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  • g a pablo cirrone

    tesine del corso dibiologia e genetica

    corso integrato di biologia e

    genetica, scuola di medicina e

    chirurgia, universit di catania

    Anno Accademico 20012 - 2013

  • Tesine del corso di Biologia e Genetica,Corso integrato di Biologia e Genetica, Scuola di Medicina e Chirurgia,

    Universit di Cataniac Anno Accademico 20012 - 2013.

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  • I N D I C E

    1 procarioti, eucarioti e virus 31.1 Introduzione 3

    1.2 I procarioti 4

    1.2.1 Gli Archaea 4

    1.2.2 Bacteria 5

    1.2.3 Caratteristiche dei Procarioti 6

    1.3 Gli Eucarioti 8

    1.3.1 Strutture principali di una cellula eucariota 9

    1.3.2 Differenze pi significative tra Procarioti ed Eu-

    carioti 14

    1.4 I Virus 16

    2 ciclo cellulare e duplicazione del dna 212.1 Il ciclo cellulare 21

    2.1.1 Fasi del ciclo cellulare 22

    2.1.2 I punti di controllo 23

    2.2 Duplicazione del DNA 23

    2.2.1 Introduzione 23

    2.2.2 Il DNA (o Acido Dessosiribonucleico) 24

    2.2.3 La replicazione del DNA 25

    3 il concetto di gene e trascrizione degli rna 313.1 Il concetto di Gene 31

    3.2 La trascrizione degli RNA 31

    3.3 Caratteristiche generali della trascrizione 33

    3.4 Un esempio approfondito: la trascrizione negli eucario-

    ti 36

    3.4.1 Funzionamento della RNA polimerasi II 37

    3.4.2 Termine della trascrizione 39

    4 codice genetico e sintesi proteica 414.1 Il codice genetico 41

    4.1.1 Introduzione 41

    iii

  • iv Indice

    4.1.2 Definizione 41

    4.2 Il processo di traduzione 42

    4.2.1 Lapparato di traduzione: i ribosomi e il tRNA 43

    4.2.2 La traduzione 46

    4.2.3 La traduzione negli eucarioti 49

    5 mutazioni, polimorfismi, metodologie analitiche 515.1 Le mutazioni 51

    5.1.1 Introduzione 51

    5.1.2 Le mutazioni geniche o puntiformi 53

    5.1.3 Le mutazioni cromosomiche 55

    5.1.4 Le mutazioni genomiche 60

    5.1.5 Altri fenotipi patologici legati a mutazioni 62

    5.1.6 Tabelle riassuntive di alcune patologie 65

    5.2 Il polimorfismo in biologia molecolare 65

    5.3 Il DNA ricombinante 68

    5.3.1 Introduzione 68

    5.3.2 Schema semplificato della DNA ricombinante 68

    5.4 Metodologie analitiche associate al DNA ricombinante 69

    5.4.1 Gel elettroforesi 70

    5.4.2 Ibridazione molecolare o metodo di Southern blot 70

    5.4.3 Amplificazione del DNA in vivo 71

    5.4.4 Amplificazione del DNA in vitro 72

    5.4.5 Il sequenziamento enzimatico 73

    6 genetica umana formale e molecolare 756.1 Introduzione 75

    6.2 Gli esperimenti di Mendel 75

    6.2.1 Caratteri, Loci, geni 76

    6.2.2 Le tre leggi di Mendel 77

    6.3 Variazioni alla Genetica Mendelliana 79

    6.3.1 Dominanza incompleta 79

    6.3.2 Codominanza 80

    6.3.3 Allelia multipla 80

    6.3.4 Pleiotropia 81

    6.3.5 Lepistasi 81

    6.3.6 Il linkage e il crossing over 82

    6.4 I cromosomi umani 83

  • indice v

    7 struttura molecolare e funzionale delle membrane cel-lulari 857.1 Introduzione 85

    7.2 I vari modelli di membrana 86

    7.2.1 Il modello a mosaico fluido 88

    7.3 Struttura delle membrane biologiche 89

    7.4 Il doppio strato lipidico 89

    7.5 Le proteine di membrana 92

    7.6 I carboidrati di membrana 94

    7.7 Meccanismi di trasporto 94

    7.8 Diffusione semplice 95

    7.9 Diffusione facilitata 96

    7.9.1 Preteine trasportatrici o carrier o permeasi 967.9.2 I canali ionici 97

    7.9.3 Caratteristiche pi importanti della diffusione fa-

    cilitata 99

    7.10 Il trasporto attivo 100

    7.11 Il trasporto attivo diretto 101

    7.12 La pompa Na+/K+ 102

    7.12.1 Il ciclo della pompa Na+/K+ 102

    7.12.2 I ruoli funzionali della pompa Na+/K+ 104

    7.13 Il trasporto attivo indiretto 104

    8 trasduzione del segnale 1058.1 Introduzione 105

    8.2 I tipi di segnalazione cellulare 105

    8.3 I Recettori 106

    8.4 Funzionamento dei recettori 109

    8.5 Meccanismi molecolari di trasduzione del segnale 110

    indice analitico 114

  • indice vii

    glossario

    allele In genetica si definisce allele o fattore ogni variante di sequenzadi un gene.

    allelia multipla Si parla di allelia multipla quando a un solo caratterefenotipico corrispondono pi di due alleli dello stesso gene.

    alcune dimensioni utili Genoma umano: 3.3 109 coppie dibasi;

    Cromosoma X: 150 M coppie di basi;

    Cromosoma Y: 50 M coppie di basi;

    Genoma di E. Coli: 4.6 M di coppie di basi in 1 cromosomacircolare

    eritrociti I globuli rossi (o eritrociti o emazie) sono delle cellule delsangue (nei Mammiferi sono prive di nucleo e si chiamano ema-

    zie, nei Vertebrati non Mammiferi, come ad esempio gli uccelli,

    sono nucleate e si chiamano eritrociti, nelluso comune questi ter-

    mini sono intesi come sinonimi), adibite al trasporto dellossigeno

    dai polmoni verso i tessuti e di una parte dellanidride carbonica

    dai tessuti ai polmoni, che provvedono allespulsione del gas alle-

    sterno del corpo. I globuli rossi sono prodotti dal midollo osseo

    rosso (eritropoiesi), hanno una vita media di 120 giorni e vengono

    distrutti dal fegato e dalla milza (eritrocateresi).

    introne Si definiscono introni le regioni non codificanti di un gene (eu-cariotico o di archeobatteri e cianobatteri) che, insieme agli esoni,

    vengono trascritte dalle RNA polimerasi. A differenza degli esoni,

    gli introni, in seguito al processo di splicing del trascritto primario

    (pre mRNA), non si ritrovano negli mRNA maturi.

    leucociti I leucociti (dal greco, leuks bianco e kytos cellula, cavi-t) ovvero i globuli bianchi o WBC, sono cellule del sangue. La

    funzione principale dei leucociti quella di preservare lintegrit

    biologica dellorganismo tramite lattuazione di meccanismi di di-

    fesa diretti contro microorganismi patogeni di varia natura (virus,

    batteri, miceti, parassiti) e contro corpi estranei penetrati nellor-

    ganismo previo superamento delle barriere costituite dalla cute e

    dalle mucose.

  • viii indice

    nucleoplasma E quella parte di una cellula eucariotica separata dalcitoplasma da una doppia membrana. Il nucleoplasma contiene il

    nucleolo, la coromatina e in esso avviene la sintesi dellRNA e la

    sua maturazione.

    pleiotropia La pleiotropia (dal greco pleion - molteplice, e tropein, -cambiamento) un fenomeno genetico per il quale un unico gene

    in grado di influenzare aspetti multipli del fenotipo di un essere

    vivente. Tale capacit, in realt, soltanto apparente perch lef-

    fetto primario del gene rimane unico, ma determina una serie di

    conseguenze. Un tipico caso di malattia che mostra effetti pleio-

    tropici la Fenilchetonuria (o PKU). La fenilchetonuria (OMIM

    261600), causata nella maggior parte dei casi da una mutazione

    recessiva di un gene sul cromosoma 12 (un autosoma), determina

    negli individui omozigoti per lallele mutato lassenza dellenzima

    fenilalanina idrossilasi. Ci impedisce la conversione dellaminoa-

    cido fenilalanina in tirosina. La mancanza di questo aminoacido

    causa effetti pleiotropici quali problemi nella sintesi di proteine,

    degli ormoni tiroxina e adrenalina, e carenza di melanina.

    pirofosfato Lidrolisi dellATP (Adenosin Three Phosfate) in AMP(Adenosin Mono-Phosfate), produce lanione P2O47 , detto piro-

    fosfato:

    ATP AMP+ PPi (0.1)

    Quando un nucleotide incorporato allinterno di una catena na-

    scente di DNA o RNA attraverso lazione di una polimerasi viene

    rilasciato PPi

    promotore Si indica con promotore il sito del DNA ove si lega lRNApolimerasi prima di iniziare la trascrizione.

    stroma Tessuto che forma limpalcatura di sostegno di un organo, en-tro la quale si dispongono le cellule proprie dellorgano stesso che

    nel loro insieme costituiscono il parenchima. A parte il sistema

    nervoso centrale, il cui lo stroma costituito dalle cellule della

    neuroglia, in tutti gli altri organi la struttura di sostegno formatada tessuto connettivo le cui fibre si dispongono in vario modo a

  • indice 1

    formare tralci, sepimenti, reticolati, a seconda dellorganizzazione

    strutturale della parte. Nello stroma di un organo decorrono vasi

    sanguigni, vasi linfatici e nervi propri dellorgano stesso.

    tripsina La tripsina un enzima, appartenente alla classe delle idrola-si, che catalizza il taglio proteolitico con specificit per larginina e

    la lisina. Nel sito attivo presenta una sequenza specifica che pren-

    de il nome di triade catalitica, ovvero Ser195-His57-Asp102. Que-

    sti residui amminoacidici, nonostante siano distanti nella struttura

    primaria, si trovano vicini nella struttura terziaria della proteina.

    Il substrato della tripsina rappresentato da una proteina basica.

    Il pH ottimale per lattivit catalitica della tripsina in un range

    tra 7 e 9; in realt ha attivit catalitica anche ad altri pH ma li-

    drolisi mediata da tale proteasi, a pH differenti da quello ottimale,

    risulta pi lenta.

    La tripsina dunque in grado di ridurre le proteine a polipeptidi

    pi piccoli o singoli aminoacidi che possono essere assimilati dal-

    lintestino: pertanto un enzima fondamentale nella digestione

    delle proteine.

    prodotta dal pancreas sotto forma di tripsinogeno inattivo, che

    viene quindi secreto nellintestino tenue dove viene attivato e tra-

    sformato in tripsina per mezzo di un taglio proteolitico operato

    dallenzima enteropeptidasi. La tripsina risultante, con lo stesso

    meccanismo di taglio proteolitico, in grado di attivare altre mole-

    cole di tripsinogeno. Questo meccanismo di attivazione comune

    a molte serin proteasi, ed utile a prevenire lautodigestione nel

    pancreas.

    In laboratorio, viene utilizzata per staccare dalla piastra le cellu-

    le in coltura, che crescono per adesione. In primo luogo bisogna

    rimuovere il terreno di coltura residuo il quale contiene un ini-

    bitore della tripsina (alfa-1 antitripsina), poi lavare le cellule con

    soluzione salina e aggiungerci la tripsina che staccher le cellule.

  • 1 P R O C A R I OT I , E U C A R I OT I EV I R U S

    1.1 introduzione

    La cosiddetta teoria cellulare individua nella cellula lunit fondamen-

    tale, sia funzionale che morfologica, degli organismi viventi. Una cel-

    lula, infatti, pu essere definita, come la pi piccola unit vitale di un

    organismo che:

    ha un programma genetico;

    in grado di attuarlo in maniera autonomo;

    in grado di trasferirlo alla progenie;

    Tale definizione di cellula , peraltro, avvalorata dalla esistenza de-

    gli organismi unicellulari, come i batteri e i protozoi, dove ogni cellulacorrisponde ad un individuo: in questo caso, infatti, ogni cellula risulta

    essere funzionalmente indipendente a svolgere una attivit vitale.

    Anche negli organismi pluricellulari, tuttavia, dove le singole attivit

    vitali sono affidate a gruppi di cellule, le cellule sono potenzialmente in

    grado di vivere in maniera indipendente quando rimosse dallindividuo

    di cui fanno parte e se sono mantenute in ambiente appropriato.

    In base alla loro organizzazione interna e al loro grado di complessi-

    t della loro regione nucleare, le cellule dei diversi organismi possono

    essere divise in due gruppi principali:

    Quello del gruppo dei Procarioti (da pro = prima e karyon= nu-cleo); Le cellule procariotiche possiedono infatti il DNA di forma

    circolare e di dimensioni molto ridotte rispetto quello degli eu-

    carioti, che si trova libero nel citoplasma in una regione definita

    nucleoide. Il citoplasma delle cellule procariotiche privo di strut-

    ture membranose, ad eccezione dei mesosomi, che derivano dal

    ripiegamento della membrana plasmatica. I principali organismi

    procarioti sono i batteri, che si dividono per scissione binaria.

    3

  • 4 procarioti, eucarioti e virus

    Quello del gruppo degli Eucarioti (da eu = tipico, vero e karyon =nucleo); le cellule eucariotiche possiedono un involucro nucleare

    che separa le diverse molecole di DNA lineare, organizzate in cro-

    mosomi, dal resto della cellula. Linterno della cellula eucariotica

    caratterizzato dalla presenza di numerosi organelli intracellula-

    ri rivestiti da membrana, come lapparato di Golgi ed il reticolo

    endoplasmatico. Le cellule eucariotiche si dividono mediante il

    processo di mitosi e costituiscono la maggior parte degli organismi

    pluricellulari, come ad esempio protisti, funghi, piante ed animali.

    Esistono, inoltre, pi piccoli e pi semplici agglomerati di materia vi-

    vente: i virus. Essi possiedono un patrimonio genetico, ma per esprimer-lo hanno bisogno di unaltra cellula: essi quindi non possono rientrare

    nella definizione data di cellula come unit vitale fondamentale.

    1.2 i procarioti

    I procarioti, generalmente classificati in due gruppi principali o sotto-

    regni (i Bacteria e gli Archaea), rappresentano i pi semplici organismiesistenti. Essi sono tutti unicellulari, anche se possono frequentemente

    trovarsi in forme aggregate. Essi sono caratterizzati dallavere dimensio-

    ni ridotte, da 0.2 m a 30m e una struttura molto semplice.

    I procarioti si distinguono quindi in due gruppi:

    archaea, archaeobacteria: vivono spesso in situazioni di tempe-ratura e pH molto inospitali, hanno caratteristiche (metaboliche,

    genetiche, strutturali) differenti da batteri (eubatteri) ed eucarioti.

    Secondo le recenti classificazioni, non fanno parte del regno dei

    batteri.

    bacteria, batteri: alcuni gruppi sono i micoplasmi, le rickettsie, gliattinomiceti, le spirochete, le pseudomonas e gli azotofissatori.

    1.2.1 Gli Archaea

    Gli archei o archibatteri (Archaea o Archaeobacteria) sono una suddivi-

    sione sistematica fondamentale, al pi basso livello, della vita cellulare.

  • 1.2 i procarioti 5

    Possono considerarsi regno o dominio a seconda degli schemi classifi-

    cativi, ma mostrano strutture biochimiche tali da considerarsi un ramo

    basilare, presto distaccatosi dalle altre forme dei viventi.

    Secondo alcuni degli schemi classificativi, peraltro piuttosto fluidi e

    soggetti alla revisione basata sulle pi recenti tecniche biomolecolari po-

    tevano considerarsi uno dei due regni in cui sono divisi gli organismi

    procarioti. Nonostante non sia del tutto sicura la filogenesi del gruppo,

    gli archei sono (insieme agli eucarioti e agli eubatteri) uno dei fonda-

    mentali gruppi degli esseri viventi. Sono costituiti da singole cellule

    mancanti di nucleo e assieme ai batteri sono stati in passato classificati

    come procarioti o monere. Originariamente sono stati classificati esami-

    nando gli ambienti pi estremi di vita, ma successivamente sono stati

    trovati in tutti gli habitat.

    1.2.2 Bacteria

    Il regno bacteria, dei batteri (sing. batterio o battere) o eubatteri, com-

    prende microrganismi unicellulari, procarioti, in precedenza chiamati

    anche schizomiceti, di dimensioni solitamente dellordine di pochi mi-

    crometri, ma che possono variare da circa 0, 2m dei micoplasmi fino a

    30m di alcune spirochete. Secondo la tassonomia proposta da Robert

    Whittaker nel 1969, assieme alle cosiddette alghe azzurre o cianoficee,

    oggi pi correttamente chiamate cianobatteri, i batteri costituivano il

    regno delle monere. La classificazione proposta da Thomas Cavalier-

    Smith riconosce invece due domini: Prokaryota (comprendente i regni

    archaea e bacteria) ed eukarya (comprendente tutti gli eucarioti, sia

    monocellulari che pluricellulari).

    Fra loro si distinguono per forma in:

    Bacilli: a bastoncino; si dividono in Clostridia (anaerobi) e Bacilli(anaerobi e/o aerobi)

    Cocchi: a sfera; se si dispongono a coppia si chiamano diplococ-chi, a catena si chiamano streptococchi, a grappolo si chiamano

    stafilococchi, a forma di cubo si chiamano sarcine

    Vibrioni: a virgola

    Spirilli: a spirale

  • 6 procarioti, eucarioti e virus

    Spirochete: con pi curve

    Unaltra importante suddivisione quella che li raggruppa secondo lop-

    timum di temperatura alla quale possono crescere. Per questa suddivi-

    sione si hanno, tre sottoclassi:

    batteri criofili o psicrofili

    batteri mesofili

    batteri termofili

    Unultima classificazione basata sulla loro relazione rispetto a un

    organismo:

    Batteri commensali (simbionti), batteri che sono normalmente pre-senti sulla superficie di un determinato tessuto, senza causare

    malattia e/o possono svolgere funzioni che possono essere utili

    allorgano stesso.

    Batteri patogeni, batteri la cui presenza indica patologia e infezio-ne

    Patogeni facoltativi, non causano sempre malattia, dipende dal-lindividuo e dalla loro concentrazione

    Patogeni obbligati, causano in modo indipendente un processomorboso

    1.2.3 Caratteristiche dei Procarioti

    In quasi tutti i procarioti il plasmalemma (o membrana plasmatica, o

    membrana cellulare) circondato da una membrana, detta parete cellu-lare composta da peptidoglicano (una molecola formata da una matricedi zuccheri legate tra di loro da catene polipeptidiche trasversali). Il

    plasmalemma svolge funzioni che negli eucarioti sono svolte da orga-

    nelli specifici: sede di numerosi processi molecolari, pu avere un

    ruolo importante nella sua replicazione e svolge buona parte delle fun-

    zioni vitali della cellula. La pi importante fra queste indubbiamente

    quella di trasporto, in cui il movimento delle sostanze idrosolubili (dal-lesterno verso il citoplasma e viceversa) sia facilitato che controllato.

  • 1.2 i procarioti 7

    Figura 1: 1.Capsula, 2.Parete cellulare, 3.Membrana citoplasmatica,4.Citoplasma, 5.Ribosomi, 6.Mesosoma, 7.Nucleoide (DNA),8.Flagello

    Il plasmalemma anche la sede di particolari molecole proteiche, i re-cettori, in grado di riconoscere e legare chimicamente composti di varianatura (ligandi)provenienti dal mezzo esterno e penetrati attraverso laparete. Il legame ligando/recettore innesta allinterno della cellula una

    serie di reazioni il cui svolgimento permetter alla cellula di rispondere

    adeguatamente alle sollecitazioni ambientali.

    La Figura 1 rappresenta lo schema di una tipica cellula propcariote

    Una delle caratteristiche principali delle cellule procariotiche, indice

    della loro semplicit strutturale e funzionale, la mancanza di organelli

    e compartimenti isolati che invece sono una caratteristica delle cellule

    eucariotiche. Vale infatti su di esse, una osservazione generale: in esse il

    DNA, gli enzimi e gli altri costituenti sono liberi nel citoplasma; tutte le

    reazioni metaboliche quindi, non sono compartimentalizzate e linteracellula opera come una unit singola

    Le cellule procariotiche contengono una singola e grande molecola di

    DNA circolare (cui eventualmente si aggiungono repliconi autonomi),

    localizzato allinterno di una struttura a contorni irregolari, immersa

    nel citoplasma senza la presenza di membrane limitanti e chiamata nu-cleoide . La dimensione del DNA procariotico pu variare da 250m a1500m e si presenta, a differenza del DNA eucariotico, privo di proteine

    associate.

  • 8 procarioti, eucarioti e virus

    La zona del citoplasma attorno al nucleoide, che appare elettron-densaal microscopio elettronico, caratterizzata dalla presenza di piccole par-

    ticelle, approssimativamente sferiche e dal diametro di 20 50 nm che

    sono chiamate ribosomi (da ribo- + sma=corpo; dimensioni 2550nm).Nei batteri i ribosomi contengono pi di 50 proteine differenti in com-

    binazione con vari tipi di acido Ribonucleico (RNA o rRNA). Come nel

    caso delle cellule procariotiche, i ribosomi rappresentano i siti cellulari

    dove gli amminoacidi vengono assemblati a costituire le proteine.

    Altra caratteristica delle cellule procariotiche quella di essere in gra-

    do di muoversi rapidamente grazie allazione di un lungo flagello filifor-me che si diparte dalla sua superficie. I flagelli dei batteri sono costi-

    tuiti da una lunga catena di molecole proteiche. Generalmente la loro

    struttura costituita da ununica proteina, la flagellina. I flagelli bat-terci, che producono movimento avvitandosi nel mezzo acquoso, sono

    strutturalmente differenti dai pi grandi complessi di flagelli eucariotici.

    1.3 gli eucarioti

    La transizione dai procarioti agli eucarioti ha rappresentato una delle

    transizioni evolutive pi importanti; questa transizione, secondo molti

    studiosi, seconda solo a quella dellevoluzione delle cellule fotosinteti-

    che. Il problema di come possa essere avvenuto questo passaggio stato

    fonte di unaccesa discussione.

    Secondo lipotesi pi diffusa, per circa 2 miliardi di anni, quindi per

    un tempo maggiore alla met di quello trascorso dallinizio della vita,

    sono esistite solo cellule procariota.

    Lorigine della cellula eucariota, secondo la teoria attuale e unica accet-

    tata per questo salto evoluzionistico, risalirebbe secondo le stime allin-

    circa 1,5 miliardi di anni fa in pieno precambriano, quando alcuni batteri

    procarioti si stabilirono allinterno di altri organismi in una sorta di sim-

    biosi interna permanente. Vi sono attualmente sufficienti prove, analisi

    ed osservazioni per affermare che gli eucarioti derivano dai procarioti,

    attraverso il meccanismo di endosimbiosi (Serial Endosymbosis Theory),

    postulato in forma completa da Lynn Margulis negli anni sessanta.

    Questa origine pu essere distinta in due tappe:

    la prima comporta la formazione del fagocita primario

  • 1.3 gli eucarioti 9

    la seconda comporta la non digestione degli organelli (perossiso-mi, mitocondri, cloroplasti).

    1.3.1 Strutture principali di una cellula eucariota

    La caratteristica principale di una cellula eucariotica quella di essere

    costituita da un complesso sistema di membrane che, oltre a separare la

    cellula dal mezzo esterno, concorre a definire, da un punto di vista mor-

    fologico, la regione nucleare e suddivide il citoplasma in compartimenti

    distinti detti organelli .

    La figura 1 rappresenta uno schema riportante le caratteristiche prin-

    cipali di una cellula Eucariote.

    Il plasmalemma o membrana cellulare

    La membrana pi esterna quella detta, come nel caso dei procarioti,

    membrana plasmatica. Essa adibita a molteplici funzioni tra le qualiquella del trasporto, appare la pi importante. tale funzione attuata

    grazie alla presenza di canali proteici che attraversano il film lipidico

    della membrana.

    Nel plasmalemma alloggiano anche numerosissime proteine a funzio-

    ne recettrice, molte delle quali sono funzionalmente connesse a sistemi

    biochimici interni che vengono attivati non appena il recettore sulla su-

    perficie cellulare, si accoppia al suo specifico ligando. Allo stesso mo-

    do, anche le interazioni cellula/cellula sono affidate al plasmalemma e

    questo cruciale sia nella formazione degli organismi pluricellulari che

    nello sviluppo di sistemi di aticorpo. In contrasto con i procarioti, il pla-

    smalemma eucariotico non contiene molecole implicate nel metabolismo

    energetico.

    Il nucleo

    Nelle cellule eucariote esiste, allinterno del cistoplasma, una zona sepa-

    rata chiamata regione nucleare, nucleoplsma o nucleo . Tale zona separatadal citoplasma da una membrana nucleare costituita da due membra-

    ne concentriche. Citoplasma e nucleoplasma possono comunicare at-

    traverso piccole aperture (70 90nm di diametro) poste sulla mebrana

    nucleare detti annulus. Lannulus sembra controllare il passaggio delle

  • 10 procarioti, eucarioti e virusTabella

    1:Schema

    diunatipica

    cellulaEucariote

  • 1.3 gli eucarioti 11

    molecole pi grosse come RNA e proteine.

    Nel nucleo, la maggior parte dello spazio occupato da agglomerati

    di fibre sottili, irregolarmente ripegate. Tali fibre, che hanno un diame-

    tro compreso tra i 10ei30nm, contengono il DNA nucleare associato a

    due tipi principali di proteine: gli istoni e le proteine non-istoniche. Gliistoni svolgono una funzione prevalentemente strutturale. Le proteine

    non-isoniche, al contrario, sovraintendono ad una delle pi importan-

    ti funzioni cellulari: la regolazione della attivit genica. Linsieme del

    DNA e delle proteine ad esso associato costituisce la cromatina nucleare.

    A differenza dei procarioti, il DNA eucariotico non concentrato in

    una singola molecola circolare ma suddivisa in un certo numero di mo-

    lecole lineari. Ogni singola molecola, unita alle proteine associate, costi-

    tuisce un cromosoma .Allinterno della cromatina sono poi presenti i nucleoli, corpuscoli forte-mente addensati che, pur non possedendo alcuna membrana, mostrano

    contorni chiaramente ben definiti. I nucleoni rappresentano quella parte

    di cromatina specializzata nella sintesi ed assemblaggio delle subunit

    ribosomiali.

    Il nucleo occupa il pi alto livello gerarchico fra i centri di controllo di

    tutte le attivit cellulari. Le informazioni per la sintesi delle proteine

    cellulari sono codificate nel DNA cromatinico. Ogni segmento di DNA

    contenente linformazione per sintetizzre una particolare molecola pro-

    teica, costituisce un gene . Linformazione genica viene copiata trami-te un RNA messaggero o mRNA, molecola che raggiunge il citoplasmaattraversando la membrana nucleare al livello del complesso del poro.

    Il citoplasma

    Il citoplasma occupa circa la met del volume totale della cellula e vi si

    trovano disperse tutte le sostanze chimiche vitali tra cui sali, ioni, zucche-

    ri, una grande quantit di enzimi e proteine e la maggior parte dellRNA.

    Il liquido costituisce circa il 75-85 per cento delle sostanze contenute nel

    citoplasma, ed formato inoltre da sali minerali, sostanze organiche e

    inorganiche. La matrice citoplasmatica pu essere definita plasmagel oplasmasol a seconda dello stato di aggregazione delle proteine.

  • 12 procarioti, eucarioti e virus

    Nelle cellule eucariote, il citoplasma contiene unintelaiatura forma-

    ta da una complessa rete di filamenti costituiti da proteine fibrose e/o

    globulari che costituiscono il citoscheletro. Il citoscheletro conferisce allacellula la sua forma caratteristica, rende possibili gli spostamenti degli

    organuli cellulari e coordina funzioni biologiche fondamentali.

    Gli organuli cellulari principali contenuti nel citoplasma sono:

    I Mitocondri (da mitos = filo e chondros = granulo): lunghi tra 1 me 4 m, essi sono spesso chiamati le centrali energetiche della

    cellula, in quanto sono la sede di quelle reazioni ossidative che

    rilasciano lenergia necessaria allo svolgimento delle diverse atti-

    vit cellulari. Il combustibile che loro usano per queste reazioni

    rappresentato dai derivati chimici di tutte le pi importanti mole-

    cole biologiche, come i carboidrati, i grassi, le proteine e gli avidi

    nucleici. Il nome che hanno, riflette la sua variabile morfologica:

    essi infatti possono presentarsi come corpuscoli filiformi o come

    granuli compatti, in relazione al tipo cellulare considerato o, nella

    medesima cellula, in funzione del momento metabolico.

    I mitocondri sono organelli parzialmente autonomi e sono provvi-

    sti di un loro DNA, di ribosomi, di enzimi e di altri fattori richiesti

    dai processi di trascrizione e sintesi proteica.

    i Ribosomi eucariotici: di diametro compreso tra i 25 nm e i 35 nm,sono organelli che possono travarsi liberi nel citoplasma - o anco-

    rati al reticolo endoplasmatico ruvido - e sono le particelle respon-

    sabili della sintesi proteica. La loro funzione quindi quella di

    sintetizzare le proteine leggendo le informazioni contenute in una

    catena di RNA messaggero (mRNA). I ribosomi liberi sintetizzano

    quelle proteine che faranno parte integrante delle strutture cellu-

    lari (proteine strutturali). Quelli invece legat agli elementi mem-

    branosi, verranno impegati nellassemblaggio di quelle molecole

    proteiche destinate alle membrane (come i recettori di membrana),

    o che verranno racchiuse in vescicole e stipate nel citoplasma o,

    infine, che andranno a far parte dei materiali secreti dalla cellula.

    I Lisosomi (da lysis=dissoluzione e soma=corpo; dimensioni tipi-che tra 50 nm e 1m di diametro): una vescicola presente in

    numerose copie in cellule eucariote e rappresenta il sistema dige-

    rente della cellula in quanto responsabile della degradazione e

  • 1.3 gli eucarioti 13

    della digestione (distruzione) di molecole estranee e macromoleco-

    le ingerite dalla cellula via endocitosi cos come di macromolecole

    endogene. I lisosomi si occupano del turnover degli altri organel-

    li della cellula stessa. Attraverso questo stesso processo i globuli

    bianchi sono in grado di disfarsi di microrganismi patogeni o cel-

    lule morte precedentemente fagocitate. La degradazione avviene

    per mezzo di enzimi idrolitici (chiamati per questo idrolasi acide)

    contenuti nellorganello in grado di degradare proteine, lipidi e

    carboidrati nei loro costituenti elementari per poi, quando possibi-

    le, venire riutilizzati in altro modo o essere espulsi. Questi enzimi

    si attivano a pH bassi (4,8), e questo importante poich riduce il

    pericolo della distruzione della cellula ospitante qualora vi sia la

    liberazione accidentale di tali enzimi nel citoplasma (che ha pH 7).

    Per

    Il Perossisoma (o microbodies) un organello cellulare vescicola-re di circa 0,5-1 m di diametro separato dal citoplasma da una

    membrana che contiene almeno 50 enzimi ossidativi. In genera-

    le i perossisomi sono considerati comparti metabolici specializza-

    ti, contenenti enzimi in grado di trasferire idrogeno da diverse

    sostanze e legarlo allossigeno per la formazione di perossido di

    idrogeno (H2O2). In una cellula epatica vi possono essere fino

    a 600 perossisomi allinterno dei quali a volte rintracciabile un

    nucleo denso che contiene vari enzimi come lurato ossidasi, la ca-

    talasi, il D-amminoacido ossidasi. I perossisomi esercitano molte

    azioni che vanno dallossidazione degli acidi grassi a lunga cate-

    na (detta beta-ossidazione), alla sintesi del colesterolo e degli aci-

    di biliari nelle cellule epatiche, alla produzione di plasmalogeni.

    Intervengono altres nel metabolismo degli amminoacidi e delle

    purine e prendono parte al processo di smaltimento dei composti

    metabolici tossici.

    I perossisomi elaborano al loro interno il perossido di idrogeno

    (H2O2), (da cui presero il nome) a seguito dei processi di ossida-

    zione, catalizzati da vari enzimi (urato ossidasi, glicolato ossida-

    si, amminoacido ossidasi) che per svolgersi necessitano di ossige-

    no molecolare (O2). Il perossido di idrogeno altamente reattivo

    ed ha azione ossidante per cui viene subito eliminato dallenzima

    catalasi

  • 14 procarioti, eucarioti e virus

    Lapparato di Golgi: un organulo di composizione lipo-proteica.Esso formato da cisterne membranose appiattite, impilate le une

    sulle altre, deputate alla glicosilazione, cio produzione di glico-

    lipidi e glicoproteine (mediante laggiunta di residui glucidici).

    Lapparato di Golgi ha una funzione molto importante ovvero di

    rielaborare, selezionare ed esportare i prodotti cellulari. Questo

    organulo pu interagire con altri (come il reticolo endoplasmati-

    co rugoso) per indirizzare ed etichettare certe vescicole contenenti

    prodotti cellulari verso la loro destinazione, che pu essere quello

    di confluire in altri organi o ingranare nella membrana plasmatica

    e farne uscire il contenuto.

    Il centriolo: un organello presente nella maggior parte delle cel-lule animali, in alcuni funghi, alghe e piante inferiori. Nella va-

    riante base ha struttura cilindrica cava (lunga circa 0,5 micron e

    larga 0,2) la cui parete formata da nove triplette di microtubuli

    ed dotato di appendici allestremit distale.

    I centrioli si trovano in coppia e solitamente sono disposti tra di

    loro a formare un angolo retto. Assieme ad un materiale elettron-

    denso che li circonda, chiamato materiale pericentriolare (PCM),

    costituiscono ci che Theodor Boveri denomin centrosoma, il pi

    importante centro organizzatore dei microtubuli della cellula.

    Essi svolgono una funzione essenziale durante la mitosi, in quan-

    to sono coinvolti nellassemblaggio del fuso mitotico, pur non

    enucleando direttamente i microtubuli.

    1.3.2 Differenze pi significative tra Procarioti ed Eucarioti

    Gli eucarioti si distinguono dai procarioti anche per numerose caratteri-

    stiche a livello molecolare quali, ad esempio:

    diverse propriet delle sequenze genomiche regolatrici

    geni organizzati in introni ed esoni con conseguente processamen-to (splicing) del trascritto primario

    trascrizione e traduzione di un trascritto sono eventi separati nellospazio e nel tempo

  • 1.3 gli eucarioti 15

    i trascritti eucariotici non sono (quasi) mai policistronici, ossia por-tano una sola ORF percentuale di DNA non codificante molto pi

    elevata

    DNA associato ad istoni

    diversa percentuale di G-C nel genoma

    presenza di colesterolo nella membrana cellulare, tranne che neifunghi, nelle piante e in alcuni protisti che, pur essendo eucarioti

    non presentano colesterolo nella membrana.

    Solo negli eucarioti si ha riproduzione sessuale: le cellule eucario-te presentano due modi di divisione: la mitosi e la meiosi. Tutte le

    cellule possono dividersi attraverso il processo di mitosi, ma solo

    quelle diploidi possono subire la meiosi.

  • 16 procarioti, eucarioti e virus

    La tabella 3 riporta in forma schematica le principali caratteristiche

    morfologiche e molecolari e le principali differenze tra eucarioti e proca-

    rioti.

    1.4 i virus

    I virus (o vira, virales, virii a seconda degli schemi tassonomici ed am-

    biti di indagine) sono entit biologiche con caratteristiche di parassita

    obbligato, la cui natura di organismo vivente o struttura subcellulare

    discussa, cos come la trattazione tassonomica. Per tale ragione sono

    considerati lanello di congiunzione tra composto chimico e organismo

    vivente. La singola particella virale viene denominata virione.

    Le dimensioni dei virus partono da circa 10 nm, i pi grandi possono

    raggiungere i 450 nm e il mimivirus i 750-800. Alcuni virus filamentosi

    superano di poco in lunghezza il micron.

    Possono essere responsabili di malattie in organismi appartenenti a

    tutti i regni biologici: esistono infatti virus che attaccano batteri (i batte-

    riofagi, vedi Figura 2), funghi, piante e animali, compreso luomo.

    Figura 2: Tipico Virus Batteriofago

  • 1.4 i virus 17

    Tabe

    lla2:

    Prin

    cipa

    lidi

    ffer

    ence

    tra

    una

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    lapr

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    ica

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    oti

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    stru

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    fino

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    una

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    spec

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    Nuc

    leo

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    DN

    A

    chia

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    onu

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    Nuc

    leo

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    cito

    plas

    ma

    daun

    am

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    Lam

    embr

    ana

    plas

    mat

    ica

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    vest

    ita

    daun

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    DN

    Adi

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    filam

    ento

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    iso

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    ente

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    otei

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    Lalu

    nghe

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    etro

  • 18 procarioti, eucarioti e virus

    I virus sono mediamente circa 100 volte pi piccoli di una cellula e

    possiedono di alcune caratteristiche fondamentali:

    tutti posseggono un relativamente piccolo genoma costituito daDNA o RNA, che trasporta linformazione ereditaria;

    tutti posseggono, quando allesterno della cellula ospite, una co-pertura proteica (capside) che protegge questi geni; entit simili

    ma prive del capside appartengono ai viroidi.

    alcuni posseggono un ulteriore rivestimento che si chiama peri-capside, di natura lipoproteica;

    alcuni posseggono strutture molecolari specializzate ad iniettare ilgenoma virale nella cellula ospite.

    Il loro comportamento parassita dovuto al fatto che non dispongo-

    no di tutte le strutture biochimiche e biosintetiche necessarie per la loro

    replicazione. Tali strutture vengono reperite nella cellula ospite in cui il

    virus penetra, utilizzandole per riprodursi in numerose copie. La ripro-

    duzione del virus spesso procede fino alla morte della cellula ospite, da

    cui poi dipartono le copie del virus formatesi.

    I virus sono tutti parassiti endocellulari obbligati. Allesterno delle

    cellule ospiti sono costituiti da un virione, formato da una capsula pro-

    teica (detta capside) contenente il RNA. I virus degli Eucarioti possono

    possedere anche una membrana che avvolge il capside detta peplos o

    pericapside. Talvolta tra il capside e il peplos presentano un ulteriore

    strato proteico che prende il nome di tegumento. I virioni non possie-

    dono metabolismo: vengono quindi trasportati passivamente finch non

    trovano una cellula da infettare. Linfezione di una cellula ospite richie-

    de il legame con proteine specifiche di membrana. Nelle cellule infettate

    i virus perdono la loro individualit strutturale: consistono negli acidi

    nucleici e nei loro prodotti che assumono il controllo di parte dellattivi-

    t biosintetica cellulare al fine di produrre nuovi virioni. In alternativa,

    alcuni virus possono inserire fisicamente il loro genoma in quello dello-

    spite in modo che sia replicato insieme ad esso. Il genoma virale inserito

    in quello dellospite, detto provirus, riprende la sua individualit e pro-

    duce nuovi virioni in caso di danneggiamento della cellula ospite.

    Una particella virale completa, o virione, costituita da una o pi

    molecole di acidi nucleici, rivestite da subunit di natura proteica (cap-

  • 1.4 i virus 19

    someri) legate allacido nucleico ed ordinate in modo da formare un ele-

    mento di rivestimento, detto capside. Questo svolge innanzi tutto una

    funzione di protezione dellacido nucleico virale (il genoma del virus);

    interviene anche nei processi di traslocazione del virus allospite e al vet-

    tore; determina le caratteristiche antigeniche del virus. I virus possono

    avere un rivestimento lipidico - fosfolipidico derivante dalla membrana

    cellulare della cellula ospitante; eventuali Glucidi di superficie presenti

    provengono interamente da essa. Virus con detto rivestimento possono

    essere subordinati ad esso per la loro infettivit, ingannando il sistema

    immunitario dellorganismo ospite. Il capside composto da proteine

    codificate dal genoma virale e la sua forma pu servire come base per

    la distinzione morfologica. Proteine associate con acidi nucleici sono

    noti come nucleoproteine e lassociazione di proteine del capside virale

    con acido nucleico virale chiamato nucleocapside. In generale abbia-

    mo quattro fondamentali tipi morfologici di virus: Elicoidali, Poliedrici,

    Dotati di rivestimento e Complessi, come i batteriofagi.

  • 2 C I C LO C E L L U L A R E ED U P L I C A Z I O N E D E L D N A

    2.1 il ciclo cellulare

    Il ciclo cellulare, o ciclo di divisione cellulare, la serie di eventi che

    avvengono in una cellula eucariote tra una divisione cellulare e quella

    successiva. La durata del ciclo cellulare varia col variare della specie, del

    tipo di cellula e delle condizioni di crescita. Negli organismi pluricellu-

    lari alcune cellule una volta raggiunta la maturit perdono la capacit di

    dividersi.

    Il ciclo cellulare un processo geneticamente controllato, costituito

    da una serie di eventi coordinati e dipendenti tra loro, dai quali dipende

    la corretta proliferazione delle cellule eucariotiche. Gli eventi moleco-

    lari che controllano il ciclo cellulare sono ordinati e direzionali: ogni

    processo la diretta conseguenza dellevento precedente ed la causa

    di quello successivo. caratterizzato da cinque fasi: G1,S,G2, mitosi e

    citodieresi(non presente in figura) G sta per GAP (Intervallo).

    Molti geni coinvolti nella progressione del ciclo cellulare sono stati

    individuati agli inizi degli anni settanta grazie ad uno studio condot-

    to da Lee Hartwell e collaboratori sul lievito Saccharomyces cerevisiae,

    un microrganismo eucariotico unicellulare che si presta molto bene alle

    analisi genetiche; grazie a questo lavoro furono isolati e caratterizzati

    mutanti che presentavano alterazioni nelle diverse fasi del ciclo cellulare

    (Hartwell, 1974).

    Nelle cellule eucariotiche la progressione attraverso le varie fasi del ci-

    clo cellulare risulta essere finemente regolata dalle chinasi ciclina-dipendenti

    o CDK (Cyclin-dependent Kinases) una famiglia di proteine chinasi la

    cui attivit dipende dalla loro associazione con delle subunit proteiche

    regolative dette cicline; queste ultime sono proteine instabili, sintetiz-

    zate e degradate periodicamente, che si accumulano in fasi del ciclo

    specifiche e che non solo attivano le CDK, ma ne determinano anche la

    specificit di substrato.

    Leland H. Hartwell, R. Timothy Hunt e Paul M. Nurse hanno vinto il

    21

  • 22 ciclo cellulare e duplicazione del dna

    Premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina nel 2001 per la loro scoper-

    ta del ruolo centrale di queste molecole nel ciclo cellulare. Le scoperte

    sono state ottenute studiando il ciclo cellulare rispettivamente nel lie-

    vito gemmante Saccharomyces cerevisiae, nelle uova del riccio di mare

    Sphaerechinus granularis ed nel lievito a fissione Schizosaccharomyces

    pombe.

    Negli eucarioti multicellulari la necessit di rispondere a una maggio-

    re quantit di stimoli esterni ed interni ha permesso levoluzione di mol-

    teplici e diverse CDK: i vari complessi CDK - ciclina che si formano du-

    rante il ciclo cellulare di tali organismi cambiano sia per quanto riguarda

    la subunit regolatoria (ciclina) sia per quanto riguarda la subunit cata-

    litica (CDK). In ogni periodo del ciclo cellulare presente quindi un solo

    tipo di complesso CDK - ciclina cataliticamente attivo e, a seconda del

    complesso formatosi, vengono fosforilate molecole bersaglio differenti.

    Oltre allazione regolatoria della ciclina, il complesso CDK - ciclina

    anche soggetto allazione di inibitori in grado di legarsi a tale complesso

    e di renderne inattiva la subunit catalitica: questa classe di proteine

    prende il nome di CKI (CDK Inhibitors). Inoltre, determinati siti della

    subunit catalitica delle CDK risultano essere bersaglio di molte chinasi

    e fosfatasi che, determinando lo stato di fosforilazione del complesso, ne

    modulano pi finemente la sua attivit.

    2.1.1 Fasi del ciclo cellulare

    vIl ciclo cellulare un evento molto importante, per questo motivo re-

    golato in tutte le sue dimensioni. Affinch linformazione genetica venga

    correttamente trasmessa dalla cellula madre alle cellule figlie, il genoma

    deve essere prima duplicato durante il periodo di tempo denominato

    fase S e in seguito i cromosomi devono venire segregati nelle due cellule

    figlie durante la fase M. La fase M a sua volta composta da due proces-

    si, strettamente collegati: la mitosi, durante la quale i cromosomi della

    cellula sono divisi tra le due cellule figlie e la citodieresi, che comporta

    la divisione fisica del citoplasma della cellula.

  • 2.2 duplicazione del dna 23

    2.1.2 I punti di controllo

    Il ciclo cellulare un processo estremamente importante; errori in questo

    processo potrebbero compromettere la vitalit cellulare. Per tale motivo,

    nel ciclo cellulare, sono presenti dei punti di controllo o checkpoints,

    localizzati a livello delle transizioni G1/S e G2/M. Infatti, tra le fasi S

    ed M ci sono normalmente due periodi di tempo detti gap: G1 fra la

    fine della mitosi e linizio della fase S e G2 fra il termine della fase S e

    linizio della fase M. In questi periodi di tempo si ha la maggior parte

    della sintesi proteica con conseguente aumento della massa cellulare e

    la realizzazione dei controlli che impediscono linizio della fase succes-

    siva se non stata completata quella precedente. Le fasi G1 e G2 sono

    quelle che possono subire la maggior variabilit di durata e in alcuni

    casi particolari possono anche essere eliminate, contrariamente alle fasi

    S e M che sono essenziali e che rappresentano due eventi chiave del ciclo

    cellulare. Linsieme delle fasi G1, S e G2 globalmente identificato come

    interfase. Si dice che le cellule che hanno smesso di dividersi, in modo

    temporaneo o irreversibile, sono in uno stato di quiescenza (fase G0).

    Le cellule nervose e quelle striate dei muscoli scheletrici, ad esempio,

    rimangono in questo stadio per tutta la vita dellorganismo. Le cellule

    che non vanno pi incontro a divisione in seguito ad invecchiamento o a

    danneggiamento del DNA sono invece chiamate senescenti. da osser-

    vare che la mitosi produce sempre due cellule geneticamente identiche

    alle cellula madre e che la maggior parte degli organuli citoplasmatici si

    distribuisce casualmente nelle cellule figlie.

    2.2 duplicazione del dna

    2.2.1 Introduzione

    Durante la fase S dellinterfase, le cellule replicano il loro DNA in prepa-

    razione alla divisione mitotica e meiotica, con un accurato ed efficiente

    processo. Una volta completata la replicazione, la maggior parte dei

    pochi errori introdotti viene corretta da meccanismi di riparazione che

    analizzano il DNA al fine di trovare appaiamenti errati nelle basi ed altre

    irregolarit. Il risultato una duplicazione quasi perfetta dellinforma-

  • 24 ciclo cellulare e duplicazione del dna

    zione genetica Laccurato ed efficiente processo di replicazione del DNA,

    che avviene immediatamente prima del processo di divisione cellulare,

    permette ad ogni cellula il mantenimento di quel grado di ordine che

    necessario al trasferimento della informazione genetica della cellula

    parentale che si trova pronta a essere suddivisa in due cellule figlie.

    I pochi errori che rimangono dopo la duplicazione e la riparazione

    del DNA (le mutazioni), sono molto importanti per il processo evolutivo,in quanto rappresentano la principale sorgente di variabilit su cui agi-

    sce la selezione naturale. Le mutazioni, parimenti, sono alla base della

    comparsa dei fenotipi patologici caratterizzanti la maggior parte delle

    malattie cui un essere vivente incorre durante la sua vita.

    2.2.2 Il DNA (o Acido Dessosiribonucleico)

    Il DNA un lungo polimero lineare costituito da subunit ripetute, i

    nucleotidi e esso rappresenta, insieme allRNA (acido ribonucleico), la mo-lecola informazionale di tutti gli esseri viventi. La sequenza dei nucleo-

    tidi negli acidi nucleici costituisce un codice che conserva e trasmette le

    istruzioni necessarie per assemblare tutti i tipi di proteine.

    Un nucleotide, da un punto di vista chimico, costituito da tre unit

    legate tra di loro da legami di tipo covalente (Figura 3):

    1. Una base contenente azoto

    2. uno zucchero a cinque atomi di carbonio

    3. Uno o pi gruppi fosfato

    Per formare il DNA e lRNA i nucleotidi si uniscono tra di loro at-

    traverso legami detti fosfodiesterici che si formano tra il carbonio 5 dellozucchero (ribosio o desossiribosio) e il carbonio 3 dello zucchero succes-

    sivo. Sono cinque le basi che formano gli acidi nucleici, due appartenenti

    alla classe delle purine (ladenina e la guanina) e tre appartenenti a quelladelle pirimidine (luracile, la timina e la citosina). Nel DNA laccoppia-mento delle basi avviene attraverso legami ad idrogeno doppi o tripli e

    sempre in modo che la Citosina legata alla Guanina e lAdenina alla

    Timina. NellRNA la Timina sotituito dallUracile.

    Come fu proposto per la prima volta nel 1953, nelle cellule il DNA

    esiste come una doppia elica che contiene due catene di nucleotidi in-trecciate. Le basi sono attaccate agli zuccheri e si estendono allinterno

  • 2.2 duplicazione del dna 25

    Figura 3: Struttura chimica di un nucleotide (adenina)

    .

    verso lasse dellelica. Nella doppia elica del DNA, le due catene nucleo-

    tidiche procedono in direzioni opposte e sono, quindi, antiparallele: i

    legami fosfato di una catena, per esempio, se disegnati dal basso verso

    lalto, si estendono dal carbonio 5 dello zucchero inferiore al carbonio 3

    dello zucchero superiore per ciascun legame. Sullaltra catena i legami

    5 3 procedono in direzione opposta dallalto verso il basso. Que-sta caratteristica della struttura del DNA ha un importante significato

    sia per la sua replicazione sia per la trascrizione dellRNA, poich una

    nuova catena di DNA o RNA che si sta copiando deve procedere nella

    direzione opposta rispetto quella del suo stampo (3 5 ).

    2.2.3 La replicazione del DNA

    Il meccanismo di duplicazione di tipo semiconservativo

    Il cosidetto stampo del DNA o DNA templating il meccanismo chele cellule adoperano per copiare la sequesnza nucleotidica di una delle

    catene del loro DNA in una complementare (Figura 4).

    Poich i due filamenti nucleotidici che costituiscono il DNA, sono

    complementari, ognuno di esso pu servire come stampo per la sintesi

    della met mancante quando questi si separano dopo lo srolotamento. Il

    meccanismo che da origine a molecole replicate, ognuna delle quali for-

    mate dal vecchio filamento nucleotidico usato come stampo ( o template)e da quello nuovo indicato come replicazione semiconservativa.

  • 26 ciclo cellulare e duplicazione del dna

    Figura 4: La doppia elica del DNA agisce da stampo per la propriaduplicazione.

    Schema della replicazione

    Lassemblaggio dei singoli nucleotidi del DNA nel filamento cataliz-

    zato da un gruppo di enzimi noto come DNA polimerasi. Questi enzimiutilizzano come substrati i quattro nucleotidi nella nella forma di nu-

    cleosidi trifosfati: la dedossiadenosina trifosfato (dATP), la desossiguanosinatrifosfato (dGTP), la desossicitidina trifosfato (dCTP) e la timidina trifosfato(TTP).

    Le DNA polimerasi differiscono dalle RNA polimerasi (gli enzimi che

    come vedremo, sintetizzano le catene di RNA) oltre che per la presenza

    del desossiribosio al posto del ribosio come zucchero, principalmente

    per la necessit della oresenza di un innesco, o primer, per iniziare lasintesi. Esse sono in grado, in fatti, di iniziare una sintesi solo aggiun-

    gendo nucleotidi alla fine di un filamento nucleotidico preesistente che

    agisce da innesco per la reazione. In natura lRNA usato come innesco

    e ad un certo punto, dopo che la sintesi del DNA ha avuto inizio, esso

    degradato e sostituito da DNA.

    Lo schema della polimerizzazione di una nuova catena di DNA

    mostrato in Figura 5.

    Essa procede a partire dallinnesco (primer strand). Lenzima DNA

    polimerasi (non mostrato in figura) si lega al gruppo 3-OH dellinnesco

    e riconosce la prima base che deve essere copiata sullo stampo. Nella

    Figura 5 questa prima base la guanina. La presenza della guanina,

    determina il legame dellenzima con il substrato dCTP (desossicitidina tri-fosfato) che viene prelevato dal gruppo di nucleotidi circostanti. E da

  • 2.2 duplicazione del dna 27

    Figura 5: La doppia elica del DNA agisce da stampo per la propriaduplicazione.

  • 28 ciclo cellulare e duplicazione del dna

    notare come, tutti e quattro i nucleotidi trifosfati (dATP, dGTP, dCTP

    e TTP) collidono e legano debolmente la DNA polimerasi, ma normal-

    mente solo il nucleotide che da luogo al corretto appaimento con la base

    presente nello stampo (in questo caso dCTP), si legher.

    Il forte legame che si viene a creare tra enzima e substrato, mantiene

    il dCTP appaiato alla guanina dello stampo in una posizione tale da

    favorire la formazione del legame covalente tra il gruppo 3-OH (che si

    trova al termine dellinnesto) ed il gruppo fosfato pi interno legato al

    carbonio 5 del dCTP. A questo punto gli ultimi due fosfati (il pirofosfato)

    vengono eliminati, mentre il rimanente fosfato viene legato allossigeno

    del 3-OH, dando luogo al legame fosfodiesterico 3 5 tra linnesco e ilnucleotide aggiunto.

    In seguito alla formazione del primo legame fosfodiesterico, lenzima

    si sposta verso la successiva base dello stampo di DNA (che nel no-

    stro caso una adenina). In questo caso lenzima prelever una TTP e

    catalizzer la formazione del secondo legame fosfodiesterico tra la timi-

    na e ladenina. Il processo quindi si ripete continuando ad aggiungere

    nucleotidi complementari in successione al filamento nascente di DNA.

    E chiaro che ogni nucleotide che viene aggiunto ad un gruppo 3-OH

    fornisce, a sua volta, un gruppo 3-OH necessario alla successiva reazio-

    ne. Ne consegue che un gruppo 3-OH sempre presente sullestremi-

    t della catena crescente e che quindi la sintesi procede in direzione5 3 . Tutte le DNA polimerasi aggiungono i nucleotidi solo inquesta direzione.

    La reazione che aggiunge nucleotidi al filamento nascente di DNA si

    svolge secondo la stessa procedura che viene seguita dalla cellula nel

    corso della trascrizione dellRNA. Essa si differisce tuttavia per la pre-

    senza dellinnesco (o primer) e per il fatto che nella duplicazione delDNA, la doppia elica stampo deve srotolarsi completamente affinch

    la replicazione sia semiconservativa. Sdrolotamento e duplicazione del

    DNA procedono in prossimit di una forcella che si muovo in modo

    unidirezionale lungo lo stampo di DNA. Per oroginare una forcella uni-

    direzionale, i due filamenti nucleotidici dello stampo di DNA si devono

    srotolare e reoplicare simultaneamente nella stessa direzione. Tuttavia,

    poich i due filamenti sono antiparalleli, solamente uno di essi si presen-

    ta al meccanismo di replicazione nella direzione richiesta 3 5 mentre

    laltro mostra una direzione non funzionale. Questo problema viene ri-

    solto da un meccanismo specifico che fa in modo di replicare questo fila-

  • 2.2 duplicazione del dna 29

    mento in piccoli frammenti disposti in direzione opposta al movimento

    della forcella.

    I meccanismi specifici della replicazione

    Ricerche specifiche in sistemi procariotici ed eucariotici hanno suggerito

    un modello che, pur essendo diverso nei dettagli, applicabile ad en-

    trambi i gruppi di organismi ed anche a molti virus che li infettano. Ta-

    le modello che include tre meccanismi peculiari (svolgimento del DNA,

    sintesi dellinnesco e movimento unidirezionale della forcella), coinvolge

    lattivit coordinata di fattori ed enzimi specializzati.

    Svolgimento del DNA Tale meccanismo dipende da un enzimadetto elicasi che si muove lungo lo stampo a doppia elica, propriodi fronte alla DNA polimerasi, separando al suo passaggio i fi-

    lamenti dello stampo. Per effettuare la reazione di svolgimento,

    lelicasi utilizza una molecola di ATP per ogni giro di elica svolto.

    Il processo di svolgimento causa degli arrotolameneti forzati della

    doppia elica del DNA e, quindi, delle zone nelle quali c una ad-

    densamento forzato della catena. Al fine di allentare la tensione

    meccanica che cos si viene a creare, intervengono degli enzimi,

    detti DNA topoisomerasi, che producono una rottura di fronte allaforcella permettendo il rilascio degli avvolgimenti.

    Sintesi dellinnesco e polimerizzazione Quando il DNA si svolgeuna RNA polimerasi specializzata, chiamata primasi sintetizza gliinneschi. La primasi si attacca al filamento stampo e catalizza

    la sintesi di un innesco di RNA (lRNA primer) lungo da 5 a 10nucleotidi. Gli inneschi vengono assemblati su entrambi i lati della

    forcella in direzione 5 3 : lungo un filamento nella direzione di

    svolgimento, lungo laltro nella direzione opposta.

    La DNA polimerasi aggiunge nucleotidi in modo sequenziale agli

    inneschi. Come per la sintesi degli inneschi, la polimerizzazione

    procede in direzione 5 3 su ambedue i lati della forcella, in modo

    che i nucleotidi siano aggiunti ad un filamento nella direzione

    dello srotolamento e allaltro nella direzione opposta.

    Dopo aver svolto la propria funzione gli inneschi vengono rimossi

    o dalle molecole di DNA polimerasi oppure da una RNAasi spe-

    cializzata in questa funzione in questa funzione. Una differente

  • 30 ciclo cellulare e duplicazione del dna

    DNA polimerasi colma le lacune (gap) originate dalla rimozionedegli inneschi aggiungendo nucleotidi sino ad appaiare anche le

    ultime basi rimaste. Poich la DNA polimerasi, poi, non in grado

    di collegare lestremit 3 del gap riempito allestremit 5 del fram-

    mento successivo, rimane una interruzione nel singolo filamento.

    Questa interruzione viene riparata dalultimo enzima principale

    coinvolto nella duplicazione del DNA, la DNA ligasi. UtilizzandoATP o NAD quali fonti di energia, essa determina la formazio-

    ne dellultimo legame diesterico necessario allassemblaggio dei

    frammenti in ununica catena nucleotidica di DNA.

  • 3 I L C O N C E T TO D I G E N E ET R A S C R I Z I O N E D E G L I R N A

    3.1 il concetto di gene

    Allo stato attuale delle nostre conoscenze sulla biologia molecolare, mol-

    ti autori preferiscono non fornire una definizione univoca e precisa del

    concetto di gene.

    Se agli inizi degli anni 60, in fatti, si tendeva a definire un gene come

    un concetto che prevedeva una esatta corrispondenza tra un tratto di

    catena DNA e la catena polipeptidica risultante, via via che lo studio sui

    meccanismi relativi allepressione del gene veniva approfondito, appera

    chiaro ch tale concetto non era sempre verificato. E il caso per esempio

    della formazione degli rRNA o dei tRNA che derivano da tratti di DNA

    a cui non corrispondono proteine.

    Negli anni successivi si cerc di dare una definizione pi generale di

    gene, cercando di associare ad esso il concetto di unit trascrizionale. An-che questa definizione non immune da critiche perch c chi tende ad

    inserire nella struttura del gene tutte le varie sequenze regolative e va

    anche considerato la condizione in cui lo stesso gene dia pi prodotti.

    Tutto ci porta molti autori a non dare una definizione univoca del con-

    cetto di gene ritenendo che sia impossibile abbracciarne tutti gli aspetti

    con una semplice frase che ne esaurisca le caratteristiche.

    3.2 la trascrizione degli rna

    In biologia molecolare, la trascrizione il processo mediante il quale

    le informazioni contenute nel DNA vengono trascritte enzimaticamente

    in una molecola complementare di RNA. Concettualmente, si tratta del

    trasferimento dellinformazione genetica dal DNA allRNA. Nel caso in

    cui il DNA codifichi una proteina, la trascrizione linizio del processo

    che porta, attraverso la produzione intermedia di un mRNA, alla sintesi

    di peptidi o proteine funzionali.

    31

  • 32 il concetto di gene e trascrizione degli rna

    Figura 6: Esempio della struttura di un gene codificante RNA. Il promo-tore localizzato a monte della sequenza codificante mentre lasequenza terminatrice a valle. La sequenza codificante iniziacon il nucleotide +1

    .

    Lespressione del programma genetico cellulare, localizzato nella mo-

    lecola del DNA, effettuata attraverso una serie di processi che posso-

    no essere raggruppati in due funzioni principali: 1) la trascrizione, 2)

    la traduzione, secondo un flusso di espressione che coinvolge diverse

    strutture della cellula.

    In questo capitolo analizzeremo il processo della trascrizione, che consi-

    ste nella sintesi di una molecola di RNA, la cui sequenza ribonucleotidi-

    ca complementare a quella di uno stampo a DNA.

    Non tutto il DNA di una cellula trascrivibile: lo solo quello che pos-

    siede unorganizzazione che contraddistingue strutture complesse chia-

    mate geni. Sebbene i geni presentino organizzazione diversa nelle

    cellule procariotiche ed eucariotiche e, nellambito della stessa cellula,

    siano differentemente strutturati in relazione con il tipo di RNA da sin-

    tetizzare, possibile individuare una organizzazione generale se si tiene

    conto delle loro regioni funzionali. La Figura 6 riporta un esempio della

    struttura di un gene.

    Come dette in precedenza, fino a poco tempo fa la funzione degli

    RNA era strettamente connessa con la sintesi proteica e essi veniva-

    no classificati in tre rigide categorie tutte coinvolte in questa funzio-

    ne: lRNA messaggero (o mRNA), lRNA ribosomiale (rRNA) e lRNAtransfer (o tRNA). Tale suddivisione oggi pu essere considerata obso-leta in quanto nella cellula sono presenti numerosi altre classi di RNA

    che hanno anchesse un ruolo importante nel metabolismo cellulare: i

  • 3.3 caratteristiche generali della trascrizione 33

    piccoli RNA nucleari (snRNA), i piccoli RNA citoplasmatici (scRNA), i

    piccoli RNA nucleolari (snoRNA). Il ritrovamento in cellule eucariotiche

    di doppi filamenti di RNA-RNA di difficile interpretazione funziona-

    le (i microRNA) fa intuire la complessit delle attivit (ancora in parte

    sconosciute) in cui questa molecola coinvolta.

    3.3 caratteristiche generali della tra-scrizione

    La sintesi degli RNA segue regole che sono generali per la polimerizza-

    zione degli acidi nucleici e che riguardano la necessit dellesistenza di

    uno stampo che detta la direzione della crescita della catena polinucleo-

    tidica e la direzione stessa di crescita che avviene dal terminale 5P al

    terminale 3OH. i nucleotidi che vengono adoperati sono ribonucleosidi

    trifosfato in 5 e precisamente ladenosina trifosfato (ATP), la Guanosina

    trifosfato (GTP), la Citidina trifosfato e lUridina Trifosfato UTP).

    Contrariamente alla duplicazione del DNA, la reazione generale della

    polimerizzazione non richiede alcuna molecola che faccia da innesco.

    Il processo di trascrizione avviene grazie allenzima RNA-polimerasi.

    Nelle cellule eucarioti ci sono tre diverse molecole di RNA-polimerasi,

    che occupano diversi siti. Ciascuno di questi enzimi responsabile della

    trascrizione di una differente classe di geni. LRNA-polimerasi I, che

    risiede nel nucleolo, responsabile della trascrizione dei geni per la pro-

    duzione di tutto lRNA ribosomiale (o rRNA). Questo lenzima con

    la pi elevata attivit di sintesi. LRNA-polimerasi II, localizzata nel

    nucleoplasma (la parte di nucleo che esclude il nucleolo), responsa-

    bile della sintesi del precursore dellRNA messaggero (mRNA). lRNA-

    polimerasi III, lenzima con lattivit minore, anchessa presente nel nu-

    cleoplasma, che sintetizza lRNA di trasporto (tRNA). Nella fase di ini-

    zio lRNA-polimerasi si lega alla doppia catena del DNA, aprendola in

    corrispondenza di una particolare sequenza, chiamata promotore . Il

    promotore una speciale sequenza di nucleotidi che non verr trascritta,

    situata sul DNA allinizio del gene. Successivamente lRNA-polimerasi

    scorre lungo il DNA rompendo i ponti Idrogeno tra le basi azotate com-

    plementari ed aprendo la doppia elica come una cerniera. In questo

    modo una delle due catene viene esposta alla copiatura e fa da stampo

  • 34 il concetto di gene e trascrizione degli rna

    per la sintesi di una molecola di RNA messaggero ad essa complemen-

    tare. Mentre lRNA-polimerasi scorre sul filamento-stampo del DNA

    vengono agganciati ad esso dei ribonucleotidi complementari. Quando,

    durante la trascrizione, nel DNA si incontreranno particolari sequenze

    di basi alla fine del gene (terminatore) si avr il termine della trascrizio-

    ne. Il filamento di RNA messaggero si stacca ed il DNA si richiude e si

    riavvolge Poich i due filamenti si legano tramite appaiamento delle ba-

    si azotate complementari, questi sono tra loro antiparalleli. Il prodotto

    della trascrizione denominato trascritto primario e consiste probabil-

    mente in un filamento di RNA che si estende dal promotore al termi-

    natore. Non si ha dimostrazione di ci perch esso molto instabile e

    quindi difficile da isolare. La fase cruciale della produzione delle diver-

    se forme di RNA la maturazione a partire dai precursori. I complessi

    trascritti primari degli rRNA e tRNA di procarioti ed eucarioti vengo-

    no modificati in forme mature pi semplici. Gli mRNA dei procarioti

    non subiscono quasi mai modificazioni, mentre lassemblaggio dellmR-

    NA degli eucarioti piuttosto complesso. Negli eucarioti la trascrizione

    genera dei precursori nucleari degli mRNA (trascritti primari), che ven-

    gono in seguito convertiti negli mRNA maturi attraverso un processo

    (splicing) che prevede la rimozione degli introni e il ricongiungimento

    delle parti codificanti (esoni). Lo splicing avviene grazie a un apparato

    enzimatico complesso in grado di riconoscere sequenze specifiche pre-

    senti nelle zone di giunzione esone-introne, di rimuovere gli introni e di

    ricongiungere correttamente tra loro i vari esoni. Una volta maturati, gli

    mRNA, come le subunit ribosomiche e i tRNA, passano nel citoplasma

    per svolgere la loro funzione nella sintesi proteica.

    LRNA messaggero (mRNA) rappresenta la classe di RNA pi ete-

    rogenea; infatti costituita da filamenti contenenti tanti codoni quanti

    sono gli amminoacidi delle proteine da loro codificate. RNA messagge-

    ri codificanti per piccole proteine sono costituiti da alcune centinaia di

    nucleotidi, quelli codificanti per proteine grandi ne comprendono varie

    migliaia. Ogni mRNA caratterizzato dal codone dinizio. I tre codo-

    ni UAA, UGA e UAG rappresentano invece il segnale di terminazione

    della sintesi della catena polipeptidica. La precisione nellandamento

    lineare dei ribonucleotidi in gruppi di tre, non solo determina il corret-

    to allineamento degli amminoacidi in una proteina, ma anche un esatto

    punto di inizio e di conclusione della sua sintesi. LRNA di trasporto

    (tRNA) trasferisce ai ribosomi i vari amminoacidi che, uniti tra loro con

  • 3.3 caratteristiche generali della trascrizione 35

    legame peptidico, formano le proteine. Molti trascritti primari che ori-

    ginano dai geni per i tRNA sono discretamente pi lunghi rispetto alle

    piccole molecole mature che si riversano nel citoplasma e che conten-

    gono molte basi modificate. Come tutte le macromolecole trasportate

    dal nucleo al citoplasma, anche i tRNA maturi vengono trasportati attra-

    verso i pori nucleari, probabilmente associati a proteine specifiche che

    ne facilitano il passaggio. Una volta giunti nel citoplasma, i tRNA ma-

    turi si presentano come molecole piccole, costituite da 75-80 nucleotidi

    che si appaiano tra loro in zone specifiche con ponti idrogeno tra basi

    complementari, interrotte da tratti a singolo filamento. Tale situazione

    determina una particolare conformazione a trifoglio, caratteristica per

    tutti i tRNA. Nella cellula, tuttavia, questa molecola ha una complessa

    organizzazione a forma di L rovesciata e contorta a spirale, poich le

    due anse laterali del trifoglio si avvicinano tra loro formando langolo

    fra i bracci della L. Si distinguono circa venti tRNA, ciascuno specifico

    per un determinato amminoacido. La parte pi caratteristica della mo-

    lecola del tRNA lansa terminale, detta anticodone poich porta tre

    basi complementari ai codoni degli mRNA. Gli RNA ribosomiali (rR-

    NA) costituiscono una famiglia di molecole che, assemblate insieme a

    pi di 50 diverse proteine, formano i ribosomi. I ribosomi sono gli or-

    ganuli citoplasmatici che utilizzano le informazioni genetiche dellRNA

    messaggero e gli amminoacidi portati dagli RNA di trasporto per assem-

    blare le proteine. Sono costituiti da due subunit classificate in termini

    di Svedberg (S), una misura del coefficiente di sedimentazione di parti-

    celle in sospensione sottoposte a centrifugazione: gli organuli cellulari

    vengono infatti separati tramite centrifugazione in base alla loro diversa

    densit. La lunghezza delle molecole di rRNA, la qualit delle proteine

    costituenti ciascuna subunit e di conseguenza la grandezza di queste

    ultime varia tra procarioti ed eucarioti. In base ai loro coefficienti di se-

    dimentazione, i ribosomi sono stati suddivisi in due classi: - I ribosomi

    70 S sono caratteristici dei procarioti e sono formati da una subunit 30

    S e da una 50 S. - I ribosomi 80 S sono caratteristici degli eucarioti e

    sono formati da una subunit 40 S e da una 60 S. Negli eucarioti i geni

    che codificano gli rRNA sono localizzati nel nucleolo, che si rappresen-

    ta come un corpicciolo sferico situato nel nucleo. Tale conformazione

    dovuta allintensa attivit trascrizionale che si attua al livello di questi

    geni e dal quasi contemporaneo assemblaggio degli RNA alle proteine

    ribosomiali.

  • 36 il concetto di gene e trascrizione degli rna

    3.4 un esempio approfondito: la tra-scrizione negli eucarioti

    Rispetto al caso dei procarioti, lapparato di trascrizione negli organismi

    eucariotici risulta molto pi complesso. Tale complessit legata da un

    lato allapparato enzimatico sia le sequenze non trascritte che modulano

    lattivit del gene a questo livello.

    Per la trascrizione negli eucarioti esistono tre RNA polimerasi: laRNA polimerasi I, II e III. Esse hanno funzioni diverse e riconoscono,quindi, promotori diversi. Ciascuna polimerasi deputata alla sintesi di

    un dato tipo di RNA come sintetizzato nella Tabella ??.

    Tabella 3: Principali difference tra una cellula procariotica e unaeucariotica

    Nome Localizz. Cellu-lare

    Tipo RNA trascritto

    RNA polimerasi I Nucleolo 45S(28S; 18S; 5.8S; rR-NA)

    RNA polimerasi II Nucleoplasma mRNA, snRNA,snoRNA, miRNA

    RNA polimerasi III Nucleoplasma tRNA; 5S rRNA; scR-NA e alcuni snRNA

    Tutte e tre le polimerasi sono costituite da un core, capace di polime-rizzare e da fattori generali di trascrizione: i cosiddetti GTG (General

    Transcription Factors). La differenza tra le varie polimerasi proprio

    legata alle varie subunit GTF che le compongono. Per esempio, i GTF

    della RNA polimerasi II sono almeno sette: TFIIA, TFIIB, TFIID, TFIIE,

    TFIIF; TFIIH e TFIIJ. Questi lavorano di concerto con il core enzimatico,

    per riconoscere il promotore , legare saldamente il DNA, srdotolarlo ed

    interagire con altre proteine.

    LRNA polimerasi I riconosce tre sequenze come elemento promotore:

    due sequenze che costituiscono lelemento promotore core, situato da-35 a + 15 rispotto al punto di inizio della trascrizione, ed una sequenza

    detta elemento promotore a monte che si trova da -150 a -50.

  • 3.4 un esempio approfondito: la trascrizione negli eucarioti 37

    LRNA polimerasi II riconosce il promotore caratterizzato da una se-

    quenza particolare definita TATA box. Tale sequenza localizzata aduna distanza compresa tra -30 e -25 nucleotidi dal sito di inizio. Talvolta

    necessaria anche unaltra sequenza, distante circa -80 nucleotidi, defi-

    nita CAAT box. Ma il funzionamento della RNA polimerasi II mostraulteriori elementi di complessit:

    ci sono infatti altre sequenze del DNA, localizzate fino a -200 basidallinizio, possono legare degli attivatori. Questi sono delle protei-ne che, a loro volta, possono essere connesse con lRNA polimerasi

    grazie allazione di coattivatori o corepressori.

    Le sequenze di DNA che sono coinvolte con la modulazione dellatrascrizione, possono arrivare ad essere distanti pi di -1000 basi.

    Queste sequenze vengono definite enhancer e legano proteine re-golatrici che incrementano lefficienza della trascrizione fino a 100

    volte.

    I promotori per lRNA polimerasi I e per lRNA polimerasi III non

    hanno n TATA box n CAAT box.

    3.4.1 Funzionamento della RNA polimerasi II

    Il momento pi importante dellattivit dellRNA polimerasi II il rico-

    noscimento della TATA box da parte della TATA-binding protein o TBP,che una componente della TFIIB. A sua volta la TBP associata ad altri

    8-12 fattori, detti TAF (TBP Associated Factors). Il complesso TBP+TAFcostituisce il fattore TFIID. In seguito al legame di TFIID si possono le-

    gare in sequenza TFIIA e TFIIB. Questo un altro importante momento

    perch TFIIB in grado di legare un attivatore posizionato pi a monte

    sul DNA. Ci genera la formazione di una curva sul DNA che essen-

    ziale per la trascrizione. Si legano poi TFIIE, TFIIF, TFIIH e TFIIJ ed il

    core dellRNA polimerasi II per consentire lo srotolamento del DNA e

    linizion della sintesi dellmRNA grazie allidrolisi di una molecola di

    ATP.

    Le Figure 7 e 8 schematizzano lazione della RNA polimerasi II in

    tutte le sue parti e le sue interazioni con le proteine attivatrici.

  • 38 il concetto di gene e trascrizione degli rna

    Figura 7: Attivit dellRNA polimerasi II ed interazione con lattivatore

    .

    Figura 8: Il coattivatore coopera nellinduzione della trascrizionelegando TFIIB allattivatore

    .

  • 3.4 un esempio approfondito: la trascrizione negli eucarioti 39

    3.4.2 Termine della trascrizione

    la trascrizione di un frammento di DNA, che solitamente rappresenta un

    gene, inizia grazie ad una specifica sequenza di basi che prende il nome

    di promotore. Il fine ultimo della traduzione quello di formare seg-

    menti di RNA corrispondenti a specifici geni espressi e, di conseguenza,

    rendere possibile la formazione di materiale proteico, ribosomiale o al-

    tri tipi di RNA. Per questo motivo se esiste un promotore deve esistere

    anche un terminatore che possa indicare allRNA polimerasi dove fer-

    mare lassemblaggio di RNA. In effetti il terminatore esiste nella catena

    di DNA ma opera in maniera leggermente differente rispetto a quanto

    abbiamo visto per il complesso fattore sigma-promotore. Esistono, a tal

    proposito, due tipi di possibile terminazione:

    Terminazioni rho dipendenti.

    Terminazioni rho indipendenti od intrinseche.

    Le replicazioni rho-indipendenti

    In questo caso, un certo numero di coppi CG caratterizzano i siti ove la

    trascrizione termina. Questi siti sono formati da catene palindromiche

    che, sullRNA, portano alla formazione di anse. Sembra che il forte

    rallentamento della polimerasi al sito terminatore costituisca il segnale

    per il rilascio del trascritto.

    Le replicazioni rho-indipendenti

    La proteina strutturalmente un esamero di circa 275 KDalton. Ha

    caratteristica ATP-asica nel senso che pu idrolizzare lATP per ricavare

    energia ed coinvolta nella cosiddette terminazione rho-dipendente.

    La possibilit di idrolizzare il nucleotide trifosfato appariva una parti-

    colarit insolita per una proteina che, in origine, sembrava dover blocca-

    re la traduzione per semplice ingombro sterico, ovvero per interposizio-

    ne tra la RNA polimerasi e la catena di DNA letta. In realt la proteina

    rho riconosce una specifica sequenza nellRNA trascritto e grazie alla

    presenza di questo gruppo di basi si lega ad essa e prosegue in direzio-

    ne opposta rispetto alla direzione di sintesi della molecola di mRNA. In

    altre parole, la proteina , una volta riconosciuta la sequenza tipica, si

  • 40 il concetto di gene e trascrizione degli rna

    lega allRNA ed insegue la catena lungo il verso della propria sintesi

    fino a giungere alla RNA-polimerasi.

  • 4 C O D I C E G E N E T I C O ES I N T E S I P R OT E I C A

    4.1 il codice genetico

    4.1.1 Introduzione

    Come detto nel Capitolo 3, lespressione del programma genetico di una

    cellula effettuata attraverso due momenti principali: la trascrizione

    e la traduzione. Il processo di trascrizione cellulare porta alla sintesidi molecole di RNA a partire dal DNA. La traduzione il passo in cuila molecla intermedia di RNA (in particolare lmRNA) viene letta per

    sintetizzare le proteine. Si usa la parola traduzione in qanto il passaggo

    da RNA a proteina prevede, in effetti, una traduzione dal linguaggio in

    cui il DNA scritto (il linguaggio dei nucleotidi che costituiscono gli

    acidi nuckeici) a quello in cui le proteine sono scritte (il linguaggio degli

    amminoacidi). Questa traduzione, inoltre, necessita la comprensione del

    codice necessario a passare dai nucleotidi agli amminoacidi e per questosi definisce codice genetico linformazione contenuta nel DNA e RNA chepoi vengono tradotti in catene di amminoacidi, cio in proteine.

    4.1.2 Definizione

    Essendo 22 il numero di amminoacidi che costituiscono le proteine tra-

    dotte a partire dallmRNA ed essendo solo 4 i nucleotidi che possono

    variare in una catena di RNA, evidente che lunit elementare codifi-cante deve essere costituita da un numero di nucleotidi maggiore di uno.Ad un solo nucleotide infatti, non pu corrispondere un amminoacido

    perch in tal caso avremmo una corrispondenza di quattro nucleotidi

    con quattro amminoacidi.

    Poich le basi dellRNA sono quattro (adenina, guanina, citosina ed

    uracile, che nel DNA sostituito dalla timina), un semplice calcolo com-

    binatorio ci fa capire che lunit elementare deve essere costituita da

    tre nucleotidi. Sono quindi 43 = 64 le triplette (o codoni) che possono

    41

  • 42 codice genetico e sintesi proteica

    codificare in un amminoacido. In realt 61 di essi codificano gli ammi-

    noacidi, mentre i restanti tre (UAA, UAG, UGA) codificano segnali di

    stop (stabiliscono, cio, a che punto deve interrompersi lassemblamen-

    to della catena polipeptidica). Poich gli amminoacidi che concorrono

    alla formazione delle proteine sono 20, essi in generale sono codificati

    da pi di un codone (con leccezione di triptofano e metionina). Il codi-

    ce genetico pertanto detto degenere e codoni distinti che codificano ilmedesimo amminoacido si dicono sinonimi.

    Possiamo a questo punto dare una definizione operativa di codice ge-netico come linsieme di codoni (o triplette) di acidi nucleici a cui cor-rispondono i vari amminoacidi pi i codoni di termine. Due proprietfondamentali del codice genetico sono:

    Per produrre la corretta sequenza di amminoacidi di una proteinai codoni sono letti in modo continuo

    E degenere perch pi triplette codificano per lo stesso amminoa-cidi

    La Figura 9 riporta tutte i 64 codoni con i corrispondenti amminoaci-

    di codificati. La degenerazione del codice evidente dal fatto che pi

    codoni codificano per lo stesso amminoacido. I codoni UAA, UAG e

    UGA non codificano nessun amminoacido e sono detti codoni non-senso.I codoni non-senso rappresentano dei segnali di stop nella fase di tradu-

    zione anche se, talvolta, possono anche codificare per gli amminoacidi

    selenocisteina e pirrolisina.

    Il codice genetico descritto universale, cio in tutti gli organismi(procarioti ed eucarioti), il codice esattamente identico con leccezione

    di alcuni codoni mitocondriali che, invece, hanno un diverso significato

    rispetto quelli dellmRNA citoplasmatici.

    4.2 il processo di traduzione

    LmRNA, sintetizzato nel nucleo cellulare e poi migrato allinterno del

    citoplasma, sar quindi letto e tradotto dal cosiddetto apparato di tradu-zione che interpreter le varie triplette di nucleotidi. La lettura dellmR-NA avviene in direzione 5P 3OH, mentre la direzione della sintesi

  • 4.2 il processo di traduzione 43

    Figura 9: Figura che riporta i 64 codoni e gli amminoacidi corrisponden-ti ad ognuno di essi

    .

    della corrispondente proteina va dallestremo ammino-terminale (NH2)

    a quello carbossi-terminale (COOH).

    4.2.1 Lapparato di traduzione: i ribosomi e il tRNA

    I ribosomi

    I ribosomi sono organelli immersi nel citoplasma - o ancorati al reticolo

    endoplasmatico ruvido - e sono le particelle responsabili della sintesi

    proteica. La loro funzione quindi quella di sintetizzare le proteine

    leggendo le informazioni contenute in una catena di RNA messaggero

    (m-RNA).

    Furono messi in evidenza per la prima volta al microscopio elettronico

    nel 1953 dal biologo rumeno George Emil Palade, scoperta che gli valse

    il Premio Nobel. Il termine ribosoma fu invece proposto nel 1958 dallo

    scienziato Richard B. Roberts.

    I ribosomi sono formati da tre molecole di RNA ribosomiale e da

  • 44 codice genetico e sintesi proteica

    proteine che si associano a formare due subunit di dimensioni differenti

    (una pi grande dellaltra). I ribosomi dei batteri, degli archea e degli

    eucarioti differiscono sensibilmente tra loro sia per la struttura sia per le

    sequenze di RNA.

    Un ribosoma batterico ha una massa di circa 2700 kDa, un diametro

    di circa 20 nm ed un coefficiente di sedimentazione di 70 S. Esso si pu

    suddividere in due parti o subunit, una pi grande ed una pi piccola:

    una subunit grande di 50 S avente almeno 34 proteine e duemolecole di RNA (23 S e 5 S),

    una subunit piccola di 30 S contenente almeno 21 proteine (S1-S21) ed un RNA di 16 S.

    Il ribosoma della cellula eucariota (fatta eccezione per quelli contenuti

    nei mitocondri e nei cloroplasti), invece, pi grande ed ha una massa

    molecolare di 4000 kDa, un diametro di 23 nm ed un coefficiente di se-

    dimentazione di 80 S. Anchesso composto da due subunit, maggiore

    a 60 S e minore a 40 S:

    la subunit maggiore costituita da tre molecole di rRNA, una a28 S, una a 5,8 S e unultima a 5 S.

    la minore consta di una sola catena di rRNA 18 S. Nel complessole due subunit presentano inoltre pi di 80 proteine.

    Le singole molecole di rRNA (tranne la 5 S) vengono sintetizzate nei

    nucleoli come RNA 45 S. Il DNA contenuto nel nucleolo viene trascrit-

    to dalla RNA polimerasi I a partire da pi punti della catena di DNA,

    in strutture che vengono dette ad albero di Natale; il tronco verrebbe

    rappresentato dal DNA, i rami dalle molte catene di rRNA che vengono

    trascritte nello stesso momento. rRNA 45 S appena trascritto detto pre-

    rRNA; in seguito a tagli, esso dar origine a rRNA 18 S (per la subunit

    minore del ribosoma) e 32 S, il quale verr tagliato ulteriormente in 28 S

    e 5,8 S. Nel pre-rRNA sono presenti pseudouridine e basi azotate meti-

    late. La funzione di queste modifiche nelle basi si pensa sia di evitare il

    taglio enzimatico, o favorire le interazioni dellRNA interne alla catena

    o con altre molecole. La Figura 10 mostra un confronto tra le dimensioni

    delle varie parti dei ribosomi eucariotici e procariotici.

  • 4.2 il processo di traduzione 45

    Figura 10: Confronto tra le dimensioni dei ribosomi eucariotici eprocariotici

    .

    I tRNA

    I tRNA o RNA transfer, sono quella categoria di acidi ribonucleici depu-tati al trasporto degli amminoacidi ai ribosomi dove le catene polipepti-

    diche verranno formate. Essi vengono generalmente raffigurati con una

    forma a trifoglio (vedi Figura 11) mentre analisi a diffrazione X mostra-

    no che la loro struttura tridimensionale ad L rovesciata come quella

    raffigurata in Figure 12.

    Partendo dalla estremit 3-OH, la prima sequenza che si incontra

    la 5P-CCA-3OH. Tale parte della molecola definito accettore perch quello deputato a legare lamminoacido (Figura 11). Lenzima che lega

    lamminoacido al sito acc