The Umbrella Revolution
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2 0 1 5
S T O R I E
E D I T I N G
Martino Galliolo ( founder), co-editors Arturo Di Corinto e Federico Guerrini
In questo numero le storie di Piotr Czerski, J.M Ledgard, Adolfo Arranz,
Rocky McCorkle, Pat Kinsella.
Hanno collaborato: Chiara Zaratin e Sergio Caruso,
l’illutrazione in alto è di Elisa Ferro
(Tutti gli autori di Expost)
*
Expost magazine by freelance, numero zero, dicembre 2014, è distribuito con licenza Creative
commons 3.0. Per motivi di diritti questa licenza non è applicabile alle immagini.
I N D E X
5
I L M A N I F E S T OD E I M I L L E N N I A L SIl manifesto della generzione digitale
dei Millennials.
di Piotr Czerski
21 L A R I V O L U Z I O N ED E G L I O M B R E L L I
Il diario illustrato del primo mese
di Occupy Central a Hong Kong.
di Adolfo Arranz
50
U N G I O R N O N E L F U T U R O
La graphic novel su una giornata
nel futuro prossimo.
di Pat Kinsella
11
C O S T R U I S C ID R O N I C A R G O
E D I V E N T A R I C C OLa storia del primo itineratio per
droni cargo in Africa
di J.M Ledgard
49
S U N N Y D A Y“You and Me on a Sunny Day”
il silent film di Rocky McCorkle
20 F U T U R A 4 2La missione spaziale dell’astronauta
Samantha Cristoforetti
I N D E X
di Pioter Czeski
IL MANIFESTO DEI MILLENNIALS
N oi siamo cresciuti con Internet e su Internet. È
questo a renderci diversi, è questa la differenza
fondamentale, per quanto sorprendente, dal
punto di vista di chi ha qualche anno in più: noi
non “navighiamo” e per noi internet non è un “luogo” o uno
“spazio virtuale”. Internet per noi non è qualcosa di esterno alla
realtà, ma ne è una parte. Uno strato invisibile ma sempre
presente, e strettamente intrecciato, all’ambiente fisico. Noi non
usiamo internet, viviamo su internet e ci muoviamo con lei. Siamo
la generazione digitale.
Se dovessimo narrare il nostro romanzo di formazione a voi,
la generazione analogica, potremmo dire che ogni esperienza che
ci ha formato ha naturalmente qualche aspetto legato a internet.
In rete abbiamo incontrato amici e ci siamo fatti dei nemici,
abbiamo scopiazzato per gli esami, abbiamo organizzato feste e
gruppi di studio, ci siamo innamorati e lasciati. Il web non è una
tecnologia che abbiamo dovuto imparare a conoscere e di cui ci
siamo dovuti impadronire. Il web è un processo che c’è e si
trasforma costantemente sotto i nostri occhi, con noi e attraverso
di noi. Le tecnologie appaiono per poi dissolversi, ai margini, i siti
nascono, prosperano e muoiono, ma il web continua. Perché il
web siamo noi, che comunichiamo nella maniera che ci è
naturale, con un’intensità e un’efficienza senza precedenti nella
storia dell’umanità.
CRESCIUTI CON IL WEB , noi pensiamo in modo differente.
Per noi la capacità di trovare informazioni è elementare quanto lo
è per voi quella di trovare una stazione ferroviaria o un ufficio
postale in una città sconosciuta. Quando vogliamo sapere
qualcosa – i primi sintomi della varicella, i motivi
SIAMO CRESCIUTI SU INTERNET E CI MUOVIAMO CON LEI. SIAMO LA GENERAZIONE
DIGITALE
by Piotr Czerski
Read on mobile online
Lettura in 8’
dell’affondamento dell’Estonia, o perché la bolletta dell’acqua è
troppo cara – prendiamo le misure con la certezza di chi guida
un’auto con navigatore satellitare. Sappiamo che troveremo
l’informazione che cerchiamo su molte fonti, sappiamo come
arrivarci, sappiamo come valutare la loro attendibilità. Abbiamo
imparato ad accettare che troveremo molte risposte anziché una
sola, e da queste possiamo dedurre la versione più probabile
scartando quelle che ci sembrano meno credibili. Selezioniamo,
filtriamo, ricordiamo e siamo disposti ad abbandonare le
informazioni che abbiamo in favore di altre aggiornate e migliori,
se ne troviamo.
Per noi il web è una sorta di memoria esterna condivisa.
Non siamo costretti a ricordare dettagli superflui: date, calcoli,
formule, nomi di strade, definizioni particolareggiate. Ci basta
avere un riassunto, l’essenziale, per elaborare le informazioni e
riferirle ad altri. Se ci servono i dettagli, possiamo recuperarli nel
giro di pochi secondi. In modo simile, non dobbiamo essere
esperti di tutto, perché sappiamo dove trovare persone di cui ci
fidiamo, specializzate in quello che non conosciamo. Persone che
metteranno a disposizione il loro sapere non per profitto, ma per
la convinzione condivisa che l’informazione esiste come flusso,
che vuole essere libera e che tutti ricaviamo un beneficio dal suo
scambio ogni giorno studiando, lavorando, risolvendo problemi,
coltivando degli interessi. Sappiamo competere e ci piace farlo,
ma la nostra competitività, il nostro desiderio di distinguerci, si
basa sulla conoscenza e sulla capacità di interpretare ed elaborare
le informazioni, non sul loro monopolio.
PARTECIPARE ALLA VITA CULTURALE per noi e‘ una cosa
normale. La cultura globale è alla base della nostra identità e
serve a definirci più delle tradizioni, delle narrazioni storiche,
dello status sociale, delle genea logie e perfino della lingua che
usiamo. Dall’oceano degli eventi culturali peschiamo quelli che ci
piacciono di più, interagiamo con loro, li recensiamo, salviamo le
nostre recensioni su siti creati per questo e che ci danno
suggerimenti su altri dischi, film e giochi che potrebbero piacerci.
Alcuni film, telefilm e video li guardiamo insieme a colleghi e
amici di tutto il mondo, e il piacere che ne ricaviamo è condiviso
soltanto con un gruppo ristretto di persone che forse non
incontreremo mai di persona. Per questo sentiamo che la cultura
sta diventando allo stesso tempo globale e individuale. Per questo
vogliamo che si lasci di libero accesso. Questo non significa
pretendere che tutti i prodotti culturali siano disponibili gratis.
Anche se noi, quando creiamo qualcosa, di solito ci limitiamo a
metterla in circolazione. Anche se le tecnologie di qualità audio e
video una volta riservate ai professionisti sono sempre più
accessibili a tutti, sappiamo che la creatività richiede sforzi e
investimenti.
Siamo disposti a pagare, ma i prezzi imposti dai distributori
ci sembrano esorbitanti. Perché dovremmo pagare per la
distribuzione di informazioni che si possono copiare facilmente e
in modo perfetto, senza perdere nulla della qualità originale? Se
stiamo comprando solo le informazioni, vogliamo che il prezzo sia
onesto. Siamo disposti a pagare di più, ma in quel caso ci
aspettiamo un valore aggiunto: una confezione interessante, un
gadget, una qualità più alta, la possibilità di riprodurla
immediatamente, senza dover aspettare che il file si scarichi sul
nostro computer. Siamo capaci di mostrare gratitudine all’artista
e anzi vogliamo ricompensarlo (da quando il denaro non è più
fatto di banconote e si è trasformato in una serie di numeri sul
monitor, i pagamenti sono diventati una sorta di scambio
simbolico che dovrebbe far contente entrambe le parti), ma gli
obiettivi di vendite delle multinazionali non c’interessano. Non è
colpa nostra se la loro industria ha perso senso nella sua forma
tradizionale, e se invece di accettare la sfida e cercare di
raggiungerci con qualcosa di nuovo, hanno deciso di difendere le
loro idee anche se sono invecchiate.
C’è un’altra cosa importante: non vogliamo pagare per avere
i nostri ricordi. I film che ci ricordano l’infanzia, la musica che ci
ha accompagnato dieci anni fa e cose simili, nella memoria della
rete sono semplici ricordi. Ricordarli, scambiarli e svilupparli per
noi è naturale quanto per voi ripensare a Casablanca. In rete
troviamo i film che guardavamo da bambini e che facciamo vedere
ai nostri figli, proprio come voi ci avete raccontato le favole di
Cappuccetto Rosso e di Ric cioli d’oro. Riuscite a immaginare che
qualcuno possa dirvi che raccontandole avete infranto la legge?
No. Neanche noi.
SIAMO ABITUATI A PAGARE LE BOLLETTE automaticamente,
se il nostro conto in banca ce lo permette, sappiamo che per
aprire un conto o cambiare l’operatore del cellulare basta
compilare un modulo online e firmare un accordo consegnato da
un corriere, e che perfino un viaggio dall’altra parte dell’Europa
per una breve visita a una città straniera si può organizzare in due
ore.Siamo utenti dello stato, e per noi la sua interfaccia arcaica è
sempre più insopportabile. Non capiamo perché la dichiarazione
dei redditi richieda tanti moduli: solo nel primo ci sono più di
cento domande. Non capiamo perché sia obbligatorio comunicare
ufficialmente ogni volta che cambiamo indirizzo, come se i
Read in english
municipi non potessero comunicare tra loro senza il nostro
intervento, e come se non fosse già abbastanza assurdo l’obbligo
di avere un indirizzo permanente. In noi non c’è traccia della
deferenza passiva nei confronti dello stato che è ovvia per i nostri
genitori, convinti che le questioni amministrative fossero della
massima importanza, e che considerano l’interazione con lo stato
qualcosa da celebrare. Non proviamo quel rispetto, che è radicato
nella distanza tra il cittadino e le vette maestose in cui risiedono
le classi dirigenti, a malapena visibili fra le nuvole.
La nostra idea della struttura sociale è diversa: la società è
una rete, non una gerarchia. Siamo abituati alla possibilità di
avviare un dialogo con chiunque, che sia un professore o una pop
star, e non ci serve nessuna qualifica particolare legata al nostro
status sociale. Il successo dell’interazione dipende solo dal fatto
che il contenuto del nostro messaggio può essere considerato, da
chi lo riceve, importante e degno di risposta. E se grazie alla
collaborazione, al dibattito costante, alla difesa dei nostri punti di
vista dalle critiche, siamo persuasi che le nostre opinioni possano
essere semplicemente migliori, perché non dovremmo aspettarci
un dialogo serio con il governo? Non proviamo un rispetto quasi
religioso per le istituzioni democratiche nella loro forma attuale,
non crediamo che siano un veicolo di verità assolute e
indiscutibili, come fanno quelli che considerano le istituzioni
democratiche un monumento a se stesse, e anche a se stessi. A
noi non servono monumenti. Ci serve un sistema che sia
all’altezza delle nostre aspettative, fatto di trasparenza e
competenza. E abbiamo imparato che il cambiamento è possibile:
che ogni sistema inadeguato può essere, e di fatto è, sostituito da
uno nuovo, più efficiente, più adatto ai nostri bisogni, più ricco di
opportunità.
Quello a cui diamo più valore è la libertà: di parola, di
accesso alle informazioni e alla cultura. Sentiamo che è la libertà
a rendere il web quello che è, e che è nostro dovere proteggerla.
Lo dobbiamo alle generazioni future.
DA LEGGERE:
Come la generazione digitale cambierà l’economia
P I O T R C Z E R S K I
Scrittore, antropologo, poeta e fotografo polacco, del 1981.
Costruisci droni cargo e diventa ricco
by
J.M. Ledgard
I l mio obiettivo è quello di contribuire alla creazione
del primo itinerario di carico con droni commercia-
li del mondo in Africa, entro il 2016, che sarà lungo
circa 80 chilometri e collegherà diverse città e vil-
laggi. I primi droni cargo porteranno piccoli carichi, con sacche di
sangue, per mantenere vivi i bambini che altrimenti morirebbero.
Si trasformeranno però in grandi e pesanti “imbarcazioni”, fino
a quando non saranno in grado di sollevare venti o più chili su
distanze di centinaia di chilometri. Lo scopo del primo percorso,
sarà quello di salvare delle vite umane, mostrare il valore di droni
cargo in Africa – e per raccogliere fondi, per costruire altri per-
corsi. Questo percorso per me è una versione spettrale della fer-
rovia Liverpool–Manchester. Sono uno scrittore, ma sono anche il
direttore dell’Africa future initiative dell’Istituto Federale Svizzero
di Tecnologia (Epfl), e negli ultimi dieci anni ho viaggiato in Africa
come corrispondente estero per The Economist.
Read story on mobile
online
Lettura in 12’
1 I L F U T U R O S A R A ’ R A D I C A L E
Il primo punto da sottolineare è che, an-
che se deridiamo il cambiamento, il futu-
ro sarà radicale. In Africa, da un lato c’è la
rapida crescita della popolazione umana e lo sterminio delle altre
specie animali. Dall’altro, l’introduzione di tecnologie avanzate ca-
paci di determinare sia lo spazio che il tempo. Il telefono cellulare
è una tale tecnologia, perché ha contribuito di più per gli sforzi
contro la povertà di qualsiasi intervento di sviluppo. Per sottolin-
eare, l’adozione di tecnologie avanzate è stata 42 volte maggiore
di quanto ci si aspettava che fosse. Così, quando penso a quello
che i droni cargo potranno essere, e dovrebbero essere, penso al
telefono cellulare Nokia 1100. Oltre 50 milioni di Nokia 1100 sono
stati venduti in Africa. E’ intelligente, robusto ed economico.
Il portatile era conosciuto come il kalashnikov della comunica-
zione ma se la mitragliatrice ha lacerato il tessuto della società,
il telefono portatile ha creato delle nuove possibilità. Tengo una
foto del Nokia 1100 appuntato sulla mia scrivania come prova del
paradosso che sta alla base dei droni cargo – il paradosso delle
tecnologie avanzate, che credo arriverà ad essere la definizione
dell’inizio del 21° secolo: Una comunità avrà accesso a un robot
volante, anche anche se non potrà avere accesso all’acqua pota-
bile.. Quello che è tecnicamente scalabile verrà scalato, e ciò che
non è scalabile dovrà essere combattuto, casa per casa. Un altro
modo per dire, che sarà un intervento di tecnologia massiccia-
mente scalabile che migliorerà la vita in Africa.
2 UN DRONE CARGO E’ UN ASINO
Per molte persone, la parola drone è
una brutta parola. E l’avversione per
i droni è comprensibile. Si tratta di
una nuova tecnologia, che è usata principalmente per uccidere
o semplicemente che per fare “capolino”. Tuttavia, questo iniz-
iale sentimento negativo muterà con i casi d’utilizzo positivo dei
droni. Prima del 2020, i droni assumeranno le funzioni di ricer-
catori in mare. I droni controlleranno le colture e gli animali.
E saranno in grado anche di sollevare le cose.
Una sera cercavamo di spiegare a un anziano samburu il
concetto di un robot programmato per volare in aria e caricato
con tutto quello che volevamo. Il samburu si stava sforzando di
capire il termine robot. Una creatura meccanica, mi aveva detto,
non una bestia, non un cammello. Era un po’ lento a comprende-
re. Poi, finalmente, si appoggiò allo schienale e si mise a ridere.
“Ora capisco! Mi state consigliando di fare volare il mio asino in
cielo!”. Aveva detto il samburo, che aveva molti asini e al quale
piaceva caricarli con acqua e legna da ardere. Il mio collega Si-
mon e io, avevamo capito subito che aveva ragione: Volevamo
davvero portare il suo asino n cielo. Le qualità di un asino sono
molto simili a quello che è necessario per un drone cargo, ha un
passo sicuro, affidabile, è intelligente, ed è in grado di affrontare
il tragitto sia la polvere che con il caldo. A buon mercato, e senza
lamentarsi. La scelta del nome asino, per i droni, è intenzionale.
Un asino non è un Pegaso, associato solo con la velocità.
Non bombarda, non controlla. Vola, tra qui e la, portando cose
costantemente.
3 I L C I E L O C O S ’ È ? Come specie
abbiamo appena cominciato a pensare a quello
che sta sopra le nostre teste. E c’è un sacco
di spazio lassù. Ci sono interi continenti in
aria, da attraversare con il giusto tipo di droni. Il cielo sopra il
Sudan è accatastato di “Sudan virtuali”. Come sarà il percorso di
un drone–asino? Il modo più semplice per immaginarlo è quello
di prendere la Torre Eiffel e disegnare una linea dall’altezza della
cima. Gli asini voleranno più o meno a all’altezza della Torre Eiffel,
in quello che io chiamo il cielo basso. Gli “asini” saranno in grado
di volare in un corridoio aereo largo circa 200 metri e all’altez-
za di 150 metri. Le rotte più frequentate potranno assomigliare a
una cabinovia ad alta velocità, senza cavi o strutture di sostegno.
Ogni piccola città avrà la propria stazione di servizio, ad energia
pulita, per i droni–asino. Il traffico a terra invece, sarà per lo più
a piedi e in bicicletta. Le stazioni per gli “asini”, saranno come il
distributore di benzina del futuro prossimo. Si integreranno ai
servizi postali, e gli “asini” diventeranno corrieri. Le officine di
riparazione, nelle stazioni, si mescoleranno alla stampa 3D e ad
altre tecnologie avanzate.
Le stazioni forniranno opportunità di business per le
start-up africane e per gli architetti. In contrasto con le stazioni
di servizio in cemento, costruite intorno l’Africa nel periodo co-
loniale, le stazioni per gli droni-asino potrebbero spingere le co-
munità lontano dagli insediamenti, disposti in fila lungo le strade,
verso qualcosa di più sicuro e più tranquillo. Dal momento che
gli “asini” alla fine funzioneranno a batterie, le matrici di energia
rinnovabile necessarie per la ricarica pulita erogheranno potere
elettrico anche alle case e le imprese circostanti.
4 I L T E M P O È O R A
Il prossimo decennio sarà tra i più decisivi nella
storia dell’Africa. Al ritmo attuale la popolazione
africana sarà di 2,7 miliardi entro il 2050, contro
i 228 milioni del 1950. Per avere la possibilità di prosperità, le
economie africane hanno bisogno di trasformare rapidamente la
crescita in posti di lavoro e produzione. Il problema è che sono in
crescita, ma non in trasformazione.
Nelle economie importanti come la Nigeria, il Kenya e
Senegal la produzione è dominata dalle piccole imprese. I paesi
più poveri sembrano essere sulla via della deindustrializzazione.
Le nuove fabbriche, come in Etiopia, non possono competere con
i prodotti finiti dall’Asia, e arrivati a basso costo sui mercati afri-
cani. Le nuove città che abiteranno gli africani devono ancora es-
sere costruite. Al contrario, l’Africa è ricca. In essa si celano tesori
di cibo, acqua e sali minerali. Hanno più diversità genica di altre
specie, rispetto a qualsiasi altro luogo del pianeta. È il continente
madre. ll 2060 sarà anche l’anno del piano del progetto Icarus per
lanciare il primo veicolo spaziale interstellare – probabilmente
da un launchpad in Africa. Se rivediamo i droni-asino secondo le
ambizioni di Icarus, sembrano essere modesti. Le narrazioni con-
venzionali sullo sviluppo, scritte come una litania, e sul fatto che
non hanno molto senso di urgenza, saranno aggirate dagli eventi
e dalle innovazioni.
5 U N F U T U R O S E N Z A S T R A D E
Un ulteriore motivo per andare nel cielo basso
è la certezza che non ci sarà abbastanza den-
aro per costruire le strade in Africa. La rete
stradale africana è scarsa. E un futuro concepibile per l’Africa è
un’economia di condivisione, in cui le merci sono utilizzabili più
volte, e in diversi modi. Al fine di condividere però, è necessario
spostare la gente, le merci e exabyte di dati. L’Africa al momento
fa un lavoro terribile con tutti e tre. Il problema della connettività
digitale sarà risolto, perché è conveniente e coincide gli interessi
delle grandi aziende di tecnologia. Lo spostamento delle persone,
e delle cose fisiche, richiederebbe invece una massiccia ristruttu-
razione delle strade. Il continente ha 2% dei veicoli a motore del
mondo, ma conta il 16% delle vittime per incidenti stradali del pi-
aneta. Uno studio ha mostrato che il 74% dei ricoveri ospedalieri
per incidenti stradali in Uganda, nel 2011, erano di bambini sotto i
13 anni, e la maggior parte di loro era stato investito da un veicolo
a motore.
6 L A K I L L E R A P P E ’ L A R I P E T I Z I O N E Ho
individuato 80 chilometri di percorsi in Tanza-
nia, Uganda e Ruanda. Gli altri paesi poten-
ziali per primi itinerari per droni cargo sono
l’Angola, Zambia, Etiopia, Kenya, Namibia e Sud Africa. I percorsi
possono essere collegati insieme per estenderne la portata. A
titolo di esempio, è possibile istituire un percorso in Ruanda di un
drone-asino dalla città di Gitarama, che passa sopra la foresta di
Nyungwe al Lago Kivu, e poi giù per la città congolese di Buka-
vu. In un paese compatto e collinare come il Ruanda, si possono
disegnare rapidamente percorsi attraverso il cielo basso che si
intersecano per la maggior parte con gli interessi per migliorare
la salute della popolazione e i risultati economici del Paese.
L’Africa future initiative dell’Istituto Federale Svizzero di
Tecnologia (Epfl) realizzerà il primo percorso attivo e funzion-
ante per droni–asino. Un fondo associato con sede in Africa e in
Svizzera sosterrà la ricerca a livello mondiale su robotica, ingeg-
neria, logistica, e codice di programmazione, in materia di droni
cargo, “asini”. Servirà anche a spingere per la creazione di una
“Agenzia internazionale per il cielo basso”, che fisserà norme glo-
bali per l’utilizzo di “asini” e altri droni civili. Prevedo tre fasi della
tecnologia. Nella fase 1, a partire dal 2016, i droni serviranno per
gli ospedali e per le emergenze umanitarie – a cominciare da una
migliore distribuzione per le cliniche da parte delle banche del
sangue. Altri early adopters useranno droni–asino per trasportare
piccoli carichi utili agli uffici governativi, alle miniere, impianti
petroliferi e di gas, e altre strutture civili.
Nella fase 2, i poli industriali, come l’industria di parti di
ricambio nel sud-est della Nigeria, saranno collegati alla città dal-
le “asino route” – così come la ferrovia di Liverpool e Manchester,
aveva collegato la prima città dell’era industriale con l’Atlantico.
Queste rotte serviranno alle nuove soluzioni richieste dalla shar-
ing economy, come ad esempio per il noleggio ed assistenza delle
macchine, piuttosto che l’acquisto a titolo definitivo. La Fase 1 e 2
sarebbero già abbastanza per fare degli “asini” un utile collabora-
tore, ma la vera ragione di questa tecnologia è la Fase 3. Quando
gli asini potranno collegare le aziende con i clienti di tutta l’Africa.
Gli “asini” potranno aiutare le piccole imprese a crescere attra-
verso l’e-commerce. Ovunque si dispone di squattrinati giovani
collegati a Internet in modo ubiquo, e l’era dell’e-commerce sta
definitivamente avvenendo. E questo è ancora più vero in Africa,
dove, per vari motivi, la strada principale di vendita al dettaglio
non potrà mai essere costruita altrimenti, e dove le vendite attuali
di elettronica, elettrodomestici e molti altri beni importati sono
dominati da supermercati con scorte limitate e che applicano
margini elevati. Gli “asini” possono ampliare la gamma di prodotti
al di fuori delle grandi città, con l’e-commerce. Nel giro di un
decennio, le stazioni per droni-asino avranno dei negozi dove i
clienti personale parlare attraverso negozi su tavolette e le merci
sono imbarcate a dorso di mulo da un magazzino distante pochi
minuti. Tutto questo sarà possibile perché l’asino è una “killer
application”. Non, chiaramente, perché volerà nel cielo basso.
La killer application è la ripetizione. Un asino può fare
molti viaggi in un giorno e per tutta la notte. Gli asini voleranno
nelle 12 ore di buio, nello “iena-time”, dove non molti camion si
avventurano. I droni cargo troveranno un’applicazione anche nei
paesi ricchi, con le popolazioni disperse come la Norvegia e l’Ara-
bia Saudita. L’opportunità più grande però è in Africa, dove molte
persone hanno intenzione di salvare un sacco di vite e fare un
sacco di soldi portando per primi i droni-asino in cielo.
J . M L E D G A R D
E’ il direttore della “Africa future initiative” alla Scuola Politecnica Federale della Lusanna, in Svizzera. Scrittore e giornalista, e corrispondente di lungo corso dall’Africa per The Economist. Il suo romanzo Submergence è stato nominato New York Times Book of 2013.
Read in english
La missione spaziale che ha portato in orbita l’astronauta dell’Esa
Samantha Cristoforetti, domenica 23 novembre alle 22:01 (21:01
Gmt). Il diario di bordo di @AstroSamantha è divetato una Guida
galattica per terrestri nello Spazio.
FUTURA 42
Lettura in 16’ READ STORY
hoNg kong 28 settemBre 2014
Erano circa le tre del pomeriggio. un paio
d’ore prima che venisseRO sparatI i gas lacrimogenI sulla folla, scatenando
quello che sarebbe stato conosciuto in tutto il
mondo come il Movimento degli ombrelli.
Diario illustrato del movimento degli ombrelli
by adolfo Arranz
nella hall dell’Admiralty center I manifestanti si erano radunati per decidere se oltrepassare l’autostrada che li separa dal Complesso del governo centrale, a Tamar, dall’altra parte della strada
Quel pomeriggio tra la folla e la polizia c‘era
calma, a differenza di quello che sarebbe
successo poche ore dopo...
Le persone aveVano appena occupato l‘autostrada e si aiutavano a vicenda a oltrepassare le barriERE. Erano circa le 17. Poche ore dopo è stato sparato il primo gas lacrimogeno
Nelle ore successive del 28 settembre, il movimento di occupy si
E’ esteso agli altri distretti di Hong Kong. La mattina del 29 settembre
è stata occupata l’areA
commerciale vicina a Causeway
Bay, dove è iniziato un sit-in
di protesta
28 settembre 2014
Gli studenti riuniti in Causeway Bay. la mattina dopo il lancio
dei gas lacrimogeni.
hong kong, 29 settembre 2014
„un disegno fatto qualche giorno più tardi, quando cominciavano ad essere piantate le PRIME tende„
29 settembre 2104
Durante la prima settimana del
movimento degli ombrelli, i cittadini hanno impugnato i
megafoni per Dire come la pensavano
La folla occupava lo spazio tra Admiralty Centre e Tamar, di fronte al ponte pedonale.
la quinta nottata, un giovedi’. la Gente si e’ riunita in attesa delle dichiarazioni
del capo del governo locale CY Leung che doveva rispondere alle richieste di Dimissioni
degli studenti
2 ottobre 2014
Barricate! A Mong Kok, Nathan Road,
All’angolo con Shantung Street
12 ottobre, 2014.
Sulle barricate di Tamar un uomo anziano ha iniziato
ad urlare contro i poliziotti
degli insulti “anti-pechino”.
L’agente si e’ semplicemente girato
dall’altra parte per ignorare le urla
dell’anziano.
Una cosa un po’ bizzara...
All’inizio gli studenti
ad admiralty place, stavano seduti
per terra o dove potevano, per finire
i loro compiti...
poi Dei volontari ad Admiralty hanno aiutato gli studenti a costruire dei banchi...
ed ecco... L’aula studioAdmiralty, 18 ottobre, 2014
Area studenti admiralty, 19 ottobre 2014
Un po’ di riposo...
La barricata est, admiralty, 19 ottobre 2014
un video diffuso poco prima
dell‘inizio delle barricate
mostra un manifestante che viene
presumibilmente picchiato da
agenti in borghese ->
Gli ideogrammi signifcano “upright”Il termine usato in quei giorni dal capo della polizia
per descrivere la forza dispiegata
Carica Batteriecharging station, Admiralty.
11 ottobre 2014
Tenere gli smartphone carichi e’ una faccenda seria per i manifestanti, che Hanno organizzato dei turni e un registro. A ciscuno viene dato un biglietto per ritirare il dispositivo mobile
carico
stazione di rifornimento tra Tamar Street e Harcourt Road,
Admiralty, 10 ottobre 2014.
normalmente e‘ il lato di una strada trafficata, che e‘ rimasta senza traffico
motorizzato in un perimetro di alcune centinaia di metri.
11 ottobre 2014
Messaggi con il gesso: “l’Autostarda e’ chiusa al traffico Attorno Tamar”
Origami
Un ragazzo insegna alla gente come creare degli ombrelli con gli origami fuori dal
palazzo del governo
11 ottobre 2014
RITRATTI
FREE!
L’illustratrice Tiffany cheetah disegna ritratti
gratis per i passanti...
...E Dei giovani attivisti
dipingono cartelli
all’entrata di MTR
Admiralty
12 ottobre 2014
Nelle barricate a Lung Wui Road. Le tende tra il complesso del legislative council e la citic tower.
25 ottobre 2014
Adolfo Arranz Illustratore e disegnatore spagnolo,
di base a Hong Kong. Il suo diario illustrato del Movimento degli ombrelli è stato pubblicato
originariamente in inglese su South China Morning Post.
you AND me On A
sunny day - silent film -
by rocky mcCorkle
Pat Kinsella illustratore di New York City