Studio Simulazione Guardrail
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Analisi numerico-sperimentale del comportamento dinamico di una
barriera stradale
M. Calì, G. La Rosa
Dipartimento di Ingegneria Industriale e Meccanica – Università di Catania
Viale Andrea Doria, 6 – 95125 Catania
e-mail: [email protected] [email protected]
Keywords: guardrail, impact, crash test, dynamic simulation, vibration
SommarioIn questo lavoro vengono riportati i risultati relativi allo studio del comportamento dinamico, dello stato
tensionale e deformativo dei componenti di una barriera stradale. Il lavoro è stato sviluppato in
collaborazione con la società Metallurgica di Catania, azienda produttrice di barriere stradali.
Gli autori hanno eseguito un’analisi approfondita sui singoli elementi del sistema, proponendo
alcune modifiche migliorative da applicare alle future evoluzioni delle barriere. Utilizzando il codice di
calcolo DYTRANTM, si sono costruiti i modelli virtuali completi del sistema barriera (fascia, dissipatore,
distanziatore, dispositivi di sganciamento, pararuota, catena, palo) e dei vari corpi impattanti (blocchi,
rulli, autoveicoli). Mediante prove sperimentali sono state determinate alcune delle grandezze più
significative per la simulazione dinamica del sistema, quali la deformabilità dei paletti, le rigidezze
torsionali e flessionali delle fasce e le accelerazioni di alcuni punti significativi.
Simulando il collasso plastico progressivo assiale e a flessione di ciascun elemento strutturale del
sistema durante gli impatti, sono stati analizzati gli stati tensionali e deformativi dei componenti e le
possibili modifiche.
AbstractThis paper presents results from a study of the dynamic behaviour and stress-strain states of a guardrail,
developed in collaboration with Metallurgica of Catania, a company manufacturing crash barriers.
The authors performed extensive analysis of single elements of the system, proposing several
modifications for improvement to be applied to the future evolution of such barriers. The DYTRAN TM
software was used to construct complete virtual models of the barrier system (band, dissipator, spacer,
release mechanism, wheel guard, chain and post) and of various impacting bodies (blocks, rollers,
vehicles). For the dynamic simulation of the system, experimental trials were conducted to determine
some of the more significant parameters, including the deformability of the posts, the torsional and
bending stiffnesses of the band and the accelerations of some significant points.
Simulating the progressive axial and bending plastic collapse of each structural element of the
system during impact, it was possible to analyse the stress and strain states of the components and verify
possible modifications.
1. INTRODUZIONE
Per poter elaborare un buon progetto di una nuova barriera stradale che soddisfi alle severe normative vigenti (inparticolare al D.M. n° 223) [1–2] è indispensabile svolgere accurati studi su modelli, eseguendo simulazioni che
riproducono i crash test e individuano il sistema di funzionamento più idoneo e le proprietà meccaniche
(deformazioni sotto carico e caratteristiche di assorbimento di energia) più adeguate.
Lo studio qui riportato ha avuto come obiettivo quello di analizzare la fattibilità di un modello numerico
che permetta di studiare il comportamento dinamico della barriera, valutando gli stati tensionali e deformativi di
tutti i componenti nelle varie prove di crash.
Mediante il programma di calcolo agli elementi finiti MSC/DYTRAN, sono state effettuate simulazioni
numeriche su alcuni modelli di barriere stradali. I modelli numerici, validati attraverso misure sperimentali
accelerometriche e di spostamento sui vari componenti, hanno permesso di valutare, sia in campo lineare che
non lineare, la risposta dei vari componenti soggetti agli impatti esterni, non solo in termini di spostamento,
velocità ed accelerazione ma, anche, in termini di tensioni e deformazioni. In particolare, è stata ricavata
l’energia di deformazione relativa a ciascun componente, grandezza particolarmente significativa per
identificare gli elementi e le zone critiche sulle quali eseguire le possibili modifiche strutturali.
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I modelli numerici realizzati hanno consentito di monitorare con precisione l’indice ASI di severitàdell’accelerazione all’impatto previsto dalla normativa per l’omologazione delle barriere.
2. CENNI SULLA NORMATIVA DELLE BARRIERE STRADALI
Ai fini della classificazione delle barriere e degli altri dispositivi viene convenzionalmente definito livello di
contenimento Lc l’energia cinetica posseduta dal mezzo all’atto dell’impatto, calcolata con riferimento allacomponente della velocità ortogonale:
2)(2
1ω senV M Lc = (1)
dove:Lc = livello di contenimento [kJ];M = massa del veicolo [t];V = velocità dell’impatto [m/s];ω = angolo d’impatto.
Le barriere vengono classificate in sei classi in base all’indice di contenimento minimo garantito; altredue classi di contenimento (TC1 e TC2) vengono definite per i terminali (elementi finali di una barriera) e gli
attenuatori d’urto. In Tabella 1 si riporta l’attuale classificazione delle barriere (tra parentesi sono indicate lecorrispondenze con le precedenti classificazioni).
Classe N 1 (A1)
contenimento minimo Lc =44 kJ
Classe H 3 (B2)
contenimento elevatissimo Lc =463 kJ
Classe N 2 (A2)
contenimento medio Lc =82 kJ
Classe H 4 (B3)
contenimento per tratti ad
altissimo rischio
Lc =572 kJ
(724 kJ)
Classe H 1 (A3)
contenimento normale Lc =127 kJ Classe TC 1 Lc =3220 kJ
Classe H 2 (B1)
contenimento elevato Lc =288 kJ Classe TC 2 Lc =5000 kJ
Tab. 1 Classificazione delle barriere e degli attenuatori
Viene poi definito, ai fini della classificazione della severità degli impatti, l’indice ASI (indice di severitàdell’accelerazione) che misura la severità dell’urto sugli occupanti delle autovetture considerati seduti concinture di sicurezza allacciate:
+
+
=
222
10912)(
g
a
g
a
g
at ASI z
y x (2)
in cui g è l’accelerazione di gravità ed ax, ay, e az sono le componenti dell’accelerazione mediate su unintervallo mobile δ di 50 ms, da misurare nel baricentro del veicolo di prova con tolleranza di ± 5 cm lungol’asse x (longitudinale) e di ± 3 cm per gli assi y (trasversale) e z (verticale).
Tutte le barriere ed i dispositivi di ritenuta ed attenuazione di tutte le classi devono avere un indiceASI
1. È ammesso un indice ASI fino a 1,4 per le barriere ed i dispositivi destinati a punti particolarmentepericolosi nei quali il contenimento del veicolo in svio diviene un fattore essenziale ai fini della sicurezza.
Tipo di strada Traffico Barriere
spartitraffico
Barriere
bordo laterale
Barriere
bordo ponte Attenuatori
I H 2 H 1 H 2
II H 3 H 2 H 3 Autostrade e strade
extraurbane principali III H 3 – H 4 H 2 – H 3 H 4
I H 1 N 2 H 2
II H 2 H 1 H 2
Strade extraurbane
secondarie e strade
urbane di scorrimento III H 2 H 2 H 3
TC1
TC2
I N 2 N 1 H 2
II H 1 N 2 H 2 Strade urbane di
quartiere e strade locali III H 1 H 1 H 2
Tab. 2 Destinazione barriere
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Il traffico, infine, viene classificato in ragione dei volumi (Traffico Giornaliero Medio annuale nei due
sensi, TGM) e della prevalenza dei mezzi che lo compongono (presenza di veicoli di massa > 3000 kg in
percentuale sul totale, VM%), in tre livelli:
1) traffico tipo I : quando TGM
1000 con qualsiasi VM% oppure TGM > 1000 con VM% < 5%;
2) traffico tipo II : quando, con TGM > 1000, 5% < VM%
15%;
3) traffico tipo III : quando, con TGM > 1000, VM% > 15%.
Ai fini applicativi le normative prevedono, in funzione del tipo di strada, del tipo di traffico e delladestinazione della barriera, le classi minime di barriere da impiegare (tab. 2). L’idoneità delle barriere
all’omologazione è subordinata al superamento di prove su prototipi in scala reale, eseguite presso campi prove
attrezzati. Su tutte le barriere di tutte le classi (salvo la classe N1) dovranno essere effettuate prove d’impatto
con un’autovettura di massa totale di 900 kg angolo 20° e velocità 100 km/h, ai fini della valutazione dell’indice
ASI. Per le diverse classi, al fine di verificare il livello di contenimento (Lc), dovranno essere eseguite anche
ulteriori prove usando veicoli sempre più pesanti con diverse energie d’impatto secondo la tab. (3).
Classe barrieraVelocità
[km/h]
Angolo d’impatto
[gradi]
Massa totale
[kg]Veicolo usato
N 1 80 20 1500 Autovettura
N 2 110 20 1500 Autovettura
H 1 70 15 10000 Autocarro
H 2 70 20 13000 Autocarro o Autobus H 3 80 20 16000 Autocarro
H 4a 65 20 30000 Autocarro
H 4b 65 20 38000 Autoarticolato
Tab. 3 Condizioni di prova sulle barriere per la verifica del livello di contenimento
Le più importanti grandezze da misurare sul veicolo durante l’urto sono [3]:
• velocità longitudinale del veicolo (prima e durante l’impatto);
• accelerazione lungo l’asse longitudinale del veicolo;
• accelerazione trasversale;
• accelerazione verticale.
• deflessione dinamica laterale (fig. 1)
Fig. 1 Deflessione dinamica laterale D
3. PROVE SPERIMENTALI
Le prove sperimentali (fig. 2) sono state effettuate facendo impattare sulla barriera un pesante cilindro di acciaio
(diametro 1300 mm, altezza 1000 mm, peso 7005 kg) che acquistava energia cinetica mediante rotolamento su
piano inclinato(velocità d’impatto 3,5 m/s, energia all’impatto 48103 J). La barriera esaminata appartiene alla
classe A1 da installare lateralmente su rilevato, che ammette un indice di severità minimo di 44 kJ, ma con un
interasse simile a quello delle barriere di classe A2 che ammettono un contenimento di 82 kJ. In particolare si è
utilizzato un modulo di barriera stradale standard del tipo a doppia onda, costituito da un nastro d’acciaio Fe
360, con sviluppo piano di 475 mm, lunghezza 3920 mm, spessore 3 mm, tre distanziatori ad U nervato, tipo
Norma FD 1000100Z-003, spessore 2,5 mm, tre montanti ad U 120 STD 120x80x6 mm con lunghezza di 1950
mm e interasse 1800 mm. Paletto e distanziale sono stati collegati fra loro tramite bulloni M16x50 con rondella,
mentre distanziale e fascia sono stati collegati con lo stesso tipo di bulloni e una piastrina antisfilamento di
dimensioni 45x100x4 mm. I montanti sono stati installati ad una profondità di 1200 mm su un substrato di terra
battuta, l’asse medio della fascia è stato così disposto ad un’altezza dal suolo di 750 mm.
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Fig. 2 Impatto del cilindro: prova sperimentale, simulazione numerica
Per la misura delle accelerazioni su punti della struttura è stato adoperato un sistema ad alta impedenza
costituito da 4 accelerometri piezoelettrici 4383 (da 4,67 a 4,71 pC/ms-2) Brüel & Kjær®, 4 amplificatori di
carica 2635 Brüel & Kjær®
e un registratore di segnale su nastro magnetico. Gli accelerometri piezoelettricisono stati montati su di un perno filettato, fissato alla lamiera nei punti desiderati eseguendo un foro entro cui èstata imbullonata e poi saldata una vite con filettatura M5 (fig. 3). Tale montaggio garantisce un corretto
accoppiamento meccanico del sensore, senza che eventuali deformazioni della superficie sulla quale è fissato,
influenzino le condizioni di misura. Tre sensori sono stati disposti sull’asse longitudinale della fascia a distanza
di 30 cm e 60 cm sulla destra del bullone di collegamento al paletto centrale, un sensore sul lato posteriore del
paletto centrale.L’amplificazione delle centraline è stata impostata con valore di 0,1 mV/ms-2. La banda passante
è stata fissata limitando inferiormente la frequenza a 0,2 Hz e superiormente a 30 kHz.
Fig. 3 Posizione degli accelerometri Fig. 4 Accelerazioni rilevate nei punti 1 e 2
3.1 Analisi della risposta sperimentale
Per analizzare in maniera dettagliata l’intero fenomeno dell’urto è utile distinguere 6 fasi corrispondenti al
verificarsi di particolari fenomeni fisici:
1. urto del rullo sulla fascia;
2. deformazione del distanziale;3. torsione (rotazione) del paletto centrale;
4. urto dello spigolo inferiore della fascia sul paletto;
5. urto del rullo sulla parte inferiore del paletto;
6. ritorno elastico della struttura.
Si considera in seguito l’istante zero quello in cui si ha il primo contatto del rullo con la fascia; questo
evento si manifesta con un improvviso picco dell’ampiezza dell’accelerazione in tutti e quattro i sensori
installati, sia sul paletto che sulla fascia (fig. 4).
Nei primi 43 ms le ampiezze delle accelerazioni rimangono uniformi, sia per il paletto che per la fascia. Ivalori raggiunti sul paletto sono inferiori a quelli rilevati sulla fascia, essendovi interposto il distanziale che ne
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smorza le sollecitazioni. Dopo 43 ms dall’istante dell’urto le ampiezze misurate sul paletto si riducono
notevolmente pur se negli stessi istanti le misure sulla fascia presentano una zona sottoposta ad elevate
accelerazioni. Questo è spiegato dal fatto che il palo ha subito una rotazione di ca. 90° che ha messo in
condizione di minima sensibilità il sensore di misura e non per un elevato smorzamento dovuto alla
deformazione del distanziale. La presenza dei successivi picchi delle ampiezze per i rilievi eseguiti sul palo tra
80 e 160 ms è imputabile all’ulteriore spinta del distanziale in direzione parallela alla fascia e quindi in
direzione della più alta sensibilità. Durante la torsione del paletto il distanziale non ostacola particolarmentel’avanzamento della fascia che così incontra minore resistenza. A 187 ms si individua un picco delle
accelerazioni di medesima ampiezza per tutti i trasduttori, questo rappresenta l’istante in cui lo spigolo inferiore
della fascia impatta direttamente sul fianco del paletto. Il rullo non centra la fascia in mezzeria, ma presenta una
deriva di 20 cm sulla destra della barriera, ruota sul paletto e causa una maggiore deflessione della fascia. A 311
ms si ha la massima deflessione dinamica e l’inizio del ritorno elastico, per il palo si registra una minore
accelerazione a causa della direzione di minima sensibilità strumentale.
4. MODELLI DI CALCOLO
Per simulare il comportamento dinamico della barriera in seguito all’impatto di un veicolo, studiandone la
deformata al variare delle condizioni inerziali e cinematiche del veicolo collidente, si sono utilizzati i modellinumerici tridimensionali ad elementi finiti. Il codice adoperato per il calcolo dinamico, nel campo della non
linearità e in presenza di grandi deformazioni, è stato il DYTRAN Versione 4.6 con preprocessore PATRAN.In particolare si sono sviluppati due differenti modelli numerici:
• un modello di barriera standard (fig. 5);
• un modello di barriera con dispositivo di sgancio e distanziale a parallelogramma (fig. 6).
Il primo modello è costituito da tre componenti fondamentali: paletto di sostegno, distanziale e fascia.
L’interasse di montaggio è di 1500 mm in modo da rispettare i requisiti richiesti per l’installazione di classe A2.
Attraverso la modellazione geometrica si sono impostate le caratteristiche dimensionali dei componenti
fondamentali, creando per ciascun particolare un gruppo autonomo, così da poterlo riprodurre e riutilizzare in
differenti montaggi ed assetti (variazioni di altezze, di interassi, etc.).
Gli elementi, costituiti da lamiera d’acciaio Fe 360 B UNI 7070/82, con spessori variabili da 2,7 a 6 mm,
sono stati discretizzati attraverso elementi finiti bidimensionali di tipo lagrangiano particolarmente adatti per
modellare strutture con piccoli spessori [4,5]. In particolare si sono utilizzati elementi shell a quattro nodi
(CQUAD4).
Fig. 5 Modello FEM di barriera standard Fig. 6 Schema e modello FEM della barriera con dispositivo disgancio e distanziale
La definizione delle proprietà del materiale viene inserita nei modelli con la scheda DMATEP come
materiale isotropo elasto–plastico. Lo snervamento è definito dal modello di von Mises, mentre la tensione σy
dopo lo snervamento (σ0) è definita in funzione del modulo elastico E e del modulo Eh in fase plastica come:
ph
h y
E E
E E ε σ σ
−
⋅+= 0 (3)
dove con εp viene indicata la deformazione equivalente.
Modulo elastico 210 GPa Carico di rottura 360 MPa
Carico di snervamento 235 MPa Allungamento percentuale 20%
Tab. 4 Caratteristiche del materiale
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Il modello di barriera con dispositivo di sgancio e distanziale a parallelogramma si differenzia dal
precedente per la presenza di una fascia a tripla onda {2}, di un dissipatore {4}, del pararuota {5}, ed è
caratterizzato da un nuovo dispositivo di sganciamento {6} e un nuovo distanziatore a parallelogramma {3}.
4.1 Superfici di contatto
I diversi contatti presenti sono stati definiti tramite due superfici distinte e separate: master e slave (tab. 5). La
superficie master definisce le facce degli elementi che non possono essere penetrate dai nodi contraddistinti
dalla superficie slave. Il lato della superficie master dove avviene il contatto, è per i vari elementi quelloanteriore, posteriore o entrambi.
Nei modelli è stato inserito l’attrito statico e quello dinamico. Un coefficiente di decadimento β e la
velocità relativa di scorrimento ν li lega e definisce un unico coefficiente di attrito ( ) βν µ µ µ µ −−+= ek sk .
Slave Master Side µ k µ s Slave Master Side µ k µ s Distanziale Palo top 0,5 0,3 Fascia Veicolo top 0,6 0,4
Distanziale Fascia bottom 0,5 0,3 Palo Veicolo top 0,6 0,4
Palo Fascia bottom 0,5 0,3
Tab. 5 Contatti interni alla barriera e tra veicolo e barriera
Gli smorzamenti interni del sistema (scheda VDAMP) sono stati introdotti in funzione della frequenza.Si sono utilizzati smorzamenti pari al 1% di quello critico per frequenze sotto i 100 Hz, smorzamenti pari al 5%
di quello critico per frequenze comprese tra 100 e 1000 Hz e smorzamenti del 15% di quello critico per
frequenze oltre i 1000 Hz.
4.2 Vincoli tra le parti
I bulloni che collegano le varie parti sono stati modellizzati attraverso elementi monodimensionali CROD. In
questi elementi è stato possibile impostare il carico di rottura a trazione, a compressione, a torsione e a taglio.L’interazione paletto di sostegno–suolo simulata vincolando in tutte le direzioni i nodi posti al livello del
suolo è risultata, in seguito alle prove sperimentali, una soluzione non ottimale; il paletto infatti subisce una
elevata deformazione, quindi un eccessivo spostamento dei suoi punti nella zona immediatamente al di sotto del
suolo. Si sono allora incastrati i nodi più profondi (adoperando i vincoli SPC1), mentre negli strati più
superficiali i nodi sono stati collegati al terreno attraverso una serie di molle indipendenti con caratteristicalineare (CELAS); le caratteristiche di queste molle simulano il cedimento del terreno. In questo modo il palettopuò muoversi e ruotare attorno al proprio asse in prossimità del terreno. In particolare si sono incastrati i nodi
che si trovano a profondità superiori ai 30 cm, mentre i nodi compresi tra i 7 cm e i 30 cm sono stati vincolati
attraverso elementi elastici.
I collegamenti tra le fasce vengono realizzati attraverso bulloni inseriti in apposite asole di forma
allungata. Questo meccanismo, consentendo uno scivolamento longitudinale (fig. 7) tra le estremità di due fasce
contigue, permette la deflessione della barriera senza che la fascia sia soggetta a tensioni eccessive e tutta lastruttura diventi molto rigida. Esso è stato modellato sovrapponendo le estremità delle fasce e collegandole con
elementi bidimensionali, di tipo CROD, in corrispondenza dei bulloni. Attraverso la scheda PBELT viene
definita la curva che specifica la forza tangenziale in funzione dello spostamento. La forza che sollecita la fascia
a trazione deve essere divisa per il numero di bulloni con cui essa è collegata a quella adiacente (8 per le fasce a
due onde, 12 per quelle a tre onde).
Fig. 7 Forza tangenziale tra le fasce
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4.3 Corpi impattanti
I modelli del veicolo e del cilindro utilizzati nelle simulazioni sono stati definiti (fig. 8) come corpi rigidi
attraverso la scheda MATRIG che permette di specificare le proprietà di massa, la posizione del baricentro, i
momenti d’inerzia e le condizioni cinematiche che si hanno prima dell’impatto. Si è visto infatti [6,7] che per lostudio del comportamento delle barriere in seguito alle collisioni dei veicoli sono sufficienti modelli semplici in
grado di riprodurre con precisione solo la superficie frontale d’impatto.
Fig. 8 Modello DYTRAN del corpo impattante
4.4 Calibrazione
La calibrazione dei modelli numerici è stata sviluppata in modo iterativo variando le rigidezze e gli smorzamentidella struttura fini a ritrovare valori di accelerazione e di spostamento, nei punti monitorati, prossimi a quelli
sperimentali. Nelle figure (2) e (9) sono riportate, a titolo d’esempio, due immagini delle risposte numeriche e
sperimentali a confronto. In figura (9), in particolare, sono riportati gli andamenti numerico e sperimentale delle
deformazioni permanenti subite dalla fascia. Si può notare la buona concordanza tra i risultati.
Fig. 9 Deformazione plastica della fascia
5. RISULTATI DELLE SIMULAZIONI NUMERICHE
Lo studio effettuato ha permesso l’analisi approfondita del comportamento durante l’impatto di una nuova
barriera con dispositivo di sganciamento e distanziale a parallelogramma. Tale barriera, candidata ad una classe
H3 o superiore, è caratterizzata dalla fascia di contenimento a tripla onda che consente un migliore controllo dei
veicoli con altezza del bordo sufficientemente elevata per la geometria dei veicoli pesanti, ma senza che il bordo
inferiore risulti troppo alto per le autovetture (fig. 10).Il sistema studiato si basa sullo sfilamento del dispositivo di sganciamento dall’estremità superiore del
palo in seguito alla rottura dei due bulloni da 6 mm. In tal modo la fascia principale resta alla sua quota
originaria, anche in presenza di energie d’urto piuttosto elevate.
La presenza dei distanziali e dei dispositivi di sganciamento modifica notevolmente il comportamento
dinamico del sistema. Dalle simulazioni è emerso che il contatto tra palo e dispositivo di sganciamento simantiene per tutto l’evento d’urto e può ritenersi concluso solo dopo che la fascia ha raggiunto la deflessione
massima consentita alla classe di appartenenza della barriera. La deformazione dell’elemento consente in ogni
caso lo sgancio, anche se in alcuni impatti non lungo l’asse del palo, ma in direzione laterale, rendendo libero il
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vincolo con il palo evitando l’abbassamento della fascia. Ad una prima fase, in cui l’energia viene assorbita dal
distanziale, segue la fase in cui entra in funzione il dispositivo di sganciamento che scorrendo verticalmente
impedisce l’abbassamento della fascia. Il dispositivo di sganciamento, inoltre, fa sì che il paletto non ruoti
intorno al proprio asse.
Fig. 10 Dinamica della deformazione della barriera con dispositivo di sganciamento e distanziale a parallelogramma
Durante l’azione di sfilamento il distanziale, quindi, trasferisce quasi per intero la forza a cui è soggetto
sul palo. Dal confronto del comportamento dinamico di questa nuova barriera (indicata in fig. 11 come modelloconforme alla normativa) con quella standard è emerso che a parità di energia d’impatto e di forza applicata
sulla fascia si ha un notevole incremento dell’energia di deformazione assorbita e una notevole riduzione
dell’abbassamento verticale. L’unico aspetto negativo riscontrato è stato un leggero incremento della deflessione
laterale rispetto alla barriera standard.
Fig. 11 Confronto barriera standard – nuova barriera
Analizzando il comportamento della barriera all’impatto di un autocarro di massa 16000 kg ad una
velocità di 80 km/h al variare dell’angolo d’incidenza si è visto che il sistema è in grado di superare le prove di
crash test previste per la classe H3 (tab. 6).
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ANGOLO D’IMPATTO [gradi] INDICE ASI [mm] DEFLESSIONE MAX [mm]20 0.72 853
45 0,81 911
90 0,97 1013
Tab. 6 Indice ASI per la nuova barriera
Nell’urto frontale nel quale si raggiungono le condizioni peggiori il paletto subisce una elevata
deformazione plastica (fig. 12) accompagnata da uno spostamento dei suoi punti nella zona immediatamente al
di sotto del suolo. I picchi di tensione si concentrano nel dispositivo di sganciamento e nel distanziale (fig. 13)
raggiungendo tensioni prossime alla rottura (0,34 GPa).
In figura (13) sono riportati gli andamenti temporali delle tensioni nella zona centrale della fascia e nel
paletto a livello del terreno dove le sollecitazioni si mantengono, comunque, sufficientemente limitate.
Fig. 12 Deformazioni plastiche nella posizione di massima deflessione (nuova barriera)
Fig. 13 Distribuzione delle tensioni (nuova barriera)
Fig. 14 Forza sulla fascia e accelerazione nell’impatto frontale (nuova barriera)
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6. CONCLUSIONI
La possibilità di realizzare un affidabile modello numerico in grado di similare in maniera realistica il
comportamento dinamico del sistema veicolo – barriera ha consentito di ottenere complete informazioni sullo
stato tensionale e di deformazione dei suoi componenti.
Sulla base di un modello di una barriera standard esistente, calibrato attraverso prove sperimentali, è
stato sviluppato il modello di una nuova barriera in grado di sopportare le prove previste in classe H3,presentando migliori caratteristiche funzionali.
In particolare, sia nell’impatto frontale, sia negli impatti con angoli d’incidenza diversi da 90° è stato
possibile analizzare le interazioni impulsive tra i vari corpi flessibili e distinguere i differenti comportamenti dei
principali componenti. E’ stato valutato lo stato di sollecitazione di un nuovo tipo di distanziale e del dispositivo
di sganciamento. Attraverso le simulazioni numeriche si è visto che il comportamento dinamico del sistema può
essere migliorato attraverso l’adozione di un dispositivo di sganciamento con comportamento progressivo senza
ricorrere a sezioni particolarmente ringrossate.
Il sistema di sganciamento proposto mostra un assorbimento più graduale dell’energia d’impatto, che
viene dissipata in tempi diversi dai vari componenti fino al collasso di ciascuno di essi. L’energia complessiva
che il nuovo sistema è in grado di assorbire è superiore (di circa il 50%) rispetto a quella della barriera
tradizionale.
Un ulteriore vantaggio del nuovo dispositivo è quello di limitare l’abbassamento della fascia, che
consente, quindi, maggiore contenimento anche per i veicoli con baricentri più alti. In sostanza il dispositivoproposto, pure se soltanto nella simulazione numerica, soddisfa le aspettative prefissate in fase di progetto.
Ringraziamenti
Il lavoro è stato effettuato nell’ambito di una collaborazione scientifica con la ditta METALLURGICA S.A. &F., di Catania, azienda specializzata nel settore metallurgico e con una vasta esperienza sulla produzione di
barriere stradali. I ringraziamenti degli autori vanno ai Dott.ri Aiello, i quali hanno collaborato nella
realizzazione delle prove sperimentali e hanno fornito i dati e il materiale necessario per lo sviluppo della
ricerca.
Bibliografia
[1] European Standard, Road restraint systems – Part1: Teminology and general criteria for test methods, EN 1317-1, April 1998.
[2] European Standard, Road restraint systems – Part2: Performance classes, impact test acceptance criteria and test methods for safety
barriers, EN 1317-2, April 1998.
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