Tesina Storia

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DEFINIZIONE DI UNA TIPOLOGIA L’estetica del grattacielo Luca Desolei

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Tesina di "Storia dell'Architettura" L'Estetica del Grattacielo.

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DEFINIZIONE DI UNA TIPOLOGIA

L ’ e s t e t i c a d e l g r a t t a c i e l o

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Premessa

Dopo aver affrontato la lettura di Delirious New York di Rem Koolhaas, testo incentrato sui meccanismi che hanno portato alla definizione, oltre che di una città, anche di una tipologia architettonica nuova, quale è il gratta-cielo per come lo conosciamo oggi, ho sentito la necessità di ricostruire un filo conduttore tra le varie fasi che hanno portato alla definizione estetica del grattacielo in quella che Tafuri definisce “La città degli alfabeti scompi-gliati”.Dopo una breve digressione sulla Preistoria della città, ovvero quel periodo compreso tra l’acquisizione fittizia dell’isola di Manhattan da parte dei colo-nizzatori olandesi e la “profetica” pianificazione di questa tramite una Griglia, l’autore si sofferma su Coney Island, per decenni teatro della sperimentazione tecnologica e protoarchitettonica, oltre che sociale. Dalle torri di Luna Park, all’abortita Globe Tower, si sviluppano modelli che sbarcheranno a Manhat-tan sotto forma di grattacieli maturi, pronti a gareggiare in altezza secondo il principio della massima estrusione verso il cielo dei lotti su cui sorgono. Ma per quale motivo questa sperimentazione ebbe luogo a margini di New York? Quali sono stati i passaggi che hanno portato all’abbandono di quel senso di pudore per il quale un ascensore, anzichè esibito, veniva mimetiz-zato come un campanile gotico? Per rispondere a questa domanda bisogna ritornare alla Chicago di fine Ottocento dove vi era un acceso dibattito, svoltosi più sui cantieri che su carta, tra architetti che proponevano solu-zioni funzionaliste ed altri che si rifacevano a stilemi passatisti importati dall’Europa.Il percorso che ho delineato parte idealmente dall’eclettico Tribune Building di Richard Morris Hunt (New York) per arrivare alla proposta di Adolf Loos per il concorso del Chicago Tribune, passando attraverso lo studio dei protograttacieli newyorkesi e l’iconico Wolworth Building di Cass Gilbert. I testi consultati, oltre al sopracitato Delirious New York sono:- Per una città “imperiale”. Daniel H. Burnham e il movimento City Be-autiful di Mario Manieri-Elia e La montagna disincantata. Il grattacielo e la city, Mandredo Tafuri, entrambi raccolti ne La Città americana dalla Guerra civile al New Deal, 1973 - L’ornamento in architettura di Louis Sullivan, 1892.

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S C U O L A D I C H I C A G O

a fronteWilliam Le Baron Jenny, Home Insurance Building, Chicago, 1885

Il grattacielo si sviluppa nella seconda metà dell’Ottocento in tut-te le grandi città americane, ma la prima grande proliferazione, anche per le innovazioni apportate, avviene a Chicago tra il 1880 e il 1900, in quello che verrà definito il “Rinascimento America-no”. Tutti i grattacieli sono concentrati nel Loop, in nove isolati. Il Loop, che diventa un elemento tipico della città americana è ca-ratterizzato da grandi edifici per uffici, alberghi, grandi magazzini e locali pubblici, e rappresenta il cuore pulsante dell’economia della città, il centro nevralgico delle politiche economiche del self made man americano. A Chicago, come a New York, l’elevato prezzo dei suoli, concentrati in un’area d’interesse circostritta, farà privilegia-re edifici sviluppati in altezza. Il grattacielo nasce duque per asse-condare la necessità di massimizzazione dei profitti, come moltipli-catore del valore di un lotto. Sarà l’ascensore, inventato da Elisha Otis nel 1864, il grande emancipatore delle superfici orizzontali. Le problematiche da risolvere nello sviluppo del grattacie-lo sono relative alle fondazioni, alla resistenza agli incendi, alla necessità di ventilazione e al controventamento della struttura. L’architetto americano si trova dunque a confrontarsi con una tipo-logia architettonica inedita in Europa e mai affrontata in preceden-za. Nel volersi affiancare alla cultura Europea si apre però il dibat-tito su quale sia lo stile più idoneo da adottare per il grattacielo.Dal punto di vista strutturale i primi grattacieli sono realizzati o in muratura portante, con l’inevitabile conseguenza di avere muri in laterizio o pietra di spessori enormi, o con strutture metalliche a telaio, in ghisa inizialmente ed in acciaio più tardi, annegate nella terracotta o ricoperte di laterizio per offrire una protezione in caso di incendio. le strutture metalliche erano le più versatili in quanto offrivano ampie superfici alle aperture vetrate e campate più ampie. Stilisticamente vi fu una spaccatura fra chi esibiva con chiarezza la strut-tura metallica in facciata e chi invece la celava dietro fittizie murature.Tra le molte figure professionali presenti nella Chicago del tem-po le più significative sono rappresentate da H. R. Richardson,William Le Baron Jenny, John Welborn Root e Daniel Burnham, Louis Sallivan e Dankmar Adler.

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C U L T U R A A M E R I C A N A / S U L L I V A NLouis Henry Sullivan (1856-1924), principale esponente della scuo-la di Chicago, dedicò la sua carriera alla definizione della tipologia architettonica del grattacielo, partendo da un funzionalismo moder-no per arrivare allo studio di motivi ornamentali organici e di ispi-razione naturalistica, oltre ad una ricerca volta al controllo formale dell’edificio in altezza. Nell’architettura di Sullivan le forme fluide contribuiscono sia dal punto di vista tecnico che simbolico a convalidare e sublimare la struttura, secondo un ideale organico di crescita espansiva e diffe-renziale. Dal 1880 inizia la sua collaborazione con Dankmar Adler. Alla fine dell’Ottocento, un’élite imprenditoriale attenta a rivendi-care la propria identità americana trovò in lui la risposta alle proprie ambizioni estetiche. Sullivan volle assumersi il ruolo di guida per le giovani generazioni di architetti, in un periodo in cui l’influenza del classicismo europeo minacciava di soffocare il nascere di uno stile tipicamente americano. Sullivan sentì la sua professione come una missione e l’architettura come uno strumento con cui incidere sui valori sociali e culturali del tempo. La diffusione dell’orientamen-to classicistico, col suo apice nell’Esposizione Colombiana, ma che influenzò tutta la scena architettonica di fine secolo di Chicago, rele-gò agli edifici suburbani le architetture organiche e naturalistiche di Sullivan e dei suoi seguaci. Sullivan si propone di mettere in pratica il programma del poeta Ralph Waldo Emerson, volto alla riscoperta di un’America primigenia, pura e incorrotta, ritrovando nella natura e nella democrazia lo spirito orgoglioso e la fiducia individualista del giovane paese. L’ornamento diviene il simbolo poetico in cui si conciliano gli opposti: le semplici forme geometriche si fondono con la lussureggiante decorazione botanica nel Wainwright Building o nel Guaranty Building dove la struttura geometrica è rivestita con un “abito di rilievi ornamentali”. Sullivan, in polemica con gli orien-tamenti più pragmatici di Burnham, Root e Adler afferma che lo stile non è il frutto di superficiali adattamenti di precedenti storici a situazioni contemporanee ma si rifà alla lezione di Eugène Viollet-le-Duc, secondo la quale la bellezza non può derivare dall’applica-zione di un canone ma dall’esatta concordanza tra forma e funzione.a fronte in altoLouis H. Sullivan & Dankmar Adler, Wainwright Building, Saint Louis, 1891 a fronte in bassoLouis H. Sullivan & Dankmar Adler, Guaranty Building, Buffalo, 1896

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N E O C L A S S I C I S M O / E X P O

Daniel Burnham, Esposizione Internazionale (Fiera Colombiana), Chicago, 1893

La Columbian Exposition del 1898 aveva reso familiare il gusto clas-sicistico che si era diffuso a Chicago nell’ultimo decennio dell’Otto-cento. L’esposizione rappresentò uno scontro tra due diverse strate-gie culturali e segnò la sconfitta della cosiddetta Scuola di Chicago, che aveva tentato di trovare soluzioni stilistiche innovative e autoctone per le nuove costruzioni in vetro e acciaio, a favore di un’apertura inter-nazionale, incentrata sul modello classico francese. Principale artefice di questo orientamento era stato Daniel Burnham, il grande rivale di Sullivan, ma anche il coordinatore del gruppo di progettazione per il rinnovo delle città americane e padre del movimento City Beautiful.E.T.Jaffery, presidente dell’Illinois Central Railway, viene nominato a capo della commissione. La scelta del luogo ricade su Jackson Park. Burnham ha l’incarico di dirigere da coordinatore la parte edilizia, affiancato da Root nel ruolo di consulting architect, mentre Olmsted si occupa della parte paesaggistica, aiutato da Harry S. Codman.A differenza delle fiere che si si svolgevano in Europa, dove le tecno-logie erano manifestate per l’occasione, in quanto distanti e isolate dalla città, nel caso di questa fiera americana, avendo già delle città che sono figlie delle tecnologie, l’occasione dell’esposizione viene sfruttata per colmare quel gap culturale dovuto all’assenza di centri storici. Il linguaggio degli edifici della Fiera è classicista, ma l’a-spetto, che richiama alla durevolezza, cozza con l’assoluta tempo-raneità delle strutture, realizzate in legno e gesso. La mentalità da businessmen degli investitori di Chicago porta alla scelta del rap-porto tra fini e mezzi secondo la politica dle massimo rendimen-to; per questo si decide di optare per edifici il più monumentali possibili ma fatti di stucco bianco su armature di stecche di legno. Il classicismo per Burnham rappresenta la fine delle pretese indi-vidualistiche degli architetti superuomini. La fiera a Jackson Park appare come un’allegoria di una Venezia ideale e ordinata. La zona degli Stati Uniti è il settore dell’ordine, della grandezza e dell’ef-ficienza e nel percorso tra questo settore e gli altri viene posizio-nato il padiglione della donna: moderno, simbolo di emancipazio-ne; in maniera tale da investire di un’aura tenebrosa e feudale sia i padiglioni che le meraviglie esposti dai paesi del vecchio mondo.

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E C L E T T I S M O / N E O G O T I C O

Richard Morris Hunt, Tribune Building, New York, 1873-75

L’eclettismo tende a caratterizzare l’edificio secondo una logica stori-cistica, abbellendolo con motivi e decorazioni tratti dalla tradizione europea, o in casi più radicali, strutturandone la forma come richia-mo alle architetture del passato. La prima importazione ufficiale del classicismo in America è stata fatta dal presidente Thomas Jefferson, definendo i caratteri dello stile di rappresentanza i cui massimi esempi sono l’università della Virginia e il Campidoglio di Washington. Allo stesso modo a New York, dopo la metà del XIX secolo, un gruppo influenzato da Ruskin costituì l’”associazione per il progresso della Verità nell’Arte” che dichiarava che il Gotico era cristiano, morale e anche profondamente connesso con la tradizione americana. Ciò portò ad un recupero delle istanze gotiche e medievali, in contrapposizione all’universalismo classico. Più pragmaticamente, la motivazione prin-cipale che stette alla base della ripresa di questo stile per applicarlo alla nuova tipologia architettonica del grattacielo, sta nel fatto che le linee di forza ascendenti e a sviluppo tendenzialmente infinito, ne assecon-dano egregiamente la struttura. Questo senso d’inferiorità rispetto alla cultura Europea è talmente sentito che le innovazioni tecnologiche vengono mascherate: è il caso dell’ascensore, emancipatore del grat-tacielo, che nel Tribune Building viene mascherato da un campanile.

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in altoRichard Morris Hunt, Tribune Building, New York, 1873-75 (demolito nel 1966) St. Mark’s Church, New York, 1799 (fotografia di Berenice Habbot) in basso

Napoleon LeBrun, Metropolitan Life Guard, New York, 1893-1909Campanile di San Marco, Venezia, IX sec. (ricostruito nel 1912)

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in altoStanford White, Madison Square Garden II, New York, 1890 (demolito nel 1925)

Giralda della cattedrale di Siviglia, XII-XIII sec.

A R C H E T I P O / T O R R EA metà tra sperimentazione e citazione, tra faro di un mondo irrazionale a Coney Island e campanile dal gusto storicista a Manhat-tan, la torre diviene in breve un ossessione nella ricerca architettonica a New York. Nel 1906 la Globe Tower ne rivela un potenziale, che la rende economicamente appetibile. I primi edifici di Manhattan, per quanto alti, sono tozzi e ancora molto distanti dall’essere definiti grattacieli. Nel 1908 Ernst Flagg progetta una torre e la pone alla sommità del suo Singer Building, un atto profetico che aporirà la strada ad una vera a propria tipologia architettonica.

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M O L T I P L I C A Z I O N E / F A R O / I S O L A

in alto a sinistra Napoleon LeBrun, Metropolitan Life Guard, New York, 1893-1909 in alto a destra Stanford White, Madison Square Garden II, New York, 1890 (demolito nel 1925) a fronte Daniel Burnham, Fuller Building (Flatiron Building), New York, 1902

“La pura e semplice moltiplicazione del Flatiron è priva di signi-ficato; il Metropolitan Life Building ha una propria ragione d’es-sere, ma questa è compromessa dalla contraddizione tra la sua pre-tesa d’isolamento e la realtà concreta della sua collocazione su uno dei molti lotti che si trovano nello stesso isolato, ciascuno pronto a rubarne l’idea; e il Madison Square Garden non riesce a fare ab-bastanza soldi per giustificare la stravaganza delle sue metafore. Ma quando i tre vengono messi assieme, le loro debolezze di-ventano punti di forza: la Torre conferisce senso alla molti-plicazione, la moltiplicazione legittima le metafore che stanno al piano terra e la conquista dell’isolato assicura l’iso-lamento della torre quale unico abitante della propria isola. Il vero Grattacielo è il prodotto di questa triplice fusione.”

REM KOOLHAAS Delirious New York

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Cass Gilbert, Woolworth Building, New York, 1911-13

Soprannominato “Cattedrale del commercio” per via dello stile ne-ogotico e della destinazione d’u-so totalmente commerciale, il Wo-olworth Building è l’esempio più lampante di quell’orientamento pro-gettuale che porterà alla rottura con la poetica della Scuola di Chicago. Con la sua massa telescopica, costi-tuita da una semplice estrusione di 27 piani sormontata da una torre di ulteriori 30 piani, il Woolworth Bu-ilding si erge come protagonista prin-cipale dallo skyline di Manhattan.Esternamente appare pettinato in lunghe fasce verticali culminanti in puntoni che contribuiscono alla per-dita di controllo visivo dell’edificio. Pur non rappresentando alcun ideale, la sua massa eclettica e al tempo stes-so neutra, si rende disponibile ad ac-cogliere qualsiasi significato e la sua mole lo rende monumento di se stesso. Con questi progetti eclettici dei pri-mi due decenni del secolo si verifi-ca una profonda deideologizzazione del tema del grattacielo che in sede formale si manifesterà con un at-teggiamento di indifferenza verso il materiale linguistico adottato. L’ar-bitrarietà con cui Cass usa soluzio-ni del gotico perpendicolare ingle-se nasconde soluzioni tecnologiche, che invece, sono molto avanzate.

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E C L E T T I S M O / R A Z I O N A L I S M O / C R I T I C A

in alto a sinistra Walter Gropius, Concorso per il Chicago Tribune, 1922 in alto a destra Eliel Saarinen, Concorso per il Chicago Tribune (2° classificato), 1922a fronte Raymond Hood & John Mead Howells, Chicago Tribune (1° classificato), Chicago, 1922-1925

Nel 1922 viene bandito il concorso internazionale per la realizzazione del-la nuova sede del Chicago Tribune. Vi partecipano oltre 300 architet-ti tra Americani ed Europei. Significativa è la produzione dei primi vota-ta ad un eclettismo in taluni casi estremamente forzato, mentre i secondi, votati al razionalismo, si rifanno alle ultime tendenze delle avanguar-die tedesche ed olandesi. Vince il progetto neogotico di Hood e Howells.

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C O N T R O L L O D I M E N S I O N A L E

Adolf Loos, Concorso per il Chicago Tribune, 1922

Caso particolare è quello di Adolf Loos che affronta il tema storico della colonna nel modo più ambiguo e impressionante.Il concorso del Chicago Tribune porta necessariamente alla con-dizione di “isolare il grattacielo”, di consacrarne l’autonomia, e Loos appunto propone la sua icona rimarcando la disperata so-litudine dell’oggetto estraniato, dell’alienazione formale, della disillusione metropolitana. Dal punto di vista formale l’operazione di Loos risolve in modo “logico” e ironico l’incompatibilià delle dimensioni, tra-sformando l’intero fusto del grattacielo in una colonna dorica. Per quanto la scelta possa apparire ironica o l’inizio di un cer-to spirito pop, la lettura più corretta dell’opera in questione è quella che vede in questa scelta un manifesto critico a difesa dell’intramontabilità dei valori. Loos va a riesumare quell’archetipo che è la colonna triparti-ta e la trasforma in un edificio, spingendo al limite la lezione sullivaniana volta al controllo formale dell’altezza dell’edificio. Al grattacielo americano “vestito” all’europea, Loos contrappone un vero e proprio manifesto fatto edifi-cio, grido di una volontà di intramontabilità dei valori. Oltre a Loos il tema della colonna è ripreso anche da due pro-getti americani: quello di Mathew L. Freeman, nel quale una tozza colonna dorica sovrasta una banale volumetria conclu-sa a frontoni triangolari; e quello di Paul Gerhardt, che pro-getta una soluzione del tutto affine a quella Loosiana, dove però la colonna dorica è sostituita da una colonna egizia. Loos apprezza la lezione sullivaniana di saper sintetizzare due opposti: il saper assorbire e restituire in scala gigantesca l’ideologia europea dell’ordine, della forma aldilà del tem-po e l’aderire spregiudicatamente alla legge del quotidiano. Pur nell’apprezzare le capacità di sintedi di Sullivan, la colonna del Chicago Tribune ne rappresenta la scissione.

a fronte Adolf Loos, Chicago Tribune (fotoinserimento), Chicago, 1922

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a fronte Adolf Loos, Chicago Tribune (fotoinserimento), Chicago, 1922