Tesi di Luca

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_____________________________________________________ CAPITOLO 1 QUESTIONI CIVILISTICHE PRELIMINARI ALLA TRATTAZIONE _____________________________________________________ Sommario: 1. Donazione e liberalità atipiche - 2. Liberalità dirette - 3. Liberalità indirette - 4. Ulteriori precisazioni sulla distinzione tra liberalità dirette e indirette - 5. Spigolature sulla donazione - 6. Atti gratuiti in senso stretto 1. DONAZIONE E LIBERALITÀ ATIPICHE Gli atti a titolo gratuito in senso lato sono quelli in cui un soggetto esegue la rinuncia o l’attribuzione di un diritto senza corrispettivo, e per ciò si contrappongono agli atti onerosi. Di tutti gli atti a titolo gratuito, quello cui il codice presta maggiore attenzione è la donazione, regolata dal titolo V del libro II del codice civile. Tratti caratteristici della donazione sono la solennità formale e l’animus donandi. Il codice civile, all’art. 769, prescrive per tale atto la forma pubblica sotto pena di nullità e richiede che l’attribuzione sia compiuta con spirito di liberalità: la volontà di arricchire il patrimonio del donatario, impoverendo il proprio, accompagnata dalla consapevolezza di non esservi giuridicamente obbligato (donari videtur quod nullo iure cogente conceditur). L’art. 809 c.c. ammette espressamente la possibilità di porre in essere liberalità anche al di fuori dello schema della donazione solenne, ed estende a tali liberalità c.d. atipiche parte della disciplina prevista per la donazione. 1

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CAPITOLO 1

QUESTIONI CIVILISTICHE PRELIMINARI ALLA TRATTAZIONE

_____________________________________________________

Sommario: 1. Donazione e liberalità atipiche - 2. Liberalità

dirette - 3. Liberalità indirette - 4. Ulteriori precisazioni

sulla distinzione tra liberalità dirette e indirette - 5.

Spigolature sulla donazione - 6. Atti gratuiti in senso stretto

1. DONAZIONE E LIBERALITÀ ATIPICHE

Gli atti a titolo gratuito in senso lato sono quelli in cui un

soggetto esegue la rinuncia o l’attribuzione di un diritto senza

corrispettivo, e per ciò si contrappongono agli atti onerosi.

Di tutti gli atti a titolo gratuito, quello cui il codice

presta maggiore attenzione è la donazione, regolata dal titolo V

del libro II del codice civile. Tratti caratteristici della

donazione sono la solennità formale e l’animus donandi. Il

codice civile, all’art. 769, prescrive per tale atto la forma

pubblica sotto pena di nullità e richiede che l’attribuzione sia

compiuta con spirito di liberalità: la volontà di arricchire il

patrimonio del donatario, impoverendo il proprio, accompagnata

dalla consapevolezza di non esservi giuridicamente obbligato

(donari videtur quod nullo iure cogente conceditur).

L’art. 809 c.c. ammette espressamente la possibilità di porre

in essere liberalità anche al di fuori dello schema della

donazione solenne, ed estende a tali liberalità c.d. atipiche

parte della disciplina prevista per la donazione.

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Tale disposizione non prevede un contratto nominato. Con il

termine liberalità, il legislatore non ha inteso prevedere un

contratto (o un pur semplice atto) di natura tipica, come accade

per la donazione e le figure di cui al titolo III del libro IV

del codice, bensì ha voluto attribuire all’atto, o alla

concatenazione di atti impiegati da un soggetto per arricchire

altri con animus donandi, una qualifica ulteriore rispetto a

quella che già di per sé l’atto o il complesso di atti possono a

seconda dei casi rivestire (ad esempio, compravendita a prezzo

diverso dal valore di mercato del bene o adempimento del terzo

con esclusione della surroga), in virtù del fine perseguito

dalle parti.

La liberalità, prima ancora che un negozio, è un risultato

oggettivo (l’impoverimento di un soggetto con arricchimento di

un altro) accompagnato dall’elemento soggettivo della coscienza

della non obbligatorietà giuridica e morale1 dell’atto mediante

cui tale risultato è raggiunto. Tale risultato può esser

perseguito sia con la donazione solenne, sia con altri atti. A

non diverse conclusioni si può giungere sulla scorta dell’art.

809 c.c., secondo il quale una liberalità può risultare tanto da

donazione quanto da atti diversi. Questi atti diversi dalla

donazione, che possono essere i più disparati, non potranno mai

dirsi liberalità se considerati in sé e per sé nella loro

astrattezza, ma soltanto in quanto apprezzati come mezzo

concreto d’attuazione di una volontà dell’effetto depauperitio-

locupletatio, che può anche non risultare dall’atto, a seconda

dei casi2.

L’atto diverso dalla donazione con cui si realizza un

impoverimento accompagnato da arricchimento volontario e

consapevolmente non dovuto può dunque ben dirsi liberalità, ma

                                                                                                               1 E’ necessaria la non obbligatorietà morale perché l’adempimento di

obbligazione naturale, seppur non coercibile giuridicamente, non dà luogo a liberalità.

2 Coerente a tale ricostruzione è Cassazione civile sez. II!29 febbraio 2012 n. 3134.

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solo in virtù della metonimia usata dal legislatore

nell’attribuire quell’ulteriore qualifica di liberalità da cui

deriva l’estensione di disciplina di cui all’art. 809 c.c.,

metonimia cui possiamo adeguarci con la precisazione testé

esposta.

Ciò che ci preme sottolineare è che l’espressione «liberalità»

non individua una categoria di atti con propria struttura e

natura giuridica: il carattere liberale è un attributo che atti

della più svariata struttura e natura giuridica possono

assumere, e al possesso di questo carattere si accompagna

l’applicabilità all’atto della disciplina che il legislatore ha

dettato non solo per le donazioni strictu sensu, ma appunto per

le liberalità in genere, sì che a tali atti si applicherà la

disciplina propria dell’atto con cui la liberalità è realizzata

(ad esempio, gli articoli 1470 e ss. se la liberalità è attuata

per mezzo di una compravendita) e, in aggiunta e parallelamente

a questa, la disciplina delle donazioni estesa alle liberalità

in virtù del richiamo fatto dall’art. 809 c.c..

Liberalità e donazione stanno in rapporto di genere a specie.

Ogni donazione realizza liberalità, ma liberalità può aversi

anche con atti diversi dalla donazione. Ne consegue che

all’interno del genere delle liberalità troviamo la donazione e

le liberalità in senso stretto, le quali non necessariamente

debbono risultare da un atto non solenne, potendo anch’esse

essere stipulate dalle parti per atto notarile, ma senza esser

qualificate (e volute) dalle parti come donazione (come può

accadere, per ipotesi, nel caso di compravendita immobiliare a

prezzo di favore).

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2. LIBERALITÀ DIRETTE

Il fine liberale può essere perseguito per via diretta o

indiretta: si avranno conseguentemente liberalità dirette e

liberalità indirette.

Nelle prime, l’impoverimento del proprio patrimonio,

l’arricchimento di quello del beneficiario dell’attribuzione e

l’animus donandi risultano immediatamente dall’atto, talché la

liberalità coincide con il contenuto stesso dell’atto. A questo

punto sorge un problema: ammettere la validità della liberalità

diretta significa ammettere che un atto diverso dalla donazione

può arricchire e impoverire per fine liberale, e che da

quest’atto può risultare il programma liberale come accade in

una donazione, ma siffatto contenuto negoziale coincide con

quello per cui l’art. 782 c.c. impone la forma solenne. Alla

luce dell’art. 782 c.c. quest’atto non dovrebbe forse essere

nullo, visto che tale disposizione commina la nullità assoluta

per gli atti del tipo descritto che non rivestano la forma

dell’atto pubblico? Di primo acchito non si spiega perché da un

lato il legislatore accolga le liberalità diverse dalla

donazione, dunque non stipulate per atto pubblico, e da un altro

ne commini la nullità.

Le donazioni remuneratorie, le liberalità d’uso e le donazioni

di modico valore sono esentate dalla forma solenne ad

substantiam dagli artt. 770 e 783 c.c.. Quid iuris per le altre

liberalità dirette?

Ciò che mantiene in vita alcune liberalità dirette non

stipulate per atto pubblico è l’avere un tratto caratterizzante

che le contraddistingua dalla donazione, e le porti quindi al di

fuori dell’ambito d’applicazione della nullità di cui all’art.

782. Ciò accade, ad esempio, quando l’atto si distingue dalla

donazione per essere un atto giuridico non contrattuale3, ovvero

                                                                                                               3 Un esempio si ha nel caso della remissione del debito. Il fatto che

l’art. 1236 richieda la mancanza di opposizione del debitore entro congruo termine ai fini della stabilità dell’effetto estintivo non vale a configurare la remissione come contratto, come se perdesse la propria

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un contratto che importi liberalità strutturalmente non identica

a quella tipica, come un contratto a favore di terzo (in cui,

diversamente dalla donazione, il beneficiario non è parte

dell’atto), ovvero ancora per la presenza di un parziale

sinallagma tra le prestazioni dei contraenti4.

Secondo BIONDI 5 , «il negotium mixtum, ai sensi dell’art. 809,

non è altro che negozio a titolo oneroso, da cui risulta la

liberalità. Ne l’atto ne il risultato sono entità capaci di

assorbimento dell’uno verso l’altro. Pertanto l’atto è soggetto

alla disciplina del contratto a titolo oneroso, in armonia con

l’intento delle parti, salvo l’applicazione alla liberalità, che

ne risulta, di quei princìpi che la legge estende alle

liberalità atipiche». L’autore concepisce qui la liberalità in

termini di risultato, poiché «la liberalità è voluta non in

modo autonomo o inerente all’atto, ma risulta da esso».

Possiamo quindi concludere che la compravendita c.d. mista a

donazione sia valida non solo per la parte supportata da causa

di scambio, ma anche per la parte che parrebbe supportata da

causa donativa, e quindi per l’intero, benché non stipulata per

atto pubblico, perché il negozio usato dalle parti è una

compravendita, non valendo a mutare la causa fondamentale del

contratto il fatto che una parte voglia, per liberalità, pagare

molto più o farsi pagare molto meno del valore di mercato del

bene.

Rientrano nel novero delle liberalità dirette anche meri fatti

giuridici come la costruzione, la piantagione e la seminagione

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               natura di atto unilaterale. Nel diverso caso in cui il debitore presta espressamente il proprio consenso all’effetto remissivo, spesso dietro corrispettivo, si ha contratto remissorio (Cass civ. sez. lav. 22 febbraio 1995 n. 2021).

4 CAREDDA, Donazioni indirette, in I contratti gratuiti a cura di PALAZZO MAZZARESE, in Trattato dei contratti diretto da RESCIGNO GABRIELLI, vol. 10, Torino, 2008, p. 181.

5 Le donazioni, in Trattato di diritto civile diretto da VASSALLI, vol. XII, Torino, 1961, p. 950.

5

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su suolo altrui, come avremo modo di approfondire infra,

capitolo 3, paragrafo 5.

Anche le rinunce possono essere usate per fini liberali. Vi

sono dei casi in cui un semplice atto di rinuncia è sufficiente

al raggiungimento dello scopo liberale e altri in cui non lo è.

Da una rinuncia può risultare una liberalità solo se da tale

atto non deriva solo l’impoverimento del rinunciante, ma da

questo consegue specularmente pure l’arricchimento del

beneficiario: così avviene quando alla rinuncia preesiste una

rapporto patrimoniale tra disponente e beneficiario della

liberalità, come nei casi di remissione del debito (cui consegue

un arricchimento pari al valore della prestazione

dell’obbligato) e di rinuncia a diritto reale limitato di

godimento come può essere l’usufrutto, la cui estinzione

consente al diritto di proprietà su cui gravava di riespandersi,

il che è un arricchimento. Solo in questi casi un negozio non

attributivo, dunque rinunciativo, potrà realizzare una

liberalità in via diretta.

Escludendo i casi di costruzione, seminagione e piantagione,

in cui non abbiamo un negozio attributivo ma un mero fatto

giuridico, possiamo affermare che se alla liberalità non

preesiste un collegamento tra colui che si impoverisce e colui

che si arricchisce (come il rapporto obbligatorio tra creditore

e debitore o il rapporto di fatto tra proprietario e

usufruttuario), l’atto di donazione o liberalità diretta è

sempre attributivo. E’ sempre attributivo perché se un soggetto

si impoverisce per intento liberale mediante rinuncia in favore

di un altro soggetto con cui non aveva alcun rapporto del tipo

descritto, questa potrà al più essere uno dei passaggi necessari

a realizzare la liberalità. E’ solo un passaggio perché dal solo

atto di rinuncia risulta sì il proprio impoverimento, ma non

anche l’altrui arricchimento, che non è conseguenza automatica

della rinuncia, in quanto richiede il compimento di un atto

ulteriore del beneficiario. E’ il caso della liberalità attuata

6

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mediante abbandono di una res da parte del proprietario con

successiva invenzione della res nullius da parte del

beneficiario.

3. LIBERALITÀ INDIRETTE

Nelle liberalità indirette uno o più degli elementi della

liberalità non risultano dall’atto in sé considerato, perché

l’arricchimento, o il fine liberale non sono contenuti

nell’oggetto dell’atto.

La liberalità indiretta rientra nel genere del negozio

indiretto, che si realizza quando le parti «ricorrono nel caso

concreto ad un determinato negozio, per raggiungere attraverso

di esso coscientemente e consensualmente scopi diversi da quelli

propri della causa del negozio stesso» 6 . Il che non significa

che le parti abbiano simulato un negozio per porne in essere un

altro: gli effetti del negozio sono voluti dalle parti come in

ogni altro negozio in cui non ricorra simulazione o vizio della

volontà, solo che sono voluti come parte di un programma che va

oltre gli effetti precipui del negozio de quo, sì che questo può

dirsi negozio mezzo, in quanto tali effetti sono necessari ma

non sufficienti alla realizzazione dello scopo perseguito dalle

parti.

Il fatto che il negozio mezzo sia usato per scopi ulteriori

rispetto a quelli che gli sono propri non incide sulla sua

causa: l’asservimento del negozio al programma più complesso

voluto dalle parti rientra nei loro motivi comuni, senza che in

virtù di ciò muti la natura dell’atto posto in essere.

Da questa considerazione di fondo discende la regola per la

quale il negozio indiretto deve rispettare la forma del negozio

mezzo, non quella del negozio scopo 7 , ragion per cui le

liberalità indirette sono valide benché non stipulate per atto

                                                                                                               6 ASCARELLI, Il negozio indiretto, in Studi in tema di contratti,

Milano, 1952, p. 6. 7 Così, Cass. 16 marzo 2004, n. 5333; Cass. 29 marzo 2001, n. 4623;

Cass. 21 gennaio 2000, n. 642; Cass. 23 dicembre 1992, n. 13630.

7

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notarile alla presenza dei testimoni, forma richiesta per la

donazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 782 c.c. e

48 l. 16 febbraio 1913 n.89, c.d. legge notarile.

L’atto con cui si realizza la liberalità, sia esso dismissivo

(abbandono di una cosa), o di scambio (compravendita a prezzo

inferiore o superiore a quello di mercato), non mutando causa e

natura in forza del risultato che con esso le parti vogliono

ottenere, non muterà neppure la sua disciplina fondamentale.

L’art. 809 non vuole escludere l’applicabilità al negozio mezzo

della disciplina sua propria, ma solo estendere al fenomeno

liberale, che attraverso il negozio mezzo si realizza, le tutele

nella disposizione indicate (revocazione, riduzione e

collazione).

Come si vedrà infra, capitolo 2, sezione 2, paragrafo 2.4,

questo ha importanti ripercussioni sul trattamento tributario

dell’atto, perché l’imponibilità delle liberalità indirette che

si realizzano con atti onerosi è ammessa solo alle condizioni

che si vedranno.

Certa autorevolissima dottrina 8 afferma che le liberalità

indirette non devono necessariamente realizzarsi mediante negozi

indiretti9: nel contratto a favore di terzo posto in essere per

fini liberali, qualificabile secondo l’autore sempre come

liberalità indiretta, non c’è alcuno scopo ulteriore rispetto a

quello caratteristico del negozio, che non potrà dunque dirsi

indiretto.

Quest’osservazione risente del tradizionale orientamento che

contrappone alle donazioni le sole liberalità indirette, ma lo

studio che stiamo conducendo delinea anche i contorni della

categoria degli atti che realizzano liberalità in via diretta

diversi dalla donazione, e sono questi a non esigere il negozio

indiretto. Le liberalità indirette invece sono tali proprio

                                                                                                               8 RUBINO, Il negozio giuridico indiretto, Milano, 1937, p. 179. 9 Dello stesso parere pure SANTORO PASSARELLI, Interposizione di persona,

negozio indiretto e successione della prole adulterina, nota a Cass. 18 giugno 1930, senza numero, Foro it. 1931, I, 177.

8

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perché non risultano immediatamente dal negozio mezzo, il quale

è usato come strumento per perseguire indirettamente uno scopo

ulteriore.

Il fatto che un soggetto voglia disporre per liberalità del

proprio patrimonio in via indiretta non deve far pensare a

fenomeni di elusione di divieti imperativi o degli oneri imposti

dalla legge: non significa necessariamente che la liberalità sia

nascosta per dissimularne l’illiceità o la potenziale lesività

di diritti altrui, o per sopportare fraudolentemente minori

pesi. E’ il codice stesso ad ammettere la possibilità di

disporre in via indiretta, all’art. 737.

L’ordinamento mette a disposizione del soggetto che voglia

attuare un’attribuzione liberale vari modi per soddisfare il suo

intento. Il soggetto può scegliere o no l’atto pubblico, ma deve

farlo con la consapevolezza che rinunciando alla forma solenne

rinuncia altresì alle tutele e garanzia che la legge appronta

nei confronti delle sole liberalità stipulate di fronte al

notaio, in primis la non necessità, ove ne sorga il bisogno, di

provare l’animus donandi, poiché le attestazioni formali del

notaio hanno efficacia di prova legale, dunque in caso di

contenzioso vanno, per prescrizione di legge, necessariamente

prese dal giudice come rispondenti al vero, fintanto che contro

di esse non sia proposta querela di falso. Secundis, il

disponente la liberalità per atto diverso dalla donazione

solenne rinuncia alle tutele previste da quegli articoli

seguenti al 769 c.c. che si applicano solo alla donazione

formale10.

                                                                                                               10 Per un approfondimento, che in questa sede non è necessario in

quanto esula dall’oggetto della trattazione, è utile rifarsi alla tripartizione che individua, nella disciplina delle donazioni, un gruppo di norme ispirato alla presenza dello spirito di liberalità, applicabili all’intero genus delle liberalità, alcune norme a protezione del donante e infine un sistema di tutela dei terzi (CAREDDA, Donazioni indirette, in I contratti gratuiti a cura di PALAZZO MAZZARESE, in Trattato dei contratti diretto da RESCIGNO GABRIELLI, vol. 10, Torino, 2008, pag. 231).

9

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Tornando al richiamo dell’art. 737 c.c., è doverosa una

puntualizzazione. La disposizione si riferisce testualmente a

donazioni dirette o indirette, non a liberalità, ma a ben vedere

la locuzione non è soddisfacente, perché nel genere delle

liberalità troviamo le donazioni e le liberalità non donative.

Queste possono realizzare il fine liberale in via diretta ovvero

indiretta. Dunque si hanno, propriamente, liberalità dirette (in

senso lato, quindi comprendenti anche le donazioni) e liberalità

indirette. La dizione “donazione indiretta” è retaggio del

vecchio codice civile dell’anno 1865, il quale all’art. 1001

prevedeva la collazione di quanto ricevuto “per donazione sì

direttamente come indirettamente”. Il legislatore del ’42, pur

mantenendo nell’art. 737, che tratta la stessa materia del

vecchio 1001, le espressioni testuali usate dal suo

predecessore, adotta nell’art. 809 - norma di nuova

compilazione, che non trovava corrispondenze nel codice

previgente, dalla quale quindi possiamo desumere l’effettiva ed

(allora) attuale volontà del legislatore del ’42 - una diversa

terminologia, che contrappone alla donazione “le altre

liberalità”. Il legislatore del ’42, nell’art. 737 fa ancora

riferimento alle donazioni indirette solo per ossequio alla

tradizione, intendendo nella sostanza riferirsi, per sineddoche,

a tutte le liberalità diverse dalla donazione, dirette e

indirette11.

Ciò non significa delegittimare gli studi compiuti da coloro

che parlano di “donazioni indirette”, se ne concepiamo la

definizione come coincidente con quella che qui usiamo per le

liberalità diverse dalla donazione: è solo una questione di

                                                                                                               11 CAREDDA, op. cit., pag. 176, dice che «il legislatore fa uso sia del

termine donazione, sia di quello liberalità, talora alternandoli anche all’interno della medesima norma, a volta contrapponendoli ed a volte suggerendone l’assimilazione».

10

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nomenclatura e le conclusioni cui ci porta l’adottare

convenzionalmente l’uno o l’altro lemma sono le stesse12.

Possiamo perciò intendere quello delle liberalità dirette in

senso lato come un genere in cui troviamo donazioni e atti non

donativi (questi ultimi sono le liberalità dirette in senso

stretto).

4. ULTERIORI PRECISAZIONI SULLA DISTINZIONE TRA LIBERALITÀ

DIRETTE E INDIRETTE

Le opinioni più diffuse considerano indirette le liberalità

che si realizzano con atti complessi (es. sottoscrizione di

partecipazioni sociali con supervalutazione del bene conferito

dal beneficiario della liberalità o sottovalutazione di quello

conferito dal disponente la liberalità), o con l’ingerenza di un

terzo nel rapporto contrattuale bilaterale altrui (es.

adempimento del terzo), quindi valutano il carattere diretto o

indiretto della liberalità alla stregua del tipo di percorso che

il bene o diritto ha compiuto per uscire dal patrimonio del

cedente ed entrare in quello del beneficiario. Altri, ancor più

riduttivamente, qualificano come donazioni indirette tutte le

liberalità diverse dalla donazione tipica.

Questi criteri sono coerenti con la maggioritaria concezione

giurisprudenziale e dottrinale dell’insieme degli atti

liberalità, che affianca alla donazione tipica il generico

concetto di donazione indiretta. Abbiamo visto che questa

visione del fenomeno liberale non è del tutto soddisfacente.

I suddetti criteri usati per distinguere la donazione diretta

da quella indiretta sono sì in molti casi idonei a qualificare

correttamente la liberalità come indiretta, ma in altri soffrono

palesemente della limitata concezione del genere delle

liberalità su cui si fondano, che non dà cittadinanza alle

liberalità dirette non donative.

                                                                                                               12 Così pure IACCARINO, Liberalità indirette, n.1, p. 30, in Notariato e

diritto di famiglia, I, p. 30, Milano 2011.

11

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Occorre individuare un altro criterio per stabilire se una

liberalità sia diretta o indiretta. Il più efficace è quello che

si basa sull’analisi dell’atto posto in essere dalle parti, e

non sull’indagine del movimento che il bene o diritto da

trasferire compie tra l’uscita dal patrimonio del cedente e

l’entrata nel patrimonio del beneficiario: la liberalità è

diretta quando gli elementi oggettivi, impoverimento e

arricchimento, e l’elemento soggettivo, l’intento liberale,

risultano dall’atto, senza che sia necessario prendere in

considerazione elementi ulteriori.

Non raggiunge pienamente il proprio scopo il criterio che fa

riferimento al percorso che l’oggetto della liberalità ha

compiuto per transitare da un patrimonio all’altro dove

considera indirette anche le liberalità che risultano da schemi

in cui il diritto compie un percorso non diretto per passare

dall’uno all’altro patrimonio, ma comunque le parti convengono

ed esplicitano nell’atto che tale movimento è posto in essere al

precipuo scopo di impoverire un soggetto ed arricchirne un altro

con animus donandi. Nei casi in cui vi sia quest’enunciazione,

la liberalità - qualunque percorso abbia compiuto il diritto -

dovrà dirsi diretta perché direttamente dall’atto si può

cogliere il risultato liberale. Si badi, tale enunciazione non

varrà necessariamente a modificare la causa fondamentale del

contratto: anche qualora, in un contratto di compravendita

mixtum cum donatione, le parti esplicitino che lo sconto o la

maggiorazione sul prezzo sono praticati a fini liberali,

resteranno ferme le considerazioni che abbiamo esposto nel

paragrafo 2 sulle liberalità dirette relativamente al negotium

mixtum cum donatione.

5. SPIGOLATURE SULLA DONAZIONE

Aggiungiamo che ogni donazione in senso stretto si realizza in

via diretta (dall’atto pubblico di donazione risulta sempre il

fine liberale). Ciò accade anche qualora due parti stipulino per

12

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atto pubblico una compravendita immobiliare per atto pubblico a

prezzo irrisorio (ad esempio, la vendita di un attico sito in

Cortina per il prezzo di 1€). In tale ipotesi - di rilievo più

teorico che pratico, riscontrando inevitabilmente molte

difficoltà le parti nel trovare un notaio disposto a ricevere

una venditio nummo uno - a seconda del caso concreto

l’interprete percorrà una delle due seguenti vie che, seppur in

modo diverso, portano entrambe all’eliminazione dell’atto di

partenza e alla produzione degli effetti di una donazione

solenne (diretta): si può avere simulazione relativa, con

nullità ex. art. 1414.1 della compravendita al prezzo di 1€ per

mancanza dell’accordo sul contratto simulato (elemento richiesto

dall’art. 1325 n.1) ed efficacia del contratto di donazione

dissimulato ex art. 1414.2; ovvero conversione del contratto

nullo: si avrà in questo caso nullità della compravendita dovuta

al fatto che il prezzo irrisorio di 1€ per una casa a Cortina

priva il negozio della causa di scambio, causa che ex. art. 1325

n. 2 è elemento essenziale del contratto, e produzione, ex art.

1424 c.c., degli effetti della donazione eventualmente voluta

dalle parti. Tutto ciò a condizione che nella compravendita

siano intervenuti i testimoni richiesti, come requisito di

forma, a pena di nullità dall’art. 48 della l. 89/1913.

Diverso il caso in cui, nella compravendita, il prezzo non è

del tutto irrisorio, ma solo inferiore o superiore, pur in

misura rilevante, a quello di mercato. Dove parleremo più

approfonditamente di casistica (infra, cap. 3) vedremo che

questa fattispecie si qualifica come negotium mixtum cum

donatione.

6. ATTI GRATUITI IN SENSO STRETTO

Comunemente si richiede che il disponente la liberalità non

abbia un interesse patrimoniale nella realizzazione dell’atto.

In presenza di un tale interesse patrimoniale verrebbe meno il

fine liberale e all’atto non si applicherebbe la disciplina

13

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delle donazioni prevista dall’809, dovendosi l’atto considerare

come gratuito in senso stretto. Queste considerazioni sono

senz’altro condivisibili. L’atto gratuito in senso stretto

consiste nella disposizione di un diritto, compiuta per atto

unilaterale o per contratto non oneroso, priva dell’intento

liberale per la presenza di un interesse patrimoniale del

disponente nel compimento dell’atto.

TORRENTE13 individuava il criterio discretivo tra atti a titolo

gratuito e donazioni nell’esistenza o no dell’impoverimento del

patrimonio del concedente: sono a titolo gratuito gli atti da

cui deriva un arricchimento in capo al beneficiario, senza che

il lato passivo dell’atto sopporti un vero e proprio

impoverimento, mentre sono liberalità gli atti da cui deriva

pure l’impoverimento. L’impoverimento manca nei casi in cui il

beneficiante, con animo disinteressato, senza interessi

economici, compie un atto con cui non si priva di diritti

diminuendo il proprio attuale patrimonio, ma si limita ad un

mancato acquisto, cioè acconsente a prestare un servizio o a

concedere gratuitamente il godimento di un bene senza ricevere

un corrispettivo (es. nel comodato gratuito si concede il

godimento di un bene senza richiedere il corrispettivo di cui la

legge legittima la richiesta nel caso il godimento fosse

concesso a titolo oneroso, come nella locazione14).

                                                                                                               13 La donazione, in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da

CICU MESSINEO, Milano 1956, p. 10 ss. 14 Già F. C. von Savigny, nel commentare un passo di Ulpiano tratto

dal titolo I del libro XXIV delle Pandette di Giustiniano, osservava la necessità di distinguere marcatamente la donazione dal comodato, poiché quest'ultimo «di regola non contiene alcuna donazione; e nei casi comuni intorno a ciò non può aversi alcun dubbio. Chi presta gratuitamente ad un amico un cavallo o una carrozza per un viaggio, non diventa per ciò più povero; egli perde soltanto per un certo tempo il comodo, che gli avrebbe potuto arrecare il proprio uso delle cose comodate» VON SAVIGNY, Sistema del diritto romano attuale, p. 40..

Anche in Trattato della successione e dei negozi successori diretto da PALAZZO SASSI, vol. II, Torino, 2012, p. 9, si sostiene che i contratti gratuiti che, come il comodato, vadano trattati diversamente dalla donazione in virtù del fatto che non anticipano gli effetti della

14

Page 15: Tesi di Luca

L’applicazione della disciplina delle donazioni anche a tali

fattispecie esula dalla ratio della disciplina stessa. La ragion

d’essere della prescrizione della forma solenne di cui all’art.

782 consiste nello spingere il beneficiante a ponderare

attentamente la scelta di disporre per donazione del proprio

patrimonio. Se frenassimo l’omissio adquirendi richiedendone la

stipula per atto notarile solleciteremmo l’onerosità di

qualunque rapporto umano, il che esula dall’esigenza sottesa ala

disposizione citata15.

Ne risulta dunque che è atto a titolo gratuito in senso

stretto anche quello, già descritto, compiuto per interesse

patrimoniale e quello che, pur se compiuto per interesse non

patrimoniale, non comporta a carico del beneficiante un

impoverimento in senso stretto ma una semplice omissio

adquirendi.

Concludiamo aggiungendo che quando un soggetto compie un atto

a titolo gratuito per interesse non patrimoniale da cui non

deriva un impoverimento vero e proprio, sarà opportuno indagare

la sussistenza o meno di un interesse patrimoniale in capo al

beneficiario dell’atto.

Se questo non sussiste, e dunque il rapporto è non

patrimoniale sia dal lato passivo che da quello attivo, la

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               successione, cioè non producono una riduzione del patrimonio del disponente stabile e permanente come invece accade nel caso di donazione.

15 Non si può rilevare che al comodante poco importerebbe dell’eventuale nullità del contratto in caso di applicazione della forma scritta ad substantiam, avendo lui comunque a disposizione altre azioni giudiziali non fondate sul comodato ma sul mero fatto che un altro soggetto detenga sine titulo un proprio bene, perché la tutela riservata al comodante è più rigorosa, essendo il comodatario esonerato da responsabilità per inadempimento dell’obbligo di restituzione per il solo caso di forza maggiore o caso fortuito (art. 1805 c.c.), mentre in caso di nullità del comodato, seguendo le norme dettate per la materia extracontrattuale, il rischio del perimento della cosa è interamente a carico del proprietario del bene, a meno che questo non provi che il detentore del bene è responsabile del danno ai sensi dell’art. 2043 c.c..

15

Page 16: Tesi di Luca

fattispecie non è qualificabile come contratto, difettando il

requisito della patrimonialità contenuto nella definizione

legale di contratto di cui all’art. 1321 c.c.; quindi in questi

casi, come si è già sostenuto16, siamo nell’ambito dei rapporti

di cortesia.

Solo se almeno il destinatario dell’atto ha un interesse

economico riguardo all’efficacia dell’atto, l’atto che non reca

impoverimento a chi lo compie potrà dirsi produttivo di effetti

giuridici.

 

                                                                                                               16 PALAZZO SASSI, Trattato della successione e dei negozi successori,

vol. II, Torino, 2012, p. 6.  

16

Page 17: Tesi di Luca

_____________________________________________________

CAPITOLO 2

IMPOSTE APPLICABILI ALLE LIBERALITA’

____________________________________________________

SEZIONE 1 - IMPOSTA SULLE DONAZIONI

Sommario: 1. Cenni sull’evoluzione storica dell’imposta sulle

donazioni - 2. L’attuale ambito applicativo dell’imposta sulle

donazioni - 2.1. La rilevanza dell’arricchimento - 2.2. Le

liberalità dirette e gli atti gratuiti - 2.3. La territorialità

dell’imposta sulle donazioni - 2.4. Le liberalità indirette -

2.5 I vincoli di destinazione - 3. Presunzione di liberalità -

4. Soggetti passivi - 5. Consistenza del prelievo - 5.1

Determinazione della base imponibile - 5.1.1 Immobili - 5.1.2

Aziende - 5.1.3. Navi e aeromobili - 5.1.4. Azioni, obbligazioni

e quote sociali - 5.1.5. Rendite e pensioni - 5.1.6. Crediti -

5.2 Aliquote e franchigie - 5.3. Il cumulo - 5.3.1.

Rivalutazione delle donazioni anteriori - 5.3.2. Il cumulo nel

diritto transitorio - 6. Sgravi fiscali - 6.1. Esenzioni -

6.1.1. L’esenzione dei passaggi generazionali (patto di

famiglia) - 6.2. Riduzioni - 6.2.1. Riduzione del quinquennio -

6.2.2. Riduzione sui beni culturali non vincolati - 6.2.3.

Riduzione sui fondi rustici - 6.2.4. Riduzione sugli immobili

dell’azienda artigiana familiare - 6.2.5. Riduzione in materia

di comuni montani - 6.3. Detrazione IVA

17

Page 18: Tesi di Luca

1. CENNI SULL’EVOLUZIONE STORICA DELL’IMPOSTA SULLE DONAZIONI

Già nell’Italia monarchica si applicava un prelievo fiscale

sugli atti di liberalità. La disciplina originaria, contenuta

nella l. 21 aprile 1862, n. 565, prevedeva l’imposizione dei

trasferimenti inter vivos e mortis causa, sì con delle

differenze per l’uno e per l’altro tipo di prelievo, ma senza

che si potesse parlare di una distinzione organica tra imposta

sugli atti tra vivi e imposta sulle successioni.

La principale differenza tra la disciplina tributaria dei

trasferimenti tra vivi e quella dei trasferimenti per causa di

morte è che i primi erano tassati, col sistema dell’imposta di

registro, al lordo delle eventuali passività assunte

dall’acquirente, dunque senza che queste potessero essere

dedotte dalla base imponibile. Nel caso delle successioni,

invece, la base imponibile si calcolava al netto del passivo.

Nella disciplina tributaria, le donazioni non erano accostate

ai trasferimenti mortis causa come avviene nel sistema odierno,

in cui abbiamo la «imposta sulle successioni e donazioni»: la

legge le faceva rientrare nel presupposto d’applicazione degli

altri trasferimenti inter vivos.

Nel 1923, con il R.D. 30 dicembre, n. 3270, T.U. sulle imposte

sulle successioni, il legislatore tributario attribuì rilevanza

autonoma al fenomeno successorio rispetto a quello dei

trasferimenti tra vivi. Accentuò il distacco della disciplina

tributaria dei due fenomeni dettando per le successioni una

disciplina fiscale autonoma e affrancandole dall’assoggettamento

all’imposta di registro, mentre lasciava, però, la donazione

nell’orbita di quest’ultimo tributo.

La riforma tributaria degli anni ’70 che introdusse l’IVA

ridimensionò notevolmente il ruolo dell’imposta di registro,

riducendo il suo ruolo di imposta di portata generale a

residuale, in quanto di ben più ampia portata è il bacino

d’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, con la quale

18

Page 19: Tesi di Luca

l’imposta di registro si pone in rapporto di alternatività, come

poi espressamente previsto dall’art. 40 T.U. 131/1986.

Il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, attrasse le donazioni alla

nuova disciplina tributaria delle successioni, prevedendo

un’imposta omogenea per le due fattispecie, sottraendo quindi le

donazioni all’imposta di registro. Questa scelta del legislatore

fu molto opportuna, perché coerente con la concezione della

donazione come anticipazione della successione e utile

all’arginamento di fenomeni che, di fatto, eludevano l’imposta

di successione sottraendone poste dalla base imponibile per

mezzo di donazioni poste in essere in favore di successibili in

un tempo anteriore all’apertura della successione1.

A questo punto quindi l’imposta di registro non era più

alternativa solo all’IVA, ma pure all’imposta sulle donazioni.

L’art. 1 del d.P.R. 637/72 sanciva l’applicabilità

dell’imposta sulle donazioni a tutti i trasferimenti a titolo

gratuito, dunque un’applicabilità non limitata alle sole

fattispecie liberali, ma che era potenzialmente in grado di

estendersi a tutti i trasferimenti in cui mancasse un

corrispettivo, benché non assistiti da causa liberale.

La successiva evoluzione dettata dal d.lgs. 31 ottobre 1990,

n.346, mutò l’impostazione di alternatività tra imposta sulle

donazioni e IVA, prevedendo il diverso sistema della detrazione

dell’IVA dall’imposta sulle donazioni (art. 56.5) e ridimensionò

                                                                                                               1 Interessante l’argomentazione di GAFFURI, in L’imposta sulle

successioni e donazioni, Torino, 1976, riguardante la vecchia imposta sulle donazioni, secondo cui già l’imposta del 72, prevedendo all’art 1 l’applicazione dell’imposta a «i trasferimenti a titolo gratuito di beni e diritti per atto tra vivi» si applicava anche alle liberalità diverse dalla donazione, nonostante gli artt. 55 e 56, interpretati letteralmente, si riferissero alla sola donazione. L’autore risolveva il contrasto tra l’art. 1 e gli artt. 55 e 56 sostenendo che la prima è norma sostanziale, che definisce gli elementi essenziali del tributo, e le seconde sono norme strumentali all’attuazione della prima, definendo il procedimento attraverso cui dovrà attuarsi il prelievo. Essendo strumentali non sono idonee a limitare l’ambito di applicazione dell’art 1, e vanno quindi interpretate analogicamente sì da poterle applicare a tutti i casi contemplati nella norma sostanziale.

19

Page 20: Tesi di Luca

l’oggetto dell’imposta sulle donazioni ai soli atti assistiti da

intento liberale (art. 1).

Preso atto della tendenziale reticenza dei privati a stipulare

donazioni formali per l’eccessivo carico fiscale di cui queste

erano gravate, e del calo di gettito che ne derivava, nel corso

degli anni ’90 si videro delle correzioni delle franchigie e nel

2000, con l’art. 69 della l. 21 novembre n. 342, si cambiò il

sistema progressivo delle aliquote dell’imposta (in virtù del

quale all’aumentare della base imponibile aumentavano le

aliquote), prevedendone uno proporzionale con aliquote più

basse, nell’ottica di disincentivare il ricorso, da parte dei

privati, a mezzi negoziali che sfuggissero ad un’imposta prima

sentita come eccessivamente onerosa e favorire, con la

prospettiva di un minor prelievo sul singolo trasferimento

liberale, l’uso di mezzi di trasferimento più trasparenti.

L’idea del legislatore era quella di incidere in misura minore

sui singoli atti, così da promuovere la stipulazione di un

maggior numero di atti imponibili in modo da ricavare un maggior

gettito.

Poco dopo si insediò un nuovo Governo, che diede impulso ad

una drastica riforma della materia, sopprimendo radicalmente

l’imposta sulle successioni e donazioni con la l. 18 ottobre

2001, n. 383 e assoggettando «i trasferimenti di beni e diritti

per donazione o altra liberalità tra vivi, compresa la rinuncia

pura e semplice agli stessi, fatti a favore di soggetti diversi

dal coniuge, dai parenti in linea retta e dagli altri parenti

fino al quarto grado», qualora il valore dell’atto superasse una

determinata franchigia, alle imposte sui trasferimenti a titolo

oneroso, in particolare all’imposta di registro (art. 13.2).

Il d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, modificò l’ambito di

applicazione individuato dall’art 13, comma 2, su citato,

disponendo, all’art. 6, comma 5, che «i trasferimenti per

donazione o per altri atti a titolo gratuito di beni immobili e

diritti reali immobiliari, compresa la rinuncia pura e semplice

20

Page 21: Tesi di Luca

agli stessi e la costituzione di vincoli di destinazione, fatti

a favore di soggetti diversi dal coniuge e dai parenti in linea

retta».

Il Parlamento, nel convertire questo decreto legge con la l.

24 novembre 2006, apportò rilevanti modificazioni, istituendo

nuovamente l’imposta sulle successioni e donazioni «sui

trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per

donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di

destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle

disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e

donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n.

346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001» e

prevedendo un nuovo sistema di aliquote e franchigie.

Oggi risulta quindi ampliato l’ambito d’applicabilità

dell’imposta come delineato dal previgente d.lgs. 346/90, il cui

art. 1 disponeva che «l'imposta sulle successioni e donazioni si

applica ai trasferimenti di beni e diritti per successione a

causa di morte ed ai trasferimenti di beni e diritti per

donazione o altra liberalità tra vivi», senza quindi

assoggettare ad imposta sulle donazioni gli atti gratuiti in

senso stretto, i quali prima dell’ultima novella ricadevano

nell’ambito applicativo dell’imposta di registro, e non

prevedeva l’imponibilità della costituzione dei vincoli di

destinazione.

2. L’ATTUALE AMBITO APPLICATIVO DELL’IMPOSTA SULLE DONAZIONI

Abbiamo detto che oggi l’imposta sulle successioni e donazioni

si applica «sui trasferimenti di beni e diritti per causa di

morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di

vincoli di destinazione», secondo le parole dell’art. 2.47 della

l. 286/2006.

21

Page 22: Tesi di Luca

2.1. LA RILEVANZA DELL’ARRICCHIMENTO

Un’interpretazione letterale dell’art. 2.47 vorrebbe vedere

tassabili solo le donazioni, gli atti a titolo gratuito e le

costituzioni di vincoli di destinazione in virtù dei quali si

produca un trasferimento di un bene o di un diritto.

A ben vedere, il termine trasferimento non circoscrive in

modo del tutto adeguato, poiché lo riduce, l’ambito di

applicazione dell’imposta e distrae l’attenzione dal vero punto

focale della disciplina.

L’effetto traslativo non è l’unico mezzo di cui può avvalersi

chi vuole fare in modo che un altro soggetto ottenga un

incremento patrimoniale, potendo tale incremento risultare anche

da meccanismi negoziali che non producono un effetto traslativo

vero e proprio, ma che rientrano comunque nell’oggetto

dell’imposta.

Non si può intendere l’oggetto dell’imposta come limitato alle

sole fattispecie traslative: benché un’interpretazione siffatta

riuscisse a tenere indenni da imposta sulle donazioni vari casi

di incremento patrimoniale, in quanto non derivante da

trasferimento, e dunque a favorire la posizione del

contribuente, sarebbe ingiustificatamente discriminatorio,

contrasterebbe con la ratio dell’imposta e favorirebbe fenomeni

elusivi adottare come elemento discriminante tra l’imponibilità

o no di un determinato incremento patrimoniale il fatto che

questo derivi o no da un vero e proprio acquisto a titolo

derivativo.

Il legislatore ci dà conferma inequivocabile di questa

considerazione nello stesso d.lgs. 346/90, all’art. 1.2

(sopravvissuto alle modifiche che hanno interessato l’atto

legislativo), che fa rientrare nel concetto di trasferimento

«anche la costituzione di diritti reali di godimento, la

rinunzia a diritti reali o di credito e la costituzione di

rendite e pensioni», benché ometta di nominare altre fattispecie

22

Page 23: Tesi di Luca

da cui deriva un impoverimento-arricchimento, come l’adempimento

del terzo.

Il fatto giuridico che l’imposta sulle donazioni vuole colpire

non è il trasferimento in sé, ma qualunque fatto che produca

come risultato materiale un incremento della ricchezza di un

soggetto a scapito di un altro per volontà di quest’ultimo.

La chiave di volta dell’imposta sulle donazioni è

l’arricchimento, e non il trasferimento, perché solo il primo ci

permette di cogliere appieno l’oggetto dell’imposta: il

trasferimento è sì una fattispecie imponibile, ma non esaurisce

i casi di operatività dell’imposta sulle donazioni. Adottando

l’arricchimento come fattispecie presupposta all’applicazione

dell’imposta riusciamo a delinearne con precisione l’oggetto.

La valutazione dell’arricchimento ci permette di definire non

solo i limiti interni dell’imposta sulle donazioni, ma anche

quelli esterni. Solo dove c’è un effettivo arricchimento trova

applicazione l’imposta sulle donazioni, in quanto proprio questo

l’imposta colpisce. Dove, pur essendovi un trasferimento

derivante da donazione o atto gratuito, non c’è un effettivo

arricchimento, l’applicazione del tributo sulla donazione porta

ad un debito d’imposta sulle donazioni pari a zero. Ciò è presto

dimostrato, giusto l’attuale art. 2.49 l. 286/2006: «l’imposta è

determinata dall’applicazione delle seguenti aliquote al valore

globale dei beni e dei diritti al netto degli oneri da cui è

gravato il beneficiario (...)» 2 (prima della riforma, avremmo

potuto riferirci all’art. 56 d.lgs. 346/90). Dovendosi dedurre

                                                                                                               2 Per un approfondimento, v. Cass. 15 ottobre 2007 n. 21531: «Nella

determinazione della base imponibile dell'imposta sulle successioni e sulle donazioni gli “oneri gravanti sul donatario” che, ai sensi dell'art. 56 d.lgs. 31 ottobre 1990 n. 346, vanno scomputati dal valore del bene donato sono costituiti unicamente dai pesi espressamente imposti dal donante ai sensi dell'art. 793 c.c., e non da qualsiasi onere economico da cui sia gravato il bene donato. Ne consegue che, nel caso di donazione di un fondo edificabile, gli oneri di urbanizzazione non possono essere detratti dalla base imponibile, ma possono unicamente incidere sul valore venale in commercio del bene, da prendere in considerazione ai fini della determinazione della base imponibile.»

23

Page 24: Tesi di Luca

dalla base imponibile lorda, costituita dal valore del bene o

diritto che entra nel patrimonio del beneficiario, gli oneri di

cui questo è gravato, risulta evidente che ciò che il

legislatore vuole sottoporre a prelievo è solo l’effettivo

arricchimento3.

Così, a titolo di esempio, nel caso di una donazione modale di

100, il donatario, onerato di due prestazioni a favore di terzi

del valore di 50 ciascuna, non dovrà alcuna imposta sulla

donazione, perché non si sarà arricchito. Chi trae vantaggio da

un negozio di questo tipo saranno i terzi e sarà sulle

prestazioni modali, le quali appunto arricchiscono i terzi, che

l’imposta sulle donazioni spiegherà i propri effetti.

2.2. LE LIBERALITA’ DIRETTE E GLI ATTI GRATUITI

Il legislatore del 2006 ha esteso l’ambito d’applicazione

dell’imposta sulle donazioni agli atti a titolo gratuito non

assistiti da scopo liberale, ampliando così l’oggetto

dell’imposta4.

                                                                                                               3 Giunge alle medesime conclusioni GAFFURI, in L’imposta sulle

successioni e donazioni, Padova, 2008, pp. 31 e ss.. Aggiunge STEVANATO, in Donazioni e liberalità indirette nel tributo successorio, Padova, 2000, p. 13 e ss., che “il profilo dell’arricchimento del beneficiario della liberalità si coglie altresì nella progressività delle aliquote”. Quest’ultima riflessione oggi non è più pienamente valida visto il mutato assetto delle aliquote, che sono oggi proporzionali e non più progressive, ma fa comunque notare come prima della riforma del 2006 vi fossero anche altri elementi a suffragio della teoria dell’arricchimento, elementi che sono venuti meno non perché il legislatore abbia inteso guardare all’entità del trasferimento anziché a quella dell’arricchimento netto, ma perché con le nuove aliquote proporzionali ha voluto ridurre il prelievo fiscale sui singoli atti.

4 Di diverso avviso FEDELE, Il regime fiscale di successioni e liberalità, in Trattato breve delle successioni e donazioni diretto da Rescigno, Padova, 2010, p. 598, che non vede nel nuovo art. 2.47 l. 286/2006 un ampliamento dell’insieme delle fattispecie colpite da imposta sulle donazioni rispetto a quanto previsto dalla formulazione originaria del d.lgs. 346/90, poiché egli concepisce gli atti meramente gratuiti solo come atti non idonei ad attribuire un incremento patrimoniale, come è per il comodato, il trasporto gratuito e simili. A ulteriore suffragio della nostra diversa impostazione, già spiegata

24

Page 25: Tesi di Luca

Se il prelievo si applica anche agli atti gratuiti in senso

stretto, di primo acchito può sembrare sempre superfluo

verificare se un atto gratuito sia o no compiuto con animus

donandi, visto che l’imposta sulle donazioni opera anche in sua

assenza. Vedremo invece che nel caso delle liberalità indirette5

la sussistenza dello spirito di liberalità ricopre ancora quel

ruolo di quid pluris, di cui era pienamente investito dalla l.

346/90, che rendeva l’atto assoggettabile ad imposta sulle

donazioni invece che ad imposta di registro.

Con la riforma del 2006 abbiamo che la donazione, la

liberalità diretta non donativa e l’atto a titolo gratuito sono

potenzialmente assoggettati tout court all’imposta sulle

donazioni 6 . Diciamo potenzialmente perché mentre la donazione

solenne difficilmente può sfuggire all’imposta, nel caso delle

ultime due categorie spesso è più facile evadere o eludere il

tributo.

Ciò perché l’amministrazione finanziaria non può sempre

procedere all’accertamento della liberalità diretta o indiretta

non donativa: tale potere è subordinato alle condizioni che si

approfondiranno infra, paragrafo 2.4..

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               infra, paragrafo 6, secondo cui pure gli atti gratuiti in senso stretto possono generare un arricchimento, portiamo l’esempio di una recentissima pronuncia della Suprema Corte, la n. 14654 del 27 agosto 2012, secondo cui mai, in presenza di un’attribuzione gratuita (nella fattispecie, una intestazione di somme e valori a soggetti terzi) può presumersi lo spirito di liberalità, avendo sempre la parte interessata a farne valere la sussistenza l’onere di provarlo. Conseguentemente, fintanto che non v’è prova dell’animus donandi, l’atto va visto come meramente gratuito e idoneo a generare arricchimento, contrariamente a quanto asserito dalla dottrina testé citata.

5 Infra, paragrafo 2.3. 6 Con le sole riserve espresse retro, paragrafo 6, in merito ai

contratti di comodato ecc..

25

Page 26: Tesi di Luca

2.3 LA TERRITORIALITA’ DELL’IMPOSTA SULLE DONAZIONI

La soggezione delle donazioni solenni all’imposta de qua è

mitigata solo dalle regole sulla territorialità dell’imposta

contenute nell’art. 2 del d.lgs. 346/90.

Al comma 1, l’art. 2 dispone che l’imposta sia dovuta in

relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorché

esistenti all’estero. Questo principio subisce la limitazione di

cui al comma 2: se la donazione è fatta da soggetto che non

risiede nel territorio italiano, l’imposta è dovuta

limitatamente ai beni e diritti ivi esistenti. Quindi l’imposta

non si applica nel caso in cui un soggetto non residente stipuli

un atto di diritto italiano per trasferire un bene che si trova

all’estero.

I commi 3 e 4 prevedono delle ipotesi in cui la legge presume

che, ai fini della limitazione di cui al comma 2, il bene si

trovi o no nello Stato.

E’ senz’altro opportuna la disposizione del comma 2, relativa

alla donazione fatta dal soggetto non residente in Italia, che

limita l’applicabilità dell’imposta ai beni che si trovano nel

territorio italiano.

L’esegesi del comma 1 invece porta a valutare la bontà

dell’operato del legislatore in modo diverso. Il discorso deve

partire dalla legge 31 maggio 1995, n. 218, c.d. riforma del

sistema italiano di diritto internazionale privato, art. 56,

comma 3, e della Convenzione di Roma del 19 giugno 1980, art. 9,

comma 1.

Consideriamo l’art. 56, comma 3, della legge citata e l’art.

9, comma 1, della Convenzione. In linea generale si applica la

Convenzione, ma questa, all’art. 1.2, prevede che in alcuni casi

la Convenzione stessa non vada applicata, con conseguente

applicabilità della l. 218/95.

Il 56.3 della l. 218/95 e il 9.1 della Convenzione dispongono

che la donazione sia valida se considerata tale dalla legge

dello Stato nel quale l’atto è compiuto (criterio della lex loci

26

Page 27: Tesi di Luca

actus)7. In virtù di queste disposizioni sarebbe quindi valida,

per il diritto italiano, la donazione stipulata in Italia

secondo diritto italiano, benché l’oggetto del contratto non si

trovi nel territorio italiano.

Il fatto che una donazione stipulata, quanto ai requisiti di

forma, secondo diritto italiano avente ad oggetto un bene che si

trova all’estero, sia già in virtù della sola stipulazione

soggetto all’imposta sulle donazioni suscita immancabilmente

notevoli perplessità. L’atto stipulato secondo diritto italiano,

che abbia ad oggetto un bene che si trova all’estero, per il

principio di diritto internazionale della sovranità territoriale

(nel suo corollario del principio di non ingerenza negli affari

di altri Stati) non può di per sé interferire nei rapporti

giuridici propri di un altro ordinamento (nel nostro caso, in

particolare, questo principio trova applicazione nell’art. 56.1

della l. 218/95 che rimanda, per la determinazione degli effetti

della donazione stipulata in Italia, al diritto straniero).

Affinché l’atto italiano produca l’effetto traslativo di un

bene che si trova all’estero, è necessario che l’ordinamento

straniero riconosca l’atto italiano come efficace. Solo una

volta intervenuto il riconoscimento, l’atto produrrà i propri

effetti, (e li produrrà secondo il diritto straniero, in virtù

dell’art. 56.1 l. 218/95) e genererà l’arricchimento, fulcro del

sistema dell’imposta sulle donazioni e indice di capacità

contributiva. Prima del riconoscimento, non ci sarà

arricchimento e l’aumento di capacità contributiva del

destinatario dell’atto non è effettivo e attuale, ma solo                                                                                                                

7 Al comma 1 dell’art. 9 della Convezione fa eccezione il comma 6: se l’atto ha ad oggetto beni immobili, la forma deve rispettare i requisiti posti dalla legge dello Stato nel cui territorio il bene si trova (c.d. lex rei sitae). Una deroga importante, se consideriamo che molte donazioni solenni hanno ad oggetto beni immobili. L’effettiva portata dell’art. 56.3 l. 218/95 e dell’art. 9.1 della Convezione sarà tuttavia ridimensionata solo nei casi in cui l’ordinamento straniero non preveda l’applicabilità del diritto italiano alle donazioni stipulate in Italia, benché aventi ad oggetto beni che si trovano nel proprio territorio.

27

Page 28: Tesi di Luca

potenziale e futuro, ed è incerto nella sua venuta ad esistenza

nella misura in cui è incerto il riconoscimento dell’efficacia

dell’atto. Uno dei corollari del principio di capacità

contributiva di cui all’art. 53 della nostra Costituzione è

appunto quello di effettività e attualità della capacità

contributiva: si può legittimamente attuare un prelievo

tributario solo sulle manifestazioni di capacità contributiva

sono effettive e attuali.

L’art. 2, comma 1, del d.lgs. 346/90 va tacciato

d’illegittimità costituzionale nella parte in cui non prevede

che l’imponibilità dell’atto gratuito avente ad oggetto beni

esteri sia subordinata al riconoscimento dell’atto da parte

della legge dello Stato nel cui territorio il bene si trova.

L’art. 55 comma 1-bis del d.lgs. 346/90 prevede

l’applicabilità dell’imposta anche alle liberalità formate

all’estero nei confronti dei beneficiari residenti nello stato.

Non crea problemi di costituzionalità questa disposizione, dato

che la sussistenza del presupposto d’imposta va valutato alla

stregua del diritto straniero. Se, secondo i principi propri

dell’ordinamento straniero, nel territorio di tale ordinamento

si perfeziona una liberalità a favore di un soggetto che risiede

nel territorio italiano, allora la fattispecie sarà imponibile.

Però, per espressa previsione del comma 1-bis si detraggono «le

imposte pagate all’estero in dipendenza della stessa donazione e

in relazione ai beni ivi esistenti». Non si profilano quindi

questioni di duplicazione del prelievo.

Tornando alle fattispecie diritto interno, se per le donazioni

e gli atti gratuiti s’è detto che vale la regola della generale

imponibilità, maggiori problemi si riscontrano a proposito

dell’imponibilità delle liberalità indirette, come vedremo nel

prossimo paragrafo.

28

Page 29: Tesi di Luca

2.4. LE LIBERALITÀ INDIRETTE

L’art. 1, comma 4-bis, del d.lgs. 346/90, incidentalmente

sancisce l’applicabilità dell’imposta alle liberalità indirette

risultanti da atti soggetti a registrazione obbligatoria.

Una liberalità indiretta può essere il risultato di un atto

soggetto a registrazione. Un atto oneroso soggetto a

registrazione sconterebbe, se del caso, la sola imposta di

registro, non anche quella sulle donazioni, che si applica agli

atti a titolo gratuito. Ma se l’atto oneroso è veicolo di

liberalità, allora è assoggettato ad imposta sulle donazioni ex

art. 1.4-bis. La disciplina generale dell’imposta di registro,

secondo cui gli atti del tipo di quello che viene usato per

realizzare la liberalità indiretta sono soggetti a imposta di

registro, viene quindi derogata dalla disciplina speciale

dell’art. 1.4-bis che, sulla base della presenza di un

arricchimento dovuto a spirito di liberalità, assoggetta l’atto

a imposta sulle donazioni.

La sussistenza dell’animus donandi quindi funge qui da

criterio per derogare, per specialità, all’imposta di registro

in favore dell’imposta sulle donazioni.

L’art. 1.4-bis d.lgs. 346/90, secondo cui alle liberalità

indirette risultanti da atti soggetti a registrazione si applica

imposta sulle donazioni, produce l’obbligo, per il contribuente,

di dichiarare l’integrazione della norma impositiva, e quindi la

sussistenza di un debito d’imposta. Ciò crea problemi di ampia

portata.

Nel caso delle liberalità indirette risultanti da atto

oneroso, la liberalità non risulta direttamente dall’atto: per

realizzarla, le parti impiegano soprattutto meri comportamenti

materiali, o sequenze di atti, o negozi onerosi o a causa

neutra, senza esplicitare il fine liberale.

L’amministrazione finanziaria, per accertare la liberalità e

assoggettare l’atto a imposta sulle donazioni anziché ad imposta

di registro, dovrebbe quindi indagare, con notevoli difficoltà,

29

Page 30: Tesi di Luca

la volontà delle parti prendendo in considerazione elementi

ulteriori, estranei all’atto, in quanto la causa dell’atto

impiegato dalle parti di per sé non integra il presupposto

dell’imposta sulle donazioni poiché le liberalità indirette

emergono solo in via mediata, e, usando le parole di STEVANATO8,

«restano estranee alla causa del negozio mezzo, e rilevano per

lo più sul piano dei motivi».

Nell’ambito dell’imposta di registro riveste importanza

prioritaria, ai fini della valutazione dell’imponibilità di un

fatto, l’analisi dell’atto scritto presentato per la

registrazione: per vedere se è integrata la norma impositrice,

ci si rifà solo al contenuto dell’atto come documento, cioè alla

volontà delle parti quale risulta dal testo impresso sul

supporto materiale usato dalle parti (il foglio scritto da

registrare), non all’atto come effettiva volontà delle parti. Si

dice perciò che quella di registro sia un’imposta d’atto.

La liberalità indiretta trascende il supporto materiale cui

inerisce, perché non risulta direttamente da esso, e il suo

apprezzamento richiede un’indagine che si fondi su elementi

ulteriori a quelli contenuti nell’atto da registrare. Questi

elementi ulteriori possono essere ultratestuali, in quanto

attinenti a rapporti non riversati in un atto scritto, oppure

elementi che sono sì tradotti in iscritto, ma in atti diversi da

quello oggetto dell’indagine, atti collegati a questo ma pur

sempre distinti dallo stesso, che le parti nascondono agli occhi

dei soggetti deputati alla pretesa tributaria.

Nel caso dell’imposta di registro, in linea di principio non è

possibile accertare patti non risultanti dall’atto, né un

collegamento tra questo ed altri negozi, sì da poterne

modificare le sorti tributarie in virtù della diversa natura che

l’atto, dopo integrazione di tali ulteriori elementi, possa

                                                                                                               8 Donazioni e liberalità indirette nel tributo successorio, Padova,

2000, pag. 107.

30

Page 31: Tesi di Luca

assumere. Siamo infatti d’accordo con FEDELE quando afferma 9 ,

riferendosi all’imposta di registro, che «sono invero assai

rare, ed attinenti a casi limite, le ipotesi in cui

giurisprudenza e prassi amministrativa hanno ammesso la

possibilità di individuare la materia imponibile in virtù di una

pluralità di atti, distintamente assoggettati a registrazione,

ma riconducibili ad un programma negoziale unitario».

Applicare questi principi all’imposta sulle donazioni mette in

crisi la possibilità di concretizzare il prelievo sulle

liberalità indirette, perché queste non risultano per tabulas.

E’ difficile immaginare che l’amministrazione possa indagare

la sfera psicologica delle parti, compito che risulterebbe arduo

senza la collaborazione di queste. Sul piano pratico, indagini

di questo tipo accuserebbero notevoli difficoltà.

Questa incompatibilità tra l’integrazione del presupposto

impositivo da parte delle liberalità indirette e la

praticabilità dell’imposta porta al coordinamento dell’art. 1.4-

bis con l’art. 56-bis, che subordina il potere

dell’amministrazione finanziaria di accertare le liberalità

diverse dalla donazione alla ricorrenza congiunta di due

condizioni.

Queste sono che l’esistenza delle stesse risulti da

dichiarazioni rese dall’interessato nell’ambito di procedimenti

diretti all’accertamento di tributi (lett. a)) e che

l’incremento patrimoniale derivante dalla liberalità, cumulata10

a quelle già effettuate nei confronti del medesimo beneficiario,

sia superiore all’importo di 350 milioni di lire11 (lett. b)).

Questa limitazione del potere di accertamento fa sì che, nei

casi in cui il potere d’accertamento delle liberalità indirette

                                                                                                               9 In Il regime fiscale di successioni e liberalità, in Riv. dir. trib.

2003, n. 10, pag. 799 e ss. 10 Vedremo l’istituto del cumulo infra, paragrafo 5.3. 11 La franchigia di 350 milioni di lire è stata modificata dalla

riforma del 2006 ed è oggi di 1.000.000€ per il coniuge e i parenti in linea retta, 100.000€ per i fratelli e le sorelle e 1.500.000€ per i portatori di handicap.

31

Page 32: Tesi di Luca

non sussiste, l’obbligo del contribuente previsto dalla legge di

dichiarare la liberalità degradi a mera obbligazione naturale,

in quanto non giuridicamente coercibile, fermo restando che

l’adempimento del debito d’imposta non costituirebbe indebito.

La prima condizione d’accertabilità delle liberalità diverse

dalla donazione, l’autodichiarazione del contribuente, ispira

alcune considerazioni.

Nei casi in cui le aliquote relative all’imposta sulle

donazioni sono, una volta superata la franchigia, maggiori a

quelle relative all’imposta di registro, perché il contribuente

dovrebbe dichiarare la liberalità e sopportare una maggior

imposta? Di certo, non tutti sarebbero disposti a farlo, sapendo

che la legge sancisce sì l’esistenza dell’obbligo, ma che

l’esecuzione dell’obbligo non può essere coartata né sanzionata.

La ratio dell’autodichiarazione delle liberalità diverse dalla

donazione non è certo quella di dare la possibilità, a cittadini

ultracoscienziosi, di adempiere tutti i propri debiti verso

l’erario, e va ricercata nella stessa littera legis: dispone la

lettera a) dell’art. 56-bis che l’autodichiarazione assume

rilievo «nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di

tributi». Se il contribuente subisce un accertamento di tributi,

potrà dichiarare la liberalità, sì che questa possa esser

assoggettata ad imposta sulle donazioni. Non potendo due tributi

insistere sullo stesso fenomeno economico, l’utilità

dell’autodichiarazione consiste nel permettere al contribuente

di sottrarre l’oggetto della liberalità ad un accertamento che

gli recherebbe un pregiudizio di entità maggiore rispetto a

quello derivante dal pagamento dell’imposta sulle donazioni.

Così accade quando un soggetto subisce un accertamento

sintetico ex art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, riguardo,

per esempio, ad un bene pervenutogli per liberalità indiretta,

con imputazione del valore del bene alla base imponibile

dell’imposta sul reddito. Senza calarci nel dettaglio del

sistema degli accertamenti induttivi, accenniamo che se

32

Page 33: Tesi di Luca

l’amministrazione finanziaria presume che il bene sia stata

acquistata con reddito proprio, il soggetto che subisce

l’accertamento si vede accrescere presuntivamente la base

imponibile IRPEF di un importo pari al costo dell’auto, il che

porta ad un aumento del debito IRPEF di entità maggiore rispetto

al prelievo che subirebbe dichiarando la liberalità: tanto

maggiore quanto l’aliquota IRPEF è maggiore all’aliquota

prevista per l’imposta sulle donazioni, quindi in questo caso è

economicamente conveniente dichiarare il debito d’imposta sulle

donazioni.

Qualora la liberalità non fosse dichiarata, l’atto oneroso

sarà soggetto ad imposta di registro ma il contribuente

sconterebbe anche una maggior imposta sul reddito.

2.5. I VINCOLI DI DESTINAZIONE

L’art. 2, comma 47, della l. 286/2006 ricomprende nel

presupposto impositivo anche la costituzione di vincoli di

destinazione, senza dare altre indicazioni al riguardo. La

lettera della legge non ci descrive il contenuto della categoria

dei vincoli di destinazione, lasciando all’interprete il compito

di indagare se la disposizione si riferisca solo all’istituto il

cui nomen iuris si avvicina maggiormente a quello usato dal

legislatore tributario (gli atti di destinazione previsti dal

recente art. 2645-ter c.c.), oppure se il concetto sia più ampio

e debba ricomprendere tutti i negozi con cui un soggetto attua

l’effetto della c.d. segregazione patrimoniale, limitando o

escludendo il proprio di diritto su di essi e vincolandone la

disponibilità giuridica a scopi predeterminati, quali sono ad

esempio il fondo patrimoniale, che i coniugi possono costituire

ai sensi degli artt. 167 e ss. del codice civile, e l’istituto

del patrimonio destinato ad uno specifico affare di cui agli

artt. 2447-ter e ss. c.c..

Senza dubbio non ogni legame di destinazione rileva ai fini

dell’analizzanda disposizione tributaria: pensiamo, in

33

Page 34: Tesi di Luca

particolare, alla destinazione di una cosa al servizio od

ornamento di un’altra cosa che si riscontra nelle pertinenze di

cui all’art. 817 c.c.. Tale destinazione, se compiuta

gratuitamente da un soggetto in favore di una altro, risulta

assimilabile al comodato, non imponibile per i motivi già

esposti. Ciò che il legislatore tributario vuole colpire sono i

fatti in virtù dei quali si produce la distrazione, totale o

parziale, di alcuni beni dal patrimonio personale del

disponente, tale da rendere immuni tali beni agli attacchi dei

creditori del titolare, in deroga al principio di responsabilità

patrimoniale di cui all’art. 2740.

Possiamo ulteriormente circoscrivere l’ambito d’operatività

della norma tenendo presente la ragion d’essere dell’imposta

sulle donazioni: colpire i fenomeni in virtù dei quali un

soggetto si arricchisce senza compiere alcuno sforzo o

sacrificio patrimoniale. Solo i vincoli di destinazione da cui

deriva un arricchimento in capo ad un soggetto sono imponibili

ex art 2.47 l. 286/2006.

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 48/E del 6 agosto

2007, esclude che siano soggette all’imposta sulle donazioni la

costituzione, da parte di una società, di un patrimonio

destinato ad uno specifico affare e la costituzione di un fondo

patrimoniale tutte le volte in cui la costituzione del vincolo

non comporti il trasferimento di beni, sulla base del principio

per cui, sempre secondo l’Agenzia, non già qualunque atto

costitutivo di vincolo di destinazione assuma rilevanza ai fini

dell’imposta sulle donazioni, ma solo quelli in cui all’effetto

segregativo si accompagna un effetto traslativo che muti la

titolarità dei beni che ne sono oggetto.

Si ha invece sia trasferimento, sia arricchimento, nel caso di

fondo patrimoniale, nel caso in cui questo è costituito con beni

di un terzo o di uno solo dei coniugi che non se ne riservi la

proprietà, sì che il bene ricada sotto la titolarità comune di

34

Page 35: Tesi di Luca

entrambi i coniugi, generando quindi un trasferimento di tutto

(nel primo caso) o di una quota di metà del bene (nel secondo).

Queste considerazioni sono valide pure per l’istituto di cui

all’art. 2645-ter c.c., che astrattamente appare idoneo a

generare più di frequente, rispetto al fondo patrimoniale,

l’arricchimento che rileva ai fini dell’imposta sulle donazioni,

sebbene nella prassi non abbia ancora trovato diffusa

applicazione, a causa della legittima reticenza dei funzionari

deputati dalla legge a rogare, nella forma dell’atto pubblico, i

c.d. atti di destinazione di cui la legge prevede, all’art.

2645-ter, la trascrivibilità, senza disciplinarne direttamente

il contenuto necessario ad validitatem.

L’art. 2645-ter, in particolare, prevede la possibilità di

trascrivere gli atti pubblici di destinazione di beni per la

realizzazione di particolari interessi meritevoli di tutela.

Omettendo di soffermarci ulteriormente sulle considerazioni

che potremmo fare circa l’inadeguatezza della tecnica

legislativa usata per redigere tale ultima disposizione, la

quale, prima ancora di disciplinare in modo diretto il contenuto

dell’atto di destinazione, ne prevede la trascrivibilità,

accenniamo qui che in virtù di tale norma un soggetto ha il

potere di costituire su alcuni dei propri beni un vincolo di

carattere reale, e non semplicemente obbligatorio, in virtù del

quale i beni de quibus e i loro frutti possono essere impiegati

solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono

costituire oggetto di esecuzione solo per debiti contratti a

tale scopo. L’atto che produce tale limitazione, se debitamente

pubblicizzato, è quindi opponibile erga omnes.

Occorre dare il giusto peso al fatto che il legislatore abbia

affiancato la fattispecie dei vincoli di destinazione al

trasferimento di beni o diritti, invece di farla rientrare nel

concetto stesso di trasferimento come ha preferito fare, con il

comma 2 dell’art. 1 d.lgs. 346/90, per le rinunce a diritti

35

Page 36: Tesi di Luca

reali e di credito, per le costituzioni di diritti reali e le

costituzioni di rendite e pensioni.

Secondo GAFFURI 12 , ciò è dovuto al fatto che il legislatore

avrebbe voluto prevedere, per le due diverse fattispecie - i

semplici trasferimenti e i vincoli di di destinazione -

differenti momenti di perfezionamento del presupposto

impositivo. Per i primi, il debito d’imposta sorge nel momento

in cui si verifica l’arricchimento. Per i secondi, il momento

impositivo sarebbe anticipato rispetto al momento in cui

l’arricchimento è effettivo ed attuale: il vincolo di

destinazione è imponibile già dal momento in cui determina la

sola «prospettiva, giuridicamente inequivoca e suscettibile di

tutela, di un vantaggio patrimoniale diverso dall’autore del

vincolo funzionale». Sempre secondo l’autore citato, non sarebbe

costituzionalmente illegittima questa dissociazione tra il

conseguimento concreto e materiale del vantaggio patrimoniale e

il momento della tassazione, così come non lo è il principio

contabile di competenza, per il quale sono tassate anche le

poste attive di bilancio consistenti in crediti non ancora

riscossi. Aderendo sostanzialmente alla tesi del GAFFURI, nella

circolare 22 gennaio 2008, n. 3/E l’Agenzia delle Entrate non

manca di sfruttare l’occasione per assicurarsi tempestivamente

le maggiori entrate tributarie possibili.

Ovviamente resta indispensabile la presenza di un soggetto

terzo, diverso dal disponente, che dell’atto costitutivo del

vincolo di destinazione tragga arricchimento, esulando dal

presupposto d’imposta i casi in cui il vincolo è costituito da

un soggetto solo come autolimitazione della disponibilità dei

propri beni, a beneficio proprio, o comunque a beneficio, a

titolo di esempio, anche del coniuge ma senza che questo assuma

la titolarità dei beni oggetto del vincolo.

                                                                                                               12 Note riguardanti la novellata imposta sulle successioni e donazioni,

in Rass. Trib. 2007, n. 2, p. 458.

36

Page 37: Tesi di Luca

3. PRESUNZIONE DI LIBERALITA’

L’art. 26 d.P.R. 131/86 prevede la c.d. presunzione di

liberalità, in virtù della quale taluni atti si presumono posti

in essere per liberalità e sono quindi assoggettati ex lege

all’imposta sulle donazioni.

Il comma 1 della disposizione recita: «I trasferimenti

immobiliari, escluse le permute aventi per oggetto immobili ma

fino a concorrenza del minore dei valori permutati, ed i

trasferimenti di partecipazioni sociali, quando il valore della

partecipazione o la differenza tra valore e prezzo siano

superiori all'importo di 350 milioni di lire, posti in essere

tra coniugi ovvero tra parenti in linea retta o che tali siano

considerati ai fini dell'imposta sulle successioni e donazioni

si presumono donazioni se l'ammontare complessivo dell'imposta

di registro e di ogni altra imposta dovuta per il trasferimento,

anche se richiesta successivamente alla registrazione, risulta

inferiore a quello delle imposte applicabili in caso di

trasferimento a titolo gratuito, al netto delle detrazioni

spettanti.»

Quindi le condizioni d’operatività della presunzione

riguardano:

a) l’oggetto dell’atto, che deve consistere in un

trasferimento immobiliare (comprese le permute per la differenza

di valore tra i due beni permutati e le usucapioni, in base al

comma 4) o di partecipazioni sociali (se il valore della

partecipazione o la differenza tra valore e prezzo è superiore a

350 milioni di lire13);

b) il rapporto di famiglia tra le parti dell’atto, che deve

                                                                                                               13 Tale importo corrisponde a quello della vecchia franchigia

dell’imposta sulle donazioni e pure la ratio sottesa alla franchigia prevista dall’art. 26 è la stessa di quella dell’imposta sulle donazioni. Si tratta di un infelice rinvio fisso che crea una discrepanza tra l’attuale franchigia prevista per l’imposta sulle donazioni e quella da applicare nella presunzione di liberalità. E’ auspicabile un intervento legislativo adeguatore dell’art. 26 ai mutati importi della franchigia sulle donazioni.

37

Page 38: Tesi di Luca

corrispondere a coniugio o parentela in linea retta (o

assimilati dalla disciplina dell’imposta sulle successioni e

donazioni);

c) l’ammontare dell’imposta di registro e di ogni altra

imposta dovuta, che deve risultare inferiore a quello dovuto

secondo la disciplina dell’imposta sulle donazioni.

La presunzione di liberalità antenata a quella attuale era

contenuta prima nell’art 5 d.lgt. 90/45 e poi nell’art. 25

d.P.R. 634/72, i quali escludevano espressamente la prova

contraria alla presunzione. Lo stesso faceva anche l’originaria

formulazione dell’art. 26 d.P.R. 131/86.

Questa presunzione iuris et de iure è stata dichiarata

costituzionalmente illegittima solo con la sentenza della Corte

Costituzionale 15 febbraio 1999, n. 41, per contrarietà al

principio di ragionevolezza e di capacità contributiva (artt. 3

e 53 Cost.). Nel 2000 il legislatore14 ha abrogato espressamente

la parte della disposizione che escludeva l’ammissibilità della

prova contraria (già incostituzionale). Oggi la presunzione è

quindi relativa.

Le finalità di tale presunzione sono chiaramente antielusive:

il legislatore vuole evitare che due parti mascherino un

fenomeno soggetto a imposta sulle donazioni in modo da renderlo

soggetto a imposta di registro, ma oggi, con le nuove

franchigie, i casi in cui ciò accade sono molto meno frequenti

di un tempo.

Nel comma 2, un legislatore avveduto si preoccupa di imporre

alle parti l'obbligo di dichiarare in atto se tra loro sussista

o no un rapporto rilevante ai sensi del comma 1. In mancanza di

tale dichiarazione il rapporto si considera gratuito se al

momento della registrazione non risulti comprovata l’inesistenza

del rapporto.

In chiusura, il comma 4 estende l’applicabilità della

presunzione anche agli accertamenti d’usucapione di diritti

                                                                                                               14 Con l’art. 69.5 b) della l. 342/2000.

38

Page 39: Tesi di Luca

immobiliari.

4. SOGGETTI PASSIVI

In base all’art. 5, l’imposta è dovuta dai donatari per le

donazioni e dai beneficiari per le altre liberalità tra vivi.

Il comma 2 dispone che, ai fini dell’imposta, si considerano

parenti in linea retta anche i genitori e i figli naturali, i

rispettivi ascendenti e discendenti in linea retta, gli

adottanti e gli adottati, gli affilianti e gli affiliati. La

parentela naturale, se il figlio non è stato legittimato o

riconosciuto o non è riconoscibile, deve risultare da sentenza

civile o penale, anche indirettamente, ovvero da dichiarazione

scritta del genitore verificata, se il valore imponibile dei

beni o diritti trasferiti al parente naturale è superiore a 40

milioni di lire, secondo le disposizioni degli articoli 2 e 3

della legge 19 gennaio 1942, numero 23.

5. CONSISTENZA DEL PRELIEVO

5.1. DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE.

Di base imponibile s’è già parlato nel paragrafo 2.1 della

presente sezione, dove ci siamo concentrati sul tema

dell’arricchimento. Ricordiamo che l’art. 2.49 l. 286/2006

dispone che la base imponibile è costituita dal valore globale

dei beni e dei diritti al netto degli oneri da cui è gravato il

beneficiario».

Dunque una base imponibile di natura diversa da quella

dell’imposta di registro, in cui si guarda al valore

dell’oggetto dell’atto al lordo di eventuali passività gravanti

sulla parte che dà luogo al presupposto d’imposta, e di questo

l’interprete dovrà tener conto quando si troverà ad applicare

l’una o l’altra imposta secondo le linee guida che abbiamo

tracciato.

39

Page 40: Tesi di Luca

5.1.1. IMMOBILI

L’art. 14 dà indicazioni sulla determinazione della base

imponibile quando questa è costituita da beni immobili. Occorre

assumere:

a) per la piena proprietà: il valore venale in comune

commercio alla data dell'atto di donazione;

b) per la proprietà gravata da diritti reali di godimento: la

differenza tra il valore della piena proprietà e quello del

diritto da cui è gravata;

c) per i diritti di usufrutto, uso e abitazione: il valore

determinato a norma dell’art. 17, cioè moltiplicando il valore

della piena proprietà per il saggio legale d'interesse e per il

coefficiente, relativo all'età del titolare del diritto, di cui

al prospetto allegato al d.P.R. 131/1986;

d) per il diritto dell’enfiteuta, il ventuplo del canone annuo

ovvero, se maggiore, la differenza tra il valore della piena

proprietà e la somma dovuta per l’affrancazione; per il diritto

del concedente la somma dovuta per l’affrancazione.

La lettera a), riferendosi al valore venale in comune commercio,

sembra dare ampia discrezionalità alle parti nella

determinazione del prezzo e quindi della base imponibile.

Tuttavia l’art. 34.3 prevede la possibilità per l’ufficio di

rettificare tale valore avendo riguardo ai trasferimenti a

qualsiasi titolo ed alle divisioni e perizie giudiziarie,

anteriori di non oltre tre anni alla data dell'atto, o a quella

in cui se ne produce l'effetto traslativo o costitutivo, che

hanno avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe

caratteristiche e condizioni, ovvero al reddito netto di cui gli

immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente

applicato alla detta data e nella stessa località per gli

investimenti immobiliari, nonché ad ogni altro elemento di

valutazione, anche sulla base di indicazioni fornite dai

Comuni.

Il potere di rettifica dell’ufficio non è però assoluto: alle

40

Page 41: Tesi di Luca

donazioni si applica, in virtù del richiamo generale di cui

all’art. 56, il comma 5 dell’art. 34 previsto per le

successioni, che esclude la rettificabilità del valore degli

immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita

dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a 75 volte il

reddito dominicale e, per i fabbricati, a 100 volte il reddito

catastale.

5.1.2. AZIENDE

In guisa dell’art. 15.1 la base imponibile, relativamente alle

aziende donate, è determinata assumendo il valore complessivo,

alla data dell'atto, dei beni e dei diritti che le compongono,

esclusi i beni esclusi dall'imposta di donazione, al netto delle

passività. Se il donante é obbligato alla redazione

dell'inventario di cui all'art. 2217 del codice civile, si ha

riguardo alle attività e alle passività indicate nell'ultimo

inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei

mutamenti successivamente intervenuti.

Da notare che ai fini dell’imposta non si deve più tener conto

dell’avviamento d’azienda quale posta attivà (art. 69 primo

comma lett. g) ed h) della l. 21 novembre 2000 n. 342).

In caso di usufrutto o uso si applicano le norme esposte nel

paragrafo precedente in materia di immobili.

Quanto al potere di rettifica, da parte dell’ufficio, del

valore dell’azienda dichiarato dal contribuente, l’art. 60

d.lgs. 346/1990 richiama l’art. 51.4 d.P.R. 131/86, perciò

l’ufficio può rideterminare tale valore tenendo conto anche

degli accertamenti relativi ad altre imposte, con facoltà di

procedere ad accessi, ispezioni e verifiche secondo le

disposizioni relative all'IVA.

5.1.3. NAVI E AEROMOBILI

Ai sensi dell’art. 15.2 il valore delle navi o imbarcazioni e

degli aeromobili, che non fanno parte di aziende, è desunto dai

41

Page 42: Tesi di Luca

prezzi mediamente praticati sul mercato per beni della stessa

specie di nuova costruzione, tenendo conto del tempo trascorso

dall'acquisto e dello stato di conservazione. Anche in questo

caso, all’usufrutto o uso si applicano le norme previste per gli

immobili.

5.1.4. AZIONI, OBBLIGAZIONI E QUOTE SOCIALI

Relativamente alle azioni, obbligazioni, altri titoli e quote

sociali oggetto di donazione, ai sensi dell’art. 16 la base

imponibile è determinata assumendo:

a) per i titoli quotati in borsa o negoziati al mercato

ristretto, la media dei prezzi di compenso o dei prezzi fatti

nell'ultimo trimestre anteriore alla data dell'atto, maggiorata

dei dietimi o degli interessi successivamente maturati, e in

mancanza il valore di cui alle lettere successive;

b) per le azioni e per i titoli o quote di partecipazione al

capitale di enti diversi dalle società, non quotate in borsa, né

negoziati al mercato ristretto, nonché per le quote di società

non azionarie, comprese le società semplici e le società di

fatto, il valore proporzionalmente corrispondente al valore,

alla data dell'atto, del patrimonio netto dell'ente o della

società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo

inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei

mutamenti sopravvenuti, ovvero, in mancanza di bilancio o

inventario, al valore complessivo dei beni e dei diritti

appartenenti all'ente o alla società al netto delle passività

risultanti a norma degli articoli da 21 a 23, escludendo i beni

o diritti esenti da imposta secondo l’art. 12;

c) per i titoli o quote di partecipazione a fondi comuni

d'investimento, il valore risultante da pubblicazioni fatte o

prospetti redatti a norma di legge o regolamento;

d) per le obbligazioni e gli altri titoli diversi da quelli

indicati alle lettere a), b) e c) il valore comparato a quello

dei titoli aventi analoghe caratteristiche quotati in borsa o

42

Page 43: Tesi di Luca

negoziati al mercato ristretto o in mancanza desunto da altri

elementi certi.

Come prima, in caso di usufrutto si applicano le norme sugli

immobili.

5.1.5. RENDITE E PENSIONI

Esulano dal presupposto dell’imposta sulle donazioni le

rendite e pensioni derivanti da contratto inter vivos (come può

essere un contratto di assicurazione sulla vita): l’art. 17

trova applicazione solo nel caso di imposizione del fenomeno

successorio15.

5.1.6. CREDITI

La donazione di crediti è regolata dall’art. 18. La base

imponibile è determinata assumendo:

a) per i crediti fruttiferi, il loro importo con gli interessi

maturati;

b) per i crediti infruttiferi con scadenza dopo almeno un anno

dalla data dell'atto, il loro valore attuale calcolato al saggio

legale di interesse;

c) per i crediti in natura, il valore dei beni che ne sono

oggetto;

d) per il diritto alla liquidazione delle quote di s.s, s.n.c

e s.a.s. e di quelle a esse equiparate ai fini delle imposte sui

redditi, di cui all'art. 2289 del codice civile, il valore delle

quote è determinato a norma dell’art. 16.

5.2. ALIQUOTE E FRANCHIGIE

Preme qui trattare delle franchigie che il legislatore ha

previsto per tenere esenti dall’imposta talune liberalità e

delle aliquote da applicare a quella parte di base imponibile

che oltrepassa tali franchigie. Il legislatore ha tenuto esenti

                                                                                                               15 Dello stesso avviso GAFFURI, L’imposta sulle successioni e donazioni,

Padova, 2008, p. 267.

43

Page 44: Tesi di Luca

da imposta le liberalità che non superino un determinato valore

disposte in favore di categorie particolari di soggetti, in

ragione del rapporto familiare che questi hanno con il

disponente o delle sfortunate condizioni psicofisiche in cui

versano.

Tali esenzioni sono previste per favorire i passaggi di

ricchezza intrafamiliari e quelli atti ad avvantaggiare soggetti

portatori di handicap.

Le modifiche apportate al d.lgs. 346/90 dalle leggi 286/2006

(art. 2 commi 48 e 49) e 296/2006 (art. 1 commi 77 e 78)

indicano la qualità che il donatario deve rivestire per godere

della franchigia, l’ammontare della franchigia e l’aliquota da

applicare al trasferimento, la quale varia al variare della

qualifica dell’acquirente. Si ha dunque che ai trasferimenti:

a) in favore del coniuge e dei parenti in linea retta si

applica l’aliquota del 4% sul valore della base imponibile

eccedente la franchigia di 1.000.000€;

a-bis) in favore dei fratelli e delle sorelle si applica

l’aliquota del 6% sul valore della base imponibile eccedente la

franchigia di 100.000€;

b) in favore di altri parenti fino al 4° grado, di affini in

linea retta o di affini in linea collaterale fino al 3° grado si

applica l’aliquota del 6% sull’intero ammontare della base

imponibile, senza franchigia alcuna;

c) in favore di altri soggetti si applica l’aliquota dell’8%

sull’intero ammontare della base imponibile, senza franchigia

alcuna;

d) in favore di soggetti portatori di handicap grave ai sensi

della legge 5 febbraio 1992, n. 104, è riconosciuta franchigia

di 1.500.000€ con applicazione delle stesse aliquote testé

esposte. Dunque, se il soggetto portatore di handicap è coniuge

o parente in linea retta del donante 4%; se parente sino al 4°

grado, affine in linea retta, o affine in linea collaterale

entro il 3° grado 6%; negli altri casi 8%.

44

Page 45: Tesi di Luca

5.3. IL CUMULO

Potrebbe darsi il caso in cui un soggetto intenzionato a

donare un ammontare di denaro o altra utilità talmente

considerevole da superare le franchigie tenti di frazionare

l’operazione in più trasferimenti distinti, ciascuno di importo

inferiore a quello della franchigia e tenere così indenne il

donatario dal pagamento dell’imposta.

Per evitare questo genere di abusi, come pure per evitare che,

anche al di fuori di fenomeni elusivi, ci si possa avvantaggiare

della franchigia oltre il limite fissato dal legislatore, l’art.

57 prevede che la base imponibile della donazione di cui si

tratta vada maggiorato dell’importo pari al valore di tutte le

donazioni - ma la legge dovrebbe oggi parlare di atti gratuiti,

giusto il mutato oggetto dell’imposta - già intervenute tra i

medesimi soggetti, comprese le donazioni presunte ex. art. 26

d.P.R. 131/86, escluse le donazioni remuneratorie e quelle di

modico valore, nonché quelle di cui agli artt. 3 e 59.

Si deve necessariamente aderire allo studio della Commissione

studi tributari del Consiglio Nazionale del Notariato n.

113/2000/T del 15 dicembre 2000 dove ritiene che le liberalità

indirette collegate ad atti concernenti il trasferimento e la

costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di

azienda per i quali sia prevista l'applicazione dell'imposta

proporzionale di registro o l'IVA siano escluse dal cumulo, in

quanto non soggette ad imposta giusta il disposto dell'art. 1.4-

bis.

Riguardo poi alle liberalità dirette non donative, sebbene la

disposizione sul cumulo si riferisca alle sole donazioni e dove

il legislatore abbia inteso riferirsi anche alle altre

liberalità l’abbia fatto espressamente 16, esigenze di parità di

trattamento ci impongono di concludere che anche queste, sono

soggette al cumulo.

                                                                                                               16 Si pensi, per esempio, agli artt. art. 1.1, 5.1, art. 56-bis e art.

58.5.

45

Page 46: Tesi di Luca

5.3.1. RIVALUTAZIONE DELLE DONAZIONI ANTERIORI

L’ultimo periodo dell’art. 57.1 sancisce che, ai fini del

cumulo, per valore delle donazioni anteriori si intende il

valore attuale dei beni e dei diritti donati e si considerano

anteriori alla donazione anche le donazioni di pari data.

Da ciò si ricava che il valore delle donazioni anteriori vada

rivalutato alla data della donazione che ci si accinge a

sottoporre a imposizione, altrimenti ne deriverebbe un

sostanziale aumento delle franchigie, perché il valore

“nominale” che il bene anteriormente donato aveva alla data

della donazione anteriore può non coincidere con il valore

“reale” che tale bene ha alla data della donazione successiva17.

Così, se in un certo giorno Tizio dona al fratello Caio un

terreno del valore di 40.000€ (dunque un valore inferiore a

quello della franchigia tra fratelli di 100.000€) e in seguito

il valore di mercato del bene aumenta (vuoi perché il terreno è

passato da agricolo a edificabile, vuoi perché la moneta si è

svalutata) in misura tale da superare l’importo della

franchigia, alla donazione successiva non si potrà applicare la

franchigia residua di 60.000€, in quanto tale franchigia residua

è stata erosa dall’aumento di valore del bene. Questa visione

sarebbe coerente con la ragion d’essere dell’imposta sulle

successioni e donazioni, cioè l’intenzione di colpire gli

arricchimenti ottenuti senza alcuno sforzo.

Certo è che il principio di rivalutazione delle donazioni

anteriori necessita di correttivi, perché se il bene è aumentato

di valore per dei miglioramenti apportati dal donatario, allora

ciò non potrà andare a scapito della possibilità, per il

donatario, di godere della franchigia residua e il

corrispondente aumento di valore non andrà computato nella

rivalutazione.

                                                                                                               17 Se ne trova conferma in Comm. Trib. prov. Salerno 26 marzo 2001, n.

4441, in CeRDEF.

46

Page 47: Tesi di Luca

Secondo CERNIGLIARO DINI 18 il valore attuale del bene donato può

anche essere inferiore alla sua consistenza originaria, e ciò

sembra condivisibile, sia per un ragionamento inverso rispetto a

quello che sta alla base del principio cuius commoda eius et

incommoda, sia perché la lettera della legge non limita

l’operatività della rivalutazione al solo verso in peius.

Per i criteri di rivalutazione delle singole categorie di beni

rimandiamo a CERNIGLIARO DINI, op. cit..

5.3.2. IL CUMULO NEL DIRITTO TRANSITORIO

Nel silenzio della legge, la questione di diritto transitorio

della cumulabilità o no delle donazioni intervenute nel periodo

di abrogazione dell’imposta (2001-2006) è risolta in senso

positivo dalla prassi19 (che non perde occasione per incamerare

il gettito derivante dal fatto che le donazioni successive

cumulate a quelle compiute tra il 2001 e il 2006 superino la

franchigia).

In presenza di contrastanti pronunce giurisprudenziali 20

propendiamo per la soluzione negativa, in quanto le donazioni

poste in essere tra il 2001 e il 2006 non hanno scontato imposta

sulle donazioni, ma di registro, ed è assurdo precludere ad un

soggetto la possibilità di godere della franchigia solo perché

ha già ricevuto per una donazione sulla quale non ha operato la

franchigia.

6. SGRAVI FISCALI

6.1. ESENZIONI

Si sono voluti tenere esenti dall’imposta sulle donazioni, per

l’intero ammontare e senza limiti di franchigia, i trasferimenti

                                                                                                               18 Commentario breve alle leggi tributarie a cura di MARONGIU, Padova,

2011, p. 1303. 19 Circolare 2008 n. 3/E. 20 Cumulabilità per Comm. trib. prov. Milano 10 novembre 2008 e non

cumulabilità per Comm. trib. prov. Bergamo 17 maggio 2010.

47

Page 48: Tesi di Luca

aventi ad oggetto beni culturali (art. 13), cui si applica solo

un’ibrida imposta di donazione in misura fissa di 168€, e quelli

effettuati a vantaggio di particolari soggetti (art. 3).

Questi sono:

a) lo Stato, le Regioni, le Province i Comuni;

b) gli enti pubblici e le fondazioni o associazioni

riconosciute che hanno come scopo escluivo l’asistenza, lo

studio, la ricerca scientifica, l’educazione, l’istruzione o

altre finalità di pubblica utilità, nonché le ONLUS;

c) gli enti pubblici e le associazioni o fondazioni diverse

dalle precedenti se disposti per le finalità sopra indicate (con

l’onere per il beneficiario di dimostrare entro 5 anni di aver

impiegato i beni per la finalità per cui questi erano stati

trasferiti);

d) le fondazioni bancarie;

e) i movimenti e partiti politici;

f) altra esenzione è quella prevista nel caso di passaggio

generazionale dell’impresa, di cui trattiamo nel paragrafo

seguente.

6.1.1. L’ESENZIONE DEI PASSAGGI GENERAZIONALI (PATTO DI

FAMIGLIA)

In virtù dell’art. 3.4-ter, non sono soggetti a imposta i

trasferimenti a favore di discendenti e del coniuge del

disponente, se trattasi di aziende o rami di esse, di quote

sociali e azioni (anche in caso di patto di famiglia).

In caso di quote o azioni di s.p.a., s.a.p.a., s.r.l., società

cooperative, mutue assicuratrici, società europee e società

cooperative europee residenti nel territorio delo Stato,

l’esenzione opera solo in riferimento alle partecipazioni

mediante le quali è acquisito o integrato il controllo sociale

ai sensi del 2359.1 n. 1) c.c. (dunque la maggioranza dei voti

esercitabili nell’assemblea ordinaria).

48

Page 49: Tesi di Luca

Il beneficio si applica a condizione che l’avente causa

prosegua l’esercizio dell’impresa o detenga il controllo della

società per almeno 5 anni dal trasferimento e che nel

trasferimento abbia reso apposita dichiarazione in tal senso, a

pena di decadenza dal beneficio.

6.2. RIDUZIONI

Oltre alle esenzioni, sono previste delle riduzioni, dunque

degli sgravi di minor misura.

L’art. 25 prevede delle riduzioni in materia di successione.

Tale disposizione è richiamata dall’art. 56 per le donazioni.

6.2.1. RIDUZIONE DEL QUINQUENNIO

Se la donazione è compiuta entro un peeriodo di 5 anni

dall’apertura della successione o dell’altradonazione da cui il

bene oggetto della donazione che ci si accinge a sottoporre a

imposizione proviene, l'imposta è ridotta di un importo

inversamente proporzionale al tempo trascorso, in ragione di un

decimo per ogni anno o frazione di anno; se nella donazione non

sono compresi tutti i beni e i diritti oggetto della precedente

successione o donazione o sono compresi anche altri beni o

diritti, la riduzione si applica sulla quota di imposta

proporzionale al valore dei beni e dei diritti compresi in

entrambe (art. 25.1).

6.2.2. RIDUZIONE SUI BENI CULTURALI NON VINCOLATI

Nel caso di donazioni di beni immobili culturali di cui

all’art. 13, non ancora sottoposti al vincolo previsto nell’art.

2 della l. 1° giugno 1939, n. 1089, l'imposta dovuta dal

donatario è ridotta dell'importo proporzionalmente

corrispondente al cinquanta per cento del loro valore, a

condizione che esso adempia l’onere di presentare l’inventario

dei beni all’organo competente (art. 25.2).

49

Page 50: Tesi di Luca

6.2.3. RIDUZIONE SUI FONDI RUSTICI

Nel caso di donazioni di donazione fondi rustici, incluse le

costruzioni rurali, anche se non insistenti sul fondo, di cui

all'art. 39 del testo unico delle imposte sui redditi approvato

con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.

917, compiute a favore del coniuge, di parenti in linea retta o

di fratelli o sorelle del donante, l'imposta dovuta è ridotta

dell'importo proporzionalmente corrispondente al 40% della parte

del loro valore complessivo non superiore a 200 milioni di lire

(art. 25.3).

La riduzione compete a condizione che il beneficiario sia

coltivatore diretto, che la devoluzione avvenga nell'ambito di

una famiglia diretto coltivatrice e che l'esistenza di questi

requisiti risulti da attestazione dell'ufficio regionale

competente allegata all'atto di donazione.

6.2.4. RIDUZIONE SUGLI IMMOBILI DELL’AZIENDA ARTIGIANA FAMILIARE

Nel caso di donazione di immobili o parti di immobili adibiti

all'esercizio dell'impresa, a favore del coniuge o di parenti in

linea retta entro il terzo grado del donante nell'ambito di una

impresa artigiana familiare, come definita dalla legge 8 agosto

1985, n. 443, e dall'art. 230 bis del codice civile, l'imposta

dovuta è ridotta dell'importo proporzionalmente corrispondente

al 40% della parte del loro valore complessivo non superiore a

200 milioni di lire (art. 25.4).

La riduzione compete a condizione che l'esistenza dell'impresa

familiare artigiana risulti dall'atto pubblico o dalla scrittura

privata autenticata di cui all’art. 5, comma 4, lettera a), del

testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R.

917/86.

6.2.5. RIDUZIONE IN MATERIA DI COMUNI MONTANI

Nel caso di donazione di aziende, quote di società di persone o

beni strumentali (purché ubicati in comuni montani con meno di

50

Page 51: Tesi di Luca

5000 abitanti o, nel caso di comuni maggiori, nelle frazioni)

compiute a favore del coniuge o del parente entro il 3° grado

del donante, l'imposta dovuta è ridotta dell'importo

proporzionalmente corrispondente al 40% della parte del loro

valore complessivo (art. 25.4-bis).

La riduzione compete a condizione che gli aventi causa

proseguano effettivamente l'attività imprenditoriale per un

periodo non inferiore a cinque anni dalla data del

trasferimento.

6.3. DETRAZIONE IVA

Ai sensi dell’art. 56.5, al debito d’imposta lordo si detrae

l’imposta sul valore aggiunto afferente la cessione, se alla

richiesta di registrazione dell’atto è allegata la fattura.

51

Page 52: Tesi di Luca

_____________________________________________________

SEZIONE 2 - L’IMPOSTA DI REGISTRO

Sommario: 1. L’ambito di applicazione - 2. La registrazione

d’ufficio - 2.1. Atti pubblici e scritture private autenticate -

2.2. Scritture private non autenticate - 2.3. Contratti verbali

- 3. L’enunciazione - 4. La registrazione delle liberalità - 5.

La determinazione dell’imposta - 5.1. Contratti aventi ad

oggetto diritti reali - 5.2. Permute - 5.3. Remissioni del

debito. Coordinamento con l’imposta sulle donazioni - 5.4.

Rinunce a diritti reali - 5.5. Contratti diversi - 6.

Alternatività tra IVA e imposta di registro - 7. La doppia

imposizione su registrazione e donazioni

1. L’AMBITO D’APPLICAZIONE

L’imposta di registro si applica sugli atti, in particolare

sugli atti soggetti a registrazione e su quelli registrati

volontariamente (art. 1 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131).

Sono soggetti obbligatoriamente a registrazione in termine

fisso gli atti indicati nella prima parte della Tariffa

allegata; sono soggetti obbligatoriamente a registrazione solo

in caso d’uso gli atti indicati nella seconda parte della stessa

(artt. 2-7); può essere registrato volontariamente qualunque

atto (art. 8). La prima e la seconda parte della Tariffa

contengono un elenco eterogeneo di atti, cui si rimanda.

2. LA REGISTRAZIONE D’UFFICIO

L’art. 15 del d.P.R. 131/1986 regola la registrazione

d’ufficio, in deroga al principio generale secondo cui la

52

Page 53: Tesi di Luca

registrazione presuppone sempre l’impulso del soggetto

interessato all’atto.

La registrabilità d’ufficio è una conseguenza

dell’obbligatorietà della registrazione: nei casi in cui la

registrazione è obbligatoria e i soggetti che vi sono tenuti,

indicati dall’art. 10, non ne fanno richiesta, vi procede

l’Agenzia delle Entrate, la quale notifica ai primi un avviso di

liquidazione, intimandoli al pagamento dell’imposta e

dell’eventuale sanzione.

Vediamo dunque quali sono gli atti soggetti a registrazione

d’ufficio.

2.1. ATTI PUBBLICI E SCRITTURE PRIVATE AUTENTICATE

Sono soggetti a registrazione d’ufficio gli atti pubblici, le

scritture private autenticate e gli atti degli organi

giurisdizionali.

L’Agenzia delle Entrate può prendere conoscenza della mancata

registrazione di un atto pubblico o di una scrittura privata

autenticata nel contesto di un controllo del repertorio del

pubblico ufficiale che ha rogato l’atto.

I poteri dell’amministrazione finanziaria sono inoltre

rafforzati dall’art. 35, comma 24 del d.l. 223/2006, il quale,

prevedendo l’aggiunta al D.P.R. 131/1986 del nuovo art. 53 bis,

ha esteso alle imposte di registro, ipotecaria e catastale “le

attribuzioni e i poteri di cui agli articoli 31 e seguenti” del

D.P.R. 600/73, consistente in un sistema di poteri d’accesso,

ispezioni e verifiche.

2.2 SCRITTURE PRIVATE NON AUTENTICATE

All’articolo 15, comma 1, lettera b), si legge che, in merito

alle scritture private non autenticate, la registrazione possa

essere eseguita d'ufficio, previa riscossione dell'imposta

dovuta quando le scritture in parola siano depositate presso

pubblici uffici o quando l'amministrazione finanziaria ne sia

53

Page 54: Tesi di Luca

venuta legittimamente in possesso a seguito di particolari

accertamenti.

2.3. CONTRATTI VERBALI

Sono registrabili d’ufficio, in presenza di prova diretta

ovvero di presunzioni gravi, precise e concordanti, pure i

contratti verbali soggetti a registrazione in termine fisso, di

cui alle lettere a) e b) dell’art. 3.

L’elenco di cui all’art. 3.1 è tassativo quanto alla

registrabilità d’ufficio dei contratti ivi indicati, ma non è

escluso che siano imponibili anche contratti verbali diversi. Il

comma successivo, infatti, richiama l’art. 22 in materia di

enunciazione e apre la strada all’imponibilità di contratti

verbali diversi da quelli indicati nel comma primo.

3. L’ENUNCIAZIONE

L’art. 22 dispone che se in un atto sono enunciate

disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non

registrati posti in essere fra le stesse parti intervenute

nell’atto che contiene l’enunciazione, l’imposta si applica

anche alle disposizioni enunciate (è dovuta pure una pena

pecuniaria se l’atto enunciato e non registrato era soggetto a

registrazione).

L’istituto dell’enunciazione ha doppia finalità: antielusiva

nel caso di enunciazione di atti soggetti a registrazione in

termine fisso, in quanto grazie all’enunciazione si può attuare

il prelievo che già era dovuto ma cui le parti, non registrando

l’atto, si stavano sottraendo, e impositiva nel caso degli atti

da registrare solo in caso d’uso 21 e nel caso degli altri

                                                                                                               21 La sentenza Cass. 5946/2007 ha infatti affermato l’idoneità

dell’enunciazione di un atto soggetto a registrazione in caso d’uso a sottoporre l’atto a tassazione, benché l’enunciazione non integri caso d’uso ex art. 6. Secondo uno studio del Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 208-2010/T, attualmente consultabile nel sito ufficiale del Consiglio, notariato.it, la lettura prospettata dalla Cassazione, se estremizzata, porta a conclusioni paradossali,

54

Page 55: Tesi di Luca

contratti verbali, relativamente ai quali, prima

dell’enunciazione, non sussisterebbe alcun debito d’imposta.

La «enunciazione di disposizioni» consiste nel richiamo degli

elementi costitutivi essenziali di un negozio giuridico, in modo

che possa essere determinata l’imposta dovuta per il negozio

enunciato, «come se l’atto venisse registrato come atto a sé

stante»22.

L’operatività dell’istituto dell’enunciazione non va però

esasperata: non opera infatti, quando si hanno «richiami

meramente storici o esplicativi» 23 . Già secondo Cass. 30 marzo

1951, n. 71424, affinché sia integrata la fattispecie presupposta

dell’istituto che troviamo oggi regolato dall’art. 22, è

necessario che l’enunciazione identifichi la disposizione

richiamata sia in ordine ai soggetti che al suo contenuto

oggettivo.

Insistiamo a tal punto sull’enunciazione perché quest’istituto

può essere usato dalle parti per evitare, lecitamente, di pagare

l’imposta sulle donazioni su un determinato atto, pagando solo

la relativa imposta di registro.

Questa possibilità è data dall’art. 1.4-bis d.lgs. 346/90,

introdotto dall'art. 69 comma 1 della legge 342/2000, il quale

prevede che «ferma restando l’applicazione dell’imposta anche

alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a

registrazione, l’imposta non si applica nei casi di donazioni o

altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               assoggettando a imposta di registro pure atti non soggetti a registrazione, se enunciati. Per evitare risultati contrari alla ratio della norma, la locuzione “atti non registrati” usata dall’art. 22 non va riferita ad atti che non siano stati registrati a causa della mancanza dell’obbligo di registrazione. Conseguenza necessaria di questa considerazione è che l’enunciazione di un atto soggetto a registrazione solo in caso d’uso rende l’atto enunciato imponibile solo se ciò avvenga dopo il verificarsi del caso d’uso (così anche BUSANI, La enunciazione di contratti verbali e atti scritti, Corr. trib., 2009, 3856).

22 BERLIRI, Le imposte di bollo e di registro, Milano, 1970, p. 142. 23 BERLIRI, op. cit., p. 181. 24 in Giur. Imp dir. reg. e neg. 1951, n. 87.

55

Page 56: Tesi di Luca

o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento

di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione

dell’imposta di registro in misura proporzionale o dell’imposta

sul valore aggiunto».

Due condizioni devono ricorrere affinché l’atto sia esente da

imposta sulle donazioni: che vi sia un collegamento tra

donazione indiretta ed altro atto concernente il trasferimento o

la costituzione di diritti immobiliari o il trasferimento di

aziende, e che per l'atto collegato sia dovuta l'imposta

proporzionale di registro ovvero l'IVA.

Ciò permette di non pagare l’imposta sulle donazioni

relativamente a liberalità che siano soggette a imposta di

registro collegate a trasferimenti immobiliari o d’azienda: è

sufficiente enunciare tali atti nell’atto di trasferimento

immobiliare cui sono collegate affinché restino esenti

dall’imposta sulle donazioni ex art. 1.4-bis d.lgs. 346/90 e

scontino la sola imposta di registro ex art. 22 d.P.R. 131/86,

la quale, se la base imponibile supera l’importo della

franchigia prevista per l’imposta sulle donazioni, è meno

onerosa di quest’ultima.

L’enunciazione della liberalità nel trasferimento immobiliare

serve a palesarne il collegamento negoziale in virtù del quale

restano esenti da imposta sulle donazioni.

Se le parti di un contratto che soddisfi i requisiti posti dal

1.4-bis fanno enunciazione, in tale atto, di una donazione o

altra liberalità 25 , a quest’ultima non si applicherà l’imposta

                                                                                                               25 Liberalità che può essere anche di natura indiretta, dal momento che

l’inciso iniziale del comma 4-bis non deve esser visto come un’eccezione all’esenzione prevista dal prosieguo dell’art. 1.4-bis, tale per cui il collegamento negoziale non renderebbe esenti da imposta sulle donazioni le liberalità indirette. Diversamente l’inciso deve essere interpretato come un modo per esplicitare l’applicabilità del tributo sulle donazioni anche alle liberalità indirette, di per sé già rientranti nel presupposto impositivo generale individuato dall’art. 2.47 l. 286/2006. Si tratta dunque, come sostiene GHINASSI, Liberalità indirette nel processo tributario, in Rass. Trib. 2010, n. 2, p. 420 e ss., di una «ulteriore ancorché superflua conferma dell’imponibilità delle

56

Page 57: Tesi di Luca

sulle donazioni, dovendo questa scontare solo l’imposta di

registro o l’IVA.

A titolo di esempio, se un soggetto, nell’atto con cui compra

un immobile, fa enunciazione della dazione gratuita di denaro

fattagli dal padre, tale dazione, collegata con il trasferimento

immobiliare, sarà protetta dall’imposizione sulle donazioni e si

pagherà su di essa la sola imposta di registro.

Lo stesso Ministero delle Finanze, nella circolare del 16

novembre 2000, n. 207/E, afferma che «per tutti gli acquisti

immobiliari finanziati da terzi, sarà possibile dichiarare in

atto che il pagamento é avvenuto a cura del soggetto donante,

così da consentire alle famiglie di rendere trasparenti i loro

rapporti economici (ad esempio la dazione di denaro dal padre al

figlio ovvero il pagamento del relativo prezzo da parte del

padre per l'acquisto di una casa)».

In casi consimili sarà opportuno dichiarare il collegamento

per tre ordini di motivi:

A) per evitare accertamenti presuntivi che danneggerebbero il

donatario, in quanto così facendo si palesa fin da principio la

provenienza donativa del denaro impiegato per il pagamento del

corrispettivo, evitando di doverla dimostrare nel corso di un

giudizio d’accertamento;

B) in secondo luogo per motivi successori, essendo

l’acquirente tenuto a fare collazione dell’oggetto della

liberalità ex art. 737 c.c.;

C) da ultimo, ai fini della dichiarazione sostitutiva di atto

di notorietà recante l'indicazione analitica delle modalità di

pagamento del corrispettivo, imposta dall'art. 35 comma 22 della

l. 248/2006 di conversione del d.l. 223/2006, c.d. menzioni

Bersani.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               liberalità indirette (...)». Prosegue poi l’autore ribadendo, appunto, che la fattispecie investita dall’esenzione di cui all’art. 1.4-bis è quella di «liberalità (dirette e non) collegate ad atti soggetti a registrazione aventi ad oggetto trasferimento o costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende».

57

Page 58: Tesi di Luca

4. LA REGISTRAZIONE DELLE LIBERALITÀ

L’art. 55 del d.lgs. 346/90 dispone che gli atti di donazione

sono soggetti a registrazione secondo le disposizioni del testo

unico sull’imposta di registro, approvato con d.P.R. 26 aprile

1986, n. 131, concernente gli atti da registrare in termine

fisso. Prosegue poi sancendo l’obbligo di registrare in termine

fisso pure le donazioni, dirette o indirette, formate all’estero

nei confronti di beneficiari residenti nello Stato, con la

possibilità di detrarre, dall’imposta su queste donazioni, le

imposte pagate all’estero in dipendenza della stessa donazione

ed in relazione ai beni ivi esistenti, salva l’applicazione

delle convenzioni contro le doppie imposizioni.

Ai sensi del comma 2, nei casi di cui all’art. 3, recante un

elenco di fattispecie che non sono soggette ad imposta sulle

donazioni, la registrazione è gratuita.

In linea di principio si può affermare che quando un atto di

liberalità, a causa della sua natura indiretta, sfugge

all’imposta sulle donazioni, sia comunque soggetto all’imposta

di registro, in quanto benché il negozio mezzo impiegato per

scopi liberali non integri i presupposti in presenza dei quali è

possibile assoggettarlo all’imposta sulle donazioni, può

comunque integrare quelli dell’imposta di registro. Ciò accade

precipuamente nel caso dell’atto oneroso che maschera una

liberalità, il quale è soggetto a registrazione.

Le liberalità diverse dalle donazioni, se non soggette a

registrazione, possono essere pure registrate volontariamente ai

sensi del combinato disposto degli artt. 56-bis comma 3 d.lgs.

346/90 e 8 d.P.R. 131/86.

5. LA DETERMINAZIONE DELL’IMPOSTA

L’art. 43 stabilisce i criteri per determinare la base

imponibile a seconda del tipo di prestazioni dedotte in

contratto.

58

Page 59: Tesi di Luca

5.1. CONTRATTI AVENTI AD OGGETTO DIRITTI REALI

La lettera a) stabilisce che, nel caso di contratti a titolo

oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, la base

imponibile corrisponde al valore del bene o del diritto alla

data del contratto. E’ questo il caso del negotium mixtum cum

donatione, che, come si è visto retro, capitolo 1, paragrafo 2,

non muta la propria natura di contratto oneroso per la presenza

di uno squilibrio tra le prestazioni determinato da intento

liberale. A questo regime è sottoposta anche la vendita che due

parti simulano radicalmente allo scopo di nascondere una

liberalità, fintanto che l’amministrazione non si palesa il

negozio simulato.

L’art. 1 della Tariffa Parte 1 (di seguito, TP1) prevede, in

generale, per tali fattispecie l’aliquota del 9%.

5.2. PERMUTE

Se si tratta di una permuta, la lettera b) dispone che occorre

fare un raffronto tra due ipotetici debiti d’imposta, uno

determinato moltiplicando il valore di un bene per l’aliquota

per esso prevista e l’altro facendo lo stesso per il bene

oggetto della controprestazione. Il maggiore di questi due

importi determina il debito d’imposta concretamente dovuto.

Si applica l’aliquota dell’art. 1 TP1 del 9%.

Fa eccezione alla disciplina generale dettata dalla lettera b)

il caso in cui una delle parti della permuta sia soggetto IVA:

in tal caso si applica IVA alla cessione soggetta all’imposta

sul valore aggiunto e l’imposta di registro sull’altra.

5.3. REMISSIONI DEL DEBITO, COORDINAMENTO CON L’IMPOSTA SULLE

DONAZIONI

L’art. 43 prosegue indicando la disciplina del caso in cui ad

una prestazione di facere di una parte si accompagna, in

corrispettivo, quella di un dare in natura dell’altra parte,

della cessione del contratto e arriva, alla lettera e), a

59

Page 60: Tesi di Luca

disciplinare gli atti portanti assunzione di una obbligazione

che non costituisce corrispettivo di altra prestazione o

portanti estinzione di una precedente obbligazione. E’ il caso

delle promesse unilaterali e delle remissioni del debito.

La remissione del debito va registrata in termine fisso e con

l’applicazione dell’aliquota dello 0,5% (art. 6.1 TP1).

Occorre ricordare che l’art. 1.2 d.lgs. 346/90, prende in

considerazione le rinunce a diritti di credito, sancendone la

parificazione, ai fini dell’imposta sulle donazioni, ai

trasferimenti, dunque assoggettandovele.

Remissione del debito e rinuncia a diritto di credito hanno la

medesima causa e natura giuridica; sembrerebbe quindi che l’art.

1.2 d.lgs. 346/90 e l’art. 43 lett. e) d.P.R. 131/86 regolino in

modo diverso, prevedendo due diversi prelievi tributari, la

stessa fattispecie. Sorge quindi un apparente contrasto di

norme.

Nel 2001, quando l’imposta sulle donazioni si applicava solo

agli atti compiuti con animus donandi, avremmo potuto risolvere

la questione applicando alle rinunce o remissioni liberali

l’imposta sulle donazioni, e alle rinunce o remissioni meramente

gratuite l’imposta di registro, posto che l’imposta sulle

donazioni si applicava allora ai soli atti compiuti donandi

causa e che la formulazione della disposizione dell’imposta di

registro sulle remissioni è idonea ad abbracciare, oltre alle

rinunce onerose, anche le rinunce gratuite in senso stretto.

Oggi, però, ne la disciplina delle rinunce nell’ambito

dell’imposta sulle donazioni ne tantomeno quella delle

remissioni nell’ambito dell’imposta di registro fanno differenza

circa la sussistenza o no dell’intento liberale.

Sebbene l’intenzione del legislatore del ’90 non fosse certo

quella di abrogare tout court la disciplina dell’imposta di

registro sulle remissioni, ma solo di assoggettare quelle

compiute per scopo liberale all’imposta sulle donazioni, l’unico

modo per evitare la contemporanea applicazione, al medesimo atto

60

Page 61: Tesi di Luca

estintivo di un’obbligazione, di un’imposta sulle donazioni e di

un’imposta di registro in misura proporzionale - potenzialmente

ben più gravosa di quella in misura fissa di 168€, che l’Agenzia

delle Entrate ha per un certo periodo tempo ritenuto occorresse

pagare in presenza di una donazione, in concorrenza con

l’imposta sulle donazioni 26 - è quello di propendere per

l’abrogazione parziale della disciplina dell’imposta di

registro, in particolare della parte che prevede l’applicazione

dell’imposta di registro alle rinunce gratuite. Tale abrogazione

non è determinato dal solo art. 1.2 d.lgs. 246/90 e, per

l’appunto, non opera dal 1990. E’ determinato dalla

reintroduzione dell’imposta sulle donazioni del 2006 e dalla sua

applicazione anche agli atti meramente gratuiti, quindi

dall’attuale combinato disposto degli artt. 2.47 l. 286/2006 e

1.2 d.lgs. 346/90.

Il fatto che l’intenzione del legislatore che ha introdotto il

comma 2 dell’art. 1 d.lgs. 346/90 non fosse quella di abrogare

la parte della speculare disciplina dell’imposta di registro

prevista per le rinunce meramente gratuite, deve cedere il passo

all’assetto attuale della disciplina dell’imposta di registro e

dell’imposta sulle donazioni nel suo complesso, che solo se

interpretata in questo modo risponde efficacemente alle esigenze

garantiste sottese al divieto di doppia imposizione.

Queste ricostruzioni teoriche con cui tentiamo di quadrare il

cerchio non hanno trovato, per un certo tempo, terreno fertile

nella vita pratica del diritto tributario che vede, come agenti

concreti dell’applicazione dell’imposta, impiegati dell’ufficio

del registro spesso magri di metodologia giuridica, i quali

pertanto, in assenza di una circolare che risolvesse il

contrasto di norme e ne indirizzasse l’operato, non hanno certo

seguìto una simile linea interpretativa.

Ecco allora che - fino al cambiamento di rotta

dell’amministrazione finanziaria di cui parliamo nel paragrafo 7

                                                                                                               26 V. amplius infra, paragrafo 7.

61

Page 62: Tesi di Luca

- quando ad un notaio le parti richiedevano di stipulare

solennemente una rinuncia a diritto di credito (o remissione di

debito che dir si voglia) a titolo gratuito, il più delle volte

nell’atto si esplicitava un intento liberale anche in realtà non

sussistente, così da offrire all’impiegato dell’ufficio del

registro un indice evidente dell’applicabilità della disciplina

dell’imposta sulle donazioni (in virtù della quale, nei casi in

cui è conveniente usare questi meccanismi, l’atto resterà esente

da imposta) e lasciare così indenne il debitore liberato dal

pagamento dell’imposta di registro in misura proporzionale,

altrimenti l’operatore dell’ufficio del registro si sarebbe

trovato in difficoltà nel qualificare giuridicamente la

fattispecie, visto che questa poteva essere sussunta in più

norme impositive e il silenzio dell’Agenzia delle Entrate non lo

aiutava.

Questo vale, è opportuno sottolinearlo, solo quando non

conviene pagare l’imposta di registro proporzionale in luogo

dell’imposta sulle donazioni, e cioè quando il debito d’imposta

sulle donazioni è inferiore all’eventuale debito d’imposta di

registro, a seconda delle franchigie, dell’ammontare per cui il

valore dell’obbligazione le supera e delle aliquote da applicare

nel caso concreto.

Per completezza, si rammenta che se l’atto è compiuto in forma

di scrittura privata non autenticata il relativo debito

d’imposta proporzionale è inferiore a 168€, l’atto si registra,

in caso d’uso, con l’imposta fissa di 168€.

5.4. RINUNCE A DIRITTI REALI

Argomentazioni analoghe a quelle finora esposte in merito alle

rinunce a diritti di credito valgono in materia di rinunce a

diritti reali, anch’esse parificate a trasferimenti dall’art.

1.2 d.lgs. 346/90 (soggette quindi a imposta sulle donazioni),

alle quali l’art. 1 della Tariffa, Parte 1, riserva lo stesso

trattamento tributario degli atti traslativi a titolo oneroso

62

Page 63: Tesi di Luca

della proprietà di beni immobili, con aliquote proporzionali. In

modo sostanzialmente coincidente conclude pure BUSANI27, parlando

non di abrogazione parziale ma di interpretazione restrittiva

dell’art. 1 TP1.

A tali atti l’art. 1 TP1 applica la stessa aliquota prevista

per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni

immobili, dunque in generale il 9%.

5.5. CONTRATTI DIVERSI

L’art. 43 del testo unico sull’imposta di registro tratta poi

di altri atti, tra cui quelli con cui è concessa garanzia reale

o personale, dell’associazione in partecipazione e arriva poi,

alla lettera h), a stabilire che per i contratti diversi da

quelli indicati nelle lettere precedenti, aventi per oggetto

prestazioni a contenuto patrimoniale, la base imponibile è

determinata dall'ammontare dei corrispettivi in denaro pattuiti

per l'intera durata del contratto.

Come la lettera a) si applica al caso di vendita fatta, per

scopo di liberalità, a prezzo inferiore a quello di mercato

(dunque, mixta cum donatione) - salva l’eventuale applicazione

della presunzione di liberalità di cui all’art. 26 - la lettera

h) si applica, tra gli altri casi, a quelle locazioni in cui il

locatore concede il godimento del bene richiedendo in

corrispettivo, per munificenza, un canone anche notevolmente

inferiore a quello che potrebbe richiedere secondo le condizioni

del mercato, come può accadere tra parenti o amici.

6. ALTERNATIVITÀ TRA IVA E IMPOSTA DI REGISTRO

Segna un passaggio importante la lettera i), norma strumentale

rispetto al principio di alternatività tra IVA e imposta di

registro di cui all’art. 40. Si legge, infatti, che «per i

contratti relativi ad operazioni soggette e ad operazioni non

                                                                                                               27 In L’imposta di registro, Milano, 2009, p. 981.

63

Page 64: Tesi di Luca

soggette ad IVA», la base imponibile è data «dal valore delle

cessioni e delle prestazioni non soggette a tale imposta».

Alle liberalità diverse dalle donazioni non soggette a

registrazione registrate volontariamente si applica l’imposta di

registro con le aliquote indicate all’articolo 56 (alle vecchie

registrazioni effettuate entro il 31 dicembre 2001 si applicava

invece l’aliquota del tre per cento), sulla base del combinato

disposto degli artt. 56-bis comma 3 d.lgs. 346/90 e 8 d.P.R.

131/86.

7. LA DOPPIA IMPOSIZIONE SU REGISTRAZIONE E DONAZIONI

Al discorso sulla sovrapposizione dei prelievi relativi

all’imposta di registro e all’imposta sulle donazioni che

abbiamo iniziato nei paragrafi 5.3 e 5.4 sulle rinunce, si

allaccia una questione di carattere più generale concernente il

fatto che in presenza di un qualsiasi atto rientrante nel

presupposto applicativo dell’imposta sulle donazioni e che fosse

soggetto a registrazione, l’erario pretendesse 28 , nonostante

l’atto avesse già scontato l’imposta sulle donazioni, pure il

pagamento del tributo per la registrazione in misura fissa di

168€, generando un evidente duplicazione del prelievo in danno

del contribuente.

Le Entrate hanno cambiato orientamento con la Circolare 7

ottobre 2001, n. 44/E.

In questa l’Agenzia rileva come «le previsioni contenute nella

Tariffa non contemplano la tassazione delle disposizioni

donative, né tali atti possono essere ricondotti nell’ambito

della previsione dettata dall’articolo 11 della Tariffa, Parte

I» (articolo riguardante la registrazione degli atti pubblici e

delle scritture private autenticate non contenenti disposizioni

di carattere patrimoniale).

                                                                                                               28 Come espresso nella Circolare Ag. Entr. 22 gennaio 2008, n. 3 e come

già la prassi faceva sulla base dell'articolo 41, comma 2, del d.P.R. 131/86, in base al quale l'ammontare dell'imposta principale non può essere in nessun caso inferiore alla misura fissa.

64

Page 65: Tesi di Luca

Va poi oltre, esprimendo come dall’art. 25 del TUR sia

possibile ricavare un principio generale di alternatività tra

l’imposta di registro e l’imposta sulle successioni e donazioni.

Un assunto di non trascurabile portata, che prende corpo

argomentando a contrario ed in via analogica da una

disposizione, l’art. 25, ai sensi della quale «un atto in parte

oneroso e in parte gratuito è soggetto all’imposta di registro

per la parte a titolo oneroso, salva l’applicazione dell’imposta

sulle donazioni per la parte a titolo gratuito».

L’Agenzia delle Entrate, in modo palesemente contraddittorio,

riduce poi la portata del principio di alternatività tra imposta

di registro e imposta sulle donazioni ai soli casi in cui l’atto

soggetto a imposta sulle donazioni risulta in realtà esente da

debito d’imposta per mancato superamento delle franchigie (oltre

al caso di applicabilità dell’art. 3 riguardante particolari

trasferimenti, come quelli a favore dello Stato), affermando che

«deve, quindi, ritenersi che per la registrazione degli atti

(...) di valore inferiore alla franchigia, non deve essere

corrisposta l’imposta di registro».

L’amministrazione non applica l’imposta di registro alle sole

donazioni esenti da imposta sulle donazioni per lo stesso favor

sotteso all’esenzione stessa dei trasferimenti a titolo gratuito

effettuati nei confronti di familiari e soggetti portatori di

handicap, ma a ben vedere, se un atto esente da imposta sulle

donazioni deve restare esente da imposta di registro per un

principio di alternatività tra i due tributi, a maggior ragione

dovrebbero restarvi esenti pure gli atti su cui l’imposta sulle

donazioni si paga concretamente.

Chiudendo il discorso, in linea teorica - ma la prassi è

quella che è - gli atti soggetti a imposta sulle donazioni non

dovrebbero mai scontare alcuna imposta di registro, ne in misura

proporzionale come si è spiegato nel paragrafo precedente in

materia di rinunce, ne in misura fissa, e ciò dovrebbe valere in

ogni caso, sia che l’atto non generi un debito d’imposta sulle

65

Page 66: Tesi di Luca

donazioni per mancato superamento delle franchigie previste dal

d.lgs. 346/90 ovvero per applicabilità dell’art. 3

sull’esenzione prevista per particolari trasferimenti, sia che

l’atto lo generi.

66

Page 67: Tesi di Luca

_____________________________________________________

SEZ. 3 - BREVI CENNI SU ALTRE IMPOSTE E AGEVOLAZIONI

Sommario: 1. Imposta di trascrizione e catastale - 2.

Agevolazione prima casa - 3. Agevolazioni per l’agricoltura

1. IMPOSTA DI TRASCRIZIONE E CATASTALE

Esulando dagli scopi di quest’opera quello di disaminare

approfonditamente le imposte di trascrizione e catastale, ci

limitiamo qui solamente ad accennare che se l’atto ha ad oggetto

immobili sono dovute anche l’imposta di trascrizione nella

misura del 2% e l’imposta catastale nella misura dell’1%.

2. AGEVOLAZIONE PRIMA CASA

Costituisce eccezione al regime di tassazione appena esposto

la c.d. agevolazione prima casa (prevista dall’art. 69.3 della

l. 21 novembre 2000 n. 342), in virtù della quale ai

trasferimenti della proprietà di case di abitazione non di lusso

e alle costituzioni o trasferimenti di diritti immobiliari

relativi alle stesse, le imposte ipotecaria e catastale si

applicano nella misura fissa di 168€ quando in capo al

beneficiario (ovvero, in caso di pluralità di beneficiari, in

capo ad almeno uno di essi) sussistano i requisiti e le

condizioni previste in materia di acquisto prima casa

dall'articolo 1.1 della prima parte della Tariffa dell’imposta

di registro, e cioè:

a) che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui

l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto

la propria residenza o, se diverso, in quello in cui

l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito

67

Page 68: Tesi di Luca

all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o

esercita l'attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso

in cui l'acquirente sia cittadino italiano emigrato all'estero,

che l'immobile sia acquisito come prima casa sul territorio

italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel

comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere resa, a

pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto;

b) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non

essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei

diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa

di abitazione nel territorio del comune in cui e' situato

l'immobile da acquistare;

c) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non

essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione

legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di

proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra

casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal

coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo ovvero

di cui all'articolo 1 della legge 22 aprile 1982, n. 168,

all'articolo 2 del decreto-legge 7 febbraio 1985, n. 12,

convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 1985, n.

118, all'articolo 3, comma 2, della legge 31 dicembre 1991, n.

415, all'articolo 5, commi 2 e 3, dei decreti legge 21 gennaio

1992, n. 14, 20 marzo 1992, n. 237, e 20 maggio 1992, n. 293,

all'articolo 2, commi 2 e 3, del decreto-legge 24 luglio 1992,

n. 348, all'articolo 1, commi 2 e 3, del decreto-legge 24

settembre 1992, n. 388, all'articolo 1, commi 2 e 3, del

decreto-legge 24 novembre 1992, n. 455, all'articolo 1, comma 2,

del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con

modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75 e all'articolo

16 del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155, convertito, con

modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 243.

68

Page 69: Tesi di Luca

3. AGEVOLAZIONI PER L’AGRICOLTURA

La donazione di beni costituenti l’azienda agricola fatta da

parte di parenti in linea retta fino al 3° grado in favore di

giovani di età non superiore a 40 anni, che siano già

coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali o che

comunque acquistino tale qualifica nel termine di due anni

dall’atto, il trasferimento è del tutto esente da imposta sulle

donazioni, di bollo e catastale e l’imposta di trascrizione si

applica solo in misura fissa. Il tutto a condizione che il

donatario si impegni a coltivare il fondo per almeno 6 anni.

4. COMPENDIO UNICO

E’ prevista, dal d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, l’esenzione

totale da imposta di trascrizione, di bollo, catastale e di

trascrizione delle donazioni aventi ad oggetto terreni agricoli

a favore di soggetti che si impegnino a costituire compendio

unico e a coltivarlo o condurlo con la qualifica di imprenditori

agricoli professionali o coltivatori diretti per un periodo di

almeno dieci anni dal trasferimento.

A chi si avvale di tale agevolazione, la legge fa carico del

divieto reale di dividere il compendio per dieci anni dalla sua

costituzione: è infatti prevista la nullità degli atti

comportanti il suo frazionamento.

69

Page 70: Tesi di Luca

70

Page 71: Tesi di Luca

_____________________________________________________

CAPITOLO 3

SPUNTI DI CASISTICA IN MATERIA DI LIBERALITA’

_____________________________________________________

Sommario: 1. Il trust - 2. Contratto a favore del terzo - 3.

Acquisto per conto proprio con pagamento del terzo - 4. Atti

societari - 4.1. Assegnazione di quote o azioni non

proporzionale al conferimento - 4.2. Sottovalutazione del

conferimento in natura - 4.3. Aumento di capitale al valore

nominale sottoscritto da alcuni soli dei soci - 4.4. Regime

fiscale degli atti societari che realizzano liberalità - 5.

Costruzione, piantagione e seminagione - 6. Conclusione

In questo capitolo trattiamo di alcuni casi la cui

qualificazione fiscale può creare problemi o che comunque

meritano una riflessione dedicata. Di rinunce e patto di

famiglia abbiamo già parlato rispettivamente al capitolo 2,

sezione 2 paragrafo 5.3 e al capitolo 2, sezione 1, paragrafo

6.1.1 perché offrivano lo spunto per alcune precisazioni di

carattere generale e rimandiamo a quelle sedi in particolare per

l’analisi delle problematiche sulle rinunce.

1. IL TRUST

Il trust rientra nei vincoli di destinazione ricompresi nel

presupposto d’imposta sulle donazioni di cui parliamo nel

paragrafo 2.4 del secondo capitolo.

Il trust nasce da un negozio unilaterale con cui un soggetto,

detto settlor, lo costituisce, dettando le regole che lo

71

Page 72: Tesi di Luca

governeranno. Contestualmente o a seguito di tale atto

unilaterale istitutivo, il settlor trasferisce dei diritti al

trustee (con gli atti c.d. di dotazione del trust), il quale ne

diventa titolare, con il patto che questo impieghi tali diritti

a vantaggio di un determinato scopo o soggetto terzo (il

beneficiary). Si tratta dunque di un negozio fiduciario.

L’atto istitutivo e quelli di dotazione del trust sono sempre

compiuti a titolo gratuito qualunque sia la finalità per cui il

trust è istituito, che il più delle volte è liberale o di

conservazione del patrimonio (in sostanziale deroga al principio

di responsabilità patrimoniale).

Il trust è un istituto di diritto anglosassone la cui validità

nel nostro ordinamento è ancora dubbia, ma non sono mancati i

notai che ne hanno stipulati, dunque è opportuno inquadrarli

fiscalmente.

Nel silenzio della legge, sia in ordine alla validità del

trust 1 sia in ordine alla sua disciplina fiscale, il fatto che

prassi e giurisprudenza siano discordanti ha favorito il

germinare di una variegata dottrina.

L’agenzia delle entrate, nella circolare 3/E del 2008, ha

sostenuto che i trasferimenti di diritti reali dal settlor al

trustee, con cui il primo dota il trust di una consistenza

patrimoniale, siano soggetti a imposta sulle donazioni dovuta

nella misura dell’8%, dunque secondo l’aliquota massima, e senza

possibilità di applicare alcuna franchigia, nei seguenti casi:

trust costituto a favore di soggetti che non sono legati al

disponente da alcun vincolo di parentela; trust di scopo,

gestito per realizzare un determinato fine, senza indicazione di

beneficiario finale; trust costituito nell’interesse di soggetti

                                                                                                               1 Non è ancora certa la sua validità come contratto atipico stipulato

sulla base del principio di autonomia contrattuale di cui all’art. 1322.2 o dell’art. 2645-ter c.c. dato che, benché con la Convenzione dell’Aja ratificata dall’Italia con l. 16 ottobre 1989, n. 364 si sia recepito tale istituto, sostanzialmente mancano sicuri appigli normativi o perlomeno una giurisprudenza consolidata cui i notai, chiamati a rogare i trust, possano fare riferimento con la certezza di dare stabilità al risultato che il settlor vuole ottenere.

72

Page 73: Tesi di Luca

genericamente indicati e non identificabili in relazione al

grado di parentela.

Se invece il trust è costituito nell’interesse di uno o più

beneficiari finali, anche se non precisamente individuati, ma il

cui rapporto di parentela con il disponente sia determinato,

l’aliquota d’imposta si applica con riferimento al rapporto di

parentela intercorrente tra il disponente e il beneficiario e

non a quello intercorrente tra il disponente e il trustee (v.

anche la Circolare n. 48 del 2007).

Nel diverso caso in cui il settlor, all’atto della

costituzione del trust, non doti fin da subito il trust dei beni

necessari al soddisfacimento del fine perseguito ma si limita a

dettare le norme che ne regoleranno il funzionamento, va da sé

che non è dovuta imposta sulle donazioni perché non c’è base

imponibile. Secondo la circolare 3/E del 2008 dovrà applicarsi

l’imposta di registro prevista per gli atti privi di contenuto

patrimoniale, di cui all’art. 11 TP1.

Questo sistema di imposizione anticipata al momento di

conferimento dei beni nel trust, e dunque al momento in cui in

capo al beneficiario si genera solo l’aspettativa

all’arricchimento, in luogo di un’imposizione attuata al momento

di effettiva produzione dell’arricchimento del beneficiario,

suscita le stesse perplessità di cui abbiamo già parlato nel

secondo capitolo. Per lo meno la tesi dell’agenzia ha il pregio

di individuare come soggetto passivo dell’imposta il trust

stesso, e non facendo gravare l’imposta sul beneficiary che è il

destinatario finale dell’arricchimento, cosicché la sua sfera

giuridica non viene toccata da un debito alla cui produzione lui

non ha concorso.

Per evitare eventuali duplicazioni del prelievo, la circolare

afferma poi che la successiva devoluzione ai beneficiari dei

beni vincolati in trust non realizza, ai fini

dell’imposta sulle successioni e donazioni, un presupposto

impositivo ulteriore; i beni, infatti, hanno già scontato

73

Page 74: Tesi di Luca

l’imposta sulla costituzione del vincolo di destinazione al

momento della segregazione in trust, funzionale

all’interesse dei beneficiari.

L’impostazione dell’agenzia si sviluppa tenendo conto delle

ragioni dei contribuenti nella parte in cui prevede che

l’aliquota e le franchigie varino al variare della condizione

del beneficiary, in quella in cui ne esclude la responsabilità

per il debito d’imposta, e in quella in cui esclude

l’imponibilità dei successivi atti di trasferimento da trustee a

beneficiary.

Ciò nonostante, l’impostazione dell’agenzia è stata comunque

criticata dalla dottrina 2 e non ha trovato riscontro nella

giurisprudenza 3 , le quali non condividono l’impostazione di

fondo della prassi. Non dobbiamo dimenticare che il parere

dell’Agenzia delle Entrate non è un atto d’imposizione

vincolante, ma un’opinione, e per di più è l’opinione di un

soggetto parziale.

L’Agenzia delle Entrate vorrebbe tassare già gli atti con cui

si conferiscono beni al trust, senza tener presente che il

destinatario finale degli effetti di tutto il programma

negoziale elaborato dal settlor è il beneficiary, che si

arricchirà in virtù dei trasferimenti che gli proverranno dal

trustee. Considerare integrato il presupposto impositivo già al

momento del conferimento di beni nel trust non valorizza il

modello negoziale unitario oggetto della volontà del soggetto

che realizza il presupposto impositivo, chiaro ed esplicitato in

atto fin da principio.

                                                                                                               2 Citiamo il recentissimo SARACENO, Imposizione indiretta nel passaggio

generazionale: donazioni indirette, vincoli di destinazione e trust, in Fisco, Milano, 2012, n. 37, pp. 5940 e ss., nonché BANCONE LA BARBERA, Imposta di successione e donazione sugli atti di destinazione e i trusts: una partita ancora aperta, in Corr. trib. 2011, n. 24, p. 1981.

3 Fintanto che non emerge l’opinione della Suprema Corte, dobbiamo far riferimento a Comm. trib. prov. Bologna 30 ottobre 2009, n. 120, Comm. trib. prov. Treviso 30 aprile 2009, nn. 47 e 48 e Comm. prov. Trib. Firenze 23 ottobre 2008

74

Page 75: Tesi di Luca

Prevale quindi la tesi secondo cui il presupposto d’imposta si

realizza solo con la devoluzione dei beni in favore del

beneficiario, e il passaggio dal settlor al trustee va trattato

fiscalmente come un’attribuzione soggetta a condizione

sospensiva, cioè con il pagamento di un’imposta di registrazione

in misura fissa.

L’imposta proporzionale si applicherà solo all’attribuzione

del trustfund dal trustee al beneficiary, per di più detraendo

dal debito d’imposta lordo che ne risulta un ammontare pari alla

misura fissa pagata in sede di conferimento dei beni nel trust,

onde evitare un’illegittima duplicazione del prelievo (esigenza

rimarcata, in altro contesto, anche dall’agenzia nella circolare

de qua).

2. CONTRATTO A FAVORE DI TERZO

Accennavamo, nel capitolo 1, paragrafo 2, alla validità della

liberalità diretta risultante da contratto a favore di terzo,

come ad esempio compravendita immobiliare con intestazione del

bene in favore del figlio in cui è fatta expressio causae

dell’intento liberale. Se manca questa dichiarazione esplicita,

la liberalità sarà indiretta perché un elemento dell’atto,

l’animus donandi, non risulta da esso.

In entrambi i casi il terzo gode di un arricchimento senza

sostenere alcuno sforzo, pertanto dobbiamo interrogarci

sull’applicabilità dell’imposta sulle donazioni.

Come varia la disciplina fiscale del contratto a favore di

terzo a seconda della presenza dell’expressio causae donationis

in atto?

Innanzi tutto sono applicabili i principi generali in materia

di accertamento delle liberalità indirette esposti nel capitolo

2, sezione 1, paragrafo 2.4.

In presenza della dichiarazione di spirito di liberalità, si

applica sicut sagittae la disciplina dell’imposta sulle

donazioni, in specie quella relativa alle liberalità dirette.

75

Page 76: Tesi di Luca

In sua assenza, la qualificazione fiscale del traffico

giuridico si fa più articolata. La compravendita del nostro

esempio, ma così anche ogni altro atto oneroso cui una parte

decida di applicare lo schema del contratto a favore di terzo,

in linea di principio è soggetto alla disciplina dell’imposta di

registro. Se ritenessimo che la clausola con una parte vuole

produrre la deviazione a favore di un terzo la produzione di un

effetto giuridico dell’atto costituisca atto a titolo gratuito

da cui il terzo trae arricchimento, dovremmo scindere, a fini

tributari, il contratto in due atti da sottoporre a differenti

regimi fiscali: per lo scambio tra le parti del contratto,

l’imposta di registro; per la clausola attributiva del diritto

al terzo, l’imposta sulle donazioni (anche in assenza

dell’animus donandi, in quanto atto a titolo gratuito). Così

facendo, però, il fisco applicherebbe due tributi sullo stesso

presupposto impositivo: imposta di registro sul valore del bene

e imposta sulle donazioni sul prezzo pagato (nel quale prezzo, e

non nel bene, la giurisprudenza individua oggi l’oggetto della

liberalità nel caso di contratto a favore di terzo), e ciò, per

il principio di alternatività tra i due tributi, non è

ammissibile.

Dobbiamo quindi convenire che, in assenza di esplicitazione

dell’intento liberale, non si può applicare imposta sulle

donazioni all’atto gratuito che si potrebbe individuare nella

clausola di deviazione di parte degli effetti del contratto in

favore del terzo. Svuotiamo dunque di utilità pratica il quesito

sulla possibilità o no di scindere concettualmente, a fini

fiscali, il contratto a favore di terzo in due atti, uno il

contratto oneroso, e l’altro la clausola “atto gratuito” a

favore del terzo, in quanto sia che si ammetta ciò, sia che non

lo si ammetta, l’unica imposta che può trovare applicazione è

quella di registro sul valore venale del bene.

Tutto ciò vale fintanto che non ricorre spirito di liberalità,

o, se questo ricorre e non è esplicitato in atto, fintanto che

76

Page 77: Tesi di Luca

la liberalità non è accertata dall’amministrazione finanziaria

in base ai (limitati) poteri d’accertamento di cui dispone.

In questo caso, e in quello in cui l’intento liberale è

esplicitato in atto dalla parte (sì che l’atto realizzi una

liberalità diretta), dovrà applicarsi (con le relative

franchigie) imposta sulle donazioni, e non di registro, per la

prevalenza della prima sulla seconda secondo i criteri di cui al

capitolo 2, sezione 2, paragrafo 7.

3. ACQUISTO PER CONTO PROPRIO CON PAGAMENTO DEL TERZO

Nel caso del contratto a favore di terzo, il disponente la

liberalità è parte del contratto e colui che si arricchisce non

lo è.

Nel diverso caso dell’adempimento del terzo, chi dispone la

liberalità non è parte dell’eventuale contratto di cui sia parte

colui che si arricchisce, interviene solo ad estinguere

l’obbligazione di questo.

Se un terzo adempie l’obbligazione altrui, può essere

surrogato nei diritti del creditore (art. 1201 c.c.).

Il creditore che riceve il pagamento può non surrogare il

terzo adempiente nei propri diritti, in quanto l’art. 1201

lascia al suo arbitrio la scelta di produrre o no l’effetto

surrogativo.

Se il terzo non viene surrogato, il debitore si arricchisce

per l’estinzione del proprio debito.

Se invece il creditore vuole surrogarlo, il debitore non si

arricchisce in conseguenza al pagamento perché resta debitore

del terzo che adempiuto.

Non sempre però, se il creditore vuole surrogare il terzo,

l’effetto surrogatorio si produce: questo non può prodursi

contro la volontà del terzo. Se questo, nell’atto di pagamento,

esplicita che sta agendo per liberalità nei confronti del

debitore allora abbiamo una liberalità diretta, perché questa

77

Page 78: Tesi di Luca

risulta direttamente dall’atto e come effetto diretto di questo

si ha l’arricchimento di colui che era debitore.

Il fatto che il debitore non tragga arricchimento

dall’adempimento del terzo in quanto questo produce surroga di

questo nei diritti del creditore non si verifica quando la

surroga è impedita dal terzo adempiente, la cui sfera giuridica

non può ricevere accrescimento contro la sua volontà. Dunque, se

il terzo adempiente manifesta, nell’atto di pagamento, lo

spirito di liberalità nei confronti del debitore escludendo

esplicitamente la surroga, allora l’arricchimento del debitore

si produce immediatamente in virtù del pagamento (senza che si

renda necessaria una rinuncia al diritto credito del terzo

successiva al pagamento, perché questo non è mai sorto), in

conseguenza del quale l’obbligazione cui era soggetto il

debitore si estingue.

Se lo vorrà, il debitore potrà opporsi all’adempimento del

terzo ex art. 1180.2 c.c. anche in modo da evitare che nei suoi

confronti si produca l’obbligo di pagare il debito d’imposta che

sorge a seguito del suo arricchimento.

Questa ricostruzione giuridica ha utilità come

esemplificazione dell’applicazione dei principi civilistici e

tributari attinenti alla fattispecie, piuttosto che come

soluzione a problemi pratici, dato che raramente, quando un

debito è estinto da un terzo per liberalità, l’arricchimento

emerge agli occhi del fisco.

4. ATTI SOCIETARI

Il legislatore sa della possibilità di realizzare una

liberalità mediante atti societari: lo ricaviamo dall’art. 743

c.c., in cui prevede la collazione di quanto è stato conseguito

dall’erede per effetto di società contratta con frode con il

defunto.

Sappiamo che la collazione in genere è dovuta per le

liberalità, e il legislatore estende tale istituto agli utili

78

Page 79: Tesi di Luca

conseguiti da società contratta con il de cuius perché questi

possono in realtà nascondere, appunto, una liberalità, se la

società è contratta allo scopo di aggirare le norme generali

sulla collazione o, ancor peggio, quelle sulla quota di riserva

dei legittimari.

L’art. 743 fa dunque da apripista per il discorso sulle

operazioni societarie che si prestano a realizzare una

liberalità.

Si tratta di atti con causa essenzialmente societaria 4 e

ordinariamente regolati da un proprio regime fiscale, diverso da

quello previsto per le donazioni, ma che possono essere

strumentalizzati a fini liberali.

Tra queste operazioni societarie possiamo trovare

l’assegnazione di quote o azioni non proporzionale rispetto al

conferimento, la sottovalutazione del conferimento in natura,

l’attribuzione di utili non proporzionale alla quota

sottoscritta e l’aumento di capitale al valore nominale

sottoscritto da alcuni soli dei soci.

Analizzeremo singolarmente queste figure, per far emergere

alcuni problemi.

4.1. ASSEGNAZIONE DI QUOTE O AZIONI NON PROPORZIONALE AL

CONFERIMENTO

Il codice civile ammette espressamente che ad un socio possa

essere assegnata una quota di partecipazione maggiore alla quota

di capitale che ha sottoscritto agli artt. 2346.4 e 2468.2.

Ciò si traduce nella possibilità, per Tizio e Caio, di

costituire una società partecipata per il 40% da Tizio e per il

60% da Caio, ma in cui i conferimenti necessari alla

sottoscrizione e dunque alla copertura del capitale sociale sono

onorati per il 60% da Tizio e per il 40% da Caio. L’assegnazione

                                                                                                               4 La qual causa non muta in causa liberale solo per l’intento liberale

dell’autore, così come accade nell’esempio della compravendita mixta cum donatione che non muta la propria causa di scambio, per lo meno fintanto che il prezzo non è irrisorio, come abbiamo avuto modo di vedere nel primo capitolo.

79

Page 80: Tesi di Luca

non proporzionale realizza dunque una distribuzione delle

partecipazioni fondata su una capitalizzazione non reale (cioè

non fondata sui valori economici conferiti) ma negoziale

(fondata sull’accordo delle parti di attribuire diritti di voto

e utili secondo la loro volontà, che porta a risultati diversi

da quelli cui porterebbe la capitalizzazione reale).

Caio ha un notevole vantaggio su Tizio sia in assemblea (vista

la maggioranza dei voti esercitabili), sia nella distribuzione

degli utili, sia eventualmente in sede di liquidazione per la

distribuzione del patrimonio tra i soci.

Ipotesi di questo tipo si possono verificare per scopi

liberali o non liberali. Vediamo come.

Un padre può accettare, con l’intenzione di avvantaggiare i

figli, di costituire una s.r.l. con capitale di 50.000€ insieme

ai due figli, società in cui ai figli è attribuita una quota del

10% ciascuno a fronte di un conferimento di soli 1000€ ciascuno

(invece dei 5.000 pari al 10% del capitale), mentre i restanti

48.000€ sono liberati dal padre. C’è un evidente arricchimento

dei figli con impoverimento del padre. Ciò, aggiunto al fatto

che il padre non ha un interesse patrimoniale nell’assegnare le

quote ai figli in misura non proporzionale al conferimento di

questi, fa sì che l’operazione dia luogo ad una liberalità5.

Un caso diverso è quello della società costituita da un

investitore che porta il denaro e da un tecnico che porta un

know how necessario all’attità d’impresa della società. Questo

know how è molto difficile da valutare ai fini di un

conferimento in natura, dunque è preferibile ricorrere ad un

assetto diverso da quello del conferimento in natura del know

how da parte del tecnico. L’assetto preferibile è proprio quello

dell’assegnazione di partecipazioni non proporzionale ai

conferimenti.

                                                                                                               5 Rimandiamo al primo capitolo in cui abbiamo parlato del requisito

dell’interesse non patrimoniale del disponente ai fini della configurazione della liberalità.

80

Page 81: Tesi di Luca

A titolo di esempio, può accadere che nella costituenda

società con capitale 50.000€, l’investitore conferirà 45.000€,

il tecnico 5.000€ e saranno soci al 50%. Il tecnico dunque

acquisisce un vantaggio notevole a fronte di un ridotto

conferimento, compensato dal fatto che l’attività d’impresa

della società abbisogna delle sue competenze.

Negli esempi che abbiamo visto, quello della società

costituita tra padre e figlio e quella costituita tra

investitore e tecnico si ha un impoverimento di una parte con

arricchimento dell’altra e gli atti da stipulare sono

fondamentalmente identici.

Ciò non toglie che vi sia una grande differenza tra le due

ipotesi: il caso dell’investitore e del tecnico si differenzia

dal primo perché l’investitore non accetta lo squilibrio tra

conferimento e partecipazione per intento munifico, ma per un

preciso interesse patrimoniale.

Da ciò deriva che nel primo caso ci sia una liberalità, nel

secondo no.

Ciò si ripercuote sia sulla possibilità di sottoporre a

collazione l’arricchimento (nel primo caso è possibile, nel

secondo no), sia sul regime fiscale dell’operazione.

4.1.1. ASSEGNAZIONE NON PROPORZIONALE FATTA A FAVORE DEL MANAGER

A TITOLO DI FRINGE BENEFIT

Fattispecie simile a quelle appena esposte, ma che si

differenzia per il diverso rapporto intercorrente tra la società

e il beneficiario dell’assegnazione e per la particolare ragione

per cui la stessa è posta in essere, è quella dell’assegnazione

non proporzionale di azioni prive di diritti amministrativi ma

accompagnate da diritto alla partecipazione agli utili che

talune grosse società usano eseguire in favore dei propri top

manager per spingerli a massimizzare gli utili della società.

81

Page 82: Tesi di Luca

Con la Risoluzione n. 103/E del 4 dicembre 2012 6 , l’Agenzia

delle Entrate spiega come l’assegnazione di azioni ai dipendenti

vada vista come compenso in natura da assoggettare a tassazione

sul reddito da lavoro dipendente e assimilati ai sensi dell’art.

51 del Tuir.

4.2. SOTTOVALUTAZIONE DEL CONFERIMENTO IN NATURA

La sottovalutazione dei conferimenti in natura è pienamente

legittima, essendo contemplata dagli artt. 2343 e 2465 c.c., i

quali richiedono che la valutazione dei beni sia almeno pari al

valore ad essi attribuito ai fini della determinazione del

capitale sociale. Tale disposizione è data nell’interesse dei

terzi, che vogliono un capitale sociale consistente, non

fittizio, come accadrebbe se il bene fosse valutato per un

valore superiore a quello effettivo.

Il conferente può accettare una valutazione del bene inferiore

al valore reale, disponendo del proprio diritto ad avere una

valutazione perfettamente congruente al valore del bene. Gli

interessi dei terzi non sono pregiudicati, anzi ne traggono

vantaggio, perché fin da principio il patrimonio sociale sarà di

valore superiore a quello del capitale nominale.

Detto ciò, si profilano le stesse precisazioni del paragrafo

precedente: se alla sottovalutazione è sotteso un interesse non

patrimoniale di colui che conferisce il bene in natura, c’è

liberalità, altrimenti no.

4.3. AUMENTO DI CAPITALE AL VALORE NOMINALE SOTTOSCRITTO DA

ALCUNI SOLI DEI SOCI

L’aumento del capitale sociale può essere fatto al valore

nominale o con sovrapprezzo. Solitamente si usa il sovrapprezzo

per evitare che (riducendo il discorso ai minimi termini) un

socio acquisisca sostanzialmente quote del patrimonio sociale a

                                                                                                               6 Commentata da BORGOGLIO in Fisco, 17 dicembre 2012, n. 47, pp. 7585 e

ss..

82

Page 83: Tesi di Luca

fronte di un corrispettivo commisurato al capitale nominale, il

quale nella maggior parte dei casi è di gran lunga inferiore al

valore reale del patrimonio della società (vista la

sottocapitalizzazione di molte società italiane), godendo quindi

di un arricchimento che va a scapito dei soci che non hanno

sottoscritto l’aumento. Vediamo un paio di applicazioni

ipotetiche.

In una famiglia composta da un padre e due figli, uno dei due

fratelli sta seguendo le orme del padre ed è socio della società

partecipata in maggioranza dal padre. L’altro figlio, che non ha

avuto la stessa vocazione del fratello, si occupa d’altro e non

è titolare di alcuna partecipazione sociale.

Il padre, prossimo al pensionamento, vuole perfezionare il

passaggio generazionale dell’azienda in favore del figlio e

propone dunque un patto di famiglia. L’altro figlio, che è in

astio col fratello, non intende intervenire al patto di

famiglia.

Il padre decide allora di deliberare un aumento di capitale al

valore nominale (senza esclusione del diritto di opzione così

non c’è obbligo di sovrapprezzo ex art. 2441.6 c.c.). Il padre

non esercita l’opzione e l’intero aumento viene sottoscritto dal

figlio. Poi il fratello, a tempo debito e se lo riterrà, potrà

iniziare il procedimento di riduzione della liberalità.

In questo caso l’operazione è posta in essere per un interesse

non patrimoniale, cioè per “donare” l’attività di famiglia al

figlio. Non si trova, ne in dottrina ne in giurisprudenza,

alcuna indicazione circa la possibilità di tenere esentasse, in

virtù dell’art. 3.4ter d.lgs. 346/90, un passaggio generazione

attuato in questo modo. Possiamo prospettare l’applicabilità

dell’esenzione anche a questa fattispecie in virtù della diversa

natura dell’imposta sulle donazioni rispetto a quella

dell’imposta di registro: mentre l’imposta di registro è

un’imposta d’atto, nel caso dell’imposta sulle donazioni si può

prestare maggiore attenzione al risultato pratico

83

Page 84: Tesi di Luca

dell’operazione compiuta dalle parti, e nel caso di specie c’è

un arricchimento dovuto a liberalità, il presupposto di

applicazione della disciplina dell’imposta sulle donazioni.

Astrattamente però un tal genere di operazione può essere

attuata anche per interessi patrimoniali e quindi non dar luogo

a liberalità: nell’ambito di un gruppo societario in cui la

società madre Alfa controlla la società Beta (oberata di

debiti), insieme alla quale controlla la società Gamma (la cui

attività è fiorente), Alfa può, in spregio alle ragioni dei

creditori di Beta e degli artt. 2497 e ss. c.c. sul governo dei

gruppi societari, fare in modo che Gamma deliberi l’aumento

senza sovrapprezzo che verrà interamente sottoscritto da Alfa,

così da privare di significato la partecipazione a Gamma di

Beta, sostanzialmente facendo proprie le poste attive di Beta

lasciandovi però quelle passive, facendone dunque la società-

pattumiera del gruppo.

Una simile operazione è illecita ma crea comunque notevoli

problemi perché un conto è la norma scritta, tutt’altro conto è

la sua applicazione pratica.

4.4. REGIME FISCALE DEGLI ATTI SOCIETARI CHE REALIZZANO

LIBERALITA’

E’ arrivato il momento di trarre le conclusioni sul regime

fiscale delle operazioni societarie che abbiamo finora

delineato.

Orbene, se alle condizioni descritte configurano una

liberalità, si applicherà l’imposta sulle donazioni

sull’arricchimento che ne deriva. L’intento di liberalità può

essere enunciato nell’atto o no, con le conseguenze che abbiamo

trattato nel capitolo 2.

Se invece non configurano liberalità, abbiamo un

arricchimento-impoverimento privo di intento liberale, il che

pare essere un atto gratuito comunque soggetto a imposta sulle

84

Page 85: Tesi di Luca

donazioni. Diciamo pare perché a ciò osta una distinctio di

rilevante portata.

Le operazioni societarie seguono un proprio regime fiscale,

regolato dall’art. 4 TP1 d.P.R. 131/86, una norma autonoma

rispetto a quelle che regolano i vari contratti bilaterali, in

virtù della diversa logica funzionale dei contratti associativi

(plurilaterali) e delle conseguenti operazioni societarie

rispetto a quella propria dei contratti bilaterali.

Nelle operazioni societarie che generano un impoverimento-

arricchimento per fini non liberali, il fatto che il movimento

di ricchezza tra chi si impoverisce e chi si arricchisce sia

dettato da esigenze d’impresa di produzione di utili da

dividersi tra i soggetti parte dell’operazione e che quindi

l’operazione sia funzionale all’esercizio dell’impresa cui

partecipano le parti interessate dal movimento di ricchezza

tiene ferma l’applicabilità del normale regime fiscale

dell’operazione societaria posta in essere e inibisce

l’applicabilità dell’imposta sulle donazioni, che vuole colpire

gli arricchimenti ottenuti senza sforzo.

Ora, se un’operazione societaria da cui deriva arricchimento

impoverimento è posta in essere per fini liberali, accade che,

come nei contratti bilaterali gratuiti, che si applichi imposta

sulle donazioni. Se invece l’operazione, pur generando

arricchimento-impoverimento, è infrasocietaria 7 o comunque

infragruppo ed è funzionale all’attività d’impresa, allora

andranno applicate le normali norme impositrici sulle operazioni

societarie.

In assenza di esplicitazione del fine liberale in atto,

l’indice principale da indagare per valutare la differenza tra

un’operazione societaria soggetta a imposta sulle donazioni e

una soggetta al normale regime previsto per le operazioni

                                                                                                               7 Nel fatto che entrambe le parti dell’atto concorrano alla stessa

impresa sta la differenza tra i casi che stiamo analizzando e quello, visto nel primo capitolo, del commerciante che, per atto meramente gratuito, regala campioni della propria merce, cui si applica comunque imposta sulle donazioni in quanto atto meramente gratuito.

85

Page 86: Tesi di Luca

societarie sta quindi nell’utilità dell’operazione all’attività

di impresa: se è utile, allora la liberalità probabilmente non

ci sarà, altrimenti sì.

Stiamo parlando di quella che nel common law viene chiamata

business judgment rule, principio che torna utile anche nel

nostro caso per valutare la sussistenza o meno di animus donandi

anche in assenza di sua esplicitazione in atto, secondo cui

bisogna giudicare se l’operazione sia idonea a soddisfare

l’interesse imprenditoriale (di business) della società,

producendo quindi un’utilità anche per il disponente, oppure un

interesse di alcuni singoli soci senza alcun vantaggio per

l’attività d’impresa, dunque a scapito del socio che intende

realizzare la liberalità.

5. COSTRUZIONE, PIANTAGIONE E SEMINAGIONE

Dicevamo nel primo capitolo che rientrano nel novero delle

liberalità anche meri fatti giuridici come la costruzione, la

piantagione e la seminagione su suolo altrui. E’ opportuno ora

precisare che la liberalità può risultare dal fatto in sé della

costruzione, piantagione o seminagione solo se chi costruisce,

semina o pianta lo fa fin dall’inizio con spirito di liberalità,

perché in questi casi il diritto all’indennità di cui all’art.

936 non si produce. Non è condivisibile la tesi 8 secondo cui,

anche quando compiute con animus donandi, la costruzione,

seminagione o piantagione non darebbero mai diretto

arricchimento, in virtù della necessaria produzione del diritto

all’indennità anche contro la volontà di colui che costruisce,

pianta o semina, e dunque della rinuncia all’indennità

necessariamente susseguente alla costruzione, semina o

piantagione. La produzione di tale effetto nella sfera giuridica

dell’agente sarebbe contraria alla sua volontà, e ciò non è

ammissibile.

                                                                                                               8 CAREDDA, Donazioni indirette, in I contratti gratuiti a cura di PALAZZO

MAZZARESE, in Trattato dei contratti diretto da RESCIGNO GABRIELLI, vol. 10, Torino, 2008, p. 196. e s.

86

Page 87: Tesi di Luca

La costruzione, seminagione o piantagione compiute con animus

donandi non sono liberalità indirette perché non richiedono una

successiva rinuncia all’indennità. Dove vi sia questa rinuncia,

si deve dar per presupposto che un diritto all’indennità si sia

prodotto e che quindi il fatto di costruire, seminare o piantare

non fosse, a suo tempo, compiuto per spirito di liberalità, ma

questo fosse sorto solo in seguito e si fosse tradotto nella

rinuncia all’indennità, che è comunque una liberalità diretta,

perché da essa risulta l’impoverimento-arricchimento.

Le costruzioni, seminagioni o piantagioni compiute con spirito

liberale vanno trattate come liberalità dirette e dunque

assoggettate a imposta sulle donazioni.

Del pari, ma secondo la disciplina delle rinunce, è

applicabile imposta sulle donazioni se la costruzione,

seminagione o piantagione è compiuta dapprima non con intento

liberale, ma questo è sopravvenuto al fatto di costruzione e ha

connotato la rinuncia all’indennità.

6. CONCLUSIONE

Aggiungiamo solo l’indicazione di un altro paio mezzi di cui

si può discutere circa l’idoneità a generare arricchimento, a

titolo di spunto di ragionamento per il lettore: una novazione

(art. 1230 e ss. c.c.) può essere impiegata a fini liberali se

le parti estinguono un’obbligazione sostituendola con una di

valore minore; con una rinuncia all’opposizione alla donazione

di cui agli artt. 561 e ss. c.c. (diversa dalla semplice

rinuncia a diritto di credito di cui abbiamo già parlato, in

quanto con la rinuncia all’opposizione si rinuncia al potere di

porre in essere un atto giuridico, non a un credito) il

rinunciante può voler avvantaggiare il donatario (avente causa

non da lui, ma dal soggetto di cui è successibile) per intento

liberale.

Le fattispecie ordinariamente soggette a imposta di registro

ma che, per la presenza dell’impoverimento-arricchimento e

87

Page 88: Tesi di Luca

magari pure (ma non necessariamente) dell’animus donandi,

potrebbero essere assoggettate a imposta sulle donazioni sono

pressoché infinite e il lettore dovrebbe a questo punto essere

in grado di individuare i fattori che rendono applicabile l’una

o l’altra disciplina tributaria.

88

Page 89: Tesi di Luca

_____________________________________________________

CAPITOLO 4

LE VICENDE POSTERIORI AL PRELIEVO RIGUARDANTI IL

PRESUPPOSTO DELL’IMPOSIZIONE

_____________________________________________________

Sommario: 1. La disciplina dell’imposta sulle donazioni - 2.

La disciplina dell’imposta di registro - 3. Coordinamento - 4.

Cenni sul procedimento di restituzione

1. LA DISCIPLINA DELL’IMPOSTA SULLE DONAZIONI

L’art. 58.4 d.lgs. 346/90, richiamando parti dell’art. 42,

dispone che il rimborso dell’imposta (unitamente agli interessi,

alle soprattasse e ad eventuali pene pecuniarie pagate) spetta

nei casi di:

I) imposta relativa a beni e diritti riconosciuti appartenenti

a terzi, con sentenza passata in giudicato, per causa anteriore

alla donazione a seguito di evizione o rivendicazione ovvero di

nullità, annullamento, risoluzione, rescissione o revocazione

dell'atto di acquisto;

II) imposta pagata da enti ai quali è stata negata

l'autorizzazione ad accettare o l’abbiano ottenuta tardivamente

III) imposta risultante pagata in più a seguito di

accertamento della parentela naturale successivamente alla

liquidazione.

Inoltre, in virtù del rinvio di cui all’art. 60, è applicabile

al rimborso dell’imposta sulle donazioni la disciplina prevista

per l’imposta di registro dal d.P.R. 131/86.

89

Page 90: Tesi di Luca

2. LA DISCIPLINA DELL’IMPOSTA DI REGISTRO

L’art. 38 del T.U. sull’imposta di registro sancisce il

principio secondo cui la nullità o l'annullabilità dell'atto non

dispensa dall'obbligo di chiedere la registrazione e di pagare

la relativa imposta. Si fa eccezione a questa regola generale, e

dunque l’imposta pagata deve essere restituita (ma per la sola

parte eccedente la misura fissa), quando l'atto sia dichiarato

nullo o annullato per causa non imputabile alle parti, con

sentenza passata in giudicato e non sia suscettibile di

ratifica, convalida o conferma.

3. COORDINAMENTO

Come si può constatare, la logica dell’art. 42 d.lgs. 346/90 è

opposta a quella dell’art. 38 d.P.R. 131/86.

Il primo ci dice quando spetta il rimborso, contemplando pure

i casi di nullità, annullamento, risoluzione, rescissione o

revocazione dell’atto.

Il secondo ci dice quando l’imposta si paga nonostante alcuni

vizi dell’atto. L’elenco di cui all’art. 38 va interpretato in

senso letterale dunque non ammette che, venendo meno il

presupposto dell’imposizione, l’imposta si paghi comunque al di

fuori dei casi di dichiarazione di nullità o annullamento non

imputabili alle parti. In particolare, possiamo dire che il

regime di permamenza dell’obbligo d’imposta non si applica, ai

sensi dell’art. 38, ai casi di risoluzione, rescissione, o

revocazione dell’atto che integra il presupposto impositivo,

così come previsto per la disciplina specificamente dettata per

l’imposta sulle donazioni dall’art. 42 d.lgs. 346/90. In questo

non si creano contrasti tra le due disposizioni.

Diversamente accade per i casi di nullità e annullamento: se

all’atto si applica imposta sulle donazioni, il rimborso

dell’imposta spetta in qualunque ipotesi di nullità o

annullamento ex art. 42 d.lgs. 346/90.

Se però va applicata imposta di registro (come avviene per gli

90

Page 91: Tesi di Luca

atti che diano luogo a liberalità indiretta, fintanto che la

liberalità non è accertata, in quanto una volta accertata la

liberalità si applicherà imposta sulle donazioni con il relativo

regime in caso di vizi dell’atto), in caso di nullità o

annullamento l’imposta si rimborsa solo se l’invalidità è dovuta

a causa non imputabile alle parti. Ai fini del rimborso è

inoltre richiesto che sulla sentenza di nullità o annullamento

debba essersi prodotto giudicato e che l’atto non possa più

essere oggetto di ratifica, convalida o conferma.

4. CENNI SUL PROCEDIMENTO DI RESTITUZIONE

Quanto al procedimento volto ad ottenere la restituzione

dell’imposta, l’art. 42 d.lgs. 346/90 prevede che il rimborso

debba essere richiesto, a pena di decadenza, entro tre anni dal

giorno del pagamento o, se posteriore, da quello in cui è sorto

il diritto alla restituzione. La presentazione della domanda

non sospende la riscossione dell’imposta (art. 40.1).

Competente a ricevere la richiesta è l’ufficio che ha riscosso

l’imposta.

Il quarto comma esclude espressamente il rimborso per gli

importi, comprensivi d’interessi e soprattasse, non superiori a

lire ventimila.

Anche la disciplina prevista per l’imposta di registro prevede,

all’art. 77 d.P.R. 131/86, il termine decadenziale di tre anni

dal giorno del pagamento ovvero, se posteriore, da quello in cui

è sorto il diritto alla restituzione, e la presentazione della

richiesta all’ufficio che ricevuto la registrazione.

In caso di rigetto della richiesta, al contribuente è data la

possibilità di ricorrere all’autorità giudiziaria per instaurare

un contenzioso tributario e ottenere la condanna al rimborso in

suo favore, ed eventualmente potrà promuovere un giudizio

d’ottemperanza per l’esecuzione coattiva della stessa.

 

91

Page 92: Tesi di Luca

92

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9, scenari

Cass. civ. sez. II, 9/2/2011, n. 3175, in Civilista, 2011, n. 5,

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100