Teorema fondamentale dell'Algebra

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1 Matematica del Continuo IL TEOREMA FONDAMENTALE DELL'ALGEBRA. RETROSCENA STORICI. Università degli studi di Milano. Diparimento di Tecnologie Infor- matiche di Crema Iofrida Leo Domenico - 719589 Cavassa Emanuele Lorenzo 628899 Professor Massimo Cariboni

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Tesina sul teorema fondamentale dell'algebra elaborata come prova di esame di matematica del continuo al dipartimento di tecnologie informatiche di Crema.

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IL TEOREMA FONDAMENTALE DELL'ALGEBRA.

RETROSCENA STORICI.

Università degli studi di Milano.

Diparimento di Tecnologie Infor-matiche di Crema

Iofrida Leo Domenico - 719589

Cavassa Emanuele Lorenzo – 628899

Professor Massimo Cariboni

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L'algebra.

L'algebra è una branca della matematica che trat-

ta lo studio di strutture, relazione e quantità.

Il termine algebra (dall'arabo !"#$%, al-!abr che

significa "unione", "connessione" o "completamento",

ma anche "aggiustare") deriva dal nome del libro del

matematico persiano arabo Mu!ammad Bin M"s# al-

"w#rizm$, intitolato Al-Kitab al-Jabr wa-l-Muqabala

("Compendio sul Calcolo per Completamento e Bilan-

ciamento"), che tratta la risoluzione delle equazioni di

primo e di secondo grado.

L'algebra si suddivide in 3 branche fondamentali:

Elementare, Astratta e Lineare.

Algebra elementare

L'algebra può essere introdotta come generaliz-

zazione ed estensione dell'algebra elementare. Que-

st'ultima, insegnata nelle scuole secondarie, estende a

sua volta l'aritmetica tramite l'introduzione di oggetti

simbolici, chiamati variabili e denotati con lettere del-

l'alfabeto.

Alle variabili si applicano le usuali operazioni

aritmetiche di addizione, differenza, moltiplicazione e

divisione. In questo modo vengono introdotti e studiati

oggetti come equazioni e polinomi e i metodi risolutivi

per trovarne le radici.

Algebra astratta

L'algebra astratta è una estensione dell'algebra

elementare, nata nel XIX secolo e sviluppatasi enor-

memente nel XX secolo. L'algebra astratta definisce e

studia le strutture algebriche: insiemi muniti di opera-

zioni che soddisfano ben determinati assiomi. Questi

insiemi estendono gli usuali insiemi numerici, quali i

numeri interi, razionali, reali e le usuali operazioni di

somma o prodotto.

Esempi di strutture algebriche sono i gruppi, gli

anelli, i campi e gli spazi vettoriali.

Algebra lineare

L'algebra lineare studia i metodi per risolvere si-

stemi di equazioni lineari. Protagonista dell'algebra

lineare è lo spazio vettoriale, una struttura che gene-

ralizza il piano cartesiano e permette di definire spazi

di dimensione arbitraria.

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Mohammad Bin Musa Al-KhawarizmiAbu Abdullah Mohammad Ibn Musa al-Khawarizmi, conosciuto anche come Abu Ja'far al-Khwarizmi, nacque a Khawarizmi, zona dell’Asia

Centrale a sud dell’Aral sea (Lago di Aral) a cavallo tra l'Uzbekistan occidentale ed il Kazakistan meridionale.

Si conosce molto poco della prima parte della sua vita, eccetto che i suoi genitori emigrarono a sud di Baghdad. Non si conoscono con esat-

tezza neppure le date della sua nascita e della sua morte tanto che si colloca la sua vita tra il 780-850 d.c.

Khawarizmi fu un matematico, astronomo e geografo. Come matematico rimane senz’altro uno dei più grandi di tutti i tempi dal momento che

è stato il fondatore di diverse branche della matematica e di parecchi dei suoi concetti base. Importante a tal proposito e in particolar modo

per la nostra trattazione è sicuramente il suo lavoro sull’algebra, ritenuto fino ad oggi eccezionale dalle più grandi menti matematiche della storia. Infatti, non solo ha dato l’input a questa nuova disciplina, ma l’ha addirittura sviluppata dando delle soluzioni analitiche a delle equa-

zioni lineari e quadratiche. Non è quindi un caso che il nome “Algebra” è stato derivato dal suo famoso libro Al-Jabr wa-al-Muqabilah ed è

questo il motivo per cui molti lo hanno identificato come il vero fondatore di questa disciplina. Questo libro ci è pervenuta in due versioni, una latina e una araba, ma in

quella latina, Liber algebrae et almucabola, manca una parte considerevole della versione araba: per esempio la prefazione, che nel testo originale aveva un taglio

troppo religioso. Rimangono anche molte perplessità quale sia il significato dei termini "al-jabr" e "muqabalah". Il primo, presumibilmente, significava "restaurazione" o

"completamento" e si pensa si riferisse alla trasposizione dei termini sottratti da un membro all'altro dell'equazione; il secondo si pensa possa significare "riduzione" o

"equilibrio" e quindi indicare la cancellazione dei termini simili che compaiono in entrambi i membri di una equazione.

Al-Khuwarizmi distingue e risolve sei tipi di equazioni algebriche formate da tre specie di quantità: radici, quadrati e numeri, esprimendo il tutto a parole come riporta-

to nella colonna di sinistra, mentre a destra riportiamo la notazione corrispondente moderna:

1. Quadrati uguali a radici % % ax2=bx% %2. Quadrati uguali a numeri% % x2=a%3. Radici uguali a numeri% % x=a%4. Quadrati e radici uguali a numeri% % x2+10x=39%5. Quadrati e numeri uguali a radici% % ax2+c=bx

6. Radici e numeri uguali a quadrati% % 3x+4=x2

I sei casi presentati esauriscono tutte le possibilità di equazioni lineari e del secondo grado aventi una radice positiva (la radice x=0 o a valori negativi non veniva

riconosciuta).

Al-Khuwarizmi inoltre propose la regola per risolvere ogni tipo di equazione, una sorta di formula simile a quella usata oggi cioè simile a:

& &Per concludere si può dire che la grandezza di questo matematico la si deduce anche dal fatto che le sue innovazioni hanno trovato spazio in un periodo della storia in

cui la diffusione delle idee era veramente difficile e lenta a causa della mancata comunicazione tra le diverse culture.

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L'algebra lineare è di importanza fondamentale in

molte discipline scientifiche.

Cos'è il Teorema Fondamentale dell'algebra?

Ci sono diversi modi per esprimere il Teorema

Fondamentale dell'algebra, tra cui la formulazione

che ogni polinomio reale può essere espresso come

prodotto di fattori irriducibili.

Il concetto base che lega le varie esposizioni asse-

risce che “ogni polinomio a coefficienti complessi

ammette almeno una radice”.

Dal teorema segue che un'equazione polinomiale

(polinomio eguagliato a zero in una variabile) a gra-

do n ammette sempre esattemente n soluzioni in cam-

po complesso, tenuto conto che alcune possono essere

dotate di molteplicità.

Cosa ha portato al teorema

Consideriamo un'equazione polinomiale a coeffi-

cienti interi (positivi o negativi):

Pn(x)=anxn+an-1xn-1+...+a1x+a0=0

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Girolamo Cardano Girolamo Cardano era il figlio illegittimo di Fazio Cardano e di Chiara Micheria. Suo padre era un avvocato a Milano ma la sua esperienza

nella matematica era tale che fu consultato da Leonardo da Vinci su domande di geometria. Oltre che del sua lavoro in legge, Fazio ha insegna-

to geometria sia all'università di Pavia che, per un periodo più lungo, a Milano.

Geronimo Cardano iniziò come assistente del padre ma, essendo un bambino debole, il padre stesso dovette chiedere l'aiuto di due nipoti quan-

do il lavoro diventò insostenibile per il giovane figlio. Nonostante questo, Fazio continuò ad insegnargli matematica. Questo fu il motivo che

portò il ragazzo a considerare l’ipotesi di una carriera accademica. Nel 1520 Fazio, nonostante la sua idea era quella di indirizzare Girolamo

verso le materie giuridiche, permise al figlio di iscriversi all'Università di Pavia e successivamente a quella di Padova per studiare medicina. Cardano fu un allievo brillante diretto ed altamente critico, anche se non veniva molto gradito a causa dei suoi atteggiamenti eccentrici e arro-

ganti che gli procurarono molti nemici. Questo non gli impedì però di concorrere per il posto di rettore dell’università e addirittura di vincere,

anche se solo per un voto sul suo rivale. Alla fine degli studi, a causa delle tante inimicizie, finisce col non trovare subito lavoro, ma animato da una forte forza d’animo si

adoperò per costruirsi una buona reputazione come medico tanto che i suoi servizi finirono col venire molto apprezzati da varie corti. Come medico è il primo a descrivere

la febbre tifoide.

Oggi egli è noto soprattutto per i suoi contributi all'algebra in particolare per aver pubblicato le soluzioni dell'equazione cubica e dell'equazione quadratica. In realtà la

storia ci dice che fu Scipione Dal Ferro (1465-1526), professore di matematica a Bologna, che riuscì a risolvere le equazioni cubiche del tipo x3+px=q intorno al 1500;

egli però non pubblicò il suo metodo risolutivo in quanto in tale periodo le scoperte venivano spesso tenute nascoste per poi sfidare i rivali a risolvere lo stesso problema.

Tale metodo fu rivelato dallo stesso Scipione Dal Ferro, alla fine della sua vita, ad un suo allievo, Antonio Maria Fior. Anche Tartaglia (soprannome di Nicolò Fontana,

1500-1559), in quegli anni era arrivato in modo indipendente ad una soluzione simile; aveva infatti trovato un metodo per risolvere le equazioni di terzo grado del tipo x3+px=q e x3+px2=q con p ed q positivi. Nel 1535 fu quindi organizzata una sfida matematica tra Fior e Tartaglia. Ognuno dei contendenti proposte 30 problemi che

l’avversario doveva risolvere. Tartaglia risolse tutti i trenta problemi proposti da Fior, mentre Fior non riuscì a risolvere nemmeno uno dei trenta posti da Tartaglia. La notizia

della brillante vittoria di Tartaglia nella sfida raggiunse Girolamo Cardano. Tartaglia, date le insistenze di Cardano, finì per rivelargli il suo metodo, in cambio della solen-

ne promessa di Cardano di mantenere tale metodo segreto. Nonostante questo impegno Cardano pubblicò la sua versione del metodo di risoluzione delle equazioni di

terzo grado nella sua maggiore opera matematica, intitolata Ars magna stampata nel 1545 a Norimberga. Lo stile di Cardano era piuttosto oscuro e la sua algebra era

ancora allo stato retorico, nel senso che le equazioni venivano espresse quasi completamente a parole.

La procedura risolutiva dell’equazione x3+px=q si ritrova descritta nelle celebri terzine di Tartaglia (a destra si riporta la scrittura algebrica attuale):

"Quando che’l cubo con le cose appresso & & & & & x3+px=q con p, q > 0Se agguaglia à qualche numero discreto

'Trovan dui altri differenti in esso. % % % % % q = u - v

Da poi terrai questo per consueto

'Che ‘l lor produtto sempre sia uguale & & & & & uv = (p/3)3

Al terzo cubo delle cose neto,

'El residuo poi suo generale& & & & & 3(u - 3(v

Delli lor lati cubi ben sottratti 'Varrà la tua cosa principale.”& & & & & x = 3(u - 3(v

Sulla contesa tra Cardano e Tartaglia per la priorità del procedimento si scrisse molto; tuttavia fu stabilito che il primo a trovare il metodo risolutivo per le equazioni di

terzo grado fu Scipione Dal Ferro. In effetti Dal Ferro fu indicato proprio da Cardano nella prima pagina dell’Ars Magna come uno degli autori della scoperta ed inoltre,

nella prefazione, vengono accreditati anche Tartaglia e Ferrari. Questo ultimo, studente di Cardano, arrivò alla risoluzione delle equazioni di quarto grado. Nei suoi svi-

luppi delle soluzioni Cardano occasionalmente si servì dei numeri complessi, ma senza riconoscerne l'importanza come invece seppe fare il matematico Rafael Bombelli che

per primo intuì la necessità di ampliare i numeri allora conosciuti con altri numeri.Cardano progettò inoltre svariati meccanismi tra i quali: la serratura a combinazione; la sospensione cardanica consistente in tre anelli concentrici che possono fare da

supporto a una bussola o a un giroscopio che possono ruotare liberamente; il giunto cardanico, dispositivo che consente di trasmettere un moto rotatorio da un asse ad un

altro di diversa angolatura e viene tuttora usato in milioni di veicoli. Nel 1550 introdusse la griglia cardanica, un procedimento crittografico.

Cardano venne accusato di eresia nel 1570 per aver elaborato e pubblicato nel 1554 un oroscopo di Gesù. Le accuse provenivano dai molti nemici che si era procurato.

Venne così arrestato, tenuto in carcere per parecchi mesi e costretto ad abiurare e ad abbandonare la cattedra occupata all'Università di Bologna. Questo lo indusse a

trasferirsi a Roma dove terminò la sua autobiografia e morì.

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Le soluzioni (o radici) reali di questa equazione

sono dette numeri algebrici. In altre parole,un numero

a è algebrico se soddisfa un'equazione algebrica

Pn(a)=0 per un polinomio Pn(x) a coefficienti interi. I

numeri interi e i razionali sono tutti algebrici.

Infatti, se r=p/q è un numero razionale, esso è

radice dell'equazione di primo grado P1(x)=qx-p. An-

che (5 è algebrico poiché risolve l'equazione

P2(x)=x2-5=0.

Se il coefficiente an è diverso da zero, il polinomio

è detto di ordine n.

I polinomi di ordine 1 hanno due coefficienti cia-

scuno, diciamo a1 e a0 , entrambi interi. Segue quindi

dal Lemma 31 che l'insieme di tutti i polinomi di ordine

1 è numerabile2. Si può dimostrare, in generale, che

l'insieme di tutti i polinomi di ordine n è numerabile. Il

Teorema Fondamentale dell'Algebra afferma che un

polinomio di ordine n ha esattamente n radici (anche

complesse). Quindi l'insieme di tutti i numeri che sod-

disfano una qualsiasi equazione di grado n è nume-

rabile. Il sottoinsieme di questo insieme, formato dai

soli numeri reali, è ancora numerabile.

L’enunciato e la dimostrazione del teorema copro-

no un arco temporale di svariate centinaia di anni,

185 per la precisione, almeno nella forma esplicita

come lo conosciamo oggi, perché essendo strettamen-

te legato al concetto stesso di algebra, è dall'800 d.C

circa che i matematici hanno a che fare con le conse-

guenze del teorema; da quando i primi studi di al-

"w#rizm$ sulle equazioni portarono alla determina-

zione delle sole radici positive.

Nel 1545 è il matematico italiano Cardano a rico-

noscere la possibilità di poter lavorare con quantità

più generali dei numeri reali, cercando la formula riso-

lutiva di un'equazione cubica (soluzione in parte rive-

latagli dal matematico Tartaglia), arrivando ad ottene-

re tra le soluzioni le radici quadrate di un numero ne-

gativo. Riuscì a manipolare questi numeri complessi

fino ad ottenere la risposta esatta, anche se lui stesso

non era in grado di comprendere la matematica utiliz-

zata.

Bombelli pubblicò nel 1572 “Algebra”, nel quale

introdusse una serie di regole con cui manipolare i

numeri complessi.

Cartesio, quarant'anni più tardi:, affermò:“[la

possibilità di] immaginare, per ogni equazione di

grado n, n radici, ma in realtà queste quantità imma-

ginate non corrispondono a radici reali.”.

Fu Viète a fornire equazioni di grado n con n ra-

dici, mentre il primo a parlarne in maniera esaustiva fu

il matematico fiammingo Albert Girard nell'esposizio-

ne del suo libro “L'invention en algebre” del 1629, il

quale però non effettuò una dimostrazione in senso

moderno, anche perché riteneva che le soluzioni po-

tessero appartenere ad un insieme più ampio di C,

invece che essere del tipo a+ib con a e b reali.

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1 Lemma 3: “L’unione di un’infinità numerabile di insiemi numerabili è numerabile”.

2 Def. insieme Numerabile: “Un insieme A è detto numerabile se A~N, cioè se è equivalente all’insieme dei numeri naturali”

Raffaele BombelliBombelli nacque a Bologna nel 1526 e morì a Roma intor-

no al 1572). Fu un matematico e ingegnere idraulico. Ori-

ginariamente il cognome della sua famiglia era Mazzoli, e

in epoca imprecisata fu cambiato in Bombelli.

Rafael fu il primo di sei fratelli. Nella sua formazione entra-

rono a far parte le questioni matematiche dibattute in quel

tempo: lesse le opere di Girolamo Cardano e seguì la dispu-ta tra Niccolò Tartaglia e un allievo di Antonio Maria Fior, sulla risoluzione

delle equazioni di terzo grado. Inoltre si tenne informato su Ludovico Ferrari

che poco più tardi scoprì la formula per la soluzione delle equazioni di quarto

grado. Studiò anche architettura e ingegneria esercitando per un certo tempo

tale attività a Roma.

Negli anni successivi cominciò a scrivere un libro di algebra, ritenendo che

molte delle dispute derivassero da una poco chiara esposizione della materia.

Sempre a Roma gli fu mostrato il manoscritto della "Arithmetica" di Diofanto di

Alessandria e ne intraprese la traduzione. Sebbene il lavoro non fu mai portato

a termine, il materiale venne utilizzato nella revisione del suo libro sull'algebra.

L'opera doveva essere in cinque volumi: i primi tre furono pubblicati nel 1572 (con il titolo completo di "L'Algebra, opera di Rafael Bombelli da Bologna,

diuisa in tre libri con la quale ciascuno da sé potrà venire in perfetta cognitione

della teoria dell'Aritmetica"), mentre il quarto e il quinto, sulla geometria, resta-

rono manoscritti, a causa della morte prematura di Bombelli.

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Commettendo un clamoroso errore Leibniz sosten-

ne nel 1702 la falsità del Teorema Fondamentale, con-

vinto che non si sarebbe potuto scrivere il polinomio

x4+t4 come prodotto di due fattori reali quadratici. Il

suo errore risiedeva interamente nel negare che anche

(i si poteva scrivere come a+ib con a e b reali.

Nella seconda metà del XVIII secolo lo studio delle

equazioni si orienta in una nuova direzione: non la

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François VièteViète nacque a Fontenay-le-Comte in Francia nel

1540. Studiò giovanissimo all’università di Poi-

tiers. Essendo il padre un uomo di legge, non

sorprese il fatto che lo stesso François studiò

legge. Dopo la laurea avvenuta nel 1560, co-

minciò ad esercitare la professione legale che

portò avanti per soli 4 anni prima di decidere di cambiare carriera.

Quegli anni in Francia furono davvero tormentati a causa di continue

agitazioni politiche e religiose. Infatti la “French Wars of Religion”

iniziò proprio nel 1562 appena dopo l’ascesa al trono di Francia di

Carlo IX.

Viète, come matematico, introdusse la prima notazione algebrica siste-

matica nel suo libro “Analyticam isagoge” pubblicato a Tours nel 1591.

Il titolo di questo suo lavoro suonò molto strano negli ambienti scientifici

dell’epoca per il suo significato, "Introduzione all’arte analitica", che

lasciava aperti molti dubbi sul suo accostamento ad un lavoro di alge-

bra. Nonostante questo Viète venne molto apprezzato, sia per la com-pletezza dell’opera ma soprattutto perché ebbe il coraggio di basare il

suo lavoro sulle idee del matematico italiano Cardano e sugli insegna-

menti degli antichi matematici greci, staccandosi così da quella che fino

ad allora aveva rappresentato la sorgente delle intuizioni algebriche: la

cultura araba. Altra sua importante intuizione degna di rilievo nel cam-

po della matematica, e più specificatamente nell’algebra, furono le

cosiddette formule di Viète, cioè quelle formule che mettono in relazio-

ne le radici di un polinomio con i suoi coefficienti. L’importanza di que-

ste formule si riscontrò negli anni soprattutto in relazione allo studio e

dimostrazione del teorema fondamentale dell’algebra Queste formule sono conosciute anche con il nome di formule di Viète-Girard poiché un

importante contributo venne anche dal lavoro del matematico Albert

Girard.

Albert Girard Albert Girard nasce nel 1595 e fu un matematico francese

rifugiato religioso nei Paesi Bassi. Il suo primo interesse fu

la musica, in particolare gli piaceva suonare il liuto. Entrò

all'università di Leida a 22 anni, dove cominciò a studiare

matematica. In effetti, per i canoni dell’epoca, 22 anni era

da considerarsi un’età superata per l’inizio di quel tipo di

studi. Tuttavia riuscì a lasciare il segno come matematico in molte discipline come algebra, trigonometria ed aritmetica.

Nel 1626 infatti pubblicò un trattato sulla trigonometria che contenne per la

prima volta le abbreviazioni di sin, cos, tan. In algebra si fece conoscere per

essere stato uno dei primi ad aver avuto alcuni pensieri iniziali sul teorema

fondamentale dell’algebra. Acquisì fama anche per essere il primo a formulare

la definizione induttiva ben nota fn+2 = fn+1 + F-N per la sequenza del Fibo-

nacci. Come molti matematici del suo tempo Girard si interessò alle applicazioni

militari della matematica ed in particolare allo studio delle fortificazioni. Tra-

dusse parecchi impianti sulle fortificazioni alcuni da francese al fiammingo, altri

da fiammingo al francese. Sembra che Girard si arruolò un certo tempo come assistente tecnico nell'esercito olandese, anche se questo avvenne con molta

probabilità dopo aver pubblicato il suo lavoro sulla trigonometria. Muore nel

1632.

Gottfried Wilhelm von LeibnizGottfried Leibniz nacque a Lipsia nel 1646. Era il figlio di Friedrich Leibniz, un professore di filosofia morale e diritto all'Università di Lipsia e di

Catharina Schmuck, figlia di un avvocato e terza moglie di Friedrich. Tuttavia Friedrich morì quando il figlio aveva soltanto sei anni, quindi le

maggiori cure verso Gottfried vennero dalla madre. Non si possono però dimenticare la rigida educazione e quei valori morali e religiosi tra-

smessi dal padre all’ancora giovane Leibniz, che svolsero indubbiamente un ruolo importante nel corso della sua vita tanto da renderlo una

delle figure più importanti del suo tempo. Non a caso quindi, a soli sei anni, Leibniz aveva già imparato il latino leggendo Tito Livio e l’anno

dopo entrava nella scuola di Nicolai a Lipsia. Inoltre continuò per molti anni a leggere i libri del padre e cominciava ad apprendere attraverso

la scuola la logica e la teoria della suddivisione in categorie della conoscenza secondo il pensiero di Aristotele. Leibniz però non fu del tutto soddisfatto dal sistema Aristotelico e quindi cominciò a sviluppare le sue proprie idee su come migliorarlo. In particolare fu aiutato in questo da

libri di metafisica e libri di teologia sia di origine cattolica che protestante. Nel 1661, all'età di quattordici, Leibniz entrò nell'università di Lipsia dove intraprese gli studi

di filosofia, materia che gli fu insegnata in modo eccellente a differenza della matematica che non gli fu spiegata nel migliore dei modi. Si laureò nel 1663 con il grado

più alto con una tesi sul “De Principio Individui” (Sul principio dell'individuo) che: - … ha dato risalto al valore esistenziale dell'individuo, che non deve essere spiegato

dalla materia da solo o dalla forma da solo ma piuttosto dal suo essere intero.

Nell’estate del 1663 Leibniz si trasferì a Jena dove grazie al suo nuovo professore di matematica Erhard Weigel, cominciò a capire l'importanza del metodo di prova

matematica anche per gli oggetti quali logica e filosofia. Weigel credeva che il numero fosse il concetto fondamentale dell'universo e le sue idee erano influenzarono

considerevolmente il pensiero di Leibniz.

Nell’ottobre dello stesso anno intraprende un dottorato in legge.

Molto si deve a Leibniz nel campo della filosofia tanto da poterlo annoverare tra le più prolifiche menti filosofiche a cavallo tra il 600 e il 700. Uno dei suoi maggiori

lavori si concentro prevalentemente sul concetto di monadi, cioè una specie di atomi spirituali, eterni, non scomponibili, che seguono delle leggi proprie, non interagi-scono, ma ognuno di essi riflette l’intero universo in un armonia prestabilita. Concetto con cui tentò di risolvere il problema dell’interazione tra mente e materia solleva-

to da Cartesio. Inoltre sosteneva che l’uomo vive “nel migliore dei mondi possibili” perché creato da Dio, risolvendo così a priori anche il problema del male.

Non meno importanti delle teorie filosofiche sono i concetti e le dimostrazioni apportate al mondo della matematica. Prima tra tutte è da citare il fatto che è proprio a

lui che si deve il termine di funzione, che usò per individuare una quantità la cui variazione è fornita da una curva la cui pendenza può essere calcolata in un suo punto

particolare. Insieme a Newton diede uno dei maggiori contributi nel calcolo infinitesimale moderno, con particolare accento sul calcolo integrale: un importante punto

di svolta di questo suo lavoro si ebbe nel 1675 quando utilizzò per la prima volta il calcolo integrale per trovare l’area dell’insieme si punti delimitato dalla funzione

y=x. Sviluppò anche diverse notazioni utilizzate tuttoranei calcoli matematici (primo tra tutti il simbolo di integrale che voleva richiamare la S di Summa dal latino).

Unico neo nella sua esperienza matematica avvenne nel 1702 quando sostenne di aver trovato, con il polinomio x4 + 1, un controesempio che metteva in luce l’impos-

sibilità della dimostrazione del teorema fondamentale dell’algebra. Naturalmente venne smentito con una lettera in cui N. Bernoulli e C. Goldbach dimostrarono l'esi-

stenza di soluzioni complesse del polinomio.Nonostante questo rimane comunque una delle menti più importanti anche perché a lui si deve anche la costruzione della prima calcolatrice meccanica capace di ese-

guire moltiplicazioni e divisioni e la forma moderna del sistema di numerazione binaria utilizzata oggi nell’informatica. Molti studiosi si chiedono infatti a cosa sarebbe

giunto se solo fosse riuscito a combinare le sue scoperte aritmetiche con le realizzazioni nel calcolo meccanico.

Page 6: Teorema fondamentale dell'Algebra

sfrenata ricerca di una formula risolutiva, ma la ricerca

dell'esistenza della soluzione.

Un'imponente figura nel panorama matematico tra

il XVII e XVIII sec. fu Leonhard Euler, detto dai propri

contemporanei Princeps Mathematicorum, per i contri-

buti essenziali in ogni ramo della matematica allora

conosciuta.

Fu Eulero, infatti, intrattenendo un rapporto episto-

lare con Bernoulli e Goldbach, che in una lettera del

1742 mostrò che il controesempio di Leibniz era errato,

come mostra nell'equazione:

In quanto italiano, è degno di nota il nome di Vin-

cenzo Riccati che viene affiancato a delle grandi menti

come Eulero, Leibniz e Bernoulli, in quella che ha rap-

presentato una delle più vaste “controversie” che han-

no animato la matematica del '700.

Quattro anni dopo D'Alembert tentò la prima di-

mostrazione seria del Teorema Fondamentale, e nono-

stante gli errori commessi e le inesattezze che non por-

tarono a nulla, le idee utilizzate erano buone, tanto

che poco dopo Eulero provò la veridicità del teorema

per i polinomi di grado inferiore o uguale a 6. Tentò di

provarlo anche per il caso generale, almeno se i coef-

ficienti erano reali.

La dimostrazione si basa sulla scomposizione di un

polinomio di grado 2n nel prodotto di due polinomi di

grado 2(n-1). Il teorema segue dalla ripetizione di que-

sta scomposizione, che veniva realizzata da Eulero

forte di un risultato ottenuto da Cardano, il quale af-

fermava la possibilità di applicare una trasformazione

ad un polinomio per eliminare il secondo termine di

grado più alto.

Lagrange sollevò delle obiezioni al procedimento

di Eulero e nel 1772 tentò di colmare le lacune della

sua dimostrazione, cosa che tentò di fare anche Lapla-

ce nel 1795, anche se con un approccio differente,

quello del discriminante di un polinomio. Entrambi gli

approcci, però, soffrivano il limite di supporre l’esisten-

za delle radici, e nel dimostrare solo nel caso comples-

so.

Storicamente si attribuisce la prima vera dimostra-

zione del Teorema Fondamentale dell'algebra a Gauss.

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Joseph-Louis Lagrange(battezzato Giuseppe Lodovico Lagrangia)

(Torino, 25 gennaio 1736 – Parigi, 10 aprile 1813) è stato un matematico e astronomo italiano, sicu-ramente uno tra i maggiori e più influenti matema-tici del XVIII secolo. La sua più importante opera è il testo Mécanique analytique, pubblicato nel 1788. In campo matematico Lagrange è ricordato per le

sue attività in teoria dei numeri, per aver sviluppato il calcolo delle variazioni, per i lavori di fondazione della meccanica analitica, per i risultati nel campo delle equazioni differenziali e per essere stato uno dei pionieri della teoria dei gruppi. Nel settore della astronomia condusse ricerche intorno ai calcoli della librazione lunare e al moto dei pianeti.

x4 + t4 = (x2 + i t2)(x2 - i t2)=(x2 + t2 + (2tx)(x2 + t2 - (2tx).

Jean-Baptiste Le Rond d' Alembert (Parigi, 16 novembre 1717 – Parigi, 29 ottobre 1783) è stato un fisico, matematico, filosofo e astronomo francese, tra i più importanti prota-

gonisti dell'Illuminismo. Frutto di un amore illegittimo tra la marchesa Claudine Guérin de Tencin, scrittrice, e il cavaliere Louis-Camus Destou-

ches, generale d’artiglieria, d’Alembert nacque il 16 novembre 1717 a Parigi. Destouches era all'estero al momento della nascita di d'Alem-

bert che, un paio di giorni più tardi, fu abbandonato dalla madre sui gradini della cappella di Saint-Jean-le-Rond di Parigi, attinente alla torre

nord della cattedrale di Notre-Dame. Come voleva la tradizione, venne chiamato con il nome del santo protettore della cappella e divenne

Jean le Rond.

Messo dapprima in orfanotrofio, trovò presto una famiglia di adozione: venne preso in affidamento dalla moglie di un vetraio. Il cavaliere Destouches, anche se non ne riconobbe ufficialmente la paternità, vegliò segretamente sulla sua educazione e gli accordò una rendita.

Sotto l'influenza della famiglia Destouches, all'età di dodici anni d'Alembert entrò nel collegio giansenista delle Quattro Nazioni (detto anche collegio Mazarino)

dove studiò filosofia, diritto e belle arti, conseguendo il baccalauréat nel 1735.

Negli anni successivi, d'Alembert derise i princìpi cartesiani che gli erano stati impartiti dai giansenisti: «premozione fisica, idee innate e i vortici». I giansenisti

orientarono d'Alembert verso una carriera ecclesiastica, cercando di dissuaderlo dal perseguire la poesia e la matematica. Tuttavia, la teologia era per lui «forag-

gio piuttosto inconsistente». Frequentò la scuola di legge per due anni, diventando avvocato nel 1738.

In seguito si interessò alla medicina e alla matematica. All'inizio si iscrisse a questi corsi con il nome di Daremberg, poi lo cambiò in d’Alembert, nome che conser-

vò per il resto dei suoi giorni.

La celebrità ottenuta con il suo lavoro sul calcolo integrale gli permise di entrare all'Académie des Sciences nel 1741 all'età di 24 anni; entrò poi all'Accademia di

Berlino a 28 anni, per un lavoro sulla causa dei venti. Federico II gli offrì per ben due volte la presidenza dell'Accademia di Berlino, ma d'Alembert, per il suo carattere schivo e riservato, rifiutò sempre, preferendo la tranquillità dei suoi studi.

Nel 1743 pubblicò il Traité de dynamique nel quale espose il risultato delle sue ricerche sulla quantità di movimento.

Fu assiduo frequentatore di vari salotti parigini, come quello della marchesa Thérèse Rodet Geoffrin, quello della marchesa du Deffand e, soprattutto, quello di

Mademoiselle de Lespinasse. Fu qui che incontrò Denis Diderot nel 1746, il quale lo reclutò per il progetto dell'Encyclopédie; l'anno seguente intrapresero insieme

la direzione del progetto. D'Alembert si prese carico delle sezioni riguardanti la matematica e le scienze.

Nel 1754 d’Alembert venne eletto membro dell'Académie française e ne divenne segretario perpetuo il 9 aprile 1772.

Fino alla sua morte, avvenuta nel 1783 a 66 anni, continuò i suoi lavori scientifici scomparendo al culmine della sua fama, prendendosi così una rivincita eclatante

sulla sua sfortunata nascita.

Page 7: Teorema fondamentale dell'Algebra

Questi la presentò nel 1799, in occasione della tesi

di dottorato, insieme alle critiche verso le dimostrazioni

precedenti. Di suo, non si attribuì la paternità della

prima dimostrazione effettiva, ma di fornirne una nuo-

va, dato che dalla dimostrazione di D'Alembert era

possibile costruire una dimostrazione rigorosa sulla

stessa base, malgrado alcune inesattezze di fondo.

Sempre sulla base delle idee di D'Alembert parte

la dimostrazione dello svizzero Jean Robert Argand,

un impiegato di banca appassionato di matematica.

Argand considerava il numero i come una rotazio-

ne di 90° nel piano cartesiano e rappresentava i nu-

meri complessi come realizzazione di questo piano

geometrico.

La sua dimostrazione comunque non è costruttiva

(non fornisce indicazioni su come trovare le radici del-

l'equazione), ma riguarda esclusivamente l'esistenza di

soluzioni ed è basata su un teorema di esistenza per il

minimo di una funzione continua.

Nel 1816 (due anni dopo Argand), Gauss comple-

tò e corresse la dimostrazione precedente, introducen-

do poi nel 1831 il termine “complesso”, mentre già nel

1821 il termine “coniugato” era stato introdotto da

Cauchy.

Solo nel 1849 Gauss diede una dimostrazione

completa per un polinomio a coefficienti complessi,

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Jean Robert Argand Jean-Robert Argand di professione era un ragioniere e un contabile a Parigi ma

ebbe maggiore visibilità soprattutto come matematico nonostante il suo fosse sol-

tanto un interesse. Sin da piccolo fu conosciuto per la sua buona educazione e per

la sua formazione. Si sa che il padre era Jacques Argand e la madre Eves Canac.

Oltre la sua data di nascita, 22 luglio 1768, del resto della sua vita si conosce

poco. E’ ricordato particolarmente per la sua interpretazione geometrica dei

numeri complessi dove “i” è interpretato come una rotazione di 90°. Il concetto di modulo di un numero complesso è inoltre dovuto ad Argand ma Cauchy, che ha

usato successivamente il termine, è accreditato solitamente come l’ideatore di

questo concetto. Tuttavia, il fatto che il nome di Argand è associato con questa

interpretazione geometrica dei numeri complessi è soltanto come conseguenza di

una serie di eventi piuttosto strani. Infatti il primo a dare questa interpretazione

geometrica dei numeri complessi fu il danese Caspar Wessel in un suo lavoro del

1787 che non venne pubblicato per problemi burocratici fino al 1799 e che suc-

cessivamente passò inosservato per anni alla comunità matematica del tempo

poiché era scritto in danese. Per ironia della sorte, questo lavoro fu riscoperto solo

nel 1895 quando Wessel era ormai morto e inoltre, intorno al 1806, anche Ar-gand era arrivato, in modo indipendente, agli stessi suoi risultati. Argand inoltre,

pur non essendo un matematico professionista, aggiunse a quei risultati l'idea

semplicissima di disegnare due assi cartesiani, e associare a ogni numero comples-

so un punto del piano portando così la visione dei numeri complessi su un piano

bidimensionale. Il tutto oggi è noto come diagramma di Argand. E’ curioso anche

il fatto che Argand abbia pubblicato queste sue intuizioni matematiche a proprie

spese soltanto perchè lavorando come bibliotecario era a conoscenza di come

funzionasse il commercio dei libri. La cosa singolare che accadde in seguito è che

il suo libro ebbe riscontro ma fu attribuito per molto tempo ad un matematico di

cui non si conosceva l’identità. Così Jacques Français pubblicò un articolo nel 1813 in cui mise in risalto l’opera e chiese se qualche matematico si fosse riconosciuto in

quelle idee. Solo allora Argand venne messo in risalto per la sua opera e ristampò

una seconda edizione apportando alcune modifiche.

Nel suo lavoro del 1806, occorre senz’altro menzionare un’altra geniale intuizio-

ne: la dimostrazione (anche se non completamente corretta) del Teorema fonda-

mentale dell'algebra; infatti sembra essere stato il primo a trattare il caso in cui i

coefficienti possono anche essere numeri complessi. Dopo il 1813 Argand realizzò

un più alto profilo nel mondo matematico. Pubblicò otto ulteriori articoli, tutti nel

giornale del Gergonne, fra 1813 e 1816. La maggior parte di questi sono basati o

sul suo libro originale, o commentano le carte pubblicate da altri matematici. Morì il 13 agosto 1822.

Carl Friedrich Gauss (Braunschweig, 30 aprile 1777 - Gottinga, 23 febbraio 1855) è stato matematico, astronomo e fisico, fornendo contributi determinanti a queste

scienze. Viene considerato uno dei principali matematici di tutti i tempi.

Fin da bambino impressionò tutti con la sua spiccata intelligenza. Secondo la leggenda Gauss all'età di tre anni avrebbe corretto un errore di suo

padre nel calcolo delle sue finanze.

Un alto aneddoto, forse vero forse verosimile, racconta che l'insegnante per mettere a tacere l'allievo gli ordinò di fare la somma di tutti i numeri

da 1 a 100. Poco dopo, sorprendendo tutti, il giovanissimo Carl diede la risposta esatta, essendosi accorto che mettendo in riga tutti i numeri da 0

a 100 e nella riga sottostante i numeri da 100 a 0, ogni colonna dava come somma 100: Carl fece dunque il prodotto 100x101 e divise per 2, ottenendo facilmente il risultato.

Il 1796 fu probabilmente l'anno più produttivo di Gauss. Oltre alla costruzione dell'eptadecagono (poligono regolare di 17 lati) inventò l'aritmetica

modulare, importantissimo strumento della teoria dei numeri e dette la prima dimostrazione della legge di reciprocità quadratica. Sempre in quell'anno congetturò per pri-

mo la

validità del teorema dei numeri primi e che tutti in numeri naturali sono rappresentabili al più come somma di tre numeri triangolari. Tuttavia Gauss non pubblicò queste due

ultime scoperte ma le tenne per sè. Infatti Gauss era affetto da una sorta di mania di perfezionismo, che gli impediva di pubblicare le sue dimostrazioni se non erano assolu-

tamente rigorose. Scriveva invece le sue scoperte nel suo diario in maniera criptica.

Nel 1799 Gauss dette una dimostrazione del teorema fondamentale dell'algebra. Produsse negli anni quattro diverse dimostrazioni, chiarendo il concetto di numero com-

plesso strada facendo; diede anche un importantissimo contributo alla teoria dei numeri con il libro del 1801 Disquisitiones Arithmeticae,che conteneva un'esposizione chia-

ra dell' aritmetica modulare e e la dimostrazione della reciprocità quadratica.

Gauss predisse il punto in cui sarebbe riapparso l'asteroide Cerere scoperto da Giuseppe Piazzi ma scomparso poco dopo dietro la Luna, facendo uso dell'appena scoper-

to metodo dei minimi quadrati. Cerere riapparve proprio nel punto indicato da Gauss.

Questo straordinario successo lo portò a essere conosciuto anche al di fuori dalla cerchia dei matematici.

La scoperta di Cerere portò Gauss a interessarsi delle perturbazioni degli asteroidi. Le sue scoperte furono pubblicate nel 1809 nel volume Teoria del moto di corpi celesti

che si muovono percorrendo sezioni coniche intorno al sole.

Sembra che Gauss fu il primo a scoprire le potenzialità della geometria non euclidea ma sembra per paura di pubblicare un lavoro così rivoluzionario tenne per sé i risulta-

ti. Questa scoperta fu una delle più importanti rivoluzioni matematiche di tutti i tempi. Essa consiste sostanzialmente nel rifiuto di uno o più postulati di Euclide, cosa che

porta alla costruzione di un modello geometrico consistente e non contraddittorio.

La cartografia dell'Hanover portò Gauss a sviluppare la distribuzione gaussiana degli errori, chiamata anche variabile casuale normale usata per descrivere la misura degli errori.

Dalla stessa ricerca nasce l'interesse per la geometria differenziale e il teorema egregrium che stabilisce importanti proprietà nella nozione di curvatura.

Nel 1831 Gauss iniziò una fruttuosa collaborazione col professore di fisica Wilhelm Weber; che portò alla scoperta di una nuova legge del campo elettrico (teorema di

Gauss ) e della seconda legge di Kirchhoff. Gauss e Weber costruirono un primitivo telegrafo elettromagnetico nel 1833. Gauss e Weber studiarono anche la variazione del

campo magnetico terrestre e per questo fu ordinata la costruzione di un "osservatorio magnetico" nel giardino dell'osservatorio astronomico.

Page 8: Teorema fondamentale dell'Algebra

esattamente 50 anni dopo il suo primo approccio alla

questione.

Una spinta notevole alla risoluzione era stata posta

dal giovanissimo matematico francese Galois, che con

la sua teoria specifica un criterio generale affinché una

particolare equazione polinomiale di un qualsiasi gra-

do abbia le soluzioni esprimibili mediante operazioni

algebriche e radicali ed, usando i gruppi di permuta-

zioni, tentò di descrivere come le varie radici di un da-

to polinomio sono collegate le une con le altre.

La teoria di Galois prende forma dal teorema di

Abel-Ruffini, che afferma: "Non esiste nessuna formula

per le radici di una generica equazione polinomiale di

quinto grado (o superiore) in funzione dei coefficienti

del polinomio, usando solo le normali operazioni al-

gebriche (addizione, sottrazione, moltiplicazione, divi-

sione) e l'applicazione di radicali (radici quadrate,

radici cubiche, etc.)".

I matematici dell'epoca erano comunque ancora

convinti che esistesse una gerarchia di quantità imma-

ginarie, di cui i numeri complessi fossero i più semplici.

Fu Hamilton nel 1843 che scoprì i quaternioni, cercan-

do di generalizzare i numeri complessi.

Nel 1863 fu Weierstrass il primo a fornire una

prova che l'unico campo commutativo contente R è C.

Tutte le prove citate divengono valide una volta

acquisita la consapevolezza dell'esistenza di un campo

di riducibilità per ogni polinomio.

Dimostrazione basata sull'analisi complessa

Sia p(z) un polinomio complesso, tale che

per ogni z complesso. Allora la funzione

è una funzione intera, cioè è una funzione olomor-

fa definita per ogni valore complesso z. D'altra parte

implica che

e quindi la funzione | f(z) | è limitata3. Per il teo-

rema di Liouville4 f(z) è costante, da cui segue che an-

che p(z) è costante.

Quindi gli unici polinomi irriducibili sono i polinomi

costanti.

Questa è solo una delle molteplici dimostrazioni del

teorema fondamentale dell'algebra, quella più sempli-

ce da verificare forse più elegante nella forma.

Le altre due più conosciute sono quella che fa rife-

rimento ai campi algebricamente chiusi e quella che si

basa su una dimostrazione topologica.

Il teorema fondamentale dell'algebra è stato una

sfida interessante per generazioni di matematici che si

sono avvicendati durante il corso della storia nel tenta-

tivo di dimostrarlo. Tentativi che sicuramente sono stati

influenzati, nei vari approcci, dalla poliedricità di que-

sti personaggi che, in particolare nei momenti storici

maggiormente “caldi” (Illuminismo, Rivoluzione France-

se, ecc), non erano mai solo dei matematici ma anche

quasi sempre dei fisici ed artisti in genere.

Una varietà culturale che sicuramente denotava

una freschezza mentale che si ritrova nelle opere e nel-

le intuizioni e scoperte dei personaggi che hanno con-

tribuito alla dimostrazione del teorema fondamentale

dell'algebra, su cui si basa buona parte dell'algebra

che conosciamo.

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3 Funzione limitata: una funzione f definita su un’insieme arbitrario X e con valori reali o complessi, si dice limitata se il suo codominio è un in-

sieme limitato (cioè se ha un’estensione finita).

4 Teorema di Liouville: è un teorema dell’analisi complessa riguardante una proprietà caratteristica delle funzioni intere.

Enunciato: “Sia f:C->C una funzione intera. Se ∃ M # R tale che |f(z)|!M ∀ z # C (f è limitata), allora f è costante.”

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Leonhard Eulero

Nato a Basilea, in Svizzera, il 15 aprile 1707, e morto a S. Pietroburgo, in Russia, il 18 settembre 1783), conosciuto in Italia

con il nome di Eulero, è indiscutibilmente il principe dei matematici del XVIII secolo. Fama acquisita per essere stato tra i più

prolifici di tutti i tempi e per aver fornito contributi storicamente cruciali in svariate aree: analisi infinitesimale, funzioni spe-

ciali, meccanica razionale, meccanica celeste, teoria dei numeri, teoria dei grafi. Fu grandissimo anche come fisico teorico,

tanto che può essere accostato senza dubbio a figure chiavi come Euclide, Archimede, Newton, Gauss e Einstein.

Il suo genio non ha uguali né simili se si pensa alla sua capacità di affrontare e risolvere indifferentemente i problemi dei due principali campi della

matematica: il continuo e il discreto.

Eulero è stato senz'altro anche il più grande fornitore di "denominazioni matematiche", offrendo il suo nome a una quantità impressionante di formule,

teoremi, metodi, criteri, relazioni, equazioni.

I suoi contemporanei riconobbero in lui l’Incarnazione dell’Analisi per via del contributo di sistemazione e organizzazione che egli da solo seppe dare

alla più grande realizzazione del XVIII secolo: il Calcolo Infinitesimale.

Nella sua Introduzione all'analisi infinitesimale (1748), diede la prima trattazione completa dell'algebra, della teoria delle equazioni, della trigonome-

tria e della geometria analitica; precisò la definizione di funzione e affrontò la teoria delle serie. In altre opere si occupò di calcolo (compreso il calco-

lo delle variazioni), della teoria dei numeri, dei numeri immaginari.

Nei primi anni del 1700, quando in pratica erano scomparsi personaggi come G. W. Leibniz e Giacomo Bernoulli ed I. Newton si era ritirato dalla

scienza militante, Giovanni Bernoulli, fratello minore di Giacomo, passava a ragione come il più grande matematico d’Europa.

Il 17 novembre del 1705, dopo avere accettato la cattedra di Professore in Matematica precedentemente tenuta dal fratello maggiore, Bernoulli tenne

presso l’Università di Basilea l’orazione inaugurale. Insegnante formidabile, attirò intorno a sé numerosi giovani accorsi ad ascoltarlo da ogni parte

d’Europa. Alcuni di essi non tardarono successivamente a salire a grande fama nell’ambito della Matematica e della Fisica.

Fortuna volle che nel 1720 divenne maestro di Leonardo Eulero e che immediatamente riconobbe nel giovane discepolo delle capacità non indifferenti.

Per questo motivo gli dedicò gratuitamente una lezione privata ogni sabato pomeriggio.

Giovanni Bernoulli, sospettoso ed invidioso per indole, non seppe instaurare mai rapporti felici con il prossimo. Un’unica eccezione il rapporto con

Leonardo, che proseguì in maniera stupefacente per tutto l’arco della vita del maestro. Non solo, ma quando Eulero si allontanò da Basilea e si trasferì

prima a San Pietroburgo e successivamente a Berlino, la corrispondenza scientifica attraverso lettere fu sempre intensa e cordiale.

Il trasferimento a San Pietroburgo avvenne perché Daniel, uno dei due figli di Bernoulli fece il nome di Eulero quando, a causa della morte del fratello

Nicolas, la cattedra di matematica e fisica all'Accademia Imperiale delle scienze della città russa rimase vacante.

Eulero arrivò nella capitale russa nel 1727. Poco tempo dopo passò dal dipartimento di medicina a quello di matematica. In quegli anni alloggiò con

Daniel Bernoulli con cui avviò un'intensa collaborazione matematica. Grazie alla sua incredibile memoria Eulero imparò facilmente il russo. L'Accade-

mia più che un luogo d'insegnamento era un luogo di ricerca. Pietro il Grande infatti aveva creato l'Accademia per richiudere il divario scientifico tra

la Russia e l'Occidente. Dopo la morte di Caterina I che aveva continuato la politica di Pietro venne al potere Pietro II. Questi, sospettoso degli scien-

ziati stranieri, tagliò i fondi di Eulero e i suoi colleghi. Inoltre i continui tumulti in Russia avevano stancato Eulero che amava una vita più tranquilla e

quindi quando gli fu offerto un posto all'Accademia di Berlino da Federico il Grande di Prussia. egli accettò e partì per Berlino nel 1741. Visse a Berli-

no per i successivi 25 anni arrecando un'enorme prestigio all'Accademia. Dovette però allontanarsi da Berlino per un conflitto col Re. Egli infatti lo

riteneva troppo poco raffinato per la sua corte, in cui alloggiava addirittura Voltaire. Eulero era infatti un religioso semplice e un gran lavoratore e

aveva idee e gusti molto convenzionali. Era, in un certo senso, l'esatto opposto di Voltaire e questo lo rendeva bersaglio delle battute del filosofo.

Col tempo la vista di Eulero peggiorò molto durante la sua carriera tanto che, quando la situazione in Russia divenne stabile si fece aiutare da un em-

manuense nella trascrizione dei suoi appunti. Ma parte di questi vennero persi in un incendio scoppiato proprio nell’abitazione del matematico.

La fecondità scientifica di Eulero nei suoi primi soggiorni in Russia e in Prussia (l’attuale Germania) fu tanto intensa che la sua fama presto raggiunse

livelli straordinari e, circostanza ancora più sorprendente, ciò non turbò minimamente l’amicizia e l’affetto del suo maestro, tanto che quando quest’ul-

timo riconobbe che il suo allievo lo aveva ormai superato, gli tributò in una lettera del 23 settembre 1745 la citazione “Princeps Mathematicorum”. Il

mantello di Principe dei Matematici era ormai scivolato inesorabilmente e giustamente sulle spalle di Leonardo ed egli lo mantenne saldamente per

tutto il resto della sua vita.

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BIBLIOGRAFIA:

! Per la parte storica.! ! Tutte le immagini sono tratte da Mac Tutor o, dove non specificato, sono state reperite con Google Images

! ! Mac Tutor! ! ! ! ! http://www-groups.dcs.st-and.ac.uk/~history/

! ! Wikipedidia! ! ! ! ! http://en.wikipedia.org/wiki/Main_Page

" " Matematicamente " " " " http://www.matematicamente.it/

! Per la parte dimostrativa.

! ! Wikipedia! ! ! ! ! http://it.wikipedia.org/wiki/Teorema_fondamentale_dell'algebra

! !