Sulle montagne del Laos il Capodanno arriva prima · Testo e foto della coordinatrice Stefania...

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52 - Avventure nel mondo 2 | 2019 01 RACCONTI DI VIAGGIO | Laos D ovete sapere che il mio compleanno cade il 31 dicembre, una data in cui tutto il mondo (o quasi) festeggia il passaggio al nuovo anno con canti, balli e spettacoli vari. Da anni sono assalita da questa globalità di festeggiamenti che fa sempre passare il mio genetliaco in secondo piano e così al compimento del mio 40° compleanno ho deciso che ogni anno il 31 dicembre mi sarei unita ai festeggiamenti altrui in giro per il mondo, lasciandomi cullare da tradizioni estranee insieme a perfetti sconosciuti in luoghi del mondo ogni volta diversi. Da allora sono passati già otto anni e questa volta, per il 48° appuntamento con il tempo, ho scelto di imbucarmi nei festeggiamenti laotiani e precisamente quelli dei villaggi delle etnie minori che si trovano sulle montagne nella zona settentrionale del Laos. A farmi compagnia c’era l’immancabile gruppo di Avventure nel Mondo, questa volta a ranghi ridotti con sole 5 persone, ma comunque determinato ad accompagnarmi in questa nuova esperienza. C’è voluto parecchio tempo per raggiungere la frontiera con il Laos, via terra, ma il 30 dicembre puntuali eravamo in partenza da Luang Namtha verso le agognate montagne. Oddio, non è che il tempo fosse dei migliori. La dry season per il momento non si era fatta viva e al suo posto ci aveva accolto una instancabile pioggerellina che aveva inumidito tutto quanto. Anche la strada non era delle migliori; asfaltata ma con parecchi avvallamenti, buche e crepe. Si procedeva a zig zag tra un salto e l’altro e la velocità media di crociera non supera i 30 Km all’ora, tra tornanti, camion intraversati, accelerate e frenate. Siamo su una strada molto battuta dal trasporto delle merci dalla Cina e sul tragitto per Oudoxmai, che è un crocevia irrinunciabile per chiunque voglia transitare verso il nord o verso il sud del Paese, ci accorgiamo che i cinesi stanno costruendo un’autostrada. Qui il territorio è tutto modificato, sventrato, disboscato, terrazzato e ci sono alcuni insediamenti per la produzione del calcestruzzo. E’ solo il primo assaggio di una realtà che sta cambiando velocemente (strade, ferrovie, dighe) e con cui i laotiani si trovano a dover fare i conti. In breve, dai mugugni del nostro autista capiamo che le pessime condizioni stradali sono frutto del transito dei mezzi pesanti cinesi e che quindi questi cantieri stradali non sono per nulla ben visti. Nel frattempo il clima migliora ma è sempre nuvoloso. La bassa velocità ci dà il tempo di godere del paesaggio: è collinare oppure “a cucuzzoli”, sempre verdissimo, rigonfio di alberi. Passiamo accanto ad arbusti di stelle di Natale alti 2 metri, banani e un sacco di altri fogliami sconosciuti. Inoltre lungo tutte le strade troviamo, letteralmente abbarbicati sulla strada, con palafitte a strapiombo sulla foresta, piccoli villaggi popolati di bambini e di gente indaffarata ad allestire bancarelle o trasportare qualcosa comprato o scambiato altrove. Salutiamo tutti dal finestrino e tutti ricambiano! Sono giorni di festa (come capiremo poco dopo) e sarà anche per questo che, pur nella povertà, percepiamo serenità ed allegria nei loro volti. Facciamo una breve sosta in uno di questi villaggi giusto per sgranchire le gambe perché il viaggio è ancora lungo e con questo tempaccio ci vorrà ancora parecchio prima di raggiungere i monti, sopra i 1000 metri di quota. Non manca l’occasione per fare anche qualche fotografia sia al paesaggio Testo e foto della coordinatrice Stefania Biella Da un Tuo Laos , gruppo Biella Sulle montagne del Laos il Capodanno arriva prima avventu.re/3790

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RACCONTI DI VIAGGIO | Etiopia RACCONTI DI VIAGGIO | Laos

Dovete sapere che il mio compleanno cade il 31 dicembre, una data in cui tutto il mondo (o quasi) festeggia il passaggio al nuovo

anno con canti, balli e spettacoli vari. Da anni sono assalita da questa globalità di festeggiamenti che fa sempre passare il mio genetliaco in secondo piano e così al compimento del mio 40° compleanno ho deciso che ogni anno il 31 dicembre mi sarei unita ai festeggiamenti altrui in giro per il mondo, lasciandomi cullare da tradizioni estranee insieme a perfetti sconosciuti in luoghi del mondo ogni volta diversi. Da allora sono passati già otto anni e questa volta, per il 48° appuntamento con il tempo, ho scelto di imbucarmi nei festeggiamenti laotiani e precisamente quelli dei villaggi delle etnie minori che si trovano sulle montagne nella zona settentrionale del Laos. A farmi compagnia c’era l’immancabile gruppo di Avventure nel Mondo, questa volta a ranghi ridotti con sole 5 persone, ma comunque determinato ad accompagnarmi in questa nuova esperienza.

C’è voluto parecchio tempo per raggiungere la frontiera con il Laos, via terra, ma il 30 dicembre

puntuali eravamo in partenza da Luang Namtha verso le agognate montagne. Oddio, non è che il tempo fosse dei migliori. La dry season per il momento non si era fatta viva e al suo posto ci aveva accolto una instancabile pioggerellina che aveva inumidito tutto quanto. Anche la strada non era delle migliori; asfaltata ma con parecchi avvallamenti, buche e crepe. Si procedeva a zig zag tra un salto e l’altro e la velocità media di crociera non supera i 30 Km all’ora, tra tornanti, camion intraversati, accelerate e frenate.

Siamo su una strada molto battuta dal trasporto delle merci dalla Cina e sul tragitto per Oudoxmai, che è un crocevia irrinunciabile per chiunque voglia transitare verso il nord o verso il sud del Paese, ci accorgiamo che i cinesi stanno costruendo un’autostrada. Qui il territorio è tutto modificato, sventrato, disboscato, terrazzato e ci sono alcuni insediamenti per la produzione del calcestruzzo. E’ solo il primo assaggio di una realtà che sta cambiando velocemente (strade, ferrovie, dighe) e con cui i laotiani si trovano a dover fare i conti.In breve, dai mugugni del nostro autista capiamo

che le pessime condizioni stradali sono frutto del transito dei mezzi pesanti cinesi e che quindi questi cantieri stradali non sono per nulla ben visti.Nel frattempo il clima migliora ma è sempre nuvoloso. La bassa velocità ci dà il tempo di godere del paesaggio: è collinare oppure “a cucuzzoli”, sempre verdissimo, rigonfio di alberi. Passiamo accanto ad arbusti di stelle di Natale alti 2 metri, banani e un sacco di altri fogliami sconosciuti. Inoltre lungo tutte le strade troviamo, letteralmente abbarbicati sulla strada, con palafitte a strapiombo sulla foresta, piccoli villaggi popolati di bambini e di gente indaffarata ad allestire bancarelle o trasportare qualcosa comprato o scambiato altrove. Salutiamo tutti dal finestrino e tutti ricambiano! Sono giorni di festa (come capiremo poco dopo) e sarà anche per questo che, pur nella povertà, percepiamo serenità ed allegria nei loro volti.

Facciamo una breve sosta in uno di questi villaggi giusto per sgranchire le gambe perché il viaggio è ancora lungo e con questo tempaccio ci vorrà ancora parecchio prima di raggiungere i monti, sopra i 1000 metri di quota. Non manca l’occasione per fare anche qualche fotografia sia al paesaggio

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Sulle montagne del Laosil Capodanno arriva prima

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che alle persone e per pranzo siamo a Pak Nam Noy, ovvero il bivio da cui parte la strada per Phongsaly, la nostra destinazione finale. Qui troviamo anche la stazione degli autobus pubblici, che hanno corse regolari per tutte le città del nord e dei dintorni. Mentre gironzoliamo tra le bancarelle vediamo le prime tre donne con il copricapo tradizionale; siamo alle porte di un mondo molto diverso, fatto di tradizioni, di costumi, di usanze e di vite che ancora non conosciamo e con cui vorremmo poter condividere qualcosa.Pranziamo con ottimi noodles caldi in un ristorantino sul fiume e ripartiamo.Piove a dirotto, di nuovo. Arriviamo a Boun Tai a pomerigio inoltrato. Siamo molto vicini al confine con la Cina e con il Vietnam. Anche la Birmania non è distante. In realtà non siamo ancora arrivati alla nostra meta finale, ma il gruppo non è per niente convinto di affrontare le ulteriori 3 ore che servirebbero per arrivare fino a Phongsaly. Non posso dar torto ai miei compagni di viaggio perché effettivamente il meteo è veramente brutto e le condizioni delle strade hanno compromesso la velocità di percorrenza. Con il tratto di strada più duro (tutto tornanti) ancora da affrontare, la nebbia ed il buio non potremmo godere del paesaggio e comunque non sappiamo nemmeno se il trekking ai villaggi sarà possibile con queste condizioni meteo. Cerchiamo l’ufficio del turismo locale qui a Boun Tai chiamando al telefono quello di Phongsaly e grazie all’aiuto dell’autista (che però non parla inglese) riusciamo a stabilire un contatto! Ci sono momenti davvero esilaranti che ci aiutano a superare la stanchezza!Ovviamente, siccome oggi è domenica, l’ufficio turistico è chiuso quindi ci mettiamo un po’ per riuscire a raggiungere telefonicamente qualcuno. In pratica scopriamo che qui tutti quanti stanno già festeggiando il Capodanno, con un giorno di anticipo (!?!), e che anche il referente dell’ufficio del turismo locale era alla sua festa privata. Poco male, perché il simpatico Bounlot non solo ci accoglie e ci aiuta a trovare una sistemazione per la notte, ma ci invita pure alla sua festa. Sono le 5 del pomeriggio e praticamente sono già tutti sbronzi di birra… La festa è all’aperto e l’allestimento consiste in un tavolo lungo, sotto una tettoia improvvisata, sotto il diluvio universale. Sotto il tavolo c’è un tappeto di bottiglie di birra vuote che sono perfette per appoggiarci i piedi visto che per terra è tutta una palude. Il tavolo è imbandito di roba da mangiare, prevalentemente verdure e pesce alla griglia; alcuni pesci sono ancora intatti, ma i commensali più che altro sono ubriachi e cantano, comprese le donne. L’usanza principale è bere bicchieri di birra alla goccia! E guai se non lo butti giù…non vorrai mica essere scortese? Scopriamo poi che si tratta di una festa dei dipendenti dell’ufficio del turismo con le relative mogli e figli nonché con gli amici vietnamiti e in più, a questo punto, anche noi italiani. Dopo avere dribblato l’ennesimo bicchiere di birra alla goccia, improvvisamente spunta dal nulla un microfono collegato a una gigantesca cassa audio, che funziona ora sì ora no, ora sì ora no… E

comunque parte il karaoke! Che ci crediate o no, la cassa è connessa in WiFi con lo smartphone di uno dei presenti e il karaoke possiamo addirittura farlo su YouTube.I nostri ospiti partono con delle incomprensibili nenie in laotiano stretto, poi è la volta dei vietnamiti, e noi contribuiamo cantando l’unica parola della canzone che capiamo: “Phongsaly… Phongsaly…”. Alla fine il microfono passa dalla nostra parte. Ora si aspettano tutti di assaporare una dimostrazione del bel canto italiano quindi, sfidando consapevolmente

il meteo locale, e anche un po’ speranzosi per il domani, intoniamo un bel “Azzurro” di Celentano. La performance è quantomeno discutibile ma ormai siamo in ballo e chi ci ferma più? Dopo Azzurro restiamo in tema e partiamo con un classico Blu dipinto di blu per finire con la “bela madunina che te brilet de luntan…”Che dire, non avevo mai festeggiato il capodanno con un giorno di anticipo! È stata una vera e propria sorpresa, una svolta imprevista nella giornata, un momento semplice e genuino di contatto con i laotiani e di grande umanità. Assieme a tante risate, questa esperienza ci ha ricordato che basta davvero poco per star bene insieme.Anche il nostro driver ha partecipato alla festa dimostrando di gradire non poco i giri di birra che lo hanno reso un gran bel canterino. A dire il vero non c’è proprio verso di farlo smettere. Non parla una parola di inglese ma è un gran compagnone!

Lasciamo Bounlot alla sua festa e ci ritiriamo nella spartana guesthouse con vista sul fiume senza acqua calda, né riscaldamento. Scende il buio e ci prepariamo per andare a cercare un ristorante, sempre che in città ci sia qualcosa del genere. Usciamo con le torce perché qui di illuminazione pubblica proprio non se ne parla e dall’altra parte del paese troviamo un posticino con un po’ di tavoli, tutto rigorosamente all’aperto. Ovviamente fa un freddo becco. Anche qui hanno appena finito la festa di Capodanno e malvolentieri ci servono quattro fumanti zuppe di verdura… che poi la verdura era una sola... Mangiamo con piumino e pile addosso e già che ci siamo riprende pure a piovere.

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Domani dovremo sicuramente rivedere l’intero itinerario… Ci siamo. E’ il 31 dicembre.Alle 8 abbiamo appuntamento con Bounlot all’ufficio del turismo per organizzare le attività dei prossimi giorni. Il tempo è un po’migliorato anche se le nuvole persistono. Bounlot ci illustra i trek che è possibile fare, senza per la verità entrare troppo nel dettaglio. Ha una mappa appesa fuori dall’ufficio che riporta i percorsi. Riconosco alcuni tratti dei sentieri descrittimi dal referente di Phongsaly e ci rendiamo conto un po’ meglio dei tragitti e delle distanze. Dopo un po’di titubanze – tenuto conto delle sfavorevoli condizioni meteo – decidiamo per il trek di due giorni, che in effetti non prevede molte ore di cammino. Sarà sicuramente tutto fangoso e anche scivoloso, ma tutto il primo tratto è in auto quindi alla fine ci sembra un buon compromesso per riuscire a vedere almeno un paio di villaggi autentici. Prendiamo gli zainetti e saldiamo il conto alla guesthouse. Lasciamo i bagagli all’ufficio del turismo e dopo aver acquistato penne e quaderni da portare nei villaggi, partiamo con Bounlot su un pickup 4x4 dove ci stipiamo tutti quanti. Bounlot salta direttamente nel cassone che è attrezzato con un cuscino.Alle 12 siamo al primo villaggio per il pranzo. La strada fin qui è per metà asfaltata e per metà sterrata e parecchio disagevole. Anche il 4x4 scivola che è un piacere. Lungo il tragitto abbiamo incontrato qualche altro villaggio ma non molte persone, in realtà. In ogni caso abbiamo tirato dritto perché comunque non sappiamo per quanto il tempo reggerà ancora quindi è meglio arrivare in fretta alla partenza del trek.Il pranzo è frugale, con qualche verdurina e un po’ di pollo, oltre all’immancabile riso bianco con salsina al peperoncino piccante. Bounlot ci ha portato in una casa molto vicino alla strada, dove i proprietari ci hanno allestito un tavolo basso sotto il porticato, all’aperto. Per noi va benissimo, solo che qui è tutto fin troppo tranquillo.I padroni di casa non sono molto loquaci e anche nel villaggio non si vede nessuno. Sono proprio tutti a pranzo.Salutiamo cordialmente prima di lasciare la casa e cominciamo la nostra salita a piedi. Eccoli finalmente i bambini! Basta qualche minuto e ci ritroviamo circondati da una nuvola di nanetti che ci seguono mentre noi passiamo dietro le loro case diretti verso l’alto. Il sentiero si rivela fin da subito difficile, non tanto per la salita quanto per la scivolosità e per il fatto che pioviggina continuamente. Si sale e si scende parecchie volte, ci si bagnano i pantaloni fino al polpaccio ma soprattutto ci si riempie completamente di fango. A metà percorso Bounlot ci fabbrica dei bastoni di bambù con il machete, così proseguiamo più in sicurezza. Non per questo mancheranno i capitomboli, anzi ne facciamo di pittoreschi ed acrobatici! Ma senza bastoni ne avremmo fatti molti di più e di peggiori…Per fortuna nessuno si fa davvero male. Ogni tanto ci fermiamo ad osservare il paesaggio, che è di un verde abbagliante, con i terrazzamenti per le risaie e qua e là qualche bufalo. Sul percorso affrontiamo anche

qualche guado e scavalchiamo qualche palizzata. Dopo due ore e mezza di cammino arriviamo al villaggio di etnia Mouchi, abbarbicato sul versante della montagna, fatto di palafitte in legno con i tetti di lamiera e letteralmente invaso dal fango. Entriamo nella casa più bella, di proprietà del vecchio capo del villaggio che però non ci aspettava. In pratica gli capitiamo in casa all’improvviso e lui pazientemente ci mette a disposizione una camera e ci prepara pure il tè.Scendiamo giù al piano terra (cioè sotto la palafitta), insieme ai polli e ai maiali, dove Bounlot ha acceso un fuoco che usiamo per cercare di asciugare il fango sulle scarpe e sulle calze di chi non era perfettamente attrezzato. Tra l’altro fa pure freddo: ci saranno 7-8 gradi al massimo...Indossiamo tutti una maglia a maniche lunghe, il pile, il piumino e il kway.Prima che faccia buio usciamo a fare un giro per il villaggio. Qui di turisti non ne vedono quasi mai e quindi sono parecchio restii ad avvicinarsi e men che meno a farsi fotografare. Anche i bambini scappano! Con un po’ di tempo e di pazienza riusciamo però ad interagire quel tanto che basta per acquisire un po’ della loro fiducia. Ci sembra di avere fatto un salto indietro nel tempo, di almeno 100 anni. I bambini sono tutti mezzi nudi e scalzi, quando va bene hanno sandali o scarpe scassate. Le donne vestono abiti tradizionali con copricapi colorati e differenti a seconda che siano in età da marito, ragazze, sposate, anziane. Gli uomini invece hanno pantaloni e maglietta all’occidentale. Hanno quasi tutti malattie da raffreddamento, bronchiti e raffreddori, e una signora ci chiede aiuto per una brutta ferita alla mano che si è fatta con il coltello. La medichiamo con quel poco che abbiamo, ovvero un po’ di disinfettante e un paio di cerotti. Questo semplice gesto ci qualifica come luminari della medicina e così non solo siamo autorizzati a farci delle foto insieme, ma ci raggiunge speranzosa di aiuto anche altra gente tra cui una mamma con un bambino di 7 anni aggrappato alla schiena con evidenti ferite da ustione su tutta la gamba destra. Purtroppo questa volta non possiamo fare nulla con i nostri limitati mezzi. Proviamo ad informarci sulla possibilità di portare il bambino da un medico vero ma ci viene spiegato che da queste parti non c’è un presidio medico affidabile e che comunque la gente non è abituata ad andare in ospedale. Da quello che possiamo osservare, sembra che alle donne sia riservata la maggior parte dei lavori della quotidianità, compresi lavori pesanti come trasportare la legna legata in fascine sopra la testa. È loro il compito di badare ai bambini, di cucinare, di tenere in ordine la casa, di lavorare il riso, di realizzare vestiti e accessori di uso comune. I bambini sono molto liberi e indipendenti. Maneggiano tutto quello che capita loro a tiro: forbici, coltelli, galline o maialetti. Girano in “bande” da 5-10 elementi ed hanno un forte senso della proprietà. Difficilmente condividono con gli amichetti i palloncini, le matite, i quaderni; vige la legge del più forte. È così che in genere i più grandi si occupano dei più piccoli, soprattutto se sono bambine. Puoi vedere una sorellina di 4-5 anni che si occupa del fratello di

2, senza aiuto o sorveglianza alcuna da parte degli adulti. L’igiene praticamente non esiste. I bagni non ci sono; ognuno esce dal villaggio e trova il suo angolo per i bisogni corporali. L’acqua va presa al fiume con le taniche oppure si usa quella che piove dal cielo. Da quel che abbiamo potuto comprendere si tratta di un’economia di sussistenza che non lascia intravedere grandi speranze di progresso ed emancipazione economica o culturale. Si lavora duramente per coltivare il riso quel tanto che basta per l’anno intero. Bisogna strappare il terreno alla foresta, terrazzando e canalizzando l’acqua a mani nude, con l’aiuto di pochi attrezzi. Gli animali allevati garantiscono l’apporto proteico. Stop. A chi dovesse recarsi qui in futuro, consigliamo di portare qualcosa in più nello zaino, da regalare: abbigliamento pesante (pile), sacco a pelo, sandali o scarpe!

Gironzoliamo su e giù per il villaggio con la nostra guida che ci fa entrare in varie case. In una troviamo una macchina infernale, rumorosissima, con il motore a scoppio, che serve per pulire il riso. Chi può permetterselo, viene qui con il proprio sacco di riso e lo fa passare nella macchina pagando questo servizio di “pulizia” al proprietario della casa. Gli altri lo fanno a mano.Rientriamo per la cena che è di nuovo a base di riso, verdure e pollo e festeggiamo l’ultimo dell’anno con il nostro anziano ospite, che ci offre alcuni bicchieri di lao lao fatti in casa. Si tratta di un distillato di riso molto comune in Laos, tanto da poter essere ritenuto la bevanda nazionale, insieme alla BeerLao di produzione locale. Lo beviamo prima con diffidenza,

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poi sempre più convinti ci abituiamo a questo nuovo sapore alcolico. Col senno di poi, a fine viaggio dovremo ammettere che quello del capo-villaggio è stato il miglior lao lao di tutto il Laos!Anche noi comunque abbiamo portato qualcosa per i festeggiamenti e così condividiamo con Bounlot e il capovillaggio un torrone che ci siamo portati dall’Italia. Purtroppo questo dolce non è esattamente di loro gusto, allora proviamo con i fichi secchi, che invece pare assomiglino ad un altro frutto locale di cui non capiamo in realtà né il nome né la forma. Sarà questa familiarità, ma i fichi sembrano graditi.A questo punto scatta l’ora del massaggio, che in effetti era compreso nell’esperienza offerta dal pacchetto turistico. Siccome oggi è pure il mio compleanno, decido che il massaggio devo proprio regalarmelo e quindi mi stendo a terra, sul materassino che ci hanno già portato per la notte. I miei compagni di viaggio sono un po’ perplessi e non si fidano; non posso nemmeno dar loro torto perché in effetti il massaggio non è esattamente rilassante. Diciamo che assomiglia molto al massaggio thai, un po’ energico, ma che alla fine ti lascia tutta rotta.Un ultimo giro di lao-lao e poi ci prepariamo per la notte.Scegliere come disporsi per dormire è un vero spasso. Ci hanno preparato due specie di materassi sul pavimento sui quali dovremmo dormire in 5 ma in effetti ci sembra un po’poco… Proviamo più volte a misurare gli spazi, ma davvero qui in 5 non ci stiamo! Alla fine riusciamo a farci stendere un materassino in più e così in quattro ci sentiamo più tranquilli. Per il quinto ospite ci dicono di avere preparato un letto vero in un’altra casa. Massimo e Antonio vanno a vederlo e benchè nel villaggio il letto sia davvero un grande lusso, entrambi decidono che è più bello se dormiamo tutti insieme sul pavimento. A questo punto occupiamo anche il privè (ossia il deposito) con le pareti di plastica, che tanto nessuno utilizzerebbe questa notte, e restiamo tutti assieme.Il pavimento è comunque bello duro e anche avendo il sacco a pelo il freddo entra e dobbiamo rassegnarci a dormire interamente vestiti. Per un po’ dobbiamo anche sopportare il fumo del fuoco che abbiamo acceso proprio qui sotto, che passa tra un asse e l’altro del pavimento, mentre i maiali grugniscono e i polli fanno la lotta. Alla fine, verso le 21, prendiamo sonno.Con i festeggiamenti di capodanno quest’anno siamo stati davvero contenuti, ma probabilmente un anno di tranquillità era anche giusto farlo. 1 Gennaio 2019Chi l’ha detto che il gallo canta all’alba? Qui cantano almeno dalle 4, poi alle 5 le donne attaccano a decorticare il riso, i maiali grugniscono e i bambini piangono. Sono tutta indolenzita alla schiena e anche se ho dormito poco non vedo l’ora di alzarmi.Alle 6 le donne accendono il fuoco e cominciano a far bollire il riso, quindi la stanza si riempie nuovamente di fumo. Quando i bambini cominciano a uscire lasciando la porta aperta, con il freddo che entra e i nostri fiati che fanno la nuvoletta, non possiamo più far finta di niente e ci alziamo.Non abbiamo proprio voglia di rimetterci i vestiti

infangati, ma non possiamo farne a meno. Ci ritroviamo tutti fuori, un po’smarriti, in attesa degli eventi. C’è ancora più nebbia di ieri ed è umidissimo, ma per fortuna non piove.Ora si pone il problema delle abluzioni mattutine e della tappa al bagno. Beh, per quanto riguarda le prime, semplicemente le saltiamo a piè pari. Quanto al bagno, basta uscire dal perimetro del villaggio, allontanarsi un po’ in cerca di privacy e il gioco è fatto. Bounlot ci accompagna a fare un altro bel giro nel villaggio, e così vediamo le signore all’opera con quel rumoroso marchingegno per decorticare il riso, che poi è tutto manuale. Fa un rumore ritmico, come quello dei telai a mano, perché in pratica la signora con le mani sbatte un grosso bastone dentro una ciotola di legno piena di riso, mentre con il piede aziona una lunga leva che fa la stessa cosa in un recipiente più grande. Roba da non credere…Rientriamo “a casa” per colazione, che poi è uguale alla cena, compreso il lao lao che alle 8 del mattino è un po’ fortino…ma chi si tira indietro!Salutiamo il nostro ospite, lasciamo un ricordo sul suo libro degli ospiti, facciamo un paio di foto tutti insieme e poi ci incamminiamo nella foresta umida e scivolosa con i nostri zaini sulle spalle.Per fortuna man mano che si scende il clima migliora. Usciamo dalle nuvole basse e l’umidità diminuisce. Facciamo una strada diversa da quella dell’andata, ma comunque è sempre tutto un su e giù nel fango scivoloso. Passiamo accanto ad una casa costruita vicino al ruscello da cui Bounlot preleva delle alghe che porterà a casa. Da queste parti le alghe si trovano anche nei cracker come aromatizzante. Sono delle barbette verdi che vengono fatte seccare e stese in fogli sottili, pronte per l’uso in cucina. Ci fermiamo a salutare il proprietario della casa, che vive completamente isolato, insieme ai suoi bufali, sul bordo di una grande risaia che al momento è a riposo. Ci piacerebbe lasciargli qualcosa, ma non abbiamo più nulla, a parte il fango sui vestiti e sotto le scarpe.Finalmente raggiungiamo la strada carrozzabile, che è di recente costruzione e viene molto utilizzata dalla gente locale, che da qualche anno ha cominciato ad acquistare motorette con cui raggiunge molto più velocemente la città e il relativo mercato. Molte sono comunque anche le donne che percorrono la strada a piedi con le gerle piene di mercanzie.Più in basso ci aspetta il pickup, che ha avuto qualche difficoltà a salire perché sulla strada davanti a lui un furgone si era impantanato nel fango, con il serio rischio di ribaltarsi. E meno male che siamo nella dry-season! Prima di riprendere il viaggio in auto, ci concediamo una sosta in prossimità di un altro villaggio, dove alcuni ragazzi stanno giocando a lanciare grandi trottole di legno che vengono srotolate da un lungo spago. Più o meno come nelle bocce, ogni contendente cerca di “bocciare” la trottola dell’avversario ferma sul terreno di gioco. Decisamente giochi d’altri tempi.Sulla via del rientro incrociamo ancora qualche micro villaggio e anche alcune donne in costume tradizionale che tornano dal mercato, con cui

facciamo una breve trattativa per l’acquisto di qualche braccialetto e anche per qualche foto un po’ rubata.La nostra avventura e la mia festa di compleanno si concludono nella cittadina di Boun Tai con il recupero dei bagagli e i saluti alla nostra guida Bounlot che tra pochi giorni lascerà la casa e la famiglia per riprendere gli studi e diventare una delle persone più istruite della sua città, secondo il volere del partito, che da queste parti ancora decide chi è meritevole di essere istruito e chi deve invece rassegnarsi ad un lavoro manuale o comunque meno qualificato.Non scoderò mai la semplicità della vita tra queste montagne e allo stesso tempo le difficoltà per riempire quella ciotola di riso che noi troviamo già pronta al supermercato e che a volte buttiamo perché, pensandoci bene, non abbiamo più tanta fame…

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