Termotecnica Del Reattore (Da Pag. 1 a 85)
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Dispense del corso di
Termotecnica del Reattore
Prof. Antonio Naviglio
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 2/175
Indice
Indice ....................................................................................................................................... 2 Indice delle figure ................................................................................................................... 3 Indice delle tabelle ................................................................................................................. 4 1 Generazione di calore all’interno di solidi ................................................................. 5
1.1 Generazione di calore dovuta alla fissione .......................................................... 8
1.2 La generazione di calore per assorbimento di radiazioni gamma ..................... 19
2 Grandezze termofluidodinamiche e gruppi adimensionali caratteristici ............. 24
2.1 Grandezze fondamentali per sistemi monofase ................................................ 25
2.2 Grandezze fondamentali per sistemi bifase ...................................................... 38
2.3 Gruppi adimensionali ......................................................................................... 45
3 Processi di scambio di calore .................................................................................. 50
3.1 Meccanismi di scambio ...................................................................................... 50
3.2 Conduzione ........................................................................................................ 50
3.3 Ebollizione.......................................................................................................... 85
3.4 La trasmissione del calore per flow boiling all’interno di tubi dritti ................... 115
4 Equazioni di conservazione in sistemi monofase e bifase ................................. 142
4.1 Deflussi laminari monofase .............................................................................. 143
4.2 Flussi turbolenti monofase ............................................................................... 168
4.3 Flussi bifase ..................................................................................................... 171
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 3/175
Indice delle figure
Figura 1-1 Numero atomico in funzione del numero dei neutroni degli elementi 9 Figura 1-2 Distribuzione dei prodotti di fissione di U
235 10
Figura 1-3 Confronto qualitativo tra la generazione di calore reale e quella
ipotizzata 15 Figura 1-4 Elemento di combustibile del nocciolo di un BWR 17 Figura 1-1-5 Andamento della potenza prodotta nel nocciolo dopo lo spegnimento del
reattore 18 Figura 1-7 Curva di attenuazione della radiazione gamma 20 Figura 1-8 Andamento della temperatura in una lastra piana nei casi descritti 21 Figura 1-9 Profilo di temperatura nel caso di generazione di calore esponenziale 22 Figura 2-1 Interpretazione dell’unità di misura della conducibilità nel sistema
tecnico Americano 27 Figura 2-2 Gradiente di velocità causato dalla forza di taglio esercitata sul fluido 28 Figura 2-3 Layout di un viscosimetro cilindrico 30 Figura 2-4 Gradiente di velocità generato dall’azione delle forze di taglio 31 Figura 2-5 Goccia d’acqua su superficie antiaderente 32 Figura 2-6 Telaio per misurare la tensione superficiale di un fluido 33 Figura 2-7 Diagramma di Andrews dell’acqua 34 Figura 2-8 Layout di un circuito 35 Figura 2-9 Regime di deflusso bifase per un flusso orizzontale 39 Figura 2-10 Bolle di vapore che si formano sulle pareti delle barre di combustibile 41 Figura 2-11 Generatore di vapore 44 Figura 3-1 Diagramma σ(ε) di un acciaio 85
Figura 3-2 Lastra piana indefinita di spessore x 85
Figura 3-3 Volume di controllo dV in un sistema di riferimento cartesiano. 85 Figura 3-4 Corpo lambito da un fluido. 85
Figura 3-5 Evoluzione di /k T x . 85
Figura 3-6 Struttura composta da due materiali con diversa conducibilità termica 85 Figura 3-7 Lastra piana indefinite senza generazione di calore interno 85 Figura 3-8 Lastre adiacenti indefinite di diverso materiale 85 Figura 3-9 Lastra piana indefinita con generazione interna di calore 85 Figura 3-10 Parete multistrato 85 Figura 3-11 Sistema bidimensionale 85 Figura 3-12 Volume di controllo in un sistema di riferimento cilindrico 85 Figura 3-13 Sezione cilindrica 85 Figura 3-14 Sezione trasversale cilindro 85 Figura 3-15 Sezione cilindrica con generazione interna di calore 85 Figura 3-16 Andamento delle temperature nello spessore 85 Figura 3-17 Esperienza di Nukiyama a flusso termico imposto 87 Figura 3-18 Curva di Nukiyama 88 Figura 3-19: Parte superiore di una bolla sferica di raggio r 93 Figura 3-20: nascita della bolla 94 Figura 3-21: Tubo soggetto ad un flusso termico costante attraversato da un fluido 104 Figura 3-22: Deflusso per condotto ascendente 106 Figura 3-23: Mappa di deflusso di Hewitt e Roberts per flusso bifase ascendente 107 Figura 3-24: Fenomeni ondulatori all'interno del condotto orizzontale 109 Figura 3-25: Deflussi per condotti orizzontali 109 Figura 3-26 - Mappa di deflusso per deflusso orizzontale 110
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 4/175
Figura 3-27 : Regioni di deflusso, regioni di scambio termico e corrispondenti andamenti
di alcuni parametri di interesse in un tubo verticale uniformemente
scaldato. 111 Figura 3-29: Diagramma tridimensionale q'', x, T 115 Figura 3-30: Flusso termico critico in funzione del titolo 116 Figura 3-31: Legge di potenza per i modelli di flow boiling di Steiner e Taborek (1992) 118 Figura 3-32: Confronto tra correlazione di Chen e dati sperimentali (CHEN 1966) 122 Figura 3-33: Processo di ebollizione in tubi verticali secondo Steiner e Taborek (1992) 126 Figura 3-34: I regimi di deflusso bifase che si osservano in un tubo vaporizzatore ad asse
orizzontale in base al “Collier and Thome” (1994) 132 Figura 3-35: aree geometriche occupate dal liquido e dal vapore, angoli di stratificazione
e di asciugamento e spessore del film liquido nel modello del flow
boiling Kattan-Thome-Favrat 135 Figura 3-36: mappa dei regimi di deflusso bifase per x<xmax 138 Figura 3-37: angolo di asciugamento θdry quando x>xmax 139 Figura 4-1 Volume di controllo 145 Figura 4-2 Solido soggetto a trazione 149 Figura 4-3 Solido soggetto a sforzo di taglio 150 Figura 4-4 Lastre piane infinite in moto relativo 153 Figura 4-5 Volume di controllo con del fluido in entrata sulla superficie ABCD 156 Figura 4-6 Volume di controllo soggetto a forze di attrito sulle superfici. 160 Figura 4-7 Forza di pressione agente sul volume di fluido. 161
Figura 4-8 Forza di pressione agente lungo l’asse x . 161 Figura 4-9 Volume di controllo 165 Figura 4-10 Volume di controllo soggetto a forze viscose 167
Indice delle tabelle
Tabella 1-1 Analisi qualitativa dell’energia rilasciata nelle reazioni di fissione in
termini spaziali e temporali 13
Tabella 3-1 Valori di sfC 101
Tabella 3-2: Coefficienti standard di ebollizione nucleata in flow boiling di Steiner e
Taborek considerando "p" _"r" =0.1 e "R" _"p,o" =1μm 130
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 5/175
1 Generazione di calore all’interno di solidi
Quando si studiano dei processi o dei macchinari, le grandezze estensive che li descrivono
non sono mai espresse in termini quantitativi assoluti, ma sono riferite ad un determinato
intervallo temporale. Se, ad esempio, si prende in considerazione un motore a combustione
interna, il parametro di interesse fondamentale non è l’energia che si riesce a convertire, ma
l’energia convertita nell’unità di tempo, e quindi la potenza.
Nei dimensionamenti di sistemi o organi di stoccaggio ha senso parlare di masse o di
volumi; se l’oggetto dell’analisi è un processo, ciò che conta sarà la massa o il volume di una
certa sostanza che venga trattato o che passi attraverso un determinato componente, in un
determinato tempo (in genere, nell’unità di tempo).
Nelle applicazioni termotecniche la grandezza estensiva tipica più utilizzata è l’energia ma,
riferendoci ad un componente o ad un processo, sarà determinante conoscere l’entità
dell’energia “messa in giuoco” nell’unità di tempo: la potenza. Mentre per conoscere le
prestazioni complessive di componenti o di sistemi è importante definire la potenza, per
analisi di tipo locale, la grandezza più importante è la potenza scambiata per unità di
superficie, cioè il flusso termico ''q,
definito come il rapporto tra la potenza termica
scambiata e l’area di scambio. Nel caso specifico di sistemi di trasferimento del calore, il
flusso termico è la potenza che il sistema riesce a trasferire per unità di superficie.
All’interno di un’apparecchiatura il ''q potrebbe non essere uniforme nello spazio e nel
tempo. Quando si lavora su problematiche relative allo scambio termico avanzato bisogna
essere in grado di identificare il punto in cui il flusso termico assume il valore massimo, in
modo tale da effettuare il dimensionamento del sistema sul punto più critico.
Queste problematiche assumono una rilevanza particolare nelle applicazioni aerospaziali.
Per ogni missione umana sussiste il problema di un rientro sicuro sulla Terra. Ciò richiede di
smaltire un'enorme quantità di energia che si genera ,a causa dell’attrito tra il veicolo
spaziale e l’atmosfera nella fase di rientro della navicella spaziale. L'attrito atmosferico
genera calore, e quello che conta è il calore generato per unità di superficie e di tempo sulla
superficie esterna della navicella: questo calore può essere sufficiente a fondere o persino a
far evaporare il materiale di cui è composta la struttura esterna della navicella che sta
rientrando. Per evitare danneggiamenti, è quindi necessario rivestire la parte frontale della
navicella con materiale particolarmente resistente alle alte temperature, e con temperatura
di fusione molto elevata. Con suddetto materiale vengono costruiti gli scudi termici che
gradualmente si consumano a causa del forte attrito (ablazione).
Alternativamente, si potrebbe realizzare un sistema di raffreddamento a bordo per
rimuovere il calore generato, ma questo sistema di raffreddamento dovrebbe disporre di una
capacità di accumulo di calore interna alla navicella, di grande capacità. La densità di
potenza '''q è definita come il rapporto tra una potenza ed un volume. Questa grandezza
indica quanto calore viene generato nell’unità di tempo, riferito ad un volume di materiale
all’interno del quale si ha la generazione del calore.
Si consideri, ad esempio, un filo percorso da una corrente i . Questa corrente è costituita da
un flusso di elettroni che interagiscono con gli atomi e influenzano il loro stato di agitazione
termica. La potenza termica che si genera all’interno del conduttore, in condizioni di
geometria uniforme e di caratteristiche uniformi del materiale, è pari a 2P R i dove R è
la resistenza elettrica del conduttore, (funzione della resistività del conduttore stesso). Se
questa potenza termica non venisse opportunamente asportata, la differenza tra la potenza
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 6/175
prodotta e quella asportata porterebbe ad un graduale incremento della temperatura del
conduttore che, ad un certo punto, fonderebbe, interrompendo il circuito.
La densità di potenza generata all’interno del conduttore è definita come:
''' / / ( )q P V P A dl
,
dove A e d l sono, rispettivamente, la sezione del conduttore e la sua lunghezza.
Il '''q ,in questo caso, è stato ottenuto da un calcolo che ne ha determinato un valore medio
che, nel caso specifico, coincide con il valore locale punto per punto. In generale, il '''q sarà
calcolato puntualmente come grandezza differenziale, indicando l’intensità locale di
generazione di calore per unità di tempo.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 7/175
Nel caso, invece, in cui si operi in modo tale da causare un restringimento della sezione del
conduttore, si avrà, nella zona a sezione ristretta, una densità di corrente molto più alta
rispetto alla situazione precedente, dato che la corrente passante nel circuito è sempre la
stessa, ma la sezione del conduttore è minore.
Nella parte di conduttore in cui la sezione è ristretta, la generazione locale di calore è molto
più alta: quello è il suo punto critico sotto il profilo della resistenza del materiale perché, a
parità di altre condizioni (temperatura esterna, assenza di materiali che localmente
impediscano l’asportazione del calore, etc.), in quella zona si raggiungerà la massima
temperatura e sarà più facile raggiungere la temperatura di fusione del materiale. Quindi la
densità di potenza può cambiare da punto a punto negli oggetti in cui si genera calore e
questo implica la necessità, in molti casi, di effettuare degli studi su come vari il '''q (sia
spazialmente che, più in generale, anche temporalmente), per evitare che esso raggiunga
dei valori troppo elevati e possa causare danneggiamenti al materiale (come la fusione) o
essere causa di crisi termica (generazione di un flusso termico superficiale “inaccettabile”
(vedi i capitoli seguenti)).
Consideriamo, ora, una pompa elettromagnetica per il pompaggio di metalli liquidi.
I metalli liquidi hanno delle caratteristiche particolari, come conducibilità e spesso densità
molto elevate. Sono sempre più considerati per applicazioni industriali, ad esempio come
fluidi termovettori negli impianti solari a concentrazione, ma soprattutto sono già
ampiamente utilizzati nelle centrali nucleari.
A titolo di esempio, prendiamo in esame un condotto e supponiamo che in esso siano
presenti, un campo magnetico ed un campo elettrico ad esso ortogonale. Vi sarà allora una
forza di Lorentz ortogonale ai primi due campi, la quale permetterà il movimento del fluido.
Ovviamente, affinchè si verifichi il moto, il fluido deve avere caratteristiche di buona
conducibilità: questo è il caso di molti metalli liquidi, ma anche dei gas ionizzati. In questa
applicazione si ha una conversione da energia elettrica ad energia meccanica.
In altri casi (MHD), si sfrutta lo stesso principio fisico per uno scopo diverso: gas ionizzati ad
alta temperatura e ad alta pressione vengono fatti defluire verso zone a più bassa pressione,
passando attraverso condotti in cui attraversano campi magnetici ortogonali tra loro e
rispetto al deflusso. In questo caso, è generato un campo elettrico ortogonale al campo
magnetico ed alla direzione del deflusso e si può convertire l’energia termica del fluido in
energia elettrica.
In queste applicazioni è importante conoscere come varia localmente la temperatura del
fluido poiché, questo parametro influenza le caratteristiche del fluido e quindi l’efficienza del
sistema. Nel caso del sistema di pompaggio, la temperatura locale del fluido dipenderà
anche dal valore assunto dal '''q localmente.
Un altro esempio, in cui diventa determinante poter conoscere il valore locale del '''q, è
quello dello studio di sistemi chimici complessi con sostanze che reagiscono, producendo
calore. Può essere fondamentale dover effettuare l’analisi di come si distribuisce la
generazione di calore, per evitare fenomeni indesiderati.
Per quanto riguarda le applicazioni di tipo nucleare, si faccia riferimento alla progettazione di
un nocciolo di un reattore nucleare: in questo caso, è di fondamentale importanza
determinare con estrema precisione la distribuzione della generazione di potenza termica fra
le varie barrette di combustibile e l‘andamento della sua variazione radiale lungo il nocciolo.
Questo significa conoscere la distribuzione spaziale del '''q (vedremo che è fondamentale
conoscere non solo l’andamento del '''q nello spazio, ma anche nel tempo). Sempre con
riferimento al settore nucleare, un’altra applicazione può essere la progettazione di uno
schermo di protezione contro le radiazioni o i neutroni. La dose da radiazioni può
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 8/175
assumere valori pericolosi, in funzione della natura della radiazione e della intensità
energetica della stessa, a causa delle interazioni con l’oggetto e il corpo esposto, che
possono portare a modifiche a livello nucleare (ad es., modificandone gli isotopi) o a rottura
di legami tra atomi o molecole.
I maggiori danni si riscontrano in seguito alle interazioni di particelle (particelle , neutroni)
con la materia; mentre effetti minori si hanno, a parità di flusso incidente, in termini di
energia (per unità di superficie e di tempo) nel caso delle radiazioni .
Si ricorda che, una radiazione è una radiazione elettromagnetica particolarmente
penetrante che trasferisce la propria energia alla materia con cui interagisce. Nel caso di un
materiale non organico, l’effetto di tale interazione consiste solo in un riscaldamento della
materia bersagliata.
Anche in questi casi, un problema tipico può essere quello della determinazione della
generazione di calore all’interno di uno schermo finalizzato ad “abbattere” il flusso di
radiazioni, assorbendone l’energia e, quindi, riducendo i valori di dose in aree in cui esistano
dei limiti di tali valori da non superare. L’assorbimento di energia nella materia non è, in
questo caso, uniforme perché l’effetto di attenuazione segue qualitativamente l’andamento
di xe .
1.1 Generazione di calore dovuta alla fissione
L’analisi della distribuzione della densità di potenza all’interno del nocciolo di un reattore è di
fondamentale importanza per lo studio delle condizioni in cui si può verificare la fusione del
combustibile o la crisi termica. Questo studio deve essere molto accurato in modo che siano
adottati gli adeguati margini a progetto per evitare suddetti effetti (vedi capitoli seguenti),
ovvero per scegliere e dimensionare opportuni sistemi di sicurezza, nel caso di eventi
incidentali che determino l’insorgere di dette situazioni.
La densità di potenza in un nocciolo di un reattore nucleare non ha una distribuzione
uniforme ed è legata alla distribuzione del flusso neutronico all’interno del reattore.
Il flusso neutronico dipende, a sua volta, prevalentemente dalla distribuzione spaziale e dalla
evoluzione temporale delle reazioni di fissione (non si farà riferimento, in questo testo, ai
reattori a fusione).
La fissione nucleare consiste nella rottura del nucleo di un elemento in due nuclei di
elementi più leggeri (con numero di massa atomica inferiore). La fissione avviene a causa
della cattura di un neutrone (negli esempi che seguono ci si riferirà a fissioni con neutroni
“termici” e non a fissioni veloci) da parte del nucleo di un elemento pesante, cattura che
porta il nucleo in una condizione di instabilità, tale da determinarne la “frattura”.
Gli elementi chimici si distinguono per il numero di elettroni presenti nell’atomo (che, in
condizioni neutre, corrisponde al numero dei protoni concentrati nel nucleo). Nel nucleo
sono presenti, oltre ai protoni, anche i neutroni: il rapporto tra neutroni e protoni cresce con
l'aumentare del numero atomico (che rappresenta il numero dei protoni); questo aumento
serve a conferire stabilità al nucleo, in cui sono presenti forze antagoniste: da una parte, i
protoni, dotati di carica positiva, sono soggetti ad allontanarsi reciprocamente a causa
dell‘interazione elettrostatica; dall’altra, esiste nel nucleo una forza di coesione che
scaturisce dalla forza di attrazione esistente fra tutte le masse (forza nucleare forte). I
neutroni contribuiscono solo alla forza di coesione ed è necessario un numero sempre
maggiore di neutroni per bilanciare le forze repulsive dei protoni, al crescere del numero di
questi (figura 1-1).
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 9/175
L’energia media di legame tra protoni e neutroni di un nucleo tende a diminuire al crescere
del numero atomico. Questo è causa di instabilità negli elementi molto pesanti (con numero
di massa atomica particolarmente elevato), in particolare in alcuni loro isotopi, caratterizzati
da energie medie di legame molto basse. E’ sufficiente quindi, che un nucleo di tali isotopi
“catturi” un neutrone che statisticamente viene a trovarsi in prossimità del nucleo, affinchè
venga a crearsi una configurazione di nucleo instabile, che tenderà a frammentarsi , con
successivo riassestamento dei nucleoni verso configurazioni a maggiore stabilità.
Figura 1-1 Numero atomico in funzione del numero dei neutroni degli elementi
Il nucleo instabile, nel giro di qualche frazione di secondo (1410
s), si divide in due nuclei,
generalmente anch’essi instabili, emettendo inoltre alcuni neutroni (in genere, 2 o 3),
eventualmente una particella ed una certa quantità di energia sotto forma di radiazioni
elettromagnetiche.
A livello probabilistico, la tendenza è quella di ottenere due frammenti di fissione, uno dei
quali è più pesante rispetto all’altro.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 10/175
Figura 1-2 Distribuzione dei prodotti di fissione di U235
Riassumendo, dalla fissione di un nucleo si ottengono: due (o più) frammenti di fissione
(spesso definiti “prodotti di fissione”, anche se questi ultimi a rigore comprendono anche
isotopi che vengono generati in trasformazioni successive, come decadimenti ), due (o
tre) neutroni, eventualmente una particella e dell’energia, che è dovuta alla perdita di
massa (infatti, sommando le masse dei componenti risultanti dalla fissione, si ottiene una
massa totale leggermente inferiore rispetto alla somma delle masse del nucleo prima della
fissione e del neutrone che ne ha causato la fissione). Questa energia “generata” nella
fissione, rappresenta l’effetto di maggiore interesse nelle applicazioni industriali, e diventa
molto importante saper valutare la modalità con cui essa venga resa disponibile dalla
fissione in un determinato punto e, ad un certo istante, venga trasformata in calore nel
nocciolo, sia spazialmente che temporalmente. La densità di potenza nel nocciolo del
reattore, nel periodo in cui si ha il fenomeno della fissione, dipende fortemente dalla
distribuzione spaziale e dall’andamento temporale delle reazioni di fissione.
La densità di potenza nel nocciolo del reattore è funzione di quattro variabili:
''' '''( , , , )q q x y z t
Se fosse possibile calcolare o valutare l’andamento di '''q
in funzione dello spazio e del
tempo, saremmo in grado di individuare il punto del nocciolo del reattore con densità di
potenza più elevata e il momento in cui si verifica questa particolare situazione in condizioni
stazionarie, transitorie o incidentali.
La reazione più probabile in un reattore nucleare a fissione termica è la seguente:
235 139 952 198U n Ba Kr n MeV
L’intervallo di tempo tra il momento in cui il neutrone viene assorbito dal nucleo e l’atto della
fissione è, come visto, dell’ordine di10-14
s e quindi questa reazione può essere considerata
istantanea se confrontata con i tempi caratteristici dei meccanismi di scambio di calore.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 11/175
Classificazione neutroni Energia neutroni(eV)
NEUTRONI TERMICI
0.025Ev
NEUTRONI EPITERMICI
0,1-1 eV
NEUTRONI LENTI
1eV-100keV
NEUTRONI VELOCI
100keV- alcune decine di MeV
NEUTRONI AD ALTA ENERGIA
>100 MeV
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 12/175
I 198 MeV non vengono rilasciati tutti istantaneamente e nel punto esatto in cui si è verificata
la fissione: solo una parte viene rilasciata istantaneamente mentre la restante parte in modo
differito nel tempo, dato che i nuclei dei frammenti di fissione generati non si trovano in una
situazione di stabilità, ma in uno stato eccitato, con una certa quantità di energia
immagazzinata (potenziale), che viene rilasciata nel tempo attraverso le reazioni di
decadimento.
Per quanto riguarda la parte dell’energia rilasciata istantaneamente,questa si distribuisce nel
modo seguente:
Frammenti (prodotti) di fissione (168 ± 5 MeV): i due nuclei che nascono dalla
fissione si respingono l’uno con l’altro, perché la forza Coulombiana tende a farli
allontanare. L’energia potenziale si trasforma in energia cinetica dei prodotti di
fissione, che vanno ad urtare altri atomi; in ultima analisi, si ha l’effetto di un
incremento dell’energia di agitazione degli atomi, con aumento della temperatura
locale. I frammenti di fissione vengono “frenati” entro uno spazio molto limitato,
dell’ordine di 10-5
m, per cui la generazione di calore associata viene considerata
puntuale ed inoltre il ritardo del rilascio di tale energia è così piccolo che è possibile
considerare il fenomeno istantaneo; Neutroni di fissione (5 ± 0.5 MeV): sono
neutroni espulsi dal nucleo fissionato perché il numero di neutroni presenti nei nuclei
dei due frammenti di fissione è inferiore alla somma dei neutroni presenti
singolarmente nel nucleo fissionato e del neutrone termico. I neutroni “liberati”
possiedono anch’essi una energia cinetica elevata. Tali neutroni possono essere
catturati all’interno di una barretta di combustibile, ad esempio di U238
, oppure
possono uscire dalla barretta, per essere “rallentati” e perdere la propria energia
cinetica nel moderatore: una volta divenuti neutroni termici, potranno dare origine ad
una nuova fissione. La situazione tipica è quella in cui,i neutroni rilascino la loro
propria energia non nell’esatto punto in cui è avvenuta la fissione, ma che tendano
ad uscire dalla barretta e ad interagire con le molecole del moderatore, portandosi
ad un livello di energia cinetica che è quello di equilibrio dello stato di agitazione
delle molecole del mezzo, i cui atomi hanno dimensioni paragonabili a quelle dei
neutroni. Successivamente, il neutrone termico diffonde nel moderatore ed esiste
una buona probabilità che rientri in una barretta e lì dia luogo ad una nuova reazione
di fissione. In conclusione, si considera che si ha rilascio di energia da parte di
questi neutroni “lontano” dal punto di fissione;
Raggi
di fissione (5 ± 1 MeV): vengono emessi a causa dell’ instaurarsi di un
movimento di particelle cariche nell’ambito dimensionale del nucleo che si fissiona, il
quale genera l’emissione di onde elettromagnetiche (fenomeno simile ai processi
responsabili dell’emissione di altri tipi di onde elettromagnetiche). Le onde
elettromagnetiche corrispondenti alle radiazioni
hanno una lunghezza d’onda
molto piccola. Queste radiazioni sono particolarmente penetranti, in virtù della
elevata energia ad esse associata, dovuta al valore molto piccolo della lunghezza
d’onda somma di queste energie viene rilasciata istantaneamente. I nuclei dei
frammenti di fissione generati, a loro volta, non si trovano in una situazione di
equilibrio, ma vengono “generati” con una certa quantità di energia immagazzinata
(potenziale), che viene rilasciata nel tempo attraverso le reazioni di decadimento.
La quantità di energia che viene rilasciata in maniera differita è ripartita in questo modo:
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 13/175
radiazioni β emesse dal decadimento dei prodotti di fissione (7 ± 1 MeV): sono
particelle (elettroni) emesse dai frammenti di fissione (e, successivamente, dagli
isotopi eventualmente non stabili prodotti dal decadimento dei frammenti di fissione), i
quali, trovandosi in una configurazione instabile, tendono a trasformarsi verso una
situazione di stabilità, trasformando un neutrone del nucleo in un protone e un
elettrone (β). Il rilascio di β avviene generalmente tramite un decadimento o una
catena di decadimenti che può richiedere anche tempi molto lunghi. L’elettrone si
allontana dal nucleo generatore, portando con sè energia. Tuttavia, il suo cammino
libero medio è molto limitato in quanto,interagendo con gli altri atomi, vengono catturati
quasi immediatamente laddove sono stati prodotti;
di decadimento dei prodotti di fissione (6 ± 1 MeV): sono prodotti durante tutta la
fase di decadimento dei prodotti di fissione, nel processo di diseccitazione successiva,
che può avvenire anche in tempi molto lunghi. Avendo alta energia, come i di
fissione, si allontanano anch’essi dal punto di emissione;
neutrini (~ 10 MeV): non interagendo con la materia, non rilasciano energia nel
nocciolo e quindi la loro presenza è trascurabile ai fini della valutazione della
generazione di potenza nel nocciolo;
reazioni di cattura : ,(~ 10 MeV): quando i neutroni vengono catturati da isotopi
(in particolare, isotopi pesanti) essi si portano ad uno stato energetico superiore ed
emettono radiazioni ;
reazioni ( , )n : si verificano solo negli isotopi leggeri ricchi di neutroni (deuterio1 o
berillio2).
Riassumendo, il calore generato è legato al rallentamento dei prodotti di fissione e dei
neutroni, e a tutti i fenomeni possibili di dissipazione dell’energia delle radiazioni e , che
viene assorbita dai materiali con i quali queste radiazioni interagiscono.
Vicino Lontano
Imm
ed
iato
Prodotti di fissione
168 MeV
Neutroni5 MeV
di fissione 5 MeV
di cattura (37) MeV
90%
dell’energia
Rit
ard
ato
di decadimento
7 MeV
di decadimento 6MeV
e di cattura (12)
MeV
10%
dell’energia
90% dell’energia 10% dell’energia
Tabella 1-1 Analisi qualitativa dell’energia rilasciata per effetto delle reazioni di
fissione in termini spaziali e temporali
1 Materiale che viene usato per ottenere un forte effetto di moderazione
2 Materiale che viene usato per ottenere un forte effetto di riflessone neutronica
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 14/175
Nella Tabella 1-1 viene riportata un’analisi qualitativa della distribuzione temporale e
spaziale dell’energia generata nelle reazioni di fissione. Per “vicino” si intende che la
reazione ha degli effetti locali quantificabili spazialmente in un raggio dell' ordine di
(1/100)mm . L'ordine di grandezza in questione è nettamente inferiore se confrontato con
la geometria di una barretta di un impianto di produzione, quindi si può affermare che
l’energia dei prodotti di fissione e dei del loro decadimento viene rilasciata nel punto in
cui avviene la fissione.
I neutroni veloci che vengono prodotti dalla reazione possono essere catturati all’interno
della barretta, ad esempio da U238
, oppure possono dare origine ad una fissione. L’evento
più probabile è che il neutrone esca dalla barretta, venga rallentato dal moderatore e si porti
ad un livello di energia cinetica che è quello di equilibrio dello stato di agitazione del mezzo.
Successivamente, il neutrone “vaga” nel moderatore, in questo caso acqua, dando luogo ad
interazioni soprattutto con i nuclei di idrogeno dell’ acqua stessa; si presenta così una
minima possibilità che il neutrone venga catturato dall’ossigeno dell’acqua ma, molto più
probabilmente, esso rientrerà in una barretta generando una nuova reazione di fissione. Se
si considera il mezzo come non infinito, e quindi geometricamente limitato, c’è anche una
certa probabilità di fuga del neutrone dal nocciolo.
Dal punto di vista spaziale, le stesse considerazioni fatte per i neutroni sono valide per i
raggi , che hanno una grande capacità di penetrazione all’interno della materia.
I di decadimento hanno un libero cammino medio estremamente piccolo e quindi
rilasciano la propria energia localmente. I di decadimento e i di cattura, invece,
rilasciano la propria energia lontano dalla posizione in cui avviene la fissione. Questo perché
se un neutrone viene catturato da un materiale strutturale, l’eventuale radiazione di
decadimento avviene lontano da dove è stato generato il neutrone e quindi da dove è
avvenuta la reazione di fissione.
L’utilizzo di strumenti di calcolo numerico permette di determinare la criticità del reattore e la
distribuzione del flusso neutronico, anche a livello di studio della barretta. Ai fini del
funzionamento del reattore sarebbe impossibile o estremamente dispendioso, conoscere
con esattezza la distribuzione spaziale di generazione di calore (oltre che difficilmente
verificabile sperimentalmente).
Per semplificare il problema e porci anche nelle condizioni di poter “misurare” con opportuna
strumentazione (sia pure con una certa approssimazione) l’andamento spaziale e temporale
della densità di potenza, si assume quindi, che tutto il calore generato dalla fissione venga
reso disponibile esattamente nel punto in cui è avvenuta la reazione stessa, ed
istantaneamente. In realtà, in condizioni stazionarie, il flusso termico generato nelle barrette
è in parte dovuto alle fissioni che sono appena avvenute e in parte dovuto al decadimento
degli isotopi generati tempo prima. Questa assunzione, quindi, è conservativa.
Si consideri, ad esempio, un transitorio in cui la potenza stia aumentando. L’andamento del
flusso neutronico è quello indicato in Figura 1-3, ma l’andamento reale di generazione di
calore tenderà ad essere shiftato e attenuato, poiché una parte del calore dovuto alla
fissione viene rilasciato successivamente. Lo studio esatto di questo fenomeno sarebbe
molto difficoltoso e difficilmente verificabile, quindi per semplicità, ma anche per motivi di
sicurezza, si preferisce operare questa semplificazione che risulta in ogni caso conservativa:
si tende infatti a sopravalutare il valore massimo raggiunto dalla temperatura e dalla densità
di potenza, nei punti più critici sotto il profilo termico. L’ atto della fissione corrisponde all’atto
della generazione di calore e tutto il calore viene generato all’interno della barretta.
Si può quindi definire la seguente relazione:
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 15/175
q ( , , , ) ( , , , ) 200fx y z t x y z t N x (1.1)
dove:
- è il flusso neutronico (cm
-2s
-1)
- f è la sezione d’urto di fissione (cm2)- N è la densità atomica dell’UO2(cm
-3)
- è l’arricchimento dell’isotopo fissile nel combustibile
-200 è l’energia liberata per fissione in MeV).
In questo caso, il '''q è espresso in 3
MeV
cm s
. L’adozione di questa relazione permette di
ricavare l’andamento spaziale e temporale approssimato della densità di potenza tramite la
misura del flusso neutronico che, viceversa, è misurabile sia spazialmente che
temporalmente.
Come indicato in Figura 1-3, la produzione di densità di potenza non è uniforme nel
nocciolo3, a causa della disuniformità del flusso neutronico e delle disomogeneità dei
materiali esistenti all’interno del nocciolo. Per individuare il '''q nella barretta più critica del
reattore si utilizzano quindi, i fattori di picco che legano il '''q della barretta nel suo punto più
critico all’andamento della generazione media di calore del nocciolo (ai fini delle verifiche di
sicurezza, è necessario rispettare i valori massimi di temperatura e di flusso termico, i quali
dipendono in misura determinante dalla densità locale di potenza). Il fattore di picco è
definito come:
maxp
qF
q
(1-2)
Figura 1-3 Confronto qualitativo tra la generazione di calore reale e quella ipotizzata,
nel punto più caldo, durante un transitorio di aumento e successiva diminuzione di potenza
3L’utilizzo di metodi di calcolo (deterministici o statistici) permette di determinare la criticità
del reattore e la distribuzione puntuale del flusso neutronico.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 16/175
Gli elementi di combustibile non hanno tutti lo stesso arricchimento e si troveranno in
posizioni variabili rispetto alla zona centrale del nocciolo del reattore e quindi non ci sarà per
tutti gli elementi lo stesso valor medio di flusso neutronico. I fattori di picco sono sia assiali
che radiali, dato che il flusso neutronico varia, oltre che temporalmente, anche radialmente e
assialmente.
Attraverso la conoscenza dell’andamento assiale del flusso neutronico, è possibile
esprimere l’andamento assiale della densità di potenza nelle barrette, in particolare in quella
che radialmente presenta il valore più alto di generazione di potenza. Il punto in cui si
verificherà la massima temperatura del combustibile sarà quello in cui – a parità di
temperatura del refrigerante – ci sarà la coincidenza del massimo valore assiale del flusso
neutronico (massimo fattore di picco assiale) con il massimo valore del fattore di picco
radiale.
Per valutare il fattore di picco assiale, bisogna conoscere il profilo assiale di flusso. Nel caso
di profilo cosinusoidale, vale la: max( ) cos
zq z q
h
(1.2)
dove '''maxq è il valore nella mezzeria, h l’altezza attiva della barretta e z la quota calcolata a
partire dalla mezzeria. In questo caso, è
2
2
2
2
max max max
maxcos 2 0,64
h
h
h
h
q q qz h z hq dz sen q
h h h h h
max 1,54q q (1.3)
Per individuare qual è il punto del sistema che è più sollecitato sotto il profilo della
generazione di calore, operativamente si fa riferimento alla mappatura dei fattori di picco
radiali degli elementi di combustibile. Infatti, come detto, è di interesse conoscere il punto,
l’istante ed i valori assunti dalla temperatura massima nel combustibile ed il massimo flusso
termico uscente dalla barretta. Le normative sulla sicurezza impongono dei valori massimi
alla temperatura nel combustibile, di cui si vuole evitare la fusione. Per quel che riguarda il
valore massimo ammissibile del flusso termico uscente dalla barretta, questo dipende dalla
capacità del refrigerante di assicurare una “asportazione sicura” del calore prodotto. In
particolare, è assolutamente da evitare il fenomeno della “crisi termica” nel caso di reattori
ad acqua in pressione: a questo fenomeno (che sarà studiato in capitoli successivi e non
riguarda solo il settore nucleare) è associato il possibile deterioramento della guaina della
barretta di combustibile, che può causare la fuoriuscita dei prodotti di fissione, radioattivi.
Per stabilire qual è la barretta “più calda” nell’elemento di combustibile è necessario
conoscere le caratteristiche del reattore e valutare quale è la barretta la cui potenza termica
generata è massima.
Si ipotizzi di analizzare un elemento di combustibile di un reattore nucleare ad acqua
bollente (BWR). Gli elementi sono infoderati e hanno ognuno 64 barrette (8 x 8). Questi
elementi sono disposti su un reticolo quadrato e tra un elemento e un altro può esserci una
barra di controllo cruciforme che entra dal basso. Attraverso un codice di calcolo di fisica del
reattore è possibile determinare come si differenzia il flusso neutronico barretta per barretta
rispetto al valor medio del flusso neutronico di elemento. Se gli elementi avessero lo stesso
arricchimento, le barrette col maggior valore del flusso neutronico (e, quindi, con maggiori
reazioni di fissione e, quindi, più “calde” rispetto alle altre) sarebbero quelle periferiche,
perché esternamente è presente più acqua e in un reattore termico la densità neutronica è
massima nel moderatore. Dall’analisi dell’elemento di combustibile è possibile definire il
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 17/175
fattore di picco di ciascuna barretta ed identificare qual è la barretta più calda rispetto alle
altre ed il valore del suo fattore di picco.
Figura 1-4 Elemento di combustibile del nocciolo di un BWR
Allo stesso modo, i vari elementi saranno caratterizzati da valori di potenza termica generata
(dipendente dal valore del flusso neutronico medio di elemento) diversi e, quindi, sarà
possibile determinare anche i fattori di picco di ciascun elemento rispetto al nocciolo ed
individuare l’elemento più “caldo”, con il suo fattore di picco.
Lo studio dei fattori di picco è fondamentale e va effettuato con riferimento a diverse fasi
della vita del reattore (cambia, nel tempo e nello spazio l’arricchimento ed il flusso
neutronico), nonché nel corso di particolari situazioni transitorie. La sicurezza del reattore
deve essere sempre assicurata sia in condizioni stazionarie che durante le evoluzioni di tutti
i possibili transitori previsti con una certa probabilità di accadimento.
Quindi, il '''maxq del reattore, con riferimento ad una certa configurazione (arricchimento,
fase di un transitorio, etc.) è pari a:
ˆ '''''' escursione assiale elemento barretta
p p p pqq F F F F (1.5)
dove il Fpescursione
è definito come il rapporto tra la densità di potenza media ponderale nel
momento in cui raggiunge il valore massimo durante il transitorio e la densità di potenza
media del nocciolo in condizioni nominali.
Inoltre, è fondamentale conoscere la quantità di calore che si genera all’interno del
moderatore (presente solo nei reattori “termici”). Infatti, anche se nel moderatore si genera
solo una piccola parte della potenza generata nell’intero nocciolo, potrebbero verificarsi
situazioni non accettabili. Si consideri, ad esempio, il caso in cui il moderatore sia costituito
da acqua. Se il calore generato localmente dovesse portare all’ebollizione dell’acqua in un
determinato punto e questo non fosse previsto o voluto a progetto, si avrebbero condizioni
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 18/175
inaccettabili per l’impianto (la generazione del calore nel moderatore assume importanza
maggiore nel caso di moderatori solidi, come la grafite, per la determinazione della
temperatura al loro interno). La potenza generata dal moderatore è una frazione della
potenza totale. In generale, per un reattore ad acqua si può dire che:
mod mod 0,05 comb combq V q V (1.6)
dove modV è il volume del moderatore e combV è il volume del combustibile.
In prima approssimazione, si può usare la relazione (1.6) per calcolare l’andamento
temporale e spaziale della densità di potenza nel moderatore.
Questa stessa analisi può essere utilizzata non solo con riferimento al progetto ed esercizio
delle centrali nucleari, ma anche nelle operazioni di trasporto del combustibile irraggiato. Se
la potenza generata all’interno degli elementi di combustibile, dovuta al decadimento dei
prodotti di fissione, è elevata (caso di elementi di combustibile ad elevato irraggiamento ed
arricchimento e da poco scaricati dal reattore), può essere importante valutare non solo il
valore medio della densità di potenza, ma anche il suo andamento spaziale, tenendo conto
della differenziazione tra le varie barrette.
Infine, per le centrali nucleari, la valutazione della generazione di calore deve essere
effettuata anche a reattore spento, in quanto, a differenza delle centrali convenzionali, dopo
lo “spegnimento” del reattore, la potenza termica non va a zero istantaneamente ma si ha
una residua produzione di calore a causa dei fenomeni di decadimento radioattivo. Come
mostrato in Figura 1-5, anche dopo tanto tempo dallo spegnimento, si ha una potenza
residua che è piccola in termini percentuali ma non trascurabile. La conoscenza di tale
potenza residua è fondamentale per progettare o verificare sistemi di refrigerazione
dell’impianto (del nocciolo o di piscine di decadimento del combustibile) che devono essere
adeguati per garantire la refrigerabilità, e quindi la sicurezza, anche a lungo termine.
Figura 1-5 .Andamento della potenza prodotta nel nocciolo dopo lo spegnimento del
reattore
100
7 1,7 1 0,15
0
20
40
60
80
100
120
0 100 1000 10000 100000
POTENZA [%]
TEMPO [s]
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 19/175
1.2 La generazione di calore per assorbimento di radiazioni
gamma
Un altro settore in cui la valutazione del '''q ha un ruolo fondamentale è quello relativo alla
verifica dei recipienti che ospitano il reattore o alle verifiche finalizzate alla radioprotezione
(che includono la scelta ed il dimensionamento di schermaggi dalle radiazioni).
Le radiazioni in uscita dal nocciolo riguardano essenzialmente: radiazioni , che hanno un
alto potere di penetrazione e i neutroni. Nel caso di un reattore di grande potenza, la
potenza associata alle radiazioni che fuoriescono dal nocciolo del reattore è molto
elevata.
Non è solo un problema di protezione del personale, ma anche delle apparecchiature: per
fare un esempio, nelle applicazioni spaziali di sorgenti o reattori nucleari, se le radiazioni
emesse dalla sorgente radioattiva non fossero opportunamente schermate, queste
danneggerebbero irrimediabilmente le apparecchiature elettroniche.
La conoscenza di come queste radiazioni trasmettono energia all’interno della materia con
cui vengono ad interagire è essenziale.
Si consideri il nocciolo schematizzato in Figura 1-6 . Il flusso di in uscita dal nocciolo può
essere definito con I0, espresso come una potenza per unità di superficie, che corrisponde
alla potenza termica associata ai emessi (ipotizzando, in prima approssimazione, che
siano unidirezionali) distribuita su tutta la superficie del nocciolo.
Figura 1-6 Schematizzazione del nocciolo di un reattore e di uno schermo
Lo schermo deve avere un’elevata capacità di assorbimento dei e, quindi, essere idoneo
anche ad “assorbire” e smaltire adeguatamente il calore assorbito.
In generale, si può dire che il flusso in funzione della distanza x dalla sorgente è pari a:
0( ) xI x I e (1.7)
dove è il coefficiente di assorbimento delle radiazioni espresso in 1
m
ed è caratteristico
dell’abbinamento tra il materiale e il tipo di reazione.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 20/175
La quantità di calore generato nello schermo in un tratto infinitesimo di esso sarà pari
all’attenuazione del flussocorrispondente alla stessa distanza. Quindi si può dire che:
( ) ( )q A dx A I x dx I x ()
( ) ( )I x dx I xq
dx
Il q , quindi, può essere espresso con la derivata del flusso :
dIq
dx e quindi:
0( ) xq x I e (1.8).
Figura 1-7 Curva di attenuazione della radiazione gamma in funzione della
distanza x
Il materiale con cui realizzare lo schermo ed il suo spessore vengono scelti in modo tale che
il flusso uscente soddisfi i requisiti di compatibilità sia radioprotezionistici che termici. Lo
schermo inoltre, dovrà essere in grado di rilasciare opportunamente il calore assorbito,
dovrà raggiungere temperature accettabili e non dovrà essere soggetto a deformazioni
termiche inaccettabili. Osservando la curva di attenuazione della radiazione in Figura 1-7 si
nota come nella prima parte l’attenuazione sia più accentuata e quindi si avrà la massima
generazione di calore.
Conoscere l’andamento spaziale del '''q è importante perché se questo fosse troppo
elevato, la generazione di calore potrebbe portare a dei profili di temperatura tali da causare
eccessive sollecitazioni nei materiali.
Ad esempio, si consideri una lastra piana con generazione uniforme ed una temperatura T2
imposta sulle due superfici. Con una generazione uniforme di calore (densità di potenza
uniforme), l’andamento della temperatura sarebbe quello rappresentato in Figura1-8 (curva
c). Il profilo di temperatura avrebbe il valore massimo al centro, il flusso termico tenderebbe
a crescere allontanandosi dalla superficie e raggiungerebbe il valor massimo all’uscita dalla
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 21/175
lastra perché il flusso uscente dalla superficie della lastra è legato a tutto il calore che viene
generato al suo interno.
Si consideri un recipiente in pressione di un PWR, all’interno del quale si trova il refrigerante.
Si può ipotizzare che la temperatura della parete sia pari alla temperatura di ritorno del
refrigerante primario (ad esempio T1=290 °C) e ipotizzare che la temperatura dell’ambiente
esterno sia imposta e pari a 50 °C. La temperatura della parete esterna può essere
assimilata pari a T2=150 °C. L’andamento della temperatura legato alla temperatura imposta
sulle pareti, trascurando la generazione di calore ed ipotizzando una geometria assimilabile
a lastra piana, è quello rappresentato in Figura 1-8 (curva b).
L’andamento della curva “a” in Figura 1-8 tiene conto sia delle diverse condizioni al contorno
che della generazione di calore (supposta uniforme) e consente, pertanto, di concludere che
il profilo della temperatura entro la lastra sia quello che risulti dalla sovrapposizione degli
effetti, dovuti rispettivamente, allo scambio termico con sviluppo interno di calore, quando le
temperature delle due facce sono tenute uguali, e alla trasmissione con 1 2T T in assenza
di sviluppo interno di calore.
Figura 1-8 Andamento della temperatura in una lastra piana nei casi descritti
Se la potenza generata nella lastra è molto alta, questa tenderà ad essere rilasciata
prevalentemente verso la parete esterna, dove vedrà un pozzo termico a temperatura più
bassa, considerando che una piccola parte verrà ceduta anche all’interno del nocciolo.
Se, invece, si considera esponenziale la generazione di calore, come è nella realtà, il
baricentro di generazione si sposta ancora di più verso la parte interna e quindi il picco del
profilo di temperatura sarà ancora più vicino alla superficie interna del recipiente in
pressione (Figura 1-9).
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 22/175
Figura 1-9 Profilo di temperatura nel caso di generazione di calore esponenziale
Lo studio e il dimensionamento di un recipiente in pressione, quindi, non può prescindere da
considerazioni relative alla generazione interna di calore dovuta all’interazione delle
radiazioni con la materia. Nella verifica strutturale è fondamentale verificare localmente
qual è lo stato di sollecitazione, il che comprende anche lo studio delle sollecitazioni
termiche che sono proporzionali al gradiente spaziale di temperatura.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 23/175
TABELLA 1-2 coefficienti di assorbimento dei raggi gamma
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 24/175
2 Grandezze caratteristiche termofluidodinamiche e
gruppi adimensionali
La termodinamica classica si basa sul concetto di sistema macroscopico, ovvero una
porzione di materia fisicamente o concettualmente separata dall'ambiente esterno.
Lo stato di un sistema macroscopico che si trova all'equilibrio è specificato da grandezze,
dette variabili termodinamiche o di stato, come la temperatura, la pressione, il volume,
la composizione chimica.
Una grandezza di stato è una proprietà caratteristica di un sistema (solido o fluido) e può
essere utilizzata per descrivere lo stato di equilibrio di tale sistema.
Un sistema termodinamico è perciò anch’ esso definito da variabili di stato.
Mentre il sistema cambia il proprio stato, durante una trasformazione, descrive un "percorso"
nello spazio degli stati. Questo percorso può essere identificato attraverso i valori che
assumono le grandezze termodinamiche (“funzioni di stato”) durante la trasformazione, in
funzione del tempo o di qualche altra variabile esterna.
Le grandezze di stato sono generalmente legate tra loro da relazioni matematiche definite
equazioni di stato, come ad esempio l'equazione dei gas perfetti. Queste grandezze sono
essenziali nella trattazione di problemi di termo-fluidodinamica, cioè problemi in cui un fluido
è in movimento ed è soggetto a processi di scambio di energia sottoforma di calore
(problemi che possono riguardare sia fluidi monofase che bifase).
Per un sistema monocomponente lo stato termodinamico è definibile da due grandezze di
stato tra loro indipendenti: fissate quelle, tutte le altre grandezze di stato risultano definite
univocamente.
Se si ha un sistema multifase e multicomponente, si possono definire delle equazioni di
stato per ciascuna fase, che legano le grandezze (ad es. temperatura, pressione e
concentrazione dei vari componenti presenti in quella stessa fase). Nell’ambito del Corso,
verrà dato ampio spazio allo studio di miscele bifase: l’importanza di queste è dovuta alla
loro diffusa applicazione in vari settori industriali; ad esempio, nelle centrali termoelettriche
con ciclo a vapore, per realizzare il ciclo termodinamico è necessario utilizzare appositi
scambiatori di calore che lavorino con miscele bifase (generatori di vapore e condensatori),
per passare dallo stato liquido a quello di vapore e viceversa.
Nel settore nucleare lo studio delle miscele bifase assume una rilevanza particolare,
soprattutto nell’analisi di situazioni incidentali ipotizzabili per gli impianti nucleari BWR e
PWR, poiché i reattori di questi impianti sono refrigerati e moderati ad acqua.
Nella rassegna che segue sulle grandezze in uso nella trattazione di problemi di termo
fluidodinamica si adotterà il Sistema Internazionale di unità di misura. Questo Sistema
permette di ricondurre tutte le grandezze esistenti alle sette fondamentali: lunghezza
(metro), massa (kilogrammo), tempo (secondo), temperatura (Kelvin), intensità di corrente
(Ampere), intensità luminosa (candela), quantità di sostanza (mole). Nei problemi di
termofluidodinamica con una sola sostanza, le grandezze fondamentali sono quattro.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 25/175
2.1 Grandezze per sistemi monofase
2.1.1 Densità
La densità (o massa volumica) è definita come la massa (m) di un campione di materiale
contenuta nell’unità di volume e si indica con ρ.
m
V
(2.1)
Dimensionalmente la densità è [ρ]=[M·L-3
].L’unitàdi misura è kg/m3.
E’ una grandezza
termodinamica.
2.1.2 Peso specifico
Il peso specifico è definito come il peso per unità di volume di un campione di materiale.
E’ pari a:
P m gg
V V
(2.2)
L’unità di misura è 3 2 3
kg m N
m s m . Il peso specifico e la densità sono entrambe delle
grandezze termodinamiche, ma non sono indipendenti tra di loro, perché il peso specifico si
ottiene moltiplicando la densità per una costante. Quindi non è possibile identificare lo stato
termodinamico di un fluido solo con queste due grandezze.
2.1.3 Calore specifico
È definito come la quantità di energia necessaria a far aumentare di un grado Kelvin la
temperatura dell’ unità di massa secondo una determinata trasformazione termodinamica
(che deve essere specificata), dove per trasformazione termodinamica si intende una ben
precisa trasformazione dello stato della sostanza, che la fa passare da uno stato iniziale ad
uno stato finale. Q
cm T
(2.3)
Dimensionalmente si indica come [c]=[L2·t
-2·T
-1]. L’unità di misura è J/(kg K).Il calore
specifico è una grandezza termodinamica. Per una stessa sostanza, il valore assoluto del
calore specifico dipende dalla trasformazione subita (ad esempio, a volume costante cv o
pressione costante cp).
Risulta importante sottolineare che, per una stessa tipologia di trasformazione
termodinamica, al variare della temperatura ( )T si ha un calore specifico diverso. Per un
fluido sono particolarmente importanti le variazioni di temperatura a volume o a pressione
costante: nei due casi il quantitativo di calore da mettere in gioco cambia, a parità di stato
termodinamico iniziale ed a parità della variazione della temperatura.
Nel caso di sostanze solide si definisce ugualmente il calore specifico, che è univocamente
definito, al variare della trasformazione. Esso dipenderà, oltre che dal materiale, dalla sua
temperatura.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 26/175
2.1.4 Conducibilità termica
È definita come il coefficiente di proporzionalità tra il flusso termico locale e il gradiente di
temperatura riferito ad una certa direzione. Quindi si può scrivere:
n
Tq k
n
(2.4)
dove la conducibilità termica si indica con k e l’unità di misura è J/(s m K).
In realtà l’unità di misura del Sistema Internazionale non esprime in maniera adeguata il vero
significato di questa grandezza, in quanto essa, come specificato, deriva dal rapporto tra un
flusso termico (la cui unità di misura è 2
J
m s) ed il gradiente spaziale di temperatura nella
stessa direzione (unità di misura: T/m). Ecco che il rapporto J/(m), che compare nella unità
di misura, è il risultato di una semplificazione operata sulle grandezze fondamentali, ma è
sintomatico di una perdita del significato fisico intuitivo dell’unità di misura di questa
grandezza.
Il significato fisico della conducibilità si basa sull’associazione di questa grandezza ad una
Driving Force (il gradiente di temperatura) che genera il flusso termico. La conducibilità
rappresenta la facilità del materiale a farsi attraversare dal flusso termico a parità di
gradiente termico.
Nel sistema tecnico la conducibilità è espressa in / ( )kcal h m C . Anche in questo caso
si opera la semplificazione nel rapporto delle due unità di misura e si perde il suo significato.
Nel sistema tecnico americano la conducibilità dei materiali è espressa in 2
BTU
Fh ftin
dove BTU è l' unità di misura dell' energia, h è l‘unità di misura del tempo (ora), ft2 e in sono
entrambe unità di misura della lunghezza e F è il grado della scala di temperatura
Fahrenheit. Inoltre il rapporto °F/in rappresenta il gradiente termico spaziale, in cui i pollici
(in) sono l’unità di misura dello spessore di materiale che deve essere attraversato dal flusso
termico e i ft2
misurano l’area della superficie della lastra; quindi BTU/(ft2 hr) è il flusso
termico locale che, diviso per il gradiente spaziale di temperatura °F/in , evidenzia bene il
significato della conducibilità termica come coefficiente di proporzionalità tra queste due
grandezze. Anche se, sia il piede che il pollice sono unità di misura di una grandezza
lineare, non viene effettuata la semplificazione perché in questo sistema di misura si è
ritenuto importante trasmettere attraverso l’unità di misura il significato fisico della
grandezza.
La conducibilità è una grandezza termodinamica.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 27/175
Figura 2-1 Interpretazione dell’unità di misura della conducibilità nel sistema
tecnico americano
2.1.5 Diffusività termica
È definito come il rapporto tra la conducibilità e il prodotto della densità per il calore
specifico.
Si indica con :
p
k
c
(2.5)
È una combinazione di tre grandezze termodinamiche e quindi essa stessa è una grandezza
termodinamica. L’unità di misura è 2m
s.
Il significato fisico espresso da questa grandezza è rappresentato da quanto facilmente il
calore possa diffondere in un mezzo solido o in un mezzo fluido dove si può assumere in
prima approssimazione che siano stati bloccati i moti convettivi. Nell’analisi della diffusività
termica (α) si confrontano due fenomeni contrastanti: quanto calore attraversa il corpo ( )k e
quanto calore viene invece assorbito (ρ · cp).
In un corpo la diffusione è facilitata se quest’ultimo ha un’elevata conducibilità termica (k):
infatti, anche con un limitato gradiente di temperatura, si ha il passaggio di un elevato flusso
termico attraverso il corpo. Inoltre è favorita da un basso valore del termine ρ · cp che
esprime la capacità del corpo di trattenere il calore “ostacolando”, in un fenomeno
transitorio, la variazione della sua temperatura.
2.1.6 Viscosità dinamica
La viscosità è una proprietà dei fluidi che, per il momento, assumiamo come indice della
resistenza allo scorrimento reciproco delle particelle fluide (nell’ambito del Corso sarà
approfondito il significato della viscosità): le particelle infatti, non sono “libere” di muoversi le
une rispetto alle altre, ma solo “legate” tra di loro, il che significa che le molecole
interagiscono le une con le altre con delle forze di attrazione reciproca. Non è possibile,
infatti, strappare una molecola o una particella dalle altre senza che queste subiscano degli
effetti.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 28/175
La viscosità dinamica è definita come un coefficiente di proporzionalità tra la forza di taglio
esercitata su un fluido che è costretto, da un’azione esterna, a restare in movimento (e che
si oppone al movimento stesso), e il gradiente locale di velocità (si fa riferimento ad un moto
laminare). Quindi rappresenta lo sforzo di taglio che si manifesta in un fluido per ottenere un
gradiente di velocità unitario (Figura 2-2). È un indice del legame che esiste tra le molecole,
le quali, quando vengono fatte scorrere le une rispetto alle altre, non tendono a riassumere
la propria posizione iniziale, come nei solidi; esse oppongono una certa resistenza all’azione
che ne causa il movimento e si manifesta finchè dura lo scorrimento reciproco4.
Si indica con e si misura in 2
N s kg m
m s
.
.
Figura 2-2
Gradiente di velocità causato dalla forza di taglio che si manifesta nel fluido
Con riferimento alla Figura 2-2, a ridosso della parete fissa u=0 e a ridosso della lastra la
velocità delle molecole è quella della parete fissa.
Tra i due estremi sopra citati ho un gradiente lineare di potenza.
Per misurare la viscosità dei fluidi si usa il viscosimetro. Il viscosimetro a rotazione, ad
esempio, è costituito da un elemento rotante di forma cilindrica inserito in un contenitore
cilindrico contenente il fluido di cui si vuole misurare la viscosità. Il cilindro interno è
posizionato su dei cuscinetti rotanti in modo tale da minimizzare l’attrito e viene messo in
rotazione da un motore elettrico alimentato da una tensione nota pari a V.
4 La viscosità dinamica è una grandezza che può essere considerata una grandezza
termodinamica (v. oltre). E’ differente dalla densità, anche se nell’uso comune le due
grandezze vengono spesso confuse (riferendosi, ad esempio, alcatrame liquido, si dice che
è molto denso, mentre in realtà è molto viscoso; se si varia la temperatura (ad esempio, la
si incrementa), varia lo stato termodinamico, la densità rimane circa costante mentre varia
molto la viscosità (diminuisce).
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 29/175
La potenza meccanica utile che fa ruotare il cilindro è pari a:
mecc utile complP V I
dove compl è il rendimento complessivo sia meccanico che elettrico, che può essere
determinato sperimentalmente. Quando il motore elettrico viene avviato, il sistema accelera
fino a che il momento resistente non eguaglia il momento motore e quindi il sistema
raggiunge una velocità costante di equilibrio, . La potenza utile sarà pari a:
utile resistP M
Se si può trascurare l’azione della resistenza sul fondo del cilindro, si ha
.resist tot supM F R
dove resistM è il momento applicato dall’angolo di rotaazione, ,suptotF è la forza totale
superficiale (cioè l'insieme delle forze applicate sulla superficie del cilindro mobile che
tendono a frenarlo), ed R è la distanza dall'asse di rotazione. La ,suptotF , viene esercitata dal
fluido che tende a frenare il cilindro ed è pari a:
.sup 2tot resF R h
dove res è la forza di taglio per unità di superficie e h è l’altezza del cilindro.
Partendo da I calcolo e da quest’ultimo calcolo .
Si ricordi che, a parità di si raggiungono alte V , con fluidi a più bassa viscosità.
Ripetendo ora l’esperimento con fluidi a diverse temperature ci accorgiamo che dipende
sia dal fluido che dalla temperatura: la viscosità, infatti, è una grandezza termodinamica.
Questa conclusione si può evincere dal fatto che tutti gli esperimenti condotti, alla stessa
pressione e alla stessa temperatura, portano agli stessi risultati validi solo per i fluidi
newtoniani.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 30/175
Figura 2-3 Schema di un viscosimetro cilindrico
Da osservazioni empiriche si può affermare che l’azione resistente è proporzionale alla
superficie esposta al liquido e che la res è proporzionale alla velocità di equilibrio del
sistema e inversamente proporzionale alla distanza tra i due cilindri.
La viscosità, quindi, è il coefficiente di proporzionalità tra lo sforzo di taglio , applicato sul
fluido, e il gradiente di velocità locale:
xduF
A dy (2.6)
dove:
F indica la forza che causa il moto uniforme della piastra
A indica l‘ area della piastra.
2
N
m
Una volta applicato uno sforzo di taglio varia in funzione della viscosità la rapidità con cui si
manifesta un angolo di variazione della velocità.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 31/175
Figura 2-4 Gradiente di velocità generato dall’azione delle forze di taglio
Esistono dei fluidi per i quali la viscosità è una grandezza di stato e vengono chiamati fluidi
newtoniani. I fluidi non newtoniani sono quelli per i quali la struttura molecolare è tale da non
far dipendere l’attrito (viscosità) solo dallo stato termodinamico, ma che tuttavia vengono
influenzati da molti altri fattori a prescindere dalle condizioni termodinamiche. Per questo
tipo di fluidi la viscosità rimane sempre una grandezza fisica.
Alcuni fluidi (ad esempio molti prodotti dell’industria alimentare) presentano delle molecole
con caratteristiche polari quindi, a seconda di come vengono miscelati, le particelle che li
compongono si orientano in maniera differente. In questo modo si creano delle forze di
legame reciproche differenti da caso a caso, a prescindere dallo stato termodinamico. Per
questo tipo di fluidi non possono essere disponibili valori tabulati della viscosità in funzione
dello stato termodinamico e per il dimensionamento di impianti che utilizzano questi tipi di
fluidi si ricorre preliminarmente alla realizzazione di un modello in scala per la
determinazione della viscosità effettiva. Quindi per progettare un impianto, per particolari tipi
di industrie, l’unica soluzione è fare riferimento a un f (coefficiente di attrito) sperimentale. I
valori di f sono tabulati e detenuti dalle aziende che tendono a non renderli pubblici.
2.1.7 Viscosità cinematica
La viscosità cinematica è definita come il rapporto tra la viscosità dinamica e la densità. Si
indica con e si misura in m2/s
(2.7)
È una grandezza termodinamica, molto utilizzata nel settore petrolchimico.
x
y
Cilindro fisso
Cilindro mobile
Gradiente di velocità
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 32/175
2.1.8 Tensione superficiale
È definita come il lavoro (L) necessario a far incrementare di un’unità l’area della superficie
libera di un liquido rispetto ad un altro liquido o rispetto ad un fluido gassoso, attraverso il
movimento delle sue molecole.
L F s
A A
(2.8)
È quindi una forza che si manifesta alla interfaccia tra un liquido e l’ambiente esterno e che
tende a tenere aggregate le particelle di tale liquido; quindi tende a minimizzare la superficie
di interfaccia. Si indica con e si misura in /N m .
Figura 2-5 Goccia d’acqua su superficie antiaderente
È una grandezza termodinamica solo se il secondo fluido con cui interagisce il liquido è
proprio il suo vapore.
In Figura 2-5 è rappresentata qualitativamente la forma di una goccia d’acqua su una
superficie antiaderente. Per gravità la goccia dovrebbe collassare sulla superficie, ma esiste
un legame tra le particelle, che si manifesta sulla superficie di interfaccia tra goccia e aria,
che tende a minimizzare la superficie.
L’effetto della tensione superficiale può essere osservato facendo gorgogliare dell’aria
nell’acqua. Si può osservare come non ci sia un'unica colonna che sale verso l’alto, ma ci
siano delle bolle che tendono a minimizzare la superficie a parità di volume; di conseguenza
esse sono di forma sferica. Oppure, miscelando dell’acqua con una sostanza tensioattiva
(ad esempio sapone), è possibile avere una situazione stabile di un film di acqua che
circonda dell’aria (bolla di sapone). Questo avviene a causa della tensione superficiale molto
elevata del liquido interfacciante l’aria.
La tensione superficiale è una grandezza importante nei fenomeni di ebollizione poichè la
facilità con la quale si vengono a formare le bolle dipende da essa. Più alta è la tensione
superficiale, più è difficile che si vengano a creare delle bolle.
Per misurare quantitativamente la tensione superficiale si può utilizzare lo strumento in
Figura 2-6. È costituito da un telaio con una chiusura che può scorrere lateralmente. Quando
questo strumento viene immerso e risollevato da acqua saponata, nella superficie di
interfaccia si crea un film. Questo velo di acqua saponata tende a far restringere la
superficie. Per aumentare la superficie del rettangolo è necessario compiere un lavoro. Il
rapporto tra il lavoro compiuto per aumentare la superficie e l’incremento della superficie
fornisce la misura della tensione superficiale.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 33/175
Figura 2-6 Telaio per misurare la tensione superficiale di un fluido
2.1.9 Entalpia specifica
Questa grandezza indica l’energia complessiva associata all’unità di massa di un fluido.
Tiene conto sia della capacità del fluido di compiere lavoro meccanico che del contenuto
calorico legato alla temperatura assoluta del fluido e quindi della sua energia interna. Si
indica con i e si misura in /J kg ; è una grandezza termodinamica. Non può essere
misurata direttamente ed è definita a meno di una costante.
i u pv (2.9)
2.1.10 Energia interna specifica
La variazione dell’energia interna specifica u è uguale alla differenza tra il quantitativo di
calore che ha partecipato ad una determinata trasformazione e l’eventuale lavoro compiuto.
Se il fluido in questione non compie lavoro, la differenza tra energia interna finale e iniziale in
una trasformazione è legata esclusivamente al calore scambiato.
È una grandezza termodinamica e si misura in /J kg .
du Q L (2.10)
2.1.11 Entropia specifica
La variazione di entropia di un fluido in una trasformazione è pari al rapporto tra il
quantitativo di calore che ha partecipato alla trasformazione e la temperatura assoluta a cui
essa avviene.
Si indica con s e si misura in /J kg K.
Q
dsT
(2.11)
È importante notare come Q non sia un differenziale esatto: dividendolo per T lo si rende
tale. L’entropia specifica è una grandezza termodinamica.
2.1.12 Pressione
È definita come il rapporto tra una forza (F) e la superficie (A) su cui essa viene applicata. Si
indica con p e l’unità di misura è 2/N m o Pa . La pressione è una grandezza
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 34/175
termodinamica ma, a seconda dei casi, può prevalere il suo “carattere termodinamico”,
ovvero la sua caratteristica di grandezza significativa di un fenomeno di trasporto.
Fp
A
(2.12)
Per meglio capire questa dualità, si consideri un recipiente pressurizzato all’interno del quale
si trova del liquido in equilibrio con il proprio vapore. Conoscendo la temperatura del liquido
e il titolo si può identificare, mediante il diagramma di Andrews (Figura 2-7), uno stato
termodinamico e quindi la pressione. In questo caso abbiamo identificato la pressione sulla
base di un ragionamento termodinamico, ovvero la pressione viene vista come una delle
caratteristiche dello stato termodinamico del fluido.
Figura 2-7 Diagramma di Andrews dell’acqua
Tuttavia ci sono delle situazioni nelle quali la pressione è imposta dall’esterno e non “nasce”
dalla condizione termodinamica del fluido. Si consideri, questa volta, un acquedotto che
trasporta dell’acqua dalla sorgente alle abitazioni. I componenti che lo compongono devono
essere dimensionati in funzione della pressione nelle varie sezioni, considerando che queste
pressioni non sono determinate dal fluido in movimento, ma, da condizioni esterne. Inoltre,
in ogni sezione del condotto, esisterà una certa pressione (dipendente da fattori “esterni” e
dall’attrito lungo il deflusso); che sarà rappresentativa dello stato termodinamico del fluido, il
quale “dipenderà” dalla pressione imposta in un determinato punto del fluido e dalla sua
configurazione. In un reattore nucleare di tipo PWR, la pressione nel nocciolo non dipende
dallo stato del fluido ma dal valore della pressione nel pressurizzatore e dal layout
dell’impianto: è quindi lo stato termodinamico del fluido nel nocciolo a dipendere dalla
pressione imposta dall’esterno, e non il contrario. Nelle applicazioni di termotecnica
avanzata, alle quali ci si riferisce, non si fa riferimento esclusivamente a “fluidi freddi” e
quindi bisogna tener conto, nella valutazione della pressione, sia delle condizioni che
vengono imposte dall’esterno, sia di quelle che derivano dallo stato termodinamico del
fluido. Ad esempio, nel circuito rappresentato in Figura 2-8, sono collegati in serie i seguenti
componenti: un serbatoio, una pompa, una valvola e uno scambiatore di calore. Si
supponga che il circuito sia stato concepito per movimentare un liquido, riscaldandolo o
raffreddandolo, ma sempre in fase liquida. Nel dimensionamento dell’impianto si deve
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 35/175
valutare la temperatura che il fluido assume in ogni sezione, e verificare che in ognuna di
esse la pressione effettiva del fluido sia maggiore di quella di saturazione (riferita alla
temperatura nella specifica sezione). Se questa condizione non è verificata, il fluido cambia
di stato e quindi non sono più verificate le condizioni di partenza per le quali si era
dimensionato il circuito. Se, in relazione all’andamento della temperatura del fluido nelle
varie sezioni, dovesse verificarsi il raggiungimento, da parte della pressione, del valore della
temperatura di saturazione corrispondente a quella data pressione, allora a partire da quella
sezione la pressione non dipenderà più da condizioni “esterne”, ma dipenderà dallo stato
termodinamico (sarà necessario procedere per intervalli spaziali, valutare la variazione di
pressione, considerare l’energia specifica del fluido, determinarne il titolo, riconsiderare le
cadute di pressione con un processo iterativo: quello che accadrà è che le cadute di
pressione cresceranno nella situazione bifase rispetto a quella monofase, si avrà una
vaporizzazione del liquido, varierà lungo la tubazione sia la pressione che la temperatura ed
il titolo, e la pressione sarà come “sostenuta” dalla energia del fluido stesso).
Figura 2-8 Layout di un circuito
Cogliamo questa occasione dello studio della pressione, per fare una precisazione. È
importante tenere presente che spesso nelle descrizioni dei circuiti con fluidi, di cicli
termodinamici, delle pompe o dei ventilatori, si parla impropriamente di “aspirazione”. Per
quanto riguarda una pompa, ad esempio, il suo funzionamento avviene per differenza di
pressione, e quindi, in condizioni normali di funzionamento, se una pompa deve “aspirare”
da un pelo libero più basso della pompa stessa, dovrà creare una depressione alla bocca di
aspirazione tale da far sollevare il fluido di una altezza pari al dislivello. Anche il ventilatore è
una macchina operatrice, che trasmette al fluido di lavoro energia, che si manifesta sotto
forma di variazione di pressione. La pressione totale elaborata da un ventilatore corrisponde
all'incremento di pressione totale del flusso fra la sezione di aspirazione e quella di mandata.
La depressione che si crea all’interno della camera del ventilatore causa lo spostamento
dell’aria. In realtà non esiste “aspirazione”: sarà sempre la pressione imposta dall’esterno
nella parte di circuito a monte, che “spingerà” il fluido verso la sezione cosiddetta di
“aspirazione”. In altre parole, fisicamente non esiste né “aspirazione” né “risucchio”, ma
solamente la spinta di un fluido. (Bevendo un liquido da un bicchiere con una cannuccia, non
è vero che il liquido è “aspirato”, ma la dilatazione dei nostri polmoni porta ad una
depressione nella bocca ed è la pressione esterna dell’aria che “spinge” il fluido dal
bicchiere alla cannuccia e quindi alla nostra bocca).
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 36/175
2.1.13 Velocità
È definita come il rapporto tra il percorso compiuto (ad esempio da un fluido) e il tempo
impiegato a percorrerlo. È possibile definire una velocità puntuale riferita ad una generica
sezione di un condotto o una velocità media.E’ una grandezza del trasporto. Si indica con v
e si misura in /m s .
2.1.14 Area
È definita come la misura dell'estensione di una regione bidimensionale di uno spazio,
ovvero la misura di una superficie. Si indica con A e si misura in m2. È una proprietà
geometrica.
2.1.15 Portata di massa
È definita come il prodotto tra la densità (ρ), la velocità (v) nella direzione considerata e la
superficie (A) ortogonale alla velocità. È una grandezza del trasporto. Si indica con e si
misura in /kg s .
v A (2.13)
2.1.16 Portata volumetrica
È definita come il prodotto tra la velocità (v) e la superficie (A) ortogonale alla velocità. È una
grandezza del trasporto. Si indica con Q e si misura in 3 /m s .
Q v A (2.14)
2.1.17 Portata specifica di massa
È definita come il prodotto tra la densità e la velocità nella direzione considerata. È una
grandezza del trasporto. Si indica con G e si misura in 2
kg
m s.
G v (2.15)
Ci sono dei fenomeni per i quali l’utilizzo della portata in massa non è rappresentativo. Si
considerino, ad esempio, un condotto con una sezione grande in cui scorre un fluido a
bassa velocità e un condotto con una sezione piccola in cui scorre un fluido ad alta velocità.
Le portate in massa dei fluidi in questi due condotti sono confrontabili, anche se è evidente
che questa grandezza non distingue i due fenomeni perché non esprime il concetto
dell’intensità della portata. La portata specifica di massa, invece, indica quanto vale la
portata per unità di superficie e quindi tiene conto, localmente, del valore della velocità del
fluido.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 37/175
2.1.18 Volume
È definita come la misura dello spazio occupato da un corpo. Si indica con V e si misura in
3m . È una proprietà geometrica.
2.1.19 Volume specifico
È definita come la misura dello spazio occupato da un corpo per unità di massa. Si indica
con e si misura in m3/kg. È una grandezza termodinamica, essendo l’inverso della
densità.
2.1.20 Modulo di Young o modulo di elasticità
È definito come il rapporto tra una variazione di pressione e la conseguente variazione
relativa di volume di un corpo e quindi è una grandezza che ne misura l’elasticità. Si indica
con E e si misura in Pa. È una proprietà fisica.
dp
EdV
V
(2.16)
2.1.21 Coefficiente di comprimibilità
È l’inverso del modulo di Young. È definito come il rapporto tra la variazione relativa di
volume di un corpo e la variazione della pressione dalla quale essa è causata. È una
proprietà fisica.
1
dV
V
E dp
(2.17)
2.1.22 Coefficiente di diffusività
È definito come il coefficiente di proporzionalità tra il flusso di diffusione molare di una
sostanza e il gradiente di concentrazione molare. Si indica con D e si misura in m2/s. È una
proprietà fisica.
,
An A A
XJ C D
n
(2.18)
dove C è la concentrazione complessiva molare, ,n AJ è il flusso di diffusione molare riferito
alla sostanza A in direzione , AD è il coefficiente di diffusività della sostanza A rispetto a
tutte le sostanze presenti.X
n
è il gradiente di concentrazione.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 38/175
2.1.23 Coefficiente di espansione
È definito come la variazione specifica del volume rispetto alla temperatura, a pressione
costante. Si indica con e si misura in 1/K. È una proprietà fisica. Viene utilizzata per quei
gas e liquidi per i quali la variazione di temperatura porti ad un’apprezzabile variazione del
volume specifico.
1 1
p p
v p
v T T
(2.19)
Questo coefficiente è determinante nei fenomeni di convezione, poichè un fluido che tende a
far variare molto il suo volume specifico al variare della temperatura è un fluido che
partecipa attivamente al trasferimento di calore; infatti basta una piccola variazione di
temperatura per imprimere una forza significativa di galleggiamento (legata alla variazione di
densità; v. oltre).
2.2 Grandezze utilizzate per sistemi bifase
La descrizione di fenomeni che coinvolgono miscele bifasi necessita l’introduzione di
grandezze fondamentali che spesso hanno la stessa denominazione di analoghe grandezze
per deflussi monofase, ma assumono un significato anche sostanzialmente differente da
quelle utilizzate per i sistemi monofase. La descrizione di fenomeni con miscele multifase
(noi tratteremo miscele bifase) è più complessa rispetto al caso monofase, in quanto c’è da
tenere in conto, oltre le interazioni tra il fluido e l’ambiente, anche le diverse interazioni che
le singole fasi hanno con esso e l’ interazione tra loro.
Tra le grandezze di seguito introdotte, alcune sono grandezze fisiche e termodinamiche,
altre non hanno nessun significato fisico, ma sono state introdotte perché sono utili nel
descrivere il comportamento del fluido sotto specifici aspetti.
2.2.1 Frazione di vuoto
È definita come il rapporto tra l’area della sezione trasversale occupata dalla componente
gassosa e l’area totale della sezione trasversale del tubo. Si indica con .
gA
A (2.20)
La frazione di vuoto è una grandezza adimensionale e può assumere valori tra 0, nel caso in
cui nella sezione di passaggio analizzata ci sia solo liquido, e 1, nel caso in cui fosse
presente solo gas.
Nella Figura 2-9 è rappresentato un regime di deflusso “a tappi” (plug flow; v. oltre, i regimi
di deflusso). In essa si evince che la definizione di è tale da essere soggetta, localmente
e temporalmente, a continue fluttuazioni. Nella sezione A, infatti, la frazione di vuoto sarà
molto maggiore rispetto alla sezione B. Nella stessa sezione A essa cambierà nel tempo.
Ovviamente,si potrebbe definire anche una frazione di vuoto “locale”, riferendoci ad una
parte della sezione totale di deflusso, ma questa avrebbe poco senso sotto il profilo
applicativo.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 39/175
Figura 2-9 Regime di deflusso bifase per un flusso orizzontale
Nelle applicazioni, per quanto detto, la frazione di vuoto è una grandezza che non viene
presa in considerazione localmente ed istantaneamente (salvo in modelli proposti per codici
di calcolo nei quali, alla fine, difficilmente si ottiene una qualifica con dati sperimentali che
porti a risultati credibili nelle applicazioni). Perché sia utilizzabile nella descrizione dei
fenomeni in cui siano presenti delle miscele bifase si considera, di fatto, un mediato sia
nello spazio che nel tempo.
1( , , ) ( , , , )p p
t T
tx y z x y z t dt
T
Data la variabilità della frazione di vuoto nel tempo e nello spazio, spesso, in fase
progettuale, ci si muove all’interno di opportuni margini di sicurezza, perché la grandezza
reale, a livello locale e temporale, può oscillare e, se non si adottano margini nell’utilizzo
della grandezza media, potrebbero essere superati localmente i livelli di sicurezza,
causando malfunzionamenti o addirittura incidenti negli impianti.
2.2.2 Titolo in massa (di vapore, se il fluido gassoso è vapore)
È definito come il rapporto tra la portata della fase gassosa e la portata in massa totale. Si
indica con X.
gΓ
XΓ
(2.21)
Il titolo in massa di vapore presuppone che la fase gassosa sia della stessa sostanza di
quella liquida. Se c’è equilibrio termodinamico, esso è strettamente legato alla frazione di
vuoto tramite la seguente relazione:
1
α1
1g g
f l
ux
x u
(2.22)
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 40/175
TABELLA 2-1 grado di vuoto in funzione del titolo di vapore e della pressione
2.2.3 Titolo termodinamico
In riferimento ad una miscela bifase di una stessa sostanza, il titolo termodinamico si indica
con Xi ed è definito come:
li
v l
i iX
i i
(2.23)
dove i è l’entalpia media del fluido, li l’entalpia di saturazione della fase liquida (alla
pressione del sistema), vi è l' entalpia di saturazione della fase vapore.
Si consideri ad esempio un reattore pressurizzato. Alla pressione di 150 bar corrisponde una
temperatura di saturazione pari a 342 °C. Si ipotizzi che dell’acqua entri in un componente
(nocciolo di un reattore), dove le viene fornito calore, a 290°C e ne esca a 320°C. Il titolo
termodinamico dell’acqua in entrata è pari a:
l
v l
kJ kJ1284 1611i i kg kg
290 ;150 32%kJ kJi i 2615 1611
kg kg
i INX C bar
Dal risultato si evince che l’acqua entra nel nocciolo sottoraffreddata in quanto la
temperatura di saturazione a150bar è pari a 342 C . Il titolo termodinamico dell’acqua in
uscita è pari a:
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 41/175
l
v l
kJ kJ1454 1611i i kg kg
230 ;150 16%kJ kJi i 2615 1611
kg kg
i OUTX C bar
Da un punto di vista globale, si passa da un titolo termodinamico pari a -32% ad un titolo
termodinamico pari a -16% e quindi il fluido si trova sempre al di sotto della saturazione. In
realtà gli elevati valori di flusso termico che si hanno in un PWR, soprattutto nella zona
centrale, possono provocare la formazione locale di bolle (Figura 2-10), per cui ci sarà una
frazione di vuoto diversa da zero, pur con un titolo termodinamico negativo.
Figura 2-10 Bolle di vapore che si possono formare sulle pareti delle barrette di
combustibile sia pur in condizioni sottoraffreddate
Le bolle che si formano non danno vita a dei tappi di vapore, ma non si può neanche
considerare questo fluido come se fosse un monofase. Quindi, nonostante l’entalpia media
del fluido sia minore rispetto a quella del liquido saturo alla pressione considerata, questo
può non essere vero localmente, con la conseguente formazione di bolle sulle pareti delle
barre di combustibile.
Con riferimento ad un titolo termodinamico medio su una sezione, se questo è maggiore di
zero, esprime la quantità di vapore rispetto alla massa totale, ma sulla scorta di un bilancio
termodinamico. Quando le fasi sono in equilibrio termodinamico tra loro, cioè si trovano
entrambe alla stessa temperatura , non vi sono fenomeni di scambio e si può trascurare lo
scorrimento tra esse, il titolo termodinamico coincide con il titolo in massa. Il titolo
termodinamico può assumere valori negativi ed anche maggiori di uno. In particolare:
0iX Liquido sottoraffreddato
0 1iX Liquido in presenza vapore (saturazione)
Vapore surriscaldato
2.2.4 Velocità volumetrica
È definita come il rapporto tra la portata volumetrica della fase gassosa e la superficie del
canale occupata dalla fase gassosa.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 42/175
g g
g
g g
Q Gv
A (2.24)
Questa grandezza non fa riferimento a ciò che accade localmente, in quanto i vettori
velocità, associati alle singole molecole d’acqua, cambiano continuamente direzione e
modulo. Allo stesso modo, anche la superficie occupata dalla fase gassosa varia
continuamente, come è stato messo in evidenza parlando della frazione di vuoto. La velocità
volumetrica, quindi, non rappresenta una grandezza fisica “vera”, neanche mediata, ma
esprime un valore medio che serve ad identificare il comportamento della fase gassosa della
miscela bifase ed in particolare indica la velocità alla quale si sta “mediamente” muovendo la
fase gassosa nel canale.
2.2.5 Velocità superficiale
È definita, per ognuna delle due fasi, come il rapporto tra la portata volumetrica della fase
gassosa o liquida e l’area della superficie complessiva del canale.
g l
g l
Q QJ J
A A (2.25)
Anche questa grandezza è, ovviamente, mediata nel tempo. Essa non corrisponde in
nessun modo ad una velocità “reale” perché confronta grandezze che fanno riferimento una
ad una porzione della area della superficie di deflusso nel canale, l’altra all’area di tutta la
superficie del canale.
Si definisce una relazione che lega la frazione di vuoto , le velocità reali ,v lv v e le
velocità superficiali lj e vj :
g gJ v (1 )l lJ v
Per un’applicazione pratica dell’utilizzo di questa grandezza, si consideri il circuito primario
di un impianto nucleare con reattore PWR. In caso di rottura della tubazione principale, la
pressione nel recipiente in pressione del reattore diminuisce e di conseguenza l’acqua
comincia a bollire. Nel nocciolo è necessario smaltire la produzione di calore. Per evitare
che il reattore resti privo di refrigerante, si ricorre ad un sistema di raffreddamento di
emergenza, attraverso il quale si introduce dell’acqua fredda all’interno del nocciolo,
iniettandola all’interno di tubazioni che sono collegate con il recipiente del reattore. Tuttavia,
ci sarà del vapore in uscita dal nocciolo che potrebbe ostacolare il liquido refrigerante che è
in controcorrente e in questo caso il nocciolo non verrebbe raffreddato. Per la progettazione
di questa tipologia di sistema di refrigerazione di sicurezza, si utilizza la velocità superficiale,
per identificare quelle condizioni che potrebbero impedire il contro flusso della portata liquida
rispetto a quella del vapore uscente, in modo da tenerci lontano dalle suddette condizioni. La
velocità superficiale, quindi, è una grandezza utile, anche se a rigore essa non ha alcun
significato fisico.
2.2.6 Rapporto di scorrimento
È definito come il rapporto tra la velocità media della fase gassosa (può essere la fase
vapore) e la velocità media della fase liquida.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 43/175
* g
i
Vs
V
(2.26)
Ad alte pressioni lo scorrimento assume valori pari a poche unità (approssimandosi al punto
critico esso è pari ad uno), mentre a basse pressioni assume valori anche dell’ordine di
grandezza delle centinaia, dato che la densità del liquido è molto maggiore di quella del
vapore.
Vengono utilizzate le velocità medie delle fasi gassosa e liquida, quindi lo scorrimento è
considerato mediato sulla stessa area. Il suo valore può variare notevolmente rispetto al
valore locale.
2.2.7 Portata di massa
È definita, per ognuna delle due fasi, come il prodotto tra la densità, la velocità nella
direzione considerata e la superficie occupata da quella fase, ortogonale alla velocità.
g g g g l l l lΓ ρ v A Γ ρ v A
(2.27)
Queste variabili variano continuamente, quindi la portata di massa per ognuna delle due fasi
è una grandezza mediata. La portata di massa totale delle due fasi è pari alla somma delle
due portate riferite alle singole fasi:
mix g lΓ Γ Γ (2.28)
2.2.8 Densità
È definita attraverso la frazione di vuoto secondo questa relazione:
(1 )g l
(2.29)
È, quindi, una combinazione lineare delle densità della fase liquida e della fase gassosa
pesata attraverso la frazione di vuoto. Può assumere tutti i valori compresi tra la densità
della fase gassosa e quella della fase liquida. Per una stessa sostanza, la differenza tra
questi valori estremi aumenta al diminuire della pressione.
Potrebbe essere definita come il rapporto tra la massa contenuta in una porzione di spazio e
il suo volume, ma ovviamente le fluttuazioni tipiche delle miscele bifasi impongono di
considerare delle grandezze mediate.
Si consideri il circuito rappresentato in Figura 2-11. Nel boiler viene riscaldata dell’acqua che
cambia stato. In uscita dal boiler si avrà una miscela bifase che tende ad andare verso l’alto
e defluisce verso il corpo cilindrico. Nel separatore primario del corpo cilindrico viene
separata la componente gassosa, che viene mandata all’esterno, dalla fase liquida che
ritorna nel boiler (miscelata con la portata liquida che reintegra il vapore utilizzato all’esterno)
per ricominciare il ciclo. La valutazione del ̅ è di fondamentale importanza in quanto c’è una
forza che tiene in movimento il fluido (acqua) contenuto nel circuito. La forza motrice deriva
dalla differenza di pressione dovuta alla differenza di densità della miscela bifase e del
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 44/175
liquido nel verso di ritorno (downcomer). In particolare, questa differenza di pressione è pari
a:
Δ lp z z
dove z è l’altezza della colonna della miscela bifase.
Figura 2-11 Circuito generatore di vapore a ricircolazione
2.2.9 Viscosità
Nelle miscele bifase, così come per altre grandezze, non è possibile dare una definizione
univoca della viscosità, in quanto per definizione stessa di viscosità,essa è una caratteristica
propria di ciascuna fase. Per applicazioni pratiche (utilizzo di correlazioni finalizzate a scopi
specifici) sono state proposte varie correlazioni del tipo:
TPF liq (2.30)
in cui si considerano uguali le viscosità del liquido e del vapore, oppure:
(1 )TPF g liqX X (2.31)
Si capisce come, nel caso della viscosità di una miscela bifase, non esista alcun significato
fisico ma si ha a che fare con proposte di modelli suggeriti da ricercatori per risolvere
specifici problemi. Ripetiamo: TPF non ha alcun significato fisico.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 45/175
2.3 Gruppi adimensionali
L’aggregazione di grandezze fisiche, geometriche e termodinamiche in “gruppi
adimensionali” è ampiamente utilizzata in correlazioni che servono per rappresentare
determinati fenomeni. Sostanzialmente, permettono una grande semplificazione formale dei
fenomeni stessi basandosi sul principio che, se abbiamo a che fare con sostanze, geometrie
o situazioni applicative diverse, ma tali per cui i gruppi adimensionali assumono lo stesso
valore numerico, allora la situazione che viene ad essere rappresentata nei due casi è, per
così dire, analoga. Situazioni relative a fluidi differenti, in condizioni fisiche e geometriche
differenti, ma con gli stessi valori assunti da particolari gruppi adimensionali, presentano
comportamenti analoghi e, quindi, una stessa correlazione che esprime un determinato
comportamento fisico è applicabile anche a situazioni che apparentemente (o focalizzando
la attenzione alle singole grandezze) possono essere molto diverse.
I gruppi adimensionali di interesse termo-fluidodinamico sono numerosi e possono essere
sempre interpretati come il risultato del rapporto tra forze differenti. Il valore numerico
assunto dal gruppo adimensionale metterà in evidenza il prevalere di una forza invece che di
un’altra.
Si riporta un elenco delle forze maggiormente usate nella definizione di gruppi
adimensionali. Bisogna segnalare che, per tutte queste grandezze, l’unità di misura è quella
di una forza (nel S.I., Newton), anche se ciò vale solo sotto il profilo dimensionale perché le
singole grandezze usate nelle formule (soprattutto quelle geometriche) appaiono in certi casi
arbitrarie e non riconducibili ad un fenomeno fisico preciso.
Forza di inerzia: 2
iF v A
Forza elastica: 2
eF v t
Forza viscosa:
/vF vA L
Forza di galleggiamento: 3
bF L g T
Forza gravitazionale:
gF gAl
Forza centrifuga: 2 3 /cF v L R
Forza della tensione superficiale: sF L
2.3.1 Numero di Nusselt
Il numero di Nusselt può essere interpretato come il rapporto tra il trasferimento di calore per
convezione e il trasferimento di calore per conduzione. Si ottiene adimensionalizzando il
coefficiente di convezione h. Un’interpretazione fisica del numero di Nusselt si può avere
considerando uno strato di fluido di spessore sottoposto ad una differenza di temperatura
T . Quindi:
'
' /
conv c
cond
q hLh TNu
q kk T L
(2.32)
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 46/175
dove k è la conduttività termica del fluido e CL la lunghezza caratteristica e h il coefficiente
di scambio termico. Il valore unitario del numero di Nusselt (Nu=1) è caratteristico della
trasmissione di calore per convezione pure attraverso lo strato di fluido. All’ aumentare del
suo valore risulta sempre piu sviluppato il fenomeno della convezione. È di particolare importanza nei problemi di convezione termica, in quanto la sua
determinazione permette di conoscere il coefficiente di scambio termico convettivo fra fluido
e parete. In relazione al numero di Reynolds e al numero di Prandtl, si definisce la seguente
relazione, che rappresenta la relazione di riferimento per lo studio dei fenomeni di scambio
termico in convezione forzata:
m nNu C Re Pr (2.33)
dove m e n sono esponenti costanti e il valore di C dipende dalla geometria e dal moto.
E’ quindi è evidente che più il fluido è in movimento, maggiore è l’efficienza dello scambio
termico.
2.3.2 Numero di Grashof
Il numero di Grashof è definito come il rapporto tra le forze di galleggiamento (forze di
gravità dovute alla differenza di densità causata dalla differenza di temperatura) e le forze
viscose, nella convezione naturale.
3
2
( )b S C
v
F g T T LGr
F
(2.34)
dove:
g indica l ‘ accelerazione gravitazionale [m/s^2] indica il coefficiente di dilatazione cubica
[1/K] ( = 1 /T per i gas ideali)
ST indica la temperatura della superficie [°C]
T indica la temperatura del fluido sufficientemente lontano dalla superficie [°C]
3
CL indica la lunghezza caratteristica della geometria al cubo [m^3]
indica la viscosità cinematica [m^2/s]
Per piastre verticali, per esempio, sperimentalmente si osserva che Gr critico è circa 910 e
di conseguenza, il regime di moto su una piastra verticale diventa turbolento per numeri di
Gr superiori a tale valore,
2.3.3 Numero di Biot
Il numero di Biot è utilizzato molto per lo studio di situazioni nelle quali una superficie di un
componente di un impianto (o di un macchinario) viene a contatto improvvisamente con un
fluido che si trova ad una temperatura molto diversa dalla propria. È definito come:
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 47/175
wall
hLBi
k
(2.35)
dove L è una lunghezza caratteristica del sistema.
L’interpretazione fisica del numero di Biot è simile a quella del numero di Nusselt.
Rappresenta la relazione tra il trasferimento di calore tra il fluido e la superficie, e il
trasferimento di calore per conduzione all’interno del corpo delimitato da quella superficie.
Alti valori del numero di Biot implicano che la trasmissione di calore per conduzione è molto
più lenta rispetto allo scambio per convezione con il fluido. Quindi nel caso in cui un
materiale di bassa conducibilità viene a contatto con un fluido a temperatura molto più alta
con un alto coefficiente di trasferimento del calore per convezione h, vi saranno all’interno
del materiale delle grandi sollecitazioni termomeccaniche, dovute alla generazione di forti
gradienti di temperatura all’interno di esso.
2.3.4 Numero di Reynolds
Il numero di Reynolds è un gruppo adimensionale usato in fluidodinamica, è pari al rapporto
tra le forze d'inerzia e le forze viscose e definisce il moto del fluido.
INERZIA c c
VISCOSE
F w L w LRe
F
(2.36)
dove:
w indica la velocità di corrente libera
cL indica la lunghezza caratteristica della geometria( per una piastra piana è la distanza x
dal bordo di attacco nella direzione del moto)
indica la viscosità cinematica del fluido.
Per grandi valori del numero di Re le forze di inerzia, proporzionali a densità e velocità del
fluido, prevalgono su quelle viscose, che così non possono impedire le fluttuazioni rapide e
casuali del fluido: moto turbolento.
Al contrario, per piccoli valori del numero di Re le forze viscose prendono il sopravvento su
quelle di inerzia, mantenendo il fluido in linea: moto laminare.
Il numero di Re in corrispondenza del quale il moto del fluido da laminare diventa turbolento
è detto “numero di Re critico”; tale valore numerico varia con la geometria e le condizioni del
moto.
Inoltre per studiare il moto di un fluido su una superficie si considera il rapporto tra 2Re
L
L
Gr:
gli effetti dovuti alla convezione naturale sono trascurabili se 2Re
L
L
Gr<<1;
gli effetti dovuti alla convezione forzata sono trascurabili se 2Re
L
L
Gr>>1;
entrambi gli effetti sono significativi e devono essere tenuti in conto se 2Re
L
L
Gr1.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 48/175
2.3.5 Numero di Prandtl
Nel flusso laminare di un tubo, il valore del numero di Pr è una misura dell‘ accrescimento
degli strati limite di temperatura e di velocità.
E’ definito come il rapporto tra la diffusività cinematica e quella termica:
PrpC
T
cD
D k
(2.37)
dove:
indica la viscosità dinamica
pc indica il calore specifico a pressione costante
k indica la conducibilità termica.
Per fluidi con Pr 1, come i gas, i due strati limite coincidono.
Per fluidi con Pr >>1, come gli oli, lo strato limite di velocità supera quello di temperatura.
Ne consegue che la lunghezza di ingresso idrodinamica è più piccola della lunghezza di
ingresso termica.
L’ opposto vale per fluidi con Pr <<1, come i metalli liquidi.
2.3.6 Numero di Rayleigh
Il numero di Ra permette di determinare le condizioni d’ innesco dei moti verticali in fluidi
viscosi incomprimibili, la cui temperatura cresce con la profondità.
È il gruppo adimensionale relativo alle forze di galleggiamento ed è definito come il prodotto
tra Gr e Pr:
3
2
( )Pr
pS ccg T T L
Ra Grk
(2.38)
2.3.7 Numero di Stanton
E’ utilizzato nello studio dello scambio termico per convezione, soprattutto per la
determinazione del coefficiente di convezione termica in alcuni casi di convezione forzata.
E’ definito a partire dai tre gruppi adimensionali fondamentali:
Re Pr
c
p
hNuSt
c
(2.39)
2.3.8 Numero di Pèclet
E’ dato dal rapporto tra il calore trasferito per convezione all‘ interno di un fluido e quello
trasferito per conduzione. E’ possibile ottenerlo come il prodotto tra Re e Pr:
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 49/175
Re Prpc LV
Pek
(2.40)
Concludendo, la trasmissione di calore per convezione può essere studiata attraverso la
relazione tra i quattro fondamentali parametri adimensionali:
(Re;Pr; )Nu f Gr (2.41)
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 50/175
3 Processi di scambio di calore
3.1 Meccanismi di scambio termico Esistono tre meccanismi di scambio termico:
1. Conduzione: l’energia termica viene trasmessa per ‘trasmissione’ dell’energia
vibrazionale di atomi o molecole dovute a gradienti di temperatura. Consideriamo
due corpi, il primo a temperatura 1T e il secondo a temperatura 2T e sia 1 2T T . Gli
atomi del corpo a temperatura più elevata vibrano sensibilmente. Se il corpo 1 viene
messo in contatto con il corpo 2, che si trova ad una temperatura più bassa, gli
atomi del corpo 1 cedono parte della loro energia cinetica agli atomi del corpo più
freddo. In questo modo anche questi ultimi cominciano a vibrare in misura maggiore,
segno che il corpo più freddo sta aumentando la sua temperatura. All’interno di un
corpo, se una sua parte è mantenuta ad una temperatura 1T
maggiore della
temperatura 2T imposta su un’altra sua parte, si trasferirà energia termica dalla
parte a 1T verso quella a 2T per effetto della trasmissione dell’energia vibrazionale
tra molecole (o atomi) contigue.
2. Irraggiamento: l’energia termica viene trasmessa senza contatti fisici diretti.
Consideriamo due corpi, rispettivamente a temperatura 1T e a temperatura 2T e sia
1 2T T . Gli atomi e molecole di entrambi i corpi vibrano, trovandosi a temperature
maggiori dello zero assoluto, e trasmettono energia radiante nello spazio. Quello
che è importante è il bilancio globale: il corpo 1, che si trova a temperatura più
elevata, irradia più energia del corpo 2. È quindi il corpo 1 a scaldare il corpo 2 e
non viceversa.
3. Convezione: questo meccanismo di scambio termico si manifesta in presenza di un
fluido. Nei fluidi, liquidi e gas, il calore si trasmette anche grazie al movimento della
materia di cui sono costituiti. Consideriamo due corpi non in contatto tra loro
rispettivamente a temperatura 1T e a temperatura 2T e sia 1 2T T . Il calore si
trasmette dal corpo più caldo a quello più freddo grazie al movimento di particelle
più vicine al corpo 1, che trasferiscono l’energia vibrazionale ad altre particelle, fino
al raggiungimento del corpo 2. Il risultato finale è che il corpo 2 si scalda.
Nella convezione c’è anche il contributo della conduzione, poiché per il trasferimento
di calore fra una particella e l’altra è necessario che vi sia un contatto diretto.
3.2 Conduzione Risolvere un problema di conduzione significa mettersi nelle condizioni di valutare, in tutti i
punti del corpo che si sta considerando, la Temperatura e il Flusso Termico, istante per
istante. Il corpo può avere una qualunque forma e può essere soggetto, in linea di principio,
ad un regime comunque variabile di trasferimento di calore.
Secondo un approccio usato nel passato, risolvere un problema termico significava ricavare
la "funzione" della variabile dipendente temperatura in funzione di una o più variabili
indipendenti. Risolvere analiticamente un problema termico (o di conduzione in un corpo)
significa ricavare l’ espressione analitica della ( , , , )T x y z . Questo approccio era finalizzato
a ricavare la funzione, che, attraverso le sue variabili indipendenti, permettesse di valutare la
temperatura in un punto ( , , )P x y z ad un certo istante . Come vedremo, dal punto di vista
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 51/175
ingegneristico, tuttavia, non interessa conoscere rigorosamente la “funzione” ( , , , )T x y z
ma essere in grado di valutare il valore assunto dalla temperatura in un determinato punto e
ad un determinato istante, anche in maniera non esatta ma sufficientemente approssimata in
relazione alla natura del problema da risolvere.
La conoscenza della temperatura all’interno di corpi solidi è spesso indispensabile perché le
caratteristiche dei materiali che li compongono dipendono da essa. Al di sopra di
determinate temperature il corpo non può esistere allo stato solido o perde alcune sue
caratteristiche: se consideriamo il diagramma ( ) di un acciaio (), esso varierà in funzione
della temperatura. All’aumentare della temperatura, si giungerà prima alla condizione di
snervamento del materiale.
Figura 2-12 Diagramma σ(ε) di un acciaio
Il flusso termico,
Tq k
s
, è legato al gradiente spaziale di temperatura, che a sua volta
influenza la sollecitazione termo-meccanica del materiale. Se un materiale lasciato libero è
sottoposto ad un incremento di temperatura, esso avrebbe un allungamento l l T .Se
questo allungamento è impedito perché il corpo è vincolato, si hanno sollecitazioni locali di
trazione (ΔT negativo) o di compressione (ΔT positivo) (nell’ipotesi di α>0). Si comprende
come il gradiente spaziale di temperatura ( )
T
s
all’interno di un corpo e, quindi, in generale,
vincolato, si traduca in una sollecitazione.
3.2.1 Postulato di Fourier
Il postulato di Fourier è il punto di partenza per la risoluzione di un problema di conducibilità
termica. Consideriamo una lastra piana indefinita con spessore x costante, con le pareti
esterne rispettivamente mantenute a temperatura aT e Tb .
Il quantitativo di calore che attraversa la lastra può essere espresso da una relazione del
tipo:
1 Q T Sx
.
Il quantitativo di calore, dunque, è proporzionale alla differenza di temperatura fra le due
facce (ΔT), alla superficie di scambio (S), inversamente proporzionale allo spessore x e
direttamente proporzionale all’intervallo di tempo considerato ( ).
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 52/175
Figura 2-13 Lastra piana indefinita di spessore x La costante di proporzionalità rappresenta una caratteristica fisica del materiale di cui
è composta la lastra, la conducibilità termica k, che è una grandezza termodinamica
del materiale, e nel S.I. è espressa in [W/mK].
1 Q k T Sx
(3.1)
Dal punto di vista ingegneristico, quello che ci interessa nella maggior parte dei casi, non è
tanto il calore, quanto il calore che è trasmesso in un certo tempo, quindi la potenza
scambiata. Ricercando l’energia (il calore) trasmessa non solo per unità di tempo ma anche
per unità di superficie, e considerando la conducibilità termica k del materiale, scriviamo
l’espressione del flusso termico:
''
2
T Wq k
x m
(3.2)
Questa espressione è stata ottenuta considerando una situazione idealizzata, quella della
lastra piana, in cui si trascurano gli effetti di bordo. Le perdite al bordo sono tanto meno
trascurabili quanto più limitata è l’estensione della parete rispetto al suo spessore.
La relazione 3.2 è il punto di partenza per ricavare un’espressione analitica che consenta di
calcolare la temperatura in funzione delle variabili indipendenti. La comodità di lavorare con
un’espressione analitica è enorme perché permette di conoscere la temperatura ‘‘vera’’ in un
punto qualsiasi del sistema considerato.
Le espressioni analitiche al problema della determinazione della temperatura in una
situazione di conduzione sono state ricavate solamente in quattro casi particolarmente
semplici. Prima di analizzare i quattro casi dobbiamo dotarci di uno strumento matematico,
le equazioni differenziali della conduzione, la cui soluzione permetterà di ricavare, in quei
particolari casi, un’espressione analitica per la ( , , , )T x y z .
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 53/175
Consideriamo un volume di controllo5 solido infinitesimo () e teniamo presente la relazione
3.1.
Figura 2-14 Volume di controllo dV in un sistema di riferimento cartesiano.
Rispetto al CV del solido in esame bisogna considerare un bilancio di energia che
comprenderà i contributi positivi e negativi secondo quanto di seguito riportato:
(calore in entrata) - (calore in uscita) + (calore generato internamente) - (calore che viene
assorbito) = effetto utile (3.3)
Consideriamo delle ipotesi semplificative:
I. Il calore entra da tre facce del parrallelepipedo ed esce dalle altre tre facce;
II. La generazione di calore all’interno del volume di controllo non è associata a
cambiamenti di stato all’interno del materiale;
III. Il termine di assorbimento (generalmente assente nelle applicazioni pratiche) può
scaturire da una eventuale trasformazione fisica interna al materiale (punto II).
Analizziamo i singoli termini dell’equazione 3.3:
Calore in entrata: corrisponde al calore in entrata nel volume di controllo attraverso la
superficie abcd lungo l’asse :
x x
x
q k dydT
zx
d
Il segno meno indica che il flusso termico procede lungo la direzione delle temperature
decrescenti. Per il concetto di continuità6, assumiamo che se il calore entra nella faccia
abcd, del calore debba uscire dalla faccia opposta efgh.
Calore in uscita: è il calore uscente dalla faccia efgh, sarà:
5 Il volume di controllo è una porzione di spazio all’interno del corpo che non pone ostacolo
al trasferimento di calore. Per utilità consideriamo come volume di controllo (CV o VC) un
parallelepipedo con spigoli paralleli a tre assi coordinati cartesiani. 6 Il concetto di continuità è intrinseco nei sistemi che consideriamo e si applica sia
spazialmente che temporalmente. Una trasformazione, per quanto rapida possa essere,
sarà sempre una trasformazione graduale. Avere a che fare con un solido continuo significa
che le particelle che lo compongono possono cambiare le loro caratteristiche, ma sempre in
modo graduale. E’ per questo presupposto che possiamo dire che se esistono tre facce in
cui entra calore, sicuramente posso ipotizzare che esistono altre tre facce (ad esse opposte)
da cui il calore esce.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 54/175
x x x x
x x
Tq k dydzd
x
Ovviamente troveremo equazioni analoghe lunghe gli assi y e z , che sono rispettivamente:
calore in entrata dalla faccia aceg
y y
y
Tq k dxdz d
y
calore in uscita dalla faccia bdfh
y y y y
y y
Tq k dxdz d
y
calore in entrata dalla faccia abgh
z z
z
Tq k dxdy d
z
calore in uscita dalla faccia cdfe
z z z z
z z
Tq k dxdy d
z
Calore che viene generato: corrisponde all’energia che viene generata nel volume di
controllo per effetto di una eventuale 0q (densità di potenza dovuta, ad esempio, ad
effetto Joule o a reazioni nucleari).
gq q dx dy dz d
Calore che viene assorbito: corrisponde ad un eventuale contributo “negativo” nel caso in
cui vi sia una trasformazione di stato all’interno del volume solido. Per semplicità, non
consideriamo nessuna trasformazione di stato.
L’ ”effetto utile” che viene a prodursi, riferendosi all’equazione 3.3, è una variazione di
energia, che è correlabile alla variazione di temperatura secondo l’espressione:
p pE c m T c dxdydz T
Adesso ci concentreremo sul quantitativo di calore che entra in una faccia del volume di
controllo raffrontandolo con il quantitativo di calore che esce dalla faccia opposta.
In un caso reale può accadere quanto descritto in . Questa situazione potrebbe essere
quella di un corpo lambito sulla superficie sinistra da acqua soggetta a un gradiente termico
decrescente dall’alto verso il basso del corpo. Il flusso di calore che entra nella superficie
sinistra del corpo diminuisce con il diminuire della temperatura, fino ad invertire la sua
direzione quando la temperatura dell’acqua è inferiore a quella del corpo. A questo punto è il
corpo a fornire calore all’acqua.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 55/175
Figura 2-15 Corpo lambito da un fluido.
E’ ovvio che sussiste una correlazione fra ciò che entra da una faccia e ciò che esce da
quella opposta. Il termine ( / )k T x può cambiare nel passaggio dalla superficie sinistra
del corpo a quella destra. Il cambiamento, però, non è drastico ma continuo e graduale,
stante le ipotesi della continuità.
Ciò significa che spostandosi nello spazio e al variare del tempo il x
Tq k
x
potrà
cambiare, ma il suo cambiamento sarà graduale. Cosi, considerando la situazione generale,
è possibile che il flusso termico “entrante” in un volumetto di controllo attraverso una faccia
sia diverso da quello che esce dalla faccia opposta. E’ il caso della figura 3-5.
Figura 2-16 Evoluzione di /k T x .
Se consideriamo due facce del volume di controllo abbastanza vicine, la variazione di ''q (e
quindi di /k T x ) sarà piccola.
La legge di variazione di /k T x fra il punto a e il punto b è abbastanza bene
approssimata dalla legge lineare corrispondente alla derivata prima della curva relativa alla
legge di variazione reale. Estendendo questo concetto all’intero corpo, possiamo dire che il
valore della funzione
p
Tk
x
nel punto P sulla superficie sinistra del CV (rispetto all’asse x),
non sarà molto diverso dal valore assunto dalla funzione nel punto Q sulla superficie destra,
a patto che la distanza tra i punti P e Q sia significativamente piccola. Quindi si potrà dire
che il flusso in Q sarà uguale al valore assunto in P, più una piccola variazione.
Quanto detto lo si può tradurre con la seguente formula:
f
f Q f P dxx
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 56/175
E’ possibile applicare questo ragionamento riferendoci al calore in uscita dalla superfice del
volume di controllo posta all’ascissa x dx (), ottenendo lungo l'asse x :
[ ]xx dx x
qq q dx termini trascurabili
x
( )x dx x
x
Tq q k dxdydz d
x x
La differenza fra il calore che esce e quello che entra rappresenta il quantitativo di calore
che rimane all’interno del volume di controllo.
Per gli assi y e z avremo rispettivamente:
( )y dy y
y
Tq q k dxdydz d
y y
( )z dz z
z
Tq q k dxdydz d
z z
Sommando i contributi lungo gli assi , , ,x y z considerando l’eventuale produzione di calore
interna '''q e dividendo per ( , , , )dx dy dz d , otterremo:
''' p
T T T dTk k k q c
x x y y z z d
(3.4)
Questa è l’equazione differenziale della conducibilità, dove T e '''q sono funzioni qualsiasi,
cioè in linea di principio e come situazione generale, variabili in modo continuo nel tempo e
nello spazio.
Effettuando le operazioni di derivazione nell’equazione 3.4, otteniamo:
2 2 2'''
2 2 2 p
T T T k T k T k T dTk q c
x y z x x y y z z d
2 ''' p
k T k T k T dTk T q c
x x y y z z d
(3.5)
Questa è l’equazione differenziale più completa e rigorosa della conduzione.
Se si assume che la conducibilità non sia variabile nello spazio, l’equazione si semplifica,
diventando:
2 ''' p
dTk T q c
d
(3.6)
Questa è l’espressione classica dell’equazione differenziale della conduzione, da cui si parte
per risolvere molti problemi termici, cioè di identificazione del valore assoluto della
temperatura nello spazio e nel tempo.
L’equazione 3.6 vale solamente nel caso in cui la conducibilità termica k non cambi nello
spazio. Se, viceversa la conducibilità k è variabile nello spazio o perché cambia il materiale
o perché si hanno delle variazioni molto forti di temperatura, le quali trasformano le
caratteristiche del materiale stesso, è necessario utilizzare l’equazione 3.5.
Per una migliore comprensione dell’equazione 3.6, analizziamo i termini di quest’ultima dal
punto di vista fisico.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 57/175
2 : dal punto di vista fisico è rappresentativo di un fenomeno diffusivo. Dal punto
di vista matematico rappresenta una derivata seconda. Per capire al meglio cosa sia
il2 è necessario capire bene cosa sia una derivata prima.
Una derivata prima esprime la variazione di una grandezza nello spazio. Tutti i
fenomeni possono essere identificati da un elemento motore e un effetto: nel settore
elettrico due punti a potenziale diverso permettono il trasferimento di corrente; nel
settore termico due punti a temperatura diversa permettono il trasferimento di
calore.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 58/175
Consideriamo il settore termico. La presenza di una derivata di una temperatura
indica che la temperatura sta cambiando nello spazio, e dato che la temperatura è
responsabile del trasferimento di calore attraverso la conducibilità, alla derivata
prima associamo il concetto di flusso termico:
''xT T
FLUSSO q kdx x
(3.7)
La derivata seconda della temperatura, che analiticamente è espressa come
2
2
T
x
,
fisicamente corrisponde ad una variazione di un flusso nello spazio. 2T indica una variazione del flusso termico in assenza di generazione di calore.
Se 2T =0, trovandoci in regime stazionario, la temperatura del corpo (che può
variare spazialmente) non cambia nel tempo, perché il flusso in entrata è uguale al
flusso in uscita; mentre se 2 0T , la temperatura cambia nel tempo, perché il
flusso in entrata è diverso da quello in uscita.
'''q : la densità di potenza è definita come il rapporto tra una potenza ed il volume.
Questa grandezza indica la quantità di calore che viene generato nell’unità di tempo
all’interno del materiale (nel volume unitario).
p
dTc
d
: questo è il termine rappresentativo della rapidità con cui varia la
temperatura, se il contributo globale di flusso entrante, flusso uscente e calore
generato, è diverso da zero. In regime stazionario è nullo.
Consideriamo due situazioni per cui quel termine non sia nullo:
1. p
dTc q
d
: questo è un caso in cui si ha solamente generazione di calore
che porta ad una variazione di temperatura. Il termine pc indica che a parità
di generazione interna di calore si avrà un fenomeno di riscaldamento che sarà
tanto più lento quanto maggiore è la capacità del materiale di accumulare
calore. Un corpo molto denso ( elevata) e con un elevato calore specifico,
anche in presenza di un’ingente generazione interna di calore '''q , si riscalda
molto lentamente.
Esempio: l’acqua del mare permette di stabilizzare la temperatura della terra
perché è un ottimo accumulatore termico. Vi è tanta massa e un elevato calore
specifico, quindi se si genera del calore e lo si trasferisce al mare, ad esempio
attraverso l’irraggiamento solare, oppure si perde calore durante la notte per
l’irraggiamento verso la volta celeste, la temperatura del mare cambia di poco.
Ecco perché, anche se di giorno si ha una quantità elevatissima di energia che
arriva sulla terra, e durante la notte una quantità altrettanto elevata di energia
viene ceduta verso l’universo, la temperatura della terra rimane sostanzialmente
costante, grazie alla presenza degli oceani che ricoprono il 70% della superficie
terrestre.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 59/175
2. 2pc dTT
k d
: è il caso in cui si riesce ad apprezzare il concetto di
diffusività termica
p
k
c
, dato che nell’espressione è presente il suo inverso.
Questa equazione descrive il comportamento di un corpo in cui non si ha
generazione di calore, ma una variazione spaziale di flusso.
Se consideriamo un metallo, sottoposto a partire da un certo istante ad un forte
irraggiamento, per il quale il flusso termico in entrata risulta maggiore di quello in
uscita, avremo un riscaldamento del metallo. L’aumento di temperatura sarà
tanto più lento quanto maggiore è il termine pc
k
. Un corpo con elevata densità
ed un elevato calore specifico tende a frenare l’effetto di riscaldamento, a parità
di 2T .
Spesso non è sufficiente, per la risoluzione di problemi complessi di conduzione termica,
operare con l’equazione 3.6. E’ necessario riferirsi all’equazione differenziale completa 3.5.
Consideriamo l’equazione della conduzione completa in forma bidimensionale:
2 2
2 2''' p
T T k T k T dTk k q c
x y x x y y d
Supponiamo di avere una struttura composta da due materiali diversi () con le seguenti
ipotesi:
Regime stazionario: 0p
dTc
d
Assenza di generazione interna di calore: ''' 0q
1 2k k
Temperatura sulla faccia sinistra 1T maggiore della temperatura sulla faccia destra
2T
L’equazione della conducibilità si può riscrivere come:
2 2
2 20
T T k T k Tk
x y x x y y
Come conseguenza della differenza di temperatura fra le superfici, avremo un flusso
termico che entrerà dal lato sinistro ed uscirà da quello destro. All’interno del singolo
materiale, lontano dal punto di giunzione, le linee di flusso sono più o meno
uniformemente distribuite. Se il materiale 1 conducesse meglio del materiale 2 (
1 2materiale materialek k ), alla giunzione si avrà la tendenza delle linee di flusso ad
addensarsi nella zona in cui il materiale 1 si incunea nel materiale 2 (linee di flusso
in ).
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 60/175
In questa situazione bidimensionale non avendo una generazione interna di calore ed
essendo in regime stazionario, se non si tenesse conto della variazione di conducibilità
lungo gli assi x e y , si arriverebbe all’assurdo di applicare l’equazione:
2 2
2 20
T Tk
x y
Questa equazione non terrebbe nel giusto conto che in realtà nel materiale 1, avvicinandoci
all’ interfaccia nella zona alta, lungo x il flusso termico sta diminuendo. Se le linee di flusso
termico si curvano significa che il flusso termico in quella direzione diminuisce. Questa
equazione tratta il problema della conduzione come se la conducibilità fosse uniforme, cosa
del tutto falsa.
Figura 2-17 Struttura composta da due materiali con diversa conducibilità termica
E’ necessario, dunque, in caso di situazioni di scambio termico complesse, utilizzare
equazioni non semplificate.
3.2.2 Casi particolari in coordinate cartesiane
Sono due le situazioni in cui si riesce a risolvere, integrando per via analitica, l’equazione
differenziale del secondo ordine della conduzione in coordinate cartesiane.
L’equazione differenziale della conduzione, nell’ipotesi semplificativa di uniformità della
conducibilità, è:
p2
c ρq''' dTT
k k dτ (3.8)
Da questa equazione si ricavano tre equazioni:
1) 2 pc dTT
k d
nota come equazione di Fourier, nella quale non è presente il termine di generazione
interna di calore.
2) 2 '''
0q
Tk
nota come equazione di Poisson, nella quale si considera un regime stazionario.
3)2 0T
nota come equazione di Laplace, nella quale non vi è generazione interna di calore e viene
considerato un regime stazionario.
Lastra piana
Consideriamo l’equazione più semplice, quella di Laplace. Essa è risolvibile solamente in
caso monodimensionale. Riportiamo due esempi:
1. Consideriamo una lastra piana indefinita (), con conducibilità uniforme, in assenza di
generazione di calore e in regime stazionario. L’equazione di Laplace in un caso
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 61/175
monodimensionale diventa 2 2/d T dx . Questa è risolvibile specificando due
condizioni al contorno, come ad esempio le temperature sulle facce della lastra:
10T x T
2T x L T
Figura 2-18 Lastra piana indefinite senza generazione di calore interno
Integrando una volta l'equazione
2
20
d T
dx , otteniamo:
1
dTC
dx
Integrando una seconda volta l’equazione, otteniamo:
1 2T x C x C
Dalle condizioni al contorno ricaviamo il valore delle due costanti che, inserite
nell’equazione, portano alla soluzione:
1 2T C
2 12 1 1 1
T TT C L T C
L
2 11
T TT x x T
L
Il profilo di temperatura non dipende della conducibilità, poiché avendo imposto la
geometria della lastra e le temperature alle due superfici, lo si è definito in maniera
univoca. La conducibilità sarà presente nell’equazione del flusso termico, definito
come:
'' 2 1( )0
T TT T xq x k k k
x x L
Il flusso termico risulta uniforme attraverso lo spessore della lastra e dipende solo
da .
Supponiamo di avere lo stesso problema, ma di assegnare condizioni al contorno
diverse da quelle precedentemente imposte: una condizione sulla temperatura sulla
seconda faccia della lastra e una condizione di flusso termico imposto.
2( )T x L T
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 62/175
'' ''q q (valore imposto)
Essendo:
'' dT
q kdx
Integrando due volte l’equazione di Laplace si ha:
1
dTC
dx
1 2T x C x C
Dalla prima integrazione, usando l’equazione (3.7),si ottiene costante 1C :
1 1
''''
qq kC C
k
Di conseguenza, possiamo scrivere che:
2
''qT x x C
k
Dalla prima condizione al contorno possiamo ricavare la costante 2C :
2 2
''qT L T L C
k
2 2
''qC T L
k
Inserendo le espressioni delle due costanti nella funzione ( )T x otteniamo:
2 2
'' '' ''( )
q q qT x x T L T L x
k k k
Si noti che l’espressione formale del profilo di temperatura è completamente diverso
da quello ricavato nel primo caso (la soluzione analitica dipende dalle condizioni al
contorno). Si tratta, ovviamente, di un profilo lineare, ma formalmente diverso. In
questo caso l’andamento della temperatura dipende da k .
L’espressione del flusso termico sarà:
''''
( )'' 1
dT x qq k k q
dx k
(3.9)
Il flusso termico, in questa circostanza, non dipende da k .
In questo caso materiali con una conducibilità termica elevata presenteranno un
profilo di temperatura con pendenze ridotte, viceversa materiali con conducibilità
bassa, per ottenere un certo flusso termico imposto, avranno bisogno di un profilo di
temperatura con pendenze elevate.
Lastre piane adiacenti
Supponiamo di avere tre lastre adiacenti composte da tre materiali differenti, in regime
stazionario e in assenza di generazione di calore. Il problema è, ancora, monodimensionale.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 63/175
Figura 2-19 Lastre adiacenti indefinite di diverso materiale
Le temperature siano: 1 2 3 4T T T T .
Per risolvere il problema di conduzione bisogna applicare l’equazione di Laplace ad ogni
singola lastra piana, come se fosse isolata.
Il flusso termico è pari a ''dT
q kdx
su ciascuna lastra ed è uniforme per tutte le lastre,
considerando che il problema è stazionario. Possiamo scrivere:
3 2 4 32 11 2 3
1 2 3
''T T T TT T
q k k kdx dx dx
Possiamo trattare il problema come se fosse un’unica lastra piana considerando un eqk :
4 1'' eq
tot
T Tq k
dx
(3.10)
Per ricavare l’espressione della conducibilità equivalente mettiamo a sistema le tre
equazioni delle tre lastre:
11 2
1
22 3
2
33 4
3
''
''
''
dxT T q
k
dxT T q
k
dxT T q
k
Sommando le tre equazioni otteniamo:
'' 31 2
1 4
1 2 3
dxdx dx
T T qk k k
(3.11)
L’equazione 3.11 afferma che l’elemento motore del trasferimento di calore, la differenza di
temperatura fra le due superfici esterne, è proporzionale al flusso termico tramite una
costante di proporzionalità che è la somma di tre termini. Nella realtà non capita mai di
conoscere le temperature superficiali della lastra, bensì le temperature dei fluidi che le
lambiscono. Risulta, quindi, necessario considerare anche il coefficiente convettivo fra fluido
e parete, per cui l’equazione 3.11 si modificherà:
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 64/175
''
1 4
11 1 4
1 1
ni
i
dxT T q
h k h
(3.12)
l termini 1/ h tengono in considerazione la resistenza offerta dallo strato limite convettivo di
ciascun fluido a ridosso della parete.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 65/175
Per ottenere l'espressione del eqk , basta confrontare le espressioni 3.10 e 3.11:
1
1
n
iieq
ni
ii
dxk
dx
k
(3.13)
Lastra piana con generazione interna di calore
Consideriamo una lastra piana con conducibilità uniforme, in regime stazionario, nella quale
vi sia una generazione interna di calore uniformemente distribuita (). L’equazione che
descrive il fenomeno della conduzione termica è quella di Poisson.
Assumiamo di conoscere la temperatura del fluido, pari a T , su entrambe le facce della
lastra. Il coefficiente di scambio termico h tra fluido e lastra è uguale per entrambe le facce.
In queste condizioni il problema risulta simmetrico. A causa della generazione interna di
calore si ha un trasferimento di calore dalla lastra al fluido.
Figura 2-20 Lastra piana indefinita con generazione interna di calore
Le condizioni al contorno alla luce di quanto detto saranno:
1. 0
''( ) 0x
q x , se il problema è simmetrico non si può avere un flusso di calore
che procede da destra a sinistra o da sinistra a destra in corrispondenza della
mezzeria della lastra.
2. ( )L
x L
dTk h T T
dx
Integrando una prima volta l’equazione di Poisson, otteniamo:
1
'''dT qx C
dx k
Integrando una seconda volta otteniamo:
2
1 2
'''
2
q xT x C x C
k
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 66/175
Dalle condizioni al contorno otteniamo le costanti 1C e 2C :
dalla prima condizione al contorno:
0
0x
dTk
dx
Possiamo scrivere che:
1
'''0
qk x C
k
Da cui:
1 0C
L’equazione del profilo di temperatura sarà:
''' 2
22
q xT x C
k
Dalla seconda condizione al contorno:
( )L
x L
dTk h T T
dx
Possiamo scrivere:
''' 2
2
'''
2x L
dT x q q Lk k L h C T
dx k k
Da cui:
2
2
''' '''
2
q L q LC T
h k
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 67/175
L’equazione che descrive l’andamento della temperatura nella lastra sarà, quindi:
2 2''' '''
2
q qT x L x L T
k h (3.14)
In condizione di simmetria l’andamento della temperatura è dato da un termine parabolico
più un termine costante.
In generale i problemi termici non saranno così semplici (monodimensionalità, stazionarietà,
etc). Nelle applicazioni reali l’ipotesi di stazionarietà corrisponderà ad una astrazione e in
certi casi non sarà possibile assumerla per valida. Consideriamo per ipotesi una lastra piana
(), con faccia sinistra in condizioni adiabatiche e faccia destra lambita da un fluido la cui
temperatura sia variabile; il coefficiente di scambio fluido-parete sia anche esso variabile e vi
sia una generazione interna di calore anche essa variabile. Il profilo di temperatura nella
lastra sarà funzione del tempo, essendo il problema non stazionario.
Se l’obiettivo fosse quello di ricavare un'espressione di ( , )T x rigorosa, sarebbe necessario
ricercare la soluzione analitica del problema; ma questa non sarebbe ricavabile. Ci poniamo
una domanda: è proprio necessario conoscere l’andamento esatto della temperatura
all’interno della lastra? Quello che interessa sono delle indicazioni sul profilo, nel tempo,
della temperatura, che consentano di stabilire se il “componente lastra” è realizzabile dal
punto di vista applicativo (temperatura massima raggiunta, massimi gradienti, etc). Queste
indicazioni possono essere fornite dalla conoscenza dell’evoluzione del profilo di
temperatura, profilo che non necessariamente deve essere quello “esatto”, ma “indicativo” o
“approssimato”. Può essere ottenuto attraverso una suddivisione della lastra in tanti
intervalli, in numero tanto più elevato quanto più si vuole aumentare la precisione del profilo,
e calcolando per ognuno di essi una temperatura media.
Figura 2-21 Parete multistrato
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 68/175
In pratica, si cerca di rendere l’equazione:
2
p
dTT q''' c ρ
dτk
Risolvibile con riferimento ai valori di temperatura media negli intervalli in cui si è suddivisa
la lastra.
Ipotizziamo di suddividere la lastra in quattro sezioni. Il calcolo di una temperatura
significativa all’interno delle singole sezioni, ad intervalli di tempo prefissati, è sufficiente per
capire come evolve il profilo di temperatura nella lastra. Questo permette di realizzare uno
studio soddisfacente del comportamento del materiale.
Per riuscire ad analizzare quello che accade nella singola sezione bisogna sostituire al
concetto di derivata nello spazio, che compare nell’equazione differenziale della
conducibilità, quello di differenza:
1
1
i i
i i
T TT
x S
In questo caso si parla di differenza all’indietro, infatti confrontiamo il valore della
temperatura della sezione i esima con quella della sezione precedente ( 1)i dividendo il
tutto per la distanza tra i centri delle sezioni.
Nel caso di differenza in avanti avremo:
1
1
i i
i i
T TT
x S
Da ora in avanti, per semplicità, si considereranno delle “mesh” di spessore uniforme. Se gli
spessori fra le sezioni non sono costanti, per il termine che esprime la distanza tra i centri
del “mesh” si utilizzerà l’espressione:
1
2 2
i is s
Il 2T che compare nell’equazione della conducibilità, in base a quanto detto, si può
scrivere come differenza di una differenza prima:
1 1
2 1 1
i i i i
i
T T T T
s sT
s
Considerando, quindi, lo spessore delle sezioni costante.
La derivata rispetto al tempo che compare nell’equazione della conducibilità può essere
scritta come:
*
*
i i i i
x
T T T TT
Numericamente il tempo è discontinuo, per cui si deve confrontare la temperatura della
sezione i esima all'istante con quella della stessa sezione all'istante precedente
dividendo il tutto per l'intervallo di tempo considerato.
L’equazione della conducibilità può essere, quindi, riscritta come:
1 1
2
2''' , i i i i
i p
i
T T T T Tq i k T c
s
(3.15)
Moltiplicando ambo i membri per il volume delle singole sezioni V s S , indicando con S
la superficie, si ottiene il bilancio che indica come varierà, in maniera discreta, la
temperatura della mesh i esima per effetto dello squilibrio delle potenze termiche
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 69/175
(generata/entrante/uscente). Se la somma algebrica, nella mesh i esima , fra la potenza
generata e la potenza scambiata per fenomeni diffusivi non risulta in equilibrio, l’effetto
risultante sarà la variazione della temperatura nella mesh i esima .
Allo stesso risultato si arriva effettuando un semplice bilancio energetico riferito alla mesh
i esima :
sin intentrante istra entrantedestra generato ernocalore calore calore effetto utile
Questo si traduce in:
1 1 ''' i i i i i ip
T T T T T Tk S k S q s S c s S
s s
(3.16)
Questa equazione vale per tutte le mesh interne della lastra, ad eccezione della prima e
dell’ultima.
Per la prima mesh non vi sarà il termine di energia in entrata da sinistra:
'''1i i i i
p
T T T Tk S q s S c s S
s
Per l’ultima mesh cambia il termine dell’energia in entrata da destra:
1 '''1
2
i i i i ip
T T T T Tk S S q s S c s S
ss
k
T
h
Con queste relazioni è possibile studiare l’evoluzione del fenomeno tanto più
dettagliatamente quanto più ridotto è l’intervallo temporale di riferimento e lo spessore delle
sezioni.
I metodi di risoluzione di equazioni di tipo numerico sono molteplici. Utilizziamo adesso un
metodo semplice di tipo esplicito (non sempre applicabile). Esso si basa sulla risoluzione di
un insieme di relazioni numeriche, attraverso l'esplicitazione della variabile iT , che viene
posta in funzione di tutte le altre grandezze.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 70/175
Moltiplicando per e dividendo per pc s S l'equazione 3.12 ed esplicitandoiT
si
ottiene:
2
1 12
'''2 2,3, , 1 i i i i i
p
k q sT T T T T con i n
c s k
(3.17)
Questa equazione permette di capire se la temperatura della mesh i esima stia
crescendo, se stia diminuendo o stia rimanendo costante, a seconda dello sbilanciamento
fra calore in entrata, in uscita e quello generato internamente. La variazione di temperatura
della mesh i esima dipende dalla temperatura delle mesh adiacenti e sarà tanto più
grande quanto maggiore è l’intervallo di tempo considerato.
Per l’esempio trattato avremo un sistema di quattro equazioni, una per ogni singola sezione
o “mesh”:
2
1 1 2 12
'''
p
k q sT T T T
c s k
2
2 2 3 1 22
'''2
p
k q sT T T T T
c s k
2
3 3 4 2 32
'''2
p
k q sT T T T T
c s k
2
4 4 3 4 42
''' 1( )
0,5p
k q sT T T T T T
kc s k
s h
Le condizioni iniziali saranno i valori 1 2 3 4, , ,T T T T all'istante 0 . Per le successive
iterazioni si utilizzeranno i risultati ottenuti dall’iterazione precedente.
Generalmente si utilizzano programmi di calcolo per svolgere tali operazioni. Attraverso tali
programmi si riesce a suddividere l’elemento preso in esame in molte mesh, in modo tale da
ottenere risultati molto precisi. Anche l’intervallo temporale di integrazione sarà suddiviso in
piccoli intervalli.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 71/175
La logica da seguire per la compilazione di un programma di calcolo è la seguente:
Il metodo risolutivo numerico ha delle limitazioni, quali:
1. Vincoli nella scelta dei passi di integrazione spaziali e temporali.
2. Possibilità di propagazione degli errori.
Il problema della propagazione degli errori merita un approfondimento. Una relazione del
tipo 3.13 è affetta da errore di troncamento, dato che la temperatura in una sezione ad un
certo istante dipende: dalla temperatura all’istante precedente e da una serie di fattori che la
Leggi i valori delle temperature Ti iniziali
Leggi i valori delle costanti: ρ ,k ,cp , S ,s
Poni τ=0
τ = τ+Δτ
ki = ki(Ti) per ogni (i)
Leggi q'''(i,τ) ,h(τ) ,Tfluido(τ)
Calcola TiΔτ
per ogni sezione
Assumi Ti = TiΔτ
FINE
Stampa i risultati\chiudi il programma
NO
SI
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 72/175
correggono. Il troncamento è l'operazione che approssima la rappresentazione di un
numero, limitando il numero di cifre utilizzabili per tale rappresentazione. In un’operazione di
integrazione, nella quale sono richieste molte iterazioni, il troncamento delle cifre
significative può portare a risultati falsati.
Considerando, ad esempio, la relazione:
2
2 2 3 1 22
'''2
p
k q sT T T T T
c s k
Possiamo riscriverla nel seguente modo:
2 2 1 32 2
21 ( )
p p
k kT T B T T
c s c s
Dove B è un termine costante, indipendente dalla temperatura e uguale a:
'''
p
q
c
.
Effettuando un differenziale, che non è altro che uno strumento che permette di evidenziare
le variazioni delle grandezze ed identificando le grandezze soggette a variazione con la
lettera , otteniamo:
2 2
2 21 0
p p
k k
c s c s
Gli errori di troncamento che influenzano la 2T sono quelli applicati alle grandezze 2T e
1 3( )T T . La condizione che si deve imporre è che l’errore sulle grandezze non deve
divergere, cioè non deve crescere passando da un passo di integrazione al successivo: .
Da cui:
2 2
2 21
p p
k k
c s c s
(3.18)
La relazione 3.18 deve valere sempre, per cui:
2 2
2 21
p p
k k
c s c s
(3.19)
La relazione 3.19 è una condizione più restrittiva della 3.18. Per cui:
2 2
2 21 1
p p
k k
c s c s
Questa relazione vale solo se il termine2
2(1 )
p
k
c s
è positivo, per cui è necessario che:
2
2 2
2 21 0 1
2
p
p p
c sk k
c s c s k
(3.20)
Esiste un vincolo nella scelta del passo di integrazione (o dell’ampiezza della “mesh”).
Per capire questa condizione, supponiamo di considerare un transitorio su una lastra in
ferro, con i seguenti parametri:
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 73/175
3
40
7500
0,12
p
kcalk
mh C
kg
m
kcalc
kg C
Ipotizzando una suddivisione della lastra in sezioni da 0,003m cadauno ed applicando la
condizione 3.20 otteniamo:
27500 0,12 (0,003)0,00010125 0,36
2 40h secondi
Il risultato ottenuto indica che scegliendo un passo di integrazione temporale più grande di
0,36 s, gli errori di troncamento potrebbero portare ad una aumento progressivo dell’errore e
alla fine porterebbero ad un risultato non pertinente con la realtà.
E’ possibile estendere quanto appena trattato in ambito monodimensionale al caso
bidimensionale e tridimensionale.
Per un problema bidimensionale, schematizzato in , considerando con i l'indice di riga e con
j quello di colonna, l'equazione di bilancio sull'elemento ,i j sarà:
, ,i j i j pT T c x y z
, 1 , , 1 ,i j i j i j i j
k kT T T T x z
y y
'''
1, , 1, , ,i j i j i j i j i j
k kT T T T y z q x y z
x x
Nel caso tridimensionale l’equazione sarà formalmente più complicata, ma simile a quella
bidimensionale.
La verifica di convergenza deve essere effettuata sulla cella nella quale si riscontrano le
condizioni più critiche.
Se non si ha la possibilità di compiere la verifica come sopra indicato, si applica un metodo
empirico. Considerando, ad esempio, un transitorio termico in cui non sia chiaro se
l’intervallo temporale di integrazione porti ad una situazione di stabilità (convergenza) o ad
una di instabilità (divergenza), il metodo che viene applicato consiste nel fissare delle
condizioni al contorno di temperatura fortemente anomale, che sollecitino drasticamente il
sistema. Si applica un passo di integrazione iniziale e si procede con l’integrazione. Poi si
ripete la procedura utilizzando un passo di integrazione più grande, generalmente di un
fattore dieci. Via via che si aumenta il passo di integrazione, l’evoluzione del transitorio non
cambia sostanzialmente, ma oltre un certo passo di integrazione ci si accorge che i risultati
tendono a destabilizzarsi. Quando si ottiene il primo risultato (profilo di temperatura) diverso
dal caso precedente, il valore del passo di integrazione usato sarà troppo grande per
garantire stabilità alla soluzione del problema. Si utilizzerà, dunque, per i calcoli “veri”, la
verifica del problema da risolvere, il passo di integrazione precedente o, per maggiore
sicurezza, uno ancora minore (ad esempio pari ad un decimo).
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 74/175
Figura 2-22 Sistema bidimensionale
3.2.3 Equazione della conduzione in coordinate cilindriche
Esistono infiniti sistemi di terne di coordinate per identificare un punto nello spazio. Dal
punto di vista applicativo, sono tre i sistemi di riferimento maggiormente utilizzati: sistema di
riferimento cartesiano, cilindrico e sferico.
Le coordinate cilindriche costituiscono un sistema di coordinate particolarmente idoneo per
problemi nei quali esista una simmetria assiale (assialsimmetrici). Quest’ultima indica il
ripetersi delle stesse condizioni rispetto ad un asse di riferimento.
Per impostare le equazioni della conduzione in coordinate cilindriche bisogna per prima cosa
identificare un volume di controllo infinitesimo come in .
Figura 2-23 Volume di controllo in un sistema di riferimento cilindrico
Bisogna effettuare un bilancio energetico riferito al volume di controllo, per ricavare le
equazioni della conservazione della conduzione.
Il quantitativo di calore in entrata nella superficie ABCD sarà:
r
r
TdQ k r d dz d
r
(3.21)
Per l’ipotesi di continuità, avendo scelto il volume di controllo sufficientemente piccolo, il
quantitativo di calore che fuoriuscirà dalla faccia EFGH sarà:
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 75/175
r dr
r r
T TdQ k r d dz d k r dr d dz d
r r r
(3.22)
Il contributo sulla faccia AEDH indica la quantità di calore in ingresso nel volume di controllo
in corrispondenza alla posizione angolare .
s
TdQ k dr dz d
s
(3.23)
La temperatura è derivata rispetto alla direzione lineare di ingresso del calore, identificata
con s , che è una coordinata ortogonale alla faccia AEDH.
Poiché s r , la 3.23 diventerà:
1
T
dQ k dr dz dr
(3.24)
Il quantitativo di calore in uscita dalla faccia BFCG sarà:
2
1 1 d
T TdQ k dr dz d k r d dr dz d
r r
(3.25)
Il contributo lungo l'asse z sarà dato dal calore in entrata nella faccia CGDH:
z
z
TdQ k dr r d d
z
(3.26)
Il flusso uscente dalla faccia ABEF sarà:
z dz
z
T TdQ k dr r d d k dz r d dr d
z z z
(3.27)
Effettuiamo la somma algebrica delle equazioni; ipotizzando che la conducibilità k sia
indipendente dallo spazio, otteniamo:
TOT
T T TdQ k d dr dz d r r
r r r z z
(3.28)
Da cui:
2 2
2 2
1 TOT
T T TdQ k dr d dz d r r
r r r z
Il bilancio energetico del volumetto considerato può essere scritto:
'''( , , , )TOT pdQ q r z d dr r dz d c d dr r dz dT
Per ottenere una equazione istantanea e puntuale bisogna dividere per il tempo e per il
volume d dr r dz .
2 2 2
2 2 2 2
1 1 1 1 ''' p
T T T T Tk r q c
r r r r r z
Dividendo ambo i membri per k otteniamo:
2 2 2
2 2 2 2
1 1 1 '''1
pcT T T T q Tr
r r r r r z k k
(3.29)
Analizziamo i termini che compaiono a sinistra dell’equazione:
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 76/175
2
2
T
z
: rappresenta la variazione del flusso parallelamente all'asse z .
2
2 2
1 T
r
: rappresenta la variazione del flusso lungo una direzione
circonferenziale. Si utilizza una coordinata angolare che, con il termine 2
1
r risulta
concettualmente simile al termine
2
2
T
y
dell'equazione 3.5.
2
2
T
r
: questo termine è concettualmente simile al termine
2
2
T
x
dell'equazione 3.5.
1 T
r r
: questo termine è anomalo se confrontiamo l’equazione in coordinate
cilindriche rispetto all’analoga in coordinate cartesiane. Per capirne il significato,
consideriamo un cilindro cavo in condizioni stazionarie e in assenza di generazione
di calore interna. Ipotizziamo che non vi siano fenomeni diffusivi lungo z e lungo .
L’equazione differenziale si scrive:
2
2
10
T T
r r r
Supponiamo di avere un flusso termico ''q entrante nella faccia interna uguale al
''q in uscita dalla faccia esterna del cilindro. Se non ci fosse il termine1 T
r r
,
l’equazione si ridurrebbe a:
2
20
T
r
Per ipotesi, la differenza dei flussi entranti e uscenti dal cilindro è nulla, ma poiché le
superfici sono diverse, si avrà del calore entrante inferiore a quello uscente, il che
contrasta con l’ipotesi di stazionarietà. Se nella realtà si introduce un flusso termico
nel cilindro pari al flusso termico in uscita, la temperatura del cilindro diminuisce.
Questo accade perché non è importante, rispetto alla variazione di temperatura del
cilindro, il flusso termico, ma la potenza in entrata e in uscita. Infatti:
''2 entrataQ q rL
''2 ( ) LuscitaQ q r dr
E’ evidente che, a parità di ''q , il calore in uscita sarà maggiore del calore in
entrata, poiché procedendo dall’interno verso l’esterno del cilindro aumenta il raggio.
Da ciò si comprende che ogni qual volta ci si allontana dall’asse di riferimento si ha
una modifica della superficie di scambio termico. Se si vuole effettuare un bilancio
corretto, tale modifica implica la necessità di tener conto di un fenomeno correttivo
senza il quale si giungerebbe a degli assurdi. Tale fenomeno correttivo è espresso
dal termine 1 T
r r
: il suo significato fisico può essere spiegato considerando che,
nello studiare il possibile accumulo (positivo o negativo) di calore nel cilindro per
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 77/175
fenomeni diffusivi, vi è una sorta di effetto di “accumulo” dovuto all’esistenza di una
variazione di gradiente tra due diverse superfici (superficie interna del cilindro e
superficie esterna del cilindro).
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 78/175
3.2.4 Casi particolari di soluzioni analitiche in coordinate cilindriche
Come per l’equazione della conduzione in coordinate cartesiane, anche nel caso delle
coordinate cilindriche esistono solamente due casi in cui è possibile trovare una soluzione
analitica al problema della soluzione dell’equazione differenziale della conduzione.
Cilindro cavo in assenza di generazione interna di calore
Figura 2-24 Sezione cilindrica
Le ipotesi sono:
Stazionarietà
Nessuna generazione interna di calore
Conducibilità non variabile nello spazio
Indipendenza dalla coordinata z
Indipendenza dall'ascissa angolare
L’equazione differenziale si ridurrà quindi a:
2
2
10
dT d T
r dr d r (3.30)
Assumendo:
1 kdT
dr r (3.31)
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 79/175
Con 1k = costante, l’equazione 3.30 risulta essere soddisfatta, infatti:
2
1
2 2
kd T
dr r
Da cui:
1 1
2
10
k k
r r r
Integrando l’equazione 3.31 otteniamo:
1 2 ( ) ln T r k r k (3.32)
Imponiamo come condizioni al contorno le temperature sulle facce interna ed esterna del
cilindro:
1 1r r T T
2 2r r T T
Applicandole all’equazione 3.32, otteniamo:
1 1 1 2
2 1 2 2
ln
ln
T k r k
T k r k
Facendo la differenza fra le due, si ottiene:
11 2 1
2
lnr
T T kr
La costante 1k sarà:
1 2 2 11
1 2
2 1
ln ln
T T T Tk
r r
r r
La costante 2k sarà:
2 1 1 22 1 1 1 1 1 1 1
2 2
1 1
ln ln ln
ln ln
T T T Tk T k r T r T r
r r
r r
1 2 1 1 1 1 2 1 1 2 2 1 2 1 1 2
2 2 1
1 1 2
ln ln ln ln ln ln ln ln
ln ln ln
T r T r T r T r T r T r T r T r
r r r
r r r
L’andamento della temperatura in funzione del raggio sarà:
1 2 2 1 1 21
2 2
1 1
ln lnln
ln ln
T r T r T TT r r
r r
r r
Esprimiamo, adesso, la potenza scambiata fra il fluido interno al cilindro a temperatura 1T e
il fluido esterno al cilindro a temperatura 2T , come in . La potenza, che entra internamente è
uguale a quella che esce esternamente; la grandezza che varia è il flusso termico.
Possiamo scrivere che:
'' ''interno interna esterno esternoPotenza q S q S
Consideriamo la potenza riferita alla superficie esterna, che sarà:
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 80/175
2
2 1 2 1 22 2 2
1 22
2 1
2 ( ) 2 2 2
ln lnr
k T T k L T TT Lkq r L k r Lk r
r rr r r
r r
Questa espressione non dipende dalla variabile r . Cioè, una volta fissate le temperature, la
conducibilità ed i raggi, si ottiene un certo valore di potenza che sarà uguale qualunque sia
la distanza dall’asse. Quello che cambierà sarà il valore del flusso termico:
2
1 2
2 2
1
2 ( ) 1''
2 ln
esterno
r
k L T Tqq
rS r L
r
Il valore del flusso termico esterno sarà diverso dal valore del flusso termico interno che
risulta essere:
1
1 2
2 1
1
2 ( ) 1''
2 ln
interno
r
k L T Tqq
rS r L
r
Se, invece di avere come condizioni al contorno le temperature sulle facce abbiamo le
temperature di due fluidi, uno interno e l’altro esterno al condotto cilindrico (tubo), come di
fatto avviene nella stragrande maggioranza delle applicazioni, è possibile, ancora, risolvere il
problema della determinazione della temperatura tramite una soluzione analitica. In questo
caso, il problema può essere trattato con l’ausilio dell’analogia elettrica. Consideriamo una
sezione trasversale di un cilindro, nella quale la temperatura del fluido che lambisce
internamente il cilindro cavo sia iT , mentre quella del fluido che lo lambisce esternamente
sia eT . La temperatura della superficie interna è 1T , e quella della superficie esterna è 2T .
Generalmente, come detto, si hanno a disposizione solamente le temperature dei fluidi che
lambiscono il tubo. Per questo è necessario trovare un’espressione che esprima il
trasferimento di calore, attraverso le caratteristiche geometriche e di conducibilità del
cilindro, in funzione delle grandezze misurabili: le temperature dei fluidi.
Il flusso termico, come visto, non è uniforme, per cui avremo:
Flusso termico convettivo interno:
11
( ) '' ( )
1i
interno i i
i
T Tq h T T
h
(3.33)
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 81/175
Flusso termico convettivo esterno:
22
( ) '' ( )
1e
esterno e e
e
T Tq h T T
h
(3.34)
Figura 2-25 Sezione trasversale cilindro
La potenza trasferita, invece, è uniforme e risulta:
1
( ) '' 2
1i
interna interno interna i
i
T Tq q q S r L
h
2
( ) '' 2
1e
esterna esterno esterna e
e
T Tq q q S r L
h
La potenza trasmessa attraverso la parete del cilindro è:
1 22 ( ) conduzione
e
i
k L T Tq q
rln
r
In queste tre ultime relazioni sono note le temperature dei fluidi ma non le temperature alle
pareti. Scriviamo, quindi, le relazioni in modo da eliminare le temperature alle pareti:
1
1 1 ( )
2 interna i
i i
q T Th r L
2
1 1 ( )
2 esterna e
e e
q T Th r L
1 2
1 ( )
2
econduzione
i
rq ln T T
r k L
Effettuando la somma, si ottiene:
1 1 1 1 1
ln 2
i e
i i i e
e
e
rqT T
L k r h r h r
(3.35)
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 82/175
Tale equazione vale solo in condizioni stazionarie in cui: int est condq q q .
La relazione 3.35 collega le temperature alla potenza trasferita e alle caratteristiche
geometriche e di scambio termico. Nel caso di geometria cilindrica il q come potenza è
sempre uguale per qualunque sezione, mentre il ''q varia perché varia la superficie
attraverso la quale passa il flusso (variandone il raggio). Ciò che conta, a livello puntuale,
non è il valore della potenza, quanto quello del flusso termico, che possiamo inserire nella
relazione 3.35. Facendo riferimento alla superficie esterna del cilindro, avremo:
''2 e esternoq r L q
1 1
'' lne e ei e esterno
e i i i
r r rT T q
h k r h r
(3.36)
Questa è la relazione fondamentale utilizzata per legare la differenza di temperatura tra i
due fluidi al calore trasmesso attraverso il cilindro, correlandola alle caratteristiche
geometriche e fisiche (conducibilità; coefficienti di scambio termico).
I termini fra parentesi rappresentano le resistenza termiche.
1
eh: rappresenta la resistenza termica convettiva con il fluido esterno al cilindro
(permette anche di calcolare il salto termico tra parete e fluido).
lne e
i
r r
k r : rappresenta la resistenza termica di conduzione del cilindro (permette di
calcolare il salto termico attraverso le pareti del cilindro).
1 e
i i
r
h r : rappresenta la resistenza termica convettiva con il fluido interno al cilindro
(permette anche di calcolare il salto termico tra parete e fluido).
All’interno del cilindro si ha un ostacolo alla conduzione del calore, rappresentato dal termine
1
ih. Considerando che il int
II II
esterno ernoq q , poiché stiamo lavorando con il flusso termico
“esterno”, l’effetto reale della resistenza termica interna sarà tenuto in conto moltiplicando la
resistenza interna per un fattore / 1e ir r .
Se si fa riferimento, invece, alla superficie interna, si ha:
1 1
'' lni e ii e interno
i i e e
r r rT T q
h k r h r
(3.37)
In questo caso la resistenza esterna deve essere moltiplicata per un valore / 1i er r , dato
che la si moltiplica per un flusso maggiore, e si sarebbe commesso un errore nel confrontare
direttamente la resistenza esterna con un flusso termico interno, che è più alto di quello che
si verifica all’esterno.
La relazione che fornisce la potenza scambiata da apparecchiature termiche è la seguente:
P U S T (3.38)
L’equazione 3.38 mette in relazione la potenza scambiata dall’apparecchiatura con l’inverso
della resistenza termica U , con il T e con la superficie di scambio S .
Se si applica la relazione 3.38 ad un tubo, si dovrà specificare dove si calcola la S . Se
scegliamo la superficie esterna, sarà: eP U S T .
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 83/175
U rappresenta il coefficiente globale di scambio termico e corrisponde all’inverso della
resistenza termica complessiva che si oppone al trasferimento di calore (sarà calcolato con
riferimento alla superficie scelta, ad es., quella esterna).
1 1
1 1lne e e ei
sporcamento este
i
rno sporcamento interno
e i i i
Ur r
k r
r rRR R
h h r r
Cilindro con generazione interna di calore
Figura 2-26 Sezione cilindrica con generazione interna di calore
Le ipotesi alla base del problema da risolvere sono:
Stazionarietà
Generazione interna di calore uniforme
Conducibilità non variabile nello spazio
Indipendenza dalla coordinata z
Indipendenza dall’ascissa angolare
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 84/175
L’equazione differenziale in coordinate cilindriche sarà:
2
2
1 '''0
dT d T q
r dr dr k (3.39)
Per risolvere l’equazione poniamo:
dT
Gdr
Sostituendo nell’equazione 3.39, avremo:
1 '''dG q
Gr dr k
Moltiplicando i termini a destra ed a sinistra per r dr , avremo:
'''q
dr G r dG r drk
'''q
d r G r drk
Integrando, otteniamo:
2
1
'''
2
q rr G K
k
Da cui:
11'''
2
KdTq r
dr k r
Che, integrata, fornisce:
2
1 2
1 '''ln
4
qT r r k r k
k (3.40)
L’andamento della temperatura attraverso lo spessore del cilindro dipende da tre contributi:
1. 2k : contributo costante che dipende dalle condizioni al contorno imposte.
2. 1 lnk r : termine logaritmico, dipendente anch’esso delle condizioni al contorno
imposte.
3. 21 '''
4
qr
k : termine parabolico che dipenderà dalle caratteristiche geometriche e
di conducibilità del mezzo, nonché dalla generazione di calore.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 85/175
Possiamo rappresentare graficamente i tre contributi singolarmente:
Figura 2-27 Contributi all’andamento della temperatura nello spessore
Nel caso di cilindro pieno, il termine logaritmico non esiste, perché non è fisicamente
possibile, dato che l'espressione 1 lnk r , per 0r , cade in difetto. L’equazione 3.40
diventa:
2
2
1 '''
4
qT r r k
k (3.41)
Per determinare l’andamento della temperatura, in questo caso, bisogna solamente ricavare
il valore della costante 2k . Normalmente, come condizione al contorno, si assegna la
temperatura sulla parete del cilindro:
( ) Rr RT r T
Per cui:
2
2
1 '''
4R
qT r R T R k
k
Da cui:
2
2
1 '''
4R
qk T R
k
L’equazione 3.41 può essere riscritta come:
2 21 '''( )
4R
qT r R r T
k (3.42)
Questa relazione approssima il profilo di temperatura in un cavo elettrico percorso da
corrente o in una barretta di combustibile nucleare in cui possa assumersi '''q costante e
uniforme.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 86/175
L’evaporazione è invece un fenomeno fisico di passaggio di stato dalla fase liquida alla fase vapore che, a differenza dell’ebollizione, avviene sull’interfaccia liquido-vapore. L’evaporazione è normalmente un processo lento. La vaporizzazione è un fenomeno fisico di passaggio di stato dalla fase liquida alla fase vapore. Si tratta del termine che individua il passaggio di stato nelle condizioni più generali (si parla anche di vaporizzazione, ad esempio, con riferimento al processo di passaggio di stato conseguente alla nebulizzazione di un liquido in un gas che non sia saturo della sostanza nebulizzata). Si supponga di avere un contenitore chiuso contenente una sostanza pura (ad esempio acqua), presente sia in fase liquida che aeriforme, in condizioni di equilibrio termodinamico. In presenza di gravità, il liquido occuperà la parte inferiore e il vapore la parte superiore. Si ipotizzi la temperatura del fluido pari a 35°C (valore corrispondente al valore medio di agitazione delle diverse molecole di cui il fluido si compone, sia per la fase liquida che per quella vapore) Essendo la fase gassosa costituita solo da acqua, la pressione presente nella fase gassosa èpari alla pressione di saturazione corrispondente alla temperatura di 35°C e ricavabile dalle tabelle dell’acqua. Se oltre al vapore fossero presenti altri gas, ad esempio aria (che è costituita da una miscela di gas), la pressione sarebbe pari alla somma delle pressioni parziali dei singoli gas oltre al
vapor d’aqua ( ip ) e della pressione parziale del contributo del vapor d’acqua
( ).
2_i contributo H Op p p
Si ha saturazione del vapore nell’aria se la pressione parziale del vapor d’acqua eguaglia la pressione di saturazione a 35°C. Si definisce umidità relativa dell’aria il rapporto tra la pressione parziale del vapor d’acqua e la pressione di saturazione a 35 °C:
2 . .H O
sat
pu r
p
Le molecole di acqua in fase liquida presentano un’energia di agitazione variabile su uno spettro ampio; le molecole di vapore hanno la stessa caratteristica, presentando tuttavia valori di energia superiori a quelli della fase liquida. Nel liquido, in equilibrio col suo vapore, il trasferimento di massa all’interfaccia può essere rappresentato come un sistema in equilibrio dinamico in cui il numero di molecole che in un certo intervallo temporale abbandonano la superficie del liquido verso lo spazio occupato dal vapore eguaglia il numero delle molecole di vapore che attraversano l’interfaccia verso il liquido. Nel caso in cui si abbia un flusso netto di molecole di liquido che tendono a diventare vapore, si ha il fenomeno dell’evaporazione. La condizione per cui si ottiene il fenomeno di evaporazione è che la pressione del vapore al di sopra dell’interfaccia con il liquido sia più bassa rispetto a quella di saturazione; nel caso in cui la pressione del vapore eguagli quella di saturazione, il numero di molecole di liquido che passano in fase vapore eguaglia il numero di molecole di vapore che ritorna in fase liquida. L’ebollizione è un fenomeno diverso da quello sopra descritto:in questo caso, si ha passaggio di stato liquido-vapore in seno al liquido stesso: tale fenomeno si manifesta attraverso la generazione di bolle in seno al liquido. Tra i meccanismi di trasferimento del calore, l’ebollizione è certamente uno dei più diffusi nelle applicazioni industriali, sia per via sia delle molteplici applicazioni del vapore, sia
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 87/175
dell’elevata efficienza del meccanismo di trasferimento di calore per ebollizione (che induce ad utilizzare questo fenomeno nei casi in cui si voglia asportare calore da un altro fluido in maniera molto efficiente). Dopo l’acqua allo stato liquido, il vapore è il secondo fluido utilizzato in campo industriale. Numerose sono le applicazioni del vapore: sterilizzazione, produzione di energia elettrica, climatizzazione, cottura di cibi, impiego diretto in numerosissimi processi chimici, etc. Come vedremo, esistono diverse modalità con cui può avvenire la ebollizione; esistono situazioni in cui si ha una transizione tra una modalità di ebollizione ed un’altra, con cambiamento rapido dei coefficienti di scambio termico e delle temperature. Fino a tempi relativamente recenti, molti aspetti della ebollizione non erano stati ben individuati, per cui la scelta e la progettazione di apparecchiature finalizzate alla ebollizione era soggetta a vincoli ed a limitazioni, con l’uso ricorrente a regole “empiriche” per evitare situazioni di rischio di danneggiamento per le apparecchiature stesse. Trattando la ebollizione, si deve fare una distinzione importante tra la situazione di “ebollizione a pozza” (o “pool boiling”: in questo caso, il liquido al cui interno viene prodotto il vapore si può ipotizzare “stagnante”) e la situazione di “ebollizione in deflusso” (o “flow boiling”: in questo caso, la generazione di vapore avviene all’interno di un liquido in deflusso forzato). POOL BOILING RIVEDERE PARAGRAFATURA
3.2.5 Esperienza di Nukiyama a flusso termico imposto
Il fenomeno dell’ebollizione ha ricevuto una interpretazionecompleta (limitatamente alla
situazione di “pool boiling” che, pur complessa, è la più semplice da trattare) a seguito delle
esperienze di Nukiyama, che hanno permesso di mettere in evidenza una serie di aspetti
che caratterizzano questo complesso fenomeno.
Nukiyama immerse in un recipiente pieno d’acqua stagnante (i risultati da lui ottenuti sono,
almeno sotto il profilo qualitativo, applicabili anche ad altre sostanze), mantenuta ad una
certa temperatura (i fenomeni di seguito descritti valgonosia per fluido sottoraffreddato che
in condizioni di saturazione) ed alla pressione atmosferica, una piattina di platino, disposta
orizzontalmente, che veniva percorsa da una corrente elettrica di intensità regolabile. In tal
modo poteva far variare la potenza dissipata per effetto Joule nella piattina e, quindi, la
potenza termica ceduta da questa all’acqua (variazione del flusso termico, imposto).
CORREGGERE
Figura 2-28 Esperienza di Nukiyama a flusso termico imposto
CA
liquido
vapore
Twallq’’
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 88/175
Applicando una differenza di potenziale V ai capi della piattina e misurando la corrente I
che scorre in essa, è possibile calcolare la potenza dissipata e quindi il flusso termico imposto (nella formula si assume che il riscaldatore sia di forma cilindrica):
2 ''P Vl Rl q D l (3.43)
Variando la tensione, varia la corrente, varia la potenza e di conseguenza il ''q .
I risultati di tale esperimento sono mostrati dal diagramma bilogaritmico nella figura
seguente.
Figura 2-29 Curva di Nukiyama
Sulle ordinate è riportato il logaritmo del flusso termico (potenza per unità di superficie) q’’ e
sulle ascisse il logaritmo della differenza tra la temperatura di parete e la temperatura di
saturazione (si sottolinea che la ebollizione dipende dalla temperatura della superficie
scldante e dalla temperatura di saturazione corrispondete alla pressione del fluido, non dalla
temperatura del fluido stesso).
A governare il fenomeno di ebollizione non è, quindi la temperatura dell’acqua, ma la
differenza tra la temperatura della parete scaldante e la temperatura di saturazione
dell’acqua corrispondente alla pressione che regna nel sistema .
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 89/175
Esiste, quindi, un legame tra il flusso termico ed il livello di surriscaldamento della parete
scaldante rispetto alla temperatura di saturazione, alla pressione considerata. Le esperienze
di Nukiyama portano agli stessi risultati sia con acqua fredda che con acqua calda, se non
viene variata la pressione.
Si consideri un recipiente d’acqua sottoposto ad un flusso termico imposto sul fondo
(situazione che si verifica in una pentola su un bruciatore). Prima che la temperatura del
fluido raggiunga 100°C, sul fondo si genera una o più bolle di vapore. Dal punto di vista
macroscopico, le bolle appaiono“ferme”, ma in realtà si ha un flusso continuo di liquido che
entra nella bolla diventando vapore che, successivamente, essendo la bolla a contatto con
del fluido sottoraffreddato, ricondensa sull’interfaccia superiore tra la bolla ed il liquido. In
questo caso, la bolla può, quidi, essere considerata come una “via di transito”. Quando il
fluido raggiunge i 100°C, tutto il vapore che si genera non ricondensa al contatto col liquido
in quanto esso si trova alla temperatura di saturazione. In tal caso, la bolla non è più una via
di transito, per cui il vapore che la alimenta non ricondensa ma ne fa aumentare il volume,
fino a che questa si stacca dal fondo e può risalire nel liquido saturo, per le forze di
galleggiamento, verso la superficie di interfaccia liquido-aeriforme.
Finché la temperatura del metallo è al di sotto dei 100°C, esso non è in grado di produrre
vapore. Dal momento in cui compare la prima bolla (stabile sul fondo scaldante), una parte
del fondo del recipiente ha certamente superato i 100°C e si nota un fenomeno di ebollizione
anche se la massa di liquido è ancora sottoraffreddata.
Esaminiamo ora, nel dettaglio il diagramma di figura 2: esso può essere suddiviso in varie
zone di seguito descritteRIVEDERE:
1. convezione naturale monofase:
partendo da flusso termico nullo e aumentando il flusso termico imposto, aumenta anche la
temperatura della parete Twall e di conseguenza la differenza di temperatura (Twall-Tsat). In
questa situazione non vengono generate bolle, quindi la parete scambia calore con il fluido
per convezione naturale. A causa dell’incremento della Twall, aumenta anche il coefficiente di
scambio termico in quanto aumenta la turbolenza del fluido.
punto A, di incipiente ebollizione: le prime bolle si formano sulla
superficie scaldante; se il liquido è saturo, queste si staccano e salgono
verso la superficie libera; diversamente, non si staccano.
2. ebollizione nucleata :
superato il punto A della figura 2 (punto di incipiente ebollizione), a parità di incremento del
flusso termico imposto, l’incremento della Twall è più basso, il che significa che la curva
cambia pendenza. In questa situazione il coefficiente di scambio termico è, evidentemente,
più elevato rispetto alla situazione precedente. Si osserva la formazione di bolle, che si
creano su punti preferenziali, detti centri di nucleazione. Se il liquido è saturo, le bolle
nascono, crescono e si distaccano con continuità formando colonne di bolle che salgono
verso l’alto. Se il liquido, invece, è sottoraffreddato, le bolle rimangono attaccate alla parete
o, eventualmente, si staccano ma poiimplodono. Questo fenomeno di formazione di bolle
garantisce coefficienti di scambio altissimi e prende il nome ebollizione nucleata (nucleate
boiling). Essendo l’ebollizione nucleata un meccanismo di scambio termico a cui sono
associati coefficienti di scambio termico h estremamente elevati, se la si può utilizzare, a
parità di potenza scambiata è possibile lavorare con superfici di ascmbio termico minori,
quindi si avranno apparecchiature più compatte, riducendo il costo dell’impianto.
superato il punto B, aumentando il flusso termico, le varie bolle possono
toccarsi e coalescere. La coalescenza, ancora, non si ha tra centri di
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 90/175
nucleazione vicini, ma si ha tra bolle di una stessa colonna; cosicché,
l’aspetto dell’ebollizione assume quello di getti colonnari continui di vapore
in seno al liquido che ancora bagna la superficie della parete. Tale
situazione si conserva fino al punto C della figura 2 .
punto C, di flusso termico massimo: la intensità di generazione di vapore
diventa così alta da ostacolare il flusso di liquido verso la parete per
reintegrare il liquido che è “sparito” essendosi trasformato in vapore. Il flusso
termico è molto elevato, la produzione di vapore molto intensa e, anche per
possibili fenomeni di instabilità delle colonne di vapore, colonne di vapore
adiacenti possono unirsi, impedendo il flusso di liquido verso la parete
scaldante che verrà interamente ricoperta da un film di vapore.
3. crisi termica e film boiling: nel punto C,a causa della creazione del film di vapore
intorno all’elemento scaldante, essendo il flusso termico imposto, si ha un brusco
salto di temperatura; tale transizione è detta “crisi termica”. Se il materiale
costituente la parete ha una temperatura di fusione minore di quella relativa al punto
E, il metallo fonde(9): per questo il flusso critico viene chiamato di Burn-out.
L’utilizzo di materiali con alte temperature di fusione ha permesso di verificare che la
temperatura di parete raggiunge improvvisamente dei valori molto elevati
nonostante il flusso termico imposto sia variato di poco rispetto alla precedente
situazione di ebollizione nucleata. Se il materiale dell’elemento scaldante resiste alle
alte temperature raggiunte quando si è formato il “cuscino” di vapore, non si ha
danneggiamento dell’elemento scaldante. In queste condizioni si può osservare che
la superficie è circondata da una guaina continua ed ininterrotta di vapore,
attraverso la quale il calore si trasmette prevalentemente per convezione ed
irraggiamento. Date le cattive caratteristiche di scambio termico delle fasi aeriformi,
tale guaina funge come isolante termico rispetto alla superficie solida; ciò spiega la
forte differenza di temperatura. Dopo che si è verificata la crisi termica,
l’evaporazione avviene all’interfaccia tra il liquido e il cuscino di vapore surriscaldato:
il vapore formato all’interfaccia tra cuscino di vapore e liquido dà origine a grosse
bolle che salgono verso l’alto. Questo tipo di ebollizione è indicata come ebollizione
a film (film boiling). Incrementando ulteriormente il flusso termico, la temperatura di
parete aumenta, ma più velocemente rispetto alla zona di ebollizione nucleata (il
coefficiente di scambio termico nel caso di film boiling, infatti, è più basso), fino a
giungere a distruzione dell’elemento scaldante.
Se ci si ferma prima con l’incremento del flusso termico imposto, non si raggiunge la
fusione del materiale; se, a partire da questo punto, si fa ridiminuire il flusso termico
imposto, si osserva che la curva che rappresenta il legame tra q’’ e (Twall - Tsat)
ripercorre lo stesso andamento registrato nella fase di incremento del flusso termico.
4. raggiunto il punto E, però, il sistema non torna alle condizioni di ebollizione nucleata;
facendo decrescere il flusso termico imposto, l’elemento scaldante tende a
raffreddarsi, ma lentamente, perchè permane il meccanismo di film boiling. Ciò vale
fino a che, al di sotto di un determinato flusso termico e di una determinata
temperatura (di Leidenfrost), finalmente il liquido torna a ribagnare la superficie
scaldante, facendo aumentare improvvisamente il coefficiente di scambio termico.
9 Nelle prime esperienzeNukiyama fu costretto ad interrompere l’esperimento a causa del
danneggiamento del riscaldatore. Fu necessario quindi ripetere l’esperimento utilizzando
materiali resistenti ad alte temperature (ad esempio Tungsteno)
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 91/175
Nella curva di Nukiyama il punto che corrisponde alla temperatura di Leidenfrost
prende il nome di secondo punto critico (punto D).
Per riottenere il bagnamento della superficie è necessario, quindi, scendere a flussi termici
imposti più bassi rispetto al flusso termico che era stato necessario per la transizione
dall’ebollizione nucleata al film boiling. Infatti,in fase di diminuzione del flusso termico
imposto dopo che si era verificata la crisi termica, superficie scaldante, ad alta temperatura e
ricoperta da vapore, mantiene le condizioni per un coefficiente di scambio termico molto
basso.
AGGIUNGERE CONSIDERAZIONI SULLA T LEIDENFROST
3.2.6 Esperienza di Nukiyama a temperatura imposta (cioè (Twall – Tsat) imposto)
E’ possibile effettuare lo studio del legame tra flusso termico e temperatura di parete
(o,meglio, differenza di temperatura tra il valore sulla parete e la temperatura di
saturazione), invece che lavorando a flusso termico imposto, lavorando a temperatura di
parete imposta.
Si consideri un tubo immerso in acqua (o altro fluido), ma percorso all’interno da un olio
diatermico ad elevata temperatura. Questa temperatura sia regolabile, in modo da far
variare la Twall (imposta) come voluto. La temperatura di parete è, infatti ed ovviamente,
funzione della temperatura dell’olio al suo interno. Per variare la temperatura di parete si
varia la temperatura del fluido, si lascia andare il sistema all’equilibrio e si misura la
temperatura di parete tramite delle termocoppie. Per conoscere il flusso termico scambiato
con il liquido, conoscendo la temperatura di ingresso e di uscita dell’olio nel tubo, si effettua
un bilancio di potenza e si ricava il valore del flusso termico.
L’analisi sperimentale, condotta seguendo questo metodo, dimostra che partendo da
temperature molto basse di (Twall - Tsat), si ottengono dei flussi tali per cui i punti
rappresentativi giacciono esattamente nei punti della curva ricavata precedentemente a
flusso termico imposto.
Imponendo la temperatura di parete, è possibile evidenziare, però, delle situazioni che nella
precedente esperienza era impossibile realizzare. Superata, infatti, una certa temperatura
imposta di parete, corrispondente al primo punto critico, non si verifica nessun fenomeno
improvviso ed irreversibile (d’altra parte, è la temperatura, questa volta, ad essere
controllata). Facendo aumentare la temperatura di parete, si ha una ridiminuzione del flusso
termico misurato. In questa zona, si ha una ebollizione “mista”, di tipo periodico, in cui
situazioni di ebollizione nucleata si alternano a situazioni di film boiling, Tale zona può
essere “percorsa” solo disponendo di un’apparecchiatura nella quale sia possibile fissare,
indipendentemente dai fenomeni di scambio, la temperatura della parete. In questa zona si
forma, periodicamente, un cuscino di vapore quando il liquido bagna la parete e si ha un
elevato flusso termico. Ma il cuscino di vapore fa diminuire il flusso termico; di conseguenza
diminuisce la produzione di vapore, il cuscino si assottiglia, fino a ribagna mento della
parete. Il cuscino di vapore, ora, è instabile e si rompe e si riforma continuamente
spostandosi sulla superficie, che non ne è ricoperta in modo continuo. Il tratto C-D ha
pendenza negativa, cioè se la differenza di temperatura (Twall -Tsat) aumenta, decresce il
flusso termico, perché la temperatura di parete è così alta che dà origine sempre più spesso
ai cuscini di vapore. Questa zona è tale per cui in certi momenti si avranno dei flussi termici
elevati e in altri momenti dei flussi termici bassi. L’alternanza di questi due fenomeni è
puramente statistica, ma al crescere della Twall, l’andamento medio di queste oscillazioni
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 92/175
tende a far diminuire il q’’. Quindi, più la temperatura aumenta, più è lungo il periodo in cui il
tubo non viene ribagnato dal liquido, fino al raggiungimento del punto di Leidenfrost.
Aumentando ancora (Twall -Tsat), si ricalcano esattamente gli stessi punti ottenuti con
l’esperienza a flusso imposto (film boiling) (ma solo nella parte dell’esperienza con
decrescente).
Successivamente, diminuendo la differenza di temperatura (Twall -Tsat), si ritrovano
esattamente gli stessi punti ricavati nella fase di (Twall-Tsat )crescente.
3.2.7 Nucleazione, crescita e distacco delle bolle
Ciò che contraddistingue e caratterizza l’ebollizione ed è responsabile degli alti valori dei
flussi termici e dei coefficienti di scambio che in sua presenza si riscontrano, è la produzione
di bolle. È fondamentale, quindi, studiare quali sono le condizioni nelle quali si può avere la
formazione delle bolle (si parla di nascita, crescita e distacco delle bolle, fenomeni che non
necessariamente si verificano tutti).
Si consideri un recipiente d’acqua allo stato liquido e ad elevata pressione, ad una certa
temperatura, che per ipotesi rimane costante durante l’operazione descritta. Si immagini di
decomprimere il liquido in un tempo “infinitamente” lungo. Inizialmente il sistema si porta in
zona di saturazione, ma se si continua a decomprimere e la temperatura viene mantenuta
costante, il fluido contenuto nel recipiente diventa vapore surriscaldato. Nella realtà
operazioni di questo tipo non possono avvenire in tempi infiniti, ma avvengono in un tempo
finito. In queste condizioni, durante la depressurizzazione si passa per una zona
metastabile, nella quale il fluido è ancora liquido nonostante sia uscito fuori dalla campana di
saturazione (curva di Andrews). All’improvviso ad un certo valore della pressione, si avrà
una repentina vaporizzazione e si vengono, così, a creare delle bolle. Perché una bolla
possa nascere, quindi, è necessario che si crei un disequilibrio termodinamico all’interno del
fluido.
Analogamente, partendo da vapore surriscaldato e comprimendolo a T = cost, si avrà la
formazione di liquido solo a ( )satp p T .
INSERIRE LA FIGURA E COMMENTARE
Consideriamo, ora, un recipiente contenente un liquido in equilibrio con il suo vapore che lo
sovrasta. Sono due fasi della stessa sostanza e valgono le condizioni di equilibrio:
pl = pv
Tl = Tv = Tsat
Quueste relazioni valgononel caso diun’interfaccia liquido-vapore piana.
Invece, per ottenere una bolla all’interno di un liquido, la temperatura del liquido, uguale a
quella del vapore, dovrà essere superiore alla temperatura di saturazione corrispondente
alla pressione del liquido. E quindi, bisogna che si verifichino queste condizioni:
pv> pl
Tl = Tv> Tsat(pl)
Per calcolare di quanto deve essere superiore la pressione del vapore rispetto alla pressione
del liquido, perché la bolla esista, bisogna eseguire un bilancio di forze.
Si supponga di avere una bolla di forma sferica di raggio r (Figura 3-19).
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 93/175
Figura 2-30: Parte superiore di una bolla sferica di raggio r
La bolla è soggetta alle seguenti forze:
forza di schiacciamento (2
lr P ): esercitata dal liquido che, pressurizzato, tende a
far implodere la bolla (attenzione: la pressione esercita una forza di compressione
su tutta la superficie della bolla; con riferimento ad un’area dA, la forza p x dAsarà
diretta ortogonalmente alla parte di superficie relativa all’area considerata. La forza
di schiacciamento si ottiene proiettando la sommatoria dei vettori p x dA sulla
direzione ortogonale alla superficie che taglia a metà la bolla sferica AGGIUNGERE
L’INTEGRALE)
forza di schiacciamento dovuta alla tensione superficiale (2 r ): nasce
dall’interfaccia liquido-vapore, tende a minimizzare la sua superficie e tende a far
implodere la bolla;
forza di “esplosione” che deriva dalla pressione interna del vapore della bolla, che
tende a farla “esplodere” (2
vr P ) (per la sua determinazione valgono le stesse
considerazioni effettuate per l’effetto della pressione esterna).
Sommando i vari contributi:
2 22l vr P r r P
2
v l(P P ) πr 2πr σ
Dividendo per r CORREGGERE, si ottiene:
v l
2σp p
r (3.44)
La condizione di esistenza di una bolla è, quindi, v l
2σ(p p )
r .
La nascita delle bolle avviene nelle cavità che sono caratteristiche del materiale che
costituisce la superficie scaldante. Qualsiasi materiale considerato, pur sembrando liscio dal
punto di vista macroscopico, presenta, a livello microscopico,delle rugosità, le quali, in
corrispondenza a cavità di forma opportuna,creano le condizioni per la formazione di“germi”
di nucleazione.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 94/175
Figura 2-31: nascita della bolla
Si consideri un recipiente contenente un liquido al quale si possa fornire calore dal basso. Si
avrà la massima temperatura sul fondo, ed è da lì che nasceranno le bolle. Inizialmente
ipotizziamo di non fornire calore.Supponiamo che il liquido sia acqua, alla temperatura
(media) di 100°C. Statisticamente, le molecole d’acqua avranno dei livelli di agitazione
termica differenti. Quindi, esisteranno molecole “poco” energetiche,ma anche molecole
molto energetiche. Queste ultime andranno ad accumularsi nelle cavità presenti sulla parete
di contenimento e, quindi, sulla parete del fondo: infatti è all’interno di esse che si trovano le
condizioni che favoriscono la nascita delle bolle. All’interno della cavità, l’interfaccia liquido-
vapore è piatta. Quindi dato che:
v l
2σp p
r
nella cavità r tende ad infinito e questo valore annulla il secondo termine della disequazione.
Nelle cavità è sufficiente un pressione del vapore minore (pari a quella del liquido) perché ci
sia presenza di vapore. Fornendo calore dall’esterno al fondo del recipiente, si facilita la
creazione, sul fondo, di molecole a più alta energia, quindi aumenta l’accumulo di vapore
nella cavità fino al raggiungimento, da parte del vapore, della sommità della cavità (Figura 3-
20). Da questo momento in poi, l’aumento dell’accumulo di vapore implica una modifica
dell’interfaccia, che tenderà a curvarsi con un raggio di curvatura finito. Ij questa situazione,
ci sarà del vapore a pressione via via crescente rispetto al liquido. Se la temperatura della
parete rimane inferiore ad un certo valore, la bolla non riesce a crescere oltre un certo limite
e non ci saranno altre molecole che si aggiungeranno alla fase gassosa. Se la temperatura
della parete ha raggiunto un livello di surriscaldamento sufficiente, il fluido che lo lambisce si
porta anch’esso ad un livello di surriscaldamento tale da consentire la crescita della bolla,
fino a superare il raggio corrispondente all’apertura della cavità (raggio minimo). Se la
temperatura della parete lo permette, altre molecole di vapore si aggiungeranno alla bolla,
che aumenterà di volume (e, quindi, riaumenterà il suo raggio). In questa condizione la
pressione interna del vapore vince l’effetto di schiacciamento della tensione superficiale, che
corrisponde all’effetto di schiacciamento massimo, e la bolla continua a crescere fino a che
le forze di galleggiamento saranno tali da strapparla dalla parete e farla salire verso la
superficie (il distacco avverrà solo se òa zona liquida in cui è cresciuta la bolla si trova al di
sopra della temperatura di saturazione; diversamente, la bolla non si staccherà e
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 95/175
raggiungerà una situazione di equilibrio: il vapore aggiuntivo che la alimenterà dal basso
ricondenserà sulla superficie superiore a contatto con liquido sotto raffreddato).
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 96/175
Per ricondurre la relazione di disequilibrio in termini termici, si utilizza l’equazione di
Clapeyron:
fg
fg sat
h dp
v T dT
(3.45)
pertanto:
fg sat
fg
v TdT dp
h
fg sat
v sat v l
fg
v TT T p p
h
dove fgv è la differenza dei volumi specifici della fase vapore e della fase liquida, fgh è il
calore latente di vaporizzazione, satT la temperatura di saturazione.
Questa relazione indica quanto il vapore deve essere surriscaldato perché ci sia una
differenza di pressione (pv – pl). Facendo riferimento alla condizione di esistenza della bolla,
la differenza di temperatura (grado di surriscaldamento rispetto alla saturazione) necessaria
per la esistenza della bolla è pari a:
fg sat
v sat l sat
fg
v T 2σT T T T
h r
Spesso all’interno del liquido sono presenti anche dei gas disciolti, che favoriscono la
formazione delle bolle, e la relazione di equilibrio che tiene in conto la presenza dei gas
disciolti è :
v l g
2σp p p
r
dove pg è la pressione dei gas disciolti. In questo caso la differenza di temperatura
necessaria a far esistere la bolla di raggio r è pari a:
fg sat
v sat
fg
v T 2σT T p
h rg
Come si può notare, la presenza dei gas disciolti (che si riscontra sempre nei casi reali)
favorisce la formazione della bolla poiché riduce il ΔT necessario.
Il raggio di una bolla all’equilibrio, in funzione di un surriscaldamento ΔTsat , è pari a:
*
2
sat fg
fg sat
T vr
h T
(3.46)
Nel fenomeno dell’ebollizione, ci sono due fasi concettualmente separate:
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 97/175
1. il tempo che deve trascorrere prima che si creino le condizioni perché si verifichi la
nascita della bolla (f); 2. il tempo legato alla crescita fisica della bolla fino a quando essa si stacca dalla
parete scaldante (c).
L’intervallo di tempo che intercorre tra la nascita di una bolla e quella successiva sarà
pertanto pari a:
= f +c
Quando la bolla si stacca dalla parete, trascina anche una porzione di strato limite di liquido,
che è più caldo rispetto al resto della massa liquida. La superficie scaldante viene
raffreddata dal liquido che sostituisce la porzione di strato limite che è stata trascinata via.
Successivamente, ci vorrà del tempo affinché si ricreino le condizioni necessarie perché si
riformi una nuova bolla. Inoltre, i gas disciolti, che favoriscono la formazione delle bolle,
impiegheranno anch’essi del tempo prima di diffondere nel liquido e raggiungere la cavità.
I punti di nucleazione dipendono dal tipo di lavorazione della superficie scaldante. Se essa è
molto rugosa, sono presenti numerosi punti di nucleazione e lo scambio di calore è più
efficiente rispetto al caso di una superficie liscia. La bolla non aderisce completamente al
fondo, ma ciò che la alimenta e che le permette di crescere è il liquido che raggiunge la zona
della cavità.
Lo scambio termico per ebollizione è molto efficiente per due ragioni:
a) Il liquido che entra nella cavità assorbe calore e si riscalda fino alla temperatura di
saturazione, successivamente cambia di stato e quindi il suo contenuto energetico
corrisponde alla somma di calore latente di vaporizzazione e di calore sensibile.
Quando la bolla si stacca dalla superficie scaldante, porta questo contenuto
energetico in seno al liquido.
b) La bolla, staccandosi, porta con sé una porzione di strato limite che è più caldo
rispetto al resto della massa liquida.
Per l’ebollizione non si può definire un coefficiente di scambio termico “locale”, ma un
coefficiente di scambio macroscopico, che terrà conto della presenza di siti di nucleazione.
Raggiunta la completa nucleazione, il numero di siti di nucleazione sarà, in generale,
indipendentemente dal valore del flusso termico (fintanto che il fenomeno sia di ebollizione
nucleata): all’aumentare del flusso termico imposto aumenterà il rateo di formazione delle
bolle dai siti “attivi”.
3.2.8 Crisi termica
La crisi termica è un fenomeno non desiderato, nel quale l’efficiente meccanismo di
scambio termico per ebollizione nucleata viene improvvisamente meno, in quanto il
refrigerante non è più in grado di smaltire il flusso termico generato dalla superficie
scaldante.
Nel caso dell’ ebollizione nucleata, abbiamo visto che lo scambio termico viene assicurato
dal fatto che la superficie scaldante viene continuamente ribagnata dal liquido dopo che una
bolla si è staccata da essa.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 98/175
Le bolle si formano nelle cavità di nucleazione e crescono finché si staccano e salgono
attraverso il liquido. Se il flusso termico di parete aumenta, la frequenza di generazione di
bolle aumenta: le bolle si avvicinano sempre di più fino a toccarsi e coalescere formando
colonne di vapore ( crescerà inizialmente anche la densità superficiale di cavità attive, per
poi stabilizzarsi).
Questi getti di vapore in ascesa si muovono in controcorrente rispetto al liquido che
discende, il quale, toccando la parete scaldante, vaporizza nei siti di nucleazione.
L’interfaccia tra le due correnti (liquido in contro flusso con il vapore) è ondulata e le onde
aumentano in ampiezza con il flusso termico finché si “rompe” l’interfaccia tra le fasi (criterio
di instabilità di Helmholtz). Il liquido non può più raggiungere la parete scaldante e avviene la
crisi termica. In tali circostanze il liquido rimane “bloccato” ed il vapore arriva ad avvolgere
tutta la superficie scaldante. Dato che i coefficienti di scambio per convezione con il vapore
sono piuttosto bassi, la formazione del cuscino di vapore farà aumentare la resistenza al
trasferimento di calore. La superficie scaldante non sarà opportunamente refrigerata ed,
avendosi un flusso termico imposto, potrà raggiungere delle temperature molto elevate che
possono far fondere il materiale. Se, invece, lo scambio termico avviene a temperatura
imposta e la temperatura della parete scaldante è inferiore a quella di Leidenfrost, nel
momento in cui la bolla lascia la superficie, questa viene sempre ribagnata dal liquido,
assicurando lo scambio termico. Lo scambio termico tra parete e liquido, quando si è creato
il cuscino di vaore intorno all’elemento scaldante, avveine per ebollizione a film (“film
boiling”).
Quindi la crisi termica di Burn-out avviene quando il flusso termico raggiunge dei valori così
elevati che la parete si ricopre di uno strato di vapore, interrompendo il contatto con il
refrigerante allo stato liquido.
SPOSTARE LA CRISI TERMICA PER DRY OUT
La crisi di Dry-out (di cui parleremo parlando di “flow boiling”) è un tipo di crisi termica
diversa ed avviene quando il refrigerante a contatto con la parete è solo vapore non perché
sia stato raggiunto un flusso termico eccessivo, ma in quanto sono stati raggiunti titoli così
alti da far scomparire il liquido a contatto con la parete. Allora, la parete si asciuga
improvvisamente, raggiungendo temperature molto elevate, ma non così elevate come
quelle raggiunte nel Burn-out, perché la presenza di fiotti liquidi che ribagnano la parete
portano a moderare le temperature. Il raggiungimento del punto di Dry-out porta ad un
incremento della temperatura della parete, che è caratterizzato da forti oscillazioni a causa
della formazione di fiotti liquidi casuali che bagnano la parete. Lo scambio termico in
condizione di post Dry-out è il cosiddetto: “liquid deficient region heat transfer”. Esso è
sostanzialmente una convezione forzata fra parete e vapore, che tiene in considerazione
l’assorbimento di calore da parte delle goccioline di liquido disperse nel vapore. Il
coefficiente di scambio termico, dopo essere diminuito fortemente ad inizio fase di Dry-out,
cresce leggermente. Quando il vapore non trascina più liquido, si ha convezione forzata
monofase.
Sia la crisi termica per Burn-out che quella per Dry-out sono indici di un deterioramento
dello scambio termico (da cui il termine di crisi termiche); in entrambe si passa da una
situazione di bagnamento ad una di non bagnamento della superficie, ma nel Burn-out (a q’’
imposto) si ha un fenomeno istantaneo e irreversibile con incrementi molto marcati di
temperatura, mentre nel Dry-out l’incremento di temperatura è meno marcato.
Nei PWR si può avere crisi termica solo di tipo Burn-out. Nei BWR teoricamente si possono
avere entrambe le crisi termiche, di Dry-out e di Burn-out. Si può avere Dry-out solamente
in uscita dal nocciolo (nella parte finale delle barrette di combustibile), dato che gli elevati
titoli dovuti ad un’eventuale eccessiva potenza termica inducono una forte riduzione
dellaportata della fase liquida, che porta all’asciugamento della parete. È anche vero che in
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 99/175
questa zona del nocciolo del reattore si hanno i flussi termici più bassi (per la presenza di
vapore che è uno scarso moderatore). Questo porta a possibili danneggiamenti delle guaine
dovuti a variazioni, nel tempo, della temperatura delle guaine, che non sono di grande
ampiezza. Ne consegue che la crisi termica per Dry-out nei BWR è meno problematica di
quella di Burn-out nei PWR 8in cui si ha, come visto, un incremento repentino e consistente
della temperatura delle guaine). Nei BWR è possibile, in linea di principio, avere anche una
crisi termica di Burn-out. Se si introducesse, in un Δτ piccolo, una elevata reattività, tale da
portare un incremento repentinodi flusso termico, si potrebbe avere un fenomeno di Burn-
out locale. Tuttavia, i valori del flusso neutronico, in questo tipo di reattori, sono più bassi
rispetto a quelli dei PWR, e quindi l’obiettivo di sicurezza è quello di non raggiungere un
flusso termico così elevato da avere crisi termica di Dry-out nella parte superiore del
nocciolo.
3.2.9 Correlazioni empiriche
Ebollizione nucleata
Un parametro importante per lo studio del pool boiling è il diametro della bolla al momento
del distacco. Utilizzando la teoria della capillarità, Fritz formulò un’equazione differenziale
che descrive l’equilibrio tra forza di gravità e forza di tensione superficiale. Di seguito è
riportata una soluzione approssimata dell’equazione che esprime il diametro della bolla al
momento del distacco:
12
20,0148 c
b
l v
gD
g
(3.47)
dove α è l’angolo di bagnamento (indica quanto è bagnabile un materiale), è la tensione
superficiale,g(l - v )è la forza di galleggiamento.
Esistono delle relazioni che forniscono il valore del q’’ per cui si verifica la transizione da
bolle isolate di vapore a flussi di vapore colonnari per superfici orizzontali, come ad esempio
la relazione di Berenson:
14
1'' 20,11transiz v fg
l v
gq h
(3.48)
dove pv è la densità di vapore, hfg è il calore latente di evaporazione, è il coefficiente di
dilatazione, g l’accelerazione di gravità, la tensione superficiale.
È’ una correlazione empirica ed è valida solo nelle condizioni particolari in cui è stata
ricavata.
La struttura della correlazione che meglio si presta a rappresentare lo scambio termico in
ebollizione nucleata è la seguente:
''p 2 0,0148
nn m
wall sat p
q
fg q fg l l v l
c T T cqc
h c h g k
(3.49)
dove
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 100/175
cq è un coefficiente che dipende dall’accoppiamento del materiale (materiale
scaldante/natura del fluido);
β è l’angolo di bagnamento tra il fluido e il materiale.
Utilizzando valori pari a 0,33 e 1,7, rispettivamente, per gli esponenti n ed m, si ottengono
risultati accettabili.
Questa correlazione può essere utilizzata, in opportune condizioni, nel caso dei generatori
di vapore. È una correlazione empirica, ed alcuni dei parametri che in essa compaiono non
hanno alcun significato fisico; essa è valida solo nelle condizioni particolari in cui è stata
ricavata.
Da questa correlazione si evince che il flusso termico dipende da wall satT T ,
conformemente a quanto affermato da Nukiyama. Questa correlazione mostra che il calcolo
del coefficiente di scambio per ebollizione nucleata non è semplice e diretto come nel caso
della convenzione naturale o di quella forzata '' ( )wall bulkq h T T ; il calcolo del coefficiente
di scambio è più laborioso, trattandosi di una correlazione implicita.
Tra le grandezze che influenzano il fenomeno dell’ebollizione, presenti in questa
correlazione, vi sono il calore latente e il calore specifico della fase liquida. Inoltre:
Il termine 2 0,0148
n
q
q
cc
, che si indica con Csf , tiene conto dell’interazione
tra il tipo di materiale, che compone il sistema che sta fornendo calore, e la natura
del fluido.
Il termine
''
l
μ
n
fg l v
q
h g
mette in contrapposizione la tensione
superficiale con una forza di galleggiamento, quindi un fattore che tende a tenere la
bolla attaccata alla parete con un fattore che tende a farla salire in superficie.
Il termine pc
k
è il numero di Prandtl. Si evince la dipendenza del fenomeno anche
dalla conducibilità del fluido: essa influenza il comportamento dello strato limite di
liquido a ridosso dalla parete.
Questa correlazione può essere utilizzata sia nel caso in cui si debba progettare un sistema
a ''q imposto che nel caso di un sistema a T imposta. In questo secondo caso, ciò che sarà
usata, tuttavia, non sarà la temperatura di parete, ma quella del fluido scaldante (che
fornisce il calore alla parete di cui assumiamo imposta la temperatura) e si dovrà procedere
in modo iterativo: ipotizzando un ''q è possibile ricavare la Twall, e sulla base delle condizioni
del fluido refrigerante e del coefficiente di scambio h ottenuto, è possibile risalire alla
resistenza globale di scambio termico e quindi è possibile calcolare un nuovo valore di ''q
che sarà diverso da quello iniziale. Si procede in maniera iterativa.A titolo d’esempio, in
Tabella 3-1 sono riportati i valori di sfC per alcuni tipi di accoppiamenti metallo/fluido.
Accoppiamento sfC
acqua – nichel
acqua – rame
acqua – ottone
0.06
0.013
0.06
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 101/175
benzene – cromo
alcool etilico – cromo
alcool isopropilico – rame
0.01
0.0027
0.0025
Tabella 3-1 Esempi di valori di sfC
Burn-out
Per la determinazione del flusso termico critico, o di Burn-out, nel tempo sono state proposte
numerose correlazioni. Nonostante si faccia riferimento alla stessa situazione, queste
correlazioni sono completamente differenti sia per i coefficienti, che nella struttura formale.
La scelta tra le numerose correlazioni disponibili in letteratura dipende dal tipo di geometria,
dalla natura del fluido e dalle sue condizione operative.
Una correlazione, riportata solo a titolo esemplificativo, è la seguente:
10,64
''
2143 l v
fg v
v
a BTUq h
g ft h
CHECK
dove a è l’accelerazione alla quale è soggetto il fluido.
Un'altra correlazione è:
14
''
20,131
l v
critico fg v
v
gq h
Il flusso termico critico di Burn-out con ''q imposto è distruttivo, e la progettazione di una
apparecchiatura in cui si verifiche ebollizione va condotta in modo tale che il flusso termico
nel punto più caldo dentro il sistema sia sufficientemente inferiore ad esso, per motivi di
sicurezza.
Film boiling
Se il flusso termico dalla parete al fluido (liquido) che la lambisce è sufficientemente elevato,
si verifica la condizione di film boiling (come fase successiva a quella di Burn-out in un
sistema a flusso termico imposto, oppure come effetto di una elevata temperatura di parete
imposta). Questo meccanismo di scambio termico di ebollizione è generalmente
indesiderato, in quanto lavorando a flusso termico imposto, la parete si trova ad una
temperatura altissima che – se non porta ad un danneggiamento brusco - comunque
favorisce reazioni di ossidazione.
Se, invece, si lavora a temperatura imposta, non si ha un effetto diretto di danno, ma
comunque il film boiling è caratterizzato da una minore efficienza di scambio termico (minor
coefficiente di scambio termico) rispetto alla condizione di ebollizione nucleata. In
determinati casi, invece,altre motivazioni costringono a lavorare, volutamente, con film
boiling.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 102/175
Tuttavia se l’obiettivo è produrre vapore, è molto più pratica e sicura l’ebollizione nucleata,
che garantisce coefficienti di scambio molto elevati, con la conseguenza di ridurre il
coefficiente globale di trasmissione del calore e di limitare le dimensioni ed i costi della
apparecchiatura di scambio termico. Inoltre, con l’ebollizione nucleata il meccanismo di
scambio termico è estremamente affidabile (purché il flusso termico sia sufficientemente
inferiore a quello di Burn-out). Questo è il motivo per cui i generatori di vapore comunemente
utilizzati nei reattori nucleari hanno una zona di ebollizione nucleata, in cui non si
raggiungono titoli elevati e successivamente si separa il liquido dal vapore per mezzo dei
separatori di fase.
Un’altra situazione tipica in cui si ricorre all’ebollizione nucleata è quella in cui si vuole
raffreddare rapidamente un fluido caldo. Per un raffreddamento rapido e drastico si cerca di
sfruttare l’ebollizione nucleata e non il film boiling, in quanto essa garantisce dei coefficienti
di scambio più elevati.
Nonostante sia “preferita” la ebollizione nucleata, è comunque necessario conoscere le
correlazioni tipiche del film boiling, sia perché a volte si vuole operare con tale
fenomenologia, sia perché in tal modo è possibile prevedere le condizioni in cui viene a
lavorare un sistema progettato per operare con ebollizione nucleata, in tutti quei casiin cui,
per motivi di guasto o situazioniincidentali, si ha perditadell’ebollizione nucleata.
A titolo di esempio, una correlazione che permette di calcolare il coefficiente di scambio in
situazione di film boiling è la seguente:
13 ' 4
0,943v fg l v
v wall sat
k g hh
L T T
È una correlazione esplicita. Non compaiono le caratteristiche del liquido ma solo quelle del
vapore. La conducibilità del vapore vk , incide moltissimo sul trasferimento di calore. È
presente anche la viscosità del vapore. Il termine l v indica quanto il vapore che si è
formato intorno al tubo tende a sfuggire, dato che c’è del liquido che tende a rimpiazzarlo
(effetto del galleggiamento).'
fgh non è il calore latente vero, ma tiene conto di una capacità
termica aggiuntiva di trasferimento di calore da parte del fluido nel momento in cui
vaporizza.
' 1 0,5
v wall sat
fg fg
fg
c T Th h
h
e quindi:
'
2
v wall sat
fg fg
c T Th h
Ne consegue che la capacità di assorbimento di calore da parte del vapore è legata
sicuramente al calore latente, ma anche al calore specifico della fase vapore, che deve
passare dal valore Twall ad un valore intermedio tra Twall e Tsat.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 103/175
Nel caso in cui la temperatura di parete dovesse raggiungere valori talmente alti da far
diventare rilevante il fenomeno dell’irraggiamento, si propone di calcolare il coefficiente di
scambio aggiungendo un ulteriore contributo: il coefficiente globale di scambio termico sarà
dato dal coefficiente di scambio calcolato in precedenza più 0,75 volte un coefficiente di
scambio per irraggiamento:
0,75t rh h h
dove hr è pari a :
4 4
wall sat
r
wall sat
F T Th
T T
dove è la costante di emissione dell’energia raggiante e F è il fattore di vista.RIVEDERE
Temperatura di Leidenfrost
La temperatura di Leidenfrost identifica il livello di temperatura più basso per un possibile
film boiling stabile.
Ci sono delle situazioni nelle quali si vuole raffreddare rapidamente un prodotto che si trova
ad alta temperatura. Se questa temperatura è maggiore di quella di Leidenfrost, non è
possibile raffreddare il materiale usando un liquido (bagnandolo), in quanto non ci sarebbe
un contatto tra illiquido e la parete, ma si verificherebbero delle “zone” di ribagna mento solo
dopo che queste zone sono scese sotto la temperatura di Leidenfrost. In un processo
continuo di raffreddamento (ad es., di coil di acciaio), ci sarebbero delle zone che si
raffredderebbero prima di altre, creando delle disomogeneità strutturali nel materiale.
Da qui la importanza di definire con precisione il valore della temperatura di Leidenfrost. Nel
caso di un processo di produzione metallurgica, ad esempio, è necessario utilizzare dei
meccanismi di raffreddamento meno efficienti, fino a che la temperatura non scende al
disotto della temperatura di Leidenfrost, per evitare di raffreddare il materiale in maniera
disomogenea.
Una correlazione che fornisce il valore del flusso termico minimo per superfici orizzontali,
che corrisponde alla temperatura di Leidenfrost è:
14
''
2
g l v
min fg v
l v
gq c h
FLOW BOILING RIVEDERE PARAGRAFATURA
3.2.10 Ebollizione forzata (flow boiling)
Si consideri un tubo verticale, percorso da un fluido leggermente sottoraffreddato, in cui
venga imposto un flusso termico uniforme e costante lungo tutta la sua altezza (Figura 3-
21). La analisi dei fenomeni di ebollizione in questo caso (flow boiling) è più complessa
rispetto al caso descritto da Nukiyama (pool boiling), in quanto, in questo caso, ai numerosi
fattori che la influenzano il comportamento delle due fasi e, quindi, le “situazioni” che
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 104/175
possono verificarsi (abbiamo visto, diverse modalità di scmabio temrico, crisi termica,
bagnabilità della parete, etc.) si aggiunge anche un altro fattore di influenza, la velocità del
liquido (supporta nota ed imposta), che complica le cose rispetto ad una situazione di fluido
stagnante.
Figura 2-32: Tubo soggetto ad un flusso termico costante attraversato da un fluido
Una grandezza fondamentale per la descrizione dell’ebollizione forzata è il titolo
termodinamico, che varia lungo l’asse verticale z ed è pari a:
( )
( )
l
v l
h z h Px z
h P h P
dove h z è l’entalpia del fluido alla quota z , (lh P ) è l’entalpia di saturazione della fase
liquida alla pressione P del sistema e vh P è l’entalpia di saturazione della fase vapore
alla pressione P del sistema.
Questa grandezza permette di capire quanto vapore è stato prodotto, alle diverse quote,
basandosi su un bilancio termico. Se il fluido viene iniettato da una pompa, conoscendo la
potenza termica complessiva immessa fino alla quota z e la portata ponderale, si può
definire h z come:
0
Г
ziniziale
Ph z h
dove 0 zP ,se ''q è uniforme, è pari a:
''
0 2zP q z r
Se invece''q non è uniforme:
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 105/175
''
0
0
2
z
zP q dz r
Con un semplice bilancio termico, è possibile ricavare l’entalpia e quindi il titolo
termodinamico del fluido, dal quale è possibile ricavare il quantitativo di liquido che è
diventato vapore lungo il condotto.
CAPITOLO DIVERSO
3.2.11 Deflussi bifase
Nei sistemi bifase si hanno due fasi, per definizione. In un sistema stagnante le due fasi
sono perfettamente separate, mentre in una situazione di deflusso le due fasi sono in genere
mescolate. La distribuzione nello spazio delle due fasi dipende da molti fattori, tra cui la
densità di ciascuna fase, l’apporto di calore, la portata specifica di massa di ciascuna fase
della miscela, etc.
3.2.12 Deflusso verticale ascendente
E’ possibile distinguere diverse tipologie di deflusso. Facendo riferimento ad un condotto
ascendente e ipotizzando che non vi sia trasferimento di calore, possiamo distinguere:
Deflusso a bolle o bubbly flow
Per avere un deflusso a bolle bisogna avere un quantitativo di vapore limitato,
perché se il titolo aumenta si ha la tendenza alla coalescenza del vapore. La velocità
del liquido deve essere elevata, come anche la turbolenza, per facilitareil
frazionamento delle bolle di vapore.
Deflusso a tappi o slug flow
Per titoli di vapore piuttosto elevati e per portate non eccessivamente elevate, si ha
un deflusso a tappi. Esso prevede delle grandi bolle di vapore(dal diametro pari a
circa quellointerno del tubo), con la parte superiore arrotondata e con delle code
composte da bollicine di vapore.
Questo tipo di deflusso è quello che si preferisce nei sistemi a circolazione forzata
con titoli non trascurabili, ma soprattutto in sistemi a circolazione naturale. I tappi,
infatti, se hanno la dimensione della tubazione, trascinano il liquido.
Deflusso “Churn flow”
Se, rispetto al moto a tappi, si incrementa ulteriormente il titolo di vapore, i tappi
tendono a coalescere, dando vita al deflusso “churn”. In tale deflusso si hanno delle
formazioni allungate di vapore, con il liquido aderente alle pareti. Questo moto è
irregolare e si preferisce evitarlo nei sistemi sia a circolazione naturale che forzata.
Deflusso anulare
Per titoli ancora più elevati, con portate sostenute, si osserva la tendenza del vapore
a defluire in una colonna centrale, confinando il liquido alle pareti. Questo moto
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 106/175
prende il nome di deflusso anulare. In esso il vapore ha una velocità elevata rispetto
al liquido.
Deflusso disperso
Si ha quando il quantitativo di vapore è talmente alto da farlo prevalere sulla fase
liquida all’interno del condotto. In tal caso la forza di interfaccia strappa il liquido
dalla parete che ha come conseguenza la frammentazione del liquido. Il liquido,
composto da goccioline, viene trascinato dal vapore.
Riportiamo in Figura 2-33 la rappresentazione dei deflussi appena descritti.
Figura 2-33: Deflusso per condotto ascendente
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 107/175
Il tipo di deflusso influenza il comportamento della miscela bifase, sia sotto ilo profilo del
moto che del trasferimento di calore. Da qui la necessità di poter prevedere, nella situazione
che si sta considerando, quale tipo di deflusso possa instaurarsi.
Attraverso delle raffigurazioni grafiche è possibile individuare delle “zone di esistenza” dei
diversi tipi di deflusso, che saranno definite mediante la valutazione di certi parametri
caratteristici della miscela bifase.
Queste rappresentazioni grafiche prendono il nome di “mappe di deflusso”. Esse sono
importanti per capire con che tipo di deflusso si sta lavorando e se esso è il più appropriato
alla circostanza.
Per caratterizzare le mappe di deflusso spesso si utilizza la velocità superficiale della fase
liquida e della fase gassosa, date dal rapporto tra la portata volumetrica della fase in esame
(liquida o gassosa) e l’area totale del condotto.
g
g
tot
QJ
A e l
l
tot
QJ
A (3.50)
Una correlazione sperimentale valida per il moto a tappi che lega le grandezze suddette è la
seguente:
1
4
23 1,15
l g
l g
l
gJ J
(3.51)
L’individuazione del regime di deflusso bifase presente in una certa tubazione può essere
effettuata mediante una mappa di deflusso come quella di Hewitt e Roberts (1969),relativa al
flusso bifase verticale.
Figura 2-34: Mappa di deflusso di Hewitt e Roberts per flusso bifase ascendente
AGGIUNGERE IL CONCETTO DELLE CORRELAZIONI PER LE ZONE DI ESISTENZA
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 108/175
3.2.13 Deflusso orizzontale
Nel caso di tubazioni orizzontali, si parla di deflusso orizzontale. Tutti i parametri che
influenzano il deflusso verticale, influenzano anche quello orizzontale, ma nel caso del
deflusso orizzontale le situazioni di deflusso (tipologie di deflusso) sono in numero maggiore,
per l’azione della forza di gravità: nel caso in cui si abbia un titolo molto elevato, si
presenteranno situazioni simili a quella del moto anulare già visto nel caso di deflussi
verticali; nel caso opposto, invece, si avranno regimi di deflusso simili a quello a bolle del
caso verticale. La principale differenza tra i deflussi verticali ed orizzontali consiste nella
direzione della forza di gravità rispetto alla direzione del moto del fluido: nel caso di deflusso
verticale,g è parallela alla direzione del moto, mentre nel caso di deflusso orizzontale g e
la direzione del moto saranno ortogonali. Da ciò consegue il fatto che nei regimi di flusso
orizzontale la fase vapore tenderà a collocarsi al disopra di quella liquida durante il
deflusso.Nel caso di progetti di tipo industriale (è escluso il sattore del progetto delle
fognature), in cui si hanno velocità piuttosto elevate dei fluidi, il deflusso bifase orizzontale,
se possibile, deve essere evitato, poiché nei tratti orizzontali di tubazioni percorse da
deflusso bifase è molto facile l’instaurarsi di continue variazioni delle cadute di pressione e
fenomeni oscillatori, generalmente nocivi sia sotto il profilo dei processi, che della loro
controllabilità, che dei carichi impulsivi cui sono sottoposti organi meccanici.
Deflusso a bolleorizzontale
Si ha con portate (portate specifiche di massa) elevate e titoli bassi. La forza di
gravità tenderà a “schiacciare” la fase liquida (con maggiore densità) verso il basso,
permettendo alla fase vapore di addensarsi sulla parte superiore della tubazione
sotto forma di bolle.
Deflusso a tappi o plug flow, orizzontale
In questa circostanza (titoli piuttosto elevati in un condotto con portata sostenuta ma
non eccessiva) le bolle di vapore hanno dimensioni paragonabili al diametro del
condotto, hanno una forma tondeggiante nella parte superiore. La coda, formata da
piccole bollicine, tende ad addensarsi sulla parte superiore della tubazione.
Deflusso stratificato o stratified flow
Le due fasi, liquida e gassosa, sono completamente separate. La fase gassosa si
trova nella parte superiore della tubazione, mentre quella liquida, per la gravità, è
localizzata su quella inferiore. Questo deflusso può esistere solamente in caso di
tubazioni orizzontali e con protate specifiche di massa basse per entrambe le fasi.
Deflusso a onde o Wavy Flow
Rispetto al caso precedente, per velocità del liquido più elevate, nasce una
situazione di instabilità, caratterizzata da increspature o addirittura onde sulla
superficie della fase liquida.
Deflusso intermittente o Slug Flow
Esasperando la velocità del liquido, i fenomeni ondulatori sull’interfaccialiquido-
vapore crescono fino a far occupare periodicamente al liquido l’intera sezione del
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 109/175
condotto.Se questo avviene, in particolari condizioni, l’intero condotto potrebbe
essere ricoperto dalla fase liquida, con la fase gassosa dispersa in esso.
SOSTITUIRE
Figura 2-35: Fenomeni ondulatori all'interno del condotto orizzontale
Deflusso anulare orizzontale
Per velocità e titoli di vapore molto elevati, può crearsi un nocciolo interno di vapore
che schiaccia il liquido sulla parete della tubazione.
Deflusso disperso o DisperSed flow
Si ha quandola portata e la velocità del vapore sono talmente alte da farlo prevalere
sulla fase liquida all’interno del condotto.
La Figura 2-36 riporta una rappresentazione dei deflussi appena descritti.
Figura 2-36: Deflussi per condotti orizzontali
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 110/175
Nel seguito è riportata qualitativamente la mappa di deflusso nel caso di deflusso
orizzontale:
CAMBIARE
Figura 2-37 - Mappa di deflusso per deflusso orizzontale
Dove Fr, in ordinata, è il numero di Froude che è proporzionale al quadrato della velocità ed
inversamente proporzionale al prodotto tra l’accelerazione di gravità ed una lunghezza
caratteristica :
2
inerziale
gravitazionale
F vFr
F gL
(3.52)
mentre Xtt , in ascissa, è il parametro di Martinelli, pari a: 0,70,50,9
1 g ltt
l g
xX
x
(3.53)
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
In riferimento al tubo verticale al quale sia fornito calore con q’’ uniforme, esaminiamo i
possibili tipi di deflusso ed i possibili meccanismi di scambio termico (si assume deflusso
ascendente).
Assumiamo di introdurre nel tubo dell’acqua sottoraffreddata.
Esaminiamo le diverse situazioni che si vengono a creare se la potenza fornita è tale da
poter portare il fluido allo stato di vapore surriscaldato.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 111/175
Figura 2-38 : Regioni di deflusso, regioni di scambio termico e corrispondenti andamenti di
alcuni parametri di interesse in un tubo verticale uniformemente scaldato.
1. Zona con deflusso monofase liquido: zona iniziale in cui vi è un deflusso monofase,
senza formazione di bolle, a causa del flusso termico basso e della temperatura bassa
del fluido. La temperatura di parete (Twall), grafico IV, sarà inferiore alla temperatura di
saturazione. Il coefficiente di scambio termico , grafico III, ha un valore basso, ma in
crescita.
2. Zona di ebollizione nucleata sottoraffreddata: aumentando il titolo, grafico IV, la
temperatura della parete tenderà a superare la temperatura di saturazione., la differenza
tra la temperatura di parete e la temperatura di saturazione è chiamata “grado di
surriscaldamento”(degree of superheat) ΔTsat= Twall - Tsat. In corrispondenza della zona B,
la temperatura è talmente elevata da permettere la formazione di bolle, in una situazione
di fluido sottoraffredato.La differenza tra la temperatura di saturazione e quella del fluido
(Tfluido) è chiamata “grado di sottoraffreddamento”(degree of subcooling) ΔTsub= Tsat–
Tfluido. Il titolo e l’entalpia (grafico I e II) sono negativi. Il coefficiente di scambio termico
raggiunge valori elevati, mentre la temperatura di parete tende a rimanere costante.
3. Zona di ebollizione nucleata in condizione di saturazione: a partire dalla quota in cui
il titolo e l’entalpia raggiungono la saturazione, le bolle prodotte sulla superficie della
tubazione si staccano da essa e si mescolano al liquido. Da questo punto in poi il titolo e
l’entalpia continuano a crescere, mentre la temperatura del liquido e quella della parete
rimangono costanti. Di conseguenza anche il valore del coefficiente di scambio termico
rimane costante. Il coefficiente di scambio termico, di ebollizione nucleata, è molto
elevato, come nella situazione di ebollizione nucleata sottoraffreddata.
I fenomeni di ebollizione nucleata sottoraffreddata e in saturazione, dal punto di vista del
trasferimento del calore, sono la stessa cosa.
4. Zona di deflusso a tappi: se il titolo all’interno del condotto aumenta, dal deflusso a
bolle si passa ad un deflusso a tappi. Questa ebollizione è pur sempre un’ebollizione
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 112/175
nucleata. La temperatura del fluido, della parete e il coefficiente di scambio termico
rimangono sostanzialmente inalterati, a differenza dell’entalpia (e titolo) della miscela
bifase che cresce.
5. Zona di delusso churn: con l’aumento del titolo della miscela i tappi coalescono e si ha
il deflusso churn. La situazione, sotto il profilo dello scambio termico, non varia.
6. Zona di deflusso anulare A: per titoli ancora più elevati, si viene a creare un deflusso
anulare. A differenza dagli altri deflussi, che garantiscono uno spessore sufficiente di
liquido alle pareti, per la formazione di bolle, nel deflusso anulare si ha un fenomeno di
trasferimento di calore tra la parete e il liquido che la bagna, di tipo convettivo,
determinato dall’esiguo spessore di liquido. Si ha vaporizzazione all’interfaccia
liquido/vapore. Il meccanismo di scambio termico prende il nome di “forcedconvective
boiling”, ed è ancora più efficiente dell’ebollizione nucleata.
7. Zona di deflusso anulare B: la portata elevata di vapore fa sì che l’interfaccia liquida
presenti fenomeni ondulatori. L’elevata velocità del vapore provoca il distaccamento di
goccioline di liquido dallo spessore che bagna la parete.
8. Zona di asciugamento o Dry-out: per titoli elevati, il progressivo assottigliamento del
film di liquido, dovuto sia al passaggio di stato, sia al fenomeno del distaccamento di
goccioline porta alla “sparizione” dello spessore di liquido alla parete: il liquido non è più
sufficiente al suo bagna mento e la superficie si “asciuga” (Dry-out). Il raggiungimento del
punto di Dry-out porta ad un incremento della temperatura della parete. L’incremento di
temperatura è caratterizzato da forti oscillazioni, a causa della formazione di fiotti liquidi
che bagnano la parete spostando, nel tempo, in modo oscillatorio, il fronte del Dry-out.
9. Zona di post-dry-out: Lo scambio termico in condizione di post Dry-out è il cosiddetto:
“liquid deficient region heat transfer”. Esso consiste sostanzialmente in una convezione
forzata fra parete e vapore, che tiene in considerazione l’assorbimento di calore da parte
delle goccioline di liquido disperse nel vapore (che, tra l’altro, possono impattare sulla
parete “bagnandola” momentaneamente, visto che la temperatura di parete non è
superiore a quella di Leidenfrost. Il coefficiente di scambio termico, dopo essere diminuito
fortemente nella fase di Dry-out, può ricrescere leggermente (l’andamento del
coefficiente di scambio dipenderà dalla quantità e comportamento delle goggioline, che
dipende da come si è giunti al Dry-out. In questa zona può esserci il raggiungimento del
titolo unitario, con goccioline immerse in un vapore surriscaldato.
10. Zona di deflusso monofase vapore: alla scomparsa delle ultime goccioline, si ha un
deflusso monofase in convezione forzata. La temperatura del fluido e della parete
aumenteranno. Il coefficiente di scambio termico aumenterà leggermente.
Si analizzino ora gli andamenti rispettivi della temperatura della parete e della temperatura
del fluido lungo la lunghezza del tubo man mano che la vaporizzazione avanza.
Nella “single phase convective heat transfer region”, la temperatura della parete è al di sopra
di quella del fluido di un valore costante, così come è relativamente costante l’andamento
del coefficiente di scambio termico.
Nella “subcooled nucleate boiling region” la differenza di temperatura tra la parete ed il fluido
decresce linearmente con la lunghezza del tubo fino al punto in cui x=0. Il coefficiente di
scambio aumenta fino al raggiungimento della ebollizione nucleata totalmente sviluppata. In
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 113/175
alcune rappresentazioni si può trovare un andamento del coefficiente di scambio termico
crescente linearmente fino alla staurazione.
Nella “saturated nucleate boiling region” la differenza di temperatura e, quindi, il coefficiente
di scambio termico, rimangono costanti.
A causa della riduzione dello spessore del film liquido, nella “two phase forced convective
region” la differenza tra la temperatura della parete e quella di saturazione si riduce, mentre
il coefficiente di scambio termico aumenta leggermente all’aumentare del titolo.
Nel punto di Dry-Out il coefficiente h si riduce improvvisamente di una entità piuttosto
elevata.
Nella “liquid deficient region” la differenza tra la temperatura di parete e quella di saturazione
può diminuire (ma l’andamento dipende dai fenomeni avvenuti a monte), con un
corrispondente andamento del coefficiente di scambio.
Infine, nella “single-phase vapour region” (x>1) la temperatura di parete si trova di nuovo al
di sopra di quella del fluido di un valore circa costante ed il coefficiente di scambio cresce
lentamente in virtù del graduale incremento della velocità del vapore (scambio termico per
convezione in un flusso monofase di vapore).
Per comprendere meglio le situazioni che si possono verificare, riportiamo sul grafico in
Figura 2-39 il coefficiente di scambio termico ''
x
wall fluido
qh
T T
in funzione del titolo.
Figura 2-39: Coefficiente di scambio termico in funzione del titolo
Consideriamo la situazione analizzata precedentemente. Per valori negativi del titolo, si è in
situazione di sottoraffreddamento, con coefficienti di scambio che tendono a crescere
all’aumentare del titolo, curva (i) (corrispondente a valori molto bassi del flusso termico
imposto). Quando si arriva ad ebollizione, il coefficiente di scambio cresce per poi
stabilizzarsi (in figura, si stabilizza dopo la saturazione, ma può stabilizzarsi prima), per poi
aumentare nella zona di deflusso anulare in condizione di forced convective boiling. Quando
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 114/175
si raggiunge la situazione di Dry-out, il coefficiente di scambio crolla. Un nuovo incremento si
ha per effetto dell’aumento di temperatura del vapore surriscaldato. Questa curva vale per
un certo II
impostoq .
Supponiamo di incrementare il valore del flusso termico imposto. Si ottiene la curva (ii),in cui
il primo tratto, in condizione di sottoraffreddamento, ripercorre esattamente l’andamento
della curva (i). L’inizio dell’ebollizione, per valori crescenti del flusso termico, sarà anticipata.
Si raggiungono valori del coefficiente di scambio più elevati, ma soprattutto si raggiunge la
zona di forced convective boilinga titoli più bassi rispetto alla curva (i); di conseguenza, si
raggiunge la situazione di Dry-outper titoli più bassi. Per flussi termici molto elevati, curve(iii),
(iv) e (v), non si ha più Dry-out, ma una crisi termica di Burn-out(DNB). Per flussi termici
ancora più elevati, curve(vi) e (vii), si raggiunge la crisi termica in condizioni di
sottoraffreddamento.
La figura seguente mostra le varie regioni di trasferimento di calore nell’ebollizione in flow
boiling in un grafico tridimensionale che riporta sugli assi rispettivamente il flusso termico, il
titolo e la temperatura.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 115/175
Figura 2-40: Diagramma tridimensionale q'', x, T. Il diagramma di temperatura in Figura 2-41
corrisponde alla proiezione di tale diagramma sul piano orizzontale. Aumentando il flusso
termico si ottengono curve differenti, tali per cui l’ebollizione sottoraffreddata inizia prima, il
coefficiente di scambio termico nella zona di ebollizione nucleata è più alto ma rimane
inalterato nella zona di convezione forzata bifase. Il Dry-out si verifica per valori di titolo più
bassi.
Riportiamo sul grafico in Figura 2-41 il flusso termico in funzione del titolo. Esso mette in
evidenza le varie zone di scambio termico. Per bassi valori di flusso termico e a titoli negativi
si ritrova la zona di convezione forzata monofase con fase liquida.Per più elevati valori di
flusso termico e titoli negativi vi è la zona di ebollizione nucleata sottoraffreddata
(subcooled). Con flusso termico limitato, per titoli positivi ma non elevati si ha
ebollizionenucleata satura, seguita dal forced convective boiling. Per titoli maggiori dell’unità,
si ha la convezione forzata monofase con vapore surriscaldato.
Per valori di flusso termico elevato non si ha Dry-out, ma DNB. La linea di critical heat
fluxdelimita la zona in cui avviene questo fenomeno. Tutto quello che si trovasopra la linea
del DNB sarà la zona di Film Boiling.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 116/175
Figura 2-41: Flusso termico in funzione del titolo
MODIFICARE PARAGRAFATURA
3.3 La trasmissione del calore per flow boiling all’interno di
tubi dritti
3.3.1 Coefficiente di scambio per il deflusso bifase con trasferimento di calore
Il coefficiente locale di scambio termico nel deflusso bifase all’interno di tubi con
trasferimento di calore è dato, genericamente, per la zona di tubo bagnata dal liquido, da:
tp
wall sat
q''
( )h
T T
(3.54)
dove q'' corrisponde al flusso termico locale tra la parete del tubo e il fluido, Tsat è la
temperatura locale di saturazione alla pressione locale di saturazione psat
e Twall è la
temperatura locale della parete alla posizione assiale lungo il tubo, assunta uniforme nel
perimetro del tubo. Questa è una correlazione generica; quelle che si usano nelle
applicazioni sono correlazioni specifiche, che si differenziano in funzione del tipo di deflusso
bifase.
I modelli per il flow boiling in presenza di liquido a contatto con la parete considerano due
diversi meccanismi di scambio termico: l’ebollizione nucleata (nucleate boiling) hnb e
l’ebollizione convettiva (forced convective boiling) hcb. L’ebollizione nucleata in queste
condizioni è simile a quella nel pool boiling, ad eccezione di alcuni effetti del flusso di massa
sulla crescita e il distacco delle bolle e dell’influenza della convezione forzata. Le bolle che si
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 117/175
formano all’interno di un tubo possono scivolare lungo la superficie del tubo caldo a causa
del flusso assiale di massa e quindi il processo di vaporizzazione nel microstrato al di sotto
delle bolle che crescono può essere influenzato. L’ebollizione convettiva (forced convective
boiling) è molto influenzatadal processo di convezione tra la fase liquida e quella vapore.
Nei casi in cui il deflusso anulare è molto sviluppato, si può ipotizzare che alla ebollizione
nucleata nel film liquido si aggiunga un contributo di scambio termico per convezione forzata
monofase attraverso il film, con vaporizzazione che ha luogo nell’interfaccia liquido-vapore
nel cuore centrale.
Prima di presentare i modelli di ebollizione, è interessante vedere come possono essere
paragonati e classificati in base al modo in cui i coefficienti hnb e hcb possono essere
combinati per ottenere htp attraverso la seguente legge, tipica della sovrapposizione di due
meccanismi termici:
1
tp nb cb( h )n n nh h (3.55)
Assumendo che hcb non sia funzione del flusso termico, considerazione tipica di molti
modelli di previsione per il flow boiling, hcb è una linea orizzontale.
Invece, hnb è tipicamente considerato come funzione del flusso termico, ma non della
velocità del fluido e quindi corrisponde ad esso una curva nel grafico tipica dell’ebollizione
nucleata in pool boiling. Combinando i due valori, usando come esponenti 1, 2 3 e , si
ottiene la curva di htp. Considerando n=1, la combinazione è una semplice addizione dei due
valori.
Chen (1963,1966) ha utilizzato questo approccio, ma introducendo un fattore di
soppressione per hnb e un moltiplicatore bifase per hcb. Kutateladze (1961) propose un
metodo asintotico con n=2, in cui il valore di htp tende al più grande tra i due valori. Steiner e
Taborek (1992) più recentemente proposero di utilizzare n=3. Utilizzare n= fornisce il più
grande tra i due valori, approccio proposto da Shah (1982).
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 118/175
Figura 2-42: Legge di potenza per i modelli di flow boiling di Steiner e Taborek (1992)
3.3.2 RIVEDERE E MODIFICARE PARAGRAFATURA
3.3.3 Meccanismi di scambio termico in flow boiling (all’interno di tubi verticali piani
dritti)
Come visto, in una prima fase (flussi termici bassi e sottoraffreddamento del liquido) si ha
una convezione forzata: questo si verifica nella parte bassa dei tubi di una caldaia a tubi
d’acqua o in un evaporatore a circolazione naturale.
A titoli più alti, si formano le bolle sulla parete ed il regime di flusso comprende il deflusso a
bolle e quello a tappi; in certi casi quanto detto si seguito vale anche per una prima fase di
deflusso anulare. Con un sufficiente surriscaldamento di parete, si ha la nucleazione delle
bolle alla parete, pertanto è presente l’ebollizione nucleata entro il liquido o, a titoli maggiori,
dentro il film di liquido. Se, rispetto a questa situazione, la velocità del fluido aumenta e
cresce la convezione nel film liquido, la parete può essere raffreddata al di sotto del minimo
valore di surriscaldamento di parete necessario a sostenere la nucleazione e l’ebollizione
nucleata viene soppressa: in questo caso, lo scambio termico è solo per convezione.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 119/175
Quando si raggiunge il deflusso anulare completamente sviluppato, il film liquido sarà sottile
e, come visto, alla ebollizione nucleata si aggiungerà un contributo convettivo.
Se la apparecchiatura di scambio termico prevedesse un ingresso, nella zona con cessione
di calore, di una miscela bifase già in deflusso anulare, allora potrebbe verificarsi che la
temperatura di parete non è sufficientemente alta da sostenere la formazione di bolle ed
allora lo scambio termico sarebbe solo convettivo attraverso il film liquido, con formazione di
vapore solo nella interfaccia liquido-vapore.
In tutti i casi, oltre una certa quota, a causa dell’aumento del titolo e della riduzione della
fase liquida, il film liquido può asciugarsi, sia per assottigliamento dovuto al passaggio di
stato, sia per effetto dello strappamento e trascinamento operati dall’alta velocità del vapore:
quando viene meno il film liquido, si ha uno scambio termico basso. La regione è chiamata
di post dryout, ed in questa zone ci sarà un particolare meccanismo di scambio termico per
ebollizione.
1. CORRELAZIONI DI SCAMBIO TERMICO NELLA ZONA DI EBOLLIZIONE
NUCLEATA
Nella zona in cui sia ha ebollizione nucleata, non si ha differenza di comportamento tra ilpool
boilinged il flow boiling: lo scambio termico è funzione del flusso termico, 0,7''pbh q . Il
coefficiente di scambio per ebollizione nucleata pbh è determinato utilizzando una
correlazione riferita al pool boiling: può essere utilizzata, ad esempio, :
INSERIRE CORRELAZIONE EBOLLIZIONE NUCLEATA
2. CORRERAZIONI DI SCAMBIO TERMICO NELLA ZONA DI FORCED
CONVECTIVE BOILING
Nella ebollizione convettiva forzata (forced convective boiling) lo scambio termico dipende
sia dal flusso termico sia dal titolo locale del vapore e dalla sua. Quindi per predire i valori
del coefficiente di scambio termico devono essere considerati sia l’ebollizione nucleata che
uno scambio di natura convettiva. L’ebollizione nucleata tende ad essere dominante a bassi
titoli e alti flussi termici, mentre la convezione tende ad essere dominante ad alti titoli e
velocità e a bassi flussi termici. Per situazioni intermedie, entrambi i meccanismi sono
importanti.
Il contributo al trasferimento di calore per ebollizione nucleata sarà fornito da una
correlazione in cui assume rilevanza il flusso termico, mentre il contributo per lo scambio
termico convettivo pbh assumerà una forma simile a quella di un coefficiente di scambio
termico in un deflusso turbolento monofase (con struttura simile alla correlazione di Dittus-
Boelter (1930)). Le correlazioni proposte normalmente assumono, nel calcolo di del
coefficiente convettivo, che la frazione di liquido che fluisce nel canale (1 )rh x occupi
l’intera sezione del canale.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 120/175
Correlazione di Chen
Chen (1963,1966) propose una correlazione per la ebollizione in flow boiling per tubi verticali
in forced convective boiling che è di largo utilizzo.
Chen immaginava il coefficiente tph come somma del contributo dell’ebollizione nucleata e
del contributo convettivo:
tp nb cbh h h (3.56)
Ha ipotizzato che il ripido gradiente di temperatura nel liquido vicino alla parete in condizioni
di convezione forzata, sopprime parzialmente la nucleazione nei siti di ebollizione, quindi
riduce il contributo dell’ebollizione nucleata. D’altra parte, egli notò che il vapore formato dal
processo di vaporizzazione incrementava la velocità del liquido e quindi il contributo
convettivo allo scambio termico tende ad aumentare, come accade in un deflusso monofase
di liquido. Quindi, formulò la seguente espressione per considerare entrambi gli effetti:
tp FZS+ Lh h h F (3.57)
dove:
La correlazione di Forster e Zuber (1955) per l’ebollizione nucleata in pool boiling è
usata per calcolare il coefficiente di scambio termico per ebollizione nucleata FZ;h
Il fattore di soppressione per l’ebollizione nucleata applicato a FZ h è S;
La correlazione di Dittus-Boelter (1930) per un deflusso turbolento entro tubi è usata
per calcolare il coefficiente di scambio termico convettivo monofase Lh ;
L’incremento della convezione nella fase liquida dovuto al deflusso bifase è dato dal
moltiplicatore bifase F.
La correlazione di Forster e Zuber è la seguente:
0.79 0.45 0.49
0.24 0.75
0.5 0.29 0.24 0.240,00122
L pL L
FZ sat sat
L LG G
k ch T p
(3.58)
CHECK
dove il surriscaldamento di parete satΔT è la differenza tra la temperatura locale della parete
interna del tubo wall T e la temperatura di saturazione locale satT : sat wall satΔT - T T .
La differenza di pressione satΔp è ottenuta dalla differenza tra la pressione del vapore nel
fluido alla temperatura di parete wallp e la pressione alla temperatura di saturazione satp :
sat wall satp p p . In questa espressione, satΔp è misurata in 2/N m .
Il coefficiente Lh è dato dalla correlazione di Dittus-Boelter (1930) considerando che la
portata della frazione di liquido (1-x)m fluisca da sola in un tubo di diametro interno id :
0.8 o.4=0.023Re Pr L
L L L
i
kh
d
(3.59)
in cui:
(1-x)
Re iL
L
m d
(3.60)
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 121/175
CHECKm punto
x è il titolo di vapore e m è la portata di liquido più vapore nel tubo di diametro interno id .
pL
PrL
L
L
c
k
(3.61)
Il moltiplicatore bifase di Chen è:
0.736
tt
1F= +0.213
X
(3.62)
dove ttX è il numero di Martinelli:
0.10.50.9
tt
1-x G L
L G
Xx
Da notare, però, che quando tt1/ 0.1X , F è preso uguale a 1.0.
Il fattore di soppressione S di Chen è:
1.17
tp
1S=
1+0.00000253Re(3.63)
in cui il numero di Reynolds bifase è:
1.25
tpRe ReLF (3.64)
Questa trattazione è valida per acqua sia in flusso ascendente che in flusso discendente
(pressione da 0.55 a 34.8 bar), metanolo, cicloesano,n-pentano, n-ottano e benzene, tutti in
flusso ascendente a 1 bar. Questa correlazione è applicabile fino a che le pareti rimangono
bagnate, cioè prima dell’inizio del dryout. Poiché satΔT tipicamente è sconosciuta, è
richiesto un calcolo iterativo in cui sono coinvolti wall T e wall p quando il flusso termico q'' è
noto.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 122/175
Figura 2-43: Confronto tra correlazione di Chen e dati sperimentali (CHEN 1966)
Correlazione di Shah
Un secondo metodo che ha raggiunto un’ampia notorietà è quello di Shah (1982), il quale
propose delle altre equazioni per attuare il metodo di calcolo ideato in precedenza. Come
Chen, egli considerava l’ebollizione nucleata e la convezione come i due principali
meccanismi di scambio termico, ma il suo metodo porta alla scelta del più grande tra i due
coefficienti di scambio termico nbh e cbh per valutare tph . Il metodo proposto è applicabile
sia ai tubi orizzontali che a quelli verticali. Il metodo per i tubi verticali è presentato di seguito
e inizia con la definizione di un parametro adimensionale N, che per i tubi verticali, per ogni
valore del numero di Froude per i liquidi LFr , vale:
0N=C (3.65)
in cui 0C è calcolato attraverso il titolo del vapore e la densità:
0.50.8
0
1-x L
G
Cx
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 123/175
mentre il numero di Froude per il liquido è :
˙2
2L
L i
mFr
gd (3.66)CHECK
Per caratterizzare la convezione, il coefficiente convettivo monofase Lh è determinato
considerando la frazione di liquido (1-x)m attraverso la correlazione di Dittus-Boelter data
da 3.59. Il coefficiente di scambio termico per ebollizione convettiva cbh è così calcolato:
cb
0.8
1.8
L
h
h N (3.67)
L’effetto del flusso termico sull’ebollizione nucleata è preso in considerazione mediante il
numero di boiling 0B , che è così definito:
0
LG
q''B
m (3.68)
e rappresenta il rapporto tra il flusso termico attuale e il flusso termico massimo ottenibile
con la completa evaporazione del liquido.
Il parametro N è usato per selezionare il set di equazioni appropriato:
se N>1.0 e 0 >0.0003B allora nbh è calcolato come segue:
0.5nb0=230
L
hB
h(3.69)
Se N>1.0 e 0 0.0003B allora nbh si calcola così:
0.5nb0=1+46
L
hB
h(3.70)
Se 1.0<N<0.1 nb h è calcolato nel seguente modo:
0.5 2.74N-0.1nb0S
L
hF B e
h (3.71)
Se N<0.1 nbh nel regime di soppressione delle bolle è calcolato come segue:
0.5 2.74N-0.15nb0S
L
hF B e
h (3.72)
Nelle equazioni scritte sopra la costante di Shah vale =14.7SF quando 0 >0.0011B ,
mentre =15.43SF quando 0 <0.0011B .
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 124/175
Il valore più grande tra nbh e cbh dà tph .
Il punto debole di questo metodo è che l’unica proprietà fisica nel numero di Boiling 0 B per
caratterizzare l’ebollizione nucleata è il calore latente. Inoltre, il calore latente decresce con
l’aumentare della pressione, mentre nbh tipicamente aumenta con la pressione.
Shah ricorreva a questo metodo per il trasferimento di calore in spazi anulari verticali come
segue: quando lo spazio anulare tra il tubo interno e quello esterno è maggiore di 4 mm, il
diametro equivalente da usare come di è la differenza tra i due diametri, mentre quando lo
spazio anulare è inferiore a 4 mm il diametro equivalente è il diametro idraulico determinato
usando il perimetro scaldato.
Correlazione di Gungor-Winterton
Una nuova forma del modello di Chan fu proposta da Gungor e Winterton (1986), i quali
misero insieme 3693 dati sperimentali presi dalla letteratura sull’acqua, sui refrigeranti (R-
11, R-12, R-22, R-113, R-114) e sul glicole etilenico, soprattutto riguardanti tubi verticali con
flusso ascendente e qualcuno relativo a tubi verticali con flusso discendente.
Il loro coefficiente locale di scambio termico per ebollizione nei tubi tph è la somma del
contributo dell’ebollizione nucleata cbh edi quello dell’ebollizione convettiva cbh , ottenuta
mediante la seguente equazione:
tp nb=E +SLh h h (3.73)
Di nuovo, Lh è calcolato mediante la correlazione di Dittus-Boelter data dalla [10.3.4]
usando la frazione di liquido 1-x ,m mentre il coefficiente nbh è ottenuto attraverso
l’equazione di Cooper (1984b) per l’ebollizione nucleata in pool boiling:
-0.550.12 -0.5 0.67
nb =55 -0.4343ln q''r rh p p M (3.74)
L’equazione precedente è dimensionale e fornisce il coefficiente di scambio termico in 2W/m K . Il flusso termico q'' deve essere fornito in
2W/m . M è il peso molecolare, mentre
rp è la pressione ridotta, ovvero il rapporto tra la pressione di saturazione satp e la
pressione critica critp . E è il moltiplicatore bifase, ed è funzione del numero di Martinelli e
del flusso termico mediante il numero di Boiling 0B :
0.86
1.16
0
tt
1E=1+24000 +1.37B
X
(3.75)
dove ttX e 0B sono stati definiti precedentemente.
Il fattore di soppressione dell’ebollizione S è dato da:
-1
2 1.17S= 1+0.00000115 LE Re (3.76)
in cui LRe è calcolato considerando la frazione di liquido 1-xm .
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 125/175
Paragonando i risultati ottenuti mediante queste correlazioni con i dati sperimentali si nota
che il metodo è caratterizzato da una deviazione standard di 21.4% , mentre la
correlazione di Chen e quella di Shah danno rispettivamente una deviazione di 57.7% e
21.9% . Quindi, dato che la correlazione di Shah non è stata sviluppata usando lo stesso
database, il paragone dà una buona credibilità della sua accuratezza.
Usando il diametro equivalente definito da Shah, Gungor e Winterton hanno predetto anche i
risultati sull’ebolllizione convettiva in spazi anulari verticali con un errore medio di 29.4% .
Gungor e Winterton un anno dopo proposero una nuova e più semplice versione della loro
correlazione basata unicamente sull’ebollizione convettiva:
tp new Lh E h (3.77)
in cui il moltiplicatore bifase nuovo newE è dato da:
0.410.75
0.86
new 0=1+3000 +1.121-x
L
V
xE B
(3.78)
in cui Lh è stato definito in precedenza.
L’accuratezza è simile a quella della prima correlazione; inoltre questa versione è stata
raccomandata da Thome (1997°) come migliore delle due per il refrigerante R-134°.
Modello asintotico di Steiner-Taborek - Limitazioni naturali al coefficiente di scambio
nel flow boiling.
Prima di presentare un nuovo metodo di previsione, Steiner e Taborek (1992) affermarono
che dovrebbero essere applicatele seguenti considerazionisullo scambio termico per
ebollizione in tubi verticali:
Per i flussi termici al di sotto della soglia di inizio dell’ebollizione nucleata
'' ''ONBq q , dovrebbe essere considerato solo il contributo convettivo e non anche
quello di ebollizione nucleata;
Per flussi termici molto alti, il contributo dell’ebollizione nucleata è dominante;
Quando x=0, htp dovrebbe essere uguale al coefficiente di scambio termico per
convezione monofase liquida quando '' ''ONBq q , mentre si deve aggiungere nbh
quando '' ''ONBq q ERRATA;
Quando 1,0x , tph dovrebbe essere uguale al coefficiente di scambio termico per
convezione monofase del vapore Gth (coefficiente di convezione forzata con
deflusso di solo vapore), assumendo che non è presente alcuna nebbia di liquido in
queste condizioni.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 126/175
Figura 2-44:Processo di ebollizione in tubi verticali secondo Steiner e Taborek (1992)
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 127/175
La figura precedente illustra l’evoluzione del coefficiente di scambio termico per
evaporazione in tubi verticali in accordo con le considerazioni precedenti, le quali sono
spiegate come segue:
Regione A-B. Prima del punto A, si verifica solo la convezione monofase del liquido
sottoraffreddato. Tra il punto A e il punto B, si ha solo la convezione monofase
liquida se '' ''ONBq q , mentre si ha l’ebollizione sottoraffreddata se '' ''ONBq q .
Nell’ebollizione sottoraffreddata le bolle crescono e collassano vicino alla parete del
tubo e ciò aumenta il trasferimento di calore.
Regione B-C-D. Quando '' ''ONBq q , solo l’evaporazione convettiva ha luogo come
indicato dalla curva di “ebollizione convettiva pura. Quando '' ''ONBq q , sono
presenti entrambi i contributi di ebollizione nucleata e convettiva e sono sovrapposti.
La linea orizzontale tratteggiata rappresenta il coefficiente di ebollizione nucleata al
dato flusso termico. La linea continua rappresenta la sovrapposizione dei due
contributi, quindi htp. Il tipo di deflusso passa attraverso il bubbly flow e il churn flow,
come mostrato nel diagramma inferiore.
Regione D-E-F. Quando '' ''ONBq q il processo continua nella curva di ebollizione
convettiva pura fino all’inizio del dryout per titoli alti che si avvicinano a 1.0. Quando
'' ''ONBq q si aggiunge l’ebollizione nucleata in un deflusso anulare, caratterizzato
da un sottile strato di liquido turbolento a ridosso della parete e una regione centrale
occupata da vapore; questo regime continua fino al titolo critico .critx , raggiunto
quando il film di liquido si asciuga.
Regione F-G. A .critx il film di liquido diventa instabile a causa dello sforzo di taglio
all’interfaccia e della forza di adesione. Nel regime di deflusso a nebbia il
meccanismo di scambio termico cambia completamente, il calore è adesso trasferito
attraverso la convezione della fase vapore, evaporazione delle goccioline di liquido
entro il vapore surriscaldato, urto delle gocce di liquido sulla parete e irraggiamento.
(nota: il modello di Steiner e Taborek non predice le linee tratteggiate del regime di
deflusso a nebbia quando .critx x ).
Modello di flow boiling. Basandosi sulle premesse precedenti, Steiner e Taborek
proposero un modello globale per il flow boiling in tubi verticali.
Il loro coefficiente locale di flow boiling è ottenuto mediante un approccio asintotico usando
un esponente n uguale a 3 :
133 3
tp nb,o nb,o Lt tp+ h h F h F
(3.79)
In questa espressione i parametri sono definiti così:
nb,oh è il coefficiente locale di ebollizione nucleata in pool boiling al flusso termico
oq alla pressione ridotta rp uguale a 1.0;
nb,oF è il fattore di correzione per l’ebollizione nucleata (ma non è il fattore di
soppressione, che non è richiesto in un modello asintotico);
Lth è il coefficiente locale per la convezione forzata della fase liquida ottenuto
considerando il flusso totale come flusso di liquido (non la frazione di liquido del
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 128/175
flusso come nei metodi precedenti) ed è calcolato mediante la correlazione di
Gnielinski (1976) e non quella di Dittus-Boelter;
tpF è il moltiplicatore bifase che stima l’aumento della convezione del liquido
attraverso la velocità del flusso bifase comparata con quella di un flusso monofase
di liquido all’interno del canale.
La correlazione di Gnielinski è:
Lt
Lt
12
23
-1000 Pr8
1+12.7 Pr 18
LL
i
LL
L
fRe
h d
kf
(3.80)
Il fattore di attrito di Fanning Lf per il liquido è:
-2
Lt0.7904ln -1.64Lf Re (3.81)
Questa espressione è valida quando Lt4000<R <5000000 e 0.5<Pr <2000L
e per il
deflusso monofase. Per valutare il numero di Reynolds è usata la velocità globale del liquido
più il vapore :
Lti
L
mdRe
(3.82)CHECK
Il moltiplicatore bifase tpF è riferito all’ebollizione convettiva, che avrà luogo se
crit ONBx< e q''>q''x oppure al di sopra dell’intero range di x se ONBq''<q'' . In applicazioni in
cui critx<x all’uscita del tubo e ONBq''>q'' come nelle caldaie delle centrali di potenza e nelle
calandrie, è usata la seguente relazione:
1.10.35
1.5 0.6
tp 1-x +1.9 L
G
F x
(3.83)
Questa espressione copre valori di L
G
da 3.75 a 5000 e converge a 1.0 quando x va a 0.
critx è spesso assunto 0.5 in queste applicazioni.
Quando ONBq''<q'' è presente solo l’ebollizione convettiva pura che si estende da
x=0 a x=1.0 . Al caso limite di x=1 .0 il valore di tph corrisponde a Gth che si ottiene dalla
correlazione di Gnielinski:
Gt
Gt
12
23
-1000 Pr8
1+12.7 Pr 18
GG
i
GG
G
fRe
h d
kf
(3.84)
Il fattore di attrito Gf per il vapore è dato da:
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 129/175
-2
Gt0.7904ln -1.64Gf Re (3.85)
Il numero di Reynolds è calcolato considerando la velocità globale delle due fasi liquido e
vapore:
Gt
i
G
mdRe
(3.86)CHECK
In questo caso, per trovare tpF è usata l’equazione seguente:
-0.5-2.2
0.35
1.5 0.010.6
tp -20.67
0.70.01
1-x +1.9 1-x
1+8 1-x
L
G
G L
L G
x
F
hx
h
(3.87)
Questa espressione è valida per fluidi con L
G
da 3.75 a 1017.
Il termine con l’esponente 0.01 fa in modo che l’espressione tenda ai suoi corretti limiti per
x=0 e x=1.
Il minimo flusso termico per avere l’inizio dell’ebollizione nucleata ONBq'' è dato dalla
seguente espressione che usa il coefficiente di scambio termico monofase Lth :
sat LtONB
LG
2σq''
o G
T h
r (3.88)
In questa espressione è la tensione superficiale, satT è la temperatura si saturazione in
gradi Kelvin, or è il raggio critico di nucleazione per i siti di ebollizione in metri e LG è il
calore latente di vaporizzazione. Il valore consigliato per or è -60.3*10 m .
Per ONBq''>q'' è presente l’ebollizione nucleata nel processo di flow boiling, altrimenti no.
Il coefficiente di ebollizione nucleata nbh viene qui determinato con un metodo simile a
quello di Gorenflo (1993) per il pool boiling. Il coefficiente standard di ebollizione nucleata di
Steiner e Taborek nb_o h è riportato in Tabella 10.1 per le seguenti condizioni standard:
pressione ridotta =0.1rp , una rugosità media della superficie di =1μmopR e un valore di
flusso termico q''o uguale ai valori tabellati per ogni fluido.
Il coefficiente di correzione per l’ebollizione nucleata nbF include gli effetti della pressione
ridotta, del flusso termico, del diametro del tubo, della rugosità superficiale e del fattore di
correzione residuo del peso molecolare su nb_o h :
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 130/175
-0.4 0.133nf
nb pf
q''F(M)
q''o o
pi
o i p
RdF F
d R
(3.89)
Il fattore di correzione di pressione pf F , valido per <0.95rp , stima l’incremento del
coefficiente di ebollizione nucleata con l’aumento della pressione:
0.45 3.7
pf 7
1.7=2.816 3.4+
1-r r
r
F p pp
(3.90)
L’esponente di ebollizione nucleata nf, presente nel termine del flusso termico normalizzato
è:
1.105nf=0.8-0.1 rpe (3.91)
Il riferimento per il diametro standard di un tubo i,o d è 0.01 m, ovvero 10 mm. Il valore della
rugosità superficiale standard è p,o =1μmR (valore tipico per i tubi industriali e valore di
default se pR non è noto), e il termine di rugosità superficiale copre valori di pR da 0.1 a
18μm.
Il fattore di correzione del peso molecolare residuo è posto in termini del peso molecolare
del liquido M ( valido per 10<M<187 ):
2=0.377+0.199ln +0.000028427F M M M (3.92)
Il valore massimo di F(M) è 2.5, anche quando l’espressione dà un valore più alto. Per i
liquidi criogenici H2 e He, i valori di F(M) sono 0.35 e 0.86 rispettivamente.
Questo metodo è basato su un esteso database contenente 10262 dati per acqua e altri
2345 dati per quattro fluidi refrigeranti (R-11, R-12, R-22 e R-113), sei idrocarburi (benzene,
n-pentano, n-ottano, cicloesano, metanolo, etanolo, n-butanolo), tre liquidi criogenici (azoto,
idrogeno e elio) e ammoniaca.
Questa è attualmente considerata come la più accurata correlazione per ebollizione in tubi
verticali valida per i fluidi puri. È difficile estendere l’uso a miscele, dato che non è
semplicemente determinabile il valore di nb,oh per le miscele.
Tabella 3-2: Coefficienti standard di ebollizione nucleata in flow boiling di Steiner e
Taborek considerando "p" _"r" =0.1 e "R" _"p,o" =1μm
Fluido critP M ''oq ,nb oh
bar 2/W m
2/W m
Metano 46.0 16.04 20000 8060
Etano 48.8 30.07 20000 5210
Propano 42.4 44.10 20000 4000 n-Butano 38.0 58.12 20000 3300
n-Pentano 33.7 72.15 20000 3070
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 131/175
Isopentano 33.3 72.15 20000 2940 n-Esano 29.7 86.18 20000 2840
n-Eptano 27.3 100.2 20000 2420 Cicloesano 40.8 84.16 20000 2420 Benzene 48.9 78.11 20000 2730
Toluene 41.1 92.14 20000 2910 Difenile 38.5 154.2 20000 2030
Metanolo 81.0 32.04 20000 2770 Etanolo 63.8 46.07 20000 3690 n-Propanolo 51.7 60.10 20000 3170
Isopropanolo 47.6 60.10 20000 2920 n-Butanolo 49.6 74.12 20000 2750
Isobutanolo 43.0 74.12 20000 2940
Acetone 47.0 58.08 20000 3270 R-11 44.0 137.4 20000 2690
R-12 41.6 120.9 20000 3290 R-13 38.6 104.5 20000 3910 R-13B1 39.8 148.9 20000 3380
R-22 49.9 86.47 20000 3930 R-23 48.7 70.02 20000 4870
R-113 34.1 187.4 20000 2180 R-114 39.6 170.9 20000 2460 R-115 31.3 154.5 20000 2890
R-123 36.7 152.9 20000 2600 R-134a 40.6 102.0 20000 3500
R-152a 45.2 66.05 20000 4000
R-226 30.6 186.5 20000 3700 R-227 29.3 170.0 20000 3800
RC318 28.0 200.0 20000 2710 R-502 40.8 111.6 20000 2900
Clorometano 66.8 50.49 20000 4790
Tetraclorometano 45.6 153.8 20000 2320 Tetrafluorometano 37.4 88.00 20000 4500
Elio 2.275 4.0 1000 1990 Idrogeno (para) 12.97 2.02 10000 12220 Neon 26.5 20.18 10000 8920
Azoto 34.0 28.02 10000 4380 Argon 49.0 39.95 10000 3870
Ossigeno 50.8 32.0 10000 4120 Acqua 220.6 18.02 150000 25580 Ammoniaca 113.0 17.03 150000 36640
Anidride
Carbonica + 73.8 44.01 150000 18890
Esafluoruro di 37.6 146.1 150000 12230
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 132/175
zolfo
£ Proprietà fisiche riferite a rp =0.3 invece che 0.1
+ Calcolato con le proprietà riferite a critT
3.3.4 Flow Boiling in tubi dritti ad asse orizzontalePARAGRAFATURA
La figura seguente, riportata dal testo “Collier and Thome” (1994), mostra la sequenza dei
regimi di deflusso che si osserva in un tubo vaporizzatore ad asse orizzontale. Si ipotizza
che il flusso termico sia uniforme lungo tutto il condotto, e che il liquido in ingresso abbia una
velocità trascurabile e una temperatura inferiore alla temperatura di saturazione. La
distribuzione asimmetrica delle fasi del liquido e del vapore, a causa degli effetti della
gravità, introduce nuove complicazioni rispetto al flow boiling in tubi verticali, trattato nei
paragrafi precedenti. Ai fini dello studio della trasmissione del calore, bisogna analizzare con
attenzione quelle parti del condotto in cui c’è la possibilità che si verifichi l’asciugamento
(dryout) della parete del tubo oppure il dryout intermittente (intermittent dryout:
l’asciugamento lungo la parete è discontinuo), in particolare per deflusso a tappi (slug) e
ondoso (wavy flow: il moto del liquido, che per effetto della gravità occupa la parte bassa del
condotto, è caratterizzato da onde di ampiezza variabile) e per moto anulare (annular flow)
con dryout parziale (partial dryout: l’asciugamento della parete è localizzato). In caso di
annular flow il film liquido, che ricopre la parete del tubo, è più spesso in basso, quindi il
dryout inizia in alto e procede, lungo la direzione del moto, fino ad investire l’intero
perimetro. In wavy flow la cima del condotto può essere asciutta sempre o asciutta
adintermittenza; in tal caso le onde, che caratterizzano il moto, si lasciano dietro un sottile
film di liquido che non sempre evapora completamente prima dell'arrivo dell’onda
successiva.
Di seguito vengono descritti i due metodi principali per la determinazione dei coefficienti di
scambio termico in condizione di flow boiling bifase.
Figura 2-45: I regimi di deflusso bifase che si osservano in un tubo vaporizzatore ad
asse orizzontale in base al “Collier and Thome” (1994)
3.3.5 Correlazioni per il tubo verticale modificate per i tubi ad asse
orizzontale.PARAGRAFTURA
Nella maggior parte dei casi, per determinare i coefficienti di scambio termico di flow boiling
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 133/175
in tubi orizzontali, si applicano i metodi discussi in precedenza per la configurazione verticale
(Shan (1982), Gungor e Winterton (1986,1987), Klimenko (1990) e Wattelet et al. (1994))
apportando delle modifiche in base ai risultati sperimentali. Ad esempio, Shan ha introdotto
un valore di soglia tra il deflusso stratificato (stratified flow, durante il quale è possibile
individuare un’interfaccia orizzontale piana e indisturbata che separa la fase liquida dal
vapore) e non stratificato (non-stratified flow, in cui le fasi sono in continuo rimescolamento),
utilizzando il numero di Froude per il liquido FrL definito come:
2Fr
g L
L i
G
d
(3.93)
Per FrL<0,04 il deflusso è stratificato e si applica il metodo per il tubo verticale senza
apportare modifiche: N=C0. Se FrL>0,04, il deflusso non è stratificato ed N è rettificato con il
numero di Froude per il liquido FrL come segue:
- 0.3
0 N = 0.38 Fr L C(3.94)
tale relazione riduce il coefficiente di scambio termico in flow boiling bifase per bassi valori
della portata specifica di massa, ma lo lascia invariato nel caso in cui G sia elevata. Tuttavia
trascura l'effetto del titolo del vapore sulla transizione da stratified flow a non-stratified flow.
Gungor e Winterton utilizzano una soglia superiore: FrL=0.05. Quando FrL<0.05 il metodo
per tubo verticale è applicato senza modifiche, ma se FrL>0.05 viene introdotto un nuovo
parametro E2 come moltiplicatore di E:
L (0.1- 2Fr )
2 Fr LE (3.95)
Analogamente, il coefficiente S di soppressione dell’ebollizione è moltiplicato per un fattore
correttivo:
2
2 L (Fr )S (3.96)
In tal modo si riduce il coefficiente di scambio termico in flow boiling bifase soltanto nel caso
in cui la portata specifica di massa non sia elevata.
Anche Kandlikar (1990), ha introdotto una soglia di stratificazione: FrL=0.05.
Wattelet et al.(1994), analizzando gli andamenti dei coefficienti di scambio termico in base ai
dati sperimentali in loro possesso per deflusso anulare e stratificato, hanno fissato la soglia
di stratificazione in corrispondenza di un valore molto più elevato: FrL=0.25. Vale la pena
sottolineare, tuttavia, che il numero di Froude per il liquido FrL non è un metodo affidabile per
prevedere l'insorgenza di stratificazione, come mostrato da Kattan, Thome e Favrat (1995a)
confrontando i dati sperimentali sul deflusso di vari refrigeranti . La soglia così individuata, in
molti casi, è distante dal valore reale da 10 a 16 volte! I metodi appena descritti non sono
affidabili ai fini dello studio della trasmissione del calore in stratified flow e annular flow; le
ragioni principali sono riassunte di seguito:
riconoscono soltanto il deflusso stratificato e non stratificato, e non tutti i regimi che
si susseguono nel flow boiling orizzontale, inoltre non sono precisi nel definire la
soglia tra stratified e non-stratified flow;
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 134/175
in presenza di un flusso termico q" uniforme, i coefficienti di ebollizione locali sono
riferiti al titolo del vapore, anch’esso locale, individuando soltanto alcuni punti della
funzione htp(x): i metodi non danno informazioni sull’andamento né sulla pendenza
di htp(x);
non determinano l'inizio del dryout in annular flow a titoli elevati e non sono in grado
di individuare il forte picco di htp(x) che si evince dai dati sperimentali; non
prevedono, inoltre, il calo della funzione successivo all’insorgenza del dryout nella
parte superiore del tubo. Di conseguenza operano una sovrastima della
trasmissione del calore in annular flow dal 100% al 300% o più;
al fine di calcolare il coefficiente di scambio termico in annular flow utilizzano la
relazione di Dittus-Boelter per tubular flow, senza tener conto del regime di deflusso
che caratterizza il film liquido (film flow).
Le equazioni precedenti del flow boiling, pertanto, non possono essere utilizzate per lo
studio del stratified flow, né del dryout parziale sulla cima del perimetro del tubo.
Tuttavia questi metodi sono costituiti da poche equazioni e sono facili e rapidi da applicare.
3.3.6 Analisi dei regimi locali di deflusso in base al modello Kattan-Thome-
Favrat.SPOSTARE
Un ulteriore approccio fenomenologico, riguardante l’analisi dei regimi di deflusso locali nei
tubi vaporizzatori orizzontali, è stato introdotto da Kattan, Thome e Favrat (1998a, 1998b,
1998c). La trattazione, in base alla quale sono state redatte le mappe di deflusso, riguarda i
deflussi stratificati (stratified flows), stratificati-ondulati (stratified-wavy flows), intermittenti
(intermittent flows), anulari (annular flows) e anulari con dryout parziale. I moti a tappi (slug e
plug) sono deflussi intermittenti, in cui la parete del tubo è bagnata dal frequente passaggio
di onde di grande ampiezza che creano un sottile film di liquido. Per semplificare lo studio, i
deflussi intermittenti sono assimilati a deflussi anulari e l’annular flow con dryout parziale è
classificato come una forma di stratified-wavy flow. Il modello non tratta la trasmissione del
calore in presenza di deflusso a bolle e a nebbia (bubbly e mist).
A seguito delle assunzioni anzi elencate, la trattazione si riassume nell’analisi dei deflussi
completamente stratificato (fully-stratified), stratificato-ondulato (stratified-wavy) e anulare
(annular); la figura 10.6 mostra lo schema logico di riferimento per tale studio. In caso di
fully-stratified flow, il liquido scorre nel fondo del tubo con un’interfaccia orizzontale piana e
indisturbata che lo separa dal vapore al di sopra; considerando lo stesso perimetro per una
superficie piana, si ipotizza di avere un processo equivalente di trasmissione del calore
attraverso un film liquido di spessore δ la cui sezione trasversale AL è pari a quella della
zona stratificata del liquido. Per annular flow (e intermittent flow), si considera la fase liquida
concentrata in un film anulare sulla parete del tubo, individuato da una pellicola di spessore
δ. Per stratified-wavy flow (e anulare con dryout parziale), l’anello di liquido che si forma non
interessa tutto il perimetro del tubo ma presenta una troncatura variabile tra un limite
inferiore, per deflusso completamente stratificato, ed un limite superiore per deflusso
anulare.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 135/175
Figura 2-46: aree geometriche occupate dal liquido e dal vapore, angoli di
stratificazione e di asciugamento e spessore del film liquido nel
modello del flow boiling Kattan-Thome-Favrat
Con un diametro interno di del tubo vaporizzatore, la relazione generale per determinare il
coefficiente locale htp di flow boiling in base al metodo Kattan-Thome-Favrat è la seguente:
dry vapor i dry wet
tp
d (2 - )
2 d
i
i
d h hh
(3.97)
Il perimetro asciutto del tubo, se presente, è individuato dall’angolo di asciugamento θdry e il
coefficiente di scambio termico su questa superficie è hvapor. Sul perimetro bagnato, il
coefficiente di scambio termico è hwet che si ottiene da un’espressione asintotica che
combina il contributo in ebollizione nucleata (nucleate boiling) hnb con il termine in ebollizione
convettiva hcb (convective boiling):
1/3
3 3
wet nb cb= + h h h(3.98)
Per determinare hnb si fa riferimento alla relazione dimensionale a pressione ridotta di
Cooper (1984b):
0.12 -0.55 -0.5 0.67
nb =55 p (-log10 ) q''rh pr M(3.99)
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 136/175
trascurando l’effetto della rugosità superficiale. Nella [10.4.7] hnb è in W/m2K, pr è la
pressione ridotta, M è il peso molecolare del liquido e q'' è il flusso termico alla parete del
tubo in W/m2. Il fattore di moltiplicazione 1,7 per tubi in rame viene trascurato.
Analizzando il regime di deflusso del film (film flow) il coefficiente di scambio termico in
ebollizione convettiva hcb è:
0.69 0.44 G (1-x) pL
cb = 0.0133 (1- )
c L kLh
L kL
(3.100)
CHECK
dove 0,0133 e 0,69 sono costanti empiriche ricavate dai dati sperimentali riguardanti cinque
refrigeranti e sono generalmente utilizzabili anche per lo studio di altri fluidi in presenza di
films turbolenti anulari.
I due fattori tra parentesi sono rispettivamente il numero di Reynolds ReL e il numero di
Prandtl PrL, entrambi riferiti alla fase liquida. È possibile calcolare ReL se sono noti: la
portata specifica di massa nella sezione del tubo occupata dal liquido, il titolo del vapore x,
lo spessore del film liquido anulare δ e la frazione di vuoto α .
Alla portata specifica di massa del vapore xG , il coefficiente di scambio termico per la fase
vapore hvapor sul perimetro asciutto del tubo si ottiene dalla correlazione di Dittus-Boelter per
tubular flows (1930) in deflusso turbolento:
0.69 0.4
vapor
G x d pV = 0.023
α μ
i c V kVh
V kV di
(3.101)
Il numero di Reynolds per il vapore ReV, nel primo termine tra parentesi, è funzione della
portata specifica di massa nella sezione trasversale del tubo occupata dal vapore.
L'angolo di asciugamento θdry individua la zona completamente asciutta della parete del tubo
nei deflussi di tipo stratificato e anulare con dryout parziale. Per moto anulare e
intermittente, il perimetro del tubo è sempre bagnato e quindi θdry è pari a zero: htp e hwet
sono uguali (il deflusso intermittente è analizzato come una forma di deflusso anulare).
In aggiunta, kL e kV sono le conducibilità termiche, cpL e cpV i calori specifici, e μL e μVle
viscosità rispettivamente del liquido e del vapore.
G è la portata specifica di massa complessiva nel tubo, x è il titolo del vapore. I metodi per
determinare θdry, α e δ sono descritti di seguito.
La frazione di vuoto del vapore α è ricavata con il metodo per deflusso turbolento di
Rouhani-Axelsson (1970) già in uso per i tubi verticali e modificato da Steiner (1993) per i
tubi orizzontali:
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 137/175
-11/4
2
1-x 1.18 g ( ) = 1+0.12(1-x) 1-x
x x L V
V V L G L
(3.102)
dove G è la portata specifica di massa totale del liquido e del vapore, x è il valore locale del
titolo, ρL e ρV sono rispettivamente la densità del liquido e del vapore, e σ è la tensione
superficiale (tutto in unità di misura del SI). L’area della sezione trasversale del tubo
occupata dalla fase liquida AL è ottenuta utilizzando la frazione di vuoto α:
L = A(1- )A (3.103)
dove A è la sezione interna totale del tubo. In caso di deflusso completamente stratificato,
come illustrato in Figura 10.6, l’angolo di stratificazione θstrat (in radianti) del liquido nella
parte inferiore del tubo è ricavato dalla seguente correlazione:
2 = 0.5 [(2 - strat) - sin(2 - strat)]iAL r
(3.104)
La [10.4.12] è un’espressione geometrica implicita e viene risolta iterativamente al fine di
trovare il valore dell’angolo di stratificazione θstrat utilizzando AL, dove ri è il raggio interno del
tubo. L'angolo di asciugamento θdry varia tra un limite inferiore θdry=0, per deflusso anulare
con parete completamente bagnata e portata specifica di massa highG , e un valore massimo
θdry= θstrat, per deflusso completamente stratificato e portata specifica di massa lowG . Nella
zona di transizione dal regime intermittente e anulare allo stratificato-ondulato i valori assunti
da wavy G (la curva che separa l’annular e l’ intermittent flow dallo stratified-wavy flow) e
stratG (la curva che separa lo stratified-wavy flow dal fully stratified flow) sono sostituiti
rispettivamente con highG e lowG . Per determinare θdry, quando x<xmax (xmax è l’ascissa
dell’intersezione tra le curve wavy G e mistG , quest’ultima segna il confine tra annular flow e
mist flow) si utilizza una semplice interpolazione lineare tra highG e low G come illustrato in
Figura 10.6 e 10.7:
hight
dry strat
hight low
( – G) =
( – G )
G
G
(3.105)
quindi, nell’espressione precedente, θdry cambia al variare di high G e low G con x.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 138/175
Figura 2-47: mappa dei regimi di deflusso bifase per x<xmax
Lo spessore del film liquido anulare δ è ricavato dalla relazione dell’area della sezione di
passaggio occupata dalla fase liquida, per un particolare valore della frazione di vuoto e
dell’angolo di asciugamento, che coincide con l’area della sezione dell’anello di liquido che si
forma in deflusso anulare, trascurando lo spessore δ rispetto al raggio del tubo ri:
dry dry dry
d (1 - )A(1 - ) =
(2π - ) (2π - ) 2 (2 - )
iL
i
A
r ri
(3.106)
Quando x>xmax, bisogna far riferimento ad un’altra relazione per determinare θdry, come
illustrato in Figura 10.8; per titoli troppo elevati il perimetro del tubo non è mai
completamente bagnato, quindi, non potendo determinare high G , l'angolo di asciugamento
θdry è calcolato orizzontalmente:
maxdry dry max
max
(x - x ) = (2 ) +
(1 - x )
(3.107)
supponendo che vari linearmente tra i valori θmax e 2π (2π è il limite superiore a x=1, e θmax è
determinato dall’equazione 3.106 con x=xmax);
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 139/175
Figura 2-48: angolo di asciugamento θdry quando x>xmax
Zürcher, Thome e Favrat (1999) hanno analizzato, con il modello Kattan-Thome-Favrat, il
flow boiling dell’ammoniaca in tubi di acciaio al carbonio inossidabili, per portate specifiche
inferiori a 16.3 kg/m2s, pressioni ridotte minori di 0,0085 e flussi termici maggiori di 71.6
kW/m2 (22700Btu/h ft
2). Il modello del flow boiling di Kattan-Thome-Favrat è risultato
affidabile nelle seguenti condizioni:
1.12≤ psat ≤8.9bar (16.2-129.0 psia);
0.0085≤ pr ≤0.225;
16.3≤ G ≤0.225kg/m2s (11,773-369.900 lb/h ft
2 s);
0.01≤ x ≤1.0;
440≤ q”≤71.600 W/m2 (140-22700 Btu/h ft
2);
17.03≤ M ≤152.9 (escludendo i valori superiori a circa 300 raggiunti con miscele di
oli refrigeranti);
74≤ ReL ≤20399 e 1300≤ReG≤376.804;
1.85≤ PrL ≤5.47 (ma nelle prove con miscele di oli refrigeranti sono inclusi i valori di
PrL maggiori di 134);
0.00016≤ μL ≤0.035 Ns/m2
(includendo i dati con miscele di oli refrigeranti la
viscosità può assumere anche valori compresi tra 0.16 e 35);
10.9≤ di ≤16.0 mm (in caso di analisi più approfondite 0.43≤ di ≤0.63);
Fluidi: R-134a, R-123, R-502, R-404°, R-407C e ammoniaca;
Tubi di metallo: rame, acciaio al carbonio e acciaio inox.
Per deflussi anulari, il metodo Kattan-Thome-Favrat ha una precisione paragonabile a quella
dei metodi di Shan (1982), Jung et al. (1989) e Winterton (1986,1987), i quali non
permettono di individuare quando è presente il l’annular flow, né di ottenere il corretto
andamento di htp(x). Quando il deflusso è stratificato-ondulato, il modello Kattan-Thome-
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 140/175
Favrat è due volte più preciso del migliore degli altri metodi, con cui, però, è possibile
ricavare la soglia di deflusso stratificato e il corrispondente fattore di correzione per la
trasmissione del calore.
Per x>0.85, caso tipico di sistemi evaporativi in espansione diretta, il modello Kattan-Thome-
Favrat è tre volte più preciso: le deviazioni standard degli altri metodi differiscono del
± 80% o più.
La Figura 10.9 mostra la mappa dei regimi di deflusso e i coefficienti di scambio termico, in
base al modello Kattan-Thome-Favrat (le equazioni di transizione da moto ondoso a
stratificato sono state modificate da Zürcher, Thome e Favrat (1999)), dell’n-butano saturo a
60°C (140°F) e 6.4 bar (92.8 psia), con un flusso termico di 15 kW/m2 e un tubo dal diametro
interno di 19.86 mm (0.782 in.). Possono essere fatte le seguenti osservazioni:
i coefficienti locali di scambio termico htp sono continui (non sono soggetti a brusche
variazioni) nel passaggio da un regime di deflusso ad un altro;
per G =20 kg/m2s (14716 lb/ft
2 s), il deflusso è completamente stratificato per tutti i
valori di x, e htp diminuisce monotonicamente all'aumentare di x come all’aumentare
dell'angolo di asciugamento;
per G =60 kg/m2s (44150 lb/ft
2 s), il deflusso è stratificato-ondulato per tutti i valori di
x con un picco moderato in htp(x);
Per G =200 kg/m2s (147160 lb/ft
2 s) e x≤0.4 il deflusso è intermittente e si verifica un
moderato aumento di htp(x);
Per G =200 kg/m2s (147160 lb/ft
2 s) e 0.4<x<0.93, il deflusso è anulare e si verifica
un incremento accentuato di htp (x), inoltre lo spessore del film liquido si riduce
progressivamente fino al dryout per x=0.93;
Per G =200 kg/m2s (147160 lb/ft
2 s) e x>0.93, il deflusso è anulare con dryout
parziale (studiato come deflusso stratificato-ondulato) e si verifica un brusco calo di
htp (x).
Inoltre, in presenza di deflusso del vapore monofase turbolento (x=1.0), il coefficiente di
scambio termico tende al suo limite naturale. Tuttavia, per x=0 il coefficiente di scambio
termico per ebollizione convettiva hcb, considerando il film flow, non va al limite naturale. Di
conseguenza, quando x=0, hcb dovrebbe essere calcolato con le correlazioni di Dittus-
Boelter o Gnielinski per tubular flow trattate in precedenza.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 141/175
Figura 2-49: mappa dei regimi di deflusso e l’andamento dei coefficienti di
scambio termico per n-butano puro a 60°C in base al modello
Kattan-Thome-Favrat
3.3.7 Considerazioni sulla trasmissione del calore in tubi orizzontaliCHECK
PARAGRAFATURA
La tendenza attuale è quella di produrre il riscaldamento, per ottenere vaporizzazione all’interno di tubi
orizzontali, mediante un fluido caldo esterno in contro corrente. Sono riportate alcune motivazioni per le
quali si preferisce tale soluzione: A CHE SERVE?
1. per deflusso anulare, i valori di htp sono costanti,
2. per tutti i tipi di deflusso stratificato, il riscaldamento tramite il liquido caldo introduce una
condizione al contorno di temperatura quasi uniforme sul perimetro del tubo, mentre il
riscaldamento elettrico provoca la trasmissione del calore in direzione circonferenziale al
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 142/175
tubo nella zona calda, e la presenza, nella zona più fredda del tubo, della parete asciutta in
alto e umida al fondo, ottenendo una condizione al contorno indefinita, ?????????
3. per deflusso anulare con dryout parziale nella parte alta del perimetro del tubo, il
riscaldamento elettrico, inoltre, non è consigliabile perché il calore è trasmesso assialmente
lungo la sezione di prova.?????????
In passato, il riscaldamento elettrico veniva usato al fine di determinare i coefficienti locali di scambio
termico: con l’acqua calda si ottenevano, infatti, valori medi o quelli che possono essere definiti come
“quasi-locali”, con delle variazioni del 3-10% o più del titolo nella zona di prova.
Tuttavia, utilizzando una tecnica adottata da Kaul, Kedzierski e Didion (1996) e Zürcher, Thome e
Favrat(1999) caratterizzata da un riscaldamento mediante fluido caldo, una serie di termocoppie distribuite
localmente nel fluido ed altre montate sulla parete, si riescono ad individuare i valori esatti dei coefficienti
locali di scambio termico in flow boiling, senza dover ricorrere al riscaldamento elettrico, né doversi
accontentare dei valori "quasi-locali" . Per ottenere i coefficienti di scambio termico del fluido riscaldante
nella zona anulare, si combina la tecnica del profilo di temperatura con una soluzione particolare introdotta
da Wilson; in tal caso le termocoppie alla parete non sono necessarie.
Inoltre, in caso di flow boiling stratificato, avvolgendo ad elica un filo riscaldante sulla parte esterna del
tubo, aumenta il coefficiente lato acqua, e si incentiva la miscelazione che minimizza i gradienti di
temperatura del fluido nella zona anulare, che possono insorgere nelle condizioni di prova.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 143/175
4 Equazioni di conservazione in sistemi monofase e
bifase
Le equazioni di conservazione nei sistemi fluidi sono le equazioni che esprimono il principio
della conservazione della massa, della quantità di moto e dell’energia. La quantità di moto è
una grandezza vettoriale. Nello spazio una grandezza vettoriale ha tre componenti e quindi
le equazioni di conservazione saranno cinque.
In passato le equazioni di conservazione erano proposte in forme estremamente semplici,
basate su molte approssimazioni. Esse riguardavano prevalentemente le equazioni della
conservazione della massa e della quantità di moto ed erano viste più come uno strumento
matematico, non utilizzate direttamente per risolvere un problema fluidodinamico. In
assenza dei calcolatori, l’approccio ingegneristico utilizzato ricorreva sempre a delle
sostanziali semplificazioni che permettevano di ridurre le equazioni differenziali di
conservazione a forme estremamente semplici, risolubili analiticamente.
Le equazioni di conservazione erano importanti anche perché permettevano di mettere a
fuoco la fisica di alcuni problemi ed erano utilizzate, informa semplificata, per mettere in
evidenza le influenze tra i parametri più importanti e costituire una base per la formulazione
di correlazioni utili per la soluzione di specifici problemi
.
Negli ultimi anni c’è stato un enorme sviluppo a livello di miniaturizzazione dei componenti
elettronici che ha portato a sviluppare calcolatori sempre più potenti e questo ha consentito
di gestire un enorme quantità di calcoli, di dati, di correlazioni, in tempi accettabilmente
piccoli.
La evoluzione tecnologica dei calcolatori numerici ha aperto la possibilità di affrontare il
problema della soluzione delle equazioni di conservazione, non più ricorrendo ad eccessive
semplificazioni ma modificando l’approccio traducendo le equazioni differenziali in equazioni
numeriche.
Si può oggi pensare di utilizzare queste cinque equazioni di conservazione, che sono
equazioni differenziali e, nella formulazione generale sono molto complesse, traducendole
da equazioni differenziali in equazioni numeriche e quindi dotarci di strumenti di analisi di
tipo numerico la cui “integrazione” permette di determinare, punto per punto, istante per
istante,in maniera discretizzata, il valore assunto dalle grandezze fondamentali che
riguardano il fluido.
Risolvere un problema di fluidodinamica significa, nel caso di un fluido che si muova
all’interno di un certo spazio, riuscire a conoscere punto per punto, istante per istante, la
pressione, la densità e la velocità del fluido. Poiché la velocità è una grandezza vettoriale,
automaticamente significa conoscere tre componenti di velocità, la , , ,x y zv v v punto per
punto e istante per istante. Inoltre significa conoscere la pressione punto per punto istante
per istante e la densità del fluido punto per punto istante per istante. Si hanno, quindi, cinque
grandezze la cui conoscenza (punto per punto ed istante per istante) di permette di definire
completamente il comportamento del fluido.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 144/175
Le equazioni a disposizione sono: quella di conservazione della massa e le tre equazioni di
conservazione della quantità di moto. Manca un'altra relazione: si userà una relazione che
indichi il comportamento del fluido, ad esmpio l’equazione di stato, che per un gas perfetto è
PV nRT . Quindi si hanno cinque incognite ecinque equazioni. Di queste equazioni,
quattro sono di conservazione e una è l’equazione caratteristica del comportamento fisico
del fluido.
Se il problema non è di fluidodinamica ma di termo-fluidodinamica, ci sarà un'altra
grandezza che si deve conoscere punto per punto ed istante per istante ed è la temperatura
nel fluido. Si ha, quindi, un’incognita in più, che richiede un equazione in più: l’equazione di
conservazione dell’energia. Adesso si pone il problema di come debbono essere strutturate
queste cinque equazioni di conservazione che, insieme alla sesta equazione, l’equazione di
stato, permettono di avere a disposizione un sistema di 6 equazioni con 6 incognite, quindi
in linea di principio potenzialmente idoneo per ottenere la soluzione del problema (la
difficoltà risiederà, poi, nella possibile integrazione delle equazioni).
Si pone, dunque, il problema di vedere come ricavare e come strutturare queste equazioni di
conservazione.
Nell’analisi delle equazioni di conservazione viene effettuata una distinzione tra deflussi
laminari monofase, deflussi turbolenti monofase e deflussi bifase.
4.1 Deflussi laminari monofase
Si suppone di avere un fluido che si trova all’interno di una porzione di spazio, ad esempio
una valvola, nel quale si vuole caratterizzare il fluido, cioè conoscere punto per punto e
istante per istante le sue componenti di velocità, la temperatura, la densità e la pressione.
Supponiamo che il fluido sia in deflusso laminare. Questa è un’ipotesi applicabile nei regimi
delle basse velocità e porta a formulazioni più facilmente trattabili. In condizioni laminari
riconosciamo un moto ordinato delle particelle di fluido (che scorrono le une sulle altre), a
differenza del moto turbolento, che è caratterizzato da un moto disordinato di particelle, con
vortici, dovuto ai forti gradienti di velocità.
Un’equazione di conservazione è una relazione nella quale si esprime un bilancio. Per
questo bisogna identificare correttamente tutti i contributi (cause) che possano partecipare
per determinare un certo effetto; sarà, poi, necessario rappresentare correttamente sia i
contributi che svolgono una azione “modificatrice”, sia l’effetto, da un punto di vista fisico
matematico. Si otterranno, così, delle relazioni (equazioni) la cui soluzione simultanea
permetterà di studiare uno specifico problema applicativo.
4.1.1 Equazione di conservazione della massa
Si consideri un volume di controllo (Figura 4-1):
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 145/175
Figura 4-1 Volume di controllo
L’equazione di conservazione della massa esprime il bilancio tra la massa entrante nel
sistema (il volume di controllo, cv), la massa uscente dal sistema e la massa rimanente
all’interno del sistema:
( . .)massauscente massaentrante variazionedimassanel c v (4.1)
ERRORE
z
x
y
D
A
B
C E
F
G
H
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 146/175
Se si vuole di mettere in evidenza l’aspetto temporale, si divide tutto per :
( . .)massauscente massaentrante variazionedi massanel c v
ERRORE
Facendo riferimento all’asse abbiamo:
la massa entrante è data dal prodotto della portata specifica di massa, calcolata
rispetto all’asse x ( )x xxv G , per l’area della superficie del volume di controllo
nella quale entra la massa, che è la faccia ABCD. Questo prodotto è la portata x .
La massa che entra sarà pari alla portata x per il :
x xmassaentrante v dydz
La massa uscente è data da:
x x xmassauscente v dydz
(il calcolo in x + Dx riguarda il prodotto RO v)
La variazione di massa è data dalla quantità di (kg) di fluido che rappresenta
l’aumento o la diminuzione di massa all’interno del volume di controllo; quindi si ha:
( )M dxdydz
data dal prodotto di una densità per il volume del cv.
L’equazione del bilancio, riferita all’asse x, diventa:
x xx x xv dy dz v dy dz M
All’interno del volume di controllo solo la densità può cambiare e di conseguenza solo lei
può far variarne la massa. Se si ha un fluido incomprimibile, nel quale non cambia la
densità, chiaramente nel volume di controllo non ci sarà variazione di massa e tanta è la
massa che entra, tanta è la massa che esce.
Se la distanza tra le due facce è sufficientemente piccola si può esprimere, dal punto di vista
fisico matematico (grazie alla continuità), ciò che accade nella faccia successiva come ciò
che accade nella faccia precedente più un piccolo termine di correzione; ricorrendo allo
sviluppo in serie, si possono trascurare i termini di grado superiore al primo. Riscrivendo
questa relazione e mettendo in evidenza:
x x xx x
kgv v v dx dy dz dxdy dz
x s
Dall’esame della unità di misura, massa diviso un tempo, si può dedurre che questi due
termini rappresentano fisicamente delle portate.
Supponendo che lo squilibrio tra portata entrante ed uscente avvenga solo lungo x, potremo
rappresentare l’effetto, cioè la variazione (nel tempo) della massa nel cv:
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 147/175
RELAZIONE VARIAZIONE DELLA MASSA NEL TEMPO
Faremo, adesso, riferimento ad un concetto puntuale e non più a un bilancio riferito allo
spazio finito: passeremo da un’equazione espressa in termini di portata ad un’equazione
espressa in termini di portata per metro cubo.
Arriveremo ad un’equazione puntuale, dividendo tutto per il dxdydz , ottenendo:
( )xvx
La portata che entra e attraversa il volume di controllo quantitativamente può aumentare,
rimanere costante o diminuire. Se rispetto alla direzione x c’è una variazione del prodotto
della densità per la velocità, cioè una variazione di portata (specifica), ciò porterà ad una
variazione della densità (della massa), prescindendo da ciò che può accadere nelle altre
direzioni.
Per trattare il problema in forma generale, rispetto al volume di controllo ci sono altre due
direzioni che devono essere prese in considerazione: globalmente, l’equazione di
conservazione della massa può scriversi:
x y zv v vx y z
(4.2)
Questa relazione è detta equazione differenziale di conservazione della massa.
Se si esplicitano le derivate dei prodotti, l’equazione diventa:
yx z
x y z
vv vv v v
x y z x y z
Usando la definizione della derivata sostanziale e utilizzando l’operatore divergenzai10
essa
diventa:
0D
div vD
Dove:
D
D
è la derivata sostanziale della densità rispetto al tempo,
div v è la divergenza del vettore velocità.
Dal punto di vista formale la derivata sostanziale ci fa “viaggiare” insieme alla particella
(punto di vista lagrangiano, diverso dal punto di vista euleriano, che fa vedere le cose da un
10
La divergenza è un operatore che misura la tendenza di un campo vettoriale a divergere o
a convergere verso un punto del campo. La divergenza di un vettore è una grandezza
scalare ed è la somma delle derivate parziali dei componenti del vettore.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 148/175
osservatorio “fisso” nello spazio) e mette in evidenza che la densità può cambiare nel tempo
all’interno del volume di controllo per due motivi:
1. Perché la densità sta effettivamente cambiando nel tempo (variazione temporale)
2. perché la densità cambia rispetto alla direzione (variazione spaziale) in cincidenza
con un movimento della particella.
AGGIUNGERE
Se il fluido è incomprimibile, cioè la densità non varia nel tempo, abbiamo:
0D
D
Allora l’equazione di conservazione della massa diventa:
0div v
Questo significa o che il fluido è fermo, oppure che il fluido sta aumentando la velocità
rispetto ad una direzione mentre la sua velocità rispetto ad un’altra direzione diminuisce in
proporzione, così da ottenere variazione nulla della somma delle variazioni rispetto allo
spazio delle componentidel vettore velocità.
CHECK
4.1.2 Equazione di conservazione della quantità di moto
Per qualsiasi oggetto dotato di massa inserito in un campo gravitazionale, esso sarà
soggetto ad una forza pari a:
cF m g
Dove il termine cg indica la forza applicata all’unità di massa, di natura gravitazionale, in
quel determinato punto dello spazio.
Se si considera una massa unitaria, l’espressione sarà:
1 9,81 cF g N
La costante cg è espressa in /N kg ed è la forza unitaria attrattiva (nella fattispecie, da
parte della terra) che agisce su qualsiasi oggetto dotato di massa.
Questa relazione non va confusa con la relazione della dinamica, che mette in evidenza
l’effetto, sul moto della particella, dovuto alla applicazione della forza gravitazionale.
L’effetto delle forze applicate ad un corpo è espresso come:
( )d m v dv
F m selamassanonèsoggettaavariaredt dt
Per la legge di Newton, l’accelerazione a cui un corpo di massa unitaria è soggetto sarà:
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 149/175
2
2
9,819,81 9,81
1
z
z
mkgFdv msadt m kg s
Fatta questa premessa che ci permette di distinguere il concetto di accelerazione da quello
di forza unitaria di gravità, ci poniamo il problema di ricercare delle correlazioni che ci
permettano di determinare il campo di velocità in un fluido.
Il problema è fluidodinamico, il che significa, in funzione delle leggi della dinamica, ricavare,
istante per istante e puntualmente, le tre componenti di velocità, la densità e la pressione.
Isolando un volume infinitesimo di fluido, esso sarà soggetto, oltre che ad altre forze che
esamineremo, a forze viscose, che sono espresse da uno sforzo di taglio . Per poter
impostare il bilancio delle forze applicate, bisogna, innanzitutto, ricavare delle equazioni
costitutive, che descrivano le azioni fisiche che agiscono sul fluido per effetto della viscosità,
ovvero che permettano di rappresentare “fisicamente” il legame che esiste tra le forze che si
originano nel fluido per effetto della viscosità e le cinque incognite fluidodinamiche.
Attraverso queste equazioni costitutive si riuscirà a “chiudere” il sistema di equazioni di
bilancio e disporre di un sistema formalmente completo di equazioni, la cui risoluzione
permetterà di ricavare le cinque incognite.
La deformazione in un fluido è legata al campo di velocità. Ogni fluido avrà una sua
caratteristica correlazione tra le forze di attrito e la deformazione. Riuscire a trovare
un’espressione che leghi le deformazioni alle forze viscose e alle cinque grandezze
incognite di un problema fluidodinamico, permette di risolvere il problema fluidodinamico.
Per i fluidi newtoniani la relazione fra tensione applicata (sforzo di taglio) e deformazione è
dovuta a Stokes. Il suo lavoro è stato condotto in analogia con quanto effettuato da Hooke
per i solidi. La trattazione dei solidi permette di impostare il problema e caratterizzare il
comportamento dei fluidi.
Secondo la teoria dell’elasticità (solidi), la sollecitazione che nasce all’interno di un solido,
soggetto a trazione o a compressione, è proporzionale alla deformazione secondo la legge:
E CHECK
Considerando un provino solido soggetto a trazione lungo l'asse x (figura 4-2)
Figura 4-2 Solido soggetto a trazione
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 150/175
La deformazione lungo l’asse x è costituita da un allungamento ( )d x , mentre lungo l’asse
y vi è un assottigliamento – ( )d y . Per materiali elastici soggetti ad una sollecitazione, vi è
sempre una deformazione concorde al verso della sollecitazione lungo l’asse sulla quale è
applicata, e una deformazione di verso opposto lungo le altre due direzioni. La deformazione
in campo elastico non è monodimensionale ma riguarda le tre dimensioni.
Consideriamo lo stesso provino soggetto ad uno sforzo di taglio, che lo deformi
angolarmente (Figura 4-3).
Figura 4-3 Solido soggetto a sforzo di taglio
Ci proponiamo, ora, di correlare lo stato di sollecitazione a quello di deformazione.
Le deformazioni lungo gli assi principali sono:
( )
( )
( )
x
x
y
y
z
z
l d x
l x x x
l d y
l y y y
l d z
l z z z
Considerando l’angolo xy , possiamo scrivere che:
xyx y x y
Questa è la deformazione angolare sul piano xy . Le deformazioni angolari lungo i piani yz
e xz sono rispettivamente:
yzz y z y
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 151/175
xz
z x z x
Secondo la legge di Hooke, le sollecitazioni di taglio, responsabili delle deformazioni
angolari, sono proporzionali alle deformazioni stesse. Sui piani xy , xz e yz si può
scrivere:
1
2
3
xy xy
xz xz
yz yz
G
G
G
Secondo queste relazioni, lo sforzo di taglio è proporzionale alla deformazione angolare. A
meno di situazioni di anisotropia, le costanti sono 1 2 3G G G G . LaG è il modulo di
taglio, che caratterizza il comportamento elastico di deformazione angolare del corpo.
Considerando una situazione più generale in cui il corpo solido sia soggetto a sollecitazioni
lungo le tre direzioni, l’allungamento lungo x sarà:
1
yx z
xE m E E
(4.3)CHECK
Il termine 1/ m è un'altra caratteristica del materiale, e prende il nome di coefficiente di
Poisson. L’espressione 4.3 afferma che un provino soggetto a trazione lungo l’asse x ( x )e
a compressione lungo l’asse y ( y ), si allungherà lungo l’asse x sia per il contributo dovuto
alla sollecitazione QUOTE x , che per il contributo dovuto a QUOTE y .
Le grandezze fisiche caratteristiche di un corpo elastico sono tre:
1 .
E modulodiYoung
G modulodi taglio
coeff di Poissonm
Queste tre grandezze che definiscono il comportamento elastico del materiale non sono tra
loro indipendenti. E’ possibile esprimere lo stato di sollecitazione in funzione dello stato di
deformazione ricorrendo ad una sola grandezza, il modulo di taglio.
Combinando le varie relazioni e tenendo presenti le relazioni tra E, G e 1/m, otteniamo.
2
2 3
x G G div sx
2
2 3
y G G div sy
2
2 3
z G G div sz
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 152/175
xy Gy x
yz Gz y
xz G
z x
Dove:
σ è il valor medio delle sollecitazioni assiali che agiscono sul corpo, ed è pari a
1( )
3x y z . Per definizione rappresenta la pressione nel punto.
div s è la divergenza del vettore spostamento s , ed è uno scalare. Esso può
essere espresso dalla somma delle derivate delle componenti del vettore s :
ds i ds j ds k
div sdx dy dz
div sx y z
le sollecitazioni di taglio ,xy ,yx zy sono espresse in funzione delle corrispondenti
variazioni angolari (gradienti “incrociati” delle componenti della deformazione
rispetto agli assi coordinati)
Consideriamo un volume di controllo; esso sarà soggetto a delle sollecitazioni , ,x y z
lungo gli assi. Se formalmente la x la definiamo xx , la y yy e la z zz , lungo l’asse x
la sollecitazione potrà esprimersi come:
2
2 3
xx G G div sx
Considerazioni analoghe valgono per le altre componenti, per cui si possono scrivere le
relazioni attraverso una notazione matriciale.
0 0
0 0
0 0
xx xy xz
yx yy yz
zx zy zz
x x x
Gy y y
z z z
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 153/175
0 02
0 03
0 0
x y z div s
G G div sx y z
div s
x y z
Questa notazione matriciale esprime la relazione fondamentale della legge di Hooke
sull’elasticità dei corpi.
Analogamente alla legge di Hooke, che esprime la proporzionalità fra lo stato di
sollecitazione e quello di deformazione nei solidi, la legge di Stokes sull’attrito dei fluidi,
presuppone la proporzionalità fra lo stato di sollecitazione e il tasso di variazione della
deformazione.
La grandezza viscosità, già trattata nel capitolo 1, ha un significato fisico importante.
Torniamo a considerare due lastre piane “infinite”, la prima ferma e l’altra in movimento
rispetto ad essa (Figura 4-4).
Figura 4-4 Lastre piane infinite in moto relativo
Il fluido fra le due lastre si dispone in modo tale che i vari strati di particelle fluide possano
scorrere l’uno sull’altro. La forza da applicare alla lastra è proporzionale alla velocità e
inversamente proporzionale alla distanza fra le due lastre, attraverso una costante che è
proprio la viscosità. Si può quindi scrivere che lo sforzo di taglio sulla faccia ortogonale ad
y e diretto lungo la direzione x è pari a:
xyx
v
y
Questa relazione può essere scritta nel seguente modo:
yx
yx
dd dx d dx
dy d d dy d
Dove dx
dy
è l'angolo xy ( o yx ) .
Per definizione di sforzo di taglio, è xy yx .
Ricordiamo che il presupposto della legge di Hooke sull’elasticità dei solidi era la relazione:
xy xyG (4.4)
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 154/175
Ora, il presupposto della legge di Stokes è la relazione:
xy
xy
d
d
(4.5)
E’ evidente una grande analogia formale tra le due relazioni (ciò che varia è la deformazione
angolare della 4.4 che diventa una variazione nel tempo della deformazione angolare nella
4.5).
L’equazione 4.4 vale per i solidi, quindi nella statica, e lega la deformazione angolare alla
sollecitazione. Per i fluidi l’equazione 4.5 presenta la derivata della deformazione angolare,
che non è relativa alla “deformazione” agli strati di fluido, bensì alla loro velocità, dato che il
fluido scorre.
Da ciò è possibile ricavare un’equazione costitutiva che vale per i fluidi, sostituendo nella
relazione matriciale per i solidi alle deformazioni le derivate nel tempo delle deformazioni ed
al modulo di taglio la viscosità. Dove è la componente lungo l'asse x del vettore s
(deformazione), nel caso del fluido ci sarà la sua derivata nel tempo, cioè la componente
della velocità xv ; è la componente lungo l'asse y del vettore s , che per il fluido è yv ;
è la componente lungo l'asse z del vettore s e per il fluido sarà la zv . La , che per un
solido è il valore medio dello stato di sollecitazione, per il fluido è proprio la pressione. La
costante G , che nei solidi lega deformazione e sollecitazione, nel caso dei fluidi è sostituita
dalla viscosità che lega lo stato di sollecitazione al gradiente temporale dell’angolo di
scorrimento.
La relazione matriciale sarà quindi:
0 0
0 0
0 0
yx z
xx xy xz
yx zyx yy yz
zx zy zzyx z
vv vx x xp
vv vp
y y yp
vv vz z z
0 02
0 03
0 0
x x x
y y y
z z z
v v vx y z
divvv v v
divvx y z
divvv v v
x y z
Questa è l’equazione costitutiva di un fluido. Essa esprime in modo chiaro la “natura” di un
fluido, cioè cosa sia, fisicamente, un fluido.
Si consideri la xx , che è la sollecitazione ortogonale alla superficie ortogonale ad x .
Dividiamola in due componenti:
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 155/175
' ( )xx xx p
Il termine ( )p indica uno stato medio di sollecitazione, che in un fluido sarà sempre di
compressione. Unacomponente di trazione potrebbe esistere (anzi, proprio per la viscosità
essa potrà manifestarsi), ma sarà in generale meno appariscente rispetto alla componente
di compressione (es. se nuoto sott'acqua, sarà presente sulla parte posteriore del mio corpo
una componente di trazione che, però, non percepisco come trazione ma solo come
riduzione della componente di compressione).
Sostituendo questa espressione in quella matriciale, si arriva a scrivere 6 relazioni
fondamentali:
'
2' 2
3
2' 2
3
22
3
xxx
y
yy
zzz
yxxy
y zyz
x zxz
vdivv
x
vdivv
y
vdivv
z
vv
y x
v v
z y
v v
z x
In queste sei relazioni fondamentali è scomparso il termine di pressione, poiché è messa in
evidenza solo la componente aggiuntiva della sollecitazione rispetto allo stato medio di
compressione.
Si analizzi il termine 'xx :
2 2 2 2 4 2 2' 2 2
3 3 3 3 3 3 3
y yx x x xz zxx
v vv v v vv vdivv
x x x y z x y z
L’analisi di questo termine permette di comprendere meglio il concetto di viscosità. Se
consideriamo un corpo immerso in un fluido ed è in movimento in seno ad esso, esso sarà
soggetto ad unaforza“frontale”,dato dal termine /xv x (che tipicamente rappresenta
l’effetto “tiraggio” della tenda bagnata della doccia che aderisce al nostro corpo anche
quando ci allontaniamo da essa) ed ad un effetto ortogonale (del tipo /yv y ed analoga
lungo z). Questi effetti possono essere visti in similitudine alla deformazione del solido
sottoposto a trazione, che si allunga lungo la dimensione x e si restringe lungo le dimensioni
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 156/175
y e z . Nel caso dei fluidi non si ha la variazione di deformazione bensì una sollecitazione
dovuta alla variazione spaziale di velocità.
Premesso tutto ciò, possiamo passare ad impostare l’equazione della conservazione della
quantitàdi moto,che può essere ricavata a partire dalla relazione:
( )d
F mvdt
Consideriamo un volume di controllo (Figura 4-5), rappresentato da un parallelepipedo. In
esso vi sarà una certa quantità di moto entrante e una certa quantità di moto uscente. Se
non ci fossero forze applicate al fluido, basterebbe la differenza fra quantità di moto in
entrata e in uscita per stabilire la variazione di quantità di moto dentro il volume di controllo.
Ma essendoci delle forze agenti sul fluido, il bilancio corretto delle “azioni” che tendono a far
variare la quantità di moto nel c.v. e l’”effetto”, cioè la variazione della quantità di moto del
volume di controllo, si scrive come:
. . . . . . variazione nel tempo della q.d.m.F flussodiq d m entrante flussodiq d muscente
(Come vedremo, parliamo di flusso di q.d.m., in quanto dimensionalmente ogni termine del
ha le dimensioni di una forza, o di un rapporto tra q.d.m. e tempo)
La quantità di moto del fluido nel volume di controllo cambia a causa di due effetti: lo
squilibrio tra quantità di moto entrante e uscente, e per l’effetto delle forze che agiscono sul
fluido.
Siccome il bilancio è vettoriale (ci saranno tre equazioni di bilancio, una per ogni asse
cartesiano), concentriamoci sul bilancio riferito all’asse x.
Figura 4-5 Volume di controllo con del fluido in entrata sulla superficie ABCD
Consideriamo del fluido in entrata attraverso la superficie ABCD per la presenza di una
componente di velocità xv . La massa di fluido in entrata è pari a:
xm x dydz v dydz d
A
B
C
D
A
B
C
D
G
F
E
H
x z
y
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 157/175
La quantità di moto della massa di fluido entrante è pari a:
( ). . . in ABCD x x xq d m mv v v dydz d
Che può essere riscritta:
( ). . . ( ) in ABCD x x xxq d m v v dy dz d
L’unità di misura della quantità di moto, secondo la relazione,risulta essere: kg m
s
.
La quantità di moto uscente dalla superficie opposta EFGH è:
( ). . . ( ) out ABCD x x x dxx dxq d m v v dy dz d
.
La differenza di quantità di moto fra entrante e uscente è (ricorrendo al concetto della
continuità, dello sviluppo in serie e della possibilità di far diminuire a piacimento le
dimensioni del c.v., fino a ridurci ad una relazione “puntuale”):
( . . .) ( )x xq d m v v dxdydzd
x
La variazione di quantità di moto lungo x per unità di volume è:
, 1( . . .) ( )lungo x per V x xq d m v v d
x
Il flusso netto di quantità di moto lungo x , per cv unitario, è:
( . . .) ( )lungo x x xq d m v v
x
3 2 3
1 1kg m m mkg
m m s s s m
È necessario adesso considerare il contributo di q.d.m. lungo l’asse x di un’ulteriore massa
entrante, ad esempio, dalla superficie BCFG, che , pur entrando in una faccia ortogonale
all’asse y, ha tuttavia una componente di velocità lungo x. Il discorso va esteso anche alle
altre superfici del volume di controllo. Tutte le masse di fluido entranti, che abbiano una
componente di velocità lungo x, concorrono alla variazione di quantità di moto lungo x . Il
contributo alla variazione della quantità di moto lungo x dovuto al contributo della massa di
fluido entrante lungo y, con una componente di velocità xv è:
( . . .) ( )in lungo y x yq d m v v dxdydzdy
E ci sarà anche un contributo alla variazione di quantità di moto lungo l’asse x dovuto alla
massa entrante lungo z, con una componente di velocità xv :
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 158/175
( . . .) ( )in lungo z x zq d m v v dxdydzd
z
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 159/175
Il contributo complessivo alla variazione di quantità di moto lungo l’asse x , per unità di
volume, sarà la somma dei tre contributi:
( )x x x y x zv v d v v d v v dx y z
(4.6)
La somma di questi tre termini indica qual è il contributo alla variazione di quantità di moto
“puntuale”, legata a fenomeni convettivi, cioè ai flussi in entrata e in uscita nel volume di
controllo.
L’unità di misura della variazione complessiva di variazione di quantità di moto è:
3 3
1 Kg m m Kg ms
m m s s m s
Che corrisponde ad una quantità di moto diviso un volume (per unità di volume).
Essendo:
2 w
d mF mv N Kgsdt
Per tenere in giusto conto le altre componenti che contribuiscono a far variare la q.d.m.
lungo x e che sono dovute a delle componenti lungo x delle forze applicate, dovendo avere
la stessa dimensione di una quantità di moto per unità di volume, si deve considerare la
forza moltiplicata per un intervallo temporale e divisa per un volume:
( )d mv
Fdtd dvolume volume
CORREGGERE
Da quanto detto, a livello puntuale (per unità di volume), le forze agenti sul volume di
controllo, che concorrono alla variazione della quantità di moto, dovranno essere moltiplicate
per l’intervallo di tempo d e divise per il volume.
Le forze che agiscono sul fluido sono forze di superficie e di volume. Le prime sono quelle
che si manifestano sulle sei facce del volume di controllo, mentre le seconde sono quelle
che agisconoall’interno della massa del fluido.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 160/175
Forze di Superficie
Le forze di attrito
Sono forze superficiali, che agiscono sulle superfici limite del volume di controllo.
Consideriamo la Figura 4-6
Figura 4-6 Volume di controllo soggetto a forze di attrito sulle superfici.
Gli sforzi che agiscono lungo l’asse x sono una per faccia, per un totale di 6 componenti:
' , ' , , , , xx xx yx yx zx zxx x dx z z dzy y dy
. L’insieme delle forze viscose agenti sul fluido
per unità di volume lungo l'asse x (e moltiplicate per dtau)è esprimibile come:
x viscose lungo x
F d
dxdydz
' '( xx xx yx yxy y dyx x dx
ddydz dydz dxdz dxdz
dxdydz
)zx zxz z dzdxdy dxdy
Questo è l’insieme delle sei forze di superficie che nascono in virtù della viscosità, e che
contribuiscono alla variazione della quantità di moto. Considerando la presenza di tre coppie
di sforzi lungo le tre direzioni, per la continuità è possibile sostituire alle differenze il
differenziale primo rispetto alle direzioni, ottenendo lungo l'asse x :
'
x viscose lungo x
xx yx zx zyx
F d ddxdy dz
dxdydz dxdydz x y z
(4.7)
Forze di pressione
La forza di pressione è sempre ortogonale alla superficie del fluido e la sua sollecitazione è
solamente di compressione. In una situazione statica l’intensità della pressione sulle sei
superfici sarebbe sempre la stessa (a livello puntuale).
z
x y
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 161/175
Figura 4-7 Forza di pressione agente sul volume di fluido.
La pressione,tuttavia, può concorrere alla variazione di quantità di moto del fluido, poiché, in
riferimento al volume di controllo, che ha una dimensione finita, la pressione da una faccia
all’altra può cambiare (ad es., per effetto di azioni esterne) .
Si consideri un volume di controllo nel quale agisca una forza di pressione lungo l'asse x ,
che interessi le due facce opposte, ortogonali ad x , Figura 4-8.
Figura 4-8 Forza di pressione agente lungo l’asse x .
In linea di principio le due forze di pressione xP e x dxP , che agiscono sulle due facce,
possono essere diverse, essendo indicative dello stato medio di compressione del fluido.
Lungo l'asse x si può scrivere:
x x x dxF p dydz p dydz
x x x
F p dydz p dydz p dxdydzx
x x x xx x dx x dxF d p dydz p dydz p dxdydz
x
SBAGLIATA
Da cui l’espressione delle componenti di forza di pressione agenti lungo i tre assi, che
saranno inserite nelle sommatorie delle forze agenti (lungo x, ci interessa il solo primo
termine):
xF d p
dV x
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 162/175
yF d p
dV y
(4.8)
zF d p
dV z
Forze di massa
Il fluido ha una sua massa, e possono esistere diverse forze di volume che agiscono su di
essa.
Forza di attrazione gravitazionale
Se si considera un corpo nello spazio, esso sarà attratto da tutti gli altri corpi che possiedono
una massa, secondo l’espressione:
1 2
2.
corpo corpo
attrazione
m mF cost
r
(4.9)
La forza di attrazione sarà tanto più piccola tanto più grande è la distanza fra i due corpi. Per
questo motivo, in alcune circostanze, questa forza è trascurabile.
Se si considera un corpo sulla terra, esso sarà soggetto ad un’attrazione da parte della terra,
esprimibile mediante la relazione 4.9, inserendo la massa della terra, la massa del corpo e la
distanza fra il centro della terra e il baricentro del corpo considerato. Generalmente non si fa
riferimento alla relazione 4.9, bensì ad una relazione in cui compare la massa del corpo di
interesse e la cg . Infatti:
gravità corpo cF m g
In cui la forza cg si esprime:
9,81 gravità
c
massa massa
F Ng
kg kg
9,81gravità
c
massa massa
F Ng
kg kg
Che cg corrisponda numericamente all’accelerazione di gravità, qualora si entri nello studio
cinematico, cioè nell’ambito dello studio del moto, è vero, ma si tratta di concetti diversi
(potrebbero agire, su un corpo, diverse forze di volume, ed aversi un vettore accelerazione
diverso in direzione e modulo rispetto a ciascuna delle forze applicate). L’accelerazione di
gravità riguarda l’effetto della forza rispetto al moto, mentre la forza unitaria di gravità è
quella forza che moltiplicata per la massa del corpo fornisce l’effettiva forza che agisce sul
corpo e ne influenza il comportamento (agisce anche su corpi fermi ed origina effetti come
reazioni vincolari, etc). Possono esistere altre forze di massa, di origine elettrostatica,
magnetica, etc.
L’insieme delle azioni, esercitate dalle forze di superficie e di volume, contribuisce a
generare come effetto una variazione della quantità di moto.
Consideriamo la sommatoria delle forze applicate lungo x, per cui:
( )x xF d d mv
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 163/175
La massa è definita come: m dx dy dz dV , per cui si può scrivere:
( )xx
F dd v
dV
L’equazione di conservazione della quantità di moto lungo x, riferita a un regime laminare è,
pertanto:
'' '
( ) ( ) ( ) yxxx zx
x x x y x z x x
pv v v v v v g v
x y z x y z x
(4.10)
Vi saranno le analoghe equazioni lungo y e lungo z . Aggiungendo le due equazioni della
continuità avremo un totale di 5 equazioni. Le incognite da determinare sono 5:
, , , , x y zv v v p . L’equazione Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.non risolve
tutti i problemi, perché in essa sono presenti delle che sono delle incognite. Scrivere
un’equazione che sia utilizzabile e riscrivibile attraverso un programma di calcolo, significa
sostituire alle dell’equazione Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. le
equazioni costitutive.
Compiendo tale operazione, si ottiene:
22
3
yx x x x z
x
vDv v v v vpdivv g
D x x x y y x z z x
Questa è l’equazione della conservazione della quantità di moto lungo l’asse x, con la
notazione della derivata sostanziale della velocità lungo x rispetto al tempo Dvx
D. Se il fluido
è Newtoniano11
, la viscosità è una grandezza di stato e diventa così una proprietà del fluido,
determinabile dalla conoscenza del suo stato termodinamico. L’equazione della variazione
della quantità di moto, in queste condizioni, si semplifica:
(4.11)
che nel caso di fluido incomprimibile diventa:
2 xx x
Dv pv g
D x
(4.12)
Questa è l’equazione di Navier Stokes.
L’equazione 4.11 nel caso di un gas (fluido ideale 0 ) si semplifica ulteriormente,
diventando (espressa in termini vettoriali):
11
Un fluido si definisce newtoniano (dal nome del fisico Isaac Newton) quando la sua
viscosità non varia con la velocità con cui viene misurata. Matematicamente questi fluidi
presentano un legame di proporzionalità diretta tra il tensore degli sforzi viscosi e il tensore
delle velocità di deformazione; la costante di proporzionalità è la viscosità.
2( ) 3
xx x
Dv pv v g
D x x
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 164/175
Dv
grad p gD
(4.13)
Questo accade perché è possibile trascurare la viscosità. L’equazione 4.8 prende il nome di
equazione di Eulero.
4.1.3 Equazione di conservazione dell’energia
Nei problemi di termo-fluidodinamica, alle cinque incognite prima elencate, se ne aggiunge
una sesta: la temperatura del fluido.Per risolvere il problema è necessaria, dunque, un’altra
equazione, che permetta di chiudere il sistema: l’equazione di conservazione dell’energia.
In un problema di termo-fluidodinamica le incognite sono , , , ,x y zv v v p e T .
Le prime cinque incognite possono essere ricavate mediante le tre equazioni di
conservazione della quantità di moto, di continuità e l’equazione costitutiva del fluido. Per
quanto riguarda la temperatura, invece, che si cerca di conoscerla punto per punto e istante
per istante, all’interno del fluido, serve un’ ulteriore equazione.
Per semplicità, l’equazione che si andrà a ricavare prescinde dai seguenti fenomeni:
irraggiamento
reazioni chimiche o nucleari
generazioni di calore attribuibili a fenomeni elettrici
Si consideri un volume infinitesimo di fluido per il quale si possa scrivere un bilancio
energetico, che sarà:
in out generata scambio scambiotermico meccanico
E E Q Q L Effetto (4.14)
Ein: energia in ingresso;
Eout: energia in uscita;
Qgenerata: energia termica generata internamente al fluido;
Qscambio termico: energia termica che il fluido può scambiare con l’esterno. Ad esempio, se il
fluido ad elevata temperatura viene a contatto con una parete di uno scambiatore di calore,
vi sarà un effetto a scambio termico convettivofra fluido e scambiatore di calore. È ovvio che
possa accadere anche il viceversa.
scambiomeccanico
L : energia meccanica che il fluido può scambiare con l’esterno. Ad esempio, nel
caso di un pistone mosso da un fluido in espansione.
Il fluido che si sta considerando potrebbe:
Avere una certa energia termica accumulata al suo interno, conteggiata attraverso la
grandezza energia interna u , espressa in J
kg
.
Essere in movimento a una certa velocità, per cui avere una certa energia cinetica
pari a 21
2mv , espressa in joule.
Per questo si ha un’energia totale del fluido, per unità di massa, che sarà data dalla somma
dei due contributi:
21
2e u mv
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 165/175
Con riferimento ad un volume infinitesimo dV (figura 4-9), ci sarà una massa di fluido M ,
con una certa energia interna totale specifica, che entra dalla faccia ABCD, in
corrispondenza della faccia opposta ci sarà della massa uscente.
m
A
B
C
D
Figura 4-9 Volume di controllo
Lavorando in termini di bilanci di potenza, si analizzano i vari contributi:
Potenza entrante:
entrante
e M dmP e
t dt
Sapendo che xdm dt v dy dz si ha:
entrante x x x x
dP e dt v dy dz e v dy dz e v dy dz
dt
Potenza uscente:
uscente x x dxP e v dy dz
La differenza fra la potenza entrante e la potenza uscente rispetto all’asse x potrà essere
espressa come:
/in out xlungox
P v e dx dy dzx
Se si considerano anche i contributi lungo gli assi y e z, si possono scrivere i contributi alla
variazione di energia nel tempo all’interno del volume di controllo, per fenomeni convettivi:
( )x y xv e v e v e dx dy dzx y z
(4.15)
Per unità di volume, il contributo sarà:
( )x y xv e v e v ex y z
Analisi dimensionale: 3 3
1 kg m J J
m s kgm s m
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 166/175
Quantitativo di calore generato all’interno del volume di controllo, nell’unita di
volume e di tempo è '''q , espresso in 3W
m.
Quantitativo di calore per diffusione termica all’interfaccia, espresso in 3W
m.
Si consideri l’equazione differenziale della conduzione nella sua forma più generale:
2p
T k T k T k Tq k T c
x x y y z z t
Essa ci dice che la somma di un contributo di generazione interno di calore e un
contributo dovuto a fenomeni diffusivi, con variazione dei flussi termici lungo le tre
direzioni, permette di far variare la temperatura di un elemento solido considerato.
Possiamo, quindi, dire che il contributo per diffusione di calore sull’interfaccia è:
2 T k T k T kk T
x x y y z z
(4.16)
Lavoro compiuto da o sul fluido, espresso in 3W
m.
Il fluido nel suo movimento riceverà lavoro dall’esterno, attraverso certe facce, e
compirà lavoro verso l’esterno, attraverso altre facce. Tutto ciò avviene mentre il
fluido si muove rispetto a delle forze che agiscono su di esso, che saranno forze di
volume e di superficie.
a) La potenza associata alle forze di volume sarà:
( )x x y y z zg v g v g v dx dy dz (4.17)
Si dividerà per dxdydz per il valore della potenza fornita/ceduta per unita di
volume.
b) Potenza associata alle forze di superficie di pressione per unita di volume:
x y zp v p v p vx y z
(4.18)
Il segno meno indica che se il fluido, muovendosi a velocità costante,
incontra una pressione maggiore man mano che avanza, tenderà ad essere
frenato e di conseguenza a perdere energia.
c) Potenza associata alle forze viscose. Ricavabile considerando che: le facce
dell’elemento di volume sono soggette a delle forze di taglio, con delle forze
ortogonali viscose. In Figura 4-10per semplicità è riportato l'asse x e
indicate le forze agenti su una singola faccia.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 167/175
Figura 4-10 Volume di controllo soggetto a forze viscose
Rispetto all'asse x il lavoro compiuto dalle sole forze viscose sul fluido
darà:
' xx x xy y xz zv v v dxdydzx y z
(4.19)
Considerando 3 componenti per faccia, ne risulta un totale di 18. Le 18 componenti vanno
considerate a coppie, poiché si considera la differenza fra facce opposte, ottenendo
un’espressione con 9 componenti:
Ricapitolando, si hanno:
3 componenti legate al flusso di quantità di moto
1 componente legata alla generazione di calore
3 componenti legate al fenomeno di diffusione termica alle superfici di interfaccia
3 componenti legate alle forze (unitarie) di volume
3 componenti legate alle forze di pressione
9 componenti legate alle forze di attrito
Tutte queste componenti partecipano, ciascuna a suo modo, alla variazione nel tempo
dell’energia totale (somma dell’energia interna e dell’energia cinetica) del fluido all’interno
del volume di controllo.
Inserendo le equazioni 4.10, 4.11, 4.12, 4.13 e 4.14 all’interno del bilancio 4.9, otteniamo
un’equazione che descrive la variazione dell’energia totale interna:
( )Potenza
Effetto eVolume t
L’equazione completa sarà:
'( ) ( ) ... ... ... ... ...x x xx x x x
Te v e k p v v g v
t x x x x x
Applicando la derivata sostanziale, otteniamo:
i j i ixj x x x x
ii j i
Dek T p v v g v
Dt x
(4.20)
con i, j = 1, 2, 3 e x1=x; x2=y; x3=z.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 168/175
L’equazione 4.15 è formalmente molto complessa, e ciò la rende di difficile applicazione.
Nella pratica viene adattata al problema in esame, semplificando i termini meno influenti. La
soluzione presuppone che siano utilizzate le equazioni costitutive del fluido.
Il problema più gravoso risiede nel termine delle forze di natura viscosa. Questo termine
complesso mette in evidenza il lavoro che il fluido deve compiere per la presenza di
fenomeni di tipo viscoso al suo interno.
Si trovano espressioni semplificate della equazione di conservazione dell’energia, in cui il
termine legato alla viscosità è semplificato. Una di queste utilizza lafunzione di dissipazione
.
Un’equazione che viene applicata nei problemi in cui l’effetto della variazione dell’energia è
dovuto essenzialmente ad una variazione di temperatura, è la seguente:
vv
DT pc T v k T q
Dt T
(4.21)
Nel caso di gas ideale, per il quale è possibile considerare la conducibilità costante e i
fenomeni di attrito trascurabili, l’equazione 4.13 può essere scritta come:
2v
DTc p v k T
Dt
(4.22)
Questa è un’equazione semplificata dell’equazione di conservazione dell’energia, applicata
ad un fluido per il quale è possibile ammettere che non vi sia generazione interna di calore e
il suo comportamento sia ideale.
4.2 Flussi turbolenti monofase
La maggior parte dei problemi fluidodinamici e termo-fluidodinamici reali sono in regime
turbolento. Le equazioni ricavate in precedenza, in linea teorica, valgono anche per il
turbolento, ma non sono utilizzabili in questo regime. Nel regime laminare si ha un deflusso
ordinato che comporta campi di velocità ordinati, con grandezze localmente misurabili. Nel
regime turbolento il deflusso è caotico e non è possibile individuare la velocità vera del fluido
o la sua temperatura puntoper punto e istante per istante. I valori di velocità, che è possibile
ricavare per il regime turbolento, sono mediati nel campo.
Scomponiamo la velocità locale in una componente media, misurabile, e in una componente
fluttuante, non misurabile:
v v v (4.23)
Per un deflusso turbolento si hanno delle cadute di pressione maggiori, rispetto al regime
laminare, per effetto della perdita di energia dovuta al rimescolamento. Scomponiamo anche
la pressione in una componente media e in una componente fluttuante:
p p p (4.24)
4.2.1 Equazione di conservazione della massa
Applicando l’equazione di continuità alle componenti di velocità lungo i tre assi,
scomponendole secondo la relazione 4.23, ed effettuando una media rispetto al tempo e
rispetto allo spazio, le componenti fluttuanti della velocità scompaiono. Poiché le componenti
fluttuanti di velocità non possiedono una direzione preferenziale, la loro somma algebrica
mediata nello spazio e nel tempo è nulla.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 169/175
L’equazione di conservazione sarà, quindi:
0x y zv v vt x y z
(4.25)
4.2.2 Equazione di conservazione della quantità di moto
L’equazione di Navier Stokes per un fluido newtoniano in regime turbolento sarà:
2
i
xx x x x
ii
Dv pv v v g
Dt x x
(4.26)
Il termine ( )x i x
i ix
nasce dalla scomposizione della velocità secondo la relazione
4.26. E’ un termine che non compare nel deflusso laminare. La vorticità nel regime
turbolento influenza l’equazione della conservazione della quantità di moto.
4.2.3 Equazione di conservazione dell’energia in regime turbolento
Considerando la temperatura scissa in due contributi, come nel caso della velocità e della
pressione, otteniamo:
iv p x
ii
DTc k T c v T
Dt x
(4.27)
Sia nell’equazione 4.26che nell’equazione 4.27compaiono i termini fluttuanti, di velocità e
temperatura, che sono delle incognite aggiuntive. Per risolvere queste equazioni è
necessario introdurre dei modelli di chiusura delle equazioni differenziali, che permettano di
incrementare il numero delle equazioni. Infatti, in questo caso (turbolento) si hanno molte
incognite in più rispetto al numero delle equazioni.
Per risolvere le equazioni in regime turbolento bisogna eliminare i termini fluttuanti, dalle
incognite del problema.
Per l’equazione di conservazione della quantità di moto è necessario definire gli sforzi di
Reynolds o sforzi turbolenti:
i i
t
xx x xv v (4.28)
L’unità di misura dello sforzo di Reynolds è:
2
3 2 2
Kg m KgPa
m s ms . Tutto va come se per
effetto della turbolenza nascessero degli sforzi aggiuntivi, dovuti alle componenti fluttuanti di
velocità, che provocano il rotolamento delle particelle di fluido.
Per l’equazione di conservazione dell’energia è necessario definire il flusso turbolento di
energia:
i
t
p xq c v T
Questo termine, con unità di misura 2
J
m s, tiene in considerazione il fenomeno di
trasferimento di calore insufficiente del fluido in caso di regime turbolento.
Esistono molti modelli per il calcolo degli sforzi turbolenti di Reynolds e del flusso turbolento
di energia. Riportiamo di seguito il modello di viscosità turbolenta, per la chiusura
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 170/175
dell’equazione di conservazione della quantità di moto, e il modello del flusso turbolento di
energia di Prandtl.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 171/175
Modello di viscosità turbolenta
In questo modello si considera che:
xxy
y
Nel caso della formazioni di vortici, che ostacolano il deflusso, viene assunto, come ipotesi,
che lo sforzo di Reynolds dipende dal gradiente spaziale di velocità media, attraverso una
viscosità turbolenta:
i
t xxx t
v
y
Al crescere della xv ( e quindi del suo gradiente spaziale) cresce la turbolenza e di
conseguenza l’ostacolo al deflusso.
La viscosità turbolenta è una grandezza fittizia e non ha un significato fisico. Anche lei è una
incognita e bisogna definirla tramite un modello.
2 jixxt
mj i
vvl
x x
Il rapporto fra la viscosità turbolenta e la densità è pari ad una lunghezza di rimescolamento
al quadrato moltiplicata per la somma delle derivate incrociate delle velocità medie rispetto
alle variabili indipendenti. Il termine ml è definito come lunghezza di mescolamento, e
corrisponde alla lunghezza media che un vortice compie prima di scomparire, dato che la
turbolenza non è un fenomeno continuo, ma statistico e locale.
In virtù della 4.20, possiamo scrivere:
2 j ji i
i j
x xx x
x x mj i j i
v vv vv v l
x x x x
(4.29)
Con questa equazione si riesce a chiudere il sistema di equazioni, a patto di conoscere la
lunghezza di miscelamento. Secondo Prandtl all’interno di un canale nel quale si possa
considerare un flusso bidimensionale la lunghezza di rimescolamento è pari a:
ml c y
con ccoefficiente, che vale 0,4 e y, distanza dalla parete.
Modello per il ''i
t
xq
Questo modello tiene in considerazione l’incremento della capacità di trasferimento di calore
generata dalla turbolenza, per cui tutto va come se il volume di controllo fosse soggetto ad
un flusso termico aggiuntivo. Un modello per la chiusura delle equazioni assume:
i
tx t
i
Tq k
x
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 172/175
Al crescere del gradiente spaziale di temperatura media si ha un incremento del flusso
termico. Il modello assume che il flusso termico approssimativo sia proporzionale al
gradiente delle temperature medie. La proporzionalità fra flusso termico turbolento e
gradiente delle temperature medie è data dalla grandezza conducibilità turbolenta, che non
è una grandezza termodinamica, da calcolare. Si definisce anche una diffusività turbolenta:
ixtt
p
i
v Tk
Tc
x
Per calcolare ktsi introduce il numero di Prandtl turbolento:
Prt t
t
La viscosità turbolenta è stata definita in precedenza. Per calcolare la diffusività turbolenta si
introduce un’ulteriore assunzione dovuta a Reynolds. Secondo questa assunzione, esiste
un’analogia tra il meccanismo di trasferimento turbolento di quantità di moto, responsabile
dell’aumento delle cadute di pressione, e il meccanismo di trasferimento turbolento di
quantità di calore. Secondo questa analogia si pone:
Pr 1t
Da cui:
tt
In questo modo si chiude anche l’equazione di conservazione dell’energia.
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 173/175
4.3 Flussi bifase
Si distinguono le seguenti situazioni, per deflussi non monofase (bifase o multi-fase):
un liquido in presenza di una fase vapore della stessa sostanza;
un gas o un liquido che trascina una sostanza solida;
un liquido e un gas, di due sostanze diverse;
situazioni multifase in qui vi è la presenza di una fase gassosa, liquida e solida.
Quando si ha a che fare con più sostanze, il problema diventa estremamente complesso.
Stabilire puntualmente e istante per istante la velocità vettoriale della singola particella della
singola sostanza, non è possibilee non si avrebbe neanche la possibilità sperimentale di
verificarne la veridicità.
In regime di flusso bifase, considerando un condotto verticale, non è possibile predire se in
un certo punto è presente una o l’altra fase. Vi è un’indeterminazione di fondo del problema
che impedisce di studiarlo in modo rigoroso. Non è possibile definire delle equazioni
differenziali che permettano di ottenere informazioni dettagliate, come nel flusso monofase,
sulla velocità. Quello che si riesce a fare è ricavare delle equazioni semplificate, che
forniscono delle informazioni utili, ma non consentono un approfondimento molto dettagliato
del problema ed hanno dei campi di applicazione limitati.
Esistono varie relazioni proposte in ambito scientifico sulla conservazione della massa, della
quantità di moto e di energia.
Equazione di conservazione della massa:
0kk kv
(4.30)
Equazione di conservazione della quantità di moto:
0k k
k k k k
vv v F
(4.31)
Equazione di conservazione dell’energia:
2 2 ''1 1[ 0
2 2k k k k k k k k k k k k ku v v u v Q Fv v q
(4.32)
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 174/175
In queste equazioni:
F è la forza esterna per unità di massa /N kg ;
k è il tensore degli sforzi legato all'attrito 2/N m ;
k l'indice di fase, liquido o vapore;
kQ è il calore generato nella fase k nell'unità di tempo e di volume
3/J m s .
Questa espressione prescinde dalla conoscenza delle azioni di interfaccia fra una fase e
un'altra. Considerando che all’interno di un condotto, in presenza di flusso bifase, vi è una
situazione di forte variabilità, è necessario lavorare con valori mediati. Una correlazione
proposta per la conservazione della massa, applicata alla fase liquida, che sfrutta tale
principio è:
l
l
Γ1 1 1 1 1
Γ 1
l l
l l
d dvd d dA
dz dz v dz dz A dz
(4.33)
Un’espressione della conservazione della quantità di moto, per la fase liquida, è:
dx
1 1 1 Γ ρg 1 α cosθdz
ll l lg attrito g l
d dpA A F A F A
dz dz
(4.34)
Dispense del corso di Termotecnica del reattore 175/175
Nomenclatura e unità di misura
v Velocità m/s
p Pressione Pa
Densità kg/m³
T Temperatura K
e Energia totale per unità di massa J/kg
m Massa Kg
V Volume m³
t Tempo S
k Conducibilità termica W/(m°C)
cp Calore specifico a pressione costante J/(kg °C)
g Accelerazione di gravità m/s²
Diffusività m²/s
Coefficiente di viscosità Pa·s
''q Flusso termico per unità superfice W/m2
'''q Densità di potenza W/m3
Flusso neutronico 1/(cm2 s)
f . Sezione fissione cm2
N Densità atomica materiale fissione 1/cm3
cp Calore specifico a pressione costante J/(kg °C)
cv Calore specifico a volume costante J/(kg °C)
Sforzo tangenziale N/m²
hfg Calore latente di evaporazione J/(Kg K)
Twall Temperatura parete scambio K
Tsat Temperatura saturazione acqua K
F
Forza
Portata in massa
N
Kg/s
i