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TEORIA ECONOMICA DETERMINA NUOVE POLITICHE ECONOMICHE SISTEMA ECONOMICO SISTEMA POLITICO SISTEMA AZIENDALE CONDIZIONANO INCIDE SU I condizionamenti delle teorie economiche

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TEORIA

ECONOMICA

DETERMINA

NUOVE POLITICHE

ECONOMICHE

SISTEMA

ECONOMICO

SISTEMA

POLITICO

SISTEMA

AZIENDALE

CONDIZIONANO INCIDE SU

I condizionamenti delle teorie economiche

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Con Keynes si arriva ad un’unica soluzione:

“se il mercato si dimostra incapace di raggiungere autonomamente l’equilibrio, occorre che lo Stato svolga un ruolo più attivo nella vita economica”.

In sostanza, per Keynes, la finanza pubblica deve agire sul sistema economico trasformandosi da semplice attività di raccolta di denaro per affrontare la spesa, in un’attività di direzione politica e sociale. In quest’accezione (senza dubbio molto forte) si è anche parlato di finanza funzionale come strumento di programmazione e sviluppo.

JOHN MAYNARD KEYNES

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Keynes ha pertanto ritenuto che la finanza

pubblica potesse eliminare gli squilibri

territoriali, correggere gli andamenti dei

cicli economici, incrementare il reddito

nazionale, mantenere in pieno regime

occupazionale le varie forme di produzione e

infine prevedere le esigenze delle

generazioni future.

…Keynes

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In sostanza, per Keynes, la finanza pubblica

deve agire sul sistema economico

trasformandosi da semplice attività di

raccolta di denaro per affrontare la spesa, in

un’attività di direzione politica e sociale. In

quest’accezione (senza dubbio molto forte) si

è anche parlato di finanza funzionale come

strumento di programmazione e sviluppo.

…Keynes

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La tesi dominante di Keynes è che un deficit

di bilancio determina comunque effetti

espansionistici per il sistema economico,

anche se finanziato attraverso

l’indebitamento dello Stato (ovviamente

senza l’emissione di carta moneta addizionale

che invece provocherebbe effetti

inflazionistici).

…Keynes

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Nella visione degli economisti classici, la politica di bilancio era semplicemente un mezzo straordinario d’intervento pubblico; per i keynesiani, diventa lo strumento permanente dell’attività finanziaria dello Stato. Il meccanismo che per Keynes, consente la regolazione dei cicli economici è il moltiplicatore che stimola il sistema economico in periodi di crisi e rallenta l’espansione nelle fasi di boom.

…Keynes

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Nell’impostazione Keynesiana, l’assenza di

investimenti privati in periodi di crisi

economica può essere compensata da un

aumento della spesa pubblica, che grazie

all’effetto del moltiplicatore, può stimolare

una crescita dell’intero sistema economico

del Paese.

…Keynes

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Nel modello di Keynes il reddito nazionale è dato dalla somma di tre differenti componenti:

•la domanda di consumi indispensabili indicata

con Co;

•la domanda per consumi strettamente legata al

reddito indicata con cY;

•gli investimenti, influenzati dal tasso

d’interesse (i) e dalle aspettative degli

imprenditori (a), sono indicati con I(i,a).

…Keynes

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Il reddito nazionale per Keynes può

pertanto essere espresso con:

Y= Co + cY + I (i,a)

…Keynes

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Se si indica con A la parte della domanda non

legata al reddito e quindi Co e I (i,a), si

potrebbe scrivere la formula precedente con:

Y= cY + A, anche invertendo l’equazione con

Y-cY= A

…Keynes

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Mettendo in evidenza il reddito nazionale si ha un’espressione di questo tipo:

Y(1-C)= A che può tranquillamente essere rappresentata con Y= 1 A

1 - c

rappresenta il moltiplicatore del reddito che indica, in seguito ad un incremento iniziale della domanda aggregata di quanto può aumentare il reddito nazionale.

11-c

…Keynes

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La spesa pubblica è una componente della

domanda aggregata poiché risponde

prevalentemente a esigenze di carattere

politico; la conseguenza è che un incremento

della spesa, attraverso il moltiplicatore,

determina un aumento del reddito.

…Keynes

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Per Keynes, la spesa non deve pertanto essere finanziata con l’emissione di carta moneta, al fine di evitare effetti inflazionistici, ma solo attraverso deficit spending, convertendo i risparmi in investimenti; oppure facendo ricorso al tradizionale sistema della tassazione riducendo però gli effetti del moltiplicatore.

…Keynes

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La formula finale del moltiplicatore in presenza di un’imposta progressiva sul reddito è così sintetizzata:

1 1 – c(1 – t)

Un incremento iniziale della domanda pubblica conseguente ad un aumento della spesa pubblica, determina un effetto minore, poiché le imposte riducono la parte di reddito che i privati potrebbero destinare al consumo.

…Keynes

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Le teorie di Keynes hanno suscitato grandi

entusiasmi dopo il 1929 e soprattutto nel

periodo di ricostruzione post-bellico ed

hanno sicuramente contribuito a definire

gli aspetti centrali delle policies di alcuni

Paesi dell’Europa occidentale, tra i quali

l’Italia.

…Keynes

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Dopo lo shock petrolifero del 1973, anche le

teorie di Keynes sono apparse poco valide e in

alcuni casi assolutamente inadeguate.

La comparsa sullo scenario della stagflazione,

ovvero della contemporanea presenza di

inflazione e stagnazione ha, di fatto,

determinato un ripensamento delle nuove

finalità dell’intervento pubblico.

…Keynes

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La critica più dura alle teorie Keynesiane è

arrivata dalla cosiddetta scuola monetarista

nata a Chicago.

Per i monetaristi, le grandezze monetarie non

influenzano le grandezze reali ed il sistema

economico è sempre in grado di assicurare il

pieno impiego dei fattori produttivi.

I MONETARISTI

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Per molti, la teoria monetarista è una riproposizione raffinata e meglio articolata della teoria neoclassica. L’esponente di maggior rilievo della scuola monetarista è sicuramente Friedman, che a chiare lettere dice che l’inflazione è sempre un fenomeno monetario.

L’unico obiettivo raggiungibile attraverso una politica monetaria è quello del controllo dell’inflazione attraverso il controllo del tasso di incremento annuo della quantità di moneta.

I MONETARISTI

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Per quanto concerne invece le politiche

fiscali, per i monetaristi, la spesa pubblica

aumenta in corrispondenza delle entrate

fiscali disponibili e pertanto, è opportuno

intervenire con tagli fiscali come mezzo di

riduzione della spesa pubblica.

I MONETARISTI

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Questo pensiero ha certamente influenzato

numerosi interventi di politica economica

soprattutto negli USA nel periodo

dell’amministrazione Reagan (che ha

proceduto a una riduzione delle imposte ancor

prima di diminuire la spesa) e in Inghilterra

durante i governi Thatcher.

I MONETARISTI

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Anche il Fondo Monetario Internazionale ha spesso imposto, negli anni ’80 un maggior controllo della politica monetaria e fiscale. Si può tranquillamente asserire che l’analisi delle esperienze dimostra come la politica monetaria riduca certamente l’inflazione, producendo facilmente recessione. Infatti, la riduzione dell’inflazione in Inghilterra nel periodo 1980-1985 e quella degli USA tra il 1981 e il 1986, sono state seguite da profondissime recessioni.

I MONETARISTI

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Negli anni ’80 si sviluppa la nuova macroeconomia classica, che riprende le tematiche portanti del pensiero economico classico, inserendolo in un contesto macroeconomico. Questa scuola che annovera tra i maggiori esponenti Robert Lucas negli Stati Uniti e Patrick Minford in Inghilterra, porta alle estreme conseguenze le idee dei monetaristi concentrando l’attenzione su due aspetti particolari del sistema economico come la flessibilità dei salari e dei prezzi e il ruolo delle aspettative razionali nell’influenzare l’operato dei soggetti economici.

LA MACROECONOMIA CLASSICA

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Mentre i monetaristi ammettono che la

flessibilità dei prezzi e dei salari c’è nel lungo

periodo ma nel breve è possibile avere una

situazione di squilibrio temporaneo, gli

economisti della macroeconomia classica

negano la possibilità che il sistema economico

possa essere in squilibrio anche nel breve

periodo; pertanto ogni livello di disoccupazione

che si realizza nel sistema economico

rappresenta un tasso di disoccupazione di

equilibrio o di disoccupazione volontaria.

LA MACROECONOMIA CLASSICA

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Sempre negli anni ottanta, c’è stata una

scuola di pensiero che ha vissuto un momento

di grande notorietà.

E’ la scuola che ha accomunato diversi

economisti (Laffer e Boskin tra tutti), meglio

conosciuta come ECONOMIA DELL’OFFERTA.

L’ECONOMIA DELL’OFFERTA

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L’idea centrale è costituita dalla convinzione

che la crescita economica è determinata da

fattori reali e non monetari; la crescita è

pertanto influenzata da fattori propri del

mercato come:

•la mobilità dei lavoratori,

•il tasso di crescita della popolazione,

•l’utilizzo di un’efficiente combinazione

produttiva che impattano sul settore reale.

…Economia dell’offerta

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La supply side ha pertanto ripreso gli

argomenti del cosiddetto liberismo

economico, affermando che quando vi è il

perfetto funzionamento del mercato, c’è una

conseguente piena occupazione ed una

crescita del sistema.

…Economia dell’offerta

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Questa teoria è stata, come del resto è accaduto

anche alle altre, diffusamente e variamente

interpretata.

Ed allora ci si è ritrovati con casi differenziati: da un

lato casi con misure di politica economica

caratterizzate da immediata riduzione del prelievo

fiscale e vendita di aziende dello stato, dall’altro

interpretazioni che hanno dimostrato che l’obiettivo

della crescita non implica necessariamente la

cessione delle imprese pubbliche.

…Economia dell’offerta

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L’azienda pubblica, può infatti raggiungere

l’obiettivo di una crescita del sistema

economico purché la sua esistenza sia

coerente con le trasformazioni del sistema e

con le esigenze del mercato.

L’AZIENDA PUBBLICA

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1. I sistemi economici condizionano le determinanti del funzionamento delle amministrazioni pubbliche;

2. Le teorie economiche vivono in simbiosi con le altre determinanti caratterizzanti un Sistema Paese e ne subiscono a loro volta i condizionamenti;

3. Sin dalla nascita delle prime teorie, l’oggetto di analisi, valutazione e critica è comunque stato il comportamento del soggetto pubblico.

L’AZIENDA PUBBLICA

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Nei sistemi economici moderni, appaiono sempre più uniformi le forme che l’intervento

pubblico assume

Gli obiettivi economici generali che l’operatore pubblico persegue sono solitamente caratterizzati da macrofiloni d’intervento come:

• l’efficiente allocazione delle risorse

• un’equa distribuzione della ricchezza e del reddito

• la stabilità della crescita economica

• l’equilibrio dei conti con l’estero

• lo sviluppo economico

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Pur non mancando coloro che sottolineano come l’intervento pubblico comporti necessariamente effetti negativi, è bene evidenziare che invece lo scopo dell’intervento pubblico nella vita economica è semplicemente quello di accrescere il benessere collettivo; ed è su questo che va valutata l’azione pubblica e il funzionamento delle amministrazioni.

L’INTERVENTO PUBBLICO

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E’ possibile riassumere le moderne teorie

politico-economiche dello Stato in tre

principali tipi di intervento pubblico

nell’economia:

• la redistribuzione dei prodotti;

• la stabilizzazione macroeconomica;

• la regolazione del mercato.

L’INTERVENTO PUBBLICO

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La redistribuzione include tutti i trasferimenti

di risorse da un gruppo di individui, di

imprese, di enti locali, regioni o Paesi verso

altri gruppi, altri territori, altri Paesi; così

come anche l’offerta di beni cosiddetti

meritori, quali l’istruzione primaria, le

assicurazioni sociali, i servizi sanitari e tanti

altri beni simili, sono parte integrante della

redistribuzione.

LA REDISTRIBUZIONE

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La stabilizzazione macroeconomica tenta di

raggiungere e sostenere livelli

soddisfacenti di crescita economica e e di

occupazione; gli strumenti principali sono la

politica fiscale e quella monetaria, insieme

con la politica del mercato del lavoro e

quella industriale.

LA STABILIZZAZIONE MACROECONOMICA

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Le politiche di regolazione del mercato sono

finalizzate alla correzione dei vari tipi di

“fallimento del mercato” come:

• gli effetti del monopolio,

• l’informazione incompleta,

• le esternalità negative,

• l’insufficiente offerta di beni pubblici e

così via.

LA REGOLAZIONE DEL MERCATO

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Tutti gli Stati moderni svolgono in qualche

modo tutte e tre le funzioni, ma

l’importanza relativa di ciascuna varia da

Paese a Paese, da territorio a territorio e in

funzione di un determinato periodo storico

L’INTERVENTO PUBBLICO

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Pur non mancando coloro che sottolineano

come l’intervento pubblico comporti

necessariamente effetti negativi, è bene

evidenziare che invece lo scopo dell’intervento

pubblico nella vita economica è semplicemente

quello di accrescere il benessere collettivo; ed

è su questo che va valutata l’azione pubblica e

il funzionamento delle amministrazioni.

L’INTERVENTO PUBBLICO

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Da questo punto di vista va sottolineata la

nascita e la crescita, nel mondo anglosassone,

della scuola delle cosiddette “scelte

pubbliche” conosciuta come PUBLIC CHOICE.

LA PUBLIC CHOISE

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Il punto chiave della scuola di public choice è

la convinzione che tutti gli operatori politici

operano come dei soggetti economici

LA PUBLIC CHOISE

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Per tale impostazione, l’elettore cerca sempre

di far fruttare al meglio la propria scelta

politica, così come il politico tenta di

massimizzare il consenso attraverso l’adozione

di specifiche policies.

LA PUBLIC CHOISE

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L’obiettivo più importante delle analisi di public choice è lo studio dei comportamenti degli operatori coinvolti a vario titolo nell’assunzione di determinate scelte politiche e della loro influenza sui diversi livelli finanziari (entrate e spese) dello Stato.

I soggetti sono ovviamente

•i gruppi di pressione

•le imprese, i sindacati

•la burocrazia

•i politici

•gli stessi elettori

LA PUBLIC CHOISE

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Questa impostazione in qualche modo cambia

ancora l’impostazione di tipo Keynesiano che

vede lo Stato come soggetto che opera al fine

di massimizzare il benessere della collettività.

Per la public choice, non si configura un

fallimento del mercato ma un fallimento dello

Stato

LA PUBLIC CHOISE