Tribunale di Viterbo - Sentenza 02/02/2015

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TRIBUNALE DI VITERBO: CONDANNATA LA BANCA A RESTITUIRE AL CLIENTE EURO 58.638,00 INVESTITI IN BOND ARGENTINI Acquistare un titolo sbagliato e perdere l’intero capitale investito è un’azione che diviene meno “dolorosa” se si riesce a recuperare la somma perduta. Ciò è possibile se si riesce a dimostrare, attraverso una perizia tecnico- legale, che l’intermediario finanziario che ha venduto il titolo non ha adempiuto a tutti gli obblighi normativi ed agli obblighi di correttezza e trasparenza. In questo caso, il contratto potrà essere dichiarato invalido e la Banca sarà costretta a risarcire il risparmiatore delle perdite subite. È quanto accaduto innanzi al Tribunale di Viterbo dove il Giudice, con Sentenza del 02/02/2015, ha condannato in primo grado l’intermediario finanziario alla restituzione della somma di Euro 58.638,00 oltre spese di causa, agli eredi dell’investitore che hanno agito in giudizio, denunciando il mancato assolvimento degli obblighi di legge inerenti gli ordini di acquisto posti in essere in esecuzione del contratto di prestazione dei servizi finanziari da parte della Banca. Le operazioni finanziarie, rispettivamente eseguite in data 9.12.1998 e 18.08.1999, avevano riguardato l’acquisto di obbligazioni argentine per un controvalore complessivo di Euro 58.638,00 il cui capitale, successivamente al default dello Stato argentino nel dicembre 2001, è andato perduto. La Banca che aveva intermediato le operazioni, è stata condannata dal Tribunale per non avere assolto i doveri di diligenza e di informazione nei confronti del cliente, ed in particolar modo l’obbligo di segnalare allo stesso l’inadeguatezza dei titoli che stava acquistando. Infatti i bond argentini non potevano definirsi adeguati al profilo dell’investitore, non identificabile come operatore qualificato e professionale e, dunque, competente per l’acquisto di operazioni finanziarie altamente rischiose; inoltre, già dal 1997 si percepiva sul mercato che i titoli in questione fossero diventati instabili e dall’alto rischio di insolvenza, e nel 2000 le agenzie di rating avevano declassato il titolo, fino a farlo scivolare nella categoria “default”. Il progressivo declassamento, dovuto alla crescente vulnerabilità e debolezza del titolo nel corso dei mesi, non veniva però in alcun modo comunicato al cliente in questione il quale, pochi anni dopo l’investimento finanziario, si ritrovava nel vortice del fallimento argentino. Con l’occasione della pronuncia, il Tribunale ha ribadito anche la distinzione tra la nullità e la risoluzione per inadempimento dei contratti di intermediazione finanziaria. La nullità del contratto può, infatti, essere dichiarata in presenza di una stipulazione contrattuale non valida, vale a dire in mancanza del requisito della forma scritta o in presenza del rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo (ex art. 21 e ss. del TUF). E’ possibile, invece, riconoscere la responsabilità dell’intermediario per violazione dei doveri comportamentali di informazione e di diligenza specifica nell’attuazione delle operazioni finanziarie, sia se la violazione è posta in essere in fase precedente o coincidente con la stipula del contratto di intermediazione finanziaria (responsabilità precontrattuale) sia in esecuzione del contratto di intermediazione finanziaria stesso (responsabilità contrattuale). L’effetto generato è la risoluzione per inadempimento del predetto contratto. Nel caso di specie, vista la presenza della forma scritta, del contratto-quadro e della documentazione inerente le comunicazioni della vendita dei titoli in questione, e non potendo ravvisarsi la nullità dei contratti di vendita dei titoli argentini, è stata accolta la domanda subordinata per la declaratoria di risoluzione degli stessi, con valore retroattivo e conseguenti effetti restitutori.

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TRIBUNALE DI VITERBO: CONDANNATA LA BANCA A RESTITUIRE AL CLIENTE EURO

58.638,00 INVESTITI IN BOND ARGENTINI

Acquistare un titolo sbagliato e perdere l’intero capitale investito è un’azione che diviene meno “dolorosa” se si

riesce a recuperare la somma perduta. Ciò è possibile se si riesce a dimostrare, attraverso una perizia tecnico-

legale, che l’intermediario finanziario che ha venduto il titolo non ha adempiuto a tutti gli obblighi normativi ed

agli obblighi di correttezza e trasparenza.

In questo caso, il contratto potrà essere dichiarato invalido e la Banca sarà costretta a risarcire il risparmiatore

delle perdite subite.

È quanto accaduto innanzi al Tribunale di Viterbo dove il Giudice, con Sentenza del 02/02/2015, ha

condannato in primo grado l’intermediario finanziario alla restituzione della somma di Euro 58.638,00 oltre spese

di causa, agli eredi dell’investitore che hanno agito in giudizio, denunciando il mancato assolvimento degli

obblighi di legge inerenti gli ordini di acquisto posti in essere in esecuzione del contratto di prestazione dei servizi

finanziari da parte della Banca.

Le operazioni finanziarie, rispettivamente eseguite in data 9.12.1998 e 18.08.1999, avevano riguardato l’acquisto

di obbligazioni argentine per un controvalore complessivo di Euro 58.638,00 il cui capitale, successivamente al

default dello Stato argentino nel dicembre 2001, è andato perduto.

La Banca che aveva intermediato le operazioni, è stata condannata dal Tribunale per non avere assolto i doveri di

diligenza e di informazione nei confronti del cliente, ed in particolar modo l’obbligo di segnalare allo stesso

l’inadeguatezza dei titoli che stava acquistando.

Infatti i bond argentini non potevano definirsi adeguati al profilo dell’investitore, non identificabile come

operatore qualificato e professionale e, dunque, competente per l’acquisto di operazioni finanziarie altamente

rischiose; inoltre, già dal 1997 si percepiva sul mercato che i titoli in questione fossero diventati instabili e

dall’alto rischio di insolvenza, e nel 2000 le agenzie di rating avevano declassato il titolo, fino a farlo scivolare

nella categoria “default”. Il progressivo declassamento, dovuto alla crescente vulnerabilità e debolezza del titolo

nel corso dei mesi, non veniva però in alcun modo comunicato al cliente in questione il quale, pochi anni dopo

l’investimento finanziario, si ritrovava nel vortice del fallimento argentino.

Con l’occasione della pronuncia, il Tribunale ha ribadito anche la distinzione tra la nullità e la risoluzione per

inadempimento dei contratti di intermediazione finanziaria.

La nullità del contratto può, infatti, essere dichiarata in presenza di una stipulazione contrattuale non valida, vale

a dire in mancanza del requisito della forma scritta o in presenza del rinvio agli usi per la determinazione del

corrispettivo (ex art. 21 e ss. del TUF).

E’ possibile, invece, riconoscere la responsabilità dell’intermediario per violazione dei doveri comportamentali di

informazione e di diligenza specifica nell’attuazione delle operazioni finanziarie, sia se la violazione è posta in

essere in fase precedente o coincidente con la stipula del contratto di intermediazione finanziaria (responsabilità

precontrattuale) sia in esecuzione del contratto di intermediazione finanziaria stesso (responsabilità contrattuale).

L’effetto generato è la risoluzione per inadempimento del predetto contratto.

Nel caso di specie, vista la presenza della forma scritta, del contratto-quadro e della documentazione inerente le

comunicazioni della vendita dei titoli in questione, e non potendo ravvisarsi la nullità dei contratti di vendita dei

titoli argentini, è stata accolta la domanda subordinata per la declaratoria di risoluzione degli stessi, con valore

retroattivo e conseguenti effetti restitutori.

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La Banca infatti, oltre a non aver prodotto gli ordini di acquisto, ha agito con negligenza per:

- non aver predisposto né la “Scheda informativa della clientela” né il “Documento sui rischi generali degli

investimenti in strumenti finanziari”, entrambi documenti obbligatori;

- non aver posto in essere alcuno strumento atto a verificare l’adeguatezza dell’operazione finanziaria al

profilo dell’acquirente o esplicitato al cliente, in forma scritta, le dovute avvertenze circa le ragioni

specifiche dell’inadeguatezza dell’operazione stessa.

Di conseguenza, stante il grave inadempimento dei doveri di diligenza qualificata e di informazione nei confronti

del cliente, il Giudice ha dichiarato risolti i contratti aventi ad oggetti gli ordini di acquisto e condannato la Banca

negligente alla restituzione del denaro investito all’epoca dei fatti.

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