Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

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Dispense del corso di Termotecnica del Reattore Prof. Antonio Naviglio

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Dispense del corso di

Termotecnica del Reattore

Prof. Antonio Naviglio

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Indice

Indice ....................................................................................................................................... 2 Indice delle figure ................................................................................................................... 3 Indice delle tabelle ................................................................................................................. 4 1 Generazione di calore all’interno di solidi ................................................................. 5

1.1 Generazione di calore dovuta alla fissione .......................................................... 8

1.2 La generazione di calore per assorbimento di radiazioni gamma ..................... 19

2 Grandezze termofluidodinamiche e gruppi adimensionali caratteristici ............. 24

2.1 Grandezze fondamentali per sistemi monofase ................................................ 25

2.2 Grandezze fondamentali per sistemi bifase ...................................................... 38

2.3 Gruppi adimensionali ......................................................................................... 45

3 Processi di scambio di calore .................................................................................. 50

3.1 Meccanismi di scambio ...................................................................................... 50

3.2 Conduzione ........................................................................................................ 50

3.3 Ebollizione.......................................................................................................... 85

3.4 La trasmissione del calore per flow boiling all’interno di tubi dritti ................... 115

4 Equazioni di conservazione in sistemi monofase e bifase ................................. 142

4.1 Deflussi laminari monofase .............................................................................. 143

4.2 Flussi turbolenti monofase ............................................................................... 168

4.3 Flussi bifase ..................................................................................................... 171

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Indice delle figure

Figura 1-1 Numero atomico in funzione del numero dei neutroni degli elementi 9 Figura 1-2 Distribuzione dei prodotti di fissione di U

235 10

Figura 1-3 Confronto qualitativo tra la generazione di calore reale e quella

ipotizzata 15 Figura 1-4 Elemento di combustibile del nocciolo di un BWR 17 Figura 1-1-5 Andamento della potenza prodotta nel nocciolo dopo lo spegnimento del

reattore 18 Figura 1-7 Curva di attenuazione della radiazione gamma 20 Figura 1-8 Andamento della temperatura in una lastra piana nei casi descritti 21 Figura 1-9 Profilo di temperatura nel caso di generazione di calore esponenziale 22 Figura 2-1 Interpretazione dell’unità di misura della conducibilità nel sistema

tecnico Americano 27 Figura 2-2 Gradiente di velocità causato dalla forza di taglio esercitata sul fluido 28 Figura 2-3 Layout di un viscosimetro cilindrico 30 Figura 2-4 Gradiente di velocità generato dall’azione delle forze di taglio 31 Figura 2-5 Goccia d’acqua su superficie antiaderente 32 Figura 2-6 Telaio per misurare la tensione superficiale di un fluido 33 Figura 2-7 Diagramma di Andrews dell’acqua 34 Figura 2-8 Layout di un circuito 35 Figura 2-9 Regime di deflusso bifase per un flusso orizzontale 39 Figura 2-10 Bolle di vapore che si formano sulle pareti delle barre di combustibile 41 Figura 2-11 Generatore di vapore 44 Figura 3-1 Diagramma σ(ε) di un acciaio 85

Figura 3-2 Lastra piana indefinita di spessore x 85

Figura 3-3 Volume di controllo dV in un sistema di riferimento cartesiano. 85 Figura 3-4 Corpo lambito da un fluido. 85

Figura 3-5 Evoluzione di /k T x . 85

Figura 3-6 Struttura composta da due materiali con diversa conducibilità termica 85 Figura 3-7 Lastra piana indefinite senza generazione di calore interno 85 Figura 3-8 Lastre adiacenti indefinite di diverso materiale 85 Figura 3-9 Lastra piana indefinita con generazione interna di calore 85 Figura 3-10 Parete multistrato 85 Figura 3-11 Sistema bidimensionale 85 Figura 3-12 Volume di controllo in un sistema di riferimento cilindrico 85 Figura 3-13 Sezione cilindrica 85 Figura 3-14 Sezione trasversale cilindro 85 Figura 3-15 Sezione cilindrica con generazione interna di calore 85 Figura 3-16 Andamento delle temperature nello spessore 85 Figura 3-17 Esperienza di Nukiyama a flusso termico imposto 87 Figura 3-18 Curva di Nukiyama 88 Figura 3-19: Parte superiore di una bolla sferica di raggio r 93 Figura 3-20: nascita della bolla 94 Figura 3-21: Tubo soggetto ad un flusso termico costante attraversato da un fluido 104 Figura 3-22: Deflusso per condotto ascendente 106 Figura 3-23: Mappa di deflusso di Hewitt e Roberts per flusso bifase ascendente 107 Figura 3-24: Fenomeni ondulatori all'interno del condotto orizzontale 109 Figura 3-25: Deflussi per condotti orizzontali 109 Figura 3-26 - Mappa di deflusso per deflusso orizzontale 110

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Figura 3-27 : Regioni di deflusso, regioni di scambio termico e corrispondenti andamenti

di alcuni parametri di interesse in un tubo verticale uniformemente

scaldato. 111 Figura 3-29: Diagramma tridimensionale q'', x, T 115 Figura 3-30: Flusso termico critico in funzione del titolo 116 Figura 3-31: Legge di potenza per i modelli di flow boiling di Steiner e Taborek (1992) 118 Figura 3-32: Confronto tra correlazione di Chen e dati sperimentali (CHEN 1966) 122 Figura 3-33: Processo di ebollizione in tubi verticali secondo Steiner e Taborek (1992) 126 Figura 3-34: I regimi di deflusso bifase che si osservano in un tubo vaporizzatore ad asse

orizzontale in base al “Collier and Thome” (1994) 132 Figura 3-35: aree geometriche occupate dal liquido e dal vapore, angoli di stratificazione

e di asciugamento e spessore del film liquido nel modello del flow

boiling Kattan-Thome-Favrat 135 Figura 3-36: mappa dei regimi di deflusso bifase per x<xmax 138 Figura 3-37: angolo di asciugamento θdry quando x>xmax 139 Figura 4-1 Volume di controllo 145 Figura 4-2 Solido soggetto a trazione 149 Figura 4-3 Solido soggetto a sforzo di taglio 150 Figura 4-4 Lastre piane infinite in moto relativo 153 Figura 4-5 Volume di controllo con del fluido in entrata sulla superficie ABCD 156 Figura 4-6 Volume di controllo soggetto a forze di attrito sulle superfici. 160 Figura 4-7 Forza di pressione agente sul volume di fluido. 161

Figura 4-8 Forza di pressione agente lungo l’asse x . 161 Figura 4-9 Volume di controllo 165 Figura 4-10 Volume di controllo soggetto a forze viscose 167

Indice delle tabelle

Tabella 1-1 Analisi qualitativa dell’energia rilasciata nelle reazioni di fissione in

termini spaziali e temporali 13

Tabella 3-1 Valori di sfC 101

Tabella 3-2: Coefficienti standard di ebollizione nucleata in flow boiling di Steiner e

Taborek considerando "p" _"r" =0.1 e "R" _"p,o" =1μm 130

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1 Generazione di calore all’interno di solidi

Quando si studiano dei processi o dei macchinari, le grandezze estensive che li descrivono

non sono mai espresse in termini quantitativi assoluti, ma sono riferite ad un determinato

intervallo temporale. Se, ad esempio, si prende in considerazione un motore a combustione

interna, il parametro di interesse fondamentale non è l’energia che si riesce a convertire, ma

l’energia convertita nell’unità di tempo, e quindi la potenza.

Nei dimensionamenti di sistemi o organi di stoccaggio ha senso parlare di masse o di

volumi; se l’oggetto dell’analisi è un processo, ciò che conta sarà la massa o il volume di una

certa sostanza che venga trattato o che passi attraverso un determinato componente, in un

determinato tempo (in genere, nell’unità di tempo).

Nelle applicazioni termotecniche la grandezza estensiva tipica più utilizzata è l’energia ma,

riferendoci ad un componente o ad un processo, sarà determinante conoscere l’entità

dell’energia “messa in giuoco” nell’unità di tempo: la potenza. Mentre per conoscere le

prestazioni complessive di componenti o di sistemi è importante definire la potenza, per

analisi di tipo locale, la grandezza più importante è la potenza scambiata per unità di

superficie, cioè il flusso termico ''q,

definito come il rapporto tra la potenza termica

scambiata e l’area di scambio. Nel caso specifico di sistemi di trasferimento del calore, il

flusso termico è la potenza che il sistema riesce a trasferire per unità di superficie.

All’interno di un’apparecchiatura il ''q potrebbe non essere uniforme nello spazio e nel

tempo. Quando si lavora su problematiche relative allo scambio termico avanzato bisogna

essere in grado di identificare il punto in cui il flusso termico assume il valore massimo, in

modo tale da effettuare il dimensionamento del sistema sul punto più critico.

Queste problematiche assumono una rilevanza particolare nelle applicazioni aerospaziali.

Per ogni missione umana sussiste il problema di un rientro sicuro sulla Terra. Ciò richiede di

smaltire un'enorme quantità di energia che si genera ,a causa dell’attrito tra il veicolo

spaziale e l’atmosfera nella fase di rientro della navicella spaziale. L'attrito atmosferico

genera calore, e quello che conta è il calore generato per unità di superficie e di tempo sulla

superficie esterna della navicella: questo calore può essere sufficiente a fondere o persino a

far evaporare il materiale di cui è composta la struttura esterna della navicella che sta

rientrando. Per evitare danneggiamenti, è quindi necessario rivestire la parte frontale della

navicella con materiale particolarmente resistente alle alte temperature, e con temperatura

di fusione molto elevata. Con suddetto materiale vengono costruiti gli scudi termici che

gradualmente si consumano a causa del forte attrito (ablazione).

Alternativamente, si potrebbe realizzare un sistema di raffreddamento a bordo per

rimuovere il calore generato, ma questo sistema di raffreddamento dovrebbe disporre di una

capacità di accumulo di calore interna alla navicella, di grande capacità. La densità di

potenza '''q è definita come il rapporto tra una potenza ed un volume. Questa grandezza

indica quanto calore viene generato nell’unità di tempo, riferito ad un volume di materiale

all’interno del quale si ha la generazione del calore.

Si consideri, ad esempio, un filo percorso da una corrente i . Questa corrente è costituita da

un flusso di elettroni che interagiscono con gli atomi e influenzano il loro stato di agitazione

termica. La potenza termica che si genera all’interno del conduttore, in condizioni di

geometria uniforme e di caratteristiche uniformi del materiale, è pari a 2P R i dove R è

la resistenza elettrica del conduttore, (funzione della resistività del conduttore stesso). Se

questa potenza termica non venisse opportunamente asportata, la differenza tra la potenza

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prodotta e quella asportata porterebbe ad un graduale incremento della temperatura del

conduttore che, ad un certo punto, fonderebbe, interrompendo il circuito.

La densità di potenza generata all’interno del conduttore è definita come:

''' / / ( )q P V P A dl

,

dove A e d l sono, rispettivamente, la sezione del conduttore e la sua lunghezza.

Il '''q ,in questo caso, è stato ottenuto da un calcolo che ne ha determinato un valore medio

che, nel caso specifico, coincide con il valore locale punto per punto. In generale, il '''q sarà

calcolato puntualmente come grandezza differenziale, indicando l’intensità locale di

generazione di calore per unità di tempo.

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Nel caso, invece, in cui si operi in modo tale da causare un restringimento della sezione del

conduttore, si avrà, nella zona a sezione ristretta, una densità di corrente molto più alta

rispetto alla situazione precedente, dato che la corrente passante nel circuito è sempre la

stessa, ma la sezione del conduttore è minore.

Nella parte di conduttore in cui la sezione è ristretta, la generazione locale di calore è molto

più alta: quello è il suo punto critico sotto il profilo della resistenza del materiale perché, a

parità di altre condizioni (temperatura esterna, assenza di materiali che localmente

impediscano l’asportazione del calore, etc.), in quella zona si raggiungerà la massima

temperatura e sarà più facile raggiungere la temperatura di fusione del materiale. Quindi la

densità di potenza può cambiare da punto a punto negli oggetti in cui si genera calore e

questo implica la necessità, in molti casi, di effettuare degli studi su come vari il '''q (sia

spazialmente che, più in generale, anche temporalmente), per evitare che esso raggiunga

dei valori troppo elevati e possa causare danneggiamenti al materiale (come la fusione) o

essere causa di crisi termica (generazione di un flusso termico superficiale “inaccettabile”

(vedi i capitoli seguenti)).

Consideriamo, ora, una pompa elettromagnetica per il pompaggio di metalli liquidi.

I metalli liquidi hanno delle caratteristiche particolari, come conducibilità e spesso densità

molto elevate. Sono sempre più considerati per applicazioni industriali, ad esempio come

fluidi termovettori negli impianti solari a concentrazione, ma soprattutto sono già

ampiamente utilizzati nelle centrali nucleari.

A titolo di esempio, prendiamo in esame un condotto e supponiamo che in esso siano

presenti, un campo magnetico ed un campo elettrico ad esso ortogonale. Vi sarà allora una

forza di Lorentz ortogonale ai primi due campi, la quale permetterà il movimento del fluido.

Ovviamente, affinchè si verifichi il moto, il fluido deve avere caratteristiche di buona

conducibilità: questo è il caso di molti metalli liquidi, ma anche dei gas ionizzati. In questa

applicazione si ha una conversione da energia elettrica ad energia meccanica.

In altri casi (MHD), si sfrutta lo stesso principio fisico per uno scopo diverso: gas ionizzati ad

alta temperatura e ad alta pressione vengono fatti defluire verso zone a più bassa pressione,

passando attraverso condotti in cui attraversano campi magnetici ortogonali tra loro e

rispetto al deflusso. In questo caso, è generato un campo elettrico ortogonale al campo

magnetico ed alla direzione del deflusso e si può convertire l’energia termica del fluido in

energia elettrica.

In queste applicazioni è importante conoscere come varia localmente la temperatura del

fluido poiché, questo parametro influenza le caratteristiche del fluido e quindi l’efficienza del

sistema. Nel caso del sistema di pompaggio, la temperatura locale del fluido dipenderà

anche dal valore assunto dal '''q localmente.

Un altro esempio, in cui diventa determinante poter conoscere il valore locale del '''q, è

quello dello studio di sistemi chimici complessi con sostanze che reagiscono, producendo

calore. Può essere fondamentale dover effettuare l’analisi di come si distribuisce la

generazione di calore, per evitare fenomeni indesiderati.

Per quanto riguarda le applicazioni di tipo nucleare, si faccia riferimento alla progettazione di

un nocciolo di un reattore nucleare: in questo caso, è di fondamentale importanza

determinare con estrema precisione la distribuzione della generazione di potenza termica fra

le varie barrette di combustibile e l‘andamento della sua variazione radiale lungo il nocciolo.

Questo significa conoscere la distribuzione spaziale del '''q (vedremo che è fondamentale

conoscere non solo l’andamento del '''q nello spazio, ma anche nel tempo). Sempre con

riferimento al settore nucleare, un’altra applicazione può essere la progettazione di uno

schermo di protezione contro le radiazioni o i neutroni. La dose da radiazioni può

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assumere valori pericolosi, in funzione della natura della radiazione e della intensità

energetica della stessa, a causa delle interazioni con l’oggetto e il corpo esposto, che

possono portare a modifiche a livello nucleare (ad es., modificandone gli isotopi) o a rottura

di legami tra atomi o molecole.

I maggiori danni si riscontrano in seguito alle interazioni di particelle (particelle , neutroni)

con la materia; mentre effetti minori si hanno, a parità di flusso incidente, in termini di

energia (per unità di superficie e di tempo) nel caso delle radiazioni .

Si ricorda che, una radiazione è una radiazione elettromagnetica particolarmente

penetrante che trasferisce la propria energia alla materia con cui interagisce. Nel caso di un

materiale non organico, l’effetto di tale interazione consiste solo in un riscaldamento della

materia bersagliata.

Anche in questi casi, un problema tipico può essere quello della determinazione della

generazione di calore all’interno di uno schermo finalizzato ad “abbattere” il flusso di

radiazioni, assorbendone l’energia e, quindi, riducendo i valori di dose in aree in cui esistano

dei limiti di tali valori da non superare. L’assorbimento di energia nella materia non è, in

questo caso, uniforme perché l’effetto di attenuazione segue qualitativamente l’andamento

di xe .

1.1 Generazione di calore dovuta alla fissione

L’analisi della distribuzione della densità di potenza all’interno del nocciolo di un reattore è di

fondamentale importanza per lo studio delle condizioni in cui si può verificare la fusione del

combustibile o la crisi termica. Questo studio deve essere molto accurato in modo che siano

adottati gli adeguati margini a progetto per evitare suddetti effetti (vedi capitoli seguenti),

ovvero per scegliere e dimensionare opportuni sistemi di sicurezza, nel caso di eventi

incidentali che determino l’insorgere di dette situazioni.

La densità di potenza in un nocciolo di un reattore nucleare non ha una distribuzione

uniforme ed è legata alla distribuzione del flusso neutronico all’interno del reattore.

Il flusso neutronico dipende, a sua volta, prevalentemente dalla distribuzione spaziale e dalla

evoluzione temporale delle reazioni di fissione (non si farà riferimento, in questo testo, ai

reattori a fusione).

La fissione nucleare consiste nella rottura del nucleo di un elemento in due nuclei di

elementi più leggeri (con numero di massa atomica inferiore). La fissione avviene a causa

della cattura di un neutrone (negli esempi che seguono ci si riferirà a fissioni con neutroni

“termici” e non a fissioni veloci) da parte del nucleo di un elemento pesante, cattura che

porta il nucleo in una condizione di instabilità, tale da determinarne la “frattura”.

Gli elementi chimici si distinguono per il numero di elettroni presenti nell’atomo (che, in

condizioni neutre, corrisponde al numero dei protoni concentrati nel nucleo). Nel nucleo

sono presenti, oltre ai protoni, anche i neutroni: il rapporto tra neutroni e protoni cresce con

l'aumentare del numero atomico (che rappresenta il numero dei protoni); questo aumento

serve a conferire stabilità al nucleo, in cui sono presenti forze antagoniste: da una parte, i

protoni, dotati di carica positiva, sono soggetti ad allontanarsi reciprocamente a causa

dell‘interazione elettrostatica; dall’altra, esiste nel nucleo una forza di coesione che

scaturisce dalla forza di attrazione esistente fra tutte le masse (forza nucleare forte). I

neutroni contribuiscono solo alla forza di coesione ed è necessario un numero sempre

maggiore di neutroni per bilanciare le forze repulsive dei protoni, al crescere del numero di

questi (figura 1-1).

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L’energia media di legame tra protoni e neutroni di un nucleo tende a diminuire al crescere

del numero atomico. Questo è causa di instabilità negli elementi molto pesanti (con numero

di massa atomica particolarmente elevato), in particolare in alcuni loro isotopi, caratterizzati

da energie medie di legame molto basse. E’ sufficiente quindi, che un nucleo di tali isotopi

“catturi” un neutrone che statisticamente viene a trovarsi in prossimità del nucleo, affinchè

venga a crearsi una configurazione di nucleo instabile, che tenderà a frammentarsi , con

successivo riassestamento dei nucleoni verso configurazioni a maggiore stabilità.

Figura 1-1 Numero atomico in funzione del numero dei neutroni degli elementi

Il nucleo instabile, nel giro di qualche frazione di secondo (1410

s), si divide in due nuclei,

generalmente anch’essi instabili, emettendo inoltre alcuni neutroni (in genere, 2 o 3),

eventualmente una particella ed una certa quantità di energia sotto forma di radiazioni

elettromagnetiche.

A livello probabilistico, la tendenza è quella di ottenere due frammenti di fissione, uno dei

quali è più pesante rispetto all’altro.

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Figura 1-2 Distribuzione dei prodotti di fissione di U235

Riassumendo, dalla fissione di un nucleo si ottengono: due (o più) frammenti di fissione

(spesso definiti “prodotti di fissione”, anche se questi ultimi a rigore comprendono anche

isotopi che vengono generati in trasformazioni successive, come decadimenti ), due (o

tre) neutroni, eventualmente una particella e dell’energia, che è dovuta alla perdita di

massa (infatti, sommando le masse dei componenti risultanti dalla fissione, si ottiene una

massa totale leggermente inferiore rispetto alla somma delle masse del nucleo prima della

fissione e del neutrone che ne ha causato la fissione). Questa energia “generata” nella

fissione, rappresenta l’effetto di maggiore interesse nelle applicazioni industriali, e diventa

molto importante saper valutare la modalità con cui essa venga resa disponibile dalla

fissione in un determinato punto e, ad un certo istante, venga trasformata in calore nel

nocciolo, sia spazialmente che temporalmente. La densità di potenza nel nocciolo del

reattore, nel periodo in cui si ha il fenomeno della fissione, dipende fortemente dalla

distribuzione spaziale e dall’andamento temporale delle reazioni di fissione.

La densità di potenza nel nocciolo del reattore è funzione di quattro variabili:

''' '''( ,  ,  ,  )q q x y z t

Se fosse possibile calcolare o valutare l’andamento di '''q

in funzione dello spazio e del

tempo, saremmo in grado di individuare il punto del nocciolo del reattore con densità di

potenza più elevata e il momento in cui si verifica questa particolare situazione in condizioni

stazionarie, transitorie o incidentali.

La reazione più probabile in un reattore nucleare a fissione termica è la seguente:

235 139 952 198U n Ba Kr n MeV

L’intervallo di tempo tra il momento in cui il neutrone viene assorbito dal nucleo e l’atto della

fissione è, come visto, dell’ordine di10-14

s e quindi questa reazione può essere considerata

istantanea se confrontata con i tempi caratteristici dei meccanismi di scambio di calore.

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Classificazione neutroni Energia neutroni(eV)

NEUTRONI TERMICI

0.025Ev

NEUTRONI EPITERMICI

0,1-1 eV

NEUTRONI LENTI

1eV-100keV

NEUTRONI VELOCI

100keV- alcune decine di MeV

NEUTRONI AD ALTA ENERGIA

>100 MeV

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 12/175

I 198 MeV non vengono rilasciati tutti istantaneamente e nel punto esatto in cui si è verificata

la fissione: solo una parte viene rilasciata istantaneamente mentre la restante parte in modo

differito nel tempo, dato che i nuclei dei frammenti di fissione generati non si trovano in una

situazione di stabilità, ma in uno stato eccitato, con una certa quantità di energia

immagazzinata (potenziale), che viene rilasciata nel tempo attraverso le reazioni di

decadimento.

Per quanto riguarda la parte dell’energia rilasciata istantaneamente,questa si distribuisce nel

modo seguente:

Frammenti (prodotti) di fissione (168 ± 5 MeV): i due nuclei che nascono dalla

fissione si respingono l’uno con l’altro, perché la forza Coulombiana tende a farli

allontanare. L’energia potenziale si trasforma in energia cinetica dei prodotti di

fissione, che vanno ad urtare altri atomi; in ultima analisi, si ha l’effetto di un

incremento dell’energia di agitazione degli atomi, con aumento della temperatura

locale. I frammenti di fissione vengono “frenati” entro uno spazio molto limitato,

dell’ordine di 10-5

m, per cui la generazione di calore associata viene considerata

puntuale ed inoltre il ritardo del rilascio di tale energia è così piccolo che è possibile

considerare il fenomeno istantaneo; Neutroni di fissione (5 ± 0.5 MeV): sono

neutroni espulsi dal nucleo fissionato perché il numero di neutroni presenti nei nuclei

dei due frammenti di fissione è inferiore alla somma dei neutroni presenti

singolarmente nel nucleo fissionato e del neutrone termico. I neutroni “liberati”

possiedono anch’essi una energia cinetica elevata. Tali neutroni possono essere

catturati all’interno di una barretta di combustibile, ad esempio di U238

, oppure

possono uscire dalla barretta, per essere “rallentati” e perdere la propria energia

cinetica nel moderatore: una volta divenuti neutroni termici, potranno dare origine ad

una nuova fissione. La situazione tipica è quella in cui,i neutroni rilascino la loro

propria energia non nell’esatto punto in cui è avvenuta la fissione, ma che tendano

ad uscire dalla barretta e ad interagire con le molecole del moderatore, portandosi

ad un livello di energia cinetica che è quello di equilibrio dello stato di agitazione

delle molecole del mezzo, i cui atomi hanno dimensioni paragonabili a quelle dei

neutroni. Successivamente, il neutrone termico diffonde nel moderatore ed esiste

una buona probabilità che rientri in una barretta e lì dia luogo ad una nuova reazione

di fissione. In conclusione, si considera che si ha rilascio di energia da parte di

questi neutroni “lontano” dal punto di fissione;

Raggi

di fissione (5 ± 1 MeV): vengono emessi a causa dell’ instaurarsi di un

movimento di particelle cariche nell’ambito dimensionale del nucleo che si fissiona, il

quale genera l’emissione di onde elettromagnetiche (fenomeno simile ai processi

responsabili dell’emissione di altri tipi di onde elettromagnetiche). Le onde

elettromagnetiche corrispondenti alle radiazioni

hanno una lunghezza d’onda

molto piccola. Queste radiazioni sono particolarmente penetranti, in virtù della

elevata energia ad esse associata, dovuta al valore molto piccolo della lunghezza

d’onda somma di queste energie viene rilasciata istantaneamente. I nuclei dei

frammenti di fissione generati, a loro volta, non si trovano in una situazione di

equilibrio, ma vengono “generati” con una certa quantità di energia immagazzinata

(potenziale), che viene rilasciata nel tempo attraverso le reazioni di decadimento.

La quantità di energia che viene rilasciata in maniera differita è ripartita in questo modo:

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radiazioni β emesse dal decadimento dei prodotti di fissione (7 ± 1 MeV): sono

particelle (elettroni) emesse dai frammenti di fissione (e, successivamente, dagli

isotopi eventualmente non stabili prodotti dal decadimento dei frammenti di fissione), i

quali, trovandosi in una configurazione instabile, tendono a trasformarsi verso una

situazione di stabilità, trasformando un neutrone del nucleo in un protone e un

elettrone (β). Il rilascio di β avviene generalmente tramite un decadimento o una

catena di decadimenti che può richiedere anche tempi molto lunghi. L’elettrone si

allontana dal nucleo generatore, portando con sè energia. Tuttavia, il suo cammino

libero medio è molto limitato in quanto,interagendo con gli altri atomi, vengono catturati

quasi immediatamente laddove sono stati prodotti;

di decadimento dei prodotti di fissione (6 ± 1 MeV): sono prodotti durante tutta la

fase di decadimento dei prodotti di fissione, nel processo di diseccitazione successiva,

che può avvenire anche in tempi molto lunghi. Avendo alta energia, come i di

fissione, si allontanano anch’essi dal punto di emissione;

neutrini (~ 10 MeV): non interagendo con la materia, non rilasciano energia nel

nocciolo e quindi la loro presenza è trascurabile ai fini della valutazione della

generazione di potenza nel nocciolo;

reazioni di cattura : ,(~ 10 MeV): quando i neutroni vengono catturati da isotopi

(in particolare, isotopi pesanti) essi si portano ad uno stato energetico superiore ed

emettono radiazioni ;

reazioni ( , )n : si verificano solo negli isotopi leggeri ricchi di neutroni (deuterio1 o

berillio2).

Riassumendo, il calore generato è legato al rallentamento dei prodotti di fissione e dei

neutroni, e a tutti i fenomeni possibili di dissipazione dell’energia delle radiazioni e , che

viene assorbita dai materiali con i quali queste radiazioni interagiscono.

Vicino Lontano

Imm

ed

iato

Prodotti di fissione

168 MeV

Neutroni5 MeV

di fissione 5 MeV

di cattura (37) MeV

90%

dell’energia

Rit

ard

ato

di decadimento

7 MeV

di decadimento 6MeV

e di cattura (12)

MeV

10%

dell’energia

90% dell’energia 10% dell’energia

Tabella 1-1 Analisi qualitativa dell’energia rilasciata per effetto delle reazioni di

fissione in termini spaziali e temporali

1 Materiale che viene usato per ottenere un forte effetto di moderazione

2 Materiale che viene usato per ottenere un forte effetto di riflessone neutronica

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 14/175

Nella Tabella 1-1 viene riportata un’analisi qualitativa della distribuzione temporale e

spaziale dell’energia generata nelle reazioni di fissione. Per “vicino” si intende che la

reazione ha degli effetti locali quantificabili spazialmente in un raggio dell' ordine di

(1/100)mm . L'ordine di grandezza in questione è nettamente inferiore se confrontato con

la geometria di una barretta di un impianto di produzione, quindi si può affermare che

l’energia dei prodotti di fissione e dei del loro decadimento viene rilasciata nel punto in

cui avviene la fissione.

I neutroni veloci che vengono prodotti dalla reazione possono essere catturati all’interno

della barretta, ad esempio da U238

, oppure possono dare origine ad una fissione. L’evento

più probabile è che il neutrone esca dalla barretta, venga rallentato dal moderatore e si porti

ad un livello di energia cinetica che è quello di equilibrio dello stato di agitazione del mezzo.

Successivamente, il neutrone “vaga” nel moderatore, in questo caso acqua, dando luogo ad

interazioni soprattutto con i nuclei di idrogeno dell’ acqua stessa; si presenta così una

minima possibilità che il neutrone venga catturato dall’ossigeno dell’acqua ma, molto più

probabilmente, esso rientrerà in una barretta generando una nuova reazione di fissione. Se

si considera il mezzo come non infinito, e quindi geometricamente limitato, c’è anche una

certa probabilità di fuga del neutrone dal nocciolo.

Dal punto di vista spaziale, le stesse considerazioni fatte per i neutroni sono valide per i

raggi , che hanno una grande capacità di penetrazione all’interno della materia.

I di decadimento hanno un libero cammino medio estremamente piccolo e quindi

rilasciano la propria energia localmente. I di decadimento e i di cattura, invece,

rilasciano la propria energia lontano dalla posizione in cui avviene la fissione. Questo perché

se un neutrone viene catturato da un materiale strutturale, l’eventuale radiazione di

decadimento avviene lontano da dove è stato generato il neutrone e quindi da dove è

avvenuta la reazione di fissione.

L’utilizzo di strumenti di calcolo numerico permette di determinare la criticità del reattore e la

distribuzione del flusso neutronico, anche a livello di studio della barretta. Ai fini del

funzionamento del reattore sarebbe impossibile o estremamente dispendioso, conoscere

con esattezza la distribuzione spaziale di generazione di calore (oltre che difficilmente

verificabile sperimentalmente).

Per semplificare il problema e porci anche nelle condizioni di poter “misurare” con opportuna

strumentazione (sia pure con una certa approssimazione) l’andamento spaziale e temporale

della densità di potenza, si assume quindi, che tutto il calore generato dalla fissione venga

reso disponibile esattamente nel punto in cui è avvenuta la reazione stessa, ed

istantaneamente. In realtà, in condizioni stazionarie, il flusso termico generato nelle barrette

è in parte dovuto alle fissioni che sono appena avvenute e in parte dovuto al decadimento

degli isotopi generati tempo prima. Questa assunzione, quindi, è conservativa.

Si consideri, ad esempio, un transitorio in cui la potenza stia aumentando. L’andamento del

flusso neutronico è quello indicato in Figura 1-3, ma l’andamento reale di generazione di

calore tenderà ad essere shiftato e attenuato, poiché una parte del calore dovuto alla

fissione viene rilasciato successivamente. Lo studio esatto di questo fenomeno sarebbe

molto difficoltoso e difficilmente verificabile, quindi per semplicità, ma anche per motivi di

sicurezza, si preferisce operare questa semplificazione che risulta in ogni caso conservativa:

si tende infatti a sopravalutare il valore massimo raggiunto dalla temperatura e dalla densità

di potenza, nei punti più critici sotto il profilo termico. L’ atto della fissione corrisponde all’atto

della generazione di calore e tutto il calore viene generato all’interno della barretta.

Si può quindi definire la seguente relazione:

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 15/175

q ( , , , ) ( , , , ) 200fx y z t x y z t N x (1.1)

dove:

- è il flusso neutronico (cm

-2s

-1)

- f è la sezione d’urto di fissione (cm2)- N è la densità atomica dell’UO2(cm

-3)

- è l’arricchimento dell’isotopo fissile nel combustibile

-200 è l’energia liberata per fissione in MeV).

In questo caso, il '''q è espresso in 3

MeV

cm s

. L’adozione di questa relazione permette di

ricavare l’andamento spaziale e temporale approssimato della densità di potenza tramite la

misura del flusso neutronico che, viceversa, è misurabile sia spazialmente che

temporalmente.

Come indicato in Figura 1-3, la produzione di densità di potenza non è uniforme nel

nocciolo3, a causa della disuniformità del flusso neutronico e delle disomogeneità dei

materiali esistenti all’interno del nocciolo. Per individuare il '''q nella barretta più critica del

reattore si utilizzano quindi, i fattori di picco che legano il '''q della barretta nel suo punto più

critico all’andamento della generazione media di calore del nocciolo (ai fini delle verifiche di

sicurezza, è necessario rispettare i valori massimi di temperatura e di flusso termico, i quali

dipendono in misura determinante dalla densità locale di potenza). Il fattore di picco è

definito come:

maxp

qF

q

(1-2)

Figura 1-3 Confronto qualitativo tra la generazione di calore reale e quella ipotizzata,

nel punto più caldo, durante un transitorio di aumento e successiva diminuzione di potenza

3L’utilizzo di metodi di calcolo (deterministici o statistici) permette di determinare la criticità

del reattore e la distribuzione puntuale del flusso neutronico.

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 16/175

Gli elementi di combustibile non hanno tutti lo stesso arricchimento e si troveranno in

posizioni variabili rispetto alla zona centrale del nocciolo del reattore e quindi non ci sarà per

tutti gli elementi lo stesso valor medio di flusso neutronico. I fattori di picco sono sia assiali

che radiali, dato che il flusso neutronico varia, oltre che temporalmente, anche radialmente e

assialmente.

Attraverso la conoscenza dell’andamento assiale del flusso neutronico, è possibile

esprimere l’andamento assiale della densità di potenza nelle barrette, in particolare in quella

che radialmente presenta il valore più alto di generazione di potenza. Il punto in cui si

verificherà la massima temperatura del combustibile sarà quello in cui – a parità di

temperatura del refrigerante – ci sarà la coincidenza del massimo valore assiale del flusso

neutronico (massimo fattore di picco assiale) con il massimo valore del fattore di picco

radiale.

Per valutare il fattore di picco assiale, bisogna conoscere il profilo assiale di flusso. Nel caso

di profilo cosinusoidale, vale la: max( ) cos

zq z q

h

(1.2)

dove '''maxq è il valore nella mezzeria, h l’altezza attiva della barretta e z la quota calcolata a

partire dalla mezzeria. In questo caso, è

2

2

2

2

max max max

maxcos 2 0,64

h

h

h

h

q q qz h z hq dz sen q

h h h h h

max 1,54q q (1.3)

Per individuare qual è il punto del sistema che è più sollecitato sotto il profilo della

generazione di calore, operativamente si fa riferimento alla mappatura dei fattori di picco

radiali degli elementi di combustibile. Infatti, come detto, è di interesse conoscere il punto,

l’istante ed i valori assunti dalla temperatura massima nel combustibile ed il massimo flusso

termico uscente dalla barretta. Le normative sulla sicurezza impongono dei valori massimi

alla temperatura nel combustibile, di cui si vuole evitare la fusione. Per quel che riguarda il

valore massimo ammissibile del flusso termico uscente dalla barretta, questo dipende dalla

capacità del refrigerante di assicurare una “asportazione sicura” del calore prodotto. In

particolare, è assolutamente da evitare il fenomeno della “crisi termica” nel caso di reattori

ad acqua in pressione: a questo fenomeno (che sarà studiato in capitoli successivi e non

riguarda solo il settore nucleare) è associato il possibile deterioramento della guaina della

barretta di combustibile, che può causare la fuoriuscita dei prodotti di fissione, radioattivi.

Per stabilire qual è la barretta “più calda” nell’elemento di combustibile è necessario

conoscere le caratteristiche del reattore e valutare quale è la barretta la cui potenza termica

generata è massima.

Si ipotizzi di analizzare un elemento di combustibile di un reattore nucleare ad acqua

bollente (BWR). Gli elementi sono infoderati e hanno ognuno 64 barrette (8 x 8). Questi

elementi sono disposti su un reticolo quadrato e tra un elemento e un altro può esserci una

barra di controllo cruciforme che entra dal basso. Attraverso un codice di calcolo di fisica del

reattore è possibile determinare come si differenzia il flusso neutronico barretta per barretta

rispetto al valor medio del flusso neutronico di elemento. Se gli elementi avessero lo stesso

arricchimento, le barrette col maggior valore del flusso neutronico (e, quindi, con maggiori

reazioni di fissione e, quindi, più “calde” rispetto alle altre) sarebbero quelle periferiche,

perché esternamente è presente più acqua e in un reattore termico la densità neutronica è

massima nel moderatore. Dall’analisi dell’elemento di combustibile è possibile definire il

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 17/175

fattore di picco di ciascuna barretta ed identificare qual è la barretta più calda rispetto alle

altre ed il valore del suo fattore di picco.

Figura 1-4 Elemento di combustibile del nocciolo di un BWR

Allo stesso modo, i vari elementi saranno caratterizzati da valori di potenza termica generata

(dipendente dal valore del flusso neutronico medio di elemento) diversi e, quindi, sarà

possibile determinare anche i fattori di picco di ciascun elemento rispetto al nocciolo ed

individuare l’elemento più “caldo”, con il suo fattore di picco.

Lo studio dei fattori di picco è fondamentale e va effettuato con riferimento a diverse fasi

della vita del reattore (cambia, nel tempo e nello spazio l’arricchimento ed il flusso

neutronico), nonché nel corso di particolari situazioni transitorie. La sicurezza del reattore

deve essere sempre assicurata sia in condizioni stazionarie che durante le evoluzioni di tutti

i possibili transitori previsti con una certa probabilità di accadimento.

Quindi, il '''maxq del reattore, con riferimento ad una certa configurazione (arricchimento,

fase di un transitorio, etc.) è pari a:

ˆ '''''' escursione assiale elemento barretta

p p p pqq F F F F (1.5)

dove il Fpescursione

è definito come il rapporto tra la densità di potenza media ponderale nel

momento in cui raggiunge il valore massimo durante il transitorio e la densità di potenza

media del nocciolo in condizioni nominali.

Inoltre, è fondamentale conoscere la quantità di calore che si genera all’interno del

moderatore (presente solo nei reattori “termici”). Infatti, anche se nel moderatore si genera

solo una piccola parte della potenza generata nell’intero nocciolo, potrebbero verificarsi

situazioni non accettabili. Si consideri, ad esempio, il caso in cui il moderatore sia costituito

da acqua. Se il calore generato localmente dovesse portare all’ebollizione dell’acqua in un

determinato punto e questo non fosse previsto o voluto a progetto, si avrebbero condizioni

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 18/175

inaccettabili per l’impianto (la generazione del calore nel moderatore assume importanza

maggiore nel caso di moderatori solidi, come la grafite, per la determinazione della

temperatura al loro interno). La potenza generata dal moderatore è una frazione della

potenza totale. In generale, per un reattore ad acqua si può dire che:

mod mod 0,05 comb combq V q V (1.6)

dove modV è il volume del moderatore e combV è il volume del combustibile.

In prima approssimazione, si può usare la relazione (1.6) per calcolare l’andamento

temporale e spaziale della densità di potenza nel moderatore.

Questa stessa analisi può essere utilizzata non solo con riferimento al progetto ed esercizio

delle centrali nucleari, ma anche nelle operazioni di trasporto del combustibile irraggiato. Se

la potenza generata all’interno degli elementi di combustibile, dovuta al decadimento dei

prodotti di fissione, è elevata (caso di elementi di combustibile ad elevato irraggiamento ed

arricchimento e da poco scaricati dal reattore), può essere importante valutare non solo il

valore medio della densità di potenza, ma anche il suo andamento spaziale, tenendo conto

della differenziazione tra le varie barrette.

Infine, per le centrali nucleari, la valutazione della generazione di calore deve essere

effettuata anche a reattore spento, in quanto, a differenza delle centrali convenzionali, dopo

lo “spegnimento” del reattore, la potenza termica non va a zero istantaneamente ma si ha

una residua produzione di calore a causa dei fenomeni di decadimento radioattivo. Come

mostrato in Figura 1-5, anche dopo tanto tempo dallo spegnimento, si ha una potenza

residua che è piccola in termini percentuali ma non trascurabile. La conoscenza di tale

potenza residua è fondamentale per progettare o verificare sistemi di refrigerazione

dell’impianto (del nocciolo o di piscine di decadimento del combustibile) che devono essere

adeguati per garantire la refrigerabilità, e quindi la sicurezza, anche a lungo termine.

Figura 1-5 .Andamento della potenza prodotta nel nocciolo dopo lo spegnimento del

reattore

100

7 1,7 1 0,15

0

20

40

60

80

100

120

0 100 1000 10000 100000

POTENZA [%]

TEMPO [s]

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 19/175

1.2 La generazione di calore per assorbimento di radiazioni

gamma

Un altro settore in cui la valutazione del '''q ha un ruolo fondamentale è quello relativo alla

verifica dei recipienti che ospitano il reattore o alle verifiche finalizzate alla radioprotezione

(che includono la scelta ed il dimensionamento di schermaggi dalle radiazioni).

Le radiazioni in uscita dal nocciolo riguardano essenzialmente: radiazioni , che hanno un

alto potere di penetrazione e i neutroni. Nel caso di un reattore di grande potenza, la

potenza associata alle radiazioni che fuoriescono dal nocciolo del reattore è molto

elevata.

Non è solo un problema di protezione del personale, ma anche delle apparecchiature: per

fare un esempio, nelle applicazioni spaziali di sorgenti o reattori nucleari, se le radiazioni

emesse dalla sorgente radioattiva non fossero opportunamente schermate, queste

danneggerebbero irrimediabilmente le apparecchiature elettroniche.

La conoscenza di come queste radiazioni trasmettono energia all’interno della materia con

cui vengono ad interagire è essenziale.

Si consideri il nocciolo schematizzato in Figura 1-6 . Il flusso di in uscita dal nocciolo può

essere definito con I0, espresso come una potenza per unità di superficie, che corrisponde

alla potenza termica associata ai emessi (ipotizzando, in prima approssimazione, che

siano unidirezionali) distribuita su tutta la superficie del nocciolo.

Figura 1-6 Schematizzazione del nocciolo di un reattore e di uno schermo

Lo schermo deve avere un’elevata capacità di assorbimento dei e, quindi, essere idoneo

anche ad “assorbire” e smaltire adeguatamente il calore assorbito.

In generale, si può dire che il flusso in funzione della distanza x dalla sorgente è pari a:

0( ) xI x I e (1.7)

dove è il coefficiente di assorbimento delle radiazioni espresso in 1

m

ed è caratteristico

dell’abbinamento tra il materiale e il tipo di reazione.

Page 20: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 20/175

La quantità di calore generato nello schermo in un tratto infinitesimo di esso sarà pari

all’attenuazione del flussocorrispondente alla stessa distanza. Quindi si può dire che:

( ) ( )q A dx A I x dx I x ()

( ) ( )I x dx I xq

dx

Il q , quindi, può essere espresso con la derivata del flusso :

dIq

dx e quindi:

0( ) xq x I e (1.8).

Figura 1-7 Curva di attenuazione della radiazione gamma in funzione della

distanza x

Il materiale con cui realizzare lo schermo ed il suo spessore vengono scelti in modo tale che

il flusso uscente soddisfi i requisiti di compatibilità sia radioprotezionistici che termici. Lo

schermo inoltre, dovrà essere in grado di rilasciare opportunamente il calore assorbito,

dovrà raggiungere temperature accettabili e non dovrà essere soggetto a deformazioni

termiche inaccettabili. Osservando la curva di attenuazione della radiazione in Figura 1-7 si

nota come nella prima parte l’attenuazione sia più accentuata e quindi si avrà la massima

generazione di calore.

Conoscere l’andamento spaziale del '''q è importante perché se questo fosse troppo

elevato, la generazione di calore potrebbe portare a dei profili di temperatura tali da causare

eccessive sollecitazioni nei materiali.

Ad esempio, si consideri una lastra piana con generazione uniforme ed una temperatura T2

imposta sulle due superfici. Con una generazione uniforme di calore (densità di potenza

uniforme), l’andamento della temperatura sarebbe quello rappresentato in Figura1-8 (curva

c). Il profilo di temperatura avrebbe il valore massimo al centro, il flusso termico tenderebbe

a crescere allontanandosi dalla superficie e raggiungerebbe il valor massimo all’uscita dalla

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 21/175

lastra perché il flusso uscente dalla superficie della lastra è legato a tutto il calore che viene

generato al suo interno.

Si consideri un recipiente in pressione di un PWR, all’interno del quale si trova il refrigerante.

Si può ipotizzare che la temperatura della parete sia pari alla temperatura di ritorno del

refrigerante primario (ad esempio T1=290 °C) e ipotizzare che la temperatura dell’ambiente

esterno sia imposta e pari a 50 °C. La temperatura della parete esterna può essere

assimilata pari a T2=150 °C. L’andamento della temperatura legato alla temperatura imposta

sulle pareti, trascurando la generazione di calore ed ipotizzando una geometria assimilabile

a lastra piana, è quello rappresentato in Figura 1-8 (curva b).

L’andamento della curva “a” in Figura 1-8 tiene conto sia delle diverse condizioni al contorno

che della generazione di calore (supposta uniforme) e consente, pertanto, di concludere che

il profilo della temperatura entro la lastra sia quello che risulti dalla sovrapposizione degli

effetti, dovuti rispettivamente, allo scambio termico con sviluppo interno di calore, quando le

temperature delle due facce sono tenute uguali, e alla trasmissione con 1 2T T in assenza

di sviluppo interno di calore.

Figura 1-8 Andamento della temperatura in una lastra piana nei casi descritti

Se la potenza generata nella lastra è molto alta, questa tenderà ad essere rilasciata

prevalentemente verso la parete esterna, dove vedrà un pozzo termico a temperatura più

bassa, considerando che una piccola parte verrà ceduta anche all’interno del nocciolo.

Se, invece, si considera esponenziale la generazione di calore, come è nella realtà, il

baricentro di generazione si sposta ancora di più verso la parte interna e quindi il picco del

profilo di temperatura sarà ancora più vicino alla superficie interna del recipiente in

pressione (Figura 1-9).

Page 22: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 22/175

Figura 1-9 Profilo di temperatura nel caso di generazione di calore esponenziale

Lo studio e il dimensionamento di un recipiente in pressione, quindi, non può prescindere da

considerazioni relative alla generazione interna di calore dovuta all’interazione delle

radiazioni con la materia. Nella verifica strutturale è fondamentale verificare localmente

qual è lo stato di sollecitazione, il che comprende anche lo studio delle sollecitazioni

termiche che sono proporzionali al gradiente spaziale di temperatura.

Page 23: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 23/175

TABELLA 1-2 coefficienti di assorbimento dei raggi gamma

Page 24: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 24/175

2 Grandezze caratteristiche termofluidodinamiche e

gruppi adimensionali

La termodinamica classica si basa sul concetto di sistema macroscopico, ovvero una

porzione di materia fisicamente o concettualmente separata dall'ambiente esterno.

Lo stato di un sistema macroscopico che si trova all'equilibrio è specificato da grandezze,

dette variabili termodinamiche o di stato, come la temperatura, la pressione, il volume,

la composizione chimica.

Una grandezza di stato è una proprietà caratteristica di un sistema (solido o fluido) e può

essere utilizzata per descrivere lo stato di equilibrio di tale sistema.

Un sistema termodinamico è perciò anch’ esso definito da variabili di stato.

Mentre il sistema cambia il proprio stato, durante una trasformazione, descrive un "percorso"

nello spazio degli stati. Questo percorso può essere identificato attraverso i valori che

assumono le grandezze termodinamiche (“funzioni di stato”) durante la trasformazione, in

funzione del tempo o di qualche altra variabile esterna.

Le grandezze di stato sono generalmente legate tra loro da relazioni matematiche definite

equazioni di stato, come ad esempio l'equazione dei gas perfetti. Queste grandezze sono

essenziali nella trattazione di problemi di termo-fluidodinamica, cioè problemi in cui un fluido

è in movimento ed è soggetto a processi di scambio di energia sottoforma di calore

(problemi che possono riguardare sia fluidi monofase che bifase).

Per un sistema monocomponente lo stato termodinamico è definibile da due grandezze di

stato tra loro indipendenti: fissate quelle, tutte le altre grandezze di stato risultano definite

univocamente.

Se si ha un sistema multifase e multicomponente, si possono definire delle equazioni di

stato per ciascuna fase, che legano le grandezze (ad es. temperatura, pressione e

concentrazione dei vari componenti presenti in quella stessa fase). Nell’ambito del Corso,

verrà dato ampio spazio allo studio di miscele bifase: l’importanza di queste è dovuta alla

loro diffusa applicazione in vari settori industriali; ad esempio, nelle centrali termoelettriche

con ciclo a vapore, per realizzare il ciclo termodinamico è necessario utilizzare appositi

scambiatori di calore che lavorino con miscele bifase (generatori di vapore e condensatori),

per passare dallo stato liquido a quello di vapore e viceversa.

Nel settore nucleare lo studio delle miscele bifase assume una rilevanza particolare,

soprattutto nell’analisi di situazioni incidentali ipotizzabili per gli impianti nucleari BWR e

PWR, poiché i reattori di questi impianti sono refrigerati e moderati ad acqua.

Nella rassegna che segue sulle grandezze in uso nella trattazione di problemi di termo

fluidodinamica si adotterà il Sistema Internazionale di unità di misura. Questo Sistema

permette di ricondurre tutte le grandezze esistenti alle sette fondamentali: lunghezza

(metro), massa (kilogrammo), tempo (secondo), temperatura (Kelvin), intensità di corrente

(Ampere), intensità luminosa (candela), quantità di sostanza (mole). Nei problemi di

termofluidodinamica con una sola sostanza, le grandezze fondamentali sono quattro.

Page 25: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 25/175

2.1 Grandezze per sistemi monofase

2.1.1 Densità

La densità (o massa volumica) è definita come la massa (m) di un campione di materiale

contenuta nell’unità di volume e si indica con ρ.

m

V

(2.1)

Dimensionalmente la densità è [ρ]=[M·L-3

].L’unitàdi misura è kg/m3.

E’ una grandezza

termodinamica.

2.1.2 Peso specifico

Il peso specifico è definito come il peso per unità di volume di un campione di materiale.

E’ pari a:

P m gg

V V

(2.2)

L’unità di misura è 3 2 3

kg m N

m s m . Il peso specifico e la densità sono entrambe delle

grandezze termodinamiche, ma non sono indipendenti tra di loro, perché il peso specifico si

ottiene moltiplicando la densità per una costante. Quindi non è possibile identificare lo stato

termodinamico di un fluido solo con queste due grandezze.

2.1.3 Calore specifico

È definito come la quantità di energia necessaria a far aumentare di un grado Kelvin la

temperatura dell’ unità di massa secondo una determinata trasformazione termodinamica

(che deve essere specificata), dove per trasformazione termodinamica si intende una ben

precisa trasformazione dello stato della sostanza, che la fa passare da uno stato iniziale ad

uno stato finale. Q

cm T

(2.3)

Dimensionalmente si indica come [c]=[L2·t

-2·T

-1]. L’unità di misura è J/(kg K).Il calore

specifico è una grandezza termodinamica. Per una stessa sostanza, il valore assoluto del

calore specifico dipende dalla trasformazione subita (ad esempio, a volume costante cv o

pressione costante cp).

Risulta importante sottolineare che, per una stessa tipologia di trasformazione

termodinamica, al variare della temperatura ( )T si ha un calore specifico diverso. Per un

fluido sono particolarmente importanti le variazioni di temperatura a volume o a pressione

costante: nei due casi il quantitativo di calore da mettere in gioco cambia, a parità di stato

termodinamico iniziale ed a parità della variazione della temperatura.

Nel caso di sostanze solide si definisce ugualmente il calore specifico, che è univocamente

definito, al variare della trasformazione. Esso dipenderà, oltre che dal materiale, dalla sua

temperatura.

Page 26: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 26/175

2.1.4 Conducibilità termica

È definita come il coefficiente di proporzionalità tra il flusso termico locale e il gradiente di

temperatura riferito ad una certa direzione. Quindi si può scrivere:

n

Tq k

n

(2.4)

dove la conducibilità termica si indica con k e l’unità di misura è J/(s m K).

In realtà l’unità di misura del Sistema Internazionale non esprime in maniera adeguata il vero

significato di questa grandezza, in quanto essa, come specificato, deriva dal rapporto tra un

flusso termico (la cui unità di misura è 2

J

m s) ed il gradiente spaziale di temperatura nella

stessa direzione (unità di misura: T/m). Ecco che il rapporto J/(m), che compare nella unità

di misura, è il risultato di una semplificazione operata sulle grandezze fondamentali, ma è

sintomatico di una perdita del significato fisico intuitivo dell’unità di misura di questa

grandezza.

Il significato fisico della conducibilità si basa sull’associazione di questa grandezza ad una

Driving Force (il gradiente di temperatura) che genera il flusso termico. La conducibilità

rappresenta la facilità del materiale a farsi attraversare dal flusso termico a parità di

gradiente termico.

Nel sistema tecnico la conducibilità è espressa in / ( )kcal h m C . Anche in questo caso

si opera la semplificazione nel rapporto delle due unità di misura e si perde il suo significato.

Nel sistema tecnico americano la conducibilità dei materiali è espressa in 2

BTU

Fh ftin

dove BTU è l' unità di misura dell' energia, h è l‘unità di misura del tempo (ora), ft2 e in sono

entrambe unità di misura della lunghezza e F è il grado della scala di temperatura

Fahrenheit. Inoltre il rapporto °F/in rappresenta il gradiente termico spaziale, in cui i pollici

(in) sono l’unità di misura dello spessore di materiale che deve essere attraversato dal flusso

termico e i ft2

misurano l’area della superficie della lastra; quindi BTU/(ft2 hr) è il flusso

termico locale che, diviso per il gradiente spaziale di temperatura °F/in , evidenzia bene il

significato della conducibilità termica come coefficiente di proporzionalità tra queste due

grandezze. Anche se, sia il piede che il pollice sono unità di misura di una grandezza

lineare, non viene effettuata la semplificazione perché in questo sistema di misura si è

ritenuto importante trasmettere attraverso l’unità di misura il significato fisico della

grandezza.

La conducibilità è una grandezza termodinamica.

Page 27: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 27/175

Figura 2-1 Interpretazione dell’unità di misura della conducibilità nel sistema

tecnico americano

2.1.5 Diffusività termica

È definito come il rapporto tra la conducibilità e il prodotto della densità per il calore

specifico.

Si indica con :

p

k

c

(2.5)

È una combinazione di tre grandezze termodinamiche e quindi essa stessa è una grandezza

termodinamica. L’unità di misura è 2m

s.

Il significato fisico espresso da questa grandezza è rappresentato da quanto facilmente il

calore possa diffondere in un mezzo solido o in un mezzo fluido dove si può assumere in

prima approssimazione che siano stati bloccati i moti convettivi. Nell’analisi della diffusività

termica (α) si confrontano due fenomeni contrastanti: quanto calore attraversa il corpo ( )k e

quanto calore viene invece assorbito (ρ · cp).

In un corpo la diffusione è facilitata se quest’ultimo ha un’elevata conducibilità termica (k):

infatti, anche con un limitato gradiente di temperatura, si ha il passaggio di un elevato flusso

termico attraverso il corpo. Inoltre è favorita da un basso valore del termine ρ · cp che

esprime la capacità del corpo di trattenere il calore “ostacolando”, in un fenomeno

transitorio, la variazione della sua temperatura.

2.1.6 Viscosità dinamica

La viscosità è una proprietà dei fluidi che, per il momento, assumiamo come indice della

resistenza allo scorrimento reciproco delle particelle fluide (nell’ambito del Corso sarà

approfondito il significato della viscosità): le particelle infatti, non sono “libere” di muoversi le

une rispetto alle altre, ma solo “legate” tra di loro, il che significa che le molecole

interagiscono le une con le altre con delle forze di attrazione reciproca. Non è possibile,

infatti, strappare una molecola o una particella dalle altre senza che queste subiscano degli

effetti.

Page 28: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 28/175

La viscosità dinamica è definita come un coefficiente di proporzionalità tra la forza di taglio

esercitata su un fluido che è costretto, da un’azione esterna, a restare in movimento (e che

si oppone al movimento stesso), e il gradiente locale di velocità (si fa riferimento ad un moto

laminare). Quindi rappresenta lo sforzo di taglio che si manifesta in un fluido per ottenere un

gradiente di velocità unitario (Figura 2-2). È un indice del legame che esiste tra le molecole,

le quali, quando vengono fatte scorrere le une rispetto alle altre, non tendono a riassumere

la propria posizione iniziale, come nei solidi; esse oppongono una certa resistenza all’azione

che ne causa il movimento e si manifesta finchè dura lo scorrimento reciproco4.

Si indica con e si misura in 2

N s kg m

m s

.

.

Figura 2-2

Gradiente di velocità causato dalla forza di taglio che si manifesta nel fluido

Con riferimento alla Figura 2-2, a ridosso della parete fissa u=0 e a ridosso della lastra la

velocità delle molecole è quella della parete fissa.

Tra i due estremi sopra citati ho un gradiente lineare di potenza.

Per misurare la viscosità dei fluidi si usa il viscosimetro. Il viscosimetro a rotazione, ad

esempio, è costituito da un elemento rotante di forma cilindrica inserito in un contenitore

cilindrico contenente il fluido di cui si vuole misurare la viscosità. Il cilindro interno è

posizionato su dei cuscinetti rotanti in modo tale da minimizzare l’attrito e viene messo in

rotazione da un motore elettrico alimentato da una tensione nota pari a V.

4 La viscosità dinamica è una grandezza che può essere considerata una grandezza

termodinamica (v. oltre). E’ differente dalla densità, anche se nell’uso comune le due

grandezze vengono spesso confuse (riferendosi, ad esempio, alcatrame liquido, si dice che

è molto denso, mentre in realtà è molto viscoso; se si varia la temperatura (ad esempio, la

si incrementa), varia lo stato termodinamico, la densità rimane circa costante mentre varia

molto la viscosità (diminuisce).

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 29/175

La potenza meccanica utile che fa ruotare il cilindro è pari a:

 mecc utile complP V I

dove compl è il rendimento complessivo sia meccanico che elettrico, che può essere

determinato sperimentalmente. Quando il motore elettrico viene avviato, il sistema accelera

fino a che il momento resistente non eguaglia il momento motore e quindi il sistema

raggiunge una velocità costante di equilibrio, . La potenza utile sarà pari a:

utile resistP M

Se si può trascurare l’azione della resistenza sul fondo del cilindro, si ha

.resist tot supM F R

dove resistM è il momento applicato dall’angolo di rotaazione, ,suptotF è la forza totale

superficiale (cioè l'insieme delle forze applicate sulla superficie del cilindro mobile che

tendono a frenarlo), ed R è la distanza dall'asse di rotazione. La ,suptotF , viene esercitata dal

fluido che tende a frenare il cilindro ed è pari a:

.sup 2tot resF R h

dove res è la forza di taglio per unità di superficie e h è l’altezza del cilindro.

Partendo da I calcolo e da quest’ultimo calcolo .

Si ricordi che, a parità di si raggiungono alte V , con fluidi a più bassa viscosità.

Ripetendo ora l’esperimento con fluidi a diverse temperature ci accorgiamo che dipende

sia dal fluido che dalla temperatura: la viscosità, infatti, è una grandezza termodinamica.

Questa conclusione si può evincere dal fatto che tutti gli esperimenti condotti, alla stessa

pressione e alla stessa temperatura, portano agli stessi risultati validi solo per i fluidi

newtoniani.

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 30/175

Figura 2-3 Schema di un viscosimetro cilindrico

Da osservazioni empiriche si può affermare che l’azione resistente è proporzionale alla

superficie esposta al liquido e che la res è proporzionale alla velocità di equilibrio del

sistema e inversamente proporzionale alla distanza tra i due cilindri.

La viscosità, quindi, è il coefficiente di proporzionalità tra lo sforzo di taglio , applicato sul

fluido, e il gradiente di velocità locale:

xduF

A dy (2.6)

dove:

F indica la forza che causa il moto uniforme della piastra

A indica l‘ area della piastra.

2

N

m

Una volta applicato uno sforzo di taglio varia in funzione della viscosità la rapidità con cui si

manifesta un angolo di variazione della velocità.

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 31/175

Figura 2-4 Gradiente di velocità generato dall’azione delle forze di taglio

Esistono dei fluidi per i quali la viscosità è una grandezza di stato e vengono chiamati fluidi

newtoniani. I fluidi non newtoniani sono quelli per i quali la struttura molecolare è tale da non

far dipendere l’attrito (viscosità) solo dallo stato termodinamico, ma che tuttavia vengono

influenzati da molti altri fattori a prescindere dalle condizioni termodinamiche. Per questo

tipo di fluidi la viscosità rimane sempre una grandezza fisica.

Alcuni fluidi (ad esempio molti prodotti dell’industria alimentare) presentano delle molecole

con caratteristiche polari quindi, a seconda di come vengono miscelati, le particelle che li

compongono si orientano in maniera differente. In questo modo si creano delle forze di

legame reciproche differenti da caso a caso, a prescindere dallo stato termodinamico. Per

questo tipo di fluidi non possono essere disponibili valori tabulati della viscosità in funzione

dello stato termodinamico e per il dimensionamento di impianti che utilizzano questi tipi di

fluidi si ricorre preliminarmente alla realizzazione di un modello in scala per la

determinazione della viscosità effettiva. Quindi per progettare un impianto, per particolari tipi

di industrie, l’unica soluzione è fare riferimento a un f (coefficiente di attrito) sperimentale. I

valori di f sono tabulati e detenuti dalle aziende che tendono a non renderli pubblici.

2.1.7 Viscosità cinematica

La viscosità cinematica è definita come il rapporto tra la viscosità dinamica e la densità. Si

indica con e si misura in m2/s

(2.7)

È una grandezza termodinamica, molto utilizzata nel settore petrolchimico.

x

y

Cilindro fisso

Cilindro mobile

Gradiente di velocità

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 32/175

2.1.8 Tensione superficiale

È definita come il lavoro (L) necessario a far incrementare di un’unità l’area della superficie

libera di un liquido rispetto ad un altro liquido o rispetto ad un fluido gassoso, attraverso il

movimento delle sue molecole.

L F s

A A

(2.8)

È quindi una forza che si manifesta alla interfaccia tra un liquido e l’ambiente esterno e che

tende a tenere aggregate le particelle di tale liquido; quindi tende a minimizzare la superficie

di interfaccia. Si indica con e si misura in /N m .

Figura 2-5 Goccia d’acqua su superficie antiaderente

È una grandezza termodinamica solo se il secondo fluido con cui interagisce il liquido è

proprio il suo vapore.

In Figura 2-5 è rappresentata qualitativamente la forma di una goccia d’acqua su una

superficie antiaderente. Per gravità la goccia dovrebbe collassare sulla superficie, ma esiste

un legame tra le particelle, che si manifesta sulla superficie di interfaccia tra goccia e aria,

che tende a minimizzare la superficie.

L’effetto della tensione superficiale può essere osservato facendo gorgogliare dell’aria

nell’acqua. Si può osservare come non ci sia un'unica colonna che sale verso l’alto, ma ci

siano delle bolle che tendono a minimizzare la superficie a parità di volume; di conseguenza

esse sono di forma sferica. Oppure, miscelando dell’acqua con una sostanza tensioattiva

(ad esempio sapone), è possibile avere una situazione stabile di un film di acqua che

circonda dell’aria (bolla di sapone). Questo avviene a causa della tensione superficiale molto

elevata del liquido interfacciante l’aria.

La tensione superficiale è una grandezza importante nei fenomeni di ebollizione poichè la

facilità con la quale si vengono a formare le bolle dipende da essa. Più alta è la tensione

superficiale, più è difficile che si vengano a creare delle bolle.

Per misurare quantitativamente la tensione superficiale si può utilizzare lo strumento in

Figura 2-6. È costituito da un telaio con una chiusura che può scorrere lateralmente. Quando

questo strumento viene immerso e risollevato da acqua saponata, nella superficie di

interfaccia si crea un film. Questo velo di acqua saponata tende a far restringere la

superficie. Per aumentare la superficie del rettangolo è necessario compiere un lavoro. Il

rapporto tra il lavoro compiuto per aumentare la superficie e l’incremento della superficie

fornisce la misura della tensione superficiale.

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 33/175

Figura 2-6 Telaio per misurare la tensione superficiale di un fluido

2.1.9 Entalpia specifica

Questa grandezza indica l’energia complessiva associata all’unità di massa di un fluido.

Tiene conto sia della capacità del fluido di compiere lavoro meccanico che del contenuto

calorico legato alla temperatura assoluta del fluido e quindi della sua energia interna. Si

indica con i e si misura in /J kg ; è una grandezza termodinamica. Non può essere

misurata direttamente ed è definita a meno di una costante.

i u pv (2.9)

2.1.10 Energia interna specifica

La variazione dell’energia interna specifica u è uguale alla differenza tra il quantitativo di

calore che ha partecipato ad una determinata trasformazione e l’eventuale lavoro compiuto.

Se il fluido in questione non compie lavoro, la differenza tra energia interna finale e iniziale in

una trasformazione è legata esclusivamente al calore scambiato.

È una grandezza termodinamica e si misura in /J kg .

du Q L (2.10)

2.1.11 Entropia specifica

La variazione di entropia di un fluido in una trasformazione è pari al rapporto tra il

quantitativo di calore che ha partecipato alla trasformazione e la temperatura assoluta a cui

essa avviene.

Si indica con s e si misura in /J kg K.

Q

dsT

(2.11)

È importante notare come Q non sia un differenziale esatto: dividendolo per T lo si rende

tale. L’entropia specifica è una grandezza termodinamica.

2.1.12 Pressione

È definita come il rapporto tra una forza (F) e la superficie (A) su cui essa viene applicata. Si

indica con p e l’unità di misura è 2/N m o Pa . La pressione è una grandezza

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 34/175

termodinamica ma, a seconda dei casi, può prevalere il suo “carattere termodinamico”,

ovvero la sua caratteristica di grandezza significativa di un fenomeno di trasporto.

Fp

A

(2.12)

Per meglio capire questa dualità, si consideri un recipiente pressurizzato all’interno del quale

si trova del liquido in equilibrio con il proprio vapore. Conoscendo la temperatura del liquido

e il titolo si può identificare, mediante il diagramma di Andrews (Figura 2-7), uno stato

termodinamico e quindi la pressione. In questo caso abbiamo identificato la pressione sulla

base di un ragionamento termodinamico, ovvero la pressione viene vista come una delle

caratteristiche dello stato termodinamico del fluido.

Figura 2-7 Diagramma di Andrews dell’acqua

Tuttavia ci sono delle situazioni nelle quali la pressione è imposta dall’esterno e non “nasce”

dalla condizione termodinamica del fluido. Si consideri, questa volta, un acquedotto che

trasporta dell’acqua dalla sorgente alle abitazioni. I componenti che lo compongono devono

essere dimensionati in funzione della pressione nelle varie sezioni, considerando che queste

pressioni non sono determinate dal fluido in movimento, ma, da condizioni esterne. Inoltre,

in ogni sezione del condotto, esisterà una certa pressione (dipendente da fattori “esterni” e

dall’attrito lungo il deflusso); che sarà rappresentativa dello stato termodinamico del fluido, il

quale “dipenderà” dalla pressione imposta in un determinato punto del fluido e dalla sua

configurazione. In un reattore nucleare di tipo PWR, la pressione nel nocciolo non dipende

dallo stato del fluido ma dal valore della pressione nel pressurizzatore e dal layout

dell’impianto: è quindi lo stato termodinamico del fluido nel nocciolo a dipendere dalla

pressione imposta dall’esterno, e non il contrario. Nelle applicazioni di termotecnica

avanzata, alle quali ci si riferisce, non si fa riferimento esclusivamente a “fluidi freddi” e

quindi bisogna tener conto, nella valutazione della pressione, sia delle condizioni che

vengono imposte dall’esterno, sia di quelle che derivano dallo stato termodinamico del

fluido. Ad esempio, nel circuito rappresentato in Figura 2-8, sono collegati in serie i seguenti

componenti: un serbatoio, una pompa, una valvola e uno scambiatore di calore. Si

supponga che il circuito sia stato concepito per movimentare un liquido, riscaldandolo o

raffreddandolo, ma sempre in fase liquida. Nel dimensionamento dell’impianto si deve

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 35/175

valutare la temperatura che il fluido assume in ogni sezione, e verificare che in ognuna di

esse la pressione effettiva del fluido sia maggiore di quella di saturazione (riferita alla

temperatura nella specifica sezione). Se questa condizione non è verificata, il fluido cambia

di stato e quindi non sono più verificate le condizioni di partenza per le quali si era

dimensionato il circuito. Se, in relazione all’andamento della temperatura del fluido nelle

varie sezioni, dovesse verificarsi il raggiungimento, da parte della pressione, del valore della

temperatura di saturazione corrispondente a quella data pressione, allora a partire da quella

sezione la pressione non dipenderà più da condizioni “esterne”, ma dipenderà dallo stato

termodinamico (sarà necessario procedere per intervalli spaziali, valutare la variazione di

pressione, considerare l’energia specifica del fluido, determinarne il titolo, riconsiderare le

cadute di pressione con un processo iterativo: quello che accadrà è che le cadute di

pressione cresceranno nella situazione bifase rispetto a quella monofase, si avrà una

vaporizzazione del liquido, varierà lungo la tubazione sia la pressione che la temperatura ed

il titolo, e la pressione sarà come “sostenuta” dalla energia del fluido stesso).

Figura 2-8 Layout di un circuito

Cogliamo questa occasione dello studio della pressione, per fare una precisazione. È

importante tenere presente che spesso nelle descrizioni dei circuiti con fluidi, di cicli

termodinamici, delle pompe o dei ventilatori, si parla impropriamente di “aspirazione”. Per

quanto riguarda una pompa, ad esempio, il suo funzionamento avviene per differenza di

pressione, e quindi, in condizioni normali di funzionamento, se una pompa deve “aspirare”

da un pelo libero più basso della pompa stessa, dovrà creare una depressione alla bocca di

aspirazione tale da far sollevare il fluido di una altezza pari al dislivello. Anche il ventilatore è

una macchina operatrice, che trasmette al fluido di lavoro energia, che si manifesta sotto

forma di variazione di pressione. La pressione totale elaborata da un ventilatore corrisponde

all'incremento di pressione totale del flusso fra la sezione di aspirazione e quella di mandata.

La depressione che si crea all’interno della camera del ventilatore causa lo spostamento

dell’aria. In realtà non esiste “aspirazione”: sarà sempre la pressione imposta dall’esterno

nella parte di circuito a monte, che “spingerà” il fluido verso la sezione cosiddetta di

“aspirazione”. In altre parole, fisicamente non esiste né “aspirazione” né “risucchio”, ma

solamente la spinta di un fluido. (Bevendo un liquido da un bicchiere con una cannuccia, non

è vero che il liquido è “aspirato”, ma la dilatazione dei nostri polmoni porta ad una

depressione nella bocca ed è la pressione esterna dell’aria che “spinge” il fluido dal

bicchiere alla cannuccia e quindi alla nostra bocca).

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 36/175

2.1.13 Velocità

È definita come il rapporto tra il percorso compiuto (ad esempio da un fluido) e il tempo

impiegato a percorrerlo. È possibile definire una velocità puntuale riferita ad una generica

sezione di un condotto o una velocità media.E’ una grandezza del trasporto. Si indica con v

e si misura in /m s .

2.1.14 Area

È definita come la misura dell'estensione di una regione bidimensionale di uno spazio,

ovvero la misura di una superficie. Si indica con A e si misura in m2. È una proprietà

geometrica.

2.1.15 Portata di massa

È definita come il prodotto tra la densità (ρ), la velocità (v) nella direzione considerata e la

superficie (A) ortogonale alla velocità. È una grandezza del trasporto. Si indica con e si

misura in /kg s .

v A (2.13)

2.1.16 Portata volumetrica

È definita come il prodotto tra la velocità (v) e la superficie (A) ortogonale alla velocità. È una

grandezza del trasporto. Si indica con Q e si misura in 3 /m s .

Q v A (2.14)

2.1.17 Portata specifica di massa

È definita come il prodotto tra la densità e la velocità nella direzione considerata. È una

grandezza del trasporto. Si indica con G e si misura in 2

kg

m s.

G v (2.15)

Ci sono dei fenomeni per i quali l’utilizzo della portata in massa non è rappresentativo. Si

considerino, ad esempio, un condotto con una sezione grande in cui scorre un fluido a

bassa velocità e un condotto con una sezione piccola in cui scorre un fluido ad alta velocità.

Le portate in massa dei fluidi in questi due condotti sono confrontabili, anche se è evidente

che questa grandezza non distingue i due fenomeni perché non esprime il concetto

dell’intensità della portata. La portata specifica di massa, invece, indica quanto vale la

portata per unità di superficie e quindi tiene conto, localmente, del valore della velocità del

fluido.

Page 37: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 37/175

2.1.18 Volume

È definita come la misura dello spazio occupato da un corpo. Si indica con V e si misura in

3m . È una proprietà geometrica.

2.1.19 Volume specifico

È definita come la misura dello spazio occupato da un corpo per unità di massa. Si indica

con e si misura in m3/kg. È una grandezza termodinamica, essendo l’inverso della

densità.

2.1.20 Modulo di Young o modulo di elasticità

È definito come il rapporto tra una variazione di pressione e la conseguente variazione

relativa di volume di un corpo e quindi è una grandezza che ne misura l’elasticità. Si indica

con E e si misura in Pa. È una proprietà fisica.

dp

EdV

V

(2.16)

2.1.21 Coefficiente di comprimibilità

È l’inverso del modulo di Young. È definito come il rapporto tra la variazione relativa di

volume di un corpo e la variazione della pressione dalla quale essa è causata. È una

proprietà fisica.

1

dV

V

E dp

(2.17)

2.1.22 Coefficiente di diffusività

È definito come il coefficiente di proporzionalità tra il flusso di diffusione molare di una

sostanza e il gradiente di concentrazione molare. Si indica con D e si misura in m2/s. È una

proprietà fisica.

,

An A A

XJ C D

n

(2.18)

dove C è la concentrazione complessiva molare, ,n AJ è il flusso di diffusione molare riferito

alla sostanza A in direzione , AD è il coefficiente di diffusività della sostanza A rispetto a

tutte le sostanze presenti.X

n

è il gradiente di concentrazione.

Page 38: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 38/175

2.1.23 Coefficiente di espansione

È definito come la variazione specifica del volume rispetto alla temperatura, a pressione

costante. Si indica con e si misura in 1/K. È una proprietà fisica. Viene utilizzata per quei

gas e liquidi per i quali la variazione di temperatura porti ad un’apprezzabile variazione del

volume specifico.

1 1

p p

v p

v T T

(2.19)

Questo coefficiente è determinante nei fenomeni di convezione, poichè un fluido che tende a

far variare molto il suo volume specifico al variare della temperatura è un fluido che

partecipa attivamente al trasferimento di calore; infatti basta una piccola variazione di

temperatura per imprimere una forza significativa di galleggiamento (legata alla variazione di

densità; v. oltre).

2.2 Grandezze utilizzate per sistemi bifase

La descrizione di fenomeni che coinvolgono miscele bifasi necessita l’introduzione di

grandezze fondamentali che spesso hanno la stessa denominazione di analoghe grandezze

per deflussi monofase, ma assumono un significato anche sostanzialmente differente da

quelle utilizzate per i sistemi monofase. La descrizione di fenomeni con miscele multifase

(noi tratteremo miscele bifase) è più complessa rispetto al caso monofase, in quanto c’è da

tenere in conto, oltre le interazioni tra il fluido e l’ambiente, anche le diverse interazioni che

le singole fasi hanno con esso e l’ interazione tra loro.

Tra le grandezze di seguito introdotte, alcune sono grandezze fisiche e termodinamiche,

altre non hanno nessun significato fisico, ma sono state introdotte perché sono utili nel

descrivere il comportamento del fluido sotto specifici aspetti.

2.2.1 Frazione di vuoto

È definita come il rapporto tra l’area della sezione trasversale occupata dalla componente

gassosa e l’area totale della sezione trasversale del tubo. Si indica con .

gA

A (2.20)

La frazione di vuoto è una grandezza adimensionale e può assumere valori tra 0, nel caso in

cui nella sezione di passaggio analizzata ci sia solo liquido, e 1, nel caso in cui fosse

presente solo gas.

Nella Figura 2-9 è rappresentato un regime di deflusso “a tappi” (plug flow; v. oltre, i regimi

di deflusso). In essa si evince che la definizione di è tale da essere soggetta, localmente

e temporalmente, a continue fluttuazioni. Nella sezione A, infatti, la frazione di vuoto sarà

molto maggiore rispetto alla sezione B. Nella stessa sezione A essa cambierà nel tempo.

Ovviamente,si potrebbe definire anche una frazione di vuoto “locale”, riferendoci ad una

parte della sezione totale di deflusso, ma questa avrebbe poco senso sotto il profilo

applicativo.

Page 39: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 39/175

Figura 2-9 Regime di deflusso bifase per un flusso orizzontale

Nelle applicazioni, per quanto detto, la frazione di vuoto è una grandezza che non viene

presa in considerazione localmente ed istantaneamente (salvo in modelli proposti per codici

di calcolo nei quali, alla fine, difficilmente si ottiene una qualifica con dati sperimentali che

porti a risultati credibili nelle applicazioni). Perché sia utilizzabile nella descrizione dei

fenomeni in cui siano presenti delle miscele bifase si considera, di fatto, un mediato sia

nello spazio che nel tempo.

1( , , ) ( , , , )p p

t T

tx y z x y z t dt

T

Data la variabilità della frazione di vuoto nel tempo e nello spazio, spesso, in fase

progettuale, ci si muove all’interno di opportuni margini di sicurezza, perché la grandezza

reale, a livello locale e temporale, può oscillare e, se non si adottano margini nell’utilizzo

della grandezza media, potrebbero essere superati localmente i livelli di sicurezza,

causando malfunzionamenti o addirittura incidenti negli impianti.

2.2.2 Titolo in massa (di vapore, se il fluido gassoso è vapore)

È definito come il rapporto tra la portata della fase gassosa e la portata in massa totale. Si

indica con X.

(2.21)

Il titolo in massa di vapore presuppone che la fase gassosa sia della stessa sostanza di

quella liquida. Se c’è equilibrio termodinamico, esso è strettamente legato alla frazione di

vuoto tramite la seguente relazione:

1

α1

1g g

f l

ux

x u

(2.22)

Page 40: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 40/175

TABELLA 2-1 grado di vuoto in funzione del titolo di vapore e della pressione

2.2.3 Titolo termodinamico

In riferimento ad una miscela bifase di una stessa sostanza, il titolo termodinamico si indica

con Xi ed è definito come:

li

v l

i iX

i i

(2.23)

dove i è l’entalpia media del fluido, li l’entalpia di saturazione della fase liquida (alla

pressione del sistema), vi è l' entalpia di saturazione della fase vapore.

Si consideri ad esempio un reattore pressurizzato. Alla pressione di 150 bar corrisponde una

temperatura di saturazione pari a 342 °C. Si ipotizzi che dell’acqua entri in un componente

(nocciolo di un reattore), dove le viene fornito calore, a 290°C e ne esca a 320°C. Il titolo

termodinamico dell’acqua in entrata è pari a:

l   

v l

kJ kJ1284 1611i i kg kg

290 ;150  32%kJ kJi i 2615  1611

kg kg

i INX C bar

Dal risultato si evince che l’acqua entra nel nocciolo sottoraffreddata in quanto la

temperatura di saturazione a150bar è pari a 342 C . Il titolo termodinamico dell’acqua in

uscita è pari a:

Page 41: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 41/175

v l

kJ kJ1454 1611i i kg kg

230 ;150  16%kJ kJi i 2615 1611

kg kg

i OUTX C bar

Da un punto di vista globale, si passa da un titolo termodinamico pari a -32% ad un titolo

termodinamico pari a -16% e quindi il fluido si trova sempre al di sotto della saturazione. In

realtà gli elevati valori di flusso termico che si hanno in un PWR, soprattutto nella zona

centrale, possono provocare la formazione locale di bolle (Figura 2-10), per cui ci sarà una

frazione di vuoto diversa da zero, pur con un titolo termodinamico negativo.

Figura 2-10 Bolle di vapore che si possono formare sulle pareti delle barrette di

combustibile sia pur in condizioni sottoraffreddate

Le bolle che si formano non danno vita a dei tappi di vapore, ma non si può neanche

considerare questo fluido come se fosse un monofase. Quindi, nonostante l’entalpia media

del fluido sia minore rispetto a quella del liquido saturo alla pressione considerata, questo

può non essere vero localmente, con la conseguente formazione di bolle sulle pareti delle

barre di combustibile.

Con riferimento ad un titolo termodinamico medio su una sezione, se questo è maggiore di

zero, esprime la quantità di vapore rispetto alla massa totale, ma sulla scorta di un bilancio

termodinamico. Quando le fasi sono in equilibrio termodinamico tra loro, cioè si trovano

entrambe alla stessa temperatura , non vi sono fenomeni di scambio e si può trascurare lo

scorrimento tra esse, il titolo termodinamico coincide con il titolo in massa. Il titolo

termodinamico può assumere valori negativi ed anche maggiori di uno. In particolare:

0iX Liquido sottoraffreddato

0 1iX Liquido in presenza vapore (saturazione)

Vapore surriscaldato

2.2.4 Velocità volumetrica

È definita come il rapporto tra la portata volumetrica della fase gassosa e la superficie del

canale occupata dalla fase gassosa.

Page 42: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 42/175

g g

g

g g

Q Gv

A (2.24)

Questa grandezza non fa riferimento a ciò che accade localmente, in quanto i vettori

velocità, associati alle singole molecole d’acqua, cambiano continuamente direzione e

modulo. Allo stesso modo, anche la superficie occupata dalla fase gassosa varia

continuamente, come è stato messo in evidenza parlando della frazione di vuoto. La velocità

volumetrica, quindi, non rappresenta una grandezza fisica “vera”, neanche mediata, ma

esprime un valore medio che serve ad identificare il comportamento della fase gassosa della

miscela bifase ed in particolare indica la velocità alla quale si sta “mediamente” muovendo la

fase gassosa nel canale.

2.2.5 Velocità superficiale

È definita, per ognuna delle due fasi, come il rapporto tra la portata volumetrica della fase

gassosa o liquida e l’area della superficie complessiva del canale.

                                g l

g l

Q QJ J

A A (2.25)

Anche questa grandezza è, ovviamente, mediata nel tempo. Essa non corrisponde in

nessun modo ad una velocità “reale” perché confronta grandezze che fanno riferimento una

ad una porzione della area della superficie di deflusso nel canale, l’altra all’area di tutta la

superficie del canale.

Si definisce una relazione che lega la frazione di vuoto , le velocità reali ,v lv v e le

velocità superficiali lj e vj :

g gJ v (1 )l lJ v

Per un’applicazione pratica dell’utilizzo di questa grandezza, si consideri il circuito primario

di un impianto nucleare con reattore PWR. In caso di rottura della tubazione principale, la

pressione nel recipiente in pressione del reattore diminuisce e di conseguenza l’acqua

comincia a bollire. Nel nocciolo è necessario smaltire la produzione di calore. Per evitare

che il reattore resti privo di refrigerante, si ricorre ad un sistema di raffreddamento di

emergenza, attraverso il quale si introduce dell’acqua fredda all’interno del nocciolo,

iniettandola all’interno di tubazioni che sono collegate con il recipiente del reattore. Tuttavia,

ci sarà del vapore in uscita dal nocciolo che potrebbe ostacolare il liquido refrigerante che è

in controcorrente e in questo caso il nocciolo non verrebbe raffreddato. Per la progettazione

di questa tipologia di sistema di refrigerazione di sicurezza, si utilizza la velocità superficiale,

per identificare quelle condizioni che potrebbero impedire il contro flusso della portata liquida

rispetto a quella del vapore uscente, in modo da tenerci lontano dalle suddette condizioni. La

velocità superficiale, quindi, è una grandezza utile, anche se a rigore essa non ha alcun

significato fisico.

2.2.6 Rapporto di scorrimento

È definito come il rapporto tra la velocità media della fase gassosa (può essere la fase

vapore) e la velocità media della fase liquida.

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 43/175

* g

i

Vs

V

(2.26)

Ad alte pressioni lo scorrimento assume valori pari a poche unità (approssimandosi al punto

critico esso è pari ad uno), mentre a basse pressioni assume valori anche dell’ordine di

grandezza delle centinaia, dato che la densità del liquido è molto maggiore di quella del

vapore.

Vengono utilizzate le velocità medie delle fasi gassosa e liquida, quindi lo scorrimento è

considerato mediato sulla stessa area. Il suo valore può variare notevolmente rispetto al

valore locale.

2.2.7 Portata di massa

È definita, per ognuna delle due fasi, come il prodotto tra la densità, la velocità nella

direzione considerata e la superficie occupata da quella fase, ortogonale alla velocità.

g g g g l l l lΓ ρ v A                        Γ ρ v A    

(2.27)

Queste variabili variano continuamente, quindi la portata di massa per ognuna delle due fasi

è una grandezza mediata. La portata di massa totale delle due fasi è pari alla somma delle

due portate riferite alle singole fasi:

mix g lΓ Γ Γ (2.28)

2.2.8 Densità

È definita attraverso la frazione di vuoto secondo questa relazione:

(1 )g l

(2.29)

È, quindi, una combinazione lineare delle densità della fase liquida e della fase gassosa

pesata attraverso la frazione di vuoto. Può assumere tutti i valori compresi tra la densità

della fase gassosa e quella della fase liquida. Per una stessa sostanza, la differenza tra

questi valori estremi aumenta al diminuire della pressione.

Potrebbe essere definita come il rapporto tra la massa contenuta in una porzione di spazio e

il suo volume, ma ovviamente le fluttuazioni tipiche delle miscele bifasi impongono di

considerare delle grandezze mediate.

Si consideri il circuito rappresentato in Figura 2-11. Nel boiler viene riscaldata dell’acqua che

cambia stato. In uscita dal boiler si avrà una miscela bifase che tende ad andare verso l’alto

e defluisce verso il corpo cilindrico. Nel separatore primario del corpo cilindrico viene

separata la componente gassosa, che viene mandata all’esterno, dalla fase liquida che

ritorna nel boiler (miscelata con la portata liquida che reintegra il vapore utilizzato all’esterno)

per ricominciare il ciclo. La valutazione del ̅ è di fondamentale importanza in quanto c’è una

forza che tiene in movimento il fluido (acqua) contenuto nel circuito. La forza motrice deriva

dalla differenza di pressione dovuta alla differenza di densità della miscela bifase e del

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 44/175

liquido nel verso di ritorno (downcomer). In particolare, questa differenza di pressione è pari

a:

Δ lp z z

dove z è l’altezza della colonna della miscela bifase.

Figura 2-11 Circuito generatore di vapore a ricircolazione

2.2.9 Viscosità

Nelle miscele bifase, così come per altre grandezze, non è possibile dare una definizione

univoca della viscosità, in quanto per definizione stessa di viscosità,essa è una caratteristica

propria di ciascuna fase. Per applicazioni pratiche (utilizzo di correlazioni finalizzate a scopi

specifici) sono state proposte varie correlazioni del tipo:

TPF liq (2.30)

in cui si considerano uguali le viscosità del liquido e del vapore, oppure:

(1 )TPF g liqX X (2.31)

Si capisce come, nel caso della viscosità di una miscela bifase, non esista alcun significato

fisico ma si ha a che fare con proposte di modelli suggeriti da ricercatori per risolvere

specifici problemi. Ripetiamo: TPF non ha alcun significato fisico.

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 45/175

2.3 Gruppi adimensionali

L’aggregazione di grandezze fisiche, geometriche e termodinamiche in “gruppi

adimensionali” è ampiamente utilizzata in correlazioni che servono per rappresentare

determinati fenomeni. Sostanzialmente, permettono una grande semplificazione formale dei

fenomeni stessi basandosi sul principio che, se abbiamo a che fare con sostanze, geometrie

o situazioni applicative diverse, ma tali per cui i gruppi adimensionali assumono lo stesso

valore numerico, allora la situazione che viene ad essere rappresentata nei due casi è, per

così dire, analoga. Situazioni relative a fluidi differenti, in condizioni fisiche e geometriche

differenti, ma con gli stessi valori assunti da particolari gruppi adimensionali, presentano

comportamenti analoghi e, quindi, una stessa correlazione che esprime un determinato

comportamento fisico è applicabile anche a situazioni che apparentemente (o focalizzando

la attenzione alle singole grandezze) possono essere molto diverse.

I gruppi adimensionali di interesse termo-fluidodinamico sono numerosi e possono essere

sempre interpretati come il risultato del rapporto tra forze differenti. Il valore numerico

assunto dal gruppo adimensionale metterà in evidenza il prevalere di una forza invece che di

un’altra.

Si riporta un elenco delle forze maggiormente usate nella definizione di gruppi

adimensionali. Bisogna segnalare che, per tutte queste grandezze, l’unità di misura è quella

di una forza (nel S.I., Newton), anche se ciò vale solo sotto il profilo dimensionale perché le

singole grandezze usate nelle formule (soprattutto quelle geometriche) appaiono in certi casi

arbitrarie e non riconducibili ad un fenomeno fisico preciso.

Forza di inerzia: 2

iF v A

Forza elastica: 2

eF v t

Forza viscosa:

/vF vA L

Forza di galleggiamento: 3

bF L g T

Forza gravitazionale:

gF gAl

Forza centrifuga: 2 3 /cF v L R

Forza della tensione superficiale: sF L

2.3.1 Numero di Nusselt

Il numero di Nusselt può essere interpretato come il rapporto tra il trasferimento di calore per

convezione e il trasferimento di calore per conduzione. Si ottiene adimensionalizzando il

coefficiente di convezione h. Un’interpretazione fisica del numero di Nusselt si può avere

considerando uno strato di fluido di spessore sottoposto ad una differenza di temperatura

T . Quindi:

'

' /

conv c

cond

q hLh TNu

q kk T L

(2.32)

Page 46: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 46/175

dove k è la conduttività termica del fluido e CL la lunghezza caratteristica e h il coefficiente

di scambio termico. Il valore unitario del numero di Nusselt (Nu=1) è caratteristico della

trasmissione di calore per convezione pure attraverso lo strato di fluido. All’ aumentare del

suo valore risulta sempre piu sviluppato il fenomeno della convezione. È di particolare importanza nei problemi di convezione termica, in quanto la sua

determinazione permette di conoscere il coefficiente di scambio termico convettivo fra fluido

e parete. In relazione al numero di Reynolds e al numero di Prandtl, si definisce la seguente

relazione, che rappresenta la relazione di riferimento per lo studio dei fenomeni di scambio

termico in convezione forzata:

m nNu C Re Pr (2.33)

dove m e n sono esponenti costanti e il valore di C dipende dalla geometria e dal moto.

E’ quindi è evidente che più il fluido è in movimento, maggiore è l’efficienza dello scambio

termico.

2.3.2 Numero di Grashof

Il numero di Grashof è definito come il rapporto tra le forze di galleggiamento (forze di

gravità dovute alla differenza di densità causata dalla differenza di temperatura) e le forze

viscose, nella convezione naturale.

3

2

( )b S C

v

F g T T LGr

F

(2.34)

dove:

g indica l ‘ accelerazione gravitazionale [m/s^2] indica il coefficiente di dilatazione cubica

[1/K] ( = 1 /T per i gas ideali)

ST indica la temperatura della superficie [°C]

T indica la temperatura del fluido sufficientemente lontano dalla superficie [°C]

3

CL indica la lunghezza caratteristica della geometria al cubo [m^3]

indica la viscosità cinematica [m^2/s]

Per piastre verticali, per esempio, sperimentalmente si osserva che Gr critico è circa 910 e

di conseguenza, il regime di moto su una piastra verticale diventa turbolento per numeri di

Gr superiori a tale valore,

2.3.3 Numero di Biot

Il numero di Biot è utilizzato molto per lo studio di situazioni nelle quali una superficie di un

componente di un impianto (o di un macchinario) viene a contatto improvvisamente con un

fluido che si trova ad una temperatura molto diversa dalla propria. È definito come:

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 47/175

wall

hLBi

k

(2.35)

dove L è una lunghezza caratteristica del sistema.

L’interpretazione fisica del numero di Biot è simile a quella del numero di Nusselt.

Rappresenta la relazione tra il trasferimento di calore tra il fluido e la superficie, e il

trasferimento di calore per conduzione all’interno del corpo delimitato da quella superficie.

Alti valori del numero di Biot implicano che la trasmissione di calore per conduzione è molto

più lenta rispetto allo scambio per convezione con il fluido. Quindi nel caso in cui un

materiale di bassa conducibilità viene a contatto con un fluido a temperatura molto più alta

con un alto coefficiente di trasferimento del calore per convezione h, vi saranno all’interno

del materiale delle grandi sollecitazioni termomeccaniche, dovute alla generazione di forti

gradienti di temperatura all’interno di esso.

2.3.4 Numero di Reynolds

Il numero di Reynolds è un gruppo adimensionale usato in fluidodinamica, è pari al rapporto

tra le forze d'inerzia e le forze viscose e definisce il moto del fluido.

INERZIA c c

VISCOSE

F w L w LRe

F

(2.36)

dove:

w indica la velocità di corrente libera

cL indica la lunghezza caratteristica della geometria( per una piastra piana è la distanza x

dal bordo di attacco nella direzione del moto)

indica la viscosità cinematica del fluido.

Per grandi valori del numero di Re le forze di inerzia, proporzionali a densità e velocità del

fluido, prevalgono su quelle viscose, che così non possono impedire le fluttuazioni rapide e

casuali del fluido: moto turbolento.

Al contrario, per piccoli valori del numero di Re le forze viscose prendono il sopravvento su

quelle di inerzia, mantenendo il fluido in linea: moto laminare.

Il numero di Re in corrispondenza del quale il moto del fluido da laminare diventa turbolento

è detto “numero di Re critico”; tale valore numerico varia con la geometria e le condizioni del

moto.

Inoltre per studiare il moto di un fluido su una superficie si considera il rapporto tra 2Re

L

L

Gr:

gli effetti dovuti alla convezione naturale sono trascurabili se 2Re

L

L

Gr<<1;

gli effetti dovuti alla convezione forzata sono trascurabili se 2Re

L

L

Gr>>1;

entrambi gli effetti sono significativi e devono essere tenuti in conto se 2Re

L

L

Gr1.

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 48/175

2.3.5 Numero di Prandtl

Nel flusso laminare di un tubo, il valore del numero di Pr è una misura dell‘ accrescimento

degli strati limite di temperatura e di velocità.

E’ definito come il rapporto tra la diffusività cinematica e quella termica:

PrpC

T

cD

D k

(2.37)

dove:

indica la viscosità dinamica

pc indica il calore specifico a pressione costante

k indica la conducibilità termica.

Per fluidi con Pr 1, come i gas, i due strati limite coincidono.

Per fluidi con Pr >>1, come gli oli, lo strato limite di velocità supera quello di temperatura.

Ne consegue che la lunghezza di ingresso idrodinamica è più piccola della lunghezza di

ingresso termica.

L’ opposto vale per fluidi con Pr <<1, come i metalli liquidi.

2.3.6 Numero di Rayleigh

Il numero di Ra permette di determinare le condizioni d’ innesco dei moti verticali in fluidi

viscosi incomprimibili, la cui temperatura cresce con la profondità.

È il gruppo adimensionale relativo alle forze di galleggiamento ed è definito come il prodotto

tra Gr e Pr:

3

2

( )Pr

pS ccg T T L

Ra Grk

(2.38)

2.3.7 Numero di Stanton

E’ utilizzato nello studio dello scambio termico per convezione, soprattutto per la

determinazione del coefficiente di convezione termica in alcuni casi di convezione forzata.

E’ definito a partire dai tre gruppi adimensionali fondamentali:

Re Pr

c

p

hNuSt

c

(2.39)

2.3.8 Numero di Pèclet

E’ dato dal rapporto tra il calore trasferito per convezione all‘ interno di un fluido e quello

trasferito per conduzione. E’ possibile ottenerlo come il prodotto tra Re e Pr:

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 49/175

Re Prpc LV

Pek

(2.40)

Concludendo, la trasmissione di calore per convezione può essere studiata attraverso la

relazione tra i quattro fondamentali parametri adimensionali:

(Re;Pr; )Nu f Gr (2.41)

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 50/175

3 Processi di scambio di calore

3.1 Meccanismi di scambio termico Esistono tre meccanismi di scambio termico:

1. Conduzione: l’energia termica viene trasmessa per ‘trasmissione’ dell’energia

vibrazionale di atomi o molecole dovute a gradienti di temperatura. Consideriamo

due corpi, il primo a temperatura 1T e il secondo a temperatura 2T e sia 1 2T T . Gli

atomi del corpo a temperatura più elevata vibrano sensibilmente. Se il corpo 1 viene

messo in contatto con il corpo 2, che si trova ad una temperatura più bassa, gli

atomi del corpo 1 cedono parte della loro energia cinetica agli atomi del corpo più

freddo. In questo modo anche questi ultimi cominciano a vibrare in misura maggiore,

segno che il corpo più freddo sta aumentando la sua temperatura. All’interno di un

corpo, se una sua parte è mantenuta ad una temperatura 1T

maggiore della

temperatura 2T imposta su un’altra sua parte, si trasferirà energia termica dalla

parte a 1T verso quella a 2T per effetto della trasmissione dell’energia vibrazionale

tra molecole (o atomi) contigue.

2. Irraggiamento: l’energia termica viene trasmessa senza contatti fisici diretti.

Consideriamo due corpi, rispettivamente a temperatura 1T e a temperatura 2T e sia

1 2T T . Gli atomi e molecole di entrambi i corpi vibrano, trovandosi a temperature

maggiori dello zero assoluto, e trasmettono energia radiante nello spazio. Quello

che è importante è il bilancio globale: il corpo 1, che si trova a temperatura più

elevata, irradia più energia del corpo 2. È quindi il corpo 1 a scaldare il corpo 2 e

non viceversa.

3. Convezione: questo meccanismo di scambio termico si manifesta in presenza di un

fluido. Nei fluidi, liquidi e gas, il calore si trasmette anche grazie al movimento della

materia di cui sono costituiti. Consideriamo due corpi non in contatto tra loro

rispettivamente a temperatura 1T e a temperatura 2T e sia 1 2T T . Il calore si

trasmette dal corpo più caldo a quello più freddo grazie al movimento di particelle

più vicine al corpo 1, che trasferiscono l’energia vibrazionale ad altre particelle, fino

al raggiungimento del corpo 2. Il risultato finale è che il corpo 2 si scalda.

Nella convezione c’è anche il contributo della conduzione, poiché per il trasferimento

di calore fra una particella e l’altra è necessario che vi sia un contatto diretto.

3.2 Conduzione Risolvere un problema di conduzione significa mettersi nelle condizioni di valutare, in tutti i

punti del corpo che si sta considerando, la Temperatura e il Flusso Termico, istante per

istante. Il corpo può avere una qualunque forma e può essere soggetto, in linea di principio,

ad un regime comunque variabile di trasferimento di calore.

Secondo un approccio usato nel passato, risolvere un problema termico significava ricavare

la "funzione" della variabile dipendente temperatura in funzione di una o più variabili

indipendenti. Risolvere analiticamente un problema termico (o di conduzione in un corpo)

significa ricavare l’ espressione analitica della ( , , , )T x y z . Questo approccio era finalizzato

a ricavare la funzione, che, attraverso le sue variabili indipendenti, permettesse di valutare la

temperatura in un punto ( , , )P x y z ad un certo istante . Come vedremo, dal punto di vista

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 51/175

ingegneristico, tuttavia, non interessa conoscere rigorosamente la “funzione” ( , , , )T x y z

ma essere in grado di valutare il valore assunto dalla temperatura in un determinato punto e

ad un determinato istante, anche in maniera non esatta ma sufficientemente approssimata in

relazione alla natura del problema da risolvere.

La conoscenza della temperatura all’interno di corpi solidi è spesso indispensabile perché le

caratteristiche dei materiali che li compongono dipendono da essa. Al di sopra di

determinate temperature il corpo non può esistere allo stato solido o perde alcune sue

caratteristiche: se consideriamo il diagramma ( ) di un acciaio (), esso varierà in funzione

della temperatura. All’aumentare della temperatura, si giungerà prima alla condizione di

snervamento del materiale.

Figura 2-12 Diagramma σ(ε) di un acciaio

Il flusso termico,

Tq k

s

, è legato al gradiente spaziale di temperatura, che a sua volta

influenza la sollecitazione termo-meccanica del materiale. Se un materiale lasciato libero è

sottoposto ad un incremento di temperatura, esso avrebbe un allungamento l l T .Se

questo allungamento è impedito perché il corpo è vincolato, si hanno sollecitazioni locali di

trazione (ΔT negativo) o di compressione (ΔT positivo) (nell’ipotesi di α>0). Si comprende

come il gradiente spaziale di temperatura ( )

T

s

all’interno di un corpo e, quindi, in generale,

vincolato, si traduca in una sollecitazione.

3.2.1 Postulato di Fourier

Il postulato di Fourier è il punto di partenza per la risoluzione di un problema di conducibilità

termica. Consideriamo una lastra piana indefinita con spessore x costante, con le pareti

esterne rispettivamente mantenute a temperatura aT e Tb .

Il quantitativo di calore che attraversa la lastra può essere espresso da una relazione del

tipo:

1 Q T Sx

.

Il quantitativo di calore, dunque, è proporzionale alla differenza di temperatura fra le due

facce (ΔT), alla superficie di scambio (S), inversamente proporzionale allo spessore x e

direttamente proporzionale all’intervallo di tempo considerato ( ).

Page 52: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 52/175

Figura 2-13 Lastra piana indefinita di spessore x La costante di proporzionalità rappresenta una caratteristica fisica del materiale di cui

è composta la lastra, la conducibilità termica k, che è una grandezza termodinamica

del materiale, e nel S.I. è espressa in [W/mK].

1     Q k T Sx

(3.1)

Dal punto di vista ingegneristico, quello che ci interessa nella maggior parte dei casi, non è

tanto il calore, quanto il calore che è trasmesso in un certo tempo, quindi la potenza

scambiata. Ricercando l’energia (il calore) trasmessa non solo per unità di tempo ma anche

per unità di superficie, e considerando la conducibilità termica  k del materiale, scriviamo

l’espressione del flusso termico:

''

2               

T Wq k

x m

(3.2)

Questa espressione è stata ottenuta considerando una situazione idealizzata, quella della

lastra piana, in cui si trascurano gli effetti di bordo. Le perdite al bordo sono tanto meno

trascurabili quanto più limitata è l’estensione della parete rispetto al suo spessore.

La relazione 3.2 è il punto di partenza per ricavare un’espressione analitica che consenta di

calcolare la temperatura in funzione delle variabili indipendenti. La comodità di lavorare con

un’espressione analitica è enorme perché permette di conoscere la temperatura ‘‘vera’’ in un

punto qualsiasi del sistema considerato.

Le espressioni analitiche al problema della determinazione della temperatura in una

situazione di conduzione sono state ricavate solamente in quattro casi particolarmente

semplici. Prima di analizzare i quattro casi dobbiamo dotarci di uno strumento matematico,

le equazioni differenziali della conduzione, la cui soluzione permetterà di ricavare, in quei

particolari casi, un’espressione analitica per la ( , , , )T x y z .

Page 53: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 53/175

Consideriamo un volume di controllo5 solido infinitesimo () e teniamo presente la relazione

3.1.

Figura 2-14 Volume di controllo dV in un sistema di riferimento cartesiano.

Rispetto al CV del solido in esame bisogna considerare un bilancio di energia che

comprenderà i contributi positivi e negativi secondo quanto di seguito riportato:

(calore in entrata) - (calore in uscita) + (calore generato internamente) - (calore che viene

assorbito) = effetto utile (3.3)

Consideriamo delle ipotesi semplificative:

I. Il calore entra da tre facce del parrallelepipedo ed esce dalle altre tre facce;

II. La generazione di calore all’interno del volume di controllo non è associata a

cambiamenti di stato all’interno del materiale;

III. Il termine di assorbimento (generalmente assente nelle applicazioni pratiche) può

scaturire da una eventuale trasformazione fisica interna al materiale (punto II).

Analizziamo i singoli termini dell’equazione 3.3:

Calore in entrata: corrisponde al calore in entrata nel volume di controllo attraverso la

superficie abcd lungo l’asse :

x x

x

q k dydT

zx

d

Il segno meno indica che il flusso termico procede lungo la direzione delle temperature

decrescenti. Per il concetto di continuità6, assumiamo che se il calore entra nella faccia

abcd, del calore debba uscire dalla faccia opposta efgh.

Calore in uscita: è il calore uscente dalla faccia efgh, sarà:

5 Il volume di controllo è una porzione di spazio all’interno del corpo che non pone ostacolo

al trasferimento di calore. Per utilità consideriamo come volume di controllo (CV o VC) un

parallelepipedo con spigoli paralleli a tre assi coordinati cartesiani. 6 Il concetto di continuità è intrinseco nei sistemi che consideriamo e si applica sia

spazialmente che temporalmente. Una trasformazione, per quanto rapida possa essere,

sarà sempre una trasformazione graduale. Avere a che fare con un solido continuo significa

che le particelle che lo compongono possono cambiare le loro caratteristiche, ma sempre in

modo graduale. E’ per questo presupposto che possiamo dire che se esistono tre facce in

cui entra calore, sicuramente posso ipotizzare che esistono altre tre facce (ad esse opposte)

da cui il calore esce.

Page 54: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 54/175

x x x x

x x

Tq k dydzd

x

Ovviamente troveremo equazioni analoghe lunghe gli assi y e z , che sono rispettivamente:

calore in entrata dalla faccia aceg

y y

y

Tq k dxdz d

y

calore in uscita dalla faccia bdfh

y y y y

y y

Tq k dxdz d

y

calore in entrata dalla faccia abgh

z z

z

Tq k dxdy d

z

calore in uscita dalla faccia cdfe

z z z z

z z

Tq k dxdy d

z

Calore che viene generato: corrisponde all’energia che viene generata nel volume di

controllo per effetto di una eventuale 0q (densità di potenza dovuta, ad esempio, ad

effetto Joule o a reazioni nucleari).

gq q dx dy dz d

Calore che viene assorbito: corrisponde ad un eventuale contributo “negativo” nel caso in

cui vi sia una trasformazione di stato all’interno del volume solido. Per semplicità, non

consideriamo nessuna trasformazione di stato.

L’ ”effetto utile” che viene a prodursi, riferendosi all’equazione 3.3, è una variazione di

energia, che è correlabile alla variazione di temperatura secondo l’espressione:

p pE c m T c dxdydz T

Adesso ci concentreremo sul quantitativo di calore che entra in una faccia del volume di

controllo raffrontandolo con il quantitativo di calore che esce dalla faccia opposta.

In un caso reale può accadere quanto descritto in . Questa situazione potrebbe essere

quella di un corpo lambito sulla superficie sinistra da acqua soggetta a un gradiente termico

decrescente dall’alto verso il basso del corpo. Il flusso di calore che entra nella superficie

sinistra del corpo diminuisce con il diminuire della temperatura, fino ad invertire la sua

direzione quando la temperatura dell’acqua è inferiore a quella del corpo. A questo punto è il

corpo a fornire calore all’acqua.

Page 55: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 55/175

Figura 2-15 Corpo lambito da un fluido.

E’ ovvio che sussiste una correlazione fra ciò che entra da una faccia e ciò che esce da

quella opposta. Il termine ( / )k T x può cambiare nel passaggio dalla superficie sinistra

del corpo a quella destra. Il cambiamento, però, non è drastico ma continuo e graduale,

stante le ipotesi della continuità.

Ciò significa che spostandosi nello spazio e al variare del tempo il x

Tq k

x

potrà

cambiare, ma il suo cambiamento sarà graduale. Cosi, considerando la situazione generale,

è possibile che il flusso termico “entrante” in un volumetto di controllo attraverso una faccia

sia diverso da quello che esce dalla faccia opposta. E’ il caso della figura 3-5.

Figura 2-16 Evoluzione di /k T x .

Se consideriamo due facce del volume di controllo abbastanza vicine, la variazione di ''q (e

quindi di /k T x ) sarà piccola.

La legge di variazione di /k T x fra il punto a e il punto b è abbastanza bene

approssimata dalla legge lineare corrispondente alla derivata prima della curva relativa alla

legge di variazione reale. Estendendo questo concetto all’intero corpo, possiamo dire che il

valore della funzione

p

Tk

x

nel punto P sulla superficie sinistra del CV (rispetto all’asse x),

non sarà molto diverso dal valore assunto dalla funzione nel punto Q sulla superficie destra,

a patto che la distanza tra i punti P e Q sia significativamente piccola. Quindi si potrà dire

che il flusso in Q sarà uguale al valore assunto in P, più una piccola variazione.

Quanto detto lo si può tradurre con la seguente formula:

f

f Q f P dxx

Page 56: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 56/175

E’ possibile applicare questo ragionamento riferendoci al calore in uscita dalla superfice del

volume di controllo posta all’ascissa x dx (), ottenendo lungo l'asse x :

[   ]xx dx x

qq q dx termini trascurabili

x

( )x dx x

x

Tq q k dxdydz d

x x

La differenza fra il calore che esce e quello che entra rappresenta il quantitativo di calore

che rimane all’interno del volume di controllo.

Per gli assi y e z avremo rispettivamente:

( )y dy y

y

Tq q k dxdydz d

y y

( )z dz z

z

Tq q k dxdydz d

z z

Sommando i contributi lungo gli assi , , ,x y z considerando l’eventuale produzione di calore

interna '''q e dividendo per ( , , , )dx dy dz d , otterremo:

'''                                       p

T T T dTk k k q c

x x y y z z d

(3.4)

Questa è l’equazione differenziale della conducibilità, dove T e '''q sono funzioni qualsiasi,

cioè in linea di principio e come situazione generale, variabili in modo continuo nel tempo e

nello spazio.

Effettuando le operazioni di derivazione nell’equazione 3.4, otteniamo:

2 2 2'''

2 2 2   p

T T T k T k T k T dTk q c

x y z x x y y z z d

2 '''                         p

k T k T k T dTk T q c

x x y y z z d

(3.5)

Questa è l’equazione differenziale più completa e rigorosa della conduzione.

Se si assume che la conducibilità non sia variabile nello spazio, l’equazione si semplifica,

diventando:

2 '''                                                  p

dTk T q c

d

(3.6)

Questa è l’espressione classica dell’equazione differenziale della conduzione, da cui si parte

per risolvere molti problemi termici, cioè di identificazione del valore assoluto della

temperatura nello spazio e nel tempo.

L’equazione 3.6 vale solamente nel caso in cui la conducibilità termica k non cambi nello

spazio. Se, viceversa la conducibilità k è variabile nello spazio o perché cambia il materiale

o perché si hanno delle variazioni molto forti di temperatura, le quali trasformano le

caratteristiche del materiale stesso, è necessario utilizzare l’equazione 3.5.

Per una migliore comprensione dell’equazione 3.6, analizziamo i termini di quest’ultima dal

punto di vista fisico.

Page 57: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 57/175

2 : dal punto di vista fisico è rappresentativo di un fenomeno diffusivo. Dal punto

di vista matematico rappresenta una derivata seconda. Per capire al meglio cosa sia

il2 è necessario capire bene cosa sia una derivata prima.

Una derivata prima esprime la variazione di una grandezza nello spazio. Tutti i

fenomeni possono essere identificati da un elemento motore e un effetto: nel settore

elettrico due punti a potenziale diverso permettono il trasferimento di corrente; nel

settore termico due punti a temperatura diversa permettono il trasferimento di

calore.

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 58/175

Consideriamo il settore termico. La presenza di una derivata di una temperatura

indica che la temperatura sta cambiando nello spazio, e dato che la temperatura è

responsabile del trasferimento di calore attraverso la conducibilità, alla derivata

prima associamo il concetto di flusso termico:

''xT T

FLUSSO q kdx x

(3.7)

La derivata seconda della temperatura, che analiticamente è espressa come

2

2

T

x

,

fisicamente corrisponde ad una variazione di un flusso nello spazio. 2T indica una variazione del flusso termico in assenza di generazione di calore.

Se 2T =0, trovandoci in regime stazionario, la temperatura del corpo (che può

variare spazialmente) non cambia nel tempo, perché il flusso in entrata è uguale al

flusso in uscita; mentre se 2 0T , la temperatura cambia nel tempo, perché il

flusso in entrata è diverso da quello in uscita.

'''q : la densità di potenza è definita come il rapporto tra una potenza ed il volume.

Questa grandezza indica la quantità di calore che viene generato nell’unità di tempo

all’interno del materiale (nel volume unitario).

p

dTc

d

: questo è il termine rappresentativo della rapidità con cui varia la

temperatura, se il contributo globale di flusso entrante, flusso uscente e calore

generato, è diverso da zero. In regime stazionario è nullo.

Consideriamo due situazioni per cui quel termine non sia nullo:

1. p

dTc q

d

: questo è un caso in cui si ha solamente generazione di calore

che porta ad una variazione di temperatura. Il termine pc indica che a parità

di generazione interna di calore si avrà un fenomeno di riscaldamento che sarà

tanto più lento quanto maggiore è la capacità del materiale di accumulare

calore. Un corpo molto denso ( elevata) e con un elevato calore specifico,

anche in presenza di un’ingente generazione interna di calore '''q , si riscalda

molto lentamente.

Esempio: l’acqua del mare permette di stabilizzare la temperatura della terra

perché è un ottimo accumulatore termico. Vi è tanta massa e un elevato calore

specifico, quindi se si genera del calore e lo si trasferisce al mare, ad esempio

attraverso l’irraggiamento solare, oppure si perde calore durante la notte per

l’irraggiamento verso la volta celeste, la temperatura del mare cambia di poco.

Ecco perché, anche se di giorno si ha una quantità elevatissima di energia che

arriva sulla terra, e durante la notte una quantità altrettanto elevata di energia

viene ceduta verso l’universo, la temperatura della terra rimane sostanzialmente

costante, grazie alla presenza degli oceani che ricoprono il 70% della superficie

terrestre.

Page 59: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 59/175

2. 2pc dTT

k d

: è il caso in cui si riesce ad apprezzare il concetto di

diffusività termica

p

k

c

, dato che nell’espressione è presente il suo inverso.

Questa equazione descrive il comportamento di un corpo in cui non si ha

generazione di calore, ma una variazione spaziale di flusso.

Se consideriamo un metallo, sottoposto a partire da un certo istante ad un forte

irraggiamento, per il quale il flusso termico in entrata risulta maggiore di quello in

uscita, avremo un riscaldamento del metallo. L’aumento di temperatura sarà

tanto più lento quanto maggiore è il termine pc

k

. Un corpo con elevata densità

ed un elevato calore specifico tende a frenare l’effetto di riscaldamento, a parità

di 2T .

Spesso non è sufficiente, per la risoluzione di problemi complessi di conduzione termica,

operare con l’equazione 3.6. E’ necessario riferirsi all’equazione differenziale completa 3.5.

Consideriamo l’equazione della conduzione completa in forma bidimensionale:

2 2

2 2'''         p

T T k T k T dTk k q c

x y x x y y d

Supponiamo di avere una struttura composta da due materiali diversi () con le seguenti

ipotesi:

Regime stazionario: 0p

dTc

d

Assenza di generazione interna di calore: ''' 0q

1 2k k

Temperatura sulla faccia sinistra 1T maggiore della temperatura sulla faccia destra

2T

L’equazione della conducibilità si può riscrivere come:

2 2

2 20

T T k T k Tk

x y x x y y

Come conseguenza della differenza di temperatura fra le superfici, avremo un flusso

termico che entrerà dal lato sinistro ed uscirà da quello destro. All’interno del singolo

materiale, lontano dal punto di giunzione, le linee di flusso sono più o meno

uniformemente distribuite. Se il materiale 1 conducesse meglio del materiale 2 (

1 2materiale materialek k ), alla giunzione si avrà la tendenza delle linee di flusso ad

addensarsi nella zona in cui il materiale 1 si incunea nel materiale 2 (linee di flusso

in ).

Page 60: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 60/175

In questa situazione bidimensionale non avendo una generazione interna di calore ed

essendo in regime stazionario, se non si tenesse conto della variazione di conducibilità

lungo gli assi x e y , si arriverebbe all’assurdo di applicare l’equazione:

2 2

2 20

T Tk

x y

Questa equazione non terrebbe nel giusto conto che in realtà nel materiale 1, avvicinandoci

all’ interfaccia nella zona alta, lungo x il flusso termico sta diminuendo. Se le linee di flusso

termico si curvano significa che il flusso termico in quella direzione diminuisce. Questa

equazione tratta il problema della conduzione come se la conducibilità fosse uniforme, cosa

del tutto falsa.

Figura 2-17 Struttura composta da due materiali con diversa conducibilità termica

E’ necessario, dunque, in caso di situazioni di scambio termico complesse, utilizzare

equazioni non semplificate.

3.2.2 Casi particolari in coordinate cartesiane

Sono due le situazioni in cui si riesce a risolvere, integrando per via analitica, l’equazione

differenziale del secondo ordine della conduzione in coordinate cartesiane.

L’equazione differenziale della conduzione, nell’ipotesi semplificativa di uniformità della

conducibilità, è:

p2

c ρq''' dTT

k k dτ (3.8)

Da questa equazione si ricavano tre equazioni:

1) 2 pc dTT

k d

nota come equazione di Fourier, nella quale non è presente il termine di generazione

interna di calore.

2) 2 '''

0q

Tk

nota come equazione di Poisson, nella quale si considera un regime stazionario.

3)2 0T

nota come equazione di Laplace, nella quale non vi è generazione interna di calore e viene

considerato un regime stazionario.

Lastra piana

Consideriamo l’equazione più semplice, quella di Laplace. Essa è risolvibile solamente in

caso monodimensionale. Riportiamo due esempi:

1. Consideriamo una lastra piana indefinita (), con conducibilità uniforme, in assenza di

generazione di calore e in regime stazionario. L’equazione di Laplace in un caso

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 61/175

monodimensionale diventa 2 2/d T dx . Questa è risolvibile specificando due

condizioni al contorno, come ad esempio le temperature sulle facce della lastra:

10T x T

2T x L T

Figura 2-18 Lastra piana indefinite senza generazione di calore interno

Integrando una volta l'equazione

2

20

d T

dx , otteniamo:

1

dTC

dx

Integrando una seconda volta l’equazione, otteniamo:

1 2T x C x C

Dalle condizioni al contorno ricaviamo il valore delle due costanti che, inserite

nell’equazione, portano alla soluzione:

1 2T C

2 12 1 1 1

T TT C L T C

L

2 11

T TT x x T

L

Il profilo di temperatura non dipende della conducibilità, poiché avendo imposto la

geometria della lastra e le temperature alle due superfici, lo si è definito in maniera

univoca. La conducibilità sarà presente nell’equazione del flusso termico, definito

come:

'' 2 1( )0

T TT T xq x k k k

x x L

Il flusso termico risulta uniforme attraverso lo spessore della lastra e dipende solo

da .

Supponiamo di avere lo stesso problema, ma di assegnare condizioni al contorno

diverse da quelle precedentemente imposte: una condizione sulla temperatura sulla

seconda faccia della lastra e una condizione di flusso termico imposto.

2( )T x L T

Page 62: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 62/175

'' ''q q (valore imposto)

Essendo:

''                                     dT

q kdx

Integrando due volte l’equazione di Laplace si ha:

1

dTC

dx

1 2T x C x C

Dalla prima integrazione, usando l’equazione (3.7),si ottiene costante 1C :

1 1

''''

qq kC C

k

Di conseguenza, possiamo scrivere che:

2

''qT x x C

k

Dalla prima condizione al contorno possiamo ricavare la costante 2C :

2 2

''qT L T L C

k

2 2

''qC T L

k

Inserendo le espressioni delle due costanti nella funzione ( )T x otteniamo:

2 2

'' '' ''( )

q q qT x x T L T L x

k k k

Si noti che l’espressione formale del profilo di temperatura è completamente diverso

da quello ricavato nel primo caso (la soluzione analitica dipende dalle condizioni al

contorno). Si tratta, ovviamente, di un profilo lineare, ma formalmente diverso. In

questo caso l’andamento della temperatura dipende da k .

L’espressione del flusso termico sarà:

''''

( )'' 1

dT x qq k k q

dx k

(3.9)

Il flusso termico, in questa circostanza, non dipende da k .

In questo caso materiali con una conducibilità termica elevata presenteranno un

profilo di temperatura con pendenze ridotte, viceversa materiali con conducibilità

bassa, per ottenere un certo flusso termico imposto, avranno bisogno di un profilo di

temperatura con pendenze elevate.

Lastre piane adiacenti

Supponiamo di avere tre lastre adiacenti composte da tre materiali differenti, in regime

stazionario e in assenza di generazione di calore. Il problema è, ancora, monodimensionale.

Page 63: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 63/175

Figura 2-19 Lastre adiacenti indefinite di diverso materiale

Le temperature siano: 1 2 3 4T T T T .

Per risolvere il problema di conduzione bisogna applicare l’equazione di Laplace ad ogni

singola lastra piana, come se fosse isolata.

Il flusso termico è pari a ''dT

q kdx

su ciascuna lastra ed è uniforme per tutte le lastre,

considerando che il problema è stazionario. Possiamo scrivere:

3 2 4 32 11 2 3

1 2 3

''T T T TT T

q k k kdx dx dx

Possiamo trattare il problema come se fosse un’unica lastra piana considerando un eqk :

4 1''                                                eq

tot

T Tq k

dx

(3.10)

Per ricavare l’espressione della conducibilità equivalente mettiamo a sistema le tre

equazioni delle tre lastre:

11 2

1

22 3

2

33 4

3

''   

''  

''

dxT T q

k

dxT T q

k

dxT T q

k

Sommando le tre equazioni otteniamo:

'' 31 2

1 4

1 2 3

                     dxdx dx

T T qk k k

(3.11)

L’equazione 3.11 afferma che l’elemento motore del trasferimento di calore, la differenza di

temperatura fra le due superfici esterne, è proporzionale al flusso termico tramite una

costante di proporzionalità che è la somma di tre termini. Nella realtà non capita mai di

conoscere le temperature superficiali della lastra, bensì le temperature dei fluidi che le

lambiscono. Risulta, quindi, necessario considerare anche il coefficiente convettivo fra fluido

e parete, per cui l’equazione 3.11 si modificherà:

Page 64: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 64/175

''

1 4

11 1 4

1 1 

ni

i

dxT T q

h k h

(3.12)

l termini 1/ h tengono in considerazione la resistenza offerta dallo strato limite convettivo di

ciascun fluido a ridosso della parete.

Page 65: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 65/175

Per ottenere l'espressione del eqk , basta confrontare le espressioni 3.10 e 3.11:

1

1

                         

n

iieq

ni

ii

dxk

dx

k

(3.13)

Lastra piana con generazione interna di calore

Consideriamo una lastra piana con conducibilità uniforme, in regime stazionario, nella quale

vi sia una generazione interna di calore uniformemente distribuita (). L’equazione che

descrive il fenomeno della conduzione termica è quella di Poisson.

Assumiamo di conoscere la temperatura del fluido, pari a T , su entrambe le facce della

lastra. Il coefficiente di scambio termico h tra fluido e lastra è uguale per entrambe le facce.

In queste condizioni il problema risulta simmetrico. A causa della generazione interna di

calore si ha un trasferimento di calore dalla lastra al fluido.

Figura 2-20 Lastra piana indefinita con generazione interna di calore

Le condizioni al contorno alla luce di quanto detto saranno:

1. 0

''( ) 0x

q x , se il problema è simmetrico non si può avere un flusso di calore

che procede da destra a sinistra o da sinistra a destra in corrispondenza della

mezzeria della lastra.

2. ( )L

x L

dTk h T T

dx

Integrando una prima volta l’equazione di Poisson, otteniamo:

1

'''dT qx C

dx k

Integrando una seconda volta otteniamo:

2

1 2

'''

2

q xT x C x C

k

Page 66: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 66/175

Dalle condizioni al contorno otteniamo le costanti 1C e 2C :

dalla prima condizione al contorno:

0

0x

dTk

dx

Possiamo scrivere che:

1

'''0

qk x C

k

Da cui:

1 0C

L’equazione del profilo di temperatura sarà:

''' 2

22

q xT x C

k

Dalla seconda condizione al contorno:

( )L

x L

dTk h T T

dx

Possiamo scrivere:

''' 2

2

'''

2x L

dT x q q Lk k L h C T

dx k k

Da cui:

2

2

''' '''

2

q L q LC T

h k

Page 67: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 67/175

L’equazione che descrive l’andamento della temperatura nella lastra sarà, quindi:

2 2''' '''

2

q qT x L x L T

k h (3.14)

In condizione di simmetria l’andamento della temperatura è dato da un termine parabolico

più un termine costante.

In generale i problemi termici non saranno così semplici (monodimensionalità, stazionarietà,

etc). Nelle applicazioni reali l’ipotesi di stazionarietà corrisponderà ad una astrazione e in

certi casi non sarà possibile assumerla per valida. Consideriamo per ipotesi una lastra piana

(), con faccia sinistra in condizioni adiabatiche e faccia destra lambita da un fluido la cui

temperatura sia variabile; il coefficiente di scambio fluido-parete sia anche esso variabile e vi

sia una generazione interna di calore anche essa variabile. Il profilo di temperatura nella

lastra sarà funzione del tempo, essendo il problema non stazionario.

Se l’obiettivo fosse quello di ricavare un'espressione di ( , )T x rigorosa, sarebbe necessario

ricercare la soluzione analitica del problema; ma questa non sarebbe ricavabile. Ci poniamo

una domanda: è proprio necessario conoscere l’andamento esatto della temperatura

all’interno della lastra? Quello che interessa sono delle indicazioni sul profilo, nel tempo,

della temperatura, che consentano di stabilire se il “componente lastra” è realizzabile dal

punto di vista applicativo (temperatura massima raggiunta, massimi gradienti, etc). Queste

indicazioni possono essere fornite dalla conoscenza dell’evoluzione del profilo di

temperatura, profilo che non necessariamente deve essere quello “esatto”, ma “indicativo” o

“approssimato”. Può essere ottenuto attraverso una suddivisione della lastra in tanti

intervalli, in numero tanto più elevato quanto più si vuole aumentare la precisione del profilo,

e calcolando per ognuno di essi una temperatura media.

Figura 2-21 Parete multistrato

Page 68: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 68/175

In pratica, si cerca di rendere l’equazione:

2

p

dTT q''' c ρ

dτk

Risolvibile con riferimento ai valori di temperatura media negli intervalli in cui si è suddivisa

la lastra.

Ipotizziamo di suddividere la lastra in quattro sezioni. Il calcolo di una temperatura

significativa all’interno delle singole sezioni, ad intervalli di tempo prefissati, è sufficiente per

capire come evolve il profilo di temperatura nella lastra. Questo permette di realizzare uno

studio soddisfacente del comportamento del materiale.

Per riuscire ad analizzare quello che accade nella singola sezione bisogna sostituire al

concetto di derivata nello spazio, che compare nell’equazione differenziale della

conducibilità, quello di differenza:

1

1

i i

i i

T TT

x S

In questo caso si parla di differenza all’indietro, infatti confrontiamo il valore della

temperatura della sezione i esima con quella della sezione precedente ( 1)i dividendo il

tutto per la distanza tra i centri delle sezioni.

Nel caso di differenza in avanti avremo:

1

1

i i

i i

T TT

x S

Da ora in avanti, per semplicità, si considereranno delle “mesh” di spessore uniforme. Se gli

spessori fra le sezioni non sono costanti, per il termine che esprime la distanza tra i centri

del “mesh” si utilizzerà l’espressione:

1

2 2

i is s

Il 2T che compare nell’equazione della conducibilità, in base a quanto detto, si può

scrivere come differenza di una differenza prima:

1 1

2 1 1 

i i i i

i

T T T T

s sT

s

Considerando, quindi, lo spessore delle sezioni costante.

La derivata rispetto al tempo che compare nell’equazione della conducibilità può essere

scritta come:

*

*

i i i i

x

T T T TT

Numericamente il tempo è discontinuo, per cui si deve confrontare la temperatura della

sezione i esima all'istante con quella della stessa sezione all'istante precedente

dividendo il tutto per l'intervallo di tempo considerato.

L’equazione della conducibilità può essere, quindi, riscritta come:

1 1

2

2''' ,                  i i i i

i p

i

T T T T Tq i k T c

s

(3.15)

Moltiplicando ambo i membri per il volume delle singole sezioni V s S , indicando con S

la superficie, si ottiene il bilancio che indica come varierà, in maniera discreta, la

temperatura della mesh i esima per effetto dello squilibrio delle potenze termiche

Page 69: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 69/175

(generata/entrante/uscente). Se la somma algebrica, nella mesh i esima , fra la potenza

generata e la potenza scambiata per fenomeni diffusivi non risulta in equilibrio, l’effetto

risultante sarà la variazione della temperatura nella mesh i esima .

Allo stesso risultato si arriva effettuando un semplice bilancio energetico riferito alla mesh

i esima :

sin intentrante istra entrantedestra generato ernocalore calore calore effetto utile

Questo si traduce in:

1 1 '''                      i i i i i ip

T T T T T Tk S k S q s S c s S

s s

(3.16)

Questa equazione vale per tutte le mesh interne della lastra, ad eccezione della prima e

dell’ultima.

Per la prima mesh non vi sarà il termine di energia in entrata da sinistra:

'''1i i i i

p

T T T Tk S q s S c s S

s

Per l’ultima mesh cambia il termine dell’energia in entrata da destra:

1 '''1

2

i i i i ip

T T T T Tk S S q s S c s S

ss

k

T

h

Con queste relazioni è possibile studiare l’evoluzione del fenomeno tanto più

dettagliatamente quanto più ridotto è l’intervallo temporale di riferimento e lo spessore delle

sezioni.

I metodi di risoluzione di equazioni di tipo numerico sono molteplici. Utilizziamo adesso un

metodo semplice di tipo esplicito (non sempre applicabile). Esso si basa sulla risoluzione di

un insieme di relazioni numeriche, attraverso l'esplicitazione della variabile iT , che viene

posta in funzione di tutte le altre grandezze.

Page 70: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 70/175

Moltiplicando per e dividendo per pc s S l'equazione 3.12 ed esplicitandoiT

si

ottiene:

2

1 12

'''2       2,3, , 1      i i i i i

p

k q sT T T T T con i n

c s k

(3.17)

Questa equazione permette di capire se la temperatura della mesh i esima stia

crescendo, se stia diminuendo o stia rimanendo costante, a seconda dello sbilanciamento

fra calore in entrata, in uscita e quello generato internamente. La variazione di temperatura

della mesh i esima dipende dalla temperatura delle mesh adiacenti e sarà tanto più

grande quanto maggiore è l’intervallo di tempo considerato.

Per l’esempio trattato avremo un sistema di quattro equazioni, una per ogni singola sezione

o “mesh”:

2

1 1 2 12

'''

p

k q sT T T T

c s k

2

2 2 3 1 22

'''2

p

k q sT T T T T

c s k

2

3 3 4 2 32

'''2

p

k q sT T T T T

c s k

2

4 4 3 4 42

''' 1( )

0,5p

k q sT T T T T T

kc s k

s h

Le condizioni iniziali saranno i valori 1 2 3 4, , ,T T T T all'istante 0 . Per le successive

iterazioni si utilizzeranno i risultati ottenuti dall’iterazione precedente.

Generalmente si utilizzano programmi di calcolo per svolgere tali operazioni. Attraverso tali

programmi si riesce a suddividere l’elemento preso in esame in molte mesh, in modo tale da

ottenere risultati molto precisi. Anche l’intervallo temporale di integrazione sarà suddiviso in

piccoli intervalli.

Page 71: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 71/175

La logica da seguire per la compilazione di un programma di calcolo è la seguente:

Il metodo risolutivo numerico ha delle limitazioni, quali:

1. Vincoli nella scelta dei passi di integrazione spaziali e temporali.

2. Possibilità di propagazione degli errori.

Il problema della propagazione degli errori merita un approfondimento. Una relazione del

tipo 3.13 è affetta da errore di troncamento, dato che la temperatura in una sezione ad un

certo istante dipende: dalla temperatura all’istante precedente e da una serie di fattori che la

Leggi i valori delle temperature Ti iniziali

Leggi i valori delle costanti: ρ ,k ,cp , S ,s

Poni τ=0

τ = τ+Δτ

ki = ki(Ti) per ogni (i)

Leggi q'''(i,τ) ,h(τ) ,Tfluido(τ)

Calcola TiΔτ

per ogni sezione

Assumi Ti = TiΔτ

FINE

Stampa i risultati\chiudi il programma

NO

SI

Page 72: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 72/175

correggono. Il troncamento è l'operazione che approssima la rappresentazione di un

numero, limitando il numero di cifre utilizzabili per tale rappresentazione. In un’operazione di

integrazione, nella quale sono richieste molte iterazioni, il troncamento delle cifre

significative può portare a risultati falsati.

Considerando, ad esempio, la relazione:

2

2 2 3 1 22

'''2

p

k q sT T T T T

c s k

Possiamo riscriverla nel seguente modo:

2 2 1 32 2

21 ( )

p p

k kT T B T T

c s c s

Dove B è un termine costante, indipendente dalla temperatura e uguale a:

'''

p

q

c

.

Effettuando un differenziale, che non è altro che uno strumento che permette di evidenziare

le variazioni delle grandezze ed identificando le grandezze soggette a variazione con la

lettera , otteniamo:

2 2

2 21 0

p p

k k

c s c s

Gli errori di troncamento che influenzano la 2T sono quelli applicati alle grandezze 2T e

1 3( )T T . La condizione che si deve imporre è che l’errore sulle grandezze non deve

divergere, cioè non deve crescere passando da un passo di integrazione al successivo: .

Da cui:

2 2

2 21                 

p p

k k

c s c s

(3.18)

La relazione 3.18 deve valere sempre, per cui:

2 2

2 21                 

p p

k k

c s c s

(3.19)

La relazione 3.19 è una condizione più restrittiva della 3.18. Per cui:

2 2

2 21 1

p p

k k

c s c s

Questa relazione vale solo se il termine2

2(1 )

p

k

c s

è positivo, per cui è necessario che:

2

2 2

2 21 0 1               

2

p

p p

c sk k

c s c s k

(3.20)

Esiste un vincolo nella scelta del passo di integrazione (o dell’ampiezza della “mesh”).

Per capire questa condizione, supponiamo di considerare un transitorio su una lastra in

ferro, con i seguenti parametri:

Page 73: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 73/175

3

40 

7500

0,12 

p

kcalk

mh C

kg

m

kcalc

kg C

Ipotizzando una suddivisione della lastra in sezioni da 0,003m cadauno ed applicando la

condizione 3.20 otteniamo:

27500 0,12 (0,003)0,00010125  0,36 

2 40h secondi

Il risultato ottenuto indica che scegliendo un passo di integrazione temporale più grande di

0,36 s, gli errori di troncamento potrebbero portare ad una aumento progressivo dell’errore e

alla fine porterebbero ad un risultato non pertinente con la realtà.

E’ possibile estendere quanto appena trattato in ambito monodimensionale al caso

bidimensionale e tridimensionale.

Per un problema bidimensionale, schematizzato in , considerando con i l'indice di riga e con

j quello di colonna, l'equazione di bilancio sull'elemento ,i j sarà:

, ,i j i j pT T c x y z

, 1 , , 1 ,i j i j i j i j

k kT T T T x z

y y

'''

1, , 1, , ,i j i j i j i j i j

k kT T T T y z q x y z

x x

Nel caso tridimensionale l’equazione sarà formalmente più complicata, ma simile a quella

bidimensionale.

La verifica di convergenza deve essere effettuata sulla cella nella quale si riscontrano le

condizioni più critiche.

Se non si ha la possibilità di compiere la verifica come sopra indicato, si applica un metodo

empirico. Considerando, ad esempio, un transitorio termico in cui non sia chiaro se

l’intervallo temporale di integrazione porti ad una situazione di stabilità (convergenza) o ad

una di instabilità (divergenza), il metodo che viene applicato consiste nel fissare delle

condizioni al contorno di temperatura fortemente anomale, che sollecitino drasticamente il

sistema. Si applica un passo di integrazione iniziale e si procede con l’integrazione. Poi si

ripete la procedura utilizzando un passo di integrazione più grande, generalmente di un

fattore dieci. Via via che si aumenta il passo di integrazione, l’evoluzione del transitorio non

cambia sostanzialmente, ma oltre un certo passo di integrazione ci si accorge che i risultati

tendono a destabilizzarsi. Quando si ottiene il primo risultato (profilo di temperatura) diverso

dal caso precedente, il valore del passo di integrazione usato sarà troppo grande per

garantire stabilità alla soluzione del problema. Si utilizzerà, dunque, per i calcoli “veri”, la

verifica del problema da risolvere, il passo di integrazione precedente o, per maggiore

sicurezza, uno ancora minore (ad esempio pari ad un decimo).

Page 74: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 74/175

Figura 2-22 Sistema bidimensionale

3.2.3 Equazione della conduzione in coordinate cilindriche

Esistono infiniti sistemi di terne di coordinate per identificare un punto nello spazio. Dal

punto di vista applicativo, sono tre i sistemi di riferimento maggiormente utilizzati: sistema di

riferimento cartesiano, cilindrico e sferico.

Le coordinate cilindriche costituiscono un sistema di coordinate particolarmente idoneo per

problemi nei quali esista una simmetria assiale (assialsimmetrici). Quest’ultima indica il

ripetersi delle stesse condizioni rispetto ad un asse di riferimento.

Per impostare le equazioni della conduzione in coordinate cilindriche bisogna per prima cosa

identificare un volume di controllo infinitesimo come in .

Figura 2-23 Volume di controllo in un sistema di riferimento cilindrico

Bisogna effettuare un bilancio energetico riferito al volume di controllo, per ricavare le

equazioni della conservazione della conduzione.

Il quantitativo di calore in entrata nella superficie ABCD sarà:

     r

r

TdQ k r d dz d

r

(3.21)

Per l’ipotesi di continuità, avendo scelto il volume di controllo sufficientemente piccolo, il

quantitativo di calore che fuoriuscirà dalla faccia EFGH sarà:

Page 75: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 75/175

           r dr

r r

T TdQ k r d dz d k r dr d dz d

r r r

(3.22)

Il contributo sulla faccia AEDH indica la quantità di calore in ingresso nel volume di controllo

in corrispondenza alla posizione angolare .

                           s

TdQ k dr dz d

s

(3.23)

La temperatura è derivata rispetto alla direzione lineare di ingresso del calore, identificata

con s , che è una coordinata ortogonale alla faccia AEDH.

Poiché s r , la 3.23 diventerà:

1

     T

dQ k dr dz dr

(3.24)

Il quantitativo di calore in uscita dalla faccia BFCG sarà:

2

1 1           d

T TdQ k dr dz d k r d dr dz d

r r

(3.25)

Il contributo lungo l'asse z sarà dato dal calore in entrata nella faccia CGDH:

     z

z

TdQ k dr r d d

z

(3.26)

Il flusso uscente dalla faccia ABEF sarà:

             z dz

z

T TdQ k dr r d d k dz r d dr d

z z z

(3.27)

Effettuiamo la somma algebrica delle equazioni; ipotizzando che la conducibilità k sia

indipendente dallo spazio, otteniamo:

     TOT

T T TdQ k d dr dz d r r

r r r z z

(3.28)

Da cui:

2 2

2 2

1         TOT

T T TdQ k dr d dz d r r

r r r z

Il bilancio energetico del volumetto considerato può essere scritto:

'''( , , , )TOT pdQ q r z d dr r dz d c d dr r dz dT

Per ottenere una equazione istantanea e puntuale bisogna dividere per il tempo e per il

volume d dr r dz .

2 2 2

2 2 2 2

1 1 1  1 '''    p

T T T T Tk r q c

r r r r r z

Dividendo ambo i membri per k otteniamo:

2 2 2

2 2 2 2

 1 1 1 '''1  

pcT T T T q Tr

r r r r r z k k

(3.29)

Analizziamo i termini che compaiono a sinistra dell’equazione:

Page 76: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 76/175

2

2

T

z

: rappresenta la variazione del flusso parallelamente all'asse z .

2

2 2

1 T

r

: rappresenta la variazione del flusso lungo una direzione

circonferenziale. Si utilizza una coordinata angolare che, con il termine 2

1

r risulta

concettualmente simile al termine

2

2

T

y

dell'equazione 3.5.

2

2

T

r

: questo termine è concettualmente simile al termine

2

2

T

x

dell'equazione 3.5.

1 T

r r

: questo termine è anomalo se confrontiamo l’equazione in coordinate

cilindriche rispetto all’analoga in coordinate cartesiane. Per capirne il significato,

consideriamo un cilindro cavo in condizioni stazionarie e in assenza di generazione

di calore interna. Ipotizziamo che non vi siano fenomeni diffusivi lungo z e lungo .

L’equazione differenziale si scrive:

2

2

10

T T

r r r

Supponiamo di avere un flusso termico ''q entrante nella faccia interna uguale al

''q in uscita dalla faccia esterna del cilindro. Se non ci fosse il termine1 T

r r

,

l’equazione si ridurrebbe a:

2

20

T

r

Per ipotesi, la differenza dei flussi entranti e uscenti dal cilindro è nulla, ma poiché le

superfici sono diverse, si avrà del calore entrante inferiore a quello uscente, il che

contrasta con l’ipotesi di stazionarietà. Se nella realtà si introduce un flusso termico

nel cilindro pari al flusso termico in uscita, la temperatura del cilindro diminuisce.

Questo accade perché non è importante, rispetto alla variazione di temperatura del

cilindro, il flusso termico, ma la potenza in entrata e in uscita. Infatti:

''2    entrataQ q rL

''2  ( ) LuscitaQ q r dr

E’ evidente che, a parità di ''q , il calore in uscita sarà maggiore del calore in

entrata, poiché procedendo dall’interno verso l’esterno del cilindro aumenta il raggio.

Da ciò si comprende che ogni qual volta ci si allontana dall’asse di riferimento si ha

una modifica della superficie di scambio termico. Se si vuole effettuare un bilancio

corretto, tale modifica implica la necessità di tener conto di un fenomeno correttivo

senza il quale si giungerebbe a degli assurdi. Tale fenomeno correttivo è espresso

dal termine 1 T

r r

: il suo significato fisico può essere spiegato considerando che,

nello studiare il possibile accumulo (positivo o negativo) di calore nel cilindro per

Page 77: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 77/175

fenomeni diffusivi, vi è una sorta di effetto di “accumulo” dovuto all’esistenza di una

variazione di gradiente tra due diverse superfici (superficie interna del cilindro e

superficie esterna del cilindro).

Page 78: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 78/175

3.2.4 Casi particolari di soluzioni analitiche in coordinate cilindriche

Come per l’equazione della conduzione in coordinate cartesiane, anche nel caso delle

coordinate cilindriche esistono solamente due casi in cui è possibile trovare una soluzione

analitica al problema della soluzione dell’equazione differenziale della conduzione.

Cilindro cavo in assenza di generazione interna di calore

Figura 2-24 Sezione cilindrica

Le ipotesi sono:

Stazionarietà

Nessuna generazione interna di calore

Conducibilità non variabile nello spazio

Indipendenza dalla coordinata z

Indipendenza dall'ascissa angolare

L’equazione differenziale si ridurrà quindi a:

2

2

10                     

dT d T

r dr d r (3.30)

Assumendo:

1                                      kdT

dr r (3.31)

Page 79: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 79/175

Con 1k = costante, l’equazione 3.30 risulta essere soddisfatta, infatti:

2

1

2 2

kd T

dr r

Da cui:

1 1

2

10

k k

r r r

Integrando l’equazione 3.31 otteniamo:

1 2 ( ) ln                            T r k r k (3.32)

Imponiamo come condizioni al contorno le temperature sulle facce interna ed esterna del

cilindro:

1 1r r T T

2 2r r T T

Applicandole all’equazione 3.32, otteniamo:

1 1 1 2

2 1 2 2

ln

ln

T k r k

T k r k

Facendo la differenza fra le due, si ottiene:

11 2 1

2

lnr

T T kr

La costante 1k sarà:

1 2 2 11

1 2

2 1

ln ln

T T T Tk

r r

r r

La costante 2k sarà:

2 1 1 22 1 1 1 1 1 1 1

2 2

1 1

ln ln ln

ln ln

T T T Tk T k r T r T r

r r

r r

1 2 1 1 1 1 2 1 1 2 2 1 2 1 1 2

2 2 1

1 1 2

ln ln ln ln ln ln ln ln

ln ln ln

T r T r T r T r T r T r T r T r

r r r

r r r

L’andamento della temperatura in funzione del raggio sarà:

1 2 2 1 1 21

2 2

1 1

ln lnln

ln ln

T r T r T TT r r

r r

r r

Esprimiamo, adesso, la potenza scambiata fra il fluido interno al cilindro a temperatura 1T e

il fluido esterno al cilindro a temperatura 2T , come in . La potenza, che entra internamente è

uguale a quella che esce esternamente; la grandezza che varia è il flusso termico.

Possiamo scrivere che:

'' ''interno interna esterno esternoPotenza q S q S

Consideriamo la potenza riferita alla superficie esterna, che sarà:

Page 80: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 80/175

2

2 1 2 1 22 2 2

1 22

2 1

2      ( )  2     2       2      

ln lnr

k T T k L T TT Lkq r L k r Lk r

r rr r r

r r

Questa espressione non dipende dalla variabile r . Cioè, una volta fissate le temperature, la

conducibilità ed i raggi, si ottiene un certo valore di potenza che sarà uguale qualunque sia

la distanza dall’asse. Quello che cambierà sarà il valore del flusso termico:

2

1 2

2 2

1

2      ( )  1''  

2    ln

esterno

r

k L T Tqq

rS r L

r

Il valore del flusso termico esterno sarà diverso dal valore del flusso termico interno che

risulta essere:

1

1 2

2 1

1

2      ( )  1''  

2    ln

interno

r

k L T Tqq

rS r L

r

Se, invece di avere come condizioni al contorno le temperature sulle facce abbiamo le

temperature di due fluidi, uno interno e l’altro esterno al condotto cilindrico (tubo), come di

fatto avviene nella stragrande maggioranza delle applicazioni, è possibile, ancora, risolvere il

problema della determinazione della temperatura tramite una soluzione analitica. In questo

caso, il problema può essere trattato con l’ausilio dell’analogia elettrica. Consideriamo una

sezione trasversale di un cilindro, nella quale la temperatura del fluido che lambisce

internamente il cilindro cavo sia iT , mentre quella del fluido che lo lambisce esternamente

sia eT . La temperatura della superficie interna è 1T , e quella della superficie esterna è 2T .

Generalmente, come detto, si hanno a disposizione solamente le temperature dei fluidi che

lambiscono il tubo. Per questo è necessario trovare un’espressione che esprima il

trasferimento di calore, attraverso le caratteristiche geometriche e di conducibilità del

cilindro, in funzione delle grandezze misurabili: le temperature dei fluidi.

Il flusso termico, come visto, non è uniforme, per cui avremo:

Flusso termico convettivo interno:

11

 ( ) '' ( )

1i

interno i i

i

T Tq h T T

h

(3.33)

Page 81: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 81/175

Flusso termico convettivo esterno:

22

 ( ) '' ( )

1e

esterno e e

e

T Tq h T T

h

(3.34)

Figura 2-25 Sezione trasversale cilindro

La potenza trasferita, invece, è uniforme e risulta:

 ( ) '' 2  

1i

interna interno interna i

i

T Tq q q S r L

h

 ( ) '' 2  

1e

esterna esterno esterna e

e

T Tq q q S r L

h

La potenza trasmessa attraverso la parete del cilindro è:

1 22      ( ) conduzione

e

i

k L T Tq q

rln

r

In queste tre ultime relazioni sono note le temperature dei fluidi ma non le temperature alle

pareti. Scriviamo, quindi, le relazioni in modo da eliminare le temperature alle pareti:

1

 

1 1 ( )

2  interna i

i i

q T Th r L

2

 

1 1 ( )

2  esterna e

e e

q T Th r L

1 2

1  ( )

2    

econduzione

i

rq ln T T

r k L

Effettuando la somma, si ottiene:

1 1 1 1 1

ln                           2

i e

i i i e

e

e

rqT T

L k r h r h r

(3.35)

Page 82: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 82/175

Tale equazione vale solo in condizioni stazionarie in cui: int est condq q q .

La relazione 3.35 collega le temperature alla potenza trasferita e alle caratteristiche

geometriche e di scambio termico. Nel caso di geometria cilindrica il q come potenza è

sempre uguale per qualunque sezione, mentre il ''q varia perché varia la superficie

attraverso la quale passa il flusso (variandone il raggio). Ciò che conta, a livello puntuale,

non è il valore della potenza, quanto quello del flusso termico, che possiamo inserire nella

relazione 3.35. Facendo riferimento alla superficie esterna del cilindro, avremo:

''2 e esternoq r L q

1 1

'' lne e ei e esterno

e i i i

r r rT T q

h k r h r

(3.36)

Questa è la relazione fondamentale utilizzata per legare la differenza di temperatura tra i

due fluidi al calore trasmesso attraverso il cilindro, correlandola alle caratteristiche

geometriche e fisiche (conducibilità; coefficienti di scambio termico).

I termini fra parentesi rappresentano le resistenza termiche.

1

eh: rappresenta la resistenza termica convettiva con il fluido esterno al cilindro

(permette anche di calcolare il salto termico tra parete e fluido).

lne e

i

r r

k r : rappresenta la resistenza termica di conduzione del cilindro (permette di

calcolare il salto termico attraverso le pareti del cilindro).

1 e

i i

r

h r : rappresenta la resistenza termica convettiva con il fluido interno al cilindro

(permette anche di calcolare il salto termico tra parete e fluido).

All’interno del cilindro si ha un ostacolo alla conduzione del calore, rappresentato dal termine

1

ih. Considerando che il int

II II

esterno ernoq q , poiché stiamo lavorando con il flusso termico

“esterno”, l’effetto reale della resistenza termica interna sarà tenuto in conto moltiplicando la

resistenza interna per un fattore / 1e ir r .

Se si fa riferimento, invece, alla superficie interna, si ha:

1 1

'' lni e ii e interno

i i e e

r r rT T q

h k r h r

(3.37)

In questo caso la resistenza esterna deve essere moltiplicata per un valore / 1i er r , dato

che la si moltiplica per un flusso maggiore, e si sarebbe commesso un errore nel confrontare

direttamente la resistenza esterna con un flusso termico interno, che è più alto di quello che

si verifica all’esterno.

La relazione che fornisce la potenza scambiata da apparecchiature termiche è la seguente:

                         P U S T (3.38)

L’equazione 3.38 mette in relazione la potenza scambiata dall’apparecchiatura con l’inverso

della resistenza termica U , con il T e con la superficie di scambio S .

Se si applica la relazione 3.38 ad un tubo, si dovrà specificare dove si calcola la S . Se

scegliamo la superficie esterna, sarà: eP U S T .

Page 83: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 83/175

U rappresenta il coefficiente globale di scambio termico e corrisponde all’inverso della

resistenza termica complessiva che si oppone al trasferimento di calore (sarà calcolato con

riferimento alla superficie scelta, ad es., quella esterna).

   

1 1

1 1lne e e ei

sporcamento este

i

rno sporcamento interno

e i i i

Ur r

k r

r rRR R

h h r r

Cilindro con generazione interna di calore

Figura 2-26 Sezione cilindrica con generazione interna di calore

Le ipotesi alla base del problema da risolvere sono:

Stazionarietà

Generazione interna di calore uniforme

Conducibilità non variabile nello spazio

Indipendenza dalla coordinata z

Indipendenza dall’ascissa angolare

Page 84: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 84/175

L’equazione differenziale in coordinate cilindriche sarà:

2

2

1 '''0              

dT d T q

r dr dr k (3.39)

Per risolvere l’equazione poniamo:

dT

Gdr

Sostituendo nell’equazione 3.39, avremo:

1 '''dG q

Gr dr k

Moltiplicando i termini a destra ed a sinistra per r dr , avremo:

'''q

dr G r dG r drk

'''q

d r G r drk

Integrando, otteniamo:

2

1

'''

2

q rr G K

k

Da cui:

11'''

2

KdTq r

dr k r

Che, integrata, fornisce:

2

1 2

1 '''ln                   

4

qT r r k r k

k (3.40)

L’andamento della temperatura attraverso lo spessore del cilindro dipende da tre contributi:

1. 2k : contributo costante che dipende dalle condizioni al contorno imposte.

2. 1 lnk r : termine logaritmico, dipendente anch’esso delle condizioni al contorno

imposte.

3. 21 '''

4

qr

k : termine parabolico che dipenderà dalle caratteristiche geometriche e

di conducibilità del mezzo, nonché dalla generazione di calore.

Page 85: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 85/175

Possiamo rappresentare graficamente i tre contributi singolarmente:

Figura 2-27 Contributi all’andamento della temperatura nello spessore

Nel caso di cilindro pieno, il termine logaritmico non esiste, perché non è fisicamente

possibile, dato che l'espressione 1 lnk r , per 0r , cade in difetto. L’equazione 3.40

diventa:

2

2

1 '''                       

4

qT r r k

k (3.41)

Per determinare l’andamento della temperatura, in questo caso, bisogna solamente ricavare

il valore della costante 2k . Normalmente, come condizione al contorno, si assegna la

temperatura sulla parete del cilindro:

( ) Rr RT r T

Per cui:

2

2

1 '''

4R

qT r R T R k

k

Da cui:

2

2

1 '''

4R

qk T R

k

L’equazione 3.41 può essere riscritta come:

2 21 '''( )

4R

qT r R r T

k (3.42)

Questa relazione approssima il profilo di temperatura in un cavo elettrico percorso da

corrente o in una barretta di combustibile nucleare in cui possa assumersi '''q costante e

uniforme.

Page 86: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 86/175

L’evaporazione è invece un fenomeno fisico di passaggio di stato dalla fase liquida alla fase vapore che, a differenza dell’ebollizione, avviene sull’interfaccia liquido-vapore. L’evaporazione è normalmente un processo lento. La vaporizzazione è un fenomeno fisico di passaggio di stato dalla fase liquida alla fase vapore. Si tratta del termine che individua il passaggio di stato nelle condizioni più generali (si parla anche di vaporizzazione, ad esempio, con riferimento al processo di passaggio di stato conseguente alla nebulizzazione di un liquido in un gas che non sia saturo della sostanza nebulizzata). Si supponga di avere un contenitore chiuso contenente una sostanza pura (ad esempio acqua), presente sia in fase liquida che aeriforme, in condizioni di equilibrio termodinamico. In presenza di gravità, il liquido occuperà la parte inferiore e il vapore la parte superiore. Si ipotizzi la temperatura del fluido pari a 35°C (valore corrispondente al valore medio di agitazione delle diverse molecole di cui il fluido si compone, sia per la fase liquida che per quella vapore) Essendo la fase gassosa costituita solo da acqua, la pressione presente nella fase gassosa èpari alla pressione di saturazione corrispondente alla temperatura di 35°C e ricavabile dalle tabelle dell’acqua. Se oltre al vapore fossero presenti altri gas, ad esempio aria (che è costituita da una miscela di gas), la pressione sarebbe pari alla somma delle pressioni parziali dei singoli gas oltre al

vapor d’aqua ( ip ) e della pressione parziale del contributo del vapor d’acqua

( ).

2_i contributo H Op p p

Si ha saturazione del vapore nell’aria se la pressione parziale del vapor d’acqua eguaglia la pressione di saturazione a 35°C. Si definisce umidità relativa dell’aria il rapporto tra la pressione parziale del vapor d’acqua e la pressione di saturazione a 35 °C:

2 . .H O

sat

pu r

p

Le molecole di acqua in fase liquida presentano un’energia di agitazione variabile su uno spettro ampio; le molecole di vapore hanno la stessa caratteristica, presentando tuttavia valori di energia superiori a quelli della fase liquida. Nel liquido, in equilibrio col suo vapore, il trasferimento di massa all’interfaccia può essere rappresentato come un sistema in equilibrio dinamico in cui il numero di molecole che in un certo intervallo temporale abbandonano la superficie del liquido verso lo spazio occupato dal vapore eguaglia il numero delle molecole di vapore che attraversano l’interfaccia verso il liquido. Nel caso in cui si abbia un flusso netto di molecole di liquido che tendono a diventare vapore, si ha il fenomeno dell’evaporazione. La condizione per cui si ottiene il fenomeno di evaporazione è che la pressione del vapore al di sopra dell’interfaccia con il liquido sia più bassa rispetto a quella di saturazione; nel caso in cui la pressione del vapore eguagli quella di saturazione, il numero di molecole di liquido che passano in fase vapore eguaglia il numero di molecole di vapore che ritorna in fase liquida. L’ebollizione è un fenomeno diverso da quello sopra descritto:in questo caso, si ha passaggio di stato liquido-vapore in seno al liquido stesso: tale fenomeno si manifesta attraverso la generazione di bolle in seno al liquido. Tra i meccanismi di trasferimento del calore, l’ebollizione è certamente uno dei più diffusi nelle applicazioni industriali, sia per via sia delle molteplici applicazioni del vapore, sia

Page 87: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 87/175

dell’elevata efficienza del meccanismo di trasferimento di calore per ebollizione (che induce ad utilizzare questo fenomeno nei casi in cui si voglia asportare calore da un altro fluido in maniera molto efficiente). Dopo l’acqua allo stato liquido, il vapore è il secondo fluido utilizzato in campo industriale. Numerose sono le applicazioni del vapore: sterilizzazione, produzione di energia elettrica, climatizzazione, cottura di cibi, impiego diretto in numerosissimi processi chimici, etc. Come vedremo, esistono diverse modalità con cui può avvenire la ebollizione; esistono situazioni in cui si ha una transizione tra una modalità di ebollizione ed un’altra, con cambiamento rapido dei coefficienti di scambio termico e delle temperature. Fino a tempi relativamente recenti, molti aspetti della ebollizione non erano stati ben individuati, per cui la scelta e la progettazione di apparecchiature finalizzate alla ebollizione era soggetta a vincoli ed a limitazioni, con l’uso ricorrente a regole “empiriche” per evitare situazioni di rischio di danneggiamento per le apparecchiature stesse. Trattando la ebollizione, si deve fare una distinzione importante tra la situazione di “ebollizione a pozza” (o “pool boiling”: in questo caso, il liquido al cui interno viene prodotto il vapore si può ipotizzare “stagnante”) e la situazione di “ebollizione in deflusso” (o “flow boiling”: in questo caso, la generazione di vapore avviene all’interno di un liquido in deflusso forzato). POOL BOILING RIVEDERE PARAGRAFATURA

3.2.5 Esperienza di Nukiyama a flusso termico imposto

Il fenomeno dell’ebollizione ha ricevuto una interpretazionecompleta (limitatamente alla

situazione di “pool boiling” che, pur complessa, è la più semplice da trattare) a seguito delle

esperienze di Nukiyama, che hanno permesso di mettere in evidenza una serie di aspetti

che caratterizzano questo complesso fenomeno.

Nukiyama immerse in un recipiente pieno d’acqua stagnante (i risultati da lui ottenuti sono,

almeno sotto il profilo qualitativo, applicabili anche ad altre sostanze), mantenuta ad una

certa temperatura (i fenomeni di seguito descritti valgonosia per fluido sottoraffreddato che

in condizioni di saturazione) ed alla pressione atmosferica, una piattina di platino, disposta

orizzontalmente, che veniva percorsa da una corrente elettrica di intensità regolabile. In tal

modo poteva far variare la potenza dissipata per effetto Joule nella piattina e, quindi, la

potenza termica ceduta da questa all’acqua (variazione del flusso termico, imposto).

CORREGGERE

Figura 2-28 Esperienza di Nukiyama a flusso termico imposto

CA

liquido

vapore

Twallq’’

Page 88: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 88/175

Applicando una differenza di potenziale V ai capi della piattina e misurando la corrente I

che scorre in essa, è possibile calcolare la potenza dissipata e quindi il flusso termico imposto (nella formula si assume che il riscaldatore sia di forma cilindrica):

2 ''P Vl Rl q D l (3.43)

Variando la tensione, varia la corrente, varia la potenza e di conseguenza il ''q .

I risultati di tale esperimento sono mostrati dal diagramma bilogaritmico nella figura

seguente.

Figura 2-29 Curva di Nukiyama

Sulle ordinate è riportato il logaritmo del flusso termico (potenza per unità di superficie) q’’ e

sulle ascisse il logaritmo della differenza tra la temperatura di parete e la temperatura di

saturazione (si sottolinea che la ebollizione dipende dalla temperatura della superficie

scldante e dalla temperatura di saturazione corrispondete alla pressione del fluido, non dalla

temperatura del fluido stesso).

A governare il fenomeno di ebollizione non è, quindi la temperatura dell’acqua, ma la

differenza tra la temperatura della parete scaldante e la temperatura di saturazione

dell’acqua corrispondente alla pressione che regna nel sistema .

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 89/175

Esiste, quindi, un legame tra il flusso termico ed il livello di surriscaldamento della parete

scaldante rispetto alla temperatura di saturazione, alla pressione considerata. Le esperienze

di Nukiyama portano agli stessi risultati sia con acqua fredda che con acqua calda, se non

viene variata la pressione.

Si consideri un recipiente d’acqua sottoposto ad un flusso termico imposto sul fondo

(situazione che si verifica in una pentola su un bruciatore). Prima che la temperatura del

fluido raggiunga 100°C, sul fondo si genera una o più bolle di vapore. Dal punto di vista

macroscopico, le bolle appaiono“ferme”, ma in realtà si ha un flusso continuo di liquido che

entra nella bolla diventando vapore che, successivamente, essendo la bolla a contatto con

del fluido sottoraffreddato, ricondensa sull’interfaccia superiore tra la bolla ed il liquido. In

questo caso, la bolla può, quidi, essere considerata come una “via di transito”. Quando il

fluido raggiunge i 100°C, tutto il vapore che si genera non ricondensa al contatto col liquido

in quanto esso si trova alla temperatura di saturazione. In tal caso, la bolla non è più una via

di transito, per cui il vapore che la alimenta non ricondensa ma ne fa aumentare il volume,

fino a che questa si stacca dal fondo e può risalire nel liquido saturo, per le forze di

galleggiamento, verso la superficie di interfaccia liquido-aeriforme.

Finché la temperatura del metallo è al di sotto dei 100°C, esso non è in grado di produrre

vapore. Dal momento in cui compare la prima bolla (stabile sul fondo scaldante), una parte

del fondo del recipiente ha certamente superato i 100°C e si nota un fenomeno di ebollizione

anche se la massa di liquido è ancora sottoraffreddata.

Esaminiamo ora, nel dettaglio il diagramma di figura 2: esso può essere suddiviso in varie

zone di seguito descritteRIVEDERE:

1. convezione naturale monofase:

partendo da flusso termico nullo e aumentando il flusso termico imposto, aumenta anche la

temperatura della parete Twall e di conseguenza la differenza di temperatura (Twall-Tsat). In

questa situazione non vengono generate bolle, quindi la parete scambia calore con il fluido

per convezione naturale. A causa dell’incremento della Twall, aumenta anche il coefficiente di

scambio termico in quanto aumenta la turbolenza del fluido.

punto A, di incipiente ebollizione: le prime bolle si formano sulla

superficie scaldante; se il liquido è saturo, queste si staccano e salgono

verso la superficie libera; diversamente, non si staccano.

2. ebollizione nucleata :

superato il punto A della figura 2 (punto di incipiente ebollizione), a parità di incremento del

flusso termico imposto, l’incremento della Twall è più basso, il che significa che la curva

cambia pendenza. In questa situazione il coefficiente di scambio termico è, evidentemente,

più elevato rispetto alla situazione precedente. Si osserva la formazione di bolle, che si

creano su punti preferenziali, detti centri di nucleazione. Se il liquido è saturo, le bolle

nascono, crescono e si distaccano con continuità formando colonne di bolle che salgono

verso l’alto. Se il liquido, invece, è sottoraffreddato, le bolle rimangono attaccate alla parete

o, eventualmente, si staccano ma poiimplodono. Questo fenomeno di formazione di bolle

garantisce coefficienti di scambio altissimi e prende il nome ebollizione nucleata (nucleate

boiling). Essendo l’ebollizione nucleata un meccanismo di scambio termico a cui sono

associati coefficienti di scambio termico h estremamente elevati, se la si può utilizzare, a

parità di potenza scambiata è possibile lavorare con superfici di ascmbio termico minori,

quindi si avranno apparecchiature più compatte, riducendo il costo dell’impianto.

superato il punto B, aumentando il flusso termico, le varie bolle possono

toccarsi e coalescere. La coalescenza, ancora, non si ha tra centri di

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 90/175

nucleazione vicini, ma si ha tra bolle di una stessa colonna; cosicché,

l’aspetto dell’ebollizione assume quello di getti colonnari continui di vapore

in seno al liquido che ancora bagna la superficie della parete. Tale

situazione si conserva fino al punto C della figura 2 .

punto C, di flusso termico massimo: la intensità di generazione di vapore

diventa così alta da ostacolare il flusso di liquido verso la parete per

reintegrare il liquido che è “sparito” essendosi trasformato in vapore. Il flusso

termico è molto elevato, la produzione di vapore molto intensa e, anche per

possibili fenomeni di instabilità delle colonne di vapore, colonne di vapore

adiacenti possono unirsi, impedendo il flusso di liquido verso la parete

scaldante che verrà interamente ricoperta da un film di vapore.

3. crisi termica e film boiling: nel punto C,a causa della creazione del film di vapore

intorno all’elemento scaldante, essendo il flusso termico imposto, si ha un brusco

salto di temperatura; tale transizione è detta “crisi termica”. Se il materiale

costituente la parete ha una temperatura di fusione minore di quella relativa al punto

E, il metallo fonde(9): per questo il flusso critico viene chiamato di Burn-out.

L’utilizzo di materiali con alte temperature di fusione ha permesso di verificare che la

temperatura di parete raggiunge improvvisamente dei valori molto elevati

nonostante il flusso termico imposto sia variato di poco rispetto alla precedente

situazione di ebollizione nucleata. Se il materiale dell’elemento scaldante resiste alle

alte temperature raggiunte quando si è formato il “cuscino” di vapore, non si ha

danneggiamento dell’elemento scaldante. In queste condizioni si può osservare che

la superficie è circondata da una guaina continua ed ininterrotta di vapore,

attraverso la quale il calore si trasmette prevalentemente per convezione ed

irraggiamento. Date le cattive caratteristiche di scambio termico delle fasi aeriformi,

tale guaina funge come isolante termico rispetto alla superficie solida; ciò spiega la

forte differenza di temperatura. Dopo che si è verificata la crisi termica,

l’evaporazione avviene all’interfaccia tra il liquido e il cuscino di vapore surriscaldato:

il vapore formato all’interfaccia tra cuscino di vapore e liquido dà origine a grosse

bolle che salgono verso l’alto. Questo tipo di ebollizione è indicata come ebollizione

a film (film boiling). Incrementando ulteriormente il flusso termico, la temperatura di

parete aumenta, ma più velocemente rispetto alla zona di ebollizione nucleata (il

coefficiente di scambio termico nel caso di film boiling, infatti, è più basso), fino a

giungere a distruzione dell’elemento scaldante.

Se ci si ferma prima con l’incremento del flusso termico imposto, non si raggiunge la

fusione del materiale; se, a partire da questo punto, si fa ridiminuire il flusso termico

imposto, si osserva che la curva che rappresenta il legame tra q’’ e (Twall - Tsat)

ripercorre lo stesso andamento registrato nella fase di incremento del flusso termico.

4. raggiunto il punto E, però, il sistema non torna alle condizioni di ebollizione nucleata;

facendo decrescere il flusso termico imposto, l’elemento scaldante tende a

raffreddarsi, ma lentamente, perchè permane il meccanismo di film boiling. Ciò vale

fino a che, al di sotto di un determinato flusso termico e di una determinata

temperatura (di Leidenfrost), finalmente il liquido torna a ribagnare la superficie

scaldante, facendo aumentare improvvisamente il coefficiente di scambio termico.

9 Nelle prime esperienzeNukiyama fu costretto ad interrompere l’esperimento a causa del

danneggiamento del riscaldatore. Fu necessario quindi ripetere l’esperimento utilizzando

materiali resistenti ad alte temperature (ad esempio Tungsteno)

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 91/175

Nella curva di Nukiyama il punto che corrisponde alla temperatura di Leidenfrost

prende il nome di secondo punto critico (punto D).

Per riottenere il bagnamento della superficie è necessario, quindi, scendere a flussi termici

imposti più bassi rispetto al flusso termico che era stato necessario per la transizione

dall’ebollizione nucleata al film boiling. Infatti,in fase di diminuzione del flusso termico

imposto dopo che si era verificata la crisi termica, superficie scaldante, ad alta temperatura e

ricoperta da vapore, mantiene le condizioni per un coefficiente di scambio termico molto

basso.

AGGIUNGERE CONSIDERAZIONI SULLA T LEIDENFROST

3.2.6 Esperienza di Nukiyama a temperatura imposta (cioè (Twall – Tsat) imposto)

E’ possibile effettuare lo studio del legame tra flusso termico e temperatura di parete

(o,meglio, differenza di temperatura tra il valore sulla parete e la temperatura di

saturazione), invece che lavorando a flusso termico imposto, lavorando a temperatura di

parete imposta.

Si consideri un tubo immerso in acqua (o altro fluido), ma percorso all’interno da un olio

diatermico ad elevata temperatura. Questa temperatura sia regolabile, in modo da far

variare la Twall (imposta) come voluto. La temperatura di parete è, infatti ed ovviamente,

funzione della temperatura dell’olio al suo interno. Per variare la temperatura di parete si

varia la temperatura del fluido, si lascia andare il sistema all’equilibrio e si misura la

temperatura di parete tramite delle termocoppie. Per conoscere il flusso termico scambiato

con il liquido, conoscendo la temperatura di ingresso e di uscita dell’olio nel tubo, si effettua

un bilancio di potenza e si ricava il valore del flusso termico.

L’analisi sperimentale, condotta seguendo questo metodo, dimostra che partendo da

temperature molto basse di (Twall - Tsat), si ottengono dei flussi tali per cui i punti

rappresentativi giacciono esattamente nei punti della curva ricavata precedentemente a

flusso termico imposto.

Imponendo la temperatura di parete, è possibile evidenziare, però, delle situazioni che nella

precedente esperienza era impossibile realizzare. Superata, infatti, una certa temperatura

imposta di parete, corrispondente al primo punto critico, non si verifica nessun fenomeno

improvviso ed irreversibile (d’altra parte, è la temperatura, questa volta, ad essere

controllata). Facendo aumentare la temperatura di parete, si ha una ridiminuzione del flusso

termico misurato. In questa zona, si ha una ebollizione “mista”, di tipo periodico, in cui

situazioni di ebollizione nucleata si alternano a situazioni di film boiling, Tale zona può

essere “percorsa” solo disponendo di un’apparecchiatura nella quale sia possibile fissare,

indipendentemente dai fenomeni di scambio, la temperatura della parete. In questa zona si

forma, periodicamente, un cuscino di vapore quando il liquido bagna la parete e si ha un

elevato flusso termico. Ma il cuscino di vapore fa diminuire il flusso termico; di conseguenza

diminuisce la produzione di vapore, il cuscino si assottiglia, fino a ribagna mento della

parete. Il cuscino di vapore, ora, è instabile e si rompe e si riforma continuamente

spostandosi sulla superficie, che non ne è ricoperta in modo continuo. Il tratto C-D ha

pendenza negativa, cioè se la differenza di temperatura (Twall -Tsat) aumenta, decresce il

flusso termico, perché la temperatura di parete è così alta che dà origine sempre più spesso

ai cuscini di vapore. Questa zona è tale per cui in certi momenti si avranno dei flussi termici

elevati e in altri momenti dei flussi termici bassi. L’alternanza di questi due fenomeni è

puramente statistica, ma al crescere della Twall, l’andamento medio di queste oscillazioni

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 92/175

tende a far diminuire il q’’. Quindi, più la temperatura aumenta, più è lungo il periodo in cui il

tubo non viene ribagnato dal liquido, fino al raggiungimento del punto di Leidenfrost.

Aumentando ancora (Twall -Tsat), si ricalcano esattamente gli stessi punti ottenuti con

l’esperienza a flusso imposto (film boiling) (ma solo nella parte dell’esperienza con

decrescente).

Successivamente, diminuendo la differenza di temperatura (Twall -Tsat), si ritrovano

esattamente gli stessi punti ricavati nella fase di (Twall-Tsat )crescente.

3.2.7 Nucleazione, crescita e distacco delle bolle

Ciò che contraddistingue e caratterizza l’ebollizione ed è responsabile degli alti valori dei

flussi termici e dei coefficienti di scambio che in sua presenza si riscontrano, è la produzione

di bolle. È fondamentale, quindi, studiare quali sono le condizioni nelle quali si può avere la

formazione delle bolle (si parla di nascita, crescita e distacco delle bolle, fenomeni che non

necessariamente si verificano tutti).

Si consideri un recipiente d’acqua allo stato liquido e ad elevata pressione, ad una certa

temperatura, che per ipotesi rimane costante durante l’operazione descritta. Si immagini di

decomprimere il liquido in un tempo “infinitamente” lungo. Inizialmente il sistema si porta in

zona di saturazione, ma se si continua a decomprimere e la temperatura viene mantenuta

costante, il fluido contenuto nel recipiente diventa vapore surriscaldato. Nella realtà

operazioni di questo tipo non possono avvenire in tempi infiniti, ma avvengono in un tempo

finito. In queste condizioni, durante la depressurizzazione si passa per una zona

metastabile, nella quale il fluido è ancora liquido nonostante sia uscito fuori dalla campana di

saturazione (curva di Andrews). All’improvviso ad un certo valore della pressione, si avrà

una repentina vaporizzazione e si vengono, così, a creare delle bolle. Perché una bolla

possa nascere, quindi, è necessario che si crei un disequilibrio termodinamico all’interno del

fluido.

Analogamente, partendo da vapore surriscaldato e comprimendolo a T = cost, si avrà la

formazione di liquido solo a ( )satp p T .

INSERIRE LA FIGURA E COMMENTARE

Consideriamo, ora, un recipiente contenente un liquido in equilibrio con il suo vapore che lo

sovrasta. Sono due fasi della stessa sostanza e valgono le condizioni di equilibrio:

pl = pv

Tl = Tv = Tsat

Quueste relazioni valgononel caso diun’interfaccia liquido-vapore piana.

Invece, per ottenere una bolla all’interno di un liquido, la temperatura del liquido, uguale a

quella del vapore, dovrà essere superiore alla temperatura di saturazione corrispondente

alla pressione del liquido. E quindi, bisogna che si verifichino queste condizioni:

pv> pl

Tl = Tv> Tsat(pl)

Per calcolare di quanto deve essere superiore la pressione del vapore rispetto alla pressione

del liquido, perché la bolla esista, bisogna eseguire un bilancio di forze.

Si supponga di avere una bolla di forma sferica di raggio r (Figura 3-19).

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 93/175

Figura 2-30: Parte superiore di una bolla sferica di raggio r

La bolla è soggetta alle seguenti forze:

forza di schiacciamento (2

lr P ): esercitata dal liquido che, pressurizzato, tende a

far implodere la bolla (attenzione: la pressione esercita una forza di compressione

su tutta la superficie della bolla; con riferimento ad un’area dA, la forza p x dAsarà

diretta ortogonalmente alla parte di superficie relativa all’area considerata. La forza

di schiacciamento si ottiene proiettando la sommatoria dei vettori p x dA sulla

direzione ortogonale alla superficie che taglia a metà la bolla sferica AGGIUNGERE

L’INTEGRALE)

forza di schiacciamento dovuta alla tensione superficiale (2 r ): nasce

dall’interfaccia liquido-vapore, tende a minimizzare la sua superficie e tende a far

implodere la bolla;

forza di “esplosione” che deriva dalla pressione interna del vapore della bolla, che

tende a farla “esplodere” (2

vr P ) (per la sua determinazione valgono le stesse

considerazioni effettuate per l’effetto della pressione esterna).

Sommando i vari contributi:

2 22l vr P r r P

2

v l(P P ) πr 2πr σ

Dividendo per r CORREGGERE, si ottiene:

v l

2σp p

r (3.44)

La condizione di esistenza di una bolla è, quindi, v l

2σ(p p )

r .

La nascita delle bolle avviene nelle cavità che sono caratteristiche del materiale che

costituisce la superficie scaldante. Qualsiasi materiale considerato, pur sembrando liscio dal

punto di vista macroscopico, presenta, a livello microscopico,delle rugosità, le quali, in

corrispondenza a cavità di forma opportuna,creano le condizioni per la formazione di“germi”

di nucleazione.

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 94/175

Figura 2-31: nascita della bolla

Si consideri un recipiente contenente un liquido al quale si possa fornire calore dal basso. Si

avrà la massima temperatura sul fondo, ed è da lì che nasceranno le bolle. Inizialmente

ipotizziamo di non fornire calore.Supponiamo che il liquido sia acqua, alla temperatura

(media) di 100°C. Statisticamente, le molecole d’acqua avranno dei livelli di agitazione

termica differenti. Quindi, esisteranno molecole “poco” energetiche,ma anche molecole

molto energetiche. Queste ultime andranno ad accumularsi nelle cavità presenti sulla parete

di contenimento e, quindi, sulla parete del fondo: infatti è all’interno di esse che si trovano le

condizioni che favoriscono la nascita delle bolle. All’interno della cavità, l’interfaccia liquido-

vapore è piatta. Quindi dato che:

v l

2σp p

r

nella cavità r tende ad infinito e questo valore annulla il secondo termine della disequazione.

Nelle cavità è sufficiente un pressione del vapore minore (pari a quella del liquido) perché ci

sia presenza di vapore. Fornendo calore dall’esterno al fondo del recipiente, si facilita la

creazione, sul fondo, di molecole a più alta energia, quindi aumenta l’accumulo di vapore

nella cavità fino al raggiungimento, da parte del vapore, della sommità della cavità (Figura 3-

20). Da questo momento in poi, l’aumento dell’accumulo di vapore implica una modifica

dell’interfaccia, che tenderà a curvarsi con un raggio di curvatura finito. Ij questa situazione,

ci sarà del vapore a pressione via via crescente rispetto al liquido. Se la temperatura della

parete rimane inferiore ad un certo valore, la bolla non riesce a crescere oltre un certo limite

e non ci saranno altre molecole che si aggiungeranno alla fase gassosa. Se la temperatura

della parete ha raggiunto un livello di surriscaldamento sufficiente, il fluido che lo lambisce si

porta anch’esso ad un livello di surriscaldamento tale da consentire la crescita della bolla,

fino a superare il raggio corrispondente all’apertura della cavità (raggio minimo). Se la

temperatura della parete lo permette, altre molecole di vapore si aggiungeranno alla bolla,

che aumenterà di volume (e, quindi, riaumenterà il suo raggio). In questa condizione la

pressione interna del vapore vince l’effetto di schiacciamento della tensione superficiale, che

corrisponde all’effetto di schiacciamento massimo, e la bolla continua a crescere fino a che

le forze di galleggiamento saranno tali da strapparla dalla parete e farla salire verso la

superficie (il distacco avverrà solo se òa zona liquida in cui è cresciuta la bolla si trova al di

sopra della temperatura di saturazione; diversamente, la bolla non si staccherà e

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 95/175

raggiungerà una situazione di equilibrio: il vapore aggiuntivo che la alimenterà dal basso

ricondenserà sulla superficie superiore a contatto con liquido sotto raffreddato).

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 96/175

Per ricondurre la relazione di disequilibrio in termini termici, si utilizza l’equazione di

Clapeyron:

fg

fg sat

h dp

v T dT

(3.45)

pertanto:

fg sat

fg

v TdT  dp

h

fg sat

v sat v l

fg

v TT T     p p

h

dove fgv è la differenza dei volumi specifici della fase vapore e della fase liquida, fgh è il

calore latente di vaporizzazione, satT la temperatura di saturazione.

Questa relazione indica quanto il vapore deve essere surriscaldato perché ci sia una

differenza di pressione (pv – pl). Facendo riferimento alla condizione di esistenza della bolla,

la differenza di temperatura (grado di surriscaldamento rispetto alla saturazione) necessaria

per la esistenza della bolla è pari a:

fg sat

v sat l sat

fg

v T 2σT T  T T

h r

Spesso all’interno del liquido sono presenti anche dei gas disciolti, che favoriscono la

formazione delle bolle, e la relazione di equilibrio che tiene in conto la presenza dei gas

disciolti è :

v  l g

2σp  p        p

r

dove pg è la pressione dei gas disciolti. In questo caso la differenza di temperatura

necessaria a far esistere la bolla di raggio r è pari a:

fg  sat

v sat

fg

v T 2σT T     p  

h rg

Come si può notare, la presenza dei gas disciolti (che si riscontra sempre nei casi reali)

favorisce la formazione della bolla poiché riduce il ΔT necessario.

Il raggio di una bolla all’equilibrio, in funzione di un surriscaldamento ΔTsat , è pari a:

*

2   

sat fg

fg sat

T vr

h T

(3.46)

Nel fenomeno dell’ebollizione, ci sono due fasi concettualmente separate:

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 97/175

1. il tempo che deve trascorrere prima che si creino le condizioni perché si verifichi la

nascita della bolla (f); 2. il tempo legato alla crescita fisica della bolla fino a quando essa si stacca dalla

parete scaldante (c).

L’intervallo di tempo che intercorre tra la nascita di una bolla e quella successiva sarà

pertanto pari a:

= f +c

Quando la bolla si stacca dalla parete, trascina anche una porzione di strato limite di liquido,

che è più caldo rispetto al resto della massa liquida. La superficie scaldante viene

raffreddata dal liquido che sostituisce la porzione di strato limite che è stata trascinata via.

Successivamente, ci vorrà del tempo affinché si ricreino le condizioni necessarie perché si

riformi una nuova bolla. Inoltre, i gas disciolti, che favoriscono la formazione delle bolle,

impiegheranno anch’essi del tempo prima di diffondere nel liquido e raggiungere la cavità.

I punti di nucleazione dipendono dal tipo di lavorazione della superficie scaldante. Se essa è

molto rugosa, sono presenti numerosi punti di nucleazione e lo scambio di calore è più

efficiente rispetto al caso di una superficie liscia. La bolla non aderisce completamente al

fondo, ma ciò che la alimenta e che le permette di crescere è il liquido che raggiunge la zona

della cavità.

Lo scambio termico per ebollizione è molto efficiente per due ragioni:

a) Il liquido che entra nella cavità assorbe calore e si riscalda fino alla temperatura di

saturazione, successivamente cambia di stato e quindi il suo contenuto energetico

corrisponde alla somma di calore latente di vaporizzazione e di calore sensibile.

Quando la bolla si stacca dalla superficie scaldante, porta questo contenuto

energetico in seno al liquido.

b) La bolla, staccandosi, porta con sé una porzione di strato limite che è più caldo

rispetto al resto della massa liquida.

Per l’ebollizione non si può definire un coefficiente di scambio termico “locale”, ma un

coefficiente di scambio macroscopico, che terrà conto della presenza di siti di nucleazione.

Raggiunta la completa nucleazione, il numero di siti di nucleazione sarà, in generale,

indipendentemente dal valore del flusso termico (fintanto che il fenomeno sia di ebollizione

nucleata): all’aumentare del flusso termico imposto aumenterà il rateo di formazione delle

bolle dai siti “attivi”.

3.2.8 Crisi termica

La crisi termica è un fenomeno non desiderato, nel quale l’efficiente meccanismo di

scambio termico per ebollizione nucleata viene improvvisamente meno, in quanto il

refrigerante non è più in grado di smaltire il flusso termico generato dalla superficie

scaldante.

Nel caso dell’ ebollizione nucleata, abbiamo visto che lo scambio termico viene assicurato

dal fatto che la superficie scaldante viene continuamente ribagnata dal liquido dopo che una

bolla si è staccata da essa.

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 98/175

Le bolle si formano nelle cavità di nucleazione e crescono finché si staccano e salgono

attraverso il liquido. Se il flusso termico di parete aumenta, la frequenza di generazione di

bolle aumenta: le bolle si avvicinano sempre di più fino a toccarsi e coalescere formando

colonne di vapore ( crescerà inizialmente anche la densità superficiale di cavità attive, per

poi stabilizzarsi).

Questi getti di vapore in ascesa si muovono in controcorrente rispetto al liquido che

discende, il quale, toccando la parete scaldante, vaporizza nei siti di nucleazione.

L’interfaccia tra le due correnti (liquido in contro flusso con il vapore) è ondulata e le onde

aumentano in ampiezza con il flusso termico finché si “rompe” l’interfaccia tra le fasi (criterio

di instabilità di Helmholtz). Il liquido non può più raggiungere la parete scaldante e avviene la

crisi termica. In tali circostanze il liquido rimane “bloccato” ed il vapore arriva ad avvolgere

tutta la superficie scaldante. Dato che i coefficienti di scambio per convezione con il vapore

sono piuttosto bassi, la formazione del cuscino di vapore farà aumentare la resistenza al

trasferimento di calore. La superficie scaldante non sarà opportunamente refrigerata ed,

avendosi un flusso termico imposto, potrà raggiungere delle temperature molto elevate che

possono far fondere il materiale. Se, invece, lo scambio termico avviene a temperatura

imposta e la temperatura della parete scaldante è inferiore a quella di Leidenfrost, nel

momento in cui la bolla lascia la superficie, questa viene sempre ribagnata dal liquido,

assicurando lo scambio termico. Lo scambio termico tra parete e liquido, quando si è creato

il cuscino di vaore intorno all’elemento scaldante, avveine per ebollizione a film (“film

boiling”).

Quindi la crisi termica di Burn-out avviene quando il flusso termico raggiunge dei valori così

elevati che la parete si ricopre di uno strato di vapore, interrompendo il contatto con il

refrigerante allo stato liquido.

SPOSTARE LA CRISI TERMICA PER DRY OUT

La crisi di Dry-out (di cui parleremo parlando di “flow boiling”) è un tipo di crisi termica

diversa ed avviene quando il refrigerante a contatto con la parete è solo vapore non perché

sia stato raggiunto un flusso termico eccessivo, ma in quanto sono stati raggiunti titoli così

alti da far scomparire il liquido a contatto con la parete. Allora, la parete si asciuga

improvvisamente, raggiungendo temperature molto elevate, ma non così elevate come

quelle raggiunte nel Burn-out, perché la presenza di fiotti liquidi che ribagnano la parete

portano a moderare le temperature. Il raggiungimento del punto di Dry-out porta ad un

incremento della temperatura della parete, che è caratterizzato da forti oscillazioni a causa

della formazione di fiotti liquidi casuali che bagnano la parete. Lo scambio termico in

condizione di post Dry-out è il cosiddetto: “liquid deficient region heat transfer”. Esso è

sostanzialmente una convezione forzata fra parete e vapore, che tiene in considerazione

l’assorbimento di calore da parte delle goccioline di liquido disperse nel vapore. Il

coefficiente di scambio termico, dopo essere diminuito fortemente ad inizio fase di Dry-out,

cresce leggermente. Quando il vapore non trascina più liquido, si ha convezione forzata

monofase.

Sia la crisi termica per Burn-out che quella per Dry-out sono indici di un deterioramento

dello scambio termico (da cui il termine di crisi termiche); in entrambe si passa da una

situazione di bagnamento ad una di non bagnamento della superficie, ma nel Burn-out (a q’’

imposto) si ha un fenomeno istantaneo e irreversibile con incrementi molto marcati di

temperatura, mentre nel Dry-out l’incremento di temperatura è meno marcato.

Nei PWR si può avere crisi termica solo di tipo Burn-out. Nei BWR teoricamente si possono

avere entrambe le crisi termiche, di Dry-out e di Burn-out. Si può avere Dry-out solamente

in uscita dal nocciolo (nella parte finale delle barrette di combustibile), dato che gli elevati

titoli dovuti ad un’eventuale eccessiva potenza termica inducono una forte riduzione

dellaportata della fase liquida, che porta all’asciugamento della parete. È anche vero che in

Page 99: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 99/175

questa zona del nocciolo del reattore si hanno i flussi termici più bassi (per la presenza di

vapore che è uno scarso moderatore). Questo porta a possibili danneggiamenti delle guaine

dovuti a variazioni, nel tempo, della temperatura delle guaine, che non sono di grande

ampiezza. Ne consegue che la crisi termica per Dry-out nei BWR è meno problematica di

quella di Burn-out nei PWR 8in cui si ha, come visto, un incremento repentino e consistente

della temperatura delle guaine). Nei BWR è possibile, in linea di principio, avere anche una

crisi termica di Burn-out. Se si introducesse, in un Δτ piccolo, una elevata reattività, tale da

portare un incremento repentinodi flusso termico, si potrebbe avere un fenomeno di Burn-

out locale. Tuttavia, i valori del flusso neutronico, in questo tipo di reattori, sono più bassi

rispetto a quelli dei PWR, e quindi l’obiettivo di sicurezza è quello di non raggiungere un

flusso termico così elevato da avere crisi termica di Dry-out nella parte superiore del

nocciolo.

3.2.9 Correlazioni empiriche

Ebollizione nucleata

Un parametro importante per lo studio del pool boiling è il diametro della bolla al momento

del distacco. Utilizzando la teoria della capillarità, Fritz formulò un’equazione differenziale

che descrive l’equilibrio tra forza di gravità e forza di tensione superficiale. Di seguito è

riportata una soluzione approssimata dell’equazione che esprime il diametro della bolla al

momento del distacco:

12

20,0148 c

b

l v

gD

g

(3.47)

dove α è l’angolo di bagnamento (indica quanto è bagnabile un materiale), è la tensione

superficiale,g(l - v )è la forza di galleggiamento.

Esistono delle relazioni che forniscono il valore del q’’ per cui si verifica la transizione da

bolle isolate di vapore a flussi di vapore colonnari per superfici orizzontali, come ad esempio

la relazione di Berenson:

14

1'' 20,11transiz v fg

l v

gq h

(3.48)

dove pv è la densità di vapore, hfg è il calore latente di evaporazione, è il coefficiente di

dilatazione, g l’accelerazione di gravità, la tensione superficiale.

È’ una correlazione empirica ed è valida solo nelle condizioni particolari in cui è stata

ricavata.

La struttura della correlazione che meglio si presta a rappresentare lo scambio termico in

ebollizione nucleata è la seguente:

''p 2 0,0148

nn m

wall sat p

q

fg q fg l l v l

c T T cqc

h c h g k

(3.49)

dove

Page 100: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 100/175

cq è un coefficiente che dipende dall’accoppiamento del materiale (materiale

scaldante/natura del fluido);

β è l’angolo di bagnamento tra il fluido e il materiale.

Utilizzando valori pari a 0,33 e 1,7, rispettivamente, per gli esponenti n ed m, si ottengono

risultati accettabili.

Questa correlazione può essere utilizzata, in opportune condizioni, nel caso dei generatori

di vapore. È una correlazione empirica, ed alcuni dei parametri che in essa compaiono non

hanno alcun significato fisico; essa è valida solo nelle condizioni particolari in cui è stata

ricavata.

Da questa correlazione si evince che il flusso termico dipende da wall satT T ,

conformemente a quanto affermato da Nukiyama. Questa correlazione mostra che il calcolo

del coefficiente di scambio per ebollizione nucleata non è semplice e diretto come nel caso

della convenzione naturale o di quella forzata '' ( )wall bulkq h T T ; il calcolo del coefficiente

di scambio è più laborioso, trattandosi di una correlazione implicita.

Tra le grandezze che influenzano il fenomeno dell’ebollizione, presenti in questa

correlazione, vi sono il calore latente e il calore specifico della fase liquida. Inoltre:

Il termine 2 0,0148

n

q

q

cc

, che si indica con Csf , tiene conto dell’interazione

tra il tipo di materiale, che compone il sistema che sta fornendo calore, e la natura

del fluido.

Il termine

''

l

 μ

n

fg l v

q

h g

mette in contrapposizione la tensione

superficiale con una forza di galleggiamento, quindi un fattore che tende a tenere la

bolla attaccata alla parete con un fattore che tende a farla salire in superficie.

Il termine pc

k

è il numero di Prandtl. Si evince la dipendenza del fenomeno anche

dalla conducibilità del fluido: essa influenza il comportamento dello strato limite di

liquido a ridosso dalla parete.

Questa correlazione può essere utilizzata sia nel caso in cui si debba progettare un sistema

a ''q imposto che nel caso di un sistema a T imposta. In questo secondo caso, ciò che sarà

usata, tuttavia, non sarà la temperatura di parete, ma quella del fluido scaldante (che

fornisce il calore alla parete di cui assumiamo imposta la temperatura) e si dovrà procedere

in modo iterativo: ipotizzando un ''q è possibile ricavare la Twall, e sulla base delle condizioni

del fluido refrigerante e del coefficiente di scambio h ottenuto, è possibile risalire alla

resistenza globale di scambio termico e quindi è possibile calcolare un nuovo valore di ''q

che sarà diverso da quello iniziale. Si procede in maniera iterativa.A titolo d’esempio, in

Tabella 3-1 sono riportati i valori di sfC per alcuni tipi di accoppiamenti metallo/fluido.

Accoppiamento sfC

acqua – nichel

acqua – rame

acqua – ottone

0.06

0.013

0.06

Page 101: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 101/175

benzene – cromo

alcool etilico – cromo

alcool isopropilico – rame

0.01

0.0027

0.0025

Tabella 3-1 Esempi di valori di sfC

Burn-out

Per la determinazione del flusso termico critico, o di Burn-out, nel tempo sono state proposte

numerose correlazioni. Nonostante si faccia riferimento alla stessa situazione, queste

correlazioni sono completamente differenti sia per i coefficienti, che nella struttura formale.

La scelta tra le numerose correlazioni disponibili in letteratura dipende dal tipo di geometria,

dalla natura del fluido e dalle sue condizione operative.

Una correlazione, riportata solo a titolo esemplificativo, è la seguente:

10,64

''

2143     l v

fg v

v

a BTUq h

g ft h

CHECK

dove a è l’accelerazione alla quale è soggetto il fluido.

Un'altra correlazione è:

14

''

20,131

l v

critico fg v

v

gq h

Il flusso termico critico di Burn-out con ''q imposto è distruttivo, e la progettazione di una

apparecchiatura in cui si verifiche ebollizione va condotta in modo tale che il flusso termico

nel punto più caldo dentro il sistema sia sufficientemente inferiore ad esso, per motivi di

sicurezza.

Film boiling

Se il flusso termico dalla parete al fluido (liquido) che la lambisce è sufficientemente elevato,

si verifica la condizione di film boiling (come fase successiva a quella di Burn-out in un

sistema a flusso termico imposto, oppure come effetto di una elevata temperatura di parete

imposta). Questo meccanismo di scambio termico di ebollizione è generalmente

indesiderato, in quanto lavorando a flusso termico imposto, la parete si trova ad una

temperatura altissima che – se non porta ad un danneggiamento brusco - comunque

favorisce reazioni di ossidazione.

Se, invece, si lavora a temperatura imposta, non si ha un effetto diretto di danno, ma

comunque il film boiling è caratterizzato da una minore efficienza di scambio termico (minor

coefficiente di scambio termico) rispetto alla condizione di ebollizione nucleata. In

determinati casi, invece,altre motivazioni costringono a lavorare, volutamente, con film

boiling.

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 102/175

Tuttavia se l’obiettivo è produrre vapore, è molto più pratica e sicura l’ebollizione nucleata,

che garantisce coefficienti di scambio molto elevati, con la conseguenza di ridurre il

coefficiente globale di trasmissione del calore e di limitare le dimensioni ed i costi della

apparecchiatura di scambio termico. Inoltre, con l’ebollizione nucleata il meccanismo di

scambio termico è estremamente affidabile (purché il flusso termico sia sufficientemente

inferiore a quello di Burn-out). Questo è il motivo per cui i generatori di vapore comunemente

utilizzati nei reattori nucleari hanno una zona di ebollizione nucleata, in cui non si

raggiungono titoli elevati e successivamente si separa il liquido dal vapore per mezzo dei

separatori di fase.

Un’altra situazione tipica in cui si ricorre all’ebollizione nucleata è quella in cui si vuole

raffreddare rapidamente un fluido caldo. Per un raffreddamento rapido e drastico si cerca di

sfruttare l’ebollizione nucleata e non il film boiling, in quanto essa garantisce dei coefficienti

di scambio più elevati.

Nonostante sia “preferita” la ebollizione nucleata, è comunque necessario conoscere le

correlazioni tipiche del film boiling, sia perché a volte si vuole operare con tale

fenomenologia, sia perché in tal modo è possibile prevedere le condizioni in cui viene a

lavorare un sistema progettato per operare con ebollizione nucleata, in tutti quei casiin cui,

per motivi di guasto o situazioniincidentali, si ha perditadell’ebollizione nucleata.

A titolo di esempio, una correlazione che permette di calcolare il coefficiente di scambio in

situazione di film boiling è la seguente:

13 ' 4

0,943v fg l v

v wall sat

k g hh

L T T

È una correlazione esplicita. Non compaiono le caratteristiche del liquido ma solo quelle del

vapore. La conducibilità del vapore vk , incide moltissimo sul trasferimento di calore. È

presente anche la viscosità del vapore. Il termine l v indica quanto il vapore che si è

formato intorno al tubo tende a sfuggire, dato che c’è del liquido che tende a rimpiazzarlo

(effetto del galleggiamento).'

fgh non è il calore latente vero, ma tiene conto di una capacità

termica aggiuntiva di trasferimento di calore da parte del fluido nel momento in cui

vaporizza.

'   1 0,5

v wall sat

fg fg

fg

c T Th h

h

e quindi:

'  

2

v wall sat

fg fg

c T Th h

Ne consegue che la capacità di assorbimento di calore da parte del vapore è legata

sicuramente al calore latente, ma anche al calore specifico della fase vapore, che deve

passare dal valore Twall ad un valore intermedio tra Twall e Tsat.

Page 103: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 103/175

Nel caso in cui la temperatura di parete dovesse raggiungere valori talmente alti da far

diventare rilevante il fenomeno dell’irraggiamento, si propone di calcolare il coefficiente di

scambio aggiungendo un ulteriore contributo: il coefficiente globale di scambio termico sarà

dato dal coefficiente di scambio calcolato in precedenza più 0,75 volte un coefficiente di

scambio per irraggiamento:

0,75t rh h h

dove hr è pari a :

4 4

wall sat

r

wall sat

F T Th

T T

dove è la costante di emissione dell’energia raggiante e F è il fattore di vista.RIVEDERE

Temperatura di Leidenfrost

La temperatura di Leidenfrost identifica il livello di temperatura più basso per un possibile

film boiling stabile.

Ci sono delle situazioni nelle quali si vuole raffreddare rapidamente un prodotto che si trova

ad alta temperatura. Se questa temperatura è maggiore di quella di Leidenfrost, non è

possibile raffreddare il materiale usando un liquido (bagnandolo), in quanto non ci sarebbe

un contatto tra illiquido e la parete, ma si verificherebbero delle “zone” di ribagna mento solo

dopo che queste zone sono scese sotto la temperatura di Leidenfrost. In un processo

continuo di raffreddamento (ad es., di coil di acciaio), ci sarebbero delle zone che si

raffredderebbero prima di altre, creando delle disomogeneità strutturali nel materiale.

Da qui la importanza di definire con precisione il valore della temperatura di Leidenfrost. Nel

caso di un processo di produzione metallurgica, ad esempio, è necessario utilizzare dei

meccanismi di raffreddamento meno efficienti, fino a che la temperatura non scende al

disotto della temperatura di Leidenfrost, per evitare di raffreddare il materiale in maniera

disomogenea.

Una correlazione che fornisce il valore del flusso termico minimo per superfici orizzontali,

che corrisponde alla temperatura di Leidenfrost è:

14

''

2

g l v

min fg v

l v

gq c h

FLOW BOILING RIVEDERE PARAGRAFATURA

3.2.10 Ebollizione forzata (flow boiling)

Si consideri un tubo verticale, percorso da un fluido leggermente sottoraffreddato, in cui

venga imposto un flusso termico uniforme e costante lungo tutta la sua altezza (Figura 3-

21). La analisi dei fenomeni di ebollizione in questo caso (flow boiling) è più complessa

rispetto al caso descritto da Nukiyama (pool boiling), in quanto, in questo caso, ai numerosi

fattori che la influenzano il comportamento delle due fasi e, quindi, le “situazioni” che

Page 104: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 104/175

possono verificarsi (abbiamo visto, diverse modalità di scmabio temrico, crisi termica,

bagnabilità della parete, etc.) si aggiunge anche un altro fattore di influenza, la velocità del

liquido (supporta nota ed imposta), che complica le cose rispetto ad una situazione di fluido

stagnante.

Figura 2-32: Tubo soggetto ad un flusso termico costante attraversato da un fluido

Una grandezza fondamentale per la descrizione dell’ebollizione forzata è il titolo

termodinamico, che varia lungo l’asse verticale z ed è pari a:

( )

( )

l

v l

h z h Px z

h P h P

dove h z è l’entalpia del fluido alla quota z , (lh P ) è l’entalpia di saturazione della fase

liquida alla pressione P del sistema e vh P è l’entalpia di saturazione della fase vapore

alla pressione P del sistema.

Questa grandezza permette di capire quanto vapore è stato prodotto, alle diverse quote,

basandosi su un bilancio termico. Se il fluido viene iniettato da una pompa, conoscendo la

potenza termica complessiva immessa fino alla quota z e la portata ponderale, si può

definire h z come:

0

Г

ziniziale

Ph z h

dove 0  zP ,se ''q è uniforme, è pari a:

''

0 2zP q z r

Se invece''q non è uniforme:

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 105/175

''

0

0

2

z

zP q dz r

Con un semplice bilancio termico, è possibile ricavare l’entalpia e quindi il titolo

termodinamico del fluido, dal quale è possibile ricavare il quantitativo di liquido che è

diventato vapore lungo il condotto.

CAPITOLO DIVERSO

3.2.11 Deflussi bifase

Nei sistemi bifase si hanno due fasi, per definizione. In un sistema stagnante le due fasi

sono perfettamente separate, mentre in una situazione di deflusso le due fasi sono in genere

mescolate. La distribuzione nello spazio delle due fasi dipende da molti fattori, tra cui la

densità di ciascuna fase, l’apporto di calore, la portata specifica di massa di ciascuna fase

della miscela, etc.

3.2.12 Deflusso verticale ascendente

E’ possibile distinguere diverse tipologie di deflusso. Facendo riferimento ad un condotto

ascendente e ipotizzando che non vi sia trasferimento di calore, possiamo distinguere:

Deflusso a bolle o bubbly flow

Per avere un deflusso a bolle bisogna avere un quantitativo di vapore limitato,

perché se il titolo aumenta si ha la tendenza alla coalescenza del vapore. La velocità

del liquido deve essere elevata, come anche la turbolenza, per facilitareil

frazionamento delle bolle di vapore.

Deflusso a tappi o slug flow

Per titoli di vapore piuttosto elevati e per portate non eccessivamente elevate, si ha

un deflusso a tappi. Esso prevede delle grandi bolle di vapore(dal diametro pari a

circa quellointerno del tubo), con la parte superiore arrotondata e con delle code

composte da bollicine di vapore.

Questo tipo di deflusso è quello che si preferisce nei sistemi a circolazione forzata

con titoli non trascurabili, ma soprattutto in sistemi a circolazione naturale. I tappi,

infatti, se hanno la dimensione della tubazione, trascinano il liquido.

Deflusso “Churn flow”

Se, rispetto al moto a tappi, si incrementa ulteriormente il titolo di vapore, i tappi

tendono a coalescere, dando vita al deflusso “churn”. In tale deflusso si hanno delle

formazioni allungate di vapore, con il liquido aderente alle pareti. Questo moto è

irregolare e si preferisce evitarlo nei sistemi sia a circolazione naturale che forzata.

Deflusso anulare

Per titoli ancora più elevati, con portate sostenute, si osserva la tendenza del vapore

a defluire in una colonna centrale, confinando il liquido alle pareti. Questo moto

Page 106: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 106/175

prende il nome di deflusso anulare. In esso il vapore ha una velocità elevata rispetto

al liquido.

Deflusso disperso

Si ha quando il quantitativo di vapore è talmente alto da farlo prevalere sulla fase

liquida all’interno del condotto. In tal caso la forza di interfaccia strappa il liquido

dalla parete che ha come conseguenza la frammentazione del liquido. Il liquido,

composto da goccioline, viene trascinato dal vapore.

Riportiamo in Figura 2-33 la rappresentazione dei deflussi appena descritti.

Figura 2-33: Deflusso per condotto ascendente

Page 107: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 107/175

Il tipo di deflusso influenza il comportamento della miscela bifase, sia sotto ilo profilo del

moto che del trasferimento di calore. Da qui la necessità di poter prevedere, nella situazione

che si sta considerando, quale tipo di deflusso possa instaurarsi.

Attraverso delle raffigurazioni grafiche è possibile individuare delle “zone di esistenza” dei

diversi tipi di deflusso, che saranno definite mediante la valutazione di certi parametri

caratteristici della miscela bifase.

Queste rappresentazioni grafiche prendono il nome di “mappe di deflusso”. Esse sono

importanti per capire con che tipo di deflusso si sta lavorando e se esso è il più appropriato

alla circostanza.

Per caratterizzare le mappe di deflusso spesso si utilizza la velocità superficiale della fase

liquida e della fase gassosa, date dal rapporto tra la portata volumetrica della fase in esame

(liquida o gassosa) e l’area totale del condotto.

g

g

tot

QJ

A e l

l

tot

QJ

A (3.50)

Una correlazione sperimentale valida per il moto a tappi che lega le grandezze suddette è la

seguente:

1

4

23 1,15

l g

l g

l

gJ J

(3.51)

L’individuazione del regime di deflusso bifase presente in una certa tubazione può essere

effettuata mediante una mappa di deflusso come quella di Hewitt e Roberts (1969),relativa al

flusso bifase verticale.

Figura 2-34: Mappa di deflusso di Hewitt e Roberts per flusso bifase ascendente

AGGIUNGERE IL CONCETTO DELLE CORRELAZIONI PER LE ZONE DI ESISTENZA

Page 108: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 108/175

3.2.13 Deflusso orizzontale

Nel caso di tubazioni orizzontali, si parla di deflusso orizzontale. Tutti i parametri che

influenzano il deflusso verticale, influenzano anche quello orizzontale, ma nel caso del

deflusso orizzontale le situazioni di deflusso (tipologie di deflusso) sono in numero maggiore,

per l’azione della forza di gravità: nel caso in cui si abbia un titolo molto elevato, si

presenteranno situazioni simili a quella del moto anulare già visto nel caso di deflussi

verticali; nel caso opposto, invece, si avranno regimi di deflusso simili a quello a bolle del

caso verticale. La principale differenza tra i deflussi verticali ed orizzontali consiste nella

direzione della forza di gravità rispetto alla direzione del moto del fluido: nel caso di deflusso

verticale,g è parallela alla direzione del moto, mentre nel caso di deflusso orizzontale g e

la direzione del moto saranno ortogonali. Da ciò consegue il fatto che nei regimi di flusso

orizzontale la fase vapore tenderà a collocarsi al disopra di quella liquida durante il

deflusso.Nel caso di progetti di tipo industriale (è escluso il sattore del progetto delle

fognature), in cui si hanno velocità piuttosto elevate dei fluidi, il deflusso bifase orizzontale,

se possibile, deve essere evitato, poiché nei tratti orizzontali di tubazioni percorse da

deflusso bifase è molto facile l’instaurarsi di continue variazioni delle cadute di pressione e

fenomeni oscillatori, generalmente nocivi sia sotto il profilo dei processi, che della loro

controllabilità, che dei carichi impulsivi cui sono sottoposti organi meccanici.

Deflusso a bolleorizzontale

Si ha con portate (portate specifiche di massa) elevate e titoli bassi. La forza di

gravità tenderà a “schiacciare” la fase liquida (con maggiore densità) verso il basso,

permettendo alla fase vapore di addensarsi sulla parte superiore della tubazione

sotto forma di bolle.

Deflusso a tappi o plug flow, orizzontale

In questa circostanza (titoli piuttosto elevati in un condotto con portata sostenuta ma

non eccessiva) le bolle di vapore hanno dimensioni paragonabili al diametro del

condotto, hanno una forma tondeggiante nella parte superiore. La coda, formata da

piccole bollicine, tende ad addensarsi sulla parte superiore della tubazione.

Deflusso stratificato o stratified flow

Le due fasi, liquida e gassosa, sono completamente separate. La fase gassosa si

trova nella parte superiore della tubazione, mentre quella liquida, per la gravità, è

localizzata su quella inferiore. Questo deflusso può esistere solamente in caso di

tubazioni orizzontali e con protate specifiche di massa basse per entrambe le fasi.

Deflusso a onde o Wavy Flow

Rispetto al caso precedente, per velocità del liquido più elevate, nasce una

situazione di instabilità, caratterizzata da increspature o addirittura onde sulla

superficie della fase liquida.

Deflusso intermittente o Slug Flow

Esasperando la velocità del liquido, i fenomeni ondulatori sull’interfaccialiquido-

vapore crescono fino a far occupare periodicamente al liquido l’intera sezione del

Page 109: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 109/175

condotto.Se questo avviene, in particolari condizioni, l’intero condotto potrebbe

essere ricoperto dalla fase liquida, con la fase gassosa dispersa in esso.

SOSTITUIRE

Figura 2-35: Fenomeni ondulatori all'interno del condotto orizzontale

Deflusso anulare orizzontale

Per velocità e titoli di vapore molto elevati, può crearsi un nocciolo interno di vapore

che schiaccia il liquido sulla parete della tubazione.

Deflusso disperso o DisperSed flow

Si ha quandola portata e la velocità del vapore sono talmente alte da farlo prevalere

sulla fase liquida all’interno del condotto.

La Figura 2-36 riporta una rappresentazione dei deflussi appena descritti.

Figura 2-36: Deflussi per condotti orizzontali

Page 110: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 110/175

Nel seguito è riportata qualitativamente la mappa di deflusso nel caso di deflusso

orizzontale:

CAMBIARE

Figura 2-37 - Mappa di deflusso per deflusso orizzontale

Dove Fr, in ordinata, è il numero di Froude che è proporzionale al quadrato della velocità ed

inversamente proporzionale al prodotto tra l’accelerazione di gravità ed una lunghezza

caratteristica :

2

inerziale

gravitazionale

F vFr

F gL

(3.52)

mentre Xtt , in ascissa, è il parametro di Martinelli, pari a: 0,70,50,9

1 g ltt

l g

xX

x

(3.53)

xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx

In riferimento al tubo verticale al quale sia fornito calore con q’’ uniforme, esaminiamo i

possibili tipi di deflusso ed i possibili meccanismi di scambio termico (si assume deflusso

ascendente).

Assumiamo di introdurre nel tubo dell’acqua sottoraffreddata.

Esaminiamo le diverse situazioni che si vengono a creare se la potenza fornita è tale da

poter portare il fluido allo stato di vapore surriscaldato.

Page 111: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 111/175

Figura 2-38 : Regioni di deflusso, regioni di scambio termico e corrispondenti andamenti di

alcuni parametri di interesse in un tubo verticale uniformemente scaldato.

1. Zona con deflusso monofase liquido: zona iniziale in cui vi è un deflusso monofase,

senza formazione di bolle, a causa del flusso termico basso e della temperatura bassa

del fluido. La temperatura di parete (Twall), grafico IV, sarà inferiore alla temperatura di

saturazione. Il coefficiente di scambio termico , grafico III, ha un valore basso, ma in

crescita.

2. Zona di ebollizione nucleata sottoraffreddata: aumentando il titolo, grafico IV, la

temperatura della parete tenderà a superare la temperatura di saturazione., la differenza

tra la temperatura di parete e la temperatura di saturazione è chiamata “grado di

surriscaldamento”(degree of superheat) ΔTsat= Twall - Tsat. In corrispondenza della zona B,

la temperatura è talmente elevata da permettere la formazione di bolle, in una situazione

di fluido sottoraffredato.La differenza tra la temperatura di saturazione e quella del fluido

(Tfluido) è chiamata “grado di sottoraffreddamento”(degree of subcooling) ΔTsub= Tsat–

Tfluido. Il titolo e l’entalpia (grafico I e II) sono negativi. Il coefficiente di scambio termico

raggiunge valori elevati, mentre la temperatura di parete tende a rimanere costante.

3. Zona di ebollizione nucleata in condizione di saturazione: a partire dalla quota in cui

il titolo e l’entalpia raggiungono la saturazione, le bolle prodotte sulla superficie della

tubazione si staccano da essa e si mescolano al liquido. Da questo punto in poi il titolo e

l’entalpia continuano a crescere, mentre la temperatura del liquido e quella della parete

rimangono costanti. Di conseguenza anche il valore del coefficiente di scambio termico

rimane costante. Il coefficiente di scambio termico, di ebollizione nucleata, è molto

elevato, come nella situazione di ebollizione nucleata sottoraffreddata.

I fenomeni di ebollizione nucleata sottoraffreddata e in saturazione, dal punto di vista del

trasferimento del calore, sono la stessa cosa.

4. Zona di deflusso a tappi: se il titolo all’interno del condotto aumenta, dal deflusso a

bolle si passa ad un deflusso a tappi. Questa ebollizione è pur sempre un’ebollizione

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 112/175

nucleata. La temperatura del fluido, della parete e il coefficiente di scambio termico

rimangono sostanzialmente inalterati, a differenza dell’entalpia (e titolo) della miscela

bifase che cresce.

5. Zona di delusso churn: con l’aumento del titolo della miscela i tappi coalescono e si ha

il deflusso churn. La situazione, sotto il profilo dello scambio termico, non varia.

6. Zona di deflusso anulare A: per titoli ancora più elevati, si viene a creare un deflusso

anulare. A differenza dagli altri deflussi, che garantiscono uno spessore sufficiente di

liquido alle pareti, per la formazione di bolle, nel deflusso anulare si ha un fenomeno di

trasferimento di calore tra la parete e il liquido che la bagna, di tipo convettivo,

determinato dall’esiguo spessore di liquido. Si ha vaporizzazione all’interfaccia

liquido/vapore. Il meccanismo di scambio termico prende il nome di “forcedconvective

boiling”, ed è ancora più efficiente dell’ebollizione nucleata.

7. Zona di deflusso anulare B: la portata elevata di vapore fa sì che l’interfaccia liquida

presenti fenomeni ondulatori. L’elevata velocità del vapore provoca il distaccamento di

goccioline di liquido dallo spessore che bagna la parete.

8. Zona di asciugamento o Dry-out: per titoli elevati, il progressivo assottigliamento del

film di liquido, dovuto sia al passaggio di stato, sia al fenomeno del distaccamento di

goccioline porta alla “sparizione” dello spessore di liquido alla parete: il liquido non è più

sufficiente al suo bagna mento e la superficie si “asciuga” (Dry-out). Il raggiungimento del

punto di Dry-out porta ad un incremento della temperatura della parete. L’incremento di

temperatura è caratterizzato da forti oscillazioni, a causa della formazione di fiotti liquidi

che bagnano la parete spostando, nel tempo, in modo oscillatorio, il fronte del Dry-out.

9. Zona di post-dry-out: Lo scambio termico in condizione di post Dry-out è il cosiddetto:

“liquid deficient region heat transfer”. Esso consiste sostanzialmente in una convezione

forzata fra parete e vapore, che tiene in considerazione l’assorbimento di calore da parte

delle goccioline di liquido disperse nel vapore (che, tra l’altro, possono impattare sulla

parete “bagnandola” momentaneamente, visto che la temperatura di parete non è

superiore a quella di Leidenfrost. Il coefficiente di scambio termico, dopo essere diminuito

fortemente nella fase di Dry-out, può ricrescere leggermente (l’andamento del

coefficiente di scambio dipenderà dalla quantità e comportamento delle goggioline, che

dipende da come si è giunti al Dry-out. In questa zona può esserci il raggiungimento del

titolo unitario, con goccioline immerse in un vapore surriscaldato.

10. Zona di deflusso monofase vapore: alla scomparsa delle ultime goccioline, si ha un

deflusso monofase in convezione forzata. La temperatura del fluido e della parete

aumenteranno. Il coefficiente di scambio termico aumenterà leggermente.

Si analizzino ora gli andamenti rispettivi della temperatura della parete e della temperatura

del fluido lungo la lunghezza del tubo man mano che la vaporizzazione avanza.

Nella “single phase convective heat transfer region”, la temperatura della parete è al di sopra

di quella del fluido di un valore costante, così come è relativamente costante l’andamento

del coefficiente di scambio termico.

Nella “subcooled nucleate boiling region” la differenza di temperatura tra la parete ed il fluido

decresce linearmente con la lunghezza del tubo fino al punto in cui x=0. Il coefficiente di

scambio aumenta fino al raggiungimento della ebollizione nucleata totalmente sviluppata. In

Page 113: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 113/175

alcune rappresentazioni si può trovare un andamento del coefficiente di scambio termico

crescente linearmente fino alla staurazione.

Nella “saturated nucleate boiling region” la differenza di temperatura e, quindi, il coefficiente

di scambio termico, rimangono costanti.

A causa della riduzione dello spessore del film liquido, nella “two phase forced convective

region” la differenza tra la temperatura della parete e quella di saturazione si riduce, mentre

il coefficiente di scambio termico aumenta leggermente all’aumentare del titolo.

Nel punto di Dry-Out il coefficiente h si riduce improvvisamente di una entità piuttosto

elevata.

Nella “liquid deficient region” la differenza tra la temperatura di parete e quella di saturazione

può diminuire (ma l’andamento dipende dai fenomeni avvenuti a monte), con un

corrispondente andamento del coefficiente di scambio.

Infine, nella “single-phase vapour region” (x>1) la temperatura di parete si trova di nuovo al

di sopra di quella del fluido di un valore circa costante ed il coefficiente di scambio cresce

lentamente in virtù del graduale incremento della velocità del vapore (scambio termico per

convezione in un flusso monofase di vapore).

Per comprendere meglio le situazioni che si possono verificare, riportiamo sul grafico in

Figura 2-39 il coefficiente di scambio termico ''

x

wall fluido

qh

T T

in funzione del titolo.

Figura 2-39: Coefficiente di scambio termico in funzione del titolo

Consideriamo la situazione analizzata precedentemente. Per valori negativi del titolo, si è in

situazione di sottoraffreddamento, con coefficienti di scambio che tendono a crescere

all’aumentare del titolo, curva (i) (corrispondente a valori molto bassi del flusso termico

imposto). Quando si arriva ad ebollizione, il coefficiente di scambio cresce per poi

stabilizzarsi (in figura, si stabilizza dopo la saturazione, ma può stabilizzarsi prima), per poi

aumentare nella zona di deflusso anulare in condizione di forced convective boiling. Quando

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 114/175

si raggiunge la situazione di Dry-out, il coefficiente di scambio crolla. Un nuovo incremento si

ha per effetto dell’aumento di temperatura del vapore surriscaldato. Questa curva vale per

un certo II

impostoq .

Supponiamo di incrementare il valore del flusso termico imposto. Si ottiene la curva (ii),in cui

il primo tratto, in condizione di sottoraffreddamento, ripercorre esattamente l’andamento

della curva (i). L’inizio dell’ebollizione, per valori crescenti del flusso termico, sarà anticipata.

Si raggiungono valori del coefficiente di scambio più elevati, ma soprattutto si raggiunge la

zona di forced convective boilinga titoli più bassi rispetto alla curva (i); di conseguenza, si

raggiunge la situazione di Dry-outper titoli più bassi. Per flussi termici molto elevati, curve(iii),

(iv) e (v), non si ha più Dry-out, ma una crisi termica di Burn-out(DNB). Per flussi termici

ancora più elevati, curve(vi) e (vii), si raggiunge la crisi termica in condizioni di

sottoraffreddamento.

La figura seguente mostra le varie regioni di trasferimento di calore nell’ebollizione in flow

boiling in un grafico tridimensionale che riporta sugli assi rispettivamente il flusso termico, il

titolo e la temperatura.

Page 115: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 115/175

Figura 2-40: Diagramma tridimensionale q'', x, T. Il diagramma di temperatura in Figura 2-41

corrisponde alla proiezione di tale diagramma sul piano orizzontale. Aumentando il flusso

termico si ottengono curve differenti, tali per cui l’ebollizione sottoraffreddata inizia prima, il

coefficiente di scambio termico nella zona di ebollizione nucleata è più alto ma rimane

inalterato nella zona di convezione forzata bifase. Il Dry-out si verifica per valori di titolo più

bassi.

Riportiamo sul grafico in Figura 2-41 il flusso termico in funzione del titolo. Esso mette in

evidenza le varie zone di scambio termico. Per bassi valori di flusso termico e a titoli negativi

si ritrova la zona di convezione forzata monofase con fase liquida.Per più elevati valori di

flusso termico e titoli negativi vi è la zona di ebollizione nucleata sottoraffreddata

(subcooled). Con flusso termico limitato, per titoli positivi ma non elevati si ha

ebollizionenucleata satura, seguita dal forced convective boiling. Per titoli maggiori dell’unità,

si ha la convezione forzata monofase con vapore surriscaldato.

Per valori di flusso termico elevato non si ha Dry-out, ma DNB. La linea di critical heat

fluxdelimita la zona in cui avviene questo fenomeno. Tutto quello che si trovasopra la linea

del DNB sarà la zona di Film Boiling.

Page 116: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 116/175

Figura 2-41: Flusso termico in funzione del titolo

MODIFICARE PARAGRAFATURA

3.3 La trasmissione del calore per flow boiling all’interno di

tubi dritti

3.3.1 Coefficiente di scambio per il deflusso bifase con trasferimento di calore

Il coefficiente locale di scambio termico nel deflusso bifase all’interno di tubi con

trasferimento di calore è dato, genericamente, per la zona di tubo bagnata dal liquido, da:

tp

wall sat

q''     

( )h

T T

(3.54)

dove q'' corrisponde al flusso termico locale tra la parete del tubo e il fluido, Tsat è la

temperatura locale di saturazione alla pressione locale di saturazione psat

e Twall è la

temperatura locale della parete alla posizione assiale lungo il tubo, assunta uniforme nel

perimetro del tubo. Questa è una correlazione generica; quelle che si usano nelle

applicazioni sono correlazioni specifiche, che si differenziano in funzione del tipo di deflusso

bifase.

I modelli per il flow boiling in presenza di liquido a contatto con la parete considerano due

diversi meccanismi di scambio termico: l’ebollizione nucleata (nucleate boiling) hnb e

l’ebollizione convettiva (forced convective boiling) hcb. L’ebollizione nucleata in queste

condizioni è simile a quella nel pool boiling, ad eccezione di alcuni effetti del flusso di massa

sulla crescita e il distacco delle bolle e dell’influenza della convezione forzata. Le bolle che si

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 117/175

formano all’interno di un tubo possono scivolare lungo la superficie del tubo caldo a causa

del flusso assiale di massa e quindi il processo di vaporizzazione nel microstrato al di sotto

delle bolle che crescono può essere influenzato. L’ebollizione convettiva (forced convective

boiling) è molto influenzatadal processo di convezione tra la fase liquida e quella vapore.

Nei casi in cui il deflusso anulare è molto sviluppato, si può ipotizzare che alla ebollizione

nucleata nel film liquido si aggiunga un contributo di scambio termico per convezione forzata

monofase attraverso il film, con vaporizzazione che ha luogo nell’interfaccia liquido-vapore

nel cuore centrale.

Prima di presentare i modelli di ebollizione, è interessante vedere come possono essere

paragonati e classificati in base al modo in cui i coefficienti hnb e hcb possono essere

combinati per ottenere htp attraverso la seguente legge, tipica della sovrapposizione di due

meccanismi termici:

1

tp nb cb( h )n n nh h (3.55)

Assumendo che hcb non sia funzione del flusso termico, considerazione tipica di molti

modelli di previsione per il flow boiling, hcb è una linea orizzontale.

Invece, hnb è tipicamente considerato come funzione del flusso termico, ma non della

velocità del fluido e quindi corrisponde ad esso una curva nel grafico tipica dell’ebollizione

nucleata in pool boiling. Combinando i due valori, usando come esponenti 1, 2 3 e , si

ottiene la curva di htp. Considerando n=1, la combinazione è una semplice addizione dei due

valori.

Chen (1963,1966) ha utilizzato questo approccio, ma introducendo un fattore di

soppressione per hnb e un moltiplicatore bifase per hcb. Kutateladze (1961) propose un

metodo asintotico con n=2, in cui il valore di htp tende al più grande tra i due valori. Steiner e

Taborek (1992) più recentemente proposero di utilizzare n=3. Utilizzare n= fornisce il più

grande tra i due valori, approccio proposto da Shah (1982).

Page 118: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 118/175

Figura 2-42: Legge di potenza per i modelli di flow boiling di Steiner e Taborek (1992)

3.3.2 RIVEDERE E MODIFICARE PARAGRAFATURA

3.3.3 Meccanismi di scambio termico in flow boiling (all’interno di tubi verticali piani

dritti)

Come visto, in una prima fase (flussi termici bassi e sottoraffreddamento del liquido) si ha

una convezione forzata: questo si verifica nella parte bassa dei tubi di una caldaia a tubi

d’acqua o in un evaporatore a circolazione naturale.

A titoli più alti, si formano le bolle sulla parete ed il regime di flusso comprende il deflusso a

bolle e quello a tappi; in certi casi quanto detto si seguito vale anche per una prima fase di

deflusso anulare. Con un sufficiente surriscaldamento di parete, si ha la nucleazione delle

bolle alla parete, pertanto è presente l’ebollizione nucleata entro il liquido o, a titoli maggiori,

dentro il film di liquido. Se, rispetto a questa situazione, la velocità del fluido aumenta e

cresce la convezione nel film liquido, la parete può essere raffreddata al di sotto del minimo

valore di surriscaldamento di parete necessario a sostenere la nucleazione e l’ebollizione

nucleata viene soppressa: in questo caso, lo scambio termico è solo per convezione.

Page 119: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 119/175

Quando si raggiunge il deflusso anulare completamente sviluppato, il film liquido sarà sottile

e, come visto, alla ebollizione nucleata si aggiungerà un contributo convettivo.

Se la apparecchiatura di scambio termico prevedesse un ingresso, nella zona con cessione

di calore, di una miscela bifase già in deflusso anulare, allora potrebbe verificarsi che la

temperatura di parete non è sufficientemente alta da sostenere la formazione di bolle ed

allora lo scambio termico sarebbe solo convettivo attraverso il film liquido, con formazione di

vapore solo nella interfaccia liquido-vapore.

In tutti i casi, oltre una certa quota, a causa dell’aumento del titolo e della riduzione della

fase liquida, il film liquido può asciugarsi, sia per assottigliamento dovuto al passaggio di

stato, sia per effetto dello strappamento e trascinamento operati dall’alta velocità del vapore:

quando viene meno il film liquido, si ha uno scambio termico basso. La regione è chiamata

di post dryout, ed in questa zone ci sarà un particolare meccanismo di scambio termico per

ebollizione.

1. CORRELAZIONI DI SCAMBIO TERMICO NELLA ZONA DI EBOLLIZIONE

NUCLEATA

Nella zona in cui sia ha ebollizione nucleata, non si ha differenza di comportamento tra ilpool

boilinged il flow boiling: lo scambio termico è funzione del flusso termico, 0,7''pbh q . Il

coefficiente di scambio per ebollizione nucleata pbh è determinato utilizzando una

correlazione riferita al pool boiling: può essere utilizzata, ad esempio, :

INSERIRE CORRELAZIONE EBOLLIZIONE NUCLEATA

2. CORRERAZIONI DI SCAMBIO TERMICO NELLA ZONA DI FORCED

CONVECTIVE BOILING

Nella ebollizione convettiva forzata (forced convective boiling) lo scambio termico dipende

sia dal flusso termico sia dal titolo locale del vapore e dalla sua. Quindi per predire i valori

del coefficiente di scambio termico devono essere considerati sia l’ebollizione nucleata che

uno scambio di natura convettiva. L’ebollizione nucleata tende ad essere dominante a bassi

titoli e alti flussi termici, mentre la convezione tende ad essere dominante ad alti titoli e

velocità e a bassi flussi termici. Per situazioni intermedie, entrambi i meccanismi sono

importanti.

Il contributo al trasferimento di calore per ebollizione nucleata sarà fornito da una

correlazione in cui assume rilevanza il flusso termico, mentre il contributo per lo scambio

termico convettivo pbh assumerà una forma simile a quella di un coefficiente di scambio

termico in un deflusso turbolento monofase (con struttura simile alla correlazione di Dittus-

Boelter (1930)). Le correlazioni proposte normalmente assumono, nel calcolo di del

coefficiente convettivo, che la frazione di liquido che fluisce nel canale (1 )rh x occupi

l’intera sezione del canale.

Page 120: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 120/175

Correlazione di Chen

Chen (1963,1966) propose una correlazione per la ebollizione in flow boiling per tubi verticali

in forced convective boiling che è di largo utilizzo.

Chen immaginava il coefficiente tph come somma del contributo dell’ebollizione nucleata e

del contributo convettivo:

tp nb cbh h h (3.56)

Ha ipotizzato che il ripido gradiente di temperatura nel liquido vicino alla parete in condizioni

di convezione forzata, sopprime parzialmente la nucleazione nei siti di ebollizione, quindi

riduce il contributo dell’ebollizione nucleata. D’altra parte, egli notò che il vapore formato dal

processo di vaporizzazione incrementava la velocità del liquido e quindi il contributo

convettivo allo scambio termico tende ad aumentare, come accade in un deflusso monofase

di liquido. Quindi, formulò la seguente espressione per considerare entrambi gli effetti:

tp FZS+ Lh h h F (3.57)

dove:

La correlazione di Forster e Zuber (1955) per l’ebollizione nucleata in pool boiling è

usata per calcolare il coefficiente di scambio termico per ebollizione nucleata FZ;h

Il fattore di soppressione per l’ebollizione nucleata applicato a FZ  h è S;

La correlazione di Dittus-Boelter (1930) per un deflusso turbolento entro tubi è usata

per calcolare il coefficiente di scambio termico convettivo monofase Lh ;

L’incremento della convezione nella fase liquida dovuto al deflusso bifase è dato dal

moltiplicatore bifase F.

La correlazione di Forster e Zuber è la seguente:

0.79 0.45 0.49

0.24 0.75

0.5 0.29 0.24 0.240,00122

L pL L

FZ sat sat

L LG G

k ch T p

(3.58)

CHECK

dove il surriscaldamento di parete satΔT  è la differenza tra la temperatura locale della parete

interna del tubo wall T e la temperatura di saturazione locale satT : sat wall satΔT - T T .

La differenza di pressione satΔp è ottenuta dalla differenza tra la pressione del vapore nel

fluido alla temperatura di parete wallp e la pressione alla temperatura di saturazione satp :

sat wall satp p p . In questa espressione, satΔp è misurata in 2/N m .

Il coefficiente Lh è dato dalla correlazione di Dittus-Boelter (1930) considerando che la

portata della frazione di liquido (1-x)m fluisca da sola in un tubo di diametro interno id :

0.8 o.4=0.023Re Pr L

L L L

i

kh

d

(3.59)

in cui:

(1-x)

Re iL

L

m d

(3.60)

Page 121: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 121/175

CHECKm punto

x è il titolo di vapore e m è la portata di liquido più vapore nel tubo di diametro interno id .

pL

PrL

L

L

c

k

(3.61)

Il moltiplicatore bifase di Chen è:

0.736

tt

1F= +0.213

X

(3.62)

dove ttX è il numero di Martinelli:

0.10.50.9

tt

1-x G L

L G

Xx

Da notare, però, che quando tt1/ 0.1X , F è preso uguale a 1.0.

Il fattore di soppressione S di Chen è:

1.17

tp

1S=

1+0.00000253Re(3.63)

in cui il numero di Reynolds bifase è:

1.25

tpRe ReLF (3.64)

Questa trattazione è valida per acqua sia in flusso ascendente che in flusso discendente

(pressione da 0.55 a 34.8 bar), metanolo, cicloesano,n-pentano, n-ottano e benzene, tutti in

flusso ascendente a 1 bar. Questa correlazione è applicabile fino a che le pareti rimangono

bagnate, cioè prima dell’inizio del dryout. Poiché satΔT tipicamente è sconosciuta, è

richiesto un calcolo iterativo in cui sono coinvolti wall T e wall p quando il flusso termico q'' è

noto.

Page 122: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 122/175

Figura 2-43: Confronto tra correlazione di Chen e dati sperimentali (CHEN 1966)

Correlazione di Shah

Un secondo metodo che ha raggiunto un’ampia notorietà è quello di Shah (1982), il quale

propose delle altre equazioni per attuare il metodo di calcolo ideato in precedenza. Come

Chen, egli considerava l’ebollizione nucleata e la convezione come i due principali

meccanismi di scambio termico, ma il suo metodo porta alla scelta del più grande tra i due

coefficienti di scambio termico nbh e cbh per valutare tph . Il metodo proposto è applicabile

sia ai tubi orizzontali che a quelli verticali. Il metodo per i tubi verticali è presentato di seguito

e inizia con la definizione di un parametro adimensionale N, che per i tubi verticali, per ogni

valore del numero di Froude per i liquidi LFr , vale:

0N=C (3.65)

in cui 0C è calcolato attraverso il titolo del vapore e la densità:

0.50.8

0

1-x L

G

Cx

Page 123: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 123/175

mentre il numero di Froude per il liquido è :

˙2

2L

L i

mFr

gd (3.66)CHECK

Per caratterizzare la convezione, il coefficiente convettivo monofase   Lh è determinato

considerando la frazione di liquido (1-x)m attraverso la correlazione di Dittus-Boelter data

da 3.59. Il coefficiente di scambio termico per ebollizione convettiva cbh è così calcolato:

cb

0.8

1.8

L

h

h N (3.67)

L’effetto del flusso termico sull’ebollizione nucleata è preso in considerazione mediante il

numero di boiling 0B , che è così definito:

0

LG

q''B

m (3.68)

e rappresenta il rapporto tra il flusso termico attuale e il flusso termico massimo ottenibile

con la completa evaporazione del liquido.

Il parametro N è usato per selezionare il set di equazioni appropriato:

se N>1.0 e 0 >0.0003B allora nbh è calcolato come segue:

0.5nb0=230

L

hB

h(3.69)

Se N>1.0 e 0 0.0003B allora nbh si calcola così:

0.5nb0=1+46

L

hB

h(3.70)

Se 1.0<N<0.1 nb  h è calcolato nel seguente modo:

0.5 2.74N-0.1nb0S

L

hF B e

h (3.71)

Se N<0.1 nbh nel regime di soppressione delle bolle è calcolato come segue:

0.5 2.74N-0.15nb0S

L

hF B e

h (3.72)

Nelle equazioni scritte sopra la costante di Shah vale =14.7SF quando 0 >0.0011B ,

mentre =15.43SF quando 0 <0.0011B .

Page 124: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 124/175

Il valore più grande tra nbh e cbh dà tph .

Il punto debole di questo metodo è che l’unica proprietà fisica nel numero di Boiling 0 B per

caratterizzare l’ebollizione nucleata è il calore latente. Inoltre, il calore latente decresce con

l’aumentare della pressione, mentre nbh tipicamente aumenta con la pressione.

Shah ricorreva a questo metodo per il trasferimento di calore in spazi anulari verticali come

segue: quando lo spazio anulare tra il tubo interno e quello esterno è maggiore di 4 mm, il

diametro equivalente da usare come di è la differenza tra i due diametri, mentre quando lo

spazio anulare è inferiore a 4 mm il diametro equivalente è il diametro idraulico determinato

usando il perimetro scaldato.

Correlazione di Gungor-Winterton

Una nuova forma del modello di Chan fu proposta da Gungor e Winterton (1986), i quali

misero insieme 3693 dati sperimentali presi dalla letteratura sull’acqua, sui refrigeranti (R-

11, R-12, R-22, R-113, R-114) e sul glicole etilenico, soprattutto riguardanti tubi verticali con

flusso ascendente e qualcuno relativo a tubi verticali con flusso discendente.

Il loro coefficiente locale di scambio termico per ebollizione nei tubi tph è la somma del

contributo dell’ebollizione nucleata cbh edi quello dell’ebollizione convettiva cbh , ottenuta

mediante la seguente equazione:

tp nb=E +SLh h h (3.73)

Di nuovo, Lh è calcolato mediante la correlazione di Dittus-Boelter data dalla [10.3.4]

usando la frazione di liquido 1-x ,m mentre il coefficiente nbh è ottenuto attraverso

l’equazione di Cooper (1984b) per l’ebollizione nucleata in pool boiling:

-0.550.12 -0.5 0.67

nb =55 -0.4343ln q''r rh p p M (3.74)

L’equazione precedente è dimensionale e fornisce il coefficiente di scambio termico in 2W/m K . Il flusso termico q'' deve essere fornito in

2W/m . M è il peso molecolare, mentre

rp è la pressione ridotta, ovvero il rapporto tra la pressione di saturazione satp e la

pressione critica critp . E è il moltiplicatore bifase, ed è funzione del numero di Martinelli e

del flusso termico mediante il numero di Boiling 0B :

0.86

1.16

0

tt

1E=1+24000 +1.37B

X

(3.75)

dove ttX e 0B sono stati definiti precedentemente.

Il fattore di soppressione dell’ebollizione S è dato da:

-1

2 1.17S= 1+0.00000115 LE Re (3.76)

in cui  LRe è calcolato considerando la frazione di liquido 1-xm .

Page 125: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 125/175

Paragonando i risultati ottenuti mediante queste correlazioni con i dati sperimentali si nota

che il metodo è caratterizzato da una deviazione standard di 21.4% , mentre la

correlazione di Chen e quella di Shah danno rispettivamente una deviazione di 57.7% e

21.9% . Quindi, dato che la correlazione di Shah non è stata sviluppata usando lo stesso

database, il paragone dà una buona credibilità della sua accuratezza.

Usando il diametro equivalente definito da Shah, Gungor e Winterton hanno predetto anche i

risultati sull’ebolllizione convettiva in spazi anulari verticali con un errore medio di 29.4% .

Gungor e Winterton un anno dopo proposero una nuova e più semplice versione della loro

correlazione basata unicamente sull’ebollizione convettiva:

tp new Lh E h (3.77)

in cui il moltiplicatore bifase nuovo newE è dato da:

0.410.75

0.86

new 0=1+3000 +1.121-x

L

V

xE B

(3.78)

in cui Lh è stato definito in precedenza.

L’accuratezza è simile a quella della prima correlazione; inoltre questa versione è stata

raccomandata da Thome (1997°) come migliore delle due per il refrigerante R-134°.

Modello asintotico di Steiner-Taborek - Limitazioni naturali al coefficiente di scambio

nel flow boiling.

Prima di presentare un nuovo metodo di previsione, Steiner e Taborek (1992) affermarono

che dovrebbero essere applicatele seguenti considerazionisullo scambio termico per

ebollizione in tubi verticali:

Per i flussi termici al di sotto della soglia di inizio dell’ebollizione nucleata

'' ''ONBq q , dovrebbe essere considerato solo il contributo convettivo e non anche

quello di ebollizione nucleata;

Per flussi termici molto alti, il contributo dell’ebollizione nucleata è dominante;

Quando x=0, htp dovrebbe essere uguale al coefficiente di scambio termico per

convezione monofase liquida quando '' ''ONBq q , mentre si deve aggiungere nbh

quando '' ''ONBq q ERRATA;

Quando 1,0x , tph dovrebbe essere uguale al coefficiente di scambio termico per

convezione monofase del vapore Gth (coefficiente di convezione forzata con

deflusso di solo vapore), assumendo che non è presente alcuna nebbia di liquido in

queste condizioni.

Page 126: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 126/175

Figura 2-44:Processo di ebollizione in tubi verticali secondo Steiner e Taborek (1992)

Page 127: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 127/175

La figura precedente illustra l’evoluzione del coefficiente di scambio termico per

evaporazione in tubi verticali in accordo con le considerazioni precedenti, le quali sono

spiegate come segue:

Regione A-B. Prima del punto A, si verifica solo la convezione monofase del liquido

sottoraffreddato. Tra il punto A e il punto B, si ha solo la convezione monofase

liquida se '' ''ONBq q , mentre si ha l’ebollizione sottoraffreddata se '' ''ONBq q .

Nell’ebollizione sottoraffreddata le bolle crescono e collassano vicino alla parete del

tubo e ciò aumenta il trasferimento di calore.

Regione B-C-D. Quando '' ''ONBq q , solo l’evaporazione convettiva ha luogo come

indicato dalla curva di “ebollizione convettiva pura. Quando '' ''ONBq q , sono

presenti entrambi i contributi di ebollizione nucleata e convettiva e sono sovrapposti.

La linea orizzontale tratteggiata rappresenta il coefficiente di ebollizione nucleata al

dato flusso termico. La linea continua rappresenta la sovrapposizione dei due

contributi, quindi htp. Il tipo di deflusso passa attraverso il bubbly flow e il churn flow,

come mostrato nel diagramma inferiore.

Regione D-E-F. Quando '' ''ONBq q il processo continua nella curva di ebollizione

convettiva pura fino all’inizio del dryout per titoli alti che si avvicinano a 1.0. Quando

'' ''ONBq q si aggiunge l’ebollizione nucleata in un deflusso anulare, caratterizzato

da un sottile strato di liquido turbolento a ridosso della parete e una regione centrale

occupata da vapore; questo regime continua fino al titolo critico .critx , raggiunto

quando il film di liquido si asciuga.

Regione F-G. A .critx il film di liquido diventa instabile a causa dello sforzo di taglio

all’interfaccia e della forza di adesione. Nel regime di deflusso a nebbia il

meccanismo di scambio termico cambia completamente, il calore è adesso trasferito

attraverso la convezione della fase vapore, evaporazione delle goccioline di liquido

entro il vapore surriscaldato, urto delle gocce di liquido sulla parete e irraggiamento.

(nota: il modello di Steiner e Taborek non predice le linee tratteggiate del regime di

deflusso a nebbia quando .critx x ).

Modello di flow boiling. Basandosi sulle premesse precedenti, Steiner e Taborek

proposero un modello globale per il flow boiling in tubi verticali.

Il loro coefficiente locale di flow boiling è ottenuto mediante un approccio asintotico usando

un esponente n uguale a 3 :

133 3

tp nb,o nb,o Lt tp+ h h F h F

(3.79)

In questa espressione i parametri sono definiti così:

nb,oh è il coefficiente locale di ebollizione nucleata in pool boiling al flusso termico

oq alla pressione ridotta  rp uguale a 1.0;

nb,oF è il fattore di correzione per l’ebollizione nucleata (ma non è il fattore di

soppressione, che non è richiesto in un modello asintotico);

Lth è il coefficiente locale per la convezione forzata della fase liquida ottenuto

considerando il flusso totale come flusso di liquido (non la frazione di liquido del

Page 128: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 128/175

flusso come nei metodi precedenti) ed è calcolato mediante la correlazione di

Gnielinski (1976) e non quella di Dittus-Boelter;

tpF è il moltiplicatore bifase che stima l’aumento della convezione del liquido

attraverso la velocità del flusso bifase comparata con quella di un flusso monofase

di liquido all’interno del canale.

La correlazione di Gnielinski è:

Lt

Lt

12

23

-1000 Pr8

1+12.7 Pr 18

LL

i

LL

L

fRe

h d

kf

(3.80)

Il fattore di attrito di Fanning Lf per il liquido è:

-2

Lt0.7904ln -1.64Lf Re (3.81)

Questa espressione è valida quando Lt4000<R <5000000 e 0.5<Pr <2000L

e per il

deflusso monofase. Per valutare il numero di Reynolds è usata la velocità globale del liquido

più il vapore :

Lti

L

mdRe

(3.82)CHECK

Il moltiplicatore bifase tpF è riferito all’ebollizione convettiva, che avrà luogo se

crit ONBx<  e q''>q''x oppure al di sopra dell’intero range di x se ONBq''<q'' . In applicazioni in

cui critx<x all’uscita del tubo e ONBq''>q'' come nelle caldaie delle centrali di potenza e nelle

calandrie, è usata la seguente relazione:

1.10.35

1.5 0.6

tp 1-x +1.9 L

G

F x

(3.83)

Questa espressione copre valori di L

G

da 3.75 a 5000 e converge a 1.0 quando x va a 0.

critx è spesso assunto 0.5 in queste applicazioni.

Quando ONBq''<q'' è presente solo l’ebollizione convettiva pura che si estende da

x=0 a x=1.0 . Al caso limite di x=1 .0 il valore di tph corrisponde a Gth che si ottiene dalla

correlazione di Gnielinski:

Gt

Gt

12

23

-1000 Pr8

1+12.7 Pr 18

GG

i

GG

G

fRe

h d

kf

(3.84)

Il fattore di attrito Gf per il vapore è dato da:

Page 129: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 129/175

-2

Gt0.7904ln -1.64Gf Re (3.85)

Il numero di Reynolds è calcolato considerando la velocità globale delle due fasi liquido e

vapore:

Gt

i

G

mdRe

(3.86)CHECK

In questo caso, per trovare tpF è usata l’equazione seguente:

-0.5-2.2

0.35

1.5 0.010.6

tp -20.67

0.70.01

1-x +1.9 1-x

                 1+8 1-x

L

G

G L

L G

x

F

hx

h

(3.87)

Questa espressione è valida per fluidi con L

G

da 3.75 a 1017.

Il termine con l’esponente 0.01 fa in modo che l’espressione tenda ai suoi corretti limiti per

x=0 e x=1.

Il minimo flusso termico per avere l’inizio dell’ebollizione nucleata ONBq'' è dato dalla

seguente espressione che usa il coefficiente di scambio termico monofase Lth :

sat LtONB

LG

2σq''

o G

T h

r (3.88)

In questa espressione è la tensione superficiale, satT è la temperatura si saturazione in

gradi Kelvin, or è il raggio critico di nucleazione per i siti di ebollizione in metri e LG è il

calore latente di vaporizzazione. Il valore consigliato per or è -60.3*10 m .

Per ONBq''>q'' è presente l’ebollizione nucleata nel processo di flow boiling, altrimenti no.

Il coefficiente di ebollizione nucleata nbh viene qui determinato con un metodo simile a

quello di Gorenflo (1993) per il pool boiling. Il coefficiente standard di ebollizione nucleata di

Steiner e Taborek nb_o  h è riportato in Tabella 10.1 per le seguenti condizioni standard:

pressione ridotta =0.1rp , una rugosità media della superficie di =1μmopR e un valore di

flusso termico q''o uguale ai valori tabellati per ogni fluido.

Il coefficiente di correzione per l’ebollizione nucleata nbF include gli effetti della pressione

ridotta, del flusso termico, del diametro del tubo, della rugosità superficiale e del fattore di

correzione residuo del peso molecolare su nb_o  h :

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 130/175

-0.4 0.133nf

nb pf

q''F(M)

q''o o

pi

o i p

RdF F

d R

(3.89)

Il fattore di correzione di pressione pf F , valido per <0.95rp , stima l’incremento del

coefficiente di ebollizione nucleata con l’aumento della pressione:

0.45 3.7

pf 7

1.7=2.816 3.4+

1-r r

r

F p pp

(3.90)

L’esponente di ebollizione nucleata nf, presente nel termine del flusso termico normalizzato

è:

1.105nf=0.8-0.1 rpe (3.91)

Il riferimento per il diametro standard di un tubo i,o  d è 0.01 m, ovvero 10 mm. Il valore della

rugosità superficiale standard è p,o =1μmR (valore tipico per i tubi industriali e valore di

default se pR non è noto), e il termine di rugosità superficiale copre valori di pR da 0.1 a

18μm.

Il fattore di correzione del peso molecolare residuo è posto in termini del peso molecolare

del liquido M ( valido per 10<M<187 ):

2=0.377+0.199ln +0.000028427F M M M (3.92)

Il valore massimo di F(M) è 2.5, anche quando l’espressione dà un valore più alto. Per i

liquidi criogenici H2 e He, i valori di F(M) sono 0.35 e 0.86 rispettivamente.

Questo metodo è basato su un esteso database contenente 10262 dati per acqua e altri

2345 dati per quattro fluidi refrigeranti (R-11, R-12, R-22 e R-113), sei idrocarburi (benzene,

n-pentano, n-ottano, cicloesano, metanolo, etanolo, n-butanolo), tre liquidi criogenici (azoto,

idrogeno e elio) e ammoniaca.

Questa è attualmente considerata come la più accurata correlazione per ebollizione in tubi

verticali valida per i fluidi puri. È difficile estendere l’uso a miscele, dato che non è

semplicemente determinabile il valore di nb,oh per le miscele.

Tabella 3-2: Coefficienti standard di ebollizione nucleata in flow boiling di Steiner e

Taborek considerando "p" _"r" =0.1 e "R" _"p,o" =1μm

Fluido critP M ''oq ,nb oh

bar 2/W m

2/W m

Metano 46.0 16.04 20000 8060

Etano 48.8 30.07 20000 5210

Propano 42.4 44.10 20000 4000 n-Butano 38.0 58.12 20000 3300

n-Pentano 33.7 72.15 20000 3070

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 131/175

Isopentano 33.3 72.15 20000 2940 n-Esano 29.7 86.18 20000 2840

n-Eptano 27.3 100.2 20000 2420 Cicloesano 40.8 84.16 20000 2420 Benzene 48.9 78.11 20000 2730

Toluene 41.1 92.14 20000 2910 Difenile 38.5 154.2 20000 2030

Metanolo 81.0 32.04 20000 2770 Etanolo 63.8 46.07 20000 3690 n-Propanolo 51.7 60.10 20000 3170

Isopropanolo 47.6 60.10 20000 2920 n-Butanolo 49.6 74.12 20000 2750

Isobutanolo 43.0 74.12 20000 2940

Acetone 47.0 58.08 20000 3270 R-11 44.0 137.4 20000 2690

R-12 41.6 120.9 20000 3290 R-13 38.6 104.5 20000 3910 R-13B1 39.8 148.9 20000 3380

R-22 49.9 86.47 20000 3930 R-23 48.7 70.02 20000 4870

R-113 34.1 187.4 20000 2180 R-114 39.6 170.9 20000 2460 R-115 31.3 154.5 20000 2890

R-123 36.7 152.9 20000 2600 R-134a 40.6 102.0 20000 3500

R-152a 45.2 66.05 20000 4000

R-226 30.6 186.5 20000 3700 R-227 29.3 170.0 20000 3800

RC318 28.0 200.0 20000 2710 R-502 40.8 111.6 20000 2900

Clorometano 66.8 50.49 20000 4790

Tetraclorometano 45.6 153.8 20000 2320 Tetrafluorometano 37.4 88.00 20000 4500

Elio 2.275 4.0 1000 1990 Idrogeno (para) 12.97 2.02 10000 12220 Neon 26.5 20.18 10000 8920

Azoto 34.0 28.02 10000 4380 Argon 49.0 39.95 10000 3870

Ossigeno 50.8 32.0 10000 4120 Acqua 220.6 18.02 150000 25580 Ammoniaca 113.0 17.03 150000 36640

Anidride

Carbonica + 73.8 44.01 150000 18890

Esafluoruro di 37.6 146.1 150000 12230

Page 132: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 132/175

zolfo

£ Proprietà fisiche riferite a rp =0.3 invece che 0.1

+ Calcolato con le proprietà riferite a critT

3.3.4 Flow Boiling in tubi dritti ad asse orizzontalePARAGRAFATURA

La figura seguente, riportata dal testo “Collier and Thome” (1994), mostra la sequenza dei

regimi di deflusso che si osserva in un tubo vaporizzatore ad asse orizzontale. Si ipotizza

che il flusso termico sia uniforme lungo tutto il condotto, e che il liquido in ingresso abbia una

velocità trascurabile e una temperatura inferiore alla temperatura di saturazione. La

distribuzione asimmetrica delle fasi del liquido e del vapore, a causa degli effetti della

gravità, introduce nuove complicazioni rispetto al flow boiling in tubi verticali, trattato nei

paragrafi precedenti. Ai fini dello studio della trasmissione del calore, bisogna analizzare con

attenzione quelle parti del condotto in cui c’è la possibilità che si verifichi l’asciugamento

(dryout) della parete del tubo oppure il dryout intermittente (intermittent dryout:

l’asciugamento lungo la parete è discontinuo), in particolare per deflusso a tappi (slug) e

ondoso (wavy flow: il moto del liquido, che per effetto della gravità occupa la parte bassa del

condotto, è caratterizzato da onde di ampiezza variabile) e per moto anulare (annular flow)

con dryout parziale (partial dryout: l’asciugamento della parete è localizzato). In caso di

annular flow il film liquido, che ricopre la parete del tubo, è più spesso in basso, quindi il

dryout inizia in alto e procede, lungo la direzione del moto, fino ad investire l’intero

perimetro. In wavy flow la cima del condotto può essere asciutta sempre o asciutta

adintermittenza; in tal caso le onde, che caratterizzano il moto, si lasciano dietro un sottile

film di liquido che non sempre evapora completamente prima dell'arrivo dell’onda

successiva.

Di seguito vengono descritti i due metodi principali per la determinazione dei coefficienti di

scambio termico in condizione di flow boiling bifase.

Figura 2-45: I regimi di deflusso bifase che si osservano in un tubo vaporizzatore ad

asse orizzontale in base al “Collier and Thome” (1994)

3.3.5 Correlazioni per il tubo verticale modificate per i tubi ad asse

orizzontale.PARAGRAFTURA

Nella maggior parte dei casi, per determinare i coefficienti di scambio termico di flow boiling

Page 133: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 133/175

in tubi orizzontali, si applicano i metodi discussi in precedenza per la configurazione verticale

(Shan (1982), Gungor e Winterton (1986,1987), Klimenko (1990) e Wattelet et al. (1994))

apportando delle modifiche in base ai risultati sperimentali. Ad esempio, Shan ha introdotto

un valore di soglia tra il deflusso stratificato (stratified flow, durante il quale è possibile

individuare un’interfaccia orizzontale piana e indisturbata che separa la fase liquida dal

vapore) e non stratificato (non-stratified flow, in cui le fasi sono in continuo rimescolamento),

utilizzando il numero di Froude per il liquido FrL definito come:

2Fr                           

g L

L i

G

d

(3.93)

Per FrL<0,04 il deflusso è stratificato e si applica il metodo per il tubo verticale senza

apportare modifiche: N=C0. Se FrL>0,04, il deflusso non è stratificato ed N è rettificato con il

numero di Froude per il liquido FrL come segue:

 - 0.3

0 N = 0.38 Fr                                   L C(3.94)

tale relazione riduce il coefficiente di scambio termico in flow boiling bifase per bassi valori

della portata specifica di massa, ma lo lascia invariato nel caso in cui G sia elevata. Tuttavia

trascura l'effetto del titolo del vapore sulla transizione da stratified flow a non-stratified flow.

Gungor e Winterton utilizzano una soglia superiore: FrL=0.05. Quando FrL<0.05 il metodo

per tubo verticale è applicato senza modifiche, ma se FrL>0.05 viene introdotto un nuovo

parametro E2 come moltiplicatore di E:

L (0.1- 2Fr )

2 Fr                         LE (3.95)

Analogamente, il coefficiente S di soppressione dell’ebollizione è moltiplicato per un fattore

correttivo:

2

2 L  (Fr )S (3.96)

In tal modo si riduce il coefficiente di scambio termico in flow boiling bifase soltanto nel caso

in cui la portata specifica di massa non sia elevata.

Anche Kandlikar (1990), ha introdotto una soglia di stratificazione: FrL=0.05.

Wattelet et al.(1994), analizzando gli andamenti dei coefficienti di scambio termico in base ai

dati sperimentali in loro possesso per deflusso anulare e stratificato, hanno fissato la soglia

di stratificazione in corrispondenza di un valore molto più elevato: FrL=0.25. Vale la pena

sottolineare, tuttavia, che il numero di Froude per il liquido FrL non è un metodo affidabile per

prevedere l'insorgenza di stratificazione, come mostrato da Kattan, Thome e Favrat (1995a)

confrontando i dati sperimentali sul deflusso di vari refrigeranti . La soglia così individuata, in

molti casi, è distante dal valore reale da 10 a 16 volte! I metodi appena descritti non sono

affidabili ai fini dello studio della trasmissione del calore in stratified flow e annular flow; le

ragioni principali sono riassunte di seguito:

riconoscono soltanto il deflusso stratificato e non stratificato, e non tutti i regimi che

si susseguono nel flow boiling orizzontale, inoltre non sono precisi nel definire la

soglia tra stratified e non-stratified flow;

Page 134: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 134/175

in presenza di un flusso termico q" uniforme, i coefficienti di ebollizione locali sono

riferiti al titolo del vapore, anch’esso locale, individuando soltanto alcuni punti della

funzione htp(x): i metodi non danno informazioni sull’andamento né sulla pendenza

di htp(x);

non determinano l'inizio del dryout in annular flow a titoli elevati e non sono in grado

di individuare il forte picco di htp(x) che si evince dai dati sperimentali; non

prevedono, inoltre, il calo della funzione successivo all’insorgenza del dryout nella

parte superiore del tubo. Di conseguenza operano una sovrastima della

trasmissione del calore in annular flow dal 100% al 300% o più;

al fine di calcolare il coefficiente di scambio termico in annular flow utilizzano la

relazione di Dittus-Boelter per tubular flow, senza tener conto del regime di deflusso

che caratterizza il film liquido (film flow).

Le equazioni precedenti del flow boiling, pertanto, non possono essere utilizzate per lo

studio del stratified flow, né del dryout parziale sulla cima del perimetro del tubo.

Tuttavia questi metodi sono costituiti da poche equazioni e sono facili e rapidi da applicare.

3.3.6 Analisi dei regimi locali di deflusso in base al modello Kattan-Thome-

Favrat.SPOSTARE

Un ulteriore approccio fenomenologico, riguardante l’analisi dei regimi di deflusso locali nei

tubi vaporizzatori orizzontali, è stato introdotto da Kattan, Thome e Favrat (1998a, 1998b,

1998c). La trattazione, in base alla quale sono state redatte le mappe di deflusso, riguarda i

deflussi stratificati (stratified flows), stratificati-ondulati (stratified-wavy flows), intermittenti

(intermittent flows), anulari (annular flows) e anulari con dryout parziale. I moti a tappi (slug e

plug) sono deflussi intermittenti, in cui la parete del tubo è bagnata dal frequente passaggio

di onde di grande ampiezza che creano un sottile film di liquido. Per semplificare lo studio, i

deflussi intermittenti sono assimilati a deflussi anulari e l’annular flow con dryout parziale è

classificato come una forma di stratified-wavy flow. Il modello non tratta la trasmissione del

calore in presenza di deflusso a bolle e a nebbia (bubbly e mist).

A seguito delle assunzioni anzi elencate, la trattazione si riassume nell’analisi dei deflussi

completamente stratificato (fully-stratified), stratificato-ondulato (stratified-wavy) e anulare

(annular); la figura 10.6 mostra lo schema logico di riferimento per tale studio. In caso di

fully-stratified flow, il liquido scorre nel fondo del tubo con un’interfaccia orizzontale piana e

indisturbata che lo separa dal vapore al di sopra; considerando lo stesso perimetro per una

superficie piana, si ipotizza di avere un processo equivalente di trasmissione del calore

attraverso un film liquido di spessore δ la cui sezione trasversale AL è pari a quella della

zona stratificata del liquido. Per annular flow (e intermittent flow), si considera la fase liquida

concentrata in un film anulare sulla parete del tubo, individuato da una pellicola di spessore

δ. Per stratified-wavy flow (e anulare con dryout parziale), l’anello di liquido che si forma non

interessa tutto il perimetro del tubo ma presenta una troncatura variabile tra un limite

inferiore, per deflusso completamente stratificato, ed un limite superiore per deflusso

anulare.

Page 135: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 135/175

Figura 2-46: aree geometriche occupate dal liquido e dal vapore, angoli di

stratificazione e di asciugamento e spessore del film liquido nel

modello del flow boiling Kattan-Thome-Favrat

Con un diametro interno di del tubo vaporizzatore, la relazione generale per determinare il

coefficiente locale htp di flow boiling in base al metodo Kattan-Thome-Favrat è la seguente:

dry  vapor i  dry wet

tp

   d (2  -  )                                         

2   d

i

i

d h hh

(3.97)

Il perimetro asciutto del tubo, se presente, è individuato dall’angolo di asciugamento θdry e il

coefficiente di scambio termico su questa superficie è hvapor. Sul perimetro bagnato, il

coefficiente di scambio termico è hwet che si ottiene da un’espressione asintotica che

combina il contributo in ebollizione nucleata (nucleate boiling) hnb con il termine in ebollizione

convettiva hcb (convective boiling):

1/3

3 3

wet nb cb=   + h h h(3.98)

Per determinare hnb si fa riferimento alla relazione dimensionale a pressione ridotta di

Cooper (1984b):

0.12 -0.55 -0.5  0.67

nb =55 p  (-log10  ) q''rh pr M(3.99)

Page 136: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 136/175

trascurando l’effetto della rugosità superficiale. Nella [10.4.7] hnb è in W/m2K, pr è la

pressione ridotta, M è il peso molecolare del liquido e q'' è il flusso termico alla parete del

tubo in W/m2. Il fattore di moltiplicazione 1,7 per tubi in rame viene trascurato.

Analizzando il regime di deflusso del film (film flow) il coefficiente di scambio termico in

ebollizione convettiva hcb è:

0.69 0.44 G (1-x)  pL

  cb = 0.0133                                         (1- ) 

c L kLh

L kL

(3.100)

CHECK

dove 0,0133 e 0,69 sono costanti empiriche ricavate dai dati sperimentali riguardanti cinque

refrigeranti e sono generalmente utilizzabili anche per lo studio di altri fluidi in presenza di

films turbolenti anulari.

I due fattori tra parentesi sono rispettivamente il numero di Reynolds ReL e il numero di

Prandtl PrL, entrambi riferiti alla fase liquida. È possibile calcolare ReL se sono noti: la

portata specifica di massa nella sezione del tubo occupata dal liquido, il titolo del vapore x,

lo spessore del film liquido anulare δ e la frazione di vuoto α .

Alla portata specifica di massa del vapore   xG , il coefficiente di scambio termico per la fase

vapore hvapor sul perimetro asciutto del tubo si ottiene dalla correlazione di Dittus-Boelter per

tubular flows (1930) in deflusso turbolento:

0.69 0.4

vapor

G x d pV   = 0.023                              

α μ

i c V kVh

V kV di

(3.101)

Il numero di Reynolds per il vapore ReV, nel primo termine tra parentesi, è funzione della

portata specifica di massa nella sezione trasversale del tubo occupata dal vapore.

L'angolo di asciugamento θdry individua la zona completamente asciutta della parete del tubo

nei deflussi di tipo stratificato e anulare con dryout parziale. Per moto anulare e

intermittente, il perimetro del tubo è sempre bagnato e quindi θdry è pari a zero: htp e hwet

sono uguali (il deflusso intermittente è analizzato come una forma di deflusso anulare).

In aggiunta, kL e kV sono le conducibilità termiche, cpL e cpV i calori specifici, e μL e μVle

viscosità rispettivamente del liquido e del vapore.

G è la portata specifica di massa complessiva nel tubo, x è il titolo del vapore. I metodi per

determinare θdry, α e δ sono descritti di seguito.

La frazione di vuoto del vapore α è ricavata con il metodo per deflusso turbolento di

Rouhani-Axelsson (1970) già in uso per i tubi verticali e modificato da Steiner (1993) per i

tubi orizzontali:

Page 137: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 137/175

-11/4

2

1-x 1.18 g   ( )   = 1+0.12(1-x) 1-x          

x x L V

V V L G L

(3.102)

dove G è la portata specifica di massa totale del liquido e del vapore, x è il valore locale del

titolo, ρL e ρV sono rispettivamente la densità del liquido e del vapore, e σ è la tensione

superficiale (tutto in unità di misura del SI). L’area della sezione trasversale del tubo

occupata dalla fase liquida AL è ottenuta utilizzando la frazione di vuoto α:

L = A(1- )A (3.103)

dove A è la sezione interna totale del tubo. In caso di deflusso completamente stratificato,

come illustrato in Figura 10.6, l’angolo di stratificazione θstrat (in radianti) del liquido nella

parte inferiore del tubo è ricavato dalla seguente correlazione:

 2 = 0.5  [(2  -  strat) - sin(2  -  strat)]iAL r

(3.104)

La [10.4.12] è un’espressione geometrica implicita e viene risolta iterativamente al fine di

trovare il valore dell’angolo di stratificazione θstrat utilizzando AL, dove ri è il raggio interno del

tubo. L'angolo di asciugamento θdry varia tra un limite inferiore θdry=0, per deflusso anulare

con parete completamente bagnata e portata specifica di massa highG , e un valore massimo

θdry= θstrat, per deflusso completamente stratificato e portata specifica di massa lowG . Nella

zona di transizione dal regime intermittente e anulare allo stratificato-ondulato i valori assunti

da wavy  G (la curva che separa l’annular e l’ intermittent flow dallo stratified-wavy flow) e

stratG (la curva che separa lo stratified-wavy flow dal fully stratified flow) sono sostituiti

rispettivamente con highG e lowG . Per determinare θdry, quando x<xmax (xmax è l’ascissa

dell’intersezione tra le curve wavy  G e mistG , quest’ultima segna il confine tra annular flow e

mist flow) si utilizza una semplice interpolazione lineare tra highG e low  G come illustrato in

Figura 10.6 e 10.7:

hight

dry strat

hight low

(  – G) =                                      

(  – G ) 

G

G

(3.105)

quindi, nell’espressione precedente, θdry cambia al variare di high G e low G con x.

Page 138: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 138/175

Figura 2-47: mappa dei regimi di deflusso bifase per x<xmax

Lo spessore del film liquido anulare δ è ricavato dalla relazione dell’area della sezione di

passaggio occupata dalla fase liquida, per un particolare valore della frazione di vuoto e

dell’angolo di asciugamento, che coincide con l’area della sezione dell’anello di liquido che si

forma in deflusso anulare, trascurando lo spessore δ rispetto al raggio del tubo ri:

dry dry dry

 d  (1 -  )A(1 -  ) =                                              

 (2π -  )  (2π -  ) 2 (2  -  )

iL

i

A

r ri

(3.106)

Quando x>xmax, bisogna far riferimento ad un’altra relazione per determinare θdry, come

illustrato in Figura 10.8; per titoli troppo elevati il perimetro del tubo non è mai

completamente bagnato, quindi, non potendo determinare high G , l'angolo di asciugamento

θdry è calcolato orizzontalmente:

maxdry dry max

max

(x - x ) = (2 )   +                                    

(1 - x )

(3.107)

supponendo che vari linearmente tra i valori θmax e 2π (2π è il limite superiore a x=1, e θmax è

determinato dall’equazione 3.106 con x=xmax);

Page 139: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 139/175

Figura 2-48: angolo di asciugamento θdry quando x>xmax

Zürcher, Thome e Favrat (1999) hanno analizzato, con il modello Kattan-Thome-Favrat, il

flow boiling dell’ammoniaca in tubi di acciaio al carbonio inossidabili, per portate specifiche

inferiori a 16.3 kg/m2s, pressioni ridotte minori di 0,0085 e flussi termici maggiori di 71.6

kW/m2 (22700Btu/h ft

2). Il modello del flow boiling di Kattan-Thome-Favrat è risultato

affidabile nelle seguenti condizioni:

1.12≤ psat ≤8.9bar (16.2-129.0 psia);

0.0085≤ pr ≤0.225;

16.3≤  G ≤0.225kg/m2s (11,773-369.900 lb/h ft

2 s);

0.01≤ x ≤1.0;

440≤ q”≤71.600 W/m2 (140-22700 Btu/h ft

2);

17.03≤ M ≤152.9 (escludendo i valori superiori a circa 300 raggiunti con miscele di

oli refrigeranti);

74≤ ReL ≤20399 e 1300≤ReG≤376.804;

1.85≤ PrL ≤5.47 (ma nelle prove con miscele di oli refrigeranti sono inclusi i valori di

PrL maggiori di 134);

0.00016≤ μL ≤0.035 Ns/m2

(includendo i dati con miscele di oli refrigeranti la

viscosità può assumere anche valori compresi tra 0.16 e 35);

10.9≤ di ≤16.0 mm (in caso di analisi più approfondite 0.43≤ di ≤0.63);

Fluidi: R-134a, R-123, R-502, R-404°, R-407C e ammoniaca;

Tubi di metallo: rame, acciaio al carbonio e acciaio inox.

Per deflussi anulari, il metodo Kattan-Thome-Favrat ha una precisione paragonabile a quella

dei metodi di Shan (1982), Jung et al. (1989) e Winterton (1986,1987), i quali non

permettono di individuare quando è presente il l’annular flow, né di ottenere il corretto

andamento di htp(x). Quando il deflusso è stratificato-ondulato, il modello Kattan-Thome-

Page 140: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 140/175

Favrat è due volte più preciso del migliore degli altri metodi, con cui, però, è possibile

ricavare la soglia di deflusso stratificato e il corrispondente fattore di correzione per la

trasmissione del calore.

Per x>0.85, caso tipico di sistemi evaporativi in espansione diretta, il modello Kattan-Thome-

Favrat è tre volte più preciso: le deviazioni standard degli altri metodi differiscono del

± 80% o più.

La Figura 10.9 mostra la mappa dei regimi di deflusso e i coefficienti di scambio termico, in

base al modello Kattan-Thome-Favrat (le equazioni di transizione da moto ondoso a

stratificato sono state modificate da Zürcher, Thome e Favrat (1999)), dell’n-butano saturo a

60°C (140°F) e 6.4 bar (92.8 psia), con un flusso termico di 15 kW/m2 e un tubo dal diametro

interno di 19.86 mm (0.782 in.). Possono essere fatte le seguenti osservazioni:

i coefficienti locali di scambio termico htp sono continui (non sono soggetti a brusche

variazioni) nel passaggio da un regime di deflusso ad un altro;

per G =20 kg/m2s (14716 lb/ft

2 s), il deflusso è completamente stratificato per tutti i

valori di x, e htp diminuisce monotonicamente all'aumentare di x come all’aumentare

dell'angolo di asciugamento;

per G =60 kg/m2s (44150 lb/ft

2 s), il deflusso è stratificato-ondulato per tutti i valori di

x con un picco moderato in htp(x);

Per G =200 kg/m2s (147160 lb/ft

2 s) e x≤0.4 il deflusso è intermittente e si verifica un

moderato aumento di htp(x);

Per G =200 kg/m2s (147160 lb/ft

2 s) e 0.4<x<0.93, il deflusso è anulare e si verifica

un incremento accentuato di htp (x), inoltre lo spessore del film liquido si riduce

progressivamente fino al dryout per x=0.93;

Per G =200 kg/m2s (147160 lb/ft

2 s) e x>0.93, il deflusso è anulare con dryout

parziale (studiato come deflusso stratificato-ondulato) e si verifica un brusco calo di

htp (x).

Inoltre, in presenza di deflusso del vapore monofase turbolento (x=1.0), il coefficiente di

scambio termico tende al suo limite naturale. Tuttavia, per x=0 il coefficiente di scambio

termico per ebollizione convettiva hcb, considerando il film flow, non va al limite naturale. Di

conseguenza, quando x=0, hcb dovrebbe essere calcolato con le correlazioni di Dittus-

Boelter o Gnielinski per tubular flow trattate in precedenza.

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 141/175

Figura 2-49: mappa dei regimi di deflusso e l’andamento dei coefficienti di

scambio termico per n-butano puro a 60°C in base al modello

Kattan-Thome-Favrat

3.3.7 Considerazioni sulla trasmissione del calore in tubi orizzontaliCHECK

PARAGRAFATURA

La tendenza attuale è quella di produrre il riscaldamento, per ottenere vaporizzazione all’interno di tubi

orizzontali, mediante un fluido caldo esterno in contro corrente. Sono riportate alcune motivazioni per le

quali si preferisce tale soluzione: A CHE SERVE?

1. per deflusso anulare, i valori di htp sono costanti,

2. per tutti i tipi di deflusso stratificato, il riscaldamento tramite il liquido caldo introduce una

condizione al contorno di temperatura quasi uniforme sul perimetro del tubo, mentre il

riscaldamento elettrico provoca la trasmissione del calore in direzione circonferenziale al

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 142/175

tubo nella zona calda, e la presenza, nella zona più fredda del tubo, della parete asciutta in

alto e umida al fondo, ottenendo una condizione al contorno indefinita, ?????????

3. per deflusso anulare con dryout parziale nella parte alta del perimetro del tubo, il

riscaldamento elettrico, inoltre, non è consigliabile perché il calore è trasmesso assialmente

lungo la sezione di prova.?????????

In passato, il riscaldamento elettrico veniva usato al fine di determinare i coefficienti locali di scambio

termico: con l’acqua calda si ottenevano, infatti, valori medi o quelli che possono essere definiti come

“quasi-locali”, con delle variazioni del 3-10% o più del titolo nella zona di prova.

Tuttavia, utilizzando una tecnica adottata da Kaul, Kedzierski e Didion (1996) e Zürcher, Thome e

Favrat(1999) caratterizzata da un riscaldamento mediante fluido caldo, una serie di termocoppie distribuite

localmente nel fluido ed altre montate sulla parete, si riescono ad individuare i valori esatti dei coefficienti

locali di scambio termico in flow boiling, senza dover ricorrere al riscaldamento elettrico, né doversi

accontentare dei valori "quasi-locali" . Per ottenere i coefficienti di scambio termico del fluido riscaldante

nella zona anulare, si combina la tecnica del profilo di temperatura con una soluzione particolare introdotta

da Wilson; in tal caso le termocoppie alla parete non sono necessarie.

Inoltre, in caso di flow boiling stratificato, avvolgendo ad elica un filo riscaldante sulla parte esterna del

tubo, aumenta il coefficiente lato acqua, e si incentiva la miscelazione che minimizza i gradienti di

temperatura del fluido nella zona anulare, che possono insorgere nelle condizioni di prova.

Page 143: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 143/175

4 Equazioni di conservazione in sistemi monofase e

bifase

Le equazioni di conservazione nei sistemi fluidi sono le equazioni che esprimono il principio

della conservazione della massa, della quantità di moto e dell’energia. La quantità di moto è

una grandezza vettoriale. Nello spazio una grandezza vettoriale ha tre componenti e quindi

le equazioni di conservazione saranno cinque.

In passato le equazioni di conservazione erano proposte in forme estremamente semplici,

basate su molte approssimazioni. Esse riguardavano prevalentemente le equazioni della

conservazione della massa e della quantità di moto ed erano viste più come uno strumento

matematico, non utilizzate direttamente per risolvere un problema fluidodinamico. In

assenza dei calcolatori, l’approccio ingegneristico utilizzato ricorreva sempre a delle

sostanziali semplificazioni che permettevano di ridurre le equazioni differenziali di

conservazione a forme estremamente semplici, risolubili analiticamente.

Le equazioni di conservazione erano importanti anche perché permettevano di mettere a

fuoco la fisica di alcuni problemi ed erano utilizzate, informa semplificata, per mettere in

evidenza le influenze tra i parametri più importanti e costituire una base per la formulazione

di correlazioni utili per la soluzione di specifici problemi

.

Negli ultimi anni c’è stato un enorme sviluppo a livello di miniaturizzazione dei componenti

elettronici che ha portato a sviluppare calcolatori sempre più potenti e questo ha consentito

di gestire un enorme quantità di calcoli, di dati, di correlazioni, in tempi accettabilmente

piccoli.

La evoluzione tecnologica dei calcolatori numerici ha aperto la possibilità di affrontare il

problema della soluzione delle equazioni di conservazione, non più ricorrendo ad eccessive

semplificazioni ma modificando l’approccio traducendo le equazioni differenziali in equazioni

numeriche.

Si può oggi pensare di utilizzare queste cinque equazioni di conservazione, che sono

equazioni differenziali e, nella formulazione generale sono molto complesse, traducendole

da equazioni differenziali in equazioni numeriche e quindi dotarci di strumenti di analisi di

tipo numerico la cui “integrazione” permette di determinare, punto per punto, istante per

istante,in maniera discretizzata, il valore assunto dalle grandezze fondamentali che

riguardano il fluido.

Risolvere un problema di fluidodinamica significa, nel caso di un fluido che si muova

all’interno di un certo spazio, riuscire a conoscere punto per punto, istante per istante, la

pressione, la densità e la velocità del fluido. Poiché la velocità è una grandezza vettoriale,

automaticamente significa conoscere tre componenti di velocità, la ,  ,  ,x y zv v v punto per

punto e istante per istante. Inoltre significa conoscere la pressione punto per punto istante

per istante e la densità del fluido punto per punto istante per istante. Si hanno, quindi, cinque

grandezze la cui conoscenza (punto per punto ed istante per istante) di permette di definire

completamente il comportamento del fluido.

Page 144: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 144/175

Le equazioni a disposizione sono: quella di conservazione della massa e le tre equazioni di

conservazione della quantità di moto. Manca un'altra relazione: si userà una relazione che

indichi il comportamento del fluido, ad esmpio l’equazione di stato, che per un gas perfetto è

PV nRT . Quindi si hanno cinque incognite ecinque equazioni. Di queste equazioni,

quattro sono di conservazione e una è l’equazione caratteristica del comportamento fisico

del fluido.

Se il problema non è di fluidodinamica ma di termo-fluidodinamica, ci sarà un'altra

grandezza che si deve conoscere punto per punto ed istante per istante ed è la temperatura

nel fluido. Si ha, quindi, un’incognita in più, che richiede un equazione in più: l’equazione di

conservazione dell’energia. Adesso si pone il problema di come debbono essere strutturate

queste cinque equazioni di conservazione che, insieme alla sesta equazione, l’equazione di

stato, permettono di avere a disposizione un sistema di 6 equazioni con 6 incognite, quindi

in linea di principio potenzialmente idoneo per ottenere la soluzione del problema (la

difficoltà risiederà, poi, nella possibile integrazione delle equazioni).

Si pone, dunque, il problema di vedere come ricavare e come strutturare queste equazioni di

conservazione.

Nell’analisi delle equazioni di conservazione viene effettuata una distinzione tra deflussi

laminari monofase, deflussi turbolenti monofase e deflussi bifase.

4.1 Deflussi laminari monofase

Si suppone di avere un fluido che si trova all’interno di una porzione di spazio, ad esempio

una valvola, nel quale si vuole caratterizzare il fluido, cioè conoscere punto per punto e

istante per istante le sue componenti di velocità, la temperatura, la densità e la pressione.

Supponiamo che il fluido sia in deflusso laminare. Questa è un’ipotesi applicabile nei regimi

delle basse velocità e porta a formulazioni più facilmente trattabili. In condizioni laminari

riconosciamo un moto ordinato delle particelle di fluido (che scorrono le une sulle altre), a

differenza del moto turbolento, che è caratterizzato da un moto disordinato di particelle, con

vortici, dovuto ai forti gradienti di velocità.

Un’equazione di conservazione è una relazione nella quale si esprime un bilancio. Per

questo bisogna identificare correttamente tutti i contributi (cause) che possano partecipare

per determinare un certo effetto; sarà, poi, necessario rappresentare correttamente sia i

contributi che svolgono una azione “modificatrice”, sia l’effetto, da un punto di vista fisico

matematico. Si otterranno, così, delle relazioni (equazioni) la cui soluzione simultanea

permetterà di studiare uno specifico problema applicativo.

4.1.1 Equazione di conservazione della massa

Si consideri un volume di controllo (Figura 4-1):

Page 145: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 145/175

Figura 4-1 Volume di controllo

L’equazione di conservazione della massa esprime il bilancio tra la massa entrante nel

sistema (il volume di controllo, cv), la massa uscente dal sistema e la massa rimanente

all’interno del sistema:

    (         . .)massauscente massaentrante variazionedimassanel c v (4.1)

ERRORE

z

x

y

D

A

B

C E

F

G

H

Page 146: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 146/175

Se si vuole di mettere in evidenza l’aspetto temporale, si divide tutto per :

    (         . .)massauscente massaentrante variazionedi massanel c v

ERRORE

Facendo riferimento all’asse abbiamo:

la massa entrante è data dal prodotto della portata specifica di massa, calcolata

rispetto all’asse x ( )x xxv G , per l’area della superficie del volume di controllo

nella quale entra la massa, che è la faccia ABCD. Questo prodotto è la portata x .

La massa che entra sarà pari alla portata x per il :

         x xmassaentrante v dydz

La massa uscente è data da:

         x x xmassauscente v dydz

(il calcolo in x + Dx riguarda il prodotto RO v)

La variazione di massa è data dalla quantità di (kg) di fluido che rappresenta

l’aumento o la diminuzione di massa all’interno del volume di controllo; quindi si ha:

(       )M dxdydz

data dal prodotto di una densità per il volume del cv.

L’equazione del bilancio, riferita all’asse x, diventa:

               x xx x xv dy dz v dy dz M

All’interno del volume di controllo solo la densità può cambiare e di conseguenza solo lei

può far variarne la massa. Se si ha un fluido incomprimibile, nel quale non cambia la

densità, chiaramente nel volume di controllo non ci sarà variazione di massa e tanta è la

massa che entra, tanta è la massa che esce.

Se la distanza tra le due facce è sufficientemente piccola si può esprimere, dal punto di vista

fisico matematico (grazie alla continuità), ciò che accade nella faccia successiva come ciò

che accade nella faccia precedente più un piccolo termine di correzione; ricorrendo allo

sviluppo in serie, si possono trascurare i termini di grado superiore al primo. Riscrivendo

questa relazione e mettendo in evidenza:

                          x x xx x

kgv v v dx dy dz dxdy dz

x s

Dall’esame della unità di misura, massa diviso un tempo, si può dedurre che questi due

termini rappresentano fisicamente delle portate.

Supponendo che lo squilibrio tra portata entrante ed uscente avvenga solo lungo x, potremo

rappresentare l’effetto, cioè la variazione (nel tempo) della massa nel cv:

Page 147: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 147/175

RELAZIONE VARIAZIONE DELLA MASSA NEL TEMPO

Faremo, adesso, riferimento ad un concetto puntuale e non più a un bilancio riferito allo

spazio finito: passeremo da un’equazione espressa in termini di portata ad un’equazione

espressa in termini di portata per metro cubo.

Arriveremo ad un’equazione puntuale, dividendo tutto per il dxdydz , ottenendo:

( )xvx

La portata che entra e attraversa il volume di controllo quantitativamente può aumentare,

rimanere costante o diminuire. Se rispetto alla direzione x c’è una variazione del prodotto

della densità per la velocità, cioè una variazione di portata (specifica), ciò porterà ad una

variazione della densità (della massa), prescindendo da ciò che può accadere nelle altre

direzioni.

Per trattare il problema in forma generale, rispetto al volume di controllo ci sono altre due

direzioni che devono essere prese in considerazione: globalmente, l’equazione di

conservazione della massa può scriversi:

x y zv v vx y z

(4.2)

Questa relazione è detta equazione differenziale di conservazione della massa.

Se si esplicitano le derivate dei prodotti, l’equazione diventa:

yx z

x y z

vv vv v v

x y z x y z

Usando la definizione della derivata sostanziale e utilizzando l’operatore divergenzai10

essa

diventa:

0D

div vD

Dove:

D

D

è la derivata sostanziale della densità rispetto al tempo,

div v è la divergenza del vettore velocità.

Dal punto di vista formale la derivata sostanziale ci fa “viaggiare” insieme alla particella

(punto di vista lagrangiano, diverso dal punto di vista euleriano, che fa vedere le cose da un

10

La divergenza è un operatore che misura la tendenza di un campo vettoriale a divergere o

a convergere verso un punto del campo. La divergenza di un vettore è una grandezza

scalare ed è la somma delle derivate parziali dei componenti del vettore.

Page 148: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 148/175

osservatorio “fisso” nello spazio) e mette in evidenza che la densità può cambiare nel tempo

all’interno del volume di controllo per due motivi:

1. Perché la densità sta effettivamente cambiando nel tempo (variazione temporale)

2. perché la densità cambia rispetto alla direzione (variazione spaziale) in cincidenza

con un movimento della particella.

AGGIUNGERE

Se il fluido è incomprimibile, cioè la densità non varia nel tempo, abbiamo:

0D

D

Allora l’equazione di conservazione della massa diventa:

0div v

Questo significa o che il fluido è fermo, oppure che il fluido sta aumentando la velocità

rispetto ad una direzione mentre la sua velocità rispetto ad un’altra direzione diminuisce in

proporzione, così da ottenere variazione nulla della somma delle variazioni rispetto allo

spazio delle componentidel vettore velocità.

CHECK

4.1.2 Equazione di conservazione della quantità di moto

Per qualsiasi oggetto dotato di massa inserito in un campo gravitazionale, esso sarà

soggetto ad una forza pari a:

cF m g

Dove il termine cg indica la forza applicata all’unità di massa, di natura gravitazionale, in

quel determinato punto dello spazio.

Se si considera una massa unitaria, l’espressione sarà:

1 9,81 cF g N

La costante cg è espressa in /N kg ed è la forza unitaria attrattiva (nella fattispecie, da

parte della terra) che agisce su qualsiasi oggetto dotato di massa.

Questa relazione non va confusa con la relazione della dinamica, che mette in evidenza

l’effetto, sul moto della particella, dovuto alla applicazione della forza gravitazionale.

L’effetto delle forze applicate ad un corpo è espresso come:

                     (               )d m v dv

F m selamassanonèsoggettaavariaredt dt

Per la legge di Newton, l’accelerazione a cui un corpo di massa unitaria è soggetto sarà:

Page 149: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 149/175

2

  2

9,819,81    9,81 

1

z

z

mkgFdv msadt m kg s

Fatta questa premessa che ci permette di distinguere il concetto di accelerazione da quello

di forza unitaria di gravità, ci poniamo il problema di ricercare delle correlazioni che ci

permettano di determinare il campo di velocità in un fluido.

Il problema è fluidodinamico, il che significa, in funzione delle leggi della dinamica, ricavare,

istante per istante e puntualmente, le tre componenti di velocità, la densità e la pressione.

Isolando un volume infinitesimo di fluido, esso sarà soggetto, oltre che ad altre forze che

esamineremo, a forze viscose, che sono espresse da uno sforzo di taglio . Per poter

impostare il bilancio delle forze applicate, bisogna, innanzitutto, ricavare delle equazioni

costitutive, che descrivano le azioni fisiche che agiscono sul fluido per effetto della viscosità,

ovvero che permettano di rappresentare “fisicamente” il legame che esiste tra le forze che si

originano nel fluido per effetto della viscosità e le cinque incognite fluidodinamiche.

Attraverso queste equazioni costitutive si riuscirà a “chiudere” il sistema di equazioni di

bilancio e disporre di un sistema formalmente completo di equazioni, la cui risoluzione

permetterà di ricavare le cinque incognite.

La deformazione in un fluido è legata al campo di velocità. Ogni fluido avrà una sua

caratteristica correlazione tra le forze di attrito e la deformazione. Riuscire a trovare

un’espressione che leghi le deformazioni alle forze viscose e alle cinque grandezze

incognite di un problema fluidodinamico, permette di risolvere il problema fluidodinamico.

Per i fluidi newtoniani la relazione fra tensione applicata (sforzo di taglio) e deformazione è

dovuta a Stokes. Il suo lavoro è stato condotto in analogia con quanto effettuato da Hooke

per i solidi. La trattazione dei solidi permette di impostare il problema e caratterizzare il

comportamento dei fluidi.

Secondo la teoria dell’elasticità (solidi), la sollecitazione che nasce all’interno di un solido,

soggetto a trazione o a compressione, è proporzionale alla deformazione secondo la legge:

E CHECK

Considerando un provino solido soggetto a trazione lungo l'asse x (figura 4-2)

Figura 4-2 Solido soggetto a trazione

Page 150: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 150/175

La deformazione lungo l’asse x è costituita da un allungamento ( )d x , mentre lungo l’asse

y vi è un assottigliamento – ( )d y . Per materiali elastici soggetti ad una sollecitazione, vi è

sempre una deformazione concorde al verso della sollecitazione lungo l’asse sulla quale è

applicata, e una deformazione di verso opposto lungo le altre due direzioni. La deformazione

in campo elastico non è monodimensionale ma riguarda le tre dimensioni.

Consideriamo lo stesso provino soggetto ad uno sforzo di taglio, che lo deformi

angolarmente (Figura 4-3).

Figura 4-3 Solido soggetto a sforzo di taglio

Ci proponiamo, ora, di correlare lo stato di sollecitazione a quello di deformazione.

Le deformazioni lungo gli assi principali sono:

( )

( )

( )

x

x

y

y

z

z

l d x

l x x x

l d y

l y y y

l d z

l z z z

Considerando l’angolo xy , possiamo scrivere che:

xyx y x y

Questa è la deformazione angolare sul piano xy . Le deformazioni angolari lungo i piani yz

e xz sono rispettivamente:

yzz y z y

Page 151: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 151/175

xz

z x z x

Secondo la legge di Hooke, le sollecitazioni di taglio, responsabili delle deformazioni

angolari, sono proporzionali alle deformazioni stesse. Sui piani xy , xz e yz si può

scrivere:

xy xy

xz xz

yz yz

G

G

G

Secondo queste relazioni, lo sforzo di taglio è proporzionale alla deformazione angolare. A

meno di situazioni di anisotropia, le costanti sono 1 2 3G G G G . LaG è il modulo di

taglio, che caratterizza il comportamento elastico di deformazione angolare del corpo.

Considerando una situazione più generale in cui il corpo solido sia soggetto a sollecitazioni

lungo le tre direzioni, l’allungamento lungo x sarà:

1

                     yx z

xE m E E

(4.3)CHECK

Il termine 1/ m è un'altra caratteristica del materiale, e prende il nome di coefficiente di

Poisson. L’espressione 4.3 afferma che un provino soggetto a trazione lungo l’asse x ( x )e

a compressione lungo l’asse y ( y ), si allungherà lungo l’asse x sia per il contributo dovuto

alla sollecitazione  QUOTE  x , che per il contributo dovuto a  QUOTE  y .

Le grandezze fisiche caratteristiche di un corpo elastico sono tre:

        

            

1   .   

E modulodiYoung

G modulodi taglio

coeff di Poissonm

Queste tre grandezze che definiscono il comportamento elastico del materiale non sono tra

loro indipendenti. E’ possibile esprimere lo stato di sollecitazione in funzione dello stato di

deformazione ricorrendo ad una sola grandezza, il modulo di taglio.

Combinando le varie relazioni e tenendo presenti le relazioni tra E, G e 1/m, otteniamo.

2

2      3

x G G div sx

2

2      3

y G G div sy

2

2      3

z G G div sz

Page 152: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 152/175

xy Gy x

yz Gz y

xz G

z x

Dove:

σ è il valor medio delle sollecitazioni assiali che agiscono sul corpo, ed è pari a

1( )

3x y z . Per definizione rappresenta la pressione nel punto.

div s è la divergenza del vettore spostamento s , ed è uno scalare. Esso può

essere espresso dalla somma delle derivate delle componenti del vettore s :

     

 ds i ds j ds k

div sdx dy dz

 div sx y z

le sollecitazioni di taglio  ,xy  ,yx   zy sono espresse in funzione delle corrispondenti

variazioni angolari (gradienti “incrociati” delle componenti della deformazione

rispetto agli assi coordinati)

Consideriamo un volume di controllo; esso sarà soggetto a delle sollecitazioni , ,x y z

lungo gli assi. Se formalmente la x la definiamo  xx , la y  yy e la z zz , lungo l’asse x

la sollecitazione potrà esprimersi come:

2

2      3

xx G G div sx

Considerazioni analoghe valgono per le altre componenti, per cui si possono scrivere le

relazioni attraverso una notazione matriciale.

0 0

0 0

0 0

xx xy xz

yx yy yz

zx zy zz

x x x

Gy y y

z z z

Page 153: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 153/175

  0 02

0   03

0 0  

x y z div s

G G div sx y z

div s

x y z

Questa notazione matriciale esprime la relazione fondamentale della legge di Hooke

sull’elasticità dei corpi.

Analogamente alla legge di Hooke, che esprime la proporzionalità fra lo stato di

sollecitazione e quello di deformazione nei solidi, la legge di Stokes sull’attrito dei fluidi,

presuppone la proporzionalità fra lo stato di sollecitazione e il tasso di variazione della

deformazione.

La grandezza viscosità, già trattata nel capitolo 1, ha un significato fisico importante.

Torniamo a considerare due lastre piane “infinite”, la prima ferma e l’altra in movimento

rispetto ad essa (Figura 4-4).

Figura 4-4 Lastre piane infinite in moto relativo

Il fluido fra le due lastre si dispone in modo tale che i vari strati di particelle fluide possano

scorrere l’uno sull’altro. La forza da applicare alla lastra è proporzionale alla velocità e

inversamente proporzionale alla distanza fra le due lastre, attraverso una costante che è

proprio la viscosità. Si può quindi scrivere che lo sforzo di taglio sulla faccia ortogonale ad

y e diretto lungo la direzione x è pari a:

xyx

v

y

Questa relazione può essere scritta nel seguente modo:

yx

yx

dd dx d dx

dy d d dy d

Dove dx

dy

è l'angolo xy ( o yx ) .

Per definizione di sforzo di taglio, è xy yx .

Ricordiamo che il presupposto della legge di Hooke sull’elasticità dei solidi era la relazione:

                          xy xyG (4.4)

Page 154: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 154/175

Ora, il presupposto della legge di Stokes è la relazione:

                        xy

xy

d

d

(4.5)

E’ evidente una grande analogia formale tra le due relazioni (ciò che varia è la deformazione

angolare della 4.4 che diventa una variazione nel tempo della deformazione angolare nella

4.5).

L’equazione 4.4 vale per i solidi, quindi nella statica, e lega la deformazione angolare alla

sollecitazione. Per i fluidi l’equazione 4.5 presenta la derivata della deformazione angolare,

che non è relativa alla “deformazione” agli strati di fluido, bensì alla loro velocità, dato che il

fluido scorre.

Da ciò è possibile ricavare un’equazione costitutiva che vale per i fluidi, sostituendo nella

relazione matriciale per i solidi alle deformazioni le derivate nel tempo delle deformazioni ed

al modulo di taglio la viscosità. Dove è la componente lungo l'asse x del vettore s

(deformazione), nel caso del fluido ci sarà la sua derivata nel tempo, cioè la componente

della velocità xv ; è la componente lungo l'asse y del vettore s , che per il fluido è yv ;

è la componente lungo l'asse z del vettore s e per il fluido sarà la zv . La , che per un

solido è il valore medio dello stato di sollecitazione, per il fluido è proprio la pressione. La

costante G , che nei solidi lega deformazione e sollecitazione, nel caso dei fluidi è sostituita

dalla viscosità che lega lo stato di sollecitazione al gradiente temporale dell’angolo di

scorrimento.

La relazione matriciale sarà quindi:

0 0

0 0

0 0

yx z

xx xy xz

yx zyx yy yz

zx zy zzyx z

vv vx x xp

vv vp

y y yp

vv vz z z

  0 02

0   03

0 0  

x x x

y y y

z z z

v v vx y z

divvv v v

divvx y z

divvv v v

x y z

Questa è l’equazione costitutiva di un fluido. Essa esprime in modo chiaro la “natura” di un

fluido, cioè cosa sia, fisicamente, un fluido.

Si consideri la xx , che è la sollecitazione ortogonale alla superficie ortogonale ad x .

Dividiamola in due componenti:

Page 155: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 155/175

' ( )xx xx p

Il termine ( )p indica uno stato medio di sollecitazione, che in un fluido sarà sempre di

compressione. Unacomponente di trazione potrebbe esistere (anzi, proprio per la viscosità

essa potrà manifestarsi), ma sarà in generale meno appariscente rispetto alla componente

di compressione (es. se nuoto sott'acqua, sarà presente sulla parte posteriore del mio corpo

una componente di trazione che, però, non percepisco come trazione ma solo come

riduzione della componente di compressione).

Sostituendo questa espressione in quella matriciale, si arriva a scrivere 6 relazioni

fondamentali:

'

2' 2    

3

2' 2    

3

22    

3

xxx

y

yy

zzz

yxxy

y zyz

x zxz

vdivv

x

vdivv

y

vdivv

z

vv

y x

v v

z y

v v

z x

In queste sei relazioni fondamentali è scomparso il termine di pressione, poiché è messa in

evidenza solo la componente aggiuntiva della sollecitazione rispetto allo stato medio di

compressione.

Si analizzi il termine 'xx :

2 2 2 2 4 2 2' 2     2          

3 3 3 3 3 3 3

y yx x x xz zxx

v vv v v vv vdivv

x x x y z x y z

L’analisi di questo termine permette di comprendere meglio il concetto di viscosità. Se

consideriamo un corpo immerso in un fluido ed è in movimento in seno ad esso, esso sarà

soggetto ad unaforza“frontale”,dato dal termine /xv x (che tipicamente rappresenta

l’effetto “tiraggio” della tenda bagnata della doccia che aderisce al nostro corpo anche

quando ci allontaniamo da essa) ed ad un effetto ortogonale (del tipo /yv y ed analoga

lungo z). Questi effetti possono essere visti in similitudine alla deformazione del solido

sottoposto a trazione, che si allunga lungo la dimensione x e si restringe lungo le dimensioni

Page 156: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 156/175

 y e z . Nel caso dei fluidi non si ha la variazione di deformazione bensì una sollecitazione

dovuta alla variazione spaziale di velocità.

Premesso tutto ciò, possiamo passare ad impostare l’equazione della conservazione della

quantitàdi moto,che può essere ricavata a partire dalla relazione:

( )d

F mvdt

Consideriamo un volume di controllo (Figura 4-5), rappresentato da un parallelepipedo. In

esso vi sarà una certa quantità di moto entrante e una certa quantità di moto uscente. Se

non ci fossero forze applicate al fluido, basterebbe la differenza fra quantità di moto in

entrata e in uscita per stabilire la variazione di quantità di moto dentro il volume di controllo.

Ma essendoci delle forze agenti sul fluido, il bilancio corretto delle “azioni” che tendono a far

variare la quantità di moto nel c.v. e l’”effetto”, cioè la variazione della quantità di moto del

volume di controllo, si scrive come:

    . . .     . . . variazione nel tempo della q.d.m.F flussodiq d m entrante flussodiq d muscente

(Come vedremo, parliamo di flusso di q.d.m., in quanto dimensionalmente ogni termine del

ha le dimensioni di una forza, o di un rapporto tra q.d.m. e tempo)

La quantità di moto del fluido nel volume di controllo cambia a causa di due effetti: lo

squilibrio tra quantità di moto entrante e uscente, e per l’effetto delle forze che agiscono sul

fluido.

Siccome il bilancio è vettoriale (ci saranno tre equazioni di bilancio, una per ogni asse

cartesiano), concentriamoci sul bilancio riferito all’asse x.

Figura 4-5 Volume di controllo con del fluido in entrata sulla superficie ABCD

Consideriamo del fluido in entrata attraverso la superficie ABCD per la presenza di una

componente di velocità xv . La massa di fluido in entrata è pari a:

           xm x dydz v dydz d

A

B

C

D

A

B

C

D

G

F

E

H

x z

y

Page 157: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 157/175

La quantità di moto della massa di fluido entrante è pari a:

 ( ). . .              in ABCD x x xq d m mv v v dydz d

Che può essere riscritta:

 ( ). . .  (     )      in ABCD x x xxq d m v v dy dz d

L’unità di misura della quantità di moto, secondo la relazione,risulta essere: kg m

s

.

La quantità di moto uscente dalla superficie opposta EFGH è:

 ( ). . .  (     )      out ABCD x x x dxx dxq d m v v dy dz d

.

La differenza di quantità di moto fra entrante e uscente è (ricorrendo al concetto della

continuità, dello sviluppo in serie e della possibilità di far diminuire a piacimento le

dimensioni del c.v., fino a ridurci ad una relazione “puntuale”):

 ( . . .) ( )x xq d m v v dxdydzd

x

La variazione di quantità di moto lungo x per unità di volume è:

     ,      1( . . .) ( )lungo x per V x xq d m v v d

x

Il flusso netto di quantità di moto lungo x , per cv unitario, è:

 ( . . .) ( )lungo x x xq d m v v

x

3 2 3

1 1kg m m mkg

m m s s s m

È necessario adesso considerare il contributo di q.d.m. lungo l’asse x di un’ulteriore massa

entrante, ad esempio, dalla superficie BCFG, che , pur entrando in una faccia ortogonale

all’asse y, ha tuttavia una componente di velocità lungo x. Il discorso va esteso anche alle

altre superfici del volume di controllo. Tutte le masse di fluido entranti, che abbiano una

componente di velocità lungo x, concorrono alla variazione di quantità di moto lungo x . Il

contributo alla variazione della quantità di moto lungo x dovuto al contributo della massa di

fluido entrante lungo y, con una componente di velocità xv è:

     ( . . .) ( )in lungo y x yq d m v v dxdydzdy

E ci sarà anche un contributo alla variazione di quantità di moto lungo l’asse x dovuto alla

massa entrante lungo z, con una componente di velocità xv :

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 158/175

     ( . . .) ( )in lungo z x zq d m v v dxdydzd

z

Page 159: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 159/175

Il contributo complessivo alla variazione di quantità di moto lungo l’asse x , per unità di

volume, sarà la somma dei tre contributi:

( )x x x y x zv v d v v d v v dx y z

(4.6)

La somma di questi tre termini indica qual è il contributo alla variazione di quantità di moto

“puntuale”, legata a fenomeni convettivi, cioè ai flussi in entrata e in uscita nel volume di

controllo.

L’unità di misura della variazione complessiva di variazione di quantità di moto è:

3 3

1 Kg m m Kg ms

m m s s m s

Che corrisponde ad una quantità di moto diviso un volume (per unità di volume).

Essendo:

2        w

d mF mv N Kgsdt

Per tenere in giusto conto le altre componenti che contribuiscono a far variare la q.d.m.

lungo x e che sono dovute a delle componenti lungo x delle forze applicate, dovendo avere

la stessa dimensione di una quantità di moto per unità di volume, si deve considerare la

forza moltiplicata per un intervallo temporale e divisa per un volume:

( )d mv

Fdtd dvolume volume

CORREGGERE

Da quanto detto, a livello puntuale (per unità di volume), le forze agenti sul volume di

controllo, che concorrono alla variazione della quantità di moto, dovranno essere moltiplicate

per l’intervallo di tempo d e divise per il volume.

Le forze che agiscono sul fluido sono forze di superficie e di volume. Le prime sono quelle

che si manifestano sulle sei facce del volume di controllo, mentre le seconde sono quelle

che agisconoall’interno della massa del fluido.

Page 160: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 160/175

Forze di Superficie

Le forze di attrito

Sono forze superficiali, che agiscono sulle superfici limite del volume di controllo.

Consideriamo la Figura 4-6

Figura 4-6 Volume di controllo soggetto a forze di attrito sulle superfici.

Gli sforzi che agiscono lungo l’asse x sono una per faccia, per un totale di 6 componenti:

'  ,  '  ,   ,   ,   , xx xx yx yx zx zxx x dx z z dzy y dy

. L’insieme delle forze viscose agenti sul fluido

per unità di volume lungo l'asse x (e moltiplicate per dtau)è esprimibile come:

     x viscose lungo x

F d

dxdydz

' '( xx xx yx yxy y dyx x dx

ddydz dydz dxdz dxdz

dxdydz

)zx zxz z dzdxdy dxdy

Questo è l’insieme delle sei forze di superficie che nascono in virtù della viscosità, e che

contribuiscono alla variazione della quantità di moto. Considerando la presenza di tre coppie

di sforzi lungo le tre direzioni, per la continuità è possibile sostituire alle differenze il

differenziale primo rispetto alle direzioni, ottenendo lungo l'asse x :

      '      

x viscose lungo x

xx yx zx zyx

F d ddxdy dz

dxdydz dxdydz x y z

(4.7)

Forze di pressione

La forza di pressione è sempre ortogonale alla superficie del fluido e la sua sollecitazione è

solamente di compressione. In una situazione statica l’intensità della pressione sulle sei

superfici sarebbe sempre la stessa (a livello puntuale).

z

x y

Page 161: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 161/175

Figura 4-7 Forza di pressione agente sul volume di fluido.

La pressione,tuttavia, può concorrere alla variazione di quantità di moto del fluido, poiché, in

riferimento al volume di controllo, che ha una dimensione finita, la pressione da una faccia

all’altra può cambiare (ad es., per effetto di azioni esterne) .

Si consideri un volume di controllo nel quale agisca una forza di pressione lungo l'asse x ,

che interessi le due facce opposte, ortogonali ad x , Figura 4-8.

Figura 4-8 Forza di pressione agente lungo l’asse x .

In linea di principio le due forze di pressione xP e x dxP , che agiscono sulle due facce,

possono essere diverse, essendo indicative dello stato medio di compressione del fluido.

Lungo l'asse x si può scrivere:

x x x dxF p dydz p dydz

x x x

F p dydz p dydz p dxdydzx

x x x xx x dx x dxF d p dydz p dydz p dxdydz

x

SBAGLIATA

Da cui l’espressione delle componenti di forza di pressione agenti lungo i tre assi, che

saranno inserite nelle sommatorie delle forze agenti (lungo x, ci interessa il solo primo

termine):

 xF d p

dV x

Page 162: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 162/175

yF d p

dV y

(4.8)

zF d p

dV z

Forze di massa

Il fluido ha una sua massa, e possono esistere diverse forze di volume che agiscono su di

essa.

Forza di attrazione gravitazionale

Se si considera un corpo nello spazio, esso sarà attratto da tutti gli altri corpi che possiedono

una massa, secondo l’espressione:

1 2

2.                              

corpo corpo

attrazione

m mF cost

r

(4.9)

La forza di attrazione sarà tanto più piccola tanto più grande è la distanza fra i due corpi. Per

questo motivo, in alcune circostanze, questa forza è trascurabile.

Se si considera un corpo sulla terra, esso sarà soggetto ad un’attrazione da parte della terra,

esprimibile mediante la relazione 4.9, inserendo la massa della terra, la massa del corpo e la

distanza fra il centro della terra e il baricentro del corpo considerato. Generalmente non si fa

riferimento alla relazione 4.9, bensì ad una relazione in cui compare la massa del corpo di

interesse e la cg . Infatti:

gravità corpo cF m g

In cui la forza cg si esprime:

9,81 gravità

c

massa massa

F Ng

kg kg

9,81gravità

c

massa massa

F Ng

kg kg

Che cg corrisponda numericamente all’accelerazione di gravità, qualora si entri nello studio

cinematico, cioè nell’ambito dello studio del moto, è vero, ma si tratta di concetti diversi

(potrebbero agire, su un corpo, diverse forze di volume, ed aversi un vettore accelerazione

diverso in direzione e modulo rispetto a ciascuna delle forze applicate). L’accelerazione di

gravità riguarda l’effetto della forza rispetto al moto, mentre la forza unitaria di gravità è

quella forza che moltiplicata per la massa del corpo fornisce l’effettiva forza che agisce sul

corpo e ne influenza il comportamento (agisce anche su corpi fermi ed origina effetti come

reazioni vincolari, etc). Possono esistere altre forze di massa, di origine elettrostatica,

magnetica, etc.

L’insieme delle azioni, esercitate dalle forze di superficie e di volume, contribuisce a

generare come effetto una variazione della quantità di moto.

Consideriamo la sommatoria delle forze applicate lungo x, per cui:

( )x xF d d mv

Page 163: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 163/175

La massa è definita come: m dx dy dz dV , per cui si può scrivere:

( )xx

F dd v

dV

L’equazione di conservazione della quantità di moto lungo x, riferita a un regime laminare è,

pertanto:

'' '

( ) ( ) ( )  yxxx zx

x x x y x z x x

pv v v v v v g v

x y z x y z x

(4.10)

Vi saranno le analoghe equazioni lungo y e lungo z . Aggiungendo le due equazioni della

continuità avremo un totale di 5 equazioni. Le incognite da determinare sono 5:

,  ,  ,  , x y zv v v p . L’equazione Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.non risolve

tutti i problemi, perché in essa sono presenti delle che sono delle incognite. Scrivere

un’equazione che sia utilizzabile e riscrivibile attraverso un programma di calcolo, significa

sostituire alle dell’equazione Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. le

equazioni costitutive.

Compiendo tale operazione, si ottiene:

22    

3

yx x x x z

x

vDv v v v vpdivv g

D x x x y y x z z x

Questa è l’equazione della conservazione della quantità di moto lungo l’asse x, con la

notazione della derivata sostanziale della velocità lungo x rispetto al tempo Dvx

D. Se il fluido

è Newtoniano11

, la viscosità è una grandezza di stato e diventa così una proprietà del fluido,

determinabile dalla conoscenza del suo stato termodinamico. L’equazione della variazione

della quantità di moto, in queste condizioni, si semplifica:

(4.11)

che nel caso di fluido incomprimibile diventa:

2  xx x

Dv pv g

D x

(4.12)

Questa è l’equazione di Navier Stokes.

L’equazione 4.11 nel caso di un gas (fluido ideale 0 ) si semplifica ulteriormente,

diventando (espressa in termini vettoriali):

11

Un fluido si definisce newtoniano (dal nome del fisico Isaac Newton) quando la sua

viscosità non varia con la velocità con cui viene misurata. Matematicamente questi fluidi

presentano un legame di proporzionalità diretta tra il tensore degli sforzi viscosi e il tensore

delle velocità di deformazione; la costante di proporzionalità è la viscosità.

2( )  3

xx x

Dv pv v g

D x x

Page 164: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 164/175

                            Dv

grad p gD

(4.13)

Questo accade perché è possibile trascurare la viscosità. L’equazione 4.8 prende il nome di

equazione di Eulero.

4.1.3 Equazione di conservazione dell’energia

Nei problemi di termo-fluidodinamica, alle cinque incognite prima elencate, se ne aggiunge

una sesta: la temperatura del fluido.Per risolvere il problema è necessaria, dunque, un’altra

equazione, che permetta di chiudere il sistema: l’equazione di conservazione dell’energia.

In un problema di termo-fluidodinamica le incognite sono , , , ,x y zv v v p e T .

Le prime cinque incognite possono essere ricavate mediante le tre equazioni di

conservazione della quantità di moto, di continuità e l’equazione costitutiva del fluido. Per

quanto riguarda la temperatura, invece, che si cerca di conoscerla punto per punto e istante

per istante, all’interno del fluido, serve un’ ulteriore equazione.

Per semplicità, l’equazione che si andrà a ricavare prescinde dai seguenti fenomeni:

irraggiamento

reazioni chimiche o nucleari

generazioni di calore attribuibili a fenomeni elettrici

Si consideri un volume infinitesimo di fluido per il quale si possa scrivere un bilancio

energetico, che sarà:

in out generata scambio scambiotermico meccanico

E E Q Q L Effetto (4.14)

Ein: energia in ingresso;

Eout: energia in uscita;

Qgenerata: energia termica generata internamente al fluido;

Qscambio termico: energia termica che il fluido può scambiare con l’esterno. Ad esempio, se il

fluido ad elevata temperatura viene a contatto con una parete di uno scambiatore di calore,

vi sarà un effetto a scambio termico convettivofra fluido e scambiatore di calore. È ovvio che

possa accadere anche il viceversa.

scambiomeccanico

L : energia meccanica che il fluido può scambiare con l’esterno. Ad esempio, nel

caso di un pistone mosso da un fluido in espansione.

Il fluido che si sta considerando potrebbe:

Avere una certa energia termica accumulata al suo interno, conteggiata attraverso la

grandezza energia interna u , espressa in J

kg

.

Essere in movimento a una certa velocità, per cui avere una certa energia cinetica

pari a 21

2mv , espressa in joule.

Per questo si ha un’energia totale del fluido, per unità di massa, che sarà data dalla somma

dei due contributi:

21

2e u mv

Page 165: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 165/175

Con riferimento ad un volume infinitesimo dV (figura 4-9), ci sarà una massa di fluido M ,

con una certa energia interna totale specifica, che entra dalla faccia ABCD, in

corrispondenza della faccia opposta ci sarà della massa uscente.

m

A

B

C

D

Figura 4-9 Volume di controllo

Lavorando in termini di bilanci di potenza, si analizzano i vari contributi:

Potenza entrante:

entrante

e M dmP e

t dt

Sapendo che xdm dt v dy dz si ha:

entrante x x x x

dP e dt v dy dz e v dy dz e v dy dz

dt

Potenza uscente:

uscente x x dxP e v dy dz

La differenza fra la potenza entrante e la potenza uscente rispetto all’asse x potrà essere

espressa come:

/in out xlungox

P v e dx dy dzx

Se si considerano anche i contributi lungo gli assi y e z, si possono scrivere i contributi alla

variazione di energia nel tempo all’interno del volume di controllo, per fenomeni convettivi:

( )x y xv e v e v e dx dy dzx y z

(4.15)

Per unità di volume, il contributo sarà:

( )x y xv e v e v ex y z

Analisi dimensionale: 3 3

1 kg m J J

m s kgm s m

Page 166: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 166/175

Quantitativo di calore generato all’interno del volume di controllo, nell’unita di

volume e di tempo è '''q , espresso in 3W

m.

Quantitativo di calore per diffusione termica all’interfaccia, espresso in 3W

m.

Si consideri l’equazione differenziale della conduzione nella sua forma più generale:

2p

T k T k T k Tq k T c

x x y y z z t

Essa ci dice che la somma di un contributo di generazione interno di calore e un

contributo dovuto a fenomeni diffusivi, con variazione dei flussi termici lungo le tre

direzioni, permette di far variare la temperatura di un elemento solido considerato.

Possiamo, quindi, dire che il contributo per diffusione di calore sull’interfaccia è:

2 T k T k T kk T

x x y y z z

(4.16)

Lavoro compiuto da o sul fluido, espresso in 3W

m.

Il fluido nel suo movimento riceverà lavoro dall’esterno, attraverso certe facce, e

compirà lavoro verso l’esterno, attraverso altre facce. Tutto ciò avviene mentre il

fluido si muove rispetto a delle forze che agiscono su di esso, che saranno forze di

volume e di superficie.

a) La potenza associata alle forze di volume sarà:

( )x x y y z zg v g v g v dx dy dz (4.17)

Si dividerà per dxdydz per il valore della potenza fornita/ceduta per unita di

volume.

b) Potenza associata alle forze di superficie di pressione per unita di volume:

x y zp v p v p vx y z

(4.18)

Il segno meno indica che se il fluido, muovendosi a velocità costante,

incontra una pressione maggiore man mano che avanza, tenderà ad essere

frenato e di conseguenza a perdere energia.

c) Potenza associata alle forze viscose. Ricavabile considerando che: le facce

dell’elemento di volume sono soggette a delle forze di taglio, con delle forze

ortogonali viscose. In Figura 4-10per semplicità è riportato l'asse x e

indicate le forze agenti su una singola faccia.

Page 167: Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)

Dispense del corso di Termotecnica del reattore 167/175

Figura 4-10 Volume di controllo soggetto a forze viscose

Rispetto all'asse x il lavoro compiuto dalle sole forze viscose sul fluido

darà:

'                       xx x xy y xz zv v v dxdydzx y z

(4.19)

Considerando 3 componenti per faccia, ne risulta un totale di 18. Le 18 componenti vanno

considerate a coppie, poiché si considera la differenza fra facce opposte, ottenendo

un’espressione con 9 componenti:

Ricapitolando, si hanno:

3 componenti legate al flusso di quantità di moto

1 componente legata alla generazione di calore

3 componenti legate al fenomeno di diffusione termica alle superfici di interfaccia

3 componenti legate alle forze (unitarie) di volume

3 componenti legate alle forze di pressione

9 componenti legate alle forze di attrito

Tutte queste componenti partecipano, ciascuna a suo modo, alla variazione nel tempo

dell’energia totale (somma dell’energia interna e dell’energia cinetica) del fluido all’interno

del volume di controllo.

Inserendo le equazioni 4.10, 4.11, 4.12, 4.13 e 4.14 all’interno del bilancio 4.9, otteniamo

un’equazione che descrive la variazione dell’energia totale interna:

( )Potenza

Effetto eVolume t

L’equazione completa sarà:

'( ) ( ) ... ... ... ... ...x x xx x x x

Te v e k p v v g v

t x x x x x

Applicando la derivata sostanziale, otteniamo:

i j i ixj x x x x

ii j i

Dek T p v v g v

Dt x

(4.20)

con i, j = 1, 2, 3 e x1=x; x2=y; x3=z.

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 168/175

L’equazione 4.15 è formalmente molto complessa, e ciò la rende di difficile applicazione.

Nella pratica viene adattata al problema in esame, semplificando i termini meno influenti. La

soluzione presuppone che siano utilizzate le equazioni costitutive del fluido.

Il problema più gravoso risiede nel termine delle forze di natura viscosa. Questo termine

complesso mette in evidenza il lavoro che il fluido deve compiere per la presenza di

fenomeni di tipo viscoso al suo interno.

Si trovano espressioni semplificate della equazione di conservazione dell’energia, in cui il

termine legato alla viscosità è semplificato. Una di queste utilizza lafunzione di dissipazione

.

Un’equazione che viene applicata nei problemi in cui l’effetto della variazione dell’energia è

dovuto essenzialmente ad una variazione di temperatura, è la seguente:

vv

DT pc T v k T q

Dt T

(4.21)

Nel caso di gas ideale, per il quale è possibile considerare la conducibilità costante e i

fenomeni di attrito trascurabili, l’equazione 4.13 può essere scritta come:

2v

DTc p v k T

Dt

(4.22)

Questa è un’equazione semplificata dell’equazione di conservazione dell’energia, applicata

ad un fluido per il quale è possibile ammettere che non vi sia generazione interna di calore e

il suo comportamento sia ideale.

4.2 Flussi turbolenti monofase

La maggior parte dei problemi fluidodinamici e termo-fluidodinamici reali sono in regime

turbolento. Le equazioni ricavate in precedenza, in linea teorica, valgono anche per il

turbolento, ma non sono utilizzabili in questo regime. Nel regime laminare si ha un deflusso

ordinato che comporta campi di velocità ordinati, con grandezze localmente misurabili. Nel

regime turbolento il deflusso è caotico e non è possibile individuare la velocità vera del fluido

o la sua temperatura puntoper punto e istante per istante. I valori di velocità, che è possibile

ricavare per il regime turbolento, sono mediati nel campo.

Scomponiamo la velocità locale in una componente media, misurabile, e in una componente

fluttuante, non misurabile:

v v v (4.23)

Per un deflusso turbolento si hanno delle cadute di pressione maggiori, rispetto al regime

laminare, per effetto della perdita di energia dovuta al rimescolamento. Scomponiamo anche

la pressione in una componente media e in una componente fluttuante:

p p p (4.24)

4.2.1 Equazione di conservazione della massa

Applicando l’equazione di continuità alle componenti di velocità lungo i tre assi,

scomponendole secondo la relazione 4.23, ed effettuando una media rispetto al tempo e

rispetto allo spazio, le componenti fluttuanti della velocità scompaiono. Poiché le componenti

fluttuanti di velocità non possiedono una direzione preferenziale, la loro somma algebrica

mediata nello spazio e nel tempo è nulla.

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 169/175

L’equazione di conservazione sarà, quindi:

0x y zv v vt x y z

(4.25)

4.2.2 Equazione di conservazione della quantità di moto

L’equazione di Navier Stokes per un fluido newtoniano in regime turbolento sarà:

2

i

xx x x x

ii

Dv pv v v g

Dt x x

(4.26)

Il termine  (    )x i x

i ix

nasce dalla scomposizione della velocità secondo la relazione

4.26. E’ un termine che non compare nel deflusso laminare. La vorticità nel regime

turbolento influenza l’equazione della conservazione della quantità di moto.

4.2.3 Equazione di conservazione dell’energia in regime turbolento

Considerando la temperatura scissa in due contributi, come nel caso della velocità e della

pressione, otteniamo:

iv p x

ii

DTc k T c v T

Dt x

(4.27)

Sia nell’equazione 4.26che nell’equazione 4.27compaiono i termini fluttuanti, di velocità e

temperatura, che sono delle incognite aggiuntive. Per risolvere queste equazioni è

necessario introdurre dei modelli di chiusura delle equazioni differenziali, che permettano di

incrementare il numero delle equazioni. Infatti, in questo caso (turbolento) si hanno molte

incognite in più rispetto al numero delle equazioni.

Per risolvere le equazioni in regime turbolento bisogna eliminare i termini fluttuanti, dalle

incognite del problema.

Per l’equazione di conservazione della quantità di moto è necessario definire gli sforzi di

Reynolds o sforzi turbolenti:

i i

t

xx x xv v (4.28)

L’unità di misura dello sforzo di Reynolds è:

2

3 2 2 

Kg m KgPa

m s ms . Tutto va come se per

effetto della turbolenza nascessero degli sforzi aggiuntivi, dovuti alle componenti fluttuanti di

velocità, che provocano il rotolamento delle particelle di fluido.

Per l’equazione di conservazione dell’energia è necessario definire il flusso turbolento di

energia:

i

t

p xq c v T

Questo termine, con unità di misura 2  

J

m s, tiene in considerazione il fenomeno di

trasferimento di calore insufficiente del fluido in caso di regime turbolento.

Esistono molti modelli per il calcolo degli sforzi turbolenti di Reynolds e del flusso turbolento

di energia. Riportiamo di seguito il modello di viscosità turbolenta, per la chiusura

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 170/175

dell’equazione di conservazione della quantità di moto, e il modello del flusso turbolento di

energia di Prandtl.

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 171/175

Modello di viscosità turbolenta

In questo modello si considera che:

xxy

y

Nel caso della formazioni di vortici, che ostacolano il deflusso, viene assunto, come ipotesi,

che lo sforzo di Reynolds dipende dal gradiente spaziale di velocità media, attraverso una

viscosità turbolenta:

i

t xxx t

v

y

Al crescere della xv ( e quindi del suo gradiente spaziale) cresce la turbolenza e di

conseguenza l’ostacolo al deflusso.

La viscosità turbolenta è una grandezza fittizia e non ha un significato fisico. Anche lei è una

incognita e bisogna definirla tramite un modello.

2 jixxt

mj i

vvl

x x

Il rapporto fra la viscosità turbolenta e la densità è pari ad una lunghezza di rimescolamento

al quadrato moltiplicata per la somma delle derivate incrociate delle velocità medie rispetto

alle variabili indipendenti. Il termine ml è definito come lunghezza di mescolamento, e

corrisponde alla lunghezza media che un vortice compie prima di scomparire, dato che la

turbolenza non è un fenomeno continuo, ma statistico e locale.

In virtù della 4.20, possiamo scrivere:

2 j ji i

i j

x xx x

x x mj i j i

v vv vv v l

x x x x

(4.29)

Con questa equazione si riesce a chiudere il sistema di equazioni, a patto di conoscere la

lunghezza di miscelamento. Secondo Prandtl all’interno di un canale nel quale si possa

considerare un flusso bidimensionale la lunghezza di rimescolamento è pari a:

ml c y

con ccoefficiente, che vale 0,4 e y, distanza dalla parete.

Modello per il ''i

t

xq

Questo modello tiene in considerazione l’incremento della capacità di trasferimento di calore

generata dalla turbolenza, per cui tutto va come se il volume di controllo fosse soggetto ad

un flusso termico aggiuntivo. Un modello per la chiusura delle equazioni assume:

i

tx t

i

Tq k

x

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 172/175

Al crescere del gradiente spaziale di temperatura media si ha un incremento del flusso

termico. Il modello assume che il flusso termico approssimativo sia proporzionale al

gradiente delle temperature medie. La proporzionalità fra flusso termico turbolento e

gradiente delle temperature medie è data dalla grandezza conducibilità turbolenta, che non

è una grandezza termodinamica, da calcolare. Si definisce anche una diffusività turbolenta:

ixtt

p

i

v Tk

Tc

x

Per calcolare ktsi introduce il numero di Prandtl turbolento:

Prt t

t

La viscosità turbolenta è stata definita in precedenza. Per calcolare la diffusività turbolenta si

introduce un’ulteriore assunzione dovuta a Reynolds. Secondo questa assunzione, esiste

un’analogia tra il meccanismo di trasferimento turbolento di quantità di moto, responsabile

dell’aumento delle cadute di pressione, e il meccanismo di trasferimento turbolento di

quantità di calore. Secondo questa analogia si pone:

Pr 1t

Da cui:

tt

In questo modo si chiude anche l’equazione di conservazione dell’energia.

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 173/175

4.3 Flussi bifase

Si distinguono le seguenti situazioni, per deflussi non monofase (bifase o multi-fase):

un liquido in presenza di una fase vapore della stessa sostanza;

un gas o un liquido che trascina una sostanza solida;

un liquido e un gas, di due sostanze diverse;

situazioni multifase in qui vi è la presenza di una fase gassosa, liquida e solida.

Quando si ha a che fare con più sostanze, il problema diventa estremamente complesso.

Stabilire puntualmente e istante per istante la velocità vettoriale della singola particella della

singola sostanza, non è possibilee non si avrebbe neanche la possibilità sperimentale di

verificarne la veridicità.

In regime di flusso bifase, considerando un condotto verticale, non è possibile predire se in

un certo punto è presente una o l’altra fase. Vi è un’indeterminazione di fondo del problema

che impedisce di studiarlo in modo rigoroso. Non è possibile definire delle equazioni

differenziali che permettano di ottenere informazioni dettagliate, come nel flusso monofase,

sulla velocità. Quello che si riesce a fare è ricavare delle equazioni semplificate, che

forniscono delle informazioni utili, ma non consentono un approfondimento molto dettagliato

del problema ed hanno dei campi di applicazione limitati.

Esistono varie relazioni proposte in ambito scientifico sulla conservazione della massa, della

quantità di moto e di energia.

Equazione di conservazione della massa:

  0kk kv

(4.30)

Equazione di conservazione della quantità di moto:

 

    0k k

k k k k

vv v F

(4.31)

Equazione di conservazione dell’energia:

2 2 ''1 1[     0

2 2k k k k k k k k k k k k ku v v u v Q Fv v q

(4.32)

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 174/175

In queste equazioni:

F è la forza esterna per unità di massa /N kg ;

k è il tensore degli sforzi legato all'attrito 2/N m ;

k l'indice di fase, liquido o vapore;

kQ è il calore generato nella fase k nell'unità di tempo e di volume

3/J m s .

Questa espressione prescinde dalla conoscenza delle azioni di interfaccia fra una fase e

un'altra. Considerando che all’interno di un condotto, in presenza di flusso bifase, vi è una

situazione di forte variabilità, è necessario lavorare con valori mediati. Una correlazione

proposta per la conservazione della massa, applicata alla fase liquida, che sfrutta tale

principio è:

l

l

Γ1 1 1 1 1

Γ 1

l l

l l

d dvd d dA

dz dz v dz dz A dz

(4.33)

Un’espressione della conservazione della quantità di moto, per la fase liquida, è:

dx

1 1 1 Γ ρg 1 α cosθdz

ll l lg attrito g l

d dpA A F A F A

dz dz

(4.34)

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Dispense del corso di Termotecnica del reattore 175/175

Nomenclatura e unità di misura

v Velocità m/s

p Pressione Pa

Densità kg/m³

T Temperatura K

e Energia totale per unità di massa J/kg

m Massa Kg

V Volume m³

t Tempo S

k Conducibilità termica W/(m°C)

cp Calore specifico a pressione costante J/(kg °C)

g Accelerazione di gravità m/s²

Diffusività m²/s

Coefficiente di viscosità Pa·s

''q Flusso termico per unità superfice W/m2

'''q Densità di potenza W/m3

Flusso neutronico 1/(cm2 s)

f . Sezione fissione cm2

N Densità atomica materiale fissione 1/cm3

cp Calore specifico a pressione costante J/(kg °C)

cv Calore specifico a volume costante J/(kg °C)

Sforzo tangenziale N/m²

hfg Calore latente di evaporazione J/(Kg K)

Twall Temperatura parete scambio K

Tsat Temperatura saturazione acqua K

F

Forza

Portata in massa

N

Kg/s

i