tenuti per non tradire lo scopo: “La verità esige che ci si liberi da tuttele mitologie (anche scientifiche) legate alla nozione di integrazione percogliere l’importanza della posta in gioco, sociale, politica e sopratut-to identitaria che questa nozione dissimula3”.

2 Abdelmalek Sayad, La doppia assenza:dalle illusioni dell’emigrato alle sofferenze dell’immi-

grato, edizione italiana a cura di Salvatore Palidda, Raffaello Cortina Editore, 2002, p. 2883 Ibidem

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Ognuno di noi possiede un substratum identitario dal quale partire, unasorta di bagaglio che ci coadiuva nella socializzazione, come un passa-to che ci fa esistere nel presente e orienta anche il nostro futuro.Nella stessa maniera il senso dell’integrazione non è uno solo né vieneacquisito come il prodotto passivo di un’istruzione, bensì si sedimentacommistionandosi alle nostre credenze pregresse:“Come la nozione di cultura, a cui all’inizio era collegata, la nozionedi integrazione è essenzialmente polisemica: in particolare ogni sensoche esso acquista da un contesto nuovo non cancella del tutto il sensoprecedente. Si produce così una sorta di senso, uno strato semanticoche recupera una parte di significato depositato negli strati semanticiche lo hanno preceduto. La parola integrazione, come la intendiamooggi, ha ereditato i sensi di altre nozioni concomitanti, come per esem-pio quelli di adattamento e di assimilazione.Tutte queste nozionivogliono essere inedite, ma in realtà sono espressioni diverse di unastessa realtà sociale, dello stesso processo sociologico, in momenti econtesti diversi e per usi sociali diversi. Questo processo ha le sue con-dizioni di realizzazione, la sua storia, ed è il risultato di un insieme dicircostanze storiche ben determinate a cui convenzionalmente vienericondotto per comprenderne la genesi e le forme che può assumere4.”Sayad sostiene che denominazioni quali integrazione, adattamento eassimilazione sono legate troppo direttamente a un contesto sociopoli-tico particolare, al punto tale da diventare facilmente anacronistiche,perdendo il proprio valore sociale e politico.In un contesto d’immigrazione sia l’adattamento che l’assimilazionediventano concretamente etnocentrici, a favore dell’identità dominan-te, ponendo in essere un meccanismo passivo di livellamento dellediversità in cui il riconoscimento dell alterità passa per il principio disomiglianza, attraverso il passaggio da assimilabili ad assimilati.A questo punto è necessaria una conciliazione: Sayad assolve l’integra-zione a discapito dell’assimilazione in quanto si presuppone l’integritàdella persona fusa ma non dissolta nel gruppo, mentre l’assimilazioneequivale alla scomparsa di tale integrità.

4 Ibidem

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L’analisi sulla validità e fattibilità del processo d integrazione si muovenon solo lungo la dimensione dello spazio – il contesto, ma anche inriferimento al tempo. Si scopre l’impossibilità di prevedere e quindiorientare il processo d integrazione:[...] “il discorso sull’integrazione è necessariamente un discorsosovraccarico, investito di significati secondari che è importante porta-re alla luce per cogliere meglio la vera natura e la portata esatta diquesto fenomeno. Per questa ragione, salvo rare eccezioni, non puòessere un discorso in grado di prevedere le cose. È un discorso sempre in ritardo sulla realtà sociale di cui deve rende-re conto, sia che la condanni, sia che al contrario la promuova, secon-do i casi (che ci riesca oppure no, è un altra questione). L’isteresi è quiun dato inevitabile, poiché le trasformazioni sociali più profonde, checoinvolgono tutto l’essere della società, come in questo caso, esigonosempre una relativa incomprensione, una relativa cecità collettiva,mentre si compiono e per potersi compiere5”.Secondo Boutang il rapporto salariale reca impressi gli stigmi dell’ imbri-gliamento del lavoro, nella maniera in cui alla tendenza dei lavoratori asottrarsi al controllo capitalistico, rescindendo il contratto, è contrappostaun’esigenza vitale per il capitalismo e cioè, la necessità di assicurarsi ladipendenza dei lavoratori stessi.Nel sistema capitalistico le migrazioni sembrano perdere la consuetaconnotazione di marginalità per assurgere al ruolo, in questo caso svan-taggioso, di paradigma rispetto agli esiti dei complessi giochi di sbilan-ciamento circa il controllo della mobilità del lavoro:“[Il migrante] è anche la figura destinata a subire sulla propria pellegli effetti più duri dell’imbrigliamento della libertà. E, come si è vistonel precedente capitolo, è molto spesso la nazione la figura retorica dacui vengono dipanandosi i fili che assai concretamente svolgono lafunzione di ‘briglie’6”. Si noti come il concetto di integrazione si possadeclinare, in modo anche assai complesso, nelle diverse dimensioni dicontatto del migrante: dalle strutture alle istituzioni.

5 Ivi, p. 2946 Yann Moulier Boutang in Sandro Mezzadra, Diritto di fuga. Migrazioni, cittadinanza, globaliz-

zazione. Ombrecorte/cartografiche, 2001, p. 60

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La piena considerazione dell’identità ne decreta, in massima parte, l’in-tegrazione e le possibilità di posizionamento sociale. Per i bambinispesso non si tratta di una doppia assenza ma di una terra di mezzo, unluogo di nascita reputato come patria ma una dimensione familiareautoctona e distante, chiusa e tradizionale: brandelli di identità che nonriescono a ricomporsi. Partire dalla conoscenza di questi contesti piùintimi e personali consente di arricchire i propri strumenti di integra-zione, come di conoscenza e di sensibilità.I bambini a scuola riscontrano non tanto problemi di apprendimentoquanto problemi di alfabetizzazione primaria: la trasmissione delleconoscenze avviene tramite i canali della lingua del Paese di accoglien-za e così il loro apprendimento è lento, lacunoso, deficitario.Il problema in realtà non esisterebbe se non fossero costretti a rinuncia-re ad un bilinguismo potenzialmente d’élite per un bilinguismo indottoad essere sottrattivo.Le esigenze di scolarizzazione non consentono valorizzazioni culturalitali da produrre l’avanzamento nella conoscenza delle due lingue,senza che i sistemi linguistici e culturali entrino in conflitto. Spesso lalingua materna viene oscurata perché non funzionale alla comunicazio-ne formale, e quindi si finisce per perderla. Vi si oppone una sorta didisaffezione per via della mancata produttività: in sostanza la linguamaterna cessa di essere la lingua primaria e la sola caratterizzazionecome lingua degli affetti non basta per preservarla, rispetto alla linguaufficiale, quella cioè degli ambiti formali come informali, tanto dellascuola quanto lingua di comunicazione sociale con i coetanei e più ingenerale con l’ambiente esterno.In conclusione, si è cercato di mostrare per punti come anche l’integra-zione sia un costrutto, e soprattutto come esso non possa essere anno-verato tra gli stili comportamentali naturali. Si tratta molto più concre-tamente di un orientamento, che pone dei rischi se gli strumenti diret-tivi non sono quelli idonei. In ultima analisi riguarda aspetti assoluta-mente pragmatici della vita quotidiana, cambiamenti non solo esperitidagli attori tradizionali dei processi d’integrazione (gli stranieri) maauspicabili in tutti, nella misura in cui l’integrazione non soffra didominanza o etnocentrismi, e che quindi riguardi entrambi i poli dellacomunicazione.

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Riferimenti Bibliografici

Mezzadra Sandro, Diritto di fuga, migrazioni cittadinanza, globalizza-zione, ombre corte/cartografiche, 2001.

Sayad Abdelmalek, La doppia assenza: dalle illusioni dell’emigratoalle sofferenze dell’immigrato, edizione italiana a cura di SalvatorePalidda, Raffaello Cortina Editore, 2002.

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Interculturalità e minori: esperienze a confronto

Dott. Alessandro VestrelliDirigente responsabile del

Servizio Rapporti Internazionali e cooperazione presso la Presidenza della Giunta Regionale dell’Umbria”

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L’Italia si colloca oggi, con la Spagna e subito dopo la Germania, tra ipiù grandi Paesi di immigrazione dell’UE. Pur tra molte contraddizio-ni la società italiana sta perciò diventando sempre più multietnica emulticulturale. Le comunità immigrate manifestano una crescente ten-denza all'insediamento definitivo e alla stabilità. La realtà di questapresenza pone al centro del dibattito politico attuale le condizioni del-l'inserimento sociale dei lavoratori immigrati e delle loro famiglie, letematiche dell’integrazione e di una ordinata convivenza civile nelnostro Paese. Il tema ha polarizzato anche la riflessione politica europea a partire dal“Libro Verde” della Commissione sull’approccio dell’U.E. alla gestio-ne della migrazione economica (2005) che ha condotto alla approvazio-ne, da parte della Commissione Europea, di una Comunicazione suun'agenda comune per l’integrazione, con la quale sono stati previstiindirizzi e risorse a partire dal Fondo per l’integrazione degli immigra-ti (2007-2013). D’altro canto le stesse politiche di Lisbona per lo svi-luppo e l’occupazione riconoscono l’immigrazione come un dato strut-turale e una necessità per la crescita, anche economica, di ciascunPaese. L’idea di integrazione che va perseguita si fonda sul dialogo e sul con-fronto rispettosi tra culture diverse, i quali più sono autentici e più ten-dono ad un reciproco arricchimento e ad una crescita comune, nel pre-supposto della condivisione e del rigoroso rispetto dei valori costituzio-nali e delle leggi del Paese di approdo.Per le politiche di integrazione degli immigrati l’Ordinamento affida unruolo decisivo alle Regioni e alle Autonomie Locali e individua lerisorse operative da utilizzare nella promozione della programmazione,della collaborazione interistituzionale, della concertazione, della parte-cipazione democratica e della sussidiarietà sociale, in virtù della qualeil volontariato, l’associazionismo, compreso quello degli stessi immi-grati, ed il terzo settore hanno sviluppato in questi anni un grandeimpegno di rappresentanza e tutela.Fin dalla prima fase migratoria gli enti territoriali si sono trovati inprima linea a fronteggiare l’emergenza garantendo, per esempio, l’ac-cesso alle cure essenziali quando la legislazione nazionale non preve-deva disposizioni in materia, predisponendo strutture di accoglienza,

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sostenendo interventi nelle scuole adatti a gestire contesti sempre piùmulticulturali. A partire dalla seconda metà degli anni'90 del secoloscorso questa sorta di “supplenza” diffusa si è venuta istituzionalizzan-do dando così origine ad un modello di “governance” articolato su unarete multilivello. La legge regionale n.18/90 (al bando relativo alla pro-grammazione annuale è data pubblicità, via Internet, sul sito ufficialedella regione) ha stimolato, nel corso degli anni, un dibattito diffusosulla immigrazione ed una progettazione trasparente e democratica“dal basso”, che vede tuttora protagoniste le diverse articolazioni dellasocietà civile ed istituzionali, soprattutto le scuole. Siamo arrivati, nel 2008, al diciannovesimo Programma, con il qualeviene offerto sostegno alla realizzazione di ben 189 progetti, interven-ti diretti, in collaborazione o promossi e gestiti da diversi soggetti (entilocali, scuole, organizzazioni non governative, cooperative sociali,Caritas ed altre associazioni no profit), per un budget totale di quasi465 mila euro.Tutto questo testimonia la esistenza, anche in Umbria, di un modello di“governance multilivello”, la volontà diffusa di aprirsi al confronto efavorire la integrazione, la vivacità ed il dinamismo della società civi-le locale. L’approvazione, accanto ai programmi annuali previsti efinanziati dalla L.R. 18/90, di programmi per l'utilizzazione delle risor-se recate dal Testo Unico dell'immigrazione, ha segnato il passaggio aduna programmazione territoriale integrata, imperniata sul livello com-prensoriale (territorio regionale suddiviso in 12 Ambiti territoriali coin-cidenti con i Distretti socio-sanitari) e sull'esaltazione del ruolo deicomuni, che sono invitati comunque a coinvolgere nella programma-zione altri soggetti locali pubblici e del privato sociale. Ciascun Programma annuale ex D.Lgs.n.286/98 è co-finanziato. L’80% dei fondi di provenienza statale sono riservati ai dodici ambititerritoriali, i quali sono impegnati ad aggiungervi ulteriori risorse pro-venienti dalla L.R.n.3/97 come co-finanziamento dei Piani territorialidi intervento.Il 20% delle risorse suddette è destinato a progetti sovra ambito.Il X°Programma ex D.Lgs.286/98 prefigurerà una serie di azioni prio-ritarie che vanno dai corsi per l’apprendimento della lingua italiana, alsostegno all'inserimento lavorativo, scolastico, abitativo.

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Vi sono raccomandati interventi volti a favorire l’accesso al creditofinanziario e per la prevenzione e contrasto di fenomeni di usura edinterventi rivolti a coloro che chiedono asilo ed ai rifugiati, oltre ad ini-ziative per la tutela della lingua e cultura d’origine, e per favorire lapartecipazione degli stranieri. Particolare attenzione verrà posta anchealle azioni volte alla prevenzione degli infortuni sul lavoro e dellemalattie professionali, alla informazione socio sanitaria. Si incoraggeràinoltre, l’utilizzo di mediatori culturali, l’effettuazione di studi e ricer-che specifiche e la realizzazione di iniziative formative per gli operato-ri delle strutture pubbliche e private.Sono stati siglati Accordi di Programma tra la Regione Umbria e ilGoverno nazionale per la realizzazione di interventi di alfabetizzazio-ne e diffusione della conoscenza della lingua e cultura italiana, per ilsostegno all'inserimento socio lavorativo degli immigrati tramite azio-ni integrate di orientamento, formative e di sistema, nonché a forme distabilizzazione del lavoro precario ed alla creazione di nuove imprese. Occorre oggi pensare ad un processo di coesione ove ciascuno mette afrutto i talenti della propria cultura, realizza relazioni profonde e con-tribuisce alla prospettiva di una società nuova. Un processo molto com-plesso e già in atto che riguarda le condizioni materiali, ma soprattuttole identità culturali.Con la dichiarazione del 2008 quale “Anno per il Dialogo intercultura-le”, l’U.E. ha voluto sottolineare quanto il confronto tra le diverse cul-ture, che oggi convivono in Europa, unitamente alla comprensione eall’ascolto, sia fondamentale per un corretto processo di coesionesociale. Il dialogo interculturale non deve però limitarsi solo alla cono-scenza delle culture altre ma attraverso una rilettura, anche critica,della storia, deve portare alla individuazione di denominatori comuniche diano spazio alla creazione di nuove sintesi.L'Unione Europea è cresciuta da sei a ventisette Paesi, molte frontieresono state abbattute e nelle nostre città risuona ormai una grandevarietà di lingue. La diversità culturale è una ricchezza per l’Europa. Ogni espressioneculturale – attraverso le proprie tradizioni, le lingue e i dialetti, la musi-ca, l’arte, lo sport – contribuisce alla creazione di una nuova cittadinan-za che deve necessariamente ispirarsi ai principi del rispetto, del con-fronto, dei diritti e doveri comuni.

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Sono persone – donne e uomini – alla ricerca soprattutto di lavoro, cheresta sempre la ragione fondamentale di spinta a lasciare i Paesi di ori-gine. E con la ricerca di occupazione cercano anche stabilità, rappre-sentata dall’abitazione, dalla tutela della salute, dai servizi che la nostrasocietà può offrire, dalla sicurezza economica, dall’esigenza di raffor-zare le relazioni umane e di consolidare le relazioni affettive e familia-ri.Sono persone con problemi identici ai nostri, che hanno sogni e speran-ze, ma con una sola grande e pesante differenza che li rende diversi: sitrovano in una terra lontana che sperano sia loro amica ma spesso sonocostretti a ricredersi. L’integrazione è il loro obiettivo finale. L’alternativa è l’esclusione, èl’estraneità. Le loro diversità mettono in crisi le nostre certezze e lenostre sicurezze e possono generare reazioni di difesa e di esclusione.In una Italia sempre più complessa ed inquieta la diffusione crescentedi atti di violenza e di razzismo va considerata una minaccia seria e varisolutamente contrastata .Ricordando che l’Europa ha vissuto, in epoche diverse, periodi di per-secuzione contro le minoranze è necessario mettere in evidenza l'im-portanza delle politiche contro la discriminazione nello spaziodell’Unione.In questa sfida, difficile e avvincente, dell'integrazione e dell'accetta-zione reciproca, sfida che può diventare arricchimento di culture e dipersone, la scuola gioca un ruolo fondamentale, unico, insostituibile,perché essa è il luogo delle relazioni umane, della conoscenza dellediverse culture, della scoperta degli altri, della crescita insieme, dellaconvivenza.L’aumento vertiginoso dei giovani immigrati nei diversi livelli di istru-zione richiede una programmazione didattica complessiva nell'ottica diuna educazione interculturale che riguardi ed integri la formazione ditutti gli allievi.Tutto questo offre ai nostri giovani la opportunità di aprirsi alle diver-se culture senza soggiacere alle esclusive ragioni economiche della glo-balizzazione. La scuola può e deve sostenere attivamente il processo diintegrazione, comprenderne meglio potenzialità e criticità ed operare,anche d'intesa con altri soggetti istituzionali e del privato sociale, per la

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realizzazione di una rete virtuosa di buone pratiche. Questo, mi sembra,il motivo conduttore del convegno odierno. Allo stesso modo la presen-za di alunni stranieri è un’occasione di crescita e cambiamento per tuttala scuola italiana e per i giovani che la popolano. Adottare la promozio-ne del dialogo e del confronto come principio guida significa assume-re l'intercultura come elemento portante dell’identità stessa della scuo-la in uno spirito di apertura a tutte le differenze – siano esse di prove-nienza, di genere o di livello sociale e/o scolastico – non limitando lapropria azione soltanto alla organizzazione di semplici strategie com-pensatorie di integrazione degli alunni immigrati che, seppure necessa-rie, oggi non sono sufficienti.L’elevata presenza di allievi provenienti da tanti diversi Paesi delmondo, o nati in Italia da genitori di origine straniera ci mostra che oggiil mondo sta “in classe” seduto sui banchi di scuola e l’educazione, per-tanto, ha il dovere di rinnovarsi in favore di tutti per una Europa dipace, di cultura, di universalità e di prosperità. L’identità dell’Europanon è né una pagina bianca, né una pagina già scritta e stampata: è unapagina che stiamo scrivendo. In questo contesto assume un rilievo del tutto particolare il nuovoStatuto della Regione ove è scritto: “la Regione assume come valorifondamentali la cultura della pace, della non violenza e il rispetto deidiritti umani; la cultura dell'accoglienza, della coesione sociale, delledifferenze; la qualità del proprio ambiente; il patrimonio spiritualefondato sulla propria storia civile e religiosa”.

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