Terremoti e Terrorismo

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28 novembre 2015 € 1,00 [email protected] Anno III - n. 47 NOTIZIE E OPINIONI DA CAMERINO E OLTRE... O R I Z Z O N T I www.artelito.com Tramonto a San Venanzetto (foto di Paolo Verdarelli Vista da tre nostri occasionali “inviati speciali” in Francia, Belgio e Mali QUESTA GUERRA DEI NOSTRI GIORNI CHE CI TOCCA DA VICINO B ruxelles, 22 novembre. Come a mol- ti di voi, anche a me rimangono ancora vivissimi nel profondo dell’animo i ricordi e le paure del terremoto che ci colpì, per diversi lunghi mesi, quasi venti anni fa. Paure e ansie non molto diverse, credo, da quelle provate dagli italiani du- rante gli anni di piombo e da tante altre popolazioni in seguito ad attacchi terro- ristici. Oggi l’umanità si ritrova, in aree sempre più vaste purtroppo, a subire le strategie del terrore e spesso a dover fug- gire da esse. Trovandomi a Bruxelles, tan- te delle sensazioni di quel lontano 1997 stanno riaffiorando prepotentemente a causa dell’atmosfera creatasi in seguito agli sconvolgenti atti terroristici di Parigi. L’atmosfera qui è pesante: la gente è preoc- cupata e la sensazione generale di insicu- rezza è palpabile, nonostante le numerose forze di polizia dispiegate cerchino di ras- sicurare e proteggere i cittadini. Terremoti e terrorismo. Due parole che, a parte l’iniziale, a prima vista sembrano avere ben poco in comune. Tuttavia, a un’analisi più attenta entrambi questi fe- nomeni risultano avere una formidabile capacità non solo di uccidere, ma anche di impaurire intere popolazioni con un atto scatenante che, di solito, ha una breve durata, ma può ripetersi numerose volte nel tempo. In forme diverse, hanno fat- to e purtroppo faranno parte della storia umana. Per poterne limitare gli effetti e mettere in atto appropriate contromisu- re, sia i fenomeni tellurici sia quelli ter- roristici vengono studiati e analizzati da vari punti di vista per prevederne con più accuratezza possibile ora, luogo, potenza e possibili conseguenze. Nonostante tut- to, dobbiamo riconoscere che c’è ancora molta strada da fare per raggiungere que- sti obiettivi. Terremoti e terrorismo non sono de- mocratici, nel senso che non colpiscono ovunque e allo stesso modo: infatti, al- cune zone del mondo sono considerate più a rischio di altre. Tuttavia, le aree a rischio-terrorismo possono cambiare più rapidamente che per i terremoti a causa di una fondamentale differenza tra i due fe- nomeni: mentre i movimenti tellurici non hanno una finalità specifica se non quella di seguire le forze della natura, il terrori- smo è un mezzo con cui un gruppo più o meno numeroso di persone persegue finalità politiche; non sfugge a nessuno, infatti, che i terremoti sono da conside- rare un evento naturale, mentre gli atti terroristici dipendono interamente dalla natura umana. C’è, però, da aggiungere che anche per i terremoti si ipotizzano, in alcuni casi, cause scatenanti dipendenti dall’attività umana (vedi discussioni sul- N ancy, 21 novembre. Ma siamo sicuri che tutta questa pres- sione serva? Sto parlando di aumen- to dei controlli, praticamente in ogni punto sensibile qua in Francia. Sabato sono state cancellate le partite di pal- lacanestro, anche di campionati locali (molto locali), mentre hanno lasciato in programma il cosplay in pieno cen- tro, evento ben più evidente di una partita. Al lavoro (Centro di ricerca nazionale Inria) lo scorso lunedì non abbiamo avuto cambiamenti di sor- ta, mentre da martedì ogni ingresso secondario è divenuto inaccessibile: occorre usare quello principale, e si ha diritto di ingresso (anche noi di- pendenti) solo dopo aver mostrato il contenuto di zaini/borse. Il che avreb- be un suo senso, se questo fosse fatto, come ad esempio fanno a Disneywor- ld, da decenni: tizi “armati” di guanti in lattice, bastoncino e torcia per ve- dere al meglio, smuovere i contenuti e quant’altro. Qui si limitano a guardare superficialmente il contenuto. Ora, ma santa miseria!, avete mai visto una borsa da donna? Avete presente Mary Poppins? Ecco... Spiegatemi ora come si fa a controllare cosa io ho nella mia, se dai una occhiata superficiale senza smuoverne minimamente il contenu- to? Stamattina, ad esempio, nella mia (che, sottolineo, non è grande, ed era anche mezza vuota) in superficie c’era- no solamente i guanti, lo smartphone, il portafogli. Al di sotto: crema mani, burro di cacao, agenda personale, om- brello, salviettine, specchietto perso- nale, chiavi di casa, chiavi dell’ufficio, chiavi dell’auto, pacchetto di fazzoletti, buste di plastica per la spesa, e credo basta. Di solito tengo anche una botti- glietta d’acqua da mezzo litro. Quante cose passano inosservate? Quello che ci domandiamo tutti qua è: “Che sen- so ha questa pantomima?”. Perché di questo si tratta, di una messa in sce- na per accontentare chi ha voluto così (dicono il prefetto, qui, ma tanto la stessa cosa sta accadendo ovunque, non solo qui e non solo in Francia), sborsando risorse di uomini e pecu- niarie. Ha senso tutto questo? L’altra domanda che aleggia nell’aria è: perché per queste vittime giusta- mente ci scandalizziamo, e per tutte le altre no? Lo ammetto, Parigi a me ha colpito da vicino. Se avessero attac- cato in un altro fine settimana, maga- ri ci sarei stata io, lì. Non allo stadio, ma forse al concerto o al ristorante. La zona degli attacchi non è lontana dalla mia destinazione. E la cosa fa accap- ponare la pelle. Ma non per questo le vittime degli altri attacchi valgono meno. Io non sono Parigi, perché nes- suno di noi è stato Beirut, o Damasco, o qualsiasi altro posto. O meglio, io sono Parigi, sono Beirut, sono Dama- sco. (Giulia De Santis) Terremoti e terrorismo «Sono Parigi, sono Beirut, sono Damasco» la fratturazione idraulica, o fracking) e conseguenze che possono essere ridotte o amplificate dall’uomo (ad esempio, con il rispetto o meno delle tecniche di costru- zione e della normativa antisismica). In un modo o nell’altro, l’uomo quindi risulta coinvolto in modo profondo sia nella fenomenologia dei terremoti sia in quella del terrorismo. Per cui, decisioni e comportamento umano possono influen- zare profondamente la portata e l’impat- to di tali fenomeni, tanto nell’immediato quanto nel lungo termine. Immaginando di proseguire questa conversazione con mio padre, egli mi avrebbe ricordato che la storia è un continuo divenire e che l’uomo, con le sue scelte, ne influenza il corso. Alla mia ricerca di risposte e ras- sicurazioni sul futuro, egli mi avrebbe anche confidato di avere decisamente più fiducia nelle scelte di madre natura che in quelle fatte dall’uomo. Tuttavia, se l’uomo riuscisse a conciliare la complessità della società di oggi con gli equilibri e i ritmi della natura, semplici ma universali, allo- ra guarderemmo decisamente con meno timore sia ai terremoti che al terrorismo. (Giuseppe Lugano) Gli autori degli articoli Giulia De Santis è collaboratrice di Orizzonti della Marca sin dalla fondazione. Attualmente lavora in Francia, a Nancy, presso l’Istituto nazionale di ricerche dell’informa- tica e dell’automazione. Giuseppe Lugano, camerinese di nascita, lavora per Cost, orga- nizzazione intergovernativa per la collaborazione scientifica e tec- nologica in Europa. Dopo alcuni anni trascorsi in Finlandia come ri- cercatore per università e aziende, attualmente vive a Bruxelles con la sua famiglia. Nel tempo libero ama scrivere. Maria Paola Valenti è originaria di Visso, dove la famiglia dei suoi genitori tuttora risiede. Dopo gli studi liceali a Camerino e la laurea in medicina all’università ad An- cona, ha lavorato nel settore sani- tario per organismi internazionali (l’Onu, l’Organizzazione mondiale della sanità, l’Unicef), prevalente- mente nel Terzo mondo, dal Came- run alla Nigeria, dal Perù al Gua- temala all’Indonesia. Attualmente è in missione in Mali. ama ama mako ko (Mali) li), , 20 nove vembre 2015 . La presenza d a d a de ei fra fra ancesi si qu ui u in Mali è m molto f fort rte, , come nel - la a mag aggior p part art r e d e ei ei pae esi i franco fon foni de ell’Africa occidentale. le. Uo Uomi min mini d i d’af ’af - - - fa ari po m o m o eno e scrup olo olosi, , pr p profe ofe fesso ss ri de el ella l scuola a francese se riser s vata s a solo olo lo ai a fr fra rancesi e ai s upe r ricchi, giova o ni delle organizzazio z ne non governat a ive ( Ong ) oc ccidentali i i che c in nsegnano a scavare pozzi o a seminare insalata ne n l deserto sah a eliano. In questo calend descopio di str r r rani ani anieri eri eri, , s , sull ull ulle e e stra de polver o ose, afose e inq nq quin uin uinate ate da da dal t l t l traffi raffi raffico co di di di mot moto e o e ma macch cchi - - ne sca sca s ssa ssa ate, te, t sc scora ora razza zzano no dei dei gr grand andi f i fuo uo - ristrada bianchi con delle enormi lette- re nere “UN” (Nazioni unite) su tutti i lati. I maliani le chiamano “le UN nere” per distinguerle dalle “UN blu” umani- tarie e di sviluppo come l’Oms, l’Uni- cef, la Fao o il Pam. In questo mondo eterogeneo di stranieri il fine settimana comincia il venerdì pomeriggio. Chi si ritrova a casa di qualche connazionale per gustare il pezzo di formaggio appe- na portato dalla Francia o il “foie gras o la bottiglia del nuovo beaujolais; o chi si ritrova al ristorante per poi finire in discoteca con bellissima/o maliana/o. Ma venerdi 13 novembre è stato diver- so, la notizia degli attentati a Parigi è esplosa in tempo reale a inizio serata e come una bomba ha distrutto, frantu- mato in mille schegge tutte le sicurezze o, meglio, il senso di onnipotenza de- gli occidentali. Abbiamo tutti passato il fine settimana inebetiti davanti agli schermi a vedere e rivedere le stesse immagini, a seguire dibattiti e raccon- ti scontati, a telefonarci per ripetere le stesse cose. Come è possibile? a Parigi poi! Dove siamo arrivati? Sono dei mo- stri, bisogna abbatterli tutti, dobbiamo chiudere le frontiere. La settimana è di nuovo iniziata, ma sempre sugli stessi toni e ancora la di- retta da Saint-Denis, un orecchio alla riunione e un occhio sullo schermo per le notizie in diretta. Si commenta e si sentono crescere, soprattutto fra i più giovani, sentimenti di collera per lo straniero, il mediorientale; sentimenti che possono essere facilmente convo- gliati in odio. Questo disorienta e ter- rorizza più degli attentati. Finalmente venerdì di nuovo, forse un po’ di pace per er starserne t e tranquilli con la propria musica ica e o una buo buo buona let let lettur tur t a. E i E inve e - l ce no, la notizia dell’atta ta c cco all’hote el , Radisson, qui a Bamako, arr ar iva subito o, o, siamo qua quasi si tut ti in uffic ufficio. io. Si Si fa fa l’ l’ app ppel el l - lo, lo, no non manc ca a ness essuno un . S . iamo conse e e - n gnati in ufficio fino a quando tutto no o n n sarà risolto. Non c’è pa aura u , n , on c’è al l - l cun rischio, siamo sull’ alt tra sponda n de el l , fium me e e e gl gli s pro vveduti soldati maliani ni, per r rdo donatemi l’a agge g gg ttivo, sono rinforza a a - ti ti dal l le “U UN N” n ere re e e dai d dai su super per er eroi oi fra fr n n - cesi ed a d amer mericani. In In que que q sto sto fin e settimana lo sta stato to d’a d l - i ler lerta ta 4 s 4 u 4 u 4 a Bruxelles, le immagin i delle strade deserte in uno dei primi sabati prenatalizi, sconvolge più dell’at- tacco al Radisson e i sui 21 morti qui a due passi. Chiunque di noi poteva es- sere là, magari solo a prendere un caffè o a frequentare la palestra, una delle più belle della città. Siamo preparati che può succedere qualcosa qui, quan- do arriviamo dobbiamo consegnare le “prove di vita” da utilizzare nel caso ve- nissimo rapiti. Siamo noi gli occiden- tali e le “UN” nere a fare da bersaglio ai terroristi. Qui in Africa, in Afgani- stan, Pakistan, Irak, ma non a Parigi o a Bruxelles. In questo fine weekend non si può non pensare: ma da dove è sorto, chi ha generato questo mostro che attacca la fraternité, liberté, égalité, questi ideali così razionali e laici per cui l’uomo occidentale nobilmente si batte affinché tutti ne godano. Ma poi ci si dovrebbe chiedere: ma perché nel 2003 si bombardò l’Irak, perché i droni degli occidentali hanno ucciso bam- bini e famiglie, certo per errore, uno sgradevole effetto collaterale, “sorry!”. Perché i missili di Israele sulla Pale- stina e viceversa e la Siria in balia di sé stessa. Ancora: perché vendiamo le armi all’Arabia Saudita, e facciamo il G20 in Turchia. Chissà, ci saranno pure delle ragioni che non percepiamo. Questo mostro però lo vediamo e lo ve- diamo bene tutti, ora che osa attaccare la nostra piccola tranquilla vita. Questo mostro sarà ancora più mostro perché rischia di generare ancora più odio e violenza se si continua con la solita retorica senza fare appello a un po’ di saggezza nei discorsi politici e nelle di- rette tv. (Maria Paola Valenti) 13 – 20 novembre, cronaca di una settimana

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28 novembre 2015 € 1,[email protected]

Anno III - n. 47

NOTIZIE E OPINIONI DA CAMERINO E OLTRE...

ORIZZONTI www.ar teli to.com

Tramonto a San Venanzetto (foto di Paolo Verdarelli

Vista da tre nostri occasionali “inviati speciali” in Francia, Belgio e Mali

QUESTA GUERRA DEI NOSTRI GIORNI CHE CI TOCCA DA VICINO

Bruxelles, 22 novembre. Come a mol-ti di voi, anche a me rimangono

ancora vivissimi nel profondo dell’animo i ricordi e le paure del terremoto che ci colpì, per diversi lunghi mesi, quasi venti anni fa. Paure e ansie non molto diverse, credo, da quelle provate dagli italiani du-rante gli anni di piombo e da tante altre popolazioni in seguito ad attacchi terro-ristici. Oggi l’umanità si ritrova, in aree sempre più vaste purtroppo, a subire le strategie del terrore e spesso a dover fug-gire da esse. Trovandomi a Bruxelles, tan-te delle sensazioni di quel lontano 1997 stanno ria%orando prepotentemente a causa dell’atmosfera creatasi in seguito agli sconvolgenti atti terroristici di Parigi. L’atmosfera qui è pesante: la gente è preoc-cupata e la sensazione generale di insicu-rezza è palpabile, nonostante le numerose forze di polizia dispiegate cerchino di ras-sicurare e proteggere i cittadini.

Terremoti e terrorismo. Due parole che, a parte l’iniziale, a prima vista sembrano avere ben poco in comune. Tuttavia, a un’analisi più attenta entrambi questi fe-nomeni risultano avere una formidabile capacità non solo di uccidere, ma anche di impaurire intere popolazioni con un atto scatenante che, di solito, ha una breve durata, ma può ripetersi numerose volte nel tempo. In forme diverse, hanno fat-to e purtroppo faranno parte della storia umana. Per poterne limitare gli e(etti e mettere in atto appropriate contromisu-re, sia i fenomeni tellurici sia quelli ter-roristici vengono studiati e analizzati da vari punti di vista per prevederne con più accuratezza possibile ora, luogo, potenza

e possibili conseguenze. Nonostante tut-to, dobbiamo riconoscere che c’è ancora molta strada da fare per raggiungere que-sti obiettivi.

Terremoti e terrorismo non sono de-mocratici, nel senso che non colpiscono ovunque e allo stesso modo: infatti, al-cune zone del mondo sono considerate più a rischio di altre. Tuttavia, le aree a rischio-terrorismo possono cambiare più rapidamente che per i terremoti a causa di una fondamentale di(erenza tra i due fe-nomeni: mentre i movimenti tellurici non hanno una *nalità speci*ca se non quella di seguire le forze della natura, il terrori-smo è un mezzo con cui un gruppo più o meno numeroso di persone persegue *nalità politiche; non sfugge a nessuno, infatti, che i terremoti sono da conside-rare un evento naturale, mentre gli atti terroristici dipendono interamente dalla natura umana. C’è, però, da aggiungere che anche per i terremoti si ipotizzano, in alcuni casi, cause scatenanti dipendenti dall’attività umana (vedi discussioni sul-

Nancy, 21 novembre. Ma siamo sicuri che tutta questa pres-

sione serva? Sto parlando di aumen-to dei controlli, praticamente in ogni punto sensibile qua in Francia. Sabato sono state cancellate le partite di pal-lacanestro, anche di campionati locali (molto locali), mentre hanno lasciato in programma il cosplay in pieno cen-tro, evento ben più evidente di una partita. Al lavoro (Centro di ricerca nazionale Inria) lo scorso lunedì non abbiamo avuto cambiamenti di sor-ta, mentre da martedì ogni ingresso secondario è divenuto inaccessibile: occorre usare quello principale, e si ha diritto di ingresso (anche noi di-pendenti) solo dopo aver mostrato il contenuto di zaini/borse. Il che avreb-be un suo senso, se questo fosse fatto, come ad esempio fanno a Disneywor-ld, da decenni: tizi “armati” di guanti in lattice, bastoncino e torcia per ve-dere al meglio, smuovere i contenuti e quant’altro. Qui si limitano a guardare super*cialmente il contenuto. Ora, ma santa miseria!, avete mai visto una

borsa da donna? Avete presente Mary Poppins? Ecco... Spiegatemi ora come si fa a controllare cosa io ho nella mia, se dai una occhiata super*ciale senza smuoverne minimamente il contenu-to? Stamattina, ad esempio, nella mia (che, sottolineo, non è grande, ed era anche mezza vuota) in super*cie c’era-no solamente i guanti, lo smartphone, il portafogli. Al di sotto: crema mani, burro di cacao, agenda personale, om-brello, salviettine, specchietto perso-

nale, chiavi di casa, chiavi dell’u%cio, chiavi dell’auto, pacchetto di fazzoletti, buste di plastica per la spesa, e credo basta. Di solito tengo anche una botti-glietta d’acqua da mezzo litro. Quante cose passano inosservate? Quello che ci domandiamo tutti qua è: “Che sen-so ha questa pantomima?”. Perché di questo si tratta, di una messa in sce-na per accontentare chi ha voluto così (dicono il prefetto, qui, ma tanto la stessa cosa sta accadendo ovunque, non solo qui e non solo in Francia), sborsando risorse di uomini e pecu-niarie. Ha senso tutto questo?

L’altra domanda che aleggia nell’aria è: perché per queste vittime giusta-mente ci scandalizziamo, e per tutte le altre no? Lo ammetto, Parigi a me ha colpito da vicino. Se avessero attac-cato in un altro *ne settimana, maga-ri ci sarei stata io, lì. Non allo stadio, ma forse al concerto o al ristorante. La zona degli attacchi non è lontana dalla mia destinazione. E la cosa fa accap-ponare la pelle. Ma non per questo le vittime degli altri attacchi valgono meno. Io non sono Parigi, perché nes-suno di noi è stato Beirut, o Damasco, o qualsiasi altro posto. O meglio, io sono Parigi, sono Beirut, sono Dama-sco. (Giulia De Santis)

Terremoti e terrorismo «Sono Parigi, sono Beirut, sono Damasco»la fratturazione idraulica, o fracking) e conseguenze che possono essere ridotte o ampli*cate dall’uomo (ad esempio, con il rispetto o meno delle tecniche di costru-zione e della normativa antisismica).

In un modo o nell’altro, l’uomo quindi risulta coinvolto in modo profondo sia nella fenomenologia dei terremoti sia in quella del terrorismo. Per cui, decisioni e comportamento umano possono in<uen-zare profondamente la portata e l’impat-to di tali fenomeni, tanto nell’immediato quanto nel lungo termine. Immaginando di proseguire questa conversazione con mio padre, egli mi avrebbe ricordato che la storia è un continuo divenire e che l’uomo, con le sue scelte, ne in<uenza il corso. Alla mia ricerca di risposte e ras-sicurazioni sul futuro, egli mi avrebbe anche con*dato di avere decisamente più *ducia nelle scelte di madre natura che in quelle fatte dall’uomo. Tuttavia, se l’uomo riuscisse a conciliare la complessità della società di oggi con gli equilibri e i ritmi della natura, semplici ma universali, allo-ra guarderemmo decisamente con meno timore sia ai terremoti che al terrorismo.

(Giuseppe Lugano)

Gli autori degli articoliGiulia De Santis è collaboratrice

di Orizzonti della Marca sin dalla fondazione. Attualmente lavora in Francia, a Nancy, presso l’Istituto nazionale di ricerche dell’informa-tica e dell’automazione.

Giuseppe Lugano, camerinese di nascita, lavora per Cost, orga-nizzazione intergovernativa per la collaborazione scienti*ca e tec-nologica in Europa. Dopo alcuni anni trascorsi in Finlandia come ri-cercatore per università e aziende, attualmente vive a Bruxelles con la sua famiglia. Nel tempo libero ama scrivere.

Maria Paola Valenti è originaria di Visso, dove la famiglia dei suoi genitori tuttora risiede. Dopo gli studi liceali a Camerino e la laurea in medicina all’università ad An-cona, ha lavorato nel settore sani-tario per organismi internazionali (l’Onu, l’Organizzazione mondiale della sanità, l’Unicef), prevalente-mente nel Terzo mondo, dal Came-run alla Nigeria, dal Perù al Gua-temala all’Indonesia. Attualmente è in missione in Mali.

amaamaamako ko (Mali)li), 2, 20 noveovembre 2015. La presenza da da dei ei frafrafrancesi si

quiquiqui in Mali è mè molto fo fortorte, e, come nel-la la magmaggior pr partartarte de dei ei paepaesi si franconcofonfoni deldell’Africa occidentale.le. Uo Uominminmini di d’af’af---’af’affarfari più o mo mo menoeno scruprupoloolosi,si, pr pr profeofeofessossori deldeldella la scuolaola franceseese riserservata sa solooloolo ai ai frafrafrancesi e ai si supeuper ricchi, giovaovani delle organizzaziozione non governatnative (Ong) occoccidentali li li cheche in insegnano a scavare pozzi o a seminare insalata ne nel deserto sahsaheliano. In questo calendendescopio di strstrstrstranianianierierieri, s, s, sullullulle se se strade de polpolververoseose, afose e inqinqinquinuinuinateate da da dal tl tl tra&ra&ra&co co di di di motmoto eo e ma macchcchi--ne scascascassassassate,te,te, sc scoraoraorazzazzano no deidei gr grandandi fi fuouo-ristrada bianchi con delle enormi lette-re nere “UN” (Nazioni unite) su tutti i lati. I maliani le chiamano “le UN nere” per distinguerle dalle “UN blu” umani-tarie e di sviluppo come l’Oms, l’Uni-cef, la Fao o il Pam. In questo mondo eterogeneo di stranieri il *ne settimana comincia il venerdì pomeriggio. Chi si ritrova a casa di qualche connazionale per gustare il pezzo di formaggio appe-na portato dalla Francia o il “foie grasna portato dalla Francia o il “na portato dalla Francia o il “ ” o la bottiglia del nuovo beaujolais; o chi si ritrova al ristorante per poi *nire in discoteca con bellissima/o maliana/o. Ma venerdi 13 novembre è stato diver-so, la notizia degli attentati a Parigi è esplosa in tempo reale a inizio serata e come una bomba ha distrutto, frantu-mato in mille schegge tutte le sicurezze o, meglio, il senso di onnipotenza de-gli occidentali. Abbiamo tutti passato il *ne settimana inebetiti davanti agli schermi a vedere e rivedere le stesse immagini, a seguire dibattiti e raccon-ti scontati, a telefonarci per ripetere le stesse cose. Come è possibile? a Parigi poi! Dove siamo arrivati? Sono dei mo-stri, bisogna abbatterli tutti, dobbiamo chiudere le frontiere.

La settimana è di nuovo iniziata, ma sempre sugli stessi toni e ancora la di-retta da Saint-Denis, un orecchio alla riunione e un occhio sullo schermo per le notizie in diretta. Si commenta e si sentono crescere, soprattutto fra i più giovani, sentimenti di collera per lo straniero, il mediorientale; sentimenti che possono essere facilmente convo-gliati in odio. Questo disorienta e ter-rorizza più degli attentati. Finalmente venerdì di nuovo, forse un po’ di pace

perper starserne te tranquilli con la propria musicaica e o una buobuobuona letletletturturtura. E iE invenve-ce no, la notizia dell’attacco all’hotel ce no, la notizia dell’attattattaccocco all’hoteotel Radisson, qui a Bamako, arriva subito, Radisson, qui a Bamako, o, arrarriva subito, o, o, siamo quaquasi si tuttutti in u&cu&cio.io. Si Si fa fa l’ l’appappelelel-lo,lo, no non mancanca na nessessunouno. S. Siamo conseee-gnati in u&cio *no a quando tutto non gnati in u&cio *no a quando tutto no no non n sarà risolto. Non c’è pa pauraura, n, non c’è al al-cun rischio, siamo sull’altra sponda del cun rischio, siamo sull’altaltra spondanda de del l *ume e gli sprovveduti soldati maliani, *um*ume ee e gl gli si sproprovveduti soldati maliani,ni, perperperdondonatemi l’al’aggeggeggettivo, sono rinforzazaza-ti ti daldalle le “UN“UN“UN” n” nereere e e daidaidai su superper er eroi oi frafrann-cesi ed ad amermericani.

In In quequequestosto *n *ne settimana lo stastato to d’ad’al-lerta 4 su 4 a Bruxelles, le immagini lerlerta ta 4 s4 su 4u 4 a Bruxelles, le immagingini delle strade deserte in uno dei primi sabati prenatalizi, sconvolge più dell’at-tacco al Radisson e i sui 21 morti qui a due passi. Chiunque di noi poteva es-sere là, magari solo a prendere un ca6è o a frequentare la palestra, una delle più belle della città. Siamo preparati che può succedere qualcosa qui, quan-do arriviamo dobbiamo consegnare le “prove di vita” da utilizzare nel caso ve-nissimo rapiti. Siamo noi gli occiden-tali e le “UN” nere a fare da bersaglio ai terroristi. Qui in Africa, in Afgani-stan, Pakistan, Irak, ma non a Parigi o a Bruxelles. In questo *ne weekendnon si può non pensare: ma da dove è sorto, chi ha generato questo mostro che attacca la fraternité, liberté, égalité, questi ideali così razionali e laici per cui l’uomo occidentale nobilmente si batte a&nché tutti ne godano. Ma poi ci si dovrebbe chiedere: ma perché nel 2003 si bombardò l’Irak, perché i droni degli occidentali hanno ucciso bam-bini e famiglie, certo per errore, uno sgradevole e6etto collaterale, “sorry!”. Perché i missili di Israele sulla Pale-stina e viceversa e la Siria in balia di sé stessa. Ancora: perché vendiamo le armi all’Arabia Saudita, e facciamo il G20 in Turchia. Chissà, ci saranno pure delle ragioni che non percepiamo. Questo mostro però lo vediamo e lo ve-diamo bene tutti, ora che osa attaccare la nostra piccola tranquilla vita. Questo mostro sarà ancora più mostro perché rischia di generare ancora più odio e violenza se si continua con la solita retorica senza fare appello a un po’ di saggezza nei discorsi politici e nelle di-rette tv. (Maria Paola Valenti)

13 – 20 novembre, cronaca di una settimana