Torino Estonian Philharmonic Chiesa di San Filippo … · 3 Arvo Pärt (1935) Da Kanon Pokajanen...

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Estonian Philharmonic Chamber Choir Kaspars Putniņš direttore Pärt Feldman Torino Chiesa di San Filippo Domenica 13.IX.2015 ore 16

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Estonian Philharmonic Chamber ChoirKaspars Putniņš direttore

PärtFeldman

TorinoChiesa di San Filippo

Domenica 13.IX.2015ore 16

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Arvo Pärt(1935)

Da Kanon Pokajanen (Canone di penitenza)Ode IOde VIKondakionIkosOde IXPreghiera dopo il canone

Morton Feldman(1926-1987)

Rothko Chapel per soprano, contralto, coro e strumenti Kaia Urb, sopranoMarianne Pärna, contralto

Estonian Philharmonic Chamber ChoirKaspars Putniņš, direttore

Sponsor tecnico

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Kanon Pokajanen(Dedicato a Tõnu Kaljuste e all’Estonian Philharmonic Chamber Choir)

Ode IHeirmos: Quando Israele ebbe camminato sull’abisso come sulla terra ferma ed ebbe visto il Faraone persecutore inghiottito dai flutti, gridò: «Cantiamo a Dio un inno di vittoria».Abbi pietà di me, oh Dio, abbi pietà di me.Ora io, peccatore carico di iniquità, mi avvicino a te, Signore mio Dio, senza osare levare gli occhi al cielo. Ti imploro soltanto, dicendo: «Concedimi, Signore, il dono di piangere lacrime amare sulle mie azioni!».Abbi pietà di me, oh Dio, abbi pietà di me.Oh peccatore sventurato! Il più miserabile di tutti gli uomini! Non c’è pentimento in me. Donami, Signore, lacrime per piangere amaramente sulle mie azioni.Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.Uomo folle, miserabile, che perdi il tuo tempo nell’ozio! Pensa alla tua vita e volgiti al Signore tuo Dio, e versa lacrime amare sulle tue azioni.Ora e per sempre e nei secoli dei secoli. Amen.Purissima Madre di Dio, leva il tuo sguardo su di me peccatore e liberami dalle insidie del male, e guidami sulla via del pentimento, affinché possa versare lacrime amare sulle mie azioni.

Ode VIHeirmos: Quando vedo l’oceano di questa vita agitato dalla tempesta delle tentazioni, io corro a te, porto di pace, e invoco: «Libera la mia vita dalla corruzione, oh Misericordioso!».Abbi pietà di me, oh Dio, abbi pietà di me.Ho trascorso la mia vita sulla terra nel peccato e ho consegnato la mia anima alle tenebre. Ma ora ti imploro, oh Signore misericordioso, liberami dal giogo del maligno e donami la capacità di compiere il tuo volere.Abbi pietà di me, oh Dio, abbi pietà di me.Chi ha fatto ciò che io ho fatto? Come il porco si rotola nel fango, così io mi compiaccio del peccato. Ma tu, Signore, strappami a questo abominio e donami la forza di ubbidire ai tuoi comandamenti.Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.Sorgi, oh infelice, verso Dio, e ricordando i tuoi peccati, prostrati davanti al tuo Creatore, con lacrime e lamenti, perché

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Egli è misericordioso e ti concederà di conoscere la sua volontà.Ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.Oh Vergine, Madre di Dio, proteggimi dal male visibile e invisibile. Oh Immacolata, accetta le mie preghiere e portale a tuo Figlio, affinché mi conceda di compiere la sua volontà.Abbi pietà di me, oh Dio, abbi pietà di me.Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.

Kondakion: Oh anima mia, perché tanti peccati? Perché tu compi la volontà del maligno? In chi riponi la tua speranza?Abbandona il mondo e volgiti a Dio con occhi pieni di lacrime, invocando: «Signore misericordioso, abbi pietà di me peccatore!».

Ikos: Pensa, anima mia, all’ora crudele della morte e al giorno del giudizio del tuo Dio e Creatore. Perché angeli terribili verranno a prenderti, anima mia, e ti condurranno al fuoco eterno. Pentiti quindi prima di morire e invoca: «Signore, abbi pietà di me peccatore».

Ode IXHeirmos: È impossibile per gli uomini vedere Dio; neppure le schiere angeliche osano guardarlo. Ma tramite Te, oh Purissima, il Verbo fattosi carne si è manifestato ai mortali. Noi lo magnifichiamo con gli eserciti celesti e ti proclamiamo benedetta.Abbi pietà di me, oh Dio, abbi pietà di me.Ora vi supplico, angeli, arcangeli e tutte le potenze celesti che circondate il trono di Dio: pregate il vostro creatore affinché liberi la mia anima dai tormenti eterni.Abbi pietà di me, oh Dio, abbi pietà di me.E mi volgo a voi con occhi pieni di lacrime, santi patriarchi, re, profeti, apostoli, santi e tutti gli eletti di Cristo: soccorretemi nell’ora del giudizio, affinché possa salvare la mia anima dalla potenza del maligno.Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.Ora levo le mani verso di voi, santi, martiri, anacoreti, vergini, giusti e tutti i santi che pregate il Signore per il mondo intero: che Egli abbia pietà di me nell’ora della mia morte.Ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.Oh Madre di Dio, soccorri questo peccatore che confida in Te, implora tuo figlio affinché mi ponga alla sua destra, io che sono indegno, quando Egli verrà per giudicare i vivi e i morti. Amen.

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Preghiera dopo il canoneSignore Gesù Cristo, nostro Dio, che hai sconfitto le mie passioni con la tua Passione, che hai curato le mie ferite con le tue ferite, concedi a me, che ho tanto peccato contro di te, le lacrime del pentimento. Trasforma il mio corpo con la fragranza del tuo corpo vivificante e con il tuo sangue prezioso libera la mia anima dalle catene del maligno. Leva a Te il mio spirito abbattuto e riscattalo dall’abisso della perdizione, perché in me non c’è pentimento né compunzione e neppure il conforto delle lacrime che conducono i bambini a Te. Il mio spirito è stato offuscato dalle passioni terrene e io non oso levare gli occhi su di Te, né posso riscaldarmi con lacrime d’amore per Te. Ma, oh Signore Gesù Cristo, fonte di ogni bene, concedimi un pentimento ardente e un cuore colmo di amore per venire a cercarti. Accordami la tua grazia e rinnova in me la somiglianza con la tua divina immagine. Io ti ho abbandonato, ma tu non abbandonarmi! Vieni a cercarmi, conducimi verso i tuoi pascoli e contami tra le pecorelle del tuo gregge eletto. Nutrimi dei tuoi santi misteri, grazie all’intercessione della tua purissima madre e di tutti i santi. Amen.

Versione italiana di Maria Clara Pasetti

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Alcuni anni fa, mentre cominciava ad avvicinarsi alla tradizione della chiesa ortodossa russa, Arvo Pärt tornò a più riprese su un antico canone di penitenza in slavo antico attribuito a Sant’Andrea di Creta (660-740 d.C.), guadagnandosi a poco a poco la compren-sione del suo significato. Si decise allora a musicarlo, e quando gli fu commissionato un lavoro per la celebrazione dei 750 anni della nascita del Duomo di Colonia, Pärt decise di destinare a quell’oc-casione la prima esecuzione del Kanon Pokajanen.Come per molte sue altre composizioni vocali, anche in questo caso Pärt si è lasciato guidare dalle caratteristiche proprie e speci-fiche del testo che andava affrontando, puntando a far emergere quella musica che già sempre riposa nel fondo delle parole, nella loro specifica fonicità e nelle articolazioni sintattiche: «Volevo dare alla parola la possibilità di scegliere il proprio suono» – ha detto Pärt a proposito del Kanon – «di disegnare autonomamente la propria linea melodica. E così si è sviluppata – ha stupito un po’ anche me – una musica totalmente permeata dal carattere tipico di questa singolare lingua slava, che viene usata soltanto nei testi sacri». La musica rispecchia infatti l’articolazione del testo in noveodi più una preghiera finale. All’inizio di ciascuna si trova un’invo-cazione (Heirmos, o Hirmos); ogni ode è poi divisa in più sezioni. Ogni singola sezione è intercalata da un’invocazione (“Pietà di me, Signore, pietà di me”) o da una proclamazione di gloria eterna. La contrapposizione tra il tono altisonante con cui viene enunciato l’Hirmos e quello sommesso del perdono invocato riflette una du-plicità che percorre a diversi livelli tutto il testo.Centrato sulla venuta di Cristo nel mondo, il Kanon Pokajanen sta a indicare il cambiamento e la trasformazione che quell’avvento ha comportato. La sofferenza e il sacrificio di Gesù hanno mutato la nostra condizione, ci hanno condotto dall’oscurità alla luce. Il compimento di un atto di penitenza, di cui il Kanon vuole esse-re una lunga e intensa espressione, corrisponde nella dimensione umana a quell’atto divino, appare come passaggio necessario alla purificazione dell’anima.D’altra parte, il rapporto tra la superiore potenza del divino e la misera creaturalità della condizione umana è uno dei temi por-tanti della riflessione poetica di Pärt, ancora suscitato, sebbene in forma più indiretta, in lavori più recenti come Lamentate. Nel Kanon Pokajanen le diverse implicazioni di questo rapporto così vengono riassunte nel breve scritto che accompagna la bellissima registrazione in cd prodotta dalla ECM: «Nel sistema simbolico chiesastico si pensa al confine fra notte e giorno, Vecchio e Nuovo Testamento, vecchio Adamo e nuovo Adamo (Cristo), profezia ed adempimento, aldiqua e aldilà. Nelle persone invece rappresenta

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la distinzione tra umano e divino, debolezza e forza, dolore e re-denzione, mortalità e vita eterna. Questo simbolismo dei confini emerge nel canone in particolar modo quando esso viene cantato in chiesa. Lo si immagini così: il canone risuona all’interno dello spazio della chiesa, appena illuminato da una candela ardente, mentre la porta di accesso al presbiterio è ancora chiusa. Non appena i suoni del canone si smorzano, questo ingresso, che viene chiamato la “porta del paradiso” oppure il “portale sacro”, si spa-lanca. Lo spazio si riempie di luce annunciando così la presenza di Dio» (Marina Bobrik-Frömke).Dedicato da Arvo Pärt a Tõnu Kaljuste e all’Estonian Philharmonic Chamber Choir e da questi eseguito nel marzo 1998 per le celebra-zioni del Duomo di Colonia, il Kanon Pokajanen richiede agli ese-cutori la massima concentrazione per tutti i circa novanta minuti della sua durata, e un’intonazione precisissima affinché non ne ri-sulti diminuito l’incanto delle sue esili linee vocali. Per ampi tratti quasi completamente monodica, o venata di una tenue, delicata e scarna polifonia – con brevi movimenti di voci in rapporto di terza su suoni tenuti come bordoni nel registro basso, fugaci intonazio-ni di ascendenza orientale, rapidi accostamenti di note contigue su lunghi pedali – la musica di Pärt, completamente reinventata e senza rapporto con l’intonazione originaria ormai irrimediabil-mente perduta, riflette del Kanon tutta l’intensa, assorta tensione spirituale.

Livio Aragona

Un labirinto per Rothko

Una volta entrati nella cappella, dal 1971 luogo di meditazione non confessionale, aperto a tutte le religioni e non appartenente ad alcuna, ci si trova circondati dai quattordici grandi dipinti di Mark Rothko. Tutti neri. Tutti neri, ma sempre differenti fra di loro e al loro interno, inesauste e misteriose esplorazioni nel colore del sacro.Per la Rothko Chapel di Houston, Morton Feldman scrive nell’an-no della sua apertura l’omonimo brano per soprano, contralto, doppio coro, viola, celesta e percussioni. Come d’abitudine per la musica di Feldman, ne esce un monocromo musicale, che si pone in dialogo strettissimo col monocromo pittorico di Rothko; eppu-re, anche per chi ben conosce la musica del compositore america-no, l’ascolto di quest’opera può essere sorprendente, in particolare per il suo snodo conclusivo.

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Monocromo, si diceva. Tipico della musica di Feldman è il restrin-gere lo spettro possibile di due importanti parametri musicali: di-namica e timbro. Pianissimo (o più che pianissimo), la dinamica. Tutto imperniato su tinte morbidamente enigmatiche, il timbro. In questa maniera, oggetti musicali che pure sono diversi (nella Rothko Chapel di Feldman ve ne sono anche in quantità superiore ad altre sue composizioni) appaiono simili e si confondono nella percezione.Ciò che vien meno è la logica tradizionale del discorso musicale. Non che parlare di logica in musica sia cosa pacifica e univoca, ma vi è comunque un senso riconosciuto e ampiamente condiviso per cui, a certe condizioni, gli oggetti musicali sembrano porsi in certe relazioni (uguaglianza, differenza, conseguenza, contraddi-zione, risoluzione e così via), così che il brano di musica incarni un pensiero logico.Il monocromo, evidentemente, minimizza le possibilità dialettiche. Ma, anche, la gestione del tempo musicale allontana dai meccanismi del pensiero: troppo lento è il prender vita degli eventi, molto più simile a una lenta respirazione (umana o naturale) che alla tenace determinazione della mente. Perciò, il pensiero si arresta ed entriamo nel campo della pura visione: quello stato che nella sua forma più perfetta si dice appartenga all’esperienza mistica.Di pagina in pagina, chi ascolta Rothko Chapel di Feldman vede, e viene catturato in un’esperienza dove tempo e normale dialettica delle cose sono sospesi. Fino a poco prima della fine, forse. Ecco ciò che si diceva in merito allo snodo finale, imprevisto: finalmente, qualcosa accade. (Eppure, per necessità si tratta di una considerazione soggettiva: per davvero la “sorpresa”, immersa com’è anch’essa nel tessuto del monocromo, riesce a uscirne e a costituire, finalmente, un nesso logico?).Supponendo che questo testo possa esser letto prima di ascoltare il concerto, e volendo evitare ciò che in termini cinematografici o narrativi si usa chiamare spoiler, si sceglie qui di non dire a chiare lettere di cosa si tratti. Questo si può però dire: nel caso in cui que-sto oggetto musicale, dal forte potenziale simbolico ed evocativo, arrivi a colpire l’attenzione dell’ascoltatore, può ben suonare come un’uscita dal labirinto. Labirinto, sì, perché fino a quel momento la musica ha esplorato (forse anche in spire concentriche, avendo perso la possibilità di un movimento lineare) un luogo chiuso del-la mente, dalle mille ingannevoli biforcazioni. Poi, all’improvviso dietro una svolta, appare uno spazio aperto. L’uscita? O piuttosto il centro del labirinto, con Asterione in attesa di visite?In un suo scritto, Morton Feldman cita un indovinello zen che a suo dire «contiene la risposta». «Il cane ha una natura-Buddha?»

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viene chiesto. E poi: «Comunque rispondi, perdi la tua, di natura-Buddha». Scrive poi Feldman: «Di fronte a un mistero che riguarda il divino, bisogna sempre restare sospesi, incerti, tra due risposte possibili. Mai, pena la perdita della nostra divinità, ci è concesso di prendere una decisione».Rothko Chapel coltiva l’ambiguità e ci invita a diffidare della lo-gica: l’uscita dal labirinto è forse solo una visione della mente. Eppure, non è per questo meno vera, e l’impressione – fortissima – è che la musica si interrompa proprio sulla soglia.

Alfonso Alberti

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L’Estonian Philharmonic Chamber Choir è uno dei più famosi gruppi musicali estoni del mondo. È stato fondato nel 1981 da Tõnu Kaljuste, che ne è stato direttore artistico e direttore per vent’anni. Dal 2001 al 2007 gli è subentrato Paul Hillier mentre dal 2008 al 2013 questi ruoli sono passati nelle mani di Daniel Reuss.Il repertorio del coro spazia dal canto gregoriano e barocco fino alla musica del ventunesimo secolo, con una particolare atten-zione per le opere di compositori estoni (Arvo Pärt, Veljo Tormis, Erkki-Sven Tüür, Galina Grigorjeva, Toivo Tulev, Tõnu Kõrvits, Helena Tulve), facendole così conoscere al resto del mondo. Ogni stagione il coro tiene tra i 60 e 70 concerti.L’EPCC ha collaborato con direttori e orchestre di grande rilievo (Claudio Abbado, Helmuth Rilling, Eric Ericson, Ward Swingle, Neeme Järvi, Paavo Järvi, Nikolai Alexeev, Olari Elts, Andrew Lawrence-King, Roland Böer, Frieder Bernius, Stephen Layton, Marc Minkowski, Christoph Poppen, Sir Colin Davis, Louis Langrée, Paul McCreesh); con le orchestre da camera norvegesi, australiane, lituane, di Praga e di Stoccarda, London Symphony Orchestra, Mahler Chamber Orchestra, Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin, Concerto Copenhagen, Concerto Palatino, Camerata Salzburg, Les Musiciens du Louvre, Basel Chamber Orchestra, Orchestra Sinfonica Nazionale Estone e Orchestra da Camera di Tallinn. L’EPCC è stato ospite gradito di numerosi festival in tutto il mon-do, come BBC Proms, Mozartwochen, Abu-Gosh Music Festival, Hong Kong Art Festival, Festival di Pasqua a Mosca, Musikfest Bremen, Salzburger Festspiele, Edinburgh International Festival, Festival di Aix-en-Provence, Vale of Glamorgan Festival, Bergen International Festival, Schleswig-Holstein Musik Festival e di prestigiose sale come Sydney Opera House, Wiener Konzerthaus, Concertgebouw di Amsterdam, Lincoln Center di New York.Le sue incisioni hanno vinto due volte un Grammy Award per miglior performance corale: nel 2007 per l’album Arvo Pärt. Da Pacem (direttore Paul Hillier) e nel 2014 per Arvo Pärt. Adam’s Lament (direttore Tõnu Kaljuste). In totale, il coro ha ottenuto 14 nomination per i Grammy per le opere di Arvo Pärt, Erkki-Sven Tüür e la musica di paesi nordici. L’EPCC ha vinto anche il Diapason d’Or, il Preis der Deutschen Schallplattenkritik, il Danish Music Award, fra gli altri.

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Estonian Philharmonic Chamber Choir

SopraniKaia Urb Karoliina Kriis Kristine Muldma Hele-Mall LeegoAnnika Lõhmus Maria MelahaKarolis Kaljuste

ContraltiMarianne Pärna Karin Salumäe Helis Naeris Anna Dõtõna Ave HännikäinenCätly Talvik

TenoriKaido Janke Toomas Tohert Raul Mikson Madis EnsonSander SokkValter Soosalu

BassiAarne TalvikTõnu Tormis Rainer Vilu Henry Tiisma Allan Vurma Olari ViikholmKaarel Kukk

Toomas Nestor, violaJana Peäske, celestaMaarja Nuut, percussioni

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Dal 2014 Kaspars Putniņš è direttore artistico e direttore prin-cipale dell’Estonian Philharmonic Chamber Choir. Ha inoltre diretto il Latvian Radio Choir dal 1992 e nel 1994 ha fondato il Latvian Radio Chamber Singers, un ensemble di solisti for-mato dai membri del Latvian Radio Choir. Appare regolarmen-te come direttore ospite dei principali cori europei, come BBC Singers, RIAS Kammerchor, Rundfunkchor Berlin, NDR Chor, Netherlands Radio Choir, Collegium Vocale Gent, Flemish Radio Choir tra gli altri.Anche se il repertorio di Putninš spazia dalla polifonia rinascimen-tale alle opere del periodo romantico, il suo obiettivo principale è promuovere la musica corale contemporanea, sfidando e svilup-pando le abilità dei suoi interpreti e spingendo la loro vocalità verso territori completamente inesplorati.Ha collaborato a diversi progetti teatrali che hanno coinvolto an-che il suo coro; inoltre tiene spesso corsi di perfezionamento a livello internazionale.Kaspars Putninš ha ottenuto il Latvian Music Grand Prix e il Latvian Council of Ministers Award for Achievements in Culture and Science.

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