Sviluppo Locale Sostenibile E Fondi Strutturali 2010

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“Il contributo degli attori locali allo sviluppo del territorio” Il sistema della Governance Dott. Salvatore Barresi sociologo economista esperto politiche di sviluppo SVILUPPO LOCALE SOSTENIBILE E FONDI STRUTTURALI SVILUPPO LOCALE SOSTENIBILE E FONDI STRUTTURALI

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“Il contributo degli attori locali allo sviluppo del territorio”Il sistema della Governance

Dott. Salvatore Barresisociologo economista

esperto politiche di sviluppo

SVILUPPO LOCALE SOSTENIBILE E FONDI STRUTTURALI

SVILUPPO LOCALE SOSTENIBILE E FONDI STRUTTURALI

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PremessaPremessa

Da circa un decennio il nostro Paese è alle prese con Da circa un decennio il nostro Paese è alle prese con un’interessante e diffusa sperimentazione di nuove forme di un’interessante e diffusa sperimentazione di nuove forme di regolazione dei processi di sviluppo a scala locale.regolazione dei processi di sviluppo a scala locale.

La caratterizzazione principale di queste nuove modalità regolative La caratterizzazione principale di queste nuove modalità regolative è quella di essere incentrata sul ruolo proattivo dei soggetti è quella di essere incentrata sul ruolo proattivo dei soggetti istituzionali locali, che sono chiamati ad un protagonismo istituzionali locali, che sono chiamati ad un protagonismo progettuale e a prassi di governo radicalmente differenti rispetto al progettuale e a prassi di governo radicalmente differenti rispetto al passato.passato.

La recente esplosione di coalizioni locali per lo sviluppo, che La recente esplosione di coalizioni locali per lo sviluppo, che interessa non soltanto il campo stretto dell’economia bensì l’intero interessa non soltanto il campo stretto dell’economia bensì l’intero spettro del governo territoriale, è l’esito non scontato sia di spettro del governo territoriale, è l’esito non scontato sia di cambiamenti radicali avvenuti nel “modo di produzione” sia di cambiamenti radicali avvenuti nel “modo di produzione” sia di cambiamenti intervenuti nel “modo di guardare il mondo” da parte cambiamenti intervenuti nel “modo di guardare il mondo” da parte degli scienziati sociali.degli scienziati sociali.

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Cinque principi sono alla base della buona Governance : Cinque principi sono alla base della buona Governance :

1.1.Apertura Apertura 2.2.PartecipazionePartecipazione3.3.Responsabilità Responsabilità 4.4.EfficaciaEfficacia5.5.CoerenzaCoerenza

Ciascuno di essi è essenziale al fine d'instaurare una Governance Ciascuno di essi è essenziale al fine d'instaurare una Governance più democratica.più democratica.

Tali principi costituiscono il fondamento della democrazia e del Tali principi costituiscono il fondamento della democrazia e del principio di legalità.principio di legalità.

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Apertura.

Le istituzioni locali devono operare in modo più aperto: devono adoperarsi attivamente per spiegare meglio, con un linguaggio accessibile e comprensibile al grande pubblico le decisioni che essa adottano.

Questo principio riveste particolare importanza se si vuole accrescere la fiducia dei cittadini.

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Partecipazione. La qualità, la pertinenza e l’efficacia delle politiche di un territorio dipendono dall’ampia partecipazione che si saprà assicurare lungo tutto il loro percorso, dalla prima elaborazione all’esecuzione.

Con una maggiore partecipazione sarà possibile aumentare la fiducia nel risultato finale e nelle istituzioni da cui emanano tali politiche.

Perché ci sia una maggiore partecipazione, è indispensabile che le amministrazioni centrali cerchino di interessare i cittadini all'elaborazione e all’attuazione delle politiche del territorio.

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Responsabilità.

I ruoli all’interno dei processi con la istituzioni vanno definiti con maggiore chiarezza.

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Efficacia.

Le politiche degli Enti Locali devono essere efficaci e tempestive, producendo i risultati richiesti in base a obiettivi chiari, alla valutazione del loro impatto futuro e, ove possibile, delle esperienze acquisite in passato.

Per la loro efficacia, è necessario inoltre che le politiche siano attuate secondo proporzionalità e le decisioni siano adottate al livello più opportuno.

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Coerenza.

Le politiche e gli interventi degli Enti Locali devono essere coerenti e di facile comprensione.

Si avverte una crescente esigenza di coerenza: la gamma dei compiti da assolvere è andata ampliandosi; il processo del trasferimento delle funzioni dalla Regione alle Province accentuerà le differenze; le forze istituzionali, sociali e economiche sono sempre più coinvolti nelle politiche di sviluppo locale.

La coerenza richiede una leadership politica e una decisa assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni, così da assicurare un’impostazione coerente all’interno di un sistema complesso.

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Ciascuno di questi principi è importante di per se stesso. Ma nessuno di essi può essere conseguito con azioni separate.

Non è più possibile garantire l’efficacia delle politiche di un territorio senza un maggior coinvolgimento di tutti nella loro elaborazione, applicazione ed attuazione.

L’applicazione di questi cinque punti va a sostegno dei principi di proporzionalità e di sussidiarietà.

Dalla prima elaborazione di una politica fino alla sua esecuzione, la scelta del livello al quale intervenire e degli strumenti da utilizzare deve essere proporzionata agli obiettivi perseguiti.

Ciò significa che quando si avvia un'iniziativa è fondamentale verificare sistematicamente

(a) se un'azione pubblica è veramente necessaria

(b) se il livello locale è quello più opportuno

(c) se le misure proposte sono proporzionate agli obiettivi.“IL CONTRIBUTO DEGLI ATTORI LOCALI ALLO SVILUPPO DEL TERRITORIO” IL SISTEMA DELLA GOVERNANCEDott. Salvatore Barresi - sociologo economista - esperto politiche di sviluppo

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1. LA LOGICA DI SISTEMALa multidisciplinarità dell’approccio è stata identificata quale metodologia di supporto all’azione politica dell’ente pubblico; attraverso questa si vuole garantire la sostenibilità dei diversi interventi, la loro coerenza e sequenzialità logica, sfruttando le loro vocazioni a fare rete e sistema.

Paradigmatiche al riguardo risultano le politiche a tutela dell’ambiente, a favore dell’occupazione, del terzo settore, del turismo.

E’ impensabile pianificare nuove attività produttive senza preventivamente calcolare i costi e i benefici ambientali del territorio, al contempo nessuna ipotesi di sviluppo turistico integrato può prendere forma senza la preliminare identificazione e valorizzazione delle risorse naturali e storico culturali, così come lo sviluppo delle politiche mediterranee dovrà essere accompagnato da un nuovo disegno delle mobilità, delle comunicazioni, delle intermodalità e della pianificazione territoriale.“IL CONTRIBUTO DEGLI ATTORI LOCALI ALLO SVILUPPO DEL TERRITORIO” IL SISTEMA DELLA GOVERNANCE

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Le scelte concertative espresse dai Programmi delle amministrazioni locali assegnano una valenza importante per rendere operativo lo sviluppo sistemico dell’area, evidenziando la necessità che si consolidi una forte e stabile procedura di coinvolgimento volta a stabilizzare e potenziare le scelte di politica economica e sociale.

Lo stesso Libro Bianco sulla Governance Europea, nel definire una maggiore responsabilità delle istituzioni locali dell’Unione per costruire una Europa più democratica e aperta, rafforzando la democrazia rappresentativa, ha inteso prefigurare la riforma della governance come uno dei quattro obiettivi strategici dell’UE, incoraggiando la costruzione di reti di cooperazione territoriale che diano visibilità e rappresentatività ai differenti soggetti del partenariato istituzionale, economico e sociale.

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Sempre il partenariato e il dialogo sociale sono indicati quali strumenti privilegiati per il raggiungimento degli obiettivi del Fondo Sociale Europeo: sviluppo locale, inclusione, lifelong learning, pari opportunità.

Attraverso la condivisione e partecipazione attiva della comunità locale deve essere individuato un assetto delle regole coerente, trasparente e che offra certezza dei processi decisionali individuati nel quadro programmatico e un elevato quanto diffuso livello di coesione sociale.

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Le intese, i patti, le pratiche di partenariato innovative, la programmazione negoziata tra le istituzioni, le parti sociali e il mondo delle imprese, costituiranno lo strumento prioritario per accreditare le proposte di sviluppo e per impegnare anche i diversi livelli di governo e di amministrazione interessati.

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La realizzazione di un elaborato potrebbe promuovere una prima azione di inquadramento strategico delle numerose questioni connesse allo sviluppo locale, avviando un articolato processo di approfondimento tematico e la messa a punto di un sistema operativo capace di stabilizzare nel tempo, e su tutto il territorio, metodologie e pratiche innovative di sviluppo locale.

L’adozione di moderne tecniche di governance permetterà al sistema di governo locale di garantire la responsabilità delle scelte, la coerenza degli strumenti e l’efficacia delle azioni.

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Questo sistema di governance ha l’obiettivo di condividere nuovi modelli e strumenti di programmazione, bilancio e controllo e relative metodologie di implementazione, oltre che favorire la cooperazione tra le istituzioni ai diversi livelli per assicurare la congruenza delle politiche e dei programmi di intervento.

Questo perché le condizioni territoriali per lo sviluppo economico implicano l’esistenza di “risorse specifiche” non presenti e non trasferibili ad altri territori (si pensi alla variabile energetica o alla dotazione infrastrutturale portuale ed aeroportuale) e, soprattutto, l’esistenza di una “logica di sistema”, vale a dire un modello organizzativo della produzione a forte base territoriale, con forti interrelazioni tra il sistema produttivo e il sistema socio-istituzionale locale.

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La logica di sistema, con il fitto interscambio di informazioni nell’ambito del sistema produttivo e la riproduzione di specifiche competenze e di forme di regolazione locale, combina le caratteristiche di un modello produttivo (dimensione economica), di un modello spaziale (dimensione territoriale) e di un modello sociale (dimensione istituzionale) che non sono scindibili dato lo stretto intrecciarsi delle variabili e a causa della loro mutua interdipendenza.

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Definito l’approccio sistemico, il processo di sviluppo, specie in presenza di una molteplicità di piccole imprese e di numerosi attori, pone un problema di coordinamento e un problema di governo del processo di trasformazione che implicano governance, regolazione del sistema socioeconomico e, in ultimo, interventi che producano e riproducano economie esterne.

Da qui nascono le esigenze della creazione di una Cabina di Regia, sorte negli ultimi anni in tutta Italia e tutte aventi la all’analisi delle opportunità di medesima caratteristica, vale a dire essere orientata progetti di sviluppo, alla mobilitazione di risorse comunitarie, regionali e locali e, in ultimo, alla pianificazione economica.

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Nelle diverse realtà in cui operano, le Cabine di Regia hanno come carattere prevalente l’attività di raccordo e di costruzione di una rete di rapporti tra diversi attori e fattori locali (imprese, istituzioni e forze sociali).

E’ dunque un’attività di promozione dello sviluppo.

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Le attività delle Cabine di Regia, finalizzate a mettere a punto una strategia politica di sviluppo, si muovono per coinvolgere in un unicum attività di ricerca – marketing – formazione accompagnamento - servizi.

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L’obiettivo fondamentale è quello di cogliere i fabbisogni diffusi del sistema economico territoriale ed aiutare ad individuare soluzioni perseguibili (alla portata delle risorse umane e finanziarie del sistema locale), mobilitando tutte le risorse disponibili e le conoscenze e le competenze “veicolabili” in progetti di sviluppo locale.

Due sono le questioni metodologiche da affrontare per l’efficacia delle Cabine di Regia:

la prima riguarda la capacità di entrare, con un proprio piano d’area articolato, in relazione di fiducia con gli operatori locali per favorire l’esplicitazione dei fabbisogni che il sistema sociale e culturale, il mercato e le imprese non consentono di soddisfare;

la seconda riguarda l’individuazione e la negoziazione delle risorse disponibili (comunitarie, nazionali , regionali e locali) da utilizzare appieno ed efficacemente al fine della realizzazione del piano medesimo.

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2. LE FUNZIONI DEL PARTENEARIATO ISTITUZIONALE E SOCIO-ECONOMICO

Poste queste premesse, le funzioni e le fasi in cui deve essere organizzato il partenariato sociale ed economico, al fine di negoziare un progressivo assetto di governance del sistema economico locale, dovranno essere le seguenti:

individuazione di tutte le risorse territoriali, anche quelle “latenti”, non utilizzate e/o non pienamente utilizzate dal sistema economico locale;

procedura di ascolto del sistema economico locale e delle forze sociali al fine di stabilire un rapporto di fiducia reciproca, nel quadro della logica di concertazione;

“scouting1” dei fabbisogni impliciti delle imprese (e delle altre organizzazioni, comprese le amministrazioni pubbliche) e la loro organizzazione in progetto;

individuazione delle competenze disponibili all’interno e all’esterno dell’Area-Sistema.

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Queste funzioni di scopo ed organizzative costituiscono i presupposti per una nuova e diversa capacità di progettazione locale tali da consentire e incidere sui seguenti nodi strutturali dell’Area-Sistema:

1. mettere in rete le competenze e le professionalità;

2. collegare le conoscenze esterne ed internalizzare le stesse nella rete delle competenza locali;

3. realizzare una diagnosi del sistema produttivo locale;

4. definire gli scenari evolutivi generali;

5. individuare gli obiettivi strategici;

6. costruire piani di sviluppo;

7. individuare e selezionare gli strumenti di intervento egli strumenti di supporto.

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3. LE FINALITA’ E LE FASI DELLA CONCERTAZIONE

Una volta avviato questo primario meccanismo di apprendimento della “governance”, la Cabina di Regia potrà aiutare il sistema economico locale ad individuare obiettivi strategici per il rafforzamento delle potenzialità di sviluppo dell’economia territoriale e per l’individuazione di un corretto posizionamento strategico dell’Area-Sistema nel contesto nazionale e internazionale.

La cabina di regia sarà dunque una finestra sul mondo esterno per comprendere i processi in atto nel sistema economico esterno e nella relazione locale/globale.

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Al contempo le amministrazioni pubbliche locali dovranno rimarcare lo spirito di concertazione con gli attori locali al fine di stabilire subitaneamente finalità, strumenti e modalità di attuazione delle linee strategiche a cui la cabina di regia dovrà dare piena attuazione.

Si tratta di intervenire per allestire e far funzionare la rete degli attori locali con l’obiettivo di:

favorire luoghi e modalità attraverso i quali ideare, progettare e realizzare azioni di sviluppo sistemiche;

valorizzare tutte le possibili sinergie tra gli attori locali.

Nell’ottica di definire un coerente progetto di intervento da parte dell’Amministrazione Pubblica, appare utile impostare il ragionamento distinguendo tra le diverse funzioni che occorre attivare per realizzare efficaci politiche di sviluppo locale:

• la concertazione;

• la programmazione;

• l’attuazione;

• la valutazione ed il monitoraggio;

• Piani d’Area.

Si tratta di funzioni diverse, con obiettivi diversi, che sollecitano l’intervento di differenti soggetti e l’attivazione di differenti soluzioni organizzative.

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4. LA FUNZIONE DELLA CONCERTAZIONE

La funzione di concertazione ha l’obiettivo di definire le linee guida dello sviluppo economico locale e deve vedere la presenza e la partecipazione dei diversi livelli istituzionali attivi nel territorio e delle differenti espressioni delle forze sociali.

Si avverte la necessità a questo livello di individuare una sede permanente di confronto e di elaborazione – che potrà valersi anche del supporto tecnico della cabina di regia – tra le autonomie locali e le forze sociali, che possa definire, attivandosi sul livello provinciale, quelli interventi di sistema capaci di valorizzare i progetti di sviluppo elaborati sul territorio locale da finanziarie e da attivare.

E’ questa una funzione di “definizione di scenari”, che deve trovare una risposta al livello dell’articolazione istituzionale.

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5. LA FUNZIONE DELLA PROGRAMMAZIONE

La funzione di programmazione ha invece l’obiettivo di definire in maniera più articolata e dettagliata quegli interventi necessari a consolidare il sistema degli attori dello sviluppo locale ed a sviluppare sinergie tra le loro azioni.

E’ una funzione di pianificazione in senso stretto che, in quanto tale, non può che essere nelle competenze primarie dell’ente di area vasta, cui spetta l’approvazione e l’adozione di piani e programmi di intervento, nonché la loro candidatura al finanziamento – laddove questo sia possibile e la cui sede sarà la Cabina di Regia.

E’ questa una funzione il cui efficace presidio sollecita un’azione di ammodernamento organizzativo e gestionale dell’intero Ente.

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6. LA FUNZIONE DI ATTUAZIONE

La funzione di attuazione deve necessariamente vedere la presenza di una pluralità di soggetti, pubblici e privati, specializzati nell’attuazione di singole linee d’azione e di specifici interventi settoriali.

Da questo punto di vista l’ambiente economico ed istituzionale è ricco di attori che operano nella fase di attuazione delle politiche di sviluppo locale, ragion per cui la cabina di regia dovrà essere pensata in un modo tale che, senza duplicare attività già esistenti, possa invece arricchire il panorama delle competenze presenti sul territorio, assolvendo al alcune funzioni strategiche oggi non adeguatamente presidiate e di interesse di tutto il territorio provinciale, in qualche modo trasversali rispetto alle aggregazioni costituite dalla programmazione negoziata, dal Contratto d’Area ai PIT.

La cabina di regia costituirà inoltre il terminale operativo della PA (e degli altri attori locali coinvolti) per la realizzazione di progetti e programmi di intervento che possano in futuro essere definiti e finanziati.

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7. LA FUNZIONE DI CONTROLLO E MONITORAGGIO

Per ciò che attiene alle funzioni di valutazione e monitoraggio, è da rimarcare che allo stato è carente la capacità di monitorare le dinamiche complessive di sviluppo territoriale, al fine di ricavare elementi conoscitivi utili a definire e ridefinire gli strumenti della programmazione.

Si tratta in altri termini di attivare quello che il D.lg. 286/99 definisce come “valutazione e controllo strategico, una funzione di internal audit2 che può essere assolta da un’unità specializzata della cabina di regia e che deve essere visto come un momento di un ciclo integrato di programmazione – monitoraggio - valutazione.

La funzione di monitoraggio, delicata e prioritaria, dovrà essere strutturata su due livelli, istituzionale ed operativa.

Nel primo caso, in sede di Comitato di Indirizzo e Sorveglianza gli attori istituzionali e socio-economici verificheranno a grandi linee l’attuazione e l’esecuzione dei vari aspetti specifici del Piano d’Area, anche nei termini di corrispondenza in merito agli effetti occupazionali, limitando il più possibile nebulose discrezionalità fonte di un keynesismo delinquenziale, declinato in ricatti, furberie e lavoro nero, che contraddistingue il territorio da decenni.

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8. STRUMENTI OPERATIVI A SOSTEGNO DELLA CONCERTAZIONE

Risulterà essenziale al riguardo l’apporto di professionalità e di trasparenza, nei termini dell’informazione e dei processi decisionali (mediante un sito internet appositamente elaborato), che dovrà caratterizzare l’unita specializzata nel monitoraggio del Piano d’Area, una struttura ad hoc che affiancherà le attività della Cabina di Regia e che risponderà direttamente con la PA, il Comitato di Indirizzo e Sorveglianza.

La Cabina di Regia deve mettere a punto una piattaforma telematica che svolgerà funzioni di supporto operativo ed informativo alla redazione, attuazione e monitoraggio del Piano Strategico di Sviluppo.

L’infrastruttura ICT consentirà in particolare di sviluppare azioni di partecipazione e partenariato attivo degli attori locali così come dei singoli cittadini, favorirà il monitoraggio permanente delle singole azioni poste in essere e la loro analisi sul piano dell’impatto territoriale, puntando a divenire un vero e proprio ambiente operativo delle politiche di marketing territoriale.

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Schema metodologico e approccio sistemico al Patto per lo Sviluppo

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Approccio sistemico

Questo approccio si pone l’obiettivo strategico di mobilitare una pluralità di soggetti al fine di redigere un Patto per lo Sviluppo di un determinato territorio.

E' un approccio di processo creativo, in cui ciascun soggetto coinvolto, portatore di una specifica definizione dei problemi, delle priorità e delle domande emergenti, contribuisce a creare un ambiente di sistema condiviso nel territorio provinciale, contribuendo cioè a ridefinirne l'identità.

Tutti i soggetti facenti parte dei Comitati concorreranno alla redazione del Patto per lo Sviluppo.

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Il Patto per lo Sviluppo è una cornice che descrive la meta che un territorio – area intende perseguire, delinea le strategie e le azioni da percorrere e individua gli strumenti e i progetti necessari per raggiungere la meta.

Risulta necessario incentrare le politiche di “governance” territoriale sullo sviluppo socio economico, definendo le competenze specifiche in linea con gli obiettivi strategici di un Documento Strategico d’Area.

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Schema metodologico

• Il ciclo di vita della politica di Pianificazione Strategica di un territorio – area si compone di una metodologia di governance, in cui l’esercizio dei poteri formali e/o informali rispondono all’obiettivo di creare un’unione d’intenti tra i diversi attori dello sviluppo territoriale .

• Tale modello si occuperà di definire, rispetto alle fasi di realizzazione del processo della politica, le tecniche e le caratteristiche della gestione delle funzioni di: informazione, comunicazione, dialogo, collaborazione, ascolto, gestione del feedback, deliberazione documento prodotto, monitoraggio e valutazione.

Tutte le fasi saranno caratterizzate dalla pratica dell’ascolto e della partecipazione degli attori (singoli e associati), stakeolders del territorio.

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Le fasi sono:

• la concertazione;

• la programmazione;

• l’attuazione;

• la valutazione ed il monitoraggio;

• Documento Strategico d’Area.

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Attraverso queste fasi i soggetti coinvolti partecipano, senza vincoli formali, al processo di analisi della situazione del territorio; condividendo la formulazione delle ipotesi di lavoro e impegnandosi poi a partecipare alla realizzazione di tali ipotesi una volta definite le priorità e le competenze da sviluppare nel campo.

• All’interno delle fasi descritte di seguito, si possono tracciare due macro fasi che caratterizzano il ciclo di vita della politica:

1. partecipazione alla definizione della politica di pianificazione strategica;

2. implementazione e monitoraggio della politica attraverso lo sviluppo delle risorse umane.

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All’interno del processo, la PA si pone come soggetto generatore dello stesso e ne assume di fatto il coordinamento attraverso la Cabina di Regia per la programmazione e lo sviluppo socio-economico, cedendo una parte dei suoi diritti di governo, almeno nella fase di diagnosi e progettazione, al fine di favorire il processo sociale di coinvolgimento e apprendimento dei diversi soggetti aderenti al Patto.

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Riguardo la fase di implementazione e alla sua realizzazione, le esperienze serviranno a rappresentare i particolari e diversi livelli di coinvolgimento da parte degli attori sociali e da parte dell’ente locale promotore.

• La figura del referente del piano strategico, responsabile della traduzione delle linee e dei progetti in azioni vere e proprie, è formalmente strutturata nell’attività di coordinamento propria della Cabina di Regia della PA, quindi il ruolo dell’Amministrazione locale è preminente rispetto al coinvolgimento degli altri attori sociali.

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Come progettare un processo decisionale inclusivo

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Compiere scelte collettive rappresenta sempre di più il vero tratto distintivo delle amministrazioni pubbliche: l’attività degli enti si va, infatti, sempre più spostando dalla produzione di servizi alla produzione di politiche pubbliche, con un conseguente superamento dei processi produttivi a vantaggio dei processi decisionali.

È raro – tuttavia – che una scelta pubblica di un certo rilievo non implichi il coinvolgimento di diversi attori (istituzionali e non), soprattutto quando ci si trova di fronte alla nuova generazione di politiche “integrate”, cioè di politiche che mirano ad affrontare simultaneamente diverse facce di un problema (che un tempo sarebbero state gestite separatamente) responsabilizzando tutte le parti interessate (autorità, cittadini, imprese, associazioni, ecc.).

In questi casi il processo che viene messo in atto può essere definito inclusivo, perché esso cerca, appunto, di includere un certo numero (più o meno ampio) di soggetti interessati a quel problema, facendoli partecipare alle scelte.

Per riferirsi a questi processi si usano di solito termini come concertazione, partenariato, partecipazione, consultazione, negoziazione, accordi, patti, intese e l’immagine più frequente è quella di diversi attori che vengono messi a discutere attorno ad un tavolo.

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Naturalmente, non tutti i processi decisionali richiedono il coinvolgimento e l’inclusione di altri soggetti.

È pertanto necessario valutare, di volta in volta, l’opportunità di progettare un processo inclusivo, privilegiando la partecipazione e l’inclusione al verificarsi di alcune circostanze:

Quando c’è un conflitto attuale o potenziale o Esternalità negative

Quando abbiamo bisogno dell’apporto di altri o risorse finanziarie e legalio risorse conoscitive

il decisore cieco politiche che hanno bisogno di essere co-prodotte politiche integrate

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Esternalità negative

Si tratta delle situazioni in cui la decisione rischia di produrre rilevanti effetti negativi su uno specifico gruppo sociale o su una specifica comunità.

In questi casi il principio a cui ispirarsi dovrebbe essere “nessun impatto senza rappresentanza”: non si può pretendere di generare effetti negativi su una comunità o su un gruppo senza che a questa comunità o a questo gruppo sia data la possibilità di esprimere il proprio punto di vista.

Le proteste che si hanno in questi casi sono, spesso, in grado di incrinare la compattezza delle istituzioni, e le diverse iniziative cui si da vita per fronteggiarle (campagne di comunicazione, assemblee per persuadere gli oppositori, elaborazione di studi scientifici sugli impatti dell’intervento) non sempre riescono a funzionare.

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Il decisore cieco

Il alcuni casi lL’amministrazione proponente ha le competenze giuridiche per agire e dispone delle risorse finanziarie, ma non è in grado di conoscere a sufficienza la situazione in cui vuole operare ed ha difficoltà a procurarsi le informazioni pertinenti.

In questa circostanza il decisore è, in tutto o in parte, “cieco” ed è probabile che le misure che egli è in grado di prendere siano poco adatte ad affrontare il problema e incontrino difficoltà insormontabili in sede di attuazione. Capita cioè che interventi concepiti, con le migliori intenzioni, allo scopo di migliorare la situazione di una comunità locale, possano invece essere percepiti come sbagliati o addirittura come una minaccia.

È molto difficile che un esperto o l’amministratore che si vale della sua competenza riescano a riconoscere di essere ciechi su certi aspetti e di aver bisogno dell’apporto di chi vive sul territorio, ma senza questa attenzione si rischia semplicemente di incrinare il rapporto di fiducia (peraltro sempre precario) tra l’amministrazione e i cittadini, di creare ulteriori occasioni di tensione e offrire strutture, interventi o servizi che verranno giudicati negativamente dai diretti interessati.

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Politiche che hanno bisogno di essere co-prodotte

Ci sono dei casi in cui l’amministrazione non è in grado di prendere o di attuare una decisione da sola, ma ha bisogno della cooperazione di altri soggetti.

Non si tratta quindi di fronteggiare un conflitto attuale, né di anticipare delle contrapposizioni rilevanti che si prevedono nel futuro; l’esigenza di allargare la partecipazione al processo decisionale nasce, piuttosto, dal fatto che l’amministrazione non è in grado di prendere o di attuare una decisione da sola, ma ha bisogno della cooperazione di altri soggetti.

Gli altri soggetti – istituzioni o agenzie pubbliche, associazioni, comitati, comuni cittadini – dispongono insomma di qualche risorsa che è indispensabile per compiere una scelta o per metterla in pratica. Un caso molto frequente riguarda la necessità di procurarsi risorse legali che sono detenute da altri soggetti.

Un altro caso riguarda la necessità di coinvolgere altri soggetti allo scopo di procurarsi risorse finanziarie: chi contribuisce a finanziare un’opera o un progetto ha in genere la pretesa di contribuire anche alla sua definizione, per questo motivo le amministrazioni tendono ad includere i potenziali finanziatori nel processo di decisione.

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Politiche integrate

In questi casi le politiche pubbliche non possono essere messe in atto senza un’attiva partecipazione dei destinatari o di altri soggetti.

La ricerca del consenso non ha tanto lo scopo di anticipare i possibili conflitti, quanto di coinvolgere attivamente gli interessati nell’attuazione di un programma. Senza un consenso convinto, verranno meno le azioni di co-produzione e le misure adottate rischieranno di non avere alcun seguito.

È ciò che avviene, per esempio, nei progetti integrati, relativi a problemi particolarmente complessi, che non possono essere aggrediti se non affrontandoli contemporaneamente da diversi punti di vista. L’Unione europea, del resto, insiste continuamente sul tema dell’integrazione che considera uno dei requisiti fondamentali per il finanziamento dei progetti locali.