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Fanti, Tracce per un’estetica dell’esilio Viaggiatori. Circolazioni scambi ed esilio, Anno 1, Numero 2, marzo 2018 ISSN 2532-7623 (online) – ISSN 2532–7364 (stampa) 136 Tracce per un’estetica dell’esilio in Jacques-Louis David * di Laura FANTI Université Libre de Bruxelles DOI 10.26337/2532-7623/FANTI Riassunto: L'articolo è una rilettura degli anni vissuti in esilio da Jacques- Louis David. Si prendono in esame la produzione, gli incontri, le mostre cu- rate dall'artista stesso e si propone un'analisi originale di alcuni dipinti, letti come manifestazione di ricerca di pace e tranquillità ma anche di una mode- razione che a volte si traduce in un'astensione e in una epoché, rivelatrici di uno stile che va oltre il Neoclassicismo. Abstract: The article is a new interpretation of the years spent in exile by Jacques-Louis David. His production, the encounters and the exhibitions cu- rated by the artist himself, are investigated. An original exam of some of his paintings is proposed. They are considered as expression of his need for peace and tranquillity, but also for a restraint, which sometimes becomes abstention and epoché, both revealing of a style that goes further Neoclassicism. Keywords: Neoclassicism, Jacques-Louis David, Aestethics of Exile Sommario: Introduzione – Produzione, incontri e strategie espositive – Este- tica dell'esilio: 1) Metamorfosi del Neoclassicismo – 2) Il pastiche italiano * Un ringraziamento particolare allo staff del Kimbell Art Museum di Fort Worth in Texas e alla Fondation Custodia di Parigi per la loro preziosa colla- borazione. L'opera Mars desarmé par Vénus et les Grâces sarà chiamata per esteso solo una prima volta e ad inizio paragrafo e quindi solo Mars, lo stesso vale per La colère di Achille che sarà chiamata La colère.

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Tracce per un’estetica dell’esilio in Jacques-Louis David*

di Laura FANTI Université Libre de Bruxelles

DOI 10.26337/2532-7623/FANTI

Riassunto: L'articolo è una rilettura degli anni vissuti in esilio da Jacques-Louis David. Si prendono in esame la produzione, gli incontri, le mostre cu-rate dall'artista stesso e si propone un'analisi originale di alcuni dipinti, letti come manifestazione di ricerca di pace e tranquillità ma anche di una mode-razione che a volte si traduce in un'astensione e in una epoché, rivelatrici di uno stile che va oltre il Neoclassicismo. Abstract: The article is a new interpretation of the years spent in exile by Jacques-Louis David. His production, the encounters and the exhibitions cu-rated by the artist himself, are investigated. An original exam of some of his paintings is proposed. They are considered as expression of his need for peace and tranquillity, but also for a restraint, which sometimes becomes abstention and epoché, both revealing of a style that goes further Neoclassicism. Keywords: Neoclassicism, Jacques-Louis David, Aestethics of Exile Sommario: Introduzione – Produzione, incontri e strategie espositive – Este-tica dell'esilio: 1) Metamorfosi del Neoclassicismo – 2) Il pastiche italiano

* Un ringraziamento particolare allo staff del Kimbell Art Museum di Fort Worth in Texas e alla Fondation Custodia di Parigi per la loro preziosa colla-borazione. L'opera Mars desarmé par Vénus et les Grâces sarà chiamata per esteso solo una prima volta e ad inizio paragrafo e quindi solo Mars, lo stesso vale per La colère di Achille che sarà chiamata La colère.

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dell'esilio – 3) Epoché e modération – Conclusioni – Figure – Fonti – Fonti a stampa – Bibliografia Saggio ricevuto in data 13 maggio 2017. Versione definitiva ricevuta in data 11 gennaio 2018 Introduzione

J'aime, comme vous savez, la vie méditative et je veux m'y livrer ici plus qu'ailleurs1

Car je marche comme autrefois ce qui étonne tout le monde

J. -L. David2

Da pochi anni gli studiosi hanno iniziato ad interessarsi all'ultimo stile di Jacques-Louis David, ossia a quello strava-gante oggetto di studio che è la produzione dell'artista francese nell'ultimo decennio di vita trascorso a Bruxelles3. Con la caduta 1 Lettera di David agli zii, Bruxelles, 29 gennaio 1816, pubblicata in J.L.J. DAVID, Le peintre Louis David, 1748-1825: souvenirs et documents inédits, Paris, 1880, p. 526, e in D. e G. WILDENSTEIN, Louis David, Recueil de do-cuments complémentaires au catalogue complet de l'œuvre de l'artiste, Fon-dation Wildenstein, Paris, 1973, n. 1763, p. 202. 2 Lettera inedita di David a sua moglie, Bruxelles, 29 ottobre 1825, Fondation Custodia, collezione Frits Lugt, Paris, num. inv. 1992-A. 326 (Fig. 1). Si tratta molto probabilmente dell'ultima lettera scritta da David, da questo momento in poi e fino alla morte avvenuta il 29 dicembre dello stesso anno, l'artista scriverà solo sotto dettatura. 3 Jacques-Louis David (1748-1825) visse gli ultimi dieci anni di vita in esilio volontario a Bruxelles. Alla fine dell'Impero napoleonico, riparò per un breve periodo in Svizzera, per far ritorno in Francia ad agosto del 1815, quando gli venne concessa l'amnistia. L'artista preferì, tuttavia, auto-esiliarsi: dopo il ri-fiuto di Pio VII alla sua domanda di trasferimento a Roma, decise di recarsi con la moglie a Bruxelles. Qui incontrò altri regicidi della convenzione, come Charles-Jean-Marie Alquiet, Bertrand Barère e Emmanuel-Joseph Sièys, al quale dedicherà un intenso ritratto (1817, Harvard Art Museum). L'acco-glienza calorosa di alcuni ex-allievi belgi, tra cui François-Joseph Navez, Jo-seph-Denis Odewaere, Joseph Paelinck, Michel-Ghislain Stapleaux, e il

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di Napoleone e il rientro dei Borbone, il 27 gennaio del 1816, l'artista lascia definitivamente la Francia, per far ingresso nella città guidata da Guglielmo I, divenuta centro di accoglienza dei proscritti francesi4. Aperta e tollerante, non lontana da Parigi e parlante francese, Bruxelles permette a David di non sentirsi troppo estraneo e di godere di uno stato di pace e di libertà, pur continuando a curare i propri interessi, le proprie amicizie e la propria attività artistica.

Lo stato dell'arte degli studi rivela attenzione per alcuni lavori e per la corrispondenza, nel tentativo di rintracciare le fonti stilistiche ed iconografiche e di ricostruire la personalità dell'artista5. Riteniamo che ci sia ancora molto da indagare all'in-

clima tollerante della città gli permisero di continuare a lavorare assidua-mente e di insegnare a una nuova generazione di artisti, tra cui un non trascu-rabile numero di donne. 4 Come è noto, in seguito al Congresso di Vienna, il Belgio venne annesso al Regno dei Paesi Bassi, guidato da Guglielmo I. Da despota illuminato, costui si adoperò con convinzione per lo sviluppo economico e culturale e per l'unità di due territori lontani per cultura e religione. Le ostilità dei Paesi Bassi me-ridionali nei suoi confronti porteranno alla Rivoluzione del 1830, con la quale il Belgio dichiarerà la propria indipendenza. 5 Tra gli studi recenti segnaliamo: S. PADIYAR, Last Words: David's “Mars Disarmed by Venus and the Graces”(1824). Subjectivity, Death, and Postre-volutionary Late Style, in «RIHA Journal», n. 23 (1 June 2011) (URL: http://www.riha-journal.org/articles/2011/2011-apr-jun/padiyar-last-words (ultimo accesso 23-03-2017); H. KOHLE, Arts et société, essais sur l'art français, Norderstedt, BOD, 2009; David After David, essays on the Later Work, atti del convegno, Jacques-Louis David: Empire to Exile, Getty Mu-seum Research Institute and Sterling and Francine Clark Art Institute, 24-25 giugno 2005, Clark in Williamstown, Massachussets, New Haven and Lon-don, Yale University Press, 2007; David, Empire to Exile, catalogo della mo-stra, Los Angeles, The J. Paul Getty Museum, 1 febbraio - 24 aprile 2005; Williamstown, Sterling and Francine Clark Art Institute, 4 giugno - 5 settem-bre 2005, a cura di P. Bordes, Yale University Press and Sterling and Francine Clark Art Institute, 2005.

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terno del nucleo più intimo di queste opere, sebbene al loro con-tatto si provi una sorta di effetto blow up, quanto più ci si avvi-cina, tanto più la visione appare opaca e distante.

In questo articolo è meno la ricostruzione storica ad in-teressarci, e neanche la genesi e l'iconografia della tarda produ-zione, quanto ripercorrere il filo sottile che lega i dipinti e forma lo spirito di David in esilio. Vogliamo capire se la condizione di relativo isolamento gli ha consentito di dar vita a un nuovo stile e quale ne sono le caratteristiche, e se si può arrivare a parlare di un'estetica dell'esilio e quali ne sono le linee principali.

Si presentano una serie di ostacoli. In primis, la materia

essenziale allo storico dell'arte, ossia le opere, alcune in Musei e in collezioni private, e altre che stanno lentamente riemergendo dal mercato: una visione anche vagamente completa è dunque al momento impossibile. Rispetto alle fonti scritte, rileviamo l'esi-stenza di una ricca corrispondenza, sebbene riguardi sostanzial-mente lettere di David e non a lui indirizzate. Nei confronti dei documenti è necessario mantenere acceso lo spirito del tempo, che porta a parlare in un determinato modo di sé, della propria arte e del proprio entourage. Il primo quarto del XIX secolo è denso di formalismi e di etichette, di cui si deve tener conto, sin dal modo di presentare la propria condizione di esiliato, che in David equivale spesso a una condizione di benessere. Più volte l'artista parla di esilio felice, di pace, di calma, arrivando persino a scrivere in occasione di una sua mostra a Gand:

Heureux exil qui m'a fait rencontrer des rivaux et des amis dans les arts. Aus-sitôt que l'exposition aura cessé, je volerai dans vos bras à tous, pour vous

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témoigner la satisfaction que j'éprouve d'avoir l'honneur d'appartenir à une société de véritables artistes6.

Volendo dimostrare una benevolenza e un'abnegazione

che a volte appaiono forzate, e rilasciando, al contrario, dichia-razioni di sofferenza in frasi sbrigative, che paiono aforismi7. Il Belgio, pur accogliente, resta sempre il luogo dello sradica-mento, non a caso Quinet scrisse: «Je suis dans Bruxelles comme dans un bois, où je rencontre de loin en loin, perdus, isolés comme moi, mes compagnons»8.

Vogliamo, inoltre, rileggere le caratteristiche dell'ul-timo stile di David, capire se è lecito parlare di anacronismo, se di un nuovo volto del Neoclassicismo, o piuttosto di uno stile a sé che non trova simili.

Sopra a tutte queste questioni se ne trova una, forse non la principale, ma essenziale, che riguarda il dialogo tra classici-smo, rivolte sociali e senso morale. Come è stato detto, «Classi-cismo, rivoluzione dall'alto e il presentimento della guerra civile avevano molto a che vedere tra loro. Dietro ogni avidità ed or-rore, e al di là di ogni frattura, i rivolgimenti del 1789 furono 6 Lettera di David a Cornelissen, 9 giugno 1818, pubblicata in DAVID, Le peintre Louis David, 1748-1825, pp. 548-549, e in WILDENSTEIN, Louis Da-vid, p. 211, n. 1825. 7 Un campione di questa duplicità si può estrarre dalla seguente frase: «Moi je travaille comme si je n'avais que trente ans; j'aime mon art comme je l'ai-mais à seize ans, et je mourrai, mon ami, en tenant le pinceau. Il n'y a pas de puissance, telle malveillante qu'elle soit, qui peut m'en priver: j'oublie toute la terre; mais la palette à bas, je pense à mes enfants, à mes amis, aux braves gens.» (Lettera a Navez, 13 maggio 1817, in WILDENSTEIN, Louis David, p. 206, n. 1799 bis). 8 E. QUINET, Lettres d'exil à Michelet et à divers amis, Paris, Calmann - Lévy, 1885-1886, vol. I, p. 232 (lettera a Martin), citata in S. LUZZATTO, Mémoire de la Terreur: vieux montagnards et jeunes républicains au XIXe siècle, Lyon, Presses universitaires de Lyon, 1991, p. 194 (ed. or. Il Terrore ricordato. Me-moria e tradizione dell'esperienza rivoluzionaria, Genova, Marietti, 1988).

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mossi da una grande spinta sociale e morale»9. David porta a Bruxelles l'orrore della Rivoluzione o sta cercando una nuova pace? Trova forse una via più autentica per esprimere il suo clas-sicismo, più a-temporale del primo? La condizione di esiliato, i contatti con i suoi allievi, a volte più potenti e stimati di lui, cosa comporta? David, con dipinti, chiamati spesso alienanti, strava-ganti, al limite del kitsch e del cattivo gusto per molti, sta forse parlando un linguaggio che ancora non abbiamo compreso? A questi interrogativi tentiamo di rispondere con il presente arti-colo. Produzione, incontri e strategie espositive

Quant aux ouvrages qu'il acheva en exil, quoique dans tous on retrouve des détails et parfois des parties importantes, où tantôt l'accent de la nature et tantôt l'élévation du style ne le cèdent pas aux qualités analogues qui brillent dans des productions beaucoup plus complètes de lui, il faut avouer cependant que pris dans leur ensemble, ce que David a peint à Bruxelles est inférieur aux grands ouvrages qu'il acheva plusieurs années avant son exil10.

Questo il giudizio lapidario del biografo di David, De-

lécluze, sugli ultimi lavori dell'artista. David a Bruxelles rac-conta di sentirsi libero e sereno. L'insistenza sul suo benessere appare a volte forzata e induce a pensare che la situazione non fosse così perfetta11. Bruxelles era una città aperta e tollerante, 9 M. STÜRMER, Frammenti di felicità. Classicismo e rivoluzione, Il Mulino, Bologna, 1989, p. 61 [ed. or. Scherben des Glücks. Klassizismus und Revolu-tion, Berlin, 1987]. 10É.J. DELÉCLUZE, Louis David, son école & son temps: souvenirs, Paris, 1855, p. 363.11 Come intuito da BORDES, David, Empire to Exile, p. 297. E anche da PADI-YAR: «David's blithe assertions seem unconvincing to us, and not only be-cause they contradict both ancient and modern understandings of the self in exile as painful, tragic and wrenching. For even if David in Brussels is for the first time free of any constraining external agent who might deprive him of

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ma è necessario ripensare questa presunta calorosa accoglienza nei confronti dei regicidi12. Delécluze ci informa che gli amici circondavano David di un'atmosfera di gloria che non gli faceva percepire la durezza dell'esilio13. Tuttavia, difficilmente imma-giniamo un artista che ha ricevuto tutti gli onori possibili nel pro-prio paese, vivere serenamente da esiliato. Incontra i suoi allievi e continua a godere della stima di molti artisti in Francia, ma il confronto con la produzione belga e ciò che si stava realizzando nel suo paese, gli scambi epistolari e l'analisi delle opere dimo-strano un disagio e un cambiamento netto rispetto al passato.

Guardando al complesso dei suoi lavori, contiamo nu-merosi ritratti, in particolare di esuli francesi, e opere mitologi-che - chiamate da David ''opere storiche'' - anche la pratica del disegno è tenuta viva e in modo frenetico. Nella ritrattistica uti-lizza una pasta ricca, quasi preannunciante Manet, e dà vita a un'indagine psicologica molto più marcata rispetto al passato.

Il ricorso ad iconografie mitologiche potrebbe impli-care una forma di resistenza rispetto al suo terribile vissuto, come vedremo nell'ultimo paragrafo, ma anche un allineamento ai valori e alle scelte dei suoi colleghi più giovani rimasti a Pa-rigi. David continua a perseguire una politica di opportunismo ma anche a salvaguardare la propria immagine e a dare ascolto alla propria ambizione.

the newfound pleasure in his brush – free now from Napoleon, from the old authoritarian Academy – can he nevertheless control the brush, or the crayon, that continues to be haunted by the failure of his radical Revolutionary hopes?» (Last words, § 9). 12 Cfr. LUZZATTO, Mémoire de la Terreur, in particolare p. 27. 13 «En effet, la plupart de ses élèves belges, MM. Odewaere, Navetz, Pae-linck, Moll et Stapleaux, entre autres, n'ont pas manqué un seul instant, par leurs efforts particuliers ou réunis, de rendre les dernières années de leur maître aussi douces, aussi belles qu'il était possible qu'elles le fussent» (p. 363). Cfr. Anche il paragrafo seguente in questo contributo.

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Delécluze racconta in dettaglio le vicende del re di Prussia14, il quale, alcune settimane dopo l'arrivo di David a Bru-xelles, chiede all'artista di trasferirsi a Berlino e di diventare Di-rettore Generale delle Arti, promettendogli anche tutta una serie di facilitazioni che in Francia non era riuscito ad ottenere. David declina e risponde di trovarsi a suo agio in un paese dalla «con-stitution parfaitement en rapport avec les idées du siècle dans lequel les traces d'une révolution sont effacées par le sentiment du bien public dont le Roi est animé», e che necessitava di un «repos moral»15. Repos moral è stato unanimemente interpretato come bisogno di un'astensione politica, più che come un'esi-genza di pace interiore, ma vi ritorneremo. In realtà, l'artista vor-rebbe che fosse il re Guglielmo I a fargli proposte simili, ma il sovrano non darà mai seguito alle sue richieste. È solo una delle tante delusioni mascherate da pacificazione dei sensi da parte di David, il quale, un anno dopo l'arrivo a Bruxelles, inizia ad or-ganizzarsi per esporre le proprie opere a pagamento, come aveva già fatto a Parigi con Les Sabines (1799-1805).

Il 10 agosto 1817 al Musée Royal presenta Amour et Psyché (1817; fig. 2) a beneficio degli Istituti di cura di San Ger-trude e delle Orsoline16. È un momento sul quale la critica non si è focalizzata debitamente, anche a causa di lacune documen-tarie. Sappiamo, tuttavia, che la regina dei Paesi Bassi visitò la mostra e ne rimase piacevolmente colpita17, e conosciamo il

14 Louis David, pp. 365 ss. 15 Lettera al conte Mercy d'Argenteau, governatore di Bruxelles, fine 1816 (WILDENSTEIN, Louis David, pp. 205-206, n. 1797). 16 Ivi, p. 207, n. 1804. Tutte le informazioni su questo evento sono prese dalla pubblicazione di Wildenstein. 17 La notizia è riportata da «Le Constitutionnel» del 19 agosto (Ivi, p. 207, n. 1805).

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committente dell'opera, Giambattista Sommariva18, uomo poli-tico vicino a Napoleone, riscoperto come collezionista illumi-nato da Francis Haskell19.

Anche Les adieux de Télémaque et Eucharis (1818; fig. 3)20 trova spazio, sia a Gand sia a Bruxelles. A Gand vediamo David agire in prima persona. Il 20 maggio del 1818 scrive a Van Huffel, presidente della Società di Belle Arti, a proposito dell'esposizione dell'opera in una mostra a profitto della classe operaia: «Mais ce que, je vous avoue avec franchise, c'est que si on me fait pas une sorte de violence je ne me déciderai jamais de moi-même à vous en faire l'envoi»21. A luglio il dipinto si trova a Bruxelles, su richiesta del sindaco della città, ancora una volta nelle sale del Museo, e di nuovo a profitto degli Ospizi delle Or-soline e di San Gertrude. A marzo del 1824, David, settanta-seienne e malato, espone a Bruxelles il suo ultimo capolavoro, Mars désarmé par Vénus et les Grâces (1824; fig. 4), incassando 1349 franchi (il prezzo del biglietto ne valeva due), da quanto ci racconta suo nipote22. L'opera si trova accanto a La colère d'A-chille (1819; fig. 5), prima a Bruxelles, poi a Parigi (da maggio 1824 al 4 marzo 1825), grazie all'intercessione del figlio Eugène e di Michel Stapleaux (1799-1881). Quest'ultimo fece installare

18 Giambattista Sommariva (1760?-1826) acquistò la villa Carlotta sul lago di Como, dove si può ammirare parte della sua collezione. Il dipinto di David si trova oggi al Cleveland Museum, negli Stati Uniti. 19 F. HASKELL, An Italian Patron of Neo-classic Art, The Zaharoff Lecture for 1972, Oxford, Clarendon Press, 1972 e More about Sommariva, in «The Burlington Magazine», Vol. 114, 835 (Ottobre 1972), pp. 691-669. 20 L'opera venne commissionata dal conte Franz Schönborn-Wiesentheid e pagata 5000 franchi. 21 WILDENSTEIN, Louis David, p. 210, n. 1820. 22 DAVID, Le peintre Louis David, pp. 589-590.

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nella sala delle tende color verde oliva e uno specchio, disposi-tivo già adottato per le Sabines23. Queste mostre hanno un rela-tivo successo, anche se nessuna equipara quello avuto dalle Sa-bines al Palais National des Sciences et des Arts, che si tenne dal 21 dicembre 1799 a maggio 1805, con entrata a pagamento, e che permise all'artista di vivere agiatamente.

David, da solo o con l'aiuto di Gros, si occupa anche di vendere i quadri rimasti nell'atelier parigino, e di vendere i diritti di riproduzione delle sue opere24. Le delusioni arrivano presto, e pressoché contemporaneamente, anche dal proprio entourage, a cominciare dallo smacco subito per mano di Madame Récamier, la quale nel 1818 gli preferisce François Gérard (1770-1837) nell'esecuzione di un dipinto commemorativo di Madame de Staël, celebrante l'eroina Corinne25. David chiese diciotto mesi di lavoro e 40.000 franchi, mentre Gérard, interpellato dopo Da-vid, 18.000 franchi, e la promessa di lavorarci in minor tempo. Vedersi passare avanti un allievo, anche molto più giovane, non deve essere stato facile per David.

23 Ivi, p. 229, n. 1956. 24 SCHNAPPER, Jacques Louis David, p. 520. La storia delle esposizioni se-guite direttamente da David è ancora in gran parte da ricostruire e non senza difficoltà: ad esempio negli archivi dei Musées Royaux di Bruxelles non si trova neanche una carta relativa all'esposizione di Mars désarmé par Vénus, opera nelle collezioni dello stesso museo. Tutte le notizie relative alle mostre sono ricavate dal catalogo di Wildenstein. L'esposizione del Mars a Parigi è stata oggetto di studio di D. HARKETT, Exhibition Culture in Restoration Pa-ris, PhD dissertation, Brown University, maggio 2005, UMI, Anne Arbor 2005. 25 Sull'importanza di questa opera, considerata il primo romanzo femminile del XIX secolo, si veda l'ottimo studio di G. PACINI: Hidden Politics in Ger-maine de Staël's Corinne ou l'Italie, in «French Forum», vol. 24, 2 (maggio 1999), University of Pennsylvania Press, pp. 163-177, Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40552047.

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All'altro allievo, Antoine-Jean Gros (1771-1835), con il quale si mostra spesso severo e rigido, David affida, invece, lo studio parigino. Il rapporto tra i due è complesso. Delécluze ne parla a lungo e, tra l'altro, scrive «pendant l'exécution du Couronnement, David parla plus d'une fois de l'auteur de la Peste de Jaffa comme d'un rival qui avait ranimé sa verve et étendu le cercle de ses idées»26. David esercitava un'influenza tirannica sugli allievi e Gros, fino all'ultimo giorno di vita (terminata con il suicidio), si considerò un allievo, nonostante fosse a sua volta un maestro. David ricambia la stima ma scrive continuamente che alla pittura di Gros manca qualcosa, fino ad arrivare alla ce-lebre lettera in cui gli suggerisce di fare una vera opera storica, anche senza commissione27. David non dimentica che Les Pe-stiférés de Jaffa (1804) ricevette un'accoglienza migliore delle Sabines e del Sacré (ossia il Couronnement)28 e non dimostra apprezzamento per quell'opera napoleonica, sottolineando la sua natura non di dipinto storico ma di circostanza. Una lettera ci aiuta a vedere chiaro nel rapporto tra i due artisti:

Pour la promesse ou pour mieux, pour l'espérance que vous me donnez que nous pourrons bien vous voir en Flandre, je ne vous presserai jamais de l'ef-fectuer. Vous ne trouveriez pas en ce pays de quoi satisfaire votre curiosité. D'ailleurs, ne l'avez-vous pas vus en France, ces tableaux qui attiraient les étrangers en Belgique?

26 Louis David, p. 246. 27 Lettere del 27 dicembre 1818 (WILDENSTEIN, Louis David, p. 217, n. 1864) e del 22 giugno 1819 (Ivi, p. 219, n. 1877). 28 Il 17 novembre 1810, Montalivet, ministro dell'interno, scrisse direttamente all'Imperatore contraddicendo il responso della giuria sulla ripartizione dei premi decennali alla classe des Beaux-Arts: «Il n'est pas de l'avis du jury, le meilleur tableau français n'est pas le Sacre de David; il donne la préférence à la Peste de Jaffa de Gros». (WILDENSTEIN, David, p. 185, n. 1589). Ricor-diamo che l'opera di Gros risale al 1804.

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Produisez, mon ami, cela vaut mieux, et j'aime mieux sacrifier le plaisir que j'aurais à vous embrasser ici, au plaisir de savoir qu'il est sorti un nouveau chef-d'œuvre de votre main29.

Non è tanto l'eventuale presenza di Gros a Bruxelles

che sembra irritare David - tra l'altro l'allievo effettua un viaggio a novembre, al quale David non fa cenno nelle lettere di quel periodo che ci sono pervenute - quanto il timore che l'allievo possa rubargli la scena anche in Belgio.

Qualcosa di simile era già accaduto con Anne-Louis Giro-det (1767-1824), la cui Scène de déluge (1806) venne coronata come migliore opera storica francese nel 1810 dalla giuria creata da Napoleone nella distribuzione dei premi decennali. Si può im-maginare la reazione di David, primo pittore dell'imperatore e stimato, nonostante le vicende del passato, come il più grande artista di Francia. Napoleone annullò il concorso, ma forse Da-vid non dimenticherà l'evento.

Due donne artiste occupano un ruolo importante nella

vita di David a Bruxelles. Il rapporto con la prima, un'artista solo recentemente rivalutata, la talentuosa Sophie Rude-Frémiet (1798-1867)30 meriterebbe uno spazio adeguato e a sé. Frémiet 29 Ivi, p. 221, n. 1891. 30 Nata a Dijon da una famiglia dedita alle arti, nel 1815 per via del bonapar-tismo del padre Louis, si trasferisce a Bruxelles dove incontra David, del quale diviene l'allieva. Costui riconosce immediatamente le doti artistiche della ragazza e le affida molte copie di suoi celebri dipinti. Nel 1821 sposa a Bruxelles lo scultore Alphonse Rude (protetto dal padre), con in quale nel 1826 si stabilisce definitivamente a Parigi. Il nome della pittrice è assente sia in Delécluze Journal de Delécluze, a cura di R. BASCHET, 1824-1828, Paris, Grasset, 1948 e in Louis David, son école & son temps: souvenirs. Paris, 1855. Una prima monografia sull'artista è stata redatta solo negli ultimi anni da Monique Geiger (Sophie Rude peintre et femme de sculpteur, une vie d'ar-tiste au XIXe siècle, Dijon - Bruxelles - Paris, Société des amis des Musées de Dijon, Dijon, 2004). Mentre una mostra che ha ricostruito il legame artistico

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è una delle prime donne artiste ad ottenere riconoscimenti uffi-ciali: una delle sue opere più importanti, La belle Anthia (1820; fig. 6), dove gli influssi di La Colère sono evidenti, ottiene l'ac-cessit all'Esposizione di Gand del 182031, e permette all'artista di divenire membro dell'Accademia della città. La tela viene espo-sta anche a Bruxelles, dove non attira un pubblico numeroso, an-che se viene acquistata immediatamente da un privato, M. Bor-tier32. L'operato di Sophie Frémiet e del marito, lo scultore Fra-nçois Rude (1744-1855), in Belgio, subirà una rapida damnatio memoriae33, tanto che nessuno dei due farà parte del comitato per le esequie a David né della commissione per l'erezione di un monumento in suo onore! In una lettera Sophie scrive che non aveva mai parlato della rottura con David perché «il y a des détails qui ne peuvent s'écrire»34.

L'altra artista è Charlotte Bonaparte (1802-1834). Ni-pote di Napoleone, figlia del fratello Joseph e di Julie Clary, Charlotte si trova in Belgio tra il 1820 e il 182135. Meno dotata con il marito François Rude e con il milieu brussellese risale al 2012 (Fra-nçois et Sophie Rude, un couple d'artistes au XIXe siècle, citoyens de la Li-berté, Dijon, Musée des Beaux-Arts, Musée Rude et à la Nef, 12 ottobre 2012 - 28 gennaio 2013, a cura di S. Jugie, Paris, Simogy Editions d'art, 2012). Era artista anche la sorella Véronique, che sposerà Henri Van der Haert (1790-1846), pittore, incisore e scultore originario di Leuven. 31 A. LIEVIN, M. DE BAEST, Annales du salon de Gand et de l'école moderne des Pays-Bas: Recueil de morceaux choisis parmi les ouvrages de peinture, sculpture, architecture et gravure, exposés au Musée en 1820, P. F. de Goe-sin-Verhaeghe, 1823, p. 46. 32 A. JACOBS, Les rapports du couple Rude-Frémiet avec le milieu artistique belge (1815-1829), in François et Sophie Rude, p. 60. 33 Ivi, pp. 62-63. 34 Lettera a Céline Moyne del 4 febbraio del 1823 in WILDENSTEIN, p. 227, n. 1939. 35 Julie Clary (1802-1839) va in esilio a Francoforte ma chiede a Guglielmo I di poter risiedere a Bruxelles, costui concede il permesso nell'agosto del 1820. La città tedesca era per la figlia Charlotte «insupportable» (lettera di

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della Frémiet, gode comunque della stima del maestro, il quale ricorda la delicatezza della sua figura e delle sue opere, princi-palmente acquerelli. Charlotte parla di Bruxelles come di una città accogliente e vivace culturalmente, e apprezza la quantità di esuli francesi36. David realizza per lei e la sorella Zénaïde un noto ritratto (di cui esistono tre versioni), che la critica ha sempre visto come eccessivamente rigido, ma che recentemente è stato letto sotto una luce nuova, connessa alla tematica dell'esilio, dove si intrecciano autore, soggetto, committente e destinatario della lettera in mano alle donne ritratte37.

Charlotte Bonaparte a Charlotte Boulay de la Meurthe, Francfort, 25 mai 1820, Roma, Museo Napoleonico, MN 10328/3, pubblicata in G. GORGONE, Charlotte Bonaparte, une vie en fuite, Portrait à la pointe de la plume d'une princesse romantique, in Charlotte Bonaparte 1802-1839, une princesse ar-tiste, catalogo della mostra, Roma, Museo Napoleonico, 4 febbraio - 30 mag-gio 2010; Isola d'Elba, Museo Nazionale delle Residenze Napoleoniche, 15 giugno - 30 settembre 2010; Musée National des chateâux de Malmaison et Bois-Préau, 19 ottobre - 10 gennaio 2011, a cura di G. Gorgone - M. E. Tittoni Paris, Rmn, 2010, p. 14 dell'edizione francese). 36 Dalle Memorie di Mathilde Bonaparte risulta che in realtà Julie e le figlie conducevano una vita molto ritirata (Souvenirs des années d'exil, in «Revue des Deux Mondes», t. XLII, 15 décembre 1927, p. 740). 37 Scrive Marco Pupillo: «Tema principale del dipinto, spesso frainteso, è quello dell’esilio, dolorosa condizione che accomuna il pittore con le due ri-trattate e con la committente dell’opera. Nella composizione viene evocato anche l’esilio di Joseph, autentico convitato di pietra, che era emigrato negli Stati Uniti al termine della parabola napoleonica. Le sorelle Bonaparte si fanno vicine l’una all’altra sul divano per poter meglio leggere la lettera che il padre ha inviato loro da Philadelphia (sulla missiva è leggibile tanto il nome della città, quanto l’affettuoso indirizzo alle figlie). In questo senso il senso di disagio trasmesso dal loro sguardo smarrito è un effetto voluto dal pittore che vuole così certificare lo spaesamento delle due principesse, da intendersi in senso letterale, innanzitutto, come stato oggettivo di chi ha perso la possi-bilità di abitare nella propria patria e in secondo luogo come quella condi-zione psicologica che ne è diretta conseguenza» (Alla scuola di Jacques-

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Una visita, forse inaspettata, raggiunge David il 16 no-vembre del 1820. Anche Théodore Géricault (1791-1824), più giovane di quarantatré anni e apparentemente agli antipodi di David, subisce il fascino del maestro. L'artista romantico è inte-ressato principalmente ai disegni e non è certo un caso se, come è stato scritto, i noti studi degli alienati seguono il soggiorno a Bruxelles38: David realizza numerosi studi di teste e di fisiogno-mica in Belgio.

Questo sembra essere l'ultimo evento di rilievo per l'ar-tista: tra il 1819 e il 1820 lo immaginiamo sempre più deluso, amareggiato e isolato. Dipinge pochissimo e anche la scrittura rallenta39. Si sente tradito dai suoi allievi, e la vena romantica, il neo-medievalismo, la moda trobadour, la rappresentazione degli stati dell'anima, trovano presso l'ormai anziano artista, una ac-cesa forma di resistenza. Sente che i suoi insegnamenti vengono disattesi. E quando inizia a dipingere Mars è un artista dimenti-cato e da dimenticare.

Louis David: le poetiche dell’esilio, in Charlotte Bonaparte 1802-1839, une princesse artiste, p. 58 dell'edizione italiana del catalogo). 38 D. JOHNSON, Jacques-Louis David. Art in Metamorphosis, Princeton, Prin-ceton University Press, 1993, p. 235. 39 Inizia a soffrire di reumatismi come scrive a Gros il primo aprile del 1819 (WILDESTEIN, Louis David, p. 221, n. 1890).

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Estetica dell'esilio

1) Le metamorfosi del Neoclassicismo

David est un composé singulier de réalisme et d'idéal Eugène Delacroix40

Quelquechose de tendre et poignante à la fois

Charles Baudelaire41 Jacques-Louis David ha attraversato ascesa, apogeo e

declino del Neoclassicismo. Già come pittore di Napoleone ini-zia a cambiare stile e a porre una serie di interrogativi che rag-giungeranno l'acme a Bruxelles.

David studiava in modo maniacale l'antico e parlava spesso dell'esigenza di trasporre grazia e leggerezza, non tanto al fine di rendere esteticamente il «bello», quanto per un'esi-genza morale di verità. Furono i romantici a chiamarlo «clas-sico», nel senso dispregiativo del termine, ossia falso, ritenendo la sua arte qualcosa di finto, di ricalcato su altro, di poco origi-nale. Senza addentrarci in questioni più grandi di questo saggio, ci limitiamo ad alcune considerazioni relative all'estetica dell'ar-tista. Egli è anti-winckelmanniano, non vede gli antichi come fonte di una nuova religione, e forse non è il solo, visto ciò che già Hugh Honour scrisse relativamente all'eredità del tedesco presso gli artisti plastici42. L'assunto winckelmanniano, divenuto

40 E. DELACROIX, Journal, 22 février 1860, Paris 1980, p. 767 [1a ed. Paris 1893]. 41 Scrisse Baudelaire a proposito de La mort de Marat (1795) in Le Musée classique du Bazar Bonne-Nouvelle, 1846. 42 «Winckelmann's direct influence was probably stronger on writers and pa-trons than artists. It is felt even in the writings of some who were violently opposed to his beliefs.», H. HONOUR, Neo-classicism: style and civilisation, London, Penguin Books, 1968, p. 61.

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Leitmotiv del Neoclassicismo, «eine edle Einfalt und eine stille Grösse»43, nobile semplicità e quieta grandezza, è solo tangente all'idealismo di David. Egli appare più interessato agli ideali di eroismo e di crescita spirituale che a rappresentare una nostal-gica calma. Delécluze riporta il seguente ricordo e ci restituisce l'idea di Neoclassicismo presso David, all'epoca di Le Sabine:

Je veux faire du grec pur; je me nourris les yeux des statues antiques, j'ai l'intention même d'en imiter quelques-unes. Les Grecs ne se faisaient nulle-ment scrupule de reproduire une composition, un mouvement, un type, déjà reçus et employés. Ils mettaient tous leurs soins, tout leur art, à perfectionner une idée que l'on avait eue avant eux. Ils pensaient, et ils avaient raison, que l'idée dans les arts est bien plus dans la manière dont on la rend, dont on l'exprime, que dans l'idée elle-même. Donner une apparence, une forme par-faite à sa pensée, c'est être artiste; on ne l'est que par là. Enfin je fais de mon mieux, et j'espère arriver à mes fins44.

Delle opere realizzate a Bruxelles, David, invece,

scrive: «Si j'en crois ce que l'on ne cesse de me répéter, jamais je n'aurais fait de meilleurs ouvrages et plus décidemment [sic] dans le goût simple et énergique de l'antique Grèce»45. Gusto semplice ed energico. Ma non sono forse due termini antitetici?

Dall'analisi del catalogo ragionato dei disegni risulta una passione per l'arte romana classica e per la pittura italiana rinascimentale e manierista e un interesse vago per il Partenone e per l'Ellenismo. Queste notizie ci informano di un fatto non trascurabile, il concetto davidiano di semplicità non corrisponde 43 Ricordiamo che si è appena celebrato il quarto centenario della nascita di Joachim Winckelmann (9 dicembre 1717- 8 giugno 1768) e che Napoli gli ha dedicato un convegno dal titolo Winckelmann e l’archeologia a Napoli, all'U-niversità L'Orientale (1 marzo 2017). 44 DELÉCLUZE, Louis David, p. 61. 45 Lettera al figlio Jules, 1 gennaio 1819 (WILDENSTEIN, Louis David, pp. 212-213, n. 1841).

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a quello di razionalità che siamo soliti associare all'Illuminismo né a quello neoclassico tout court, se l'artista considera le proprie tele belghe pervase dello spirito dell'antica Grecia.

All'immediatezza del proprio messaggio, David ante-pone una stratificazione, una pluralità di letture e una continua sperimentazione, che gli è stata riconosciuta solo recente-mente46, e alla quale dobbiamo rivolgerci per analizzare le sue ultime opere. In questo senso, come è stato suggerito da Schnap-per, David, volendo educare con il sentimento e con lo sguardo, raccoglie l'eredità dell'estetica del Laocoonte di Lessing, che ha liberato le arti visive dal motto ut pictura poesis47. Sulla stratifi-cazione dobbiamo interpellare anche il pensiero massonico, al quale David era vicino48 e al quale in questa sede facciamo dei rapidi rimandi. Scrive Boime:

Les références maçonniques dans l'œuvre de David démontrent que l'artiste structurait sa pensée autour d'un ensemble de codes, qui avaient pour but de toucher des groupes différents. Par l'intermédiaire de signes maçonniques, il s'adresse bien sûr à un public d'initiés, mais il ne s'en tient pas là, puisqu'en

46 Johnson parla di sperimentazione, esplorazione, innovazione come tratti comuni all'ultima fase dell'artista (D. JOHNSON, Jacques-Louis David. Art in Metamorphosis, Princeton, Princeton University Press, 1993, p. 222). 47 «À l'époque des Lumières, que domine le sensualisme philosophique, Da-vid ambitionne d'éduquer le peuple par le regard et par le sentiment. Il faut donc résister à la tentation d'extraire du Marat, ou des Sabines un quelconque texte-programme codé par le peintre. L'image véhicule ici une pensée qui s'é-labore en elle, selon ses modalités spécifiques. Elle est image dans les deux sens du terme: représentation visuelle, et métaphore prégnante» (A. SCHNAP-PER, David, La politique et la révolution, Paris, Gallimard, 2013, p. 12). 48 Albert Boime ha trovato un documento attestante la partecipazione di Da-vid alla loggia della Modération (1787), discusso nel saggio Les thèmes du serment, David et la Franc-maçonnerie in David contre David, actes du col-loque au Musée du Louvre, 6-10 dicembre 1989, a cura di R. Michel, Paris, La documentation française, 1993, t. I, pp. 259-291.

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donnant à ces signes une coloration universelle, il parvient à élargir son pu-blic. Cette méthode rappelle les messages à double portée de ses œuvres néo-classiques, qui s'adressaient aussi à plusieurs publics à la fois49.

Queste intuizioni andrebbero approfondite con mag-

giori testimonianze alla mano, tuttavia, troviamo incredibile che lo studioso non accenni neanche di sfuggita all'esilio dell'artista e a un eventuale interessamento per la massoneria in Belgio, che era ben presente già all'epoca. Al ruolo dell'atelier di David nella genesi di una complessa rete di stili che ancor oggi non è chiarita hanno accennato fino ad ora Levitine50 e Bordes51, sottolineando come ci sia una tendenza negli studi recenti a focalizzarsi sulle relazioni, gli scambi, mettendo da parte le questioni più squisi-tamente stilistiche.

Quale era dunque l'idea di classicità che aveva a mente David durante l'esilio brussellese? Non è possibile definirlo con precisione. Sebbene parlasse di energia, i panneggi sono rigidi, le ambientazioni claustrofobiche, la pittura è magistrale, ma non ha richiami immediati, vuole piuttosto diventare essa stessa un modello. E una nostalgia, ma non ben definita, aleggia sui suoi 49 Ivi, p. 280. 50 G. LEVITINE, The Dawn of Bohemianism. The “Barbu” Rebellion and Pri-mitivism in Neoclassical France, University Park and London, Pennsylvania State University Press, 1978 (trad. it. All'alba della Bohème, Carocci, Roma, 1985). 51 «L’histoire de l’atelier de David ici esquissée reste largement à écrire. Non pas celle, morcelée, des quelque quatre cents artistes ayant profité de ses leçons, mais celle du rôle déterminant de cette institution dans une construc-tion historique de l’art entre 1780 et 1820 en phase avec les termes des con-temporains. Cette histoire n’opposerait plus classicisme, romantisme et réali-sme, mais transcenderait le principe réducteur d’une succession de styles et parviendrait à tenir compte de l’ensemble des forces contradictoires qui s’exercent sur les créations», P. BORDES, Jacques-Louis David et ses élèves: les stratégies de l’atelier, in «Perspective», INHA, 1 giugno 2014, pp. 99-112; p. 109.

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lavori. L'antichità non può tornare52, siamo lontani dalle utopie del XVIII secolo e dalla nostalgia proto-romantica. David si trova a fare i conti con il proprio passato, che non rinnegherà mai, e a proiettarsi nel futuro, nonostante la tarda età. La perce-zione a tratti proto-surrealista che abbiamo di alcuni lavori nasce direttamente da tutto questo. L'esilio segna il momento della cat-tività, ma al contempo della libertà da vincoli e da committenti, la mente e il pennello possono scorrere senza sosta, e i messaggi si fanno via via più complessi.

2) Il pastiche italiano dell'esilio

Les adieux de Télémaque et Eucharis, La colère d'A-

chille, e Mars désarmé par Vénus et les Grâces sono i capolavori realizzati da David a Bruxelles. L'artista abbandona la storia ro-mana e quella contemporanea, così come la politica tout court, per dedicarsi al mito.

Il ricorso alla mitologia può essere interpretato come un forma di resistenza da parte dell'artista53, un'espressione di di-stacco, più che di evasione, una via per traslare la memoria, che porta con sé una serie di scelte stilistiche. La critica ha parlato di decadenza, di manierismo e anche di «acquired taste»54, di «re-laxed pictorial standards» e di desiderio di compiacere un nuovo pubblico; riteniamo, invece, che David stesse utilizzando un lin-guaggio che abbiamo appena iniziato a comprendere, dove l'arte italiana, in particolare del tardo Rinascimento, occupa un ruolo importante.

52 Cfr. LUZZATO, Mémoire de la Terreur. 53 Come già intuito da PADIYAR, Last words, § 18. 54 A. BROOKNER, Jacques-Louis David, London, Chatto & Windus, 1980, p. 181.

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Già in Amour et Psyché (1817)55 l'artista realizza un pa-stiche di Giorgione, Tiziano, Giulio Romano e Caravaggio (di Amor vincitor in particolare)56. In altri lavori, numerosi sono i modelli italiani anche per la messa in campo di quella «proximité insistante» di cui parla Kohle57, non solo dipinti barocchi, ma anche opere di autori meno noti all'epoca come Lorenzo Lotto, ai quali l'artista guarda anche per l'uso dei colori accesi, si pensi ad esempio alle Nozze Mistiche di Santa Caterina d'Alessandria e Santi di Palazzo Barberini (1524; fig. 7). David potrebbe avere a mente anche Paris Bordone, come già intuito da Bordes58 a proposito della ripresa di immagini di coppie in pose languide, anche se lo studioso non cita L'allegoria con amanti (1550; fig. 8) né Marte toglie l'arco a Cupido (1540-1550; fig. 9), entrambi a Vienna, sui quali torneremo.

Il primo artista che rapisce David nel suo viaggio in Ita-lia nel 1775 è Correggio: «voyant les ouvrages de Corrège, je me trouvais déjà ébranlé; à Bologne je commençai à faire de tristes reflexions [sic], à Florence je fus convaincu, mais à Rome je fus

55 D. JOHNSON parla di volontà di complessità da parte di David: «David re-jected the neoclassical formula of the idealizing figure and chose instead to depict an anticlassical god of love because he wanted to add greater comple-xity and subtlety to his interpretation of the myth, which, although inspired by Apuleius and La Fontaine, can only be understood on its own pictorial terms», Jacques-Louis David. Art in Metamorphosis, p. 252. 56 H.S. FRANCIS, Jacques-Louis David, “Cupid and Psyche”, in «The Bullet-tin of the Cleveland Museum of Art», febbraio 1963, p. 31. Una lettera del 22 maggio di Madame David ci permette di fissare una data post-quem (lettera di M. Giroust, Bibliothèque de l'École des Beaux-Arts, Paris, Ms. 319, n. 18, cit. in WILDENSTEIN, Louis David, n. 1801, p. 207. Sull'opera si veda anche M. VIDAL, With a Pretty Whisper: Deception and Transformation in David’s 'Cupid and Psyche' and Apuleius’s 'Metamorphoses', in «Art History», vol. 22, 2 (1999), pp. 214-243. 57 KOHLE, Arts et société, p. 58. 58 BORDES, David, Empire to Exile, p. 248.

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honteux de mon ignorance»59. E a Correggio tornerà spesso per le sue composizioni belghe, più che a Rubens, o tantomeno, ai primitivi fiamminghi, come è stato ripetuto, spesso in modo in-fondato. Non basta l'uso del rosso o l'impasto ricco della pittura a confermare un vero scambio culturale, David sicuramente guarda ai capolavori fiamminghi (che in parte vide già in Fran-cia), ma porta con sé tutto un bagaglio di arte italiana con il quale si trova a dialogare.

Dimostra una propria stravaganza, preferendo Giulio Romano, e altri artisti manieristi, a Raffaello e a Michelangelo60, ha ben presente l'affresco di Mantova e si confronta più volte con esso: prima di questo articolo non è stata notata la curiosa posi-zione del piede sinistro di Amore in Amour et Psyché, che è come incastrato nel lenzuolo, in un modo che ricorda, con i do-vuti distinguo, il cagnolino dell'opera dell'artista italiano (figg. 10 e 11). A Wicar David scrive: «Oh Mantue! Mantue! Que tu m'est chère, je tamais [sic] parce que tu as donné la naissance à Virgile, je t'aimais parce que tu renfermes dans tes murs les chefs-d'œuvre de Jules Romain, je t'adore aujourd'hui»61. Non si 59 David citato in BROOKNER, Jacques-Louis David, p. 196. Delécluze scrive: «Il paraît que les premiers ouvrages qui ébranlèrent et détruisirent même ses préjugés à cet égard, furent les peintures dont Corrège a orné la coupole de la cathédrale de Parme. David tomba dans une espèce d'enivrement à l'aspect de ces peintures, à ce point même que Vien fut obligé de calmer son enthou-siasme en lui conseillant d'attendre qu'il fût arrivé à Rome, pour faire encore quelques comparaisons avant de fixer son admiration d'une manière aussi ex-clusive» (DELÉCLUZE, Louis David, p. 111). 60 «However many times David may invoke the name of Raphael, he remains fundamentally in closer touch with painters in whom perfect balance is not achieved. It is in any case the Raphael of the Transfiguration and the Fire in the Borgo who most appeals to him and later in life he was to confess that he had a weakness for Giulio Romano» (BROOKNER, Jacques-Louis David, p. 57). 61 Lettera a J.B. Wicar, 18 febbraio 1808, Paris, Fondation Custodia, coll. Frits Lugt, inv. J 5541.

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tratta di una lettera dall'esilio, tuttavia uno studio analitico della stessa ci informa dell'umor malinconico di David. Nomina Man-tova all'improvviso, apparentemente senza un collegamento con le frasi precedenti, perché sta parlando della mostra del Couron-nement, del successo ricevuto, della difficoltà di incontrare l'Im-peratore, e di suo figlio, che non riceveva aiuto da Roma dal go-verno, e poi aggiunge «il ne fait rien non plus pour moi», «beau-coup de gloire», ma «rien de profit». Probabilmente Wicar, che sappiamo attivo a Mantova, si trova in città in quel momento (è in Italia già dal 1800), e David si lascia andare alla malinconia dei ricordi, dimostrando che la lezione di Giulio Romano era an-cora viva.

3) Epoché e modération

Il poeta Joseph Brodskij (1940-1996) ci ha lasciato pro-

fonde riflessioni sulla condizione interiore dell'esiliato, l'uomo e il letterato:

Per uno che fa il mio mestiere la condizione che chiamiamo esilio è, prima di tutto, un evento linguistico: a uno buttato fuori dalla lingua non resta che ri-tirarsi in essa. Quella che era, per così dire, la sua spada, diventa il suo scudo, la sua capsula. Quella che all’inizio era una liaison privata, intima, col lin-guaggio, in esilio diventa destino – prima ancora di diventare un’ossessione o un dovere62.

Sebbene la pittura di David sia tutt'altro che privata e

dunque il parallelo tra la poesia di Brodskij e il suo lavoro possa apparire forzata, riteniamo che anche presso l'artista francese, negli ultimi anni, ci sia un ritrarsi e un sospendersi. David ha 62 I. BRODSKIJ, Dall’esilio, trad. it. di G. Forti - G. Buttafava, Milano, Adel-phi, 1988, pp. 32-33 (ed. or. Sostojanie, kotoroe my nazyvaem izgnaniem in Id., Sobranie sočinenij v 7 tomach, vol. VI, p. 93). Ringrazio Olga Truckha-nova, esperta del poeta e attenta studiosa, per le segnalazioni su Brodskij.

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abbandonato la sua spada come Marte nel dipinto omonimo o non sa se mettervi mano come Achille nel dipinto del Kimbell Museum? Ma procediamo con ordine.

La colère d'Achille è realizzato nel 1819, anche se De-lécluze lo postdata a novembre 1825, quando riporta le parole pronunciate dall'artista, appena ripresosi da una malattia alla mano: «Je rajeunis, je vais me remettre à peindre»63. Si tratta di un'opera stravagante, il confronto tra Achille e Agamennone non avviene nel primo canto dell'Iliade ma nella Iphigénie di Racine (atto IV, scena VI), ma senza la presenza di Ifigenia e di Clitem-nestra. Una lettera di David recentemente scoperta aiuta a chia-rire l'iconografia del dipinto, l'artista vi precisa che nella mostra a Gand vuole che sotto l'opera si scriva: «le peintre a choisi l'in-stant où Achille s'oppose à Agamemnon au moment qu'il conduit sa fille Iphigénie pour être immolée. Cette fureur d'Achille su-spend les larmes de Clytemnestre, et luis fait entrevoir une lueur d'espérance en faveur de sa fille»64. David evita narratività di tipo letterario, soffermandosi sull'autoreferenzialità del dipinto, inteso come composizione bilanciata e riflettuta di schemi lineari e organizzazione cromatica.

Forse David trasla dei contenuti, ossia rappresenta un tema, in modo rivisitato, ma sta parlando di altro. Il controllo che pervade l'opera potrebbe essere, ad esempio, una riflessione con-dotta dall'artista sul timore di impazzire, come Achille quando si trova a trascinare il corpo di Ettore, altra storia che non è narrata, ma evocata dalla presenza dell'eroe. La circolarità degli sguardi suggerisce un senso di smarrimento e di sospensione, da Aga-mennone si passa ad Achille e Clitemnestra mentre Ifigenia guarda altrove e non è neanche oggetto di osservazione. Difficile

63 DELÉCLUZE, Louis David, p. 375. 64 Lettera a M. Van Guffel, Bruxelles, 24 Luglio 1819, coll. privata, pubbli-cata in David after David, p. 136, nota 31.

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pensare a un'identificazione con uno di questi personaggi e non è necessario far notare la drammaticità della scena, nonostante la fissità degli sguardi di Achille e di Ifigenia. Per quest'ultima si è parlato di derivazione botticelliana e, dunque di un proto-preraffaellismo, non si è detto però da quale opera derivi. Pen-siamo che la Pallade con centauro (1482; fig. 12) costituisca il modello più prossimo.

Nonostante l'iconologia dell'opera sia da sempre di-scussa, nel gesto della donna (che sia Pallade o meno) inflitto al centauro si riconosce quasi all'unanimità un invito alla prudenza e alla moderazione, alla saggezza. Non era la loggia alla quale apparteneva David proprio quella della Moderazione?65

In questa direzione, persino incastrata, quasi prigio-niera a livello compositivo e prospettico, Ifigenia ha un ruolo centrale nell'opera e potrebbe appartenere a tutta una serie di ri-tratti femminili realizzati da David in momenti molto distanti, come il disegno La Douleur (1773), e i dipinti La Vestale (1787), la Psyché abandonnée (1795?; fig. 13)66, tutti legati a un'estetica del dolore, ma forse anche al pensiero massonico, sul quale sa-rebbe interessante ritornare. Infine, David ha scritto che la rabbia di Achille «suspend» le lacrime di Clitemnestra, dunque al con-trollo aggiunge la sospensione, l'epoché.

Veniamo ora al Mars, uno dei rari dipinti di David

senza committente. L'opera è stata oggetto recente di un interes-

65 Infra, nota 48. 66 Sui legami tra La Vestale e La Psyché si veda L'antiquité rêvée, innovations et résistances au XVIIIe siècle, catalogo della mostra, Paris, Musée du Louvre, 2 dicembre 2010 - 14 febbraio 2011; Houston, Museum of Fine Arts, 20 marzo -30 maggio 2011, a cura di G. Faroult, C. Leribault, G. Scherf, Paris, Gallimard, 2010.

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sante articolo di Satish Padiyar, con il quale vogliamo confron-tarci. Padiyar parla di «Claritas», «aesthetic of transparency»67 e di richiami a Boucher mescolati a un'etica «trasparente» del Neoclassicismo68. Secondo lo studioso il dipinto sigillerebbe un ritorno alle radici, prima della scoperta dell'arte greca e romana. Non condividiamo questa lettura, sia perché il dipinto è ambiguo e complesso ma anche perché è necessario tener conto dei nu-merosi rimandi all'arte italiana, mentre nell'articolo è menzio-nato solo Raffaello. Le nuvole sarebbero un ritorno alla pittura rococò degli esordi e al maestro François Boucher (1703-1770); crediamo, invece che rimandino agli affreschi di Giulio Romano a Mantova e alla pittura di Correggio, anticipatrice del Barocco, ancor prima che del rococò, artisti che David apprezzava69. Sono anche un omaggio all'allievo J.A. Dominique Ingres (1780-1867): così come il nudo potrebbe essere un richiamo a La Grande odalisque (1814; fig. 14), anche se non si hanno prove di una diretta visione da parte di David, perché l'opera sarà espo-sta per la prima volta al Salon solo nel 1819, le nubi potrebbero derivare da Jupiter et Thétis (1811; fig. 15). L'opera di Ingres potrebbe costituire il trait d'union tra Mars e Achille. Un contatto con Jupiter et Thétis di Ingres per quanto riguarda Mars è stato presto notato, ma non ci risulta che qualcuno si sia soffermato sul fatto che Teti era la madre di Achille. Sicuramente David ha guardato anche alla sua allieva prediletta, Sophie Frémiet e al suo La mort de Cenchrée (1824; fig. 16), esposto al Salon di Gand nel 1824.

La lettura psicoanalitica di Padyar, secondo la quale David metterebbe in campo una politica di genere, è più convin-cente. Dopo una dissezione del dipinto, di tipo più analitico che

67 PADIYAR, Last words, § 5. 68 Ivi, § 21. 69 Infra, nota 95.

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filologico, scrive: «In David's Mars disarmed there is no conso-latory embrace, and the hero is frozen in unyielding isolation»70. Venere non lo seduce, secondo l'iconografia classica, è, invece, distante, e i riferimenti fallici, spade, lance, ecc., rimandano ad un altrove al di fuori del dipinto, mentre Marte sembra implicare un'astensione. Emozioni connesse alla morte sono ugualmente evocate. Ci colleghiamo a questa lettura per aggiungere che oltre all'astensione è presente un'epoché, una forma di sospensione del giudizio, del pensiero e dell'azione (come in La colère). Tutto si muove ma tutto rimane fermo, e quello che ancor oggi ci lascia interdetti è la volontà di fare tabula rasa ma allo stesso tempo di riempire di citazioni, di storie e di ricordi. Gli attributi delle sin-gole figure appaiono svuotati, così come alcuni elementi, come le colombe o l'architettura sullo sfondo. Siamo nel trionfo e nella morte del Classicismo.

Anche la varietà, barocca, delle posizioni e la predomi-nanza degli elementi obliqui è un fattore su cui soffermarsi. Con-frontiamo Mars con Sapho, Phaon et l'Amour (1809; fig. 17)71, dove gli elementi verticali sono a dir poco ridondanti. A partire dalla colonna a sinistra, alla quale fanno da pendant i due alberi, fino all'ultima colonna, passando per la cetra, la lancia, e così via. Saffo appare come bloccata, non libera, come saranno Ifige-nia e altre figure femminili di David. Nonostante la sensualità del tema, l'artista intromette una qualche forma di moralità, di

70 PADIYAR, Last words, § 34. 71 Il dipinto venne commissionato dal principe Nicolas Borissovitch Yousso-poff (1750-1831) nel 1808 per 12.000 franchi. Nel XIX secolo in pochi eb-bero occasione di vederlo. Resta nel castello d'Arkhangelskoïe. Nel 1917 è preso dai sovietici e collocato al Museo Puskin. Nel 1925 è trasferito all'Er-mitage di San Pietroburgo.

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pudore, di castigatezza quasi. Questa sovrabbondanza di ele-menti retorici è stata letta come debolezza72. Interessante che il dipinto, sebbene sia del 1809, venga incluso da Pinelli tra le sue opere tarde, significa aver compreso che già in Francia David stava accennando a un nuovo percorso.

In Mars, se si esclude il tempietto immaginario sullo sfondo, è pressoché assente la linea verticale. L'uso delle diago-nali è stato estratto dall'Allegoria dei vizi (1531; fig. 18) di Cor-reggio e dalla pittura veneta, soprattutto di Paris Bordone, dalle opere già citate73, alle quali aggiungiamo Venere e Marte con Cupido della Galleria Doria Pamphili (1559-1560; fig. 20) con le quali David condivide uno stesso spirito, lo spirito non tanto dello spaesamento, che potrebbe attribuirsi più naturalmente alla condizione dell'esilio, ma quello della sospensione, dell'epoché, e della ricerca della moderazione. In particolare nel dipinto di Vienna, Venere è apatica, quasi anemica, così come lo sono i personaggi di Mars ma anche de La colère. Un accostamento, inedito finora, tra Ifigenia di La Colère e la Venere della Galleria Doria Pamphili, ci permette di notare le affinità tra le due donne,

72 «Cette description quelque peu compliquée fait clairement comprendre que, cette fois, David a peut-être trop compté sur son proverbial talent de metteur en scène, concentrant dans le tableau une accumulation de situations et de sentiments trop complexes et abusant, en outre, d'expédients pour dis-poser les protagonistes de manière à ce qu'ils regardent directement le spec-tateur. Cela a certainement nui à la lecture de l'œuvre et donc à son effet glo-bal. À cela s'ajoute la mièvrerie des poses et des expressions qui empêche d'apprécier pleinement une toile pourtant admirable par la splendeur des cou-leurs et l'élégance des détails. Mais cette surabondance d'effets rhétoriques et de maîtrise technique est sans doute le talon d'Achille de ce tableau et, en fin de compte, de toutes les dernières œuvres, pourtant remarquable de David», A. PINELLI, David, Milano, Five Continents, 2004, p. 44. 73 Infra, p. 95.

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sebbene castissima la prima e decisamente più sensuale la se-conda. Le espressioni sono intraducibili, quasi muti i personaggi. In David si va oltre, e l'anti-narrazione si fa più evidente.

In Mars non si può parlare esattamente di un disarmo, non abbiamo un'azione diretta da parte delle Grazie e neanche da parte di Venere. C'è una sospensione, un'insinuazione del dubbio. Se non conoscessimo il titolo non potremmo arrivare a intuire il soggetto. Anche Cupido ha deposto le armi, Marte sem-bra arrendersi spontaneamente74.

Anche in Les adieux de Télémaque et Eucharis (1818) le linee curve sono predominanti, ma più controllate. David scrisse di aver concepito l'opera come pendant della Psyché75, unanimemente interpretata come Amour et Psyché. La storia era diffusa dal tempo di Luigi XIV, quando Fénelon scrisse Les aventures de Télémaque (1699) per l'educazione del nipote del re. Il libro era considerato un manifesto antiassolutismo ed era molto citato dai filosofi illuministi, un inno alla moderazione. Di nuovo rinveniamo la presenza, diretta o evocata, della modera-zione. Corrisponde forse alla pace che l'artista cercava a Bruxel-les e che secondo alcuni aveva trovato, insieme all'indipen-denza76, e che forse ha sempre desiderato a partire dalla sua ade-sione alla loggia massonica omonima?

74 Johnson fa un confronto con Amour et Psyché. In Mars, la Venere sembra riscattarsi rispetto alla Psiche dell'omonimo dipinto, che appare, piuttosto, come schiava di Faone. Amore la vuole limitata all'esistenza terrena e quindi la relega ad essere un mostro (Jacques-Louis David. Art in Metamorphosis, p. 253). 75 Lettera a Ignace Van Brée, 20 ottobre 1817 (WILDENSTEIN, p. 209, n. 1808). 76 «Contre l'ordinaire, la vie de David a mieux fini qu'elle n'avait commencé, et l'on serait tenté de croire que la peine de l'exil, si terrible ordinairement pour les hommes, devait donner à celui-ci un calme d'esprit, une justesse de jugement et une fermeté de résolution qu'il n'avait jamais montrées aupara-

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Riteniamo che ci siano ulteriori studi da realizzare sul pensiero dell'artista francese, soprattutto a causa della comples-sità del suo percorso e della sua arte. Elementi come equilibrio, controllo ma anche esitazione, assenza, sono tutti tenuti insieme nelle grandi opere finali.

Conclusioni

La produzione di David è segnata da esercizio e speri-

mentazione continui, che negli anni dell'esilio si fanno più in-tensi. Come si è visto, l'analisi della sua condizione di esiliato non è completamente chiara, così come i legami con gli allievi e con le istituzioni in Belgio.

La lettura dei singoli lavori si presenta scontata solo a un rapido sguardo. Tutti sono, invece, indizi di una condizione nuova per David, dove una poetica dell'esitazione e della sospen-sione entrano in gioco e dove l'arte italiana ha un peso notevole, più di quella fiamminga. In questo, David ha dimostrato di essere un artista complesso, ancora in grado di dialogare con la poste-rità. Ci auguriamo che questo articolo apra a nuove interpreta-zioni dei lavori belgi e che nuove ricerche si possano effettuare in merito alla rete sociale dell'artista e ai meccanismi espositivi dei suoi lavori. Riteniamo che ci siano ulteriori studi da effet-tuare sugli scambi, in particolare, con Sophie Frémiet. Insieme al marito e a Henri Van der Haert, futuro marito della sorella di lei, Véronique, essi lavorarono ai fregi del Pavillon de chasse de Tervueren nel 1823, noto soltanto da alcuni disegni e moulages, poiché venne completamente distrutto da un incendio nel 1879. La decorazione prevedeva un ciclo dedicato alla vita di Achille

vant. Relativement à sa satisfaction intérieure d'artiste, peut-être n'a-t-il ja-mais exercé la peinture avec plus d'indépendance et d'agrément qu'à Bruxelles» (DELECLUZE, Louis David, p. 371).

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e sarebbe utile capire se si può parlare di una derivazione da Da-vid e fare un confronto tra La colère, di tipo stilistico ma anche allegorico (nel caso del pavillon la decorazione era volta ad esal-tare i valori morali del re Guglielmo). Anche il rapporto con Gé-ricault andrebbe rivisto: Johnson parla di «Panoply of emotions and ideas»77 e non di semplici studi di espressione, relativamente alle teste disegnate da David a Bruxelles. Studi di psicologia po-trebbero fornire in questa direzione un ausilio importante, for-nendo una chiave di lettura per i volti di David, contribuendo allo studio dell'estetica dell'esilio presso l'artista, che in questo articolo abbiamo appena abbozzato.

77 Jacques-Louis David. Art in Metamorphosis, p. 234.

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Figure

Figura 1, Lettera di David a sua moglie, 29 ottobre 1825, © Fondation Custodia, Collection Frits Lugt, Paris

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Figura 2, Jacques-Louis David, Amour et Psyché, 1817, Museum of Contemporary Art, Cleveland

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Figura 3, Jacques-Louis David, Les adieux de Télémaque et Eucharis, 1818, The Paul Getty Museum, Malibu

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Figura 4, Jacques-Louis David, Mars désarmé par Venus et les Grâces, Musée Royaux des Beaux-Arts de Belgique, Bruxelles

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Figura 5, Jacques-Louis David, The Anger of Achilles, 1819, Oil on canvas, 41 7/16 x 57 1/16 in. (105.3 x 145 cm), AP 1980.07, Kimbell Art Museum, Fort Worth, Texas

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Figura 6, Sophie Frémiet, La belle Anthia, 1820, collezione privata

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Figura 7, Lorenzo Lotto, Nozze mistiche di Santa Caterina d’Alessandria e Santi, 1524, Gallerie di arte antica, Palazzo Barberini, Roma

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Figura 8, Paris Bordone, Allegoria con amanti, 1550, Kunsthistorisches Museum, Wien

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Figura 9, Paris Bordone, Marte toglie l'arco a Cupido, 1540-1550, Kunsthistorisches Museum, Wien

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Figura 10, Giulio Romano, Il banchetto di Psiche, 1526-1528, Sala di Psiche, Palazzo Tè, Mantova

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Figura 11, Giulio Romano, Banchetto di Amore e Psiche, 1526-1528, Sala di Psiche, Palazzo Tè, Mantova

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Figura 12, Sandro Botticelli, Pallade con Centauro, 1482-1483, Galleria degli Uffizi, Firenze

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Figura 13, Jacques-Louis David, Psyché abandonnée, 1795?, collezione privata

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Figura 14, Jean-Auguste Dominique Ingres, La Grande Odalisque, 1814, Musée du Louvre, Paris

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Figura 15, Jean Auguste Dominque Ingres, Jupiter et Thétis, 1811, Musée Mountauban, Aix-en-Provence

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Figura 16, Sophie Frémiet, La mort de Cenchrée, 1824 c.a., localizzazione ignota

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Figura 17, Jacques-Louis David, Sapho, Phaon et l'Amour, 1809, Hermitage, San Pietroburgo

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Figura 18, Correggio, Allegoria dei vizi, 1531, Musée du Louvre, Paris

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Figura 19, Paris Bordone, Venere e Marte con Cupido, 1559-1560, Galleria Doria Pamphili, Roma

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Figura 20, Jules Bailly, Ritratto di David, 1823, Fondation Custodia Paris, n.2000-A.551a_1

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Fonti

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Fonti a stampa

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BORDES P., Jacques-Louis David et ses élèves: les stratégies de l’atelier, in «Perspective», INHA, 1 juin 2014, pp. 99-112 (Phi-lippe Bordes, Jacques-Louis David et ses élèves: les stratégies de l’atelier, «Perspective» [En ligne], 1 | 2014, mis en ligne le 31 décembre 2015, URL: http:// perspective.revues.org/4387) BROOKNER A., Jacques-Louis David, London, Chatto & Win-dus, 1980 COEKELBERGHS D., LOZE P., 1770-1830 Autour du néoclassici-sme en Belgique, catalogo della mostra, Musée Communal des Beaux-Arts d'Ixelles, 14 novembre - 8 febbraio 1986 David After David, essays on the Later Work, atti del convegno, Jacques-Louis David: Empire to Exile, Getty Museum Research Institute and Sterling and Francine Clark Art Institute, 24-25 giu-gno 2005, Clark in Williamstown, Massachussets, New Haven and London, Yale University Press, 2007 FAROULT G., LERIBAULT C., SCHERF G., L'antiquité rêvée, inno-vations et résistances au XVIIIe siècle, catalogo della mostra, Pa-ris, Musée du Louvre, 2 dicembre 2010 - 14 febbraio 2011; Hou-ston, Museum of Fine Arts, 20 marzo – 30 maggio 2011, Paris, Gallimard, 2010 FRANCIS H.R., Jacques Louis David: Cupid and Psyche, in «The Bulletin of the Cleveland Museum of Art», vol. 50, 2, (February 1963), pp. 29-34 GORGONE G., TITTONI M.E., Charlotte Bonaparte 1802-1839, une princesse artiste, catalogo della mostra, Roma, Museo Na-poleonico, 4 febbraio - 30 maggio 2010; Isola d'Elba, Museo Na-zionale delle Residenze Napoleoniche, 15 giugno - 30 settembre

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