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studi superiori / 1020

lingue e letterature straniere

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Maria Avino è professore aggregato di Lingua e letteratura araba presso l’Università di Napoli “L’Orientale”. È autrice di L’Occidente nella cultura araba: dal 1876 al 1935 ( Jouvence, 2002) e dei due volumi della Grammatica teorico-pratica della lingua araba (con L. Veccia Vaglieri, edizione riveduta e aggiornata, Istituto per l’Oriente Carlo Alfonso Nallino, 2011).

Isabella Camera d’Afflitto è professore ordinario di Letteratura araba moderna e contemporanea presso l’Istituto Italiano di Studi Orientali (iso) della Sapienza Università di Roma. Per Carocci editore ha pubblicato: Cento anni di cultura palestinese (1a rist. 2008) e Letteratura araba contemporanea. Dalla nahdah a oggi. Nuova edizione (5a rist. 2014).

Alma Salem insegna Lingua araba presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e presso l’Università degli Studi Internazionali di Roma (unint). Per Carocci editore ha pubblicato, con Cristina Solimando, Imparare l’arabo conversando. Corso elementare (6a rist. 2015).

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Antologia della letteratura araba contemporanea

Dalla nahda a oggi

A cura di Maria Avino, Isabella Camera d’Afflitto, Alma Salem

CCarocci editore

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Il lavoro è frutto della collaborazione fra le autrici che ne condividono la responsabilità. La progettazione e la realizzazione delle parti di cui si compone il testo è così ripartita: la parte italiana dell’Antologia è a cura di Maria Avino e Isabella Camera d’Afflitto, la parte araba è a cura di Alma Salem.

1a edizione, novembre 2015 © copyright 2015 by Carocci editore S.p.A., Roma

Finito di stampare nel novembre 2015 da Grafiche VD srl, Città di Castello (PG)

isbn 978-88-430-7831-8

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633)

Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume

anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno

o didattico.

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IndiceParte italiana

Avvertenza 11

Introduzione 13di Maria Avino e Isabella Camera d’Afflitto

Nota alla traduzione dei testi 35

1. Rifa‘a Ràfi‘ al-Tahtàwi 37Dall’oro raffinato in Parigi condensato 38

2. Ahmad Fàris al-Shidyàq 41Una gamba sull’altra, per quanto riguarda Faryàq 42

3. Qàsim Amìn 45La donna nuova 46

4. ‘Abd al-Rahmàn al-Kawàkibi 47La natura della tirannia e la rovina dell’asservimento 48

5. Zaynab Fawwàz 50La giustizia 51

6. Muhammad al-Muwaylihi 52Il discorso di ‘Isa ibn Hishàm, ovvero un intervallo di tempo 53

7. Abu ’l-Qàsim al-Shabbi 57Inno alla vita 58Amore 58

8. Nabawiya Musa 59Il mio svelamento 60

9. Muhammad Husayn Haykal 63Zaynab 64

10. Gibràn Khalìl Gibràn 65Voi avete il vostro Libano e io il mio 66

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11. Mahmùd Taymùr 70‘Amm Mitwalli, il mahdi atteso 71

12. ‘Ali al-Du‘agi 74In giro per i caffè del Mediterraneo 75

13. Taha Husayn 78I giorni 79

14. Badr Shàkir al-Sayyàb 80Il canto della pioggia 81

15. Tawfìq al-Hakìm 82Diario di un procuratore di campagna 83

16. Mikha’ìl Nu‘ayma 86La mia relazione con la Russia 87

17. Nagìb Mahfùz 89Bayna al-Qasrayn 90Miramar 92

18. George Sàlim 95La storia della vecchia sete 96

19. ‘Abd al-Rahmàn Munìf 99A est del Mediterraneo 100Gli alberi e l’assassinio di Marzùq 102

20. al-Tayyib Sàlih 105Un pugno di datteri 106

21. Emile Habibi 109Sestina dei sei giorni 110Le straordinarie avventure di Felice Sventura il Pessottimista 111

22. Nizàr Qabbàni 115Il libro dell’amore 116

23. Giabra Ibrahìm Giabra 118La nave 119

24. Latìfa al-Zayyàt 122Campagna di perquisizione. Carte personali 123

25. Ghassàn Kanafani 124Uomini sotto il sole 125Ritorno a Haifa 126

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26. ‘Abd al-Hamìd Ben Hadùqa 130Domani è un altro giorno 131

27. Sa‘dallah Wannùs 134L’elefante, o re del tempo 135

28. Mahmùd Darwìsh 141Fino alla mia fine e fino alla sua 142

29. Zakarya Tàmir 144Le tigri nel decimo giorno 145

30. Fu’ad al-Takarli 148L’anello di sabbia 149

31. Ghada al-Sammàn 152Un altro spaventapasseri 153

32. Gamàl al-Ghitàni 156al-Zayni Barakàt 157

33. ‘Abd al-‘Aziz al-Maqàlih 160Poesie scelte 161

34. Magìd Tubiya 162Odissea dei Banu Hathùt nel paese del Nilo 163

35. Rashìd al-Da‘ìf 164Mio caro Kawabata 165

36. Sahar Khalìfa 168L’eredità 169

37. Ibrahìm al-Kuni 172Dove vai, beduino? Dove? 173

38. Hanàn al-Shaykh 178Donne nel deserto 179

39. Bensàlim Himmìsh 181Il grande erudito 182

40. Ahlàm Mustaghanemi 183La memoria del corpo 184

41. Elias Khuri 187Il viaggio del Piccolo Ghandi 188La porta del sole 190

42. Muhammad al-Ash‘ari 192L’arco e la farfalla 193

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43. Musa Wuld Ibnu 196La città dei venti 197

44. Ragià ‘Alim 200Il collare della colomba 201

45. Wajdi al-Ahdal 204Il naso molesto 205

46. Su‘ud al-San‘usi 207Gambo di bambù 208

47. Mustafa Khalìfa 209La conchiglia 210

48. Muhammed Sgaier Awlad Ahmad 213La poesia della farfalla 214

Glossario 217

Elenco delle traduzioni e dei traduttori 225

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Avvertenza

Per consentire una lettura più agevole anche ai non arabisti (gli arabisti troveranno i testi in originale in fondo al volume), si è scelto di non adottare la traslitterazione scientifica (evitando i segni diacritici e le vocali lunghe), bensì una trascrizione semplificata, una sorta di guida alla lettura, mettendo gli accenti là dove era indispensabile per evitare una lettura scorretta. Pertanto gli accenti non corrispondono neces-sariamente a delle vocali lunghe. La ta marbùta che scientificamente viene indicata con h è stata omessa. La lettera ‘ayn è trascritta con un apostrofo girato ( ‘ ); la lettera hamza mediana e finale è resa con un apostrofo semplice ( ’ ); ma in alcuni casi è omessa laddove rende la parola di difficile lettura. Non è mai indicata quando è iniziale.

Una certa difformità dei nomi propri degli autori citati nell’Elenco delle traduzioni e dei traduttori rispetto ai nomi riportati nel testo è do-vuta alla diversa traslitterazione adottata delle varie case editrici. Inol-tre, alcuni nomi sono stati lasciati nella grafia corrente e come sono più noti in Occidente, ad esempio Nasser e non ‘Abd al-Nàsir, per facilitare la consultazione in biblioteca e in internet.

I termini arabi delle dinastie, dei toponimi, dei giornali e alcuni eventi storici citati nelle schede degli autori e nei testi tradotti sono stati segnalati con un asterisco e riportati nel Glossario.

Si è poi ritenuto di non reiterare una bibliografia delle opere tra-dotte in italiano degli autori presenti nell’Antologia, dal momento che questa si può consultare sul sito www.arablit.it alla voce “bibliografia” per autori e per paesi.

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Introduzionedi Maria Avino e Isabella Camera d’Afflitto

Se negli ultimi anni è stato possibile conoscere la fondamentale storia della letteratura araba del periodo della nahda (rinascita), grazie alla pubblicazione di alcuni libri, è ancora piuttosto difficile reperire testi bilingui da sottoporre agli studenti che, sempre più numerosi, si iscri-vono ai corsi di lingua e letteratura araba. E così è nata l’idea di questa Antologia bilingue destinata innanzitutto agli studenti arabisti, ma an-che a chiunque voglia avvicinarsi alla cultura araba e conoscere il gran-de patrimonio della nahda fino ai nostri giorni. Il libro si compone di due parti: la prima destinata anche a chi non conosce la lingua araba, ma vuole avere un’idea della cultura araba moderna e contemporanea e si rivolge, in particolare, a quegli studenti della scuola secondaria che, grazie a programmi meno tradizionali, si va sempre più aprendo verso le culture Altre. La seconda parte – in arabo e collocata in senso con-trario nel volume a partire dalla fine verso l’interno – è destinata, inve-ce, agli studenti arabisti e agli arabofoni, per consentire loro di leggere, nella lingua originale, le opere selezionate.

Oggi, anche grazie alla nuova linfa portata dai figli dell’emigrazio-ne araba, così numerosi in Italia, è sempre più evidente che la cultura non ha e non può avere sbarramenti ideologici, politici o religiosi, e non può guardare sempre e soltanto verso i paesi occidentali, ma deve necessariamente aprirsi verso tutte le direzioni per conoscere anche il patrimonio culturale extraeuropeo. Noi occidentali, in genere, non abbiamo fatto grandi sforzi per avvicinarci alla cultura degli Altri e, in particolare, a quella degli arabi; basta pensare a quanto sia recente la nostra attività di traduzione di opere arabe, che è iniziata con una certa sistematicità soltanto negli anni Novanta del Novecento. Questa nostra epoca ci richiede, invece, di accelerare i tempi, di colmare gravi e perniciose lacune, affinché anche i nostri nuovi connazionali, immi-grati provenienti dal Sud del mondo, non si debbano sentire diversi o “senza cultura”. Questi nuovi italiani, inoltre, non devono perdere le

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loro radici culturali, perché, come si è già visto in altri paesi europei, la vera integrazione è quella che le preserva correttamente e non quella che le cancella con arroganza e violenza.

Sulla storia della letteratura araba in età moderna e contemporanea esistono ormai diverse opere in italiano, a partire da quella di Isabella Camera d’Afflitto, Letteratura araba contemporanea. Dalla nahd. ah a oggi. Nuova edizione (Carocci, 2007), che offre una panoramica com-pleta sullo sviluppo della letteratura araba dalla fine del xviii secolo ai giorni nostri. Questa Antologia intende così rappresentarne il comple-tamento, seguendo lo stesso sviluppo cronologico.

In questa Introduzione, al solo scopo di fornire al lettore/studente delle chiavi di lettura dei testi presentati, si forniscono alcune linee ge-nerali di uno sviluppo letterario ampio e composito che si può seguire più approfonditamente nel volume citato.

Data la stretta correlazione che esiste tra letteratura e fenomeni sto-rici e sociali – e tale affermazione è tanto più vera per la produzione letteraria dei paesi arabi –, nel Glossario alla fine della parte italiana, si sono forniti anche brevissimi accenni ad alcuni degli eventi più signi-ficativi che hanno segnato le vicende dei paesi arabi, influenzandone inevitabilmente anche la produzione letteraria.

Lo sviluppo della letteratura araba nell’Ottocento

Il xix secolo rappresenta un periodo straordinariamente fecondo e ricco di mutamenti politici e sociali che ebbero un riflesso anche in ambito letterario. Tale periodo si contrappone a una fase precedente di decadenza culturale (dal xvi al xviii secolo) che si fa solitamente coincidere con la dominazione turco-ottomana dei paesi arabi1.

Il risveglio arabo avvenne innanzitutto in Egitto dove nei primi anni del xix secolo presero il via sostanziali trasformazioni dovute, tra l’altro, a una presa di coscienza di un’élite intellettuale musulma-na, formatasi ad al-Azhar*, e al rinnovato incontro con l’Occidente, in particolare con la Francia. Questa, come è noto, in quegli anni era impegnata (insieme all’Inghilterra) in un processo di espansione colo-niale nel Mediterraneo, il cui primo obiettivo era appunto l’Egitto. Il

1. Per un quadro generale sulla storia del mondo arabo-islamico, cfr. P. G. Do-nini, Il mondo islamico, Laterza, Roma-Bari 2015 (1a ed. 2003).

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2 luglio 1798 sbarcò sulla costa egiziana la spedizione guidata da Napo-leone Bonaparte che, sfruttando la debolezza ottomana e mamelucca, si impossessò della valle del Nilo. Questa data è connotata da una forte carica simbolica e viene solitamente considerata come l’inizio di una nuova era: la spedizione, pur se destinata a durare pochi anni (fino al 1801), ebbe una portata eccezionale perché dopo quell’evento «l’E-gitto vedrà ormai diversamente l’avvenire2». Grazie alla spedizione napoleonica i due mondi – quello europeo e quello arabo – tornarono a incontrarsi dopo svariati secoli in cui erano rimasti distanti. La ri-scoperta dell’Occidente da parte degli arabi si accompagnò però a un trauma che derivò, tra l’altro, dal fatto di ritrovare gli europei, cono-sciuti e sconfitti all’epoca delle Crociate, divenuti nel frattempo forti e con un bagaglio di conoscenze straordinariamente avanzato rispetto al loro3. Lo storiografo egiziano ‘Abd al-Rahmàn al-Giabarti, che fu testimone di quell’evento, descrive non solo la resistenza opposta da-gli egiziani all’avanzata francese ma anche la meraviglia con cui i suoi connazionali e lui stesso scoprirono le invenzioni portate dai francesi sul suolo egiziano4.

Il passo successivo compiuto dagli intellettuali egiziani più lungimi-ranti fu cominciare a interrogarsi sul perché il loro paese fosse giunto allo stato di decadenza in cui si trovava e, successivamente, a tentare di formulare le soluzioni più adeguate. Per tutti, divenne assolutamente urgente un movimento di riforma che avrebbe dovuto restituire forza al paese. La storia egiziana del xix secolo è costellata da una serie di personaggi illuminati il cui obiettivo fu appunto promuovere il risve-glio dell’Egitto e stimolarne le energie: tra questi vi furono dei letterati come Rifa‘a Rafi‘ al-Tahtàwi che si può considerare il primo esempio di intellettuale arabo moderno. Questi è ricordato per i tanti meriti da lui acquisiti in svariati ambiti, come quello della traduzione, ma soprattut-to per la sua capacità di avviare l’innovazione dei tradizionali canoni letterari rimasti per diversi secoli immutati, e, inoltre, per aver inaugu-rato il processo di rinnovamento della lingua araba, come si vedrà in

2. D. Vivant-Denon, A. Rahman El-Gabarti, Bonaparte in Egitto. Due cronache tra illuminismo e Islam, presentazione di Mahmoud Hussein, trad. di V. Bianco, ma-nifesto libri, Roma 2001, p. 8.

3. Su questo aspetto cfr. al-Tāhir Labīb, L’altro nella cultura araba, in S. Pagani (a cura di), L’altro nella cultura araba, presentazione di F. M. Corrao, Mesogea, Mes-sina 2006, pp. 29-91.

4. Vivant-Denon, Rahman El-Gabarti, Bonaparte in Egitto, cit., p. 119.

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seguito. In omaggio a questa sua capacità di innovazione, l’Antologia si apre con un suo brano, tratto dall’opera Dall’oro raffinato in Parigi condensato, che segna l’inizio di un nuovo corso nella letteratura araba: la relazione del viaggio da lui effettuato in Francia negli anni Trenta del xix secolo.

Anche il Libano visse, più o meno negli stessi anni dell’Egitto, una trasformazione legata a molteplici fattori. Il Libano, che assieme a tut-to il Bilàd al-Sham* si trovava sotto il giogo diretto della dominazione ottomana assolutistica, a partire dalla metà dell’Ottocento cominciò a confrontarsi con i cambiamenti politici, culturali e sociali innescati sia dalle riforme intraprese a un dato momento dagli stessi turchi ottoma-ni sia dai contatti con l’Europa. Un fattore cruciale di risveglio cultu-rale nell’area fu costituito dalle scuole fondate da missionari stranieri (cattolici, protestanti e ortodossi) che, se da una parte servivano gli interessi coloniali, dall’altra ebbero però il merito di introdurre nuove idee e nuovi metodi educativi, come si leggerà nel brano del libane-se Mikha’ìl Nu‘ayma, sulla sua esperienza di studente presso le scuole ortodosse russe in Libano e in Palestina5. Nelle scuole dei missionari i giovani apprendevano le lingue straniere ed erano così in grado di leg-gere le opere del pensiero occidentale e, in seguito, di farle conoscere ai loro connazionali attraverso la traduzione, sicché essi contribuirono in maniera sostanziale a far uscire il mondo arabo dall’isolamento in cui era vissuto fino ad allora. Si vedrà come nel corso dell’Ottocento furono soprattutto i letterati provenienti da queste due aree – Egitto e Bilàd al-Sham – a produrre le opere più significative e sempre più in-novative rispetto al passato. Dall’Egitto e dal Bilàd al-Sham, il risveglio si estenderà pian piano anche al resto dei paesi arabi.

La rinascita prenderà il nome di nahda, con cui si intende quel fe-nomeno composito che coincide con una grande ansia di modernità e di rinnovamento, fenomeno caratterizzato dal rifiuto dell’imitazione dei costumi e delle norme elaborate dalle generazioni precedenti. Il principale mezzo di diffusione delle nuove idee fu la stampa che svol-se un ruolo straordinario nel cambiamento che si realizzò nel corso dell’Ottocento: i giornali stimolarono dibattiti, incoraggiarono un in-

5. Sull’influenza che la cultura russa esercitò in quegli anni sugli autori di quell’area cfr. I. Camera d’Afflitto, Cent’anni di cultura palestinese, Carocci, Roma 2007, pp. 45-65.

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tenso movimento di traduzione di opere straniere6 e, infine, accolsero i nuovi esperimenti letterari (racconti e romanzi anche a puntate, sul modello dei feuilletons francesi) che si andavano realizzando in quegli anni.

Gli intellettuali che collaborarono con le testate giornalistiche di quegli anni concorsero così alla formazione di nuove generazioni più aperte, e la più grande lezione che essi impartirono loro fu la necessità di lottare contro il conformismo, rivendicando la libertà di pensiero in ogni ambito. La curiosità che animava questi intellettuali spinse molti di loro, specie quelli provenienti dall’area siro-libanese e di religione cristiana, ad aderire alle correnti di pensiero più all’avanguardia che in quegli anni nacquero e si diffusero in Europa: dal darwinismo, al positivismo, al socialismo e, in generale, tutte quelle correnti che mani-festavano una fede nella scienza che avrebbe garantito all’umanità un progresso senza limiti7.

Anche in ambito islamico nacque un movimento riformista, il cui principale ispiratore fu l’egiziano Muhammad ‘Abduh, di sovente ci-tato in questa Antologia poiché fu considerato un maestro da molti intellettuali dell’epoca. La maggior parte dei riformisti, in ambito sia laico sia religioso, cristiano e musulmano, attribuiva alla donna un ruo-lo sostanziale nella trasformazione sociale che tutti auspicavano. I ri-formisti ritenevano prioritario restituirle quei diritti – a partire dal ba-silare diritto all’istruzione – sanciti nei testi sacri dell’Islam, che però successivamente le erano stati negati da una giurisprudenza divenuta con il passare dei secoli sempre più reazionaria e misogina.

Gli intellettuali di quegli anni non ebbero timore di mettere in discussione l’autorità costituita, come fece in Siria ‘Abd al-Rahmàn al-Kawàkibi, un riformista che attaccò l’assolutismo degli ottomani. La sua riflessione contribuì a introdurre nel mondo arabo il concetto di cittadinanza e a effettuare una vera rivoluzione che restituì digni-tà all’individuo8. Naturalmente lo strumento principale che avrebbe

6. Sulla traduzione in arabo di opere occidentali cfr. M. Avino, L’Occidente nel-la cultura araba, Jouvence, Roma 2002.

7. Uno degli intellettuali che maggiormente contribuì a far conoscere agli arabi i movimenti culturali occidentali fu il libanese Farah Antun, sul quale cfr. P. Viviani, Un maestro del Novecento arabo. Farah Antun, Jouvence, Roma 2004.

8. Su questo cfr. B. Ghalioun, La lumpen modernité, in “mars”, Institut du Monde Arabe, 10-11, 99, p. 127. Cfr. anche A. Pellitteri, ‘Abd al-Rahmān al-Kawākibī (1853-54/1902). Nuovi materiali bibliografici, Ipocan, Roma 1996.

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permesso agli arabi di diventare dei cittadini in grado di partecipare all’organizzazione della vita sociale era l’istruzione; solo la diffusio-ne della cultura avrebbe infatti favorito la metamorfosi del volgo in-consapevole in popolo pensante. «Finché resterà ignorante», scrive al-Kawàkibi, parafrasando Voltaire, «il volgo sarà causa del suo stesso male e complice dei peggiori crimini dei tiranni»9.

Anche le donne arabe contribuirono alla nahda. Cominciò, infatti, nella metà dell’Ottocento il cammino di emancipazione di quelle don-ne che lottarono in prima persona per migliorare il proprio status, espri-mendo le proprie istanze su giornali che esse stesse fondarono e diresse-ro. Tuttavia va notato che, pur se soggette a varie forme di costrizione, in primo luogo quella di vivere in un sistema come l’harem* (ossia un siste-ma di segregazione e di rigida separazione dei sessi), esse conducevano un’esistenza un po’ meno drammatica rispetto a come viene solitamente rappresentata in Occidente, almeno stando alle testimonianze fornite da numerose viaggiatrici occidentali. Queste, con accenti più sinceri dei loro connazionali, descrissero la donna medio-orientale (e musulmana) invidiandone anche, per taluni aspetti, la posizione10.

La pioniera dei diritti femminili, la libanese Zaynab Fawwàz, ad esempio, malgrado esistesse ancora l’istituzione dell’harem, godette di notevole libertà di movimento. Negli articoli che pubblicò, tra la fine del xix e l’inizio del xx secolo, stilò una lista di diritti prioritari non solo per le donne ma anche per gli uomini che vale la pena qui ricorda-re per la loro modernità, e anche perché in molti casi continuano ancor oggi a essere sanciti unicamente in linea di principio, non solo nei pa-esi arabi ma anche altrove. Occorreva innanzitutto combattere contro «l’analfabetismo, non solo tra le donne ma anche tra gli uomini; l’as-solutismo in politica, favorendo la nascita di un sistema più democra-tico; era necessario formare uno stato nazionale in cui tutti – nessuno escluso – fossero tenuti al rispetto della legge, e riconoscere la parità tra i cittadini, senza distinzione di religione, di razza o di genere»11. La

9. Secondo Voltaire il solo rimedio a questa malattia epidemica è lo spirito fi-losofico che, diffuso pazientemente da uomo a uomo, finirà per addolcire i costumi dell’umanità, e per prevenire gli eccessi del male.

10. Cfr. C. Giorcelli, Il Marocco di Edith Wharton, in R. Ben Amara (a cura di), Viaggiatori d’Oriente e d’Occidente, variazioni sul mito di Ulisse, edizioni AV, Cagliari 1999, p. 102.

11. Zaynab Nubuwwah Bahbùh, Zaynab Fawwàz, ra’ida min a‘làm al-nahda al-‘arabiyya al-hadìtha, Wizarat al-thaqàfa al-suriyya, Dimashq 2000, p. 21.

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stessa Fawwàz pertanto rivendicava, come al-Kawàkibi, che gli arabi e le arabe dovessero essere trattati da muwatìnin (cittadini) e non più da ra‘aya (sudditi).

La ricerca dell’innovazione e dell’originalità si registra ugualmente in ambito letterario, anche se ciò non significò recidere del tutto il legame con il passato. Al contrario, la nahda moderna avvia da una parte il dia-logo con le culture straniere ma dall’altra lo mantiene con il patrimonio arabo tradizionale12. I due concetti chiave in voga in quegli anni e ap-plicati in qualsiasi ambito furono quelli di iqtibàs e di tawfìq, con cui si intendeva il prendere a prestito dagli altri ciò che poteva essere utile a sol-lecitare il progresso o a introdurre nel mondo arabo novità positive, ar-monizzandole però con quelli che i musulmani definivano i valori morali dell’Islam, e gli intellettuali cristiani chiamavano autenticità culturale.

In ambito letterario la creatività araba nel corso del xix secolo si alimentò, oltre che da una rilettura del retaggio classico, anche dall’ap-porto di altre culture, e fondamentale, come già sottolineato, fu l’in-contro con quella occidentale. Se nella poesia, che era sempre stato il genere letterario arabo per eccellenza, i poeti dell’epoca continuava-no senza grandi innovazioni a seguire il solco tracciato dagli antichi, gli autori di prosa, invece, guardando all’Occidente, sperimentarono nuovi generi. Tra questi il racconto, il romanzo e il teatro, ma ancor di più la maqàla (l’articolo o saggio) che, nel corso del xix secolo, diven-ne il primo genere attraverso il quale gli intellettuali arabi – impegnati nella costruzione di una società nuova, moderna e dinamica – si espres-sero, affrontando i temi a loro parere più urgenti13.

A proposito di canoni letterari innovati, dopo al-Tahtàwi, fu il li-banese Ahmad Fàris al-Shidyàq14 a esplorare nuovi orizzonti, seguito dall’egiziano Muhammad al-Muwaylihi. Questi due autori sono con-siderati tra gli iniziatori della prosa araba moderna. La novità dei loro lavori non stava solamente nell’aspetto formale (essendosi allontanati dallo schema dell’antica maqàma*), ma anche nella volontà di stabilire una connessione con il mondo che li circondava. Come si vedrà nei

12. A. Louca, Itinéraires de Mallâwi à Paris, in “mars”, Institut du Monde Ara-be, 10-11, 99, p. 26.

13. Sul processo di modernizzazione della letteratura egiziana, cfr. L. Casini, M. E. Paniconi, L. Sorbera, Modernità arabe: nazione, narrazione e nuovi soggetti nel romanzo egiziano, Mesogea, Messina 2012.

14. A. Kilito, Tu non parlerai la mia lingua, cura di M. E. Paniconi, introduzione di E. Bartuli, Mesogea, Messina 2010, pp. 111-30.

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brani inseriti in questa Antologia, entrambi si orientano verso la critica sociale che mancava agli autori arabi del passato.

Il Novecento: gli anni tra le due guerre mondiali

Negli anni tra le due guerre mondiali il mondo arabo visse un notevo-le fermento culturale. Malgrado la dominazione coloniale si estendesse ormai su molti paesi arabi, si cercò comunque un’interazione positiva con il mondo esterno e in quest’ottica il viaggio venne esaltato come un momento fondamentale nella formazione dell’individuo per acquisire nuove conoscenze e per il confronto con l’Altro.

Sempre più giovani soggiornavano all’estero per ragioni di studio, per tornare poi in patria con un più ricco bagaglio di esperienze, andando spesso a costituire l’élite culturale o politica dei loro paesi. Ma il viaggio e il soggiorno all’estero potevano essere legati anche a esigenze di tipo eco-nomico, come accadde a molti poeti e scrittori siro-libanesi del mahgiar*. In America, soprattutto in quella del Nord, dove dalla fine dell’Ottocen-to si trasferirono per sfuggire alla situazione di grave instabilità politica e finanziaria del loro paese, avvenne o si completò la loro formazione in-tellettuale15; le nuove tendenze di cui essi si fecero promotori, come ad esempio la poesia in prosa, si ispiravano apertamente, pur se rielaborate in modo critico, ad alcune delle correnti anglosassoni più innovative, come nel caso di Gibràn Khalìl Gibràn16. La poesia, quindi, rimasta fino ad al-lora ancorata alla tradizione classica, si avviò anch’essa sulla strada dell’in-novazione, sostenuta peraltro da una critica sempre più consapevole.

Negli anni tra le due guerre mondiali si affermò definitivamente la narrativa di ispirazione europea. Dopo tante sperimentazioni si entrò nella fase della maturità: il racconto breve di orientamento realista di-ventò un mezzo per descrivere un complesso mondo in evoluzione e fu magistralmente usato dall’egiziano Mahmùd Taymùr. Parallelamente, anche il romanzo ebbe uno slancio eccezionale e fece sempre più proseli-ti, a partire da colui che è considerato il padre di questo genere nel mon-do arabo, l’egiziano Muhammad Husayn Haykal, autore di Zaynab.

15. Questo si tradusse in un bilinguismo che permise a molti di loro di scrivere anche opere in inglese.

16. In Occidente è conosciuto anche come Giubràn Khalìl Giubràn o Kahlìl Gi-bràn.

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Ma l’intellettuale che più di ogni altro rappresenta l’emblema di quegli anni fu l’egiziano Taha Husayn, il quale espresse la visione pro-babilmente più cosmopolita teorizzando già negli anni Trenta l’esisten-za di una cultura mediterranea17. La mediterraneità di cui parlava Taha Husayn era il frutto di tutte le straordinarie civiltà che si erano avvicen-date in quel bacino, pertanto egli definiva come mediterranea l’identi-tà egiziana, intendendo con ciò valorizzarne non solo le radici arabe e musulmane, ma anche quelle elleniche, latine e bizantine. Taha Husayn esplorò orizzonti diversi, intrattenendo intense e proficue relazioni con il mondo letterario francese, con scrittori come Jean Cocteau18 o An-dré Gide. Egli sperimentò il genere autobiografico, producendo uno dei classici della letteratura araba del Novecento, I giorni.

Sul versante femminile continuò la battaglia per l’affermazione dei diritti civili e anche di genere. Le donne, organizzatesi in movimenti, tra cui il più importante fu l’Unione femminista egiziana (1923), riuscirono a ottenere alcuni risultati in ambito giuridico. Uno dei personaggi più sor-prendenti dell’epoca, oltre a Huda al-Sha‘rawi*, fu l’egiziana Nabawiya Musa che mise l’accento sul nesso esistente tra emancipazione femmi-nile e indipendenza economica. Musa rivendicava per le donne il diritto all’istruzione ma non soltanto per poter educare al meglio i propri figli, come avevano affermato molti riformisti del passato costringendole così a rimanere relegate in casa, soggette all’autorità maschile; per Nabawiya Musa l’istruzione era la chiave che doveva consentire alla donna di acce-dere alla vita produttiva per un maggiore potere decisionale all’interno del proprio nucleo familiare e nella vita pubblica.

Dal secondo dopoguerra agli anni Ottanta

Nel mondo arabo gli anni del secondo dopoguerra furono contrasse-gnati da profondi cambiamenti a livello politico, causati tra l’altro da diversi conflitti, a partire da quello del 1948 contro Israele che segnò la perdita di una parte della Palestina.

17. Egli espose questa teoria in Mustaqabal al-thaqàfa al-misriyya (Il futuro della cultura egiziana), edito nel 1938.

18. Jean Cocteau parla di Taha Husayn in Maalesh, journal d’une tournée de théâtre, resoconto di un viaggio da lui effettuato in Egitto nel 1949. Il testo, pubblica-to la prima volta nel 1949 dall’editore Gallimard, è stato riedito nel 2003 con il titolo Maalesh, voyages en Égypte.

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Alcuni paesi – l’Egitto, l’Iraq, il Sudan e in seguito la Siria – furono interessati da rivoluzioni di stampo socialista o nazionalista, anche se sarebbe più esatto dire che si trattò di colpi di stato militari che in-dussero le popolazioni a nutrire grandi speranze poi disattese. I regimi che vennero instaurati ben presto si trasformarono in dittature che, in modo sempre più raffinato, misero a punto meccanismi di controllo totalitario. L’inquietudine di quegli anni è testimoniata in campo let-terario dalla ricerca di tematiche e linguaggi culturali nuovi più in sin-tonia con le trasformazioni avvenute.

Il processo di innovazione in ambito poetico investì ormai non più soltanto il contenuto ma anche la forma. Questa si svincolò dalle ri-gide regole della metrica e della rima e in quegli anni nacque il verso libero. L’esperienza poetica più interessante fu quella del movimento “Tammùzi” che affermava la libertà dell’immaginazione nel creare strut-ture, figure e parole e due delle sue voci più significative furono quelle degli iracheni Badr Shàkir al-Sayyàb e Nàzik al-Mala’ika. L’emblema di quel periodo diventò la libertà in ogni senso, anche eventualmente di mettere sotto accusa, in maniera provocatoria, i valori convenzionali della società araba e musulmana senza aver timore di suscitare scandalo, come fece un altro grande poeta, il siriano Nizàr Qabbàni, noto in tutto il mondo arabo per le sue appassionate poesie d’amore e di politica.

Quanto alla narrativa, si continuavano a pubblicare raccolte di rac-conti di grande qualità, ma dal secondo dopoguerra e in maniera ancor più netta a partire dagli anni Sessanta fu soprattutto il romanzo a rice-vere uno straordinario impulso, fino a divenire il genere preferito dagli scrittori arabi. Il romanzo ha accompagnato la storia recente dei paesi arabi, ne è stato il testimone e l’interprete, e questo a partire dal pre-mio Nobel, l’egiziano Nagìb Mahfùz. Attraverso le sue opere narrative è possibile ricostruire la recente storia egiziana nei suoi passaggi crucia-li, leggendovi quelle sofferenze e quei drammi anche collettivi, di cui non si trova traccia nella storiografia ufficiale. La produzione narrativa di quegli anni ha quindi avuto la funzione di proporre un’altra storia rispetto a quella raccontata dai governanti, una storia vista dal basso, o dalla parte di coloro che l’hanno subita e, in questo senso, è stata mili-tante, ribelle e contestataria. Molti autori di quel periodo, definito in Egitto come la “generazione degli anni Sessanta”19, produssero opere con un forte e deliberato significato politico, esprimendo inizialmente

19. Sulla “generazione degli anni Sessanta”, cfr. C. F. Barresi, Narratori egiziani

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adesione agli ideali delle rivoluzioni e, in seguito, quando i vari regimi mostreranno il loro vero volto di sopraffazione, non esitarono a mani-festare dissenso, insieme a un senso di frustrazione. Ma c’è anche chi è riuscito ad affrontare temi così delicati con più leggerezza, ricorrendo all’ironia e al sarcasmo.

Un cenno a parte merita la letteratura palestinese, una produzione militante nel senso più alto della parola, che è sempre stata dalla par-te dei diseredati, delle vittime, di coloro a cui era stata strappata una patria, e che è riuscita a produrre opere straordinarie, a cui la sincerità e la profondità dei sentimenti vissuti trasmettono particolare forza e suggestione20. Occorre sottolineare che nella relazione tra intellettuali e potere, un momento cruciale fu rappresentato dalla guerra del 1967 contro Israele, che ha lasciato le tracce più significative sul piano lette-rario. Questa guerra, nota anche come la guerra dei Sei giorni, rappre-sentò un vero e proprio spartiacque poiché incrinò definitivamente i rapporti già compromessi tra classe politica e letterati. Questi ultimi, dopo l’ennesimo insuccesso militare contro Israele, nelle loro opere accusarono, tra l’altro, le autorità arabe di incapacità e di infliggere ai cittadini umiliazioni indicibili.

Nel mondo arabo, in seguito, ci saranno altre guerre, tra cui guerre civili, come ad esempio quella del Libano iniziata nel 1975 e conclusasi solo nel 1990, o quella dell’invasione irachena del Kuwait; tutti questi conflitti, in un modo o nell’altro, stimoleranno la creatività degli scrit-tori arabi.

Una letteratura così militante e anche dissidente, in una realtà po-litica tanto repressiva, ha spesso trasformato gli scrittori in vittime dei regimi: molti hanno vissuto l’esperienza del carcere e ne hanno lasciato testimonianza nei loro lavori letterari. Nacque, negli anni Sessanta e Settanta, il filone della letteratura di prigione, che è rimasto fino ai nostri giorni uno dei più interessanti. Sempre in quel periodo fiorì – per motivi di necessità, ovvero per sfuggire a una censura pervasiva – il filone del romanzo storico, che attingeva al passato per parlare – in forma simbolica o parodistica – del presente. Gli autori sceglievano per i propri romanzi quei periodi in cui si era registrato il tramonto

contemporanei, Istituto per l’Oriente, Roma 1977 e L. Casini, Fuori degli argini. Rac-conti del 68 egiziano, Edizioni Lavoro, Roma 2003.

20. Sulla letteratura palestinese cfr. Camera d’Afflitto, Cento anni di cultura pa-lestinese, cit.

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di un vecchio mondo, dominato dal dispotismo dei governanti e dalla decadenza delle istituzioni, in cui fosse possibile ritrovare affinità con l’attualità del mondo arabo.

A partire dal secondo dopoguerra, comincia a registrarsi l’ingresso di numerose donne sulla scena letteraria, comprese alcune artiste pro-venienti da quelle che fino ad allora erano state delle periferie culturali. Naturalmente, le donne avevano partecipato al movimento letterario sin dall’Ottocento, ma si era trattato di un fenomeno elitario; a parte qualche rara eccezione, si trattava di donne appartenenti ai ceti privi-legiati, spesso figlie o sorelle di uomini di prestigio. A partire dal se-condo dopoguerra, invece, man mano che il diritto all’istruzione alle donne veniva sancito in tutti paesi arabi, si affermarono scrittrici ap-partenenti a tutti i ceti sociali.

In generale, bisogna però rimarcare come il mondo arabo sia una realtà molto variegata e fare quindi distinzione tra paesi come l’Egitto, il Bilàd al-Sham o anche l’Iraq, dove il processo di emancipazione fem-minile era cominciato ormai da decenni e dove le donne svolgevano già un ruolo pubblico, e paesi invece dove il processo di emancipazio-ne si avviò molto più tardi, come nel Maghreb sotto la colonizzazione francese o ancora nei paesi della Penisola Araba, dove per le donne al-cuni diritti non sono ancora sanciti21. In ogni caso, la consapevolezza femminile araba, e anche la creatività, è stata spesso accelerata, come è accaduto del resto anche in altre latitudini, dai conflitti o dalle gravi tensioni che nel corso degli anni hanno interessato le varie regioni del mondo arabo; ciò è accaduto in Algeria, Palestina, Libano, Iraq e, in anni più recenti, in Kuwait, nello Yemen e anche in Arabia Saudita.

In linea di massima, si può affermare che dagli anni Ottanta, e an-cora più negli anni Novanta del Novecento, le parole delle donne si sono fatte sentire con forza in tutti i paesi arabi, e oggigiorno la presen-za femminile è ovunque un fattore imprescindibile della vita pubblica. Quanto alle scrittrici, esse hanno sperimentato modalità di scrittura sempre più raffinate.

Gli autori maghrebini, da parte loro, si sono dovuti confrontare con la lunga dominazione coloniale francese; sono stati gli algerini a vivere l’esperienza più drammatica: il colonizzatore francese, giunto in quel paese nel 1831 vi è rimasto fino al 1962, strappando agli autoc-

21. Cfr. I. Camera d’Afflitto, Introduzione, in Id. (a cura di), Rose d’Arabia, Edi-zioni e/o, Roma 2001.

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toni, berberi (amazigh)22 e arabi, perfino la capacità di usare la pro-pria lingua, e costringendoli a diventare francofoni. Ma anche gli altri paesi dominati dai francesi, come Marocco e Tunisia, hanno sofferto delle conseguenze della politica di assimilazione e di integrazione cul-turale e linguistica adottata dalla Francia che li ha indotti, al momento dell’indipendenza, negli anni Cinquanta, a intraprendere una politica di arabizzazione del sistema educativo. Questo spiega perché i nomi di autori maghrebini nell’Antologia compaiano in ritardo rispetto agli altri, con la sola parziale eccezione della Tunisia dove la presenza dell’Università al-Zaytùnah* contribuì a mantenere vivo un forte sen-so di identità nazionale anche negli anni della colonizzazione, quando si levò forte la voce del grande poeta Abu ’l-Qàsim al-Shabbi. Nella produzione letteraria maghrebina, algerina in particolare, la memoria acquista uno straordinario peso: rievocare il passato è necessario per recuperare i tasselli di un’identità che altrimenti rischia di andare per-duta per sempre, poiché il colonizzatore aveva cercato di cancellarla. Ma anche il periodo post-coloniale porta con sé contraddizioni dolo-rose. Le organizzazioni di lotta contro i francesi, una volta ottenuto il governo del paese, si tramutano in apparati di potere fortemente re-pressivi, incapaci di affrontare i problemi della società. La grande spe-ranza nutrita negli anni della lotta per l’indipendenza lascia il posto al disinganno e l’Algeria diventa l’emblema più tragico del «male arabo. Forse perché era stata il simbolo di un futuro promettente»23.

La perdita dei punti di riferimento ideologici che vive l’Algeria (dove l’Islam moderato, come è accaduto anche altrove, è stato considerato complice del regime) ha favorito la radicalizzazione religiosa e la nascita del fenomeno gihadista che ha conquistato molti giovani, non solo tra le fasce dei diseredati. Il risultato in Algeria è stato una cruenta guerra civile scoppiata negli anni Novanta che ha lasciato ferite non ancora rimarginate e che si riflettono in una letteratura definita dell’urgenza24.

22. Gli amazigh costituiscono una minoranza all’interno del vasto mondo ara-bo. Dopo la liberazione dal colonialismo. Come è accaduto alle altre minoranze, fu impedito loro di utilizzare la lingua tamazight. Sulle minoranze nel mondo arabo cfr. P. G. Donini, Le minoranze, Jaca Book, Milano 1998.

23. S. Kassir, L’infelicità araba, a cura di E. Bartuli, trad. di P. Lagossi, Einaudi, Torino 2006, p. 18.

24. Sulla letteratura dell’urgenza cfr. J. Guardi, Dire il dolore. Letteratura algeri-na. 1990-2004, in “Afriche e orienti: rivista di studi ai confini tra Africa, Mediterra-neo e Medio Oriente”, 7, 4, 2004, pp. 80-92.

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Un cenno a parte meritano poi quegli autori che si potrebbero de-finire di confine, intendendo con ciò non solo confini politici ma con-fini in senso metaforico o figurato, ovvero quei luoghi dove si sono incontrate e fecondate culture diverse. Il libico Ibrahìm al-Kuni, ad esempio, ha arricchito il romanzo arabo di atmosfere mitiche e misti-che che ha attinto in larga misura dalla tradizione narrativa orale dei Tuaregh, etnia a cui egli stesso appartiene. Esponenti di una feconda cultura ibrida sono inoltre il sudanese al-Tayyib Sàlih e il mauritano Musa Wuld Ibnu, entrambi provenienti da terre dove la cultura araba si fonde con quella delle popolazioni dell’Africa sahariana.

Anni Novanta e Duemila

Alle questioni rimaste irrisolte negli anni precedenti, come il dram-ma palestinese che continua a ispirare ancor oggi molti autori, si sono aggiunti nuovi focolai di tensione tra cui l’Iraq, dove l’Occidente ha combattuto varie guerre, a partire dalla prima nel 1990-91. Le società arabe hanno visto aggravarsi molte delle problematiche emerse in pas-sato e si sono oltretutto dovute confrontare con la globalizzazione che ha avuto ripercussioni drammatiche sull’economia locale, provocan-do un forte impoverimento della popolazione, soprattutto della classe media25. La frattura tra mondo arabo e Occidente si è poi aggravata con i tragici eventi del settembre 2001 negli Stati Uniti.

Nel frattempo, i vari regimi dittatoriali hanno potuto sopravvivere grazie a brutali sistemi di controllo e di repressione nei confronti dei loro cittadini26: tutto ciò ha contribuito a creare gravi condizioni di instabilità e ad alimentare una profonda diffidenza nei confronti dei regimi al potere, ma anche dell’Occidente spesso considerato complice di questi ultimi. Ideologie religiose sempre più violente hanno fatto presa sui giovani, attirati nella rete dei fondamentalisti islamici anche in paesi moderati come il Marocco o la Tunisia. Questo fenomeno, con il passare degli anni, ha assunto proporzioni sempre più gravi al punto da indurre alcuni scrittori ad affrontarlo con coraggio.

25. P. Zanelli (a cura di), Scritti arabi sulla globalizzazione, ipo, Roma 2003.26. Sull’assenza di democrazia nel mondo arabo cfr. L. Diamond, Why Are There

no Arab Democracies?, in “Journal of Democracy”, 21, 1, 2010 (http://www.journa-lofdemocracy.org/article/why-are-there-no-arab-democracies).

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Dal punto di vista letterario, in quegli stessi anni si assiste alla nascita di nuove correnti e generi: simboliste, mistiche, fantascientifiche27, sur-reali, noir e poliziesche. Sempre più spesso nei lavori degli autori arabi viene descritto un inquietante clima di tensione o di incubo di fronte a una realtà complessa che nessuno sa più comprendere, o meglio, che nes-suno pretende più di poter interpretare. Le certezze del passato di poter modificare la realtà o le speranze in un futuro migliore sono quasi del tutto svanite, lasciando il posto all’angoscia che è la conseguenza della perdita di tutti i punti di riferimento. Il mondo arabo e la letteratura che continua a esserne lo specchio entrano nella fase della post-modernità, con cui si «intende l’abbandono dell’ideale di progresso, in cui ormai non si crede più…»28.

È ancora una letteratura strettamente legata alla sfera politica – sia pure in una dimensione allegorica, fantastica, onirica e surreale – quel-la che continua a essere prodotta, e questo perché, come chiarisce il si-riano Burhan Ghalioun: «È con i sistemi politici che le società arabe contemporanee hanno dovuto fare i conti, sistemi politici che hanno paralizzato queste società e annientato la loro capacità di innovazione e di creazione in ogni campo»29.

Sulla scena letteraria si impongono molti autori giovani, accanto agli altri delle generazioni precedenti che continuano a scrivere; si afferma-no, tra l’altro, scrittori provenienti dalla Penisola Araba, che introduco-no nuove tematiche legate anche alle questioni con cui la loro società si è dovuta confrontare dopo la scoperta del petrolio, che ha apportato immense ricchezze e radicali cambiamenti. Nelle pagine di questi autori viene ritratta la transizione da una società tradizionale alla dimensione della modernità che crea disorientamento nell’individuo, anche perché si tratta di una modernità che coinvolge esclusivamente gli aspetti este-riori dell’esistenza umana. In un paese come l’Arabia Saudita, ad esempio, l’ipermoderno e l’ipertecnologico si coniugano con la volontà da parte delle autorità di costringere la società a vivere in una dimensione atem-porale, vincolandola al rispetto di norme formulate centinaia di anni fa.

Il problema con cui molti di questi paesi produttori di petrolio si confrontano è ancora una volta l’assenza di democrazia che, paradossal-

27. A. Barbaro, La fantascienza nella letteratura araba, presentazione di I. Came-ra d’Afflitto, Carocci, Roma 2013.

28. H. Arfaoui, R. Santo-Martino, Désenchantements et postmodernité, in “mars”, Institut du Monde Arabe, 10-11, 99, pp. 55-94.

29. Cfr. Ghalioun, La lumpen-modernité, cit.

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mente, è anche la conseguenza dell’immensa ricchezza da essi accumu-lata: il fatto di disporre di così ingenti quantitativi di denaro, al punto da non aver bisogno di tassare i propri cittadini, o di imporre una tas-sazione minima, può impedire il maturare di una coscienza civica e può creare cittadini apatici, succubi o complici di un potere fortemente cen-tralizzato, da cui dipendono economicamente30. Ci sono poi argomenti tabù, come quello degli immigrati del sud-est asiatico, spesso sfruttati come manodopera a buon mercato: anche in questo caso, è la letteratu-ra che non si sottrae al dovere di denunciare per indurre a meditare su pratiche ingiuste e discriminanti. Naturalmente, in queste società, oltre al controllo esercitato dallo Stato ve n’è un altro, ugualmente forte e pervasivo: quello messo in atto dalla società stessa, sicché la libertà di espressione, che la scrittura esige e che gli autori rivendicano, può essere ancora una volta pagata a caro prezzo. Questa drammatica situazione è stata vissuta ad esempio da alcuni autori dello Yemen che hanno osato sfidare i molti tabù di una società ancora fortemente arcaica, o da altri autori del resto del mondo arabo che nelle loro opere affrontano corag-giosamente tematiche come la corruzione dilagante, il fanatismo religio-so e la mancanza di libertà.

In generale, attraverso i loro lavori gli scrittori degli anni Novanta e Duemila, in modo sempre più provocatorio, diretto e libero, invitano a costruire una società nuova, più tollerante e pluralista, mettendo in discussione il concetto di cittadinanza che deve essere inteso in senso sempre più inclusivo, riconoscendo tutte le minoranze religiose, etni-che, culturali e sociali31.

Le primavere arabe e il loro fallimento

Un nuovo capitolo si è aperto con le primavere arabe, le rivolte co-minciate nel dicembre 2010 in Tunisia, che si sono poi estese nei mesi seguenti all’Egitto, Yemen, Libia e Siria. Molteplici sono state le cause dello scoppio della primavera araba, di cui la prestigiosa rivista libanese “al-Adàb”, ad esempio, fa un minuzioso elenco, insistendo su aspetti

30. Cfr. Diamond, Why Are There No Arab Democracies?, cit.31. Oggi più di prima si discute del diritto alla laicità e all’ateismo che in molti

paesi arabi e musulmani continua a essere considerato un reato. La regista franco-tu-nisina Nadia El Fani ha girato in Tunisia, nel 2010, il film reportage La cité Inch’Allah, in cui interroga i suoi compatrioti su questa scottante tematica. 

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come l’oppressione, l’assenza di giustizia sociale e di un’equa distribu-zione delle ricchezze nazionali, la diffusione capillare della corruzione, una magistratura asservita al potere politico, l’aumento vertiginoso di disoccupazione tra i giovani laureati e diplomati, la violazione costante dei diritti dei cittadini, delle loro libertà e della loro dignità32.

Tuttavia, queste rivolte stanno purtroppo avendo esiti drammati-ci a causa del prevalere di forze reazionarie ed estremiste che, un po’ ovunque, emarginano i moderati e cancellano la speranza di una tra-sformazione democratica e pacifica di quei paesi, almeno a breve ter-mine. Le rivoluzioni arabe si sono purtroppo dovute confrontare, tra le altre cose, con l’assenza o la debole presenza di quella società civile che avrebbe potuto gestire la transizione ma che i precedenti regimi hanno impedito che si costituisse33. Qui non si può non ricordare che i paesi arabi, per decenni, hanno dovuto rinunciare a un enorme patrimonio di energie intellettuali: si pensi soltanto alle migliaia di persone fuggite all’estero (spesso giovani con un titolo di studio), oppure detenute per anni per aver messo in campo delle iniziative di carattere politico, o anche solo per essere state sospettate di averlo fatto34.

Nelle memorie di prigione si parla spesso dell’istituzione più ter-rificante che esista nei paesi arabi, i famigerati mukhabaràt, la polizia segreta che svolge funzione di controllo sui cittadini inermi e nella cui organizzazione i vari regimi hanno dimostrato, come afferma Larry Diamond nel suo studio sulla democrazia nel mondo arabo, un’effica-cia così sorprendente da farli diventare i leader mondiali del settore35.

Nel corso degli ultimi anni si è ancora una volta registrata una fio-ritura della letteratura e anche di forme artistiche solitamente defini-te minori che hanno dato un grande contributo alle rivoluzioni: dalla caricatura ai graffiti, alla musica rap, alla poesia popolare, ai fumetti fino alla graphic novel e al teatro militante; la parola a lungo repressa si

32. Cfr. S. Idrìs, al-Iftitàhiyyah, in “Magiallat al-Adàb”, 1, 2012, p. 1. Su questa prestigiosa rivista cfr. M. Ruocco, L’intellettuale arabo tra impegno e dissenso. Analisi della rivista libanese al-Ādāb (1953-1994), Jouvence, Roma 1999.

33. M. Toaldo, Perché la Libia è un caso disperato, in “Limes”, 1, 2015, pp. 91-7.34. Il dissidente siriano Yasìn al-Hagg Sàlih parlando del suo paese dichiara: «Le

prigioni e il partito di governo sono state le uniche istituzioni politiche in Siria per 41 anni». Cfr. N. Hashemi, D. Postel, The Conscience of Syria: An Interview with Activist and Intellectual Yassin al-Haj Saleh, 26 March 2014 (in https://www.open-democracy.net/arab-awakening/yassin-al-haj-saleh-nader-hashemi-danny-postel/conscience-of-syria-interview-with-act).

35. Diamond, Why Are There No Arab Democracies?, cit.

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è ripresa i suoi spazi di libertà36 anche grazie a Internet. Molti di que-sti nuovi artisti sono giovani che diffondono i loro lavori attraverso i social network (spesso gestiscono dei blog) e hanno così dato vita alla cosiddetta “cyberletteratura”. Ma il web ha conquistato anche scrittori della vecchia guardia che lo utilizzano poiché consente di interagire con un enorme numero di persone, eludendo la censura.

La poesia ha riacquistato negli ultimi anni un posto di straordinario rilievo. Nel mondo arabo, sconvolto da violenze di tutti i generi, il poeta si è riappropriato del ruolo di portavoce delle ansie, dei drammi e anche delle aspirazioni della sua comunità, e non poteva essere diversamente visto l’impatto emotivo che la poesia ha sempre avuto sul lettore arabo. Per questo motivo si è deciso di concludere l’Antologia con la poesia che il tunisino Muhammad Sghaier Awlad Ahmad ha scritto in onore del suo connazionale Muhammad Buazìzi, un uomo semplice che, sacrifi-cando la propria vita, ha innescato la miccia delle rivoluzioni arabe.

In ambito narrativo, spesso i testi prodotti di recente sono forte-mente ancorati agli eventi concreti e hanno molto di giornalistico, ma i personaggi che li animano sono vivi e autentici perché reali, tormentati sì da paure e ossessioni, ma animati anche da un coraggio straordinario e da una forza interiore che nasce dalla consapevolezza di lottare per degli ideali, contro degli aguzzini che nulla più hanno di umano37 e che prima o poi saranno sconfitti e giudicati dalla storia. E sul fatto che ciò prima o poi avverrà tutti concordano, dimostrando un ottimismo della volontà che sembra aver fatto tesoro della lezione del grande dramma-turgo siriano Sa‘dallah Wannùs che, in tempi altrettanto drammatici, dichiarò: «Innana mahkumùn bi’l-amal» (noi siamo condannati a sperare)38.

36. Una panoramica sul grande fermento letterario seguito alle primavere arabe è offerta da alcuni articoli pubblicati dalla rivista di letteratura araba on-line “Arablit”, i, 1, giugno 2011; in particolare sull’Egitto cfr. P. Zanelli, Da Piazza al-Tahrīr all’Uni-versità del Cairo, pagine di narrativa araba contemporanea, e H. Mahmud, La prima-vera egiziana del 2011, poesia e rivoluzione, pp. 23-34; sullo Yemen cfr. F. De Angelis, La rivoluzione in Yemen raccontata sui social network dalle scrittrici e dagli scrittori, pp. 53-61. Sulla musica cfr. F. Fischione, Le canzoni di Rāmī ‘Isām: una cronaca musicale della Rivoluzione egiziana, in “Arablit”, iii, 6, 2013, pp. 28-48.

37. Tra questi sono compresi quelli che il siriano Yasìn al-Hagg Sàlih ha definito i fascisti di ogni orientamento: sia il regime di Bashshàr al-Asad sia gli islamisti dello Stato Islamico che si sono impadroniti di un vasto territorio tra la Siria e l’Iraq. Cfr. Hashemi, Postel, The Conscience of Syria, cit.

38. Tale dichiarazione di Sa‘dallàh Wannùs risale al 1986, quando la Siria già vi-

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Cenni sull’evoluzione della lingua araba

Parlando della lingua araba, che mette a confronto con il francese, Rifa‘a Rafi‘ al-Tahtawi la definisce la «più nobile e la più bella delle lingue»39. Tuttavia, l’arabo dell’inizio del xix secolo presentava nu-merose lacune, specie dal punto di vista lessicale, come ebbero modo di rendersi conto i pionieri che in quegli anni si cimentarono nella tradu-zione di opere occidentali. Ma come era potuto accadere che la lingua araba giungesse a un simile stato di decadenza? Nei secoli xv-xviii si era sviluppato un linguaggio letterario sempre più distante dalle reali esperienze del popolo e, quindi, dalla sua lingua e dalle sue espressioni caratteristiche. Gli autori dei secoli della decadenza avevano continua-to a riprodurre le strutture sintattiche e di stile dell’arabo antico, pro-vocando un distacco sempre più forte tra lingua parlata e lingua scritta, portando così all’estremo il fenomeno della diglossia*. Adottare una lingua scritta del tutto avulsa da quella parlata aveva significato rinun-ciare ai nuovi vocaboli.

Nel xix secolo, a seguito dei cambiamenti sociali e politici che si verificano – e soprattutto con il diffondersi dell’ideale nazionalista e dell’esigenza di promuovere il progresso –, si afferma un nuovo con-cetto di cultura concepita come qualcosa a cui tutti i cittadini, nes-suno escluso, devono poter accedere. Si chiude definitivamente con un passato nel quale ciò che interessava della lingua era anzitutto la dimensione estetica. Si inaugura quindi un’era in cui la lingua diventa strumento di comunicazione: la prima qualità del discorso deve essere la chiarezza che si ottiene con la semplificazione delle strutture mor-fosintattiche e con l’attualità del vocabolario che deve essere ampliato.

Grazie ai pionieri della nahda, la lingua araba diventerà nel corso dell’Ottocento uno strumento sempre più duttile di espressione e di comunicazione; essi posero le basi della moderna lingua araba e, so-prattutto, la arricchirono di neologismi, sia nell’ambito dei lessici spe-cialistici e settoriali, che in quello della comunicazione quotidiana. Il primo a incrementare la lingua araba di nuovi vocaboli fu al-Tahtawi, che avvia quest’operazione già durante il suo soggiorno in Francia e lo

veva una serie di gravissimi mali legati al regime totalitario imposto da Hàfiz al-Asad, padre dell’attuale presidente, Bashshàr. Cfr. Nabìl Sulaymàn, al-Wàqi‘ wa al-ta’rìkh fi al-nazar wa al-ibdà‘, in “al-Giadìd”, 16, 1997, p. 15.

39. H. Hanafi, Gli arabi nello specchio dell’Occidente: la Descrizione di Parigi di Rifā‘ Rāfi‘ Al-Tahtāwī, in Pagani (a cura di), L’Altro nella cultura araba, cit., p. 246.

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fa ricorrendo, tra gli altri metodi, anche al prestito linguistico. Alcune delle parole che egli introdusse nel vocabolario arabo, adattandole alla fonetica araba, continuano a essere ancor oggi di uso comune, come ad esempio il termine karantina (da cui la forma verbale karantana, met-tere in quarantena), menzionato anche nel suo testo qui presentato, che gode del privilegio di essere stata una delle prime parole moderne di stampo occidentale a entrare nel vocabolario arabo.

Altro geniale creatore di neologismi e insuperabile “manipolato-re” della lingua fu il libanese Ahmad Fàris al-Shidyàq che partecipò in modo sostanziale all’evoluzione e alla modernizzazione dell’arabo, spe-rimentandone tutte le potenzialità e facendone sempre un uso creativo. Il suo lessico è fatto da termini da lui stesso coniati e di svariate onoma-topee o anche di rimaneggiamenti del vocabolario tradizionale. Benché fosse un modernista, non esitò a utilizzare, per specifici scopi artistici, anche parole arcaiche, preziose e raffinate, ormai in disuso.

In quegli stessi anni avviene la semplificazione delle strutture mor-fosintattiche dell’arabo a causa dell’influenza subita da parte delle lin-gue occidentali, anche a seguito dell’intenso movimento di traduzione di testi europei. Quanta distanza separi l’arabo antico da quello mo-derno, formatosi nel xix secolo, si può cogliere dalla lettura dei testi dell’egiziano Gamàl al-Ghitàni e del marocchino Bensalim Himmìsh, tra i più noti autori della seconda metà del Novecento, che nei loro romanzi storici hanno riprodotto lo stile e i procedimenti retorici de-gli storiografi rispettivamente del xvi e del xiv-xv secolo, cercando di imitarne il registro linguistico con l’inserimento di brani e formule tratti da antichi testi o dal Corano. Lo stile ornato e rimato (saj/sag‘) del passato, a cui fa da contrappunto lo stile più sobrio in voga nell’Ot-tocento, è presente, anche se in misura minore, nel testo di Muham-mad al-Muwaylihi che costruisce una maqàma moderna, riproducen-done, nell’incipit di ogni capitolo, i complessi procedimenti stilistici e retorici.

La nascita in quegli stessi anni del giornalismo moderno esercita, come è facile immaginare, una profonda influenza sulle scelte linguisti-che, sulla semplificazione dell’arabo e sul suo arricchimento espressivo, poiché la stampa si dimostra pronta ad accogliere qualsiasi parola (ma anche costrutti sintattici), araba o straniera, potesse rendere la lingua sempre più precisa ed eloquente.

Anche il teatro contribuisce allo sviluppo di una lingua nuova: nel teatro la lingua è, ovviamente, uno strumento vitale di comunicazione

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e nell’ambito della drammaturgia si trovano espresse le posizioni più avanzate riguardo alla scelta di un linguaggio immediato per la comu-nicazione artistica. Alcuni autori ricorrono direttamente al dialetto, altri a una lingua media, a una fushà* semplificata, che non riflette completamente la lingua parlata nel quotidiano ma ne riproduce le strutture essenziali40.

Anche gli autori di narrativa nel corso del xx secolo cominciano a rivendicare una sempre maggiore libertà nell’utilizzo della lingua stan-dard e delle sue varianti, per essere fedeli al principio della veridicità. Il narratore si sforza di riprodurre vicende e ambienti particolari senza falsarne i caratteri, e perciò cogliendo dalla parlata popolare locale ter-mini e strutture del dialetto e costruendo discorsi fatti di espressioni caratteristiche. L’utilizzo del dialetto o di una fushà semplificata nei dialoghi diventa una scelta piuttosto comune.

Un autore che compie una scelta linguistica interessante è Tawfìq al-Hakìm, presente nell’Antologia con un testo tratto da Diario di un procuratore di campagna. In questo romanzo autobiografico, l’autore fa parlare il contadino in una lingua “popolare”, ben riprodotta nella traduzione italiana, ricorrendo tra l’altro a un arabo scritto semplifica-to. Il contadino si esprime così in modo spontaneo, con sfumature di vivacità popolare e con l’utilizzo di frasi idiomatiche insieme a formule benauguranti.

Questa tendenza a riprodurre anche negli scritti la complessità lin-guistica del mondo arabo si è rafforzata ancor più negli anni Cinquan-ta e Sessanta del Novecento, quando gli autori ricorsero alla lingua dia-lettale non soltanto nei dialoghi (hiwàr) ma anche nelle parti narrate (sard) e cominciarono a riprodurre il vocabolario e il ritmo del ver-nacolo (‘ammiya*). Ciò si può riscontrare nelle opere di alcuni autori come Elias Khuri, Sahar Khalìfa e, soprattutto, Emile Habibi, che nei suoi testi propone inoltre giochi di parole, polisemie e allitterazioni.

Negli ultimi anni l’esigenza di rendere il messaggio veicolato im-mediatamente comprensibile a tutti ha spinto alcuni autori – anche i poeti – a utilizzare di preferenza il dialetto, o una lingua che riflette da vicino il parlato. Naturalmente, non si tratta di una novità: accanto a quella che si definisce poesia in lingua ufficiale (arabo standard) è sem-pre esistito un filone popolare: una produzione ricca, ma meno nota,

40. Sul teatro cfr. M. Ruocco, Storia del teatro arabo. Dalla nahdah a oggi, Caroc-ci, Roma 2010.

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perché spesso la cultura ufficiale l’ha emarginata, oppure l’ha accolta solo come espressione artistica inferiore, anche perché confinata nel ristretto ambito geografico dove questa parlata è comprensibile41.

Quel che accade oggi è che sotto l’urgenza del dire e del raccontare imposta dagli eventi, si è verificata una sorta di dichiarazione di liber-tà sul piano linguistico da parte degli autori che non si sentono più screditati dall’uso del dialetto. I letterati hanno voluto restituire «la parole aux mots», secondo la bella espressione della scrittrice algerina Maïssa Bey42, ma la parola perché sia efficace deve essere spontanea e autentica, come solo la propria lingua madre, il vernacolo, può esserlo. Solo quest’ultimo possiede l’immediatezza atta a comunicare il senso delle emozioni e dei sentimenti di tutto un popolo e a creare immede-simazione nei lettori.

Anche nelle memorie di prigione, come ad esempio quelle del siria-no Mustafa Khalìfa, il ricorso al vernacolo è indispensabile per restitu-ire l’autentica atmosfera vissuta dai detenuti nei “lager” siriani e far sì che il lettore si cali nel cuore di quella drammatica realtà che l’utilizzo dello standard impedirebbe, creando un senso di artificiosità.

41. Sui dialetti nel mondo arabo cfr. O. Durand, Dialettologia araba, Carocci, Roma 2009. Sulla letteratura dialettale in Egitto cfr. F. De Angelis, La letteratura egiziana in dialetto nel primo Novecento, Jouvence, Roma 2007; Mustafà Mušarrafah a Pioneer of Narrative Techniques in His Qantarah alladī kafara: The First Novel Enti-rely Written in Egyptian Dialect, in “Arablit”, iii, 6, 2013, pp. 19-27.

42. Cfr. G. Igonetti, Nouvelles d’Algérie di Maïssa Bey: la scrittura dell’ordinario terrore, in “Africa e Mediterraneo”, 4, 34, ix, 2000, p. 47.

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Nota alla traduzione dei testi

Presentare una produzione letteraria così vasta e che copre un arco di tempo di oltre due secoli ha imposto, naturalmente, una drastica scelta. Si è tuttavia cercato di inserire i nomi degli autori più significativi per fornire una panora-mica quanto più completa possibile della produzione letteraria araba moderna e contemporanea. Per ragioni di spazio, sono rimasti così esclusi, solo per ci-tare qualche nome, autori come Yùsuf Idrìs, Sunallah Ibrahìm, Huda Barakàt, ‘Alà al-Aswani, per la narrativa, ‘Abd al-Wahhàb al-Bayyàti, Adonìs, Sa‘di Yùsuf, Muhammad Bannìs, per la poesia, ma si è comunque cercato, per dare un’idea della varietà letteraria del mondo arabo, di inserire autori provenienti da quasi tutte le aree geografiche e appartenenti alle diverse culture.

Pur essendo la poesia un genere molto importante per il mondo arabo, nell’Antologia ne sono stati inseriti soltanto pochi esempi. La scelta nasce dalla considerazione che per tradurre poesie, il traduttore si concede inevitabilmente licenze e indossa, del tutto legittimamente, le vesti del traditore. Questo accade per la poesia più che per i testi di narrativa, sicché si è preferito ampliare la scel-ta di testi in prosa, più utile ai fini didattici.

Quanto al teatro, si è proposta una sola pièce del siriano Sa‘dallah Wannùs, uno dei nomi più significativi della moderna drammaturgia araba. Quest’opera, al-Fil ya màlik al-zamàn (L’elefante, o re del tempo), tra le sue più note e dense di significato, è stata inserita con opportuni tagli per motivi di spazio, senza altera-re, comunque, il messaggio politico e sociale, fortemente perseguito dall’autore.

Tutti i testi presentati sono tradotti dall’arabo e alcuni appaiono per la pri-ma volta nella lingua italiana. Nell’Elenco delle traduzioni e dei traduttori, p. 225, è indicato il nome del traduttore. Alcuni dei testi inseriti nell’Antologia sono pubblicati in altre edizioni, tuttavia sono state apportate, talvolta, delle lievi modifiche perché vi fosse la maggiore corrispondenza possibile tra il testo arabo e la traduzione, sicché potrebbero riscontrarsi delle piccole difformità tra il testo presentato in quest’Antologia e il brano edito in passato presso vari editori. Si è scelto, inoltre, di inserire i titoli originali delle opere qui presentate anche quando risultano pubblicate con un titolo diverso, comunque menzio-nato nell’Elenco delle traduzioni dove è citata anche la casa editrice che in pas-sato ha pubblicato l’opera.

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Si è poi ritenuto opportuno inserire nei testi piccoli elementi esplicativi, laddove necessari per una migliore comprensione, così come a volte è stata ag-giunta una parola per chiarire la relazione esistente tra i personaggi.

Per non creare incertezze e confusione, è stato talvolta ripetuto il nome di un personaggio, oppure di un toponimo, sebbene nel testo originale non risulti collocato in quell’esatto punto, perché magari citato poco prima; o, ancora, è stato nominato un oggetto che nel testo originale non è menzionato esplicita-mente, ma richiamato dalla presenza di un pronome suffisso.

In alcuni casi, nella traduzione sono state volutamente operate alcune omis-sioni, così come sono stati eliminati molti sinonimi e alcune ripetizioni che vengono spesso usate nella lingua araba, ma che in italiano risultano ridon-danti. Anche i titoli onorifici sono stati talvolta abbreviati per non appesantire il testo. Per le espressioni idiomatiche, i giuramenti, le formule di augurio e di cortesia si è cercato un corrispettivo in italiano che potesse rendere effica-cemente l’originale arabo. Si è effettuata invece una traduzione fedele dell’e-spressione idiomatica araba quando la metafora risultava trasparente, oppure era necessario lasciarla perché collegata a battute successive.

La punteggiatura adottata in italiano è differente rispetto all’arabo, dove spesso i segni di punteggiatura sono sostituiti da altri connettori.

Pur cercando di rimanere più fedeli possibile ai testi originali, si è scelto di rispettare il testo nella lingua di arrivo, secondo le diverse strategie traduttive. Si riscontra, talvolta, nei testi arabi l’uso abbondante di puntini sospensivi che in traduzione sono stati lasciati quando avevano la funzione di indicare la so-spensione del discorso nei dialoghi e nei monologhi.

Alcuni racconti, per ragioni di spazio, sono stati tagliati, ma si è cercato co-munque di mantenere la scorrevolezza e la coerenza del testo, così da dare una visione completa del racconto stesso. Sia nella traduzione sia nel testo arabo, i tagli operati sono stati indicati dal simbolo […]. Quello che in quest’Antologia può sembrare un limite – presentare un gran numero di autori e stralci di opere, anziché soffermarsi solo su alcune – è una precisa scelta delle curatrici. Si inten-de in questo modo incuriosire il lettore che potrà continuare a leggere in molti casi l’opera tradotta in italiano, o stimolare l’arabista che sarà incoraggiato a continuare la lettura del testo in arabo, o a tradurlo. Le schede dedicate agli autori nella parte araba dell’Antologia sono volutamente differenti rispetto a quelle in italiano, dove sono fornite più informazioni sia sulla vita degli autori sia sui movimenti culturali a cui appartengono. Quest’ultimo aspetto è una precisa scelta delle autrici che hanno voluto concepire questo libro come due testi non speculari, ma complementari.

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Rifa‘a Ràfi‘ al-Tahtàwi Egitto

È uno dei pionieri della nahda* noto soprattutto per esser stato un grande tra-duttore. Nato a Tahta, nel 1801, studia presso l’Università islamica di al-Azhar*. Nel 1826 guida la prima missione di studenti egiziani a Parigi, mandati da Muhammad ‘Ali* per acquisire la conoscenza del pensiero europeo moderno. Rientrato al Cairo nel 1831, fonda la Scuola di Lingue, Madrasat al-Alsun, in cui vengono tradotte molte opere scientifiche e del pensiero europeo (Voltaire, Montesquieu e altri). Fino alla morte, avvenuta nel 1873, si dedica alla traduzio-ne, da quella letteraria a quella scientifica, concepita come una vera e propria missione per portare la modernità nel mondo arabo-islamico. È ricordato anche per aver tradotto nel 1867 Les Aventures de Télémaque del filosofo e pedagogista francese Fénelon, che è considerata la prima traduzione in arabo di un’opera let-teraria. È autore di un dizionario di termini tecnici di geografia e di storia, e di un’opera indirizzata ai giovani del suo paese in cui esprime posizioni innovatrici sulla monogamia e a sostegno dell’istruzione femminile.

Nel suo lavoro più significativo, Takhlìs al-ibrìs fi talkhìs Barìs (Dall’oro raffinato in Parigi condensato) del 1834, da cui sono tratti i brani qui presentati, l’autore descrive dettagliatamente la sua esperienza di viaggio e di soggiorno a Parigi dal 1826 al 1831. Il titolo, fatto di rime e assonanze, rievoca espressamente l’antico genere della maqàma*, ma qui il racconto di viaggio si mescola con l’autobiografia e con varie annotazioni sulla vita dei francesi, le cui abitudini appaiono agli occhi dell’autore piuttosto singolari. Egli scrive l’opera a benefi-cio dei lettori egiziani e si sofferma su quegli aspetti della vita quotidiana e as-sociativa dei francesi che avrebbero potuto essere presi ad esempio dai suoi con-nazionali per uscire dallo stato di arretratezza in cui si trovavano, senza tuttavia rinunciare alla propria identità culturale araba e islamica. Annota anche positi-vamente il ruolo svolto dalle donne nella società francese, e deplora lo stato in cui sono invece costrette in Egitto dove, all’epoca, erano escluse dall’istruzione. Nel primo brano qui proposto, l’autore descrive l’arrivo della delegazione egi-ziana al porto di Marsiglia, dove, come prevedeva il regolamento francese, fu messa in quarantena. L’opera, scritta in arabo classico, è considerata una delle più significative della nahda.

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Dall’oro raffinato in Parigi condensato 1834

Il nostro soggiorno a Marsiglia

Approdammo a Marsiglia, uno dei porti della Francia. Scen-demmo dalla nave e salimmo su delle piccole imbarcazioni e infine giungemmo in un edificio fuori città, predisposto per la

quarantena, dato che, com’è abitudine, coloro che provengono da un paese forestiero, prima di entrare in città, devono necessariamente sot-toporsi a un periodo di quarantena. […] L’edificio in cui ci trovavamo in quarantena era molto vasto. Il complesso comprendeva palazzi, giar-dini e solide costruzioni. Già lì ci rendemmo conto della straordinaria perfezione dei palazzi in quel paese, edifici ricchi di giardini, fontane e via discorrendo.

Il primo giorno accadde inaspettatamente che ci portarono delle cose alquanto strane. Fecero venire per noi molti servitori francesi, la cui lingua ignoravamo, e questi ci portarono circa un centinaio di sedie per farci accomodare, dato che in quel paese si stupiscono che la gente si possa sedere su una specie di tappeto, figuriamoci per terra! Succes-sivamente prepararono i tavoli per la colazione, portando delle tavole alte su cui disposero dei piatti bianchi di foggia persiana. Davanti a cia-scun piatto furono posti un bicchiere di vetro, un coltello, una forchet-ta e un cucchiaio. Su ogni tavolo c’erano inoltre due bottiglie d’acqua, un vasetto per il sale e un altro per il pepe. Poi i servitori disposero delle sedie intorno a ogni tavolo: una sedia per ognuno; dopo portarono le vivande e sistemarono su ciascun tavolo uno o due piatti grandi da cui ogni commensale poteva prendere il cibo e dividerlo con gli altri.

Nel piatto di ognuno fu messo qualcosa che si doveva tagliare con il coltello che aveva davanti, dopodiché ci si portava il cibo alla bocca con la forchetta e non con le mani. Per nessun motivo infatti si mangia con le mani, né ci si serve della forchetta o del coltello di un altro o si beve dall’altrui bicchiere. Essi, infatti, affermano che così è più pulito e salutare. Ciò che si osserva presso i franchi1, inoltre, è che essi non man-giano mai in piatti di rame, ma usano piatti smaltati e anche le pentole

1. Con il termine ifranj, qui tradotto con “franchi”, si intendono gli europei in genere e non solo i francesi, come in questo caso.

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di rame, pur se stagnate, sono utilizzate esclusivamente per cucinare. Le portate vengono servite secondo un ordine ben preciso e ognuna spesso consiste in più pietanze. Il pranzo si apre con il consommé, se-guito dalla carne, e poi da ogni sorta di altri cibi, come le verdure, per finire sempre con l’insalata. I piatti smaltati sono talvolta dipinti dello stesso colore del cibo che viene servito. I piatti per l’insalata, ad esem-pio, sono verdi. Il pranzo si chiude mangiando la frutta, dopodiché essi gustano una bevanda inebriante – ma in modica quantità – e infine, tè e caffè. Sia il ricco che il povero usano mangiare in tal modo, ciascuno secondo le proprie possibilità. Ogni volta che una persona finisce una pietanza, cambia il piatto e ne prende un altro pulito per mangiarvi dell’altro cibo.

Ci hanno poi portato degli aggeggi per farci dormire. Essi hanno l’abitudine di coricarsi su qualcosa di alto, una specie di sarìr2, ed è proprio quello che hanno portato a noi. Restammo in quel luogo di-ciotto giorni senza mai uscire. Il complesso era tuttavia molto grande e comprendeva vasti parchi e ampi giardini dove potevamo passeggiare e svagarci.

Da questa casa salimmo su delle carrozze decorate e addobbate che, cigolando, circolavano di notte e di giorno. Ci trasferirono in un’altra dimora, in quella stessa città, ma in periferia; come tutti i palazzi co-struiti fuori città, era circondata da giardini e annessi. Dimorammo lì in attesa di partire alla volta di Parigi, e per tutto il tempo in cui vi rimanemmo eravamo soliti uscire per qualche ora durante il giorno per svagarci in città. Entravamo in qualche caffè che, da loro, non è il ritrovo della gente di malaffare, bensì il luogo di incontro di persone per bene.

Gli abiti dei francesi

Sappiamo bene che i franchi hanno per copricapo il “cappello” e che indossano per lo più delle scarpe di colore nero oppure scarponi, e che generalmente vestono di panno nero. I francesi, dal canto loro, anche se di solito si abbigliano in questo modo, non hanno un costume parti-colare. Anzi, ognuno è libero di scegliere cosa indossare nella gamma di vesti consentite dall’uso. Generalmente, i loro abiti non sono ricamati ma sono estremamente puliti. Una delle loro più lodevoli usanze con-

2. Una specie di panca alta. Oggi con questa parola si indica il letto comune.

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siste nell’indossare camicie, mutande e canottiere sotto al vestito. La persona agiata si cambia diverse volte durante la settimana, e ciò evita il proliferare dei parassiti. Perciò non v’è traccia né di pidocchi né di altri insetti in nessuno di loro, tranne in coloro che vivono in totale indi-genza. Gli abiti delle donne, nel paese dei francesi, sono belli, anche se alquanto provocanti, specialmente quando esse si adornano con i loro gioielli più preziosi. Tuttavia, non posseggono molti gioielli. Portano degli orecchini dorati, un modello particolare di bracciale d’oro con cui si adornano i polsi e che lasciano in bella vista fuori della manica dell’abito, e una collanina sul petto. Quanto alle cavigliere, non sanno proprio cosa siano! Di solito, si vestono con tessuti delicati, sete o tela indiana oppure di calico leggero. Quando fa freddo, indossano una stola di pelliccia che mettono intorno al collo, lasciando pendere i due lembi, come un velo, fin quasi ai piedi. Hanno inoltre l’usanza di cin-gere gli abiti con una cintura sottile, per far apparire la vita più snella e mettere in evidenza le natiche.

I luoghi di divertimento dei parigini

Abbiamo già detto che il ballo per loro è un’arte. Nella sua Storia, in-titolata Le praterie d’oro (al-Mas‘udi*), ne aveva già parlato. Il ballo è comparabile alla lotta, poiché richiede armonia di membra e il saper opporre una forza all’altra, ma non tutti coloro che sono forti sono anche in grado di lottare, anzi possono essere sopraffatti da chi, pur avendo una costituzione gracile, è a conoscenza di certi espedienti. Ugualmente, non tutti coloro che danzano sono capaci di muovere ar-moniosamente le membra. E appare chiaro, a ben meditare, che la dan-za e la lotta hanno un’origine comune. Tutte le persone in Francia sono appassionate del ballo che viene considerato espressione di eleganza e di civetteria, ma non certo di depravazione. Perciò non travalica mai le regole del pudore, a differenza dell’Egitto, dove il ballo è di esclusivo appannaggio delle donne e serve per infiammare i sensi. A Parigi, inve-ce, la danza è di un genere particolare e non esprime alcuna oscenità. Ogni uomo invita una donna a ballare e, quando il ballo è terminato, un altro ancora la invita per un secondo giro di danza, e così di seguito. Poco importa che si conoscano o meno! Più cavalieri le invitano a bal-lare e più le donne si rallegrano.

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Ahmad Fàris al-Shidyàq Libano

Tra i massimi esponenti della nahda, Ahmad Fàris al-Shidyàq è anche conside-rato il precursore del giornalismo arabo moderno. È stato uno spirito anticon-formista che ha lottato per la libertà di espressione e contro ogni forma di fana-tismo. Nato nel 1805 in Libano da una famiglia cristiano-maronita*, si converte al protestantesimo e, in seguito, abbraccia l’Islam, assumendo anche il nome di Ahmad, attirandosi così critiche e persecuzioni in ambito maronita. Soggiorna a Malta, in Francia, in Inghilterra e, infine, a Istanbul, dove fonda una rivista letteraria “al-Giawà’ib” che dirigerà fino alla morte (1887). Autore di numerosi lavori, viene ricordato soprattutto per il suo capolavoro, al-Saq ‘ala al-saq fi-ma huwa al-Faryàq (Una gamba sull’altra, per quanto riguarda Faryàq), del 1855, un’opera complessa sin dal titolo che può alludere alle gambe accavallate di chi, seduto, si accinge a raccontare delle storie; oppure è solo un’assonanza tra il nome del protagonista Faryàq, formato dalla prima parte del nome dell’autore, Fàris, e dalla seconda parte del suo cognome, Shidyàq.

In quest’opera, innovativa da un punto di vista letterario, confluiscono diversi generi, dall’autobiografia romanzata alla rihla*, con molte digressioni di carattere filosofico e sociale. I vari argomenti, affrontati con grande senso dell’ironia, sono costruiti in forma di dialoghi tra il protagonista Faryàq e sua moglie Fariàqiyya, entrambi sostenitori, tra l’altro, dell’emancipazione femmi-nile. Qui lo scrittore manifesta tutto il suo anticonformismo, scagliandosi con-tro i reazionari che, per i loro interessi, mantengono il popolo nell’ignoranza e nella povertà. In particolare, attacca il clero maronita corrotto, ma non rispar-mia neanche gli altri uomini di religione, sia cristiani sia musulmani, accusan-doli di condurre una vita all’insegna degli agi, indifferenti alle sorti delle loro comunità. Infine, lancia i suoi strali contro Inghilterra e Francia, responsabili di aver avviato una politica coloniale negli stessi paesi arabi, criticandole per aver dato vita a un disumano modello economico industriale. Sul piano linguistico si nota, in alcuni casi, il ricorso alla prosa rimata, ma soprattutto l’uso abbon-dante dei sinonimi, volutamente ricercati dall’autore, nonché l’uso di parole arcaiche e fantasiose come nel brano che segue, che è una critica aperta agli alti prelati della Chiesa maronita*.

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Una gamba sull’altra, per quanto riguarda Faryàq

1855

La nascita di Faryàq avvenne sotto il segno astrale della più gran-de delle sventure, quando lo Scorpione sollevò la coda verso il Capricorno o l’Ariete e il Cancro camminò sul corno del Toro.

Suo padre era una di quelle persone rette che godono di stima e di con-siderazione.

Bravo, bravo! Marha, marha.Solo che la fede religiosa dei suoi genitori era ben più estesa dei loro

beni terreni, e la loro eredità spirituale era più vasta delle loro borse. Che guaio, che guaio! Barha, barha. L’eco della loro reputazione1 si sentiva da lontano. Le tempeste del

loro rango sollevavano un turbinio di lodi che si abbatteva su monta-gne e deserti.

A forza di ricevere ospiti e di offrire banchetti, le loro rendite si era-no assottigliate e il pozzo della loro ospitalità si era prosciugato. Solo un filo d’acqua continuava ancora a scorrere. […]

Ahia, ahia! Wah, wah!Ecco perché i genitori non poterono mandare Faryàq a Kufa o a

Bassora2 per fargli apprendere la lingua araba pura, ma lo spedirono dal maestro del kuttàb* del loro villaggio.

Che pena! Che pena! Wayh, wayh!Il maestro in questione era esattamente come tutti i maestri dei ra-

gazzini di quel paese, vale a dire che in vita sua aveva letto solo il Libro dei Salmi, ed era quello, e null’altro, che i bambini da quelle parti im-paravano a memoria.

Uffa, uffa! Uff, uff !E quando dico “imparavano a memoria” non intendo certo che lo

comprendessero. Che Dio ci scampi da questa comprensione! Nessun essere umano è mai stato in grado di penetrare il senso di quel libro, per quanti anni abbia dedicato al suo studio.

Allarme, allarme! Ghut, ghut!

1. Lett. “il tamburo della loro reputazione aveva un rimbombo che si sentiva da lontano”.2. Kufa e Bassora, in Iraq, nei secoli ix e x erano rinomate per due importanti Scuole

di grammatica araba.

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Inoltre, la pessima traduzione che ne è stata fatta in un arabo me-diocre lo ha reso ancor più misterioso e oscuro, al punto che è diventa-to una specie di enigma, un vero rompicapo.

Che stoltezza, che stoltezza! Rut, rut!Cionondimeno si è diffusa l’usanza, presso gli abitanti di quel pae-

se, di adoperarlo per insegnare ai bambini a leggere, senza però che ne intendano il senso. Anzi comprendere è a loro vietato!

Che orrore, che orrore! Tuf, tuf !Essi non comprendono nemmeno il senso delle singole lettere [quan-

do si legano per comporre una parola], ad esempio, non sanno cosa si-gnificano H M Q3 quando si trovano insieme. Come possono allora comprendere il senso del libro summenzionato, quando lo leggono?

Assurdo, assurdo! Tikh, tikh!Ciò che emerge ancor più chiaramente è che i nostri signori, i capi

religiosi come quelli terreni, non vogliono che il loro povero gregge progredisca nelle scienze e apprenda, anzi fanno tutto il possibile per lasciarli vagare nei deserti dell’ignoranza e della stupidità.

Puah, puah! Aa, aa!Se avessero avuto un altro fine, si sarebbero sforzati di costruire per

loro una tipografia, dove avrebbero potuto essere stampati i libri utili, sia quelli scritti in arabo, sia quelli tradotti!

Guarda, guarda! Sir, sir!Come potete accettare, cari signori, che i vostri umili servitori alle-

vino i loro figli nell’ignoranza e nell’errore?Santo cielo, santo cielo! Azwa, azwa!E che i loro maestri non conoscano la lingua araba, e neppure la

scrittura, l’aritmetica, la storia, la geografia, e nessun’altra di quelle ma-terie che l’insegnante dovrebbe invece padroneggiare!

Per carità, per carità! Taaza, taaza!E per la mia vita!, chissà quante potenziali doti di abilità manuale e

quale acume Dio Altissimo avrà donato a più di uno di questi bambi-ni! Sennonché le pessime opportunità di apprendimento e l’assenza di mezzi che garantiscano una buona formazione intellettuale hanno si-curamente spento quella fiamma. E più i bambini crescono, più si tro-vano avvolti da una corazza che da grandi sarà impossibile squarciare.

Ahimè, ahimè! Uh, uh!Tutto questo, mentre voi – ringraziando Dio – vivete nel lusso e

3. La radice HaMaQa indica l’essere “ sciocco”.

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nell’agiatezza, e non andreste certo in rovina se destinaste una certa somma di denaro per costruire scuole o far stampare libri utili.

E già, e già! Eh, eh!Prendete il Patriarca della comunità maronita! Egli dispone di

rendite rilevanti e di influenza considerevole. Che cosa gli impedisce quindi di servirsene per vivificare i cuori inariditi dei suoi fedeli che non si curano affatto di competere e di gareggiare con coloro che li hanno preceduti, strappando loro il primato nell’acquisizione di tutte le scienze e di tutte le virtù?

Peccato, peccato! Hays, hays!E invece no, si preoccupano solo di apprendere qualche regola di

grammatica in lingua araba e in siriaco, per un fine puramente intellet-tuale, che però non serve a niente!

Ahia, ahia! Ah, ah!Non si ha notizia infatti che qualcuno di loro abbia tradotto da una

lingua all’altra un solo libro o un opuscolo utile a qualcuno, e né che il Pa-triarca abbia mai ordinato di stampare un libro in una di quelle due lingue.

Ridicolo, ridicolo! Tigh, tigh!Ah, se solo egli destinasse ogni anno la metà delle sue rendite per

creare le condizioni favorevoli all’acquisizione della scienza, invece di dilapidarle in banchetti e pranzi solenni in onore dei suoi ospiti! Se soltanto ogni emiro* e ogni illustre sheikh* versasse un contributo pre-stabilito per quest’opera benefica! Se il Patriarca inviasse nel paese dei franchi degli emissari per raccogliere donazioni di persone generose e facoltose, destinandole poi a finanziare il progetto di cui stiamo par-lando, sarebbe lodato da tutti, in Oriente come in Occidente.

Davvero, davvero! Gianh, gianh!Ma quando uno di quei nostri signori summenzionati si incarica di

mandare presso i suoi confratelli franchi qualcuno chiamato Giovan-ni, Matteo o Luca, per raccogliere denaro, è solo per impiegarlo nella costruzione di una chiesa o di un convento.

Sciagura, sciagura! Ah, ah!E questo benché una creatura, da quando nasce fino all’età di do-

dici anni, non ricavi alcun vantaggio dalla costruzione di una chiesa o di un convento, mentre invece durante quello stesso periodo, potrebbe apprendere tutto ciò che potrebbe essergli utile, sia a scuola sia dai libri.

Magari, magari! Thaa, thaa!E allora promettetemi, miei signori, di costruire scuole e di stampa-

re libri e io, dal canto mio, vi risparmierò di allungare questo capitolo!

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Qàsim Amìn Egitto

Nato nel 1863 al sud del Cairo, è riconosciuto come il padre dell’emancipa-zione della donna araba e musulmana. È stato allievo di Muhammad ‘Abduh*, uno dei fondatori della Salafiyya*, movimento che propugnava l’introduzio-ne di riforme nell’Islam. Dopo aver completato gli studi superiori al Cairo, si trasferisce in Francia per studiare giurisprudenza, dove viene profondamente influenzato dai filosofi occidentali, tra i quali H. Spencer e J. S. Mill, asser-tori dell’emancipazione femminile. Tornato in patria, è nominato consigliere presso il Tribunale misto e in seguito presso la Corte d’appello islamica. Come Muhammad ‘Abduh, egli ritiene che per far uscire i musulmani dallo stato di decadenza sia necessario promuovere il rinnovamento della società, a partire dalla partecipazione della donna alla vita pubblica. Nel 1899 pubblica Tahrìr al-mar’a (La liberazione della donna), in cui si pronuncia contro il ripudio, la poligamia e contro l’uso del velo (higiàb*), che all’epoca copriva il volto delle donne. Egli in sostanza promuove un alleggerimento (takhfìf) del velo, citan-do a sostegno delle proprie posizioni quei versetti del Corano da cui si evince chiaramente come sia lecito per le donne partecipare senza restrizioni alla vita sociale. Il libro suscita forti polemiche e la strenua opposizione di religiosi e conservatori.

Nel 1900 pubblica un nuovo libro, al-Mar’a al-giadìda (La donna nuova), giudicato ancor più liberale del precedente, in cui rivendica la dimensione ri-voluzionaria dell’Islam delle origini che aveva liberato la donna, concedendole diritti (libertà nella gestione del proprio patrimonio, diritto all’istruzione e all’esercizio di qualsiasi professione, perfino quelle di mufti*, o di governato-re) che le arabe non avevano più e che le occidentali avevano acquisito solo in parte nell’Ottocento, mentre continuavano ad essere prive di altri diritti. Confermando le idee precedentemente espresse, Qàsim Amìn ribadisce come la donna sia, dal punto di vista morale e mentale, pari all’uomo, capace di pro-gredire esattamente come lui e di avere inoltre il diritto di seguire i propri gusti e inclinazioni personali, coltivando il proprio talento grazie allo studio di sva-riate discipline, tra cui la musica e la pittura, come si legge nel brano che segue.

Muore al Cairo nel 1908 e sarà ricordato come il padre dell’emancipazione femminile e del femminismo arabo.

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La donna nuova 1900

Se il velo non avesse altra colpa che quella di negare la libertà alla donna, impedendole di godere dei diritti che la sharì‘a* e il dirit-to positivo le hanno concesso, imponendole inoltre il medesimo

status dei minori […], se l’unica colpa dell’higiàb* fosse questa, sareb-be sufficiente perché fosse rifiutato e ricusato da tutti coloro che sono inclini al rispetto dei diritti e apprezzano il piacere della libertà. Ma il danno maggiore dell’higiàb […] è che impedisce alla donna di ricevere un’istruzione adeguata. Si dà per assodato che l’istruzione della donna sia una necessità imprescindibile, allora bisogna chiedersi quale tipo di educazione le si addica. Alla donna deve essere impartita la stessa istru-zione dell’uomo o un’istruzione diversa? È possibile dare l’istruzione a una donna che indossa il velo o è necessario che rinunci a portarlo? […] Riteniamo irragionevole che l’istruzione della donna sia inferiore a quella dell’uomo. Dal punto di vista dell’educazione fisica, dal momen-to che la donna ha bisogno di mantenersi in buona salute, esattamente come l’uomo, deve abituarsi a fare ginnastica, imitando in ciò le donne occidentali che praticano la maggior parte degli sport come i maschi della famiglia. La ginnastica deve essere praticata sin dalla prima infan-zia e l’esercizio si deve compiere senza interruzione, altrimenti la salute della donna si indebolirà e lei sarà esposta a malattie. […]

Quanto alle donne di città, a cui è impedito di muoversi e non pos-sono godere né di sole né di aria, per la maggior parte non sono in gra-do, proprio per questo motivo, di sopportare le fatiche e sono inoltre cagionevoli di salute. […] La donna, al pari dell’uomo, ha bisogno di apprendere la scienza e di godere del piacere della conoscenza. Non c’è nessuna differenza tra i sessi per quanto riguarda il desiderio di conoscere le meraviglie dell’universo e di sondarne i misteri […]. L’essenziale è ap-passionare la mente della donna alla ricerca della verità e non riempirla di nozioni. Un altro aspetto da considerare è la cura per affinare il buon gu-sto della donna e per incoraggiare la sua propensione alle belle arti. Sono convinto che la maggior parte dei lettori non guarda di buon occhio il fatto che le ragazze apprendano la musica e il disegno […], e vi sono co-loro che li considerano un passatempo, incompatibile con il decoro e la compostezza. A questa falsa congettura si deve imputare la colpa dello stato di decadenza in cui si trovano queste arti nel nostro paese.

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‘Abd al-Rahmàn al-Kawàkibi Siria

Nato nel 1849 ad Aleppo, nell’attuale Siria del Nord, è fautore del rinnovamen-to islamico e della rinascita nazionale araba. Lotta contro l’oscurantismo degli ottomani* che all’epoca governavano gran parte dei paesi arabi. Nel corso dei suoi viaggi – a Zanzibar, in Etiopia, in India e in altri paesi asiatici – ha modo di constatare la decadenza dei paesi musulmani e orientali, le cui cause egli attri-buisce a una serie di fattori come l’assenza di libertà di parola, l’ignoranza, so-prattutto nelle questioni religiose, il lassismo e l’inefficienza degli amministra-tori pubblici. Questi, indifferenti allo stato di arretratezza in cui vivono i paesi affidati alla loro gestione, non adottano quelle conquiste della civiltà moderna, anche europea, che sono invece essenziali per una effettiva trasformazione della società. A tali amministratori egli chiede di pianificare il futuro, approntando progetti a lungo termine, lottando in primo luogo contro la povertà e garan-tendo assistenza alle famiglie, così da evitare la corruzione dei costumi. ‘Abd al-Rahmàn al-Kawàkibi lavora prima come redattore del giornale “Furàt” e, in seguito, fonda due giornali, “al-I‘tidàl” (1877) e “al-Shahbà” (1879), attraverso i quali critica il governo ottomano, da cui viene, per ritorsione, perseguitato. Nel 1902, di ritorno da un viaggio a Karachi, muore avvelenato, probabilmente per mano di agenti ottomani.

La sua opera principale, Taba‘i al-istibdàd wa masari‘ al-isti‘bad (La natura della tirannia e la rovina dell’asservimento), è una raccolta di articoli che invi-tano gli arabi e i musulmani a lottare per conquistare la libertà e promuovere il progresso. Nei primi capitoli, l’autore analizza la natura della tirannia, elencan-do le cause che conducono all’instaurazione di un regime dispotico e i fattori che gli permettono di prosperare; nell’ultimo capitolo, invece, descrive i modi per contrastare i regimi tirannici e abbatterli, esprimendo idee e argomentazioni che hanno molti punti in comune con gli illuministi europei. Se attacca i tiranni, non risparmia però le vittime della tirannia, affermando che «l’oppresso è spesso complice del suo oppressore», come si evince dal brano qui tradotto che inoltre parla dell’abilità dei despoti nel mantenere il popolo in uno stato di soggezione perenne, avvalendosi dell’aiuto di persone mediocri, ignoranti e avide. Quest’o-pera di al-Kawàkibi ha per il mondo arabo la stessa valenza politica e culturale che ha per l’Occidente la famosa opera Della tirannide di Vittorio Alfieri.

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La natura della tirannia e la rovina dell’asservimento

1900

Ben sa il tiranno, per quanto stupido sia, che l’asservimento e il di-spotismo continueranno a esistere fino a quando i suoi sudditi ri-marranno stolti e annasperanno nelle tenebre dell’ignoranza e nel

deserto della stoltezza. […] Il tiranno non teme le scienze religiose connes-se con l’aldilà che regolamentano la relazione tra l’uomo e il suo Signore. Egli infatti sa bene che queste non contribuiscono certo a estirpare o a squarciare il velo dell’ignoranza. Esse rappresentano solo un diletto per coloro che sono animati da un desiderio smodato di conoscenza e che fi-niscono in tal modo per sprecare la propria esistenza, riempiendosi la testa di nozioni. E così, alimentando la propria presunzione, finiscono per non apprezzare alcun sapere al di fuori del proprio. A quel punto, il despota sa di non avere nulla da temere da costoro, proprio come non si ha nulla da temere da un malvagio quando è ubriaco. […]

Il despota è invece assalito da una sconfinata paura di fronte alle scienze connesse con la vita pratica, come la filosofia teoretica e quella speculativa, i diritti dei popoli e la natura della società, l’educazione civica e la storia, quando è circostanziata, l’oratoria e, in generale, tutte quelle scienze che elevano l’animo e ampliano la mente, rendendo la persona consapevole dei propri diritti o di quanto questi siano lesi, istruendola su come riven-dicarli, ottenerli e preservarli. Nello stesso modo in cui il despota detesta la scienza e i suoi effetti, odia anche la scienza in sé, perché è più potente di qualsiasi altra cosa e lo costringe a disprezzare se stesso ogni volta che il suo sguardo si posa su qualcuno che abbia, rispetto a lui, un grado più alto di sapere. Per questa ragione, il despota non sopporta di vedere neanche la faccia di uno scienziato geniale, che lo superi dal punto di vista intellet-tuale, sicché, se egli ha bisogno di un medico o di un ingegnere, preferisce sceglierlo tra coloro che sono stupidi, mediocri e adulatori.

Da tutto ciò ne consegue che tra la tirannia e la scienza vi è una guerra perenne e un conflitto insanabile: gli scienziati si adoperano per illumi-nare le menti, e il tiranno si sforza di spegnare quella luce, e così i due gruppi si contendono il popolo. Ma chi è il popolo? Persone che ignorano e quindi temono, e siccome temono, soccombono; ma sono anche coloro che quando sanno dicono, e quando dicono agiscono.

Il popolo rappresenta la forza e il nutrimento del tiranno. Grazie ad

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esso il tiranno può infierire sui sudditi e conservare il potere: egli tiene il volgo prigioniero ed essi inneggiano alla sua forza; egli ne usurpa le ric-chezze, ed essi lo ringraziano per aver risparmiato loro la vita; il tiranno infligge loro umiliazioni ed essi lo lodano per la sua magnanimità; li istiga gli uni contro gli altri ed essi vanno fieri del suo acume politico; se il tiran-no sperpera il loro denaro, essi lo definiscono generoso; se si accontenta di ucciderli senza fare scempio dei loro corpi, essi lo considerano misericor-dioso. Il tiranno li conduce a un passo dalla morte ed essi gli obbediscono per timore di ricevere il suo biasimo. E se degli oppositori lo contestano, egli li combatte come se fossero eretici.

In breve, il volgo si uccide con le sue stesse mani per colpa della pau-ra che è frutto dell’ignoranza e della stupidità. Se si estirpa l’ignoranza e si illuminano le menti, svanisce anche la paura, e a quel punto la gente comincerà a perseguire soltanto il proprio interesse. È noto infatti che il saggio è al servizio solo di se stesso. E a quel punto il tiranno sarà costretto a farsi da parte, oppure ad agire con moderazione. […]

Il governo dispotico è, per sua natura, dispotico in tutte le sue dirama-zioni, dal tiranno fino al gendarme, all’inserviente e allo spazzino; inoltre, soltanto i più spregevoli di ciascuna categoria diventano partigiani del ti-ranno e questo perché le persone spregevoli non si curano, ovviamente, della propria dignità, né tantomeno di difendere la propria reputazione. Ogni loro sforzo è teso a dimostrare al loro signore quanto siano simili a lui, nonché fautori del suo regno e avidi di mangiare le briciole di chiun-que, esseri umani o maiali, antenati o nemici. Per questo il tiranno si fida di loro e loro di lui, e collaborano l’uno con gli altri.

Questa categoria di persone al servizio del tiranno aumenta o diminu-isce di numero a seconda dell’inasprirsi o dell’attenuarsi del giogo della tirannia. Quanto più il despota agisce in modo arbitrario, tanto più ha bi-sogno di accrescere l’esercito di quegli esaltati che lavorano per lui e ne preservano il potere. Egli necessita di sempre maggiore accortezza nello scegliere tali individui tra i più spregevoli criminali, senza religione né ono-re. Per conservare il proprio prestigio tra costoro, egli deve inoltre applicare nella distribuzione delle cariche un principio direttamente proporzionale1: più le persone sono spregevoli per natura e indole, e più le cariche che oc-cupano sono alte e vicine al sovrano: in tal modo, dopo il tiranno, sarà il primo ministro l’individuo più abietto della nazione, mentre chi occupa la carica inferiore alla sua, sarà un po’ meno abietto e così di seguito.

1. Lett. “inversamente proporzionale”.

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Zaynab Fawwàz Libano

Nata nel 1846 nel Libano meridionale in una modesta famiglia di religione musulmana sciita*, trascorre un’infanzia in povertà. Ha una vita privata piut-tosto movimentata, sposata e divorziata più volte. Al Cairo, dove si trasferisce e dove completa la sua formazione, trova un ambiente più aperto ed emanci-pato di quello libanese che maggiormente risentiva del clima oscurantista im-posto dall’Impero ottomano*. Scrive per la rivista “al-Nil”, ma collabora anche con molte altre testate egiziane. Nei suoi scritti critica la società araba che non permetteva alla donna di rimanere sola, libera, senza necessariamente avere un uomo al suo fianco. Tra i suoi lavori si ricorda un repertorio biografico del 1893, dedicato a 435 donne orientali e occidentali che si erano distinte in vari campi, con cui l’autrice intende dimostrare che le donne sono in grado di svolgere anche lavori considerati maschili. Ha scritto anche una pièce teatrale e due ro-manzi incentrati su storie d’amore contrastate.

Il brano qui proposto è tratto da al-Rasà’il al-Zaynabiyya (Le lettere di Zaynab), in cui sono raccolti articoli sotto forma di lettere, scritte tra il 1891 e il 1910 per diversi giornali su svariati argomenti, ma soprattutto sulla condizio-ne della donna e sui suoi diritti: quei diritti che l’Islam le aveva riconosciuto, ma che nel corso dei secoli le erano stati strappati dall’oppressione maschile. In questo brano, intitolato al-Insàf (La giustizia), la scrittrice risponde alla connazionale Hana Kasbàni Kuràni che, in un articolo pubblicato sulla rivista “Lubnàn”, aveva invitato le donne a limitare i propri interessi alla casa e alla fa-miglia, riservando solo agli uomini la sfera pubblica, ed esprimeva un giudizio negativo nei confronti del movimento femminista inglese delle suffragette che si batteva per il diritto di voto alle donne. Per i tradizionalisti queste rivendi-cazioni femminili erano una deviazione dalla funzione principale della donna come stabilita da Dio, il quale l’aveva creata per allevare figli e prendersi cura della casa. Nella sua replica, la scrittrice non solo difende il diritto delle don-ne a votare, ma anche di partecipare attivamente alla vita politica, esattamen-te come gli uomini. Le donne possono dedicarsi a qualsiasi attività, inclusa la politica, se tale è la loro inclinazione, e se possiedono le adeguate competenze.

Fawwàz muore al Cairo nel 1914 dopo aver trascorso una vita dedicata al giornalismo e all’impegno politico.

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La giustizia 1892

In verità non esiste nessuna legge divina né norma religiosa che vieti alla donna di dedicarsi ai lavori riservati agli uomini, e in questo la natura non c’entra niente! Non credo che il sole sorgerebbe a Occidente né

che l’acqua dei mari diverrebbe dolce! La donna, come l’uomo, è un essere dotato di pieno intelletto, di pensiero perspicace e di membra armoniose, ed è in grado di valutare le cose nel migliore dei modi e di distinguere tra il tempo e lo spazio. Quante donne hanno comandato uomini, ammi-nistrato la cosa pubblica, decretato norme, mobilitato eserciti, ingaggiato battaglie e fatto guerre, quante regine, di cui la storia ci ha tramandato il ricordo, hanno retto degnamente le sorti del loro regno! Basti pensare a Cleopatra, a Zenobia, regina di Palmira, o a Elisabetta i d’Inghilterra, e molte altre ancora; e il fatto che esse si siano occupate di questioni nor-malmente riservate agli uomini non ha certo alterato l’ordine naturale delle cose, né ha impedito loro di occuparsi del ménage familiare. Al con-trario, il sistema della famiglia si perpetua oggi come è sempre stato in pas-sato. E se lei1 ribatte, affermando che quelle erano regine, in grado quindi di assolvere contemporaneamente ai loro doveri familiari e di governo, io rispondo asserendo che la storia ci racconta anche di donne arabe che collaboravano con i loro uomini nel lavoro, nelle guerre, nell’affrontare i pericoli e nell’opporsi ad avversità e traversie, svolgendo nel contempo il ruolo di mogli e di madri. E quanti uomini – e che uomini! – hanno sapu-to allevare nel loro nido! Uomini che hanno dominato il mondo e le loro mogli e madri non solo non hanno alterato l’ordine che lo regolava, ma li hanno aiutati a civilizzarlo e a ben governarlo. […] Se poi guardiamo alla campagna, vediamo che gli orti e i campi sono pieni di donne, in numero pari agli uomini, se non maggiore! […] Sicché una persona saggia, in grado di ben valutare le cose di questo mondo, si rende conto che i due sessi sono uguali e che solo la negligenza e nient’altro ha causato l’attuale ritardo della donna. Io non biasimo le donne inglesi che aspirano a occuparsi di politica e rivendicano il diritto al voto, ma anzi dico che hanno tutto il di-ritto di perseguire questo progetto, dal momento che sono perfettamente in grado di assolvere a tale dovere, come gli uomini.

1. Si riferisce alla libanese Hana Kasbàni Kuràni che propugnava idee tradizionaliste.

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Muhammad al-Muwaylihi Egitto

Nasce nel 1868 al Cairo dove muore nel 1930. Il padre Ibrahìm era stato segre-tario particolare del Khedivè Ismà‘ìl*, con il quale aveva condiviso l’esilio a Na-poli nel 1879. Accompagnando il padre nei suoi viaggi in Europa, lo scrittore ha modo di conoscere esiliati illustri come Giamàl al-Din al-Afghàni*, verso cui nutre profonda ammirazione, aderendo alle sue idee riformiste in ambito socia-le e politico. In Egitto collabora ai giornali “Muqattam” e “Misbàh al-Sharq”, quest’ultimo fondato da suo padre e sul quale nel 1898 pubblica a puntate Hadìth ‘Isa ibn Hishàm aw fatra min al-zaman (Il discorso di ‘Isa ibn Hishàm, ovvero un intervallo di tempo), giudicato il lavoro più innovativo della sua epoca.

Nel 1907 l’opera esce in volume, con l’aggiunta di qualche capitolo inedito. Nonostante fosse vissuto in Italia, Francia e Inghilterra, diventando amico di scrittori occidentali, tra cui Alexandre Dumas figlio, egli resta fedele al retaggio arabo classico. Il discorso di ‘Isa ibn Hishàm è, infatti, un’opera che si colloca a metà tra il romanzo moderno, di ispirazione europea, e l’antica maqàma, la cui influenza si registra nel personaggio del narratore, ‘Isa ibn Hishàm – lo stesso nome del protagonista delle maqàmàt di al-Hamadhàni* (x-xi secolo) –, oltre che nell’incipit di ogni episodio «haddathana ‘Isa ibn Hishàm qala» (‘Isa ibn Hishàm ci ha riferito e disse), e talvolta nel ricorso alla prosa rimata. Mentre le maqàmàt erano dei bozzetti finiti, quest’opera presenta strutturalmente lo sviluppo di una trama e la connessione tra i vari capitoli, come in un romanzo moderno, senza far eccessivo ricorso al virtuosismo linguistico del passato. A differenza della maqàma classica, priva di legami con la vita reale, i temi trattati dallo scrittore egiziano sono quelli della sua epoca. Egli rivolge una critica sfer-zante ai costumi della società del suo tempo, ponendo l’accento sulle contraddi-zioni dell’Egitto della fine dell’Ottocento attraverso la figura di un pascià* tur-co vissuto all’epoca di Muhammad ‘Ali* e che, resuscitato dalla tomba, ritrova la città del Cairo profondamente cambiata, come si evince dal brano qui tradotto. In quegli anni l’Egitto aveva infatti vissuto un processo di mutamento e di mo-dernizzazione improntato, secondo l’autore, all’imitazione dell’Occidente. Ne emerge un confronto epocale con vari ambienti professionali e amministrativi, e ciò dà modo allo scrittore di esplorare i tanti mali che affliggevano allora l’E-gitto, dal 1882 sotto occupazione britannica.

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Il discorso di ‘Isa ibn Hishàm, ovvero un intervallo di tempo

1907

Isa ibn Hishàm ci ha riferito e disse: Mi sono visto in sogno che va-gavo per Sahrà al-Imàm1 in mezzo a tombe e a lapidi, in una notte illuminata da un così bel chiaro di luna che la luce del firmamen-

to era occultata. […] Tra quelle tombe e su quelle rocce, io meditavo sull’orgoglio e la superbia degli uomini così pieni di vanità per le loro imprese e le loro glorie, completamente assorbiti dalle loro lagnanze e dalla loro presunzione, infatuati di se stessi e dimentichi delle tombe. […] Mentre ero intento a passeggiare e a meditare, a girare e a riflettere, mi tornarono alla mente, calpestando le sabbie del deserto, i versi del saggio poeta Abu al-‘Alà*:

Che il tuo passo sia leggero, la terra che calpesti è colma di corpi […]

Riflettevo su quelle spoglie mortali e su quelle ossa: erano tutto ciò che restava di re potenti che avevano considerato la terra una dimora per loro troppo angusta e avevano cercato di avvicinarsi alle stelle; riflette-vo su quei petti che si erano chinati dinanzi alla violenza e alla clemen-za, su quelle labbra che – quanto spesso! – avevano deciso questioni di guerra e di pace, e su quelle dita che avevano temperato il calamo per gli scrittori e reciso con le spade i colli; su quei volti e su quelle teste che avevano reso schiavi i corpi e le anime, e che erano state descritte ora come delle lune piene e ora come dei soli, ma che adesso erano tutte uguali: il governante come il suddito, senza più differenza né distinzio-ne tra l’umile e il nobile. […]

Ero immerso in queste considerazioni morali e in questi moniti, in questi pensieri e riflessioni, e meditavo sulle bizzarrie del destino, stu-pito dei repentini cambiamenti del tempo, assorbito dalle meraviglie della sorte, animato dal desiderio di scoprire i segreti della resurrezione e della rinascita, quand’ecco che un violento boato alle mie spalle per poco non mi fece morire dallo spavento.

Mi voltai impaurito e terrorizzato e vidi una di quelle tombe spac-

1. Zona del Cairo, lett. “il deserto dell’Imàm”.

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carsi e da essa uscire un uomo alto di statura e di imponente costituzio-ne, da cui si irradiava una maestosa e solenne gravità, rischiarata dalla luce del prestigio e della nobiltà. Rimasi tramortito per il possente spa-vento, come Mosè davanti alla montagna quando si sgretolò2.

Quando rinvenni e mi riebbi dallo sbalordimento, feci per andar-mene in tutta fretta, ma lo sentii che mi chiamava e lo vidi che si avvici-nava. Mi fermai obbedendo al suo ordine, per evitare di suscitare la sua collera. Poi accadde, come sentirai e vedrai, che iniziammo a parlare un po’ in turco e un po’ in arabo.

Il defunto: «Tu, buon uomo, come ti chiami, che lavoro fai e cosa ti ha condotto fin qui?».

Tra me e me pensai: «In fede mia, quest’uomo deve aver subito da poco l’interrogatorio dei due angeli3, cosicché anch’egli interroga seguendo lo stesso stile. Signore mio, salvami dalla sventura, spiana da-vanti a me la strada ché io possa sottrarmi a quest’interrogatorio da giorno del giudizio, e liberami da questo tormento».

Poi, voltandomi verso di lui, risposi: «Sono ‘Isa ibn Hishàm, il mio nome è ‘Isa ibn Hishàm e la mia professione è adoperare il calamo. Sono venuto qui a meditare su queste tombe perché, a mio avviso, contengono insegnamenti più eloquenti dei sermoni dai pulpiti delle moschee».

Il defunto: «E dove si trovano il tuo calamaio e il tuo quaderno, maestro ‘Isa?».

‘Isa ibn Hishàm: «Non sono uno scrivano incaricato di registra-re conti né di redigere atti amministrativi, bensì uno scrittore, dedito all’arte del comporre e del bello stile”.

Il defunto: «Fai proprio al caso mio! Va’, o scrittore, e fatti dare i miei vestiti e che mi si conduca anche il mio cavallo, Dahmàn».

‘Isa ibn Hishàm: «Ma, mio signore, io ignoro dove si trovi la vostra dimora!».

Il defunto (disgustato): «Dimmi la verità, da quale contrada giun-gi? Mi appare chiaro che non sei egiziano, giacché non c’è persona, in tutto il paese, che ignori dove sia la dimora di Ahmad pascià al-Munai-kali, ministro dell’esercito egiziano».

2. Allusione a un passaggio del Corano, sura 7, versetto 143, quando Mosè sul Sinai vede la montagna sgretolarsi e cade a terra tramortito.

3. Sono i due angeli della morte a cui è affidato il compito di condurre nella tomba l’interrogatorio del defunto per accertarne la fede, ed eventualmente castigarlo.

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‘Isa ibn Hishàm: «Sappiate, pascià, che sono un vero egiziano, e se ignoro dove sta la vostra casa è perché in Egitto le dimore non si designano più con il nome dei loro proprietari, bensì con il nome delle strade e dei vicoli in cui si trovano, e ognuna ha un numero. Se mi usate la cortesia di indicarmi la via, il vicolo e il numero della vostra casa, io ci andrò e vi porterò tutto ciò che desiderate».

Il pascià (adirato): «Mi sembra evidente, scrittore, che la tua mente è turbata. Da quando in qua le case si indicano con i numeri? Sono for-se “notifiche giudiziarie” o “soldati”? La cosa migliore è che tu mi dia il tuo mantello, ché io possa coprirmi, dopodiché mi accompagnerai fino a casa».

‘Isa ibn Hishàm continuò a raccontare e disse: «Mi tolsi il mantello e glielo diedi. Fino a quel momento avevo creduto che solo i briganti avessero l’abitudine di rapinare i viandanti, ma scoprivo adesso che gli abitanti delle tombe facevano altrettanto».

Il pascià indossò il mio mantello con fare arrogante, poi, accondi-scendente, esclamò: «Bisogna fare di necessità virtù! Abbiamo indos-sato abiti ben peggiori, allorché accompagnavamo il nostro Effendi*, il compianto Ibrahìm pascià*, il quale, in incognito e travestito, ama-va compiere ispezioni notturne in giro per la città, per controllare di persona le condizioni dei suoi sudditi. Ma come faremo a entrare a quest’ora della notte?».

‘Isa ibn Hishàm: «Cosa intendete?». Il pascià: «Dimentichi forse che siamo nell’ultimo terzo della not-

te? Così abbigliato, non mi riconoscerà nessuno alle porte della città, e io non conosco la parola d’ordine. Come faremo dunque a farci aprire le porte?».

‘Isa ibn Hishàm: «Signore, voi ignorate i numeri delle case e non li avete mai sentiti nominare, e io, dal canto mio, non ho mai sentito parlare in vita mia di “parola d’ordine” da usare di notte».

Il pascià (deridendolo): «L’avevo detto io che sei forestiero. Non sai che la parola d’ordine è una parola che viene trasmessa ogni giorno dalla Cittadella4 all’ufficiale preposto, e da questi a tutte le sentinelle di guar-dia alle porte della città? Di notte non è consentito a nessuno entrare, a meno che non conosca questa parola segreta e non l’abbia prima mor-morata all’orecchio della guardia, altrimenti le porte resteranno chiuse. Tale parola è confidata in gran segreto a coloro che, trattenuti da un

4. La Cittadella, che sorge sulla collina di Muqattam, era all’epoca la sede del governo.

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qualche lavoro notturno fuori città, ne facciano richiesta all’autorità. La parola cambia ogni notte: una volta è “lenticchie”, un’altra “verdura”, una notte “colombe” e un’altra ancora “polli”, e via discorrendo».

‘Isa ibn Hishàm: «A me sembra, ascoltandovi, che siate voi, piutto-sto, a non essere egiziano. A quanto ne so io, queste parole sono usate per indicare alimenti. Mai avevo sentito dire prima che possono auto-rizzare le persone a circolare di notte. Ma comunque sia, l’alba è ormai vicina e non c’è più bisogno né di questa parola né di nessun’altra».

Il pascià: «Io mi rimetto a te per quest’affare».‘Isa ibn Hishàm continuò a raccontare: «Ci incamminammo per

la nostra strada e il pascià prese a parlarmi di sé; mi fornì notizie sul-le guerre e gli avvenimenti che aveva visto con i suoi occhi e sentito con le sue orecchie. Mi descrisse alcune gesta di Muhammad ‘Ali* e il coraggio di suo figlio Ibrahìm, e ancora stava raccontando quando, alle prime luci dell’alba, sbucammo sulla spianata della Cittadella. Lì, in atteggiamento umile e pieno di profonda reverenza, si fermò per recitare, rivolto verso la tomba di Muhammad ‘Ali, l’Aprente, la prima sura* del Corano. […] Poi giratosi verso di me, disse: “Presto, affrettia-moci verso la mia dimora, ché io possa indossare i miei abiti, cingermi della spada e salire in groppa al mio destriero. Così potrò tornare senza indugio, alla Cittadella […]”».

Dopo aver lasciato la spianata, imboccammo una strada in discesa e mentre procedevamo si affiancò a noi un mulattiere che conduceva un asino e che sembrava provare un piacere maligno a sbarrare la strada ai passanti con il suo animale. Cosicché a ogni passo che facevamo, ci ritrovavamo faccia a faccia con quella bestia. Ringhiando con voce rauca, il mulattiere riuscì ad afferrare il mio compagno per il mantello, e a gridargli: «Monta, pascià, è da stamattina che ti vengo dietro e mi stai facendo solo perdere tempo».

Il pascià disse al mulattiere: «Disgraziato che non sei altro! Come osi invitarmi a montare su un asino, cosa che non io desidero affatto, così come mai ti ho invitato a unirti al mio cammino? E come potrebbe un par mio, avvezzo a cavalli di razza, cavalcare un asino che raglia?».

Il mulattiere: «Come? Tu neghi di avermi fatto segno con la mano, mentre discutevi con il tuo compagno sulla via che va ad al-Imàm? E dire che vari passanti mi hanno chiamato, ma io ho rifiutato di prestare loro i miei servigi, perché mi consideravo impegnato con te, per via di quel tuo cenno. Perciò o monti o mi paghi lo stesso il prezzo della corsa».

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Abu ’l-Qàsim al-Shabbi Tunisia

Nato nel 1909 nei pressi di Tozeur, studia all’università al-Zaytuna* dove riceve un’educazione tradizionale. Legge le opere di autori arabi come Muhammad Haykal (cfr.), Taha Husayn (cfr.) e Gibràn Khalìl Gibràn (cfr.) (quest’ulti-mo, soprattutto, esercita su di lui grande influenza), ma anche la letteratura occidentale in traduzione araba. Grazie alla rivista egiziana “Apollo” scopre i romantici europei che ispireranno la sua poesia. A Tunisi frequenta circoli e caffè letterari e i giovani riformisti, tra cui al-Tahir al-Haddàd* con il quale condivide le idee progressiste. Nel 1924 pubblica le prime poesie sulla rivista “al-Nahda”. Nel 1929 tiene una conferenza su L’immaginazione poetica presso gli arabi, che indurrà molti tradizionalisti ad attaccarlo duramente, arrivando a giudicarlo eretico. Egli sostiene che gli arabi antichi non erano stati in grado di creare un universo mitologico paragonabile a quello greco e romano e che la loro immaginazione era “povera e sterile”. Proprio tale incapacità avrebbe spin-to gli antichi poeti arabi a dare importanza eccessiva alla forma. Il suo diwan*, Aghàni al-hayàt (I canti di vita), è pubblicato sulla rivista “Apollo”, ma raccolto in volume postumo solo nel 1955.

Oggi al-Shabbi è acclamato come uno dei più grandi poeti arabi del Nove-cento. Nella sua ode più famosa, intitolata Iràdat al-hayàt (La volontà della vita, qui tradotta con Inno alla vita), di cui si presenta uno stralcio, il poeta esprime il suo sentimento patriottico e la sua ostilità contro gli occupanti francesi, perché non vi è argine che tenga davanti all’impeto della forza della vita che si risveglia. Il destino della Tunisia, sottoposta all’epoca al dominio coloniale francese, su-scita nel poeta dolore e amarezza. Dalla sua morte fino ad oggi, i suoi versi di libertà e di vita sono stati scanditi in molte manifestazioni del mondo arabo e recentemente nelle rivolte delle cosiddette “primavere arabe”. I versi di questa poesia sono anche parte dell’attuale inno tunisino. Tutta la poesia di al-Shabbi è impregnata di un senso di angoscia e di tragedia per la malattia che lo afflisse sin da piccolo e che lo avrebbe condotto a una morte prematura nel 1934, a soli ven-ticinque anni. Il poeta assiste all’avanzare inesorabile della malattia e la vita gli appare come una notte buia o una gabbia all’interno della quale gli uomini sono imprigionati: il fato li ha scaraventati in questa spaventosa valle, che è la Terra, dove regnano paura e morte, ma l’amore per la donna, come nel caso dell’altra poesia al-Hubb (Amore) qui tradotta, può talvolta consolare gli esseri umani.

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Inno alla vita

Se un giorno il popolo inneggerà alla vita non può che rispondergli il destino: la notte dovrà schiarirsi

e le catene spezzarsi.Chi non è avvinto dal desiderio di vita,che si disperda nella sua aria e si dilegui.Guai a chi la vita non proteggedallo schiaffo del nulla imperante.Così mi hanno detto le creature,così mi hanno raccontato le loro anime nascoste.

Amore

L’amore è una fiamma di luce magica che, discesa dal cielo, fa brillare l’aurora e strappa i veli dalle palpebre del tempo e dal volto della notte i veli del crepuscolo. L’amore è uno spirito divinoi cui giorni alati con la luce dell’alba e del tramonto vagano in questo mondo e lo rendono una bella, [ridente e sfavillante stella. Se non fosse per l’amore, non si udrebbenel mondo un cantico,né i mortali si amerebbero sulla terra. L’amore è un ruscello di vino e chi lo gusta entranell’inferno, senza timore di essere bruciato.L’amore è il fine delle speranze della vita.Perché, poi, aver paura, quando il sepolcro mi abbraccia? Perché, terrore?

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Nabawiya Musa Egitto

Pioniera dell’emancipazione femminile in Egitto, nasce nel 1886. È stata la pri-ma donna egiziana diplomata, insegnante e ispettrice del ministero dell’Istru-zione. Nel 1923, insieme a Huda Sha‘arawi* e Siza Nabarawi, fonda l’Unione femminista egiziana. Nel 1926 viene sospesa dall’incarico al ministero per me-todi troppo severi, giudicati inadeguati; in seguito fonda e dirige una scuola femminile ad Alessandria e apre una filiale al Cairo. Muore ad Alessandria nel 1951. Questa pioniera del femminismo egiziano ha svolto un ruolo di primo piano anche in ambito politico e sociale, grazie ai suoi numerosi articoli pub-blicati su giornali e riviste. Nel 1937 fonda la rivista “al-Fatàt”, che viene stampa-ta fino al 1943. Tra le sue opere si ricordano al-Mar’a wa al-‘amal (La donna e il lavoro), del 1920, in cui chiedeva che le donne avessero accesso a tutte le profes-sioni e affermava che la suddivisione dei ruoli fosse un’invenzione della società maschilista, poiché nel Corano non era sancita la segregazione delle donne, né era scritto che queste dovessero assolvere esclusivamente ai doveri materni e co-niugali. Musa legava, inoltre, la questione dell’istruzione femminile alla causa nazionalista egiziana, sostenendo che una nazione può progredire solo se tutti i cittadini sono attivi e che l’Egitto sarebbe rimasto in uno stato di arretratezza fino a che la popolazione femminile fosse stata esclusa dalla produzione.

La sua autobiografia Ta’rikhi bi-qalami (La mia storia con la penna), da cui è tratto il brano seguente, è una raccolta di articoli pubblicati sulla rivista “al-Fatàt”, in cui l’autrice ripercorre i fatti cruciali della sua esistenza in ordine cronologico, a partire dall’infanzia. Nonostante il ritratto che di lei viene fuori, di donna dura e severa, la scrittrice dimostra di possedere anche un forte senso dell’umorismo che la spinge a ridere di sé e del suo aspetto fisico non partico-larmente attraente.

Nel brano qui presentato l’autrice spiega quale sia stata la sua posizione nei confronti del velo, higiàb*, all’inizio del xx secolo e di averlo rifiutato perché rappresentava un ostacolo per la donna che lavorava. Il brano riproduce uno scontro verbale con un giornalista che si opponeva alla spinta modernizzatrice, avvertita in modo così urgente nell’Egitto di quegli anni.

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Il mio svelamento

Volevo l’abolizione del velo, eppure, nonostante avessi letto con ammirazione i libri del compianto Qàsim Amìn (cfr.), non avevo mai scritto niente in proposito. Le usanze non si mutano con le

parole; se un individuo cerca di cambiare il suo popolo usando belle pa-role, questo si ribella ed egli si ritrova accusato delle cose più assurde. Fu esattamente così che accadde a Qàsim Amìn, al quale gli egiziani rivolse-ro calunnie di ogni genere, accusandolo tra l’altro di volere lo svelamento delle donne per soddisfare i suoi desideri licenziosi e compiacere la sua verve polemica. Se avessi rivendicato le stesse cose che chiedeva Qàsim Amìn, mi avrebbero rivolto le stesse accuse, anzi ancor più infamanti. Per questo ho deciso di invitare le donne a svelarsi attraverso l’azione e non con le parole. Così mi sono sempre vestita in modo da non dare adito al minimo dubbio circa la mia integrità morale e il mio attaccamento alle virtù orientali; lasciavo scoperti solo il viso e le mani, conformandomi esattamente a quanto imposto dalla Sunna* e dal Libro1, sicché mai nes-suno ha potuto screditare la mia reputazione con delle maldicenze.

La cosa più paradossale è che fui addirittura soprannominata “l’e-stremista del velo”, e non sapevo spiegarmi il perché di quel nome, dato che andavo in giro a viso scoperto. Coloro che mi avevano definita così, consideravano lo svelamento un atto licenzioso e immorale, ma il mio abbigliamento non consentiva loro di rivolgermi simili accuse, e anzi mi reputavano, tra le donne orientali, la più rispettosa delle tradi-zioni islamiche. Per questo, sebbene all’epoca io fossi l’unica egiziana a non portare il velo sul volto, nessuno ebbe mai niente da ridire.

Nel mio libro La donna e il lavoro descrivevo tutte le usanze delle egiziane, senza però dedicare alcun capitolo né al velo né allo svela-mento, e anzi, nell’introduzione, scrissi che non ne avrei parlato per-ché ritenevo che non vi fosse nessuna questione riguardante lo higiàb. Le campagnole in Egitto non indossavano il velo (erano cioè safiràt), quanto alle donne di città portavano davanti al viso una veletta (niqàb*) bianca trasparente che celava solo il pudore; questo velo le faceva ap-parire più belle e splendenti, poiché il bianco del velo faceva risaltare ancor più il candore della loro pelle; quanto alle guance, attraverso la veletta trasparente, apparivano come due rose bagnate dalla rugiada. Per questo, non aveva senso parlare di qualcosa che non esisteva. […]

1. Il riferimento è ad al-Kitàb, il Libro per antonomasia, cioè il Corano.

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Ho sempre cercato di dare alle mie allieve un esempio sincero del-lo svelamento a cui aspiravo, vale a dire che la donna deve mostrarsi sì svelata, ma serbando un contegno decoroso e composto. Deve recarsi al lavoro svelata, poiché il velo le sarebbe d’impaccio, impedendole di svol-gere al meglio le sue mansioni, ma deve mostrarsi con un abbigliamento sobrio, senza ornamenti né civetteria. Non c’è niente di scandaloso a mostrare il viso come Dio lo ha creato. E se Dio ha reso un viso attraente, chi siamo noi per chiedergli conto del Suo operato? Noi esseri umani possiamo solo rimetterci alla volontà del Creatore. Comunque il Corano non ci ordina di velarci, bensì di evitare la zina*, ovvero l’“ornamento”. L’Altissimo ha infatti detto: «E dì alle credenti che abbassino gli sguar-di e custodiscano le loro vergogne e non mostrino dei loro ornamenti se non quel che appare, e si coprano i seni d’un velo».2 […]

Del resto, la religione islamica ordina in maniera esplicita alla don-na di scoprirsi il viso in tre circostanze: durante il pellegrinaggio*, in caso di fidanzamento e quando si pronuncia la shahàda*; mentre non esiste nessun versetto in cui le si ordini esplicitamente di velarsi, co-sicché velarsi il viso è una cosa senza senso, e quel versetto è fonte di grande imbarazzo per i sostenitori del velo.

Un giorno nella direzione del giornale “al-Ahràm”* (“Le Pirami-di”), incontrai uno di quegli scrittori che avevano scritto molto a favo-re del velo. Si mise subito a discutere con me delle sue idee, nella ferma convinzione che io le condividessi. Così rimase sconcertato quando gli dissi: «Lei, mio caro signore, viene dalla campagna, dove di sicuro, sua madre, sua sorella e sua cugina escono di casa vestite come me, ovvero indossando il khimàr*, il velo che copre solo il capo e il petto. E allora cosa sarebbe questo higiàb che lei vorrebbe far indossare alle donne di città? Intende forse il niqàb, quella veletta trasparente che rende ancor più splendido l’incarnato del viso?».

Mi disse che non era assolutamente quello il velo che invocava. Io lo incalzai: «Lei allora intende un tipo di higiàb sconosciuto, che qui da noi non si è mai visto?».

«Sì, è così», ammise, «voglio che la donna indossi un pesante velo che le ricopra la testa e il viso, con solo due fori davanti per poter ve-dere».

«Per l’amor di Dio! E se la poverina è costretta a lavorare, come fa?».

2. Corano xxiv, 31.

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«Bisogna accettare qualsiasi sacrificio pur di evitare lo scandalo nella società, e il viso della donna è fonte di scandalo».

«Mio caro signore», replicai, «lei asserisce che gli uomini hanno più cervello e più giudizio delle donne; ma se le donne non perdono la testa alla vista delle vostre facce, e non c’è dubbio che ve ne siano di belle, come mai, voi uomini, vi fate tentare dal viso di una donna, visto che avete più cervello e consapevolezza? Quindi, dal momento che avete un cervello che vi impedisce di resistere alla tentazione, siete voi a dovervi velare e non certo le donne! Tanto si sa che le donne non hanno né cervello né consapevolezza!».

Queste mie parole lo addolorarono, così per vendicarsi, disse: «Se le donne hanno il suo aspetto, non c’è niente di male se escono svela-te!».

Dicendo quella frase, pensò che mi sarei arrabbiata, invece io rispo-si ridendo: «Lei mi ha letto nel pensiero!3 È esattamente ciò che voglio io! Ebbene, le donne con il mio aspetto potranno svelarsi, mentre gli uomini con la sua bellezza dovranno coprirsi. Cioè, da domani, lei si metterà un bel sacco di tela in testa con solo due fori davanti, e io sarò felice per lei!».

3. In arabo Untuq, ya shaykh (“Parla, o sheikh”).

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Muhammad Husayn Haykal Egitto

Nato nel 1888 nel villaggio di Kofr-Ghannàm da una famiglia di proprietari terrieri, si laurea al Cairo in Giurisprudenza e completa gli studi a Parigi. È sta-to ministro e presidente del Senato. Muore nel 1956. La sua fama di scrittore è legata al romanzo Zaynab, scritto durante il soggiorno in Europa, e considerato uno dei primi romanzi arabi con risvolto sociale. Fu pubblicato nel 1914 con il sottotitolo Manàzir wa akhlàq rifiyya (Scene e costumi agresti), sotto lo pseudo-nimo di Misri Fallàh (Un egiziano contadino). L’autore conserverà l’anonima-to fin quando, grazie al grande successo, lo ripubblicherà firmandolo con il suo vero nome. Lo scrittore è anche autore di un importante testo di critica lette-raria, Thawrat al-adab (La rivoluzione della letteratura) del 1933, in cui auspica un’apertura ai generi occidentali, a suo giudizio necessaria per la formazione di una nuova letteratura egiziana più attenta ai bisogni sociali e nazionali del paese e che rispecchiasse i grandi cambiamenti che la società egiziana stava vi-vendo. In Zaynab l’autore critica quelle tradizioni ancestrali che impedivano ai giovani egiziani di ogni ceto sociale di assecondare le proprie aspirazioni, come scegliersi un lavoro o sposarsi senza le odiose imposizioni familiari.

Il protagonista, Hàmid, figlio di un ricco proprietario terriero, non può sposare l’amata cugina ‘Azìza perché la ragazza è promessa ad un altro uomo. In seguito Hàmid si invaghisce di Zaynab, una bella contadina che lavora nei campi di proprietà della sua famiglia, ma la ragazza è innamorata di Ibrahìm, un bracciante agricolo senza risorse, che pure non potrà sposare perché la fa-miglia le imporrà un altro marito. Nel brano qui proposto si può notare il forte sentimentalismo dell’opera, in particolare quando Zaynab, già sposata con Ha-san, riesce a incontrare per l’ultima volta il suo amato Ibrahìm, prima che questi parta soldato per il Sudan. L’amore di questi due giovani è tragico e la bella Zaynab dopo poco tempo morirà di tisi – come accade alla protagonista della celebre opera romantica, La signora delle camelie di Dumas. Zaynab esprimerà come ultimo desiderio che il fazzoletto del suo amato Ibrahìm venga deposto nella sua tomba. L’aspetto interessante del romanzo è dato dalle descrizioni con toni idilliaci della campagna egiziana, fertile e generosa, dove però i con-tadini sono lasciati languire nella miseria dai proprietari terrieri. Nel 1944 il grande arabista palermitano Umberto Rizzitano tradusse l’intera opera.

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Zaynab 1914

Adesso Ibrahìm era povero, e gli veniva decretato l’esilio e l’al-lontanamento dalla vecchia madre – il cui marito era morto, e il figlio maggiore l’aveva abbandonata perché doveva pensare

alla moglie – e dagli amici che lo adoravano per la sua gentilezza e de-licatezza. Avrebbe lasciato Zaynab, che versava lacrime prima ancora di distaccarsi da lui, i verdi campi di cotone, il trifoglio, gli alberi, i cana-li e quelle rigogliose e sconfinate distese per finire in altre sconfinate e infernali distese di squallidi deserti, senza piante, tra gente selvaggia. Se avesse posseduto venti lire egiziane, si sarebbe risparmiato tutto ciò. Quale tirannia più atroce? Anzi, quale ingiustizia poteva essere parago-nata a questa?

Ma il destino si abbatte inesorabile: è meglio consolarsi, compiacer-sene e dimenticarne i colpi. Del resto, non giova affatto crucciarsene. Perciò Ibrahìm si preparò l’animo al servizio militare, e cominciò a fare sogni sulle attrattive che conteneva. Avrebbe visto paesi nuovi e tanto differenti nei loro molteplici aspetti, quindi gli usi di quella gente di cui si raccontavano fatti probabilmente leggendari. Avrebbe imparato a spa-rare, a marciare in divisa con commilitoni e paesani. Tutto ciò gli alleviò l’animo e fece sì che prendesse sonno un po’ prima dell’alba. […]

Zaynab uscì dalla stanza assieme al marito, ma subito dopo lo lasciò e scese di corsa. Era scossa, incapace di contenersi e soffocata dal pianto per l’amarezza dell’ora fatale: quella del distacco dei due innamorati. Sic-come non avrebbe avuto occasione di vedere ancora Ibrahìm in seguito, lo chiamò in una camera della casa, come se volesse dirgli qualcosa. Non appena fu sola con lui, lo attrasse a sé in un abbraccio con le lacrime che le scorrevano; anche Ibrahìm avvertiva, in presenza di lei, l’angoscia del-la tristezza, e precipitò anch’egli nella sofferenza. Si sarebbero separati per sempre? Che strazio per entrambi quel momento! Era l’abbraccio d’addio, visto che uno andava verso deserti spaventosi e l’altra verso l’i-gnoto, verso l’annientamento eterno. Erano stremati. Lui si accovacciò e chinò il capo sulle sue ginocchia. Piangevano senza parlare. In quell’ora estrema lei sentiva la sacralità dell’addio e il terrore dell’ultimo incontro. Rimasero così finché sentirono la voce di Hasan che scendeva da sopra. Ella lo abbracciò una seconda volta, lo baciò e, in un grido soffocato dal pianto amaro, gli disse l’ultima parola: addio.

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Gibràn Khalìl Gibràn Libano

Nato nel 1883 a Bsharri, villaggio cristiano maronita delle montagne libanesi, muore a New York nel 1931. Poeta, scrittore e pittore, è stato un esponente di punta della letteratura del mahgiar ed è sicuramente l’autore arabo più noto in Occidente, dove le sue opere vengono ancora ripetutamente pubblicate. Nel 1920 fonda, insieme ai connazionali Mikhà’ìl Nua‘yma (cfr.), Nasìb ‘Arìda e altri, il circolo letterario “al-Rabita al-qalamiyya” (Pen Club), con il proposito di favorire la modernizzazione della letteratura araba e promuovere l’incon-tro tra la cultura araba e quella occidentale. Con i suoi scritti (in arabo e in inglese) egli effettua una vera e propria rivoluzione stilistica, a metà tra prosa e poesia, dando così vita, in alcune opere, a una particolare prosa poetica. A tali componimenti, non più legati alla rima, l’armonia ritmica e musicale viene data da allitterazioni e assonanze, o dal ricorso alle enumerazioni, ripetizioni e anafore. Gli scritti di Gibràn hanno attraversato varie fasi. Del periodo gio-vanile sono alcune opere in arabo che risentono dell’influenza dei romantici europei, a partire dal romanzo al-Agniha al-mutakassira (Le ali infrante) del 1912, in cui l’autore esprime la concezione dell’amore, inteso come strumento per raggiungere la vera conoscenza. Seguono opere più mature scritte in ara-bo e successivamente anche in inglese, come The Madman (1918) e The Profet (1923), il suo capolavoro che lo ha reso celebre in tutto il mondo, diventando uno dei primi best seller della letteratura mondiale e dove lo scrittore delinea un’utopistica società umana.

Nei suoi lavori, usando anche l’arma dell’ironia e del sarcasmo, Gibràn cri-tica il conservatorismo in ogni forma, attaccando in particolare l’aristocrazia feudale del Libano e il clero corrotto, soprattutto maronita, che egli accusa di aver tradito il Cristo. Attraverso i suoi personaggi egli esalta l’ideale di una cri-stianità più autentica e aperta all’incontro con l’Islam e con le altre religioni. Animato da un profondo senso di libertà e dalla fede nell’amore universale, in molti suoi lavori esprime un inguaribile sentimento di nostalgia per il Libano, sua patria lontana, che appare come una terra di incomparabile bellezza, ma che deve essere difesa da tutti coloro che cercano di approfittarne, come si legge nel famoso poema Lakum Lubnànukum, li Lubnàni (Voi avete il vostro Libano e io ho il mio) di cui viene presentato uno stralcio, che si rifà al celebre versetto coranico «Lakum dinukum, li dini» (Voi avete la vostra religione, io la mia).

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Voi avete il vostro Libano e io ho il mio 1923

Voi avete il vostro Libano e io ho il mio.Voi avete il vostro Libano con i suoi enigmi, io il mio con la sua bellezza.

Voi avete il vostro Libano di interessi personali e conflitti, io il mio con i suoi sogni e speranze.

Voi avete il vostro Libano, siatene contenti! Io mi accontento sol-tanto dell’assoluto.

Il vostro Libano è un rompicapo politico senza soluzione, malgrado il trascorrere dei giorni; il mio Libano sono colline che si levano mae-stose e gravi verso l’azzurro del cielo.

Il vostro Libano è una questione internazionale che scombussola le notti; il mio Libano sono serene valli incantate dove riecheggia il rintocco di campane e il canto di ruscelli.

Il vostro Libano è un conflitto tra un uomo venuto da ovest e uno venuto da sud; il mio, è una preghiera alata che si leva alta al mattino quando i pastori conducono le greggi al pascolo, e anche alla sera quan-do i contadini rientrano dai campi e dalle vigne.

Il vostro Libano è un governo con infinite teste, il mio Libano è una montagna solenne e mite, assisa tra il mare e le pianure, come il poeta siede tra un’eternità e l’altra.

Il vostro Libano è un artificio di cui la volpe si serve quando in-contra la iena, e la iena quando si imbatte nel lupo. Il mio Libano è il ricordo delle nenie di fanciulle che mi riecheggiano all’orecchio nelle notti illuminate dalla luna, e i canti delle giovinette tra le aie e i frantoi.

Il vostro Libano è una partita a scacchi1 tra un capo religioso e un comandante dell’esercito; il mio Libano è un tempio dove entro con lo spirito quando volgo lo sguardo al volto di questa civiltà che procede veloce, sulle ruote.

Il vostro Libano sono due uomini, uno che paga le tasse e un altro che le riscuote; il mio Libano è un unico uomo che confida nella forza delle proprie braccia all’ombra dei cedri, distaccato da tutto, tranne che da Dio e dalla luce del sole.

Il vostro Libano sono porti, uffici postali e commercio, il mio Li-

1. Lett. “caselle di una scacchiera”.

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bano è un pensiero lontano, un sentimento appassionato, una parola sublime bisbigliata dalla terra all’orecchio del cielo.

Il vostro Libano è fatto di impiegati, operai e dirigenti; il mio Liba-no è lo slancio dei giovani, la determinazione delle persone mature e la saggezza dei vecchi.

Il vostro Libano è formato da delegazioni e commissioni; il mio Libano da riunioni intorno al focolare nelle notti sommerse dalla ma-estosità delle tempeste e rivestite dal candore delle nevi.

Il vostro Libano è fatto di fazioni e partiti; il mio Libano è nei giova-ni che scalano rocce, corrono con i ruscelli e giocano a palla nelle piazze.

Il vostro Libano sono discorsi, discussioni e dibattiti; il mio Libano è il cinguettio dei merli, il fruscio dei rami dei pioppi e dei lecci, e l’eco dei flauti che riecheggia nelle grotte e negli anfratti.

Il vostro Libano è fatto di bugie nascoste dietro una maschera di intelligenza simulata, e da ipocrisia ammantata di tradizione e di arti-ficiosità; il mio Libano è verità semplice e nuda che se si guardasse in una pozza d’acqua non scorgerebbe altro che il suo volto sereno e i suoi lineamenti distesi.

Il vostro Libano è fatto di articoli sulla carta e accordi sui registri; il mio Libano, d’istinto, conosce i segreti della vita, anche se non sa di sapere, e ha una nostalgia che da sveglio, pur credendo di sognare, sfiora i lembi dell’arcano.

Il vostro Libano è un vecchio con le sopracciglia aggrottate che si tocca la barba e pensa solo a se stesso; il mio Libano è un giovane che si erge come una torre, risplende come il mattino e ha a cuore gli altri come se stesso.

Il vostro Libano a volte si separa dalla Siria e altre si unisce ad essa, ma poi rigetta entrambe le condizioni per essere né unito né separato. Il mio Libano non si unisce né si separa, non ha complessi di superio-rità né di inferiorità.

Voi avete il vostro Libano e io il mio.Voi avete il vostro Libano e i suoi figli; io ho il mio Libano e i suoi

figli.Chi sono mai i figli del vostro Libano? Guardate per un po’ perché io vi mostri chi sono in realtà.Sono coloro le cui anime sono nate negli ospedali degli occidentali;

sono coloro le cui menti si sono risvegliate in grembo a un ambizioso che recita la parte del magnanimo.

Sono quei rami flessuosi che si piegano a destra e a sinistra ma sono

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privi di volontà, tremano dal mattino alla sera, senza nemmeno accor-gersi del loro fremito.

Sono quella nave che lotta contro le onde, senza timone né vele, e che ha per timoniere l’esitazione; il suo porto è un antro abitato da spettri. Non è forse ogni capitale europea un antro di spettri?

Sono quelle persone forti, eloquenti e faconde, ma solo tra di loro, mentre sono deboli e muti davanti agli europei.

Sono i liberali riformisti e infervorati ma solo sulla carta e sui pulpi-ti, ma cavillosi e reazionari di fronte agli occidentali.

Sono coloro che si distendono come le rane dicendo: «Ci siamo liberati dal nostro antico dispotico nemico», mentre il loro antico di-spotico nemico si cela ancora nei loro corpi.

Sono coloro che precedono un funerale suonando lo zufolo e dan-zando, ma se poi incontrano un corteo nuziale, la loro musica si tra-sforma in lamento e, invece di danzare, si battono il petto e si straccia-no le vesti.

Sono coloro che conoscono la fame solo quando hanno le tasche vuote, e se invece incontrano chi è affamato nello spirito, si allontana-no da lui e lo canzonano dicendo: «È solo un fantasma che cammina in un mondo di fantasmi!».

Sono quegli schiavi le cui catene arrugginite sono state trasformate dai giorni in ceppi lucenti, e così pensano di essere diventati liberi e affrancati.

Quelli sono i figli del vostro Libano! C’è qualcuno tra loro che rap-presenti la potenza delle rocce del Libano o la maestosa altezza delle sue montagne, la dolcezza delle sue acque o la fragranza della sua aria? C’è tra loro chi può osare dire: «Quando morirò, lascerò la mia patria in condizioni migliori di come l’ho trovata venendo al mondo?». C’è qualcuno tra loro che può osare dire: «La mia vita è stata una goccia di sangue nelle vene del Libano, o una lacrima tra le sue palpebre, o un sorriso sulle sue labbra?».

Quelli sono i figli del vostro Libano. Quanto grandi sono ai vostri occhi, ma quanto piccoli ai miei!

Fermatevi un istante a guardare: vi mostrerò i figli del mio Libano!Sono i contadini che trasformano le sassaie in giardini e orti; sono i

pastori che conducono le greggi di valle in valle, e queste greggi cresco-no, si moltiplicano e vi danno carne come cibo e lana per farne vesti; sono i vignaioli che spremono l’uva per fare il vino e con il vino la melas-sa; sono i padri che allevano i bachi da seta e le madri che filano la seta;

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sono gli uomini che mietono il raccolto e le mogli che lo raccolgono in covoni; sono i muratori, i vasai, i sarti, e i fabbricanti di campane e di campanelli; sono i poeti che riversano il loro spirito in nuove coppe; sono coloro che nascono poeti e compongono stornelli, poesie e zagial*.

Sono coloro che lasciano il Libano, portando con sé soltanto l’en-tusiasmo nei loro cuori e la forza delle loro braccia, e vi fanno poi ritor-no con le mani colme di ricchezze e corone d’alloro sul capo.

Sono coloro che si fanno rispettare ovunque vadano, conquistando i cuori di tutti, ovunque si trovino.

Sono coloro che nascono nelle capanne e muoiono nei castelli della scienza.

Quelli sono i figli del Libano, lampade che i venti non riusciranno a spegnere, sale che il tempo non potrà guastare.

Costoro avanzano a passo sicuro verso la verità, la bellezza e la per-fezione.

Cosa mai resterà del vostro Libano e dei figli del vostro Libano tra cent’anni? Ditemelo! Cos’altro lascerete voi al domani, a parte la pro-paganda, la falsificazione e la stupidità? O pensate che il tempo conser-vi il ricordo dell’inganno, dell’adulazione e della frode?

O forse pensate che l’etere conservi nelle sue tasche i fantasmi della morte e i miasmi delle tombe? Vi illudete che la vita accetti di rivesti-re il suo corpo nudo con logori stracci? Ma io vi dico e la Verità2 mi è testimone, che l’albero di olivo che il contadino pianta su uno dei pendii del Libano durerà più a lungo di tutte le vostre azioni e di tutte le cerimonie funebri; e l’aratro di legno trainato dai buoi sui declivi dei monti è più nobile e più grande di tutti i vostri desideri e ambizioni.

Io vi dico, e la coscienza dell’esistenza mi ascolta, che la canzone di colei che raccoglie ortaggi tra le colline del Libano si conserverà più a lungo delle parole pronunciate dal più illustre ed eloquente ciarliero tra voi. Ma io vi dico che voi non siete nulla! E se voi sapeste di essere nulla, il mio disprezzo per voi si tramuterebbe in compassione e tene-rezza, ma voi non lo sapete!

Voi avete il vostro Libano e io il mio!Voi avete il vostro Libano e i vostri figli: siatene contenti! Ma dav-

vero è possibile accontentarsi di vuote bolle d’aria? Invece io sono convinto del mio Libano e dei suoi figli, e in questa convinzione vi è dolcezza, serenità e pace.

2. In questo caso, “la Verità” è usata come epiteto di Dio.

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Mahmùd Taymùr Egitto

Nato al Cairo nel 1894 e morto nel 1973, ha contribuito in maniera significativa a diffondere nei paesi arabi il genere del racconto, ispirato al modello occiden-tale. Degli autori europei apprezzerà soprattutto Maupassant, che considererà un grande maestro. Nelle sue prime novelle, pubblicate sulla rivista “al-Fajr”, si firmerà con il nome di “Mahmùd Bek* Taymùr, il Maupassant egiziano”. Il padre, un aristocratico di origine turca, appassionato di letteratura araba clas-sica, e il fratello Muhammad (1892-1921), anch’egli molto noto come autore di racconti, eserciteranno una profonda influenza sulla sua vita. Un fattore che in-cide fortemente sulla sua personalità è la malattia che lo colpisce sin da piccolo e che lo costringe a vivere segregato, cercando di compensare con la fantasia ciò che non può realizzare nella vita. Ulteriori fattori che contribuiscono alla sua formazione sono i viaggi che effettua tra il 1924 e il 1930 in Europa, trascorren-do circa due anni in Svizzera. Tra il 1925 e il 1930 pubblica cinque raccolte di racconti, alcune delle quali precedute da lunghe introduzioni, in cui ripercorre la storia del genere del racconto, da Omero ai tempi moderni. Taymùr pubblica anche dei romanzi che non riscuotono, però, lo stesso successo dei racconti, e tredici lavori teatrali scritti in arabo standard (fushà) e in dialetto egiziano. Egli ha contribuito attivamente alla controversia sulla lingua molto dibattuta alla sua epoca. Nelle sue opere rappresenta scene di vita egiziana, con temi che vanno dalla moglie trascurata e depressa ai giovani che sprecano il proprio ta-lento con un comportamento libertino, alle ansie di giovani artisti e scrittori che stentano ad affermarsi.

Nel racconto ‘Amm* Mitwalli (che è il nome del protagonista), qui presenta-to in versione ridotta, Taymùr affronta il tema della corruzione e dell’ignoran-za degli shaykh* che esercitano un enorme potere sul popolo, incoraggiandolo a coltivare credenze irrazionali, per difendere i propri interessi. Egli denuncia la credulità degli strati popolari che arrivano a trasformare un uomo semplice e senza cultura, come il protagonista di questo racconto, addirittura in un santo, un mahdi*. Il brano che segue è stato tradotto dal grande orientalista Carlo Al-fonso Nallino nel 1927 e pubblicato sulla prestigiosa rivista “Oriente Moderno”.

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‘Amm Mitwalli, il mahdi atteso1925

‘Amm Mitwalli, venditore d’arachidi e di libb* e di dolciumi, è un venditore ambulante noto agli abitanti di Hilmiyya, del-la Harat Nur al-Zalàm, dei paraggi della Birkat al-Fil e di via

Darb al-Ahmar. Sul dorso porta la sua vecchia coffa contenente la mer-canzia che, con voce sommessa e con accento dalla pronuncia sudane-se, annuncia ed elenca ai fanciulli.

L’uomo era cresciuto nel Sudan e aveva combattuto nelle file dei mahdisti1 col grado di comandante di una divisione; perciò si sente grande, e un portamento dignitoso lo accompagna ovunque vada, ovunque si fermi. Si presenta nelle viuzze con il suo turbante bianco e lungo e con la veste bianca, dalle maniche ampie, gridando con voce resa fievole dalla vecchiaia e dalla povertà, ma ancora voce di un uomo che ha fierezza e grandezza. […]

Un pomeriggio ‘Amm Mitwalli si recò nell’abitazione di Nur al-Din Bey* e, come al solito, si assise presso la porta; molta gente prese ad affollarglisi intorno, i fanciulli cominciarono ad affrettarsi verso di lui per comprare quel che a loro piaceva della sua mercanzia. Quando il circolo fu completo e la gente si sistemò, ‘Amm Mitwalli con il so-lito atteggiamento si mise a raccontare, con eloquenza e chiarezza, gli avvenimenti del passato e del futuro. Ma, prima che avesse terminato il suo discorso, Ibrahìm Bey stava gridando a squarciagola: «Generale Mitwalli!». L’oratore si fermò e la gente con occhi che mandavano ba-glior di scintille volse gli sguardi al giovane scherzevole e chiacchiero-ne; ma Ibrahìm si fece avanti audacemente con un sorriso noncurante sulle labbra e in tono serio disse ad ‘Amm Mitwalli: «Sua Eccellenza, mio padre, ti chiede di entrare, ti prego di seguirmi».

Tutti furono dolenti di questa sorpresa inaspettata. ‘Amm Mitwalli uscì dal circolo con la solita coffa sulla schiena e si diresse alla porta col passo calmo, accarezzandosi la barba, poi volse uno sguardo affettuo-so ai suoi compagni, ai suoi discepoli e ai suoi seguaci. Entrò quindi nel giardino del palazzo che trovò ampio con alberi alti e folta ombra, dall’aria piena di fragranza di piante di rosa, di gelsomini e di narcisi, curate personalmente dal padrone del palazzo, appassionato di fiori e

1. Seguaci di Muhammad Ahmad, autoproclamatosi Mahdi (Messia), che in Sudan nel 1881 guidò un’insurrezione contro gli inglesi e gli egiziani.

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di piante aromatiche. Andò dietro Ibrahìm Bey attraversando un viale largo che arrivava alla scala del cortile esterno, salamlik*. In quel luo-go stava seduto Nur al-Din Bey sopra un vecchio ed ampio sedile […] ‘Amm Mitwalli avanzò verso di lui salutandolo e gli baciò la mano. […] Fra i due ci fu un breve silenzio durante il quale Mitwalli con voce sommessa ripeteva le parole «Allah*», o «al-Salàh ‘ala al-nabi» (la preghiera sul Profeta). Poi Nur al-Din prese a parlare e dopo un breve preambolo pieno di lodi per ‘Amm Mitwalli, gli annunciò che la vene-randa signora, sua genitrice, aveva sentito parlare di lui, aveva ammi-rato le sue qualità, il suo carattere e il suo attaccamento alla religione; aveva sentito il desiderio di ascoltare da lui i suoi racconti e le sue storie incantevoli e perciò gli aveva chiesto che conversasse per un po’ con lei di sera. […]

‘Amm Mitwalli si fece avanti, le baciò la mano scarna e le augurò vita lunga e molto bene. Il Bey lo fece sedere sopra uno dei cuscini vi-cini e la signora gli diede una della sue sigarette e lui l’accese gustando-ne il delicato aroma. La signora parlò dicendogli che ella era contenta di vederlo e che desiderava ascoltare il racconto della religione e della storia passata, presente e futura dell’Islam. L’uomo chinò lo sguardo, raccolse i suoi profondi e nobili pensieri, poi sollevò il capo, pronun-ziò le lodi e i ringraziamenti a Dio, pregò per il Profeta e cominciò a esporre quel che aveva nell’animo con parola sciolta ed eloquenza che accattivò e stupì la signora. Questa lo ascoltò con grandissimo interes-se finché egli non ebbe terminato tutto il suo racconto e promesso di narrare ancora successivamente. La signora gli donò i denari che aveva in mano, una somma che egli non aveva mai sognato in vita sua. Dopo aver esitato, la prese, facendo alla signora buoni auspici, con cuore sin-cero. Si caricò la coffa sulle spalle, dopo aver baciato la mano di lei e di suo figlio e si avviò lentamente verso la porta. […]

Da quel giorno ‘Amm Mitwalli va sempre a casa di Nur al-Din Bey e vi è ricevuto con lieta accoglienza e rispetto, ricambiato da favori ab-bondanti; dalla povertà è passato all’agiatezza, dalla fatica alla tran-quillità. […]

Oggi ‘Amm Mitwalli è diventato un darwìsh*, uomo semplice ma dedito alla vita religiosa. Dopo essere stato un venditore, ha mutato la sua vita faticosa di girovago per vicoli e vicoletti in una vita di sonno e di preghiera in una camera ariosa. Talvolta va alla moschea per assistere alle lezioni di predica e di indottrinamento per poi ripeterle all’orec-chio della hànim*, madre di Nur al-Din Bey.

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Oggi ‘Amm Mitwalli ha recuperato parte della sua salute e della sua forza già logorata dalle fatiche e dalla miseria. Il suo volto ha ri-preso sangue, i suoi muscoli dimagriti si sono rafforzati, la sua voce è divenuta più sonora di prima, procurandogli dignità e grandezza che riempiono di timore reverenziale e di rispetto i cuori di coloro che lo amano. Questi, oggi, hanno finito col credere che egli sia un uomo fuo-ri dall’ordinario, un uomo scelto da Dio per diffondere la fede musul-mana e purificare la terra dalle sue corruttele. Varie persone in gruppo parlavano a bassa voce consultandosi a vicenda intorno a quest’uomo. L’immagine di un ‘Amm Mitwalli magro, scalzo, dalla veste lacera con la fascia di lino, si era dileguata. Davanti a loro ormai stava il sommo darwìsh che compiva miracoli; colui sotto i cui piedi quando s’avan-za, la terra trema di venerazione e timore; colui ai cui piedi brillano le babbucce rosse, colui il cui bianco e lindo turbante sembra cozzare col cielo, colui dalla cui barba rada e gialla si sprigiona la luce della retta guida e della santità. […] Uno sussurrò all’orecchio degli altri: «Non sarà forse il Mahdi* inviato da Dio per la salvezza dell’Islam? Ho visto con i miei occhi la sciabola della dignità profetica nella sua cassa e quando l’ebbi toccata con la mano, potei guarire mio figlio in punto di morte». Il silenzio si fece generale, i cuori palpitarono a lungo. […]

In quel momento ‘Amm Mitwalli passò davanti a loro, il gruppo si aprì e tutti lo fissarono. Egli dispensò loro un sorriso dolce nel quale trasparivano la pietà religiosa e il timor di Dio; essi chinarono il capo innanzi a lui e presero a baciargli le mani, i lembi dello scialle e della veste. […] Da quell’istante ‘Amm Mitwalli fu preso da uno stato di stupefazione profonda, aumentarono i sogni e le fantasie, sì che finì per passare la maggior parte del tempo nella sua camera, combattendo i nemici con la sua vecchia sciabola e gridando dal profondo del cuore contro i ribelli e i diavoli. Le sue visite al palazzo di Nur al-Din Bey si fecero rade. Egli si ritirò nella sua camera ad adorare Dio e a combatte-re l’aria, mentre [dal palazzo] gli inviavano cibo e chi si prendesse cura di lui, finché la morte decretata lo colse in uno dei suoi accessi di follia. Una folla enorme seguì il suo funerale, tutti i suoi seguaci e amici lo piansero e Nur al-Din Bey gli edificò un mausoleo magnifico con una cupola alta per averne la benedizione.

Così ‘Amm Mitwalli, venditore di libb e di arachidi, finì con il di-ventare uno dei santi di Dio, meta di pellegrinaggio a cui la gente chie-de la guarigione dalle malattie del corpo e dell’anima.

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‘Ali al-Du‘agi Tunisia

Nato a Tunisi nel 1909, al-Du‘agi muore prematuramente nel 1949, dopo aver condotto un’esistenza anticonformista, molto criticata dalla società dell’epoca. Subirà un forte ostracismo da parte degli ambienti tradizionalisti per il suo stile di vita bohémien, di cui ci ha lasciato un fedele ritratto in diversi racconti della raccolta Sahirtu minhu al-layàli (Notti di veglia). Qui, tra l’altro, egli rappresenta ironicamente gli ambienti popolari tunisini del suo tempo, sfruttati dalla borghesia e dai colonialisti francesi. Scrive articoli di carattere sociopolitico che pubblica sulla rivista satirica “al-Surùr”, da lui fondata nel 1936, e collabora a lungo con la radio tunisina. Considerato da molti il padre del racconto tunisino moderno, è anche autore di opere teatrali e di poesie pubblicate su vari giornali. Ha inoltre scritto poemi satirici, alcuni dei quali furono cantati dal famoso artista tunisino Sàlih al-Khmìsi. Fu un fervente promotore dell’emancipazione femminile, aderendo alle idee riformiste del suo connazionale e amico al-Tahir al-Haddàd*.

L’altra sua opera più significativa, Giawla bayna hanat al-bahr al-mutawassit (In giro per i caffè del Mediterraneo), scritta nel 1933 e pubblicata a puntate prima sulla rivista “al-‘Alam al-adabi” (1935-36) e poi su “al-Mabàhith” (1944), è quasi un diario di viaggio. Nel corso di una crociera effettuata nel Mediterraneo, che tocca vari porti, l’autore visita gli scavi di Pompei e descrive con la sua consueta ironia la città di Napoli che gli appare molto caotica, dimostrando così di avere gli stessi stereotipi nei confronti dell’altro che molti italiani avevano e hanno verso le popolazioni della sponda sud del Mediterraneo. Altre tappe della crociera sono la Grecia e il Pireo, Istanbul e Smirne. Il racconto del viaggio, che avrebbe dovuto proseguire fino in Siria e poi ad Alessandria d’Egitto, si interrompe, senza che al lettore siano fornite spiegazioni sulle tappe annunciate. L’autore evita la descrizione dei monumenti per soffermarsi invece su alcuni aspetti della vita sociale dei paesi che visita, come fa a Istanbul, città che stava vivendo allora un processo di modernizzazione messo in atto da Mustafa Kemal*, desideroso di fare della Turchia un paese progredito, e dove l’autore nota ironicamente inevitabili contraddizioni. Nel brano che segue, l’autore ritrae la sua visita agli scavi di Pompei, dove si reca con i suoi compagni di viaggio, tra cui il “Bastian Contrario”, antipatico e saccente, e “Madame sa tutto”, la turista inglese animata da mille pregiudizi come molti europei del Nord nei confronti degli abitanti, anche europei, del Mediterraneo.

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In giro per i caffè del Mediterraneo1933

Viaggio a Napoli e dintorni

Napoli è una bella città che vive grazie alla misericordia di Dio e del Vesuvio, un vulcano arrabbiato che fuma sempre, non credo che fumi sigarette italiane perché sono molto care e si

sa che a Dio non piacciono gli spreconi. Appena sbarcati, fummo accolti da soldati che solo Iddio Onnipo-

tente sa quante uniformi indossassero e quante domande di routine ci rivolgessero. Ci allontanammo dal porto in direzione del centro della città e fummo subito travolti da un altro esercito, ma di guide, traduttori e operatori di agenzie turistiche. Dopo un violento combat-timento tra questi, i vincitori ci portarono come un facile bottino in un grande ufficio dove, per la somma di venti lire a testa, ci fu assicurata la visita agli scavi di Pompei. Ci fecero accompagnare da una guida che parlava una lingua incomprensibile, un francese da vache espagnole: si capiva solo la frase à cette époque… E tutto quello che si vedeva a Pom-pei era attribuito à cette époque, dall’autobus al guardiano del museo, all’ufficiale che ci controllava. […]

Nel nostro viaggio il Bastian Contrario era rappresentato da un uomo che avevo soprannominato “l’acido in persona”. Al suo paese fa-ceva l’insegnante, ed era talmente assorbito da questa professione che ovunque ci trovassimo, sul ponte della nave o nella sala da pranzo, ci radunava per impartirci gratis lezioni tratte da Le guide bleu che aveva sempre in mano, tranne quando la faceva sparire nella tasca della sua giacchetta. Non permetteva a nessuno di darci una qualche informa-zione, scorgendo in un tale comportamento una concorrenza sleale. Protestava con lo chef, dicendo che il modo di sbucciare le patate non era produttivo. Se la prendeva anche con il capo fuochista, e ci spiegava come si doveva caricare il carburante. Ma le sue proteste più violen-te erano contro le guide. Guai a quelli che osassero dire qualcosa non menzionata nel suo “Vangelo blu”, o estranea a quella sua testa calva. Qualche volta, tuttavia, le sue proteste erano sacrosante: in una delle stradine tortuose di Pompei c’era una casa sulla cui facciata di pietra era inciso un triangolo equilatero e un martello. La nostra guida, ri-spondendo a una domanda della moglie del dottore, cominciò a spie-

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garci quei simboli, dicendo che il triangolo rappresentava un triangolo e il martello un martello. E questo dimostrava come gli antichi abitan-ti di Pompei facessero parte della “società segreta dei massoni”, à cette époque, naturalmente; come se quel triangolo e quel martello fossero la prova irrefutabile e aggiunse che quella casa sicuramente doveva essere una loggia massonica, à cette époque, e che la pietra incisa nella facciata era anch’essa un’altra prova irrefutabile.

Ed ecco la protesta dell’insegnante che, punto sul vivo, scattò1 sbraitando: «Sono tutte fandonie! Menzogne e falsità. Non c’è ne Le guide bleu, né io vedo nella pietra e nel martello prove irrefutabili che, a quell’epoca, la massoneria fosse conosciuta».

La cosa strana è che la moglie del dottore non partecipò neanche questa volta alle nostre risate a proposito di quella pietra e di quel martello che non dimostravano proprio un bel niente, ma cominciò a scrivere sul suo taccuino che il martello inciso nella pietra non era, do-potutto, prova irrefutabile della conoscenza della massoneria da parte degli antichi abitanti di Pompei.

Ritorno a Napoli

Lasciammo la città deserta di Pompei, e mi meravigliai che non fosse abitata, dal momento che l’Italia era fin troppo stretta per almeno un quarto degli italiani che da cinque secoli cercano una terra dove abitare.

A mezzogiorno “esatto” tornammo a Napoli dove andammo a pranza-re al ristorante “Santa Lucia”. Di questa santa non sapevamo niente né io, né la guida e neanche l’insegnante con quel suo “Vangelo blu”. Perfino la moglie del dottore trascurò di porre domande a questo proposito. Il risto-rante – che prende il nome da questa santa venerata – era molto elegante. Lì si mangiavano gli spaghetti cucinati dal cuoco più esperto del mondo.

Certo gli spaghetti italiani sono veramente squisiti – stando a quan-to si dice – e sono la miglior pubblicità per la famosa arte italiana, an-che se mangiarli crea non poche difficoltà a un africano come me, abi-tuato al cuscus. Mi misero davanti un piatto di questi tubicini deliziosi e, disorientato, cercai la maniera di avvolgerli intorno a una forchetta con cui non avevo dimestichezza. Dopo aver studiato ed esaminato la situazione, mi rivolsi all’insegnante seduto al mio fianco, e scoprii che anche lui, come me, era piuttosto imbarazzato; allora lo lasciai per un

1. Lett. “sul piede e sulla gamba”; il senso di quest’espressione è “essere in piena attività”.

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gruppo di italiani seduti al tavolo vicino, ma per colmo di sfortuna, li trovai che stavano mangiando legumi e carne. La salvezza venne da un italiano “tradizionalista” che aveva ordinato spaghetti, come ave-vo sentito. Quando ebbe il piatto davanti, afferrò una forchetta con la mano destra, un cucchiaio con la sinistra e con la forchetta si mise ad avvolgere con movimento aggraziato quei tubicini dentro al cucchiaio, fino a farne un boccone che si portava alla bocca veloce come un ful-mine. Cominciai ad imitarlo, ma più giravo la forchetta nel cucchiaio e vieppiù quei sacrosanti tubicini mi scivolavano via. Alla fine lasciai perdere quei benedetti “maccheroni” per un piatto di fagioli, e grazie a Dio mangiai. Quanto all’insegnante, aveva inutilmente cercato nel suo Guide bleu una spiegazione su come si dovessero mangiare gli spaghet-ti, poi li aveva lasciati perdere anche lui, maledicendo l’inventore di quei tubicini che non volevano saperne di entrare in bocca.

Dopo pranzo facemmo un giro per la città tra poliziotti e soldati, che a quell’epoca costituivano la schiacciante maggioranza degli abi-tanti delle città italiane. E tra statue e bronzi – di poco inferiori ai po-liziotti – tenevo d’occhio quel vulcano irascibile, poiché temevo da un momento all’altro l’esplosione della sua collera. Ritrovai la tranquillità solo quando rimisi piede sul ponte della nave, e interposi il golfo di Napoli tra me e quel vulcano. Grazie a Dio l’avevo scampata!

Risaliti sulla nave, la moglie del dottore tornò a fare domande ai marinai sulla partenza della nave, e l’insegnante tornò a impartire le-zioni e prediche2. Lasciammo il porto di Napoli tra il fumo della nave e quello del Vesuvio.

E mentre osservavo il porto che si allontanava da noi – o meglio eravamo noi ad allontanarci – ecco la moglie del dottore chiedermi l’o-pinione sulla poligamia, se la ammettevo o, se addirittura, la praticavo io stesso. Le risposi che da quando avevo conosciuto signore come lei avevo completamente cambiato parere sull’argomento, e che ero riso-luto a rimanere celibe. Quand’ecco avvicinarsi l’insegnante che, car-pito dalle nostre labbra l’argomento della nostra conversazione, cercò di propinarci di nuovo le sue teorie. Lasciai allora “la più brava a fare domande” con “il più sicuro a dare risposte”! Mi avviai così verso la sala ristorante che prima avevo tanto faticato a trovare, ma sprofondai nel-la più tetra disperazione quando mi accorsi che per cena come primo c’era un piatto di quei dannati spaghetti… ma sempre Grazie a Dio!

2. Lett. “a ordinare il bene”.

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Taha HusaynEgitto

È uno degli intellettuali arabi di maggior rilievo, autore di opere di critica lette-raria, biografie, romanzi e racconti. Nasce nel 1889 in un villaggio in provincia di al-Mina, e diventa ben presto cieco per un tracoma. Si trasferisce al Cairo, studia all’Università islamica di al-Azhar, poi all’Università del Cairo, fondata nel 1908, dove seguirà le lezioni di arabisti italiani come Ignazio Guidi e Carlo Alfonso Nallino, e dove consegue il dottorato con una tesi dedicata all’anti-co poeta, anch’egli cieco, Abu ’l-‘Alà al-Ma‘arri*. Si trasferisce poi in Francia, dove approfondisce la conoscenza del pensiero occidentale, anche quello gre-co e latino. Tornato in patria, sarà docente universitario, preside della Facoltà di Lettere e uno dei principali animatori della scena culturale egiziana e araba fino alla sua morte, avvenuta nel 1973. Taha Husayn è ricordato soprattutto per un’opera autobiografica in tre volumi, al-Ayyàm (I giorni), in cui rievoca i momenti più significativi della sua vita, parlando di sé in terza persona, a co-minciare dall’infanzia trascorsa al villaggio in una famiglia numerosa – tredici tra fratelli e sorelle – e dove frequenta il kuttàb*, ricevendo i rudimenti della let-tura e della scrittura fino al periodo in cui si trasferisce al Cairo per frequentare l’Università islamica di al-Azhar. Nella terza parte, Husayn rievoca la sua vita da studente universitario e poi gli studi in Francia. Argomento, quest’ultimo, trattato anche in un altro romanzo autobiografico, al-Adìb (1935). In Francia lo scrittore abbraccia la cultura europea e incontrerà Suzanne Bresseau, la donna che diventerà sua moglie e che ricoprirà un ruolo importante nella sua vita.

Nel brano che segue, tratto dal primo volume de I giorni, l’autore rievoca l’educazione tradizionale dei bambini, soprattutto contadini, che, sotto l’occhio vigile e compiaciuto dei genitori, imparavano a memoria il Corano, ricevendo dai maestri il titolo di sheikh*, dato solitamente alle persone adulte, se non addi-rittura anziane. Qui l’autore non risparmia critiche a questo tradizionale sistema di apprendimento mnemonico, perché i ragazzini, come si leggerà, dimentiche-ranno troppo presto quanto appreso senza una vera comprensione del testo. Il racconto è anche ricco di informazioni sulla realtà dei contadini egiziani e sugli stenti patiti per affrontare la vita quotidiana. Nello stesso tempo l’autore ci for-nisce una testimonianza del saldo legame che univa tutti i componenti della sua famiglia, pronti ad aiutarlo e a sostenerlo nella sua menomazione.

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I giorni 1926

A partire da quel giorno, benché non avesse superato i nove anni, il nostro ragazzo divenne uno sheikh perché aveva imparato a memoria il Corano, e chi conosce il Corano a memoria è

senz’altro uno sheikh, indipendentemente dall’età. Suo padre lo chia-mava sheikh, e altrettanto faceva sua madre, mentre il nostro maestro del kuttàb aveva preso l’abitudine di dargli quell’appellativo soltan-to in presenza dei suoi genitori, o quando era contento di lui oppure quando voleva ingraziarselo per qualche cosa. A parte ciò, lo chiamava per nome, a volte addirittura soltanto “ragazzino”. Il nostro sheikh era piccolo, gracile, pallido e d’aspetto alquanto dimesso. Non possedeva né la gravità né l’imponenza degli sheikh. I suoi genitori si acconten-tavano, per adularlo e lusingarlo, di usare quell’appellativo premesso al nome, spinti più da vanità che non da vera benevolenza nei suoi confronti. A lui, invece, quell’appellativo, in un primo momento, piac-que, ma poi cominciò ad aspettarsi qualcos’altro: un’ulteriore forma di riconoscimento e di incoraggiamento. Si aspettava di diventare uno sheikh vero e di portare il turbante e indossare la giubba e il caffetano. Fu difficile convincerlo che era troppo piccolo per mettere il turban-te ed entrare in un caffetano. Ma d’altro canto, come avrebbe potu-to accettare facilmente una cosa del genere, lui che era già uno sheikh e conosceva il Corano a memoria? Come poteva essere, nello stesso tempo, piccolo e sheikh…? Si può considerare piccolo chi ha imparato a memoria tutto il Corano? Era vittima di un’ingiustizia! Cosa vi era infatti di più ingiusto che essere privato del sacrosanto diritto di indos-sare turbante, giubba e caffetano?

Dopo appena qualche giorno, però, quel titolo di sheikh gli divenne insopportabile, odiava essere chiamato con quel nome; gli sembrava che la vita fosse tutta un sopruso e una menzogna, e che l’essere uma-no potesse essere trattato ingiustamente persino dal proprio genitore: la paternità e la maternità non rendevano certo i genitori immuni da menzogne, vanità e inganni. Ben presto questi sentimenti si tramuta-rono in disprezzo per l’appellativo di sheikh, e nella netta sensazione che quello che i suoi genitori sentivano nel cuore era solo vanagloria e boria. Alla fine, però, come sempre faceva, dimenticò anche questo.

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Badr Shàkir al-SayyàbIraq

Nato a Giaykùr, nel sud dell’Iraq, nel 1926, è considerato uno dei massimi poeti arabi del Novecento. Nel 1945 si iscrive al Partito comunista, aderisce poi al nazionalismo arabo, venendo più volte arrestato. Muore nel 1964, a soli 37 anni, in condizioni di estrema povertà. Ci ha lasciato diverse raccolte di poesie, tra cui una pubblicata postuma. Badr Shàkir al-Sayyàb è uno dei poeti che più lucidamente ha interpretato la crisi della sua epoca.

Egli è stato influenzato dal surrealismo, dall’espressionismo e dalla poesia anglosassone (T. S. Eliot sarà uno dei suoi principali ispiratori). Accanto ai miti della tradizioni islamica, al-Sayyàb ricorre ai personaggi della mitologia greca (Prometeo e Sisifo), babilonese (Gilgamesh, Ishtar) e fenicia (Baal, Adonis), ma soprattutto a Tammùz, il dio mesopotamico che risuscita dal regno dei morti, assurgendo a simbolo di fertilità e di rinnovamento, e che dà il nome al movimento poetico Tammùzi*, di cui al-Sayyàb sarà uno dei fondatori. Altra fonte di ispirazione per il poeta è la figura del Cristo, anch’egli simbolo di ri-nascita. Nelle sue opere è anche ricorrente il tema della terra sterile e della fer-tilità ripristinata attraverso la pioggia, che diventa metafora di salvezza, come si legge nel poema Unshùdat al-matar (Il canto della pioggia), che dà il nome all’omonima raccolta da cui è tratto l’incipit qui riportato, nella traduzione italiana di Paolo Minganti che aveva a lungo studiato le opere di questo grande poeta. Con il tempo, la poesia di al-Sayyàb diventa più introspettiva ed esprime un senso di dolorosa nostalgia per l’infanzia, per la madre morta, per la casa avita e per il natio paese di Giaykùr dove scorre il fiume Buwayb, costeggiato da rigogliose palme. Insieme alla famosa poetessa irachena Nàzik al-Mala’ika, al-Sayyàb ha contribuito in maniera sostanziale alla creazione della moderna poesia araba, caratterizzata dal verso libero e da un uso più diretto della lingua, rinunciando all’antica forma del doppio emistichio e della rima unica. Questa nuova poesia, duramente attaccata dai critici arabi più conservatori dell’epoca, tra cui Mahmùd al-‘Aqqàd, diventerà un modello per molti altri poeti arabi. A questi si deve la rinascita della poesia araba moderna, di cui si farà promotrice la rivista libanese “al-Shi‘r”, fondata nel 1957 da grandi poeti come Adonis, Khalil Hàwi e Yùsuf al-Khal.

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Il canto della pioggia1962

I tuoi occhi sono palmeti nell’ora dell’alba,o balconi dai quali si diparte la luna.I tuoi occhi quando sorridono, germogliano pergole

e danzano luci… come lune in un fiumeche lentamente agita nell’alba il remo,come se ammiccassero nel fondo di essi, le stelle…E naufragano in brume di sottile tristezzacome il mare sul quale scioglie le ali la sera,in cui è tepore d’inverno e tremito d’autunno,e morte, e nascita, e tenebre, e luce;si risveglia in tutto il mio spirito un convulso di piantoe un’ebbrezza selvaggia che abbraccia il cielocome l’ebbrezza del bimbo quando teme la luna!Come se gli arcobaleni bevessero le nuvolee goccia a goccia si fondessero in pioggia… Mormorano i bambini nelle pergole,solletica il silenzio degli uccelli sugli alberiil canto della pioggia…Pioggia… Pioggia… Pioggia…Sbadiglia la sera e le nuvole non cessano di versare [quelle loro lagrime grevi.Come un bimbo che prima del sonno continua a smaniare:ché sua madre da un anno, quando egli si desta non trova. Poi come insiste nel chiederegli dicono: «dopo domani tornerà…».Tornerà certamente anche se i compagni bisbigliano che ella laggiùsul fianco del colle dorme il sonno delle tombee ingoia la terra e beve la pioggia; come un pescatore triste [che raccoglie le sue retie maledice l’acqua e il destinoe scioglie il canto dove tramonta la luna.

Pioggia… Pioggia…

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Tawfìq al-HakìmEgitto

Nato ad Alessandria d’Egitto nel 1898 e morto al Cairo nel 1987, è uno dei nomi di maggior spicco della letteratura araba del Novecento. Autore di una settantina di opere tra romanzi, autobiografie, piéce teatrali e saggi, ha soprattutto contri-buito all’evoluzione del teatro arabo contemporaneo. Al Cairo, dove si trasferisce per studiare diritto, nel 1919 scrive la sua prima piéce, al-Daif al-thaqìl (L’ospite pesante), che allude agli occupanti britannici. Completa gli studi a Parigi dove si avvicina al teatro simbolista di Maeterlinck, ma poi anche a quello di Pirandello e di Bernard Shaw. Tornato in patria, assume per qualche anno l’incarico di procu-ratore generale, ma a partire dal 1943 si consacra completamente alla letteratura. La sua produzione teatrale attraversa varie fasi: negli anni Trenta e Quaranta si orienta verso temi filosofici e metafisici, ispirandosi ai miti greci, alla Bibbia e al Corano, e producendo alcuni dei suoi capolavori, come Ahl al-Kahf (La gente del-la caverna) del 1933, ispirato alla leggenda cristiano-coranica dei sette dormienti di Efeso, in cui affronta il tema della relazione dell’uomo con il tempo; Shahrazad (1934), ispirata alla novella cornice delle Mille e una notte; e Pigmaliyùn (1942), in cui rielabora il mito di Pigmalione e si interroga sul significato dell’arte. A partire dagli anni Cinquanta scrive opere sempre più legate all’attualità in cui analizza il ruolo del potere e il significato della libertà, oppure influenzate dal teatro dell’as-surdo di Jonesco e di Beckett. È stato anche il teorizzatore della “terza lingua” da adoperare in teatro, che avrebbe dovuto mediare tra la lingua classica (fushà) e la lingua popolare (‘ammeya). Argomento, questo, molto dibattuto negli ambienti intellettuali e soprattutto teatrali del mondo arabo. Tawfìq al-Hakìm ha scritto anche alcuni romanzi, tra cui ‘Usfur min al-sharq (Uccello d’Oriente) del 1938, in parte autobiografico, dove analizza la relazione tra Occidente e Oriente attraverso le vicende di un giovane studente egiziano a Parigi. Questo tema sarà ripreso anche in altre sue opere di narrativa. Di carattere chiaramente autobiografico è anche Yawmiyyàt na’ib fi al-aryàf (Diario di un procuratore di campagna) del 1937, di cui viene qui presentato un brano, ispirato all’esperienza dello scrittore di procurato-re generale nella campagna egiziana. Il protagonista si scontra con l’arretratezza degli abitanti e descrive l’inefficienza del potere legale in una società retta ancora da norme ancestrali. Il romanzo, ambientato in una cittadina del Delta del Nilo, ruota intorno ad alcuni crimini i cui autori resteranno ignoti, ma soprattutto vi si descrive la vita infelice dei contadini egiziani alla mercé di burocrati insensibili.

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Diario di un procuratore di campagna1937

Lasciai andare il commissario per i fatti suoi e tornai al mio ufficio alla Procura. Il mio assistente mi raggiunse appena seppe del mio arrivo, come se fosse stato impaziente di rivedermi. […]

Hajj* Khamìs, il tuttofare del tribunale, fece capolino. Gli ordinai una tazza di tè leggero e tornai a occuparmi del mio assistente che ave-va un gran bisogno di parlare e sembrava credere che io fossi altrettanto ansioso di conversare. Durante la mia assenza, la solitudine lo aveva quasi ucciso. Era disgustato dalla campagna. Qui non c’era un solo caf-fè dove uno come lui potesse mettere piede. A parte, naturalmente, la bottega di quel droghiere greco1 Tanasius, davanti alla quale erano state sistemate due tavole di legno e due sedie di paglia, e che la gente di qua chiamava taverna. Ma persino questo greco portava una gellaba* da contadino, e nel suo aspetto non c’era più nulla che tradisse l’europeo, a parte il colore degli occhi e dei capelli. Dove poteva andare a spasso, passare il tempo, un giovane appena arrivato da una capitale piena di luci, locali e animazione? Davanti agli occhi, ora, aveva soltanto qual-che edificio in muratura, perlopiù fatiscente e le “tane” dei contadini col tetto di paglia2. Queste ultime, grigie scure come il fango, il letame e lo sterco, erano ammucchiate in minuscoli villaggi e colonie agricole sparpagliate per tutta la pianura coltivata come mandrie di bestiame lasciate al pascolo. Questi mucchi di case il cui interno brulicava di contadini miserabili erano tutto ciò che il paesaggio di quaggiù aveva da offrire. E questa desolazione era aggravata dal silenzio che calava sul paese sin dal tramonto. Da quel momento, non si sentiva nient’altro che il muggito dei bufali, il latrato dei cani e il raglio dei somari; il ci-golio delle norie, dei bindoli e delle ruote idrauliche; e qualche colpo sparato nel cuore della notte dalle guardie private o municipali, per spaventare gli altri o rassicurare se stesse. Il mio assistente cercava un rimedio contro la noia. Ma cosa si può fare contro la campagna, a parte sposarsi, o darsi al vizio, oppure leggere e scrivere i propri ricordi, come faccio io ogni volta che mi è possibile?

Il mio amico pensava di frequentare il circolo, perché non sape-

1. Nel testo arabo è rumi, parola con cui in Egitto si intendevano principalmente i cristiani dell’Impero bizantino e gli ortodossi in genere, quindi anche greci.

2. Lett. “costruita con gli arbusti del cotone e del mais”.

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va nulla del circolo di questa provincia. Veniva chiamata con questo nome una stanza al piano superiore di una casa decrepita, cui si accede-va per una scala di legno. […] I soci del circolo, naturalmente, erano i funzionari dell’amministrazione, il medico condotto, i notabili, qual-che impiegato e il farmacista3. Qui questa gente non faceva altro che giocare a carte e a tavola reale e sparlare degli altri. Il rappresentante del pubblico ministero del distretto poteva forse confondersi con questa combriccola? […] Non dimenticherò mai il giorno in cui i funzionari dell’amministrazione mi invitarono, in compagnia del giudice del po-sto, a una serata d’onore di un collega che era stato trasferito. Non po-tei evitare di andarci. Le bottiglie di whisky stavano in bella mostra sul buffet e riempirono il mio bicchiere e quello del giudice. Quest’ultimo si lasciò andare a bere più del dovuto, e si mise a chiacchierare e a ridere a sproposito. Allora il commissario, ugualmente brillo, si chinò verso di me e mi sussurrò all’orecchio con una risatina: «Sua eccellenza il giudice ha perduto il contegno!», non volli sentire altro. Me ne andai alla chetichella e tornai tranquillamente a casa senza che nessuno di quel consesso di ubriaconi ci facesse caso. Da quel giorno non ho più messo piede al circolo. Il mio assistente sembrava convinto delle mie parole. […] Entrò Abd al-Maqsùd Effendi*, l’insopportabile capo della sezione penale.

«Ci sono quattro casi di flagrante reato», disse. «Ebbene, fateli venire».Il funzionario uscì mandandomi la guardia con i verbali e gli arre-

stati. Prima di convocare gli imputati esaminammo le carte. Presi tre casi per me e passai al mio assistente l’altro fascicolo, che a una rapida scorsa mi era sembrato il meno impegnativo.

«Si tratta del furto di una pannocchia di mais», gli dissi. «Un caso più facile non poteva capitarti. Interroga questo disgraziato, e vedrai che confesserà prima ancora di rendersene conto”.

L’assistente mi prese di mano il fascicolo tradendo una certa agita-zione: era la prima volta che faceva un interrogatorio. Si mise a leggere parola per parola e poi rilesse di nuovo il tutto che si componeva al massimo di cinque pagine. […]

Lo pregai di mettere da parte i suoi appunti e di suonare il cam-panello, e poi ordinai alla guardia che si era affacciata sulla porta di

3. Nel testo Sahib al-ajazkhana, “proprietario della farmacia”, parola, quest’ultima, di origine turca.

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introdurre il primo imputato. Entrò un anziano contadino. […] Dissi all’assistente di porre senza timore le domande che aveva preparato; se si fosse trovato in difficoltà, l’avrei aiutato io. Il giovane arrossì titu-bante, e infine si fece animo e domandò, guardando l’imputato:

«La pannocchia l’hai rubata tu?».«Per fame!», rispose immediatamente il vecchio. L’assistente mi

guardò e disse trionfante: «L’accusato confessa il furto».«Chi ha detto che avrei negato?», replicò l’uomo con semplicità.

«È così: avevo fame, e sono andato in un campo a prendermi una pan-nocchia…».

La penna si fermò nella mano dell’assistente, e lui, non sapendo come andare avanti, si voltò verso di me in cerca di aiuto. Allora dissi guardando l’uomo: «Buon uomo, perché non lavori?».

«Datemi lavoro, Bek*, e se mi tiro indietro la colpa sarà mia. Ma noi poveracci un giorno lavoriamo, e dieci facciamo la fame».

«Secondo la legge, tu sei colpevole di furto».«La legge, Sua Signoria Bek, la riveriamo. Ma forse anche la legge

ha giudizio e sa che siamo fatti di carne e di sangue e abbiamo bisogno di mangiare».

«Qualcuno può garantire per te?».«Sono solo alla porta di Dio»4.«Hai i soldi per la cauzione?».«Se ce li avevo, mi ci compravo da mangiare».«Se versi cinquanta piastre di cauzione, sarai rilasciato subito».«Cinquanta piastre! Per la vostra testa sono due mesi che non vedo

l’ombra di un quattrino. La mezza piastra, manco mi ricordo com’è fatta: il buco in mezzo ce l’ha ancora o l’hanno tappato?».

Guardai l’assistente e gli dettai la sentenza: «L’imputato è condan-nato a quattro giorni di carcere preventivo, rinnovabili se necessario e sarà schedato dalla polizia. Guardia, portatelo via!».

L’uomo si baciò il palmo e il dorso della mano ringraziando il Si-gnore: «Meno male! In prigione si sta bene. Lì almeno un boccone non te lo toglie nessuno. Assalam alaykum!*».

L’uomo uscì con i polsi ammanettati, trascinando i piedi. Vedendo andar via il suo imputato il mio assistente si rilassò e tirò un sospiro di sollievo. Convocai il caso successivo.

4. Espressione che vuole dire “povero in canna”.

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Mikha’ìl Nu‘ayma Libano

Nasce nel 1889 a Biskinta, a nord di Beirut, studia nella scuola russa del suo paese poi in quella di Nazareth. Soggiorna in Ucraina dove approfondisce la cono-scenza della cultura russa per la quale proverà profonda ammirazione per tutta la vita. Nel 1911 emigra negli Stati Uniti e diventa uno degli esponenti di spic-co del mahgiar*. Con Gibràn Khalìl Gibràn (cfr.) e altri poeti fonda “al-Ràbita al-qalamiyya” (“Pen Club”) per promuovere le opere di autori arabi, ma anche traduzioni di autori occidentali. Il rinnovamento della letteratura è il tema che Nu‘ayma affronta nel suo celebre saggio di critica letteraria al-Ghirbàl (Il setac-cio) del 1923, in cui attacca, tra l’altro, la poesia tradizionale e auspica un rin-novamento della letteratura araba all’insegna di una maggiore autenticità. Nel corso della sua lunga vita, Nu‘ayma scrive opere che abbracciano diversi generi, dalla poesia al teatro, dai saggi alle raccolte di racconti. Come altri letterati del mahgiar, anche Nu‘ayma, oltre a scrivere in arabo, compone opere in inglese che poi egli stesso tradurrà nella sua lingua, ma, a differenza dei suoi connazionali negli usa, egli arricchirà la sua esperienza con il grande patrimonio culturale russo che cercherà di diffondere tra gli arabi. Negli anni Trenta, tornato in Li-bano, si ritira nel suo villaggio natale, Biskinta, lasciandolo solo nel 1956 per visitare la sua amata Russia, divenuta nel frattempo Unione Sovietica. Uno dei frutti di questo suo viaggio è il saggio Ab‘ad min Musku wa min Washinghton (Più lontano da Mosca e da Washington) del 1956, dove analizza alcuni elementi costituivi della civiltà russa, mettendoli a confronto con quella statunitense.

Da questo saggio è tratto il brano qui proposto, in cui lo scrittore rievo-ca la vita agli inizi del Novecento nel Bilàd al-Sham*, sottoposta a quell’epoca al dominio oppressivo della Sublime Porta*, e offre uno spaccato di vita della comunità cristiano-ortodossa libanese, che si sentiva più vicina alla lontana Russia piuttosto che ai turchi ottomani. Egli illustra anche come, attraverso il controllo del sistema educativo, la Russia, assieme ad altri paesi come la Francia e l’Inghilterra, cercasse di assicurarsi il controllo su parti dell’Impero ottomano in disfacimento. E questo grazie alla presenza di loro missionari nella regione che attiravano sempre più i giovani del posto, che ambivano a uscire dagli an-gusti confini, anche culturali, della propria patria. Lo scrittore muore nel 1988, nel suo amato paese natio, all’età di 99 anni.

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La mia relazione con la Russia1956

Avevo tra i cinque o i sei anni quando la comunità ortodossa annunciò la costruzione, nella zona est di Biskinta, il mio paese natale, di un grande edificio. Noi piccoli capimmo che l’edifi-

cio in questione sarebbe stata una scuola “moscovita”, che ci avrebbe risparmiato di frequentare l’umile scuola confessionale del paese, dove un paio di maestri, non di più, si accollavano il compito di svelare a noi studenti i segreti della lettura e della scrittura, avendo a disposizio-ne soltanto i Salmi (del profeta Davide) e una bacchetta di gelso o di platano.

L’edificio fu completato nel 1896, e appena ci trasferimmo, per noi fu come passare dall’inferno al paradiso. Le aule erano ampie, belle e pulite, i banchi di una forma mai vista prima: il sedile era unito a un piano d’appoggio per scrivere, e davanti a ciascuno studente c’era un calamaio di rame, infilato in quello stesso piano d’appoggio. Nella parte anteriore dell’aula c’era una pedana alta con sopra una cattedra e una sedia per il maestro. Su una parete c’era una lavagna nera e, sotto, dei gessi e un cassino. Al centro dell’edificio scolastico si trovava un lungo e ampio corridoio dove gli studenti si radunavano per pregare prima e dopo le lezioni. Su un lato di quel corridoio c’erano lavandi-ni, asciugamani, saponi e pettini, e sul lato opposto, ma sulla parete esterna, in alto, era sistemata una campanella dal suono dolce, che ci avvertiva dell’inizio delle lezioni, alle otto del mattino, e ci informava quando finivano alle quattro del pomeriggio. Ma la cosa più splendida era che i libri, i quaderni e le penne ci venivano distribuiti gratuitamen-te; inoltre la scuola che in passato era frequentata solo dai maschi, ora era diventata mista: vi studiavano sia maschi sia femmine; il numero di insegnanti era aumentato da due a nove, e tra questi c’erano tre mae-stre; anche il numero degli scolari era salito da venti a circa duecento; il numero delle classi era passato da due a otto; si cominciava con il sil-labario, Bustàn, per poi passare a materie come la grammatica, geogra-fia, aritmetica, storia, nozioni di lingua russa, ed era compresa anche l’educazione fisica. Ma la cosa più importante, ai nostri occhi, era che i colpi di bacchetta su mani e piedi erano stati proibiti e i maestri che vi facevano ricorso erano passibili di sanzioni. Quanto al direttore della scuola, questi veniva scelto tra coloro che si erano diplomati alla Scuola

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russa per insegnanti di Nazareth. La mia massima aspirazione all’epoca era poter diventare un giorno il direttore di una scuola “moscovita”.

Noi piccoli non potevamo sapere da dove provenisse tutta quella grazia di Dio, né come! Sapevamo soltanto che i “moscoviti” erano un popolo forte e generoso, governato da uno zar che quando parlava face-va tremare tutti i re della terra, e che abitavano in un paese freddo e lon-tano del Nord e che erano rum* come noi, e per questo simpatizzavano per noi e si preoccupavano di difenderci insieme alla nostra “religione”, l’unica vera religione! Quanto al nostro Stato Sublime1, esso aveva rag-giunto una condizione non più sanabile di divisione e decadenza, e le nazioni occidentali, con il pretesto della religione, avevano cominciato a competere tra loro per estendere la propria influenza sulle diverse parti di quello stato in rovina. Avevamo una marea di scuole francesi, inglesi, tedesche, italiane, americane, russe e di altri paesi, in Palestina, Siria e Libano, ma tutto questo, noi studenti lo ignoravamo e non ci rendevamo conto di ciò che accadeva. Una volta o due all’anno da noi veniva un ispettore russo, accompagnato dal suo traduttore. Lo chia-mavamo sovrintendente, nàzir o munàzir, e il giorno della sua visita notavamo che il direttore della scuola e tutto il corpo docente avevano paura di lui, come se la loro vita fosse nelle sue mani. Tiravano a lucido la scuola e ci raccomandavano di indossare gli abiti migliori, poi ci por-tavano nel cortile dove ci allineavano in file, e lì il direttore ci insegnava una frase di benvenuto in russo che suonava così: «Chiediamo per voi la salute e ci rallegriamo che siate arrivato sano e salvo!», e finché non compariva quel biondo ispettore, noi continuavamo a ripetere a squar-ciagola quella ridicola cantilena. Una volta all’anno – il 6 dicembre – il giorno di San Nicola, si organizzava una grande cerimonia in onore dello zar Nicola ii per il suo onomastico. Di mattina pregavamo, e la sera tutta la comunità, grandi e piccoli, uomini e donne, si radunava e insieme partecipavamo a una grande cerimonia intervallata da canti, trilli e danze; si lanciavano fuochi d’artificio e urla di evviva per sua maestà, il sovrano felice nella remota San Pietroburgo: «Che Dio lo faccia essere vittorioso…». E se quelle nostre grida fossero giunte all’o-recchio del sultano ottomano ‘Abd al-Hamìd* sulla riva del Bosforo? In fondo eravamo considerati ancora suoi sudditi!

1. Il riferimento è allo Stato ottomano, noto anche come Sublime Porta.

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Nagìb Mahfùz Egitto

È stato l’unico scrittore arabo insignito del premio Nobel per la letteratura (1988). Autore prolifico, ha sperimentato tutte le tendenze letterarie, dal roman-zo storico (faraonico) al realismo e al simbolismo, dal surrealismo all’esistenziali-smo e all’assurdo. Molti suoi lavori sono stati adattati per il grande schermo, che ha accresciuto la sua popolarità in tutto il mondo arabo. Egli ritrae in una lingua classica, viva e spontanea, la vita della sua amata città, Il Cairo, dove nasce nel 1911 e muore nel 2006. Il suo capolavoro è al-Thulàthiyyah (La Trilogia), 1956-57. In quest’opera, attraverso la saga di un’agiata famiglia musulmana, Mahfùz tratteggia i cambiamenti sociali e politici dell’Egitto dal 1919 fino alla fine della Seconda guerra mondiale. Il capofamiglia, il patriarca Ahmad ‘Abd al-Giawàd, educa i figli nella più ferrea disciplina e le due figlie, Khadìgia e ‘Aisha (ritratte in-sieme alla madre, nel primo brano qui presentato, tratto dal primo volume della Trilogia) sono completamente soggette alla sua volontà e conducono, com’era il costume dell’epoca, una vita tra le mura domestiche accontentandosi di osserva-re il mondo esterno da dietro la caratteristica grata di legno che adorna e chiude le finestre delle case tradizionali egiziane. Ma, come si vedrà nel testo che segue, nessuna grata al mondo potrà impedire a due giovani di guardarsi e innamorarsi.

Lo scrittore abbandona poi il realismo e sperimenta nuovi stili come in Awlàd haràtina (I ragazzi del nostro quartiere) del 1956, un’opera allegorica che sarà fortemente criticata dagli ambienti religiosi, e per la quale egli subirà un at-tentato da parte di un integralista islamico nel 1994. Molti dei suoi romanzi degli anni Sessanta sono frutto del sentimento di frustrazione che pervade l’Egitto, dove le speranze suscitate inizialmente dalla Rivoluzione degli Ufficiali Liberi (1952) sono disattese. Dal punto di vista formale, l’autore introduce il ricorso al flashback e manifesta un interesse sempre più spiccato per la psicologia dei suoi personaggi. Capolavoro di questa nuova fase è il romanzo Miramar (1967), dal nome di una pensione della città di Alessandria, da cui è tratto il secondo brano qui presentato. La storia è raccontata da più voci narranti. La protagonista, la giovane Zahra, cameriera povera e onesta della pensione, rappresenta l’Egitto indifeso e vittima di soprusi. Il brano si apre con una descrizione della città di Alessandria e prosegue con una furiosa lite tra Zahra e Sarhàn, un giovane arrivi-sta che non mantiene la promessa di sposare la ragazza.

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Bayna al-Qasrayn1 1956

La madre e le figlie, Khadìgia e ‘Aisha, si affrettarono per raggiunge-re la mashrabiyya*, appostandosi dietro la griglia che dava sulla via al-Nahhasìn, per vedere, attraverso le fessure del legno, gli uomini

della famiglia in strada. Apparve per primo Al-Sayyed2, camminando a passo lento, con aria solenne e dignitosa, colmo di nobiltà e di bellezza, alzando di tanto in tanto le mani in segno di saluto. ‘Amm* Hasanein, il barbiere, si alzò al suo passaggio, seguito da Hagg* Darwìsh, il vendi-tore di ful*, da al-Fuli, il lattaio, e da Bayyùmi, il venditore di sciroppi. Le donne lo seguivano con gli occhi pieni di amore e di fierezza. Fahmi gli veniva dietro con la sua andatura precipitosa, poi Yasìn, con il corpo di un toro e l’eleganza di un pavone. Infine apparve Kamàl, che ancor prima di aver fatto due passi, si voltò e alzò la testa verso la finestra con la mashrabiyya, dove sapeva che la madre e le sorelle si nascondevano. Sorrise e continuò il suo cammino tenendo la cartella con i libri sotto il braccio, cercando sul suolo un sasso da prendere a calci.

Era quello uno dei momenti più felici per la madre, anche se la sua apprensione per il malocchio, che poteva colpire i suoi uomini, oltre-passava ogni limite, non smetteva così di recitare il versetto «dal male dell’invidioso che invidia»3, finché essi non erano più alla portata del-la sua vista.

La madre lasciò la mashrabiyya, seguita da Khadìgia. ‘Aisha, invece, si attardò allo scopo di rimanere sola e, andando verso l’angolo che dava sul vicolo Bayna al-Qasrayn, attraverso la griglia di legno tese lo sguardo piena di inquietudine e di impazienza febbrile. Con occhi luc-cicanti e mordendosi le labbra, sembrava visibilmente in preda a un’at-tesa. Non dovette aspettare a lungo prima che apparisse, all’uscita del vicolo cieco di al-Khoronfish, un giovane ufficiale di polizia che si di-rigeva con passo tranquillo verso il distretto di polizia di al-Gamaliyya. A questo punto, la ragazza lasciò in fretta la mashrabiyya, raggiunse il salone e si diresse verso la finestra laterale, ne fece ruotare la maniglia e la socchiuse leggermente facendola scricchiolare, poi rimase ad aspet-tare con il cuore che batteva forte per l’emozione e il timore. Arrivando

1. Nome di un quartiere del Cairo (lett. “Tra i due palazzi”).2. Lett. “signore, padrone”, qui si riferisce al capofamiglia Ahmad ‘Abd al-Giawàd. 3. Corano, cxiii, 5. Il versetto, noto come Ayàt al-Kursi, è usato contro il malocchio.

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in prossimità della casa, l’ufficiale alzò gli occhi discretamente, ma sen-za alzare la testa – nessuno alzava la testa in Egitto in quel tempo – e i tratti del volto si illuminarono dello sfavillio di un sorriso discreto che fece risplendere sul viso della ragazza un rossore pudico. Emettendo un sospiro, la ragazza richiuse la finestra con violenza e nervosismo, come una criminale che tenti di far scomparire le tracce di un crimine di sangue; poi si allontanò chiudendo gli occhi in preda all’emozione, si lasciò cadere su una sedia e con la testa appoggiata sulla mano, viag-giò nello spazio senza fine dei suoi sentimenti, non trovandovi né vera felicità, né autentica paura, ma il suo cuore era combattuto senza pietà fra l’una e l’altra. Se si lasciava trasportare dall’ebbrezza e dall’incanto della gioia, il suo cuore trasaliva dalla paura4, ed ella non sapeva cosa fosse meglio: desistere da quell’avventura oppure seguire il suo cuore, dal momento che l’amore era forte quanto la paura stessa. Rimase in balia delle sue fantasticherie per qualche istante, finché si calmarono le voci dell’angoscia e del rimorso, ed ella si dette a gustare la dolce ebbrezza del sogno all’ombra della quiete. Si ricordò allora, come sem-pre le piaceva ricordare, del giorno in cui, scuotendo la tenda abbassa-ta sulla finestra, per mandar via la polvere, aveva osato rivolgere uno sguardo verso la strada, attraverso il battente semiaperto, e le era cadu-to lo sguardo su di lui che la stava osservando in viso con meraviglia e ammirazione. Ella indietreggiò, come colta da spavento, ma il giovane non scomparve ai suoi occhi senza che la visione della stella dorata e della mostrina rossa sulla divisa lasciassero una traccia indelebile nella immaginazione di lei, capace di incantare la mente e carpire l’immagi-nazione. Il giorno seguente, alla stessa ora, e così pure nei giorni suc-cessivi, aveva preso l’abitudine di rimanere dietro la grata, senza farsi vedere, osservando gioiosa e trionfante colui che alzava lo sguardo alla ricerca ansiosa della sua presenza. E quando intravedeva la figura della giovane dietro alle persiane, improvvisamente una luce di gioia gli si diffondeva in volto. Il cuore ardente di lei, che si svegliava per la prima volta all’amore, aspettava quel momento con impazienza febbrile, lo assaporava all’istante con delizia, prima che egli lo interrompesse come in un sogno. Passò così un mese e ritornò il giorno delle grandi pulizie. La ragazza si precipitò allora verso la tenda per scuoterla dietro alla fi-nestra semiaperta, facendo bene attenzione, questa volta, a farsi vedere. E così, giorno dopo giorno, mese dopo mese, finché il desiderio di un

4. Lett. “il suo cuore batteva come il martello”.

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po’ più d’amore ebbe il sopravvento sulla paura; ella fece un pazzesco balzo in avanti, spalancò la finestra e aspettò, con il cuore che batteva forte per l’emozione e la paura, come se avesse dovuto dichiarargli il suo amore, o peggio, come chi si lanci da una grande altezza per sfuggi-re a un fuoco divampante.

Miramar 1967

Adoro il clima di Alessandria, non per il cielo sereno e nemme-no per i raggi dorati e tiepidi del sole, ma per le sue sfuriate stagionali, quando le nuvole si addensano in cumuli, la luce del

giorno diventa oscura come quella del la sera e la volta del cielo si carica di un silenzio inquieto. Poi arriva incerta una folata di vento che attra-versa il vuoto come un araldo o un oratore che si schiarisce la gola. A quel punto oscillano i rami degli alberi […] e si susseguono le raffiche, il vento incalza, inebriato di follia, echeggiando all’orizzonte, aumenta il fragore delle onde e la schiuma del mare raggiunge il ciglio della stra-da. Il rombo del tuono rovescia ebbrezze gorgoglianti da un mon do sconosciuto, saettano i fulmini che abbagliano gli occhi elettrizzando i cuori. La pioggia batte incessante, riunendo la terra e il cielo in un ab-braccio bagnato. A quel punto si mescolano gli elementi dell’universo che si intrecciano e si scontrano come se il mondo stesse per nascere di nuovo. Soltanto allora, scende il sereno, si dissolvono le tene bre. Ales-sandria rivela un volto limpido e un verde sgargiante: strade limpide, brezze pure, un raggio cal do in un dolce risveglio. […] L’orologio gran-de cominciò a rintoccare. Mi tappai le orecchie per non sapere l’ora, poi mi raggiunsero dei suoni strani che si fecero sempre più insistenti e forti: un litigio? Una rissa? Quel che succedeva in questa pensio ne sarebbe bastato a un continente intero.

Il cuore mi diceva che, come al solito, c’era di mezzo Zahra. Una porta si aprì violentemente e le voci diventarono più nitide: Zahra e Sarhàn! Mi lanciai verso la porta e l’aprii: li vidi in salotto faccia a fac-cia come due galli, mentre madame5 cercava di separarli. Sarhàn urlava con rabbia furiosa: «Io sono libero… sposerò chi voglio!… Sposerò ‘Aleya!».

5. Si tratta della proprietaria della pensione, un’anziana signora di origine greca.

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Zahra sembrava un vulcano in eruzione, indignata per essere sta-ta raggirata, costretta a battere in ritirata e veder crollare i suoi sogni. Dunque, Sarhàn aveva ottenuto ciò che voleva e adesso andava verso un’altra direzione. Mi avvicinai a lui, lo presi per mano e lo portai nella mia stanza. Aveva il pigiama lacerato in più parti, le labbra sangui nanti. Cominciò a urlare: «Malefica selvaggia!».

Gli dissi di calmarsi, ma era fuori di sé: «Te lo immagini… quella “gentildonna” vuole sposarmi!».

Lo invitai di nuovo a stare calmo, ma lui urlò: «Pazza sgualdrina!».A questo punto mi arrabbiai anch’io e gli chiesi: «E perché vuole

sposarti?». «Vaglielo a chiedere tu!… Chiediglielo!». «È da te che voglio saperlo».

Per la prima volta mi guardò con attenzione, mentre gli dicevo: «Ci sarà pure una ragione che giustifichi la sua ri chiesta, no?».

L’attenzione nei suoi occhi si trasformò in cautela: «Che cosa vuoi dire?». E io sempre più arrabbiato: «Voglio dire che sei un poco di buono!». «Come sarebbe a dire?»6.

Gli sputai in faccia, urlando: «Alla faccia tua, alla faccia di tutti i farabutti e tradi tori!».

Cominciammo a darcele di santa ragione e madame irruppe nella stanza appena in tempo per evitare il peggio. Si mise tra noi: «Per fa-vore, ne ho abbastanza! Andate a litigare fuori, e non in casa mia!».

E così dicendo, trascinò Sarhàn fuori della mia camera. […]Il mare si stendeva sotto una volta serena di colore azzurro fulgido,

dov’era andata la tempesta furiosa? Il sole scivolava verso il tramonto irradiando una luce cristallina che si fondeva con lembi di nuvole sot-tili. Dov’erano le montagne di nubi? La brezza giocherellava delica-tamente con le foglie dei palmizi di al-Silsile, con carezze delicate ed eteree. Dov’erano le raffiche di vento impetuoso?

Guardai il volto pallido di Zahra, aveva tracce di lacrime sulle guan-ce, con lo sguardo sconfitto e spento: mi sem brava di guardarmi allo specchio, mentre la vita mi stava os servando con tutta la sua durezza primordiale, rude e terribile. […] Le avevano strappato l’onore e l’ave-vano lasciata senza più orgoglio. «Sì, mi vedo allo specchio».

Mi lanciò uno sguardo di ammonimento. «Per favore, niente rim-proveri e niente recriminazioni».

6. Nel testo arabo: Ustàdh! (Maestro!), riferito al vecchio protagonista, qui si è prefe-rito renderlo in altro modo.

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E io, malinconicamente: «D’accordo».Non mi ero ancora ripreso dall’amara esperienza con Doreya; mi

era mancato il tempo di esaminare la situa zione con calma e di com-prenderla. Ma ne ero pieno fino alla follia. Ero certo che la tempesta fosse in arrivo, e che il dram ma non avesse ancora raggiunto l’apice. Siccome era impossibile restare in silenzio, le dissi per consolarla: «Può darsi che sia stato un bene».

Non rispose e le chiesi: «E adesso che cosa pensi di fare?».Bisbigliò con animo spento: «Come vedi, sono ancora viva…». «E

i tuoi sogni, Zahra?». «Continuerò».Lo disse con ostinazione e caparbietà, ma senza anima. «La tristezza passerà, ti sposerai, avrai dei figli».Lei rispose con amarezza: «Sarebbe meglio stare alla larga dagli

uomini».Risi. La prima risata da un secolo, lei non si rendeva conto del vor-

tice che mi travolgeva, né della pazzia in agguato. D’un tratto mi ven-ne in mente un’idea. Era sbocciata all’improvviso e senza preavviso? Assolutamente no. Non c’era dubbio che avesse radici profonde delle quali non mi ero accorto prima: un’idea pazza, ma sedu cente, un’idea assurda, eccezionale e nello stesso tempo originale. Magari era proprio quello che stavo cercando, forse era lei il balsamo per le mie bruciature croniche. La guardai con tenerezza e le dissi: «Zahra, non potrò mai godermi la vita se tu sei infelice».

Si sforzò di abbozzare un sorriso di gratitudine, e io, trasportato da un’altra ondata di entusiasmo, aggiunsi: «Zahra… scaccia la malinco-nia…, ritorna come sei sempre stata, dimmi quando potrò vedere un sorriso fe lice sulle tue labbra».

Sorrise a capo chino; il mio entusiasmo au mentò ancora di più. Ecco una ragazza sola, lontana da casa, sedotta e abbandonata. Le dissi con imprevedibile slancio: «Zahra… tu non ti rendi conto di quanto mi sei cara… Zahra… prendimi per marito!».

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George SàlimSiria

Nato ad Aleppo nel 1933, si laurea in Lettere all’Università di Damasco. Raf-finato critico letterario, il suo saggio al-Mughamara al-riwa’iyya (L’avventura del romanzo) del 1973 è considerato uno dei migliori lavori dedicati alla storia del romanzo arabo. Come scrittore è noto soprattutto per le sue raccolte di racconti che richiamano alla mente i lavori di Kafka, da cui Sàlim è fortemente influenzato, riuscendo, però, a connotare i suoi scritti di uno stile originale. In tutti i suoi lavori l’autore introduce elementi fantastici o allegorici, e spesso i personaggi sono oppressi da un senso di colpa, o vivono in una realtà dove l’incomunicabilità è la norma, come ad esempio nel racconto Hiwàr al-summ (Dialogo tra sordi) del 1973, in cui tre colleghi si lanciano ciascuno in un mo-nologo senza prestare attenzione alle parole degli altri e vivono situazioni da incubo.

Tra i suoi racconti più significativi si ricorda Hikàyat al-zamà’ al-qadìm (La storia della vecchia sete) del 1976, da cui è tratto il brano qui presentato, che allude metaforicamente alla sete di valori elevati, come la ricerca dell’amore e della libertà, attraverso una simbologia che rappresenta la condizione umana. Lo scrittore si ispira inoltre a Jean-Paul Sartre e ad Albert Camus, come si evin-ce dalla riflessione sul valore dell’esistenza, in cui egli pone in rilievo la solitu-dine di ciascuno e l’inutilità e l’assurdo del vivere. L’assurdità della condizione umana dipende dal fatto di essere destinata (qualunque sforzo si compia) alla morte e all’annullamento. In quest’orizzonte cupo, l’uomo può contare solo su se stesso. La domanda che l’autore si pone non è soltanto sull’essere umano, ma piuttosto sulla capacità degli uomini di ricercare e di trovare, nonostante tutto, un senso al proprio esistere, che, per lo scrittore, è conferito dal sentimento di solidarietà, che ciascuno deve coltivare in nome dell’amore per il prossimo. I suoi personaggi sono spesso degli emarginati che conducono una vita di pati-menti, ignorati dai potenti, e a cui di frequente lo scrittore non dà un nome, limitandosi a indicarli con la lettera “x” con cui si designa l’ignoto in matema-tica. La sua ultima raccolta, ‘Azf munfarid ‘ala al-kamàn (Assolo di violino) del 1976, è caratterizzata da un atteggiamento più aperto e positivo verso la vita. Muore prematuramente nel 1976.

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La storia della vecchia sete1976

Camminavi con lui, gli stavi accanto, quasi lo tenevi per mano, ti appariva assente, distratto e non sapevi a cosa stesse pensando. Camminavate in silenzio per lunghe distanze, un filo invisibile

ti legava a lui, un misto di tenerezza, di timore e di fiducia. Facevate sempre la stessa strada ogni giorno, ogni mattina e ogni sera per tornare a casa, e non la cambiavate mai. […]

In quel giorno lontano e vicino, contrariamente al solito, faceva molto caldo fin dal mattino presto. Alle prime ore dell’alba già percor-revate la stessa strada e sentivate l’intensità del calore […].

Ad una svolta della strada guardasti furtivamente e rimanesti sba-lordito, inchiodato al tuo posto: c’era gente di ogni età. Tutti erano at-torno a una fontana e una ragazzina stava manovrando la leva per fare uscire quel filo d’acqua che scorreva ostinato, scarso e intermittente.

Ti disse: «L’acqua manca proprio oggi che fa tanto caldo». Gli dicesti, con stupore: «E come faranno tutti a riempire le loro

giare!». Arrivati alla fabbrica, dove ti accompagnava ogni giorno, esclamò:

«La maggior parte dei pozzi sono secchi, e quelli che non riusciranno a riempire le loro giare prima che l’acqua smetta di scorrere…». Poi si rifugiò nel silenzio senza finire di parlare, e tu capisti che quelle perso-ne sarebbero rimaste senz’acqua. Sentisti la gola e il naso inaridirsi e una secchezza penetrarti sin nelle vene […].

Un giorno, sulla stessa strada lunga, mentre stavate camminando di mattina, violasti il suo silenzio, lo facesti uscire dalla sua incomunica-bilità e gli domandasti: «Noi siamo di questo paese?».

E lui subito ti rispose: «I nonni dei nostri nonni sono nati, vissuti e morti qui».

«E prima?». «Tutto quello che so è che i nostri antenati lontani non vivevano

in questo paese». «Allora da dove sono arrivati?» […]. Ti parlava come se ti stesse confidando un segreto, il segreto più

caro e più prezioso. «È dal sud che sono arrivati, dal Hauran1. Abita-

1. Regione nel sud della Siria.

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vano lì, poi sono emigrati verso il nord. Questo è successo tanti secoli fa, lontano nel tempo».

Il sole splendeva. La sua luce intensa e forte si rifrangeva sulla terra screpolata, sofferente ma senza un gemito. Trascorsero molte ore e ar-rivò mezzogiorno, poi ne trascorsero delle altre, ma il sole continuava a mandare i suoi raggi roventi e infuocati come se non volesse volgere al tramonto. La terra rossa si trasformò in un pezzo di brace ardente come tappeti dell’inferno su cui nessun essere vivente poteva metter piede. […] E il vostro araldo gridava al crepuscolo:

«È arrivata l’ora della partenza».Vi alzaste tutti, come resuscitati da sepolcri e trascorreste la notte

attraversando stancamente le distanze: quello che avanzava era il vo-stro ultimo filo di vita. La carovana era grande e tu eri un ragazzino che camminava a fianco di tuo padre e dei tuoi fratelli. […]

«Dove andiamo?». Tuo padre ti rispose lentamente e a voce bassa: «Verso nord».

«E laggiù troveremo l’acqua?».Non sapeva cosa risponderti… […] Quanti giorni hai camminato con la carovana? Due giorni, una o

due settimane, finché quel viaggio vi condusse direttamente qui. Hai visto? L’acqua qui è abbondante, vi disseterete voi, le vostre bestie, le spighe di grano e gli steli di orzo. […]

Poi ti addormentasti e il tuo sonno durò per un’eternità, ma ti sve-gliasti come colui che si sveglia da un sogno per trovarti davanti a Lui sulla cima di un monte. Lui era appeso a uno degli alberi di ulivo. Il sangue sgorgava dai solchi lasciati dalle spine conficcate in testa. Le sue mani erano appese con due chiodi che Egli, spinto dalla violenza del dolore, cercava di schiodare. […] Stava gridando: «Ho sete».

Anche tu avevi sete in quella stagione di siccità. Ti unisti al cerchio dei ballerini nell’arena. Non era un ballo ma

un’invocazione, una supplica e una preghiera. Stavi pregando insieme agli altri fedeli, distante da quello che ti circondava. E voi con devozio-ne circondavate il vostro maestro e pregavate. Come mai tutta quella gente, riunita fuori della cittadina, gridava ad alta voce e invocava aiuto?

«Ti supplico: da’ da bere agli assetati»2. La folla ripeteva con umiltà e devozione: «Perché la sete li ha fatti

uscire di senno».

2. Verso di una canzone popolare, usata come supplica per invocare la pioggia.

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Ballaste, ballaste fino al chiarore mattutino. Le vostre sagome si al-zavano e si abbassavano, e i vostri corpi volteggiavano leggeri e agili con ritmo monotono e triste. Vi affannaste, esaltati, girando su voi stessi, mentre il vostro maestro era in mezzo al vostro cerchio, e voi tutti lo circondavate come tanti astri intorno al sole. Continuaste a ballare fin-ché i vostri passi svanirono nelle tenebre, come tracce di passi nelle sabbie del deserto. Il buio dominava il mondo.

Quando ti alzasti per chiedere a lei di ballare, il buio era dapper-tutto e, prima che le arrivassi vicino, lei aveva già spento la sigaretta e si era alzata. Come aveva fatto a indovinare che saresti andato da lei? La attirasti al petto con calore, la tirasti a te e lei non fece resistenza e con tenerezza abbandonò la testolina sul tuo petto. Sentì il battito del tuo cuore. Intorno a te la gente ballava a coppie, ma tu non la vedevi. Si erano ritirati in una zona d’ombra del mondo e non esistevano più. Rimase solo la sete che ti aveva spinto verso la ragazza ancor prima che nascessi. Con la stessa innocenza con cui la stringevi tra le braccia, sentisti di poter affrontare il mondo, tutto il mondo con le sue soffe-renze, tristezze, con tutta la sua fame e la sua sete, e di poter affrontare la morte. La morte è sete d’amore, la morte è quando il cuore smette di amare. Il tuo cuore batteva con forza e violenza senza pari… […] Ecco che fissasti i suoi occhi limpidi in cui si riuniva il passato e il futuro, il tuo passato e il tuo futuro, quello che eri stato e ciò che saresti stato. Ve-devi negli occhi una carovana dopo l’altra, che procedeva velocemente alla ricerca di acqua per dissetarsi. La sete si scioglieva con il ritmo, e come il ritmo svaniva e rimaneva solo una leggera eco nella profondità dell’anima.

Negli ultimi attimi della tua esistenza, gridasti con voce imploran-te: «Ti supplico, da’ da bere agli assetati».

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‘Abd al-Rahmàn Munìf Arabia Saudita

Nato nel 1933 in Giordania da madre irachena e da padre saudita, è vissuto in Iraq e in Siria, dove è morto nel 2004. Economista, giornalista e militante nel partito Ba‘th*, da cui poi si distacca, rappresenta la figura dello scrittore militante del xx secolo, ma anche l’emblema dell’intellettuale arabo senza patria. Come scrittore, Munìf riceve numerosi riconoscimenti in tutto il mondo arabo dove le sue opere sono molto note, e all’estero dove i suoi romanzi sono tradotti. Egli ha affidato alla letteratura il compito di portare alla luce le lacune, le incongruenze e i tra-dimenti della politica, per comprendere le ragioni delle ripetute sconfitte degli arabi e del perché si sia giunti, come dice l’autore, «a questa tragedia immane che ha colpito il mondo arabo, divenuto un’immensa prigione che continua a espan-dersi». In tutte le sue opere (una trentina, tra romanzi e saggi), lo scrittore ha analizzato le dinamiche sociopolitiche dei paesi arabi, dimostrando l’assenza di democrazia in Sharq al-Mutawassit (A est del Mediterraneo), che è il titolo di uno dei suoi più famosi romanzi, in cui denuncia i regimi dittatoriali della regione e affronta il tema della repressione, della tortura e delle carceri. Da questo roman-zo del 1975 è tratto il primo brano qui presentato, dove il protagonista, dopo la scarcerazione, parte per l’Europa a bordo della nave Akhilleus.

Il suo romanzo d’esordio, al-Ashgiàr wa ightiyàl Marzùq (Gli alberi e l’as-sassinio di Marzùq) del 1973, dal quale è tratto il secondo brano qui tradotto, è considerato uno dei suoi capolavori. I protagonisti sono Mansùr, un intellettuale musulmano-laico, oppositore del regime al potere nel suo paese, che finirà vittima del sistema contro cui tenta di combattere, ed Elyàs. Quest’ultimo è un uomo semplice di religione cristiana, dall’esistenza turbolenta, che sarà anch’egli scon-fitto dalle difficoltà della vita quotidiana, ma che non perderà il suo ottimismo, a differenza dell’altro protagonista che, come molti intellettuali, sprofonderà nell’alienazione. Il messaggio lanciato dall’autore è che solo grazie all’unione tra intellettuali e proletari si può sperare di realizzare una società araba nuova. Un al-tro dei lavori di Munìf è la pentalogia Mudun al-milh (Le città di sale), 1984-89, in cui l’autore ripercorre la storia di un paese della Penisola Araba dopo la scoperta del petrolio che, se da una parte ha rappresentato un fattore di sviluppo, dall’altra è stata una maledizione che ha alterato irrimediabilmente l’equilibrio tra uomo e natura, strappando agli abitanti della Penisola storia, tradizioni e usanze.

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A est del Mediterraneo 1975

L’Akhilleus dondola, ondeggia, si allontana muovendosi pe-santemente, come la danza di un gallo sgozzato. Il porto, al tramonto, accoglie luci fioche: prima le lambisce con di-

sgusto, poi le lascia cadere, tremare sull’acqua e svanire. Il frastuono della gente, in quest’ora inutile, ricorda le grida di cuccioli soffocati, e le mani, con quei loro movimenti stupidi, sembrano vecchi stracci mossi da un vento invisibile. I volti, ah, quanta infelicità su quei volti! Gli sguardi sono vuoti e stravolti e le bocche cadenti somigliano con le loro contrazioni spasmodiche a orifizi animali. E l’Akhilleus, con la sua costruzione effimera e con il suo rimbombo, scivola via e si allontana.

Porto dell’infelicità, e magari fosse anche il porto del non ritorno, ultimo lembo della patria, ultima foglia verde e ultimo lamento!

Trent’anni, trenta estati, trenta autunni e trenta primavere. L’inver-no è arrivato adesso, al trentesimo anno.

Era mercoledì 17 ottobre.Sulla prigione passavano le prime nuvole: erano delicate, piccole e

impalpabili come polvere, ma con il passare dei minuti cominciarono a squarciarsi e a svanire, e anche in me qualcosa si lacerava.

Perché era esploso dentro di me quell’urlo rabbioso? Perché? Per-ché? […] Akhilleus, vacca bianca dalle zampe tagliate, sai quante volte l’uomo può morire e rinascere? Voltati verso la riva orientale di questo mare. Versa copiose lacrime su luoghi tenebrosi e guarda i relitti dell’u-manità: le vittime e i carnefici. I relitti dell’umanità!

Sta’ attenta, Akhilleus! Se un giorno dovessi tornare su questa riva orientale, ti troverebbero una cella più angusta di una tomba e lì dovre-sti combattere contro la pazzia e la solitudine. Laggiù, le creature sono diventate pazze. I gatti, deliranti, non si avvicinano più agli uomini e non miagolano come i gatti degli altri paesi. Si spaventano del rumore dei passi e di un pezzetto di pane, e per loro il richiamo della libertà è più forte di quello della fame. I gatti sono completamente impazziti, uomini folli li inseguono, li catturano per infilarli nei sacchi insieme agli esseri umani. Li picchiano, e picchiano anche gli esseri umani. I gatti miagolano sempre più forte e graffiano con le unghie ogni cosa!

Ma i gatti non sono i soli a essere diventati pazzi, Akhilleus, anche i cani e gli uccelli sono impazziti.

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Ah, quanto sono meschini gli uomini, meschini e vigliacchi. Non hanno anche loro fratelli, mogli? E i figli? Quelle mani sanno portare in braccio i bambini, come si fa con i fasci di di fiori da accarezzare? Non riesco a credere che quelle mani siano predisposte a fare qualcosa di diverso dal colpire, colpire e colpire. […]

Eravamo in quattordici… quattordici. Sì, quattordici uomini in una cella che poteva accoglierci solo se stavamo in piedi. Letteralmente! I corpi erano incollati uno all’altro, tra l’odore del sudore e dell’alito, i capelli lunghi, le unghie sporche di sangue rappreso. In quelle distanze infinitesimali non si riusciva a vedere niente: il volto del vicino era un pezzo di carne tumefatta. Il naso diventava un ammasso che si gonfia-va e si restringeva nel tentativo di catturare un po’ d’aria. Le labbra, nonostante tutto, si schiudevano su denti anneriti dal fumo. Eravamo quattordici, ma a sentirsi in mezzo ad altri uomini si veniva colti da un’intima gioia. Tutti quelli erano esseri umani veri, terribilmente veri con i loro respiri, i movimenti ondeggianti e le risate discrete! Eravamo esseri umani veri, eravamo quattordici.

L’isolamento era finito? Avevo resistito così a lungo? Mi sembrava impossibile.

Sotto una pensilina, vicina alla prua dell’Akhilleus un uomo aveva una radiolina appoggiata all’orecchio. Ascoltava le notizie? Aspetta, aspetta, viaggiatore, l’attesa sarà lunga. Morirai prima di ascoltare le parole che aspetti. La riva orientale del Mediterraneo crea solo mostri e cuccioli, mentre tu aspetti cavalli e spade! Aspetta, quella riva conti-nuerà a mettere al mondo ogni giorno decine e centinaia di cuccioli, e anche se dovessero diventare migliaia, continuerebbero ad abbaiare nei sotterranei o a morire negli immondezzai. Sono loro, i cuccioli, che lo vogliono!

Ascolta le notizie, da solo. Io non voglio ascoltarle più, mi basta quello che ho già sentito!

Interrompevano le torture all’ora del notiziario. Ci tenevano ad ascoltare il sommario e quando i loro volti si rasserenavano, cambiava-no stazione e di nuovo risuonava la musica!

Ah, se la riva orientale del Mediterraneo fosse rimasta un lago po-polato da coccodrilli! Se l’elettricità non ci fosse mai arrivata! Ma è arrivata questa maledizione per uccidere l’umanità.

Amgiad si ricordava quella notte. Se la ricordava ancora dopo tre anni, non riusciva a dimenticarla, era scolpita nella sua testa come una data su un vecchio albero o sui muri di un convento. Quando una volta

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gli chiedemmo la sua data di nascita, lui si sforzò di ricordare: prima ci disse il 12 maggio, poi si corresse e disse il 27 aprile. Quando gli chie-demmo quale fosse quella vera, lui ci rispose: «La data vera è il 21 no-vembre! Sì, è questa la data».1

La corrente elettrica è morte vera. Il cuore si contrae e poi si spe-gne. Ci mettevano i fili sulle spalle, vicino al cuore, oppure sul naso o fra le natiche. Il cuore sussultava, vacillava e si fermava e anche loro si interrompevano. Facevano questo centinaia di volte. Se fossero state persone più degne, avrebbero prolungato la scossa di qualche secondo, così tutto sarebbe finito, ma loro non lo facevano.

Amgiad continuò: «L’ultima volta è stato il 21 novembre, è allora quella è la mia ultima data di nascita. Tutto il resto è una bugia!».

Televisori, ventilatori, frigoriferi, frullati di frutta, quante meravi-glie può generare l’elettricità? Grazie a Dio non conosco i segreti di questa straordinaria creatura e, se conoscessi gli usi che se ne possono fare, verrei fulminato dalla paura, poiché io ne ho sperimentato solo uno: le convulsioni con la sensazione netta che ogni cosa stesse per finire. Poi l’acqua mi sferzava, e la vita fremeva nuovamente in me. Mi assicuravo che i polmoni fossero in grado ancora di accogliere l’aria, poi sussultavo di nuovo e svenivo. Appena sentivo nuovamente il fre-mito di vita, inspiravo aria fino a svenire di nuovo.

Gli alberi e l’assassinio di Marzùq1973

Continuai a cercar lavoro per giorni interi e alla fine lo trovai. Diventai fuochista in un hammàm*. Scendevo nello scanti-nato che sembrava un vero inferno, e rimanevo lì dentro per

interminabili ore a gettare la legna nel fuoco. Ciò che più mi faceva soffrire era dover bruciare la legna. Mi immaginavo che ogni pezzo di legno provenisse dal mio paese, al-Tayyiba, precisamente dal mio frutteto. Hai mai respirato l’odore della legna che brucia? Somiglia all’odore del pane, è l’odore di una cosa viva. Soffrivo, ma per vivere bisogna pur lavorare!

1. La data si riferisce a quando il personaggio smette di essere torturato.

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Il mio unico conforto, in quelle lunghe ore solitarie trascorse a bru-ciare legna in quel maledetto scantinato, erano le voci delicate e melo-diose che mi arrivavano da lontano: le voci delle donne che si lavavano nell’hammàm sopra di me. Il turno delle donne era la mattina di tutti i giorni della settimana, ad esclusione del venerdì. In quei giorni mi sentivo stranamente appagato, come quando si è portato a termine un lavoro gravoso, come dopo che si è conclusa la stagione della raccolta, per esempio, o si è scavato un canale per convogliare l’acqua e irrigare i campi.

Amavo le voci delle donne, mi trasmettevano un piacere intenso, cosa questa a cui in seguito ho ripensato spesso. Me le immaginavo una a una, al punto che dopo un po’ mi sembrava quasi di conoscerle inti-mamente, e di avere un legame con loro. Ormai conoscevo bene ‘Adla, che veniva ogni mercoledì. La riconoscevo dalla voce, dal passo, dal suo modo di ridere mentre versava l’acqua addosso a Wadì‘a, e conoscevo anche Umm Layla e Ghazàla. Ghazàla stringeva tra le gambe le sue due bambine piccole, e quelle lanciavano un urlo acuto da spezzare il cuore, e una volta mi augurai di poterla picchiare, di gridarle in faccia soltanto una frase e dirle: «Non hai proprio cuore…, vergognati, sono bimbe piccole, non sopportano l’acqua così calda!».

Vissi nell’hammàm per più di un anno, e quando lo lasciai avevo la vista indebolita e il sole era diventato per me un nemico. Non vidi durante tutto quell’anno un solo albero verdeggiante; non vidi le mele e le albicocche crescere e maturare. Stavo accovacciato in quella stanza come un cane rognoso a gettare senza sosta legna nel fuoco. E se per caso si apriva la porta, chiudevo gli occhi per paura che il riverbero del sole mi fosse fatale!

Poi un giorno, in modo inaspettato, ebbi come la sensazione che l’anima mi uscisse fuori dal petto. Andai immediatamente dal proprie-tario dell’hammàm e gli dissi: «Non voglio restare nemmeno un mi-nuto di più. Voglio andarmene immediatamente da questa maledetta città, e non voglio mai più rimetterci piede!».

Il proprietario provò in tutti i modi a farmi cambiare idea. Mi disse che mi avrebbe raddoppiato la paga, che mi avrebbe dato un periodo di vacanza, ma io gli risposi che non sopportavo più di vivere sotto terra, che volevo vedere il sole e gli alberi, volevo vivere in superficie: solo da morto sarei sceso un’altra volta sotto terra, per sempre.

E così lasciai quell’hammàm. Per due mesi continuai a cercare un altro lavoro. Cercai ovunque. Chiesi ai proprietari di locande, ai pas-

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santi, chiesi al mukhtàr* del quartiere in cui abitavo, e chiesi al proprie-tario dell’albergo “Gente di al-Tayyiba”, ma nessuno mi degnò di una risposta.

«Allora cosa facesti? Tornasti ad al-Tayyiba?».A quanto pare, la mia domanda lo colse di sorpresa. Vidi il suo viso

contrarsi come se lo avessi strappato da un sogno; senza attendere la sua risposta, precisai: «Volevo dire… cosa successe dopo?».

«Il lavoro e la disoccupazione si alternavano così come si alternano il giorno e la notte. Lavoravo molto, ma rimanevo anche a spasso a lungo. Dopo quel maledetto hammàm cercai di strapparmi dalla testa i tanti ricordi che vi si erano accumulati, ricordi di quelle donne dalla pelle di porcellana. Ma, per quanto provassi, qualcosa dentro di me continuava ad agitarsi, qualcosa a cui non avevo mai fatto caso prima. Non mi ero mai occupato molto di donne in passato, ora invece mi sorprendevo a pensarle senza volerlo, e anche a sognarle. Sai anche tu che la donna, come molte altre cose in questa vita, non la si conquista se non si è ricchi, o come minimo bisogna possedere un po’ di denaro, e io a quel tempo non possedevo niente!

Decisi di non pensare mai alla donna durante il giorno. Per sogna-re la donna, l’uomo ha bisogno di molto tempo e di calma. Nelle ore notturne disponevo del tempo sufficiente per farlo. La immaginavo completamente nuda; immaginavo la sua pelle, dello stesso colore del-le spighe di granoturco dorate dal sole, brillare così come brillano gli alberi dopo la pioggia. Più di una volta la immaginai addormentata con i capelli sciolti, scuri come le ombre che proiettava il grande noce all’ingresso del mio frutteto.

Per farla breve, ti dico soltanto che immaginavo la donna in tutte le situazioni, conoscevo il suo corpo in ogni dettaglio: il colore dei capez-zoli, delle gambe, le pieghe del ventre e tutto il resto… tutto!

Fu in quel periodo che cominciai ad avvertire la sensazione, mai provata prima, che qualcosa mi mancava: era come se il mondo mi stringesse d’assedio e cercasse di soffocarmi. Ero anche tormentato da un dolore alla schiena e l’unica cosa che mi desse sollievo era andare avanti e indietro come una trottola in quel misero caffè dove infine avevo trovato lavoro».

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al-Tayyib Sàlih Sudan

È uno degli scrittori arabi contemporanei più famosi. Nato a Karmakol nel 1929, ha studiato prima a Khartùm e poi a Londra, dove muore nel 2009. Dopo un periodo dedicato all’insegnamento, ha collaborato con la bbc, in seguito ha diretto la Radio Sudanese e, infine, ha lavorato in Qatar. È anche stato consi-gliere dell’unesco.

È autore di raccolte di racconti e di alcuni romanzi, tra cui Mawsim al-higrà ilà al-shamàl (La stagione di Migrazione al nord) del 1969, tradotto in molte lingue, che ha segnato una svolta non solo nella letteratura araba contempo-ranea, ma anche nella produzione della letteratura postcoloniale. Gli eventi descritti si svolgono durante l’epoca coloniale britannica, secondo uno schema narrativo di storie a incastro. Il protagonista ha studiato a Londra e al rientro in patria riesce a mantenere un equilibrio tra la cultura occidentale e i valori del luogo natale, mentre altri, prima di lui, non sono stati in grado di compiere questo connubio, come il personaggio di Mustafa Sa‘ìd che arriva a commet-tere atti criminali nei confronti della moglie inglese. In questo come in altri suoi scritti, Sàlih affronta il delicato tema dell’incontro/scontro tra Oriente e Occidente. Egli si ispira anche alla religiosità popolare, intrisa di credenze sovrannaturali tipiche della cultura africana, ed esprime la convinzione della necessità del ritorno dell’uomo sudanese all’armonia con la natura. Molte sue opere sono ambientate sulle rive del Nilo, «in quella parte dove il corso del fiume descrive una grandissima ansa», lì dove sorgeva realmente la casa na-tìa, dove gli abitanti erano contadini e commercianti e l’economia era basata quasi esclusivamente sulla coltivazione di datteri, come nel racconto che segue. Intitolata Hafnat tamr (Un pugno di datteri), la storia ha per protagonista un ragazzino che comincia a guardare con occhi disincantati il commercio di dat-teri fatto con metodi spregiudicati dal nonno, fino ad allora amato e ammirato. Questi non ha scrupoli a sfruttare persone in difficoltà, e non si preoccupa del cattivo esempio che dà al nipote, il quale, però, mantiene un animo puro e non si lascia corrompere dall’avidità e dal desiderio di ricchezza.

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Un pugno di datteri1986

Ero sicuramente troppo piccolo a quell’epoca. Non mi ricordo quanti anni avessi esattamente, ma ricordo che la gente, quando mi vedeva con mio nonno, mi accarezzava la testa e mi dava un

pizzicotto sulla guancia. Con il nonno erano più distaccati. La cosa strana è che non uscivo mai con mio padre, era invece il nonno a por-tarmi sempre con sé ovunque andasse, tranne al mattino quando an-davo alla moschea per imparare a memoria il Corano. La moschea, il fiume e il campo erano i punti di riferimento della nostra vita.

La maggior parte dei miei coetanei si lamentava di dover andare alla moschea e imparare il Corano, ma io ci andavo volentieri, forse perché imparavo rapidamente. Ogni volta che veniva in visita qualcu-no, lo sheikh* mi chiedeva di alzarmi in piedi e di recitare la sura* del Misericordioso. Anche i visitatori mi accarezzavano la testa e le guance, esattamente come facevano gli altri quando mi vedevano con il nonno. Sì, la moschea mi piaceva. Mi piaceva anche il fiume. Appena finivamo la lezione del mattino, gettavo la mia tavoletta di legno e correvo come un ginn* indiavolato da mia madre, divoravo la colazione in gran fretta e correvo, correvo fino al fiume e mi tuffavo, e quando mi ero stancato di nuotare, mi sedevo sulla sponda e contemplavo la riva che svoltava verso est e spariva dietro un fitto bosco di alberi di acacia. Come mi piaceva tutto questo! […] Prima di rispondere alle mie numerose do-mande, mio nonno si grattava sempre la punta del naso con l’indice. La sua barba era folta, morbida e bianca come il cotone. Non ho mai visto in vita mia un bianco così candido e così bello come quello della barba di mio nonno. Sicuramente era molto alto, poiché non ho mai visto nessuno nel villaggio che gli parlasse senza guardarlo dal basso in alto, e non l’ho mai visto entrare in una casa senza flettersi in un grande inchino che mi ricordava la sinuosità del fiume quando svolta dietro il boschetto di acacie. Mio nonno era alto e magro e io lo amavo molto. Mi immaginavo che, diventato uomo, avrei percorso come lui la terra a lunghi passi. Credo che lui mi preferisse a tutti gli altri nipoti, e non posso dargli torto: i miei cugini erano stupidi e io ero un bambi-no intelligente. Così mi dicevano sempre.[…] Un giorno gli chiesi del nostro vicino Mas‘ùd: «Mi sembra che a te non piaccia il nostro vicino Mas‘ùd», gli dissi. E lui dopo essersi grattato il naso con l’indice, mi

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rispose: «Perché è un uomo pigro e a me non piacciono gli uomini pi-gri». «E cos’è un uomo pigro?», gli chiesi. Abbassò la testa per un po’, poi mi disse: «Guarda quel campo enorme. Non lo vedi estendersi dai margini del deserto fino alla sponda del Nilo per cento feddàn*? Tutte quelle palme, non le vedi? E questi alberi, queste acacie? Tutto questo era di sua proprietà, ereditato dal padre senza fatica1». Approfittai del suo silenzio per distogliere lo sguardo dalla sua barba, e voltarmi verso la terra che mi aveva indicato con quelle parole. Non mi importava dopo tutto chi fosse il proprietario di quelle palme né tantomeno di quegli alberi o di quella terra nera e screpolata. Sapevo solo che quella terra era il teatro della mia immaginazione e il posto preferito delle mie ore di svago. Poi riprese a parlare mio nonno: «Sì, figlio mio, tutta questa terra quarant’anni fa era di proprietà di Mas‘ùd e ora i due terzi sono miei».

Quella fu una verità sconvolgente per me; credevo che quei terreni fossero di mio nonno da quando Dio aveva creato la terra.

«E io non possedevo neanche un solo feddàn, quando ho messo piede in questo paese, mentre Mas‘ùd possedeva tutti questi beni. Ma la situazione adesso si è capovolta e penso che prima che Dio mi chia-mi, comprerò l’altro terzo di terra che rimane».

Non so perché, ma quelle parole del nonno mi fecero paura. Pro-vai pietà per il nostro vicino Mas‘ùd, e mi augurai che il nonno non realizzasse i suoi propositi. Mi ricordai del canto di Mas‘ùd e della sua bella voce, e della sua risata forte che assomigliava all’acqua che scorre. Il nonno non rideva mai. Gli chiesi perché Mas‘ùd aveva venduto la sua terra. E il nonno: «È per via delle donne». Dal suo modo di pro-nunciare capii che la parola “donne” doveva essere una cosa terribile. «Mas‘ùd, figliolo mio, è un uomo che si sposa spesso e ogni volta che si è sposato mi ha venduto un feddàn o due».

Nella mia mente calcolai subito che Mas‘ùd aveva dovuto sposarsi con almeno novanta donne. Mi ricordai delle sue tre moglie e delle sue condizioni misere, la sua asina zoppicava e aveva la sella rotta, il suo gilbàb* aveva le maniche stracciate. Stavo per distrarmi da quel ricordo che mi era passato per la mente, quando lo vidi venire verso di noi. Proprio lui! Scambiai un’occhiata con il nonno, mentre Mas‘ùd dice-va: «Oggi raccoglieremo i datteri, tu non vieni?». Sentii che in realtà non voleva affatto che il nonno ci andasse. Ma il nonno si alzò subito

1. Halàl bàrid, lett. “ereditato in modo legittimo, ma guadagnato senza fatica”.

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e, per un istante, gli vidi brillare negli occhi un luccichio forte. Mi tirò per una mano e andammo anche noi alla raccolta dei datteri di Mas‘ùd. Qualcuno portò a mio nonno una seggiola coperta di pelle di bue. Si sedette e io rimasi in piedi. Erano tanti, e io li conoscevo tutti, ma per uno strano motivo cominciai a tener d’occhio solo Mas‘ùd. Stava lon-tano da quella folla come se la questione non lo riguardasse, come se i datteri raccolti non fossero i suoi. […] Una volta gridò al ragazzo che stava in cima alla palma e che tagliava il grappolo con una falce lunga e appuntita: «Sta’ attento a non tagliare il cuore della palma». Ma nessuno fece attenzione a ciò che disse, e il ragazzo continuò a tagliare con la falce, con energia e velocità, e il grappolo cadde come se cadesse dal cielo. Allora cominciai a pensare alle parole di Mas‘ùd: «Il cuore della palma». Immaginai che la palma fosse qualcosa che sentisse e che avesse un cuore che batteva. Ricordai quello che mi aveva detto Mas‘ùd una volta quando mi aveva visto giocare con i rami di una piccola pal-ma: «La palma, figliolo mio, è come gli uomini. Gioisce e soffre». Sentii allora una vergogna interiore senza motivo. […]

Tutti si misero poi intorno ai sacchi di datteri e cominciarono a esa-minarli. Qualcuno prese un dattero o due per assaggiarli. Mio nonno mi diede un pugno di datteri e cominciai a mangiare anch’io, quando ecco che vidi Mas‘ùd riempirsi la mano di datteri, annusarli a lungo, poi rimetterli a posto. Poi vidi gli altri che se li dividevano. Husayn il commerciante ne prese dieci sacchi, e due forestieri ne presero cinque. E Musa, il proprietario del campo vicino al nostro sul lato est, prese anche lui cinque sacchi, e lo stesso fece mio nonno. Io non ci capivo niente. Guardai Mas‘ùd che aveva gli occhi smarriti che giravano verso destra e sinistra come due topolini che avessero perso la propria tana. Il nonno disse a Mas‘ùd: «Mi devi ancora cinquanta ghinee*, ma ne parleremo dopo». Husayn chiamò i suoi ragazzini che portarono de-gli asini, e i due uomini forestieri vennero con cinque cammelli. Sugli asini e sui cammelli caricarono i datteri. […] Sentii che dovevo avvi-cinarmi a Mas‘ùd, allungai la mano per toccargli il vestito. Lo sentii emettere uno strano suono che assomigliava al gemito di un agnello quando viene sgozzato. Non capivo, ma sentii in petto un forte dolore. Corsi via e, in quel momento, provai odio per mio nonno. Corsi ancor più veloce, come se avessi dentro di me un segreto di cui volevo liberar-mi, e arrivai in riva al fiume, vicino all’ansa dietro il boschetto di acacia e, senza sapere il perché, misi un dito in gola e vomitai tutti i datteri che avevo mangiato.

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Emile Habibi Palestina

Nato a Haifa nel 1921, non ha mai lasciato il suo paese, diventando nel 1948, anno della fondazione dello Stato di Israele, cittadino arabo-israeliano. Sulla sua tomba farà scrivere “Bàqin fi Haifa” (Colui che resta a Haifa). Muore nel 1996. Cofon-datore del Partito comunista israeliano, Rakah, e deputato della minoranza araba alla Knesset, il Parlamento israeliano, dal 1948 al 1990 ha diretto “al-Ittihàd”, orga-no del Partito comunista. Come scrittore esordisce con i racconti. Nel 1969 pub-blica la famosa Sudasiyyat al-ayyàm al-sitta (Sestina dei sei giorni) che si ispira alle conseguenze della guerra arabo-israeliana del 1967*, quando l’esercito israeliano occupa tra l’altro Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme Est (i Territori occupati). La Sestina si compone di sei lawhàt (quadri), che somigliano più a dei racconti, ognuno con un suo titolo. Il primo brano qui proposto è tratto da al-Hubb fi qalbi (L’amore nel mio cuore), ed è ambientato in una cella della prigione di al-Ramla, dove sono detenute alcune ragazze dei Territori occupati che incontrano un detenuta di Haifa: araba come loro, ma cittadina di Israele. Il racconto procede attraverso le lettere che una delle ragazze scrive ai familiari su carta di sigarette e che vengono fatte uscire clandestinamente dalla prigione, grazie a una secondina israeliana. La lettera è intercalata dalle osservazioni dello scrittore che si firma con le iniziali E. H.

Ma l’opera che dà la fama a Habibi, e da cui è tratto il secondo brano qui proposto, è al-Waqà‘i al-ghariba fi ikhtifà’ Sa‘ìd Abi al-Nahas al-Mutashà’il (Le straordinarie avventure nella scomparsa di Felice Sventura il Pessottimista) del 1974, nota più semplicemente come Il Pessottimista. Tradotta in molte lingue, tra cui l’ebraico, è considerata una pietra miliare nella letteratura araba contempo-ranea, innovativa nel contenuto, nella struttura e nella lingua. L’autore attinge ai generi letterari tradizionali come la maqàma* e la sira*, fondendoli con generi moderni come il fantastico e il fantascientifico. Servendosi di un amaro sarcasmo, Habibi produce una commedia tragicomica in cui è descritta la vita dei palestinesi all’interno di Israele. Il protagonista, Sa‘ìd (Felice), ingenuo ma saggio, passa dal pessimismo all’ottimismo, come si evince dal suo stesso nome, il Pessottimista, che l’autore ha coniato per lui, e che lo accomuna al Candide di Voltaire, più vol-te citato nell’opera. Nel 1992 lo scrittore è stato insignito del prestigioso Premio Israele per la letteratura.

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Sestina dei sei giorni 1969

L’amore nel mio cuore

Lettera seconda

Mamma adorata,grazie a Dio siete tutti in buona salute. Sono stata molto contenta quando l’avvocato mi ha informato che mi fare-

te visita la prossima settimana e mi porterete i cibi deliziosi che vi ho chiesto. Questo significa che la mia lettera vi è arrivata e quindi vi ar-riverà anche questa. Dio accresca il numero della brava gente! La mia amica dice che ci sono gli angeli anche all’inferno.

Lei è una mia nuova amica. Voglio raccontarti di lei, mamma. Non è delle nostre parti, è di Haifa, è cioè un’araba di Israele. È detenuta fin dalla guerra di giugno1, anche lei senza processo, con l’accusa di aver avu-to rapporti con il nemico. In questa settimana l’hanno trasferita nella nostra cella che si chiama kaush. Le abbiamo dato il benvenuto, ed è di-ventata una di noi, come se ci conoscessimo da piccole. […] Questa amica di Haifa è una poetessa, come me – ehm, ehm! – anche lei è un tipo spas-soso. Canta insieme a noi, ma mentre io preferisco ‘Abd al-Wahhàb*, a lei piace solo Feiruz*, e in particolare la canzone Ritorneremo, ritorneremo2.

Ci sediamo intorno a lei e ci meravigliamo di quello che pensa. Quan-do le ho chiesto: «Che cosa ti emoziona nella canzone Ritorneremo, ri-torneremo? Tu non sei diventata profuga e non sei ritornata, ma sei rima-sta nella tua patria», ci ha risposto: «La mia patria?! Io mi sento come un profugo in un paese straniero. Voi sognate il ritorno, e vivete di questo sogno, ma io, dove ritorno?». […]

Questa mia amica di Haifa mi dice che la patria lei la sente solo di notte, quando si siede accanto a sua madre sul letto, prima di dormire, e la madre le racconta dei tempi passati, quando in casa c’erano i sei fratelli e dormivano per terra, ridevano e litigavano. La mattina la madre prepa-rava loro dei fagotti con le provviste. Uno a lavoro, uno a scuola… Ora i suoi sei fratelli sono separati, sparsi in tutte le parti del mondo, in Ku-wait, in Arabia Saudita, ad Abu Dhabi, a Beirut, e uno nella tomba. […]

1. La guerra dei Sei giorni, detta anche guerra di giugno.2. La canzone, del 1957, parla della perdita della Palestina e della speranza dei

profughi del ritorno.

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A proposito, se questa lettera vi arriva prima della vostra visita, vi pre-go di cucinare il pollo musakhkhan* e non arrostito, su espressa richiesta della nostra poetessa di Haifa, che ci dice che da quando è con noi, anche se in cella, si sente in patria.

Non dimenticarti, mamma, della cioccolata e dei biscotti ripieni di tipo arabo, e dei confetti di Nablus in sacchetti di plastica, di marca buona.

Vi prego di mandare dei dolci al sesamo, più o meno sei, e di metterli in un sacchetto di plastica per non farli seccare.

Fate attenzione che la frutta non sia troppo matura, in modo che duri a lungo, specialmente i pomodori, anche perché spesso il cibo è secco, ma comunque non vi preoccupate.

Le straordinarie avventure di Felice Sventura il Pessottimista

1974

Come Felice dichiara di dovere la propria vita in Israele a un asino

Cominciamo dall’inizio. Tutta la mia vita è stata un fatto stra-ordinario, e una vita prodigiosa può concludersi solo con un finale altrettanto prodigioso. Quando ho chiesto al mio ami-

co extraterrestre: «Come mai mi avete accolto tra voi?», ha risposto: «Che alternativa c’era?».

Allora quand’è che è cominciato?Tutto ha avuto inizio quando sono nato un’altra volta grazie a un

asino.Quando scoppiò quel “Quarantotto”3 ci tesero un agguato, e ci

spararono addosso. Mio padre, pace all’anima sua, fu ammazzato. Io, invece, mi sono salvato perché un asino randagio si era messo tra me e loro. Lo hanno colpito, e così è morto lui al mio posto. Perciò la vita che ho vissuto in Israele, dopo quel fattaccio, la devo proprio a quella povera bestia. Allora, caro maestro, che valore possiamo dare alla mia vita in Israele?

Malgrado tutto, io mi considero una persona d’eccezione. Avrai si-curamente letto la storia di quei cani che hanno leccato l’acqua avvele-

3. Riferimento agli eventi della guerra tra arabi e israeliani del 1948.

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nata e sono morti per attirare in questo modo l’attenzione dei padroni e salvar loro la vita. Oppure saprai di quei cavalli fuggiti via con i cava-lieri feriti, correndo più veloci del vento; dopo aver portato al sicuro i loro padroni, sono morti di sfinimento.

Quanto a me, io sono stato il primo, a quanto mi risulta, a essere salvato da un asino testardo che non correva come il vento e nemmeno sapeva abbaiare. Dunque, io sono un essere eccezionale, ed è forse per questo che gli extraterrestri hanno scelto proprio me. Allora vuoi farmi sapere, ti scongiuro, chi è insomma un essere eccezionale? Colui che è diverso dagli altri, o uno qualsiasi tra tanti altri?

Tu dici che non ti sei mai accorto di me: questo perché tu, forse, caro mio, sei uno che non ha poi tutta questa sensibilità. Quante volte però, avrai trovato il mio nome sui giornali più importanti? Non hai mai letto delle centinaia di persone che la polizia di Haifa aveva ar-restato a Sahat al-Hanatìr, piazza delle Carrozze, ora piazza Parigi, il giorno dell’esplosione dell’anguria?4 Ogni arabo della parte bassa di Haifa che se l’era svignata a piedi o a dorso di quadrupede o su veicolo, fu subito sbattuto in prigione. I giornali fecero i nomi di tutti i più im-portanti arrestati per sbaglio, e anche di altri. Gli altri sono io. Ai gior-nali non sfuggì il mio nome, e allora come fai a sostenere che non hai mai sentito parlare di me? Io sono una persona eccezionale, e non mi può ignorare nessun giornale ben informato che abbia fonti, pubblici-tà, celebrità e reputazione. Di gente del mio stampo sono piene le cam-pagne, i caffè e le osterie. Io sono gli altri, sono eccezionale davvero!

Una strana riunione notturna nel cortile della moschea di al-Giazzàr

Nel cortile della moschea il mio maestro batté tre volte le mani, poi rivolto alle tenebre disse: «Ritornatevene pure alle vostre faccende, gente. Questo è uno dei nostri”.

Ed ecco che lo schiamazzo che era stato soffocato riprese con tutto il suo vigore; le mani che tappavano le bocche dei bambini mollarono la presa. Vidi fantasmi che si stavano avvicinando a noi uscendo dalla Ahmadiyya, la scuola religiosa della moschea, che abbracciava il largo cortile sui tre lati: a est, a nord e a ovest. Si disposero in cerchio intorno a noi e, dopo un po’ di convenevoli – la pace sia con voi, e con voi la

4. L’autore usa ironicamente la parola anguria per non parlare di bombe.

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pace, la benevolenza e la clemenza di Dio – si accovacciarono per terra e si informarono sul mio conto.

Avevo appena cominciato a dire che ero ritornato dal Libano, quan-do scoppiò un gran subbuglio. Il mio maestro gridò loro: «Questo è uno dei nostri, gente, se è tornato lui allora torneranno anche gli altri».

«Sei entrato clandestinamente?», mi chiese uno di loro. Non ave-vo voglia di raccontare del dottore, l’amante di mia sorella, né dell’a-sino, né di Adon* Safsarshek, così risposi: «Sì!». «Allora stanotte ti deporteranno».

«Mio padre, pace all’anima sua5, era amico di alcuni loro pezzi grossi; uno di questi si chiama Mister Safsarshek», spiegai.

Lo schiamazzo si fece ancora più forte, mentre il mio maestro cer-cava di calmarli:

«È solo un ragazzino, non ha ancora messo giudizio (hilm)!». Eppure proprio quella notte era il mio ventiquattresimo compleanno ma, davvero, mi sembrava di stare in un sogno (hulm). Ero comunque grato al mio maestro che, almeno, non mi aveva fatto passare per una ragazza, per proteggermi dalla loro rabbia che mi sembrava incom-prensibile. Dopo un po’ diventarono più socievoli e cominciarono a bersagliarmi di domande sui loro parenti profughi nel Libano.

«Noi siamo di Kweikat. L’hanno distrutta, e hanno cacciato via tutti. Hai incontrato qualcuno di Kweikat?».

Quelle due “K” nella parola Kweikat mi facevano un po’ ridere, ma riuscii a controllarmi grazie alla voce di una donna proveniente da die-tro alla meridiana sul lato ovest. «Shukriyye, la bambina non dorme! Shukriyye, la bambina è morta!».

Ci giunse all’orecchio un urlo strozzato. La gente trattenne il fiato fino a quando l’urlo non si placò. Poi tornarono a interrogarmi e io rispondevo di no! «Io sono di al-Manshiya, dove non è rimasta nep-pure una pietra sull’altra al di fuori delle tombe. Conosci qualcuno di al-Manshiya?». «No!».

«Noi siamo di ‘Amqa. L’hanno rasa al suolo, e hanno rovesciato per terra tutto l’olio. Conosci qualcuno di ‘Amqa?». «No!».

«Noi siamo di al-Birwa6. Ci hanno cacciato via e l’hanno distrutta.

5. Formula di condoglianze che alla lettera significa “che la vita che non ha vis-suto sia riservata a voi!”.

6. Il riferimento è al paese di M. Darwish (cfr.), cancellato dalle carte geografi-che.

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Conosci qualcuno di al-Birwa?».«Conosco una donna che se ne stava nascosta con il figlio tra le

piante di sesamo».Sentii molte voci che facevano ipotesi su chi potesse essere quella

donna. Nominarono una ventina di madri di Tizio e Caio, finché un vecchio, che stava in mezzo a loro, urlò: «Piantatela! È la madre di al-Birwa e basta! Basta a lei e a noi!». E così smisero.

Poi le voci tornarono a farsi sentire con accanimento, anche se, come capii, i villaggi che menzionavano erano tutti stati cancellati dall’esercito. «Noi siamo di al-Ruweis»; «noi siamo di al-Hadathe»; «noi di al-Dammun»; «noi di al-Mazraa»; «noi di Sheb»; «noi di Miaar»; «noi di Waret Sreis»; «noi di al-Zaib»; «noi di al-Bassa»; «noi di al-Kabri» «e noi di Aqrat».

Che vuoi, caro mio, dopo tanto tempo non aspettarti che io mi possa ricordare di tutti questi villaggi spazzati via a cui si riferivano i fantasmi nel cortile della moschea di al-Giazzàr. Sai bene che noi di Haifa conoscevamo i villaggi della Scozia più di quelli della Galilea. Io, della maggior parte di quei villaggi, ne sentivo parlare per la prima volta proprio quella notte. E non prendertela con me, caro mio, pren-ditela piuttosto con i tuoi amici. Non è stato proprio il vostro poeta della Galilea7 a scrivere:

Inciderò il numero di ogni particella / della nostra terra rubata il luogo e i confini del mio villaggio / le sue case polverizzate i miei alberi sradicati / e ogni fiore di campo schiacciato per non dimenticare.

Continuerò a incidere tutte le stagioni della mia tragedia tutte le tappe della catastrofe / dal chicco alla cupola / sul tronco di un olivo / nel cortile di casa.

Fino a quando il poeta dovrà incidere mentre gli anni dell’oblio conti-nuano a scorrere cancellando tutto? Quando si potrà leggere ciò che è scritto sul tronco dell’olivo? Ed è poi rimasto un olivo nel cortile di casa?

Quando videro che non ricevevano risposte soddisfacenti, e capiro-no che non conoscevo nessuno tra tutte quelle creature, all’infuori dei miei parenti e di Adon, Mister Safsarshek, si tolsero di mezzo e ritorna-rono nei loro angoletti. Rimasi con il mio maestro.

7. Il riferimento è al poeta palestinese Tawfìq Zayyat.

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Nizàr Qabbàni Siria

È uno dei poeti più amati e letti nel mondo arabo. Nasce nel 1923 a Damasco da una famiglia agiata e muore a Londra nel 1998. Nel 1945 si laurea in Giurispru-denza e inizia la carriera diplomatica che lo porta in molte capitali del mondo (Il Cairo, Ankara, Madrid, Pechino). Nel 1966 si ritira dagli incarichi pubblici per dedicarsi esclusivamente alla poesia e fonda una casa editrice, Manshùràt Nizàr Qabbàni, che diventa tra l’altro portavoce della causa araba. Ha al suo attivo più di quaranta raccolte di poesia scritte in una lingua elegante e insieme familiare. La sua popolarità in tutto il mondo arabo è accresciuta anche dal fatto che molti famosi artisti hanno messo in musica e cantato i suoi versi, da ‘Abd al-Halìm Hàfiz, ‘Abd al-Wahhàb, fino all’iracheno Kàzim al-Sàhir e alle libanesi Feiruz e Màgida al-Rumi. Sin dal suo primo diwàn*, Qalat lì al-samra’ (La mora mi ha detto) del 1944, la donna e l’amore sono la sua principale fon-te di ispirazione. Egli fornisce un’immagine non convenzionale della donna araba, servendosi di un tono galante, malizioso e spesso audace, che ha indotto molti conservatori ad accusarlo di oscenità. Le brevi poesie che seguono sono tratte dal Kitàb al-hubb (Libro dell’amore) del 1970, in cui si nota il tono appa-rentemente leggero con cui il poeta canta e ironizza sull’amore eterno, anche attraverso avventure galanti. Se il poeta è ricordato come shà‘ir al-mar’a (il poe-ta della donna), egli però ha prodotto anche un filone politico e sociale in cui si serve dei versi per condannare il maschilismo orientale e la mancanza di libertà nelle società arabe.

Anche le poesie politiche suscitano forti polemiche da parte dei detrattori, come ad esempio Khubz wa hashìsh wa qamar (Pane, hashish e luna) del 1954, che provoca un dibattito nel parlamento siriano dell’epoca. In questo poema, Qabbàni lamenta il modo in cui gli orientali vivono «senza occhi, coltivando sogni pigri e vuote fantasie e si consolano con l’oppio chiamato destino e fato». Dopo la sconfitta del 1967 nella guerra contro Israele, la sua poesia acquista una dimensione più politica e i toni diventano più duri, come in Hawàmish ‘ala daftar al-naksa (Appunti sul quaderno della naksa*), dove accusa gli arabi di possedere solo doti oratorie e i regimi vessatori di togliere ai cittadini il diritto di dissentire. Famoso è anche il poema Atfàl al-higiara (I bambini delle pietre), dedicato alla Intifadah* palestinese.

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Il libro dell’amore 1970

La mia amata mi chiede:«Che differenza c’è tra me e il cielo?».La differenza, amor mio,

è che se ridi, mi dimentico del cielo.

Conta sulle dita della mano, così:uno, l’amore mio sei tudue, l’amore mio sei tutre, l’amore mio sei tuquattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, l’amore mio sei tu.

Ventimila donne ho amatoventimila donne ho avutoma quando ti ho incontrata,amor mio,mi sono accorto che solo allora cominciavo.

Se la tua follia, amica mia, fosse pari alla mia getteresti via tutti i tuoi gioiellivenderesti tutti i tuoi braccialiper addormentarti nei miei occhi.

Detesto amare come l’altra gente detesto scrivere come l’altra gente vorrei che la mia bocca fosse una chiesae le mie lettere campane.

Spogliati! Da lungo tempo ormai,sulla terra non accadono più miracolispogliati… spogliatiio sono mutoil tuo corpo conosce tutte le lingue.

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Accade che io mi stanchi delle mie parole… [dei miei fogli… dei miei libri e accade che io mi stanchi di essere stanco.

Ho scritto sopra il ventoil nome di colei che amoe ho scritto sopra l’acquama non sapevo che il vento non sa ascoltarenon sapevo che l’acqua non rammenta i nomi.

Accade a volte che io pianga senza motivo come i bimbiaccade a volte che io miannoi dei tuoi occhi buonisenza una ragione.

Non rattristarti!Anche se gli astronauti sono arrivati sulla lunaai miei occhi tu sarai sempre la più bella luna.

Poiché il mio amore per te è al di sopra delle paroleho deciso di tacere… wa’assalàm… e ti saluto.

Ogni volta che mi sono separato da una,ho detto ingenuamente:«Sarà l’ultima donnasarà l’ultima volta».Ma poi… mi sono innamorato mille volte,sono morto mille volte…e ancora dico: «Questa è l’ultima volta…».

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Giabra Ibrahìm Giabra Palestina

Nato a Betlemme nel 1920, è stato uno dei più significativi intellettuali arabi del Novecento. Scrittore, poeta, pittore, critico letterario e traduttore shakespea-riano, dopo la nakba* si trasferisce a Baghdad, dove partecipa alla vita artistica e culturale del paese e dove morirà nel 1994. Sempre alla ricerca di nuove forme espressive, capaci di interpretare i mutamenti radicali in ambito politico e so-ciale, come poeta Giabra contribuisce a rivoluzionare la poesia araba anche gra-zie alle sue eccellenti traduzioni dall’inglese. La sua versione di The Waste Land di T. S. Eliot influenzò un’intera generazione di poeti arabi che diedero vita al movimento Tammùzi che si ispirava all’antica mitologia babilonese, adattan-dola alla realtà araba. Famosa è la sua raccolta di poesia Tammùz fi al-madìna (Tammùz in città) del 1959.

Egli è anche autore di raccolte di racconti e di diversi romanzi, tra cui ‘Alam bi-la kharà’it (Un mondo senza mappe) del 1982, scritto con ‘Abd al-Rahmàn Munìf (cfr.), i cui personaggi sono soprattutto intellettuali e artisti che vivono in una condizione di continua alienazione. Una delle sue opere più famose, il romanzo al-Safìna (La nave) del 1970, dal quale è tratto il brano qui presenta-to, è il frutto del disinganno e della frustrazione che si impadronisce degli arabi a seguito della sconfitta subita da parte di Israele nella guerra del 1967 (naksa). I due protagonisti sono un architetto di Baghdad che ha studiato a Londra e un uomo d’affari palestinese che vive in Kuwait. Questi stanno effettuando, a bordo di una nave partita da Beirut, una crociera nel Mediteranno nel corso della quale toccheranno anche il porto di Napoli. Grazie a continui flashback, si viene a conoscenza del doloroso passato dei vari personaggi che devono fare i conti con quell’angosciante senso di ghurba* che tormenta molti passeggeri, e non solo i palestinesi, costretti a stare lontani dalla loro terra natale. Nel corso del viaggio s’intrecciano storie d’amore e tragedie politiche e personali. Il Me-diterraneo si trasforma così da luogo geografico a luogo metafisico che accoglie generosamente i suoi figli, amalgamando gli esseri umani e le culture delle due sponde.

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La nave 1970

Ho più di quarant’anni, i miei capelli sono ancora neri, non sono sposato, la mia gente può fare a meno di me, nonostante la vita randagia e le perdite, ho guadagnato soldi in Kuwait e

continuo a guadagnare quanto basta, Dio sia lodato. Questo è il mio terzo viaggio in Europa e ne succhierò ogni goccia. Di notte mi assal-gono ricordi dolorosi, molto dolorosi e mi assalgono anche desideri dolorosi. In passato trovavo sollievo nel mettere per iscritto i pensieri, nello scrivere poesie. Tutti i palestinesi sono per natura poeti. Forse non scrivono poesie, ma sono poeti, perché conoscono due cose im-portanti: la bellezza della natura e la tragedia. E chi associa queste due cose non può che essere poeta. Lei conosce Gerusalemme? […]

Gerusalemme è in assoluto la più bella città del mondo. Si dice che fu costruita su sette colline, non so se le sue colline siano sette, ma io sono salito su tutte le sue colline e sono sceso da tutti i suoi pendii, tra case di pietra bianca, rosata e rossa, simili a fortezze che vanno su e giù insieme alle strade che salgono e scendono, come gemme sparse sull’abito di Dio, gemme che mi ricordano i fiori delle sue valli. Mi ricordo la primavera, mi ricordo lo splendore azzurro del cielo dopo le piogge primaverili, e la primavera a Gerusalemme era proprio la primavera perché la vedevi insediarsi nella città come la nuova sce-nografia di un regista. Le colline, aride in inverno, diventavano im-provvisamente verdi davanti ai tuoi occhi e perfino la tua piccola casa diroccata sulla curva della strada, là dove le pietre sono trascurate sin dall’epoca ottomana1 e dove l’albero è morto, si sente la primavera. Perché i fiori sono come gli occhi dei bambini, spuntano tra quelle stesse pietre, intorno allo stesso tronco sterile e vecchio. Per questo la notte suscita in me il ricordo di Gerusalemme e io mi rattristo, mi ar-rabbio e piango. Una volta, nell’albergo “al-Sham”, improvvisamente mi vennero in mente questi ricordi e piansi. Mi vide un uomo che co-noscevo e mi chiese che cosa fosse successo. Gli risposi che piangevo per mio padre, per mia madre, per i miei fratelli e che non conoscevo più la vergogna.

1. La Palestina è stata parte dell’impero ottomano dal 1517 al 1918, con una parentesi dal 1832 al 1840, quando fu conquistata da Muhammad ‘Ali*.

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Questo è successo molti anni fa. Altri hanno trasformato la crisi di pianto in poesia. Ma per Dio, chi può elaborare un discorso che rappre-senti l’esperienza di trent’anni in una città che è la più bella delle città di Dio? I nostri tentativi creativi non sono altro che dei sedativi mo-mentanei, soltanto una specie di pianto. Ma, nella vita, niente ripaga le grandi e calde lacrime, e il tempo, ad ogni modo, è qualcosa di atroce. Nel suo opprimente fluire non lascia gioventù e freschezza a nessuna cosa e, alla fine, non ti rimane niente che meriti di essere raccontato. Il tempo ha calpestato tutto ciò che vedo con un piede grande e pesante, e ha cancellato lo splendore e il fascino. Sai come l’avrei disegnato, se fossi stato un pittore? Con una grande macchia nera chiazzata in due o tre punti di rosso. Il nemico è il tempo. […]

Quanto poco ci bastava per divertirci! Quelle lunghe passeggiate a via Giaffa, o nel labirinto di rocce e di ulivi che circondano la città. Ti sei mai seduto, ‘Isàm, sotto un vecchio ulivo sopra la terra rossa, quasi completamente circondato dai rovi, e anche da quei pochi fiori di pa-pavero o quell’hannun giallo di cui non abbiamo mai saputo il vero nome perché i contadini lo chiamano così? Voi avete Dio, ulivi di Tali-biyya, Katmon e Musallaba e la valle che si estende fino ad al-Màliha… Sotto di voi abbiamo lasciato un pezzo della nostra vita, un dono, e un pegno per il ritorno. Vai per il mondo e vedi alberi di alto fusto, giardini curati e folte foreste, ma tutto questo non eguaglia un solo ramo ricurvo di quegli alberi polverosi, radi e sparpagliati su quella ros-sa terra pietrosa che accoglie i tuoi piedi come baci di un innamorato e quando ti sdrai sopra, diventano come i giacigli del paradiso. Non c’è maledizione più dolorosa della ghurba*, l’esilio dalla tua terra.

Chiedi ai palestinesi. Chiedi al contadino che ricorda le ferite dei suoi piedi su quella terra come se ricordasse l’unica delizia della sua vita. Come se dicesse che la sua vita, dopo che è stato allontanato dalla sua terra, non è più vita. Questo mare azzurro risplende, indifferente, non accogliente, lo so, perché pensa di congiungere le civiltà di tutto il mondo sulle sue rive. Ma esso lambisce anche le nostre coste che lo rendono così lucente e così bello. Io amo il Mediterraneo, e lo solco su questa nave, perché è il mare della Palestina, il mare di Giaffa e di Hai-fa, il mare delle alture occidentali di Gerusalemme e dei suoi villaggi. Se sali sulle alture di Gerusalemme e guardi verso occidente, non sai dove finisce la terra e dove comincia il mare e dove i due si incontrano con il cielo. E tutti e tre si compenetrano, si confondono e si assomi-gliano, questo azzurro è l’unica cosa che addolcisce la mia ghurba. È

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come se io, tramite il mare, fossi di nuovo in contatto con la mia terra, come se tornassi nella zona dell’Invaso del Sultano*, e vedessi che si è allargato e si è esteso ed è straripato formando corsi d’acqua e rapide cascate. Nell’intimo siamo soli. La nostra vita assomiglia alle scatole cinesi: una scatola dentro l’altra, e le scatole diventano via via sempre più piccole finché si arriva alla scatola più piccola all’interno di tutte le altre. Ma ecco che al suo interno non c’è uno degli anelli preziosi della figlia del Sultano, bensì un segreto più prezioso e più straordinario: la solitudine. Ma c’era bisogno che fossi sradicato dalle mie radici e gettato tra gli zoccoli e gli artigli, tra le vampate del deserto e il vocìo delle città produttrici di petrolio per conoscere tutto questo? La tela è ampia e su di essa c’è molto nero con poche macchie sparse di colore. Quella studentessa che fugge dal padre verso le tombe per incontrare il suo amato per due attimi solenni ha illuminato il nero della tela.

Poi il ritorno alle sofferenze, come i dolori della croce in una tra-gedia che si rinnova. E dicono di me: «È decadente, è furbo, in con-traddizione con se stesso. Venera il denaro e la sua terra non ha più alcun significato per lui». Magari vorrebbero che io portassi in tasca una manciata della sua terra2 in un sacchetto in segno del mio dolore, mentre io porto tutte le sue bluastre rocce vulcaniche nel sangue, nella scatola più piccola che è dentro a tutte le altre, insieme alla mia solitu-dine e la mia desolazione. Tutti noi siamo soli. Tutti noi racchiudiamo questa pietra preziosa in petto, lontano dagli occhi, e ce la teniamo stretta insieme a un altro paio di cose. Forse! E abbiamo timore de-gli occhi che amiamo, per i quali spasimiamo e moriamo, perché sono gli occhi che penetrano nei nostri segreti come raggi X. Ci teniamo ben stretti in petto l’amore e la solitudine e non vogliamo che i nostri amati sappiano quello che stringiamo, non perché temiamo per noi stessi, no di certo, ma perché temiamo per loro. Per loro, solo per loro. E allora dobbiamo tornare alla musica e a questo mare? Quale segreto nascondono? C’è qualcuno che possa penetrare i segreti dell’armonia dei suoni o i capricci delle onde?

2. Il riferimento è alla terra della Palestina.

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Latìfa al-Zayyàt Egitto

Nata a Damietta nel 1923 e morta nel 1996 è stata scrittrice, docente all’uni-versità di ‘Ayn Shams del Cairo e una famosa femminista. Ha svolto, infatti, un ruolo di primo piano nella battaglia per l’emancipazione femminile, e ha lottato anche in difesa del suo paese sotto l’occupazione militare britannica. Per al-Zayyàt, la lotta di emancipazione femminile deve necessariamente co-niugarsi con la battaglia per la liberazione nazionale e con la lotta di classe. La sua adesione alle istanze del proletariato, schiacciato dalla borghesia complice degli occupanti e del capitalismo straniero, la spinge ad aderire al Partito comu-nista quando è ancora studentessa universitaria.

Nel 1946 partecipa alle manifestazioni contro i britannici in Egitto, e nel suo primo e più famoso romanzo, al-Bab al-Maftùh (La porta aperta) del 1960, che ottenne grande successo, si riflette la sua esperienza di vita e di lotta. Dopo la delusione della guerra del 1967, al-Zayyàt abbandona l’attività politica e lette-raria, dedicandosi all’insegnamento universitario. Torna ad avere un ruolo im-portante alla fine degli anni Settanta, quando sollecita gli intellettuali in Egitto e nel mondo arabo a protestare contro il processo di pace avviato da Sadat* con Israele. Sottoposta a stretta sorveglianza da parte delle autorità egiziane, viene arrestata e processata per essersi opposta agli accordi di Camp David*. È autrice di un’autobiografia, Hamlat taftìsh. Awràq shakhsiyya (Campagna di perquisizione. Carte personali) del 1992, liberamente tradotto in italiano con Carte private di una femminista egiziana, in cui ripercorre alcuni momenti della sua vita privata a partire da un matrimonio fallito, fino alla militanza politica. L’opera si compone di testi scritti in diversi periodi della sua vita, nel 1967 e nel 1973, con alcuni frammenti di un libro mai pubblicato sulla sua prima espe-rienza in carcere nel 1949, all’epoca della monarchia. In questa parte del libro la scrittrice rievoca le sue radici familiari descrivendo dettagliatamente la casa paterna, per lei simbolo di stabilità e di appartenenza. Nella seconda parte del libro ci sono le pagine più intense in cui l’autrice parla del suo nuovo arresto e della detenzione per motivi politici nel 1981. Il carcere le offre la possibilità di condurre una ricerca introspettiva, ma soprattutto le dà modo di conoscere le sue compagne di cella, molte delle quali intellettuali e scrittrici come lei, a cui si sentirà legata per sempre da un senso di solidarietà.

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Campagna di perquisizione. Carte personali 1992

Amiche mie,posso scrivere sulla mia esperienza in prigione senza ricordare voi, amiche mie, che avete trasformato la sostanza di questa

esperienza, che avete ritoccato di bianco il nero cupo, trasformandolo per me in un grigio più tollerabile, nonostante la desolazione? Posso dimenticare te, che sei stata la mia guardiana, quando sei stata tu a trasformare la mia solitudine in socievolezza, a fare del mio esilio una patria? Come posso dimenticare, amica mia, il giorno in cui mi hanno gettata in prigione, facendomi rivestire i panni – a me estranei – di una pericolosa terrorista, e poi mi hanno avvolto in un polverone di ambi-guità, intessendo storie sul mio conto, mettendoti in guardia con frasi del tipo: «Sta’ attenta a quella, è esplosiva come la dinamite, brucia come il fuoco, ti sfugge dalle mani come l’acqua; qualche giorno fa ha cercato di evadere, così non perderla d’occhio, impediscile di ave-re contatti con le altre detenute. […] Come posso dimenticare anche te, altra mia bellissima amica, che ho accolto tra le braccia il giorno che ti scaraventarono in quell’inferno, per cui ho sentito, anche se non c’era molta differenza d’età, un amore materno? Ti ho sostenuta per farti sopportare all’inizio la prigione, e non appena ti sei rimessa in piedi, sei venuta tu in mio aiuto con la tua tenerezza. In prigione siamo diventate un’unità indivisibile plasmata da pensiero, opinione e sen-timenti, e mi sei diventata più vicina, più radicata nel mio cuore, nel mio pensiero e nel mio essere, più di chiunque altro lo fosse mai stato prima. Quando per noi le cose arrivavano a un punto critico e le notizie deprimenti si susseguivano una dopo l’altra, rendendo ancor più scure le nostre ombre nere, la tua incantevole voce si levava in segno di sfida, e cantavi in un dolce francese: Demain le printemps fleurira. […] Ecco-ci qua, amica mia, fuori dal carcere. Ovunque tu sia ora, la primavera non è ancora fiorita, né la speranza mi ha abbandonata, e nemmeno la canzone:

Un giorno / rifiorirà la primavera in una terra libera, libera, / dove vivremo ancora, dove ameremo e saremo amati ancora.

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Ghassàn Kanafani Palestina

Nato a Acri nel 1936, alla vigilia della proclamazione dello Stato di Israele nel 1948, come molti palestinesi si trasferisce nel sud del Libano e, in seguito, in Siria, in Kuwait e poi a Beirut, dove nel 1969 dirige “al-Hadaf ”, organo ufficiale del fplp*. Muore prematuramente a Beirut nel 1972, per un attentato terrori-stico attribuito ai servizi segreti israeliani. Kanafani è stato il primo a parlare di letteratura palestinese della resistenza nel saggio Adab al-muqàwama fi Filastìn al-muhtalla (La letteratura della resistenza nella Palestina occupata). Ha scritto raccolte di racconti e alcuni romanzi brevi, tradotti in molte lingue.

Nel suo capolavoro, il romanzo fortemente simbolico Rigiàl fi al-shams (Uomini sotto il sole) del 1963, da cui è tratto il primo brano qui presentato, l’autore esprime le delusioni dei palestinesi che si sentono abbandonati al loro destino non solo dall’Occidente, anch’esso responsabile della tragedia palesti-nese, ma dagli stessi arabi che si interessano solo a parole del loro problema. I protagonisti sono tre uomini di tre generazioni diverse che sperano in una vita migliore in Kuwait dove provano a entrare clandestinamente, nascosti in un’autocisterna. Il brano si apre con il personaggio più anziano, Abu Qàis, che ha lasciato il campo profughi ed è arrivato al confine tra Iraq e Kuwait, dove deve incontrare la guida, anch’egli un palestinese, che dovrebbe condurlo alla sua meta, insieme ad altri due sventurati. Il secondo brano qui proposto è tratto da un altro suo famoso romanzo, ‘À’id ila Haifa (Ritorno a Haifa) del 1969. Il protagonista Sa‘ìd, dopo l’apertura delle frontiere tra Israele e la Cisgiordania, a seguito della sconfitta araba nella guerra del 1967, insieme alla moglie torna a Haifa, la città da cui nel 1948 era stato drammaticamente mandato via, e dove aveva lasciato finanche un figlio neonato in culla. Nel rivedere dopo vent’anni i luoghi amati e la loro antica casa, i protagonisti scoprono che è abitata da ebrei polacchi scampati ad Auschwitz, che hanno allevato il loro figlio “perdu-to”, divenuto nel frattempo soldato israeliano; quest’ultimo respinge i genitori naturali, rimproverandoli di essere fuggiti, invece di resistere e lottare: l’autore apre così il doloroso dibattito tra i palestinesi della diaspora e quelli di Isra-ele, diventati cittadini “arabo-israeliani”. Nelle sue opere Kanafani condanna l’atteggiamento occidentale verso la questione palestinese, ma nel medesimo tempo pone gli stessi palestinesi di fronte alle proprie responsabilità.

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Uomini sotto il sole 1963

Ecco dunque lo Shatt1 di cui Maestro Salìm parlava dieci anni pri-ma. Ed ecco che se ne stava sdraiato lontano migliaia di miglia e di giornate dal suo villaggio e dalla scuola del Maestro Salìm.

«Che Dio abbia misericordia di te! Maestro Salìm, che Dio abbia mise-ricordia di te! Non c’è dubbio che tu sia un privilegiato, Dio ti ha fatto morire proprio la notte prima che il nostro disgraziato villaggio cadesse in mano agli ebrei, appena una notte prima. O Dio, c’è forse grazia di-vina più grande? È vero, gli uomini erano troppo occupati per pensa-re a seppellirti e a onorarti nella morte. Ma ad ogni modo sei rimasto là… Ci sei rimasto! Ti sei risparmiato l’umiliazione e la miseria, e la tua vecchiaia è scampata alla vergogna. Che Dio abbia misericordia di te, Maestro Salìm. Chissà, se tu fossi sopravvissuto, saresti affogato anche tu nella miseria come me. Avresti fatto quello che sto facendo io ora? Avresti accettato di caricarti sulle spalle tutti i tuoi anni e di fuggire per il deserto verso il Kuwait, alla ricerca di un boccone di pane?». Si alzò a sedere, appoggiandosi con i gomiti sul terreno, e ricominciò a guardare il grande fiume, come se prima non lo avesse visto… Così era quello, lo Shatt al-‘Arab: un grande fiume solcato da navi cariche di datteri e pa-glia, come una strada percorsa da automobili nel centro della città. […]

Al di là di quello Shatt, appena dall’altra parte, c’erano tutte le cose di cui era stato privato. Laggiù c’era il Kuwait! Là esisteva tutto ciò che nella sua mente era sogno e fantasia. Indubbiamente, laggiù esistevano cose reali fatte di pietre, di terra, di acqua e di cielo, non come quelle che vagavano nella sua povera testa. Dovevano esservi, certo, vicoli e strade, uomini e donne e bambini che correvano tra gli alberi. No, no… alberi non ce n’erano. Sa‘d, l’amico emigrato laggiù, che aveva lavorato da autista e se ne era tornato con soldi a palate, diceva che alberi non ce n’erano.

«Gli alberi stanno nella tua testa, Abu Qàis, nella tua testa vecchia e stanca, Abu Qàis. Dieci alberi dai tronchi contorti, che buttavano fuori olive e benessere tutti gli anni. In Kuwait non ci sono alberi, lo ha detto Sa‘d e a Sa‘d gli devi credere, perché ne sa più di te, anche se è più giovane. Tutti ne sanno più di te, tutti.

1. Lo Shatt al-‘Arab, il fiume formato dalla confluenza del Tigri e dell’Eufrate.

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Negli ultimi dieci anni non hai fatto altro che aspettare. Ti ci sono voluti dieci lunghi anni di fame per capire che hai perduto i tuoi alberi, la tua casa, la tua giovinezza e tutto il tuo villaggio. In questi lunghi anni la gente è andata avanti per la sua strada, mentre tu te ne stavi ac-covacciato come un cane rognoso in una casa miserabile. Che ti aspet-tavi? Che la ricchezza piovesse giù dal tetto di casa tua? Casa tua? Ma quale casa tua? Un uomo generoso ti aveva detto: “Abita qui!”. Questo è tutto. E dopo un anno: “Dammi metà della stanza”, così hai appeso qualche sacco rattoppato tra te e i nuovi vicini. E sei rimasto accovac-ciato fino a quando non è arrivato As‘ad e ha cominciato a scuoterti come si scuote il latte per fare il burro».

Ritorno a Haifa1969

Apparve improvvisamente la casa, proprio quella, la casa in cui era vissuto, che era rimasta scolpita nella sua memoria, ed ecco che appariva la facciata con i balconi dipinti di giallo.

Per un istante ebbe l’impressione che una giovane Safiya dai lunghi capelli intrecciati stesse per affacciarsi a guardarlo dal balcone. C’era una corda per il bucato, nuova, fissata ai paletti che sporgevano, con su appesi panni bianchi e rossi, lavati di fresco. Tutt’a un tratto Safiya scoppiò a piangere forte; lui sterzò sulla destra, lasciando che le ruote salissero sul basso marciapiede. Sistemò la macchina al solito posto, esattamente come vent’anni prima.

Sa‘ìd S. ebbe soltanto un attimo d’incertezza dopo aver spento il motore; sapeva che, se avesse esitato un po’ di più, la faccenda si sa-rebbe conclusa presto, avrebbe rimesso in moto la macchina e sarebbe tornato indietro. Così fece in modo che alla moglie e a lui le cose appa-rissero del tutto naturali, come se i vent’anni trascorsi fossero finiti fra due presse gigantesche, polverizzandosi fino a trasformarsi in un foglio trasparente, quasi invisibile. Scese chiudendosi lo sportello alle spalle. Si aggiustò la cintura mentre guardava verso il balcone, lasciando con noncuranza che le chiavi gli tintinnassero in mano. Sua moglie fece il giro della macchina e si fermò al suo fianco; ma era meno brava di lui. La prese per il braccio e attraversarono la strada, il marciapiede, il cancelletto di ferro verde.

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Cominciarono a salire sulla scala, senza che lui desse alla moglie, e nemmeno a se stesso, la possibilità di osservare quelle piccole cose che – lo sapeva – lo avrebbero commosso, facendogli perdere la calma e il controllo di sé: il campanello, il pomello d’ottone della porta, gli scara-bocchi di matita sul muro, il contatore dell’elettricità, il quarto scalino rotto nel mezzo, il liscio corrimano arrotondato su cui la mano scivola-va facilmente, le finestre dalle griglie di ferro intrecciato, il primo piano dove una volta abitava Mahgiùb al-Sa‘di che lasciava sempre la porta socchiusa. I bambini ci giocavano, davanti a quella casa, e riempivano le scale delle loro grida fino alla porta di legno chiusa, verniciata da poco, e inesorabilmente chiusa.

Premette col dito il campanello, mentre a bassa voce diceva a Safiya: «Hanno cambiato il campanello». Tacque un istante, poi continuò: «E anche il nome, naturalmente».

Fece un sorriso ebete, mentre le stringeva la mano, accorgendosi che era fredda e tremava. Da dietro la porta sentirono avvicinarsi dei passi lenti, strascicati. «È sicuramente una persona anziana», si disse. Il ca-tenaccio cigolò senza far troppo rumore e la porta si aprì, pian piano.

«Ecco qua». Non si rese conto se lo aveva detto ad alta voce op-pure soltanto dentro di sé, come uno che emetta un sospiro di sollievo. Restò immobile, senza sapere che dire. Si rimproverò per non essersi preparato prima una frase con cui cominciare, anche se aveva pensato a lungo che un momento come quello sarebbe certamente arrivato. Si spostò guardando Safiya, come per chiedere aiuto. Lei fece un passo avanti e chiese:

«Possiamo entrare?».Era una vecchia piuttosto grassa e bassa, con un vestito blu a pois

bianchi. Non capiva, e Sa‘ìd cominciò a tradurre in inglese e a quel punto l’espressione interrogativa di lei si distese e si fece da parte, per lasciarli entrare; li precedette in direzione del salotto.

Sa‘ìd e Safiya la seguirono, affiancati, lenti e incerti. Con un certo stupore, cominciarono a distinguere le cose.

A Sa‘ìd sembrò che l’ingresso fosse un po’ più piccolo di come se lo ricordava, e più umido. Vide molte cose che gli erano state familiari un tempo, e che continuava a considerare tali: cose intime, private, che aveva sempre creduto di sua proprietà, intima e sacra, pensando che nessuno altro potesse realmente riconoscerle come proprie, toccandole o guardandole. C’era una fotografia di Gerusalemme, se la ricordava benissimo, ed era ancora appesa là dove era sempre stata, quando abita-

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va in quella casa. Sul muro di fronte c’era un piccolo tappeto di Dama-sco, rimasto anch’esso al suo solito posto.

Fece qualche passo guardandosi intorno, scoprendo le cose a poco a poco, oppure tutte in una volta, come chi riprende conoscenza dopo un lungo svenimento. Quando entrarono nel salotto poté constatare come due delle cinque poltrone fossero le sue; le altre tre erano nuove, sembravano disposte a casaccio, e non si intonavano con lo stile di tut-to il resto. In mezzo alla stanza c’era ancora lo stesso tavolino intarsiato di madreperla; soltanto un po’ sbiadito. Sopra, il vaso di vetro era stato sostituito con un altro, di legno, in cui erano infilate alcune penne di pavone. Sapeva che dovevano essere sette, e cercò di contarle restando seduto, ma non ci riuscì; si alzò, si avvicinò al vaso di fiori e cominciò a contarle una per una. Erano soltanto cinque.

Quando si voltò per tornare al suo posto, si accorse che le tende erano cambiate. Quelle lavorate all’uncinetto da Safiya, vent’anni pri-ma, con filo color bianco avorio, erano scomparse, sostituite da tende a righe azzurre.

Il suo sguardo si soffermò su Safiya, e la vide sconcertata; stava fru-gando con gli occhi in ogni angolo della stanza, come contando le cose di cui aveva nostalgia. La vecchia signora, piuttosto robusta, si era se-duta davanti a loro, sul bracciolo di una poltrona, e li guardava con un sorriso privo di significato. Finalmente, senza modificare quel sorriso, disse: «È da molto che vi aspetto».

Il suo inglese era stentato, l’accento quasi tedesco. Sembrava che tirasse fuori le parole da un pozzo di polvere molto profondo.

Sa‘ìd si piegò in avanti e le chiese: «Sa chi siamo?».Lei annuì ripetutamente, come per sottolineare l’affermazione. Ri-

fletté un po’, scegliendo le parole, poi disse con calma: «Voi due siete i proprietari di questa casa, lo so». «Come lo sa?».La domanda era venuta contemporaneamente da Sa‘ìd e da Safiya.Il sorriso della vecchia si allargò ancor di più, poi rispose: «Da ogni

cosa, dalle fotografie, dal modo in cui vi siete fermati davanti alla por-ta. Per la verità, da quando è finita la guerra molti sono venuti qui e hanno cominciato a guardare le case e a chiedere di entrare. Ogni gior-no mi dicevo che sareste sicuramente venuti anche voi».

Improvvisamente sembrò perplessa e cominciò a guardare anche lei gli oggetti sparsi per la stanza, come se li vedesse per la prima volta.

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Senza rendersene conto, Sa‘id si mise a seguire lo sguardo di lei, ad ac-compagnarlo nei suoi spostamenti. Safiya faceva altrettanto, e Sa‘ìd si disse: «Che strano! Tre paia d’occhi che guardano la stessa cosa… Ma come la vedono diversa!».

Sentì la voce della vecchia che era diventata più flebile e più lenta: «Mi dispiace, ma le cose sono andate così. Non ho mai pensato alla questione come adesso».

Sa‘ìd fece un sorriso amaro. Non sapeva come spiegarle che non era venuto per questo, che non voleva mettersi a fare una discussione po-litica, e che sapeva che non era colpa sua. «Non era colpa sua?». No, non proprio. Come spiegarglielo?

Fu Safiya a risparmiargli la pena, chiedendo con voce stranamente innocente, mentre lui cominciava a tradurre: «Da dove è venuta?».

«Dalla Polonia».«Quando?».«Nel 1948».«Quando, esattamente?».«Il primo aprile del 1948».Calò un silenzio pesante, e tutti si misero a guardare dove non c’era

niente di importante che attirasse lo sguardo. Fu Sa‘ìd a rompere il si-lenzio, dicendo con calma:

«Naturalmente noi non siamo venuti a dire: “Vattene via di qua”. Ci sarebbe bisogno di una guerra, per questo».

Safiya lo tirò per una mano, ché lasciasse stare quell’argomento, e lui capì. Cercò parole diverse per affrontare la questione:

«Voglio dire che la sua presenza qui, in questa casa, la nostra casa, mia e di Safiya, è un altro discorso. Noi siamo venuti soltanto per vede-re le cose, queste cose sono nostre… Forse lei lo potrà capire».

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‘Abd al-Hamìd Ben Hadùqa Algeria

Narratore, drammaturgo e poeta, è uno dei più grandi scrittori algerini di lin-gua araba. A differenza di molti altri suoi connazionali, egli sceglie di scrivere in arabo e non in francese, la lingua del colonizzatore. Nasce nel 1925 e studia a Costantina e all’Università al-Zaytuna* di Tunisi. Aderisce al fln* e, dopo aver soggiornato in Francia sotto falso nome, si trasferisce a Tunisi dove lavora per la Radio tunisina e per l’emittente Sawt al-Giazà’ir (La Voix de l’Algérie). Dopo l’indipendenza nel 1962, torna in Algeria dove dirige la Radio algerina fino alla morte avvenuta nel 1996. In tutte le sue opere lo scrittore manifesta un grande interesse per la dimensione storica e politica del suo paese, come nel romanzo Ghadan yawm giadìd (Domani è un altro giorno), del 1993, di cui si presentano due estratti.

L’opera è scritta nel periodo drammatico in cui in Algeria si sta svolgen-do una sanguinosa lotta tra il regime al potere e i movimenti islamisti, ovvero da una parte, coloro che, secondo lo scrittore, avevano tradito gli ideali della rivoluzione dando vita a un sistema oppressivo, e, dall’altra, i fondamentali-sti islamici che avrebbero voluto insediare un regime autoritario e liberticida. L’autore riflette quindi sulla realtà dell’Algeria, facendo precisi riferimenti alla lotta per l’indipendenza e ai suoi eroi leggendari che avevano combattuto per la libertà del paese, come si vede nel primo brano che segue. Nel romanzo i per-sonaggi positivi sono quelli che aspirano al mutamento della società, nel segno del rispetto della libertà altrui, mentre quelli negativi perseguono soltanto il proprio interesse personale, o la propria cieca ideologia. Con il sapiente uso di flashback, vengono rievocati eventi dell’epoca coloniale che si mescolano ad altri della storia più recente del paese, attraverso i quali le speranze di ieri vengono messe a confronto con il disinganno di oggi. Dal punto di vista della struttura, è “un romanzo nel romanzo”: lo scrittore ascolta Mas‘ùda, una “gran-de vecchia” algerina dalla cui bocca le parole fluiscono come perle, che racconta in prima persona la rivoluzione affinché lo scrittore con la “serietà del letterato” conservi memoria di ciò che avvenne, per opporsi alle falsificazioni della storia. Nel secondo brano qui presentato c’è una breve descrizione della mitica qasba di Algeri, all’epoca della colonizzazione francese.

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Domani è un altro giorno1993

L’uomo, quando nasce, non è né un essere divino né un profeta né un eroe. Ma può accadere che lo diventi se, in circostanze favorevoli, un incontro con il caso avviene al momento giusto.

Il villaggio in cui sono nata ha dato vita a leggende, divinità, eroi e profeti.

Dell’epoca in cui è vissuto mio padre la gente del villaggio non ha conservato che alcuni nomi leggendari, simbolici, lontani e ricordi an-cora più simbolici e più leggendari; la memoria collettiva li ha forgiati per salvarsi dall’estinzione o per salvaguardare la propria identità ag-gredita dal colonialismo.

Hai visto! Parlo come i politici, i sociologi o gli storici! Non bur-larti dei miei intenti, ti prego, perché sto per confidarti qualcosa della massima importanza, che riguarda le origini della mia storia e, natural-mente, mio marito Qaddùr e mio padre.

Ti racconterò le leggende create intorno a mio padre, e quelle create intorno a Qaddùr.

Dico “leggende” ma, visto come sono andate a finire e quello che ci sta sotto, forse sono realtà. Come ti ho già detto dicevano: «al-Makhfi Ben M’rabit, testa verde, cuore rosso, lingua di bronzo»1.

Dicevano: «Ben M’rabit è un amico di Shakìb Arslan*. Come lui crede nell’unità araba dal Golfo* all’Atlantico. Come lui lotta contro il colonialismo. Come lui afferma: in nessun gruppo umano l’unità di lingua, di razza e di religione è così forte come nel popolo arabo; se quest’unità si realizza, permetterà di affrontare non solamente l’Euro-pa, ma il mondo intero. È per questo che la Francia l’ha ucciso!».

Dicevano: «Ben M’rabit è comunista, un “rosso”, un amico di Mahmud al-Akhal. Mahmud al-Akhal è nemico della Francia in Siria e in Algeria». […] Dicevano: «al-Makhfi è in contatto con ‘Abd al-Karìm al-Khattabi* e sostiene la rivolta del Rif in Marocco. Si è accor-dato con lui per accendere la rivolta in Algeria, e per questo ha venduto ciò che possedeva. Ha organizzato in montagna gruppi armati, che si impossessano dei beni dei ricchi per poter acquistare armi. Per que-

1. Il personaggio è detto così per il suo amore per la natura, la sua fede comunista e il coraggio delle sue parole.

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sto la Francia lo ha ucciso, facendo correr voce che era stato vittima di un’esplosione alla cava. Già in precedenza lo aveva fatto passare per un pericoloso criminale e un bandito, affermando che la sua morte avreb-be messo al riparo dalle sue azioni gli innocenti e avrebbe permesso alla gente di ritrovare la serenità».

Ecco cosa dicevano. A decine favole e pettegolezzi riguardanti mio padre si diffondevano: non era morto alla cava, ma era fuggito; erano state fatte ricerche per ritrovarlo, ma aveva teso un’imboscata ai soldati francesi; era vestito di una corazza d’argento dell’epoca di Giugurta, che rendeva immune colui che la portava alle pallottole e ai fendenti! Azzùz, il solo a conoscere il segreto di questa corazza, l’aveva rivelato ai gendarmi e ai soldati francesi e al-Makhfi era andato incontro alla stessa sorte di al-Muqràni nella sua lotta contro la Francia!…

Si arrivò al punto di diffondere la voce che non fosse morto, che nessuno poteva ucciderlo. Nascosto come l’imàm* Mahdi*, sarebbe tornato in un altro tempo.

Di tutte queste voci nessuno sapeva l’origine né lo scopo, salvo co-loro che le avevano ideate. […]

«Com’è la casa dove abiti ad Algeri? Grande o piccola?». […]«Ogni famiglia vive in una stanza; le stanze sono ampie. C’è an-

che una terrazza a disposizione di tutti per stendere la biancheria e i materassi. La casa ha due toilette, una al pianterreno e una al piano superiore. Le case arabe sono spaziose. Questa ha la stessa architettura della gran parte delle case della qasba*. È difficile trovare alloggio ad Algeri. Nei quartieri europei non accettano algerini tranne alti funzio-nari, medici, avvocati e qualche grosso commerciante. Gli arabi entra-no nel quartiere europeo solo per attraversarlo o lavorarci. A volte gli si impedisce anche di circolarvi. Gli arabi, gli ebrei e i poveri abitano la qasba e dintorni».

«Ci sono degli ebrei poveri?».«Ricchi e poveri se ne trovano ovunque».«Ma ebrei poveri… non ne ho mai sentito parlare. Ma com’è che

hanno accettato che tu, scapolo, viva in questa casa?».«Ho ottenuto la stanza grazie al figlio della proprietaria. Se non

fosse stato per lui, non avrei mai abitato lì. Ha convinto sua madre. Un giorno stava litigando con un uomo più forte di lui e io passavo di lì; ho tentato di separarli, ma l’altro non voleva saperne. Ho provato di tutto e alla fine l’uomo mi ha colpito. Allora glielo fatta vedere io! Da quel

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giorno sono diventato amico del figlio della proprietaria. Una volta abbiamo parlato della casa e mi ha proposto di abitare da lui. All’inizio sua madre ha rifiutato, ma, a furia di insistere, ha ottenuto quel che vo-leva. Ora sua madre mi considera come figlio suo. È una brava donna, enorme, pesa più di cento chili. Ma è buona, ha il senso dell’onore ed è generosa».

«E gli altri inquilini non velano le loro donne a causa della tua pre-senza?».

«Non conosci Algeri. Ognuno a casa sua. Quando un uomo entra o esce, tossisce e le donne che erano nel cortile o sulla soglia si ritirano. È l’abitudine. A volte nelle stesse circostanze, l’uomo grida: «Passag-gio!», e ognuna rientra in casa propria. Si vive così nelle case arabe della qasba».

«Se ti sposassi, dove abiteresti?».«Dove abiterei? E la mia stanza? Può accogliere una famiglia inte-

ra! Tutti i vicini provano simpatia per me».La zia Halìma era giunta al nocciolo della questione. Si trattava ora

di mettersi alla ricerca di una donna. Col favore del destino ci sarebbe stata anche questa.

Stava per pensare ad altro, quando sentì la porta d’ingresso aprirsi. Fatta di vecchie assi fissate tra loro con grossi chiodi, si metteva a cigo-lare al minimo movimento. «È Khadìgia!».

«Esco?».«No, no. Resta con noi, così la conosci. È una brava ragazza».La zia si alza per andare incontro alla ragazza che entra. È ancora

più bella di quanto immaginasse Qaddùr. Avrà diciassette anni o poco più; seno pieno; statura media; pelle scura dorata come la maggior parte delle ragazze del villaggio, colorito splendente, che rivela la vita all’aria aperta. «Ecco Qaddùr, mio nipote, che vive ad Algeri».

Khadìgia bacia Qaddùr sulla fronte. Questo gesto lo riempie di confusione: non si aspettava di vedere una ragazza chinarsi su di lui. In città, le donne non baciano un uomo estraneo alla famiglia, non baciano che i parenti stretti e i compari. La giovane, con la bontà spon-tanea di coloro che vivono in campagna, sorride a Qaddùr senza affet-tazione. Gli domanda come sta, se si abitua alla vita del villaggio. Gli ricorda che tutti gli vogliono bene e lo conoscono di fama grazie a sua zia che parla sempre di lui. Qaddùr è confuso da ciò che sente e ancor più da questa spontaneità candida con la quale gli si rivolge, senza falso pudore né timidezza ipocrita.

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Sa‘dallah Wannùs Siria

Drammaturgo e teorico del teatro, è l’emblema dell’intellettuale arabo impe-gnato. Nato in provincia di Tartus, in Siria, nel 1941, studia al Cairo e a Parigi. Agli inizi degli anni Sessanta scrive le sue prime pièce che si collocano in quello che è stato definito al-masrah al-dhihni (il teatro delle idee), in cui si avver-te l’influenza di Camus e Sartre. Nel 1970 pubblica Bayànat li-masrah ‘arabi giadìd (Il manifesto per un teatro arabo nuovo), in cui teorizza il teatro di “po-liticizzazione” (masrah al-tasyis): non un teatro politico in senso stretto, ben-sì un teatro che solleciti il pubblico a prendere coscienza della realtà politica, esortandolo a partecipare alla rappresentazione. Dopo un decennale silenzio, nel 1990 scrive delle pièce in cui oltre ad affrontare l’irrisolta questione palesti-nese, come in al-Ightisàb (Lo stupro), tratta anche la questione della responsa-bilità del singolo nei confronti della collettività. Questo è un periodo fecondo, in cui l’autore darà alle stampe molte opere prima della prematura morte per malattia nel 1997. Egli esprime la convinzione che la questione fondamentale sia cambiare la società e che la libertà non è solo una questione politica, ma so-ciale e umana di più ampio respiro. Secondo Wannùs, agli intellettuali spetta il ruolo di guidare e indirizzare la società araba che si trova sull’orlo di un baratro spaventoso, preda di forze oscurantiste che coltivano il fanatismo ideologico e religioso. L’intellettuale deve quindi mettersi al servizio del popolo e non del potere. Wannùs critica apertamente quegli intellettuali, esperti nell’arte della simulazione, adulatori e affascinati dal potere, che pongono il loro sapere al servizio dei tiranni.

Il brano che segue, in versione ridotta, è tratto da una delle sue più famose opere, al-Fil ya màlik al-zamàn (L’elefante, o re del tempo) del 1970, in cui il drammaturgo analizza la natura del potere e le sue mistificazioni, esaminando le dinamiche che agiscono nella relazione tra governante e governato. L’elefan-te del tiranno, protagonista della storia, è il simbolo della forza, della violenza e dell’arroganza del potere che distrugge i beni dei sudditi, arrivando anche a strappare loro la vita. Il capriccio del tiranno diventa così regola di governo. L’altro protagonista è il popolo, simboleggiato dal personaggio di Zaccaria, che tenta inizialmente di ribellarsi, ma non riesce a vincere la paura della tirannia, e diventa egli stesso artefice della disgrazia del suo popolo.

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L’elefante, o re del tempo1970

Il luogo

Il teatro è vuoto. Un vicolo chiuso in fondo da misere case sulle quali si sono accumulati gli anni e il sudiciume. Dietro il palcoscenico un grido lontano. Lamenti. Una donna urla. Scalpiccio di passi che corrono. Questa pesante atmosfera dura per qualche attimo. Un uomo a passo veloce attraversa il vi-colo con il volto accigliato. […] Regna un frastuono proveniente da destra, da dietro le case. Si odono lamenti di donne, le voci, le diverse frasi che corrono sulle bocche della gente quando capita una disgrazia. […] Da sinistra appare un uomo che attraversa il vicolo a passi frettolosi, si imbatte in un altro uomo che proviene dal lato in cui erano giunte le grida. Il suo volto è addolorato e il passo pesante.

Primo uomo (fermando l’altro): E allora, la notizia è vera?Secondo uomo: Povera mamma sua! Neanche al proprio nemico si

augura una morte così.Primo uomo: Che Dio mi protegga dal demonio maledetto… e dov’è

accaduto?Secondo uomo: Vicino alla bottega di Ahmad ‘Ezzat. Lì il vicolo è

sempre affollato di ragazzi. […]Terza donna: Non c’è sicurezza, niente è sicuro.Settimo uomo: In tutta la mia vita non ho mai visto tanta crudeltà

e tanto male. Cerco rifugio in Dio… È come se il diavolo ne rive-stisse le sembianze, un viso deturpato che sembra preannunciare tragedie.

Voci: Oh, Signore. Dimenticate che è l’elefante del re? Che giorni in-fausti!

Zaccaria: Giorno dopo giorno cresceranno le vittime e aumenteranno le disgrazie.

Undicesimo uomo: Oggi è toccato a un bambino innocente, domani chi lo sa!

Zaccaria: Gode a fare del male. Più semina rovina, più aumenta la sua avidità. Conoscete quegli esseri che succhiano il sangue? Più mie-tono vittime e più diventano assetati di sangue. Sempre più sangue

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(la sua voce diventa più dura). Sempre più sangue. Sempre più san-gue.

Voci (turbate, confuse): o Signore Onnipotente, sii buono con i tuoi servi, sii misericordioso. Pietà. Ehi voi, vedo che avete dimenticato che è l’elefante del re.

Zaccaria: Succhia il nostro sangue senza linfa e la situazione peggiora giorno dopo giorno.

Settimo uomo: Ma è rimasto sangue nelle nostre vene?Secondo uomo: Dio vede. […] Quinto uomo: La sopportazione è la chiave per la serenità.Zaccaria: Fino a quando dovremo sopportare? Voci (distanti, continue): Finché Dio vorrà alleviarci questo fardello.Zaccaria: Veniamo alla luce, moriamo e tutta la vita non facciamo al-

tro che aspettare la serenità. Sopportiamo la miseria.Undicesimo uomo: Sopportiamo le imposte e le epidemie.Settimo uomo: Sopportiamo le ingiustizie e i lavori forzati.Zaccaria: E adesso arriva questo elefante e distrugge tutto ciò che ci

rimane. […] Zaccaria: No, questa situazione non si può più sopportare.Terzo uomo: Sopportare, non sopportare. Cosa possiamo fare noi?Zaccaria: Cosa possiamo fare?Voci: È vero, cosa possiamo fare?Zaccaria: Ve lo dico io cosa possiamo fare, andremo tutti insieme dal

re a esporgli il nostro caso. Gli spieghiamo cosa ci succede, pregan-dolo di liberarci dal male che fa il suo elefante.

Voci: […] Esponiamo il nostro caso al re. Esponiamo il nostro caso al re. Entriamo nel palazzo! E perché no? Chi siamo noi per par-lare con il re? Siamo gente oppressa. Forse ci darà ascolto e avrà compassione di noi. Non ce lo permetteranno. Tentar non nuoce. Potrebbe arrabbiarsi e allora solo Dio sa quale sventura ci può capitare.

Le voci cominciano a distinguersi.Terza donna: Ecco un uomo che ha il coraggio di parlare.Settimo uomo: Andiamo e gridiamo al suo cospetto: «Aiutaci, o re

del tempo!».Terza donna: Niente è sicuro, non c’è sicurezza. Prima donna: Per Dio! Se sentisse le urla della madre del bambino gli

si intenerirebbe il cuore anche se fosse di pietra.

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Nono uomo: Ma il re ama molto il suo elefante.Terzo uomo: Lo vizia come se fosse suo figlio o il suo visir.Quarto uomo: Lo hanno visto dargli da mangiare con le proprie mani.Dodicesimo uomo: E assistere al suo bagno personalmente.Terzo uomo: Ho sentito dire che gli uomini della Guardia suonano in

suo onore quando esce dal palazzo e quando vi rientra.Nono uomo: Ogni suo desiderio è un ordine e ciò che fa è legge.Quinto uomo: Il re stava per ripudiare la regina, sua consorte, perché

non era gentile con l’elefante.Zaccaria (gridando): Esagerazioni, esagerazioni senza senso.Terzo uomo: Dici esagerazioni, come se non vivessi in questa città.Zaccaria (la sua voce sovrasta il frastuono): E invece ci vivo. Chi di

voi ha visto il re dargli il cibo con le sue mani, assistere al suo ba-gno personalmente? Certamente nessuno. Forse gli vuol bene, non dico di no. Tutti i re amano il proprio elefante, ma voi esa-gerate.

Terzo uomo: È vero che non l’abbiamo visto, e durante la nostra vita non abbiamo mai varcato le mura del palazzo. Ma non dimenti-care che c’è una servitù che entra ed esce, e le notizie trapelano. […]

Zaccaria: Chissà, forse il re non è al corrente di quello che ci combina l’elefante.

Voci: È possibile.Zaccaria: Non gli dicono niente per non disturbarlo.Voci: Oh Dio, è possibile.Terza donna: Viva gli uomini come te!Zaccaria: Perciò non c’è altra soluzione. Andremo personalmente dal

re a lamentarci della nostra condizione.Voci: Sì, andiamo. Lui sì che ha le idee chiare. Prima facciamo, meglio

è! Incontriamoci con il re. Gli chiederemo giustizia nei nostri ri-guardi.

Terzo uomo: Dio ci protegga.Nono uomo: È comunque rischioso.Zaccaria: C’è forse qualcuno fra voi che nutre ancora qualche dubbio?Undicesimo uomo: Perché esitate?Terza donna: Non avete più amor proprio? Terzo uomo: Bada a ciò che dici, vecchia!Settimo uomo: Non resta altra soluzione.Zaccaria: Allora, riuniamo tutta la gente nella piazza, prepariamo il

nostro discorso e poi andiamo a palazzo. […]

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I preparativi

Si illumina il palcoscenico. Una piazza pubblica. La gente è riunita, Zacca-ria si trova in piedi davanti a loro. Rumore e borbottii confusi.

Zaccaria (placando il clamore, tentando di imporre la propria autorità sulla folla): Come vi ho detto più volte, la cosa più importante è l’organizzazione. Dobbiamo essere una sola parola e una sola voce. Più le nostre voci saranno unite, più faremo una buona impressio-ne e maggiore sarà l’efficacia. Entreremo così. (mima ciò che dice) Ci inchineremo davanti al re con tutto il rispetto e le buone manie-re. Poi a piena voce urlerò: l’elefante, o re del tempo.

La folla: […] Ha ucciso il figlio di Muhammad al-Fahd. Lo ha schiac-ciato per strada, la sua carne si è impastata al fango.

Zaccaria: L’elefante, o re del tempo.[…] La folla: Ha devastato i nostri beni.

Si fa ancora più evidente la confusione tra le voci, cresce il frastuono.Zaccaria: Ehi, gente, in questa faccenda sono necessarie organizza-

zione e precisione. Se non diventeremo una sola parola e una sola voce, la nostra protesta perderà valore. Non è poi così faticoso. Pro-vate a gridare la frase all’unisono. Iniziate insieme e finite insieme. Riproviamo.

Voci: Non affrettatevi. Sì, è preferibile essere una sola voce. Niente caos. C’è qualcuno che non va a tempo. Una sola voce.

Zaccaria: Proviamo un’altra volta. Calma, proviamo un’altra volta. (dopo che si acquietano le voci) L’elefante, o re del tempo.

La folla (le voci sono contrastanti): Ha ucciso il figlio di Muhammad al-Fahd. Ha spezzato le palme.

Zaccaria (facendo loro segno di stare zitti): No, no, daccapo.Voci: Ripetiamo di nuovo! Ripetere fa sempre bene. Stiamo perden-

do tempo.Zaccaria: Daccapo, altrimenti è inutile. L’importante è che il discorso

sia unanime. Forza… l’elefante, o re del tempo.

Le voci della folla cominciano ad armonizzarsi. […]

Davanti al palazzo del re

La folla è riunita davanti al portale del palazzo che occupa la maggior parte del palcoscenico. E mentre aspettano, gridano.

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Voci: La sentinella ritarda. Non ci permetteranno di entrare a palazzo! Perché non dovrebbero permettercelo?

Voce di Zaccaria: È un diritto dei sudditi vedere il proprio re. Voci: È un loro diritto, ma chi lo rispetta! E se non ci faranno entrare?

Allora cosa faremo? Voce di Zaccaria: Tranquillizzatevi, il re ci darà sicuramente il permes-

so di entrare. Voci: Che ci perde a sentire quel che abbiamo da dirgli! Dicono che

abbia il cuore tenero. L’ho visto sorridere durante la festa dell’in-coronazione. Ricordiamo tutti il suo sorriso. Intanto la sentinella ritarda. Dio, dacci la tua protezione. Il re sarà occupato. Ma noi siamo i suoi sudditi. A chi denunceremo le ingiustizie che subia-mo, altrimenti? Speriamo che tutto finisca per il meglio.

Voce di Zaccaria: Non dimenticate. L’importante è essere una sola voce.

Voci: E una sola parola. Vedo la sentinella. Ecco finalmente la sentinel-la! Quale sarà la risposta?

Appare la sentinella presso la porta del palazzo.Sentinella (con disprezzo): Il Re vi concede il permesso di entrare.Voci: Oh, il re ci fa entrare. Dio conceda lunga vita al re. Così sia.[…]

Due guardie spalancano il portone.Sentinella (si volge verso l’interno, non varca la soglia): Il popolo della

città è dinanzi alla porta, o re del tempo.Il re (da dentro): Che entrino.Sentinella: Chinate il capo ed entrate.

Zaccaria precede la folla. La trepidazione e il turbamento cominciano a con-fondere sia gli sguardi che i passi.

Voci (rauche e tremanti): Il re sta con lo scettro in mano. Splende come il sole. Non alzare la testa. Le guardie sembrano fantasmi. A ogni colonna e a ogni angolo. Il trono è alto. Il re risplende come una stella cometa. Il re…

I volti si irrigidiscono. La paura si trasforma in un freddo silenzio. […]

Il re: Cosa vogliono i sudditi dal loro re?

Un silenzio pesante. Né un fremito, né un movimento. Tutti i corpi sono rimasti rigidamente curvati nell’inchino.

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Il re: Vi do il permesso di parlare. Esponete il vostro caso.Zaccaria (facendosi coraggio e con voce tremante): L’elefante, sire.Il re: Cosa vuoi dire a proposito dell’elefante?Una voce tremante tra la folla: Ha ucci…

Poi la voce si interrompe e l’uomo si guarda attorno spaventato.Zaccaria (a voce più alta): L’elefante, o re del tempo.Il re (infastidito): Cosa ha fatto questo elefante?Voce della bambina (sommessamente): Ha ucciso il figlio…

La madre impaurita mette una mano davanti alla bocca della piccola e la costringe a star zitta.

Il re: Che sento?Zaccaria (seccato e adirato, alza ancora di più la voce): L’elefante, o re

del tempo.Il re: Sto per perdere la pazienza. Parla! Cosa vuoi dire a proposito

dell’elefante?Zaccaria (disperato, si volta verso la gente che ha la schiena china per la

paura): L’elefante, o re del tempo.Il re: Smettila con questa cantilena… «l’elefante, o re del tempo».

Parla, oppure ordinerò di frustarti. Zaccaria fissa la folla con disprezzo e disperazione. Esita per qualche istante, poi cambia espressione e avanza verso il re.

Zaccaria (accompagnando con gesti lievi e abili le parole): Noi amiamo l’elefante, o re del tempo. Come voi, lo amiamo e ci prendiamo cura di lui. Le sue passeggiate in città ci rallegrano. Siamo conten-ti di vederlo. Siamo talmente abituati, che è diventato impossibile immaginare la nostra vita senza di lui. Ma abbiamo notato che l’e-lefante è sempre solo e non ha ancora ottenuto la parte di gioia e di felicità che gli spetta. La solitudine è triste, o re del tempo. Perciò abbiamo pensato di venire qui, noi sudditi, a chiedervi di far sposa-re l’elefante per alleviare la sua solitudine e affinché generi per noi decine di elefanti, centinaia di elefanti, migliaia di elefanti, così da riempire la città di elefanti.

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Mahmùd DarwìshPalestina

È una delle figure di maggior rilievo della poesia araba contemporanea. È il poeta simbolo della resistenza palestinese ed è anche uno dei poeti arabi più noti in Occidente. Nasce nel 1941 nel paesino di Birwa, in Galilea, che nel 1948 sarebbe diventata parte dello Stato di Israele. Impegnato politicamente, nel 1961 aderisce al Partito comunista israeliano (Raka) e tra il 1961 e il 1967 viene arrestato diverse volte dalle autorità israeliane. Nel 1973 entra nell’olp* e si tra-sferisce a Beirut dove resta fino al 1982, quando l’esercito israeliano occupa la città. Nominato nel comitato esecutivo dell’olp, Darwìsh si dimetterà perché contrario agli accordi di Oslo* del 1993.

Le sue prime raccolte di poesia ruotano intorno al tema dell’amore per la donna, spesso identificata con la patria perduta. L’esilio coincide poi con una nuova fase della sua poetica, e i suoi versi si arricchiscono di miti e di simbo-li: l’esilio non è più soltanto lontananza dal luogo natio, ma esilio interiore, e tale visione si mantiene anche nelle raccolte successive, in cui la patria sembra trasformarsi sempre più in un sogno irrealizzabile. In molte sue opere egli af-fronta il tema della convivenza con gli israeliani, come in alcuni poemi in cui parla di storie d’amore con ragazze israeliane, intendendo così, come afferma Edward Said*, assumere anche l’identità dell’altro. A questo proposito il poeta afferma di non poter avere un’identità esclusivamente araba, perché egli è il risultato della mescolanza delle civiltà del passato della Palestina, e non pre-tende di «monopolizzare la storia, la memoria o il Signore». Anche nelle sue ultime raccolte il tema dell’identità è preponderante e nasce dal desiderio di pensare a un futuro pacifico per i due Stati: Palestina e Israele. Sia arabi sia isra-eliani, secondo il poeta, non possono ostinarsi a coltivare un pensiero antico, fossilizzato, che nega tutto ciò che è altro, ma devono creare le condizioni per una pacifica convivenza nel rispetto di entrambi i popoli. Vista la grande mole di poemi di Darwìsh, è arduo qui limitarsi a un’esigua selezione, tuttavia si è scelto di presentare una poesia sulla nostalgia per la propria terra, Ila àkhiri wa ila akhirihi (Fino alla mia fine e fino alla sua), tratta dalla raccolta Li-madha tarakta al-hisan wahidan (Perché hai lasciato il cavallo solo) del 1995. Molti versi di Darwìsh sono stati messi in musica da grandi musicisti arabi a partire dal libanese Marcel Khalifa. Muore nel 2008.

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Fino alla mia fine e fino alla sua 1995

Stanco del cammino, figlio mio, sei stanco?

«Sì padre. Lunga è la tua notte sul sentiero, e il cuore si discioglie sulla terra della tua notte.»

«Hai ancora l’agilità del gattoallora salta sulle mie spalle, tra poco attraverseremo l’ultima foresta di terebinti e querce ecco il nord della Galilea e il Libano è dietro di noi, tutto nostro è il cielo da Damasco alle mura della bella ‘Akka*.»

«E poi?»

«Torniamo a casa. Conosci il sentiero, figlio mio?»

«Sì, padre: a est del carrubo sulla strada principale v’è un viottolo all’inizio stretto dai fichi d’India, poi in direzione del pozzo si allarga a poco a poco, fino ad aprirsi sulla vigna di “Zio Gamìl” il venditore di tabacco e dolci; poi si perde in un’aia prima di rimettersi dritto e sedere in casa a forma di pappagallo.»

«E conosci la casa, figlio mio?»

«La conosco, come conosco il sentiero: un gelsomino cinge un cancello

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impronte di luce sulla scala di pietra un girasole scruta ciò che v’è dietro api domestiche preparano la colazione del nonno su un piatto di bambù, nel cortile di casa un pozzo, un salice e un cavallo e dietro al recinto un domani che sfoglia le nostre carte.»

«Padre, sei stanco? È sudore che vedo nei tuoi occhi?»

«Figlio mio, sono stanco. Mi porti? Come tu mi portavi, porterò questa nostalgia al mio inizio e al suo percorrerò questa via fino alla mia fine e fino alla sua.»

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Zakarya Tàmir Siria

È uno degli scrittori siriani più famosi e noti anche in Occidente. Nato a Da-masco nel 1931, quando è ancora molto giovane aderisce al Partito comunista siriano e per questo viene arrestato e condannato alla prigione (1949-54). Nel 1960 pubblica la prima raccolta di racconti, dove la sua visione pessimistica del destino dell’uomo arabo-siriano si coniuga con uno stile surreale e fantastico, al limite dell’illogico. Nelle sue opere egli attinge spesso alle forme del racconto popolare, a cui resterà fedele anche in futuro. I suoi personaggi si muovono nei vicoli e nei quartieri popolari di Damasco, un mondo che secondo l’autore è segnato da un’atavica violenza e dall’assenza di libertà e giustizia. Nel 1980 Tàmir viene allontanato dalla rivista siriana “al-Ma‘arifa”, di cui era direttore, per aver pubblicato saggi sulla natura della tirannia del riformista siriano della nahda, ‘Abd al-Rahmàn al-Kawàkibi (cfr.). Da allora si è autoesiliato a Londra, da dove collabora con riviste di tutto il mondo arabo, pubblicando soprattutto articoli politici. In ambito letterario, dopo una lunga pausa di 14 anni, nel 1994 torna a pubblicare raccolte di novelle in cui sono presenti racconti brevissimi (qissa qasìra giddan), anche di una sola pagina o ancor meno. In tutti i suoi lavori, che si inseriscono nel solco della letteratura impegnata, egli analizza le lacune della società siriana: dalla repressione, anche sessuale, di cui sono vittime le donne e i giovani, ai soprusi verso i ceti più umili, fino alla feroce stupidità dei governanti. Nella società oppressiva, prigioniera di pregiudizi e ignoranza, che egli dipinge, la dimensione onirica è fondamentale. Attraverso i sogni e le visioni, i personaggi riescono così ad appagare i desideri che la società reprime.

Il racconto che segue, al-Numùr fi al-yawm al-‘àshir (Le tigri nel decimo giorno), è tratto dall’omonima raccolta pubblicata nel 1978. L’autore, serven-dosi di uno stile semplice e di una lingua quasi fanciullesca (ha, tra l’altro, scrit-to diverse raccolte di racconti per bambini) ritrae, attraverso la metafora di una tigre e del suo domatore, le forme di “addomesticamento” adoperate nei regimi dittatoriali per fiaccare negli oppositori ogni volontà di ribellione. Malgrado l’età avanzata, lo scrittore continua a essere molto attivo come oppositore del regime siriano e, in particolare, della famiglia Asad* al potere dal 1970. Su Face-book ha aperto una pagina molto seguita, al-Mihmàz (Il pungolo), che annove-ra migliaia di sostenitori.

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Le tigri nel decimo giorno 1978

Le foreste erano sempre più lontane dalla tigre imprigionata in una gabbia, ma la tigre non riusciva a dimenticarle. Guardò fu-riosa gli uomini che circondavano la gabbia e che la scrutavano

con curiosità e senza paura. Uno di loro parlava con voce calma e con tono imperioso: «Se volete veramente imparare il mio mestiere di do-matore, non dovete mai dimenticare, nemmeno per un momento, che lo stomaco del vostro avversario è il vostro primo obiettivo, e vedrete che è un mestiere difficile e facile nello stesso tempo. Guardate questa tigre. È selvaggia, arrogante, molto fiera della sua libertà, della sua forza e della sua violenza. Ma cambierà, e diventerà docile, mansueta e obbe-diente come un bambino piccolo. Osservate quello che succede tra chi possiede il cibo e chi non lo possiede, e imparate».

Gli uomini si precipitarono ad assicurargli che sarebbero stati fe-deli allievi per imparare il mestiere di domatore. E il domatore sorrise allegro. Poi, con tono ironico, si rivolse alla tigre: «Come sta il nostro caro ospite?».

«Portami qualcosa da mangiare, è l’ora del pranzo», disse la tigre, e il domatore con un falso tono di meraviglia, le rispose: «Mi dai ordi-ni? Proprio tu che sei mia prigioniera? Sei veramente una tigre buffa. Devi capire che qui l’unico a dare ordini sono io».

«Nessuno dà ordini alle tigri». «Ma tu non sei più una tigre. Sarai una tigre nelle foreste, ma qui,

ora che stai in una gabbia, sei soltanto uno schiavo che deve eseguire gli ordini e deve fare solo quello che voglio io».

Con tono nervoso la tigre gli rispose: «Non sarò mai lo schiavo di nessuno».

«Sei obbligato a obbedirmi perché sono io che possiedo il cibo». «E io il tuo cibo non lo voglio».«Allora fa’ la fame come ti pare. Io non ti obbligherò a fare quello

che non vuoi». E, rivolgendosi ai suoi discepoli, aggiunse: «Vedrete come cambierà. La superbia1 non sfama lo stomaco vuoto».

La tigre ebbe fame e si ricordò con tristezza dei giorni quando, libe-ra come il vento, correva senza catene inseguendo le sue prede. Il secon-

1. Lett. “la testa alzata”.

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do giorno i discepoli circondarono la gabbia della tigre e il domatore disse: «Ancora non hai fame? Sicuramente avrai una fame spaventosa da torcerti le budella! Di’ che hai fame, e avrai quanta carne vorrai».

La tigre restò in silenzio e allora il domatore proseguì: «Fa’ quello che ti dico, e non essere sciocca. Ammetti di aver fame e ti sfamerai subito».

«Ho fame». Rispose la tigre. Il domatore rise e disse ai suoi disce-poli: «Eccola che è caduta in una trappola da cui non uscirà più».

Impartì poi degli ordini e la tigre ottenne una grande quantità di carne. Il terzo giorno il domatore disse alla tigre: «Se oggi vuoi avere cibo, esegui quello che ti chiederò».

«Non ti ubbidirò». «Non essere così precipitosa, perché la mia richiesta è molto sem-

plice. Tu adesso vai avanti e indietro nella gabbia, ma quando io ti dirò “fermati”, dovrai fermarti». La tigre si disse che, in verità, si trattava di una richiesta stupida, e non valeva la pena intestardirsi e morire di fame. E così il domatore gridò con tono duro e perentorio: «Ferma-ti!». Immediatamente la tigre si arrestò, e il domatore disse con tono allegro: «Brava!». Anche la tigre si rallegrò e mangiò con avidità men-tre il domatore diceva ai suoi discepoli: «In pochi giorni diventerà una tigre di carta». Al quarto giorno la tigre disse al domatore: «Ho fame. Dammi l’ordine di fermarmi».

Allora il domatore, rivolto ai suoi discepoli, disse: «Guardate come cominciano a piacerle i miei ordini». Poi continuò, rivolto alla tigre: «Oggi non mangerai se non imiterai prima il miagolio dei gatti!».

La tigre represse la collera e disse tra sé che, dopotutto, si sarebbe divertita a imitare il miagolio dei gatti. E si mise a imitare il miagolio dei gatti. Il domatore aggrottò le sopracciglia e disse con riprovazione: «La tua imitazione non è riuscita. Per te il ruggito è un miagolio?».

E la tigre, per la seconda volta, si mise a imitare il miagolio del gatto, ma il domatore continuava a essere imbronciato e disse infine con di-sprezzo: «Taci, taci. La tua imitazione non è riuscita. Oggi ti lascio in modo che potrai esercitarti a miagolare. Domani, ti metterò alla prova e, se ci riuscirai, mangerai, altrimenti resterai digiuna!».

Il domatore si allontanò a passo lento dalla gabbia della tigre, segui-to dai discepoli che parlavano sotto voce, ridacchiando, mentre la tigre supplicava e invocava le foreste, che però erano tanto lontane.

Il quinto giorno il domatore disse alla tigre: «Forza, se miagolerai bene, avrai un gran pezzo di carne fresca».

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La tigre imitò il miagolio e il domatore batté le mani e disse con gioia: «Sei fantastica. Tu miagoli come un gatto in amore, in febbraio».

E le buttò un gran pezzo di carne. Il sesto giorno, appena il domato-re si avvicinò alla tigre, questa si affrettò a imitare il miagolio dei gatti, ma il domatore continuò a rimanere serio e ad aggrottare la fronte. Al-lora la tigre disse: «Ma io ho imitato il gatto».

«E ora devi imitare l’asino!».«Io, che sono la tigre temuta da tutti gli animali della foresta, devo

imitare l’asino? Morirò piuttosto che ubbidirti». Così rispose la tigre risentita e il domatore si allontanò dalla gabbia

senza dire niente. Il settimo giorno il domatore si avvicinò alla gabbia della tigre sorridente e gentile, e le disse: «Non vuoi mangiare?».

«Sì che voglio mangiare». «La carne che vuoi mangiare ha un prezzo. Imita l’asino e avrai il cibo».

La tigre cercò di ricordarsi le foreste, ma non ci riuscì, poi ad occhi chiusi imitò l’asino. «Il tuo raglio non è riuscito», disse il domatore, «ma io per pietà ti darò lo stesso un pezzo di carne».

L’ottavo giorno il domatore disse alla tigre: «Farò un discorso e quando finirò dovrai applaudire per l’ammirazione».

«Applaudirò», disse la tigre. Il domatore cominciò il suo discorso, dicendo: «Concittadini… Abbiamo già chiarito in altre circostanze la nostra posizione riguardo a questioni vitali. Questa posizione incisiva e chiara non cambierà, malgrado i complotti delle forze nemiche. E con la fede vinceremo!».

«Non ho capito quello che hai detto», disse la tigre. «Devi apprezzare tutto ciò che dico e applaudire ammirata». «Scusa, sono ignorante e analfabeta. Le tue parole sono meravi-

gliose e io applaudirò come vuoi». E la tigre applaudì. «A me non piacciono l’ipocrisia e gli ipocriti, oggi per castigo non avrai cibo».

Il nono giorno il domatore arrivò con un fascio di erba, lo gettò davanti alla tigre e disse: «Mangia!».

«Che cos’è? Non lo sai che sono carnivora?». «Da oggi mangerai solo erba». Quando la tigre ebbe sempre più fame, cercò di mangiare l’erba, ma

il suo sapore le ripugnava. Si allontanò disgustata, ma poi tornò una se-conda volta e cominciò pian piano ad abituarsi a quel gusto. Il decimo giorno sparirono il domatore, i discepoli, la tigre e la gabbia. La tigre diventò un cittadino e la gabbia una città.

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Fu’ad al-TakarliIraq

Nato nel 1927 a Baghdad, fino al 1979 svolge nel suo paese la professione di magi-strato, conciliando il lavoro con la passione per la letteratura. Collabora con presti-giose riviste arabe, come la libanese “al-Adìb”, dove dal 1951 pubblica alcuni racconti che vengono accolti con favore dalla critica. Nel 1979 sceglie la via dell’esilio; si stabilisce prima a Tunisi, poi ad Amman. Nei suoi lavori ha quasi sempre evitato un coinvolgimento politico diretto, ma ha comunque affrontato delicati temi sociali e veri e propri tabù come la violenza familiare, il ripudio, la poligamia e perfino l’incesto. Nelle sue storie attinge alla sua esperienza di magistrato, condannando l’ignoranza e l’arretratezza di una parte della società irachena, ancorata a pregiudizi e a deleterie usanze del passato.

Nel romanzo Khatam al-raml (L’anello di sabbia) del 1995, di cui viene qui pre-sentato un brano, il protagonista, Hishàm, è un giovane architetto che ha difficoltà a prendere decisioni: è fidanzato con una donna che ama, ma che non si decide a sposare. Il brano si apre con il racconto del vecchio zio che rievoca le mancate nozze e prosegue poi con la descrizione della sala del famoso club al-‘Alawiyya, simbolo di una Baghdad benestante, borghese e laica, dove si sarebbe dovuta svolgere la fe-sta nuziale. Il protagonista, Hishàm, vive dunque una tormentata vita di tensioni e conflitti con se stesso e con gli altri, sentendosi sempre più estraneo alla sua città, Baghdad, divenuta con gli anni una metropoli moderna, sempre più meta di arrivi-sti senza scrupoli. L’unico suo conforto è la musica di Beethoven, Mozart e Chopin, spesso citata nel romanzo come un rifugio in cui il protagonista si isola. Il giovane sembra gradire solo la compagnia dello zio materno Ra’ùf (il cui nome significa ap-punto “consolazione”), una persona onesta, ancorata ad antichi valori, che sembra riuscire a placare l’irrequietezza del nipote.

Questo romanzo, come quasi tutte le opere dello scrittore, è scritto in un ele-gante arabo classico, mentre altri suoi lavori scritti inizialmente nel dialetto di Baghdad sono stati poi riscritti in arabo fusha*, per consentirne la lettura agli arabi non iracheni.

Un anno prima della sua morte, avvenuta nel 2008 ad Amman, al-Takarli dà alle stampe il suo ultimo romanzo al-La-suw’àl wa al-la-giawàb (Né domande né risposte) con cui vince il prestigioso premio Sultàn Aways*.

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L’anello di sabbia 1995

Chi può decidere in queste cose così misteriose? Gli scontri, le gri-da ripetute di giorno e di notte, i litigi, i rancori, l’ostinazione a isolarsi e a distaccarsi da tutto. Tutte quelle piccolezze e bassezze

umane, è possibile che si trovino in una sola persona, in un singolo indivi-duo? Oppure, oppure è necessaria la presenza di due persone per stringere un patto così ambiguo?

Ecco un altro esempio per il quale è impossibile decidere qual è la ve-rità e quale la bugia. Mi alzai, girai la facciata dei Notturni di Chopin e alzai il volume. Volevo immergermi in quella musica, sentivo che mi tra-smetteva forza, nonostante la sua trasparenza soprannaturale e, a volte, la sua femminilità. Perché no? La femminilità non appartiene solamente alle donne. Essa è un insieme di qualità: la tenerezza e la dolcezza estre-me, l’affabilità e la civetteria discreta, la capacità di donare, la bellezza sovrana e l’armonia nell’esistenza. Tutto ciò ti rende… ti dona una sen-sazione di illimitata soddisfazione. Quella meravigliosa notte d’estate nel giardino del Club al-‘Alawiyya, allorché mi alzai per ricevere il premio, dopo aver completato sulla mia cartella una fila, come richiedono le regole del gioco del Bingo, la vidi avanzare, anche lei dalla direzione opposta, nel suo elegante abito bianco che, accarezzato dalla leggera brezza, aderi-va al suo giovane corpo. […]

«Dobbiamo essere nel 1976, perché ho superato gli ottant’anni, sono infatti del 1893… il 14 agosto, del segno del Leone».

Si girò verso di me e, dalla luce che emanavano i suoi occhi di vecchio, compresi che era intenzionato a dirmi qualcosa.

«Ti ricorderai, naturalmente, che mi avevi invitato alla tua festa di matrimonio, intendo quella sera di circa due anni fa? O un anno e mezzo? Non importa. La partecipazione era bella, anzi più bella di tutte quelle che avevo visto in vita mia. Persino Abu ‘Alà la esaminò a lungo, per poi esclamare con un profondo sospiro che chiaramente si trattava di un invito a una cerimonia molto privata, in cui noi saremmo stati fuori posto».

Mi innervosii subito, ma decisi di lasciarlo parlare, senza fare alcun commento, né domandare spiegazioni. Non ero preparato a quella sor-presa. Piccoli stormi di uccelli bianchi seguivano il corso del fiume, volteg-giando con gioia.

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Rimase in silenzio per qualche attimo, come se cercasse di ricordare: «In ogni caso, non era un invito così privato, ma anch’io, come lui,

avevo creduto che lo fosse. Rimasi dunque ad aspettare che tu… Fosti stato tu a chiedermelo? No, non credo. A ogni modo, non so perché, immaginai che saresti venuto a prendermi per portarmi al luogo della cerimonia, a quel club… il club al-‘Alawiyya, ovviamente. Per comple-tare quella fantasia, mi misi ad aspettarti fin dalle cinque, con indosso il mio abito migliore. Proprio così. Pensai che le cinque fossero l’ora più giusta perché tu arrivassi, sebbene l’invito indicasse le otto. Quan-do furono passate le sette e mezzo, mi convinsi di essermi sbagliato, e dissi ad Abu ‘Alà che quello che avevo immaginato era assolutamente sbagliato. D’altra parte, non avresti avuto né il tempo né la testa per ricordarti di me! È esatto? Abu ‘Alà ritenne suo dovere accompagnar-mi fuori casa per aiutarmi a trovare un taxi, dal momento che non vo-levo mancare, per nessuna ragione, all’appuntamento e Abu ‘Alà era d’accordo con me. Bene, il taxi non fu un problema. Salii a bordo di un’auto che mi condusse da voi, al club. Che luci! Che splendore! Tut-ti andavano di fretta, nei loro abiti più belli. Per fortuna, non sfiguravo e mi fu immediatamente indicato dov’era la sala dalla quale proveni-va la musica. Ero confuso, voglio dire dal taxi, dalle luci, dal club, dai camerieri ingessati nelle loro uniformi e dallo sfarzo dell’arredo, e mi chiedevo chi altri, alla fine, potesse venirmi in aiuto, se non tu?

Non appena varcai la soglia del salone, spalancai ben bene gli occhi per cercarti. Erano già le otto passate, e gli invitati seduti ai loro posti mi apparvero innaturali. Non so perché, ma mi sembrarono proprio innaturali. A volte un’immagine ci risulta incomprensibile, anche se non sappiamo spiegarne il motivo. La vista degli invitati mi suscitò questa strana impressione. Nel mio inquieto girovagare per la sala e tra i tavoli, tra tutte le creature di Dio sulla terra, m’imbattei proprio in tuo padre che, come me, pareva preoccupato.

Arrestò il passo lento e regolare. Mi guardò impettito, a testa alta. Sul suo volto con la barba si leggeva un’espressione stupita, ma cercò di controllarsi. Era infuriato, quasi sul punto di scoppiare dalla collera, dalla rabbia, dalla vergogna, dall’umiliazione e da tutti i sentimenti e le emozioni possibili. Mi gridò: “Ra’ùf Effendi*!”, afferrandomi per un braccio e tirandomi bruscamente. “Ra’ùf Effendi! Vieni, vieni!”, e mi condusse a un tavolo, quasi al centro della sala, dove torreggiava, super-ba, una splendida torta bianca. Con lui c’erano tua zia Qadiriyya e altre donne che non avevo mai visto prima, ma che supposi fossero parenti».

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Di nuovo si appoggiò al bastone, abbassando lo sguardo a terra e par-lando come se fosse da solo.

«Tutti erano taciturni; si scambiavano occhiate e bisbigliavano. Il volto di tuo padre era pallido e le sue mani tremavano visibilmente. Mi chiesero di te. “Strano…”, risposi. Mi spiegarono che eri uscito alle cinque con il pretesto di venirmi a prendere e accompagnarmi a casa, a casa vostra, perché mi unissi alla famiglia, ma che non eri tornato e gli invitati ti stavano ancora aspettando, come la sposa e la sua famiglia, i parenti, tuoi e suoi, e tutta la gente. “Strano…”, ripetevo, senza sapere che cosa rispondere. Sprofondammo, allora, nella quiete assoluta che precede la tempesta. Dopo qualche attimo, gli invitati seduti a fianco a noi si alzarono in piedi e, con fare misterioso, vennero verso il nostro tavolo. Sembrava che strisciassero invisibili, circondandoci silenziosi e miti. Tuo padre mi sussurrò che erano i parenti della sposa. Erano profondamente turbati e disorientati, eppure parlavano pacatamente ed educatamente. Si scusarono di non poter restare più a lungo e si au-gurarono che la tua assenza fosse dovuta a un buon motivo. L’assente saprà giustificarsi. Quando se ne andarono, erano passate le undici e mezzo. La tua famiglia rimase seduta, guardandosi intorno per vedere chi ancora resisteva e non se n’era ancora andato, quasi fosse, non so come dire, una gara o una battaglia. Ma la cosa davvero strana fu che tuo padre, tua zia e le persone che stavano con loro, a un certo punto, si alzarono e si scusarono con i presenti. Tuo padre m’informò che si sarebbe rivolto al giudice istruttore perché lo aiutasse a cercarti e ad avvisare la polizia. Poi mi chiesero il permesso di andarsene, come se avessi potuto impedirglielo. Acconsentii e li vidi andar via, lasciando-mi solo al club, affamato, triste e sfinito. Era quasi mezzanotte e non sapevo come fare per tornarmene a casa».

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Ghada al-Sammàn Siria

Nata a Damasco nel 1942, è una delle scrittrici più famose e lette nei paesi arabi. A lei si sono ispirate le generazioni più giovani di letterate che le hanno ricono-sciuto il ruolo di paladina della scrittura femminile nel mondo arabo.

Pubblica la sua prima raccolta di racconti nel 1962 e da allora scrive inces-santemente, affrontando tematiche che vanno dall’emancipazione femminile alla libertà sessuale, fino a toccare temi esistenziali. Se da una parte attacca l’i-pocrisia e l’inerzia della classe borghese, a cui lei stessa appartiene, dall’altra denuncia l’ignoranza e i pregiudizi dei ceti più umili, abbandonati a se stessi. La sua scrittura, da molti giudicata fin troppo provocatoria, è stata oggetto di numerose critiche, al punto che la scrittrice lascia definitivamente la Siria per trasferirsi prima a Beirut dove fonda una sua casa editrice, Manshuràt (Pubbli-cazioni) Ghada al-Sammàn, poi a Parigi, dove vive tutt’ora e dove continua a pubblicare opere di narrativa e di poesia, rimanendo tuttavia lontana da quei salotti letterari francesi che ospitano, invece, tanti suoi connazionali. Nelle sue opere, molte delle quali censurate in alcuni paesi arabi, la scrittrice affronta an-che temi politici, e dopo la sconfitta nella guerra del 1967*, come molti altri intellettuali della sua epoca, invoca urgenti e radicali cambiamenti per il mondo arabo.

Nel 1974 pubblica uno dei suoi capolavori, il romanzo Bayrut 1975 (tradotto in italiano con Taxi per Beirut), in cui parla profeticamente di una guerra civile libanese che scoppierà effettivamente un anno dopo e che durerà 15 anni. La guerra civile, che lei ha vissuto in parte in prima persona, è anche il tema di un altro suo famoso romanzo, Kawabìs Bayrut (Incubi di Beirut) del 1975, in cui affronta in chiave dissacratoria la tragedia della guerra, vista attraverso una donna imprigionata tra le mura della propria casa, circondata da cecchini.

Il brano proposto è tratto da uno dei suoi primi racconti Fazza‘ tuyùr akhar (Un altro spaventapasseri), dalla raccolta Layl al-ghurabà’ (La notte degli stra-nieri) del 1966, in cui l’autrice affronta, tra gli altri, il delicato tema della ste-rilità femminile, e dell’inadeguatezza della giustizia umana, qui rappresentata dalla disonestà del marito giudice. Il racconto propone forti immagini della cattiveria e dell’indifferenza umana che possono condurre solo alla morte, vista dall’autrice in chiave assurda e grottesca.

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Un altro spaventapasseri 1966

Piove, piove!Piove freddo, piove grigio, piove noia. È da stamattina che piove sempre così… sempre così…

Mi hai scaraventata su un treno lento che attraversa remoti deserti mor-ti. I passeggeri non si conoscono; ognuno parla una lingua che l’altro igno-ra, nessuno sa dove va, da dove viene.

Cade una pioggia stupida e ininterrotta…Dal giardino la gatta continua a emettere funebri lamenti, un lamento

sommesso, sofferente… lo sento come la lama appuntita di un coltello che mi penetra nelle viscere, lenta e continua. Non so perché non riesco a tro-vare il coraggio di sbarazzarmene, come non so perché, qualche settimana fa, ho ucciso i suoi piccoli.

Di notte avevo sentito un sinistro miagolio, era la prima volta che sentivo la mia gattina viziata gemere in quel modo. Seguii la voce e la trovai nel mio studio, vicino alla finestra: sul cuscino cinque gattini che si muovevano e cinguettavano come uccellini. Sì, proprio così, alla gatta erano nati cinque gattini, e tutti in una volta. Senza sapere perché, e malgrado mi conficcasse gli artigli nella mano, la strappai via con forza, aprii la finestra e gettai fuori i cinque gattini, uno dopo l’altro, mentre la gatta continuava a lamentarsi con occhi accusatori, colmi di un odio spaventoso: uno sguardo umano, come quello di una donna a cui abbiano strappato via le sue creature. Sul muro dello studio c’erano decine di quadri di decine di bambini. Le loro facce si as-somigliavano tutte, come se fossero l’unico viso di un bimbo non ancora nato, ma di cui conoscevo bene i lineamenti. Nei miei quadri addirittura i corpi degli uomini hanno la faccia di quel bambino. Anche i corpi dei fiori, o quelli delle cose hanno la faccia di mio figlio che non nasce… e quando, davanti al suo lamento, le chiusi la porta in faccia, sentii che nei miei quadri centinaia di bambini piangevano con amarezza e ferocia.

Piove, piove!Piove una nuova serata, malinconica. Magari scoppiasse un tuono, ca-

pace di squarciarle le viscere con un lampo. Il vento impazza e fischia attra-verso le fessure delle finestre per far star zitta la gatta e farla finita con que-sta noia. Qualunque cosa, qualunque cosa, tranne questa calma di morte che colora i miei giorni in questa orribile villa, mentre lui, nonostante il gelo, da più di un’ora se ne sta piantato lì sulla veranda senza muoversi.

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Anche lo spaventapasseri se ne sta in fondo al giardino, piantato lì, sen-za muoversi. Lui è sempre taciturno. Fin da quando ci siamo sposati è raro che ci scambiamo qualche parola; ecco che parla con gli spaventapasseri e con i fantasmi del giardino. Prende un’altra sigaretta. Perché non ne offre una allo spaventapasseri?

Dai primi giorni del nostro matrimonio questo silenzio gelido mi ren-de infelice, mi ha scaraventata in un giardino giallastro come in un vortice, in cui perfino l’eco muore. Nei primi giorni di matrimonio aveva ancora la capacità di rendermi infelice. Ogni volta che dipingevo, e dipingevo quadri di bambini, cercavo di scusarlo; forse un giorno un quadro si sarebbe mes-so a gridare, e ne sarebbe saltato fuori un bambino vivo. Decine di scuse: lui è un giudice, ma tutto quello che succede, a me sembra un’ingiustizia. Lui, però, è anche un grande uomo di affari, e forse nel nostro rapporto si insinua questo aspetto della sua personalità. I suoi sentimenti, dopo tutto, ubbidiscono alla legge della domanda e dell’offerta. Se faccio il broncio, lui se ne rallegra, e se sto zitta io, lui mi sommerge con un’improvvisa elo-quenza. Se gli faccio capire che lo desidero, lui fa finta di non accorgersene, e se mi allontano da lui, allora ecco che brucia d’amore.

Da quell’epoca ho imparato come bruciare le parole d’amore che sgor-gano copiose dalle mie labbra, così come in Brasile si brucia il raccolto del caffè per non ribassare il prezzo.

Sono stufa del sapore delle ceneri. Piove tra la mia pelle e la mia carne, piove dentro le mie ossa, nella mia gola. Non posso rispondere alla sua do-manda che, con lo spiffero di aria fredda che penetra dalla porta, è come uno schiaffo in faccia:

«Ha telefonato il medico? Ti ha dato il risultato?».«No, non…».«Chi? Allora, chi ha telefonato?». «Sono loro, ti aspettano». Ho sentito la mia voce dura, pungente.«Ti aspettano». […] Li vedo là che lo aspettano… Li vedo là pronti a scattare. Lui fa entra-

re nella sua stanza le parti avverse che hanno vinto la causa. […] Diranno tante cose. Lo accuseranno di aver commesso qualcosa di grave, parleranno con voracità così come i corvi mangiano la carne di un ferito legato stretto, non ancora morto. Lui non risponderà. So che non si difenderà. Conti-nuerà ad affrontarli con la stessa freddezza con la quale ogni volta mi bru-cia. Lo sfideranno. Hanno un testimone a carico. Lui sorriderà sprezzante e uno di loro gli griderà in faccia: «Siamo sicuri dell’accusa». Tu, proprio tu che non hai mai studiato il fascicolo di un solo imputato. Tu che ti sei

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sempre disinteressato di tutto, della requisitoria dell’accusa e dell’arringa della difesa, di ogni cosa. Tu che entravi in tribunale con tanti pezzettini di carta piegati in tasca. Su ogni foglietto avevi scritto una sola parola: “Col-pevole”, o “Innocente”. Erano le tue dita cieche a scegliere nel buio della tasca un pezzo di carta qualsiasi. Poi l’aprivi e leggevi quel che c’era scritto: “Colpevole…”, “Innocente…”. Seguendo il caso alla cieca, così senza logica e senza prove. Che ingiustizia! E tu ti ostinerai a sorridere e a tacere!

Poi il colpo di grazia: il testimone a carico è proprio tua moglie! Forse solo allora ti sentirai libero dalle briglie e forse griderai loro in faccia come hai gridato in faccia a me, in quella terribile notte di un anno fa. Anche al-lora pioveva ma con violenza. Ti amavo ancora. Non potevo dormire senza nascondere il volto sul tuo petto. Continuavo a credere che negli abissi del tuo silenzio ci fossero rari tesori. La luce del tuo studio filtrava sotto la porta chiusa… a piedi scalzi venni da te… avevo deciso di sorprenderti da dietro, con un bacio sulla nuca, trascinandoti così a letto. Piano, piano mi muovevo in silenzio dietro di te. Mi fermai ma, prima di chinarmi a baciar-ti, rimasi folgorata da ciò che vidi. Sulla scrivania c’erano decine di pezzetti di carta, su ognuno dei quali c’era solo la parola “Colpevole” o “Innocente”. Quanto al fascicolo nero che avevi portato con te, dicendo che l’avresti stu-diato, era per terra, ai tuoi piedi! […] Certamente dovevo far qualcosa per salvare i miei principi e migliaia di imputati il cui destino era stato deciso dal caso. Ma forse, passando di nuovo davanti allo spaventapasseri in giar-dino, mi sarei resa conto, seppur con dolore, che facevo tutto questo solo perché mio marito non mi parlava più, e perché la mia vita era diventata un deserto desolato di silenzio mortale; ma è sempre meglio avere un cadavere da piangere piuttosto di una gioia che non viene.

Il telefono. Forse sarà il medico, forse mi darà qualche buona notizia. Resto immobile. […] Passa qualche minuto. Mi lascio cadere il ricevitore dalle mani, allora non avrò mai un bambino! Mai, mai, mai! Proprio così, il medico mi ha appena dato la notizia con una sentenza definitiva, irrevo-cabile, inappellabile. Perché? Non lo sa… nessuno lo sa…

Perché? Sopra una nube protesa verso un orizzonte scuro, vedo le centinaia

di pezzettini di carta che ingombravano la scrivania di mio marito, quel giorno: “Colpevole”, “Innocente», “Sterile”, “Feconda”, “Colpevole”, “In-nocente”, “Sterile”, “Feconda”. Poi dita diaboliche e frivole raccolgono un pezzetto di carta qualsiasi e il medico dice: «Mi dispiace… è sterile…», mentre sul cuscino c’era la gatta che aveva appena partorito, in una sola volta cinque piccoli.

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Gamàl al-GhitàniEgitto

Nato nell’Alto Egitto nel 1945, è uno degli intellettuali arabi più significativi della sua epoca. Impegnato politicamente sin da giovane, viene arrestato per mo-tivi politici durante il regime di Nasser*. Ha diretto per molti anni il prestigioso giornale culturale “Akhbàr al-Adab”. Esponente di punta della “generazione de-gli anni Sessanta”, si impone giovanissimo nel panorama letterario egiziano con una raccolta di racconti brevi e con opere su argomenti di natura sociale e politi-ca, ma con il passare degli anni si orienta verso tematiche più metafisiche, come nella Trilogia del 1990 intitolata Kitàb al-tagialliyàt (Il libro delle illuminazioni), influenzata da letture mistiche, o anche nel romanzo Shath al-madina (1990), li-beramente tradotto con Al di là della città, ambientato nei meandri di un’antica cittadina italiana che vive sospesa tra passato e presente. Muore nel 2015.

Il suo capolavoro è il romanzo storico al-Zayni Barakàt (dal nome del pro-tagonista), del 1971, tradotto in numerose lingue, di cui si presenta il brano che segue. Il romanzo è ambientato nella città del Cairo nel 1500, dove il sultano mamelucco al-Ghuri* aveva instaurato un terribile regime poliziesco. Il roman-zo descrive gli anni precedenti la caduta della dinastia dei mamelucchi* fino alla conquista dell’Egitto da parte degli ottomani* nel 1517, attingendo anche alle fonti dello storico egiziano Ibn Iyàs (1448-1524). Questa è un’opera allego-rica, in cui l’autore si serve della storia passata per presentare la realtà del suo tempo, come i complessi ingranaggi della corruzione e del potere, messi in atto durante il regime di Nasser. Secondo lo scrittore, l’ultimo periodo mamelucco presenta svariate analogie con l’era nasseriana, a partire dall’instaurazione di un regime poliziesco che controlla la vita dei sudditi. Il protagonista del romanzo è al-Zayni Barakàt ibn Musa, personaggio storico che, esercitando la carica di muhtasib* (controllore dei mercati), era riuscito a costruirsi un potere immen-so, controllando la lealtà di tutti i sudditi verso il sovrano, grazie a una rete di agenti e informatori (paragonabili agli odierni e famigerati mukhabaràt), in grado di spiare le persone “dalla culla alla tomba”. La ferocia e l’avidità del pro-tagonista crescono con il passare degli anni, e alla fine del romanzo egli ripren-derà, dopo una breve interruzione, la carica di muhtasib, questa volta al servizio degli ottomani vincitori. La morale è fin troppo chiara: le dinastie cambiano, eppure per il popolo tutto resta uguale.

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al-Zayni Barakàt1971

Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso. […]Ti sottoporrò alcune idee e riflessioni che, se le riterrai valide, potremo mettere in atto, avendo come unico obiettivo quello di

difendere e affermare la giustizia, non cercando altro che di esaudire la volontà del Signore dei due Mondi. […] Come sapete la più nobile delle creature1, su di Lui la preghiera e la pace, ha detto:Chi compiacerà Dio a costo di scontentare i suoi simili, Dio gli risparmierà la loro malevolenza. Chi compiacerà i suoi simili, scontentando Dio, Dio lo abbandonerà alla loro collera. Chi stabilisce con il suo Signore rapporti eccellenti, godrà con i suoi simili di rapporti eccellenti. Chi sarà stato giusto nel segreto del suo cuore, Dio lo farà prosperare nella vita pubblica. Chiunque opererà per l’aldilà, Dio gli risparmierà i mali di questa terra.

[…] Oggi mi limiterò a parlare delle zone poste sotto la mia autorità (la città del Cairo e le province del nord2, queste ultime appena aggiunte dal Sultano ai territori dipendenti dalla mia carica di muhtasib). […]

Se vogliamo far regnare la giustizia in terra d’Egitto, occorre edificarla su solide fondamenta e saldi pilastri. Come è a noi ben noto, il nostro lavoro è odiato dalla gente. Coloro che ti hanno preceduto ne hanno mo-strato solo gli aspetti più brutali, al punto che la gente ha perso di vista quanto tale istituzione sia necessaria, e senza la quale il mondo cesserebbe di esistere. Per tale motivo, dobbiamo far sì che le nostre spie siano amate e rispettate da tutti, secolari e religiosi. Ciò può essere realizzato con nu-merosi mezzi di cui avremo modo di discutere. Per ora mi interessa ope-rare una distinzione tra i vari gruppi e categorie in seno ai quali dovremo agire, nonché definirne la rispettiva importanza e la necessità di concen-trare la nostra attenzione su alcuni piuttosto che su altri.

L’Egitto è diviso in classi: – Il Sultano e i Grandi emiri*. – I mamelucchi e gli emiri di basso rango.– Le persone di rango: gli uomini di religione, i dottori della Legge, i

rappresentanti delle diverse comunità, artigiani e mercanti.– Il popolo.

1. Si riferisce al profeta Muhammad.2. al-wagh al-bahri, lett. “il lato del mare”.

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Per quanto concerne il primo gruppo, per penetrare meglio in seno ad esso dobbiamo ricorrere a spie appositamente addestrate. Ci occorrono persone raffinate, colte e abili nella discussione, e che siano a conoscenza delle tradizioni di tale classe, nonché delle loro scienze. Il nostro scopo è di garantire la sicurezza di Sua maestà il Sultano e dei Grandi emiri. Per pervenire a tale risultato le spie destinate a penetrare in seno a questa clas-se, devono anch’esse appartenervi (contrariamente a quanto avviene ora).

Ai mamelucchi e agli emiri di basso rango è già stato assegnato un corpo speciale, posto direttamente ai tuoi ordini, e che svolge il proprio compito in modo esemplare.

Per quanto riguarda il terzo gruppo, esso merita tutta la nostra atten-zione e il massimo sforzo da parte nostra, poiché i suoi esponenti hanno un’influenza determinante sulle altre categorie: tanto su coloro che ap-partengono alle classi superiori (gli emiri e i dignitari), quanto su coloro che appartengono alle classi inferiori (il popolo e la plebaglia).

Infine, quanto al popolo, sempre incline a fomentare disordini, e che in talune circostanze riesce a coinvolgere sia gli uomini di religione che i dottori della legge, mi vedo obbligato a distinguere due gruppi.1. Gli studenti dell’Azhar* e dei Kuttàb*. Questi devono essere controllati costantemente. Non è d’altra parte privo di utilità provocarvi ogni tanto dei focolai di rivolta che a noi daranno l’occasione di identificare i più facinorosi, i sobillatori della marmaglia contro le autorità. Si devono tut-tavia evitare le esecuzioni perché ciò creerebbe malcontento nel popolo. Vi sono vari modi e metodi di trattarli, sui quali potremo metterci d’ac-cordo in seguito. 2. Quanto alla massa più in generale, sappiamo bene che è come un gregge che va dove lo si conduce, allo stesso modo del mare ingrossato che si piega alle sferzate del vento. Sono bestie senza ragione. Le domi e ti obbedisco-no. La vita di queste persone non ha alcun valore: più infatti sono dure le condizioni dell’esistenza, e meno la vita ha valore e meno ci si cura di essa. Per tale motivo non ci vedo niente di male, di quando in quando, a far sparire – senza che si sappia come – qualche individuo di questa classe, ciò serve a seminare il terrore in coloro che restano.

Con il vostro aiuto, cercherò di creare degli elenchi nei quali verranno registrati i nomi di artigiani, mercanti e di tutti coloro che esercitano un mestiere o una professione: macellai, muratori, marmisti, tintori, scalpel-lini, fabbricanti di cordami, intarsiatori di madreperla, tessitori, venditori di dolciumi, di mushabbak*, di bevande ecc. È inoltre opportuno censire tutti coloro che vengono al mondo, e ogni padre che mette al mondo un

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figlio e non ne denuncia la nascita al mio luogotenente di zona sarà pu-nito con la fustigazione. Con il permesso di Dio, intenderei, all’inizio, impiccarne alcuni, affinché gli altri si guardino dal non rispettare l’ordi-ne. Il censimento ci darà modo di conoscere in anticipo il numero degli individui che formeranno la generazione che verrà dopo di noi. Li regi-streremo e potremo seguirli nella crescita. Sapremo quale insegnamento ricevono, se religioso o profano, se sono introdotti in una confraternita oppure indirizzati alla vita militare. Questo vale per i figli degli emiri e dei mamelucchi. Ogni fase della loro vita dovrà essere oggetto di un rapporto, in modo che noi possiamo essere costantemente al corrente delle loro in-clinazioni e dei loro gusti, ed, eventualmente, dei pericoli che rappresen-tano. Cosicché se dovessimo venire a mancare – e solo Dio sa quando ciò accadrà – i nostri successori troveranno un registro utile ed esauriente di tutto ciò che abbiamo raccolto con fatica, e di tutto quello che abbiamo visto in questi nostri tempi.

Per attuarlo, intendo emanare, non appena avrò ottenuto l’approva-zione del Sultano, un bando per informare la popolazione e indurla ad agire di conseguenza. A mio giudizio siamo prossimi ad un’epoca in cui non mancheranno né difficoltà né disordini. Tenuto conto della molti-tudine di comunità e razze in terra d’Egitto, riterrei utile che ciascun in-dividuo, giovane o vecchio, vedente o cieco, porti addosso una piccola targhetta di cuoio, su cui sia indicato il numero corrispondente a quello iscritto nei registri, nonché la professione della persona e il suo domicilio. Inoltre queste targhette dovranno recare due sigilli, l’uno del mio luogo-tenente di zona, l’altro del Prefetto delle spie, della medesima circoscri-zione. Chiunque sia trovato sprovvisto di tale documento, dovrà essere punito severamente. Alla morte della persona, la famiglia sarà obbligata a riconsegnare la targhetta del defunto al Prefetto delle spie, il quale a sua volta la invierà al Diwàn*, affinché il suo nome venga cancellato dal regi-stro delle persone viventi e trasferito in quello delle persone decedute. Le donne non saranno esentate dalle medesime disposizioni. […] Ti prego di accogliere il mio saluto. Prego insieme a te perché Dio renda questo nostro Paese sicuro.

Firmato al-Zayni Barakàt ibn Musa Muhtasib dei territori del Sultano d’Egitto

e Governatore della città del Cairo

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‘Abd al-‘Azìz al-Maqàlih Yemen

È uno dei più noti poeti yemeniti. Nato nel 1937, si trasferisce al Cairo per mo-tivi di studio e ritorna in Yemen dopo la caduta della monarchia zaydita*, nel 1962, e la creazione della Repubblica dello Yemen del Nord. Assume diversi incarichi presso il ministero dell’Educazione e il Consiglio dei ministri. È stato delegato permanente dello Yemen presso la Lega degli Stati Arabi e docente di Letteratura araba presso l’Università di Sanaa, di cui è stato anche rettore fino al 2001.

Nei lavori degli esordi si avverte forte l’impegno politico del poeta che, come tanti connazionali, si ribella al governo reazionario dell’imàm* zaydita, ma si interessa anche delle più spinose questioni arabe: una delle prime poesie che pubblica alla metà degli anni Cinquanta con il suo nome – in precedenza aveva usato uno pseudonimo – la dedica alla Palestina. In altre raccolte con-fronta la gloria del passato con la decadenza del presente, loda la rivoluzione yemenita ed esalta l’instaurazione della repubblica. In molti suoi poemi fa ri-ferimento al patrimonio storico e mitico dello Yemen, attraverso cui ripercorre le dolorose vicende della sua patria. Spesso si serve di personaggi dell’antichità per fare allusione al presente. Famoso è il poema Risàla ila Sayf ibn dhi Yazan (Epistola a Sayf ibn dhi Yazan), scritto tra il 1961 e il 1971 e indirizzato all’ulti-mo re della dinastia himyarita dell’età preislamica. Nel poema si descrive l’at-tesa del ritorno di Sayf ibn Dhi Yazan* dall’esilio affinché possa liberare il po-polo yemenita dalle catene che «gli imprigionano i piedi» ma, come il poeta afferma in un’altra epistola dello stesso poema, l’attesa sarà vana: Sayf è infatti morto così come sono morti tutti gli eroi del passato ed è inutile confidare nel loro aiuto. La chiara morale è che il popolo yemenita deve guardare avanti se vuole entrare nella modernità auspicata dal poeta e da altri intellettuali suoi coevi. In alcune opere al-Maqàlih si ispira all’antica poesia mistica. Nel 2000 pubblica un diwàn*, dedicato alla città di Sanaa, Kitàb San‘a’ (Il libro di Sanaa), dove l’immagine della capitale dello Yemen è filtrata attraverso i ricordi e la sensibilità del poeta, come si può vedere nelle poesie che seguono, in cui vengo-no affrontati vari temi, dalla mancanza di libertà allo stato di inerzia del popolo sottomesso, fino all’ascesa del fanatismo religioso che distrugge ogni velleità di cambiamento e di progresso di cui il paese avrebbe, invece, tanto bisogno.

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Poesie scelte

In ogni festa aneloa un attimo di serenità checonceda alla mia anima

di fare un bagno nell’acqua dell’infanzia.Durante la festa chiudo gli occhiper far sì che la mia anima recuperi la sensazione d’innocenzadelle sue feste… e il tintinnio della gioia.E chiudo il mio cuore per sognare di essere tornato a un tempo ormai svanitoun tempo di cui si è perduta la parte più bella il festival dell’allegria!!

Non c’è posto per quelli che hanno ucciso bambini e fioriper chi ha ucciso le parole innocentisulle labbra non c’è posto per loro nella coscienza della vitanon c’è posto per quelli che uccidono con le loro idee né per coloro che uccidono per le loro ambizioni…e per quelli che spargono il sangue della terracon la guerra,che corrompono con la sabbia del fanatismoil volto delle acque.

Le tartarughe dormonole tartarughe si destanole tartarughe volanole tartarughe vanno per un pezzo verso oriente per un pezzo verso occidente,le nostre tartarughe arabe non si muovononon camminanonon volanole tartarughe arabe sono morte!

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Magìd Tubiya Egitto

Nato ad al-Minya, in Alto Egitto, nel 1938, da famiglia copta, nel 1956 si trasferisce al Cairo e si laurea in Matematica, ma compie anche studi di cinematografia che ne influenzeranno la scrittura, come si nota sin dalla sua prima raccolta di racconti, intitolata Fustùk yasil ila al-qamar (Vostok arriva sulla luna) del 1967. Esponente di punta degli scrittori della “generazione degli anni Sessanta”, la visione che esprime nei suoi lavori – tutti volti alla critica sociale e politica – è spesso tragica e i suoi personaggi sono preda dell’angoscia, della follia o della paura, come nel romanzo al-Hawlà (I quelli) del 1976, dove i quelli del titolo sono i membri della polizia segreta che terrorizzano il popolo al punto da non essere nemmeno nominati.

Il suo capolavoro è il romanzo storico Taghrìbat Bani Hathùt ila bilàd al-shamàl (Avventure dei Banu Hathùt nel paese del nord), liberamente tradotto in italiano con Odissea dei Banu Hathùt nel paese del Nilo, che rievoca la vittoria dei francesi sui mamelucchi* che, con il loro governo vessatorio, avevano ridot-to in miseria il paese costringendo gli abitanti all’abbandono di interi villaggi. Il 2 luglio 1798 l’Egitto viene sconvolto dallo sbarco dell’esercito napoleonico ad Alessandria. Dotato di armi sofisticate, l’esercito francese sconfigge in modo schiacciante i mamelucchi nella famosa battaglia delle Piramidi a Giza, rievoca-ta nel romanzo. Ma Napoleone, oltre ai soldati, si era portato al seguito anche uno stuolo di scienziati che entrarono a far parte dell’Institut d’Egypte, creato al Cairo dallo stesso Napoleone sul modello dell’Institut National de France e che effettuarono uno studio capillare del paese, producendo l’opera Description de l’Egypte in venti volumi. In questo contesto storico si snodano le vicende del romanzo che descrivono le avventure dei discendenti dei Banu Hathùt, una mo-desta famiglia contadina del Sa‘ìd*. I nipoti e i pronipoti del nonno Hathùt, ca-postipite della famiglia, animati dall’amore per i viaggi e le avventure, vengono coinvolti in queste vicende storiche che cambieranno il volto del paese.

Nel brano qui proposto l’autore descrive lo stupore di due giovani, Hathùt e Shàtir, che entrano nella sala dove alcuni scienziati francesi stanno effettuando le loro ricerche e osservano sbalorditi le straordinarie apparecchiature che quegli studiosi avevano portato con sé. Per descrivere gli eventi e i personaggi storici, lo scrittore ha attinto alle fonti dell’epoca, in particolare all’opera storiografica dell’egiziano ‘Abd al-Rahmàn al-Giabàrti (xviii-xix sec.).

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Odissea dei Banu Hathùt nel paese del Nilo

1988

Appena entrati, rimasero abbagliati dalla straordinaria bellezza del castello in stile turco, con il suo giardino ombreggiato, le splendide fontane ornate, le colonne che si levavano verso il

cielo al solo scopo di abbellire. Ogni giorno prendevano il loro com-penso e indugiavano di proposito nell’andarsene per poter spiare nei segreti di quella fantastica “Accademia scientifica”. Un giorno li sor-prese Vivant-Denon* il quale, sorridendo e tranquillizzandoli, li portò in giro per tutti gli angoli del palazzo e li presentò ai suoi abitanti: astronomi, letterati, matematici, scultori, pittori. Tutti insieme avreb-bero riempito per intero l’immenso salone del palazzo. Essi non face-vano altro che lavorare giorno e notte. Nutrivano una vera passione per le scienze e per la conoscenza delle lingue tanto da essere in grado di tradurre nella loro lingua, agevolmente e in brevissimo tempo, da qualsiasi altra. […] Nella stanza riservata all’astronomo Nawa e ai suoi allievi, videro strani strumenti astronomici di perfetta fattura e costo-si, ma che non avevano nessun valore per chi non sapeva come usarli. Guardarono attraverso il cannocchiale che faceva sembrare vicine le stelle lontane e registrava la massa e la distanza dei pianeti. Ogni stru-mento era composto da molti pezzi, tenuti insieme da piccole viti, per cui, montato, diveniva uno strumento di proporzioni notevoli, mentre smontato entrava in una piccola scatola. Lo stesso era per gli orologi, di forma strana e assai preziosi, che segnavano persino i secondi. Videro una grande sala che conteneva un’enorme quantità di libri. Un custode e dei sovrintendenti li avevano in custodia e li davano a chiunque de-siderasse leggerli, e questi li sfogliavano, li consultavano e scrivevano. Persino ai soldati di più basso grado era concesso leggerli. […] In quel salone vi erano mappe di continenti e di paesi, schizzi di animali, uc-celli e piante, e anche libri di storia dei popoli antichi e delle nazioni, in quantità tale da far girare la testa, dov’erano illustrate le coste, i mari e le Piramidi; e poi libri di anatomia, di medicina, di geometria, e inoltre vi erano molte opere di autori islamici tradotte nella loro lingua come la Burda, il poema del mantello, di al-Busìri*.

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Rashìd al-Da‘ìfLibano

Romanziere, poeta, drammaturgo è nato in Libano nel 1945. Ha studiato a Beirut dove insegna all’Università. Da giovane aderisce al marxismo, ma la guerra civile, scoppiata in Libano nel 1975, lo spinge pian piano a modificare le sue convinzioni politiche. In quegli anni comincia anche a scrivere, cercando, come altri autori della sua generazione, nuove forme attraverso cui dar voce a quel dramma e alle sue conseguenze sulle vite delle persone. Il tema della guerra è presente in molti suoi romanzi, come in Taqniyat al-bu’s (Tecnica di miseria) del 1989, il cui protagonista è un uomo malato e sconfitto che tenta di sopravvivere in quei tempi drammati-ci. Nel romanzo Tastafil Meryl Streep (E chi se ne frega di Meryl Streep) del 2001, tradotto anche in italiano, lo scrittore affronta in chiave ironica e dissacratoria il tema della sessualità in una società tradizionalista, marcata da un forte maschili-smo, mentre in un altro romanzo, Learning English (1998), analizza lo scontro tra tradizione e modernità nella società libanese segnata da mille contraddizioni.

Il romanzo ‘Azìzi Sayyid Kawabata (Mio caro Kawabata) del 1995, da cui è tratto il brano qui presentato, è fortemente autobiografico. Come l’autore, anche il protagonista che si chiama Rashìd, è un docente universitario ed è stato iscritto al Partito comunista. Lo scrittore ricostruisce gli eventi che hanno interessato il Libano a partire dagli anni Sessanta fino al 1991, per tentare di comprendere un periodo cruciale e drammatico della storia del suo paese, soprattutto durante la terribile guerra civile, durata ben quindici anni. Il libro è strutturato come una lunga lettera indirizzata al premio Nobel per la letteratura (1968), il giapponese Yasunari Kawabata, invocato come testimone dei fatti narrati e al quale l’autore-protagonista decide di confidare le proprie debolezze, ma anche quelle di un’in-tera generazione di arabi, che aveva creduto in certi valori e alla fine aveva vissuto il disinganno. Il giovane Rashìd respinge ogni legame con la comunità di apparte-nenza, quella maronita*, e accarezza il sogno di poter creare in futuro una società più libera; coltiva inoltre l’amore per la scienza e la ragione, grazie alle quali egli spera che i libanesi potranno superare le divisioni tribali e il fanatismo religioso. Nel romanzo, lo scrittore rievoca anche la sua formazione laica, citando più volte il dramma di Berthold Brecht dedicato a Galileo Galilei, in cui è rappresentato il conflitto tra scienza e religione.

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Mio caro Kawabata1

Mio caro Kawabata,sognavo sempre di diventare re di popoli lontani sui quali avrei governato con giustizia, votandomi completamente al

loro servizio.Sognavo di far da paciere tra coloro che, in ogni parte del mondo,

fossero in guerra, così da essere preso ad esempio di equità. Sognavo che mio padre mi portasse con sé in città, per scorgere quei

volti che non era possibile osservare al paese. Quando lo accompagnai per la prima volta all’aeroporto di Beirut, la sera prima non riuscii a dormire tanto grande era la mia emozione, e trascorsi la nottata a pen-sare alla gioia che avrei provato nel vedere persone di tutti i generi.

Quanto ho sognato di parlare perfettamente tutte le lingue per ascoltare tutta l’umanità! Mi piaceva l’innocenza dello straniero, e forse ancora è così per me. Infatti, allora come adesso, per me la spen-sieratezza dello straniero è indice di neutralità. Ed ecco che faccio di te, caro Kawabata, il re che sognavo di essere, e quell’arbitro la cui since-rità impone obbedienza. Sono qui per prenderti per mano e mostrarti la mia patria.

In realtà mi è particolarmente piaciuto il tuo nome, così come è pervenuto a noi arabi, perché nella nostra lingua è facile da pronuncia-re, semplice, scorrevole, e comunica un senso di amicizia, e poi…

Non sei stato tu a scrivere il romanzo Il maestro di go, la cui lettura ha suscitato nel mio cuore un profondo affetto per l’anziano maestro, il cui modo di giocare ha rappresentato per me la saggezza e la storia nobile – intendo quell’antica – del Giappone? […]

È stato allora che, come te, ho desiderato scrivere un romanzo in cui parlare, a partire da eventi normali, dello scontro tra i tempi mo-derni – cioè la modernità provocatoria e minacciosa – e gli autoctoni, cioè la tradizione. Tutto ciò nonostante io avessi qualche critica sulla struttura del tuo romanzo, il che, naturalmente, non sminuisce certo la mia considerazione per il tuo romanzo.

Mio caro Kawabata, dato che io, Rashìd in persona, sono il narra-tore e l’argomento di questo discorso, permettimi di fare un’osserva-zione che in realtà non si riferisce a te, dal momento che tu sai di che si

1. L’autore, nel rivolgersi allo scrittore nipponico, usa l’espressione mio caro signor Kawabata, ma si è qui preferito omettere signore.

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tratta, ma a un eventuale altro lettore che potrebbe trovarsi tra le mani questa lettera: io sono Rashìd, colui che si rivolge al signor Kawabata, eppure non sono proprio il Rashìd-autore. Ciò che mi accomuna a lui è che lui mi ha dato la vita.

Riconosco di dovergli molta sottomissione. Ma… Ma questa sottomissione non può essere totale, bensì parziale o re-

lativa. Ed è proprio questo che mi consente di differenziarmi da lui enormemente. Ad esempio: qual è il segno di distinzione di alcune lettere dell’alfabeto arabo? Cosa distingue la gìm dalla hà’? Solo un puntino! Ciononostante, questo stesso puntino fa della gìm una lettera che nella pronuncia differisce completamente dalla hà, e che poi nella scrittura può trasformare la parola rahìm2, misericordioso, in ragìm3, maledetto.

Ora, se io sono una creazione della fantasia dell’autore, anche lui, a sua volta, è un prodotto della mia separazione da lui, ma sono anche la sua immagine riflessa. La nostra è un’influenza reciproca e non uni-voca […].

Caro Kawabata, non ho dubbi sul fatto che, quanto più mi adden-trerò nel mio discorso, tanto più avrai voglia di ascoltarmi, anche se il tuo stile, come una composizione architettonica molto ben edificata, è proiettato sull’effetto finale. Ma tu sei una persona aperta e, sicura-mente, non avrai preconcetti sull’indole altrui, e inoltre per carattere sei portato ad ascoltare i problemi degli altri e le loro pene.

Le loro pene! Noi arabi troviamo naturale evocare le nostre, perché siamo popoli che il tempo ha sopraffatto e umiliato, profanandone i luoghi e i valori più sacri. (Come è successo a tanti altri: greci, porto-ghesi, turchi, e la lista è lunga). La letteratura, dalle nostre parti, è lo specchio dei tempi e il riflesso della società e, soprattutto nella poesia prevale la tristezza e, talvolta, il pianto. (Chissà, sarà forse il pianto a privare la nostra letteratura della capacità di calarsi nel cuore dei pro-blemi, a causa dell’immensa tristezza che impedisce alla nostra gente di comprendere e di vedere le cose con acume e chiarezza, com’è scritto negli antichi dizionari arabi?).

Quanto a me, io ti prometto fin da ora che non voglio infliggerti il mio pianto! Non mi lamenterò, non ti racconterò le mie pene o il mio rammarico per le cattive condizioni in cui mi sono venuto a trovare

2. Epiteto di Dio.3. Epiteto del demonio.

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quando il mondo mi ha emarginato, ha emarginato me, il giovane prin-cipe. Non mi ribellerò all’ingiustizia e alla sopraffazione, né ti renderò partecipe delle sofferenze di questo popolo schiacciato sotto il peso di regimi reazionari, che lavorano a favore del colonialismo, dell’imperia-lismo e della Nuova Crociata.

No!E che intendo con questo “no!”, caro Kawabata?…Che ti prometto che tenterò di mantenere la promessa.Ci proverò. […] Al professore di geografia piaceva molto la parola “scoperte”. Se [i

nostri padri e i nostri antenati] non avessero avuto la mente così dura, noi avremmo sorpassato le altre nazioni o, almeno, saremmo stati alla loro altezza. I nostri antenati, invece, avevano i piedi piantati sulla cro-sta terrestre, erano vincolati alla forza di gravità senza farsi angustiare da domande, né esultare per la verità. Le perle sono nel fondo del mare, e chi s’arrischia e si tuffa le trova e le porta a galla, chi invece resta in su-perficie, vicino alla riva, resta a mani vuote1. E i nostri antenati sono ri-masti sulla riva. La gente moriva per un nonnulla, prima del progresso della scienza. Per una semplice appendicite morivano a migliaia. Oggi basta una sola pillola al giorno per farti evitare la morte o la rovina.

«Dov’è Dio?», gli domandò un giorno uno studente. In verità devo dire che questa domanda era nascosta anche nel fondo del mio cuore. Dico nascosta, perché avevo paura di farla salire a galla per non far scoppiare in me stesso il conflitto tra la verità scientifica e Dio. L’amore per la verità scientifica mi dava il batticuore, ma nello stesso tempo, la paura che Dio non esistesse mi faceva gelare il sangue. Sicu-ramente anche tutti gli altri studenti la pensavano come me.

«Dio è onnipresente, Dio è spirito», rispose il professore.Una risposta rassicurante, ma di sicuro non sufficiente.La risposta non mi aveva affatto soddisfatto, e avrei continuato a

sentirmi così per molto tempo ancora, per anni interi, in cui sarei stato assetato di sapere, fino a quando lessi – anzi fino a che tutti noi leggem-mo – il dramma di Brecht sulla vita di Galileo, l’opera del compagno drammaturgo, il comunista Bertold Brecht.

Quel giorno!Quel giorno me lo ricordo bene – io che non dimentico mai niente -,

mi ricordo che imparammo quel dramma a memoria.

1. Bi-khuffay Hunayn: si tratta di un proverbio arabo molto diffuso.

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Sahar KhalìfaPalestina

Nata nel 1941 a Nablus, in Cisgiordania, studia all’Università di Bir Zeit e negli Stati Uniti. Tornata in Palestina durante la prima Intifadah*, fonda nella sua cit-tà un Centro per documentare la vita delle donne palestinesi sotto occupazione israeliana. Come scrittrice raggiunge il successo con al-Subbàr (Il fico d’india) del 1976, ambientato a Nablus nel periodo successivo alla guerra del 1967*, in cui descrive il cambiamento della società palestinese a seguito dell’occupazione che scompagina il sistema produttivo tradizionale. In questo romanzo, come in altri suoi lavori, la scrittrice denuncia i condizionamenti subiti dalle donne in una società patriarcale, nonché le divisioni di classe e la corruzione di chi colla-bora con l’occupante. In altri romanzi affronta la causa della liberazione delle donne che per la scrittrice è strettamente legata a quella della patria.

Il romanzo al-Miràth (L’eredità) del 1997, da cui è tratto il brano che segue, è incentrato sul tema dell’identità: la protagonista, Zaynab, chiamata Zeina, di padre palestinese e di madre americana, è un’antropologa con cittadinanza americana, che vive a New York, ma che un giorno sente il desiderio di riappro-priarsi delle sue radici e di andare nel paese paterno. Nella terra degli antenati, a Wadi al-Rihàn, in Cisgiordania, la donna cerca di osservare con distacco gli eventi. Ma vedere le persone che, a distanza di trent’anni dall’inizio dell’occu-pazione israeliana, continuano a vivere nelle stesse drammatiche condizioni la porrà davanti a una serie di dilemmi. Gli eventi si svolgono poco dopo la firma degli accordi di Oslo*. Nel brano che segue è descritto l’arrivo della protago-nista Zeina in Israele, da dove si recherà nei cosiddetti Territori occupati per incontrare la famiglia, ma al primo incontro con la gente del posto, la donna verrà scambiata per una straniera. La scrittrice affronta varie tematiche, tipiche della società palestinese, che all’epoca viveva una condizione ancora più dram-matica: durante la prima guerra del Golfo* (1990-91), la dirigenza palestinese si schierò ufficialmente a fianco dell’Iraq invasore del Kuwait, cosicché al ter-mine del conflitto, tutti i palestinesi residenti in Kuwait furono per ritorsione espulsi, e questo provocò un ulteriore dramma. In un suo successivo romanzo, Rabi‘ harr (Primavera di fuoco) del 2004, la scrittrice affronta il delicato tema degli attentati suicidi di giovani disperati, strumentalizzati dagli integralisti islamici. Per la sua opera ha avuto numerosi riconoscimenti tra i quali il premio Alberto Moravia nel 1996.

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L’eredità 1997

Ricevetti una lettera da parte di un mio zio che mi avvertiva: «Sbrigati, prima che il filo si spezzi e che tu perda il diritto all’eredità!».

Non persi tempo e presi la mia decisione senza pensarci due vol-te, perché mi sembrava di trovarmi davanti a una finestra le cui tende occultavano il paese che avevo tanto sognato di vedere, l’affetto della famiglia di cui ero stata privata sin dall’infanzia e il calore del sentirmi unita a quelle radici che avevo sempre cercato invano. Così, feci i ba-gagli e partii. Chiesi un congedo a tempo indeterminato, facendo in-tendere al preside2 che non sarei rientrata a Washington prima di aver conosciuto la mia famiglia e ritrovato le mie origini spezzate.

Presi il primo volo per Lidda, da lì raggiunsi Natanya e con un taxi israeliano oltrepassai la “linea verde”3, finché raggiunsi le alture di Wadi al-Rihàn. L’autista mi lasciò all’ingresso del paese, rifiutan-dosi categoricamente non dico di avvicinarsi al centro, ma nemmeno alla periferia. Presi la valigia e m’incamminai lungo una strada asfalta-ta, abbandonata, stretta, tortuosa, e piena di buche e arbusti incolti. Quando arrivai alla prima strada abitata, le finestre delle case si apriro-no per richiudersi immediatamente, ma potevo scorgere le mani degli inquilini scostare le tende per seguire di nascosto i miei passi e i miei movimenti. Mi fermai a contemplare quel vuoto, quel silenzio: non c’era anima viva, né auto né bambini né passanti. Tutto era silenzio-so, immobile, inerte. Persino i cani davanti alle case non abbaiavano, mentre i gatti camminavano, lenti e come istupiditi, sotto i raggi di un sole radioso. Il tanfo dell’immondizia e di escrementi di animali cre-ava una strana mescolanza con il profumo degli eucalipti che mi fece sentire triste e avvilita, e mi riempì di una nostalgia struggente. Inizia-rono ad affiorare le immagini del passato e i ricordi della mia infanzia a Brooklyn. Nella mia immaginazione si materializzò un miscuglio di eventi realmente avvenuti e di altri che la mia fantasia aveva intessuto, come se avessero dovuto verificarsi di lì a poco. Lo sguardo indugiò sugli edifici ammassati senza alcun criterio alla ricerca della magia del

2. È il preside della facoltà in cui la protagonista lavora.3. La linea di separazione tra Israele e la Cisgiordania, segnata da una serie di barriere.

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paese che avevo tanto sognato di vedere, ma incontrò solo quel vuoto, quel silenzio e quel disordine. D’un tratto, il silenzio fu rotto dal cigo-lio di una porta dai battenti arrugginiti, dalla quale spuntarono i volti ostili di alcuni bambini spettinati che mi osservarono pronti a reagire. Gli occhi di quei bambini presero a fissarmi in silenzio, freddi e imper-tinenti. Quando giunsi alla fine della strada, una ragazzina gridò con voce stridula: «Shalom*, signora!».

E i bambini le fecero eco: «Shalom, shalom!».Mi rattristai e mi sentii come un’estranea nella ghurba*.Mi fermai davanti a una porta di ferro verniciata di un color grigio

tendente al blu. […]Suonai al campanello e attesi qualche minuto prima di udire una

voce sottile dire con garbo: «Un momento, un momento».La porta si aprì sul viso candido di una donna piccola di statura,

dagli occhi audaci e il sorriso pacato. Era ancora in camicia da not-te, indossava una vestaglia a fiori e aveva i capelli avvolti nei bigodini. Fece appena capolino da dietro la porta, ma vidi che aveva in mano un bastone per lavare i pavimenti e una pompa da giardino. Mentre mi guardava, si sistemò i capelli facendomi un rapido sorriso di scuse. Quando notò il mio accento straniero, comparve un lampo nei suoi grandi occhi, come se avesse capito immediatamente chi fossi. Spa-lancò la porta e mi diede il benvenuto con entusiasmo, esclamando: «Zeina! Zeina!».

Appoggiò il bastone al muro e gettò via la pompa, e si sporse per prendermi la valigia insistendo esageratamente per trasportarla dentro. Poi mi baciò con slancio come se mi conoscesse da anni. […]

Continuando a darmi il benvenuto, la donna chiese con trasporto: «Come hai fatto a passare col coprifuoco? Non ti hanno vista? E tu non li hai visti? Sei venuta a piedi? Strano, strano davvero!».

Le descrissi il mio percorso e il modo in cui si era comportato quell’ignobile tassista. Scoppiò a ridere comprensiva e mi spiegò che lui doveva aver temuto il lancio delle pietre riservato agli israeliani, e che per questo anch’io dovevo fare attenzione ai sospetti della gente. I sospetti della gente? E perché mai? Non si vedeva che avevo la carna-gione scura e gli occhi neri con sfumature color miele, come tutti gli arabi?

Mi squadrò da capo a piedi e rispose con un sorriso sagace e di scusa: «Sei scura, certo, e hai gli occhi neri con sfumature miele, ma il tuo abbigliamento».

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Solo allora compresi il perché di quello shalom e mi sforzai di im-maginare come dovevo apparire agli occhi della gente.

La donna mi guidò verso la camera degli ospiti, che era chiusa a chiave. Aprì la porta e, appena fui entrata, m’investì la pesantezza dell’aria, un’aria viziata che sapeva dell’odore dei mobili e di tabacco, e del tempo che si era fermato. I pezzi del mobilio di color marrone erano ammassati e accatastati come gli edifici all’esterno. Negli angoli erano sistemati mazzi di rose di plastica, sebbene i vasi dell’ingresso e le aiuole del giardino traboccassero di fiori freschi. Le pareti erano tappezzate di quadri dorati con versetti del Corano e altri erano ri-camati con immagini di una danzatrice spagnola, di un bambino e di rose rosse. L’altra metà della stanza era occupata da un tavolo con una dozzina di sedie, una libreria intarsiata con uno specchio, larga quanto il muro, e un carrello da tè. Mi sembrò di respirare la stessa atmosfera che regnava nella casa di Abu Faleh a Brooklyn4!

Ci sedemmo in giardino a ridosso del muro di cinta, al riparo dal sole e dalle api, e lì facemmo conoscenza. Lei era mia cugina di secondo grado per parte di padre. Si chiamava Nahla, non era sposata e non ave-va un lavoro. Era stata insegnante in Kuwait, ma era stata espulsa come tutti gli altri per via della guerra, perciò, ora si sfogava con il ricamo, il lavoro a maglia e le faccende domestiche.

«Ho sentito che insegni all’università e che scrivi libri».Non avevo paura di scrivere? Non avevo paura che la gente mi leg-

gesse? Ma io era americana, ero stata educata da americana e gli ameri-cani sono un’altra cosa.

«Ho sentito che le americane vivono una vita diversa, voglio dire come quella degli uomini: fanno strani lavori, si sposano e divorziano senza problemi, e ognuna può avere un compagno».

Ma lei sapeva bene che io non mi comportavo così, perché ero ara-ba, figlia di arabi e le radici si fanno sempre sentire, come tutti sanno.

4. Un palestinese trapiantato a Brooklyn, a casa del quale la protagonista si reca per chiedergli notizie di suo padre, di cui non sa più niente da tempo.

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Ibrahìm al-Kuni Libia

Nato a Ghadames nel 1948, ha vissuto nel deserto del sud della Libia in ambiente tuareg. È considerato uno dei più originali scrittori di lingua araba. Ha lavorato come giornalista soggiornando a lungo in Russia, in Polonia e in Svizzera. Attual-mente risiede in Spagna, dove continua a scrivere opere di narrativa in cui si in-trecciano elementi mitologici e mistici e dove l’elemento magico e soprannaturale, rappresentato dal “suo deserto”, è fortemente presente e condiziona la vita dei suoi personaggi. Dal 1974 a oggi ha scritto un’ottantina di opere – racconti, romanzi e aforismi – al centro delle quali vi è quasi sempre il deserto, dotato di una forza ma-gica ma messo in pericolo da coloro che non lo rispettano. In al-Tibr (Polvere d’oro) del 1990, uno dei suoi romanzi più intensi in cui è descritta una relazione di affetto e solidarietà tra il protagonista e un cammello, al-Kuni spiega come l’equilibrio del deserto sia stato spezzato dalla violenza di alcuni avidi cercatori d’oro.

In Nazìf al-hagiar (Pietra di sangue), la perfetta sintonia con cui il protagonista vive con l’ambiente circostante è alterata da coloro che vi giungono per cacciare una specie di muflone, estinto in Europa da secoli e considerato dai Tuareg il loro anima-le totemico. Il deserto e le tradizioni dei Tuareg sono dunque elementi costanti della sua opera narrativa, in un abile gioco di equilibrio di forze tra uomo e natura. La vita nel deserto dei nomadi Tuareg, che ha subìto profondi mutamenti, è narrata con la freschezza di una fiaba. Lo scrittore, molto sensibile ai temi della difesa dell’habitat, con i suoi racconti cerca di restituire ai libici la memoria di tempi ormai conclusi. Egli ci parla anche di un mondo arcaico che rischia di scomparire per l’impatto violento con la modernità che non è rispettosa verso la natura e mette in pericolo l’ambiente nel quale si muovono le popolazioni nomadi negli immensi spazi del Sahara. Fieri delle loro consuetudini, gli abitanti del deserto hanno vagato per mil-lenni in groppa ai loro fedeli dromedari, in un luogo solo in apparenza inospitale che, con gli uomini che lo rispettano, è prodigo di doni. Il beduino, protagonista del racconto che segue, tratto dalla raccolta Giur‘a min dam (Un sorso di sangue) del 1983, è simbolo della purezza in contrasto, tra l’altro, con un’incomprensibile violenza coloniale, emblema della storia europea nel Nord Africa del secolo scorso. Il protagonista si scontra inoltre con un potere, la monarchia, che non può capire e che è insensibile ai suoi bisogni. Lo scrittore è stato insignito di numerosi riconosci-menti sia nei paesi arabi che in Occidente, dove molti suoi romanzi sono tradotti.

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Dove vai, beduino? Dove?1983

Oggi il beduino ha deciso di abbandonare per sempre il deser-to e di rifugiarsi in città. È piuttosto strano per un beduino! Però, – c’è sempre questo maledetto però – però doveva farlo.

Per mezzo secolo era vissuto da solo nel deserto, spostandosi da un wadi* a un altro e da un biancospino a un altro, da una distesa a un’altra, da un miraggio a un altro. Pascolava le pecore in cambio di una capra all’anno, mangiava i tartufi del deserto e si nutriva di erbe selvatiche. Se la moglie del padrone del gregge era soddisfatta di lui, il beduino impastava la farina che poi, per cuocerla, seppelliva sotto la sabbia e cantava… Questo pastore beduino era appassionato di canto, forse perché non aveva assaggiato il regime dei francesi o degli italiani; forse perché non aveva mai sentito parlare di Graziani o di Hitler, op-pure, cantava, probabilmente… Perché era contento.

E chi di noi non canta quando è contento?Ma il deserto è il vicario di Dio sulla terra. Esegue in modo infles-

sibile i suoi insegnamenti e i suoi giudizi. Questo deserto che dona la pioggia, fa fiorire il terebinto e genera gazzelle, conigli e antilopi, può ustionare con una vampata o far soffiare violentemente il vento. Op-pure far bruciare un fuoco forte a cui non si può scampare. Ma la cosa peggiore che il deserto possa fare è di essere avaro di acqua, di far scar-seggiare l’acqua!

Questo è ciò che il beduino teme di più. Lui può sopportare le in-solazioni, di ustionarsi con il vento ardente, e resistere al furioso vento del sud, il Ghibli, ma diventa impotente e si inginocchia chiedendo perdono a Dio quando il deserto lo punisce con la sete, diventando avaro d’acqua.

In passato, il deserto non lesinava acqua per lungo tempo. Se un anno non pioveva, la clemenza veniva l’anno successivo e raramente la siccità durava per due anni di seguito. Ma negli ultimi cinque anni il deserto aveva esagerato con la siccità e tutti lo avevano abbandona-to, colti dalla disperazione. Si erano convinti dell’inutilità di aspettare quella clemenza.

E il beduino che cosa ci rimaneva a fare nel deserto? Aveva passato tutta la vita da solo, senza famiglia, senza moglie e senza neanche figli. E il deserto era stato abbandonato dai suoi abitanti e dagli animali.

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Restava solo il miraggio che splendeva e danzava. Il beduino smise di cantare e decise di emigrare in città. Entrò in città con un cammello e una cammella che rappresenta-

vano tutta la sua fortuna. Chiese ai passanti come potersi liberare de-gli animali, e gli indicarono il mercato. Li vendette per trenta ghinee* e sgusciò fuori del mercato senza neanche rivolgere loro un ultimo sguardo. Chiaramente lo avevano imbrogliato. Ah, se lo avesse sapu-to! Malgrado avesse sentito parlare degli imbrogli della gente di città, e nonostante avesse bisogno di denaro, non sarebbe stato in grado di contrattare per ottenere di più.

Fu preso da una strana sensazione. Sentì che si stava staccando per sempre dal deserto e stava tagliando l’ultimo filo che lo legava ancora al deserto e… al canto. Persino il suo cuore al quale il deserto aveva in-segnato solo durezza e rudezza, cominciò a sentirsi oppresso e a battere violentemente. Uscì senza voltarsi indietro. Era combattuto da sensa-zioni diverse tanto che finì con emettere uno strano gemito, poi un pas-sante gli indicò un vecchio albergo quasi al centro della città vecchia.

Povero beduino! Non sapeva che questa sua desolazione era la ma-lattia degli abitanti delle grandi città. E, peggio ancora, non sapeva che l’incubo che la gente di città chiamava inutilità aveva cominciato a ger-mogliare in lui, proprio all’inizio della strada.

Passò due notti in quell’albergo pieno di muffa e di umidità, senza dormire. Conobbe per la prima volta l’insonnia. Il terzo giorno andò al mercato e si comprò una sacca grigia, nuova. Il quarto cercò un lavo-ro e dopo altri tre giorni un imprenditore gli promise di dargliene uno da apprendista nella sua nuova società. Ma il beduino cominciava ad avere nostalgia del canto.

Cercò la sua voce e non la trovò… cercò la sua gola che non gli venne in aiuto… cercò quelle parole, quelle semplici parole innocenti, tran-quille, tristi, ma scoprì che gli si strozzavano in petto. Finché venne quel giorno…

Quel giorno, a mezzogiorno, il beduino girò per le strade della cit-tà finché fu sopraffatto dalla stanchezza e si sedette su un marciapie-de, appoggiando la schiena al muro. Dopo pochi attimi i suoi occhi si chiusero. Fu svegliato da uno strano movimento nella strada, rumore, grida e poi sussurri, sussurri ambigui tra i passanti. I commercianti e i negozianti si affrettarono a chiudere i negozi, gli ambulanti gridavano e tiravano le loro carrette di qua e di là. I passanti correvano e si alli-neavano in lunghe file ai due lati della strada e sui loro volti avevano

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un’unica espressione: era di gratitudine?, di sottomissione?, oppure si trattava di paura? Sì, di paura! Era proprio paura!

Uno dei passanti gli si avvicinò e gli diede un calcio con il piede, gli bisbigliò qualcosa con paura, con quella stessa paura. «Su, alzati, come ti permetti… il re, sta arrivando il re, il corteo del re. Su».

Poi si diresse dove gli altri passanti si erano messi in fila. E il beduino si mosse? Il beduino capì?Il beduino non si mosse perché non aveva capito. Lui non negava

di aver sentito parlare del re, ma il deserto non gli aveva insegnato che cosa significasse il re. Non gli aveva insegnato quale fosse la funzione del re, e per questo non si era mosso, anche quando gli si avvicinarono una seconda, poi una terza, una quarta, e anche una decima persona, che lo sollecitarono ad alzarsi, e gli ordinarono anche di inginocchiar-si, e poi sparirono tra la folla allineata che aspettava. Alcuni ebbero pie-tà di lui e si allontanarono; altri sparirono tra la folla con uno sguardo minaccioso e altri ancora si allontanarono di corsa, commiserandolo e pensando che fosse pazzo.

Ma il beduino era assorto in un altro problema. Lui sognava il bian-cospino e il terebinto, le gazzelle e il miraggio della siesta e… il canto.

Ogni volta che si ricordava del canto e delle grandi distese diceva a se stesso: «Cinquant’anni bastano. Cinquant’anni a correre dietro alle gazzelle e a lottare contro la calura e il miraggio, sono più che suf-ficienti».

Il beduino aveva ragione di pensare che cinquant’anni di vita fos-sero sufficienti, perché… perché lui non aveva subito la dominazione dei francesi, né quella degli italiani e suo padre non gli aveva parlato dell’autorità del governatore ottomano a Tripoli.

Lui non aveva conosciuto Graziani. E non aveva sentito parlare di Hitler.

La strada cominciò ad affollarsi. Fu invasa da una massa di gente che sgomitava, si calpestava, litigava e guardava l’asfalto in attesa del corteo e poi… E poi si alzarono le grida, le urla e gli evviva. Il beduino sentì parole che non capiva: viva, evviva, viva il re, che Iddio lo custodi-sca e lo protegga, il nostro sovrano e benefattore, il re… il re…

Ecco il corteo. La folla agitava la mano, facendo a gara tra loro per mostrare obbedienza.

Il corteo passò.Il beduino non si mosse. Non si meravigliò, non capì; pensava solo

a un cammello e a una cammella di cui si era liberato prima di svignar-

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sela per la vergogna, e per la sua incapacità di contrastare il destino. Si ricordava di una dolce gazzella che aveva catturato con le sue mani. Aveva cercato di allevarla, ma quella era scappata dopo una settimana. Pensava a una primavera del deserto e alle erbe selvatiche. Si scioglieva in un miraggio d’argento che prorompeva nel vuoto e si spingeva fino all’infinito. Era completamente assorbito da una triste canzone che in-frangeva il silenzio del deserto e la desolazione della vita. E…

Due persone gli si fermarono accanto: una alla destra e uno alla si-nistra. Uno di loro era alto con le spalle larghe, bruno, dai lineamenti severi; l’altro basso, pienotto, e anche lui con la faccia arcigna, con or-rendi denti gialli. Calzava scarponi neri e aveva una divisa grigia. Uno si avvicinò e gli diede un forte calcio con uno scarpone nero e, mo-strando i denti gialli, borbottò: «Alzati!».

Il beduino non si mosse perché non capì, ma era necessario che ca-pisse? C’era veramente bisogno che si alzasse?

«Su! Alzati, cane!».L’uomo alto borbottò qualcosa con odio, fece un passo avanti e pe-

stò con forza le dita del piede del beduino. Al beduino sfuggì un grido di dolore, ma loro ancora non gli fecero

capire niente. Lo trascinarono via e poi lo buttarono in una macchina parcheggiata in una stradina vicina.

Nell’ufficio l’uomo alto gli si sedette di fronte, mentre quello basso gli stava accanto. L’uomo alto gli chiese: «Come ti chiami?».

Il beduino sputò sangue e si toccò i lividi sulla faccia prima di ri-spondere. «‘Abdallah, servo di Dio».

«Siamo tutti servi di Dio».«Lo so, ma il mio nome è proprio ‘Abdallah, servo di Dio, ‘Abdallah

al-Qadi».«Di quale tribù?».«Non appartengo a nessuna tribù».L’uomo alto lo fissò con sospetto prima di annotare questa risposta

sui suoi fogli. «E l’indirizzo?».«Il deserto».«Il deserto?».«Il deserto. Non ho nessun altro indirizzo».L’uomo lo fissò ancora con sospetto prima di scrivere la risposta.«Come ti sei permesso di mancare di rispetto al nostro sovrano?».«Il nostro sovrano?».«Sì, è il tuo sovrano, figlio di cane, il tuo benefattore. Il re».

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«Il re?».«Continui a fare lo stupido? Continui a fingere di non capire? Va

bene! Te lo faremo capire noi, razza di sovversivo. Su!».Fece l’occhietto al suo collega, poi si avvicinò un altro uomo. Lo

trascinarono in una stanza buia, e lo riportarono dopo un’ora. L’uomo alto ricominciò a interrogarlo:

«E adesso, lo sai chi è il re? Come hai osato, come ti sei permesso di sdraiarti sul marciapiede mentre ti passava davanti il suo corteo, e tu non ti sei neanche mosso? I passanti ti hanno avvisato dell’arrivo del corteo, e quindi non puoi dire che non lo sapevi. Lo abbiamo visto con i nostri occhi. Su!».

«Giuro che ero stanco, ero veramente stanco! Il deserto. Il deserto ci ha cacciato. Il deserto è avaro di pioggia. Ci siamo rifugiati in città… ho venduto il mio cammello e la mia cammella. Non ho più niente e sono stanco. Sono stanco del deserto, della vita e della gente e, poi, non lo sapevo».

Lui non lo sapeva davvero, ma poi cominciò a saperlo. Cominciò a capire. Quanto sei disgraziato, beduino!

Lo trattennero per due notti, poi lo lasciarono andare. Tornò di-strutto al vecchio albergo umido. Pagò il conto, si lavò le macchie di sangue dalla faccia, dalle mani e dai piedi, prese la sua sacca e uscì. Pen-sò di comprare un po’ di farina, ma poi lasciò perdere. Davanti agli occhi vide le dune aride del deserto e i brulli cespugli assetati, e i mari… i mari dei miraggi danzanti e ironici, e la calura… la calura che si spar-geva con il Ghibli e… la siccità. Uscì dalla città pensando al deserto, sognando di cantare, pentito di aver venduto il suo cammello e la sua cammella, finché fu avvolto dalla prima vampata del Ghibli.

Respirò profondamente, tirando fuori dalla tasca la banconota di dieci ghinee che gli era rimasta. La guardò con curiosità prima di strap-parla e buttare i pezzi in faccia al Ghibli che li sparse nell’aria. Certa-mente non sapeva di aver strappato la testa del re… Sapeva soltanto di aver lasciato per sempre la città, per il deserto, per il miraggio.

Quel pomeriggio il beduino andò via dalla città, ma sarà stato capa-ce di cantare ancora?

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Hanàn al-ShaykhLibano

È una scrittrice libanese. Nata nel 1945 a Beirut da una famiglia sciita origi-naria del sud del Libano. Studia al Cairo, e poi torna a Beirut dove collabora con diversi giornali. Nel 1978 si trasferisce per lavoro nel Golfo* e, in seguito, a Londra dove nel 1980 scrive la sua opera più famosa Hikayat Zahra (La storia di Zahrah). Il romanzo, tradotto in moltissime lingue, descrive le sofferenze di una ragazza proveniente dall’ambiente sciita del Libano meridionale, durante il periodo della guerra civile libanese.

Nel 2001 Hanàn al-Shaykh scrive Innaha London ya ‘azìzi (È Londra, caro mio), in cui racconta le storie parallele di alcuni personaggi bizzarri che si muo-vono sullo sfondo di una Londra cosmopolita, vista con gli occhi di una scrit-trice emigrata. L’autrice ha scritto anche diverse raccolte di racconti, ma l’altro romanzo che le darà grande successo è Misk al-ghazàl* del 1988, liberamente tradotto in italiano con Donne nel deserto, del quale si presentano due brani. Le protagoniste sono quattro donne che raccontano la loro storia in una città opulenta del deserto di un imprecisato paese della Penisola Araba, cresciuto troppo in fretta dopo la scoperta del petrolio, e scaraventato in una modernità solo apparente. Nur, nata in quella città, conduce una vita spregiudicata dietro gli alti muri della sua villa; Tamar, di origine turca, dopo essere stata ripudiata dal marito, decide di lavorare, suscitando la riprovazione della famiglia; infine, ci sono la libanese Suha e l’americana Suzanne che hanno seguito i rispettivi mariti in quella parte del mondo, per ragioni di lavoro. Ma mentre la libanese mostrerà segni di insofferenza per la vita in quella città ai margini del deser-to, l’americana si mostrerà felice della sua nuova esperienza. Le quattro donne esprimono ciascuna il proprio punto di vista in capitoli che prendono il loro nome e in cui sono descritte le vie di fuga per sottrarsi alla noia opprimente di quella città del deserto. Tranne l’americana Suzanne, che sceglierà liberamente di continuare quella vita, le altre tre donne avvertono una profonda frustrazio-ne nel risiedere in un paese oppresso dal peso delle tradizioni, dove per cercare la libertà, seppure per periodi limitati, si è costretti a partire per l’estero, oppure a condurre una vita all’insegna della menzogna e dell’ipocrisia.

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Donne nel deserto 1988

Suha

Il primo giorno che rimasi a casa non mi precipitai a visitare le altre amiche come già mi era capitato di fare. Avevo deciso di vivere di-versamente e di ricominciare a pen sare, come quando, guardando

dal finestrino dell’aereo, avevo visto il deserto per la prima volta. Le si-lenziose distese di sabbia mi catturavano con la promessa di penetrare il loro mistero e ritrovare in esse, come tra le pagine dei libri di storia e di geografia, le tende, i cam melli, la luna grande e le stelle vicine, le oasi, i miraggi, la sete e i chicchi di cardamomo. Il grande aeroporto inter-nazionale, equipaggiato con i mezzi più moderni, non si sarebbe distinto da qualsiasi altro aeroporto se non fosse stato per il gran numero di volti orientali asiatici. Una spaziosa autostrada lo collegava all’albergo. Guar-dai le luci scintillanti della cittadina, le molte macchine e i pochi alberi che c’erano. Alberghi e ristoranti dalle ardite architetture torreggiavano ostentando la loro modernità. Il nostro albergo era sontuoso, anche se il suo archi tetto aveva fallito. […] Il lusso vinceva dappertutto sul buongu-sto. La vetrata della stanza si apriva su luci lontane. Quando fece giorno, vidi un porto immenso e solidi ponti. Chi avrebbe detto che qui c’era il deserto? Non mancava nessuno degli elementi costituti vi delle città. […] Decisi di fare come il giorno dopo il mio arrivo, quando ero scesa nella piscina dell’albergo per nuotare e tuffarmi dal trampolino, e mi ero unta di olio le gambe, sorridendo al camerie re che mi aveva portato un succo d’arancia, stendendomi al sole con soddisfazione. L’atmosfera distesa di quel gior no non si era più ripetuta. Osservai le mattonelle verdemare della piscina, i robusti ombrelloni azzurri, le chaises longues comode e pulite e il vetro appannato del bicchiere. L’aria soffo cante bastava da sola a cancellare quella parvenza di modernità. Non ero più venuta in pi-scina da quando un gruppo di uomini aveva fatto irruzione battendo sui tavoli con dei bastoni per separare i bagnanti dalle bagnanti. La maggior parte delle donne si era rifugiata tremando negli spogliatoi, mentre le poche straniere non capivano cosa stesse accadendo. Uno degli uomini, per non vedere i corpi nudi, si era messo ad agitare il bastone girando-si dall’altra parte, ed era caduto nella piscina. La sua testa affondava e riaffiorava, e mancò poco che affogasse. Questa volta ebbi l’accortezza

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di parlare in inglese quando pagai il biglietto d’ingresso. Mi allungai sulla sdraio, il sole bruciava, liberai il collo dai capelli e asciugai il sudore. «Vi supplico. Non posso restare più nemmeno un’ora in questo paese». Solo le mosche e l’umidità mi ascoltarono.

Tamar

Da sola sul sedile posteriore, dominavo con lo sguardo, come una regina, le strade, il paesaggio e i passanti. Inspirai profondamente. Malgrado il velo guardavo furtivamente nelle altre macchine. Andare in giro in mac-china non era più un sogno irraggiungibile. Ero felice, mentre percorre-vo le strade a grande velocità, meravigliandomi di quanto fossero brevi le distanze. Pensai che adesso ero libera di fare quel che volevo. La vista della macchina che mi aspettava davanti alla porta socchiusa mi aveva fatto battere il cuore come l’immagine di un frutto o di un bicchiere d’acqua fresca in un giorno torrido. Osservai gli alti edifici dalle facciate di vetro, di marmo o di ceramica smaltata, le ville protette dagli alberi, i ristoranti stranieri – filippini, coreani, dello Sri Lanka, indiani, pakista-ni, yemeniti e libanesi –, le numerose aiuole di prato verde, gli alberghi e gli edifici in costruzione.

Annuii mormorando: «Che meraviglia!», pur sapendo che non ci sarei mai potuta andare. Una volta però mancò poco che entrassi nell’al-bergo bianco. Avevo comprato per me e per la moglie di mio fratello, Batùl, i biglietti per una sfilata di moda che poi era stata proibita. In ogni caso tutto questo era destinato soltanto agli uomini e agli stranieri che facevano una vita diversa dalla nostra. Passammo accanto a un alto muro di cinta rivestito di ceramiche dipinte. […]

Sfiorai la tappezzeria azzurra della macchina ricordando con una vaga tristezza a quante cose avevo dovuto rinunciare. In mancanza di una macchina, mi era stato a lungo impossibile girare per i mercati, deci-dere all’ultimo momento di andare a trovare una parente o un’amica che aveva partorito, o fare una visita di condoglianze a una famiglia in lutto. Un passaggio in macchina era l’oggetto di piani continui ed elaborati, e non era facile da conquistare. Occorreva aspettare a lungo, senza per-dersi d’animo, che mia zia passasse dalle nostre parti, o che mio fratello Rashìd fosse di umore tale da accordarci una breve gita lungo le strade asfaltate. Un giorno era lento come un mese, e a volte come un anno, tranne quando c’era un matrimonio. Allora mi era permesso vegliare fino all’alba, e mi sentivo libera soltanto in quelle occasioni.

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Bensàlim HimmìshMarocco

Nato nel 1949 a Meknes, è romanziere, poeta e docente di filosofia all’Università di Rabat. È stato anche ministro della cultura nel suo paese. Scrive sia in arabo che in francese ed è autore di saggi filosofici e di romanzi storico-filosofici, oltre che di pièce teatrali e raccolte di poesie. Nel 1994 pubblica Majnùn al-hukm (Il folle del potere), ispirato alla vita del califfo egiziano Hàkim bi-Amr Allah* (985-1021), noto per la sua crudeltà e le sue stravaganze. Basandosi su episodi reali della vita del califfo, il quale arrivò al punto di incendiare il Cairo e di proclamarsi Dio, l’autore traccia un’allegoria della tirannia. L’antico califfo diventa così la metafora del ditta-tore arabo di oggi, cinico e spietato.

In un altro romanzo, Hadha al-andalusi (Questo andaluso) del 2007, dedicato al filosofo e mistico Ibn Sab‘in (1216-1270), l’autore ripercorre il periodo che pre-cedette la caduta di Granada (1492), ultimo regno musulmano nell’Andalus*, attri-buendo al vuoto culturale nel quale proliferarono il fanatismo ideologico e religioso la causa della disfatta dei musulmani. L’altro suo grande successo è il romanzo al-‘Allàma (Il grande erudito) del 1997, da cui è tratto il brano che segue. L’opera è de-dicata alla figura del grande storico e sociologo Ibn Khaldùn (nato a Tunisi nel 1332 e morto al Cairo nel 1406), famoso per essere il primo grande storiografo del mon-do arabo-musulmano a elaborare una concezione ciclica della storia, anticipando di qualche secolo l’opera di Gianbattista Vico. Lo scrittore ritrae il grande erudito nell’ultima fase della sua vita, quando è ormai vecchio e stanco e ha appreso dalle precedenti esperienze al servizio di molte dinastie quanto precario sia il potere. Lo scrittore immagina Ibn Khaldùn incontrarsi con il suo segretario, Hammu, per det-targli appunti riguardanti alcuni aspetti della sua vita passata e per rielaborare tesi già affrontate nelle sue opere. In uno di questi incontri il grande erudito mette in di-scussione il concetto della ‘asabiyya*, che costituisce la pietra angolare della sua teo-ria storica, espressa nella sua opera al-Muqaddima* che lo ha reso celebre in tutto il mondo. Nel brano che segue, l’autore ci presenta Ibn Khaldùn mentre spiega al se-gretario Hammu la differenza tra la scienza, che deve essere sempre improntata a un rigoroso e scientifico metodo di ricerca, e la letteratura, che può invece vagare senza limiti nel regno dell’immaginazione, per trovarvi la linfa necessaria a creare anche le storie più inverosimili. In un romanzo più recente, intitolato Mu‘adhdhabati (La mia carnefice) del 2010, lo scrittore abbandona la storia del passato per avventurarsi in problematiche attuali. Nell’opera infatti affronta il tema dei detenuti arabi nelle prigioni americane, in seguito ai tragici eventi del settembre 2001 a New York.

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Il grande erudito1997

Era consuetudine di Ibn Khaldùn chinare il capo tutte le volte che si immergeva in riflessioni serie; pregò, quindi, il segretario di trascrivere delle osservazioni.

«Segna, Hammu, questa sottigliezza!», disse. «Prendine nota, perché non si creda che io sia uno di quegli uomini di scienza, cupi e dai visi contratti o uno di quelli che seguono la corrente o che hanno i paraocchi, e nemmeno uno di quelli che, infine, considerano l’esi-stenza una mera questione di numeri ed equazioni. Scrivi che io non aborrisco le storie inverosimili, né pubblicamente ne confuto il signi-ficato letterale, se non quando vedo che sono considerate fonti stori-che importanti, fonti che circolano e balzano fuori senza nessun reale riscontro o critica minuziosa». […]

Hammu non conosceva rivali nel saper scrivere sotto dettatura, la sua velocità era proverbiale. Stavolta, tuttavia, gli mancò il tempo di mettere i puntini diacritici e di scrivere in bello stile, essendo ben con-sapevole delle tantissime idee che, incalzanti, sembravano sconvolgere il compagno. […]

Hammu sorprese il compagno con una domanda. «La profondità! Perché Ibn Khaldùn va sempre al fondo di ogni questione?». […]

«È l’esistenza stessa della profondità, vale a dire l’essenza, quello che sta alla base delle cose, il loro fondamento, a spingermi a farlo, ad attrarmi. Altrimenti che cosa rimarrebbe, a parte la superficie e la fec-cia, la vana esteriorità e le illusioni? Immagina se, di fronte alla profon-dità, io fossi ignorante distratto o indifferente: mi considereresti allora all’altezza di guardare oltre le apparenze e di non lasciare scivolar via i giorni in vani passatempi e in sbornie? Se ciò accadesse – che Dio non voglia! – sarei simile a migliaia di altri giuristi delle mie parti: aderi-rei ad una scuola concentrandomi completamente sulla redazione di compendi e glosse o stilerei le cronache delle gesta del sultano, delle imprese gloriose degli emiri*. Sarei, insomma, un cronista che a lettere d’oro scrive a proposito dei signori del tempo, di quando si muovono e si fermano, e di come si divertono di notte e di giorno. Se ciò accadesse, non sarei altro che un grande viaggiatore, un raccoglitore di storie e di immagini strane e meravigliose». […]

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Ahlàm MustaghanemiAlgeria

Poetessa e scrittrice algerina, nasce nel 1953 a Tunisi dove si era rifugiato il pa-dre, militante della lotta per l’indipendenza dell’Algeria. Rientra in patria dopo la liberazione. Si trasferisce poi in Libano dove risiede tutt’ora. Inizia a pubbli-care poesie sin dagli anni Settanta, utilizzando l’arabo invece della lingua fran-cese, come la maggior parte dei letterati algerini della sua epoca. Nelle sue opere affronta svariati temi, dalla politica ad argomenti prettamente sentimentali, e rivendica il diritto di espressione per la donna algerina che, nonostante abbia combattuto a fianco dell’uomo per conquistare la libertà nazionale, è stata poi relegata dalla società maschilista in ruoli di secondo piano.

Il suo romanzo più famoso, Dhàkirat al-giasad (La memoria del corpo) del 1994, conosce uno straordinario successo in tutti i paesi arabi e verrà tradotto in molte lingue. In quest’opera la scrittrice evoca soprattutto la delusione e il disinganno di coloro che avevano creduto negli ideali della rivoluzione e parte-cipato alla guerra di liberazione contro la Francia, conclusasi nel 1962, dopo 131 anni di colonizzazione. Protagonista e voce narrante del romanzo è Khàlid, un pittore che ha perso un braccio in guerra, e che si rende conto che la rivoluzione si è trasformata in un regime, retto da opportunisti che mantengono il potere attraverso corruzione e repressione. Khàlid si trasferisce a Parigi dove continua a dipingere ossessivamente i ponti della sua città natale, Costantina, giungendo infine alla consapevolezza che quei ponti non resisteranno a lungo se egli conti-nuerà a limitarsi a disegnarli, rimanendo in Francia. Decide allora di tornare in patria perché solo così i ponti potranno salvarsi e si potrà salvare l’intera Algeria.

Durante la permanenza a Parigi Khàlid incontra Hayàt, la figlia del suo an-tico comandante, molto più giovane di lui, con la quale vive un’intensa storia d’amore, ma Hayàt sposerà – non per amore, bensì per motivi economici – un altro uomo, “senza alcuna morale”, colluso con gli uomini al potere in Algeria. Nel brano che segue, Khàlid e Hayàt si rincontrano e rievocano con tristezza la loro storia d’amore, ormai tramontata, così come le speranze riposte nella rivoluzione algerina. La memoria privata di due amanti si mescola qui con la memoria lacerata del paese, tradita dalla generazione venuta dopo l’indipen-denza. Il romanzo è stato un vero e proprio bestseller in tutto il mondo arabo, conoscendo più di venti edizioni, e ha ottenuto prestigiosi premi.

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La memoria del corpo1994

Ti guardai dietro la nebbia delle lacrime. In quel momento avrei voluto abbracciarti col mio unico braccio, come non avevo mai abbracciato nessun’altra, come non avevo mai abbracciato

un sogno, ma restai al mio posto, tu rimanesti al tuo: l’uno di fronte all’altra, due orgogliose montagne, fra le quali c’era un ponte segreto fatto di passione e di nostalgia, insieme a molte nubi ancora cariche di pioggia.

Mi soffermai sulla parola “ponte”, ricordandomi di quel quadro1 come del capitolo più importante di una storia che stavo raccontando a te e forse anche a me stesso, e magari avessi potuto crederci, tanto era strana. Mi levai e dissi: «Vieni, ti faccio vedere una cosa».

Mi seguisti senza far domande. Mi fermai davanti a quel quadro, ti dissi, mentre aspettavi stupita

quanto stavo per dirti: «Lo sai? Quando ti ho vista ferma qui davanti, quel primo giorno, mi è venuta la pelle d’oca. Avevo l’impressione che fra te e questo quadro ci fosse qualche parentela che ignoravo, ma di cui ero certo. Perciò sono venuto a salutarti, sperando di scoprire se la mia intuizione fosse giusta o sbagliata».

Mi dicesti meravigliata: «E avevi visto giusto?».«Non hai notato la data scritta su questo quadro?», dissi.«No», rispondesti cercandola in calce al dipinto. «È molto vicina a quella della tua nascita», dissi. «Sei di sole due

settimane più grande di questo quadro. Potrebbe essere il tuo gemel-lo».

Dicesti stupita: «Strano, è tutto molto strano». Guardasti il quadro come se vi ricercassi te stessa e dicesti: «Ma

questo non è il Ponte di Corde?».«È più che un ponte», ti risposi, «è Costantina. Questa è l’altra

parentela che ti lega a questo quadro. Il giorno in cui sei entrata in que-sta sala, Costantina è entrata insieme a te. È entrata con la tua figura, col tuo modo di camminare, col tuo accento, col bracciale che porta-vi».

1. Riferimento al primo quadro dipinto dal protagonista e che ritraeva il Ponte di Corde di Costantina.

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Ci pensasti un po’ su, quindi dicesti: «Ah, il miqyàs* vuoi dire. Lo metto nelle grandi occasioni, ma è pesante e mi fa male al polso».

«Il fatto è che la memoria pesa sempre», dissi, «’Mma lo ha porta-to per anni e anni e non si è mai lamentata che fosse pesante. Quando è morta lo aveva al polso. È solo questione di abitudine».

Non ce l’avevo con te. Nella mia voce c’era del rimpianto, ma non ti dissi nulla. Appartenevi a una generazione cui pesa qualsiasi cosa, e che di conseguenza ha sostituito i vestiti arabi antichi con quelli moderni fatti di uno o due pezzi, che ha sostituito i gioielli e i monili antichi con monili leggeri che si mettono e si tolgono in fretta e che ha riassunto la storia e la memoria tutta in una o due pagine di libri di scuola e in uno due nomi di poeti arabi.

Non ce l’ho con te. Noi due apparteniamo a uno di quei paesi che indossano la propria memoria solo nelle grandi occasioni, fra un tele-giornale e l’altro, e che se ne spogliano non appena si spengono le luci e si ritirano i fotografi, come una donna si spoglia degli abiti della festa.

Come scusandoti di un errore involontario, dicesti: «Se vuoi mi metterò quel bracciale per te, sei contento?».

Fui sorpreso dalle tue parole. La situazione era in qualche modo triste, anche se spontanea, forse tristemente comica.

Ero qui a proporti la mia paternità e tu la tua maternità. Tu, la ra-gazza che avrebbe potuto essermi figlia e che senza rendersene conto era divenuta mia madre.

In quel momento avrei potuto risponderti con una sola parola nella quale avrei riassunto tutte le contraddizioni di quella nostra situazio-ne, e tutti i sentimenti estremi e focosi che provavo nei tuoi confronti, ma dissi un’altra cosa: «Sono contento. Ma sarei più contento se lo portassi anche per te stessa. Dovresti essere conscia che non capirai nulla né del passato che stai ricercando né della memoria di un padre che non hai conosciuto, se prima non capisci Costantina con le sue abitudini, e diventi tutt’uno con lei. Non si scopre la propria memoria guardando una cartolina o un quadro ad olio come questo. La si sco-pre toccandola, indossandola e vivendola, prendi questo bracciale, per esempio, con cui ho un rapporto improvvisamente sentimentale. Nella mia memoria era inconsciamente il simbolo della maternità, e l’ho sco-perto il giorno in cui te l’ho visto indosso. Avresti potuto non portarlo, e tutte quelle sensazioni che ha fatto esplodere dentro di me sarebbero rimaste a dormire tra le pieghe dell’oblio. Lo capisci adesso, che anche la memoria a volte ha bisogno di essere svegliata?».

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Quanto ero sciocco. Senza rendermene conto stavo svegliando un gigante che dormiva dentro di me da anni. Nella febbre della follia ti stavo trasformando da ragazza in una città. E tu stavi ad ascoltare ra-pita come una scolaretta, accogliendo le mie parole come chi in una seduta d’ipnosi riceva istruzioni e ordini da un ipnotizzatore che gli fa fare ciò che vuole.

Quel giorno scoprii che ero capace di domarti, di dominare il fuoco che divampava dentro di te. E decisi in segreto di trasformarti in una città imponente, austera, antica e profonda.

Ti condannai ad essere una certa Costantina. Condannando me stesso alla follia.

***Passammo più tempo insieme quel giorno. Ci lasciammo appesantiti dalle scosse psicologiche, carichi delle forti emozioni che avevamo vis-sute nelle quattro ore di dialogo fitto. Dicemmo molto, ora fra lacrime d’orgoglio ora in spaventoso silenzio.

Ero felice, forse perché ti avevo vista piangere per la prima volta. Disprezzavo le persone senza lacrime, perché sono o prepotenti o ipo-crite; e in entrambi i casi non meritano rispetto.

Eri la donna con la quale volevo ridere e piangere. Che splendida scoperta feci quel giorno! Ricordai il nostro primo appuntamento, iniziato con un fuori pro-

gramma di commenti ironici. Quel giorno mi ricordai un proverbio francese: «La via più breve per conquistare una donna è farla ridere», e mi dissi che l’avevo appena conquistata senza sforzo.

Oggi ho scoperto quanto è sciocco quel proverbio che invita alla fa-cile conquista, alle avventure passeggere dove non importa se la stessa donna che all’inizio ha riso, poi piange.

Non ti conquistai dopo un accesso di risa. Ti conquistai quando piangesti davanti a me, mentre ascoltavi la tua storia, che era anche la mia. Poi in quel momento in cui ti mettesti a guardare quel quadro, visibilmente colpita. Forse stavi lì lì per posare un bacio sulla mia guan-cia, o abbracciarmi in uno slancio di tenerezza improvviso, ma non lo facesti.

Ci lasciammo come al solito, stringendoci la mano, come se aves-simo paura che quel fugace bacio sulla guancia potesse trasformarsi in una miccia che risvegliava i vulcani addormentati.

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Elias Khuri Libano

Nato nel 1948 a Beirut, è uno degli scrittori più significativi del panorama let-terario arabo contemporaneo. Romanziere, drammaturgo e critico letterario, è sempre stato vicino alla causa palestinese: tra il 1981 e il 1982 è stato direttore della prestigiosa rivista “al-Kàrmil”, fondata da Mahmùd Darwìsh (cfr.). Insie-me al noto intellettuale libanese Samìr Qasìr* ha dato vita a un movimento democratico, assumendo posizioni spesso coraggiose. Anche nei suoi romanzi, tradotti in molte lingue, l’impegno politico si coniuga con uno stile letterario originale, come in Rihlat Ghandi al-Saghìr (Il viaggio del Piccolo Ghandi) del 1989, da cui è tratto il primo brano qui presentato.

Il protagonista si chiama così per la somiglianza fisica con l’eroe dell’indi-pendenza indiana, ma a differenza del suo famoso omonimo, il Piccolo Ghandi è un uomo oppresso che svolge mille mestieri, tra cui quello di lustrascarpe, e si muove sullo sfondo della città di Beirut, dilaniata dalla guerra civile e martoria-ta dall’assedio degli israeliani (1982). La sua vicenda, insieme a quella di molti altri personaggi, è raccontata da Alice, una vecchia prostituta, che ricorda il Piccolo Ghandi, ormai morto. Il tema della memoria e della necessità di tener vivo il ricordo, opponendosi alle manipolazioni storiche, è anche alla base del romanzo Bàb al-Shams (La porta del sole) del 1999, dedicato alla storia del po-polo palestinese e considerato il capolavoro di Khuri. Il regista Yusri Nasralla ne ha tratto un film famoso. L’opera si può considerare l’epopea del popolo palestinese dal grande esodo nel 1948 (Nakba). Romanzo complesso, frutto di un’attenta documentazione e studio da parte dell’autore, La porta del sole è la storia di due generazioni di palestinesi. La vicenda comincia nel 1995 nel tristemente famoso campo profughi di Shatila, in Libano, dove è vissuto Yùnis, un anziano combattente per la Palestina. Con l’impiego continuo e sapiente di flashback, lo scrittore ripercorre la vicenda di Yùnis che si intreccia, nel corso di circa cinquant’anni, con quella di tantissimi altri palestinesi. Nel primo brano qui presentato si fa riferimento a una chiave, quella dell’antica casa in Palestina appartenuta un tempo a un personaggio del romanzo. La chiave, simbolo ricor-rente nella letteratura palestinese, è l’emblema della speranza dei palestinesi di un futuro ritorno nella propria terra.

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Il viaggio del Piccolo Ghandi1989

Aveva le mani piccole, con le dita secche, macchiate di scuro. Mani e dita erano chiazzate di nero in profondità, pareva che ci fossero appiccicati, uno sull’altro, dei pezzetti di cuoio. Al

Piccolo Gandhi il colore delle sue mani non dava alcun fastidio. Sapeva che faceva parte del mestiere. Era cosciente che, decidendo di mettersi in spalla la scatola, aveva scelto di darsi al lucido da scarpe, che colora le scarpe ma anche le mani e il marciapiede. La scatola era di legno, di un modello corrente, con una predella dove il cliente poteva posare la scar-pa, e degli appositi scomparti per le scatolette di lucido. C’erano anche un pennello da barba che serviva per lavare la scarpa col sapone, uno spazzolino da denti per i bordi, due spazzole per lucidare, e uno spesso cencio nero. Gandhi non aveva scelto quel mestiere, gli era capitato, quasi lo stesse aspettando. Dopo aver lasciato il ristorante, non aveva trovato niente di meglio che comprare una scatola da lustrascarpe. Era andato dal falegname di al-Nabaa, uno specialista in casse da morto, e gli aveva chiesto di costruirgli la cassetta con la quale era, poi, andato da al-Nabaa ad al-Hamra, a sedersi prima davanti al ristorante Giargiùra, e poi davanti al ristorante Faysal. Nessuno gli aveva mai chiesto perché si sedesse proprio lì. Il venditore di giornali, Na‘im Nassàr, lo aveva accol-to bene, come se lo stesse aspettando. Na‘im Nassàr vendeva i giornali in quel posto da vent’anni. Stendeva quotidiani e riviste sul marcia-piede – e che maestria, nell’armonizzare i colori! – per poi restarsene seduto su una seggiolina davanti alla sua merce esposta, fumando senza sosta. Poiché leggeva tutto, era al corrente di tutto ciò che succedeva – vendeva giornali fin da quando era bambino, suo figlio l’avrebbe fatto a sua volta – e così poteva consigliare ai clienti cosa comprare. Na‘im Nassàr aveva accolto bene Gandhi (che a quel tempo non era anco-ra Gandhi ma si chiamava ‘Abd al-Karìm). ‘Abd al-Karìm stava seduto dietro alla sua scatola come se ci fosse incollato. Non tirava mai su la testa, nemmeno quando incassava il denaro dovuto per il suo lavoro. Sul suo viso molto scuro, la barba gli cresceva liscia, formando una mac-chia nera come il vestito che usava sempre, estate e inverno. Sembrava un ragazzino. Oppure un vecchietto. D’altronde quel mestiere è adatto solo ai bambini e ai vecchi, e Gandhi non contravveniva alle regole: stava chino sulla scarpa come un vecchietto e poi, quando si caricava al

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collo la sua scatola e tornava nella sua stanza ad al-Naaba, camminava a passo spedito come un ragazzino.

Il prete Amìn era stato il primo a fargli notare quanto fossero im-brattate le sue mani, consigliandogli di pulirle con la benzina. Gandhi, però, non l’aveva fatto, aveva lasciato che la patina si accumulasse al punto che le sue mani, quando si affaccendavano attorno alla scarpa, sembravano una parte della tomaia.

Le scarpe non finivano mai e Gandhi aveva imparato a riconosce-re il carattere di un uomo dalle sue scarpe. Le scarpe logore denotano l’incuria, quelle sempre perfette, il timore; le scarpe allacciate male, segnalano la virilità, quelle affossate al centro, una vena di follia e così via. Gandhi ne parlava con John Davis1, il professore americano, che era incantato da come lui fosse capace di lucidare le scarpe, stando se-duto per lunghe ore piegato sulle sue proprie mani, senza stancarsi mai.

Quello che occupava la mente di Gandhi era la faccenda dello spec-chio. Voleva ardentemente che le scarpe diventassero degli specchi. Tanto che il suo piacere più grande erano le scarpe nere, perché quelle marroni, per quanto le lustrasse, non si trasformavano mai in specchi. Quelle nere, invece, si levigavano e diventano un’unica superficie. Lui le ricopriva di lucido fino a farle diventare una compatta colata nera, e poi, a furia di lucidare con la prima spazzola, cominciava a godersi quel luccichio che gli conquistava il cuore. Il lucido cuoio nero si apriva sul mondo e il suo viso si rifletteva sulla superficie della scarpa. Il mondo intero entrava nella scarpa, mentre il cliente, ignaro della portata di quanto stava succedendo più in basso, restava in piedi, continuando generalmente a leggere il giornale che teneva saldamente in mano. Sol-tanto Gandhi sapeva che tutte le cose – i palazzi e i volti, l’acqua di scarico e il marciapiede – tutto entrava nella scarpa, facendone nascere un mondo nuovo.

1. Uno dei personaggi del romanzo. Amico del Piccolo Ghandi, insegna filosofia mo-rale all’Università americana di Beirut.

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La porta del sole 1999

Tu conosci il dottor Nu‘màn Natùr. Io no, però ha scritto un articolo che mi ha fatto piangere. Non ho pianto sulla vecchia Acri che sta per crollare, ho pianto sulla chiave.

Ti ho raccontato cos’è successo a Nu‘màn?È arrivato ad Acri. Ha un passaporto danese, può entrare in Israele.

Era salito sull’aereo all’aeroporto di Copenaghen ed è atterrato all’ae-roporto di Lod. È uscito come un normale passeggero, ha presentato il passaporto alla dogana e ha aspettato. Il doganiere ha preso il pas-saporto, lo ha esaminato e gli ha detto di aspettare. Il dottor Nu‘màn ha aspettato pressappoco un quarto d’ora, poi è arrivata una ragazza con la divisa militare, gli ha restituito il passaporto e si è scusato sor-ridendo. Nu‘màn ha preso il passaporto e si è diretto verso la sala del ritiro bagagli. Ha recuperato la sua valigia ed è uscito dall’aeroporto. Più tardi, si è accorto che era stata aperta e perquisita minuziosamente.

Quelle procedure non gli hanno fatto né caldo né freddo perché era già psicologicamente provato, dentro di sé era tutto un tremito. Nel momento in cui era sceso dall’aereo, si era aspettato che gli venisse un colpo. Si era sorpreso accorgendosi che si comportava come i viaggia-tori normali, come se quel paese non fosse il suo paese.

È uscito dall’aeroporto, ha preso un taxi per Gerusalemme, ha pas-sato la notte in un albergo nella città araba e, l’indomani mattina, in-vece di gironzolare per i quartieri della città vecchia, come fanno tutti i turisti, ha preso un taxi per Acri. È sceso in piazza, vicino alla moschea Giazzàr. Ha scritto di aver camminato, camminato e ancora cammina-to. Era solo e smarrito, nella sua città. Ha detto che voleva trovare la sua casa senza farsi aiutare da nessuno. Perché lui è come me, non è nato in Palestina, si ricorda del suo paese soltanto attraverso le parole di sua madre. Ha camminato, Nu‘màn. Si è perso nei vicoli. Si fermava, osser-vava le case e ripartiva. Alla fine è arrivato alla casa, ha detto di averla riconosciuta non appena se l’è trovata davanti. Ha bussato e l’hanno accolto tale e quale a come era stata accolta Umm Hasan2. In arabo. Non erano ebrei, però, erano palestinesi.

È entrato in casa, ha salutato, si è seduto.

2. Uno dei personaggi del romanzo che torna a visitare la sua vecchia casa in Palestina.

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La donna è andata a preparare il caffè. Si è alzato, si è messo a giron-zolare per casa sua. Non ha voluto che il padrone di casa lo accompa-gnasse, ha detto che voleva guardare da solo. Facendo il giro delle stanze, Nu‘màn ha ritrovato le parole di sua madre. Sono state loro a guidarlo per la casa. Seguendo le parole è arrivato in cucina e lì ha visto sua madre, in piedi davanti al grande tegame di burghul*. Nu‘màn ha detto che al campo di Yarmùk*, vicino a Damasco, dov’è nato, mangiavano soltanto burghul. Sua madre stava davanti al tegame, nella loro piccola cucina, e Nu‘màn si aggrappava all’orlo delle sue sottane piagnucolando.

Nell’ampia cucina della casa di Acri, invece, non c’erano né la ma-dre né il tegame di burghul, c’erano un bambino solitario e, in piedi davanti a lui, la moglie del padrone di casa, che preparava il caffè. Ve-dendo che Nu‘màn si asciugava le lacrime con il palmo della mano, la donna è uscita in punta di piedi.

Hanno bevuto il caffè. Il palestinese ha spiegato a Nu‘màn che aspet-tava da tempo la loro visita, che aveva preso in affitto la casa all’ufficio “Proprietari assenti”1, dopo essere stato cacciato dalla sua. Era pronto a restituirla quando volevano.

Nu‘màn ascoltava senza parlare, quasi avesse dimenticato come si fa.Il palestinese ha cercato di spiegargli la loro situazione e le difficoltà

della loro vita, gli ha assicurato che non voleva tenersi la casa, che era stato costretto ad affittarla perché la sua era stata demolita.

Nu‘màn si era alzato per accomiatarsi.«Resti per pranzo, ci farebbe piacere», ha detto il padrone di casa.«No, grazie», ha risposto Nu‘màn. Ed è andato via.Nu‘màn non si è voltato indietro. Ha scritto che si è pentito di non

essersi voltato, avrebbe dovuto conservare nella sua mente l’immagine della casa. Ormai l’immagine è evaporata, a disegnare la casa nella sua memoria gli restano soltanto le parole di sua madre.

Nu‘màn ha detto di aver continuato a camminare finché non l’ha raggiunto un grido del padrone di casa. Si è girato e ha visto che l’uo-mo gli stava correndo dietro chiamandolo per nome e impugnando un piccolo oggetto.

«La chiave, ho dimenticato di darle la chiave di casa vostra, la pren-da, è sua».

«Non è necessario», ha detto Nu‘màn, «abbiamo ancora quella vecchia, a Damasco».

1. Ufficio preposto ad assegnare le case lasciate vuote dai palestinesi, fuggiti dai terri-tori che nel 1948 erano divenuti parte dello Stato di Israele.

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Muhammad al-Ash‘ari Marocco

Nato nel 1951 a Moulay Driss Zarhoun, vive a Rabat. Si è dedicato all’attività politica, auspicando la modernizzazione e laicizzazione del suo paese. Negli anni Ottanta è arrestato per motivi politici. Con l’ascesa al trono del nuovo sovrano, Muhammad vi, diventa anche ministro della Cultura (2002-07). È poeta e scrittore.

Ha pubblicato diverse raccolte di poesie, imponendosi nel panorama della letteratura araba e marocchina, ma la fama internazionale la raggiunge nel 2011, quando vince il prestigioso Booker Prize con il romanzo al-Qaws wa al-faràsha (L’arco e la farfalla) del 2010, ex aequo con Ragià ‘Alim (cfr.). In quest’opera l’au-tore ripercorre le vicende del Marocco negli ultimi decenni, segnate da contrad-dizioni ed eventi dolorosi, nonché da un senso di spaesamento che ha colpito soprattutto le generazioni più giovani. Nel romanzo sono ritratte tre generazio-ni della famiglia Al Firsioui. Il nonno ha trascorso vent’anni in Germania e in seguito è tornato in patria insieme con la moglie tedesca, morta poi suicida. Il figlio Yùsuf, vissuto anch’egli in Germania per un periodo di tempo, si dedica all’attività politica: aderisce a un movimento di sinistra e viene per questo ar-restato e rinchiuso nella prigione di Kénitra per tre anni. La terza generazione è rappresentata dal figlio Yassine che va a completare gli studi in Francia ma poi si arruola, all’insaputa dei genitori, tra le file dei Talebani e troverà la morte in Afghanistan. Il brano qui presentato è l’incipit del romanzo che si apre con una lettera in cui Yùsuf viene informato che il figlio Yassine, che egli credeva a Parigi a studiare, è morto “martire” in Afghanistan. La necessità di trovare una risposta alla domanda che lo assilla (come era potuto accadere che il figlio di un socialista fosse finito tra i fondamentalisti islamici?) lo induce a passare in rivista i suoi legami affettivi. Si rende conto allora che la sua vita è stata una progressiva perdita di entusiasmo, fino alla rinuncia definitiva della fede in qualsiasi ideale. Contemporaneamente, anche la società marocchina ha assistito a una perdita di valori, a seguito di un processo di modernizzazione improntato a scelte liberiste che ha portato alla ribalta una classe di imprenditori corrotti e avidi, divenuti i veri padroni del paese. Questa situazione tragica ha spesso indotto i giovani a emigrare o a farsi conquistare da pericolose ideologie, fortemente condannate dallo scrittore, come nella storia qui raccontata.

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L’arco e la farfalla2010

Un mattino di un giorno qualunque, mentre mi apprestavo a uscire, avevo trovato sotto alla porta un biglietto su cui era scritto: «Comunico al padre di Yassine la buona novella: Dio

gli ha concesso il dono del martirio del figlio».Il mio telefono aveva squillato. Dall’altra parte del filo c’era un

uomo del nord del Marocco, lo si capiva dall’accento. Aveva ripetuto la stessa frase gelida, infarcita di formule di condoglianze. Dopo aver appoggiato il foglio sul tavolo, avevo visto mia moglie portarselo agli occhi ed esaminarlo con un movimento della testa avanti e indietro […]; poi aveva lanciato un urlo acutissimo ed era caduta a terra.

Feci un grande sforzo per sollevarla e trascinarmi con lei fino al letto, senza neanche riuscire ad avvertire il dolore per quell’immensa sciagura che sapevo essere successa, ma di cui non riuscivo a rendermi conto. Guardavo la sciagura che stava là, di fronte a me, allargarsi len-tamente come una macchia d’olio, e guardavo mia moglie in preda a un collasso. […]

Me ne stavo seduto a fissare le dita che giocherellavano con il bi-glietto che annunciava la morte di Yassine. Di tanto in tanto osservavo il volto di mio figlio nella foto al centro del soggiorno, il suo viso da bambino innocente, allegro, severo, dolce e, in un batter d’occhio, rivi-di l’una dopo l’altra le scene della sua breve esistenza. […] Dal vagito di mio figlio neonato tra le mani del medico e tutto ciò che era seguito: la crescita veloce o lenta del bambino, le paure, le gioie, le preoccupazioni, oltre ai furiosi litigi per i vestiti, il cibo, l’educazione, i giochi, le entrate e le uscite di casa, sino ad arrivare alla stazione da dove un treno aveva portato Yassine all’aeroporto, quindi a Parigi e poi nel buio. Infine, la sua prima e ultima lettera: «Gli studi sono più semplici di quanto mi aspettassi. La città è molto più feroce di quanto immaginassi, invece. Credo che vivrò la mia prima storia d’amore tardi, rispetto alla media della famiglia Al Firsioui. Non sono certo di essere il migliore dei figli, né che voi siate i migliori tra i genitori. Non mandate soldi finché non ve lo chiederò io… Stando così lontano, quasi quasi sono disposto a dirvi che vi voglio bene, anche se ciò mi fa paura…».

Per ore ero rimasto a sentire un ufficiale di polizia che interrogava me e mia moglie sul biglietto con l’annuncio della morte e sulla telefo-

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nata. Rispondemmo del tutto inebetiti a domande riguardanti gli ami-ci di Yassine, le sue conoscenze, le abitudini, le letture, la musica, i film, la palestra e la moschea preferita. Sembrava stessimo riordinando una vita intera per ricavarne un cadavere inerte da consegnare all’ufficiale che non aveva trovato nulla da aggiungere se non: «Condivide questa sua scelta di morte? Scusi, volevo dire: aveva simpatia per la sua causa? Scusi, scusi, lei non lo sapeva. Ah, già è vero, voi non sapevate niente. Lei è triste per quanto è accaduto?». Fui sincero e gli dissi: «No, non sono neanche triste».

Fin dal primo momento in cui ero venuto a conoscenza della no-tizia, avevo avuto un violento moto d’ira che mi aveva impedito di provare dolore e tristezza. Se avessi potuto incontrare Yassine allora, l’avrei ammazzato io. Perché mi faceva una cosa così orrenda, beffarda, arrogante, umiliante? Perché mi spingeva nell’abisso sul cui orlo ero stato per tutta la vita? E poi, quando era accaduto? Quando quel seme velenoso era germogliato? Prima che nascesse? Dopo? Durante la sua infanzia o l’adolescenza? Giocava con le mani insanguinate e noi non ce ne eravamo accorti? Eravamo vissuti andando dietro a un feretro?

Queste e altre domande mi avevano spinto a considerare la mia esi-stenza un errore enorme. Non era possibile che mi accadesse tutto ciò, a meno che tutta la mia vita non fosse andata nella direzione sbagliata. Era questo che mi induceva a pensare ogni giorno a decisioni che po-tessero rimediare in parte a quell’errore fatale. Quando avevo capito che ciò sarebbe stato impossibile, ero stato colpito da una strana crisi che mi aveva distrutto nel corpo. […]

Il fatto è che fino ad allora avevo vissuto una vita abbastanza tran-quilla, eccezion fatta per il rapporto complicato che mi legava a mio padre e la morte tragica di mia madre, per non parlare degli anni di pri-gione nel carcere centrale di Kénitra, senza che ne sapessi il perché. In effetti, a ripensarci, la mia esistenza era stata una successione di eventi concatenati, che scorrevano uno dopo l’altro.

Avevo aderito a un gruppo di estrema sinistra, quando vivevo a Francoforte, il che mi aveva condotto a entrare in un altro gruppo, della sinistra marocchina, nato dalla spaccatura del Partito comunista. Improvvisamente, poi, mi ero stancato dell’impegno richiestomi da un’esistenza fatta di estremismi, per cui ero diventato membro di un partito moderato di sinistra, ma la cosa non aveva impedito a uno dei miei vecchi compagni di conservare il mio nome nella sua agendina. E questo mi aveva condotto a una mitica detenzione a Darb Mawlaya

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al-Sharìf1 e mi aveva fatto subire un processo di cui non avevo capito nemmeno una parola; infine, ero stato sbattuto in carcere dove si erano presi tre anni della mia vita senza darmi nulla in cambio.

Mentre i miei amici si lanciavano in storie d’amore meravigliose, io mi ero limitato, un giorno, a chiacchierare con una collega di universi-tà e a concludere la breve conversazione con la domanda: «Mi sposere-sti?», e lei rispose con evidente nervosismo: «Perché no?».

Avevo scoperto fin dai primi tempi del matrimonio di essere in assoluta sintonia con mia moglie Bahiyya, eravamo molto simili, due macchine che seguivano lo stesso programma. Ci piaceva molto man-giare e bere le stesse cose; amavamo la stessa musica, gli stessi film, libri, quadri, le stesse città. Dal punto di vista sessuale, provavamo il medesi-mo desiderio, finanche per i minimi dettagli. […]

Ero colpito da questa imbarazzante complementarietà, come an-che – ma in maniera irritante e sconfortante – dalla mia consapevo-lezza che non dava adito ad alcun dubbio, che io, a differenza di quan-to avevo creduto, non l’avrei mai amata veramente.

Dal momento in cui ebbi raggiunto tale certezza, la nostra relazio-ne fu una perenne tensione. Per lei ero uno senza ambizioni e questo la esasperava e la metteva quasi sempre di malumore; lei, invece, mi suscitava un senso di pentimento continuo e mi faceva sentire di essere un perdente, sempre.

1. Luogo di detenzione segreto a Casablanca.

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Musa Wuld IbnuMauritania

Nato nel 1956 a Boutilimit, ha studiato filosofia ed è vissuto per un periodo in Francia e negli Stati Uniti lavorando anche per l’onu. Rientrato in patria, ha insegnato all’Università di Nouakchott. Ha scritto opere in francese, poi ripre-sentate in arabo, effettuando non delle traduzioni, ma delle vere e proprie ri-scritture: L’amour impossible, del 1991, ha in arabo il titolo al-Hubb al-mustahil (L’amore impossibile) (1999); Barzakh, del 1994, in arabo è Madinat al-Riyàh (La città dei venti) (1999). Entrambi i lavori rientrano nel genere della fanta-scienza, attraverso cui l’autore denuncia le storture della recente storia sociale e politica del suo paese. Nel romanzo L’amore impossibile viene rappresentata un’inquietante società del futuro in cui l’uomo, svuotato della sua umanità, è controllato dalle macchine. L’autore delinea così uno scenario che richiama alla mente quello descritto da George Orwell in 1984 e da Aldous Huxley in Il mondo nuovo, ma sullo sfondo del deserto della Mauritania, in una società del futuro dove il genere umano si riproduce solo attraverso provette in laborato-rio. Nel romanzo La città dei venti, di cui vengono qui tradotti due brevi brani, si ritrovano anche istanze ambientaliste, profondamente avvertite dall’autore che vive in un paese che si confronta quotidianamente con il dramma della carenza idrica e della desertificazione che avanza.

Nel romanzo sono descritte le tre vite del protagonista: la prima nell’xi secolo, la seconda agli inizi del xx e la terza nella prima metà del xxi secolo, in ognuna delle quali egli deve confrontarsi con la malvagità del genere umano. Nella prima parte, il protagonista è un ragazzino venduto dal padre a dei com-mercianti di schiavi, e che si mette poi alla testa di un movimento di rivoltosi. Egli vivrà una nuova vita all’inizio del xx secolo, al tempo del colonialismo, e si ritrova di nuovo a subire abusi e ingiustizie, questa volta ad opera dei fran-cesi che reprimono nel sangue le rivolte della popolazione locale. Nell’ultima vita egli scopre che il capo di una località nel deserto, grazie alla connivenza di organizzazioni internazionali, ha trasformato il paese in un grande deposito di scorie nucleari. Il giovane ancora una volta si ribella, ma viene condannato a morire di sete sulla montagna dove poi degli scienziati ritroveranno in futuro le sue spoglie. Il brano che segue è l’incipit del romanzo che viene qui presentato.

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La città dei venti1996

Sono in un mondo nuovo, sono attaccato da ricordi insignificanti, strani, dalla vita che mi sta lasciando. La sbornia della morte mi ha portato la verità. Non mi manca di

conoscere più niente. La mia vista oggi è di ferro e la sbornia ha illu-minato gli andamenti della mia vita che è apparsa ingrandita migliaia di volte e gli angoli oscuri sono come illuminati da migliaia di soli de-sertici e rigidi. Sono sparite le barriere fra l’esteriorità e l’interiorità, l’evidente e l’occulto, il noto e l’ignoto. Tutte le qualità specifiche si sono sciolte in una sola caratteristica nel calderone della luce. Il lago della mia coscienza che non ha fondo si è come spaccato in tutte le di-rezioni, come se fosse stato urtato da un pianeta che cade da milioni di anni luce. La coscienza si compie al di fuori della zona della coscienza.

Mi trovo nello stadio dopo la vita e prima della morte, e in questo stadio di confine rivedo scorrere il nastro della mia vita. Lo sento e lo vedo e riesco a capirlo in tutti i dettagli. Non c’è né un prima né un dopo.

Io che ho annientato la mia vita cercando senza successo di congiun-gerla ai miei sogni con tutto il mio conscio e inconscio, la mia coscienza, con la coscienza degli altri, per giudicare gli altri, me stesso e il tempo. Ma tutti i miei tentativi sono stati delusi e frustrati, e adesso vedo quello che non sono riuscito a fare per tutta la vita, e che si sta realizzando au-tomaticamente in questo momento, nell’ora della mia morte.

E adesso, dopo che sono uscito di campo, vedo il risultato della bat-taglia decisiva fra la vita e i miei sogni che davanti a me prendono for-ma con una precisione estrema. Ogni cosa prende la giusta dimensione prima di essere inghiottita dal vortice del nulla. Vedo tutto il mondo come attraverso le lenti di un cannocchiale; tutto adesso è chiaro e non ci sono più né rebus né misteri e tutto è estremamente evidente. Il tempo si è ridotto ad un’unica dimensione, non c’è più né passato né futuro, è diventato solo presente. […]

Un giorno, allorché lanciai il secchio nel pozzo, fui sorpreso dal ru-more sordo che fece cadendo sul fondo. Mi affacciai a guardare: non c’era più acqua e il secchio era adagiato su una pietra asciutta. Corsi a informare il capo dei servitori.

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«Come ha fatto a seccarsi! Se stai mentendo, ti castigherò».Anche il capo andò a guardare giù sul fondo del pozzo.«Non c’è più nemmeno una goccia d’acqua. Che strano! Fino a ieri

il pozzo era pieno. È una catastrofe! Prendi il secchio e va’ alla moschea a cercare dell’acqua».

Ma anche nella moschea, cinque dei sette pozzi si erano completa-mente prosciugati, mentre gli altri due, molto più profondi, conserva-vano una qualche traccia di umidità sul fondo.

Presi due funi e le intrecciai per poter raggiungere il fondo di uno dei due pozzi profondi, dove riuscii ad attingere la poca acqua rimasta.

Alla preghiera di mezzogiorno, la notizia correva di bocca in bocca: «I pozzi si sono seccati!».

Dopo la preghiera gli uomini rimasero al loro posto, come pietri-ficati dalla terrificante sorpresa. L’imàm* si alzò e disse: «Siete tutti convocati per domani mattina sulla collina al-Baydà, la collina bianca. Lì faremo la preghiera della pioggia».

L’indomani, gli uomini arrivarono indossando le loro vesti bianche bordate di fili rossi; camminavano lentamente con la schiena curva, mormorando con un filo di voce preghiere di perdono. Portavano tutti il turbante sulla spalla destra. Sulla collina al-Baydà si disposero in una unica fila dietro all’imàm. Dopo le due prosternazioni, l’imàm si girò verso i fedeli per la predica, li ammonì ricordando i loro peccati e in-vitandoli a pentirsi sinceramente e, infine, implorò il perdono di Dio. Poi si voltò nuovamente di spalle, prese il turbante che portava sulla spalla destra e lo spostò su quella sinistra. I fedeli che erano rimasti seduti lo imitarono. Allora fu la volta di Abu al-Hamàh di alzarsi e dichiarare: «Anche io vi invito a tornare alla ragione, anche se, forse, è ormai troppo tardi. Questa terra è un purgatorio, abbandonata da troppo tempo al caos e all’oppressione. La vostra superbia e il vostro orgoglio vi hanno portato alla perdizione. Voi non vedete in questa città altro che un paradiso per il commercio dell’oro e di schiavi. Avete costruito fornaci gigantesche per fondere l’oro e il rame e per forgiarli, e anche per la fabbricazione del vetro e del piombo. Avete trasforma-to l’acqua e le foreste in vapore e fumo, avete sprecato l’acqua e la le-gna, senza pensare minimamente alle conseguenze. Non avete dato né all’acqua né alle piante la possibilità di rinnovarsi e a queste ultime di fare frutti. Voi siete i responsabili se le falde acquifere si sono abbassate, i pozzi si sono seccati, i terreni desertificati. E ciò renderà, a breve, la

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vita impossibile in questa città. I Sanhagia1 hanno ragione a voler spo-stare l’asse del commercio carovaniero transhariano, aggirando Aou-daghost*, perché voi avete reso questa città un animale parassitario che ha distrutto l’equilibrio della regione. Sì, hanno ragione di voler cam-biare le cose! Questa gente di Ibn Yasin che vi fa paura perché metterà un freno alla vostra vita di corruzione: distruggerà i vostri strumenti musicali, vi interdirà le bevande alcoliche e vi proibirà di arrostire i cani. Nient’altro vi interessa a questo mondo a parte mangiare e diver-tirvi con le donne. Al di là di questo, non vi importa niente. Maledite il vostro Islam, e nello stesso tempo derubate migliaia di musulmani.

Ma adesso, andate, tornate alle vostre case, e fate scavare dai vostri schiavi dei pozzi ancor più profondi di quelli che si sono prosciugati. Forse troverete dell’acqua, ma sarà solo un rimedio temporaneo: po-trete forse continuare a vivere qui comunque per qualche anno ancora, ma verrà il giorno in cui sarà posto fine a questa vostra follia, il giorno in cui la vostra nazione perirà, la vostra città sarà distrutta e di voi si perderà anche il ricordo».

1. Berberi nomadi che nell’xi secolo, dopo essere stati islamizzati da Ibn Yasin, fonda-tore della dinastia almoravide, divennero monaci-soldati e si stabilirono sulla frontiera, dalla Mauritania al Senegal e al Niger, allo scopo di convertire all’Islam le popolazioni lì stanziate.

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Ragià ‘AlimArabia Saudita

Nata alla Mecca nel 1970, ha studiato all’Università di Gedda. Ha pubblicato raccolte di racconti, romanzi e pièce teatrali che hanno suscitato grande inte-resse, ma anche scalpore, per le coraggiose tematiche affrontate. Tra i suoi lavori più recenti il romanzo Khàtam (dal nome della protagonista) ambientato nella Mecca dell’inizio del xx secolo, dove un ricco mercante di schiavi vive nel ter-rore di non avere un discendente, e quando la moglie dà alla luce una bambina egli decide che per tutti sarà un maschio. Crescendo come un bambino, Kha-tam è più libero e ha modo di uscire di casa e di conoscere il volto nascosto della Mecca, nota per essere il centro spirituale per eccellenza del mondo musulma-no e meta del pellegrinaggio.

Tawq al-hamàm (Il collare della colomba) del 2010, di cui si presentano due brevi brani, è un romanzo complesso, ricco di riferimenti religiosi, mitologici e letterari, in cui si intrecciano vari generi dal romanzo epistolare a quello po-liziesco e noir. Ma ciò che conta non è tanto l’intrigo poliziesco (in un vicolo della città una donna viene ritrovata morta, completamente nuda e con il volto sfigurato), quanto piuttosto la descrizione della Mecca e dell’attualità dell’Ara-bia Saudita. La scrittrice denuncia così la mancanza di libertà, la rigida separa-zione dei sessi, il fanatismo religioso, terreno di coltura dei movimenti islamisti fondamentalisti, nonché un sistema economico basato sullo sfruttamento della manodopera straniera, spesso clandestina. Gli immigrati, per lo più dell’Estre-mo Oriente, inseguono il sogno del benessere, ma si ritrovano scaraventati in un incubo in cui ogni umanità viene loro negata, così come alle donne, che appaiono come fantasmi avvolti dalla testa ai piedi nelle nere ‘abaye*, come si legge nel secondo brano qui presentato. Anche il pellegrinaggio nei luoghi san-ti, uno dei pilastri* dell’Islam, che richiama ogni anno milioni di pellegrini, viene trasformato in un business di proporzioni enormi, che la scrittrice più volte denuncia. Per avidità di guadagno i potenti distruggono il volto tradizio-nale della Mecca, i quartieri antichi sono sventrati e il tessuto sociale stravolto, per lasciare spazio a grattacieli avveniristici. Questa sorte tocca anche al vicolo chiamato Abburrùs (che esiste realmente), in cui è ambientato il romanzo e dove vive il giovane Yùsuf – ritratto nel primo brano – innamorato della ribelle ‘Azza e della sua città, minacciata dalla speculazione edilizia.

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Il collare della colomba2010

Lo sai quante cose dicono i corpi attraverso il sudore? Il sudo-re dell’operaio che è appena sceso con una busta di plastica in mano, piena di macchie di unto di riso e di pollo, mi dice che

si trova tra due fuochi, che deve raggiungere il cantiere dove ieri il suo compagno è precipitato dall’alto di un ponteggio: hanno aspettato per ore l’arrivo di un’auto, un’auto qualsiasi, prima di caricarlo su un ca-mion, lottando contro la morte, per trasportarlo al più vicino ospedale, dove è morto dopo aver sborsato 400 riyàl* per il ricovero.

Il sudore di questi uomini cerca di espandersi sino a me, esalare da me, e ci dice che noi tutti corriamo da un luogo dove si costruisce a uno dove si distrugge, o ‘Azza. Sposto lo sguardo su un foglio che anela ai tuoi occhi e alla strada. Ogni volta che alzo lo sguardo, balenano persone, negozi, colori che mi colpiscono. Scommetto che nemmeno in uno spazio di due metri è possibile trovare lo stesso colore di pelle. La Mecca è una colomba: nelle piume del suo collo si ritrova l’infinita gamma di colori umani.

Profughi temporanei danno origine a una nuova razza, che restrin-ge la composizione geografica ed etnica della Mecca a due soli segmen-ti: un segmento impegnato a vendere, e un altro a consumare. Durante la fase dei riti religiosi, si realizzano scambi per un volume d’affari di cinque miliardi di dollari nel solo mese del pellegrinaggio: bevono il tè con il latte, la menta con i pinoli, il caffè nero, Seven up, Pepsi, Shahi, Bom Bom, ingurgitano riso basmati e comprano tappetini da preghie-ra che quando ci preghi sopra tutte le tue suppliche vengono esaudite. Mia madre mi metteva in guardia: «Finisci la preghiera e poi piega subito il tuo tappetino. Satana prega sui tappeti dimenticati in giro».

Passando con l’autobus, osservo i diavoli pregare sui tappetini espo-sti nelle vetrine dei negozi, a quanto pare il moderno sistema di com-pravendita esaudisce le preghiere di Satana.

Ah, i tappeti della Mecca! Magari me ne regalassero uno in grado di esaudire le mie preghiere! […]

L’altra notte ho sognato un filo bianco, io mettevo un bandolo nel-la tua mano, ‘Azza, e insieme volavamo via. Tu eri adagiata su quella mano, seduta come su una poltrona, mentre io sorvolavo con te e con quel filo esile le montagne; guardavamo La Mecca mentre si svegliava,

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anche se in realtà La Mecca non può svegliarsi, visto che non si ad-dormenta mai; i suoi sogni sono le preghiere e i piedi dei pellegrini… e quelle colombe! Noi scioglievamo i cerchi dei collari che adornano il loro collo2; il filo formava, tra me e te, un arcobaleno con tutti quei collari, distendendosi fino all’orizzonte.

Quanto sono assetato! Perché tuo padre, con questa canicola, ha deciso di rimanere sveglio? Sto sui carboni ardenti nell’attesa di vedere sulla finestra del vostro cortile interno3 il pezzo di stoffa nero che mi avverte: «Mio padre si assenterà per qualche tempo».

In questo diario lascia che io parli con me stesso più che con te.Chi mai potrebbe assumere un uomo la cui mente vaga nel primo

periodo del califfato abbaside*, e, se proprio osa, arriva fino in Anda-lus*, per cadere insieme con la città di Granada in una sola notte, con-segnando la sua chiave?4 Torniamo sempre alla chiave, in cui si sintetiz-zano tutti i miei incubi. Cerco un lucchetto senza chiave per tutto ciò che è precluso per me e per te. […]

***Viaggiare: nel mio ricordo sarà per sempre associato a quel cubo giallo imbottito di nero. Non riesci a indovinare di quale cubo si tratti? Il luogo: Istituto pedagogico per la formazione delle insegnanti. Il tem-po: 1985.

Metto il cubo davanti a te. Indovina, di che si tratta?Il bidello chiudeva la porta dell’istituto con una catena e un luc-

chetto. Noi studentesse ci ammassavamo dietro quella porta come un gregge di capre tormentate dal caldo, emanando gli odori tipici delle adolescenti. Ci preparavamo in fretta indossando un nero velo spesso, l’‘abaya*, e un velo nero trasparente, la tarha*: un velo, due veli, tre veli, quattro veli, orgogliose di battere ogni record e di riuscire a camminare senza inciampare.

Ci accalcavamo e ci spingevamo dietro quella porta; tra una ‘abaya e l’altra non ci sarebbe stato spazio nemmeno per un capello. Cerca-vamo di respirare il meno possibile, per non sprecare la riserva d’aria nei polmoni. Poi, la porta improvvisamente si apriva e noi venivano

2. Si tratta di una particolare razza, nota come la tortora dal collare.3. In arabo minwar, che indica anche la tromba delle scale.4. Riferimento alle chiavi della città che furono consegnate dall’ultimo sultano di

Granada, Boabdil, ai sovrani spagnoli al momento della resa del suo regno, nel 1492.

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espulse fuori: nel tragitto tra le due porte, quella dell’istituto e quella del pullmino, non sapevi dove fosse finita la tua ‘abaya o la tarha del-la compagna. Tutto ciò che si mostrava nel pullmino ti sarebbe stato rimproverato l’indomani mattina, quando noi studentesse venivamo allineate nel cortile! Bisognava essere acrobati per conquistare un po-sto nel pullmino.

Respirare era proibito, parlare era proibito, di ridere non se ne par-lava nemmeno. La maggior parte di noi restava in piedi. Quando stavi seduta dovevi sopportare le altre che ti spingevano, ti pestavano i piedi e ti facevano scricchiolare le vertebre.

Il pullmino si trasformava in un cubo nero, con una sola cosa bian-ca: la veste dell’autista.

E una rossa: la penna dell’ispettrice che segnava i nomi di quelle che si scoprivano. Non ricordo che mi sia mai scivolata la nera ‘abaya dalla testa. Ma il mio nome compariva lo stesso nella lista di quelle da punire al mattino: la mia colpa era spingere e parlare. Non sono mai riuscita a capire come facessero le ispettrici a cogliere lo sguardo che si posava, o non si posava, su qualcuno dell’altro sesso che passava per strada.

Quel pullmino attraversava La Mecca espellendoci a una a una, fino a raggiungere Aburrùs, il Vicolo delle Teste. Tu non conosci i ragazzi di Aburrùs! Non si stancavano di aspettare ogni pomeriggio, all’imbocco del vicolo, che quel pullmino giallo spuntasse all’orizzonte. Hai visto la cicatrice che ho sopra il naso, tra gli occhi? Me l’ha procurata la pie-tra lanciata a casaccio da un ragazzino verso di noi, massa informe; le lanciavano non perché sperassero di catturare una bella fata, ma, forse, più semplicemente per toccare il viso di una donna. Fosse anche con una pietra!

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Wajdi al-AhdalYemen

Nato nel 1973 nella provincia di Hodeida, è tra i più noti scrittori yemeniti. Autore poliedrico, pubblica diverse raccolte di racconti brevi e romanzi che subito lo impongono tra le figure di spicco del panorama letterario non solo del suo paese, ma arabo in generale.

La sua scrittura acuta, caustica, raffinata, erudita, attenta ai dettagli e la sua audacia nell’esprimere le proprie idee sulla società yemenita, in particolare, e araba, in generale, fanno di lui un autore non convenzionale, definito l’enfant terrible della letteratura yemenita. Lo scrittore, che già nella seconda metà degli anni Novanta si era imposto all’attenzione del pubblico, vincendo diversi premi letterari, sale alla ribalta nel 2002 quando il suo primo romanzo, Qawàrib gia-baliyyah (Barche di montagna), suscita violente critiche da parte delle autorità governative e religiose. Il testo viene ritirato dalle librerie; la casa editrice che lo aveva pubblicato è costretta a sospendere l’attività e le autorità chiedono l’arre-sto dello scrittore per aver oltraggiato l’Islam e offeso le tradizioni sociali yeme-nite. Inoltre, l’autore è accusato di aver adoperato termini troppo licenziosi per descrivere scene di sesso, molto ricorrenti nelle sue opere. A seguito della richie-sta di condanna a cinque anni di reclusione, e minacciato di morte da parte degli estremisti islamici, lo scrittore è costretto a lasciare il suo paese, dove ritorna solo a seguito della campagna di solidarietà promossa dal premio Nobel tedesco Günter Grass. Tra i temi ricorrenti nei suoi lavori c’è quello delle lotte partitiche e tribali che nel 1994 sfociano nella guerra civile* tra Yemen del Nord e Yemen del Sud, gli abusi di potere esercitati dagli apparati governativi e polizieschi, il cieco conformismo della società e le ingiustizie sociali che sono alla base di una catena di misfatti e crimini compiuti anche in nome della religione. Le sue ope-re parlano infatti dell’intransigenza religiosa e di quanto questa influisca sulla politica. L’autore denuncia la connivenza fra i tre poteri dominanti in Yemen: religioso, politico e maschilista, che ha drammatiche conseguenze sull’esistenza della gente semplice che vive ai margini della società, in un paese che ancora oggi è immerso in una dimensione piuttosto arcaica.

Di tutt’altro genere è il racconto ironico che segue, qui presentato in forma ridotta, che richiama alla mente il famoso “naso” di Gogol. Il protagonista si tro-va a vivere situazioni assurde e paradossali a causa di un olfatto troppo sensibile.

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Il naso molesto

Ti prego di tapparti il naso, mentre leggi questa storia!Sapeste quant’è molesto il mio grossissimo naso! A tutti gli uomi-ni, Dio ha donato un naso normale, tranne che a me.

Sì, ho un naso innaturale. Tutti i nasi normali sentono gli odori quando giungono nelle narici, il mio stravagante naso, invece, se li immagina anche quando non ci sono. Qualcuno potrebbe non credere che mi è toccato un naso con una così grande fantasia: se al telegiornale ci sono notizie di guer-ra, l’odore della polvere da sparo mi riempie le narici.

Una volta il mio naso ha avvertito un ripugnante fetore di mediocrità provenire dalla tv, quando l’annunciatrice bruna, leggendo le notizie, ha ripetutamente commesso errori di pronuncia. Ancora, ascoltavo lo speaker radiofonico di un programma sul porto di Hodeida: improvvisamente si è zittito per qualche secondo. Aveva ruttato, ma nessuno lo aveva capito tranne il mio naso che aveva anche indovinato che l’uomo aveva appena mangiato pesce e ravanelli: per poco non sono svenuto, e sono stato tutta la giornata con febbre e vomito. Non so come liberarmi da questo naso molesto e maligno che solo di rado sente odori reali.

Un giorno, ad esempio, ero fermo nei pressi di un tombino aperto per dei lavori di pulizia. Un macchinario speciale aspirava quel che c’era all’in-terno. Tutti gli abitanti della zona e le persone che si trovavano a passare da quelle parti scappavano nauseati, tappandosi il naso […] solo io non lo facevo. L’uomo che manovrava il macchinario mi ha sorriso grato, am-mirando la resistenza del mio naso che riusciva ad avere la meglio sul più orribile puzzo del mondo!

Ci sono dei momenti in cui il mio naso fiuta odori che solo un cane poliziotto potrebbe percepire. Tant’è vero che, durante una conferenza, ha riconosciuto l’odore di sangue mestruale e si è messo a annusare le mie col-leghe, fino a che si è soffermato su una poveretta che, vedendo il mio viso inorridito e il naso rivolto verso di lei come un dito accusatore, ha chinato la testa e, piena d’imbarazzo, è diventata paonazza!

Tornato a casa, l’ho preso a scarpate perché la smettesse di comportarsi in quel modo insolente. Passo intere notti a litigare con lui, gli dico che è lunatico e che ha una personalità deviata rispetto agli altri nasi! Lui reagi-sce aggredendomi con una serie di odori immaginari che mi provocano un atroce mal di testa. […] In seguito, sono entrato in una fase pericolosissima. L’olfatto mi faceva subodorare le intenzioni dei miei amici. Uno di loro,

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una volta, cercava chi gli prestasse una penna e quando ha guardato verso di me, ho sentito come un tanfo di immondizia uscire dalla sua bocca.

Un giorno, in facoltà, camminavo nei corridoi pieni di studenti che andavano e venivano. Mentre scendevo le scale, dalle mie spalle, è giunto un forte profumo; ho proseguito, con quella penetrante fragranza che mi inseguiva. Arrivato a una svolta, ho visto una studentessa scendere proprio dietro di me. Il mio audace naso mi ha assicurato che quell’odore prove-niva dalle ascelle della ragazza. Mi sono fermato, l’ho osservata a lungo e mi sono ricordato che era una mia vecchia collega, Khayzaràn, conosciuta nel dipartimento che avevo frequentato per molto tempo. Mi è passata a fianco, trattenendo a stento il sorriso.

Quando ho chiesto al mio naso spiegazioni sul perché di quel delirio olfattivo, lui mi ha risposto che quella donna mi amava dal profondo del cuore; per questo, i miei amici mi hanno chiesto, per tutto il giorno, come mai il mio naso fosse diventato tanto rosso! Quel giorno avrei voluto pren-dere un coltello e tagliare questo mio naso indiscreto, che voleva intro-mettersi anche nella mia vita sentimentale, e arrogarsi il ruolo di stupido sensale, dato che io non provavo alcun interesse per quella studentessa.

Quella situazione patologica è andata peggiorando, al punto da diven-tare opprimente ed estenuante. Succedeva che, camminando per strada, fiutasse l’odore di ogni passante. […] E anche nella scelta degli amici tutto dipende dal mio naso; le persone si interrogano stupite perché, quando co-nosco un nuovo amico, la prima cosa che faccio è mettermi ad annusarlo, come i cani.

Adesso tocca a voi valutare il peso della tragedia di un uomo che deve sottostare agli ordini del proprio naso in ogni circostanza della sua vita: accettare senza fare storie le amicizie che lui sceglie; amare chi lui decide di amare… obbedire a ogni suo desiderio!

Per farla breve, piuttosto che possedere io un naso, è lui a possedere me!Non riesco più a ribellarmi alla sua tirannia. Anzi, in questo stesso mo-

mento, mentre scrivo queste righe, sento un puzzo orribile provenire dal mio stesso respiro. Ma non mi arrendo alla sua dittatura, scriverò sul mio naso tutto ciò che voglio. Sì, lo rovinerò! Mi ha distrutto la vita senza alcu-na pietà, l’ha trasformata in un inferno di atroci incertezze, di inquietanti probabilità e di angoscianti supposizioni. È un naso bugiardo e inganne-vole che ha fatto in modo che nessuno avesse più il coraggio di avvicinarsi a me, costringendomi a vivere in completo isolamento.

Il mio stesso tanfo nauseabondo mi sta soffocando, mi sta avvelenan-do… non riesco più a continuare la…

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Su‘ud al-San‘usiKuwait

Giornalista e romanziere, nato nel 1981 in Kuwait, ha collaborato con molti giornali e attualmente lavora per il quotidiano kuwaitino “al-Qabas”. Nel 2010 ha pubblicato il suo primo romanzo, Sagìn al-maràya (Prigioniero degli spec-chi), aggiudicandosi in patria il premio letterario Laila al-Othman, riservato a giovani scrittori esordienti. Nel concorso letterario organizzato nel 2011 dal-la prestigiosa rivista kuwaitina “al-‘Arabi” in collaborazione con la bbc araba, si aggiudica il primo posto con il racconto al-Bonsai wa al-ragiul al-‘agiùz (Il Bonsai e l’uomo anziano).

Il brano che segue è tratto dal romanzo Saq al-Bambù (Gambo di bambù) del 2012, con cui ha vinto il Booker Prize nel 2013. In quest’opera l’autore ana-lizza il fenomeno dei lavoratori stranieri nei paesi del Golfo e affronta la que-stione dell’identità, attraverso la vicenda di un giovane di madre filippina e di padre kuwaitino. Il ragazzo, vissuto nelle Filippine, all’età di diciotto anni parte per il Kuwait, che la madre gli aveva sempre descritto come un paradiso e dove la donna aveva lavorato come domestica. Ed è con questa partenza che comincia il romanzo. Ma il lettore viene poi messo a conoscenza di eventi accaduti prima della nascita del giovane. La madre aveva trovato lavoro come cameriera presso la ricca famiglia al-Tarùf e aveva avuto una relazione con Ràshid, il figlio del padrone, restando incinta del piccolo José. Abbandonata dal ricco Ràshid, la donna torna con il figlio nelle Filippine. Il ragazzo che nelle Filippine si chiama José, in Kuwait diventa per tutti ‘Isa (nome arabo che vuol dire Gesù); mentre nel paese della madre è cristiano, in Kuwait è considerato musulmano. Il giova-ne trova solo ostilità nei suoi confronti da parte della ricca famiglia paterna e il padre rifiuta di riconoscerlo, respingendo ogni suo tentativo di avvicinamento.

Il romanzo è una denuncia nei confronti di un paese che ha costruito molta della sua opulenza proprio sullo sfruttamento dei lavoratori del sud-est asiatico che sono considerati, però, invisibili. Queste istanze politiche, di cui lo scritto-re si fa portavoce, sono esplicitate nelle massime di José Rizal*, il più famoso eroe nazionalista filippino, con cui lo scrittore apre ciascuno dei cinque capitoli dell’opera. Il titolo del romanzo si rifà a una frase dello stesso protagonista che dice di voler «essere una canna di bambù che attecchisce su ogni terreno senza mettere radici, salvo poi rendersi conto che le piante tropicali non crescono nel deserto».

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Gambo di bambù2012

Mi fece sedere sulla sedia dietro alla scrivania di mio padre. Si se-dette di fronte a me, con i gomiti sul tavolo e il mento appoggia-to sulle mani e mi guardava: «E allora? Com’è il Kuwait?». Le

sorrisi: «Lo sto analizzando… Non l’ho ancora afferrato».«Temo che tu l’abbia già afferrato senza saperlo», rispose con tristez-

za. Mi spaventava l’idea che il Kuwait fosse quello che stavo vivendo ogni giorno dal mio arrivo. Le risposi: «Preferisco le sofferenze della ricerca, piuttosto che pensare che il Kuwait sia l’immagine che vedo». «E come lo vedi?». Chiese. «Tante immagini, una diversa dall’altra». «Parlami del Kuwait, ‘Isa!», disse guardandomi in viso con interesse. «Il Kuwait è… un sogno antico che non sono riuscito a realizzare nonostante ci sia venuto e stia camminando sulla sua terra. Il Kuwait, per quanto mi riguarda, è una realtà fittizia o una finzione reale. Non lo so, ma il Kuwait ha numerose facce: è mio padre che ho amato, è la mia famiglia per cui nutro sentimenti contrastanti, è la mia ghurbah* che odio, è la mia appartenenza che sento ogni volta che qualcuno si comporta male con i kuwaitini come me, visto che sono uno di loro. Il Kuwait è la mia delusione verso i suoi abitanti che mi guardano dall’alto in basso. Il Kuwait è la mia camera nella dépendance della casa degli al-Tarùf: tanto denaro e poco amore non serve per costruire un rapporto vero. Il Kuwait è un lussuoso appartamento nel quartiere di Jabriya1, pieno di vuoto. Il Kuwait è una cella opprimente in cui ho trascor-so due giorni senza colpa, ma altre volte è più bello. È l’immagine di una grande famiglia i cui membri si salutano gli uni con gli altri nei mercati, nelle strade e nelle moschee: «al-Salam ‘alaykum! Wa ‘alaykum al-salam! La pace sia con voi! E su di voi la pace!». O l’immagine del buon vec-chio che abita nella grande casa di fronte al palazzo dove vivo: ogni giorno, dopo la preghiera dell’alba, dal mio balconcino, lo vedo davanti alla porta della sua casa, circondato da tanti uomini in uniforme gialla con scope e sacchetti di plastica neri, ai quali distribuisce denaro e cibo. Il Kuwait è zia Nuria che mi odia e che si rifiuta di riconoscermi, o zia ‘Awatif per cui fa lo stesso se esisto o no. Il Kuwait dà e non dà, proprio come zia Hind. La società del Kuwait assomiglia alla casa degli al-Tarùf: per quanto io mi av-vicini, oppure viva in una delle sue stanze, rimango lontano dalle persone che ci abitano. Il Kuwait… il Kuwait… non so cosa sia il Kuwait».

1. Zona nella parte sud-est di Kuwait City.

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Mustafa KhalìfaSiria

Nato nel 1948 in Siria a Jarabulus, studia a Damasco alla facoltà di Giurispru-denza, ma nel 1977 è costretto per motivi politici a lasciare gli studi e a vivere in clandestinità. Viene arrestato la prima volta nel 1979 e liberato nel 1980. Si trasferisce in seguito a Parigi dove studia cinematografia con ottimi risultati, ma alla fine decide di ritornare nel suo paese perché vuole diventare un regista importante, e come tanti giovani, con tante idee e progetti, si rende conto che se fosse rimasto in Francia sarebbe stato per sempre uno straniero, e avrebbe lavorato «come un immigrato qualunque, al quale lasciano solo le briciole […] Il mio paese ha bisogno di gente come me». Decide dunque di tornare in Siria, malgrado i suoi cari e soprattutto la sua compagna, Suzanne, cerchino invano di dissuaderlo per paura che la polizia segreta possa di nuovo interessarsi a lui, come in passato. Ma il giovane sa di non aver fatto niente di male, e parte. Così inizia questa terribile esperienza, magistralmente raccontata in prima persona dallo scrittore nel libro autobiografico, al-Qawqa‘ (La conchiglia) del 2012, tra-dotto in italiano e in molte altre lingue.

Il protagonista/autore non farà in tempo a mettere piede nella sua città, che all’aeroporto verrà arrestato e accusato di essere un Fratello Musulmano*, lui che, invece, è addirittura un cristiano, come tanti suoi connazionali. A niente valgono le sue proteste, ed egli passerà tredici lunghi anni della sua vita nella prigione di Tadmur (Palmira), nel deserto, in cui verrà torturato e sarà testimo-ne delle più bieche aberrazioni che un regime può compiere nei confronti di un essere umano. La conchiglia è un duro libro di denuncia, quindi, che rientra nel triste filone delle prison studies, purtroppo così diffuso nella letteratura araba contemporanea. Il brano che segue racconta l’inizio dell’esperienza carceraria, quando il protagonista viene gettato in una cella di venticinque metri quadrati che dividerà per anni con altre cento persone. Questa cella diventa così un luo-go a parte, fuori dal mondo, per un’umanità che è stata privata non solo della libertà, ma anche della dignità e a volte della vita. La conchiglia che dà il titolo al libro si riferisce a una coperta che il detenuto si mette in testa, per isolarsi dall’incubo che sta vivendo e così proteggersi: facendosi passare per folle, si salverà la vita. Attualmente lo scrittore vive a Parigi.

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La conchiglia 2012

In un caffè dell’aeroporto di Orly, Suzanne e io aspettavamo la par-tenza dell’aereo che mi avrebbe riportato in patria, dopo sei anni di assenza.Fino a quell’ultimo quarto d’ora, Suzanne non aveva desistito dal

tentativo di convincermi a rimanere in Francia. Continuava a ripetere le solite argomentazioni che ascoltavo da mesi, da quando, cioè, le ave-vo annunciato la mia decisione definitiva di tornare al mio paese per lavorare laggiù. Appartengo a una famiglia arabo-cattolica. Metà della mia famiglia vive a Parigi, quindi era stato facile per me venire a studia-re in questo paese. Tutto si era svolto senza problemi, dal momento che avevo già familiarizzato con il francese prima del mio arrivo a Parigi. Avevo studiato cinematografia, conseguendo brillanti risultati. E ora ero là, dopo essermi laureato, pronto a tornare al mio paese e alla mia città.

Anche Suzanne apparteneva a una famiglia araba, ma tutti i suoi parenti erano emigrati in Francia. Negli ultimi due anni eravamo di-ventati amici intimi. Avremmo potuto sposarci con la benedizione delle rispettive famiglie se io non avessi insistito per partire e lei non avesse insistito per restare.

All’aeroporto, per porre fine a quell’ultima discussione, le avevo detto: «Suzanne… Amo il mio paese, la mia città. Amo le sue strade e i suoi angoli. Non si tratta di vuoto romanticismo, ma di un suo senti-mento profondo. Conosco a memoria le iscrizioni incise sui muri delle case antiche del nostro quartiere. Adoro quelle case, mi mancano. E questa è la prima cosa. La seconda è che intendo diventare un regista importante, ho la testa piena di idee, di progetti. Ho grandi ambizioni. In Francia resterei sempre uno straniero, lavorerei come un immigrato qualunque, al quale concederebbero solo le briciole. Non è questo che voglio. Nel mio paese avrei pieni diritti…». […]

Ero salito sull’aereo […]Sono rimasto un attimo a osservare, dalla scaletta dell’aereo, gli edi-

fici dell’aeroporto e le luci in lontananza: le luci della mia città. Un istante stupendo. Quindi sono sceso. Con la valigia e il passaporto in mano, mi sentivo sereno, come ogni viaggiatore che torni alla propria casa e ai propri luoghi familiari dopo una lunga assenza.

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L’impiegato mi ha chiesto di attendere. Ha controllato il passapor-to, quindi ha frugato nelle carte che aveva davanti. Mi ha chiesto di nuovo di aspettare, e ho aspettato. Due agenti della sicurezza mi hanno ritirato il passaporto, pregandomi, in un tono un po’ troppo gentile, di seguirli.

Con la mia valigia, che non avrei mai più rivisto, ci siamo avviati su un’auto della polizia, lungo la strada dell’aeroporto. Guardavo il ba-gliore ai lati della strada: vedevo avvicinarsi le luci della mia città. Mi sono voltato verso l’agente seduto al mio fianco. «Cosa succede? Per-ché questa formalità?». Ha messo l’indice sulle labbra, senza proferire parola. Voleva che tacessi, e ho taciuto.

Dall’aeroporto siamo arrivati a quell’edificio sinistro, al centro del-la capitale. Un viaggio nello spazio. E poi i tredici anni a venire. Un viaggio nel tempo.

In seguito avrei saputo che un tale, uno studente che era con noi a Parigi, aveva inviato un rapporto ai servizi segreti per i quali lavorava. Secondo quel rapporto, avevo espresso propositi ostili al regime e pro-nunciato frasi offensive nei riguardi del Presidente. E ciò era considera-to un crimine gravissimo, equivalente all’alto tradimento, o peggio an-cora. Questo era accaduto tre anni prima del mio ritorno da Parigi. […]

Non capivo. In fondo alla stanza un gruppo di persone giaceva sul pavimento. Erano allineate in modo strano ma regolare, come tante si-garette disposte in un pacchetto. Tra gli individui sdraiati a terra e noi, che eravamo in piedi, c’era un terzo gruppo di uomini accovacciati. All’annuncio di quel tipo enorme – in seguito avrei imparato che era il capo-cella – i tre gruppi si sono spostati. In un batter d’occhio, quelli che erano stesi a terra si sono alzati in piedi e sono venuti a occupare progressivamente il posto in cui eravamo noi. Il mio gruppo si è accovac-ciato. Il terzo gruppo si è diretto verso il posto in cui ci si stendeva. […]

La sera, quando il nostro gruppo ha abbandonato la posizione in piedi per accovacciarsi, ho fatto in modo di sistemarmi accanto al capo. Ho aspettato, poi, poco prima del terzo pasto, ho cercato di assu-mere un’aria allegra per rivolgermi a lui: «Signore2, mi scusi, permette una parola?».

«Signore? Da quanto in qua sono diventato un signore? Dimmi, cos’è che vuoi?».

2. In arabo ustàdh, che significa alla lettera “maestro”, ma che qui è usato in segno di rispetto verso l’interlocutore.

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«Mi ascolti, sayyid*. Deve esserci un errore». «Un errore? Quale errore, signore?».«Fratello, io non sono musulmano. Come potrei far parte dei Fra-

telli Musulmani? Sono cristiano. Perché mi hanno portato qui? Non so neanche perché mi abbiano arrestato». […]

24 aprile

Le mani ammanettate dietro la schiena, una caviglia legata con una catena di ferro alla caviglia di un altro prigioniero, avanziamo penosa-mente, barcollando. Corridoi… Scale… I nostri nomi segnati su delle liste. L’uomo con gli occhiali ci lascia per qualche istante, se ne va con la lista dei nomi e poi torna. Senza dubbio deve trattarsi di un per-sonaggio importante. Perché non provare a sottoporgli il mio caso? Quando mi passa accanto, mi butto: «Una parola sola, sayyid…».

«Mangia la merda… taci!».Un ceffone violentissimo. Miriadi di scintille palpitano davanti ai

miei occhi. Un’alba primaverile… Vacillo e taccio. […]Adesso è il nostro turno… […]. Ora tocca ai laureati: attestati, lau-

rea, master, dottorati. I medici hanno bevuto e inghiottito l’acqua dal canale di scolo, quindi è stata la volta degli ingegneri, degli avvo-cati, dei professori universitari, perfino dei registi… Bevo e inghiotto l’acqua della fogna. Il sapore… impossibile descriverlo. Stranamente, nessuno vomita. Tutti quegli uomini hanno ora due cose in comune: possiedono una laurea e hanno bevuto dal canale di scolo.

Dunque: più di trenta prigionieri, ogni falaqa* portata da due “co-munali” e, davanti, tre poliziotti, tre fruste. E tanta crudeltà, tanta sof-ferenza, tante urla.

Dolore… debolezza… sottomissione… ferocia… morte!I miei piedi sono ancora gonfi per la bacchetta di Ayyùb, cammina-

no a stento. Mentre avanzo sul ruvido asfalto del cortile numero uno, mi sembra di camminare sui chiodi… I comunali mi sollevano i piedi in aria con la falaqa. Tre fruste lacerano i miei piedi già tumefatti. On-date di dolore lancinante mi attraversano il ventre per esplodere nel petto. Quando la frusta cala, il mio respiro si ferma. […]

In principio imploro Dio di soccorrermi, io che mi sono sempre vantato del mio ateismo, ma Dio non può nulla contro l’onnipotenza dei poliziotti. Allora con rancore, mi domando, dov’è Dio?

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Muhammed Sgaier Awlad AhmadTunisia

Nato nel 1955 nei pressi di Sidi Bouzid, è uno dei poeti che ha fondato a Tunisi la “Bayt al-shi‘r” (La casa della Poesia) che ha diretto dal 1993 al 1997. A partire dagli anni Ottanta ha pubblicato numerose raccolte di poesia, alcune delle quali sono state censurate, come Nashìd al-ayyàm al-sitta (L’inno dei sei giorni) del 1984, dove preannuncia la caduta di Bourghiba*, che poco tempo dopo sarebbe stato effettivamente deposto da Ben ‘Ali.

Awlad Ahmad, che ha conosciuto le prigioni del suo paese nel 1985, è at-tualmente considerato il poeta della rivoluzione tunisina che, scoppiata nel di-cembre 2010 contro il dittatore Ben ‘Ali, ha suscitato un’ondata di ribellioni e proteste in moltissimi altri paesi arabi.

La poesia che segue, tratta dalla raccolta Tunis alana wa huna (Tunisi, ora qui), è dedicata a Muhammad Buazìzi, il coraggioso venditore ambulante che, per protestare contro gli abusi della polizia, si diede fuoco, innescando così la scintilla della cosiddetta “primavera araba”.

Il riferimento finale all’Arabia Saudita si deve probabilmente alla fuga di Ben ‘Ali proprio in quel paese dove l’ex presidente ha trovato protezione.

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La poesia della farfalla

Martedì, 28 dicembre 2010, Centro Grandi Ustioni. Il presidente della Repubblica rende visita al giovane Muhammad Buazìzi che si è dato fuo-co nella città di Sidi Bouzid, in segno di protesta contro la disoccupazione. Questa poesia riguarda l’incontro tra i due uomini. È un monologo im-maginario di Buazìzi.

Guardando nelle ceneri m’hai vistoNera come le tue scarpe lucidateNon ho la forza di guardarti

Io, amico mio, son la TunisiaBruciataSenza più capelliSenza più occhiSenza più orecchieSenza più boccaE, come vedi, potrei perdere la vita, o potrei riprenderlaChiara come il canto d’un gallo

Non darmi una penna, le mie dita col fuoco atroce [son volate in cieloSenti l’odore di carne arrostita?Che dirai ai tuoi due compagni?E chi sono?Non han capito che l’autunno è preludio d’inverno?

Sono la Tunisia centraleVivo di frugalità e di pioggiaSono la grande Tunisia FatalitàSono l’altra Tunisia:Ceneri creative

Martedì, 4 gennaio 2011, è morto il giovaneMuhammad Buazìzi

Il giorno della tua morteMi accontento della mia poesia e delle sigarette

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Mi faccio crescere i capelli, non li taglieròE così le unghiePiango e con le lacrime metto i punti sulle lettere [della mia poesiaChe forse si scioglierà in pianto insieme a meAddolorata, carbonizzata

Venerdì, quattordicesimo giorno della rivoluzione di gennaio, all’inizio dell’Avenue Bourguiba, davanti alla sede del ministero degli Interni, sede della repressione nazionale… mentre il dittatore si prepara a fuggire…

In ogni stagione la libertà rossa germogliaNon perderò niente, tranne questo regime e i suoi amiciSe fossi vivo darei fuoco al ministero stesso Per illuminare la vostra rivoluzione […]

Tenebre in Arabia Saudita.

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Glossariodei termini, delle persone e delle cose notevoli

‘Abaya lungo manto nero indossato dalle donne, soprattutto nei paesi del Golfo (cfr.). Abbaside (califfato) dinastia musulmana di califfi che regnò dal 756 al 1256.‘Abd al-Halìm Hàfiz (1929-1977) cantante egiziano, uno dei grandi della musica

araba del Novecento.‘Abd al-Hamìd (1876-1909) sultano ottomano, noto per il suo potere dispotico.‘Abd al-Karìm Qàsim (1914-1963) ufficiale nazionalista iracheno, guidò il colpo di

Stato che pose fine alla monarchia in Iraq nel 14 luglio 1958. ‘Abd al-Karìm/Krim al-Khattàbi (1882-1963) guidò la ribellione delle tribù della

regione del Rif, nel Marocco settentrionale, contro la Spagna. ‘Abd al-Rahmàn al-Giabarti (1754-1822) storiografo egiziano, ha documentato

l’invasione e l’occupazione napoleonica dell’Egitto, dal 1798 al 1801.‘Abd al-Wahhàb (1902-1991) cantante egiziano, ha messo in musica i versi di molti

poeti.Abu ’l-Alà al-Ma‘arri (973-1057) grande poeta siriano, autore di Risàlat al-Ghufràn

(L’epistola del Perdono) che secondo alcuni avrebbe ispirato a Dante La Divina Commedia.

Adon termine ebraico per indicare signore in genere.Aggressione tripartita l’attacco congiunto del 1956 di Gran Bretagna, Francia e

Israele contro l’Egitto, a seguito della nazionalizzazione del canale di Suez.al-Ahràm (“Le piramidi”) quotidiano fondato ad Alessandria nel 1875.‘Akka l’antica San Giovanni d’Acri, o semplicemente Acri, in ebraico Akko, oggi si

trova in Israele.Allàh è il nome arabo di Dio, lo stesso di tutte le religioni monoteistiche. ‘Amm lett. “zio”, appellativo con cui ci si rivolge solitamente alle persone anziane, in

segno di rispetto.‘Ammiyya (o ‘ammeya) parlata locale, o vernacolare, in contrapposizione a fushà (cfr.).Andalus è il nome che i musulmani diedero alla parte della Penisola Iberica conqui-

stata dal 711 fino al 1492, quando cadde Granada.Aoudaghost antica città-oasi nella parte meridionale dell’attuale Mauritania.‘Asabiyya “spirito di corpo”, concetto elaborato da Ibn Khaldùn (xiv-xv sec.), indica

il senso di unione e di reciproca solidarietà tra i membri di aggregati sociali.Asad (famiglia) il padre, Hafez (1930-2000), esponente del partito Ba‘th (cfr.) nel

1970 prende il potere in Siria. Alla sua morte gli succede il figlio, Bashàr (1965).

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al-Azhar moschea e istituzione religiosa, fondata al Cairo nel 970, oggi è il più impor-tante centro di studi religiosi del mondo musulmano, oltre che moderno ateneo egiziano.

al-Ba‘th (hizb al-Ba‘th, lett. “Partito della resurrezione”) fondato in Siria nel 1940 a difesa del panarabismo. È stato al potere in Iraq dal 1968 fino alla caduta di Saddam Hussein (cfr.) e in Siria dal 1963 a oggi, 2015.

Bek parola turca, da cui è nata la parola araba bey (cfr.). Bey è un titolo onorifico, letteralmente significa governante, ma è usato per indicare

nobili e alti funzionari. Bilàd al-Sham regione storica del Vicino Oriente, comprendente i territori che oggi

fanno parte di Siria, Libano, Giordania, Palestina e Israele. Bourghiba (Habìb Bu Rqiba) (1903-2000), presidente della Tunisia dal 1957 al

1987 quando è stato destituito da Zein al-‘Abidin Ben ‘Ali.Burghul in italiano bulghur, è grano duro di frumento spezzettato. al-Busìri (m. 1294) poeta mistico egiziano, deve la sua fama all’ode intitolata al-Bur-

da (Il Mantello), dedicata al profeta Muhammad.Camp David (Accordi di) firmati nel settembre 1978 da Egitto e Israele. Cisgiordania nota anche come West Bank, territorio sulla riva ovest del fiume Gior-

dano.Copti cristiani monofisiti, presenti in Egitto sin dall’epoca dell’Impero romano. Darwìsh asceta, membro di una confraternita musulmana. Designa anche una perso-

na semplice e povera.Diglossia coesistenza di due registri linguistici; uno alto appreso a scuola e normal-

mente non utilizzato nella comunicazione quotidiana, e uno usato abitualmente dai parlanti.

Diwàn (lett. “divano”) indica sia una raccolta di poesia, sia un ufficio governativo o la Cancelleria.

Dominique Vivant-Denon (1747-1825) egittologo, partecipò alla campagna napo-leonica d’Egitto.

Edward Said (1936-2003) celebre intellettuale palestinese. È l’autore del famoso sag-gio Orientalismo, in cui analizza le costruzioni culturali e ideologiche che l’Occi-dente ha realizzato del Vicino Oriente.

Effendi (afandi) lett. “signore” (dal turco), usato anche per gli orientali vestiti all’eu-ropea o nobili di origine turche, o i borghesi in genere.

Emiro principe, governatore o comandante, è anche il titolo di alcuni sovrani nei paesi del Golfo (cfr.).

Falaqa forma di tortura che consiste nel picchiare una persona sotto la pianta dei pie-di.

Fayrùz/Feiruz (1935) celebre cantante libanese, nata nel 1935.Fedayyin partigiani, guerriglieri, indica soprattutto coloro che combattono per la li-

berazione della Palestina.Feddàn misura di superficie usata in Egitto e in Sudan, corrispondente a 1.038 acri.

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Fitna parola complessa, nel cui spettro semantico è compresa l’idea di fascino, tenta-zione, scandalo.

fln (Fronte di liberazione nazionale) fondato nel 1954 per l’indipendenza dell’Al-geria dalla Francia. Dopo la liberazione e fino al 1989 il fln è stato partito unico.

fplp (Fronte popolare per la liberazione della Palestina) fondato nel 1964, è un’orga-nizzazione marxista-leninista per la liberazione della Palestina.

Fratelli Musulmani (in arabo al-Ikhwàn al-Muslimùn) associazione fondata in Egit-to nel 1929, mira a restituire all’Islam una posizione centrale nella vita sociale e po-litica dei paesi musulmani. È anche un partito politico.

Ful lett. “fave”, indica anche una pietanza popolare mediorientale, a base di fave bollite e condite.

Fushà lingua araba classica, come la lingua del Corano, in contrapposizione alla ‘am-miyya (cfr.) o dàrigia.

Giamàl al-Din al-Afghàni (1838/9-1897) riformatore musulmano, sostenitore del panislamismo.

Gellàba camicione lungo usato dagli uomini nei paesi arabi, detto anche ghellàbiya o gellàbiya.

Ghurba indica il senso di nostalgia e di spaesamento di chi è lontano dalla patria. al-Ghuri (Qansùh al-Ghuri) sultano della dinastia mamelucca, regnò in Egitto dal

1501 al 1516. Gihadisti/jihadisti dalla parola gihàd/jihàd (sforzo per conseguire un determinato

obiettivo), indica i movimenti fondamentalisti islamici che conducono una guerra contro i non musulmani o i musulmani giudicati eretici.

Gilbàb tipica veste lunga, solitamente bianca, usata dagli uomini in tutto il mondo arabo.

Ginn lett. “folletti”, creature intermedie tra gli angeli e gli esseri umani, sono citati nel Corano.

Golfo con questa parola si intende il Golfo Persico che gli arabi chiamano Golfo Ara-bo.

Guerra civile libanese (1975-1990) conflitto tra diverse fazioni religiose e politiche, aggravata dall’ingerenza siriana e dall’invasione israeliana avvenuta nel 1978 e 1982.

Guerra civile tra Yemen del Nord e Yemen del Sud scoppiata nel 1994 per il ten-tativo di secessione dello Yemen del Sud che voleva riottenere l’indipendenza dallo Yemen del Nord, ma le forze del Nord ebbero la meglio sui secessionisti.

Guerra del 1967 detta anche Guerra di giugno o dei Sei giorni, combattuta dal 5 al 10 giugno 1967, terminò con la conquista israeliana della penisola del Sinai, della Striscia di Gaza, delle alture del Golan, della Cisgiordania e di Gerusalemme Est.

Guerra del Golfo (prima, 1990-1991) guerra di una coalizione di stati contro l’Iraq a seguito dell’occupazione da parte di quest’ultimo del Kuwait.

Guerra del Golfo (seconda, marzo-aprile 2003) fu condotta dalle forze anglo-ameri-cane contro l’Iraq e portò alla deposizione di Saddam Hussein (cfr.)

Guerra di liberazione (o guerra d’Algeria) cominciata nel 1952 dal fln (cfr.) si è con-clusa nel 1962 con l’indipendenza dalla Francia.

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Hadìth lett. “discorso, narrazione”, indica le tradizioni canoniche in cui si riferiscono i detti e i fatti attribuiti al profeta Muhammad.

Hàgg (Hàjj) lett. “pellegrino”, titolo di rispetto conferito a chi ha compiuto il pellegrinaggio alla Mecca o a coloro che, per ragioni di età, si suppone l’abbia-no effettuato.

al-Hamadhàni (x-xi sec.) autore di celebri maqàmàt (cfr.), il cui narratore si chiama ‘Isa ibn Hishàm, mentre il protagonista è Abu al-Fath al-Iskàndari.

Hammàm bagno pubblico, simile alle terme dell’antica Roma.Hànim signora, parola di origine turca, usata per la donna in segno di rispetto.Harem è il luogo della casa destinato esclusivamente alle donne e nel quale possono

accedere solo gli uomini di famiglia. Higiàb con questo nome si indica il velo che copre la testa e il collo della donna, la-

sciando scoperto il viso, ma in passato indicava il velo integrale che ricopriva anche il volto.

Ibrahìm Pascià (1789-1849) famoso per il suo valore militare, era il primogenito di Muhammad ‘Ali (cfr.).

Imàm colui che dirige la preghiera musulmana, ma si intende anche un capo o un sovrano. Con questo titolo erano noti i sovrani Zayditi (cfr.) che regnarono nello Yemen settentrionale dal 1918 al 1962.

Integralisti/integralismo islamico (fondamentalismo/radicalismo islamico/Islam politico) con questi termini si intendono i movimenti che hanno come obiettivo l’islamizzazione totale dello Stato, mettendo al centro della vita politica e sociale la sharì‘a (cfr.).

Intifada (prima) rivolta popolare scoppiata nel 1987 nei Territori occupati da Israele nel 1967.

Intifada (seconda) (anche Intifadat al-Aqsa), prende l’avvio nel 2000 con proteste di giovani palestinesi contro le forze d’occupazione israeliane.

Invaso del Sultano (Birkat al-Sultàn) fu fatto costruire dal Sultano ottomano Sulay-màn (Solimano) il Magnifico, a sud di Betlemme. Era fonte di approvvigionamen-to idrico di Betlemme e di Gerusalemme.

José Rizal (1861-1896) medico, scrittore, poeta filippino, ebbe un ruolo di primo pia-no nella lotta anticoloniale contro la Spagna. Ucciso dagli spagnoli, dopo la sua morte è divenuto un eroe nelle Filippine.

Kadhim/Kazem al-Sàhir nato nel 1957 a Mossul in Iraq, è uno dei cantautori arabi più popolari.

Khedivè Ismà‘ìl (1830-1895) fu prima viceré e poi Khedivé (cfr.) dell’Egitto dal 1863 al 1879.

Khedivè o Kedivè parola persiana e turca per indicare sovrano. Dal 1876 titolo eredi-tario dei sovrani d’Egitto.

Khimàr solitamente indica un mantello che copre le donne dalla testa in giù a secon-da della tradizione locale, ma può essere anche un velo che copre il viso. In Egitto, come nel racconto di Nabawiya Musa, le contadine ne indossano uno più leggero rispetto alle donne di città.

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Kuttàb scuola coranica tradizionale.Lega degli Stati arabi fondata nel 1945 con l’obiettivo di coordinare la politica estera

degli stati arabi.Libb semi di zucca o altro, abbrustoliti e salati. Corrispondono ai nostri “bruscolini”.Mahdi lett. “il ben guidato,” Messia, colui che è destinato a restaurare la religione mu-

sulmana e la giustizia prima della fine del mondo. In Sudan indica il capo dell’in-surrezione contro gli inglesi e gli egiziani nel 1881.

Mahgiar lett. “paese d’emigrazione”, adab al-Mahgiar indica la letteratura d’emigra-zione di alcuni letterati arabi emigrati negli Stati Uniti e in America Latina.

Mamelucchi schiavi di etnia turca e curda, fondarono una dinastia che regnò in Egit-to e Siria dal 1250 al 1516/7.

Maqàma (pl. maqàmàt) genere letterario con cui si indica un bozzetto o una scenetta di carattere realistico, narrato in prosa rimata e ritmata. Nato nel x secolo, è rimasto in voga fino a epoca recente.

Maroniti principale comunità cattolica del Libano e della Siria che prende il nome dal fondatore, san Marone, morto nel 410.

al-Mas‘udi geografo e storico arabo, è autore di Murùg al-dhahab (Le praterie d’oro), un’opera sulla storia e la geografia del mondo musulmano. Morì nel 956.

Mashrabiyya finestra sporgente protetta da una grata in legno intagliato.Miqyàs gioiello tipico, in filigrana, in passato era parte del corredo delle donne alge-

rine.Misk al-ghazàl pregiato profumo che si ricava da una ghiandola della gazzella e a cui

si attribuiscono proprietà afrodisiache. Oggi è prodotto chimicamente per l’indu-stria profumiera.

Mufti giureconsulto musulmano autorizzato a emettere un parere dottrinale, non vin-colante (fatwà), su questioni di legge religiosa e civile.

Muhammad ‘Abduh (1849-1905) teologo e riformatore musulmano, fondatore in-sieme a Giamàl al-Din al-Afghàni (cfr.) del movimento della Salafiyya (cfr.) che affrontò la relazione dell’Islam con la modernità.

Muhammad ‘Ali (1769-1849) fondatore della dinastia albanese che ha governato l’E-gitto dal 1805 al 1952.

Muhtasib ispettore dei mercati del passato, era addetto a controllare i pesi e le misure e a punire le frodi, ma anche a esortare al bene e ad allontanare dal male, secondo il precetto islamico.

Mukhtàr autorità cittadina, una sorta di sindaco, di capo della municipalità. Muqaddima (al-Muqaddima) Prolegomena, è la celebre introduzione scritta da Ibn

Khaldùn (xiv-xv sec.) alla sua opera storica, Kitàb al-‘ibar (Il libro degli esempi sto-rici), in cui è esposta la teoria della ‘asabiyya (cfr.).

Musakhkhan tipica ricetta palestinese, con pollo, sommaco, pinoli e mandorle.Mushabbak dolce di pasta sfoglia (fillo) a base di miele.Mustafa Kemal (1881-1931) noto come Atatürk, padre dei turchi, è stato il primo

presidente della Repubblica turca dopo la fine dell’impero ottomano. Promosse la laicizzazione dello Stato turco.

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Nakba lett. “catastrofe”, con questo nome gli arabi designano la perdita di parte della Palestina e la costituzione dello stato di Israele, nel 1948.

Naksa lett. “ricaduta”, si riferisce alla seconda sconfitta subita dagli arabi contro l’eser-cito israeliano, nella guerra del 1967.

Nasser (Giamal ‘Abd al-Nàsir) (1918-1970) presidente della Repubblica egiziana dal 1954 al 1970, aveva preso parte al colpo di Stato con cui gli Ufficiali Liberi, il 23 luglio 1952, posero fine alla monarchia.

Niqàb oggi indica il velo integrale che copre la testa e il volto della donna, talvolta con fori per gli occhi. A volte si intende, come nel testo di Nabawiya Musa, una veletta trasparente, secondo gli usi del tempo.

olp sigla dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, fondata nel 1964. Oslo (Accordi di) firmati nel 1993 dal palestinese Yasser Arafat e dall’israeliano Shi-

mon Peres. Ottomani/turchi ottomani/impero ottomano impero turco, durato dal 1300 al

1922. Dal 1492 la capitale divenne Istanbul. Nel 1516-17 conquistarono tutti i paesi arabi, con la sola eccezione del Marocco, e si spinsero fino in Europa.

Pascià (in arabo Bàsha) titolo onorifico, di origine turca che nell’impero ottomano era riservato ai figli dei sultani, agli alti dignitari e ai funzionari. Viene usato dopo il nome.

Pellegrinaggio (in arabo hagg/hajj) alla Mecca, uno dei cinque pilastri dell’Islam, che un musulmano dovrebbe compiere almeno una volta nella vita, assumendo poi il titolo di hàgg/hajj (cfr.).

Pilastri dell’Islam (in arabo arkàn al-Islàm) sono i cinque fondamenti dell’Islam: la professione di fede, la preghiera, il digiuno, l’elemosina legale e il pellegrinaggio (alla Mecca).

al-Ràbita al-Qalàmiyya Pen Club, circolo letterario fondato a New York dai poeti siro-libanesi lì emigrati (cfr. al-mahgiar).

al-Ragìm il Lapidato, è un epiteto del demonio.al-Rahìm il Misericordioso, è uno degli epiteti di Dio.Rihla viaggio; adab al-rihla indica la letteratura di viaggio, un genere molto diffuso

nel mondo arabo e musulmano, sia in periodo classico che moderno.Risàla epistola, anche genere letterario.Riyàl unità monetaria di vari paesi arabi (Arabia Saudita, Qatar e Yemen).Rum (bizantini, romani) parola con cui si indicano i bizantini, i cristiani d’oriente e

gli ortodossi in genere. Indica anche gli occidentali. Sa‘ìd noto anche come Alto Egitto, è una regione che si estende a sud del paese. Sadat (Muhammad Anwar al-Sadat) (1918-1981) nel 1970 diventa presidente dell’E-

gitto. Muore in un attentato di fondamentalisti islamici (cfr.) nel 1981.Saddam Hussein (1937-2006) dittatore iracheno, nel 1978 prende il potere, mante-

nendolo fino al 2003. Condannato a morte per crimini di guerra, è stato giustiziato nel 2006.

Salafiyya (da salaf) movimento di riforma islamico che sosteneva la necessità di rifor-me in seno all’Islam e un ritorno alla religione genuina dei salaf, gli antenati.

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al-Salàt ‘ala al-nabi “Che la preghiera sia sul profeta”, è una delle eulogie quando si menziona il nome del profeta Muhammad.

Salamlik parola turca, indica l’edificio o la parte della casa in cui si accolgono gli ospiti.Salàt al-fajr preghiera canonica dell’alba.Salàt al-maghreb preghiera canonica dell’ora del tramonto.Samìr Qasìr (Samir Kassir) intellettuale libanese, nato nel 1960, è stato tra i fonda-

tori del movimento politico Sinistra Democratica che auspicava la fine della tutela siriana sul Libano. È stato assassinato nel 2005.

Sayf Ibn Dhi Yazan ultimo re della dinastia himyarita che regnò in Yemen prima dell’invasione abissina del 525.

Sayyed o Sayyid lett. “signore”, usato sia per indicare una persona in segno di rispetto sia per indicare Dio.

Shahàda lett. testimonianza, indica la professione di fede musulmana che consiste nel ripetere la formula La ilàh illa Allàh (“Non c’è altro Dio all’infuori di Dio”).

Shakìb Arslan (1869-1946), politico e scrittore libanese, lottò per liberare i paesi ara-bi dall’occupazione europea.

Shalòm parola ebraica che corrisponde all’arabo salàm e significa pace.Sharì‘a la legge religiosa islamica.Shaykh, sheikh lett. “anziano”, è il titolo attribuito ai capi tribù, ai dignitari religiosi, ai

membri di confraternite o semplicemente a una persona anziana.Shiiti si oppongono alla sunna (cfr.) e riconoscono come guida della comunità

l’imàm (cfr.), qualità che può appartenere solo ad ‘Ali (cugino e genero del Profeta Muhammad) e ai suoi discendenti in linea maschile.

Sira lett. “narrazione”, “biografia”, genere storiografico relativo alla biografia del pro-feta Muhammad.

Sublime Porta dall’arabo al-Bab al-‘Ali, indicava il governo dell’impero ottomano (cfr.).

Sunna lett. “consuetudine, norma”, è un termine con cui si intende l’insieme delle azioni o parole del profeta Muhammad, adottate come norme di condotta dai mu-sulmani in genere. Con Ahl al-Sunna si intendono i musulmani sunniti.

Sura Aprente (surat al-Fàtiha) è la prima sura (cfr.) del Corano.Sura capitolo del Corano.al-Tahir al-Haddàd (1899-1935) riformista tunisino, sostenitore dell’emancipazione

femminile.Tarha copricapo femminile che si utilizza sotto l’higiàb (cfr.).Territori occupati sono i territori palestinesi occupati da Israele nel 1967, nella guerra

dei Sei giorni (cfr.). Wadi letto di un corso d’acqua asciutto che in occasione di temporali subisce delle

piene brevi e violente. La parola significa anche vallata.Yarmùk (campo profughi di) situato a sud di Damasco, raccoglie i palestinesi della

diaspora.Zagial forma orale di poesia strofica, in lingua vernacolare.

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Zaydita (monarchia) ha regnato in Yemen dal 1918 al 1962, con capitale Ta‘izz. Fu abbattuta nel 1962 da un colpo di Stato di ispirazione nasseriana.

al-Zaytuna principale moschea di Tunisi, è una delle più autorevoli università di studi islamici.

Zina ornamento, abbellimento, parti belle.

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Elenco delle traduzioni e dei traduttori

Alcune traduzioni appaiono per la prima volta in italiano. Altri testi sono tratti da traduzioni già pubblicate da editori italiani che si ringraziano per la gentile conces-sione.

Rifa‘a Ràfi‘ al-Tahtàwi, Dall’oro raffinato in Parigi condensato, traduzione inedita di P. Viviani.

Ahmad Fàris al-Shidyàq, Una gamba sull’altra, per quanto riguarda Faryàq, tradu-zione inedita di M. Avino.

Qàsim Amìn, La donna nuova, traduzione inedita di M. Avino. ‘Abd al-Rahmàn al-Kawàkibi, La natura della tirannia e la rovina dell’asservimento,

traduzione inedita di A. Barbaro. Zaynab Fawwàz, La giustizia, traduzione inedita di M. Avino e I. Camera d’Afflitto. Muhammad al-Muwaylihi, Il discorso di ‘Isa ibn Hishàm, ovvero un intervallo di

tempo, traduzione inedita di M. Avino e I. D’Aimmo. Abu ’l-Qàsim al-Shabbi, Inno alla vita e Amore, traduzione inedita di M. Avino e

I. Camera d’Afflitto.Nabawiya Musa, Il mio svelamento, traduzione inedita di M. Avino e I. Camera

d’Afflitto.Muhammad Husayn Haykal, Zeinab, traduzione di U. Rizzitano, itlo, Roma 1944,

pp. 215-7.Gibràn Khalìl Gibràn, Voi avete il vostro Libano e io ho il mio, traduzione inedita di

M. Avino e I. Camera d’Afflitto. Mahmùd Taymùr, ‘Amm Mitwalli, il mahdi atteso, traduzione di C. A. Nallino, in

“Oriente Moderno”, vii, 1927, pp. 391-400.‘Ali al-Duagi, In giro per i caffè del Mediterraneo, traduzione di I. Camera d’Afflitto,

Abramo editore, Catanzaro 1996, pp. 37, 39-40, 45-7.Taha Husayn, I giorni (i e ii parte), traduzione di U. Rizzitano, Istituto per l’O-

riente, Roma 1965, pp. 56-7; I giorni (i parte), traduzione di L. Orelli, Zanzibar, Milano 1994, pp. 41-2.

Badr Shàkir al-Sayyàb, Il canto della pioggia, traduzione di P. Minganti, in Poesie, Oriente Moderno, Roma 1968, pp. 54-5.

Tawfîq al Hakîm, Diario di un procuratore di campagna, traduzione di S. Pagani, Nottetempo, Roma 2005, pp. 67-71, 73-4.

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Mikha’ìl Nu‘ayma, La mia relazione con la Russia, traduzione inedita di M. Avino. Naghib Mahfuz, Tra i due palazzi, traduzione di C. Sarnelli Cerqua, Pironti, Na-

poli 1992, pp. 40-2; Miramar, traduzione di I. Camera d’Afflitto, Edizioni La-voro, Roma 1989, pp. 120-2, 125-7.

George Salem, La storia della vecchia sete, traduzione di I. Camera d’Afflitto, in Scrittori Arabi del Novecento, vol. i, Bompiani, Milano 2002, pp. 211-9.

‘Abd al-Rahman Munif, A est del Mediterraneo, traduzione di M. Ruocco, Jouven-ce, Roma 1993, pp. 17, 113, 116-8; Gli alberi e l’assassinio di Marzùq, traduzione di M. Avino e I. Camera d’Afflitto, Ilisso, Nuoro 2004, pp. 50-3.

al-Tayeb Salih, Un pugno di datteri, traduzione di I. Camera d’Afflitto, in Scrittori Arabi del Novecento, vol. ii, Bompiani, Milano 2002, pp. 383-7.

Emile Habibi, La sestina dei sei giorni, traduzione di I. Camera d’Afflitto, in Pale-stina. Tre racconti, Ripostes, Salerno 1984, pp. 110-3; Il Pessottimista, un arabo di Israele, traduzione di I. Camera d’Afflitto e L. Ladikoff, Bompiani, Milano 2002, pp. 8-9, 24-7.

Nizàr Qabbàni, Il libro dell’amore, traduzione di M. Avino. Esiste una traduzione di M. A. De Luca in Nizàr Qabbani, Poesie, a cura di G. Canova, M. A. De Luca, P. Minganti, A. Pellitteri, Istituto per l’Oriente, Roma 1976.

Giabra Ibrahim Giabra, La Nave, traduzione di M. Falsi, Jouvence, Roma 1994, pp. 24-6, 30-2.

Latifa al-Zayyat, Carte private di una femminista, traduzione di I. Camera d’Afflit-to, Jouvence, Roma 1996, pp. 69-71.

Ghassan Kanafani, Uomini sotto il sole, traduzione di I. Camera d’Afflitto, Sellerio, Palermo 1991, pp. 20-2, 24-5; Ritorno a Haifa, traduzione di I. Camera d’Afflit-to, Edizioni Lavoro, Roma 2014, pp. 19-23.

‘Abd al-Hamid Benhaduga, Domani è un altro giorno, traduzione di J. Guardi, Jou-vence, Roma 2003, pp. 81-3, 86-8.

Sa‘dallah Wannùs, L’elefante, o re del tempo, traduzione di M. Ruocco, in “Oriente Moderno”, lxix, 1989, pp. 253-71.

Mahmùd Darwìsh, Fino alla mia fine e fino alla sua, traduzione di S. Sibilio, in Nakba. La memoria letteraria della catastrofe palestinese, Edizioni Q, Roma 2013, pp. 138-9.

Zakariyya Tamer, Le tigri nel decimo giorno, traduzione di I. Camera d’Afflitto, in Scrittori Arabi del Novecento, vol. ii, Tascabili Bompiani, Milano 2002, pp. 247-50.

Fu’ad al-Takarli, L’anello di sabbia, traduzione di E. Diana, Edizioni Lavoro, Roma 2007, pp. 30-1; 46-8.

Ghada Samman, Un altro spaventapasseri, traduzione di I. Camera d’Afflitto, Abra-mo, Catanzaro 1991, pp. 125-41.

Gamal al-Ghitani, al-Zayni Barakàt, traduzione inedita di M. Avino. Esiste un’e-dizione pubblicata da Giunti nel 1997 con il titolo Zayni Barakat. I misteri del Cairo, traduzione di L. Orelli, pp. 189-94.

‘Abd al-‘Azìz al-Maqàlih, Poesie, traduzione di F. Barresi, E. Anaya, in Yemen, Da-miani Editore, Bologna 2006, pp. 26, 68, 80.

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Magid Tobiya, Odissea nel paese del Nilo, traduzione di F. Barresi, Jouvence, Roma 2005, pp. 179-181.

Rashid Daif, Mio caro Kawabata, traduzione di I. Camera d’Afflitto, Edizioni La-voro, Roma 1998, pp. 9-12; 40-1.

Sahar Khalifa, L’eredità, traduzione di P. Viviani, Ilisso, Nuoro 2011, pp. 32-5.Ibrahim al-Koni, Dove vai, beduino? Dove?, traduzione di I. Camera d’Afflitto, in

La patria delle visioni celesti e altri racconti del deserto, edizioni e/o, Roma 2007, pp. 139-49.

Hanan al-Shaykh, Donne nel deserto, traduzione di S. Pagani, Jouvence, Roma 1998, pp. 41-2; 91-2.

Bensalim Himmish, Il romanzo di Ibn Khaldūn, traduzione di P. Viviani, Jouvence, Roma 2007, pp. 27-8, 31.

Ahlam Mosteghanemi, La memoria del corpo, traduzione di F. Leggio, Jouvence, Roma 1999, pp. 81-4.

Elias Khuri, Il viaggio del Piccolo Ghandi, traduzione di E. Bartuli, Jouvence, Roma 2001, pp. 138-40; La porta del sole, traduzione di E. Bartuli (Einaudi, Torino 2004), Feltrinelli, Milano 2014, pp. 120-2.

Mohammed al Achaari, L’arco e la farfalla, traduzione di P. Viviani, Fazi, Roma 2012, pp. 17-21.

Musa Wuld Ibnu, La città dei venti, traduzione inedita di M. Avino e I. Camera d’Afflitto.

Raja Alem, Il collare della colomba, traduzione di M. Avino, Marsilio, Venezia 2014, pp. 34-5, 36-7, 303-4.

Wajdi al-Ahdal, Il naso molesto, traduzione di F. De Angelis, in Perle dello Yemen, Jouvence, Roma 2009, pp. 97-9.

Sa‘ud al-San‘usi, Canna di bambù, traduzione inedita di C. Pinto. Mustafa Khalifa, La conchiglia. I miei anni nelle prigioni siriane, traduzione di F.

Pistono, Castelvecchi, Roma 2014, pp. 13-44, 17, 24-5, 29-30, 33, 41.Muhammad Sghaier Awlad Ahmad, La poesia della farfalla, traduzione di P. Zanel-

li, Lushir, Lucera 2012, pp. 13-5.

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164

كيف وصف الشاعر تونس؟1

ا الشاعر؟2 ي استعان �بية ال�ت ما هي الصور الشعر

ا!3 لرموز اذكر بع�ض القصيدة غنية �ب

حلمراء؟4 ملاذا وصف الشاعر احلرية �ب

ن ؟ 5 ه را ت ال وق ي الف

ة � ربي ورات الع ة الث ذي ي تغف

ر دور � ل للشع ه

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2

163

أعود..

ال أعود إىل احلياة وقد

ى قد وامك �ت

.

..كصياح ديكة رص�ي

مع النار الرهيبة للامسء

أصابعي طارت

ي قملا فانعط�ض

ال ت

واء ؟

الشة

ئ را� أت�ش

؟

لصاحبيك

ماذا تقول

ا ؟

ومن ه

ببابه فصل الشتاء ؟

ريف ما أن احلض مل ي�ض

أ�ض تونس الوسىط:

عىل القناعة واملطر

أعيش

ى قدر أ�ض تونس الك�ب

خرى:ئأ�ض تونس اال

رماد مبتكر

ي ض ي 2011 مات الشاب حممد البوعز�يء الرابع من جان�ض الثال�ش

ي يوم موتك...ض

ي ا�ئ ي وسبي بقصيد�ت

كت�ض أ

.. لن أحلقه شعري عنوة

وأطيل

وأظافري.

اض

لدموع حرو� �ب

أبكي وأنقط

.. ها تبكي معيولعل

قة .. متحر

تاعة

مل

ي ي أول شارع بورقيبة أمام مقر وزارة القمع الوط�ض

م الثورة من جان�ض معة الرابع ع�ش أ�ي احلب

يأ للفرار )الداخلية(..والدكتاتور ي�ت

ي لك فصل تنبت احلرية احلمراءض

.. ء سأخ�ه عدا هذا النظام وآل يال �ش

ا شعلت الوزارة ذا�تئكن حيا ال لو مل أ

ن�ي ثورتمك...ئال

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3

162

48

حممد الصغ�ي أوالد أمحد(1955)

ي والية سيدي بوزيد �ش انتقل إىل ض

م بل شاعر الثورة التونسية ولد � ض شاعر تونسي مل�ت

” وبسبب مواقفه ض �ب ي ثورة “أحداث احلضض

امعية. شارك � العامصة تونس ملتابعة دراسته احلب

رد من معهل وخضعت لك أشعاره لرقابة السلطة ط

ن مرارا حلرية سب السياسية ومطالبته �ب

ا. أصبح شاعر املعارضة التونسية واليسار ا ما حذف ومنع العديد م�ض ذف م�ض مكة �ض احلا

ض حلرية والعملانية ما يف� تعرضه لالعتداء عىل يد السلفي�ي يل يطالب �ب حلبي ورمزا الطال�ب

ي العيش والكتابة وحول الشعر ض

ية السائدة واختار التمرد � . ك� بنية اللغة الشعرمؤخرا

ي أمحد”، م الستة”، “لكن�ض �ي

ئا يقول الناس. من أمه دواوينه “نشيد اال إىل لغة يومية تنطق �ب

ن وهنا” ومنه هذه القصيدة.آ“جنوب املاء”، “تفاصيل” و”تونس اال

قصيدة الفراشةور ض ية التونسية �ي مهور ء 28 ديسم�ب 2010. مستش�ض احلروق البليغة. رئيس احلب )الثال�ش

ي مدينة سيدي بوزيد، احتجاجا عىل ض

ي نفسه، �ض

م النار � ي الذي أرصض ض الشاب حممد بوعز�ي

عىل هلت وموزونة . قصيدة متخي ض ض الرجل�ي ..هذه القصيدة حوار من طرف واحد ب�ي البطالت

ي( ض لسان البوعز�ي

ي�ضي الرماد رأيت

ضوأنت تنظر �

اق.. ال�ب

حذائك

لسوداء مث

.

وى عىل التحديق فيكال أق

: يأ�ض تونس �ي أ�ض

:حمروقة

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ض ىلي ال ع�ي

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ىلي ال �ض

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161

ي هون، ليش .. أ�ض مسيحي وليش حطو�ض ض كون إخوان مسمل�ي ي مسمل.. ح�ت أ

ي أ�ض ما�ض- �ي أ�ض

، ما بعرف!! ]...[ي أصال

جابو�ض

24 نيسان

�ي حديدي إىل ض �ض ب لف، اكحل القدم مربوط �ب لقيد احلديدي إىل احلض ن �ب اليدان مقيد�ت

ن لوا� سجل أامسؤ�ض مصض، ممرات.. أدراج.. ت ض آخر، نس�ي بصعوبة، نتع�ش �ي اكحل سب

االمسية، يعود، من املؤكد ئ

اللوا�ض ويذهب حامال كنا ذو النظارات بضع دقائق واقف�ي ي�ت

، أعاجهل: �ي سيدي ملكة واحدة. يب م�ض مر، يق�ت

ئح ل اال أنه ذو أهية، مل ال أ�ش

- كول خرى... وال.

... أسكت. ]...[ض

� ، أ�ت بيعي ، الفجر ر ياقة أمام عي�ض وصفعة مدوية. تنبثق آالف النجوم ال�ب

.. امعية، ليسانس، باكلوريوس، دبلوم، ماجست�ي ادات احلب ن جاء دور�ض ]...[ محهلت ال�شآواال

احملامون.. البالوعة، وبلعوا بوا �ش املهندسون البالوعة، وبلعوا بوا �ش االطباء دكتوراه..

كن �ي الطعم.. ال البالوعة.. وبلعت بت ... �ش ي�ئ السي�ض رج احملض امعات.. ح�ت احلب أساتذة

شيئان يعا ض هؤالء محب ض تقيأ!! وأصبح ب�ي ض لك الشارب�ي وصفه!! والغريب أنه وال واحد من ب�ي

ب البالوعة!! امعية، و�ش ادة احلب اكن، ال�ش مش�ت

ت، أماهما ثالثة عنارص وثالث كرابيج.. ملها اثنان من البلد�ي ، لك فلقة �ي ض ك�ش من ثالث�ي �ش أ

مل، الرصاخ.ئ.. من القسوة، اال .. الكث�ي والكث�ي

ر.. القسوة.. املوت!! مل.. الضعف.. ال�تئاال

ي الساحة ض

. عندما مشيت � يلاكد أستطيع املسش رانة أيوب، �ب ض ر خ�ي قدماي متورمتان من آ�ش

ت قدمي إىل البلد�ي ، رفع ي عىل املسام�يسش سفلت احلضشن، كنت مكن �ي االوىل فوق االإ

مل تتكوم ئ.. موجة داخلية عارمة من اال ض لفلقة، ثالثة كرابيج تلسع قدمي املتورمت�ي عىل �ب

ئاال

وي الكرابيج.. ]...[ نفاس عندما �تئي الصدر... تنحبس اال

ضوتتصاعد من البطن لتنفجر �

حلادي – ولكن الهل مل إ لهل – وأ�ض الذي كنت طوال معري أتباه �ب ي البداية استنجدت �بض

ض الهل؟ طة!! فنقمت وتساءلت: ولكن أ�ي وت ال�ش أمام ج�بيستطع أن يفعل شيئا

هل توقع البطل أن تتحول رحلته إىل الوطن إىل اكبوس؟ 1

نه؟2 ملاذا �ت اعتقال وسب

ايك؟3 ي إنسانية الفرد �بكن للعنف والتعذيب أن يلعض هل �ي

ي نفسك؟4ض

� ا ث�ي

ئ ك�ش الفقرات �ت ما هي أ

ا!5 ر بع�ف ة اذك مي ة �بلعا وب كت ل امل م ض الب ص بع ي النف

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يد. ئ عندمه، يتفضلون عىلي ببعض الفتات... ال... ال أر ي ال�بئ، أمعل اك

يبا سوف أب�ت غر

ي بلدي أ�ض صاحب حق. ]...[ض

ة. ]...[ وصعدت الطا�ئ

. يضواء البعيدة، أضواء مدين�ت

ئىل أبنية املطار. أنظر إىل اال

ت أ�

ة قليال وقفت عىل سمل الطا�ئ

الرتياح، إحساس ي يدي، إحساس �بض

ي وجواز السفر �لت أخذت حقيب�ت ض ا حلظة رائعة. �ض إ�ض

ه املألوفة بعد طول غياب. من يعود إىل بيته وزوا�ي

ي وراق عنده، بعدها طلب م�ض

ئي املوظف االنتظار. قرأ جواز السفر، رجع إىل اال

طلب م�ض

ي من استملا جواز السفر وبلطف مبالغ فيه طلبا م�ض

ئاالنتظار، فانتظرت. اثنان من رجال اال

من عىل طريق املطار ئي سيارة اال

ضي مل أرها بعد ذلك، ورحهلت �

، ال�ت يما. أ�ض وحقيب�ت مرافق�ت

ب، ألتفت إىل رجل ي تق�تي الطريق، أرقب أضواء مدين�ت ضواء عىل جان�ب

ئ، أرقب اال الطوىلي

الس إىل جواري، أسأل: خ�ي إن شاء الهل؟ ملاذا هذه االإجراءات؟! من احلبئاال

ي السكوت، فأسكت!ي حرف، يطلب م�ض

ئيصالب سبابته عىل شفتيه، ال ينطق �ب

ي املاكن. ومنذ تلك اللحظة ض

رحهلت من املطار إىل ذلك املب�ض الكئيب وسط العامصة. رحهلت �

ي الزمان. ض

قادمة! رحهلت �وىل ثالثة ع�ش عاما

منية ئهة اال رفعه إىل احلب

ا ريس، قد كتب تقر�ي ي �ب

ض معنا �

عرفت ف�ي بعد أن أحدمه، واكن طالبا

ي تلفظت ، وإن�ض ي قد تفوهت بعبارات معادية للنظام القا�ئ

ا، يقول هذا التقر�ي إن�ض تبط �ب ي �يال�ت

يانة ، يعادل فعل احلض را�ئ ك�ب احلب ، وهذا الفعل يعت�ب من أ ق رئيس الدولت بعبارات جارحة �ب

ريس. ]...[ ي من �بالوطنية إن مل يكن أقس. وهذا جرى قبل ثالث سنوات عىل عود�ت

موعة من الناس بعد من الغرفة اكنت هناك حمبئزء اال ي احلب

ضمر!! �

ئمل أستطع استيعاب اال

موعة من يبة ولكن منتظمة. “امك لو اكنوا حمب رض، وقد اصطفوا بطريقة غرئض عىل اال املستلق�ي

موعة ، توجد احملب ض ن الواقف�يض

ض وبيننا � ض املستلق�ي ي علبة”. وب�يض

لفائف التبغ قد اصطفت �

رض. بعد الكم الرجل الضخم – عملت أنه رئيس املهجع ئض عىل اال موعة املقرفص�ي الثالثة، حمب

قد وقفوا واحتلوا الركن يعا موعات الثالث. خالل حلظات اكن النيام محب ركت احملب

ت� –

هت إىل ماكن النوم. ]...[ بت

موعة الثالثة ا� ن قرفصنا. احملبض

� .يا ب الذي كنا فيه تدر�ي

موعتنا من الوقوف إىل القرفصة، تعمدت أن أقرفص قرب عند املساء، وعندما انتقلت حمب

،رئيس املهجع. انتظرت ح�ت قبيل وجبة الطعام الثالثة، وبوجه حاولت أن يكون بشوشا

؟ .. ممكن أحكي معك شغهلتقلت ل: �ي أستاذ.. عفوا

ي أستاذ؟ .. نعم شو بدك؟!ض ساويت�ض ض لو�ي - أستاذ؟!.. من و�ي

ي غلط!ض

كيد � - �ي سيد.. أ

ض الغلط؟ .. �ي أستاذ. - و�ي

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مصط�ض خليفة(1948)

ي جامعة دمشق. ض

رج من لكية احلقوق � ض ي مدينة جرابلس و�تض

شط سوري. ولد � اكتب و�ض

ية �ش أطلق �احه بعد عام وىل عام 1997 النتسابه إىل حراكت معارضة يسارئاعتقل لملرة اال

ي عام 2005 اضطر للفرار من ض

� .ي السجن ثالثة ع�ش عاما

ضي �

نية عام 1980 وب�ت لكنه اعتقل �ش

ة ت روايته القوقعة إىل العديد من لغات العامل وهي س�ي محب ي فرنسا. �تض

� بلده ويعيش حاليا

ن ي سبض

بته املأسوية � ر بت

ا � وي الاكتب ف�ي وخ�ي مثال عىل أدب السجون �ية جدا ذاتية مؤ�ش

تدمر الرهيب ويش�ي عنوان الرواية “القوقعة” إىل غطاء لفه املعتقل حول رأسه لينأى بنفسه

نقاذ حياته. نون ووسيهلت الإ حلب لوصفه �بعن الاكبوس الذي يعيشه واكن سببا

القوقعةي إىل بلدي

ي ستقل�ضة ال�ت �ي مطار أورىلي بباريس ننتظر إقالع الطا�ئ ي اكفيت�ي

ضجلست وسوزان �

بعد غياب دام ست سنوات.

ي فرنسا، أخذت ض

لبقاء � خ�ي هذا، مل تيأس سوزان من حماولت إقناعي �بئبع الساعة اال ح�ت ر

ي ا�ئ ال�ض بقراري ا ور عندما أعمل�ت ا منذ �ش ي مسع�ت

ال�ت تكرر عىل مسامعي نفس احلجج

. ملسيحية واملذهب الاكثوليكي ض �ب بية تد�ي ض عائهلت عر لعودة إىل الوطن والعمل هناك. أ�ض ا�ب �ب

ي هذا البلد، ض

بواب مفتوحة أمامي للدراسة �ئريس، لذلك اكنت اال ي �ب

ضنصف العائهلت يعيش �

ريس، ي كنت أجيد الفرنسية ح�ت قبل قدومي إىل �بي اكنت �هلت ومي�ة وخاصة إن�ض

دراس�ت

. يي إىل بلدي ومدين�ت ر�ب ض . وها أ�ض أعود بعد �ت ي

ي دراس�تض

ي وتفوقت ��ئ درست االإخراج السي�ض

ي فرنسا، ض

ا اكنت قد هاجرت وتعيش � بية، ولكن لك عائل�ت ابنة عائهلت عرسوزان أيضا

باركة وج �ب ض كن أن ن�ت ، واكن �ي يض من دراس�ت ت�ي خ�ي

ئض اال ي السنت�ي

ضض � ض محيم�ي أصبحنا صديق�ي

ي فرنسا. قلت هلا حامس

ضض لوال إرصاري عىل العودة إىل الوطن، وإرصارها عىل البقاء � العائلت�ي

. أحب شوارهعا يي املطار: سوزان.. أ�ض أحب بلدي، مدين�ت

ضن �

ضي املوضوع و�

ضخر نقاش �

آال

ها. هذه ليست رومانسية فارغة، إنه شعور أصيل، أحفظ العبارات احملفورة عىل وزوا�ي

ي أريد أن و أن�ض

ض�

نيا ، أما �ش

ا. هذا أوال ا، أحن إل�ي ي حينا، أعش�ت

ضة � جدران البيوت القد�ي

ي فرنسا ض

� ، يع واحلضطط، إن طمو�ي كب�ي ي رأ�ي الكث�ي من املشارض

� ،ا ض متم�ي

رجا كون حمض أ

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لؤها الفراغ، الكويت ية �ي ا�ب ي احلبض

احلب ال يصلح لبناء عالقة حقيقية، الكويت شقة فارهة �

ة ل.. أراها بصورة عائهلت كب�ي ، تكون أمحب ض دون ذنب، وأحيا�ض ا يوم�ي انة ظاملة مكثت ف�ي ض ز�ض

سواق والشوارع واملساجد: “السالم عليمك... وعليمك ئي اال

ضالبعض � م أفرادها بع�ض ي �ي

�ي

ي بيت كب�ي مقابل البناية حيث أسكن.. ض

وز طيب يسكن � السالم” أو بصورة رجل عب

يطه رجال ب بيته لك يوم بعد صالة الفجر �ي ة يقف أمام �ب ي الصغ�يف�ت من �ش

ائأشاهده دا�

م بالستيكية سوداء، يوزع عل�يكياسا ملون مكنسات وأ صفر �ي

ئلـ “يونيفورم” اال ون �ب كث�ي

ي عواطف، ، أو مع�ت ي اف �ب فض االع�ت ي و�ت

ي تكره�ضية ال�ت ي نور

املال والطعام. الكويت مع�ت

، الكويت اما

تي هند �

لنسبة هلا وعدمه سيان، الكويت تعىطي وال تعىطي مثل مع�ت وجودي �ب

عن بت منه أو سكنت إحدى غرفه أب�ت بعيدا تمع يشبه بيت الطاروف، همما اق�ت حمب

أفراده، الكويت.. الكويت لست أدري ما الكويت.

هل تقبلت عائهلت الطاروف عيس؟1

كيف وصف عيس الكويت؟2

نعه من ذلك؟3 ء إىل الكويت؟ وما الذي �ي الن�ت هل يشعر عيس �ب

ن؟4 ء إىل وط ور االن�ت د شع ول ف ي ط؟ وكي ه فق خارج وطن ة رب ر االإنسان �بلغ ل يشع ه

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سعود السنعو�ي (1981)

ي الكويت، ل رواية ض

ء � د�بئي رابطة اال

ضي الصحافة وهو عضو �

ض، معل � ي

ي كوي�تاكتب وروا�ئ

ا الرابعة ي دور�تض

ي القصة والرواية �ض

بداع الشباب � ن الإ ة ليىل ع�ش ض ا�ئ ب ة �ب ض ” الفا�ئ ض املرا�ي �ي “سب

بية( لعام بية )البوكر العر ة العاملية للرواية العر ض ا�ئ ي حازت احلبورواية “ساق البامبو” ال�ت

ي تتناول مسألت البحث عن اهلوية من خالل رصد حياة عيس، شاب أبوه 2013 وال�ت

ض من تلفت�ي ض حمض ء إىل ثقافت�ي الن�ت ي من عائهلت الطاروف العريقة وأمه فلبينية. يشعر �بكوي�ت

اول البطل التصاحل مع ذاته خرى. �يئك اال ي إحداها و�ت

ضة لكنه يعجز عن االندماج � �ب

ي ض

ا ل والدته � نة امك صور�ت رض احلمل أو احلبئ، الكويت، اال صلية والوطن القد�ي

ئوهويته اال

ي ستثناء أخته ال�ت ة �ب ميش من قبل أفراد عائلته الكب�ي فض و�ت طفولته وشبابه لكنه يقابل �ب

ما يتحدث فيه البطل عن هومه وعن نظرته ي النص التاىلي حوار بي�ضض

تتعاطف معه و�

للكويت.

ساق البامبوا ي أمام املكتب واضعة مرفق�ي

�ت وا�ب . جلست �ب ي ي إىل الكر�ي خلف مكتب أ�بأجلست�ض

: “ها؟ كيف هي الكويت؟” ابتسمت هلا: “قيد ي ي و�بض

ا تنظر � ا إىل كف�ي عليه مسندة ذق�ض

ا من ت عل�ي ض أجابت: “أخسش أن تكون قد ع�ش ا بعد” بوجه حز�ي البحث... مل أع�ش عل�ي

. ا لك يوم منذ وصوىلي ي أعي�شي فكرة أن تكون الكويت هي تلك ال�ت

ا” أفزعت�ضض

دون أن تعر�

ي أرى”. ذه الصور ال�ت ا عىل أال تكون الكويت �ب ي البحث ع�ض

ضة � ا: “أفضل املعا�ض أجب�ت

ي خرى”. نظرت إىل و�بئة.. إحداها ال تشبه اال ا: “صور كث�ي اها؟” سألت. أجب�ت “وكيف �ت

ي عن الكويت.. عيس!”.م: “حدث�ض ه�ت �ب

لنسبة ا. الكويت �ب ي عىل أر�ض ا وس�ي وصوىلي إل�يض

قيقه ر�ت

كن من �تالكويت حمل قد�ي مل أ�

ي الذي .. لست أدري. ولكن، للكويت وجوه عدة... هي أ�ب يىلي حقيقة مزيفة أو زيف حقي�ت

ي الذي أشعر به إذا �ئ كره، ان�ت ي أ

ي ال�تاهها.. غرب�ت ب

تي تتناقض مشاعري �

ي ال�تأحببت.. عائل�ت

م ا ىلي بنظر�ت م... الكويت هي خذالن أبنا�ئ م�ضي واحدا

ا بصف�ت ما أساء أحدمه إىل أبنا�ئ

ي ملحق بيت الطاروف، مقدار كث�ي من املال، وقليل من ض

ي �الدونية، الكويت هي غرف�ت

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ي أعيش ، وجعل�ض ي

اب م�ض رؤون عىل االق�ت ب ميع ال �ي إنه أنف اكذب مضلل، جعل احلب

قدوري أن أواصل ال.. ي أتسمم.. مل يعد �بي العفنة.. إن�ض

�تئ

ا� �ب

ي أختنق.. إن�ض

وحيدا

منفردا

ا؟1 ي أوقعه �بعاج البطل من أنفه؟ اذكر بعض املواقف احملرجة ال�ت ض ما سبب ا�ض

دعه؟2 ب ي دخلها أنف البطل؟ وملاذا أراد أن �يطورة ال�ت ما هي املرحهلت البالغة احلض

؟3 أيك؟ وما هي نف العجيب من فائدة �بئهل لال

يد أن يكون لك أنف اممثل؟ وملاذا؟ 4 هل �ت

ا؟ 5 ؟ ما املقصود م�ض ا هيض

ي النص فكرة غرائبية �ض

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دث مرة أن ض

طي متمرس.. � ال يقدر عىل إدراهكا إال أنف لكب �ش

ئي روا�

ي�ش أن�ض أحيا�ض

ض الزميالت ح�ت ي يبحث ب�ية، وظل أن�ض ي منتصف احملارصض

ضة دم حيض وأ�ض �

ئمت را� مسش

وها كسبابة ض

ي املوجه �ي املقشعر وأن�ض ي ما إن رأت و�ب

اهتدى إىل الزميهلت املسكينة، ال�ت

بت ىلي رصضض ي مل�ض

ها شديد االمحرار واحلضجل! وعند عود�ت ام ح�ت نكست رأ�ا وو�ب اال�ت

ي ليكف عن حراكته الشقية. ذا�ئ ي �ب

أن�ض

ي ض

نفصام � ي ومصاب �ب نه مزا�بئي ساعات من الليل وأ�ض أتشاجر معه وأصفه �ب

أق�ض أحيا�ض

لصداع ي تصيب رأ�ي �ب الوهية ال�ت

ئد عىلي بسلسهلت من الروا� نفية! واكن هو �ي

ئالشخصية اال

.]...[

ض وي.. أحدمه اكن يبحث ب�يض

ي �طورة، فصار ي�ش نوا�ي أصدقا�ئ لغة احلض ي مرحهلت �ب

�ش دخل أن�ض

ه! ومرة كنت ض

من �

ة مزبهلت قذرة تنبعثئ

مت را� وي مسشض

، فملا نظر �ه قملا ي معن يع�ي

زمال�ئ

ة عطرية حاملة قوية ئ

، فشممت را� ره جيئة وذها�ب لئون �ض ي رواق اللكية والطلبة �يض

ي �أمسش

وعند الدرج، هبطت ح�ت ي تطارد�ض الزكية ة

ئوالرا� ي

أمسش ظللت ، يخل�ض من

تنبعث

ة ئ

ي املغوار أن تلك الرا�د ىلي أن�ض

ك ، وأ ي

ي خل�ضسش

تاملنعطف، شاهدت إحدى الطالبات �

ا زميهلت أ�ض

، فتذكرتا مليا قت ف�ي

ول، وحد ض لذات! توقفت عن ال�ض ا �ب من إبط�ي

تنبعث

غالب واري وهي ت ب �ب

بط فيه. مرت ض ي الق� السابق الذي كنت أ�ت

ضران( � ض سابقة امسها )خ�ي

ا؟ ي ف�يي أوقع�ض

مية ال�ت

ي عن � هذه اهللوسة الش من أن�ض

ا، وعندما استف�ت ابتسام�ت

ا! ولذلك ظل الزمالء يتساءلون طوال اليوم عن � امحرار ي من أمعاق قل�بب�ض

تا � �ض

ئأجاب �ب

ي ض

ي املتطفل الذي راح يتدخل � وأجدع أن�ض

لو آخذ سكينا

ي ذلك اليوم وددت

ض� ! ي

أن�ض

ذات دهلا �بأ كن أ مل ي

وأن�ض بهل، حيث ئاال الوسيط دور لعب اول و�ي العاطفية! ي

شؤو�ض

الشعور.

ي الشارع ض

ي �ك�ش لدرجة فظيعة مرهقة.. فرصت أمسش ك�ش فأ ي املرضية أ

ساءت حالت أن�ض

]...[ . ي يتشمم لك عا�بوأن�ض

، ولذا مه يستغربون ملاذا أبدأ أوال ي

ي اختيار أصدقا�ئض

ي �وهكذا أصبحت أعتمد عىل أن�ض

م مأساة روا حب

قدن لمك أن ت

آكعادة الالكب بتشمم أي صديق جديد أتعرف عليه. واال

دوء مصادقة أصدقاء أنفه، ا عليه أنفه، وصار عليه أن يتقبل �ب إنسان يعيش حياة فر�ض

ي لعقل لقد رصت أعيش مع أن�ض هلت �ب ض ملشيئته! ببساطة حم

وحمبة حبيبات أنفه، ويترصف وفقا

ة ئ

�ش را�ئي ال

.. بل إ�ض ي التمرد عىل تسيده ىليماك�ض إ ! مل يعد �ب ي معي

من أن يعيش أن�ضبدال

ية ي لن أستسمل لديكتاتوركتب هذه السطور.. ولكن�ض ن وأ�ض أ

آة تنبعث من أنفا�ي اال كر�ي

من �ي ي بال شفقة وأحاهلا حب

كتب عنه ما أشاء.. نعم سأفضحه، فلقد دمر حيا�ت ي وسأأن�ض

اضات املتوجسة. بيثة، واالف�ت الت احلض الشكوك السيئة، واالح�ت

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هدلئوجدي اال(1973)

ي حمافظة ض

. ولد � ض ض املعارص�ي ء اليمني�ي د�بئي وأحد أمه اال

�ض ي وقاص واكتب م��ي �يروا�ئ

موعات داب من جامعة صنعاء. ل حمبآي اال

ضادة الباكلوريوس � احلديدة. حصل عىل �ش

ض رها “محار ب�ي ت أ�ش ”، “حرب مل يعمل بوقوهعا أحد” وعدة روا�ي ا “زهرة العا�ب قصصية م�ض

ي ض

� حادا

رت جدال ي أ�ش

ته وال�ت ”، “فيلسوف الكرنتينة”، و”قوارب جبلية” أول روا�ي يغا�ض

ئاال

من وهر�ب قه، �ب ي صدر

قضا�ئ بسبب حمك البالد مغادرة هدل عىل ئاال أج�ب ما اليمن

ض بقتهل، لكنه عاد إىل وطنه بعد صدور عفو عنه بفضل سالمي�ي ض االإ ديدات املتطرف�ي �ت

ض روائية وم�حية ي غون�ت غراس وتضامنه معه. حصل عىل جوا�ئملا�ض

ئتدخل الاكتب اال

تمع القبىلي وعاداته رأته عىل انتقاد احملب ب ي و�ب سلوبه املبا�ش احلاد والغرائ�بئعديدة. عرف �ب

ي بلده. ض

ي �عي والسيا�ي املتفسش

ية والفساد االج�ت الذكور

ي املزعجأن�ض

ي من عا�ب ض لو مسحت ضع يدك عىل أنفك وأنت تقرأ هذه القصة. آخ لو تعملون مقدار ا�ض

غ�ي طبيعية ما عداي. نعم فأ�ض أمتلك أنفا

ض أنوفا ! فقد خلق الهل للعامل�ي

ي املنت�ش عرضا

أن�ض

نف الداخلية، وأما ئات اال ي تصل إىل شع�ي

ال�تئ

نوف العادية ت�ش الروا�ئميع اال ب

ض� .. طبيعي

ي لن يصدق أن�ض

. ولعل أحدا

من غ�ي أن ي�ش شيئا

ئو يتخيل الروا�

ضطوار �

ئي الغريب اال

أن�ض

ة البارود ئ

ا� ي التلفاز أحس �بض

بية � ذا خيال واسع! فعندما أشاهد معركة حر أنفا عا�ش

أ

ة تنبعث من التلفاز عندما اكنت املذيعة ة فساء كر�يئ

ي را�. ومرة �ش أن�ض ي

خياش�ي أن�ضئال

ت�

ع وهو يذيع ا عدة مرات! ومرة كنت أستمع لملذ�ي ي نط�تض

السمراء تعيد قراءة ملكة أخطأت �

ي العامل ض

أة سكت املذيع عدة ثوان، ومل يعرف أحد � بض

عن ميناء احلديدة، و� مسجال

ا حمب �ض �ب

ر مر الذي أ�شئن أنه ألك الفجل مع السمك، اال ي الذي محض

شأ سوى أن�ض بت

لكه أن املذيع قد �

نف ئلص من هذا اال ض ح�ت تقيأت! لست أدري كيف أ�ت

، فظللت طوال اليوم حمموما ي

غثيا�ض

وار حفرة ب كنت مرة أقف �بثال

ضي النادر، �

ض احلقيقية إال �

ئو ال ي�ش الروا�

ضبيث؟ � املزعج احلض

ان �ي يع احلب ا، واكن محب تحت لتوها، وسيارة خاصة تشفط ما ف�يذى ف

ئال اري عتيقة مملوءة �ب حمب

ىلي ابت� الذي السيارة وصاحب أ�ض عداي عاجا ض ا�ض م

ضأنو� ويمكمون ربون �ي واملشاة

ي الوجود! ض

� ئ

ر ألعن الروا�ت

ي الذي �اعة أن�ض ب

ش س

ييا

متنان حم �ب

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ي عىل وجوهنا الطرح، طبقة، اثنتان، ثالث، �ض تدي عباءاتنا، و�ض وأسود شفاف: طرحة! �ض

. القيا�ي لعدد الطبقات بدون أن نتع�ش

تبع.. نتفاخر بتحط�ي الر� أر

تنا. ترص مكية اهلواء املندفع لر�ئ ض خرى شعرة، و�تئض العباءة واال تشد وننعجن، ال يفصل ب�ي

ض�

ء. ينا: ال نلوي عىل �ش ب

الباب، ويك

ينشق

ض )احلافهلت واملهعد(، ض الباب�ي ب�يت عباءتك وحلت طرحة رفيقتك، حمموال ض ان�ت ال تعرف ا�ي

ي طواب�ي الصباح.ض

� ر بك غدا ي احلافهلت ي�ش

ضض منك � ما يب�ي

قعد. عىل رأس اهلجمة لتظفر �ب لوا�ض تاج أن تكون �ب

تب احلافهلت � عىل �ب

غلبية وقوفا

ئاكت ال يوجد. نقل تعل�ي البنات. اال

ضنفاس ممنوع، الالكم ممنوع، �

ئاال

عن قدميك، يطقطق حديد اهليلك. جساد تنحر أمامك بدال

ئتمل اال

ت�

جالسا

محر: قمل املراقبة، ئتستحيل احلافهلت الصفراء لكتهلت سواد، ببياض وحيد: ثوب السائق. واال

ملكشوفات )أو املتكشفات(. مل أذكر قط أن سقطت عن رأ�ي عباءة! عد قوا�ئ �بت

ي طواب�ي الصباح، البند: التدافع، والالكم.ض

د إال � امسي ال �ي

ن�ت ال أعرف كيف بوسع أي مراقبة أن تتبع النظرة وقعت أم مل تقع عىل )جنس آخر( و�ب

. ال�ولت

سح شوارع مكة والطالبات. ي �يا�ض نقل حمب

لتقلص إىل أن تقبل عىل أبو الروووس وتبدأ كتهلت السواد �ب

. نتظار احلافهلت ون، يقفون عىل فوهة الزقاق �بل ة ال �ي �ي أنت ال تعرف اوالد أبو الرووس. لك �ض

مل أن ئ، ال �ب ض ي�ي

تر قذفه صغ�ي صوب كتلتنا بال � ا حب ي أحد�ش

ة أن�ضت

انظر: هذه النقرة عىل �، وجه لك البنات. ا، وفقط، لملس وجه من تلك الكتهلت ية، ولكن، ور�ب ور بط عليه �ب �ت

جر. وأن �ب

عىل ذلك1لعرق؟ اذكر مثاال جساد أن تتحدث �ب

ئكن لال كيف �ي

ا؟2 كيف وصفت الاكتبة مكة وساك�ض

ي تنقل الطالبات؟3كيف وصفت الاكتبة احلافهلت ال�ت

جر؟4 ملاذا قذف أحد الصغار الفتيات �ب

مثهلت عىل ذلك5ئ، أذكر بعض اال ي أسلوب الاكتبة خياىلي غرائ�ب

مثهلت عىل ذلك.6ئي النص نقد لملجتمع اذكر بعض اال

ض�

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ق ة، مكة محامة تطو ض نفس لون الب�ش �ي ي مساحة م�تض

تمع � ب كن أن �ي ، أراهن: ال �ي يتصدم�ض

ي. ا ألوان متجاوزة لتدرجات الطيف الب�ش عن�ت

تيه: �ي ض �ش ية ب�ي غرافية والب�ش كيبة مكة احلب رص �ت ، �ي جديدا

زحون طارئون يفرخون نسال �ض

ي تتبادالن ن الطقس الدي�ض لكة، ومصض ة املس�ت �ي لبيع بال حدود، وال�ش ي تشتغل �ب

ة ال�ت �ي ال�ش

حلليب، النعناع بون الشاي �ب ر املو� الواحد: ي�ش ي �شض

سة مليارات دوالر � ما محض ف�ي بي�ض

، يمون أرز بسم�ت ، بوم بوم، ويل�ت ، الشاهي ، السفن أب، البيبسي وة الثقيهلت ، ال�ت لصنو�ب �ب

ستجاب لك الدعوات! اكنت أمي ا ت ض يقفون للصالة عل�ي ي ح�ي

ون السجاجيد ال�ت ويش�ت

رق حافهلت تادتك، إبليس يصىلي عىل السجاجيد املنسية..” � ر: “أمكل صالتك واطو سب

ذ

ت�

ات ض تصىلي عىل السجاجيد املبسوطة للعرض عىل وا�ب ماعي بي�ض أراقب الشياط�ي النقل احلب

قق صلوات إبليس.ت

احلوانيت، يبدو أن نظم التسويق احلديثة �

]...[ . يا صال�ت اب عل�ي ب

تي واحدة �

دون�ض اجيد مكة، لو �ي سب

يط بكفك وطرت بك، متكئة كنت عىل يط أبيض، وضعت أخر احلض ض البارحة حملت �ب

صد يط الرفيع، وكنا �ض بال بذاك احلض ي مقعد، بي�ض أحلق بك عىل احلبض

تلك الكف جالسة امك �

.... ض ا ال تنام... حملها الصلوات وأقدام الطائف�ي �ضئمكة وهي تستيقظ، مكة ال تستيقظ ال

قوس قزح لك تلك

ي وبينك شلكيط بي�ض طواق عن أعناقه .. احلض

ئ اال

وهذا احلمام، نفك

عناق وبسطها عىل أفق. ئاال

مكة..

ي هذا القيظ أال ينام!ض

لمك أ�ض عطشان، وأبوك الذي اختار �

ي يغيب لدهر” : “أ�ب مر للخرقة السوداء عىل منورك. تقول ىلي عىل أحر من احلب

اطبتك. ك�ش من حمض ي أخطاب نفسي أي هذه اليوميات دعي�ض

ض�

ندلس ئق وصل إىل اال ول وإذا اخ�ت

ئي العرص العبا�ي اال

ض�ي � عقهل �ي

من يوظف رجال

، إىل املفتاح، الذي يلخص كوابيسيائجع د ا� املفتاح؟ �ض

، ويسمل ي ليهلت

ضطة، � ليسقط مع غر�ض

ث عن قفل بال مفتاح للك ما يغلق عىلي وعليك. ]...[ أ�ب

***

ض ما هذا م�ي ض �ت

أبوسعك بسواد، ب أصفر حمشو كع �ب ي كر�ت بذا تبط �ي سيظل االنتقال

املكعب؟ )املاكن: مهعد إعداد املعملات خارج أبو الرووس. الزمان: 1985(

أضع املكعب أمامك، واحذر: ما هو؟

ي ض

ن بنات املهعد ماعز غارقة �ض

فل، وخلف الباب، �ب مهعد�ض بسلسهلت وق يغلق احلارس �ب

سود ثقيل: عباءةئ: �ب

ل نستعد البلوغ. وعىل عب

ئاحلر وروا�

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151

44

رجاء عامل (1970)

ا �ت ي كتا�بض

يه � ي مكة املكرمة ووثقت البيئة احلجازض

ت، ولدت � ر الاكتبات السعود�ي من أ�ش

ي وبتقنياته ال�دية واللغوية املعقدة واملبتكرة. من ض ببعده الغرائ�ب ي مم�يسلوب روا�ئ

ئا �ب �ت وروا�ي

ة العاملية للرواية ض ا�ئ حلب ة �ب ض ”، و”طوق احلمام” الفا�ئ ”، “طريق احلر�ي ”، “خا�ت ا “س�ت �ت أمه روا�ي

ي حممد بية( لعام 1102 مناصفة مع “القوس والفراشة” للاكتب املغر�ب بية )البوكر العر العر

كتشاف جثة الفتاة عزة، ا عىل حبكة شبه بوليسية مرتبطة �ب شعري. وقد اعتمدت ف�يئاال

ض ورسائل املشبوه�ي حاديث ئالقاتل واستقراءاته ال للكشف عن ومن خالل سعي احملقق

ي نسا�ض عي واالإ

ض مكة االج�ت ر�ي ض يكتشف القارئ �ت ض عىل احلاسوب ومذكرات املؤرخ�ي احملب�ي

اية قلق ي ال�ضض

ها عن لك ما عداها من املدن، ليسيطر عليه � ض �ي ي الذي �يض

ي والثقا� ج الب�ش واملز�ي

رها، بعد أن ها وآ�ش ض ر�ي ي املنبعث من �تي الدي�ض

ا الباط�ض ي�ت من أن تفقد هذه املدينة املقدسة �ب

ا يوسف، ا رصاع الب�ش عىل السلطة واملال، امك وص�ض ا التحوالت العمرانية وأره�ت عصفت �ب

ة هو حارة أبو الرووس الشعبية ر�ي تار. ماكن احلب ول من النص احملضئي املقطع اال

ضحبيب عزة، �

ي قتلت ا هي ال�ت �ض

ئهلدم والزوال واك ا �ب ا الشاهقة واحملكوم عل�ي بني�ت

ئا صدمة احلداثة �ب ي هز�ت

ال�ت

صية عائشة، ض شي الرواية س

ضجانب. تظهر �

ئعزة وظملت النساء واستغلت الفقراء والعمال اال

ي من النص، ي املقطع الثا�ض

ضد � ونية، امك �ي ي رسائلها االلك�ت

ضي تع�ب �

ي لعزة، وال�ت�ض خر احملض

آالوجه اال

ا. انقة املفروضة عل�ي ردها عىل العادات والتقاليد احلضتعن انتقادها و�

طوق احلماملعرق؟ عرق هذا العامل الذي هبط بكيس البالستيك جساد �ب

ئدثك اال

تض كيف � أتعرف�ي

وقع البناء، حيث سقط ، وإن عليه أن يلحق �ب ض ر�ي ض �ض رز والدجاج يقول: إنه ب�يئفر اال ض املبقع �ب

ي شاحنة ض

ملوه � ، وانتظروا عربة، أي عربة لساعات قبل أن �ي مس من أعىل السقالتئال رفيقه �ب

ل سعر فتح امللف. ربعمائة ر�يئقرب مستوصف حيث مات �ب

ئض املوت ال مسابق�ي

كض من موقع للبناء إىل ، يقول إننا لكنا �ض ي، ويفوح م�ض اول أن يتبسط معي عرق الرجال �ي

موقع للهدم. �ي عزة!

ق ب�ش وحوانيت وألوان، أهرب ببرصي لورقة تشتاق عينيك وللطريق. ملكا رفعت برصي �ب

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ت إىل دخان وغبار. الذهب والنحاس وصناعة الزجاج والرصاص.. وحول�ت املياه والغا�ب

ت فرصة كوا لملياه والنبا�ت �اف، وبدون أي تقد�ي للعواقب. مل ت�ت إ لك�ت املاء واحلطب �ب اس�ت

يبا ر والتصحر. وقر �ب

آوفية، ويبس اال ار. أن�ت املسؤولون عن هبوط املياه احلب

ش� للتجدد، واالإ

ويل طرق ت

م � ي حماول�تض

اجيون عىل حق � ي هذه املدينة. الص�ضض

ستجعلون احلياة مستحيهلت �

بنظام توازن هذه

نمك حول�ت هذه املدينة إىل حيوان طفيىلي أخلئالقوافل عن أودافوست. ال

م افو�ض ض ض �ت ( هؤالء الذ�ي ض س�ي ض �ي ي حماولت تغي�ي الواقع، أ�اب )ا�بض

املنطقة. نعم هلم احلق �مور، رمون عليمك احلض طمون آالتمك املوسيقية، و�ي حلياتمك الفاحشة، و�ي

م سيضعون حدا ال�ض

ء آخر.. يممك �ش لنساء، ال �ي لك والتمتع �ب

ئي احلياة سوى اال

ضممك � وشواء الالكب. ال �ي

رمك، وليحفر ن ارجعوا إىل د�يآ. اال ض ي نفس الوقت آالف املسمل�ي

ضون �

ق تعلنون إسالممك، وتس�ت

دوا املاء، لكن ذلك لن يكون إال بت

كن أن � ت، �يي جف

أمعق من هذه ال�ترا لمك عبيدمك آ�ب

نونمك، حلبي اليوم الذي يضع حدا

. لكن سيأ�ت ض كن أن تواصلوا العيش هنا سن�ي .. �ي مؤقتا

متاعا

. منسيا

رب مدينتمك وتعودون نسيا ض ي اليوم الذي تف�ض فيه أمتمك و�ت

سيأ�ت

ب من املوت؟1 كيف رأى الراوي نفسه وزمنه وهو يق�ت

ر؟2 �بآول سبب جفاف اال كيف ف� زع�ي احلض

ر؟ وهل ينطبق رأيه عىل املشالك البيئية 3 �بآكيف علل “ابو اهلامة” جفاف اال

املعارصة؟

ما توافق؟4 ض وعىل أ�ي ض الرأي�ي ما الفرق ب�ي

ا!5 من املتناقضات. اذكر بع�ضا استخدم الاكتب كث�ي

ة؟6 هن را لك ال ة املشا معالب ي ف

و دوره � ه ات أدب الفيال العملي وما ف م�ي ما هي

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لتفاصيل. .. أمسعه وأراه، أدركه �ب ييط حيا�ت املوت من منطقة التخوم، أستعيد �ش

ي أربط حيا�ت أن بال جدوى، أحاول ي

أفنيت حيا�ت الذي أ�ض بعد.. وال قبل فيه ليس

، وعىل ض خر�يآ عىل اال

صدر حامك

ئ، ال ض خر�ي

آي بوعي اال ، وشعوري بالشعوري، ووع�ي حالمي

ئ�ب

زت عنه طوال !! ها انذا أشاهد ما عب ذولت ئسة حمض ي �ي، وعىل الزمن، وارتدت حماوال�ت ي

ذا�ت

ن بعدما خرجت من امليدان، أرى نتيجة آ!! واال ي

ي يتحقق من تلقاء نفسه ساعة مو�تحيا�ت

خذ ئا �ي ء ف�ي ي

سدة أمامي بدقة متناهية، لك �ش ، حمب ي وأحالميض حيا�ت املعركة احلامسة ب�ي

لوعة العدم. مها �ب مه الصحيح، قبل أن تل�ت حب

ة ألغاز وال أ�ار.. لكه عىل شيات، مل تعد � ن بد�ي

آظور، لكه اال أرى العامل لكه من عدسة �ض

ة ماض وال مستقبل، شي بعد واحد، مل يعد �

ضضل نفسه � مستوى واحد من الوضوح. الزمن اخ�ت

سب. ]..[ض

� ا أصبح حارصض

ي صوت ارتطامه، صوبت برصي، مل ، فاجأ�ض ي الب�ئ

ضم حي�ض كنت أدىلي سطىلي � �ي

ئي أحد اال

ض�

ول.. أبلغ زع�ي احلضرة جافة.. ركضت م�عا عىل �ض

ا رأيت السطل متكئا

ضأر ماء، إ�

فسأعاقبك!!بسة!! إذا كنت اكذ�ب - كيف أصبحت �ي

ي قعرها.ض

ول إىل الب�ئ ينظر � ذهب زع�ي احلض

ملاء!! �ي ى �بآطالق.. هذا غريب!! أمس القريب اكنت الب�ئ مال - ال قطرة ماء عىل االإ

ث عن املاء هناك. للاكرثة! خذ السطل واذهب لملسجد، ا�ب

ن اكن قعراها خر�يئان العميقتان اال .. الب�ئ

اما

تت �

ي املسجد جف

ضر السبع � �ب

آس من اال محض

ي حماولت للوصول إىل قعر الب�ئ العميقة، ض

ما � ما ببع�ض ض وربط�ت . أخذت رشاء�يض قليال ندي�ي

“يبست فواه: ئاال �ب عىل لك احلض اكن الظهر، عند صالة ا. ف�ي ي

املتب�ت القليل املاء أمتح

مدوا من هول املفاجأة. بت

ا �ض�

ئم، اك ك�ض ي أما

ضي الناس �

حساء!” بعد الصالة ب�تئاال

إىل اهلضبة البيضاء لصالة االستسقاء”. صباحا

مام وقال: “أدعومك غدا وقف االإ

ون ببطء مقوسة يوط احلمر. اكنوا يس�ي حلض البيب البيضاء املطرزة �ب تدون احلب جاء الرجال �ي

هم عىل املناكب ئ يضعون معا�

يعا دعية استغفار بصوت خفيض، اكنوا محب

ئورمه يتمتمون �ب �ض

ض الركعت�ي بعد مام.. االإ خلف واحدا

البيضاء اصطفوا صفا اهلضبة ر �ض .. وعىل اليم�ض

م، ودعا إىل التوبة النصوح، ر الناس بذنو�ب. خطب وذك ض ه إىل املصل�ي مام بو�ب استدار االإ

ي�. فعل ئوطلب العفو من الهل. �ش استقبل القبهلت من جديد وحول معامته إىل املنكب اال

.. عندئذ وقف )أبو اهلامة(: ض ض ظلوا جالس�ي كذلك املصلون الذ�ي

رض ئوان. هذه اال

ئ أدعومك إىل الرجوع إىل جادة الصواب، ح�ت بعد فوات اال

- أ�ض أيضا

سبون ت

ؤمك ال � �ي ا هو تعاظممك وك�بض للفو�ض والطغيان. ما حاق بمك إ�

طويال

كت زمنا زخ، �ت �ب

لذهب والعبيد. بني�ت املذاوب الضخمة لتصفية وصياغة هذه املدينة إال جنة لملتاجرة �ب

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مو� ولد ابنو(1956)

ارزة، ي والية ال�تض

ي بوتمليت �ض

بية املعارصة. ولد � ز كتاب الرواية املغر ي ومن أ�بيتا�ض اكتب مور

لغرائبية ي �بض عامله الروا�ئ ي الفلسفة. يتم�ي

ضادة الدكتوراه � ي فرنسا وحصل عىل �ش

ضدرس �

العملي يال احلض ا ف�ي يستخدم ال�د، عامل ي ض

� متعددة فضاءات عىل واالنفتاح والعمق

يال واحلض اءات �ي الإ �ب فغنية لغته أما ، الرحهلت وأدب والفلسفة املستقبلية والدراسات

ي ض

ح” وهي رحهلت � الشعري. من أمه أمعال “حج الفجار”، “احلب املستحيل”، و”مدينة الر�ي

ي نسا�ض فكره الظمل االإ

ي أ� العبودية طفال

ض، بطلها “فارا” الذي وقع �

الزمان واملاكن معا

ي القرن ض

ج السوداء”، ويدور � ى وهي مقسمة إىل ثالثة أقسام رئيسية: “�ب نس الب�ش واحلب

البيضاء” ج للعبيد تقمع بقسوة و”�ب فض فارا العبودية ويقود ثورة احلادي ع�ش وفيه �ي

م عىل العامل ض وسيطر�ت وروبي�يئض اال ثل عرص املستعمر�ي ض و�ي �ي ت القرن الع�ش م�حه بدا�ي

ي من القرن ي النصف الثا�ض

ضج التبانة” فتقع أحداثه � ادمه لك الثورات ضدمه أما “�ب وإمحض

ت النووية ول إىل مكب هائل للنفا�يت

ستقبل العامل املظمل و� ض ويتنبأ �ب �ي احلادي والع�ش

م. رحهلت خيال عملي تنقل البطل من قوق شعو�ب لبيئة و�ب تارمه �ب بسبب تواطؤ احلاكم واس�ت

ض يعيد نفسه وأن طبيعة الب�ش ي نفس العرص أو ع�ب العصور ليدرك أن التار�يض

خر �آماكن ال

ة جبل، يوصلون ت

ي �ض

ض عىل جثة مدفونة � . تبدأ الرواية بعثور بعض الباحث�ي وظملهم ال تتغ�ي

به ع�ب العصور. ار بت

ا “فارا” ويستعيد � صية صاح�ب ض شاسب آىلي يكشف عن س ا �ب جم�ت محب

ج السوداء”. تار من “�ب املقطع احملض

ح مدينة الر�ي.. وجاءت ي

ي تغادر�ضيبة، من احلياة ال�ت ة، غر

ض� ت �ت ي خالل ذكر�ي

�ض امحب ي عامل جديد، �تض

أ�ض �

ء.. برصي اليوم حديد.. أضاءت سكرة املوت يي غفهلت من �ش

ضحلق.. مل أعد � سكرة املوت �ب

ا ا صوبت عل�يض�

ئة آالف املرات، والزوا�ي املظملة اك رت بصورة مك�ب ي �ض

ي ال�تتالفيف حيا�ت

، ي�ض ض الظاهر والباطن، البادي واحلض احت احلواجز ب�ي ض آالف الشموس الصحراوية املوتورة. ا�ض

ي ي ال�ت ة وع�ي �ي ي بؤرة الضوء!! �ب

ضي صفة واحدة �

ضة � ض هول، ذابت الصفات املم�ي املعلوم واحملب

ض ا ارتطمت بكوكب ساقط من علو مالي�يض�

ئاهات، اك ب

تيع اال� ليس هلا قاع، انفلقت من محب

ي من منطقة ما بعد احلياة، وما قبل . إن�ض ض الضوئية. الوعي ي�ت من خارج منطقة الوعي السن�ي

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م ، �ش إىل السجن الذي ال�ت واحدا

ا حرفا م م�ض

ضمكة مل أ� يف، �ش إىل حما ي درب موالي ال�ش

ض�

ي دون مقابل. ثالث سنوات من حيا�ت

دث إىل ت

كتفيت ذات يوم وأ�ض أ� هرة ا ت غرامية �ب ي حاك�يض

ي �وبي�ض ار�ت جل أصدقا�ئ

:ختتام حديثنا املقتضب سائال امعة، �ب ي احلب

ضزميهلت �

؟ يوجي�ض ض كنك أن ت�ت هل �ي

ة:ض

فقالت بعصبية وا�

- ملا ال؟

ننا اكئنان متطابقان، أو آلتان ئية، اك م مع �ب ي توافق �ت

ضي �

كتشفت غداة هذا الزواج أن�ض �ش ا

لك ئ واحدة من اال

ب بنفس املقدار والكثافة أصنافا

ض. حيث � مج �ض تشتغالن بنفس ال�ب

نسية فالم والكتب واللوحات واملدن، بل ونعيش من الناحية احلبئب واملوسي�ت واال وال�ش

از يصل إىل أدق التفاصيل ]...[ بض

� ي الرغبة واالإض

� اثال

ت�

اال ا ال يدع حمب كي �ب إدرا

سا

ئرة و�ي ك�ش إ�ش ي بشلك أ

ي هذا التطابق املربك، امك فاجأ�ضوقد فاجأ�ض

.ا أبدا ي وخالف ما توقعت لن أح�ب

ن�ضئللشك، �ب

ي �ض ي تو�ت مزمن. اكنت تعت�ب

ضض استقرت عالقتنا � ا إىل هذا اليق�ي ي وصلت ف�ي

ومنذ اللحظة ال�ت

حيان، ئي أغلب اال

ضعلها سيئة املزاج � ب ء، واكن ذلك يغيظها، و�ي ي

ي لك �شض

د�ض �ئحلد اال �ب

قانعا

سارة. حلض ي دا�ئ االإحساس �بعل�ض ب ستمرار، و�ي ي �ب

ز�ض ض �يها ندما وكنت أعت�ب

ما1 ما نبأ وفاة اب�ض م لدى تلق�يئب واال

ئض موقف اال قارن ب�ي

حلزن؟ وما هو االإحساس الذي سيطر عليه وملاذا؟2 ب �بئملاذا مل يشعر اال

؟ 3را ده م�ب ب

ت؟ وهل � ي

ي املا�ضض

ب �ئما سبب اعتقال اال

؟4 ض ض الزوج�ي ة ب�ي ما سبب العالقة املتو�ت

عىل ذلك!5

ي تدلمل ال�ت ع�ب الاكتب عن إدانته للتطرف. اذكر بعض املواقف واحلب

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ي ملح البرص تتالت أمامي مشاهد من حياته ال�يعة ]...[ منذ حلظة ض

، العذب، و� القا�ي

لهل من هلع وحبور ض ء، وما �ت و �يع أو بىطيضض يدي الطبيب وما تال ذلك من � رصاخه ب�ي

لكه وتعليمه وألعابه ودخول وخروجه، ح�ت وقفة وقلق، ومشادات ضارية حول لباسه وأ

ة: خ�يئوىل واال

ئريس �ش إىل العتمة، ورسالته اال ي أقهل قطارها إىل املطار �ش إىل �ب

احملطة ال�ت

ي أعيش قصة س بكث�ي امم توقعت، وأظن أن�ض “الدراسة أ�ل بكث�ي امم توقعت، واملدينة أ�ش

بناء، ئي أفضل اال

ن�ضئ �ب

كدا ي آل الفرسيوي، لست متأ

ض عن املعدل �

وىل متأخرا

ئغرامي اال

ح�ت أقول لك... من هذه املسافة سل نقودا ء. ال �ت �ب

آ كذلك أنامك أفضل اال

كدا ولست متأ

يب من ذلك!”. ي أ�تي أحبامك ولكن�ض

اكد أقول إن�ض أ

ي حول رسالت النعي واملاكملة، قق معي ومع زوج�ت طة وهو �ي استمعت ساعات لفريق ال�ش

، ومعارفه، وعاداته، وقراءاته، ض س�ي صدقاء �يئمة عىل أسئهلت تتعلق �ب يب ببالهة �ت ب

ضوكنا �

مكلها، ئكيب حياة �ب ا يشبه إعادة �ت ، ومسجده املفضل، �ب ي

�ض ديه الر�ي وموسيقاه، وأفالمه، و�ض

، هل توافق عىل ي يضيفه سوى أن يسأل�ض

د شيئا ب وتسليمها جثة هامدة للضابط الذي مل �ي

، مل تكن تعرف: �يح ، عفوا

، أقصد هل كنت تتعاطف مع قضيته؟ عفوا

موته هكذا، عفوا

.ينا : ال، لست حز

ض ملا حدث؟ قلت صادقا . هل أنت حز�ي

مل تكو�ض تعرفان شيئا

مل واحلزن، ئي من اال

ي فورة غضب عارمة منعت�ضت كيا�ض

ئ، مال �ب حلض ي �ب

وىل ملعرف�تئمن اللحظة اال

ء القبيح يي هذا السش ي تلك اللحظة لقتلته. ملاذا يفعل �ب

ضض � س�ي ي �ي

ولو قدر ىلي أن ألت�ت

؟ �ش يها طوال حيا�ت ي وقفت عىل شف�ي

ي اهلوة ال�تض

ي �؟! ملاذا يدفع�ض ض والساخر واملتج�ب وامله�ي

م اكن م�ت حصل ذلك، م�ت نبتت تلك البذرة املسمومة؟ قبل أن يولد؟ أو بعد ذلك؟ أ�ي

ى ذلك، هل كنا نعيش لدماء ومل نكن �ض ض �ب جت�ي ض مرصض ؟ هل اكن يلعب بيد�ي أو مراهقا

طفال

ي خلف نعش بيننا؟؟؟سش

ضن �

ضو�

دث كن أن �ي ، إذ ال �يي لكها خطأ فادحا

ي إىل اعتبار حيا�تها تدفع�ض سئهلت وغ�ي

ئاكنت هذه اال

ي إىل التفك�ي ة مغلوطة، واكن ذلك يدفع�ض ي و�ب

ضىلي ما حدث إال إذا كنت لك هذا العمر �

ض ىلي استحالت ذلك طأ الاكمل، وعندما تتب�ي ي هذا احلضض

� ي قرارات تصحح شيئا

ضاليومي �

ا جسدي ]...[. ي �بي نوبة غامضة يغادر�ض

تاح�ض بت

ي املعقدة مع والدي، ن حياة هادئة إىل حد ما، فباستنثاء عالق�ت

آي عشت ح�ت اال

واحلال أن�ض

لقنيطرة دون لسجن املركزي �ب ا �ب ي قضي�تاجيدي، وسنوات السجن ال�ت ي ال�ت

ورحيل والد�ت

ا إىل بعض بدون عناء. ي بع�ضي عبارة عن حلقات متصهلت يف�ض

أن أعرف ملاذا، اكنت حيا�ت

ي إىل ية متطرفة عندما كنت أعيش بفرانكفورت، قادت�ض موعة يسار ي حمب

ض�

رطت أوال ض ا�ض

هد الذي ، �ش �عان ما تعبت من احلب بية منشقة عن احلزب الشيوعي ية مغر اعة يسار محب

نع أحد ي حزب يساري معتدل، مل �يض

رطت � ض شياء، فا�ضئي أق� اال

ضي البقاء �

اكن يتطلبه م�ض

ي إىل اعتقال أسطوري ء الذي قاد�ض ي

ي مذكرته، السشض

مسي � ي القدام من االحتفاظ �بت

رفا�

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شعريئحممد اال

(1951)

ط واعتقل لر�ب ي لكية احلقوق �بض

ي موالي إدريس زرهون. درس �ض

ي ولد � ي مغر�ب شاعر وروا�ئ

لصحافة �ش شغل منصب وز�ي الشؤون الثقافية . معل �ب سنة 1981 بسبب نشاطه السيا�ي

ة �ش انرصف للشعر. من أمه أمعال لقصة القص�ي اد كتاب املغرب. بدأ �بت

ال�امك انتخب رئيسا

لعزلت املطر” و “��ي ة بسعة احلمل”، “س�ي ة”، “عينان ر�ي احلب يل احلض الشعرية “�يل

ي ية “يوم صعب”، “جنوب الروح” و”القوس والفراشة” ال�ت ر أمعال الن�ش ”. من أ�ش السنبهلت

بية( لعام 2011 مناصفة مع “طوق بية )البوكر العر ة العاملية للرواية العر ض ا�ئ حازت احلب

ا حول مص�ي ثالثة أجيال من آل الفرسيوي ومه “حممد احلمام” لرجاء عامل. وتدور أحدا�ش

و”يوسف ية �شئاال مدينته ي

ض� �ي رصض سيا�ي مرشد إىل ول

ت� الذي د احلب الفرسيوي”

ض س�ي “�يا ض الذي يعتقد أن والده هو الذي دفع أمه إىل االنتحار وأخ�ي الفرسيوي” اال�ب

اعة طالبان وقام بتفج�ي نفسه. تنتقد الرواية حال الفرسيوي” احلفيد الذي ان�ض إىل محب

عية السائدة فيه. اعات السياسية واالج�ت ض ي وال�ضاملغرب اليوم والتطرف الدي�ض

القوس والفراشة. ت الباب. تقول الرسالت

تهب للخروج رسالت �بت �

ئ ي صباح يوم ما، وجدت وأ�ض أ�تض

ادة ابنك”! كرمك الهل ب�ش ، لقد أ ض س�ي “أب�ش أ�ب �ي

ل املغرب، ، فاستقبلت عىل احلضط صوت رجل عرفت من لكنته أنه من امسش ي�ش رن هات�ض

مهلت الباردة، مؤثثة بعبارات التعزية املسكوكة. وضعت الورقة فكرر عىل مسمعي نفس احلب

]...[ قبل أن تطلق �ب وإ�ي

أ�ا ذها�ب ها �ب ها، وتع�ب و و�ب

ضفهعا � ي �ت

رى زوج�تئفوق الطاولت ال

رض. ئرصخة حادة وتسقط عىل اال

ي أي حلظة ض

ي �محلها وأجر نفسي مهعا إىل ��ي غرفة النوم، لكن�ض

ئ ال

ا كب�ي

دا وقد بذلت �ب

، يا مل تكن تصل�ض ا هنا، ولك�ض من هذه اللحظات مل أحس بوخز الفجيعة، كنت أعرف أ�ض

ي االنتشار، وكنت أراقب ض

ا � خذ لك وق�تئ ا وهي تتمدد أمامي مثل بقعة زيت �ت كنت أراق�ب

ض ، وأنظر من ح�ي ي تعبث بورقة النعيي أصابعي ال�ت

ضي ]...[. جلست أحدق �

يار زوج�ت ا�ض

يء، اهلش، ، ال�ب ه الطفوىلي لوس، و�ب ي تتصدر غرفة احلبي الصورة ال�ت

ضض � س�ي خر إىل وجه �ي

آال

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144

نه نسي الالكم.ئ، اك كي ونعمان يستمع وال �ي

يد ا، ويطمئنه أنه ال �ي �ت م وصعو�ب ح ل ظروف حيا�ت ي أن ي�شحاول الرجل الفلسطي�ض

ن بيته هدم.ئج�ب عىل استئجاره ال

البيت، وأنه أ

. ض نعمان مستأذ�ض �ض

عىل الغداء، البيت بيتك” قال صاحب البيت.

“ابق

. ” قال نعمان وم�ض“ال شكرا

تفظ بصورة البيت ب أن �ي ب نه مل يلتفت، اكن �يئمل يلتفت نعمان إىل الوراء، كتب أنه ندم ال

ي ض

ي رمسته �م ال�ت

ئ من البيت سوى ملكات اال

ن، ومل يبق

آي رأسه، لكن الصورة تبخرت اال

ض�

كرته. ذا

كض ، �ش مسع رصاخ صاحب البيت، التفت فرأى الرجل �ي قال نعمان إنه مسش ومسش

ي يده.ض

ء صغ�ي � ي بسش

مسه ملوحا خلفه، ويرصخ �ب

“املفتاح، نسيت أن أعطيك مفتاح بيتمك، خذه، إنه لك”

ي دمشق”ض

ال معنا � ض “ال لزوم” قال نعمان “املفتاح القد�ي ما �ي

؟ 1 يول وما هو امسه احلقي�ت

ئي النص اال

ضما هي همنة غاندي �

يد أن يبدو كشيخ؟ 2 عىل وملاذا �يئفع غاندي رأسه إىل اال ملاذا ال �ي

3 ! مثهلتئكيف يتعرف غاندي عىل أخالق الرجال اذكر بعض اال

ي عاك وملاذا رفض 4ض

فتاح البيت � ي �بي النص الثا�ض

ضملاذا احتفظت عائهلت نعمان �

جاعه؟ نعمان اس�ت

ص 5 ي أمعال وقصف

ل ورد � ه ز؟ و م ماذا �ي ي إىل ر�ب دب العأي اال

فز � ول املفتاح إىل رم

ت�

رى؟ خ أ

ض إىل الوطن. اذكر بعض 6 ض واحلن�ي ب الشمس” مأساة الفلسطيني�ي عاحلج نص “�ب

ي تع�ب عن ذلك!مل ال�ت احلب

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143

ي مطار ض

ة � . ركب الطا�ئاركيا

ض دا�

مل جوازا نه �ي

ئرة إ�ائيل ال و يستطيع ز�ي

ضوصل إىل عاك، �

من ئاال لرجل قدم جوازه ، ض العادي�ي ض املسافر�ي مع اللد. خرج ي مطار

ض�

اغن وحط كوب�ض

عن فيه، وطلب من الدكتور نعمان االنتظار. انتظر حواىلي تواز، � وانتظر، أخذ الرجل احلب

واز وهي تعتذر مبتسمة. أخذ ربع ساعة، جاءت فتاة بلباس عسكري، أعادت ل احلب

ا فتحت ي ما بعد أ�ضض

كتشف � ي اجوازه وخرج إىل قاعة تسل�ي احلقائب، أخذ حقيبته ال�ت

ونبشت بشلك دقيق، وخرج من املطار.

ف. اكن يتوقع بت

� ء فيه �ي ي مريع، لك �ش ي وضع نفسي

ضنه اكن �

ئمل تؤ�ش فيه هذه االإجراءات ال

ئ بنفسه يترصف مكسافر ة، لكنه فو�ب لسكتة القلبية حلظة خروجه من الطا�ئ أن يصاب �ب

ن هذه البالد ليست بالده.ئعادي، اك

املدينة فنادق أحد ي ض

� ليلته ت �ب القدس، إىل أوصهل كسي �ت وركب املطار من خرج

يع السياح، ة، امك يفعل محب ي أحياء القدس القد�يض

ي الصباح، وبدل أن يتجول �ض

بية، و� العر

. كتب أنه مسش زار ومسش ي ساحة املدينة قرب جامع احلبض

ضل � ركب التاكسي إىل عاك. �ض

د بيته دون مساعدة أحد. ب ي مدينته. قال إنه أراد أن �يض

� ا �ئ و�ت

. اكن وحيدا ومسش ومسش

ي ض

ه � ، وال يتذكر من بالده سوى ملكات أمه. مسش نعمان، �ت ض ي فلسط�يض

، مل يولد � و مثىليض

ض وصل إىل البيت، قال إنه عرفه ح�يا . وأخ�ي ي

سش ي البيوت و�يض

ة، واكن يقف، يتفرس �زق

ئاال

. اكنوا ودا م مل يكونوا �ي بية. لك�ض للغة العر رآه. قرع الباب، فاستقبلوه امك استقبلوا أم حسن �ب

. ض فلسطيني�ي

وجلس.

دخل البيت سمل

ي بيته. رفض مرافقة صاحب البيت، قال إنه ض

ض وبدأ جولته � وة، ف�ض ال�ت

ذهبت املرأة لتعد

كتشف نعمان ملكات أمه. صارت ي جولته داخل الغرف، اض

يتفرج وحده. و� يد أن �ي

ملكات أمه دليهل إىل البيت. مسش عىل الملكات ووصل إىل املطبخ، وهناك، رأى أمه تقف

موك قرب دمشق، حيث ولد، اكنوا �ي ال�ي ي حمضض

م � ة. قال نعمان إ�ض غل الكب�ي أمام طنجرة ال�ب

سك ي مطبخهم الصغ�ي أمام الطنجرة ونعمان �يض

م تقف �ئغل. اكنت اال لكون سوى ال�ب

ئال �ي

. ا ويبكي سفل فستا�ضئ�ب

غل، اكن الطفل م، وال اكنت طنجرة ال�بئي عاك، فمل تكن اال

ضي مطبخ البيت الواسع �

ضأما �

وة. خرجت املرأة عىل رؤوس أصابهعا، ال�ت

وأمامه وقفت زوجة صاحب البيت تعدوحيدا

سح دموعه بباطن كفه. ض رأت نعمان �ي ح�ي

م من زمان. وأنه استأجر ر�ت ي لنعمان، أنه ينتظر ز�يح الرجل الفلسطي�ض وة، و�ش بوا ال�ت �ش

، بعد أن طردوه من بيته، وأنه عىل استعداد ملغادرة ض البيت من مسؤول أمالك الغائب�ي

يدون. البيت ساعة �ي

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ض سنة، �ي نه اكن ينتظره. اكن نع�ي نصار يبيع الصحف منذ ع�شئالصحف نع�ي نصار، رحب به اك

لس عىل ب لوان، و�يئي تلبيق اال

ضض � الت عىل الرصيف، تف�ض ي هذا املاكن. يفرش الصحف واحملب

ض�

و يبيع الصحف ض

حداث، �ئ. يعرف لك اال ض ف عن التدخ�ي

كر�ي صغ�ي أمام بسطته، وال يتوق

ون. نع�ي نصار ض ماذا يش�ت �ئ ء، وينصح الز�ب يمنذ صغره. وابنه سوف يبيع الصحف، يقرأ لك �ش

لس ب . اكن عبد الكر�ي �ي رحب بغاندي، يوهما مل يكن امسه قد صار غاندي، اكن عبد الكر�ي

ن مسحة شعىل، ح�ت عندما يقبض �

ئفع رأسه إىل اال نه ملتصق به. ال �ي

ئخلف صندوقه اك

ه احلاد ، النامعة تبدو كبقع سوداء عىل و�ب نه هكل، اكنت حلية غاندي الصغ�يئاحلذاء. اك

ذه املهنة ال تناسب ض

نه طفل أو شيخ. �ئلس اك ب وشتاء. �ي

السمرة، واكن يلبس بذلت سوداء صيفا

حذية. �ش ئي اكلشيخ فوق اال

ض املهنة، فاكن ينح�ض ي قوان�يض

طفال والشيوخ. وغاندي مل يغ�ي �ئغ�ي اال

والد.ئرول اكال ي النبعة، اكن �ي

ضمل صندوقه ويقرر العودة إىل غرفته � ض �ي ح�ي

ما بواسطة الاكز. غاندي مل ض اكن أول من لفته إىل اتساخ يديه، ونصحه بتنظي�ض القسيس أم�ي

ما جزء منه. �ضئحلذاء اك يطان �ب

تمك فوق يديه، فصارت يداه وها � ا ك البو�ي ت�ت يستخدم الاكز. �ت

ئ هو عالمة . اكن غاندي يعرف أخالق الرجل من حذائه. فاحلذاء امله�ت يحذية ال تن�ت

ئواال

بعناية هو عالمة

، هو عالمة احلضوف. واحلذاء غ�ي املبلكائديد دا� الالمباالة، واحلذاء احلب

ي اكن خبار ال�ت

ئنون. وإىل آخره، من اال نسية، واحلذاء احملكوف هو عالمة احلب القوة احلب

حذية، ئ بقدرة غاندي عىل صبغ اال

، الذي اكن معجبا ض ي جون دايف�ي

اك�ض م�يئا للدكتور اال و�ي �ي

فوق يديه، دون أن يتعب.لوس لساعات طويهلت منحنيا واحلب

عل احلذاء مرآة. واكنت متعته ب يد أن �ي الذي اكن يستوىلي عىل عقل غاندي، هو املرآة، اكن �ي

. أما احلذاء ا ال تص�ي مرا�ي حذية البنية همما التمعت، فإ�ضئحذية السوداء، فاال

ئى هي اال الك�ب

سود فإنه ينصقل، ويصبح قطعة واحدة، فبعد أن تضع فوقه البو�ي السوداء، يص�ي واحدا

ئاال

سود ئع الذي يفتحه، يص�ي اال وىل يبدأ االل�ت

ئبة الفرشاة اال سود. ومع رصض

ئال نه مصبوب �ب

ئاك

ي احلذاء، ض

ه عىل صفحة احلذاء. العامل يدخل � ى غاندي تقاس�ي و�ب عىل العامل، و�يمفتوحا

ري فوق ب ريدة يقرأها، ال يعرف أهية ما �ي ب �بي الغالب ممساك

ضوالرجل الواقف، والذي يكون �

ت والوجوه ومياه شياء لكها، البنا�يئحذائه. وحده غاندي اكن يعرف، واكن يعرف أن اال

يهل إىل عامل جديد يولد.ت

ي احلذاء و�ض

الشوارع املتجمعة، والرصيف، لكها تدخل �

ب الشمس �ب. مل أبك عىل ي أبكي

جعل�ضأنت تعرف الدكتور نعمان الناطور. أ�ض ال أعرفه لكنه كتب مقاال

ي تاكد تتساقط، بل بكيت عىل املفتاح.ة ال�ت عاك القد�ي

وك ماذا جرى لنعمان؟ هل أخ�ب

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41

إلياس خوري(1948)

وت ونشأ عىل ي ب�يض

. ولد � ي، أستاذ جامعي و��ض ي

قد واكتب م��ي لبنا�ض ي و�ضقاص وروا�ئ

فاكر املاركسية. ل أمعال ئال �ش �ب

ئ ة عام 7691 وكره الظمل و�ت بية مسيحية معيقة عارص هز�ي �ت

،” بل الصغ�ي ر أمعال الروائية: “احلب كرة املفقودة”. من أ�ش م�حية وأخرى نقدية مثل “الذا

ا من حماوالت ورة احلفاظ عل�ي ت ورصض ي تدور حول الذكر�ي”، ال�ت “رحهلت غاندي الصغ�ي

� صورة لشخصيات ي �تالتشويه والعبث، الراوي هو “اليس”، إحدى نبات اهلوى، ال�ت

مارس والذي بغاندي امللقب املقموع البسيط الشخص ، الكر�ي عبد وأهها الرواية

ا احلرب ي مزق�توت ال�ت ي ب�ي

ضلفية � ات املهن قبل أن يصبح ماحس أحذية أما احلض ع�ش

ب و”�ب “سينالكو” الصابون”، ة ئ

“را� خرى ئاال أمعال من ، �ائيىلي االإ واحلصار هلية

ئاال

ت إىل العديد من اللغات، تعت�ب محب ة أدبية فلسطينية و�ت ض ك�ب جا�ئ لت أ ي �ضالشمس” ال�ت

ض ض من الفلسطيني�ي وي قصص جيل�ي �ي شاتيال و�ت ي حمضض

، تدور � يملحمة الشعب الفلسطي�ض

ته وتتقاطع حياته مع جع ذكر�ي صية املناضل املسن “يونس” الذي يس�ت ض شمن خالل س

سة عقود. ض عاشوا النكبة وما بعدها ما مدار محض ض الذ�ي العديد من الفلسطيني�ي

رحهلت غاندي الصغ�يلبقع السوداء صابع مليئة �ب

ئشفة وحالكة السمرة. اليدان واال ، أصابعه �ض ض ت�ي اكنت يداه صغ�ي

من ألوان ا عب ض ا. مل يكن غاندي الصغ�ي م�ض لد امللصقة فوق بع�ض ا قطع من احلب �ض

ئ، اك املتداخهلت

ض محل الصندوق، اختار عامل البو�ي الذي وط املهنة، وأنه ح�ي يديه، اكن يعرف أن هذه هي �ش

. لسان مرتفع كي يضع الزبون وعاد�ي

يدي والرصيف. اكن الصندوق خشبيا

ئحذية واال

ئيلون اال

احلذاء لغسل يستخدهما حالقة وفرشاة ، البو�ي لعلب صة ص حمض وات بض

و� فوقه، حذاءه

ن للتمليع، وخرقة سوداء مسيكة. لصابون، وفرشاة أسنان من أجل أطراف احلذاء، وفرشا�ت �ب

د أمامه غ�ي ب ك املطعم، مل �ي ا اكنت تنتظره. بعد أن �ت �ضئ غاندي هذه املهنة، جاءته اك

�ت ض مل �ي

ي صناعة التوابيت، وطلب منه ض

� ي “النبعة”، اكن متخصصا

ضار � ب

ضاقتناء صندوق. ذهب إىل �

أمام مطعم النبعة إىل احلمرا. وجلس . محل الصندوق ومسش من أن يصنع ل صندوقا

ئع ول ف�ي بعد إىل أمام مطعم “فيصل”. مل يسأل أحد ملاذا جلس هنا. �بت

“جرجورة”، �ش �

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د.. �ب

ة كتشفت محاقة ذلك املثل الذي يشجع عىل الر�ب ال�يع، وعىل املغامرات العا�ب اليوم ا

ي البداية.ض

كت �ض

ي قد �م أن تبكي بعدها املرأة ال�ت ي ال �ي

ال�ت

ي ض إىل قصتك ال�ت تك يوم بكيت أمامي وأنت تستمع�ي ك.. ر�ب

ضك بعد نوبة � مل أر�ب

ا . وكنت ر�بض

وا�ا تلك اللوحة بتأ�ش ملت ف�ي

ئ ي �تي تلك اللحظة ال�ت

ض� . �ش

ي أيضا

اكنت قص�تك مل .. ولكن ئ ي حلظة حنان مفا�ب

ضي �

ضني�ضت

ي، أو �

عىل وشك أن تضعي قبهلت عىل خد. تفعىلي

،

د ة عىل احلض اف أن تتحول تلك القبهلت العا�ب ض نا �ضنئ، واك

ضن نتصا�

ضقنا مثل العادة، و� واف�ت

ة.ئض النا� ك�ي ا إىل فتيهلت تشعل ال�ب

؟1 ض ساسيت�يئي النص اال

صي�ت ض شض س بط ب�ي � الذي �ي ما هو احلب

ديد؟2 ي احلب ما انتقادات البطل للجيل العر�ب

نون؟3 حلب كيف حمك البطل عىل نفسه �ب

مثهلت عىل ذلك!4ئجيال اذكر بعض اال

ئض اال طرحت الاكتبة فكرة االختالفات ب�ي

مثهلت عىل ذلك!5ئكرة املاكن. اذكر بعض اال كيد عىل أهية ذا

ئ ي النص �تض

ي 6ية ال�ت لشاعرية، اذكر بعض التعاب�ي الصور الشعر ي �ب

ض أسلوب مستغا�ض يتم�ي

بتك! أعب

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! ي أصبحت دون أن تدري.. أمي، وال�ت ي

تكون ابن�ت

ذلك، موقفنا تناقضات ا لك ف�ي بملكة واحدة، أخترص ا أجيبك حلظ�ت أن كن �ي واكن

ي قلت شيئا

اهك من عواطف متطرفة.. وجاحمة. ولكن�ض بت

ا لك ما أشعر به � وأخترص ف�ي

آخر.

أن تلبسيه من أجلك أنت.ي أيضا

ي ذلك، ويسعد�ضقلت: يسعد�ض

كرة أب مل ض عنه، وال من ذا ي الذي تبحث�ي من املا�ض

مي شيئا

ال بد أن تعي أنك لن ت�ض

ن نتفرج ض

كرتنا و� ا. إننا ال نكتشف ذا ا وتلتحمي �ب مي قسنطينة بعادا�تتعرفيه، إذا مل ت�ض

ا عندما نمل�ا، عندما نلب�ا ونعيش ن نكتش�ضض

يتية هكذه. � يدية.. أو لوحة ز عىل بطاقة �ب

ا. �ب

ي رمزا

كر�ت ي ذاض

أة عالقة عاطفية. لقد اكن � بض

ي به �، لقد أصبحت عالق�ت

هذا السوار مثال

كن أال تلبسيه. وتظل لك كتشفت هذا يوم رأيتك تلبسينه، واكن �ي مومة دون أن أدري. ائلال

كرة ن.. أن الذاآض اال م�ي ض النسيان. هل ت�ض ي دهال�ي

ضة �

ئ� رها داخىلي �ض ب

ضي �

حاسيس ال�تئتلك اال

؟ ي حاجة إىل أن نوقظها أحيا�ض

ض�

أيضا

. وكنت ض منذ سن�يائ� �ض اكن

ماردا أوقظ داخىلي أدري، أن مك كنت أمحق.. كنت دون

ض �يار تمليذة، وتتلق ن�ب ض ىلي �ب ي من فتاة إىل مدينة. وكنت تستمع�ي

ي مح جنو�ضض

أحولك �

، تعاليمه وأوامره من منوم يفعل به ما يشاء. ي جلسة تنو�ي مغنطيسيض

ص � ض ش س

ي امك يتل�تملكا�ت

رك احملرقة. ويضك، وعىل السيطرة عىل �ض ي عىل �تكتشفت يوهما قدر�ت ا

يقة.. معيقة. ة، عر ي �ي أن أحولك إىل مدينة شاهقة.. شاحمضض

رت � وقر

ي قسنطينة ما..حمكت عليك أن تكو�ض

نون. حلب وكنت أحمك عىل نفسي �ب

***

النفعاالت ض �ب هلزات النفسية، مشحون�ي ض �ب قنا مثقل�ي أطول ذلك اليوم.. واف�ت وقتا

قضينا معا

، وسط دموعنا ي عشناها خالل أربع ساعات من احلديث املستمر. قلنا الكث�يالشديدة ال�ت

أخرى. يف أحيا�ض ، ووسط مصتنا احملض

ة أحيا�ض املاك�ب

م ض

ض ال دموع هلم، � ول مرة. كنت أحتقر الناس الذ�يئض ال ي رأيتك تبك�ي

�ضنئا ال ر�ب

كنت سعيدا

ام. ون االح�تض مه ال يستحق ي احلالت�ي

ضة.. أو منافقون. و� إما جبا�ب

كتشفته ذلك اليوم. ك وأبكي مهعا. واكن هذا أروع ما اض

ي كنت أريد أن أ�كنت املرأة ال�ت

لتعليقات الساخرة. يوهما تذكرت مثال طيط �ب ض ه دون �ت ول، الذي بدأ�ض

ئرت لقاء�ض اال

تذك

ا دون �ت �ب امرأة هو أن تضحهكا”، وقلت هاأنذا ر�ب ن �تئ يقول : “أقرص طريق ال

فرنسيا

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ض مدهوشة امم سأقول: ي دون سؤال. وقفت أمام تلك اللوحة. قلت لك وأنت تنتظر�يتبعت�ض

ي ض

� ة قشعر�ي ول، �ت ئاال اليوم ذلك ي

ض� اللوحة، هذه أمام ض تقف�ي رأيتك يوم .. ض أتدر�ي

ا، م�ضكدا ي كنت متأ

لها. ولكن�ض ض هذه اللوحة قرابة ما أ�ب جسدي. شعرت أن بينك وب�ي

.. أو صوابه. كتشف خطأ حد�ي ي أ عليك عسا�ض

سمل

ئولذا أتيت ال

ي حدسك؟ض

� قلت متعجبة: وهل كنت مصيبا

ض املكتوب عىل هذه اللوحة؟ ي التار�يقلت: أمل تالحىطض

ض عنه أسفلها: ال.. أجبت وأنت تبحث�ي

ا توأمك ض فقط. إ�ض سبوع�يئض هذه اللوحة �ب �ي ض ميالدك. أنت تك�ب ر�ي قلت: إنه قريب من �ت

إذا شئت!

يب لك هذا! يب.. عب قلت مدهوشة: عب

ا عن نفسك، فقلت: أليست هذه قنطرة احلبال؟ ض ف�ي نك تبحث�يئنظرت إىل اللوحة واك

ذه بطك �ب ي �تخرى ال�ت

ئا قسنطينة. وهذه هي القرابة اال ك�ش من قنطرة.. إ�ض ا أ أجبتك: إ�ض

ي مشيتك.. ض

تك.. �ي طل

ضت �

اللوحة. يوم دخلت هذه القاعة، دخلت قسنطينة معك.. دخل

ي سوار كنت تلبسينهض

ي هلجتك.. و�ض

ي بعض املناسبات.. ض

أن ألبسه � دث أحيا�ض ي “املقياس”.. �ي

�ش قلت: أتع�ضفكرت قليال

. ولكنه ثقيل يوجع معصمي

. لقد لبسته “أما” عدة سنوات متتالية،ومل تشك من ثقهل. ائكرة ثقيهلت دا� ن الذا

ئقلت: ال

ا العادة فقط! ي معصمها.. إ�ضض

ماتت وهو �

يل يثقل عليه ض حلب . كنت تنتم�يي ح�ة، ولكن مل أقل لك شيئا

ي صو�تض

مل أعتب عليك. اكن �

. ض ثواب عرصية من قطعة أو قطعت�يئة �ب بية القد�ي ثواب العر

ئء. ولذا اخترص اال ي

محل أي �ش

ض ل. واخترص التار�ي لع عىل عب ض ىلي خفيفة تلبس و�ت ة، �ب واخترص الصيغة واحلىلي القد�ي

.. ي ي الشعر العر�بض

ض � ي كتب مدرسية، وا� أو امس�يض

ض � كرة لكها بصفحة أو صفحت�ي والذا

ة أخبار ض ن�ش ي املناسبات، ب�يض

ا إال � كر�ت وطان ال تلبس ذائن ننتمي ال

ضلن أعتب عليك، �

لع امرأة أثواب ض ضواء، وينسحب املصورون، امك �تئلهعا عندما تطفأ اال ض وأخرى. و�عان ما �ت

ا. زين�ت

ض عن خطأ مل تتعمديه: إذا شئت سألبس ذلك السوار من أجلك.. نك تعتذر�يئقلت واك

أيسعدك هذا؟

زن. �با اكن مضحاك تلقائيته، ور�ب

ض ما، ر�

شيئا

ينا ي الكمك. اكن املوقف حز

فاجأ�ض

كن أن ي اكن �يض عىلي أمومتك. أنت الفتاة ال�ت ، وكنت تعرض�ي ي

كنت هنا أعرض عليك أبو�ت

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40

يأحالم مستغا�ض

(1953)

ية زا�ئ ي الثورة احلبض

بية. ابنة مناضل � للغة العر ية تكتب �ب شاعرة وروائية وأول أديبة جزا�ئ

ا هر�ب ها اضطر إىل اللجوء إل�ي ن أ�ب

ئي تونس ال

ضي أمعاهلا. ولدت �

ض�

معيقا

ا كت ذكراه أ�ش �ت

زا�ئ �ش عىل ي من جامعة احلب دب العر�بئي اال

ضادة � . حصلت عىل �ش من املستعمر الفرنسي

نظمة ئواال الفساد ا �ت روا�ي ي

ض� ي

مستغا�ض فضحت ريس. �ب جامعة من الدكتوراه ادة �ش

ديد. من أمه أمعاهلا “فو�ض احلواس”، ي وأشاكل االستعمار احلبالسلطوية والتطرف الدي�ض

ا سد” وقد اعتمدت الاكتبة ف�ي كرة احلب رها فرواية “ذا سود يليق بك” أما أ�شئ” اال “عا�ب ��ي

، رث البطوىلي للجزا�ئ الإ ي املتمثل �باز املا�ض �ب زمنة والتداعيات النفسية الإ

ئال عىل التالعب �ب

ض جساد الذ�يئكرة ال نينيات لتتحول الرواية إىل ذا ة ال�ش ي ف�ت

ضيد، وما آل إليه � بلد املليون �ش

ية عن روح زا�ئ ي ابتعاد احلكومة احلبم. انتقدت مستغا�ض نف�م من أجل وط�ض

ئوا �ب

ض�

ي ض

عت � لسلطة و�ب ية �ب جواز مك الطبقة ال�بت

الكية والفساد و� دارها إىل االس�تض

الثورة وا�

ي ض

ا � سورها وجباهلا الشاهقة. أما لغ�ت ب ض املرأة والوطن، واحلبيبة ومدينة قسنطينة �ب الدمج ب�ي

ي معقه وشفافيته. املقطع التاىلي يتحدث عن الفصول ض

� رائعا

منثورا

ن تكون شعرا

ئأقرب ال

ض خالد، مناضل سابق فقد ذراعه خالل حرب التحر�ي ة لعالقة حب مدمرة ب�ي خ�يئاال

ن الر� وحياة ابنة املناضل زا�ئ واالنتقال إىل فرنسا حيث ام�ت واضطر للرحيل عن احلب

. ي حرب التحر�يض

املعروف السي طاهر زميل خالد �

سد كرة احلب ذاا، لو احتضنتك بذراعي الوحيدة، امك مل نظرت إليك خلف ضباب الدمع. كنت أود حلظ�ت

ض ي ماكنك، متقابل�يض

، وبقيت � يي ماك�ض

ضي بقيت �

. ولكن�ضأحضن امرأة، امك مل أحضن حملا

ي مل ض والشوق.. وكث�ي من الغيوم ال�ت ما ج� �ي من احلن�ي ، بي�ض ض �ي ض ماك�ب هكذا.. جبل�ي

. طرت�

مه من قصة، كنت ئي تذكرت الفصل اال

ن�ضئرت تلك اللوحة، واك

ي ملكة ج�، وتذك

استوقفت�ض

ا. وقفت وقلت: تعاىلي سأريك ق غراب�ت

ي أصد، عسا�ض

ا لنفسي أيضا ا أرو�ي ا لك، ور�ب أرو�ي

.شيئا

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ا املثل، لكنه، هذه ب �ب ي �عة التقييد يرصضض

مالء ال تضاه، وقدرته � اراة االإ ي حمبض

همارة محو �

ية جليسه بش

ي سض

� غليان وفيض رآه من ملا والتنميق التنقيط جيل ئ �ت إىل املرة، اضطر

وخاطره. ]...[

ء إىل العمق؟ ]...[ يي لك �ش

ضض خلدون � نح ا�ب ب در محو جليسه بسؤال: العمق! ملاذا �ي �ب

ي ض

واه إال �ض

، فمل أجد �رت فيه من قبل طويال

هل إن شئت - قد فك ي �ي محو - وسب “جوا�ب

. ولواله أو يذب�ض ب ي إليه و�ي نح �ب ب س والقواعد، هو الذي �ي

ئكون العمق، أي دنيا اللب واال

وهام؟ئد ماذا غ�ي بيداء القشور واال ز�ي

ئبدونه، ماذا يب�ت غ�ي املسطحات واال

ك�ش ي أقدر عىل أا�ض ، �ت ي �و أو مغفهلت

ض، أو ح�ت � ههلت ي حمب

ض “تصور لو كنت حيال العمق �

م بش�ت أنواع التلهيات والسكرات! لو �يئ اال

ملظهر والتخندق فيه، مرصفا من اللزوق �ب

ي ذهب وأح�ش ذه�ض

تاء من قطري، أ� ر الهل! لكنت مثل ألوف الف�ت

حدث ىلي هذا - ال قد

ال أخبار الس�ي السلطانية واملفاخر واملآ�ش ، أو لكنت نق ي

ترصات واحلوا�ش ي وضع احملضض

لكه �م واستعماهلم م وسكنا�ت ب الوقت والرقاب، عن حراك�ت اء الذهب عن أر�ب �ب

ية، اكتبا م�ي

ئاال

ت اعة للحاك�ي رحالت عىل وجه البسيطة. محبا كنت أيضا ار. لو حدث ذلك لر�ب لليل وال�ض

يبة. والصور الغر

ية؟1 ض هية التار�يئذه اال ض خلدون وملاذا يتمتع �ب من هو ا�ب

ض خلدون نفسه من وجوه العمل الاكحلة املتشنجة؟ وهل ينفر من 2 هل يعت�ب ا�بت؟ احلاك�ي

ي لك ما يفكر فيه؟3ض

لعمق � ض خلدون �ب �ت ا�ب ملاذا �ي

لعمق؟ 4 مه �ب ض خلدون لوال اه�ت ماذا اكن سيحدث ال�ب

ك؟5 ي ذلف

ح � بف

ل � ه ة و هن واضيع را م ة ف ملعالب ن التار�ي م ب ف استفاد الاكت كي

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بنسامل محيش(1949)

ط �ش سافر ي الر�بض

بع دراسته العليا � ي مدينة مكناس و�تض

ي معارص ولد � مفكر وأديب مغر�ب

ادة الدكتوراه. ع �ش عىل �ش ي الفلسفة وعمل االج�تض

ريس حيث حصل عىل إجازة � إىل �ب

نسانية داب والعلوم االإآي لكية اال

ض�

أستاذا

ي املغرب ويعمل حاليا

ضشغل منصب وز�ي الثقافة �

ها من منظور فكري ية وعاحلب ض ر�ي صيات �ت ض شته من وقائع وس ط. استلهم معظم روا�ي لر�ب �ب

أدبية وفنية مبدعة يقة ض وأسقطه عىل احلارصض بطر التار�ي فأعاد صياغة ي جديد وفلس�ض

الفلسفة ي ض

� والبحث والرواية الشعر ض ب�ي بنسامل محيش إنتاج يتوزع ساخر. وأسلوب

نون احلمك”، ته: “حمب بية والعاملية. من أمه روا�ي ض العر وا�ئ . حصل عىل العديد من احلب ض والتار�ي

ة وي الف�ت ي �ت” والنص التاىلي مأخوذ من روايته “العالمة” ال�ت ي

” و”معذب�ت ندلسيئ“هذا اال

ع، وهي عبارة عن ض خلدون مؤسس عمل االج�ت ، ا�ب �ي ي ال�ش ة من حياة العامل العر�ب خ�يئاال

ة بته املر�ي ر بت

ي العمران و �ض

يته � ا نظر ض خلدون عىل اكتبه محو يستعرض ف�ي ا ا�ب ل�ي مالت �يئ �ت

مع حاكم القرن الثامن اهلجري. الرواية مقسمة إىل ثالثة فصول. يعرفنا الاكتب من خالهلا

ض خلدون ا�ب دثنا عن ض وقوانينه و�ي التار�ي تقلبات ي ض

املؤرخ واملتأمل � ض خالدون ا�ب عىل

ي عالقة ض

رأيه � يستعرض مل امك ئاال اهلواجس وخيبة زن وتعذبه يتأمل و�ي الذي نسان االإ

ي يار احلمك املب�ض ي مرحهلت ا�ض

ضته السابقة � مالته السياسية ومراجعته لنظر�ي

ئ حلاكم و�ت العملاء �ب

ض فصاحة اللغة مع ب�ي ب ي اختيار أسلوب كتابة �يض

ع الاكتب � عىل الظمل واالستبداد. وقد �ب

ا. بية املعارصة و�ول�ت ض خلدون وبساطة اللغة العر ي كتب ا�بض

بية الواردة � العر

العالمةد، فيطلب من اكتبه تقييد ي احلب

ض الكمه � ملكا حلج

ض خلدون أن يطرق متأمال اكن من ديدن ا�ب

ي من لها ح�ت ال يظن أ�ض ل عىلي �ي محو هذه اللطيفة، سب

ملحوظات، قال هذه املرة: “سب

ية أو مربعة، وال يدركون رون بطرق دا�ئض يفك وجوه العمل الاكحلة املتشنجة، أو من الذ�ي

ت املمتنعة، وال ي ال أنفر من احلاك�يل أ�ض رقام. سب

ئي ظل املعادلت وهيمنة اال

ضالوجود إال �

، جائهلت صائهلت ض ي التار�يض

ض أراها مؤثثة أهمات املصادر � ستحالت مدلول لفظها إال ح�ي ر �ب أ�ش

قد مدقق. ]...[ من دون راع حمقق وال �ض

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رات، : السوق، الز�ي ة مدة طويهلت ض أشياء كث�ي ي وب�يزن خفيف، كيف وقفت هذه بي�ض �ب

ي احلزن عند موت ض

يبة، أو صديقه، أو ملشاركة � ولود قر رات الطارئة، الفرح �ب ح�ت الز�ي

ا، والركوب ي الوصول إل�يض

هلواجس التخطيط للك حلظة �أحد الناس. السيارة اكنت رمزا

ور ض ي�ش �ت س، رئالنتظار الطويل. دون فتور أو �ي ي متناول اليد. اكنت مرتبطة �ب

ضا. ومل تكن � ف�ي

ة. هة قص�ي ض ي �ضض

ي الطرق املعبدة، أو �ض

لتجوال � ي رشيد �بي منطقتنا، أو يسمح مزاج أ�ض

مع�ت

حلرية. ا فقط أشعر �ب ي كنت أثنا�ئعراس ال�ت

ئر، اكلسنة. لوال لياىلي اال ر اكل�ش ن اليوم اكن �ي

ئال

ق ىلي ال�ر إىل أن يطل الفجر. ا �ي وق�ت

ي احلياة 1ض

ا ىهس عن الصحراء وما شاهدته � يل�ت ض ي �تض الفكرة ال�ت ما الفرق ب�ي

الواقعية؟

ي الذهاب إليه؟2ض

غب � ي املسبح وملاذا مل تعد ىهس �تض

ماذا حدث �

ي تدل عىل ذلك.3مل ال�ت ثت الاكتبة عن تناقضات غ�ي حمتمهلت اذكر بعض احلب

د

ت�

بتك وملاذا؟4 ما أعب ر” أ�يتض “ىهس” و”� ض الشخصيت�ي قارن ب�ي

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ي ض

ي يطل عىل أنوار بعيدة. � ي لك غرفة. الشباك الزجا�بض

اء قبل الذوق � من مصمه ]...[ ال�ش

ت وأساسات متينة. من قال إن هنا �راء؟ ولك مكو�ض، جسورا

ا ار رأيت ميناء كب�ي ال�ض

املدن موجودة. ]...[

كة الفندق أسبح وأقفز لت إىل �ب ض .. �ض ي اليوم التاىلي لوصوىليض

أردت اليوم أن أفعل، امك فعلت �

دد تتقال، وأ� ي الذي أ�ت ىلي بعص�ي ال�ب

تلزيت، وأبت� للسا� ي �ب

تشبة، وأدلك سا� من عىل احلض

احة، لكن ما عادت روح ذاك اليوم تتكرر. �ب

الزرقاء، املتينة �ي والامسش البحر”، “أخرصض املسبح، موزاييك لون مل

ئ أ�ت وأ�ض فكرت

ة احلداثة. انق سلخ ق�ش وه احلض ب ة، النظيفة وكوب العص�ي البارد. الواقع �ب ج املر�يض

لو� ض والش�ي

يفرق الطاوالت، ب يرصض الرجال أحد دخل أن بعد املسبح، إىل ذهبت عدت ما

فن والقليالت بت

� ض واملستحمات، احتمت معظم النساء، بغرف التبديل وهن �ي املستحم�ي

ب جسام، أخذ يرصضئا�ش النظر إىل اال

تري. أحد الرجال � ب من ما �ي جنبيات مل ي�ض

ئمن اال

بط ي املسبح، وأخذ رأسه يعلو و �يض

خرى، زلت قدمه �ئبعصاه وهو يلتفت إىل الناحية اال

وياكد يغرق.

الشمس احلارقة، ض

ية وأ�ض أدفع ر� الدخول. ر� ض نلك�ي الإ حرصت هذا اليوم عىل التملك �ب

، أمسح العرق: “دخيلمك، ساعة ياستلقيت عىل كر�ي املسبح، أبعد شعري عن رقب�ت

ب والرطوبة “ ]...[ ي أحد سوى الذ�بي بعد ضل.” وما مسع�ض

ا البلد ما في�ض واحدة �ب

رت�

ء جامد أو متحرك. تنفست يي ملكة.أحمك الشارع ولك �ش

�ضئي السيارة وحيدة اك

ضجلست �

ي إىل السيارة. مل يعد ركوب السيارة أمنية سود أنظر بطرف عي�ض

ئ الغطاء اال

ض... ر�

طويال

يبة. أفكر أن ة وقر ، أمر ع�ب الشوارع ب�عة وأفرح. ما حسبت املسافات قص�يوحملا

ي دقي أن أفعل ما أشاء. ملا رأيت لون السيارة عند الباب املشقوق وهي تنتظر�ض

ستطاع�ت �ب

ت ن بنا�يآم احلارة. أالحظ اال �ي

ئي اال

ض. امك يدق لتخيل الفاهكة املنعشة واملاء البارد، � ي قل�ب

ارها. بش

ا من رخام وبالط يملع. فلل وأس ا�ت ا من الزجاج. أبنية أخرى وا�ب ا�ت عالية، وا�ب

انية ولبنانية.عشب كستانية، �ي يالنكية، هندية، �ب ية وس�ي مطا� أجنبية. فيليبينية وكور

ي بقع متعددة. ورش فنادق ومعران. ض

أخرصض �

ا. أوشكت مرة عىل ي ال أستطيع الدخول إل�ي أ�ض

ضأهز رأ�ي متمتمة : “ما شاء الهل” ر�

ء، ز�يئض لعرض اال ي “بتول” تذكرت�ي

يت ىلي ولزوجة أ�ض بيض. بعدما اش�تئدخول الفندق اال

ض يعيشون حياة أخرى. أرى جانب الذ�يئلكن العرض منع عىل اللك، لك هذا للرجال واال

جد نفسي أفكر ئزرق ال

ئسس فرش السيارة اال

ت يدي أ�

مزخرف البالط ]...[ أمد

عاليا

سورا

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حنان الشيخ(1945)

رأة متحدية ب بية، فكتبت �ب اكتبة لبنانية متحررة رفضت الواقع الذي تعيش فيه املرأة العر

ي الصحافة ض

. معلت � ي ي العامل العر�بض

ض � هل السائد�ي عراف والتقاليد، وأدانت التأخر واحلبئاال

ي ض

هلية �ئي ومرص �ش رحلت إىل لندن عقب اندالع احلرب اال ليج العر�ب ض احلض وتنقلت ب�ي

ة لبنان. تكشف أمعاهلا القصصية والروائية عن إبداع أنثوي استطاعت من خالل معاحلب

مواضيع حياتية بعمق وموضوعية من خالل لغة عذبة مشوقة. من أمه أمعاهلا “انتحار رجل

كنس الشمس عن السطوح”، “صاحبة الدار ة للجدل، “أ ميت”، “حاكية زهرة” املث�ي

بع نساء من بة أر ر بت

ا هذان املقطعان. تدور الرواية حول � رزاد” و”مسك الغزال” وم�ض �ش

ة ز�ي ي شبه احلبض

النفطية � املدن ي إحدى ض

تلفة � جنسيات وطبقات وخلفيات فكرية حمض

ي ض

مريكية تندمج �ئديدة وسوزان اال ي التأقمل مع الظروف احلب

ضبية. ىهس اللبنانية تفشل � العر

ي ض

ا � يع أهوا�ئ ي محب�ض

ي املدينة ف�تض

� ا أما نور املنحدرة من أ�ة غنية جدا يق�ت الواقع عىل طر

ا صي�ت ض شي ابنة املنطقة بدورها وتتقاطع س

ضر، �

تحماولت للتغلب عىل امللل والفراغ عىل عكس �

والتقاليد ور� العادات التغلب عىل اول ت

ا � لك�ض صل ئاال كية ال�ت ا صية جد�ت ض ش

مع س

مستقبلها من خالل العمل.

مسك الغزالىهس

ت، بل مصمت أن خر�يئزور اال

ئي البيت مل أهرع كسابق هعدي ال

ضي �

ول ملكو�شئي اليوم اال

ض�

ة ، امك فكرت و أ�ض أطل من شباك الطا�ئاما

تلتاىلي أن أفكر � تلفة، و�ب أعيش هنا بطريقة حمض

يبة ا، وح�ت أصبح قر و�ضض

ي معا لتفسش ي إل�ي

كنة تشد�ض ول مرة. الرمال سائوأرى الصحراء ال

يبة بل والقمر الواسع والنجوم القر غرافيا، وبيوت الشعر واالإ ض واحلب ا ومن كتب التار�ي م�ض

، لوال ي مطار عامليئ، اك والواحات وال�اب والظمأ وحب اهليل. لكن املطار الواسع والكب�ي

اد حدث الوسائل، الطريق إىل الفندق أوتس�تئ �ب

هزا سيوية، اكن حمب

آقية اال ة الوجوه ال�ش ك�ش

ا. املطا�، قل�تض

ار موجودة ر� بش

سئة، اال ضواء، البلدة مشعشعة، السيارات كث�ي

ئواسع. رأيت اال

و إن فشل ا. اكن الفندق فاخرا الفنادق، تصام�ي هندسية مبدعة، متفوقة وصارخة بعرصي�ت

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عيننا... هه هيا..ئاملوكب، فال تدعي أنك ال تعرف. لقد رأينا ذلك �ب

ملطر، لت علينا �ب ض - والهل كنت تعبان... تعبان والهل، الصحراء، الصحراء طردتنا، الصحراء �ب

... أ�ض تعبان.. تعبان من الصحراء ، أ�ض ال أملك شيئا ىلي ي ومحب

ق�ت فلجأ�ض إىل املدينة.. بعت �ض

كن أعرف. والدنيا والناس ومل أ

م. .. ولكنه بدأ يعرف... بدأ ي�ضمل يكن يعرف حقا

ا البدوي. ما أشقاك أ�ي

. دفع أجر الفندق. ض �ش أطلقوا �احه. عاد إىل الفندق الرطب القد�ي حمطما أوقفوه ليلت�ي

ي بعض الدقيق الته وخرج. خطر ل أن يش�ت ه وأطرافه. تناول حمض غسل بقع الدم عىل و�ب

... رداء العطسش ية احلب ات ال�ب .. والشج�ي ي الصحراء القاحهلت اءت ل روا�ب اجع. �ت ولكنه �ت

... و.. ح القبىلي ار ال�اب الراقصة الساخرة... وال�د.. .ال�د املتدفق مع ر�ي والبحار... �ب

قته هل و�ض عىل بيع محبدما لغناء �ض �ب

ي الصحراء، حاملا

ضفاف. خرج من املدينة وهو يفكر � احلب

ح�ت لفحته أول نسمة �د قبلية.

ا ت

ز� ملها بفضول قبل أن �يئ قية...�ت ات �ب ة جن�ي رج من جيبه ورقة ع�ش ض تنفس بعمق وهو �ي

أنه قد ت متبددة... مل يكن يعمل طبعا ... فتنا�ش ة نسمة القبىلي ي موا�ب

ضا � ة أل�ت �ب صغ�ي

قطعا

بد... إىل الصحراء إىل ال�اب. ئمزق رأس امللك. اكن يعمل فقط أنه يغادر املدينة إىل اال

ي أن يغ�ض

ر ذلك اليوم... ولكن هل ما زال البدوي قادرا خرج البدوي من املدينة بعد �ض

مرة أخرى؟!

ر الصحراء؟1 ب الغناء؟ وملاذا هب ملاذا اكن البدوي �ي

ء قام به قبل مغادرته املدينة؟2 يملاذا رجع البدوي إىل �رائه؟ وما آخر �ش

مز؟ 3 أيك؟ وإىل من �ي هل سيستطيع البدوي العودة إىل الغناء �ب

مز الصحراء؟ 4 إىل ماذا �ت

ما الاكتب.5 ض الصحراء واملدينة امك وص�ض قارن ب�ي

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ض! عن أسنانه الصفراء: ا�ضا �ت مك�ش

تسود الضخم رلكهت قاسية و�

ئاال

مر أن ئم؟ هل يستدعي اال وري أن ي�ض م، ولكن هل من الرصض نه مل ي�ض

ئمل يتحرك البدوي، ال

ض؟ ي�ض

ض �ي لكب - هيا ... ا�ض

وهو يتقدم خطوة ويدوس عىل أصابع قدم البدوي بوحشية.

�ت الرجل طويل القامة بغلت�

ي ض

م، جرجروه وألقوا به � بوه فرصة لل�ض م مل �ي رة أليمة من صدر البدوي.. ولك�ض أفلتت �ض

اور... ي الزقاق احملبض

سيارة اكنت تقف �

ض جلس قص�ي القامة إىل جواره. سأل ي ح�يض

ته، � ي موا�بض

ي املكتب جلس طويل القامة �ض

طويل القامة: امسك؟

يب: عبد الهل.. ب ه قبل أن �ي سس الكدمات عىل و�بت

بصق البدوي الدم، و�

- لكنا عبيد الهل

. ي- أعرف.. ولكن امسي عبد الهل.. عبد الهل القا�ض

؟ - من أية قبيهلت

. - ال أنتمي إىل قبيهلت

وراق: العنوان؟ئي اال

ضن جوابه � حدجه الرجل طويل القامة بنظرة شك قبل أن يدو

- الصحراء..

- الصحراء؟

- الصحراء. ليس لدي عنوان آخر.

؟ وال�ض تار �ب حدجه بنظرة شك أخرى قبل أن يدون جوابه: كيف جرؤت عىل االس�ت

!؟ - موال�ض

ض اللكب، وىلي نعمتك، امللك. - نعم.. نعم.. موالك �ي ا�ب

- امللك؟

رب، ا احملض ي أ�ييب امك ينبعض ب

تعلك � ب

ض، سوف �

م.. حسنا نك ال ت�ض

ئ.. تتظاهر �ب - ما زلت تتغا�ب

هيا..

لداخل. عادوا به بعد ز بعينه لزميهل. تقدم رجل آخر... جرجروه إىل غرفة مظملة �بض

مع

ساعة.

رأت ومسحت لنفسك بت

ن عرفت من هو امللك؟ ملاذا �آوعاد الرجل طويل القامة يسأل: اال

ك املارة بوصول ر أمامك دون أن تتحرك؟ لقد ن�ب الستلقاء عىل الرصيف وموكبه �ي �ب

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م هنا �ت رون عر�ب ب ون و�ي والون يتصا�ي م... الباعة احلب يسارعون إىل إغالق متاجرمه وحواني�ت

ي الرصيف وعىل وجوههم ي طواب�ي طويهلت عىل جان�بض

وهناك. املارة يتقافزون �ش يصطفون �

تعب�ي واحد، هل هو امتنان؟ هل هو خشوع؟ هل هو خوف؟ نعم احلضوف... إنه يعا محب

ض! كيف ، ا�ضتوف.. نفس احلضوف: � ض ب منه أحد املارة ولكزه بقدمه وهس �ب احلضوف. اق�ت

رؤ؟ امللك، امللك قادم، موكب امللك هيا... وانطلق إىل حيث يصطف املارة، ولكن هل بت

م البدوي!ض

رك البدوي؟ هل �ت

ه ما مع�ض �ب ض مللك ولكن الصحراء مل �ت م. هو ال ينكر أنه مسع �ب نه مل ي�ضئإنه مل يتحرك ال

لث ورابع وعا�ش ن و�ش ه بوظيفة امللك وهلذا مل يتحرك ح�ت عندما جاءه �ش �ب ض امللك.. مل �ت

م . م�ض ض ض املنتظر�ي ي زحام املصطف�يض

تفون � ض لركوع �ش �ي مرونه �بئوض، بل و�ي ثونه عىل ال�ض �ي

ي ض

كض � م من �ي ي عينيه وعيد مكتوم.. وم�ضض

ي و�ت�ض ض م من �ي ي حلال.. وم�ض

�ش ي وهو �ي�ض من �ي

لسدر مل �ب ي مشلكهت أخرى... اكن �يض

نون. ولكن البدوي اكن يفكر � أنه حمباز معتقدا ض �ئ امسش

ي نفسه ض

بدي قال �ئالء اال والبطوم والغزالن و�اب القيلولت و... الغناء. وملكا تذكر الغناء واحلض

من الركض خلف الغزالن ومصارعة ال�د وال�اب سون عاما . محض ي

يك�ضسون عاما “محض

.”اما

تي �

يك�ض

ض نه مل يذق حمك الفرنسي�يئنه.. ال

ئ. ال ي

تك�ضض عاما س�ي ن حياة محض

ئمن حق البدوي أن يفكر �ب

ي طرابلس.ض

دثه عن سلطان واىلي االستانة � وال الطليان ووالده مل �ي

تلر! ، ومل يسمع �ب يهو مل يعرف غراسيا�ض

ا.. تتشاجر و.. ا... تدوس بع�ض ك�ب نا ول إىل كتل من الب�ش تتدافع �بت

امح... � ض بدأ الشارع ي�ت

.... �ش تعاىل الرصاخ والزعيق واهلتاف. مسع ي انتظار املوكب... �شض

تتطلع إىل أسفلت الطريق �

الهل ورعاه، موال�ض سيد امللك، حفظه يا يعيش... �ي “عاش... مها ي�ض مل البدوي ملكات

نعمتنا، امللك، امللك”

ح املتجمهرون يتسابقون عىل الطاعة. املوكب، يلو

مر املوكب.

ما واخت�ض لص م�ض ض قة �ت ل و�ض ي محبض

م، اكن يفكر فقط � مل يتحرك البدوي، مل يستغرب، مل ي�ض

ربت ض

ا � ب�ي أن �يي دفع املكتوب... يتذكر غزالت رقيقة اصطادها بيديه حماوال

ض�

زا وعب

ال ب

حض

ي احلضالء ض

ي يتدفق �ي �اب ف�ض

ضية.. يذوب � بيع �راوي وأعشاب �ب ي ر

ضبعد أسبوع.. يفكر �

ينة تبدد سكون الصحراء ووحشة احلياة... و... ي أغنية حزض

بد... يستغرق �ئويندفع إىل اال

خر عىل يساره... أحدها طويل القامة، آينه واال صان. أحدها عىل �ي ض ش

ووقف فوق رأسه س

، ل أسنان �، متجهم أيضا ض احلب ، مكت�ض خر قص�ي

آض أمسر... صارم املالم، واال عريض املنكب�ي

ذائه ب منه ورلكه �ب تدي بذلت رمادية.. اق�ت . �يما ض ة... ينتعل حذاء أسود و�ض صفراء كر�ي

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ح القبىلي العاتية، ولكن يصيبه العجز لنار املوقدة.. ويقاوم ر�ي يواجه ال�د، ويكتوي �ب

ملاء. لعطش وتبخل عليه �ب املغفرة من الهل عندما تعاقبه الصحراء �بكع طالبا و�ي

طر هذا العام فإن الرمحة ت، فإن مل � ملاء لسنوات طويهلت ي السابق مل تكن الصحراء تبخل �ب

ض�

ي ض

. لكن الصحراء � ض ض متتالي�ي فاف طوال عام�ي ما يستمر احلبدرا ي العام الذي يليه و�ض

ضآتية �

م اليأس.. �ب

ميع بعد أن استبد جرها احلبض

فاف � ي احلبض

ادت �تة � خ�ي

ئمسة اال عوام احلض

ئاال

وأيقنوا بال جدوى انتظار الرمحة!

.... ال أهل... ال زوجة... وال صغار... ي الصحراء؟ أم�ض معره وحيدا

ضي للبدوي �

اذا ب�تض

اقص. وي�تئال

ئا سوى ال�اب يتال ا... مل يبق ف�ي والصحراء همجورة من أهلها ودوا�ب

توقف البدوي عن الغناء وقرر أن يلجأ إىل املدينة.

وته! قة ها لك �ش و�ضال محب

ش دخل املدينة �ي

فتسلل ا ض جن�ي هعما بثالث�ي ما فدلوه عىل السوق، �ب ص م�ض

كنه أن يتخل سأل املارة كيف �ي

كوا عليه، لو يعرف ض

م � أ�ضض

ة. وا� ما نظرة أخ�ي ي عل�يخارج سوق السور دون أن يل�ت

يل أهل املدن. بيض وعمله �بئ حاجته للقرش اال

ضك�ش ر� ذلك... ولكنه مل يقدر أن يساوم أ

بطه بد ويقطع آخر شعرة �تئاكن قد انتابه شعور غريب إذ شعر أنه يفارق الصحراء إىل اال

لغناء. ا و... و�ب �ب

فق بشدة. ض شونة بدأ ينقبض و�ي .... وح�ت أن قلبه الذي مل تعمله الصحراء سوى القسوة واحلض

أحد املارة

يبة قبل أن يدل قة غر ة ح�ت أنه أطلق �ش خرج ومل يلتفت ... غالب أشياء كث�ي

ة. لقرب من املدينة القد�ي عىل فندق قد�ي �ب

ة. وأسوأ من ذلك ض البدوي... مل يكن يعرف أن وحشته هي مرض أهل املدن الكب�ي مسك�ي

ي أول ض

ه وهو � امحب طيل.. قد بدأ �ي �بئطل اال مل يكن ليعمل أن اكبوس ما يسميه أهل املدن �ب

الطريق!

ي ض

ول مرة. و�ئرق ال

ئلعفونة والرطوبة، بال نوم. بدأ يعرف اال ء �ب ي الفندق املىلي

ضض � ق�ض ليلت�ي

ث عن معل. ي اليوم الرابع �بض

� . جديدا

رماد�ي

ى جردا اليوم الثالث خرج للسوق واش�ت

ن كته الناشئة. ولكن البدوي بدأ �ي ي �شض

لعمل مكبا�ش � م وعده مقاول �ب وبعدها بثالثة أ�ي

ث عن تلك ث عن حنجرته فمل تسعفه.. �ب ده... �ب ب ث عن صوته فمل �ي إىل الغناء. �ب

ي صدره ض

تنق � ض ا �ت كتشف أ�ض ينة فا يئة... اهلادئة... احلز الملكات.. الملكات البسيطة... ال�ب

إىل أن جاء ذلك اليوم.

لس بض

لتعب � ار، طاف البدوي شوارع املدينة ح�ت شعر �ب ي منتصف ال�ضض

ي ذلك اليوم، �ض

ض عينيه. أيقظته حركة ض

ر حلظات ح�ت أمعتدار. مل � ره إىل احلب �ض

رصفة مسندا

ئعىل أحد اال

ض املارة، التجار والبقالون يج.. رصاخ �ش هس، هس مريب ب�ي بض

ي الشارع... �ض

يبة � غر

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37

ياه�ي الكو�ض ا�ب

(1948)

يغ(. درس مازئي قبيهلت الطوارق )اال

ضي غدامس �

ضض ولد � ر الكتاب العرب املعارص�ي من أ�ش

دبية والنقدية. تنقل ئي العلوم اال

ضامعية � ادة احلب ي موسكو حيث حصل عىل ال�ش

ضي ليبيا �ش �

ض�

محب بية وعاملية و�ت ض عر نتاج حاز جوا�ئ سبانيا. اكتب غز�ي االإ إ �بض بولندا وسوي�ا ويق�ي حاليا ب�ي

ها وأ�ارها وجوهر إىل العديد من لغات العامل. تدور معظم أمعال حول الصحراء وأساط�ي

لغموض �ب ء مىلي أسلوبه القاسية. الصحراوية لطبيعة �ب نسان االإ بط �ت ي ال�ت العالقة

وس”، “واو يف احلجر”، “احملب ض ”، “�ض ية. من أمه أمعال القصصية والروائية: “الت�ب والشاعر

ول إىل وطن الرؤى ئروج اال ق قرطاجة”، “احلض الصغرى”، “جنوب غرب طروادة جنوب �ش

نسان ي تطرح مسألت انفصام االإخذت هذه القصة ال�ت

ا أ الامسوية” و”جرعة من دم” وم�ض

ا احلرية والتمرد عىل لك ي مقدم�تض

ثهل من ق�ي و�تاملعارص عن بيئته وعن الصحراء بلك ما �

أنواع التسلط.

؟ ض ا البدوي؟ إىل أ�ي ض أ�ي إىل أ�يبد ويلجأ إىل املدينة... أمر غريب أن يفعل

ئجر الصحراء إىل اال اليوم قرر البدوي أن �ي

أن يفعل ذلك... عاش

“لكن” اللعينة هذه، ولكن اكن ال بدائة دا�

شالبدوي ذلك! ولكن... �

من واد إىل واد، من سدرة إىل سدرة، ومن ي الصحراء طوال نصف قرن متنقال

ض�

وحيدا

ة أو يقتات ئلك الامك

ئي العام. �ي

ضع الغ�ض لقاء معزة � خالء إىل خالء، ومن �اب إىل �اب �ي

ل ر�ض زوجة صاحب ي الرمل إذا حدث و�ضض

ية أو يعجن الدقيق ويدفنه � عشاب ال�بئاال

ض أو نه مل يذق حمك الفرنسي�يئا ال . اكن هذا الراعي البدوي يعشق الغناء. ر�ب ي

القطيع، و.. يغ�ض

نه سعيد.ئي ال

ا يغ�ض تلر... أو ر�ب ي وال �بنه مل يسمع بغراسيا�ض

ئا ال الطليان، ر�ب

؟!ي عندما يكون سعيدا

ومن منا ال يغ�ض

ذاف�ي قاسية. هذه الصحراء رض تنفذ تعاليمه وحمكه �بئي اال

ضولكن الصحراء خليفة الهل �

ي تستطيع أن رانب والبقر الوحسش

ئهر، وتتفيأ الغزالن واال ض عل البطوم �ي ب

تملطر و� ود �ب ب

تي �

ال�ت

ا. وأسوأ ما تستطيع أن تفعهل موقدة ال همرب م�ضرا صىلي �ض

أو ت

ا أو تعصف ر�ي

فر �دا ض �ت

و يستطيع أن ض

� .ائشاه البدوي دا� ض ملاء! وهذا ما �ي ملاء... أن تشح �ب الصحراء هو أن تبخل �ب

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؟ سوداوان عىل عسىلي

ية الذكية: ا االعتذار ي من فوق لتحت وابتسمت ابتسام�تملت�ض

ئ ، و�ت التفتت إىلي

- آ مسرا �يح وعيونك سودا عىل عسىلي لكن لبسك...

ستوعب كيف أبدو لعيون الناس.ئي ال

ا � “الشالوم” وفتحت عي�ض مت ساع�تض

و�

بضغط ي فأحسست فورا

ي إىل غرفة الضيوف واكنت مغلقة. فتحت الباب وأدخلت�ضقادت�ض

اصة ة العفش والتنباك وثقل الزمن. وقطع العفش بنية م�تئ

اهلواء، هواء ثقيل قد�ي ل را�

املدخل احواض امتالء ض

ر� بالستيكية ورد قات �ب الزوا�ي ي ض

و� الشوارع. ي مكبا�ض مكة ا م�ت

ت قرآنية ومطرزات �يآلزهر الطبيعي النرصض واحليطان مغطاة بلوحات مذهبة ال واحلديقة �ب

خر من الغرفة طاولت طعام آي النصف اال

ضكنفا لراقصة إسبانية وطفل صغ�ي وورد أمحر. و�

و نفسه حلب دار وعربة شاي. وأحسست �ب ر ل مرآة بعرض احلبودستة كرا�ي ومكتب حمف

! ض ولك�ي ي �بض

ي دار أبو فاحل �ض

الذي شاهدته �

ل احلديقة وتعارفنا. هي ابنة معي ض

ي احلديقة بلصق احلائط نداري وهج الشمس و�ض

وجلسنا �

ردت مثل لك ي الكويت �ش ط

ضوج وبال معل. اكنت معملة � ض هلت ومل ت�ت غ�ي اللزم، امسها �ض

ض وشغل الصوف والشطف واملسح. وأ�ض امك لتطر�ي ش �ب

الناس بسبب احلرب، وهلذا تتفشي

يقرأ�ض الكتابة؟ أال أخاف أن امعة واكتبة كتب. أال أخاف من ي احلبض

مسعت أستاذة �

ء آخر. ونساء أمرياك امك مسعت يمرياكن �ش

ئبية أمرياكن، واال ي أمريكية و�ت

الناس؟ لك�ض، وللك ن ب�ولت

وجن ويطلق ض يبة وي�ت غر

ي اكلرجال، يشتغلن أشغاال

تلفة يع�ض يعشن حياة حمض

بية وبنت عرب، ي عر�ضئأفعل ذلك ال ي ال

أ�ض ض اليق�ي تعمل عمل ا واحدة صاحب، ولك�ض

س امك يقولون.صل يون

ئواال

؟1 ي تقصدها البطهلتملاذا امتنع السائق عن دخول البلدة ال�ت

ان”2 كيف وصفت الاكتبة بلدة “وادي الر�ي

طفال “شالوم، شالوم”؟3ئملاذا صاح اال

” وكيف اكن سلوهكا؟4 هلت كيف وصفت البطهلت “�ض

مريكية؟5ئهلت للفتاة اال ما هي نظرة �ض

ينة.6 بة الذي أحست به ز ي تعكس شعور الغرمل واملواقف ال�ت اذكر بعض احلب

شياء والترصفات اذكر أهها.7ئمكنة واال

ئي اال

ضيعرض النص سلسهلت من التناقضات �

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ت احلضط ، ومن هناك إىل نتانيا، وبتكسي إ�ائيىلي ع�ب

ي أول طيارة إىل مطار اللدض

وطرت �

ي السائق بعد أن ك�ض ان، وهناك عىل مدخلها �ت خرصض ح�ت وصلت مشارف وادي الر�ي

ئاال

ي ملت حقيب�ت

ضا، � اب من شوارهعا املأهولت أو ح�ت ضواح�ي رد االق�ت حمب

�ت �برفض رفضا

ض شنة. وح�ي ت احلض ج والنبا�ت حلفر والتعار�ي ء �ب ي همجور ضيق مىليي طريق أسفل�ت

ضومشيت �

ت يدي ظل

ئوصلت إىل أول شارع مأهول، انفتحت النوافذ �ش أغلقت ب�عة، لكن اال

. لفت يراك�ت

تي و�

ية من متابعة خطوا�ت ن الوجوه املتوارك

تها عن شقوق � �ي ض لستا�ئ �ت سك �ب

ت�

ء يس وال سيارات وال أوالد وال مارة، فلك �ش نظري ذاك الفراغ وذاك السكون، فال �ض

ت أشعة الشمس ت

ي �سش

تكن جامد هامد، ح�ت الالكب أمام الدور ال تنبح، والقطط � سا

ي �ضئ مال

يبا غر

ا ب ار الكينا تشلك مز�ي ب

شلت والزبل وعب�ي أس الز�ب

ئالساطعة ببطء وبالدة، وروا�

ض تطفو ولك�ي ي �بض

ت الطفولت � ي وذكر�يض آ�. وبدأت صور املا�ض حلزن واالكتئاب وحن�ي �ب

ا عىل وشك �تي وخل

يل�ت ا حمض ليط أحداث وقعت وأخرى حبك�ت ض ي �بيل�ت حمض

ئال

تعىل السطح و�

مكة من غ�ي انسجام تبحث ا بانيه امل�ت ي أطراف الشارع املكتظ �بض

الوقوع. وغابت عيناي �

مك ا ؤيته ومل أجد إال ذاك الفراغ وذاك الصمت وذاك ال�ت عن سر البلد الذي طاملا حملت �ب

ت من رئة وأطل ب ذو رص�ي وعوارض خشبية م�ت ض غرة انقطع الصمت انفتح �ب وعىل ح�ي

إىلي ق

د

تطفال �

ئاال ض وأخذت عيون ض مستنفر�ي طفال مشعث�ي

ئكسة ال خلفه وجوه مشا

ض وصلت آخر الشارع صاحت بنت بصوت حاد: “شالوم �ي ود وجسارة وح�ي بصمت و�ب

زن وغربة. طفال “شالوم، شالوم” فأحسست �بئمره” وصاح اال

رس وانتظرت يل إىل الزرقة ]...[ ضغطت احلب ب حديدي دهن بلون رمادي �ي وقفت أمام �ب

رقيق الثنا�ي يقول بلطف: “حلظة، حلظة” وانفتح الباب عن بضع دقائق قبل أن أمسع صو�ت

ي ثياب ض

ض وبسمة رصينة. اكنت ما زالت � يئت�ي ض جر ة ذات عين�ي وجه أبيض المرأة قص�ي

ت من وراء الباب وهي تتوارى للفافات. أطل �ب

مزهر وشعر ما زال حمبواك

يالنوم وروب بي�ت

خلفه، ورأيت بيدها عصا قشاطة وخرطوم حديقة.

ي ض مسعت رطان�ت ية ال�يعة، وح�ي ا االعتذار ي وتبت� ابتسام�ت

سست شعرها وهي تتأمل�ضت

عىل الباب تفتح وهي حب �ت فاندفعت �يع، م ض

� حملة ض الواسعت�ي ا عين�ي ي ض

� الحت

ت جذهعا لتتناول

رطوم ومد ينة!” وأسندت القشاطة ورمت احلض ينة، ز تف: “ز مرصاعيه و�ت

ي منذ ندفاع امك لو اكنت تعرف�ض ي �ب

وج، وقبلت�ض ي بكرم حلب ع�ض

ا

ضا رمع من يدي حقيبة السفر ومحل�ت

حب: نفعال وهي ما زالت �ت . ]...[ قالت �ب ض سن�ي

؟ غريب، غريب! يم؟ ومشيت مسش نع التجول وما شافوك وشفت�ي يت �ب - وكيف مر

م وف�ت ىلي خوف وحكيت هلا عن مشواري ومعا فعهل سائق التكسي اللئ�ي فضحكت ب�ض

ض فقط، وعليه، فإن عىلي أن �ائيلي�ي أن الرشق لالإالسائق من رشق احلجارة وف�ت أيضا

الناس؟ ملاذا؟ أال أبدو مسراء كلك العرب وعيناي

آخذ حذري من شك الناس. ومن شك

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سر خليفة (1941)

تقليد�ي

ي سن مبكرة زواجا

ضوجت � ض بلس و�ت ي �ض

ضمن أمه الروائيات الفلسطينيات. ولدت �

ا للتخىلي عن حياة زوجية تقليدية واالنرصاف ا ودفع�ت ت حيا�ت ة عام 7691 غ�ي لكن هز�ي

ي ض

ت � مريكية. عاحلبئادة الدكتوراه من جامعة أيوا اال صلت عىل �ش

ضللكتابة والدارسة �

ا واقعي . أسلو�ب�ائيىلي معا تمع وضد االحتالل االإ ا قضية نضال النساء ضد نظرة احملب �ت روا�ي

ا: “مل نعد جواري لمك”، “الصبار”، “عباد الشمس”، “مذكرات امرأة �ت عذب. من أمه رو�ي

ا ي يعي�شية ال�ت عية والفكر وضاع السياسية واالج�ت

ئي تعرض اال

اث” ال�ت غ�ي واقعية” و”امل�ي

�ائيىلي مستمر ا، فاحلصار االإ ي بعد توقيع اتفاقية أوسلو وخيبة أمهل م�ضالشعب الفلسطي�ض

ا امك أن وضع املرأة مل يتحسن ا السلطة الفلسطينية ذا�ت وقد أضيفت إليه سلبيات أنتج�ت

ينة، ة نظرها من خالل ز ة العادات والتقاليد. تع�ب الاكتبة عن و�ب ال أس�ي ض ا ال �ت �ضئال

عن ثا ك معلها وتعود إىل أرض الوطن �ب ي ت�ت

ي جامعة أمريكية من أب فلسطي�ضض

أستاذة �

ان” تتعرف إىل واقع احلياة ي قرية “وادي الر�يض

ا، و� اث أب�ي ا من م�ي جذورها ولتأخذ نصي�ب

صيات الرواية مثل مازن املناضل احملبط وامكل املهندس ض شتلف س الفلسطينية وإىل حمض

ي طردت هلت املعملة ال�ت لفشل و�ض ء �ب �ب

وعا املهاجر إىل أملانيا الذي عاد إىل بلده ليحقق م�ش

اب طفل ليحصل بض

اول إ�ت

ي �ينة ال�ت ي ز ي وفتنة زوجة أ�ب

تمن الكويت بعد االجتياح العرا�

اث. عىل نصيبه من امل�ي

اث امل�يي

ضيط ويسقط حقك � ىلي قبل أن ينقطع احلض

ا ما معناه: “عب ي رسالت من � ىلي يقول ف�يوصلت�ض

اث”. امل�ي

ي اقف أمام ا أ�ض دد، إذ أحسست ساع�ت ذت قراري بال �ت ض ، بل ا�ت ي التفك�ي

ض�

ومل أضع وقتا

ض هل الذ�يئؤيته، وحنان اال ها تمكن مالم البلد الذي طاملا حملت �ب فذة خلف ستا�ئ �ض

عت ا بال طائل، وعليه فقد محب ثت ع�ض ء إىل جذور �ب ، ودفء االن�ت م منذ الطفولت فقد�ت

ي لن أعود إىل واشنطن مت العميد أ�ض

ضي وسافرت. أخذت إجازة مفتوحة بعد أن أ�

أشيا�ئ

ذر إىل املقطوع. قبل أن أعرف من أهىلي وأعيد احلب

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ديدة. لية والصليبية احلب �ي م�ب نظمة الرجعية، العميهلت لالستعمار واالإئت وطأة أقدام اال

ت�

ال!

!؟ �ت لال هنا �ي سيد كوا�ب اذا أقصد �بض

ي بوعدي.ض

أعدك وسأحاول أن أ�

سأحاول! ]...[

مم ئئنا غليظة لسبقنا اال كتشاف. فلو مل تكن أذهان آ�ب ملكة ا

ا ب كث�ي غرافية اكن �ي أستاذ احلب

ا، اذبي�ت ب ض �ب رض مكبل�يئض إىل أد�ي اال ؤ�ض اكنوا مشدود�ي اكء هلم. آ�ب قل �ش

ئخرى، أو كنا عىل اال

ئاال

ن خاطر وغاص بلغه وعاد به، ض

ي البحر، �ض

ر �

ج نفو�م حلقيقة. فالد م سؤال وال تب�ت ال يقل�ت

. اكن ؤ�ض بقوا عىل الشاطئ . آ�ب ض ي حن�ي�ض ض ي عىل سطح املاء قرب الشاطئ مل يعد إال �ب

ومن ب�تالف. حبة

آي عىل اال

سباب. الزائدة الدودية اكنت تق�ضئتفه اال

ئوتون ال الناس قبل تطور العمل �ي

ا اليوم مرة واحدة، تنجيك من املوت أو من العطب. �ب دواء واحدة ت�ش

ض يكون الهل!؟ سأل أحد التالميذ. فأ�ي

ي كنت أخاف من إعالنه، �ضئئه ال ي وأقول أخب ي قل�ب

ضئه أ�ض � أخب

واكن هذا، واحلق يقال، سؤاال

ض احلقيقة العملية والهل: كنت أحب احلقيقة ، ب�ي يي وجدا�ض

ضلئال ينفجر الرصاع رصاحة، �

يع . واكنت هذه حال محب ف هلا عظامي بت

� افة �ت ، وأخاف عىل الهل حمض ي فق ل قل�ب ض �يالعملية حبا

من ذلك. التالميذ، كنت واثقا

ستاذ.ئي لك ماكن! الهل روح! أجابه اال

ض- الهل �

، أي ض دام طويال . وظللت أشعر بعطش دف�ي

اما

ت ولكن غ�ي اكف. فمل أرتو �

واب منعشا اكن احلب

يشت! للرفيق الاكتب عدة سنوات، أقصد ح�ت قرأت – قرأ�ض – م�حية حياة غاليليوسس ل�ب

، أ�ض الذي ال أنس، كيف حفظنا يشت! يوهما يوهما، أذكر جيدا تولد �ب امل��ي الشيوعي �ب

ر قلب. امل�حية عن �ض

�ت للحديث معه؟1 ما هي أحالم البطل؟ وملاذا اختار السيد كوا�ب

ملاذا يغلب الباكء عىل أدب العرب؟2

أيه؟3 ما سبب التخلف �ب

ي قلبه وملاذا؟4ض

بئه � ض ما السؤال الذي اكن البطل �ي

يشت عىل تساؤالته؟5 هل أجابت م�حية �ب

ي 6�ض ض رار”، “عاد �ب مثال مثل “احلبل عىل احلب

ئاستخدم الاكتب بعض التعاب�ي واال

�ا. ” ا�ش ض حن�ي

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... لفة. �ش الإ �ب

ة ما

، من شد ي ألست أنت الذي كتبت رواية “املعمل، أو مباراة الغو” حيث انعرص قل�ب

ن، ي اللعب حمكة اليا�بض

يقته � ي طرض

تعاطفت مع املعمل العجوز، الذي أحببت أن أرى �

.]...[ ) ها العريق )أقصد القد�ي ض ر�ي و�ت

ض هواء العرص، ا ع�ب حدث عادي، عن الصدام ب�ي ف�ي

نيت أن أؤلف مثلك رواية أتملكت �ش �

من عندي ما ض

ر� وذلك التقليد. أقصد رض، ئاال وأهل املنذرة، ية

املتحد احلداثة أقصد

كيد. لتأ ي هلا �ب ي بناء الرواية - مع تقد�يض

اض عىل طريقتك � اع�ت�ت ي السيد كوا�ب ض عز�ي

ها، ليس إليك الحظة أو�ب ث وموضوع احلديث، فامسح ىلي �ب

، احملدصيا ض ش

، أ�ض رشيد، س يا أ�ض �ب

ض يديه: كيد، فأنت دار، بل إىل قارئ آخر حمتمل قد تقع هذه الرسالت ب�ي لتأ �ب

. يملؤلف أنه أوجد�ض ي �ب

مع�ض ب . �ياما

ت، لست رشيد املؤلف � �ت ث السيد كوا�ب

أ�ض رشيد، الذي أحد

. ي أو نس�ب

ي، بل جز�ئ

. لكن... لكن هذا احلضضوع ليس لكيا

ا كب�ي

ي خاضع ل خضوعا

�ضئف �ب وأع�ت

�ي ض احلب ض ب�ي ل أقل من املم�يض

� . مثال

هائال

ا ض �ي

تض عنه � �ي

تي أ�

أو النس�ب

يز�ئ ذا احلضضوع احلب و�ب

تلف ض لصوت �ي�ي رمزا عل احلب ب

تلذات، � واحلاء!؟ ما هو إال نقطة! )ج-ح( لكن هذه النقطة �ب

!ي الكتابة الرح�ي رج�ي

ضعل � ب

ت عن احلاء، و�

لكيا

صنيع انفصاىلي عنه، فأ�ض مرآته. والتأث�ي يهلت املؤلف، فاملؤلف أيضا ي وان كنت صنيع حمض

، إ�ض �ش

ض ]...[ اه�ي بت

ي اال�ض

اه بل � بت

ليس أحادي اال�

أن ض

ي الامسع، ر�ض

ي الكمي ازدادت رغبتك �ض

ي ملكا تقدمت ��ضئ�ت ال شك عندي �ب سيد كوا�ب

ايته، عىل طريقة اهلندسة الساعية إىل الشلك ي بناء الالكم، يسع إىل بلوغ �ضض

أسلوبك �

ي إىل خرى. �ش انك بطبعك تصعض

ئالناجز. لكن ذهنك منفتح، بال ريب، عىل الطبائع اال

ض وآالهمم. خر�يآمشالك اال

ا، رها الزمان وأذهل

ت شعوب �

�ضئد من الطبيعي أن نع�ب عن آالمنا، ال ب

ضآالهمم! فنحن العرب، �

ا أن رار(. و�ب ك، واحلبل عىل احلب تغال و�ت ن و�ب �ض من يو�ض ا )كغ�ي ا ومقدسا�ت واستباح كراما�ت

ا احلزن، بل ا الشعر- يغلب عل�ي تمع، فآدابنا- وخاصة م�ض ، مرآة العرص واحملب دب عند�ضئاال

ي خفا�ي مواضيهعا، عىل ض

ى، أيكون الباكء ما يفقد آدابنا املقدرة عىل الغوص � . )�ت الباكء أحيا�ض

دراك، بوضوح وذاكء، امك تقول نسان قدرته عىل الرؤية واالإ أساس أن احلزن الكث�ي يفقد االإ

ة؟( بية القد�ي القواميس العر

، ي لن أمسعك باكء، ولن أشكو، ولن أعرض عليك آالمي�ضئأما أ�ض فأعدك من أول الطريق �ب

ي وأ�ض دت�ض م، عىل طريقة أن الدنيا �ش �ي

ئا اال ي إل�ي

ي أوصلت�ضحوال السيئة ال�ت

ئولن أتذمر من اال

إليك آالم هذا الشعب املسحوق ر، حامال ا عىل الظمل وال�ت �ئ . ولن أنتفض �ش م�ي

ئالشاب اال

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رشيد الضعيف(1945)

ادة الدكتوراه امعة اللبنانية �ش حصل عىل �ش ي احلبض

، درس � ي زغر�تض

ي ولد �ي وشاعر لبنا�ض

روا�ئ

لشعر �ش انرصف إىل الرواية دبية �بئته اال ريس. بدأ مس�ي ي من جامعة �ب دب العر�ب

ئي اال

ض�

إىل دعا احملرمات. ت من اعت�ب الرقابة عاحلج مواضيع قيود متحرر من وامل�ح. اكتب

من لغة ب أحيا�ض حداث دون تغي�ي أو شطب، بلغة بسيطة تق�ت

ئراء و�د اال

آي اال

ضالشفافية �

نح النصوص واقعية تدرة � رأة �ض ب ض اللغة الفصح واحملكية �ب اوح ب�ي احلاكية الشعبية وت�ت

نينغ “ل�ي اءة”، ال�ب حية “�ض الظل”، “أهل الروائية أمعال أمه من .ا ض مم�ي

فنيا

وصدقا

مل ا� فالبطل �ي الذاتية ” وهي نوع فريد من الس�ي �ت السيد كوا�ب ي ض إنغليش”و”عز�ي

ي �ض ها رشيد الضعيف إىل الاكتب اليا�ب الاكتب نفسه والرواية عبارة عن رسالت طويهلت يو�ب

يل الذي عارص �ت يع�ب من خالهلا عن قلقه وشكوكه وخيبة أمل احلب ري كوا�ب سو�ض �ي �ي ال�ش

ي الرواية دعوة إىل ض

� .ا طويال ي آمن �ب

ي لبنان من املبادئ والشعارات ال�تض

هلية �ئاحلرب اال

عية. اوز االنقسامات املذهبية واالج�ت بت

ك�ش حرية وعملانية قادر عىل � بناء لبنان جديد أ

�ت ي السيد كوا�ب ض عز�يا. ي خدم�ت

ضتفا�ض �

ئلعدل وال ا �ب حمك ف�ي

ئ عىل شعوب بعيدة ال

نصب ملاك

ن أ

ئ أحمل �ب

ائكنت دا�

عىطي املثل ئرض، ال

ئات اال ة من �ب ي أي �ب

ض� ، ض ض متحارب�ي ب�ي

ض حامك ع�ي

ن أ

ئوكنت أحمل �ب

نصاف. ي االإض

ي الضيعة. وليهلت رافقته أول ض

ال أراها �رى وجوها

ئي معه إىل املدينة ال ي أ�ب

خذ�ضئن �ي

ئوكنت أحمل �ب

ة ما اضطربت، فأمضيت الليل أتصور مك ستكون

وت، مل أ�ض من شد ي ب�يض

مرة إىل املطار �

ا. ي لرؤية أجناس الناس وألوا�ضفرح�ت

ا اءة الغريب، ور�ب . كنت أحب �ب يع الب�ش نصت إىل محبئيع اللغات، ال تقن محب

ن أ

ئومك حملت �ب

ال. ض ا ما �ي ي احلياد، ور�بما أزال. اكن خلو ذهن الغريب عندي يع�ض

كونه، وذلك احلمك املطاع ن أئ، ذلك امللك الذي حملت �ب �ت اأنذا إذن أنصبك �ي سيد كوا�ب

ض�

اء الوطن.ض

ريك أ�ئمسك بيدك ال

لصدقه. وهاأنذا أ

، تو�ي ي لغتنا هينة، بسيطة، سيالتض

ن العرب، فأصواته �ض

ي أحببت امسك امك بلغنا � خاصة أ�ض

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120

ار، وهلم تطلع زائد للعلوم ومعرفة ة، وال شاغل هلم إال العمل ليل �ض وا قاعة القرص الكب�يئمال

ي أقرب وقت ! ض

م � يدون من أي لغة اكنت إىل لغ�ت م نقل ما �ي يث ي�ل عل�ي اللغات �ب

يبة املتقنة الت الفلكية الغرآاص اال م احلض ي ماك�ض

ض]...[ وقد رأ�ي عند املدعو “نوى” وتالميذه �

ا ال قيمة هلا إال عند من يعرف كيف يستخدهما، ونظرا ع�ب الصنع.... الغالية الثمن، ولك�ض

ا.. يبا، وتسجل أجرام الكواكب وارتفاعا�ت عل النجم البعيد قر بت

ي �النظارات املعظمة ال�ت

يث إذا ركبت ار�ي لطيفة �ب طات و�ب �ب ا البعض �ب كب مع بع�ض ا عدة قطع �ت ولك آلت ف�ي

ي ي تس�ي بثوا�ض

ة!.. وكذلك الساعات ال�ت ي علبة صغ�يض

لت وضعت �ض

ة وإذا ا� صارت آلت كب�ي

يبة الشلك الثمينة النفيسة... الدقائق، الغر

ا فظو�ض �ي ون ومبا�ش خزان ا وعل�ي الكتب من ة كب�ي هلت محب ا �ب فسيحة قاعة وشاهدا

اجعون ويكتبون، ح�ت أسافلهم من العسكر ب القراءة، فيتصفحون و�ي ا ملن �ي و�ض رصض و�ي

ت والطيور قال�ي ورسومات احليوا�ضئذه القاعة كرات البالد واال لقراءة ]...[ و�ب مسحوا هلم �ب

�ي العقول، وصور السواحل والبحار مم امم �يئض القدماء وس�ي اال ت، وعندمه توار�ي والنبا�ت

م محب بلغ�ت سالمية م�ت �ي والطب واهلندسة، وكث�ي من الكتب االإ هرامات وعلوم الت�شئواال

ي! دة البوص�ي مثل �ب

مع العملي الذي شاهده حتحوت والشاطر؟1 ما هي نشاطات احملب

ا2 رت استغراب حتحوت والشاطر؟ اذكر بع�ض ي أ�شالت ال�ت

آما هي اال

ي صالت الكتب؟3ض

ماذا يوجد �

ا أحداث النص؟4 ي تدور ف�يية ال�ت ض ة التار�ي ما هي الف�ت

ي النص؟5ض

مك � ر اه�ت ما الذي أ�ش

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119

34

يد طوبيا حمب(1938)

ت وجه الكتابة القصصية ي غ�يدبية ال�ت

ئي مرصي معارص، ومن رواد املوجة اال

اكتب وروا�ئ

يو و�ش عىل دبلوم حافظة املنيا. حصل عىل دبلوم مهعد السينار ي مرص. ولد �بض

والروائية �

ي التعل�ي والصحافة ض

لقاهرة. معل � ي من مهعد السي�ض �ب�ئ ي االإخراج السي�ض

ضالدراسات العليا �

عي وحصل عىل العديد من امه السيا�ي واالج�ت ض ل�ت ، عرف �ب ي

ضوحافظ عىل استقالل الثقا�

ئية ا اىل أفالم سي�ض ل بع�ض ت أمعال إىل عدة لغات وحو محب بية وقد �ت ومسة العرئض واال وا�ئ احلب

ال�ت “احلادثة رضية”، ئاال املصادفة “غرفة “اهلؤالء”، ماكن”، االإ “دوا�ئ عدم ره آ�ش أمه ومن

اية القرن تد من �ضتي أربعة أجزاء �

ضية � ض ر�ي يبة ب�ض حتحوت” وهي ملحمة �ت جرت” و “تغر

ي ا مصا�ئ ثالثة أجيال من أبناء عائهلت ب�ض الثامن ع�ش ح�ت القرن التاسع ع�ش وتتقاطع ف�ي

ا مرص قبل احلمهلت الفرنسية وبعدها. تتجاوز الرواية د�ت ي �شحداث ال�ت

ئحتحوت مع اال

م. من ماض�يعتباره جزءا يعيشه أبناء احلارصض �ب

ا لتصبح واقعا ي تدور ف�ي

ية ال�ت ض املرحهلت التار�ي

ية سكندر ي حتحوت من املنيا إىل القاهرة وأسوان واالإرواية تنقل القارئ ليتغرب مع أبناء ب�ض

ية ذكرها ض ر�ي ي الس�ي الشعبية وعىل وقائع �تض

وقد اعتمد الاكتب أسلوب ال�د املستخدم �

ي كتابه ض

ض الثامن ع�ش والتاسع ع�ش � ض القرن�ي ي الذي عاش ب�ي�ت �ب ي عبد الرمحن احلب املؤرخ العر�ب

ل” ي حتحوت إىل الامسشيبة ب�ض تار من “تغر ي النص احملض

ضخبار”. و�

ئامحب واال ي ال�ت

ضر � �ش

آائب اال “عب

ي ض

بليون � مع العملي الذي أنشأه �ض ي احملبض

يصف الاكتب دهشة حتحوت والشاطر امم شاهداه �

القاهرة.

ل ي حتحوت إىل بالد الامسشيبة ب�ض تغر

الظليهلت وحديقته ، كيال�ت بنظامه الرائع القرص رها �ب والشاطر دخل حتحوت عندما

خذان ئينة، ولك يوم �ي ي اهلواء من أجل الز

ضمعدة الواقفة �

ئوالفسقيات البديعة املزركشة واال

مع العملي العجيب، ي االنرصاف بقصد التجسس عىل أ�ار هذا احملبض

ن �آأجرها ويتلاك

ما أرجاء املاكن وقدهمما إىل ساكنه ما وطاف �ب وعندما ضبطهما دنون1 ابت� هلما وطمأ�ض

ض إذا اجتمعوا ض الذ�ي ضية والنقوشات واملصور�ي ض وأهل املعرفة والعلوم الر�ي من الفلكي�ي

ر فرنسي رافق احلمهلت الفرنسية عىل مرص. 1 - هو دومينيك فيفانت دنون: فنان ودبلوما�ي وعامل آ�ش

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118

فل والزهروا الط

ال ماكن ملن قتل

يئة من قتلوا الملكات ال�ب

فاه.

الش

فوق

�ي احلياة ي مصضض

هلم �

ال ماكنفاكرمه

ئ ملن يقتلون �ب

ال ماكن

طماهعمئ وملن يقتلون �ب

رضئون دم اال

وملن يسفك

حلرب �بمل التعصب من يفسدون �ب

وجه املياه.

مت �ض

السالحف

السالحف قامت

السالحف طارت

ق شوطا، سارت إىل ال�ش

السالحف

، إىل الغرب شوطا

بية ال تتحرك سالحفنا العر

ليست تس�ي

وليست تط�يبية ماتت!! سالحفنا العر

إىل ماذا يتوق الشاعر وملاذا يغمض عينيه؟1

أي الشاعر؟2 ي احلياة �بض

من ال ماكن ل �

مز؟3 بية؟ وإىل من �ت ما مشلكهت السالحف العر

بتك وملاذا؟4 ي أعبما هي القصيدة ال�ت

ت فيك.5 ي أ�شية ال�ت اذكر بعض الصور الشعر

ا عاملية؟ 6 بعينه أم أ�ضص بلدا ض ي طر�ا الشاعر �ت

هل املسائل ال�ت

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117

33

ض املقاحل عبد العز�ي(1937)

رج من ض ي مدينة صنعاء و�تض

ي حمافظة إب. درس �ض

ية املقاحل � ي قرض

، ولد � ي�ض قد �ي شاعر و�ض

ي ض

بية. درس � ي اللغة العرض

ادة الدكتوراه � ا �ش سافر إىل مرص وحصل عىل �ش جامع�ت

بية. ض العر وا�ئ ل العديد من احلب ملركز الدراسات والبحوث. �ضجامعة صنعاء ويعمل رئيسا

ي شعره . من أمه دواوينه ض

ا � ية وأحسن توظي�ض ض ر�ي صيات ورموز �ت ض شي إحياء س

ضح � ب

ض�

ض الفضل”، “أوراق ن”، “الكتابة بسيف الثا�ئ عىلي �ب ض ض ذي �ي الشعرية: “رسالت إىل سيف �بحزان”، “كتاب املدن” من

ئسد العائد من املوت”، “كتاب بلقيس وقصائد ملياه اال احلب

بية”. املقاطع الشعرية ي اليمن”، “أزمة القصيدة العرض

دبية: “شعر العامية �ئدراساته اال

مله ئ التالية مأخوذة من ديوانه “كتاب صنعاء” وقد ع�ب فيه عن عشقه لبلده اليمن و�ت

ي واستسالمه لواقعه. نسان العر�ب اذل االإ ض غياب احلرية والتطرف و�تالمه منتقدا

آال

ية تارات شعر حمض عيد

مع لك

أتوق

ن رو�ي ك

ت إىل حلظة من صفاء �

فولتاء الط ن تستحم �ب

ئ �ب

ة العيد ي حرصضض

ي �ض عي�ض

ضمع

أ

اءة ر رو�ي مع�ض ال�ب تتذك

كي

ض الفرح. أعيادها.. ورن�ي

يحمل أ�ض

ئي ال �ب

ض قل

ضمع

وأ

رجعت

،ي وضاع غداة اخت�ض

إىل زمن ضاع م�ض

همرجان املرح!!

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ون والصباغون والنقاشون ض وآخر به البناءون، واملرمحض وي أامسء القصاب�ي والتجارة، كشف �ي

مه. ال بد من بتلية وغ�ي عة احللوى واملشبك وال�ش ية والنساجون و�ب بض

والعقادون والصد�

ي ض

ي � ئ�ب ال يبلغ عنه إىل �ضيئون إىل الدنيا ولك أب ينجب طفال ب ض �ي حرص املواليد الذ�ي

تدع ي البداية ح�ت �يض

م � ذن الهل أنوي شنق عدد م�ض إ لد، و�ب حلب ا يعاقب �ب ي يق�ي �باملنطقة ال�ت

ي كشوف، ض

م � ، ندر�ب ي دنيا�ضض

، من سيخلفوننا � ض كننا معرفة أعداد القادم�ي ي وهكذا �يت

البا�

بيا ي طائفة أو حر

ض� ،

أو دنيو�ي

، سواء أاكن التعل�ي دينيا م التعل�ي ومه، تلق�ي

ضي �

ضنتتبهعم �

يث نعرف ميوهلم ا، �ب ة بعي�ض م التقار�ي لك ف�ت مراء واملماليك، تقدم ع�ضئوالد اال

ئلنسبة ال �ب

م، ح�ت إذا ولينا عن الدنيا، حانت آجالنا، وهذا االمر ال يعمله طر ف�ي وأهواءمه وماكمن احلض

لنسبة ي زماننا، و�بض

للك ما عركناه، وما رأيناه � جامعا

فعا �ض

ال ي بعد�ض سب

�تئكنا ملن �ي إال الهل، �ت

ي السلطان عليه.ر النداء به والعمل به بعد أن وافق�ض مر قررت �ش

ئهلذا اال

ي �ب مرص، ض

جناس �ئ لتعدد الطوائف واال

، ونظرا ض ن مقبلون عىل عرص لكه حمن، وف�ت

ضأرى و�

ي لك بطاقة ض

� ض

�ي يو� ملها الصغ�ي والكب�ي والبص�ي والرصض لد، �ي ة من احلب أن تعد بطائق صغ�ي

هة املق�ي اوهلا الشخص، احلب ض ي �ي املهنة ال�ت

لكشف أيضا املدرج، �ب

تض وهو ما يقابل الر� مع�ي

تر�

خر من مقدم آقامة، واال ي منطقة االإ

ضي � ئ�ب ض أحدها من عند �ض �ي

تا� ض �ت هذه البطائق �ب ض ا، �ت �ب

ي نفس املاكن، ومن ضبط بدون بطاقة جلد، عوقب معاقبة شديدة، وعند ض

ض � البصاص�ي

فع إىل الديوان فيشطب امسه ض �ت نسان تقوم أ�ته بتسل�ي بطاقته إىل مقدم البصاص�ي وفاة االإ

. ي احلر�يموات وال يستث�ض

ئحياء، وينقل إىل كشوف اال

ئمن اال

عل الهل هذا البلد آمنا ب ي السالم، وأدعو معك أن �ي

واقبل م�ض

ر املرصية( )متوىلي حسبة الد�ي

واىلي القاهرة

ض مو� اكت �ب ي �بالزي�ض

ي ذلك؟1ض

ته � تمع ما هي حب ي احملبكيف ق� الزي�ض

أيه؟2 ما هي أخطر الفئات �ب

كيف وصف الاكتب عامة الناس؟3

ي 4ض

حاته وما يطبق � ض مق�ت ب�يا د تشا�ب ب

تتمع وهل � ي السيطرة عىل احملب

ضما هي خطته �

ية؟ بعض الدول الدكتاتور

ت 5 �يآض القد�ي واحلديث من خالل إدراج بعض اال ي أسلوبه ب�ي

ضع الاكتب � محب

مثهلت عىل ذلك.ئالقرآنية والسجع اذكر بعض اال

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ي �ب مرص ال بد من إقامة ض

( ]...[ وح�ت يستقر العدل �ا ي أخ�ي

السلطان إىل نظارة حسب�ت

ن ض

ذه وظيفة مكروهة عند الناس. �ض

أسس قوية، ودعا�ئ متينة، وامك هو معروف لدينا، �

ورة وجودها وعدم استمرار لق رصض ، ح�ت غاب عن احلض يا الوحسش سبقك مل يظهر إال جان�ب

من مبجال

ا لك بصاص حمبو�ب ا، من هنا ال بد من وصولنا إىل حلظة يصبح ف�ي الدنيا بدو�ض

ن آي اال

م�ض ، لكن ما �يا معا ، وسي�ت هذا بوسائل عدة سنناق�ش ض ميع، رجال الدنيا والد�ي احلب

ض عىل ك�ي ورة ال�ت ا، ورصض ديد أهية لك م�ضت

ي سنعمل خالهلا و�ماعات والفئات ال�ت تقس�ي احلب

خر.آا دون اال بع�ض

تنق� مرص إىل فئات:

مراء الكبارئ1- السلطان واال

مراء الصغارئ2- املماليك واال

ب الطوائف واحلرف، التجار اء أر�ب 3- أوالد الناس، املتعممون، والف�ت

4- العامة من الناس

ض عىل ض متخصص�ي ها، عن طريق بصاص�ي ب النفاذ إىل خبا�ي ب وىل، �يئلنسبة للفئة اال �ب

الفئة تقاليد هذه املناقشة ومعرفة والقدرة عىل لعلوم �ب ملام الرفعة واالإ درجة عالية من

مراء الكبار، وأرى أن يكون البصاصون ئوعلوهما، وغرضنا هنا محاية موال�ض السلطان واال

)صصون للتوغل داخلهم من نفس الفئة )عىل خالف املتبع حاليا احملض

�م فرقة تتبعك وتقوم بعملها خ�ي قيام. ض مراء الصغار و�تئ- املماليك واال

ث�ي عظ�ي عىل الفئات ئ فلهم �ت

ا كب�ي

ما ا اه�ت م �ب ا، وااله�ت ض عل�ي ك�ي - الفئة الثالثة ال بد من ال�ت

ش( و�بئ( أو السفلية )العامة واال اك�ب

ئمراء واال

ئماعات العلوية )اال م، احلب يبة م�ض القر

ي ظروف عدة ض

اء � ض والف�ت ا حركوا بعض املتعمم�ي ، ر�ب ض و الف�ت مث�يائ- عامة الناس ومه دا�

إىل تقسيمهم:ي مضطرا

وأجد�ض

ض ض من ح�ي رة بعض الف�ت ستمرار، وإ�ش زهر والكتاتيب، وهؤالء ال بد من تتبهعم �بئأ- طلبة اال

ش عىل و�بئريض اال

ترة الفتنة والغم، و� ض لكشف من ضل ومال إىل جانب إ�ش إىل ح�ي

ا يعاملون بطرق ضط العامة، إ� ر هذا سض ا أ�ش ض الناس فر�ب زرون من ب�ي ب م، هؤالء ال �ي ساد�ت

.ا معا تلفة وأساليب متنوعة سنتفق عل�ي حمض

، وحش بال عقل ر زاخر طوع الر�ي ه إنه �ب ؤالء قطيع يتجه كيفما توجض

لنسبة للعامة � ب- �ب

ي هذه الفئة ال قيمه هلا، فملكا ضاقت سبل العيش، قلت قيمة ض

معار �ئتسوسه فيطيعك، واال

ض إىل آخر، م من ح�ي س من اختفاء بع�ضئا ومن هنا فال �ب احلياة، وذهب عناء احلرص عل�ي

. ض هب الباق�ي ا أحد، وهذا �يض

بطريقة ال يعر�

ي احلرف واملهن والصناعات ض

ض � يع العامل�ي ي إعداد كشوف ت�ض أامسء محبض

ي �أرجو مساعد�ت

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32

يال الغيطا�ض محب

(2015-1945)

ي صعيد ض

ي سوهاج �ض

صالت العميقة واحلداثة الواعية. ولد �ئض اال ع ب�ي اكتب مرصي مبدع محب

ء إىل تنظ�ي ماركسي �ي وعندما أطلق مة االن�ت ي القاهرة. اعتقل ب�تض

مرص نشأ ودرس �

ي صاحب مدرسة دب”. الغيطا�ض

ئر�ي “أخبار اال

ت�احه انرصف للصحافة وأصبح رئيس �

ي دب العر�بئكتشاف اال وأعاد ا

فريدا

روائيا

اث املرصي ليخلق عاملا ة استلهم ال�ت ض روائية مم�ي

ة. حاز خ�يئلتصوف ما انعكس عىل أمعال اال �ب

ه من منظور معارص. اه�ت مؤخرا القد�ي وعاحلب

بية والعاملية. من أمه كتبه “أوراق شاب عاش منذ ألف عام”، “وقائع ض العر وا�ئ العديد من احلب

ي استلهم اكت” ال�ت ي �ب

”، “التجليات”، ورائعته “الزي�ض ”، “رسالت البصا�ئ واملصا�ئ يحارة الزعفرا�ض

ي القرن العا�ش اهلجري ض

ا � . تدور أحدا�ش ض ليسقطها عىل احلارصض الاكتب عنارصها من التار�ي

ة املماليك واستيالء ر املرصية ح�ت هز�ي عىل الد�ياكت حمتسبا ي �ب

ض الزي�ض ة تعي�ي منذ ف�ت

زة م أ�ب مراء املماليك عىل السلطة وتقوي�تئض عىل القاهرة. تفضح الرواية رصاع اال ني�ي الع�ش

التجسس عىل الشعب والتحمك به عن طريق االستبداد والقمع. وتؤكد أن االستبداد يولد

از التجسس ح من خالل عنارص �ب بض

ية حقيقية � ض ر�ي صية �ت ض شاكت س ي �ب

ة واملأساة. الزي�ض اهلز�ي

ض سلطته وسلطة أسياده. ي تعز�يض

� ، ض أو البصاصي�ي

اكت ي �بالزي�ض

]...[ ... � الهل الرمحن الرح�ي �ب

ا أرجو أن اءت لنا، إذا ما رأي�ت صالحي�ت موعة خواطر وأفاكر �ت ما أقدمه إليمك ليس إال حمب

ي هذا إال مراضاة رب ض

عىل إقرارها. ح�ت يستق�ي العدل ويستقر ولن نباىلي �نعمل معا

لق عليه الصالة والسالم قال “من أر�ض الهل ف احلض . ]...[ وامك تعرفون فإن أ�ش ض العامل�ي

م، ومن أحسن مه، ومن أر�ض الناس بسخط الهل ولكه الهل إل�ي بسخط الناس كفاه الهل �ش

ته أصلح الهل ض الناس ومن أصلح ��ي ض الهل - تعاىل - أحسن الهل ف�ي بينه وب�ي ف�ي بينه وب�ي

خرته كفاه الهل �ش دنياه”آعالنيته، ومن معل ال

وبعد،

ة اختصا�ي )القاهرة والوجه البحري الذي أضافه ن عىل دا�ئآي اال

]...[ سأقرص حدي�ش

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يب. ب ت بعد.. ولن �ي ن حلما من جر�ي مقيد مل �ي لك الغر�بئ اهة، امك �ت ، سيتحدثون ب�ش خط�ي

.. �ش سيتحدونه. يود نفسه الذي طاملا أحرق�ض ل�ب هم �ب أعرف انه لن يدافع عن نفسه. سيظل يوا�ب

مة. ه: إننا واثقون من ال�ت ي و�بض

ستخفاف. سيرصخ أحدمه � م شاهد إثبات، سيضحك �ب لد�ي

ء. يء، املرافعات واالدعاء، لك �ش ي

مل لك �ش م واحد. كنت �ت انك مل تدرس قط إضبارة م�توراق املطوية. وعىل لك ورقة كتبت ملكة:

ئموعة من اال ي جيبك حمب

ضكنت تدخل إىل احملمكة و�

ي عتمه جيبك ورقة ما. �ش تفتحها، وتقرأ ض

تار � ض ئ” . واكنت أصابعك العمياء �ت “مذنب”، أو “�ب

إنه ظمل. . �ي ت�ب العشوائية. هكذا بال منطق وال للصدفة تبعا يء”.. ا.. “مذنب”.. “�ب ف�ي ما

ا حينئذ سيسقط ثبات هو زوجتك! ر�ب ة: وشاهد االإ خ�يئبة اال ...�ش الرصض

ومصتا

وستمعن ابتساما

ي تلك الليهلت الرهيبة منذ عام. ي و�بض

ي وجوههم امك رصخت �ض

ا ترصخ � ك، ور�بض

اللجام عن �

ي ض

ي � ز عن النوم اذا مل أخف و�ب اسة. كنت ال أزال أحبك. أعب طر، ولكن ب�شت�

اكنت أيضا

ت ت

لق � ض درة. ضوء مكتبك اكن ي�ض ار مصتك كنوزا �ض ي قاع �بض

ن �ئصدرك. كنت ال أزال أؤمن �ب

لف ك بقبهلت عىل عنقك من احلض ض تسللت إليك. قررت أن أعاحلب ية القدم�ي ا املغلق. عار �ب �ب

، يي بقبل�ت

�ضض

رك وراءك .. وقفت.. وقبل أن أ�ت

. ببطء أخرس كنت أ� ا إىل ال��ي أجرك �ب

ا وراق، وعىل لك م�ضئات من قصاصات اال د .. فعىل املنضدة اكنت هنالك ع�ش ي امل�ش

صعق�ض

سود الذي جئت به معك وقلت ئيء”. أما املصنف اال ء سوى ملكة “مذنب” أو ملكة “�ب ي

ال �ش ، أنقذ به مثىلي

ت قدميك!]...[ عىلي أن أصنع شيئا

ترض، �

ئإنك سوف تدرسه فاكن عىل اال

ي احلديقة، كنت ض

ي حي�ض أمر بفزاع الطيور �مه.. لكن�ض ض تقرر الصدفة مص�ي ض الذ�ي م�ي وآالف امل�ت

ي صارت �راء ن حيا�ت

ئ. وال ي

دث�ض ي ال �ي ن زو�بئا أفعل ذلك لكه ال ي ر�ب

لغ أن�ض ي أمل �بض

أدرك �ء! ي ب

تا، خ�ي من فرحة لن � خاوية من الصمت امليت، فإن جثة أند�ب

ك الامسعة ى ما. أظل جامدة.. ]...[ دقائق، وأ�ت مل إىلي ب�ش ا �ي ا اكن الطبيب، ر�ب اهلاتف . ر�ب

ن. حامك

آي الطبيب اال

غ�ض!.. لن لن لن .. هكذا بل

تسقط من يدي. إذن لن يكون ىلي طفل أبدا

ض أو النقض. ملاذا؟ ال يدري.. ال أحد يدري .. ملاذا؟ غ�ي قابل للتمي�يقاطعا

ي ا عىل منضدة زو�ب ي سبق ورأي�توراق ال�ت

ئفوق غيمة مشدودة إىل أفق مع�ت أرى مئات اال

يء”، “عاقر”، “تنجب”، �ش أصابع يء”، “عاقر”، “تنجب”، “مذنب”، “�ب “مذنب”، “�ب

شيطانية عابثة، تلتقط ورقة ما ... �ش يقول الطبيب: آسف .. عاقر ... وعىل الوسادة اكنت

سة أطفال ... القطة تضهعم دفعة واحدة، محض

ي بداية النص؟1ض

ا � كيف جسدت الاكتبة وحد�ت

2. لبطهلت أيك؟ صف عالقته �ب ثل الزوج �ب من �ي

ما؟3 مز لك م�ض ء �ي يي النص رمزان ها املطر الرتيب وفزاع الطيور إىل أي �ش

ض�

أسلوب الاكتبة شاعري اذكر بعض االمثهلت من النص4

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ا.. عىل جدران املر� ي امرأة سلوا أوالدها أمام عين�يي قد تطل من عي�ض

إنسانية كتلك ال�ت

ا وجه واحد لطفل مل �ضئة اك طفال.. ووجوههم متشا�ب

ئات اال ات اللوحات لع�ش اكنت ع�ش

ي اكن هلا وجه ذلك ي لوحا�ت

ض.. ح�ت أجساد الرجال �

ي أعرف مالحمه جيدا

يلد بعد، لكن�ض

شياء اكن هلا وجه طفىلي الذي مل يولد.. وأ�ض ئزهار، ح�ت أجساد اال

ئالطفل.. ح�ت أجساد اال

اسة( رارة و�ش ي يبكون �بي لوحا�ت

ضطفال �

ئأغلق الباب عىل نوا�ا مسعت أن مئات اال

طرتطر �

ت�

ي ض

�ا � ذي ر�ي ، �تقا ... تتمزق أحشاؤها �ب

ا تنفجر رعدا طر أمسية جديدة كئيبة.. لي�ت

ت�

ئ إال ، أي �ش ئ رس القطة، ويكف السأم عن السأم... أي �ش ض شقوق النوافذ وتصفر، كي �ت الصقيع، مغروس عىل

ضيفة. وهو، ر� ي هذه الفيال احملض

ضمي � هذا الركود امليت الذي يصبغ أ�ي

ك�ش من ساعة بال حراك.... فة منذ أ ال�ش

ي آخر احلديقة بال حراك أيضا..ض

وفزاع الطيور مغروس �

اه يتحدث إىل فزاعي .... �تدرا .....منذ زواجنا مل نتبادل احلديث اال �ض

) انه صامت دوما

رج لفافة جديدة ) ملاذا ال يقدم لفزاع الطيور سيجارة( ض الطيور وأشباح احلدائق( .. �ي

ي حديقة صفراء ض

� ي �ب مي �ي .. ي يتعس�ض البارد الصمت ذلك وىل اكن

ئاال زواجنا م أ�ي ي

ض�

.. عىل إتعا�يال قادرا ض وىل اكن ال �ي

ئم زواجنا اال ي أ�ي

ضا ح�ت الصدى.. � وت ف�ي حلزونية �ي

،�ض لو ترصخ لوحة يوما

تطفال، وأ�

ئثت ل عن أعذار بي�ض أ�ض أر� وأر� لوحات ال طاملا �ب

.. ولكنه أيضا ي لك ما يدور ظمل ىلي

ضعذار “إنه قاض، و�

ئات اال ... ع�ش ا طفل �ي ويقفز م�ض

ضع لقانون ض صيته إىل عالقتنا.. عواطفه �ت ض شزء من س ا ت�ب ذلك احلب .. ر�ب رجل أمعال كب�ي

ي بفصاحة مفاجئة.. إن بدوت ، وإن مصتت أغرق�ض ىلي

همت هش ب

تالعرض والطلب.. إن �

...”، وإن أعرضت عنه اشتعل وجدا ي راغبة به استخف �ب

ازيل ي ال�بض

ض � رقون ال�ب ي امك �يوتعملت يومئذ كيف أحرق ملكات احلب الفائضة عىل شف�ت

كي ال تتد�ض أسعاره...سئمت طعم الرماد.....

. يي حل�ت

ضطر داخل عظامي .. �

تض جلدي وحلمي ... � طر ب�ي

ت�

د املندلق من الباب : هل ي مع تيار ال�ب ز عن االجابة عىل سؤال الذي يصفع و�ب فأعب

اتصل الطبيب وبلغك النتيجة؟

ـ ال.. مل ...

ـ من؟ من اتصل اذن؟

ـ مه. ينتظرونك.

. ض متحفز�ي هناك أرامه ينتظرونه... هناك أرامه ينتظرونك. . جارحا

قاسيا ي

مسعت صو�تئ مونه بسش . سي�ت

ا كث�ي

ة. ]...[ سيقولون شيئا موعة من املتناقضات الناحب يدخل إىل الغرفة حمب

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31

غادة الامسن (1942)

ي دمشق، ض

مه جرأة. ولدت � ك�ش ر الكتاب والاكتبات العرب وأ ية معارصة من أ�ش أديبة سور

دب العاملي ئال �ب

للعمل ومولعا

ا الذي اكن حمبا ت بشخصية أب�ي ة فتأ�ش ا وهي صغ�ي توفيت والد�ت

ي تمع الدمش�ت ا للتمرد عىل احملب ثقافية وإنسانية متنوعة دفع�ت

ي وهذا ما منحها أبعادا والعر�ب

لصحافة وت ومعلت �ب ي ب�يض

ا العليا � بعت دراس�ت رجت من جامعة دمشق و�ت ض احملافظ. �ت

ام ياهلا احلب ض ض تيار الوعي والرمزية فاستطاعت �ب ا ب�ي ع أد�ب وروبية. محبئض العوامص اال وتنقلت ب�ي

ا �ت موا�ب عىل ون كث�ي كتاب رؤ ب �ي مل عيوب عن الكشف املتدفق الشعري ا سلو�بئو�ب

ي لبنان وقضا�ي املرأة ض

هلية �ئة عام 1967 واحلرب اال تلفة هكز�ي ة مواضيع حمض ي معاحلب

ضحت � ب

ضو�

ة والشعر. ي الرواية والقصة القص�يض

ات املؤلفات � سلوب جرئ مبتكر. لغادة الامسن ع�شئ�ب

ة”، القد�ي ئ ض

املرا� “رحيل قدري”، “عيناك الشيطان”، ة �ي �ب ي ض

� “السباحة أمعاهلا أمه من

” والقصة التالية ”و”�رة تنكرية لملو�ت وت”، “الرواية املستحيهلت وت 75”، “كوابيس ب�ي “ب�ي

ء” ا القصصية “ليل الغر�ب موع�ت مأخوذة من حمب

فزاع طيور آخرطر

تطر �

ت�

ي ض

ي �رع�ض ض ة واحدة.. �ت ة واحدة.. عىل وت�ي طر منذ الصباح وعىل وت�ي

ت� .

وسأما

رماد�ي

دا طر �ب

ت�

م يتحدث ، ولك م�ضم بعضا ق �ارى شاسعة ميتة، وراكبه ال يعرف بع�ض �ت ض قطار بىطئ �ي

.. ض أ�ت ، أو من أ�ي ي�ض ض �ي خر، وال أحد يدري إىل أ�ي

آا اال

ضلغة ال يعر�

ي احلديقة.. نواح خافت ملتاع .. أحسه ض

طر ببالدة واستمرار.. والقطة مل تنقطع عن نوا�ا �ت�

.ال أدري ملاذا ال أجرؤ عىل التخلص يي بط�ض

ضض تنغرس ببطء واستمرار � لسك�ي

حادا

نصال

.. اكنت أول ي الليل مسعت مواء فظيعا

ضا، امك ال أدري ملاذا قتلت أطفاهلا منذ أسابيع .. ) � م�ض

، قرب النافذة، وعىل ي مرمسيض

ا � ي املدلهلت تعول هكذا. تبعت الصوت. وجد�تمرة أمسع قط�ت

سة أطفال هكذا للقطة، ودفعة واحدة! ال قزق.. محض ض ة تتحرك، و�ت س قطط صغ�ي الوسادة محض

لقطط احلضمس ي يدي، وفتحت النافذة، ورميت �بض

أظافرها املنشبة �ض

ا ر� ضع�ت أدري ملاذا ان�ت

يف.. نظرة ام حاقد حمض ا ا�ت ي عين�يض

ال تنوح، واكن � ض خر.. اكنت ال �تآ بعد اال

ا، واحدا م�ض

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كنك ولك ما �ي وذال

ال ب

وحض وغضبا

، ياكد ينفجر هياجا

بنفسه. اكن همتاجا

مك

تاالندهاش و�

ي “رؤوف أفندي” وهو ا. رصخ �بض

ا أو ال تعر�ض

أن تتصوره من عواطف وانفعاالت تعر�

ي إىل مائدة ها بقبضته “�ي رؤوف أفندي. تعال، تعال” وقاد�ض

ويشد حدى ذراعي إ سك �ب �ي

. اكنت معه معتك ئال

ئمة، كعكعة بيضاء تتال ض يبة من وسط القاعة، حيث تستقر عالية �ض قر

قارب”.ئن من اال نت أ�ض ية ونساء مل أرهن من قبل ومحض قادر

فرده. نه �بئ واك

رض، يتملك

ئ برصه إىل اال

ي مع عصاه، خافضا

سش عاد �ي

ويداه أبيك شاحبا امسون، واكن وجه النظرات وي�ت يتبادلون ي وجوم،

ضميع � “اكن احلب

ي الساعة ض

نه خرج �ئحوا ىلي �ب ... قلت هلم، ف�ش

با ي عنك. عب

فان بشلك ظاهر. سألو�ض بت

� �تض ، وأنك مل تعد وأن املدعو�ي كون مع العائهلت

ئي إىل البيت... بيتمك... ال امسة بعذر اصطحا�ب احلض

... بقيت أردد دون با عون. عب ا والناس أمحب ينتظرون وكذلك العروس وأهلها وأقاربك وأقار�ب

اهلدوء الذي يسبق العاصفة. إذ هب بعد وقت ي خ�ضض

ا أجيب. كنا، آنذاك، � أن أعرف �ب

م �ضئو مائدتنا. اكنوا اك

ضم � وا بشلك م�ب يبة منا وتو�ب ة قر ي �ب

ضع من الناس � ، محب ض وج�ي

م أهل العروس. �ضئمس ىلي والدك �ب

ض� ، ض ، وأحاطوا بنا بلك سكون ول�ي ض حفون، غ�ي مرئي�ي ض �ي

ان وأدب. اعتذروا عن البقاء ض �ت وا �ب

م تملك ت، ولك�ضي أشد حاالت الذهول والتشت

ضاكنوا �

وأن الغائب عذره معه، واكنت الساعة قد جاوزت ا نوا أن يكون السبب خ�ي

تمدة أطول و�

ض يتلفتون من هنا إىل هناك ي أهلك جالس�يض انسحبوا، وب�ت ة والنصف ح�ي احلادية ع�ش

ا.. ال أدري ماذا... مباراة أو معركة. والغريب �ضئي يقاوم ومل ينرصف بعد اك

وا من الذي ب�ت ل�ية فاعتذروا ك ومعتك ورهطهما قاموا بعد ف�ت مر لكه، أن أ�ب

ئي اال

ضالغريب، بعد ذلك، �

طة، �ش ي البحث عنك وإخبار ال�شض

مك التحقيق ليساعده � اجع حا نه س�يئي والدك �ب

�ض وأخ�بم ينرصفون ي قادر عىل منهعم... فوافقت إذا �ب

�ضئالنرصاف.. اك ي أن أمسح هلم �ب

طلبوا م�ض

همدود القوى، ينا والساعة تقارب منتصف الليل، حز

ي النادي، جائعا

ضفردي � ي �ب

كون�ض وي�ت

ي أم ال”. ال أدري هل سأستطيع الوصول إىل بي�ت

ي النساء فقط. 1ض

عىل أنوثة ليست �نوثة؟ اذكر مثاال

ئكيف عرف الاكتب اال

ها املدعو إىل العرس2 ي وا�بيبة ال�ت مور الغر

ئاذكر بعض اال

ي العريس؟ وكيف اكن موقف أهل العروس؟3 ما سبب اضطراب أ�ب

ما السبب الذي منع العريس من الوصول إىل حفل الزفاف؟4

ثل البطل العجوز؟5 من �ي

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ض أدركت أن لديه ما يقول وهو مصمم عليه. �ش التفت إىلي ومن تالمع عينيه اهلرمت�ي

؟ سنة يبا ض تقر ، قبل سنت�ي ي تلك الليهلت

ي حلفهلت زفافك، أع�ضلطبع، كنت دعوت�ض ر �ب

“أنت تتذك

ي من ي حيا�ت

ضاهلا لك ما عرفته � ي محب

ض، تفوق � يهلت م. اكنت بطاقة الدعوة محب ونصف! ال �ي

ا دعوة حلفهلت خاصة أ�ضض

ن من الوا� إ د وقال �ب �ش ت�ضملها طويال

ئ بطاقات، ح�ت أن أ�ب عالء �ت

ا”. ليس لنا ماكن ف�يجدا

ي جعبته دون تعليق أو ض

ي قررت أن أدعه يفرغ ما �، إال أ�ض ي ي أعصا�ب

ض بتو�ت �

حاال

شعرت

ة من الطيور البيضاء اعات صغ�ي هلذه املفاجأة منه، واكنت هنالك محبكن هميأ استفسار. مل أ

ي حبور. ض

زلت � ي م�اه، صاعدة �ضض

ر � تتابع ال�ض

ر:اول أن يتذك نه �ي

ئات اك هن�ي

كنا ي سا

ب�ت

ا كذلك وانتظرت أ�ض مثهل

ي اعتقدت، لك�ض

“مل تكن عىل لك حال، دعوة خاصة جدا

ي ذلك؟ الك، ال أعتقد. املهم، ال أدري ملاذا تصورت أنك منك... هل أنت الذي طلب م�ض

لطبع. وكتمكهلت هلذا دي العلوية �ب ي ذلك النادي... �ضض

ي إىل ماكن الدعوة �ي لتصحب�ض

ستأ�ت

امسة. هكذا قلت إن ء، منذ احلض ي أحسن ما عندي من لك �ش

التصور انتظرتك، البسا

ض أن الدعوة تش�ي إىل الثامنة مساء. وح�يض

يئه ر� امسة هي الوقت املال�ئ حملب الساعة احلض

ي �بئي اعتقادي. قلت ال

ض�

طئا ي كنت حمض

�ضئجاوزت الساعة السابعة والنصف أقنعت نفسي �ب

! �يح؟. واعتقد ير�ض

ض لك الوقت والعقل لتتذك ي غ�ي حمهل، من أ�ي

ضعالء إن تصوري اكن �

طر ىلي ض اد سيارة أجرة، إذ مل �ي ب ي عىل إ�يرج معي ليساعد�ض ض أبو عالء أن من واجبه أن �ي

ي هذه الفكرة.ض

ي أبو عالء �مر، وأيد�ض

ئاجع عن احلضور همما لكف اال ال�ت

ضواء! �ي للروعة! ئا وجئتمك إىل النادي. �ي لال جرة مل تكن مشلكهت وقد استقلل�ت

ئ، سيارة اال

حسنا

م عىل ه�ت ي �بو�ض

ي مظهري فدل

�ض ض ، مل �ي

ل. وحلسن احلظ ل ملبس وعىل عب ي أمحبض

واللك �

ي لك تلك املشاباكت ض

سمع من بعيد. وكنت �الطريق إىل القاعة، حيث اكنت املوسي�ت ت

ث، كنت �شئامة اال ض ض و�ض دم الرمسي�ي ضواء والنادي واحلض

ئجرة واال

ئي سيارة اال

ي املواقف، أع�ضض

؟

... إالكا ي أخ�ي

أتساءل.. من سينجد�ض

عنك. اكنت الساعة قد شا

مفت

يب القاعة ح�ت وسعت عي�ض �ب

ضت وهكذا، ما إن اج�ت

. ال أدري م بشلك غ�ي طبيعي ك�ض ي أماض

ض � جاوزت آنذاك الثامنة، وبدا ىلي املدعوون جالس�ي

م ملاذا مها ودون أن ت�ض س الصورة دون أن ت�ضت

� يئة غ�ي طبيعية. أحيا�ض كيف ولكن... �ب

ي هذا االنطباع الغامض. ومن دون ض تعطي�ض . اكنت صورة املدعو�ي لكهت س عىل هذه الشا

ت�

ض املوائد، إال عىل والدك، دران وب�ي واىلي املضطرب حذو احلب بت

ي �ض

، مل أع�ش �يعا خلق الهل محب

. مل معه قلقه مثىلي �ي

ه امللتحي بصبغة قع و�ب رأسه وصدره. ت�ب رافعا

ه البىطئ املوزون ونظر إىلي ف عن س�يتوق

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فؤاد التكرىلي (2008 -1927)

دبية. ئلكث�ي من أمعال اال بية �ب ى املكتبة العر بية وأ�ش ي تطور الثقافة العر

ضي أ�م �

تي عرا�

روا�ئ

ي املناصب القضائية قبل وبعد سفره إىل فرنسا. ض

رج من لكية احلقوق تدرج � ض ي بغداد و�تض

ولد �

ديب اللبنانية ومل يتوقف ئهلت اال ي حمب

ضدبية بن�ش قصصه �

ئته اال ي تونس لسنوات. بدأ مس�ي

ضعاش �

موعتان قصصيتان “موعد النار” و”الوجه بية. ل حمب الت العراقية والعر ي احملبض

عن ن�ش أمعال �

و”خا�ت والالجواب” الالسؤال و” البعيد” “الرجع أهها ت الروا�ي من والعديد خر” آاال

تمع والفرد والسلطة. ض الفرد واحملب وي حاكية العراق وما يدور فيه من تو�ت حاد ب�ي ي �تالرمل” ال�ت

ي من غربة داخلية تبعده ي بغداد، يعشق املوسي�ت ويعا�ض

ضبطل الرواية همندس مثقف يعمل �

ثل بشخصيته احملبطة فئة اكمهلت من أبناء العراق أما خال البطل عي و�يعن حميطه االج�ت

دد. ء احلب �ي �شئء اال �ي ي السابق حملب

تل خصال الفرد العرا� فيجسد أمحب

خا�ت الرملار، واملماحاكت ي الليل وال�ض

ضي أمور خفية هكذه؟ واملعارك والتصارخ �

ضكنه البت � من �ي

كن أن ية. أ�ي رصار عىل التوحد والعزلت ولك تلك الصغا�ئ والسفاالت الب�ش والتاكره واالإ

يبة؟ ض لت�ت الصفقة املر مر إىل اثن�يئتاج اال ص واحد وإنسان مفرد؟ أم... أم �ي ض ش

ي سض

تكون �

ي ض

ن وأزيد � ب “ليليات” شو�بت أقل

تي صدقه أو كذبه، �

ضكن البت � آخر ال �ي

وذجا

ضهاك �

ا شفافي�تض

ي بقوة ر�ا تغمر�ض حلان أن أحس أ�ض

ئي هذه اال

ض. أحببت أن أغرق � كي صوت احلا

ع صفات الرقة ا اج�ت نوثة لدى النساء فقط. إ�ضئ. مل ال؟ ليست اال

ا أحيا�ض ارقة وأنوث�ت احلض

ي ض

مال املهيمن واالنسجام � ض واالنعطاف والدالل املتوازن والعطاء واحلب واللطف البالغ�ي

ت تلك الليهلت الصيفية ت

ض � لرضا الالحمدود، ح�ي نحك الشعور �ب علك.. �ي ب التواجد. ولك ما �ي

امك مستق�ي

، خطا ي

ي لوح�تض

ي بعد أن أمكلت، ��ت ض ستمل جا�ئ

ئدي العلوية، ال ي حديقة �ض

ضالباهرة �

بيض ئا اال هة املقابهلت وفستا�ض ي احلب

ضخرى �

ئا تس�ي هي اال ي لعبة “البنكو” رأي�ت

ضاكن يتوجب �

]...[ . يف يتالعب به نس�ي معابث فيلصقه عىل جسدها الف�ت امل�ت

. أ�ض من مواليد سنة 1893.. ض ن�ي اوزت ال�ش بت

ي ��ضئغلب، ال

ئ“وهذه السنة هي 1976، عىل اال

سد”.ئج اال 14 آب، �ب

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ان سننترص. �ي الإ القوى املعادية، و�ب

م ما قلت.ض

قال النمر: مل أ�

به. ا�ب ق إعب

ما أقول وأن تصف

- عليك أن تعجب بلك

. يق امك تبعض

، والكمك رائع وسأصف . أ�ض جاهل أمي ي

- ساحم�ض

ق النمر.وصف

لك.، ستحرم اليوم من الطعام عقا�ب ض - أ�ض ال أحب النفاق واملنافق�ي

ا للنمر و قال: لك! حزمة من احلشائش وأل�ت �بي اليوم التاسع جاء املروض حامال

ضو�

لكي اللحوم. - ما هذا؟ أ�ض من آ

لك احلشائش ئ جوع النمر، حاول أن �ي

لك سوى احلشائش. وملا اشتد

ئ - منذ اليوم لن �ت نية، وابتدأ يستسيغ طعمها رويدا ا �ش ، ولكنه عاد إل�ي

ا ض ا مشم�ئ فصدمه طعمها، و ابتعد ع�ض

.رويدا

والقفص ، اخت�ض املروض وتالميذه والنمر والقفص. فصار النمر مواطنا ي اليوم العا�ش

ض و�

مدينة.

ي بداية القصة؟1ض

ت � مز الغا�ب إىل ماذا �ت

ويض النمر؟2 كيف استطاع املروض �ت

ىل النمر عن كرامته؟3 ض ي أي يوم �تض

ي القصة؟4ض

ض توجد املدينة الواردة � مز املروض؟ ومن هو املواطن املذكور وأ�ي إىل من �ي

ما مغزى القصة؟5

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ب أوامري. فقال املروض لتالميذه: ها هو قد بدأ �ي

دت مواء القطط. لك اليوم إال إذا قل

ئ الكمه إىل النمر: لن �تا

بع مو�ب �ت �ش

د مواء القطط. فعبس دت مواء القطط. وقل

فكظم النمر غيظه وقال لنفسه: سأتسىل إذا قل

رة مواء. الزحمب

ستناكر: تقليدك فاشل. هل تعد املروض وقال �ب

زدراء: اسكت متجهم الوجه. وقال �ب

مواء القطط، ولكن املروض ظلنية د النمر �ش

فقل

سأمتحنك. كك اليوم تتدرب عىل مواء القطط، وغدا . سأ�ت

اسكت. تقليدك ما زال فاشال

لك.ئ حت ألكت، أما إذا مل تنجح فلن �ت ب

ضفإذا �

امسون ىط متباطئة، وتبعه تالميذه ومه ي�ت ض ي �بسش وابتعد املروض عن قفص النمر وهو �ي

ئية. ا اكنت �ض اعة، ولك�ض ت برصض دى النمر الغا�ب . و�ض ض متضاحك�ي

ة دت مواء القطط بنجاح نلت قطعة كب�يامس قال املروض للنمر: هيا، إذا قل ي اليوم احلض

ضو�

من اللحم الطازج.

ي شباط. ض

وء كقطتق املروض وقال بغبطة: عظ�ي أنت. �

د النمر مواء القطط، فصف

قل

ة من اللحم. ورم إليه بقطعة كب�ي

ب املروض من النمر ح�ت سارع النمر إىل تقليد مواء القطط. ي اليوم السادس ما أن اق�تض

و�

دت مواء القطط. ، فقال النمر: هاأ�ض قد قل ض ب�ي ب احلب

مقط

ا وامحب

ولكن املروض ظل

يق احلمار. د �ض- قل

د احلمار؟ سأموت و لن ت أقل ت الغا�ب شاه حيوا�ض ض ستياء: أ�ض النمر الذي �ت قال النمر �ب

ذ طلبك. أنف

فابتعد املروض عن قفص النمر دون أن يتفوه بملكة.

يد ، وقال للنمر: أال �ت� الوجه وديعا و قفص النمر �ب

ضي اليوم السابع، أقبل املروض �

ضو�

لك؟ئ أن �ت

- أريد أن آلك.

ر اول النمر أن يتذك

ضصل عىل الطعام. �

تق اكحلمار � ن، ا�ض

شلكه ل � - اللحم الذي ستأ

ي ، ولكن�ض

ا حب يقك ليس �ض ، فقال املروض: �ض ض ق مغمض العين�ي ت، فأخفق، واندفع ي�ض الغا�ب

عليك.سأعطيك قطعة من اللحم إشفاقا

.ا�ب ق إعب

، صف ي

ض سأن�ت ي مطلع خطبة، وح�يي اليوم الثامن قال املروض للنمر: سأل�ت

ضو�

ق.قال النمر: سأصف

ي مناسبات عديدة أن ض

لنا � ا املواطنون... سبق فابتدأ املروض إلقاء خطبته، فقال: أ�ي

مرت آ ل همما �ت

ية، وهذا املوقف احلازم الرص�ي لن يتبد القضا�ي املص�ي

نا موقفنا من لك

ضأو�

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ر مضحك! عليك أن ض؟ �ي لك من � ي

ي�ض ي وأنت سبمر�ض

ئ فقال املروض بدهشة مصطنعة: أ�ت

وامر. ئ ل هنا إصدار اال

ق ي الوحيد الذي �ي

تدرك أ�ض

مر النمور.ئ- ال أحد �ي

ي القفص فأنت ض

ر، أما وقد رصت �ضت � ي الغا�ب

ض. أنت �

را

ضن لست �

آقال املروض: ولكنك اال

وامر وتفعل ما أشاء.ئتثل لال

ترد عبد � ن حمب

آاال

حد.ئ ال

كون عبدا ضق: لن أ قال النمر ب�ض

ي أ�ض الذي أملك الطعام. �ضئي ال

عىل إطاع�تض

- أنت مر�

- ال أريد طعامك.

ون تالميذه: س�تاطبا غب فيه. وأضاف حمض ك عىل فعل ما ال �ت

ض- إذن جع امك تشاء فلن أرمع

ل فالرأس املرفوع ال يشبع معدة جائعة.

كيف سيتبد

فرائسه.م اكن ينطلق كر�ي دون قيود مطاردا � أ�ي

ئر �ب

وجاع النمر، وتذك

؟ أنت ، أحاط املروض وتالميذه بقفص النمر، وقال املروض: ألست جائعا ي

ي اليوم الثا�ضض

و�

ي من اللحم.ك جائع فتحصل عىل ما تبعض

ب ويؤمل. قل إن

يعذ

كيد جائع جوعا لتأ �ب

ك جائع فتشبع نئف �ب ، فقال املروض ل: افعل ما أقول وال تكن أمحق. اع�ت

كتا النمر سا

ظل

.فورا

قال النمر: أ�ض جائع.

ض لن ينجو منه. وأصدر أوامره ض

ي �ض

فضحك املروض وقال لتالميذه: ها هو ذا قد سقط �

. فظفر النمر بلحم كث�ي

نفذ ما سأطالب ي اليوم الثالث، قال املروض للنمر: إذا أردت اليوم أن تنال طعاما

ضو�

منك.

قال النمر: لن أطيعك.

ض أقول ي قفصك وح�يض

وص �ت

ن �آ. أنت اال

ا

ي بسيط جد فطل�ب

عا قال املروض: ال تكن مت�

لك: قف، فعليك أن تقف.

وأجوع.كون عنيدا أن أ

فه وال يستحق طلب �ت

ه فعال

قال النمر لنفسه: إن

وصاح املروض بلهجة قاسية آمرة: قف.

، وقال املروض بصوت مرح: أحسنت.فتجمد النمر توا

من ورق.را

ضم � م بي�ض اكن املروض يقول لتالميذه: سيصبح بعد أ�ي ف� النمر، وألك ب�ض

ي أن أقف.ي اليوم الرابع، قال النمر لملروض: أ�ض جائع فاطلب م�ض

ضو�

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29

مر زكر�ي �ت(1931)

والعمل ا ك املدرسة صغ�ي ي دمشق، اضطر ل�ت

ضية احلديثة. ولد � من أمه رواد القصة التعب�ي

طفال. عاحلج ئة واملقالت النقدية الساخرة وقصص اال ي همن يدوية عديدة، كتب القصة القص�ي

ض�

تمع البالية زاميته أمام قوى قاهرة تتمثل بسيطرة تقاليد احملب ي وا�ض نسان العر�ب انسحاق االإ

ية ض والطبيعة وش�ت أشاكل القمع وع�ب عن تعطشه للحر ب ورجال الد�يئمك واال وسلطة احلا

حالم والالمعقول. اعتمد التجريب وأزال ئللجوء إىل عامل الكوابيس واال نس �ب ض واحلب �ب واحلض

سطورة ئواال الشعر من

شيئا ة القص�ي قصصه ي

ض� د ب

ض� لذا دبية

ئاال جناس

ئاال ض ب�ي احلدود

اءات الشعرية والغرائبية امك أنه �ي الإ ساليب الطفولية. لغته غنية �بئوالتكثيف الرمزي واال

بيض”، “الرعد”، “دمشق ئواد اال طفال. من أمه مؤلفاته: “�يل احلب

ئمن أمه كتاب قصص اال

طفال ئموعات قصصية لال ضافة إىل حمب الإ ”، “سنضحك” �ب ي اليوم العا�ش

ضاحلرائق”، “النمور �

” ي اليوم العا�شض

ر” و”قالت الوردة للسنونو”. تعاحلج قصته “النمور � أهها “ملاذا سكت ال�ض

كي ا سلوب بسيط ومبا�ش �يئمكة واملستبدة �ب لسلطة احلا ي �ب إشاكلية عالقة املواطن العر�ب

طفال. ئقصص اال

ي اليوم العا�شض

النمور � ق غاضبا

ا، وحد ي قفص، ولكنه مل يستطع نسيا�ض

ضض � عن النمر السج�ي

ت بعيدا رحلت الغا�ب

ا خوف، واكن أحدمه يتملكضم تتأمهل بفضول ودو� قون حول قفصه وأعي�ض

إىل رجال يتحل

ويض، عليمك أال ، همنة ال�ت يوا همن�ت

أن تتعمل

ة آمرة: إذا أرد�ت حقا بصوت هادئ ذي ن�ب

ي آن ض

ا همنة صعبة و�هلت � ون أ�ض ول، وس�تئ معدة خصممك هدفمك اال

ي أي حلظة أن

ضتنسوا �

يته وقوته ر س متعجرف، شديد الفخر �ب ر �شضه �

ن إىل هذا النمر. إن

آواحد. انظروا اال

ض ، فراقبوا ما سيجري ب�ي كطفل صغ�ي ومطيعا

ولطيفا

، ويصبح وديعا وبطشه، ولكنه سيتغ�ي

وا.

لكه، وتعمل ض من ال �ي لك الطعام وب�ي من �ي

ويض، فابت� املروض ض ملهنة ال�ت لص�ي م سيكونون التالميذ احملض فبادر الرجال إىل القول إ�ض

؟ ض بلهجة ساخرة: كيف حال ضيفنا العز�ي، �ش خاطب النمر متسائال

جا مب�ت

. قال النمر: أحرصض ىلي ما آلكه فقد حان وقت طعامي

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؟ ي�ضمل

ت�

ي تعب ... أ

- �ي اب�ض

، ي �بي �ي أ

مل�ضت

- مثملا كنت �ض وسأمحل هذا احلن�ي

ل ىلي وإىل أوو إىل أ

وسأقطع هذا الطريق إىل

آخري ... وإىل آخره

ها وملاذا؟1 ك�ش من غ�ي بتك أ ي أعببيات ال�ت

ئما هي اال

ي الدرب والقلب سال عىل أرض ليلك 2ض

بيات التالية: طال ليلك �ئح مع�ض اال ا�ش

ي ما وراء املاكن – خلف السياج غد يتصفح أوراقنا - سأمحل ض

دق � س �ي - عباد مسش

ض إىل أوىلي وإىل أول - سأقطع الطريق إىل آخري... إىل أخره. احلن�ي

ي تدل عىل ذلك. 3بيات ال�ت

ئي هذه القصيدة. استخرج اال

ضة � لملاكن أهية كب�ي

ا.4 اعتمد الشاعر عىل عنارص من الطبيعة للتعب�ي عن فكرته استخرج بع�ض

ا؟5 هل يستطيع الشعر التعريف بقضية اكلقضية الفلسطينية والدفاع ع�ض

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، ي إىل كت�ض

فاصعد

ا قليل سنقطع مع

ة خ�ي

ئن اال م والسند�ي

غابة البط

ليل احلب

ل هذا امسش

من خلفنا،

ولبنان

ها من دمشق والامسء لنا لك

ميل إىل سور عاك احلب

- �ش ماذا ؟

- نعود إىل البيت

ي - هل تعرف الدرب �ي اب�ض

: ي �ب - نعم، �ي أ

خروبة الشارع العام

ق �شاره بصب

يضيق درب صغ�ي

ي البداية، �ش يس�ي إىل الب�ئ

ض�

وسع، �ش يطلوسع أ

أ

يل ي “محب

رم مع عىل ك

ت، و�ي التبغ واحلل

ئع �ب

ر قبل

�ش يضيع عىل بيد

ي البيت،ض

لس � ب و�ي ن يستق�ي

أ

اء،ي شلك ببغ

ض�

- هل تعرف البيت، �ي ولدي

ه:عرف

عرف الدرب أ

- مثملا أ

من حديدابة بو

ق يطو ض مس�ي �ي

ضوء عىل الدرج احلجري

ودعساتي ما وراء املاكن

ض�

ق

د س �ي اد مسش وعب

ي

د الفطور حلب

يعد

أليف

لض

و�

ران، ض �ي عىل طبق احلض

وحصان وصفصافة حة البيت ب�ئ ي �ب

ضو�

وراقنا...ح أ

يتصف

وخلف السياج غد

عبت، هل ت ي �ب

- �ي أ

؟

ي عيونكض

� رى عرقا

أ

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حممود درويش(2008-1941)

أ إىل ليل، حلب ي احلبض

وة � ية ال�ب ي قرض

أحد كبار الشعر العرب وشاعر القضية الفلسطينية. ولد �

بع دراسته. ض حيث �ت إىل فلسط�ي �ش عاد متسلال

واحدا

لبنان بعد النكبة وأقام فيه عاما

انتسب إىل احلزب الشيوعي وبدأ نظم الشعر وكتابة املقاالت، وبسبب نشاطه السيا�ي

ريس إىل أن ي �بض

وت امك أقام � ا إىل ب�ي ح إىل مرص وم�ض ض . �ض�ائيلية مرارا اعتقلته السلطات االإ

ي رام الهل. مر شعر درويش بعدة مراحل أوهلا ض

ي دفن �ض

لعودة إىل وطنه وعندما تو� مسح ل �ب

ي إىل ا من اهلم الذا�ت ية الوطنية وقد انتقل درويش ف�ي ا املرحهلت الثور ية تل�ت الطفولت الشعر

من شعر املقاومة وبعدها بدأ أساسيا

هلوية وأصبح شعره جزءا احلمل الثوري والتمسك �ب

ض الغنائية وال�د زج ب�يتي �

و القصيدة الطويهلت ال�تض

ىل ميهل � بت

ماىلي حيث � مرحهلت البحث احلب

سطورة والرمز ئسن توظيفه لال ض درويش �ب �ي

تامللحمي ومن �ش املرحهلت امللحمية والغنائية. �

رض وتت� ئال ه لملرأة �ب ض م�ي مال �ت ب ر �ب ج الثوري امك اش�ت ض الرومانسية الغنائية والتأحب ومزجه ب�ي

ض �ي يد عىل ثالثة وع�ش ض رارة التعاب�ي اللغوية. ل ما �ي يقاعية و�ب لسالسة املوسيقية واالإ قصائده �ب

الزيتون”، “أوراق دواوينه من العامل. ي ض

� لغة ض أربع�ي إىل قصائده ت محب �ت شعر�ي

معال

ا وهذا انتحار العاشق”، ليل”، “تلك صور�ت ي احلبض

وت �ت”، “العصاف�ي � ض “عاشق من فلسط�ي

وي شوقه ي �تا هذه القصيدة ال�ت ” وم�ض

كت احلصان وحيدا ية” و”ملاذا �ت دار “ورد أقل”، “احلب

ة. ض وتعىطي لملاكن دالالت روحية وحسية معيقة ومؤ�ش وحنينه إىل فلسط�ي

اىل آخري ... واىل آخره

يعبت من املسش

- هل ت

�ي ولدي، هل تعبت؟

ي �بعم، �ي أ

- ن

ي الدرب،ض

ك طال ليل

يلك

رض ل

والقلب سال عىل أ

ة القطي خف

ضت �

- ما زل

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ماعة(: قتـ.. ض احلب صوت )راعش من ب�ي

تنق الصوت، ويتلفت صاحبه حول بذعر(. ض )�ش �ي

: )يقوى صوته(. الفيل �ي ملك الزمان. زكر�ي

: وما ل الفيل؟امللك: متأففا

... ض : قتل ا�ب: خفيضا صوت الطفهلت

ها عىل السكوت(. �ب بت

ة و� الصغ�يضلع عىل � م يدها �ب

ئ)تضع اال

امللك: ماذا أمسع؟

(: الفيل �ي ملك الزمان. ك�ش . يعلو صوته أ وغاضبا

زكر�ي )حمرجا

ي أن ينفذ. تملك. ما خ�ب الفيل؟ امللك: اكد ص�ب

ناءة خوف(: الفيل �ي ملك الزمان.ض

ي ا�ض

و الناس املقو�ي الظهور �ض

، يتلفت �ئسا : )�ي زكر�ي

لدك. ب امللك: توقف عن هذا النواح.. الفيل �ي ملك الزمان. إما أن تتملك أو آمر �ب

ه، ويتقدم من امللك. دد حلظات �ش يتغ�ي و�ب س. ي�تئحتقار و�ي ي الناس �ب

ضيتفرس زكر�ي �

عاه. به و�ضض

ب الفيل �ي ملك الزمان. مثلمك �ض

ن �ض

اعة(: � فة و�ب ض ثل ما يقول �ب : )�ي زكر�ي

ه ح�ت أصبحنا ال نتصور احلياة دونه. ولكن.. ه. تعود�ض ي املدينة. وت��ض رؤ�يض

هاته � ض جنا �ض ت�ب

وحيد ال ينال حظه من اهلناء وال�ور. الوحدة موحشة �ي ملك ائالحظنا أن الفيل دا�

ف وحدته، وينجب ض ج الفيل كي �ت و�ي ض ن الرعية فنطالب ب�تض

ي ��تئ الزمان. لذلك فكر�ض أن �ض

. لفيهلت تىلئ املدينة �بتفيال. كي �

ئفيال. آالف اال

ئفيال. مئات اال

ئات اال لنا ع�ش

دد الناس وامتنعوا عن قول احلقيقة؟1 ملاذا �ت

ا عىل امللك؟2 كن أن نطل�ت ي �يما هي الصفات ال�ت

؟3 ر�ي ل وزك ك والفي ن املل م ز لك م ن �ي م إىل

ا أهما من ذلك؟4 ي أرادت قول احلقيقة؟ وملاذا منع�تمز الطفهلت ال�ت إىل من �ت

ة وملاذا؟5ئهل تعت�ب امل�حية متفائهلت أم متشا�

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.ا ها هو احلارس أخ�ي

مل؟ أي جواب �ي

ب القرص. يظهر احلارس عىل �ب

لدخول. حتقار(: أذن امللك لمك �ب احلارس )�ب

لدخول. آه.. أذن لنا �ب أصوات:

ي معر امللك.ض

أمد الهل �

ض ]...[ آم�ي

. يفتح حارسان مرصاعي الباب الكب�ي

ال عىل الباب(: عامة املدينة عىل الباب �ي ملك ض ه إىل الداخل. ال �ي و�باحلارس )ميمما

الزمان.

امللك )من الداخل(: ليدخلوا.

احلارس: احنوا رؤوسمك وادخلوا.

م م، وخطوا�ت نظرا�ت يشتتان الذعر واالضطراب بدأ ض الذ�ي الناس يتبعه ، زكر�ي )يتقدم

.)أيضا

ان. )مبحوحة وراعشة(: امللك وبيده الصوحلب أصوات:

ضوء الشمس.

فع رأسك. ال �ت

شباح.ئاحلراس اكال

ي لك ركن وزاوية.ض

العرش عال.

ب. وامللك يتألق اكل�ش

ردا( ]...[ امللك... )تتجمد املالم. يتحول احلضوف مصتا �ب

يد الرعية من ملهكا؟ امللك: ماذا �ت

جساد املقوسة اليابسة.ئموعة من اال مصت ثقيل. ال اختالجة وال حركة. حمب

لالكم. مم جئ�ت تشكون؟ امللك: آذن لمك �ب

، صوته راجف(: الفيل �ي ملك الزمان. : )متجر�ئ زكر�ي

امللك: ما خ�ب الفيل؟

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اد الملكة. �ي الهل... الفيل �ي ملك الزمان.ت

: من البداية.. ذلك أفيد. املهم ا� زكر�ي

صوات تتسق( ]...[ئماعة: )بدأت اال احلب

أمام قرص امللك

م ينتظرون ك�ب من امل�ح. ا�ضئزء اال تمعون أمام أبواب القرص الذي يشغل احلب ب لك الناس �ي

ويلغطون.

خر احلارس.ئ �ت أصوات:

لن يسمحوا لنا بدخول القرص.

وملاذا لن يسمحوا لنا؟

ى ملهكا. : من حق الرعية أن �ت صوت زكر�ي

حلقوق! ا؟ من الذي يباىلي �ب ح�ت أصوات:

لدخول؟ وان مل يسمحوا لنا �ب

ماذا نفعل حينئذ؟

لدخول عليه. ذن لنا امللك �بئ: اطمئنوا. ال بد أن �ي صوت زكر�ي

ي امسع حديثنا!ض

ر � وما الرصض أصوات:

يقولون عنه رقيق القلب.

ج يبت�. ي عيد التتو�يض

رأيته �

لكنا نذكر ابتسامته.

خر.ئ غ�ي أن احلارس �ت

. لس�ت لها �ب اللهم محب

.قد يكون امللك مشغوال

ن رعيته.ض

فع ظالمتنا إذن؟ ملن �ض

. ي عىل خ�يلعلها تن�ت

. واحدا

: ال تنسوا. املهم أن نكون صو�ت صوت زكر�ي

ملكة واحدة. أصوات:

أرى احلارس!

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ي إىل القرص. ]...[�ض

ضتب الكمنا، �ش � ي الباحة. �ض

ض: إذن فليجتمع لك الناس � زكر�ي

تدريبات

غمات ض

ومع ضوضاء أماهمم. زكر�ي يقف تمعون، حمب الناس عامة. حة �ب امل�ح. يضاء

ة.ض

متداخهلت غ�ي وا�

. املهم هو النظام. مع( : امك قلت لمك مرارا السيطرة عىل احلب

الضجيج، وحماوال

: )همد�ئ زكر�ي

ها، واشتد وقهعا. ندخل ث�يئ دت أصواتنا ازداد �ت

ت. ملكا ا�

واحدا

أن نكون ملكة واحدة وصو�ت

. الفيل.. يض

لء � ام وأدب. �ش أرصخ �ب ي أمام امللك بلك اح�تثل ما يقول( ننح�ض هكذا.. )�ي

�ي ملك الزمان.

. ض لط�ي �ب معجو�ض

ي الطريق، فصار حلما

ضد. داسه � ض حممد ال�ض ماعة:]...[ قتل ا�ب احلب

: الفيل �ي ملك الزمان. ]...[ زكر�ي

رزاق..ئماعة: خرب اال احلب

داد نشازها(. ض صوات، و�يئك�ش تفكك اال )يتضح أ

واحدا

تاج إىل تنظ�ي وضبط. إذا مل نصبح ملكة واحدة وصو�تت

اعة، املسألت � : �ي محب زكر�ي

ي نفس ض

. حاولوا أن ترصخوا العبارة � د عظ�ي مر إىل �بئتاج اال . ال �ي تضيع قيمة شكوا�ض

ون. لنجرب مرة أخرى. تن�ت تبدأون. ومعا

الوقت. معا

ال ت�عوا... أصوات:

. واحدا

فضل أن نكون صو�تئ من اال

حقا

. بال فو�ض

هناك من يشذ عن الالكم.

. واحدا

صو�ت

ف الضجيج(: الفيل ض : لنجرب مرة أخرى. اهدأوا.. لنجرب مرة أخرى.. )بعد أن �ي زكر�ي

�ي ملك الزمان.

د... ك� النخيل... ض حممد ال�ض بة(: قتل ا�ب ماعة: )أصوات متضار احلب

لسكوت(: ال..ال.. من البداية. �با زكر�ي )مش�ي

نعيد من جديد! أصوات:

عادة إفادة ي االإض

إننا نضيع الوقت.

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الرجل 9: رغبته إرادة وما يفعهل قانون.

لفيل. فق �ب ا مل ت�ت �ضئق زوجته امللكة ال

الرجل 5: اكد امللك أن يطل

زكر�ي )صارخا(: مبالغات.. مبالغات ال مع�ض هلا.

ي هذه املدينة.ض

نك ال تعيش �ئالرجل 3: تقول مبالغات.. واك

ا. من منمك رأى امللك يطعم فيهل بيده، زكر�ي )يسيطر صوته عىل الضجيج(: بل أعيش ف�ي

بون به. ال أقول ال. لك امللوك �ي ا اكن �ي كيد ال أحد. ر�ب لتأ ف عىل محامه بنفسه؟ �ب أو ي�ش

مور.ئي تصو�ي اال

ضم. غ�ي أنمك تبالغون � فيل�ت

ي حياتنا أسوار القرص. لكن ال تنس أن هناك خدما

ضه، ومل نع�ب � الرجل 3: �يح أننا مل �ض

كن أن تت�ب ]...[ خبار �يئرجون. وأن اال ض يدخلون و�ي

ا اكن امللك ال يعرف ما يفعهل بنا الفيل. : ومن يعمل؟ ر�ب زكر�ي

. ض أصوات: هذا جا�ئ

: ال يقولون ل خشية إزعاجه.. زكر�ي

. ض أصوات: والهل جا�ئ

املرأة 3: فليحيا الرجال من أمثالك.

نفسنا ونشكو لمللك حالنا.ئ: لذلك ما من حل آخر. نذهب �ب زكر�ي

نعم نذهب. أصوات:

هو ذا رأي سديد...

ملكا أ�عنا اكن ذلك أفضل.

نقابل امللك.

نطلب منه انصافنا.

ك. �ض بس�ت الرجل 3: اللهم اس�ت

اطرة عىل لك حال. الرجل 9: هي حمض

ددون؟ ال بعض الرجال ي�ت ض : أال �ي زكر�ي

دد! الرجل 11: ومل ال�ت

املرأة 3: هل ماتت النخوة؟

ا العجوز. الرجل 3: ملي لسانك أي�ت

الرجل 7:مل يبق حل آخر.

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ي لنا. ]...[ي هذا الفيل فيدوس لك ما ب�ت

�تئن �ي

آ: واال زكر�ي

: ال.. ما عادت احلالت تطاق. زكر�ي

. الرجل 3: تطاق.. أو ال تطاق. ماذا بيد�ض

! : بيد�ض زكر�ي

.. .. ماذا بيد�ضأصوات: حقا

ل بنا، ح ل ما �ي يعا، ونشكو أمر�ض لمللك. ن�ش .. نذهب محب : أ�ض أقول لمك ماذا بيد�ض زكر�ي

د أذى فيهل عنا. جوه أن �ي و�ض

]...[ نشكو أمر�ض لمللك. أصوات:

نشكو أمر�ض لمللك.

ندخل إىل القرص.

ومل ال؟

ن ح�ت نتحدث مع امللوك!ض

ومن �

س مظلومون. ن �ضض

النا. أف �ب ي إلينا، و�يا يصعض ر�ب

لن يسمحوا لنا.

الشكوى ال ترصض إن مل تنفع.

�ض إال الهل. ص�ي قد يغضب، فال يعمل �ب

. ض �ي ي ال�تض

صوات �ئ�ش تبدأ اال

رؤ عىل الالكم. ب املرأة 3: هو ذا رجل �ي

الرجل 7: نذهب ونرصخ قدامه.. النجدة �ي ملك الزمان.

ء.. ال أمان. ياملرأة 3: ال أمان عىل �ش

ر. املرأة 1: والهل لو مسع رصاخ أمه، لرق قلبه ولو اكن من حب

.ا ب فيهل كث�ي الرجل 9: لكن امللك �ي

ه. نه ابنه أو وز�يئهل اك

الرجل 3: يدل

الرجل 4: رأوه يطعمه بيده.

ف عىل محامه بنفسه. الرجل 12: وي�ش

ض يعود. رج من القرص، وكذلك ح�ي ض ض �ي الرجل 3: مسعت أن احلراس يعزفون املوسي�ت ح�ي

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ا املرء لعدوه. �ي الرجل 2: �ي ويل أمه. ميتة ال يش�ت

ض حدث ذلك؟ .. وأ�ي لهل من الشيطان الرج�ي الرجل 1: أعوذ �ب

والد. ]...[ئ من اال

لو الزقاق أبدا ض الرجل 2: قرب داكن أمحد عزت. هناك ال �ي

ء. ياملرأة 3: ال أمان.. ال أمان عىل �ش

ن الشيطان يلبس صورته، ئلهل. اك وأذى. أعوذ �ب

ا ي لكها ما رأيت مثهل �ش

ي حيا�تض

الرجل 7: �

ا الكوارث. سنة مقلوبة تفوح م�ض

أصوات: �ي رب..

أتنسون أنه فيل امللك!

م السوداء! �يئ ما هذه اال

داد الضحا�ي وتك�ب املصائب. ض بعد يوم س�ت: ويوما زكر�ي

من يعرف!يء، وغدا الرجل 11: اليوم طفل �ب

لوقات اهة. أتعرفون تلك احملض ازداد �شرض فسادا

ئي اال

ض: يلذ ل ال�ش وي�ه. ملكا عاث � زكر�ي

من الدم... للدم. مزيدا

ها ازدادت عطشا ا�ي

ضت � املصاصة للدماء. ملكا تاك�ش

من الدم... من الدم... مزيدا

( مزيدا ك�ش )يقسو صوته أ

ف بعبادك وارمح.أصوات جزعة ومشوشة: تلط

حملك �ي قد�ي �ي رب.

مك تنسون انه فيل امللك. اعة... أرا �ي محب

. واحلالت من يوم ليوم تسوء.

ص دمنا املزرق : �ي زكر�ي

ي عروقنا دم؟ض

ي �الرجل 7: وهل ب�ت

الرجل 2: الهل يبرص..

الرجل 5: الص�ب مفتاح الفرج.

! : وإالم نص�ب زكر�ي

ا الهل. ة، ومتتابعة: ح�ت يفر�ب أصوات مبع�ش

للفرج. وت وأمعار�ض ليست إال انتظارا

ض: نولد و� زكر�ي

�ض عىل الفقر. ص�ب

وبئة.ئائب واال �ض عىل الرصض الرجل 11: ص�ب

�ض عىل املظامل وأمعال السخرة. الرجل 7: ص�ب

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سعد الهل ونوس(1997-1941)

ي حمافظة طرطوس. درس الصحافة ض

ض البحر � ي قرية حص�يض

أمه م��ي سوري معارص، ولد �

ريس ليدرس فن امل�ح وعند عودته إىل ي أواخر الستينيات سافر إىل �بض

ي القاهرة و�ض

ي أوائل التسعينيات عاد إىل ض

ي إنشاء املهعد العاىلي للفنون امل�حية بدمشق. �ض

الوطن سامه �

رض ال�طان، وقدم أمه أمعال واللك يتذكرون الكتابة بعد توقف طويل جراء إصابته �ب

ي ض

حلياة وشدد عىل دور الفرد � مل”. ربط ونوس امل�ح �بئال ن حمكومون �ب

ضة “� �ي ملكته ال�ش

ي التصدي ض

نسان املثقف خاصة، � ة الظمل واالستبداد وعىل دور االإ جتمعه وموا�ب ضة �ب ال�ض

هور الصالت الذي ض ومحب ض املمثل�ي ب�يللتطرف بلك أنواعه. أراد من امل�ح أن يكون حوارا

فتب�ض تقنيات جديدة لدفع املتفرج إىل لكه واعت�ب هذا احلوار تسييسا سد بنية الواقع ومشا ب �ي

ض فاستمد ض احلارصض والتار�ي دلية ب�ي حول العالقة احلب همما

دل. امك طرح سؤاال النقاش واحلب

. من يض اث التار�ي عي والسيا�ي واستلهم مواضيعه من ال�ت

مادة م�حياته من الواقع االج�ت

”، “�رة مع ان”، “مغامرة رأس اململوك جا�ب سة حز�ي أمه أمعال: “حفهلت مسر من أجل محض

ي أدرجت ية”، وم�حية “الفيل �ي ملك الزمان” ال�ت ض ر�ي ت �ت ”، “منم�ض ي

ي خليل القبا�ض أ�ب

ا واملطالبة �ت تمع من موا�ب ترص وتعاحلج مسألت عنجهية السلطة وخوف أفراد احملب بشلك حمض

م. ت

بسط حقو�ئ�ب

الفيل �ي ملك الزمانوساخ. جلبة بعيدة وراء

ئا القدم واال مك عل�ي ا ئسة ي�ت رصه بيوت �ب

تاملاكن: امل�ح فارغ. زقاق �

ة. يع�ب الزقاق رجل و الثقيل ف�ت اكض. يستمر هذا احلب . امرأة ترصخ. أقدام ت�ت امل�ح. ولولت

م�ع احلضىط، متجهم الوجه.

تلف العبارات ض وراء البيوت. ولولت نساء وأصوات وحمض تسود الضجة املتناهية من اليم�ي

الزقاق يع�ب يظهر رجل اليسار ]...[ من أوقات املصائب. الناس أفواه تنت�ش من ي ال�ت

ه ا الضجة. و�ب ي اكنت تتناه م�ضهة ال�ت ي من احلب

�تئي به رجل آخر �ي

ىل. يلت�ت طوات عب ض �ب

.) مغموم، وخطاه ثقيهلت

�ب �يح! خر( وإذن فاحلضآ اال

الرجل 1: )مستوقفا

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ا، �هن عالئق وثيقة. تبت� الفتاة لقدور بصورة طبيعية، عفوية، ال تلكف ف�يئ�ب

الصة. تسأل عن حال وهل تعود يفية احلض ك�ش من التعب�ي عن الطيبة الر ي أوال تع�ض

السمع، وتعرفه عن طريق به ت

� لكها القرية أن ل تذكر ية. القر عىل حياة ي لك ماكن! يندهش قدور ملا يسمع! ويندهش

ضي تتحدث عنه �

بواسطة معته ال�تل مفتعل وال ب

ا الفتاة إليه، بال حض ي تتحدث �بيئة ال�ت ك�ش من هذه العفوية ال�ب أ

حياء منافق.

ية؟ 1 أسطورماعية رموزا كرة احلب ملاذا تنسج الذا

ض املرابط؟2 ي بناها الناس حول ا�بساط�ي ال�ت

ئما هي اال

زا�ئ ومن يسكن القصبة؟3 ي احلبض

كيف وصف الاكتب البيت التقليدي �

؟4 واحدا

ي تسكن بيتا

كيف تتعايش العائالت ال�ت

ة؟5 ب كيف وصف الاكتب خد�ي

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ي لك ماكن.ض

ي �ي لك ماكن والغ�ض

ض- الفق�ي �

ي هذه الدار وأنت أعزب؟ض

ذا! لكن كيف قبلوك تسكن � ود الفقراء.. مل أمسع �ب - لكن ال�ي

ي عىل إعطا�ئ

أمه إرغاما

ضي هذه الدار. أر�

ض! لواله ملا سكنت � ي

ض املعملة هو الذي أسكن�ض - ا�ب

من هناك، حاولت الفصل ص أقوى منه، وكنت مارا ض ش

امص ذات يوم مع س ض هذه احلجرة. �ت

! حينئذ أ�ضبة إىلي خر مل يستجب. حاولت، وإذا به يسدد رصض

آما لكن الشخص اال بي�ض

دثنا عن ت

ض صاحبة الدار. ذات يوم � ال�باشتغلت به... ومن ذلك اليوم رصت صديقا

حلاح واملراجعة ي االول رفضت أمه، لكن بعد االإض

السك�ض فعرض عىلي أن أسكن عندمه. �

ا طيبة، ك�ش من قنطار! لك�ض ن أ ض مة، �ت ض ا. هي امرأة طيبة، �ض ن اكب�ضآي اال

�ض ا تعت�ب قبلت. إ�ض

صاحبة نيف وكرم!

جبون نساءمه منك؟ خرون أال �يآ- والساكن اال

يسعل أو خارجا

ي بيته. الرجل عندما يكون داخال

ض. لك واحد � زا�ئ ض احلب - أنت ال تعرف�ي

ن. هذه هي العادة وأحيا�ض را�ت ي كن بفناء الدار، أو عىل عتبات حب

فتدخل النساء الال�ئ

ا. ر�ت : “الطريق!” فتدخل لك واحدة إىل حب أو خارجا

يصيح الرجل عندما يكون داخال

بية القصباوية. هذه هي حياة البيوت العر

ض تسكن؟ وج أنت أ�ي ض - لو ت�ت

. يبون�ض ان �ي �ي ! لك احلب ي عائهلت اكمهلت

ا واسعة تك�ض ؟ أ�ض ير�ت ض أسكن؟ وحب - كيف أ�ي

ن قضية البحث عن امرأة. وهذه آالعمة حليمة وصلت إىل بيت القصيد. إذن القضية اال

موجودة، إذا شاء القدر. مل تكد تنتقل من أفاكرها إىل أفاكر أخرى غ�ي موضوع الزواج،

ا ة تشدها إىل بع�ض ، الذي هو عبارة عن ألواح غليظة قد�ي ي ار�ب ح�ت مسعت فتح الباب احلض

ة! رك ح د�ف أه ال ح وا �ب تتصارخ أل ة، فصارت �ب م�ي غليظ ة، ومسا رى أفقي خ ألواح أ

ة! ب - هذه خد�ي

- أخرج؟

ا بنت طيبة. ا. إ�ض رج. ابق معنا، لتتعرف عل�ي ض - ال ال �ت

ك�ش امم اكن قدور يتوقع. فتاة يهلت أ ا محب ة. إ�ض ب تقوم العمة ملالقاة الفتاة. تدخل خد�يحية

ت. ممتلئة الصدر، متوسطة القامة، �

ك�ش قليال ة أو أ ي حواىلي السابعة ع�ش

ض�

ي تعرضت هلا!شعة ال�ت

ئكي قصة اال ا �ي ة. لو�ض اللون إىل مسرة، كجل فتيات الد�ش

. زا�ئ حلب ، الذي يسكن �ب يض أ�ض - هذا قدور، ا�ب

ي ض

ي عليه الفتاة. �بل رأس قدور فيخجهل ذلك. مل يكن يتوقع أن تنح�ض

ة تق ب خد�ي

بطه . ال يقبلن إال ذوي حمرم أو من �ت ي جن�بئاملدينة ال تقبل النساء الرجل اال

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ي �ض لفية! قالوا: “احملض ا أو من صورها احلض �ت ا�ي ا قد تكون حقائق مرئية من �ض أقول أساط�ي ولك�ض

. ض ، قلبه أمحر، لسانه أمسر” وقد ذكرت ذلك منذ ح�ي ض املرابط: رأسه أخرصض �ب

ليج بية من احلض لوحدة العر ض املرابط من أصدقاء شكيب أرسالن. ينادي مثهل �ب قالوا: “ا�ب

ض ال تتوفر نس والد�ي إىل احمليط. يعادي االستعمار مثهل يقول مثهل أيضا: وحدة اللغة واحلب

بية.. ويقول: إن هذه الوحدة ال ض الشعوب العر ية مثملا هي متوفرة ب�ي موعة ب�ش لدى أي حمب

ض ققت! لذلك قتلته فرنسا!” قالوا: “ا�بت

ة أورو�ب فقط بل العامل لكه، لو � تستطيع موا�ب

ي الشام ض

كحل عدو فرنسا �ئكحل! حممود اال

ئاملرابط شيوعي “أمحر” من أصدقاء حممود اال

لريف ي وثورته �ب طا�ب ي اكن عىل اتصال بعبد الكر�ي احلض�ض .]...[ قالوا: “احملض زا�ئ ي احلب

ضوعدوها �

م

لك. نظ ع من أجل ذلك لك ما �ي .. و�ب زا�ئ ي احلبض

. اتفق معه عىل إشعال الثورة � ي املغر�ب

اء السالح. لذلك قتلته فرنسا غنياء الش�تئتطف أموال اال ض بال �ت ي احلب

ضاعات مسلحة � محب

نه اكن من كبار ئحملجر. امك أشاعت قبل ذلك �ب ي حادث املتفجرات �ب

ضوأشاعت أنه قتل �

ات من للناس!” هذه وع�شئء من ظمله، وعاد اال �ي �ب

ئح اال قتهل ار�ت ، قطاع الطرق، و�ب ض رم�ي احملب

� ض ي إشاعة أخرى �تض

ي رمحه الهل. وقالوا � ي قيلت حول أ�بت ال�ت شاعات والدعا�ي ها من االإ غ�ي

، واكن يش الفرنسي حلب ا هرب منه، وأثناء البحث عنه اشتبك �بضي احملجر، وإ�

ضأنه مل يقتل �

ي جسمه سيف وال رصاص! ض

من فضة، من هعد يوغورطة! من لبسه ال ينفذ �يلبس حزاما

يش الفرنسي عىل ذلك ال�، ال يعمل � هذا احلزام إال عزوز. وهو الذي أطلع الدرك واحلب

ي حربه ضد فرنسا!ض

ي � امك وقع من قبل لملقرا�ض

اما

ت�

مام املهدي، ، اكالإ ا اخت�ضضحد أن يقتهل. إ�

ئكن ال ي مل يقتل، وال �ي

�ض وهناك من أشاع أن احملض

ض ا إال الذ�ي شاعات لكها ال يعمل أحد مصدرها وال غاي�ت ي زمن آخر! لكن هذه االإض

ليعود �

نسجوها. ]...[

زا�ئ كيف هو؟ ضيق؟ واسع؟ ]...[ حلب - البيت الذي تسكنه �ب

السطح وهو للجميع يستعمل رة. احلجرات واسعة. وهناك أيضا ي حب

ض- لك عائهلت تسكن �

بية واسعة. وهذه ذا البيت مرحاضان سفىلي وعلوي. البيوت العر للغسيل والفرش... و�ب

ي ض

زا�ئ صعبة. � ي احلبض

الدار مكعظم دور القصبة من حيث “التفصيل” اهلندسة. السك�ض �

ض طباء واحملام�يئدارة أو اال ض الكبار لدى االإ ض إال املوظف�ي ي�ي زا�ئ وروبية ال يقبلون احلب

ئحياء اال

ئاال

اكنوا إذا أو ، ض مار�ي إال العرب، يدخلها ال وروبية ئاال حياء

ئاال الكبار. التجار وبعض

ي ض

ود والفقراء يسكنون � نعونه عىل العرب. العرب وال�ي �ي . أحيا�ض ض وروبي�ي

ئيشتغلون لدى اال

القصبة وما حوهلا.

ود فقراء!؟ - هناك �ي

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ض هدوقة عبد احلميد �ب(1996-1925)

ض يغية ما منحه خلفيت�ي ي وأم أماز ملنصورة من أب عر�ب ي. ولد �ب رج وشاعر جزا�ئ اكتب وحمض

يتونة ي جامع الزض

. انتسب إىل مهعد الكتانية بقسنطينة �ش درس � ض ض غنيت�ي ض ولغويت�ي ثقافيت�ي

. ا بسبب نضال ضد املستعمر الفرنسي ي اضطر للرحيل ع�ضزا�ئ ال�ت بتونس قبل عودته إىل احلب

ية . ل مؤلفات شعر إذاعيا

رجا ي وحمض دب العر�ب

ئ لال

عاد إىل وطنه بعد االستقالل ومعل أستاذا

ية نوب” أول رواية جزا�ئ ة إىل العديد من اللغات. تعت�ب روايته “ر�ي احلب محب م�توم�حية أيضا

ي ليعاحلج من خالهلا زا�ئ تمع احلب دها احملب ي ي�شي أمعال التحوالت ال�ت

ضبية وقد عرض � للغة العر �ب

مس”، ئاية اال خرى “�ض

ئي . من أمعال الروائية اال

رهاب والتطرف الدي�ض قضا�ي املرأة والتحرر واالإ

زا�ئ من خالل ي تعرض نضال احلبية والدراويش” و”غدا يوم جديد” ال�ت از ن الصبح”، “احلب “�ب

ت الثورة وتطلب من الاكتب تسجيلها، ي تستعيد ذكر�يت مسعودة، بطهلت احلاكية ال�ت حاك�ي

اصة أو انصياهعا ا لتحقيق مصاحلها احلض رة لسع�ي صيات أخرى، تظهر سلبية �ت ض شومن خالل س

ض ي وتد�يية تدافع عن ق�ي احلرية، تتذكر املا�ض ابية بل أسطور ب رة أخرى إ�ي لتيارات متطرفة و�ت

، ومن خانوها وهي تتطلع إىل جزا�ئ بعيدة عن العنف والتطرف، إىل جزا�ئ احلارصض الدامي

ة زا�ئ خالل ف�ت ي من النص وصف لقصبة مدينة احلبي املقطع الثا�ض

ضي يوم جديد. �

ضقة � م�ش

. االستعمار الفرنسي

يوم جديدغدا

ي ض

. ولكن قد يص�ي لك ذلك إذا تقاطعت الصدف � وال بطال

وال نبيا

نسان إهلا ال يولد االإ

ساط�ي ئي اال

ا تب�ض ي ولدت ف�يية ال�ت ! القر ض ي ماكن مع�ي

ضي نقاط معينة و�

ضالوقت املناسب �

ي مل يبق فيه لساكن القرية غ�ي أامسء بطال! والزمن الذي عاش فيه أ�بئنبياء واال

ئهلة واال

آواال

ماعية، احلب كرة الذا ا نسج�ت ية، ت أشد رمزية وأسطور بعيدة، وذكر�ي ية ية رمز أسطور

ت االستعمار! �ب ت رصضت

ا � وي�ت ، أو انقراض ما يتصل �ب يا�ئ لتحمي نف�ا من االنقراض ال�ض

ي �ضئ! ال تضحك من الكمي أرجوك. ال ض ع أو التار�ي ض وعملاء االج�ت أرأيت! أتملك اكلسياسي�ي

! أحدثك عن ي طبعا ور وأ�ب

ت القصة، وبقد تتعلق ببدا�ي

سأحكي لك أشياء هامة جدا

ور!

، وعن أساط�ي أخرى بنوها حول قد ي ي بناها الناس حول أ�بساط�ي ال�ت

ئاال

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ن”.آمر امك هو اال

ئال ر قط �ب

حدث. مل أفك

ي ض

ع � ت من أجل هذا، وأنه لن ي�شئرارة، ومل يعرف كيف يقول هلا أنه مل �ي وابت� سعيد �ب

، وأنه يعرف أن ال ذنب هلا. نقاش سيا�ي

“ال ذنب هلا؟”.

ح هلا ذلك؟ لضبط! كيف ي�ش ال ليس �ب

: محب يبة، ف�ي أخذ هو ي�ت بصورة مريئا رت عليه هه، إذ سألت بصوت بدا �ب

إال أن صفية وف

ض جئت؟” “من أ�ي

“من بولونيا”

؟” “م�ت

ي سنة 1948”ض

�“

لضبط؟” “م�ت �ب

“أول آذار 1948”

ينظرون إىل حيث مل يكن من املهم هلم أن ينظروا، وقطع يعا وخ�ي مصت ثقيل، وأخذوا محب

تاج إىل ي من هنا، ذلك �ي ء لنقول لك اخر�ب ي بض

ن مل �ض

� دوء: “طبعا �ب

سعيد الصمت قائال

حرب…”

من �ب اول الالكم مق�ت ي احلديث فانتبه، وعاد �ي

ضي �

�ض ت صفية عىل يده، كي ال �ي

وشدن، بيتنا أ�ض وصفية، هو موضوع

ضي هذا البيت، بيتنا �

ضاملوضوع: “أقصد أن وجودك هنا، �

مي ذلك”.ا اكن بوسعك أن ت�ض شياء لنا، ر�ب

ئشياء، هذه اال

ئآخر، جئنا فقط ننظر إىل اال

ي الشمس؟1ض

ي رواية رجال �ض

ستاذ سل�ي ذا حظوة عند الهل �ئ ملاذا اعت�ب اال

ء وماذا فعل؟ 2 يمك سنة مرت كي يدرك أبو قيس أنه فقد لك �ش

دب 3ئ؟ وهل يستطيع اال ال راهنة ما هي ض شلكهت ما �ت ول �ب

ئي النص اال

ضتنبأ الاكتب �

أيك؟ استشفاف املستقبل �ب

نية؟4 ي بيته �شض

ي وجدها سعد �ة ال�ت شياء الصغ�ي

ئاستخرج من رواية عائد إىل حيفا اال

؟5 د�ي ما الق رة بي�ت د ز�ي ة عن د وصفي ور سع ما شع

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، أو دفعة واحدة، مكن يصحو من فشيئا

مور شيئا

ئ اال

حواليه، مكتشفا

ظرا طو �ض ض وأخذ �ي

سة ض من أصل محض ى مقعد�ي لوس، استطاع أن �ي ي غرفة احلبض

ض صارا � اء طويل. وح�يض

إمع

خرى فقد اكنت جديدة، وبدت ئمقاعد ها من الطقم الذي اكن ل. أما املقاعد الثالثة اال

لصدف هي نف�ا، ي الوسط اكنت الطاولت املرصعة �بض

ث. و� �شئسقة مع اال

ة وغ�ي مت

هناك فظ

خرى مصنوعة من ئية الزجاجية �ب ا استبدلت املزهر

ت، وفو�

هتا ا قد صار �ب وإن اكن لو�ض

ا سبعة أعواد. وحاول أن ا تكومت أعواد من ريش الطاووس، اكن يعرف أ�ض احلضشب، وف�ي

ها واحدة

ب من املزهرية وأخذ يعد ها وهو جالس ماكنه إال أنه مل يستطع، فقام واق�ت

يعد

سة فقط. واحدة، اكنت محض

ا صفية، ي اشتغل�تت، وإن تلك ال�ت إىل ماكنه، رأى أن الستا�ئ قد تغ�ي

ض استدار عائدا وح�ي

ية اللون، قد اختفت من هناك، واستبدلت يوط السكر لصنارة، من احلض ض سنة، �ب �ي قبل ع�ش

بستا�ئ ذات خطوط زرقاء.

ي شياء ال�ت

ئ اال

ا تعد �ض

ئي زوا�ي الغرفة واك

ضا � ب بعين�ي

�ش وقع برصه عىل صفية، فرآها حمتارة، تنق

ما لس أماهمما عىل ذراع أحد املقاعد، تنظر إل�ي بت

تفتقدها، واكنت املرأة السمينة العجوز �

: عل تلك االبتسامة تف�ت بت

قالت دون أن �ا وهي تبت� ابتسامة ال مع�ض هلا، وأخ�ي

عامك”“منذ زمن طويل وأ�ض أتوق

ا، امك لو ظ �بملانية، وتبدو، إذ تتلف

ئية بطيئة، وذات لكنة أقرب إىل اال ض نلك�ي ا االإ اكنت لغ�ت

ا من ب�ئ غبار سيقة الغور. ا تنتشل ملكا�ت أ�ض

ن؟”ض

ض من � مام وسأهلا: “هل تعرف�يئ�ض سعيد إىل اال

ضوا�

ا، �ش ي ملكا�ت كي تنت�ت

رت قليال

. وفك

كيدا

ئ مر �تئيد اال ض اب عدة مرات ل�ت ب �ي الإ وهزت رأ�ا �ب

قالت ببطء: “أن�ت أ�اب هذا البيت، وأ�ض أعرف ذلك”.

؟” ض “كيف تعرف�ي

ا. �ش قالت: “من ي ابتسام�تض

ي وقت واحد. وزادت العجوز �ض

جاء السؤال من سعيد وصفية �

ت ا أمام الباب. والصحيح أنه منذ ان�ت ي وقف�ت �بيقة ال�ت ء. من الصور، من الطر ي

لك �ش

ا، وكنت أقول لك يوم ون إىل هنا وأخذوا ينظرون إىل البيوت ويدخلو�ض احلرب جاء الكث�ي

.”

أنامك ستأتيان ال شك

ول ئاها ال ا �ت �ض

ئي الغرفة واك

ضعة �

شياء املوز

ئا، إىل اال أة بدت حمتارة، وأخذت تنظر حوال�ي ب

ضو�

مرة. ودون أن يقصد، أخذ سعيد ينظر إىل حيث تنظر، وينقل برصه حيث تنقل برصها،

ء ذاته، وقال سعيد لنفسه: “�ي للغرابة! ثالثة أزواج من العيون تنظر يوفعلت “صفية” السش

”!تلفا اه حمض ء واحد.. �ش مك �ت ي

إىل �ش

: “أ�ض آسفة، ولكن ذلك اكن ما بطئا

وأشد

ن خافتا

آ ومسع صوت العجوز، وقد صار اال

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ض سنة املاضية وضعت �ي للغاية، امك لو أن الع�شمر، لنفسه ولزوجته، يبدو طبيعيا

ئجعل اال

ضل من السيارة ى. �ض قت ح�ت صارت ورقة شفافة ال تاكد �ت

ض وس ض جبار�ي ض مكبس�ي ب�ي

ي ض

شخش � ض املفاتيح �تراك فة �ت و ال�ش

ضفع حزامه وهو ينظر � ا، وأخذ �ي �ب وصفق وراءه �ب

اث. ك�ت ا اضراحته دو�

رعة مثهل. أمسك بذراهعا، ا مل تكن �ب ودارت زوجته حول السيارة ووقفت إىل جانبه، إال أ�ض

اء، الدرج. وبدآ يصعدان، دون أن وأخذ يقطع الشارع: الرصيف، البوابة احلديدية احلضرصض

فقده ا ستخضه وت ي اكن يعرف أ�ض

ة ال�ت شياء الصغ�يئك لنفسه أو هلا فرصة النظر إىل اال ي�ت

رس، والقطة الباب النحاسية، وخربشات أقالم الرصاص عىل احلائط، انه وهدوءه: احلب ض ا�ت

ء، والدرجة الرابعة املكسورة من وسطها، وحاجز السمل املقوس النا� وصندوق الهكر�ب

ول حيث اكن يعيش حمجوب السعدي، ئ، والشبابيك والطابق اال

لق عليه الكف ض الذي ت�ض

ون الدرج ئال ، و�ي

ائطفال يلعبون أمام الدار دا�

ئ، واال

ائ دا�

موار�ب

وحيث اكن الباب يظل

حاكم. إ ، واملغلق �بي املغلق، املدهون حديثا ، إىل الباب احلضش�ب

رصاخا

رس” وا احلب رس وهو يقول بصوت خافت لصفية: “غ�ي وضع إصبعه عىل احلب

!”بع: “واال� طبعا �ش �ت

وسكت قليال

ف، ووراء الباب مسعا بت

� ردة �ت ا �ب يده فوق يدها وأحس �ب

واغتصب ابتسامة غبية، وشد

”، وقرقع املزالج

وز بال شك ص عب ض شر نف�ا ببطء، وقال لنفسه: “س ب

تصوت خطوات �

بصوت مكتوم، وببطء انفتح الباب.

س يتنف مكن لنفسه قال أو بصوت مسموع، ذلك قال إن يدري ليس ذي”، “ها هي

ماكنه ال يعرف ماذا يتوجب عليه أن يقول. والم نفسه لكونه مل واقفا

الصعداء. ولكنه ظل

ظرا ي ماكنه �ض

ضرك �

ت آتية، و�

ي أن حلظة هكذه ال بد

ض�

ر طويال

أنه فك

ضا ر� هلت يبدأ �ب محب

رصض �ي

مام وقالت: “هل نستطيع أن ندخل؟” ئإىل صفية مكن يستنجد. فتقدمت صفية خطوة إىل اال

طا

أزرق منق

ي اكنت تلبس ثو�ب

ة، وال�ت ء، والقص�ي يم املرأة العجوز، السمينة بعض السش ومل ت�ض

العجوز أسار�ي انفرجت وعندها ية، ض نلك�ي االإ إىل محب ي�ت سعيد فأخذ بيضاء. ت بكر�ي

لوس. و غرفة احلبض

، ووسعت من الطريق ح�ت دخال، �ش أخذت تس�ي أماهمما � املتسائهلت

ء من يشياء بسش

ئان اال ض �ي دة بطيئة، وأخذا �ي د طوات م�ت ض انبه صفية، �ب ب وتبهعا سعيد، و�ب

ى أشياء ك�ش رطوبة واستطاع أن �ي امم تصوره وأالدهشة. لقد بدا ل املدخل أصغر قليال

ملكية غامضة ائي تصورها دا�

اصة ال�ت ال، أشياءه احلميمة احلض ض ها ذات يوم، وما �ي ة اعت�ب كث�ي

ة صورة للقدس ش� .

اها حقا ا أو أن يمل�ا أو أن �ي سة مل يستطع أي اكن أن يتعرف عل�ي

مقد

دار املقابل ض اكن يعيش هنا. وعىل احلب قة حيث اكنت، ح�يال معل ض ما �ت

رها جيدا

يتذك

. هناك أيضا

ائة اكنت دا� ادة شامية صغ�ي سب

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ه قبل ذلك. إذن هذا نه مل �يئر الكب�ي اك رض بكوعيه وعاد ينظر إىل ال�ض

ئض، واستند إىل اال �ض

ي وسط البلد ض

نه شارع �ئلتمر والقش اك ر كب�ي تس�ي فيه البواخر حممهلت �ب هو شط العرب: “�ض

تس�ي فيه السيارات”. ]...[

ي حرهما. شياء ال�ت

ئوراء هذا الشط، وراءه فقط، توجد لك اال

ي ذهنه إال مثل احلمل والتصور يوجد هناك.. ض

ء الذي مل يعش � يهناك توجد الكويت.. السش

ي رأسه املكدود.. ض

وم � اب وماء وامسء، وليست مثملا �ت ر و�ت ء موجود، من حب يا �ش ال بد أ�ض

ار.. ال.. ال.. ال توجد بش

سئض اال كضون ب�ي �ي

ونساء وصغارا

ة أزقة وشوارع ورجاال

شال بد أن �

كياس من النقود ئ وعاد �ب

ار هناك.. سعد، صديقة الذي هاجر إىل هناك واشتغل سواقا ب

شأس

ي رأسك العجوز ض

ي رأسك �ي أ�ب قيس.. �ض

ار موجودة � بش

سئرة.. اال ب

شقال إنه ال توجد هناك أية س

بيع.. لك را وخ�ي

يتو�ض ار ذات جذوع معقدة اكنت تتساقط ز بش

التعب �ي أ�ب قيس.. ع�ش أس

ك�ش نه يعرف أئ ال

ب أن تصدق سعدا ب ي الكويت، هكذا قال سعد و�ي

ضار � ب

شة أس

شليس �

ك�ش منك، لكهم. أنه أصغر منك، لكهم يعرفون أض

منك ر�

سوى أن تنتظر.. لقد احتجت إىل ع�ش سنوات ي السنوات الع�ش املاضية مل تفعل شيئا

ض�

هذه ي ض

� لكها. وقريتك وشبابك وبيتك راتك بش

س فقدت أنك تصدق كي جائعة ة كب�ي

اك . ماذا �ت ي بيت حق�يض

وز � م، وأنت مقع كلكب عبت

الناس طر�

السنوات الطويهلت شق

وة سقف بيتك، بيتك؟ إنه ليس بيتك، رجل كر�ي قال لك: كنت تنتظر؟ أن تثقب ال�ش

مرقعة كياسا ي نصف الغرفة، فرفعت أ

ء، وبعد عام قال لك أعط�ض ياسكن هنا! هذا لك �ش

زك مثملا ح�ت جاءك أسعد وأخذ �يدد.. وبقيت مقعيا ان احلب �ي ض احلب يش بينك وب�ي من احلض

.بدا ز احلليب ليص�ي ز �ي

عائد إىل حيفا، وها هو

كرته طويال ي ذا

ضضل ذاته، ذلك الذي عاش فيه، �ش عيشه � ضل، امل�ض امل�ض

أة أطل ب

ضو�

صفر.ئللون اال فاته املطلية �ب مة �ش

قد �ب

ن يطل

آاال

عليه من هناك. اكن

ل طويل، ستطل

د ولوههلت خيل إليه أن صفية، شابة وذات شعر حمب

ت منه قطع بيضاء ومحراء فة، وتدل ض خارج ال�ش عىل وتد�ي

للغسيل قد دق

جديدا

حبال

، ض رف إىل اليم�يض

أة أخذت صفية تبكي بصوت مسموع، أما هو فقد ا� بض

لغسيل جديد. و�

ي املاكن الذي هلا، امك اكن ض

. �ش أوقف السيارة � الت سيارته تصعد الرصيف الواطئ ك عب و�ت

ض سنة! �ي منذ ع�شاما

تيفعل �

ي أمعاقه ض

ئ حمرك سيارته، ولكنه اكن يعرف � ة فقط هو يط�ض ة صغ�ي دد “سعيد س.” هن�ي �ت

أدراجه. وهكذا رك سيارته عائدا

ضمر، ولعاد �

ئة أطول الن�ت اال دد ف�ت ك نفسه ي�ت أنه لو �ت

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يغسان كنفا�ض(1972 -1936)

رعام ي أ�يض

فا إىل أن أج�ب � ي �يض

ي عاك ونشأ �ض

. ولد � يي ورسام فلسطي�ض

ضأديب مناضل، �ا�

ي الكويت ض

ي دمشق �ش �ض

ية. عاش ومعل � 8491 عىل اللجوء مع عائلته إىل لبنان �ش إىل سور

�ائيلية بتفج�ي ات االإ ا�ب د إذ اغتالته احملض وت إىل أن است�ش وبعد ذلك انرصف للصحافة بب�ي

من أن معظمها يدور حول قضية ض

ض الواقعية والرمزية، وعىل الر� ته ب�ي ت كتا�ب رحبئ سيارته. �ت

ا يتجاوز قضية بعي�ض وعامليا

إنسانيا

ا بعدا دبية منح�ت

ئي اال

ا إال أن موهبة كنفا�ض ض وشع�ب فلسط�ي

تقال 21”، “أرض ال�بتي أي ماكن. من أمه أمعال: “موت ��ي ر�

ضليصبح قضية لك إنسان �

ي الوعي الذي بدأ � كنفا�ض ا �ي ”، “عامل ليس لنا”، “أم سعد”، “عائد إىل حيفا”. وف�ي ض احلز�ي

ض ا قصة زوج�ي عىل ذلك. إ�ضك الوطن ح�ت ولو اكن مكرها ة 76 وينتقد من �ت يتبلور بعد هز�ي

ي ض

اك طفلهما الرضيع � ي عام 8491 و�تض

وح عن حيفا � ض ، سعيد وصفية، اضطرا لل�ض ض فلسطيني�ي

بية ودية تكفلت ب�ت من عائهلت �ي ليجداه مسكو�ض

ض عاما �ي ما الذي سيعودان إليه بعد ع�ش بي�ت

وي مأساة ي الشمس” ف�تض

. أما رائعته “رجال � إ�ائيليا

ا فأصبح جند�ي ما عىل مباد�ئ اب�ض

ي إىل الكويت اولون الوصول بشلك غ�ي قانو�ض تلفة �ي ض من أجيال وبيئات حمض ثالثة فلسطيني�ي

ال راهنة تتكرر لك يوم ض ا ال �ت م لك�ض عن حياة أفضل، مأساة تتغ�ي أامسء أبطاهلا وجنسيا�تثا �ب

ت مسع العامل وبرصه.ت

ي الشمس

ضرجال �

ي عىل �ت ستاذ سل�ي قبل ع�ش سنوات! ها هو ذا �ي

ئدث عنه اال

تها هو إذن الشط الذي �

.. �ي رمحة الهل عليك �ي أستاذ ستاذ سل�يئيته وعن مدرسة اال م عن قر �ي

ئميال واال

ئبعد آالف اال

وت قبل تض جعلك � ! �ي رمحة الهل عليك! ال شك أنك كنت ذا حظوة عند الهل ح�ي سل�ي

ود... ليهلت واحدة فقط... �ي الهل! أتوجد ي أيدي ال�يض

ليهلت واحدة من سقوط القرية املسكينة �

ي شغل عن دفنك وعن إكرام ض

ك�ب من هذه؟ ... �يح أن الرجال اكنوا � ة نعمة إهلية أش�

موتك.. ولكنك عىل أي حال بقيت هناك.. بقيت هناك! وفرت عىل نفسك الذل واملسكنة

ى لو عشت، لو ... �ت وأنقذت شيخوختك من العار.. �ي رمحة الهل عليك �ي أستاذ سل�ي

مل سنيك لكها ت

كنت تقبل أن � ن؟ أآكنت تفعل ما أفعل اال .. أ ي

أغرقك الفقر امك أغرق�ض

؟ ض د لقمة خ�ب بت

رب ع�ب الصحراء إىل الكويت كي � عىل كتفيك و�ت

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نسانية، ا الفكر والرأي واملشاعر االإ ي السجن وحدة ال تتجزأ، وحدة صاهعضض

عليه. وأصبحنا �

م بنا

ض اكنت تتأز ي من لك من عداك. وح�يي وفكري وكيا�ض وألصق بقل�ب

وأصبحت أقرب إىليتفع ميل �ي ، اكن صوتك احلب

ضيف إىل ظاللنا السود ظالال

خبار الكئيبة، ت

ئمور، وتتواىل اال

ئاال

ن قد خرجنا اليوم من ض

بيع. ]...[ وها� دهر الر ض �يي فرنسية رقيقة: غدا

ض�

منشدا

�ي

متحد

غنية:ئي وال اال

ع�ض

مل ال يتخىلئدهر بعد واال ض بيع مل �ي ن والر

آي أي�ض كنت اال

السجن �ي صديق�ت

م احلياة ي يوم من أ�يض

بيع من جديد دهر الر ض س�ي

ي أرض حرة حرةض

يا من جديدض

ا � ف�ي

ب من جديد. ب و�ض ض

ا � ف�ي

ا الاكتبة؟1 دثت ع�ضت

ي �وىل ال�ت

ئمن هي الشخصية اال

ها وملاذا؟2 ك�ش من غ�ي ت فيك أ ي أ�شمن هي الشخصية ال�ت

أيك؟3 لاكتبة وملاذا؟ وهل هي �يحة �ب ي ألصقوها �بمة ال�ت ما هي ال�ت

ك�ش تدل عىل ذلك.4 هلت أو أ ي واحلارصض اذكر محبض املا�ض زج الاكتبة ب�ي

ت�

ب اكلنار” للتعب�ي عن مشاعرها 5 شعرية مثل “تل�تاستخدمت الاكتبة صورا

�ا ا من النص وا�ش استخرج بع�ض

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ت لطيفة الز�ي(1996-1923)

ي مدينة ض

خاصة بقضا�ي املرأة. ولدت �ما ية، اهتمت اه�ت قدة ومناضهلت يسار اكتبة روائية و�ض

امعة القاهرة. ب داب �بآدب من لكية اال

ئي اال

ضادة الدكتوارة � رص وحصلت عىل �ش دمياط �ب

ي قادت للجنة الوطنية للطلبة والعمال ال�ت

عاما

انتخبت عام 1946، وهي طالبة، أمينا

ي ض

ية � ة الدولية التقد�ي ض ا�ئ . حصلت عىل احلب ييطا�ض حركة الشعب املرصي ضد االحتالل ال�ب

أخرى”، وقصص “الشيخوخة املفتوح”، “الباب أمعاهلا أمه من .1996 عام داب آاال

صية” ومنه ض شمته” و“محهلت تفتيش – أوراق س اء”، “الرجل الذي يعرف �ت م�حية “بيع و�ش

ي ض

ا � ب�ت ر بت

كي عن �ت

ا و� ة ذاتية تبحث الاكتبة من خالهلا عن هوي�ت هذا النص. وهي س�ي

ية سكندر الإ ة” �ب ن “احلرصض ي سبض

عىل ذمة التحقيق �ورا ي دامت �ش

السجن االنفرادي ال�ت

تلفة ات زمنية حمض ض حلظات وف�ت زج ب�ي سلوب غ�ي تقليدي �يئا �ب ات من حيا�ت ا ف�ت وتصف ف�ي

ر. سباب ال�تئمل واحلارصض الواعي �ب

ئي اال

، ما�ض ي احلارصضض املا�ض ن ال�د ينتقل ب�ي

ئفاك

صية ض شمحهلت تفتيش – أوراق س

يصديقا�ت

، يصديقا�ت

ض من غ�ي جوهر هذه ي السجن وال أذكركن وأن�تض

ي �رب�ت ب

تكتب عن � هل أستطيع أن أ

بته؟ آتمل عىل اك

أحاهلا إىل لون رمادي حم

كن بياضا سود الدا

ئا اال التجربة، وأض�ض عىل لو�ض

، وأحالت سا

ني أ

لت وحش�ت

، وأنت من بد ي أنت �ي حارس�ت

هل أستطيع أن أنساك مثال

عىلي يبا غر

ي ثو�ب

ي السجن، وألبسو�ضض

ي �و�ض ي يوم ح�ش

؟ كيف أنس �ي صديق�تي وطنا

غرب�ت

ام، ونسجوا حوىلي وض وإ�بض

من معبوا حوىلي غيوما ة، ورصض ي إرهابية خط�ي

�ضنئي �ب

مو�ض وا�ت

ب اكلنار، وتت�ب من ا تتفجر اكلديناميت، وتل�ت ا، إ�ض القصص وقالوا لك: “احذري م�ض

ا تغيب عن عينيك، أو تتصل ببقية م فال تدع�ي قبضة اليد اكملاء. وقد حاولت اهلرب منذ أ�ي

فتك ، وقد تلق ميهلت ي احلب

خرى �ي صديق�تئالسجينات”. ]...[ وهل أستطيع أن أنساك أنت اال

ي العمر فارق ض

م وليس بيننا �ئب اال وك �ب

ضتون، وشعرت �

ئي يوم قذفوا بك إىل اال

ي أحضا�ضض

نانك ي �بميك، ح�ت أعنت�ض

د

ي البداية، وما إن استقمت عىل ق

ض، وأعنتك عىل السجن � كب�ي

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مع ب نه يظن أنه �يئث غ�ي حافل، أ�ض أعرف ذلك، ال زرق يتألق، غ�ي مك�ت

ئهذا البحر اال

عهل عىل هذا التألق، بت

لطعات من شاطئنا �مل أيضا حضارات الدنيا عىل شطآنه. ولكنه �ي

فا ر �ي ، �ب ض ر فلسط�ي نه �بئهذا احلسن. أ�ض أحب البحر املتوسط، وأركب السفينة فيه، ال

بية وقراها. فأنت إذا صعدت هضاب القدس ونظرت ر هضاب القدس الغر وحيفا، و�ب

ا ي ثالث�تض

لامسء. � ي االثنان �بض يلت�ت ض يبدأ البحر وأ�ي رض وأ�ي

ئي اال

ض تن�ت ، لن تعرف أ�يغر�ب

ا ي �بن�ض

ئ. اك ي

ء الوحيد الذي يلطف من غرب�ت ي. هذه الزرقة هي السش ثهلت زجة وم�ت متداخهلت م�ت

كة السلطان” فأراها قد اتسعت وامتدت ا أعود إىل “�ب ي �بن�ض

ئي من جديد، اك

ر�ضئأتصل �ب

وشالالت متدفقة. را وفاضت أ�ض

لعلب الصينية: علبة داخل علبة - وتتضاءل ن وحيدون. حياتنا أشبه �بض

ي الصم�ي �ض

ي داخلها - ال خا�ت ض

. وإذا �يعا ا محب ي القلب م�ض

ض إىل أن نبلغ العلبة الصغرى �

ما العلب حب

ي حاجة إىل أن ب: الوحدة. وهل اكنت �ب ن وأعبشض من خوا�ت ابنة السلطان، بل � أ� �ي

ش�

ض لواهب الصحراء وزعيق املدن ، ب�ي ض ا�ش ض احلوافر وال�ب ي ب�ي أقتلع من جذوري ويقذف �ب

، والبقع قليهلت متباعدة. ا كث�ي ولية، لكي أعرف ذلك؟ القماشة عريضة، والسواد ف�ي الب�ت

ي سواد ض

� أضاءت ض رهيبت�ي ض ا حلظت�ي لتقابل حبي�ب القبور إىل ا أب�ي من بة اهلار الطالبة

كر، طاطي ماض

: ا� يي مأساة تتجدد، فيقولون ع�ض

ضالم الصليب، �

آالقماشة، وأعود إىل آالم اك

ي أن أمحل حفنة يدون�ض م �ي �ض

ئ. اك

ي ل شيئا

يناقض نفسه، يعبد القرش، ما عادت أرضه تع�ض

اكنية الزرقاء ورها ال�ب ، وأ�ض أمحل �ض عىل أمليي دليال ي جي�ب

ضي كيس من ورق �

ضا � ا�ب من �ت

، لكنا يي ووحش�ت

ي قلب العلب لكها، مع وحد�تض

ي �ال�ت العلبة الصغرى ي

ض� ، ي دمي

ضلكها �

، ض ء أو شيئ�ي ي عن العيون، نضمها مع �ش

بعيدا

ضوا� ض احلب وهرة ب�ي وحيدون. لكنا ن�ض هذه احلب

ي تنفذ ي العيون ال�ت

ضشاها: � ض وت من أجلها، �ض

ضا، و� ا ونتغزل �ب �ب

ضي �

ا. والعيون ال�ت ر�ب

يد أن يعرف حمبوبنا احلب والوحدة وال �ضض

وا� ض احلب . ن�ض ب�ي �ض شعة السينية إىل خفا�يئاكال

م مه. وهل نعود إىل عل�يم. خوفا عل�ي

- ال، بل خوفا

علينا- طبعا

، ال خوفا ن�ض لذي �ب

ق املوج؟ ض فيان؟ هل من يفض مكنون النغم أو �ض ض ، وهذا البحر؟ أي � �ي املوسي�ت

ض شعراء وإن مل يكتبوا الشعر؟ 1 عالن من الفلسطيني�ي ب ما ها الشيئان اللذان �ي

ملاذا يعت�ب الاكتب الزمن هو العدو؟ وهل توافقه الرأي؟2

رضه؟3ئب بطل الرواية البحر املتوسط وما الذي يوصهل �ب ملاذا �ي

4 من أنواع الباكء؟ اذكر مثاال

ي اكلكتابة والر� نوعا

كن أن يكون التعب�ي الف�ض هل �ي

عىل ذلك من النص.

ي مأساة متجددة؟ 5عل من حياة الفلسطي�ض ب ما الذي �ي

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ا بنيت عىل سبعة تالل. طالق. قيل إ�ض ي الدنيا عىل االإض

ل مدينة � القدس؟ ]...[ القدس أمحب

ا من تالل، وهبطت لك ما ي ارتقيت لك ما ف�يلست أدري إن اكنت تالهلا سبعة، ولكن�ض

ر أمحر، بيوت اكلقالع، تعلو ر وردي وحب ر أبيض وحب ض بيوت من حب ا من منحدرات، ب�ي ف�ي

ي واهر تذكر�ض ا جواهر منثورة عىل ثوب الهل. واحلب �ض

ئوتنخفض مع الطرق الصاعدة النازلت اك

ي القدس ض

بيع � بيع. والر ع زرقة الامسء بعد أمطار الر بيع واذكر ال�ت ا، فأذكر الر �ض هور ود�ي ض �ب

بل رج عىل خشبة امل�ح. فاحلب ه احملض د غ�ي نه م�شئي البلد، اك

ضل � اه �ي نك �ت

ئبيع ال اكن هو الر

دم عند منعطف أة أمام عينيك، وح�ت بيتك الصغ�ي امل�ت بض

ي الشتاء قد اخضورصض �ض

البلقع �

بيع س الر ن، وحيث الشجرة اليابسة، �ي م آل ع�ش الطريق، حيث احلجارة املهمهلت منذ أ�ي

ذع العاقر املسن نفسه. ض احلجارة نف�ا، حول احلب طفال قد نبتت ب�يئ كعيون اال

ن زهورا

ئال

ي ض

. كنت مرة � ت من القدس فأحزن، وأغضب، وأبكي ي بذكر�يتي�ض

ئ ولذا فإن اللياىلي قد �ت

ي اء يسأل�ض ب

ضي رجل أعرفه، �

ت فبكيت، ورآ�ض ثل هذه الذكر�ي فندق الشام عندما فوجئت �ب

، وما عدت أعرف احلضجل. يي وأمي وأخو�ت ... فقلت أبكي عىل أ�ب �ب ما احلض

بك من . ولكن �بولون نوبة الباكء شعرا ي فاكنوا �ي ة أما غ�ي اكن ذلك قبل سنوات كث�ي

ل مدن الهل؟ حماوالتنا ي مدينة هي أمحبض

ض سنة � ة ثالث�ي هو خ�بيستطيع أن يصوغ الكما

ي احلياة يعوض ض

ء � يبداعية ليست إال مسكنات مؤقتة. هي نوع من الباكء. ولكن ال �ش االإ

ك ي سيهل الظامل ال ي�تض

ء فظيع. � ية. والزمن، عىل لك حال �ش عن الدموع السخينة الكب�ي

اية ما يستحق القول. لقد داس الزمن عىل لك ي ال�ضض

ك لك � ء جدة أو نضارة، وال ي�ت يلسش

لرمست ذلك، أتدري يق والفتنة ولو كنت رساما كب�ي ثقيل، وطمس ال�ب

ف ض ما أراه �ب

محر. الزمن هو ئء من اال ي

ض أو ثالثة بسش ي ماكن�يض

هعا �كيف؟ بلطخة سوداء عريضة قد أبق

العدو. ]...[

ي متاهات الصخر والزيتون ض

فا، أو � ي شارع �يض

� ” تلك “املشاو�يما أقل ما اكن يكفينا لملتعة

رض احلمراء، ئيتونة هرمة، عىل اال ت ز

تملدينة. هل جلست مرة، �ي عصام، � واحمليطة �ب

صفر ئيط بك، وكذلك الزهرات القالئل من الشقائق، أو ذلك “احلنون” اال والشوك ياكد �ي

ت يتو�ض ز �ي الهل لك حلنون؟ �ب إال يسموه مل ض الفالح�ي ن ئال قط،

اامس ل نعرف مل الذي

من حياتنا، كنا جزءا تك �ت

تسل إىل املاحلة... � الطالبية، والقطمون واملصلبة، والوادي املس�ت

ت ض املنمقة والغا�ب ار البواسق، والبسات�ي بش

سئى اال رج إىل العامل، و�ت ض للعودة. �ت

هبة، وعربو�ض

ي ض

اء املتباعدة، � ار الغ�ب بش

سئ من تلك اال

واحدا

معوجا

ا لكها ال تساوي غصنا امللتفة، ولك�ض

ا تنت�ش �ضئنت اك ت قدميك كقبالت عاشق، و�ب

ي تلق

رض الصخرية احلمراء ال�تئتلك اال

بة نة. لعنة واحدة هي أوجع اللعنات: لعنة الغر رائك احلبئا اك ت جنبك إذ تضطجع عل�ي

ت�

نه ئرض اك

ئرح قدميه عىل تلك اال ب

ت. سل الفالح الذي يذكر � ض عن أرضك. سل الفلسطيني�ي

نه يقول إن حياته، بعد أن أبعد عن أرضه، ما عادت حياة. ئيذكر لذة حياته الوحيدة، اك

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ا اه�ي ج�ب ا إ�ب ج�ب(1994 -1920)

ي ض

، ولد � يقد فلسطي�ض ي ورسام و�ض

، مفكر وروا�ئ وتنوعا

مه إنتاجا ك�ش ء العرب وأ د�ب

ئمن أمه اال

بع دراساته العليا لقدس و�ت بية �ب ي اللكية العرض

ي بغداد بعد النكبة. درس �ض

بيت حلم واستقر �

ة نظر ته املأساة الفلسطينية من و�ب مريكية. تعكس روا�يئت املتحدة اال ا والوال�ي ي إنلك�ت

ض�

ي والعامل احمليط به. تتناول أمعال الشخصية م الشعب الفلسطي�ض

ضمثقف وواع قادر عىل �

ة الواقع وخوفه من السلطة ا�ب زه عن حمب ي وعب زق املثقف العر�بتي الشتات و�

ضالفلسطينية �

ية ي ومن أمعال النقدية “احلري والف�ض د�ب

ئلنقد اال ي تطارده بسبب أفاكره ومعتقداته. اه�ت �ب

ال�ت

وىل”، “البحث عن وليد ئسطورة والرمز” ومن أمه أمعال الروائية “الب�ئ اال

ئوالطوفان”، “اال

لرحهلت ول وههلت عرضا

ئي تبدو ال

مسعود”، والنص التاىلي مأخوذ من روايته “السفينة” ال�ت

ي رب من حبيبته مل ال�ت ي �ي

تي فصوهلا عصام السملان، همندس عرا�

ضية يتناوب الالكم � ر �ب

السفينة بصحبة ض ليجدها عىل م�ت لثأر �ب ا بسبب ماضيه احملكوم الزواج م�ض يستطع مل

لتجارة. ومن ي اضطر للهجرة إىل الكويت والعمل �با، ووديع عساف، رسام فلسطي�ض زو�ب

املأسوية بعاد ئاال تتكشف حلارصض �ب وخلطه ي

املا�ض ت ذكر�ي جاع واس�ت احلوار خالل

ض التقوا عىل مهعم خيط من احلب واحلن�ي ب تلفون �ي اص حمض ض شصية. أس ض ش

نسانية للك س واالإ

م يبحث ر احلضارات واملآ�ي ولك واحد م�ض ي البحر املتوسط، �بض

م � سطح سفينة تبحر �ب

بته، عن دواء لداء ليس ل دواء. عن دواء لغر

السفينةيد الت�ش

ض، ور� ي

ي غ�ض ع�ضض

وج، أهىلي � ض سود، غ�ي م�تئ، ال يغرنك شعري اال ض ربع�ي

ئأ�ض فوق اال

ي الكويت، وما أزال أكسب، ما فيه الكفاية. احلمد لهل. هذه ض

والضياع، كسبت من املال �

ت أليمة. أليمة ي ذكر�يي الليل تنتاب�ض

ضا لك قطرة. � ، وسأمتص م�ض ي الثالثة إىل أورو�ب

سفر�ت

ي كتابة ض

فاكر. �ئض اال ي تدو�ي

ض�

. كنت ف�ي م�ض أجد متنفسا

ي رغبات أليمة أيضا

، وتنتاب�ضجدا

الشعر.

ض م عرفوا شيئ�ي �ضئم شعراء، ال ، ولك�ض

لفطرة. قد ال يكتبون شعرا الفلسطينيون لكهم شعراء. �ب

. أتعرف ، ال بد أن يكون شاعرا ض ض هذ�ي مع ب�ي ب ال الطبيعة واملأساة. ومن �ي . محب ض ض هام�ي اثن�ي

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ي سذاجة:ض

أقول �

ه” خ�يئ اال

املرأة

تكون

“سوف

ه..” خ�يئ“واملرة اال

مرة

ي الغرام ألفض

ها.. سقطت �

وبعد

مرة..

ومت ألف

:

ومل أزل أقول

ه” خ�يئ اال

ة “تلك املر

ه وملاذا؟1 ك�ش من غ�ي بك أ ما هو املقطع الشعري الذي أعب

بتك؟2 ي أعبية ال�ت ما هي الصور الشعر

ا.3 ي عنارص الطبيعية للتعب�ي عن مشاعره اذكر بع�ضوظف قبا�ض

ي تدل عىل 4بيات ال�ت

ئي موضوع احلب بشلك جرئ اذكر بعض اال

ار قبا�ض ض عاحلج �ض

ذلك.

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ي ت�ب.. من ك ي

تمن أورا�

.. ي دث أن أتعب من تع�ب �ي

*** �ي تبت فوق الر

ك

ا ح�بي أ

ا� ال�ت

تبت فوق املاءك

�ي الر

مل أدر أن

صغاء سن االإت

ال �

املاء

مل أدر أن

امسء..ئ اال

ظ

ف ال �ي

***

زمان طويل

نذض

ي.. � تعر

رض مل تسقط املعجزاتئعىل اال

ي.. ي.. تعر تعر

أ�ض أخرس

اللغات

لك

وجسمك يعرف

***

.. يز�ض

تال �

مري أرض الق

ضاد � الرو

إن هبط

ائي دا�

ض بعي�ض بق�ي ت

فسوف

ر.. أحىل �ت

***

ي لك فوق مستوى الالكم ح�ب

ن

ئال

ت.. أن أسك

قررت

والسالم..

***

ملكا انفصلت عن واحدة

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76

ي أنت: حبيب�ت

لثا و�ش

وخامسا

ورابعا

وسابعا

وسادسا

سعا و�ت

منا و�ش

ي أنت..... حبيب�ت

ا وعا�ش

***

امرأة أحببت..

ض ألف �ي ع�ش

بت امرأة جر

ض ألف �ي ع�ش

يوعندما التقيت فيك �ي حبيب�ت

قد بدأت

ن

آي اال

أ�ض

شعرت

***

ينت �ي صديق�ت

لو ك

.. يستوى جنو�ض �ب

رميت ما عليك من جواهر

يك من أسوار

وبعت ما لد

يي عيو�ض

ضت � و�ض

***

الناس

حب مثلكره أن أ أ

كتب مثل الناس كره أن أ أي كنيسة

ضأود لو اكن �

ي أجراس..ض

وأحر�

***

أن أبكي أحيا�ض

دث �ي

طفال بال سببئ اال

مثل

ض بت�ي أن أسأم من عينيك الطي

دث �ي

بال سبب..

.. يا�ت

أن أتعب من ملك

دث �ي

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يار قبا�ض ض �ض

(1998 -1923)

ي عائهلت ض

ي دمشق �ض

ي احلديث. ولد � ددي الشعر العر�ب شاعر العشق والتمرد ومن كبار حمب

لسلك الدبلوما�ي إىل أن استقال ليتفرغ رج من لكية احلقوق التحق �ب ض عريقة وبعد أن �ت

اكنتحار أخته ووفاة ابنه ا كب�ي

ا ث�ي

ئ ت فيه �ت دت حياته مآ�ي عائلية عديدة أ�ش للشعر. �ش

ر ي من ال�ت نسان العر�ب . سع لتحر�ي مشاعر االإ ي حادث تفج�يض

ومقتل زوجته بلقيس �

رهاب واالزدواجية فطرح مشالك جيهل العاطفية والسياسية برصاحة وعاحلج مواضيع واالإ

ض عليه. حول الشعر إىل ضمت�ي ط امل�ت ر سض ت من احملرمات، ما أ�ش ي اعت�بنس ال�ت احلب واحلب

بية. أراد أن نظمة العرئلغضب العنيف عىل اال ان �ب ض شعره بعد نكسة حز�ي �ي

تض يومي و� خ�ب

ي ي من القمع السيا�ي والتعصب والتحجر الذه�ض تمع العر�ب رر احملب حلب وأن �ي ينقذ املرأة �ب

ي قصائده ض

مع � ب و �يض

ضعة وجودية وبعفوية طفولية وخيالية رائعة � تاز شعره ب�ض . �ي يت

خال�ئواال

ر أمعال: “قالت ىلي السمراء”، يقة فريدة. من أ�ش ض الواقعية والرمزية والوجودية بطر ب�ي

متوحشة” “قصائد “كتاب احلب”، ر”، ت

و� ض وحشيش “خ�ب مبالية”، امرأة ال “يوميات

د أن ال امرأة إال أنت”. “أشعار خارجة عىل القانون” “أ�ش

كتاب احلب: ي

ي حبيب�ت�ضتسأل

ض الامس؟ ي وما ب�ي ما بي�ض

ما الفرق

ما بينامك

الفرق

يت �ي حبيب�ت

ك

ض�

ك إن

أن

س الامسأن

: ي�تئ ، ما �ي ض �ي

اليد

ي عىل أصابع

عد

ي أنت: حبيب�ت

فأوال

ي أنت: حبيب�ت

نيا و�ش

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فوا. ب يلون، ح�ت ال �ي ي كيس �ضض

ن � وأرجو إرسال كعك بسم� حواىلي ست، وضع�ي

ما يكون ا لك كث�ي

ئن اال

ئ خاصة البندورة وال

كه صلبة ح�ت تدوم طويال وا كي تكون الفوا انت�ب

. ولكن ال تقلقوا! جافا

ول؟1ئي النص اال

ض�

لعجيبة واعت�ب نفسه فذا ملاذا وصف سعيد حياته �ب

ة 2 زار" عن قرى مدمرة كث�ي ي فناء جامع احلبض

يبة � ي "جلسة عبض

دث الاكتب �ت

شباح. ملاذا امسمه هذه التسمية وما الذي أرادوه من الاكتب؟ ئا اال انتسب إل�ي

ا وملاذا 3 دثت اكتبة الرسالت عن صديقة من حيفا. ما هي مشلك�تت

ي �ي النص الثا�ض

ض�

ا؟ ي وط�ضض

ا � �ضئال تشعر �ب

ا!4 ي الرسالت تعاب�ي عفوية اذكر بع�ضض

ي تدل عىل ذلك!5مل أو املواقف ال�ت سلوبه الساخر أذكر بعض احلب

ئي �ب ر حبي�ب اش�ت

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م الستة �يئسداسية اال

ي ي قل�بض

احلب �

الرسالت الثانية

“ماما احلبيبة:

ي ض

ي �ورون�ض ض ي احملامي أنمك س�ت

�ض ض أخ�ب ح�يا ي �ة جيدة، وفرحت كث�ي

ضاحلمد لهل أنمك �

ي وصلت، ومعناه ا. معناه أن رسال�ت ي طلب�ت

لك الفاخرة ال�ت ملون إلينا املآت

سبوع القادم و�ئاال

ي تقول ىلي إنه يوجد . صديق�ت ض . الهل يك�ت من الناس الطيب�ي

أن هذه الرسالت ستصل أيضا

. �ض ي �بض

مالئكة ح�ت �

ي ليست من عند�ض بل من حيفا. ض

ا. � وهي صديقة جديدة أحب أن أحدثك �ي ماما ع�ض

مة وب�ت أيضا مكة بدون حما ان منذ حرب حز�ي معتقهلت إ�ائيل. وهي من بية عر ي

يع�ض

ا �ب فرحبنا .قاووشا تسم ي

ال�ت غرفتنا، إىل نقلوها سبوع ئاال هذا ي

ضو� لعدو. �ب االتصال

ا نعرف بعضنا منذ الصغر. ]...[ض�

ئوأصبحت واحدة منا اك

ي ض

ضه – وتشاركنا � وهذه الصديقة احليفاوية هي شاعرة مثىلي – امح، امح- وصاحبة نكتة �ب

“راجعون، وخصوصا

وز أحدا الغناء. ولكن بي�ض أ�ض أحب عبد الوهاب هي ال تفضل عىل ف�ي

راجعون”.

ي أغنية “راجعون، راجعون” ض

ركك � ا: ماذا �ي لس حوهلا ونتعجب من افاكرها. فملا سأل�ت بض

و�

ي بالد ض

ي الجئة �ي أشعر أ�ض

؟ إن�ض يي وطنك؟ أجابتنا: وط�ض

ضجعي بل بقيت � �ي ومل �ت

ض وأنت مل ت�ض

ض أعود؟ ]...[ لعودة وتعيشون عىل هذا احلمل. أما أ�ض فإىل أ�ي ملون �بت

يبة. أن�ت � غر

ي الليل قبل النوم إىل ض

لس � بت

ض � لوطن إال ح�ي ا ال تشعر �ب وتقول هذه الصديقة احليفاوية إ�ض

ي ض

ا الستة � ض اكن أخو�ت م ح�ي ا معا م�ض من أ�ي ا والد�ت د�شت

ا عىل الفراش، و� جانب والد�ت

هلم م ئاال ترص الصباح ي

ضو� ويتشاجرون. ويتضاحكون رض.

ئاال عىل وينامون البيت.

ي ض

ن �آا الستة تفرقوا اال الزواويد. هذا يذهب إىل معهل وهذا يذهب إىل مدرسته وأخو�ت

]...[ . ي الق�بض

وت، وواحد � ي ب�يض

، و� ي ي ظ�ب ي أ�بض

ي السعودية، و�ض

ي الكويت و�ض

اء الدنيا، �ض

أ�

رتنا فأرجو أن تطبخوا الدجاج توا لز�يئ عىل فكرة. إذا وصلت هذه الرسالت إليمك قبل أن �ت

ي هذا ض

ا معنا، ح�ت � ي تقول إ�ض بطلب خاص من شاعرتنا احليفاوية ال�ت

وليس حممرا

مسخنا

ا. ي وط�ضض

ا � ن أ�ضآالقاووش، تشعر اال

ي كيس ض

بلس � ي وملبس من صناعة �ض وال تنسي �ي ماما الشكوالته والبسكوت احملشو العر�ب

يد. نس احلب يلون من احلب �ض

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ن من البصةض

� -

ي ن من الاك�بض

� -

ن من أقرت.ض

� -

ي يع القرى الدارسة، ال�ت م، بعد هذا الوقت الطويل أن أتذكر محب ي �ي حم�ت

وال تنتظر م�ض

ن، أوالد حيفا، كنا نعرف ض

ننا �ئزار، هذا مع العمل �ب حة جامع احلب ي �ب

ضشباح �

ئا اال انتسبت إل�ي

ك�ش هذه القرى مل أمسع به إال ليل. فأ ك�ش امم كنا نعرف عن قرى احلب عن قرى اسكوتلنده أ

. تلك الليهلت

:1ليىلي أ�ابك، أمل يكتب شاعرمك احلب

م، بل مل ، �ي حم�ت ي

ال تمل�ض

لك قسيمةت“ساحفر ر�

من أرضنا سلبت

، وحدودها يوموقع قري�ت

ي نسفتا ال�ت وبيوت أهل�ي

ي اقتلعتاري ال�ت ب

شوأس

ية سقت ة �ب ولك زه�ي

لكي أذكر

أحفرائسأب�ت دا�

ييع فصول مأسا�ت محب

ولك مراحل النكبة

من احلبة

إىل القبة

يتونة عىل ز

ي ساحة الدار؟” ض

يتونة؟ حو؟ وم�ت سيقرأ لنا املكتوب عىل الزتفر وتظل سنو النسيان تع�ب و� فإىل م�ت يظل �ي

ي ساحة الدار؟ض

يتونة � وهل بقيت ز

دون ئي ال أعرف من عباد الهل سوى أهىلي واال

ي أجوبة شافية، وأدركوا أن�ضوا م�ض

فملا مل يتلق

. مه. فبقيت مع معملي سفسارشك انفضوا من حوىلي وعادوا إىل زوا�ي

د توفيق ز�ي 1

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دون سفسارشك. ئ من كبارمه، امسه اال

مك معره، صديقا قلت: إن لوالدي، الذي أعطا

ي مل يبلغ احلمل. مع أن الليهلت هي ليهلت م: إن هو إال ص�ب فعاد الصخب. وعاد معملي يطمئ�ض

.ي حمل حقا

ض. وكنت � ض �ي ميالدي الرابع والع�ش

.م، الذي مل أدرك ل سببا ي من غض�ب

ي صبية كي ينقذ�ضع أن�ض

وشكرت معملي عىل أنه مل يد

ض التجأوا إىل لبنان. سئهلت عن شظا�ي أهلهم الذ�يئال ي �ب

، فأمطرو�ض ي ح�ت أنسوا �ب

من الكوياكت؟ل التقيت أحدا

ضدوا أهلها، � ي هدموها و�ش

ن من الكوياكت ال�تض

� -

ي قبل أن تنطلق، لوال صوت امرأة ك�ت

ضي الكوياكت. فعاجلت �

ضديد الاكف � ي �ت

ب�ض فأعب

:جاء من وراء املزولت غر�ب

ية، البنت ميتة �ي شكرية. ة �ي شكرئ� - البنت ليست �ض

بست الرصخة. فعادوا إىل ض

مع ح�ت ا� نوقة، فاختنقت أنفاس احلب �ش تناهت إلينا رصخة حمض

. فقلت: ال. ي استجوا�ب

من املنشية.ل تعرف أحدا

ضر، سوى القبور. � ر عىل حب ا حب ف�ي

- أ�ض من املنشية. مل يبق

- ال.

من معقا؟ل تعرف أحدا

ضا. � ي�ت ن هنا من معقا، ولقد حرثوها، ودلقوا ز

ض� -

- ال.

وة؟ من ال�بوة. لقد طردو�ض وهدموها، هل تعرف أحدا ن هنا من ال�ب

ض� -

ض أعواد السم�. تبئة مع طفلها ب�ي - أعرف امرأة اكنت حمض

ض أم فالن ح�ت �ي ك�ش من ع�ش وا أ

ن تكون هذه املرأة، فعد دس أ�يت

ة � كث�ي فسمعت أصوا�ت

وا.ا وحسبنا. فكف س�ب

ضوة، � ا أم ال�ب وا! إ�ض

م: كف صاح هكل من بي�ض

ا العسكر: مت، قد درس�تض

ي عناد، مع أن قراها، امك �ض

صوات تنتسب �ئ�ش عادت اال

ن من الرويسض

� -

ن من احلدثةض

� -

ن من الدامونض

� -

ن من املزرعةض

� -

ن من شعبض

� -

ن من معيارض

� -

ن من وعرة ال�يسض

� -

ن من الزيبض

� -

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ي �ي أستاذ؟هي فضهلت هذه الدابة املسكينة. فكيف علينا أن نقوم حيا�ت

اتت، لتنبه أسيادها ض

ل�، � فذا! أمل تقرأ عن الكب لعقت املاء املشبع �ب ي إنسا�ض

ي أرا�ضغ�ي أن�ض

اد ا االإ�ب ، فأنف�ت ر�، تعدو سوابق ر�ي ا احلب ي فرت بفرسا�ضيول ال�ت م؟ وعن احلض ولتنقذ حيا�ت

مان؟ أما أ�ض فأول إنسان، عىل ما أهعد، أنقذه محار حمرن ال ئم مضارب اال بعد أن بلغت �ب

ي عىل ذلك. وال يبغم. فأ�ض إنسان فذ. وقد يكون الفضائيون اختارو�ض

ا يسابق ر�ي

، أم هو الواحد ض خر�يآتلف عن اال ض نسان الفذ من يكون؟ أهو الذي �ي ياتك، االإ ، �ب ي

عمل�ض

؟ ض خر�يآمن هؤالء اال

ي ض

م. فمك من مرة التقيت امسي � ، ذلك أنك بليد احلس �ي حم�تي أبدا س �ب

تقلت إنك مل �

ريس ي ساحة احلناط�ي )�بض

طة حيفا � م �ش ض حبس�ت أهمات الصحف؟ أمل تقرأ عن املئات الذ�ي

�ش حبسوه، من راجل ئي حيفا السفىل عىل اال

ضي ساب � ( يوم انفجار البطيخة؟ لك عر�ب

حاليا

. ض ، وآخر�يض حبسوا �وا اء الذ�ي ومن راكب. وذكرت الصحف أامسء الو�ب

ي إنسان فذ. فال ؟ إ�ض ي � أنك مل تسمع �ب ض . فكيف �ت ي

. الصحف ال ت�و ع�ض آخرون – هؤالء أ�ض

ت، وذات ذوات، وذات قرون، تستطيع �يفة ذات اطالع، وذات مصادر، وذات إعال�ض

خرون. أ�ض فذ!آمرة. أ�ض اال ون البيدر والدسكرة واحملض

ئال ي �ي . إن مع�ش ي

مل�ض أن �ت

زار ي فناء جامع احلبض

يبة � جلسة ليلية عب

ي فناء املسجد: عودوا إىل شؤونمك �ي قوم ض

الظالم �اطبا ، �ش قال حمض

احتيه ثال�ش ق معملي �ب صف

ذا واحد منا.ض

طفال املنكتمة. وأرى أشباحا

ئكف عن أفواه اال

ئللغط احملبوس ينفلت. وتنشال اال فإذا �ب

لفناء الرحب من أطرافه الثالثة، يط �بت

ي �محدية ال�ت

ئو�ض من غرف املدرسة اال

ضتتقدم �

، فتتحلقنا وتقرفص بعد أن تطرح السالم، فعليمك السالم ورمحة الهل ي ىلي والغر�بي والامسش

ت� ال�ش

. يم ع�ض اكته، فتست�ض و�ب

ي عائد من لبنان.قلت: إ�ض

رج. رج و�ب فإذا �ب

خرون. آاعة. فإذا عاد عاد اال : هذا ولد�ض �ي محب فصاح معملي

؟فسأل سائل: هل عدت متسلال

دون سفسارشك، ئ، وال عن الدابة، وال عن اال ي

م عن الدكتور عشيق أخ�ت �ش

فمل أشأ أن أحد

فقلت: نعم.

. - فسيطردونك الليهلت

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21

ي إميل حبي�ب(1996 -1921)

ي ض

ي حيفا وتو�ض

م بعد النكبة. ولد � ي أر�ضض

ض بقوا � ض الذ�ي ي وسيا�ي من الفلسطيني�يض

أديب و�ا�

الشيوعي احلزب ي ض

� السيا�ي للعمل تفرغ 3491 عام ي ض

و� ولية الب�ت اهلندسة ا. درس ف�ي

ي إطار ض

ض � ي إعادة الوحدة للشيوعي�يض

. بعد قيام دولت إ�ائيل عام 8491 نشط � يالفلسطي�ض

أن ( إىل �ائيىلي االإ ملان )ال�ب الكنيست ي ض

�ائيىلي واكن أحد ممثليه � االإ الشيوعي احلزب

ي حبي�ب إميل أدب ض يتم�ي . يض

والصحا� ي د�بئاال لنشاطه وتفرغ ي

ملا�ض ال�ب منصبه من استقال

ل تفاصيلها. رحل اميل كرة اح�ت سلوب ساخر للتعب�ي عن مأساة شعب ال تستطيع الذائ�ب

ي حيفا”. من أمه أمعال: “سداسية ض

ق � ه هذه الملكات: “�ب ي وأو� ان تكتب عىل ق�ب حبي�ب

ي الفلسطينية احملتهلت را�ض

ئي وهو رسالت من فتاة من اال

ا أخذ النص الثا�ض م الستة” وم�ض �يئاال

ي ض

يبة � و عامل بال أقفاص” ورائعته “الوقائع الغرض

�ائيلية إىل أهما، “� ي السجون االإض

معتقهلت �

ي ض

ض � ملأساة لرواية حياة الفلسطيني�ي ي تدمج امللهاة �بي النحس املتشائل” ال�ت اختفاء سعيد ا�ب

ة واملقامة ي ال�د مزج الاكتب فيه الس�يض

سلوب فريد �ئض هذا العمل �ب . يتم�ي ي احملتهلت

را�ضئاال

ساليب ال�د احلديثة وابتكر ملكة جديدة ليصور حالت عرب الداخل ئت �ب مثال واحلاك�ي

ئواال

ا محب هذا العمل إىل معظم لغات العامل �ب وهي التشاؤل املنحوتة من التفاؤل والتشاؤم. وقد �ت

ية. ا اللغة الع�ب ف�ي

ي النحس املتشائل ي اختفاء سعيد ا�بض

يبة � الوقائع الغر

ي إ�ائيل اكنت فضهلت محار! ض

سعيد يعلن أن حياته �

اية العجيبة. ذه ال�ض ي إال �بيبة. واحلياة العجيبة ال تن�ت ي لكها عب

لنبدأ من البداية. اكنت حيا�ت

؟ قال: هل لديك من بديل؟ ي: كيف آويتمو�ض ي

ي الفضا�ئ ض سألت صاح�ب ح�ي

�ت اكنت البداية؟ض

ض ولدت مرة أخرى بفضل محار. اكنت البداية ح�ي

ي احلوادث مكنوا لنا وأطلقوا الرصاص علينا. فرصعوا والدي، رمحة الهل عليه. أما أ�ض فوقع ف�ض

ي إ�ائيل بعد، ض

ا � ي عش�ت، ال�ت ي

. إن حيا�ت ي ع�ض

ندلوه. فنفق عوضا ب

ضم محار سائب، � ي وبي�ض

بي�ض

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”. ومل ينتبه أحد ملا قال، نجهل الطويل احلاد: “حاذر ال تقطع قلب النخهلت يقطع السبيط �ب

ي العرجون ب�عة ونشاط، وأخذ ض

، يعمل منجهل � ة النخهلت الس فوق �ت احلبي واستمر الص�ب

ي قول مسعود: “قلب ض

ر �فك

أ أ�ض أخذت ي

الامسء. ولكن�ض ضل من ي�ض ء يوي كسش السبط �ي

ض رت قول مسعود ىلي مرة ح�يس ل قلب ينبض. وتذك �ي

” وتصورت النخهلت شيئا النخهلت

ياء ”. وشعرت �بض يفرح ويتأمل دمي�ي

آ اكال

ية: “النخل �ي ب�ض هلت صغ�ي ض ريد �ض ب ي أعبث �ب

رآ�ض

]...[ .داخىلي مل أجد ل سببا

ض م أخذ منه حبة أو حبت�ي كياس التمر وأخذوا يفحصونه وبع�ض هم حول أ قوا لك

ل

تو�

راحته من ئال �ي

ي قبضة من التمر فأخذت أمضغه. ورأيت مسعودا

ي جد

لكها. وأعطا�ض فأ

ض التاجر م يتقامسونه. حس�ي �ش يعيده إىل ماكنه. ورأي�تبه من أنفه ويشمه طويال التمر ويقر

كياس. ومو� صاحب سة أ ما أخذ محض م�ض

يبان لك كياس، والرجالن الغر ة أ أخذ ع�ش

كياس. ومل سة أ ي أخذ محض

كياس، وجد سة أ ق أخذ محض حية ال�ش اور حلقلنا من �ض احلقل احملب

ما فأران �ضئ اك

ينا و�ي

ال ري عيناه امسش ب

تض � . ونظرت إىل مسعود فرأيته زائغ العين�ي

م شيئا

ضأ�

ث

نتحدا ض جن�ي مس�ي ض ي ملسعود: “ما زلت مدينا ىلي �ب

رها. وقال جد ها عن حب ان �ت صغ�ي

ال. مسة محب ض يبان جاءا �ب ، والرجالن الغر حلم�ي اءوا �ب بض

ض صبيانه � دى حس�ي ا ف�ي بعد، و�ض ع�ض

ب من مسعود. مال. ]...[ وشعرت بنفسي أق�ت كياس التمر عىل احلم�ي واحلب ووضعت أ

ي حلقه ض

� دث صو�ت ي أردت أن أملس طرف ثوبه. ومسعته �ي

�ضئ إليه اك

تد

توشعرت بيدي �

ي صدري. ض

مل حاد �ئي أحسست �ب

. ولست أدري السبب، ولكن�ض ض يذ�ب �ي احلمل ح�ي ض شمثل س

ي ض

ي أمحل ��ضنئي تلك اللحظة. وأ�عت العدو اك

ضي �

كره جد ي أ

�ض. وشعرت أن

وعدوت مبتعدا

من منحناه وراء يبا ر قر ة ال�ض

ص منه. ووصلت إىل حاف

ل ض أود أن أ�ت

داخل صدري �ا

ي وتقيأت التمر الذي ي حل�ت

ضي أدخلت أصبعي �

غابة الطلح. ولست أعرف السبب، ولكن�ضألكت.

آخر للنص!1 ضع عنوا�ض

ي النص!2ض

ملا ورد �صف القرية وفقا

بتك!3 ي أعبدث عن الشخصية ال�ت

تا و� ساسية؟ ص�ض

ئصيات النص اال ض ش

ما هي س

ما! 4 د وموقف الطفل م�ض ي مسعود واحلبصي�ت ض ش

ض س قارن ب�ي

ملاذا تقيأ الصغ�ي التمر؟5

بك النص وملاذا؟6 هل أعب

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يال

ض�

ي طويال

ر وراء غابة الطلح. اكن جد ناء ال�ض

ض� ي �ب

ر�ضة تذك ناءة كب�ي

ضي ا�

واكن ينح�ض

إال

ي خطوات واسعة. ض

هل �رض مث

ئ، أذرع اال

ض استوي رجال ، ح�ي يل نفسي ض حبه وأ�ت

وكنت أ

ي دون بقية أحفاده. ولست ألومه، فأوالد أمعامي اكنوا أغبياء وكنت �ض ي اكن يؤ�ش

وأظن جد

ي: “أظنك

د . ]...[ سألته ذات يوم عن جار�ض مسعود. قلت حلب . هكذا قالوا ىلي ذكيا

أ�ض طفال

ه رجل خامل وأ�ض نئ طرف أنفه بسبابته: “ال

ب جار�ض مسعود؟” فأجاب بعد أن حك

تال �

: هة �ش قال ىلي ي �ب

امل؟” فأطرق جد امل” قلت ل: “وما الرجل احلض حب الرجل احلضال أ

ة النيل مائة فدان؟ من طرف الصحراء إىل حاف

تد اه �ي انظر إىل هذا احلقل الواسع. أال �ت

ملسعود، ورثه ردا �ب

هذا اكن حالال

اه؟ وهذا الشجر؟ الطلح. لك هذا النخيل الكث�ي هل �ت

ي ض

ولت نظري عن حليته وأدرته �ض

ي، �

ضل عىل جد زت الصمت الذي �ض عن أبيه”. وان�ت

لك هذا النخل وال ذلك الشجر ىلي من �ي �بدها ىلي بملكاته. لست أ

ي حد

رض الواسعة ال�تئاال

. يا م�ح أحالمي ومرتع ساعات فراعض ما أعرفه أ�ض

قة. لك

رض السوداء املشق

ئوال هذه اال

ملسعود. ثلثاها اك

مل

ض عاما ها قبل أربع�ي

، اكنت لك

يي يواصل احلديث: “نعم �ي ب�ض

بدأ جد

.” ن ىلي أ�ضآاال

ي منذ خلق الهل

د حلباك

رض مل

ئ، فقد كنت أحسب اال لنسبة ىلي ة �ب اكنت هذه حقيقة مث�ي

رض.ئاال

هذا

سك لك ض وطئت قدماي هذا البلد. واكن مسعود �ي ح�ي واحدا

كن أملك فدا�ض “ومل أ

.”ي أيضا

تي الثلث البا� ي الهل سأش�ت

ا�ضي قبل أن يتوف

ن، وأظن�ضآ. ولكن احلال انقلب اال �ي احلض

لعطف عىل جار�ض مسعود. ي. وشعرت �ب

وف من ملكات جد ض لست أدري ملاذا أحسست �ب

ي تشبه كته القوية ال�ت

ضميل و� رت غناء مسعود وصوته احلب

ي ال يفعل! وتذك

ليت جد

ع مسعود أرضه؟ ي ملاذا �ب

. وسألت جدي مل يكن يضحك أبدا

صوت املاء املدلوق. جد

رجل يء فظيع. “مسعود �ي ب�ض ي

ي للملكة أن “النساء” �ش

“النساء”. وشعرت من نطق جد

” ض أو فدان�ي ع ىلي فدا�ض وج امرأة �ب ض مرة �ت

مزواج لك

رت زوجاته الثالث ض امرأة، وتذك وج تسع�ي ض أن �ت

مسعود ال بد

ي أن

ي ذه�ضض

وب�عة حسبت �

ص ل ض يدي. وكدت أ�ت

ئق اال دل ومحارته العرجاء و�جه املكسور وجلبابه املمز وحال امل�ب

، فنظرت إىل و�ضض

� ي رأيت الرجل قادما

�ضي خاطري، لوال أن

ضي جاشت �

من الذكرى ال�ت

ه ؟” وأحسست أن رصض

تيد أن � . وقال مسعود: “سنحصد التمر اليوم، أال �ت

ي ونظر إىلي

جد

يق هة ب�ب ، ورأيت عينه تملع �بي هب واقفا

لفعل. ولكن جد رصض �ب ي أن �ي

يد جد ال �ي

قعد عليه فروة ي �ب

د ر مسعود. وجاء أحد حلبتي من يدي وذهبنا إىل حصاد �

�ض

شديد، وشد

ي لسبب ما هم، ولكن�ض

م لك

ض. كنت أعر�

ا كب�ي

قا

. اكنوا خل

ي وظللت أ�ض واقفا

ثور. جلس جد

النخل

مر ال يعنيه، مع أنئ اال

ن

ئ عن ذلك احلشد اك

بعيدا

. اكن واقفا

راقب مسعودا

أخذت أ

، وأخذ ة النخهلت الذي استوى فوق �تي لص�ب هل هو ]...[ ومرة صاح �ب ض صد اكن �ض الذي �ي

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20

الطيب صاحل(2009 -1929)

ي وادي ض

ل السودان وتل�ت تعليمه � ي قرية امسشض

، ولد عام 1929 � ض ر الكتاب السوداني�ي أ�ش

ا حيث تعرف إىل ي إنلك�تض

امعية � بع دراسته احلب رطوم �ش �ت ي احلضض

ي لكية العلوم �ض

سيد�ض و�

. ذاعة ومارس التعل�ي ي الصحافة واالإض

ي الشؤون الدولية. معل �ض

ادة � ل �ش حضارة الغرب و�ض

سلوب شاعري ئي �ب

ي تصو�ي الواقع السودا�ضض

ع � ض العرب، �ب يعت�ب الطيب صاحل من أمه الروائي�ي

ق والغرب. من أمه أمعال: ض ال�ش شاكلية ب�ي لعالقة االإ أوصهل إىل مستوى العاملية واه�ت �ب

ا هذه القصة. ل” و”مريود” و “دومة ود حامد” وم�ض ” و”مو� اهلجرة إىل الامسش ض “عرس الز�ي

رتحفنة �

ي أذكر أن، ولكن�ض

اما

ت حينذاك. لست أذكر مك اكن معري �

ا

جد

ا ي كنت صغ�ي

�ض أن

ال بد

ي، ومل يكونوا

ي خدض

ي �، ويقرصون�ض بتون عىل رأ�ي ي �ي

ي مع جد

ون�ض ض اكنوا �ي الناس ح�ي

ي خذ�ض

ئي اكن �ي

، ولكن جد ي مع أ�ب

كن أخرج أبدا ي مل أ

�ضي. العجيب أن

يفعلون ذلك مع جد

ض كنت أذهب إىل املسجد، حلفظ القرآن. املسجد ي الصباح ح�يض

معه حي�ش ذهب، إال

ر واحلقل، هذه اكنت معامل حياتنا. وال�ض

حب الذهاب إىل ي كنت أ

ملسجد وحفظ القرآن ولكن�ض مون �ب أغلب أندادي اكنوا يت�ب

أن أقف ائي دا�

ي كنت �يع احلفظ، واكن الشيخ يطلب م�ض�ض السبب أن

أن

املسجد. ال بد

امك اكنوا اما

ت� ، ي ورأ�ي

بتون عىل خد . واكن الزوار �ي ا جاء�ض زا�ئ

وأقرأ سورة الرمحن، ملك

ر. حاملا حب ال�ض أ

حب املسجد. وكنت أيضا

ي. نعم كنت أ

ي مع جد

ون�ض ض �ي يفعلون ح�ي

م ، وأل�ت مين إىل أ ، وأجري اكحلب

ي نفرغ من قراءتنا وقت الضح، كنت أرمي لو�ي احلضش�ب

من السباحة،

ض ألك س نفسي فيه. وح�يض

ر وأمع إفطاري ب�عة شديدة وأجري أجري إىل ال�ض

ئ وراء غابة كثيفة ت�ب ض ق و�ي ي ال�شض

ي �مل الشاطئ الذي ينح�ض

ئ كنت أجلس عىل احلافة وأ�ت

ة، اكن ي الكث�يي عىل أسئل�ت

يب جد ب حب ذلك. ]...[ قبل أن �ي

ر الطلح. كنت أ ب

شمن س

ي ي حيا�ت

ضمعة بيضاء اكلقطن. مل أر � ة �ض ي اكنت غز�ي

طرف أنفه بسبابته. وحلية جد

ك �ي

ائدا�

ي مل �ضي اكن فارع الطول، إذ أن

جد

أن

ي. وال بد

ل من بياض حلية جد أنصع وال أمحب

بياضا

ي يدخل بيتا

ع إليه من أسفل، ومل أر جد

وهو يتطل

ي إال

جد

ي سا�ئ البلد يملك

ض�

أر أحدا

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100

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ء مل أالحظه يي داخىلي يتحرك، �ش

ضء � ي

لك ما حاولت، فقد ظل �شض

ن البلور. ولكن، ر� يش�با، وكنت ، ولكن وجدت نفسي دون أن أدري أفكر ف�ي

ا ي كث�ي

من قبل. مل تكن املرأة تشغل�ض

ا كن أن يفوز �ب ي هذه احلياة ال �يض

ة � ، وأنت تعرف أن املرأة مثل أمور كث�يأحمل أيضا

كن ي ذلك الوقت مل أض

قل، وأ�ض �ئ، أقصد عنده بعض املال عىل اال

نسان إذا مل يكن غنيا االإ

!أملك شيئا

تاج إىل وقت هادئ وطويل لكي يتخيلها ت

. فاملرأة �ار، أبدا ملرأة أثناء ال�ض ر �ب

قررت أال أفك

، لون جسدها اما

تية � يلها عار ض ي ساعات الليل كنت أملك هذا الوقت. كنت أ�ت

ضالرجل. و�

ك�ش من مرة ار بعد املطر. وأ بش

سئيشبه عرنوس الذرة الذي لوحته الشمس، تملع مثملا تملع اال

ة1. وز الكب�ي رة احلب بش

نه ظالل سئ اك

مع�تة وشعرها مفرودا

ئ� ا �ض يل�ت ض �ت

،اما

توضاع، عرفت تفاصيل جسدها �

ئي لك اال

ضيلت املرأة � ض ي �ت

لكي ال أطيل، أقول لك إ�ض

ء. يء.. لك �ش ي

اعيد البطن ولك �ش بت

ا، و� ا، لون ساق�ي ي ثدي�يلون حمل�ت

يد أن ، �ت ن الدنيا تطبق عىليئحلرمان امك مل أحسسه من قبل، واك ة أحسست �ب ي هذه الف�ت

ضو�

ي ذلك ض

ا إال وأ�ض أدور مثل مكوك احلائك � ي الظهر، مل أشف م�ضض

ي آالم �، فانتابت�ض ي

نق�ض ض �ت

!امل�ت التعيس حيث وجدت معال

ق املتوسط؟1 ي رواية �شض

ض سفينة أشيلوس � كيف وصف البطل رحيهل عىل م�ت

”؟2 ما الذي عناه الاكتب بـ “بقا�ي الب�ش

ء؟3 خبار والهكر�بئملاذا يكره البطل امسع اال

بة السجن القاسية؟4 ر بت

كيف صور الاكتب �

ض آداب العامل؟5 كة ب�ي دب السجون امست مش�تئهل ال

ي احلمام؟ وملاذا اكن يتأمل؟6ض

ار واغتيال مرزوق العمل � بش

سئي اال

ضملاذا كره البطل �

ي احلمام؟7ض

ما الذي اكن ي�ي عن البطل خالل معهل الشاق �

ية البطل. ي قرض

رة جوز � بش

املقصود س 1

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ي يغتسلن ي من بعيد. أصوات النسوة اللوا�ت

ي اكنت تصل�ضصوات النامعة اللذيذة ال�ت

ئتلك اال

معة، م االسبوع، ما عدا يوم احلب ي احلمام. اكن دور النساء طوال قبل الظهر، لك أ�يض

ي �ت

فو�

نسان بعد أن سه االإ م كنت أحس رضا من نوع ما، مثل ذلك الرضا الذي �ي �يئي هذه اال

ضو�

ي من القطاف، بعد أن يقوم بفتح القناة ليتدفق املاء ، بعد أن ين�ت يفرغ من معل كب�ي

ي الزرع.وليس�ت

ذا االمر. كنت أتصور �با ي فكرت كث�ي

ا لدرجة أن�ض �ب

كنت أحب أصوات النساء، التذ

ن عالقة. أصبحت . وأصبحت ىلي �باما

ت� ن

ضالنساء، واحدة واحدة، ح�ت كدت أعر�

ا ك�تض

ا من �ض

ا، أعر� ا، من مشي�ت ا من صو�تض

بعاء. أعر� ي لك يوم أر�تئ ي �ت

” ال�ت أعرف “عدلت

ض رص ب�يت

”. اكنت غزالت � “أم ليىل” و”غزالت املاء عىل “وديعة” وعرفت أيضا

وهي تطش

نيت تي �

زق القلب. ح�ت أ�ض �ي حادا

. واكنت البنتان ترصخان رصاخا ض ت�ي ا الصغ�ي ا ابنت�ي ساق�ي

ها، أن أقول هلا ملكة واحدة، أن ي و�بض

، لو أرصخ � ب غزالت وقات لو أرصضئي وقت من اال

ض�

تملون هذا املاء الساخن! م أطفال صغار ال �ي أقول هلا: حرام عليك �ي ظاملة... إ�ض

ك�ش من سنة. خرجت بعدها ضعيف البرص، وأصبحت الشمس عدوا ي احلمام أ

ضعشت �

هو ض ر التفاح واملشمش وهو �يشاء واحدة. مل ار � رة خرصض ب

ش. مل أر خالل تلك السنة لكها س ىلي

ي احلطب دون توقف، فإذا ما فتح حر مثل خلد أجرب، أل�ت ي ذلك احلب

ض�

مر. كنت قابعا و�ي

ار! ي وهج ال�ضي خوف أن يقتل�ض

الباب أغلقت عي�ض

إىل صاحب وم فوق صدري. خرجت فورا

تر، شعرت أن رو�ي �

ذات يوم، ودون أن أفك

ن أن أغادر هذه املدينة اللعينة، آاحلمام وقلت ل: ال أريد أن أمعل حلظة واحدة. أريد اال

ا مرة أخرى. ولن أعود إل�ي

خذ، نعطيك راحة. ئ . قال ىلي نعطيك ضعف ما �ت

ا حاول معي صاحب احلمام، حاول كث�ي

ار، أريد بش

سئت االرض، أريد أن أرى الشمس واال

تي مل أعد أطيق احلياة �

ي قلت ل إ�ضولك�ض

بد.ئا مرة واحدة وإىل اال �ت

تلت إىل � ض رض، ح�ت إذا مت �ض

ئأن أعيش فوق اال

ي لك ماكن. سألت أ�اب ض

ثت � ث عن معل. �ب ض أ�ب ر�ي كت احلمام. ظللت �ش وهكذا �ت

ضل أهل الطيبة، تار احلي الذي سكنت فيه، سألت صاحب �ض احلوانيت، واملارة، سألت حمض

. يب�ض ب مل �ي

ولكن أحدا

- وهل رجعت إىل الطيبة؟

بعت: ضعته من حمل، ودون أن أنتظر جوابه �ت ي ان�ت�ضئه يتقلص اك . حملت و�ب

هتا بدا سؤاىلي �ب

- أقصد ماذا حصل بعد ذلك؟

. فبعد ا وتعطلت كث�ي

ا ار. معلت كث�ي - العمل والبطالت يتكرران مثملا يتكرر الليل وال�ض

ي ي رأ�ي عن النساء اللوا�ت

ضامكت � ي �ت

ت ال�ت ع نفسي من الذكر�ي ض ض بدأت أن�ت احلمام اللع�ي

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يد ا �ت �ضئي املزابل. ال

ضوت �

تي ال�اديب، أو �

ض جراء تعوي �

الف، فستظل

آأعدادمه إىل اال

ذلك!

ي ما مسعت!خبار، وحدك، ال أريد أن أمسع. يكفي�ض

ئامسع اال

رصون عىل أن يسمعوا مقدمة خبار. اكنوا �يئض ساعة اال �ي

تاكنوا يوقفون التعذيب عندما �

ت وجوههم، أداروا املفتاح، وبدأت املوسي�ت من جديد!ة. ح�ت إذا اطمأن الن�ش

ء بعيدة. لكن جاءت ت الهكر�بسيح، ولو ظل كة لل�ت لملتوسط �ب

يت

� الشاطئ ال�ش

آه لو ظل

. هذه اللعنة لكي تقتل الب�ش

ي رأسه مثل ض

فرت �ض

، ا�. مل ين�ا أبدا ض ، اكن يتذكرها بعد ثالث سن�ي ر تلك الليهلت

د يتذك أحمب

ر. ض ميالده، حاول أن يتذك ر�ي . ملا سألناه مرة عن �ت ة، عىل جدار د�ي رة قد�ي ب

شض عىل س ر�ي �ت

ض . قال: التار�ي يض هو احلقي�ت �ي ض ر، �ش استدرك وقال 27 نيسان. ملا سألناه أي التار�ي قال 12 أ�ي

. ض . هذا هو التار�ي يض الثا�ض �ي الوحيد 12 ت�ش ي

احلقي�ت

يبا كتاف، قر

ئوت. اكنوا يضعون التيار عىل اال �ي

، ينخض القلب �ش يء.. املوت احلقي�ت الهكر�ب

فون. مئات ف... ويتوق

، يتوق

ض� ... وينتفض القلب، ي�ت ض ليت�ي

ئض اال نف، ب�ي

ئمن القلب، فوق اال

م ال مر. لك�ضئخرى وان�ت اال

نية أ فاء لدرجة اكفية لوضعوه �ش م �ش املرات فعلوا ذلك... لو أ�ض

يفعلون.

ض مليالدي، وما عداه كذب! ر�ي . هذا آخر �ت يض الثا�ض �ي د: آخر مرة اكنت 21 ت�ش قال أحمب

ء؟ شكرا ده الهكر�ب

ول

كن أن ت ء �ي ي

كه املعصورة، أي �ش جات، الفوا

التلفزيون، املراوح، الثال

ء ا الهكر�ب إل�ي

تدتي �

لوق العجيب، لو عرفت االستعماالت ال�ت ي ال أعرف أ�ار هذا احملضلهل أ�ض

اف، االإحساس احلاد املتو�ت بت

: االر� واحدا

استعماال

ي مل أمتحن إال

�ضئلصعقت من احلضوف، ال

ي رئ�ت

د أن

ك

ئ ، وأرتعش رعشة احلياة هذه املرة، وأ�ت ي. �ش واملياه تصفع�ض ء قد ان�ت ي

�ش

لك

نئ�ب

ي اف من جديد وأغيب. وما تاكد رعشة احلياة تعاود�ض ب

تالر� شعر �ب

ئاالن تستقبالن اهلواء ال ض ما �ت

س اهلواء إىل الداخل ح�ت أغيب.مرة أخرى، وأتنف

ار واغتيال مرزوق بش

سئاال

اد محام. طويهلت عن معل ح�ت وجدته. لقد أصبحت وق

ما ث أ�ي ظللت أ�ب

ي ض

ي احلطب �، وأظل هناك الساعات الطوال أل�ت ح�ي ضل إىل القبو الذي يشبه احلب كنت أ�ض

ي أحرق احلطب. كنت أظن أن لك قطعة خشب جاءت من ي سوى أن�ض

املوقد. مل يكن يؤمل�ض

ا تشبه ق؟ إ�ض �ت ة احلطب وهو �يئ

مت را� لذات. هل مسش ي �بي “الطيبة”، ومن بستا�ض

بلد�ت

نسان ال بد أن يعمل. مل، ولكن من أجل أن يعيش االإئ . كنت أ�ت ء �ي ي

ة �شئ

، را� ض �ب ة احلضئ

را�

، إال ض ي ذلك القبو اللع�يض

ق � ي هذه الساعات الطويهلت القاسية، وأ�ض اح�تض

ي �مل يكن ي�ي ع�ض

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ل. وئض اال �ي بعاء 17 ت�ش ر

ئاكن يوم اال

ة، تشبه الغبار. ومع مرور الدقائق تتمزق ة صغ�ي

ر فوق السجن: اكنت هشتل غيوم � أو

ق. ء يتمز يي داخىلي �ش

ض، واكن � وتتال�ش

ي داخىلي ذاك العواء احلاقد؟ ملاذا؟ ملاذا؟ ]...[ض

ملاذا انفجر �

د؟ نسان ومك مرة يول وت االإ ض مك مرة �ي أشيلوس، �ي بقرة بيضاء مقطوعة السيقان، أال تعرف�ي

، الب�ش بقا�ي نظري وا املظملة، كن ما

ئاال ي

ض� دموعك لتغرز ،

يت

� ال�ش الشاطئ إىل ي التف�ت

. ، بقا�ي الب�ش ض د�ي

ال الضحا�ي واحلب

، انة أصغر من الق�ب ض سيجدون لك ز�ضيت

� للشاطئ ال�شاحذري �ي أشيلوس إن عدت يوما

نونة ال لوقات هناك. القطط حمب نون والوحدة، لقد جنت احملض ب أن تقاومي احلب ب وهناك �ي

، ض �ب طوة، من قطعة احلض فل من احلض بت

خرى، �ئرهر مثل قطط املناطق اال ، ال �ت ب من الب�ش تق�ت

ض يالحقون ان�ي ، والب�ش احملباما

توع. لقد جنت القطط � ية عندها أقوى من نداء احلب ونداء احلر

وء، ت� ، بون الب�ش ا ويرصض بو�ض ، يرصض كياس مع الب�ش

ئي اال

ضا � ا، يدخلو�ض القطط، يقبضون عل�ي

ء! ي �ش

ا لك خال�ب زق �ب

تترصخ، �

.نونة �ي اشيلوس، الالكب والعصاف�ي جنت أيضا ليست القطط وحدها احملب

ما مه منحدرون. منحدرون وجبناء. أليس هلم أخوة؟ زوجات؟ وأطفاهلم، هل

آه لشد

مثل يدا

ق أن

صد

ا؟ ال أ قات الورود وتداع�ب طفال مثل �ب

ئمل اال

تيدي أن �

ئتعرف هذه اال

ب. ]...[ ب وترصض ب وترصض ء غ�ي أن ترصض يت لسش

عد

هذه أ

، وقوفا

بلنا إال

كن أن تستق . الغرفة ال �ي . نعم أربعة ع�ش ، أربعة ع�ش

كنا أربعة ع�ش رجال

ظافر ئ، اال فواه، الشعور الطويهلت

ئة اال

ئة العرق، را�

ئاصة، را� جساد م�ت

ئ. اكنت اال

اما

ت�

وقوفا

نسان كن لالإ ة ال �يا، عىل هذه املسافات املتناهية الدق �ت

تة �

السوداء من بقع الدم املتخ�ش

ن ئي حماولت ال

ضص �

ة تنتفخ وتتقل نف كتهلت كب�ي

ئ. طرف الوجه قطعة حلم مصاء، اال

ى شيئا أن �ي

العليا سواد أقساهما �ي عىل ض تنفرج عن أسنان �ي ء ي �ش

لك

ضاهلواء، والشفاه ر� تسحب

نسان داخل هذه الكتهلت من الب�ش ينتابه ، وأن يكون االإان. لكن كنا أربعة ع�ش رجال

الدخ

ة، . أنفا�م، احلركة املتموجة، الضحكة الصغ�ياما

ت هؤالء ب�ش حقيقيون �

فرح أخرس، لك

. ، كنا أربعة ع�ش ض حقيقي�يا كنا ب�ش

ق.

ة؟ ال أصد

هذه املد

ة التوقيف املنفرد؟ هل احتملت لك ت ف�ت هل ان�ت

!ا يضع عىل أذنه راديو صغ�ي

مة اشيلوس، رجال

من مقد

يبا ، قر ت ت املظهل

ترأيت �

ي ا املسافر، ستموت قبل أن تسمع الملكات ال�ت خبار؟ انتظر، انتظر! سيطول االنتظار أ�ي

ئاال

يول والسيوف! راء، وأنت تنتظر احلض املسوخ واحلب

ال يلد إاليت

� تنتظرها. شاطئ املتوسط ال�ش

راء، وح�ت لو وصلت راء، مئات احلب ات احلب يوم ع�ش

ذاك الشاطئ يقذف لك

انتظر، سيظل

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19

عبد الرمحن منيف(2004 -1933)

ي معان من أب سعودي وأم عراقية. درس ض

. ولد � ض �ي ي القرن الع�شض

ض العرب � من أمه الروائي�ي

سباب سياسية فتابع ئي بغداد لكنه طرد من العراق ال

ضردن �ش انتسب إىل لكية احلقوق �

ئي اال

ض�

ي ض

ي بلغراد وحصل عىل درجة الدكتوراه �ض

ي جامعة القاهرة وواصل دراساته العليا �ض

دراسته �

ا ح�ت ي ف�يية ولبنان والعراق وفرنسا. عاد إىل دمشق وب�ت ض سور العلوم االقتصادية. تنقل ب�ي

ي ات الثقافية العنيفة ال�ت ي والتغ�ي عي والسيا�ي العر�ب

ته الواقع االج�ت وفاته. تعكس روا�ي

تمعات الدول النفطية خاصة وتع�ب عن مناوأته لكث�ي من بية وحمب تمعات العر ا احملب د�ت �ش

دبية من أمه أمعال الروائية “قصة ئض اال وا�ئ بية االستبدادية. حاز العديد من احلب نظمة العر

ئاال

تفضح ي ال�ت املتوسط” ق و”�ش السواد” “أرض امللح”، “مدن اسية محض وسية”، حمب حب

ي السجون. أما ض

ات والتعذيب � ا�ب وي قصة القمع واحملض ي املنطقة و�تض

ية � نظمة الديكتاتورئاال

ت منيف، فيدور حول ار واغتيال مرزوق”، أوىل روا�ي بش

سئي املأخوذ من “اال

النص الثا�ض

ي ض

، أي معل ليصبح �د معال ب ار حقهل وفقدها وحاول أن �ي ب

شس

ئص بسيط قامر �ب ض ش

الياس، س

السالم، أستاذ القطار يدع منصور عبد ي ض

وي قصته لشخص صادفه � �ياية همر�ب ال�ض

ع السلطات ت

من �حل عن بلده هر�ب ي املثقف واحملبط، �ي نسان العر�ب ثل االإ ض �ي جامعي للتار�ي

ية ليصعقه ف�ي بعد نبأ اغتيال صديقه املقرب مرزوق. عن احلرثا و�ب

ق املتوسط �شركة ثقيهلت تشبه رقصة ديك مذبوح، وامليناء عند الغروب، جرج، تبتعد �ب ، ت�ت ض �ت أشيلوس �ت

ة بض

ف فوق املاء، �ش تذوب. و� بت

� هكا فتسقط، �ت ضواء الرخوة: يعلهكا بسأم �ش ي�تئيستقبل اال

يدي ئنوقة، أما اال صوات جراء حمض

ئلالجدوى، أشبه ما تكون �ب ي تلك الساعة املليئة �ب

ضالب�ش �

ما اكنت تعاسة

ى. والوجوه، آه لشد زها ر�ي ال �ت رق البالية �ت ا البلهاء، فقد بدت اكحلض رك�ت �ب

املتشنجة. ا رك�ت �ب ت احليوا�ض فروج تشبه اطية مط أفواه ، ثقيهلت مصاء، عيون الوجوه:

حف. تبتعد. ض دولت من العبث والدوي �ت واشيلوس احملب

! ض اء وأن�ي ميناء الشقاء و�ي ليته ميناء الالعودة، آخر قطعة من الوطن، وآخر أوراق خرصض

. ض ي الثالث�يض

ن، جاء �آ. أما الشتاء فقد جاء اال

بيعا . ثالثون ر

يفا وخر

ثالثون سنة، ثالثون صيفا

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فاف هذا. ي مو� احلبض

عطشان �وأنت أيضا

ي

بل دعاء ومناجاة وصالة. كنت تصىلي احللبة. مل يكن هذا رقصا

ضض � إىل حلقة الراقص�ي تن�ض

لون. مك تب�ت

ض حول معمل ق�ت خاشع�يل

تري حولك. لقد � ب ض وأنت غافل معا �ي �ي

مع املصل

لرصاخ: “اسق العطاش أرون �ب ب ي ظاهرة البلدة يرصخون. �يض

لق لكهم � كيف اجتمع هذا احلض

”.ما تكر

اعة: “فالعقل طاش من الظما” . ي خشوع ورصضض

عمك � دد محب و�ي

قصون ح�ت منبلج الصباح . تعلو هاماتمك وتنخفض . وتستد�ي أجساممك خفيفة قصون و�ت �ت

مك

ض حول أنفسمك وقد قام معمل �ي ض دا�ئ ض . �ش تلهثون منتش�ي يقاع الرتيب احلز�ي رشيقة مع االإقصون إىل أن تتال�ش ون �ت

ي وسط حلقتمك. وأن�ت حول اكلكواكب حول الشمس. وتظل

ض�

.ي رمال الصحراء. وتعم العتمة العامل

ضر أقدام � ا آ�ش �ض

ئي الظملة اك

ضخطواتمك �

ل�ا اكنت ضت تدعوها للرقص اكنت العتمة تعم أرجاء املاكن. وقبل أن تبلغ حمب ض �ض ح�ي

ا إىل ذ�ب بت

وها؟ و�ض

ك ستتجه �أن رت

ا. كيف قد ي ماك�ض

ضا وانتصبت � لفاف�ت قد أطفأت

ي إىل سمل رأ�ا الصغ�ي إىل صدرك. تصعض

نان ت ها إليك فال تقاوم. �ب

رارة، وتشد صدرك �ب

�وا إىل ض

امه . لقد ا� لكنك ال �ت أزواجا

قصون أزواجا خفقان قلبك. والناس حولك �ي

ا من قبل أن هلذا الظمأ يدفعك إل�ي

من العامل فليس هلم وجود. ال وجود إال

منطقة الظل

، لكابه العامل ب

تك قادر عىل أن �

ض ذراعيك تشعر أن ا ب�ي تض�ض

تي �

اءة ال�ت ذه ال�ب تولد ]...[ �ب

ب. املوت ابه املوت. املوت هو الظمأ إىل احل بت

وعه وظمئه، وأن � ب المه وأحزانه، �بآالعامل �ب

ق

دت

ي عنف وقوة ال مثيل هلما ]...[ وها أنت �ض

ف القلب عن احملبة. وقلبك ينبض �أن يتوق

ي واملستقبل. ماضيك ومستقبلك، ما كنت ا يتجمع املا�ض ي عين�ي

ض. و� ض ا الصافيت�ي ي عين�ي

ض�

حلان، ئ عن الري. يذوب الظمأ مع اال

ثا الس�ي �ب

ا القافهلت تلو القافهلت تغذ ى ف�ي وما ستكون. و�ت

ي أمعاق النفس.ض

صدى طفيف �

حلان فال يب�ت منه إالئيتال�ش اكال

ي صوت ضارع: ض

تف تقول � ي آخر حلظة من حلظات وجودك. �تض

“اسق العطاش تكرما” .

ي للقصة؟1ا�ئ ما املغزى ال�ض

ي استخدهما الاكتب من حسية حياتية ودينية للتعب�ي عن املع�ض 2ما هي الرموز ال�ت

يده؟ الذي �ي

ي بنية القصة؟ 3ض

ما دور الزمن من ماض وحارصض ومستقبل �

كن التغلب عليه؟4 مز العطش وكيف �ي إىل ماذا �ي

؟5 يطاىلي دب االإئي اال

ضهية �

ئبية وهل ل نفس اال ي الثقافة العر

ضما أهية املاء كرمز �

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قبل أن ينقطع املاء.

فاف حلب ون بال ماء. وشعرت �بلصمت فمل ينه الكمه. وأدركت أنت أن أولئك سيظل الذ �ب �ش

ي عروقك. ]...[ض

تاز حلقك وأنفك ويتغلغل � ب �ي

رجه من ض ي الصباح، �تض

ان � ي الدرب الطويل نفسه، تقتحم ذات يوم مصته، وأن�ت تس�يض

ن من هذه البالد؟ ض

مصته: هل �

ا. يبك عىل الفور: أجداد أجداد�ض ولدوا وعاشوا وماتوا ف�ي بو�ي

- قبل ذلك؟ ]...[

سالف القدام مل يكونوا يسكنون هذه البالد. ئ- الذي أعرفه أن اال

ض جاؤوا إذن؟ - من أ�ي

نوب جاؤوا، من حوران، اكنوا يقيمون نه: من احلبش، أعز � و أ�

ا يودعك �ا

ض�

ئويقول لك اك

ي البعد.ض

ل. اكن ذلك منذ قرون بعيدة، موغهلت � لوا إىل الامسشت

ار� هناك، �ش

. ض ة من غ�ي أن�ي

قة املتأملبة املتشق الشمس ساطعة، ضوؤها قاس حاد يتك� عىل ال�ت

ال ض هر وكرت وراءه الساعات، والشمس ما �ت

ة، وأزف الظ

ار ساعات عد مضت من ال�ض

رض احلمراء إىل ئنح إىل املغيب. تتحول اال ب

تيد أن � ا ال �ت �ض

ئا حارة حامية اك سل أشع�ت �ت

أن يطأها]...[ ض �ي ، ال يستطيع أي اك�ئ ح�ي ب مفروشة ببساط من احلب

مر املل�ت قطعة من احلب

ي أول الغسق: “آن أوان الرحيل.”ض

ينادي مناديمك �

بعثون، تذرعون الليل، تقطعون املسافات عىل وهن، جداث ت

ئا من اال

ض�

ئ اك

يعا ضون محب وت�ض

أبيك انب ب �ب تس�ي ، ف�ت صغ�ي ا ف�ي وأنت ة كب�ي القافهلت . تس�ي ي ال�ت فيمك هي الرمق بقية

وإخوتك ]...[

؟ ي�ض

ضض � - إىل أ�ي

ل. يبك أبوك بتؤدة وخفوت: إىل الامسش ب�ي

د هناك املاء؟ بض

- وهل �

ض ح�ت أف�ض أم أسبوع�ي، أسبوعا ض �ت مع القافهلت ؟ يوم�ي

يبك ]...[ مك يوما ب �ي ال يعرف �ب

ا�ئ توون أن�ت وال�ب ، وس�ت ي ذاك احلضط املستق�ي إىل هنا؟ أرأيت؟ فاملاء هنا غز�يض

بمك التطواف �

وسنابل القمح وعيدان الشع�ي ]...[

وال تلبث أن تستيقظ مكن يستيقظ من حمل، لتجد نفسك غفوتك دهورا

تد

ت�ش تغفو. �

ار الزيتون. الدماء تنبجس من مواقع بش

رة من أس بش

عىل سقا

ة جبل. اكن معل

تي �

ضأمامه �

ما من ذ�ب ب مل ياكد �يئض من عنف اال ي رأسه. ويداه مطبقتان عىل مامسر�ي

ضرؤوس الشوك �

مواقهعما ]...[ اكن ينادي: أ�ض عطشان .]...[

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جورج سامل(1976 -1933)

ي ض

داب �آرج من لكية اال ض ي حلب و�ت

ضبية احلديثة. ولد � قد ومن رواد القصة العر اكتب و�ض

فاهيمها عن ي أورو�ب �بض

ي سادت �لوجودية ال�ت �ش �ب

ئ لقصة الواقعية �ش �ت جامعة دمشق. بدأ �ب

ي من تمع العر�ب احلرية والعبث ساعدته عىل ذلك ثقافته الفرنسية. عا�ض من حرمان احملب

يال ة بسعة احلض خ�يئضت أمعال اال �ي

تقيق الذات ومن هيمنة السلطة السياسية وقد �

تاحلرية و�

كن اعتباره ية لذا �ي ة من أمعال طابع القصة الفلسفية والرمز كث�ي. أخذت قصصا والفنتاز�ي

ا “الرحيل”، “حوار ال�”، “حاكية موعات قصصية م�ض س حمب ا. ل محض صاحب مدرسة ف�ي

ضافة إىل العديد من الإ ” �ب ي املن�ضض

” و “عزف منفرد عىل الامكن” ورواية “� الظمأ القد�ي

ي ض

ثل الظمأ � ي وأهها “املغامرة الروائية”. �ي دب العر�بئي اال

ضالكتب النقدية والدراسات �

ه الاكتب طريق احلضالص من املوت إىل املاء واحلرية واحلب الذي اعت�بقصته التالية الظمأ

بلك أشاكل ورموزه.

حاكية الظمأ القد�ي ، ال تعرف ف�ي

، شاردا

سك بيده، واكن يبدو لك غافال

تكنت تس�ي معه إىل جانبه، تاكد �

ج من احلنان ، هو مز�ي يك إليه سلك خ�ض

، تقطعان املسافات، يشد ض ان صامت�ي ر.... تس�ي

يفك

صباح، وتعودان منه إذا اكن املساء،

يوم، لك

والرهبة والثقة. تسلاكن هذا الدرب نفسه لك

]...[

طال تنحرفان عنه ق

وىل ئكر، مع ساعات الفجر اال احلر منذ الصباح البا

ي ذلك اليوم البعيد القريب، اشتد

ض�

سه فتشعران بوطأة احلر ]...[عىل خالف عادته. كن�ت تقطعان الدرب نف

فت مشدوها ي زاوية ما من زوا�ي أحد املنعطفات اختلست النظر و مل تلبث أن توق

ضو�

، ض ض حول الع�ي ق�يض متحل �ي

ملتف

يعا معار ]...[ وقفوا محب

ئس من ش�ت اال ي ماكنك: أ�ض

ض�

را مسم

]...[ عا

متقط

يحا

ش س

ض ليسيل املاء عنيدا رك مقبض الع�ي

تة � ة فتاة صغ�ي و�ش

ب. ي هذا اليوم املل�ت

ضقال لك: ستنقطع املياه �

لؤوا جرارمه. كن�ت قد وصل�ت إىل املصنع الذي هؤالء أن �ي

ي دهشة: لن يتاح للكض

قلت ل �

لؤوا جرارمه ض لن يتاح هلم أن �ي ر، أما الذ�ي �بآت معظم اال

يوم. قال: جف

يصطحبك إليه لك

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نب جنس الرجال. بت

رارة: خ�ي ما أفعل أن أ� قالت �ب

نون الذي حلب ، وال �ب ي ي تعصف �بلدوامة ال�ت ا ال تدري �ب كت. أول مرة منذ دهر. إ�ض

ض�

أة وبال مقدمات؟ الك ال شك أن هلا جذورا ب

ض. وخطرت ىلي فكرة، خطرت � ي بص �ب ي�ت

. وغ�ي بعيد هرة وأصيهلت يبة �ب ية. فكرة غر ي مغرض

ا جنونية ولذلك � مطمورة مل أفطن هلا. إ�ض

نان، وقلت: ا �ب إل�ي

ي املزمنة. نظرت�ت ا�ب ث عنه. أن تكون البل� الل�ت أن تكون هي ما أ�ب

ينة. زهرة، لن تطيب ىلي احلياة وأنت حز

ي درجة جديدة: زهرة .. تفع �ب ا ابتسامة شكر فقلت وموجة احلماس �ت اغتصبت من شفت�ي

ي أرى ابتسامة السعادة عىل شفتيك.ي م�ت

ي�ض ! خ�بائي امك كنت دا�

حزان! كو�ضئاطردي اال

أس حان. ارتفعت موجة احلماس درجة جديدة. ها هي الفتاة املنفية الوحيدة ابتسمت �ب

ة ض ك عز�يأن مك ض هل�ي ب

ت� لعلك نفعال غريب: زهرة.. �ب وقلت ف، ال�ش املسلوبة املهجورة

ي زوجا لك!عندي. زهرة.. اقبلي�ض

ول؟1ئي النص اال

ضا عائشة صباح لك يوم � و�ض ض ي �ت

ما هي املغامرة ال�ت

"؟2 ض ض القرص�ي ي "ب�يض

تمع املرصي التقليدي � كيف وصف حمفوظ احملب

مار"؟3 ي "م�يض

ض زهرة و�حان � ما سبب الشجار ب�ي

ي عراك عنيف؟4ض

ملاذا اشتبك �حان مع جاره �

ما؟5 ض لملرأة ما الفرق بي�ض تلفت�ي ض حمض ض صورت�ي ي النص�يض

ر� الاكتب �

مل الدالت عىل ذلك!6 ية. اذكر بعض احلب لواقعية والشاعر اتصف أسلوب حمفوظ �ب

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ي أسألك أنت. - إ�ض

ا؟ ر طل�ب ي انتباه فقلت: ال بد من سبب ي�بض

ول مرة �ئ ال

نظر إىلي

؟ ي: ماذا تع�ض ي

ي عينيه إىل حذر �ش سأل�ضض

ول االنتباه �ت

ك وغد. ي أن

فقلت بغضب: أع�ض

- أستاذ!

. ض ك، ووجه لك وغد، ولك خا�ئ ه وأ�ض أرصخ: عىل و�ب ي و�بض

فبصقت �

ي عراك عنيف، بيد أن املدام اقتحمت احلجرة قبل أن يستفحل ض

و�عان ما اشتبكنا �

ي ض

ه. سووا خالفاتمك �ب. دخلت بيننا وهي تقول: من فضلمك. لقد ضقت بذلك لك الرصض

! يي بي�ت

ضارج ال � احلض

وذهبت به خارج احلجرة. ]...[

وي إىل ض العاصفة اهلوجاء؟ والشمس �ت � الزرقة فأ�ي ت سطح أملس �بت

ام � البحر ي�ت

ض جبال الغيوم؟ واهلواء هداف سائب رقيقة فأ�يئ يلتحم �ب

ماسيا

املغيب مرسهلت شعاعا

؟ ح اهلوج املزلزلت ض الر�ي داعبات شفافة رقيقة فأ�ي ي غابة السلسهلت �بض

يالعب سعف النخيل �

، ة الذابهلت ا الكس�ي . ونظر�ت ض افة عىل الوجنت�ي ونظرت إىل وجه زهرة الشاحب، ودموهعا احلب

شنة الفظة الرهيبة ]...[ لقد ا احلض ي بفطر�تي مرآة، وأن احلياة تطالع�ض

ضي أنظر �

ي أن�ض

يل إىل ض �ض

ي مرآة. ض

ي أنظر � ء. أجل إ�ض �ي رت بال ك�ب ف وهب سلبت ال�ش

ي بتحذ�ي وقالت: ال لوم وال عتاب من فضلك. رمقت�ض

وطاعة.زن: مسعا فقلت �ب

ي مها. لك�ض

ضة، وال وجدت الوقت اهلادئ لتحليلها و� ية املر�ي ربة در ب

تكن أفقت من � مل أ

ة شا. وأن � ض من أن العاصفة آتية ال ريب ف�ي نون. وكنت عىل يق�ي ا ح�ت احلب �ب

كنت ممتلئا

ا بعد.. واكن من املستحيل أن أب�ت صامتا فقلت مواسيا: قد يكون ذروة لملأساة مل أبلهعض

�ي ف�ي حصل.. احلض

ا: ماذا عن املستقبل؟ مل تنبس.. فسأل�ت

ى. ي أحيا امك �ت تمت بال روح: إ�ض

ت�

- وأحالمك �ي زهرة؟

- سأستمر.

ض الروح؟ قلت: ا بعناد وإرصار ولكن أ�ي قال�ت

.ض أطفاال ض وتنجب�ي وج�ي ض ن مل يكن، وسوف ت�ت

ئ- سيذهب احلزن اك

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طت خطوة - جنونية - وفرجت مرصاعي ض ا�ش �ض التعطش لملزيد من احلب احلضوف احلب

ا �ضئ، اك

لغة العنف من العاطفة واحلضوف معا ت �ب �ب ا يبعث رصض النافذة ووقفت وراءها وقل�ب

يط به. ت

مستعرة �را ي �ض

ا ل، بل اكنت مكن يقذف بنفسه من علو ساحق ليت�ت تعلن ح�ب

مار م�يي غضباته

ضي صفائه وإشعاعاته الذهبية الدافئة.. ولكن �

ضية.. ال � سكندر ي جو االإ

يعجب�ض

ق بدكنة مك السحب وتنعقد جبال الغيوم.. ويكتسي لون الصباح امل�ش ا املومسية. عندما ت�ت

ادى دفقة هواء فتجوب الفراغ تىلئ رواق الامسء بلحظة مصت مريب.. �ش ت�ت املغيب.. و�ي

ح يل غصن ]...[ وتتتابع الدفقات �ش تنقض الر�ي طيب. عند ذاك ي�ت كنذ�ي أو كنحنحة احلض

لجل اهلد�ي ويعلو الزبد ح�ت حافة الطريق.. ب فاق.. و�يآي اال

ضا � نون. ويدوي عزي�ض حلب هلت �ب

ش�

بصار ئق فتخطف اال ارات ال�ب هول.. وتندلع �ش ة من عامل حمب نشوات فا�ئ

عجع الرعد حامال ب و�ي

ي عناق ندي.. عند ذاك ض

رض والامسء �ئي هوس في�ض اال

ضل املطر � وتهكرب القلوب. وي�ض

لق من جديد. وعند ذاك فقط ا يعاد احلضض�

ئوج وتتالطم أخال�ا اك

تتلط عنارص الكون و� ض �ت

ية عن وجه مغسول.. سكندر لو الصفاء ويطيب. إذا انقشعت الظملات.. وأسفرت االإ ب �ي

معة. ]...[ دقت الساعة . و�وة �ض ئض

نعة. وطرقات متألقة. ونسا�ئ نقية.. وشعاع دا� ة �ي وخرصض

يبة. ي أصوات غر

امت إىل ي ح�ت ال أعرف الوقت. �ش �تي أذ�ض

ضة فوضعت أصبعي � الكب�ي

ي البنسيون ض

ي تقع �حداث ال�ت

ئار؟.. إن اال ب

شي إرصار وارتفعت. مشاحنة؟.. س

ضاستمرت �

ت ض

فو� بعنف ب �ب تح وف اكلعادة. زهرة حمورها ن

ئ�ب ي قل�ب وحدس مكلها.

ئ�ب قارة ي

تك�ض

ا لوجه ي الصالت و�بض

ما � اما. زهرة و�حان! وثبت إىل الباب ففتحته. رأي�تتصوات �

ئاال

ما. ول بي�ضت

ض واملدام � كديك�ي

ي غضب هادر:ض

واكن �حان يرصخ �

وج من علية! ض ن أشاء.. سأ�ت وج �ب ض أ�ض حر… أ�ت

ا�ة. إذن قد تد وهي احلض ار آماهلا �ش �ت ا، أن ت�ض ا أن يعبث �ب اكن، عز عل�ي زهرة غاضبة ك�ب

. اكن ير�ت إىل حب

بت منه �ش أخذته من يده عائدا ة أخرى. اق�ت يد أن يوىلي و�ب به و�ي ل أر �ض

ة متوحشة! �ي . وراح يصيح: �ش ض ك�ش من موضع، دامي الشفت�ي ي أض

ممزق البيجاما �

ي الغضب وهو يقول:ض

ادى �تهلدوء ولكنه � فطالبته �ب

! يوج م�ض ض ا أن ت�ت �ت يد حرصض تصور.. �ت

نونة فاجرة! هلدوء فصاح: حمب فعدت أنصحه �ب

وج منك؟ ض وضقت به فسألته: مل أرادت أن ت�ت

- اسأهلا…. اسأهلا!

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رض عن زلطة ئي اال

ض�

حقيبة كتبه منقبا

ه متأبطا مستخفيات وراءه، وابت�، �ش واصل س�ي

لكها... ل�ي

ض عىل رجاهلا مل ع�يئا من �ش اال

تم، بيد أن إشفا�

ئاكنت هذه الساعة من أسعد أوقات اال

سك عن تالوة “ومن �ش حاسد إذا حسد” ح�ت يغيبوا عن تيقف عند حد، فمل تكن �

ا... عين�ي

و فانتقلت ت عايشة ح�ت خال هلا احلبئض تلاك ة، عىل ح�ي ب ا خد�ي بية، وتبع�ت م امل�ش

ئوغادرت اال

م ي اه�تض

ض ومدت برصها من ثقوب الشباك � ض القرص�ي بية املطل عىل ب�ي إىل جانب امل�ش

ا االنتظار فقد مرق من ا تنتظر. ومل يطل �ب ا أ�ض ا عىل شف�ت ا وع�ض وهلفة. بدا من ملعة عين�ي

مالية، ي طريقه إىل ق� احلبض

� متمهال

رنفش ضابط بوليس شاب وم�ض مقبال عطفة احلض

انبية ا احلب فذ�ت هت إىل �ض بت

رة االستقبال، وا� هلت إىل حب ي عبض

بية � عند ذلك غادرت الفتاة امل�ش

لغة ت �ب �ب ا يبعث رصض ا عن زيق ووقفت وراءه وقل�ب ا ففرجت مرصاع�ي كر�ت وأدارت أ

ي حذر دون ض

ب الضابط من البيت رفع عينيه � . وملا اق�تالعنف من العاطفة واحلضوف معا

ه بنور ابتسامة ي مرص وقتذاك - فأضاءت أسار�يض

فع رأسه � فع رأسه - فمل يكن أحد �ي أن �ي

دت، �ش أغلقت النافذة وهي حلياء فت�ض اقة موردة �ب ية انعكست عىل وجه الفتاة إ�ش متوار

ض من شدة ا مغمضة العين�ي اجعت ع�ض ة دامية - �ت ر جر�ي ي آ�ش�ض ض ا �ت �ض

ئا بعصبية - اك تشد عل�ي

ي جو مشاعرها ض

االنفعال، فأسملت نف�ا إىل مقعد وأسندت رأ�ا إىل يدها وساحت �

ما ض

ض هذا وتلك � ب�يا موزعا ، اكن قل�ب

خالصا

. مل تكن سعادة خالصة، ومل يكن خوفا ي

ا�ئ الال�ض

ا مطرقة احلضوف حمذرة نه بال رمحة، إذا استنامت إىل نشوة الفرح وسره قرعت قل�ب يتجاذ�ب

ا، الك احلب واحلضوف ي مطاوعة قل�بض

دى � ا أم ت�ت ا أن تقلع عن مغامر�ت مل �ب ب فال تدري أ�ي

، فاستكنت هواتف احلضوف والتأنيب، ومضت تنعم أو قليال

ا ها كث�ي و�ي ي �ت

ضشديد. ولبثت �

- كيف اكنت تنفض الستارة ائ سالم، وذكرت - امك يلذ هلا أن تذكر دا�

ي ظل

ضبسكرة احلمل �

ي فتحت نصف فتحة ا نظرة إىل الطريق من النافذة ال�ت فالحت م�ض

املسدلت عىل النافذة يوما

اجعت ف�ي اب، ف�ت عب الإ ي دهشة مقرونة �بض

ها � لطرد الغبار فوقعت عليه وهو يتطلع إىل و�ب

مته الذهبية بض

من منظر �قيا �ب

ا ا أ�ش يل�ت ي حمض

ضك � يشبه الذعر، ولكنه مل يذهب قبل أن ي�ت

ي نفس ض

، و�ا طويال يال، فظل يتخايل لعين�ي لب اللب وي�ق احلض ض محر منظر �ي

ئيطه اال و�ش

اها، التالية - راحت تقف وراء احلضصاص دون أن �ي م �يئالتاىلي - واال اليوم الساعة من

م وتشوق، �ش كيف أخذ ه�ت ي فرحة ظافرة كيف يتطلع بعينيه إىل النافذة املغلقة �بض

وملست �

ا املشبوب - الذي يتمىط جة، وقل�ب ه ضياء ال�ب ض شبحها وراء احلضصاص فتشع أسار�ي يستب�ي

ي سعادة ويودهعا ف�ي يشبه احلمل، ض

ا �ت

ي هلفة ويذو�ض

ول مرة - ينتظر هذه اللحظة �ئ ال

مستيقظا

ا وراء النافذة ت إىل الستارة تنف�ض ر وعاد يوم التنفيض مرة أخرى فان�ب ح�ت دار ال�ش

ر، ح�ت غلب بعد �شرا بعد يوم، و�ش

ى، هكذا يوما بة متعمدة - هذه املرة - أن �ت املوار

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يب حمفوظ بض

�(2006 -1911)

ة حيث ي أحد أحياء القاهرة القد�يض

داب. ولد �آة نوبل لال ض صل عىل جا�ئ ي �ي أول أديب عر�ب

وىل ئي الفلسفة من جامعة القاهرة. غلبت عىل أمعال اال

ضنشأ ودرس. حصل عىل إجازة �

ا إىل عية وم�ض ي �ش انتقل إىل الواقعية االج�تض الفرعو�ض ية املستلهمة من التار�ي ض الواقعية التار�ي

ية الصوفية. عاحلج حمفوظ حياة الطبقة ية قبل أن يتوجه إىل الفنتاز�ي واللغة الشعر الرمز

ية فاكنت اه القضا�ي املص�ي بت

ا � ي أحياء القاهرة فع�ب عن هوهما وأحالهما وقل�تض

الوسىط �

هلموم وجودية معيقة. ل معارصا

ي مرص وتدوينا

ضعية والسياسية � أمعال مرآة للحياة االج�ت

ا “خان تلف لغات العامل. وم�ض ة إىل حمض محب موعات القصصية امل�ت ت واحملب ات الروا�ي ع�ش

التحريض عىل ي ض

� ي اكنت سببا

ال�ت مار”، “أوالد حارتنا” ”، “زقاق املدق”، “م�ي ليىلي احلض

ض “ب�ي ت: روا�ي ثالث وهي و”الثالثية” الذاتية” ة الس�ي “أصداء و”احلرافيش”، اغتيال

تلفة احملض جياهلا ئ�ب أ�ة حياة خالل من رصد و”السكرية” الشوق” “قرص ،” ض القرص�ي

ض ول مأخوذ من رواية “ب�يئا مرص قبل ثورة 1919 وما بعدها. النص اال د�ت ي �ش

ات ال�ت التغ�ي

القوي ضمت امل�ت ب ئاال واد، احلب عبد أمحد عائهلت عىل ا ف�ي الضوء يسلط ي

ال�ت ” ض القرص�ي

ضافة إىل ابنتيه الإ مي وامكل �بض

ض و� س�ي الشخصية وعائلته املؤلفة من زوجته أمينة وأبنائه �ي

ي هذا النص يتحدث الاكتب عن ثقل العادات والتقاليد املفروضة عىل ض

ة وعائشة. و� ب خد�ي

ضل ي �ضض

ية وفيه وصف لملدينة ولشجار وقع � سكندر ي االإض

ي فيدور �املرأة. أما النص الثا�ض

ثل مرص والشاب الوصوىلي تي �

ة املتواضعة ال�ت �ي ض ض زهرة، الضحية الشابة ال�ض مار” ب�ي “م�ي

�حان.

ض ض القرص�ي ب�يض من �ي ض ل�ي بية ووقفن وراء شباهكا املطل عىل النحاس�ي ن إىل امل�ش م والفتا�ت

ئدرت اال و�ب

الل ف به احلب ي تؤدة ووقار �يض

ي الطريق، وبدأ السيد وهو يس�ي �ض

�ة �ئثقوبه رجال اال

واحلاج احلالق ض وقد وقف ل � حسن�ي وآخر ض ض ح�ي ب�ي لتحية �ب يديه رافعا مال واحلب

حلب والزهو. عة �ب ض م�ت ، فأتبعته أع�ي بتىلي ئع الفول والفوىلي اللبان وبيومي ال�ش درويش �ب

ر امكل �ضا قة الطاووس، وأخ�ي ي ج� الثور وأ�ض

ضض � س�ي ، �ش �ي ي مشيته املتعجهلت

ضمي �

ضوتاله �

ض ح�ت استدار ورفع برصه إىل الشباك الذي يعمل أن أمه وشقيقتيه طو خطوت�ي ض فمل يكد �ي

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ان، وأن حملب ع علينا �ب

قالم اكنت توزئج من لك ذلك أن الكتب والدفا�ت واال �ب

ئبعد الظهر. واال

ث، وقد قفز عدد �ض تلطة للذكور واالإ املدرسة، من بعد أن اكنت للذكور وحدمه، أصبحت حمضض إىل �ي م ثالث معملات. وقفز عدد التالميذ من الع�ش ض إىل تسعة، بي�ض ا من اثن�ي ض ف�ي املدرس�يلرصف ي �ب

انية تبدأ بـ “البستان” وتن�تشض إىل � �ي

، وعدد الصفوف من صف ض ما يقارب املائت�ي

مه، ئضة البدنية. واال ض ومبادئ اللغة الروسية، وتشمل الر�ي غرافيا واحلساب والتار�ي والنحو واحلب

ت طائهلت ت

والرجل أصبحت حمظورة �

لقضيب والكف ، أن القصاصات �ب ي نظر�ضض

مه �ئاال

ض الروسية ي دار املعمل�ي ب من خر�يائا. أما مد�ي املدرسة فاكن دا� العقاب لملعمل الذي يلجأ إل�ي

ملدرسة “مسكوبية”.ا مد�ي

صبح يوما

ناه لو أ

تي النارصة. واكن أق� ما أ�

ض�

أن ما عرفناه النعمة وكيف. ولك تلك ض جاءتنا أ�ي نعرف من أن الصغار ن ض

لنا � ما اكن م يقطنون بالدا رض وأ�ض

ئيع ملوك اال ض لملكته محب �ت مكهم قيرص �ت “املسكوب” قوم أشداء وكرماء �ي

رصون عىل الدفاع عنا م “روم” مثلنا. ولذلك يعطفون علينا و�ي ل. وأ�ض ي الامسشض

ردة � شاسعة و�بض الوحيد الصحيح. أما أن دولتنا “العلية” اكنت قد بلغت من اهلرم وعن “ديننا” الذي هو الد�يض راحت تتسابق إىل بسط نفوذها ت ستار الد�ي

تبية، � الل، وأن الدول الغر

ضوالتفكك حد اال�

ملانية ئية واال ض نلك�ي ي أجزاء تلك الدولت املتداعية. فاكن لنا فيض من املدارس الفرنسية واالإ

ض�

ض ض وسور�ي ولبنان، أما ذلك لكه فقد كنا غافل�ي ي فلسط�يض

ها � مريكية والروسية وغ�يئيطالية واال واالإ

انه. محب تينا مفتش رو�ي وبصحبته �تئي لك عام اكن �ي

ضض � ض بوجوده. مرة أو مرت�ي عنه وغ�ي شاعر�ي

ض واملعملات ي املعمل�يت

� يئه أن مد�ي املدرسة و�ب كنا ندعوه “الناظر” أو “املناظر” ونشعر يوم حمبتيب، ويوصوننا أن نلبس تبون املدرسة أحسن �ت م من يده. ف�ي يبونه امك لو اكنت حيا�ت اكنوا ي�تي صفوف متناسقة

ضرجون بنا إىل ساحة املدرسة حيث ينظموننا � ض لك من الثياب و�ي

ضخ�ي ما �

نئمك بسالمة الوصول” للغة الروسية مؤداها: “نطلب لمك العافية و�ض حيب �ب ويلقننا املد�ي عبارة �تعىل صوتنا.

ئ و�ب

مضحاك

شقر رحنا ننغم تلك العبارة تنغ�ي

ئ الناظر اال

ح�ت إذا أطل

بعيد القديس نقوال ا كب�ي

تفل احتفاال

ضي السادس من اكنون االول، كنا �

ضي لك سنة، �

ضومرة �

تمع الطائفة بكبارها بت

ي املساء �ض

ي الصباح و�ض

. فنق�ي الصلوات � ياطور نقوال الثا�ض م�ب

ئشفيع اال

ي والزغاريد والرقص غا�ض

ئهل اال

ي همرجان كب�ي تتخل

ضك معنا � ا لتش�ت وصغارها، رجاهلا ونسا�ئ

ج القصية ي بطرس�بض

� اللت املالك سعيدا � صاحب احلب ية واهلتافات العالية �ب �م النار

ئواال

ى أما اكنت هتافاتنا تبلغ أذن السلطان عبد احلميد عىل شاطئ البوسفور “الهل ينرصه!” �ته؟ هلت رعا�ي ي محب

ضض � ال حمسوب�ي ض ن ما �ض

ضو�

م الاكتب؟1 من مه املسكوب وكيف وص�ض

ا؟2 ابه �ب ر إعب ك�ش ما أ�ش ديدة وما أ كيف وصف الاكتب املدرسة احلب

دث عن أهية أدب املهجر وأمه أعالمه!3ت

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ميخائيل نعيمة(1988-1889)

ي لبنان ض

ض � ي جبل صن�يض

ي بسكنتا �ض

قد. ولد � دد، شاعر وقاص وم��ي و�ض ي حمب أديب عر�ب

ت املتحدة ي الوال�يض

ض وروسيا وأمكل دراسة احلقوق � ي فلسط�يض

بع دراسته � ا �ش �ت ودرس ف�ي

سيس الرابطة القملية. عاد إىل لبنان ئ ي �ت

ضء عرب املهجر � ك مع أد�ب مريكية حيث اش�ت

ئاال

لق�ي والروحانيات ي �بضعة واقعي وغ�ض ي ال�ض

عام 1932 وانرصف إىل الكتابة والتأليف. أدبه إنسا�ض

ي وعن التعصب ل�ولت والعذوبة والبعد عن التعقيد اللفىطض تاز أسلوبه �ب مل. �ي

ئلتفاؤل واال و�ب

ي أمعال إىل تصو�ي الواقع كي يكون ض

فاكر. سع �ئي وببالغة التعب�ي ووضوح اال

ي والدي�ض املذه�ب

ة واملقالت ي القصة والنقد والس�يض

ة � ها. مؤلفاته كث�ي عىل تطو�ي للحياة وعامال

ا دب مسا�ي

ئاال

ل”، “البيادر” و”أبعد من ان”، “سبعون” “الغر�ب زها: “اكن ما اكن”، “أبو بطة”، “ج�ب أ�ب

موسكو ومن واشنطن” ومنه هذا النص.

وسيا ي �بعالق�ت

ي مسقط ض

رثوذكسية �ئت الطائفة اال �ش امسة والسادسة من معري عندما �ب ض احلض كنت ب�ي

ن الصغار أن البناء ض

منا �ض

قية من البلدة. و� هة ال�ش ي احلبض

م � ض ، بسكتنا، تشييد بناء �ض رأ�ي

ك�ش ة حيث اكن معملان ال أ غنينا عن املدرسة الطائفية احلق�يسيكون مدرسة “مسكوبية” ت

) ي ” )مزام�ي داوود الن�ب ة هلما إال “املزام�ي

يان كشف أ�ار القراءة والكتابة لنا وال عديتول

وإال قضيب من التوت أو الدلب.

، ح�ي إىل النع�ي ننا انتقلنا من احلبئي احلال اك

ضوان�ت البناء عام 1896، فانتقلنا إليه، وشعر�ض �

قعد ض

ا من طراز ما عرفناه من قبل. � يهلت ونظيفة. واملقاعد ف�ي فغرف التدريس واسعة ومحب

ي صدر ض

. و�ئي املتاك

ضزة �

ة من النحاس مرك للكتابة وأمام لك تمليذ حم�ب

ئتاك للجلوس يتصل �ب

ي ض

ا كر�ي لملعمل. وعىل حائط من حيطان الغرفة لوح أسود � ة عالية وطاولت من خل�ضالغرفة دك

تمع ب ي منتصف البناء ردهة طويهلت فسيحة �يض

. و� أسفهل طباش�ي للكتابة وماح ملا تكتبه الطباش�ي

ي جانب تلك الردهة مغاسل ض

ا. و� اء م�ض لدروس وعند االن�ت ا التالميذ للصالة قبل االبتداء �ب ف�ي

، ارج، جرس صغ�ي انب املقابل عند أعىل احلائط من احلض ي احلبض

ومناشف وصابون وأمشاط. و�

ي الرابعة ض

ا � ا�ئ ن�ت ، ويؤذن �بي الساعة الثامنة صباحا

ضعذب الرنة، اكن يدعو�ض إىل الدروس �

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50

:فنظرت إىل الرجل سائال

: �ي رجل ملاذا ال تشتغل؟ ض - س�ي

خر. لكن الفق�ي منا يوما

ئ ة البك هات ىلي الشغل وعيب عىلي إن كنت أ�ت : �ي حرصض - ج�ي

وع. ة ما يل�ت غ�ي احلب ، وع�ش يل�ت

ل�قة. م �ب ي نظر القانون م�تض

- أنت �

ي حلم ده القانون عنده نظر ويعرف إ�ض - القانون �ي جناب البك عىل عيننا وراسنا. لكن �ب

ودم ومطلوب ىلي ألك.

- لك ضامن يضمنك؟

ب الهل. - أ�ض واحد عىل �ب

؟ - تدفع كفالت

ا. - كنت ألكت �ب

.ن ماىلي يفرج عنك فورا �ض

ض قرشا س�ي - إذا دفعت �ي رجل محض

. ض ر�ي ي عىل صنف النقدية من مدة �شض قرش! وحياة رأسك أ�ض ما وقعت عي�ض س�ي - محض

روم” من وسطه واال سدوه. التعريفة نسيت شلكه، ما أعرف إن اكن حلد الساعة “حمض

فنظرت إىل مساعدي وأمليت عليه نص القرار:

دد ل ويعمل ل فيش وتشبيه” اسبه �ي ب م و�ي بعة أ�ي أرم احتياطيا بس امل�ت - “�ي

عسكري!

به: ر حامدا

را و�ض

ا فقبل الرجل كفه و�ب

قل لقمة مضمونة. السالم عليمك!ئ- ومال. احلبس حلو. نل�ت فيه عىل اال

ل بذهاب اح �ب ي معصميه القيد. واطمأن مساعدي واس�تض

وخرج الرحل يدب وقد وضع �

مه، وطلبت القضية التالية. م�ت

ملاذا س�ئ املساعد حياة الريف؟1

ض وجده لك من الاكتب ومساعده؟2 ما دواء هذا السأم وأ�ي

ي به السارق؟3؟ وهل ر�ض

ى احلمك عىل السارق منطقيا هل �ت

ي به السارق؟4؟ وهل ر�ض

ى احلمك عىل السارق منطقيا هل �ت

ي تدل عىل ذلك5مل أو املواقف ال�ت سلوبه الساخر اذكر بعض احلب

ئر احلك�ي �ب اش�ت

ض اللغة الفصح واللهجة العامية استخرج بعض الملكات أو 6 مزج الاكتب ب�ي

للغة الفصح. ا �بض

التعاب�ي العامية واذكر مراد�

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يد دواء هلذا الضيق. وهل من دواء . ]...[ إن مساعدي �ي ض مسر لون الط�يئغ�ب اال

ئا اال ي لو�ض

ض�

ر�ي املذكرات امك أفعل أ�ض ملكا وجدت ت

للريف غ�ي الزواج أو الس�ي املعوج أو املطالعة و�

دي هذا عن �ضي االختالف إىل النادي، إنه ال يعمل شيئا

ضي � ؟ وفكر صاح�ب

إىل ذلك سبيال

ا بسمل من خشب. ]...[ أما أهل ضل عتيق يصعد إل�ي ي م�ضض

رة � املركز. إنه ا� يطلق عىل حب

وصاحب ض واملوظف�ي عيان ئاال وبعض املركز وطبيب دارة االإ رجال لطبع �ب م

ض� النادي

ل ض

” واغتياب الناس � ي ذلك املاكن غ�ي لعب الورق و”الطاولتض

جزخانة. ال يشغل هؤالء �ئاال

ي هذه الزمرة ]...[ وأ�ض لن أنس ذلك ض

ي هذا املركز أن يندس �ض

مثل النائب العام � يليق �ب

ي املق�ي ي ذلك النادي مع القا�ض

ضي فيه رجال الغدارة إىل حفهلت عشاء �

اليوم الذي دعا�ض

لزميل هلم منقول. ومل أستطع االعتذار فذهبت. وإذا زجاجات الوسكي عىل املائدة ا تكر�ي

، ك�ش ب وأ ي لنفسه ف�ش، ومل يفطن القا�ض ي

س القا�ضئ�ي واك

ئوا اك

ئوار الطعام، وقد مال ب �ب

�ش ويضحك حيث ال موضع للالكم والضحك وعندئذ مال عىلي املأمور وقد سكر وجعل ي�ش

ك�ش من ذلك. ي فقد وقاره!” فمل أرد أن أمسع أ “البك القا�ض

ي ضاحاك

ي أذ�ضض

وأل�ت �هو أيضا

ي كؤو�م. منذ ض

ي هؤالء املتخبطون � ي هدوء دون أن يشعر �بض

ي � إىل بي�ت

فانسللت منرصفا

ي هذا النادي. واقتنع مساعدي بالكمي ]...[ ض

� ذلك اليوم وأ�ض ال أضع قدما

وقال:وحه الذي ال أستخف ل ظال ي �ب

نا�ئ دخل عبد املقصود أفندي رئيس القمل احلب

. بع قضا�ي عند�ض من نوع التلبس أر

- هات!

وراق ئم. وأخذ�ض نطالع اال ” واملقبوض عل�ي حملارصض العسكري القادم “�ب

فذهب وأرسل إىلي

ألقيت ي ثالث قضا�ي واستصغرت ملفا . وجعلت من نصي�ب ض م�ي قبل أن نستدعي أمامنا امل�ت

عليه نظرة �يعة وأعطيته مساعدي وأ�ض أقول ل : “�قة كوز ذرة، لن نع�ش لك عىل أ�ل

ي أمان الهل!”. وبدا االضطراب ض

� فا لوق فستجده مع�ت من مثل هذه لل�قة. سل هذا احملض

. وجعل . وتناول من يدي احملرصضما ا م�ت ذه أول مرة يستجوب ف�ي

ض عىل املساعد، �

قليال

د عىل احلضمس ]...[ ض ي مل �ت” ال�ت يقرؤه ملكة ملكة. ويعيد قراءة هذه “القسا�ئ

ر رس ففعل، و�ض صبعه عىل احلبئط �ب

هذه امللخصات، وأن يضغ

طلبت إليه أن ينحي جانبا

ول، فدخل فالح هكل ]...[ وقلت لملساعد أن ئم اال حضار امل�ت إ لباب فأمرته �ب احلاجب �ب

دد، �ش اف، وأ�ض أعينه إذا توقف، فامحر وجه الشاب و�ت ض ه من أسئهلت وال �ي رصض يوجه ما �ي

م وسأل: أنت �قت كوز الذرة؟ لد ونظر إىل امل�ت بت

! فأجاب الشيخ لفوره: من جوعي

ل�قة” م �ب ف امل�ت ي هلجة االنتصار: “اع�تض

وقال �فنظر املساعد إىلي

ي غيط من الغيطان ض

لت � ض كر، أ�ض �يح من جوعي �ض ي �ضي بساطة: ومن قال إ�ض

ضفقال الرجل �

.سبت ىلي كوزا

، ي! يستنجد�ض ي يد املساعد، ومل يعرف ماذا يسأل بعد ذلك، وألتفت إىلي

ضووقف القمل �

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توفيق احلك�ي(1987 -1898)

ي احلديث دب العر�بئي اال

ضأديب ومفكر مرصي، وأحد رواد فن الرواية والقصة وامل�ح �

ي ض

ا �ش التحق بلكية احلقوق � ية ودرس ف�ي سكندر ي االإض

. ولد � يومؤسس تيار امل�ح الذه�ض

دبية. عاد إىل مرص وان�ض ئالقاهرة. سافر إىل فرنسا حيث معق ثقافته امل�حية والفنية واال

ض بقدرته �يتض الرمزية والواقعية و� إىل سلك القضاء قبل تفرغه للتأليف. مزج توفيق احلك�ي ب�ي

سلوبه ئر �ب ض املرصي. اش�ت سطورة والتار�ي

ئبداع وابتاكر الشخصيات واالستفادة من اال عىل االإ

االنفعاالت ووصف احلركة سيد بت

و� املشاهد بتصو�ي وبعنايته ي ملعا�ض �ب ي

الغ�ض الساخر

رزاد” ماليون” و”�ش ب رها: “أهل الهكف” و”�ب ض م�حية أ�ش ك�ش من ثالث�ي النفسية. ل أ

ق” و”يوميات ا “عودة الروح”، “عصفور من ال�ش ة رواية م�ض و”سلطان الظالم” واثنتا ع�ش

بة الاكتب كوكيل ر بت

سلوب اليوميات ومستمدة من �ئف” وهي مكتوبة �ب ر�ي

ئي اال

ضئب � �ض

عية والسياسية قد الذع واقع احلياة االج�ت سلوب �ضئوي �ب يفية و�ت ي منطقة ر

ضللنيابة العامة �

وال ا أسبا�ب العدالت تكشف ال جرا�ئ تقع املرصية حيث يفية الر املناطق ي ض

� دية امل�ت

تمع عىل يد أقلية ذات مصاحل خاصة أما القضاء فيالحق مز إىل قتل احملب ا، جرا�ئ �ت مرتكب�ي

. ض ك�ي البؤساء واملسا

ف ي االر�يض

ئب � يوميات �ضرصض

ضي �

ي بدار النيابة وعمل املساعد بعود�ت كت املأمور يذهب إىل شأنه. وعدت إىل مكت�ب �ت

من يس. فطلبت إليه كو�ب ر “فراش” احملمكة احلاج محض ي ]...[ و�ض

وهو اكملشتاق إىل رؤي�ت

ي �ضئرد احلديث واك ي مكن يتحدث حملب

دث�ض فيف. والتفت إىل مساعدي فأقبل عىلي �ي الشاي احلض

د ب ي عنه. لقد س�ئ الريف. إنه ال �يبه جوعان الكم. إن الوحدة قد اكدت تقتهل أثناء غيب�ت

” يالرومي “طنا�ش البدال اللهم إال داكن ذلك يليق أن يدخلها مثهل. وة واحدة

تهنا �

هاىلي ا� ئن من احلضشب وكرسيان من القش. وقد أطلق عليه اال وضعت أمامه مائد�ت

ء ي�ض عىل أنه يض فمل يعد �ش كجلباب الفالح�ي

مارة” وح�ت هذا الرومي قد ارتدى جلبا�ب “احلض

ض ينفق وقته؟ هذا الشاب الذي جاء من ه؟ وأ�ي ض ض يت�ض ض والشعر. أ�ي ” غ�ي لون العين�ي ي بض

“أفر�

ى غ�ي مبان قليهلت ن ال ياكد �يآنوار واملالهي والضجيج؟ إنه اال

ئم حيث اال العامصة منذ ا�ي

ا ا الفالحون إ�ض وي إل�يئطب القطن والذرة �ي حور” املسقفة �ب دم. وغ�ي هذه “احلب ها م�ت ك�ش أ

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مر! من الق

اف

كنشوة الطفل إذا خ

يومب الغ �ش

حاب ت واس الس

ق أ

ن

ئ اك

ر ... ي املط

ضوب �

ذ

ت

رة

ط

ق ف

رة

ط

وق

روم،ي عرائش الك

ض�

ال

فط

ئر اال

رك

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جر

الش

عىل ت العصاف�ي ت مصغ

د

ودغ

ر ... املط

ودة

ش

نأ

ر ...مط

ر...مط

ر... مط

ال ض يوم ما �تساء، والغ اءب امل

ثت

.

الق ا الث سح من دموهع

سح ما ت

ت

ينام:

أن

بلذي ق �ي

ت �ب

ال

طف

ن

ئ اك

عام

منذ

اقفي أ

ـه - ال�ت أم

نئ�ب

الؤ ي الس

ض� ج

ض حل ح�ي ها، �ش

د ب

�ي مل

ف

عود .. -د ت

غ

: “ بعد الوا ل

ق

عود ت

أن

ال بد

ـها هناك

أن

اق

ف امس الر �ت

وإن

حود الل

ومة

نام ن

ت

ل ي جانب الت

ض�

ر؛ب املط �ش

ابـها وت من �ت

سف

ت

باك

مع الش ب �يينا حز

ادا صي

ن

ئ اك

ر

دويلعن املياه والق

مر. الق

فل

ئ �ي

الغناء حيث وين�ش

ر ...مط

ر ...مط

ا1 ي قصيدته، اذكر بع�ضض

ضداد �ئاستخدم الشاعر اال

ي تش�ي إىل مأساة وفاة أم الشاعر؟2بيات ال�ت

ئما اال

بتك القصيدة وملاذا؟ وهل تذكرك بقصيدة إيطالية هلا نفس املوضوع؟3 هل أعب

�ا.4 ي لفتت انتباهك وا�شية ال�ت اذكر بعض الصور الشعر

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14

كر السياب بدر شا(1964 -1926)

ي املعارص والشعر احلر، ض ومن أمه رواد حركة تطو�ي الشعر العر�ب ك�ب الشعراء العراقي�ي من أ

ة بسبب ميول السياسية ت كث�ي ي حياته صعو�بض

ي قرية جيكور قرب البرصة. واجه �ض

ولد �

اه بت

ول إىل اال�ت

لضبابية والرومانسية قبل � ض شعره �ب �يترده عىل الظمل واحلرمان. �

تية و� اليسار

ته معا�ض بسبب واملوت احلياة ض ب�ي والرصاع الغربة ها ن ظاهر�ت عليه سيطرت . الواقعي

ض ب�يالشخصية من فقدانه أمه خالل طفولته املبكرة ومرضه الطويل. اكن شعره لقاء مستمرا

ض احلس املأسوي سطوري والواقع، ب�يئيال والرمز اال ض احلقيقة واحلض ضداد، ب�ي

ئتلف أنواع اال حمض

سلحة ئ”، “ املعبد الغريق”، “اال ية: “أزهار ذابهلت مل وفرحة احلياة. من أمه دواوينه الشعر

ئواال

ض هوم الشاعر الشخصية مع ب�ي بت

ي �طفال” و “أنشودة املطر” ومنه مطلع القصيدة ال�ت

ئواال

مز إىل العراق. ي �تي حبيبته ال�ت

والوطنية. يبدأها بوصف عي�ض

أنشودة املطرحر، الس

يل ساعة ض

ضابتا �

عيناك غ

مر.ما الق ى ع�ض

تان راح ينأ

ف أو �ش

روم الك

ورق

بسمان ت

ض ت عيناك ح�ي

ر ي �ضض

ار � �ت ئال

ضواء ...اك

ئص اال

ق و�ت

حر الس ساعة

وهنا

اف

د ه احملب ج �ي

جوم ... ما، الن ور�ي

ي غ

ضبض �

نا ت �ض

ئ اك

فيف

� ش

ي ضباب من أ

ضان �

رق

غ

وت

ـه املساء،وق

ف

ض �ي

ح اليد لبحر �

اك

يف، ر احلضة

تاء فيـه وارتعاش

دفء الش

ياء؛ ، وامليالد، والظالم، والض

واملوت

ء

الباكة

، رعش ستفيق ملء رو�ي

تف

الامسء

عانق ت

ة وحشي

ونشوة

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؟! هو إذن مظلوم... وأي ظمل ا ؟! وكيف يكون من حفظ القرآن صغ�ي

يكون الصغ�ي شيخا

بة والقفطان؟! ي العمة واحلبض

ه �ض حق ال بينه وب�ي

من أن �ي

أشد

لظمل م ح�ت س�ئ لقب الشيخ، وكره أن يدع به، وأحس أن احلياة مملوءة �ب وما هي إال أ�ي

م من ئب واال

ئمومة ال تع� اال

ئبوة واال

ئنسان يظمله ح�ت أبوه، وأن اال والكذب، وأن االإ

داع. الكذب والعبث واحلض

نفس ئال ا اكن �ي �ش مل يلبث شعوره هذا أن استحال إىل ازدراء للقب الشيخ، وإحساس �ب

شياء. ئأبيه وأمه من الغرور والعجب. �ش مل يلبث أن نسي هذا لكه ف�ي نسي من اال

ي التاسعة من العمر؟ وملاذا؟1ض

ي � اذا دعي الاكتب وهو ص�ب �ب

به اللقب وملاذا س�ئ منه بعد ذلك؟2 هل أعب

لظمل؟3 كيف اكن موقفه من والديه وملاذا شعر �ب

مك!4 رت اه�ت ي أ�شث عن أسلوب الاكتب واذكر بعض التعاب�ي ال�ت

د

ت�

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44

13

ض طه حس�ي(1973-1889)

ي الصعيد ض

ي قرية �ض

بية. ولد � ز دعاة حركة التنو�ي العر ي احلديث ومن أ�ب دب العر�بئمعيد اال

�ش انتقل إىل ي كتاب القرية أوال

ضي الرابعة من معره. درس �

ضاملرصي وفقد البرص وهو �

ا امعة املرصية فدرس ف�ي ض إىل احلب زهر واكن أول املنتسب�يئي جامع اال

ضالقاهرة حيث درس �

ادة الدكتوراة �ش أوفد إىل سالمية واللغات حصل عىل �ش العلوم العرصية واحلضارة االإ

ي وأصبح دب العر�بئادة الدكتوراه الثانية. رجع إىل مرص ودرس اال ريس وحصل عىل �ش �ب

ضة الفكرية والتنو�ي والتجديد بية. دعا إىل ال�ض مع اللغة العر حملب لملعارف ورئيسا

ا وز�ي

النتقادات العنيفة �ت �ب رأة ورصاحة ومل �ي ب خرى. عرض آراءه �بئواالنفتاح عىل الثقافات اال

ي د�بئمال أسلوبه اال ب ورة تعل�ي الفتيات. عرف �ب جانية التعل�ي ورصض دى �ب ت إليه و�ض ي و�ب

ال�ت

” املث�ي للجدل، “دعاء الكروان”، “حديث اهىلي ي الشعر احلبض

ر أمعال “� ومعق أفاكره. من أ�ش

ة ذاتية عذبة وصادقة م” وهي س�ي �يئي العالء” ورائعته “اال ديد ذكرى أ�ب ب

تي �

ضبعاء”، “� ر

ئاال

ي العمل وسيهلت للخالص ض

وكيف وجد �ا �ي رصض

ا تفاصيل حياته منذ أن اكن طفال وصف ف�ي

بداع واحلياة. الإ ء �ب ق مىلي من عامل موحش مظمل وللوصول إىل عامل م�ش

م �يئاال

نه حفظ القرآن، ومن حفظ ئ وإن مل يتجاوز التاسعة ال

منذ هذا اليوم أصبح صبينا شيخا

، وتعود شيخنا أن ، ودعته أمه شيخا

و شيخ همما تكن سنه. دعاه أبوه شيخا

ضالقرآن �

مور. فأما ئمر من اال

ئضاه ال يد أن ي�ت ض �ي �ض عنه، أو ح�ي ض �ي أمام أبويه، أو ح�ي

يدعوه شيخا

يفا

ض�

ا ي قص�ي لواد”. واكن شيخنا الص�ب ا دعاه “�ب مسه، ور�ب ف�ي عدا ذلك فقد اكن يدعوه �ب

م حظ قليل و ما، ليس ل من وقار الشيوخ وال من حسن طلع�تض

زري اهليئة عىل �شاحبا

ا ذا اللفظ الذي أضافاه إىل امسه ك�ب ه �ب جيده وتكب�ي

ت. واكن أبواه يكتفيان من � أو كث�ي

مر، لكنه اكن ينتظر ئي أول اال

ضبه اللفظ � إليه. أما هو فقد أعب

ببا

ت به وال �

ال تلطفا

با ما وعب م�ض

، فيتخذ العمة حقا

آخر من مظاهر املاكفأة والتشجيع. اكن ينتظر أن يكون شيخا

شيئا

مل العمة أو أن نه أصغر من أن �يئبة والقفطان. واكن من العس�ي إقناعه �ب ويلبس احلب

ي القفطان... وكيف السبيل إىل إقناعه بذلك وهو شيخ وقد حفظ القرآن؟! وكيف ض

يدخل �

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43

. وضع أمامي طبق من هذه د الكسكسي مثىلي تعويقيا يتعب إفر ها

لك أ

�ي لوال أن ال�ش

رب” وبعد ا أي مأ ي ليس ىلي ف�ي

ا حول الشوكة “ال�تي كيفية ل�ض

ضت � عاب اللذيذة واح�ت الب

اعة كته إىل محب ي ف�ت�ت ي مثل ح�ي

ضي فوجدته � ان�ب ب س واكن �ب الدرس والفحص سألت املدر

، وحلما

لكون بقوال

ئم �ي ي - وجد�ت

لقرب منا - ولسوء حىطض ض اكنوا عىل مائدة �ب يطالي�ي من االإ” وما وضع الصحن أمامه ح�ت ي

افظ” مسعته يطلب “السباق�ت

“حموحان الفرج بقدوم إيطاىلي

ي حركة ض

مللعقة � عاب عىل الشوكة �ب الب

ي ي�اه ملعقة وأخذ يلفض

ناه شوكة و�ي �ي

ضأخذ �

ده وملكا أدرت قل

ق. أخذت أ ي حركة ال�ب

ضه �

ضا إىل � ا لقمة بعث �ب ن م�ض رشيقة ح�ت كو

كت املقرونة إىل طبق فاصوليا �تا : وأخ�ي

عا وتفر

با عاب تشع ي امللعقة زادت الب

ضالشوكة �

هكا إىل لكهت املقرونة �ت زرق عن أئشار دليهل اال

ه بعد أن است

س فإن ي عىل الهل. أما املدر

تورز�

ي ال تدخل الفم. بيب ال�ت �ض

ئع هلذه اال

�ت ض طعمة وهو يلعن احملئها من اال غ�ي

ن املدن

غلبية الساحقة من ساكئند - ومه اال طة واحلب ض ال�ش ي املدينة ب�ي

ضلنا بعد الظهر � و ب

ت�

من رجال البوليس - وعيناي ال عددا

ثيل النحاسية وهي أقل ض ال�ت يطالية إذ ذاك وب�ي االإ

عندما وطئت

ر وما هدأ روعي إال

ض إىل آخ ع غضبه من ح�ي . وأ�ض متوق ج

ئاكن اهلا� فارقان ال�ب

ت

ليج وأ�ض أمحد الهل عىل السالمة. عد�ض إىل ي وبينه احلضالباخرة وجعلت بي�ض

قدماي سمل

س إىل الباخرة وعادت امرأة الدكتور إىل سؤال النوتية عن ميعاد قيام الباخرة وعاد املدر

وف. ض ان الف�ي

ان الباخرة ودخ

ض دخ بوىلي ب�ي ملعروف. غادر�ض ميناء �ض مر �بئالتدريس واال

مرأة ض نبتعد عنه - وإذا �ب ن الذ�يض

� �ئوبي�ض أ�ض أنظر إىل امليناء وهو يبتعد عنا - أو عىل اال

ي �ضئا �ب أمعل به؟ أجب�ت

قل

ئبيحه أو عىل اال

د الزوجات وهل أ

عد

ي ت

ضي عن رأي �

الدكتور تسأل�ضي عزمت عىل البقاء

وأ�ض التغ�ي

ي حول هذا املوضوع لك فت بسيدات مثلها تغ�ي رأ�ي منذ تعر

ية تلو تطف املوضوع من شفاهنا فصار يطرح النظر

س واخ ب منا املدر�تأعزب وهنا اق

ي إىل غرفة املائدة ال�ت

جها ق من أجاب” مت

كت “أحسن من سأل” إىل “أوث خرى. ف�ت

ئاال

” يل أطباق العشاء طبق “السباق�ت أو

عندما وجدت أن

�ي عظ�ي

ئا واكن �ي شت ع�ض

طاملا فت

.”! ي ض “حاشا نعمة ر�ب اللع�ي

ا؟1 اك�ض بوىلي و�ب كيف وصف الاكتب مدينة �ض

ا عند تناول طبق املقرونة؟2ض

ي صاد�ت ال�ت كيف وصف الاكتب الصعو�ب

ملاذا قرر الاكتب أن يب�ت أعزب بعد تعرفه عىل امرأة الدكتور؟3

ي تدل 4مل والتعاب�ي واملواقف ال�ت لسخرية اذكر بعض احلب ض أسلوب الاكتب �ب يتم�ي

عىل ذلك.

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42

بته. ]...[راق ف �ب

تنا وحارس املتحف والضابط امللك

ي أقل

وتوبيس” ال�تئ“اال

ي بالده همنة ض

ف ��ت يته “احلامض” وهو �ي ي رحلتنا هذه رجل مس

ضل “املعارضة” �

ث

واكن �ي

ي ض

ر الباخرة أو � معنا حي�ش وجد�ض سواء عىل �ض ب ه �يا إىل درجة أن �ب

التدريس. وهو متأ�ش

زرق” الذي ال يفارق يده ئ يستوحيه من كتاب “الدليل اال

انيا حمب

ي علينا درسا

غرفة املائدة ليل�ت

ى صنعه ء. و�ي يلت ل نفسه إفادتنا بسش من سو

ته. واكن يعارض لك ي جيب س�ت

ضي �

إال ليخت�ض

ي تقش�ي ض

سلوبه � أ

إن

دم عىل املائدة قائال عية: فاكن يعارض رئيس احلض هذا مزامحة غ�ي �ش

ن وقود الباخرة. واكنت أشد شثنا عن كيفية س

ض إذا حد اد�ي

البطاطا عق�ي ويعارض رئيس الوق

ء. فالويل هلم من هذا الرجل الذي ال يبيح لدليل أن يقول شيئا

دال

ئت معارضته مع اال نو�ب

صلع. ئويه رأسه اال زرق أو ال �ي

ئيهل اال ب

ضي إ�

ضر �

مل يذك

ر كب�ي ته حب ي وا�بض

” بيت � ي با�ي ي إحدى منعطفات “�بي معارضاته، ف�ض

ض�

واكن يصيب أحيا�ض

ا امرأة ث متساوي الزوا�ي ومطرقة. وف� دليلنا هذه الرموز بعد أن سألته ع�ضقش عليه مثل

ن

ل املطرقة. وهذا دليل قاطع ث

ر �ي

خ

آث والشلك اال

ل املثل

ث

ث �ي

املثل

ن

ئ، �ب

الدكتور، طبعا

حرار ال�ية” “لذلك ئض اال عية البنائ�ي ي “محب

ض” القدماء منخرطون � ي با�ي ن “�ب

ساك

عىل أن

البيت ال بد

ث وهذه املطرقة احلجة “الدامغة” عىل ذلك. وزاد أني هذا املثل

ضالعرص”. و�

ة “دامغة” ته حب ي ذلك العرص” واحلجر املنقوش من وا�بض

�“ ” “ماسونيا

يكون حمفال

أن

عىل ذلك.

تان. ور و�ب

ور!. هذا ز

تان وز م وساق”. وصاح: هذا �ب

س “عىل قد هنا قامت معارضة املدر

املاسونية اكنت

“دامغة” عىل أنجا ي احلجر واملطرقة حب

ضى � زرق. وال أ�ض �ض

ئفال الدليل اال

ي ذلك العرص.ض

معروفة �

“املطرقة واحلجر

عىل أنكنا هذه املرة أيضا

ضي �

ضشاركنا �

والعجيب أن امرأة الدكتور مل ت

املطرقة واحلجر املنقوشة

بساطة أن

ا بلك ر�ت ي مذك

ض�

ط ض جج دامغة” بل أخذت �ت ليسا �ب

” القدماء لملاسونية. ي با�ي جج “دامغة” عىل معرفة أهل “�ب عليه ليسا �ب

بوىلي الرجوع إىل �ض

بع ي ضاقت �بي إيطاليا ال�ت

ضا غ�ي مسكونة � ي غ�ي املسكونة - والعجيب أ�ض با�ي غادر�ض مدينة �ب

ا. سة قرون عن أرض يسكنو�ض شون منذ محض ض يفت ض الذ�ي يطالي�ي االإ

ي مطعم القديسة “لوتشية” والقديسة ض

ينا �

بوىلي حيث تغد ” إىل �ضاما

ترجعنا عند الزوال “�

زرق وح�ت امرأة الدكتور ئيهل اال ب

ض� إ س �ب وال الدليل وال املدر

ا شيئا “لوتشية” ال أعرف أ�ض ع�ض

ق و مطعم أنيق �بض

ة” � � هذه القديسة “الكر�ي ا وأما املطعم املسم �ب ت السؤال ع�ضلأغف

.اة العامل

ض � وبه أهمر من طبخ “املقرونة” ب�ي

يطاىلي ا - وأحسن دعاية للفن االإ - حسب ما يقولون ع�ض

لكهت لذيذة جدا يطالية أ واملقرونة االإ

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12

ي عىلي الدوعا�ب(1949 -1909)

ي تونس من عائهلت ض

دب الساخر. ولد �ئي الثالثينيات ورائد اال

ضدب التونسي �

ئأحد دعا�ئ اال

ن ثقافته االدبية وكوا ك املدرسة صغ�ي بته أمه لكنه �ت ي والده وهو طفل فر

ضية. تو� جواز �ب

ه بعض النقاد أ�ب للقصة التونسية بدون . اعت�ب ض ر كبار الكتاب العرب والغربي�ي طالعة آ�ش �ب

ض ء املتمرد�ي د�بئت كبار الكتاب واال ي مصض

ت السور” ال�تت

اعة � سيس “محبئ ي �ت

ضمنازع. شارك �

ي لك فنون ض

من املؤلفات �ا كب�ي

ذلك أنتج امك

ض ور�

ي شا�ب

ضضمت. تو� هل وال�ت بوا احلب ض حار الذ�ي

للهجة ة ونظم الشعر �ب الكتابة، فقد أصدر جريدة ال�ور الساخرة وكتب القصة القص�ي

ثيلية تك�ش من ألف � . ل أ

اكرياكتور�ي أيضا

ورساما

م�حيا

العامية التونسية امك اكن اكتبا

ت ت

” و“� جموعته القصصية “�رت منه اللياىلي ر �ب امسئة قصيدة زجلية، اش�ت إذاعية ومحض

وي ت البحر املتوسط” وفيه �ي ض حا�ض موعة نصوص �فية وكتابه “جولت ب�ي السور” وهي حمب

م، ومنه هذا النص الذي ئ البحر املتوسط وانطباعاته عن الناس وحيا�تض

ض مرا� رحلته ب�ي

ا مع وصف يبة م�ض ية القر �شئيطالية ومدينة بومباي اال بوىلي االإ رته ملدينة �ض يتحدث فيه عن ز�ي

يفة. ساخر لبعض زمالء الرحهلت وملا صادفه من حوادث طر

بوىلي �ضاكن دا�ئ الغضب وف” وهو �ب ض اكن “الف�ي ت رمحة الهل �ش رمحة �ب

تيهلت تقع � ” مدينة محب بوىلي “�ض

ب والهل ال �ي

الثمن جدا ي غالية

ض� يطالية ن السجا�ئ االإ

يدخ . ال أظنه ض التدخ�ي دا�ئ

. ض امل�ف�ي

م النظامية ية وال عدد أسئل�ت � عدد مالب�م العسكرلنا من السفينة فاقتبلنا جند ال �ي ض �ض

.

الهل عز وجل

إال

اكت السياحة. ة وامس�ة �ش امحب ء وال�ت

دالئتبلنا جند اال

كنا امليناء إىل مركز املدينة فاق و�ت

ردة وقادو�ض إىل مكتب واسع م غنيمة �ب ون م�ض ض م أخذ�ض الفا�ئ وبعد مشاحنة عنيفة بي�ض

منا.

يدفهعا لكي” إيطاليا ض “ل�ي �ي ية مقابل ع�ش �ش

ئ” اال ي با�ي رة مدينة “�ب نوا لنا ز�ي وهناك مصض

ا يد م�ض بندلس” واكن ال �ي

ئطن الفرنسية املستعمهلت عند “بقر اال �ي

بتنا دليال

ي �

ضوأرسلوا �

” هو من ذلك العرص ح�ت ي با�ي ي “�بض

اه عيناك � ما �ت

إال عبارة “من ذلك العرص” فلك

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ت قلوب ئكسبه هيبة وعظمة مال ر صوته عن قبل فأ لدم وقويت أعصابه اهلزيهلت و�ب ه �ب و�ب

. فأصبحوا اليوم يعتقدون أنه رجل غ�ي عادي، رجل اختاره الهل ليبثحمبيه رهبة وجالال

م بي�ض ف�ي الناس امست رض من مفاسدها. و�تئالناس ويطهر اال ض سالمية ب�ي الدعوة االإ

قدام ئاال ي

ضاحلا� اهلزيل متوىلي � واخت�ض شبح الرجل هذا أمر ي

ض� يتشاورون وجعلوا

صاحب عظم ئاال الدرويش أماهمم

وحل الكتان واحلزام املمزق لباب احلب صاحب

ي قدميه ض

وهمابة. من يملع �ت أقدامه إجالال

ترض �

ئضت اال الكرامات، من إذا خطر اه�ت

ق نور اهلدى والصالح من محر ومن تناطح الامسء معامته البيضاء النظيفة. من ي�شئالنعل اال

: أال يكون هو املهدي ض قائال خر�ي

آي آذان اال

ضحليته الليفية الصفراء. ]...[ هس أحد الناس �

ي صندوقه وملا ملسته بيدي استطعت ض

سالم؟ لقد شاهدت سيف النبوة � أرسهل الهل لنجاة االإ

ي ولدي الذي اكن عىل شفا اهلالك. أن أش�ض

ي ذلك الوقت مر � متوىلي من ض

هة من الزمن. ]...[ و� فئدة �بئفعم السكون واختلجت اال

ا الت�ت والورع نحهم ابتسامة عذبة يتجىل ف�يض

بصارمه فيه �ئمع وأحدقوا �ب أماهمم فانفرج احلب

م أمامه وجعلوا يقبلون يديه وأطراف مطرفه وجلبابه. ]...[ ومنذ ذلك الوقت فأحنوا هاما�ت

رته ي حبض

ي أغلب وقته �ت أحالمه وخياالته فأصبح يق�ض ى � متوىلي ذهول معيق وك�ش اع�ت

ت . لقد قل ض ي وجه املردة والشياط�ي

ضعداء بسيفه القد�ي ويرصخ من أمعاق قلبه �

ئارب اال �ي

سلون إليه ارب اهلواء. فاكنوا �ي رته يعبد الهل و�ي ي حبض

ض بك فاعتكف � رته لقرص نور الد�ي ز�يت جنونه. ي نوبة من نو�ب

ضجل احملتوم �

ئمره إىل أن وافاه اال

ئي �ب

م ل الطعام ويعت�ض

من يقد ا �ي ض بك رصض يع أتباعه وحمبيه. وب�ض ل نور الد�ي حتفال هائل وباكه محب وشيعوا جنازته �ب

به. اك ذا قبة عالية ت�ب

ما ض �ض

الناس إليه ج ت

� الرمحن أولياء من وليا ي

السودا�ض والفول اللب ئع �ب متوىلي � وأصبح

مراض أجساهمم ونفو�م.ئاستشفاء ال

صف � متوىلي كبائع متجول �ش كدرويش.1

ض بك؟2 ضل نور الد�ي ملاذا دعي إىل م�ض

؟3 ما التغ�ي الذي طرأ عليه؟ وما سبب هذا التغ�ي

ايته؟4 ؟ وكيف اكنت �ضا إىل من حول الناس أخ�ي

بتك.5 ي أعبلوصف. استخرج من النص بعض الصور الوصفية ال�ت ر الاكتب �ب اش�ت

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. ولكن را م تقدح �ش فتوقف احلضطيب وحول الناس نظرمه إىل الف�ت اللعوب املهذار وعيو�ض

اث وقال لعم متوىلي بلهجة ه ابتسامة عدم االك�تض

مل عىل � رأة وهو �ي ب م �ب

اه�ي تقد إ�ب

اد: احلب

. يي الداخل فأرجوك أن تتبع�ض

ض- سعادة والدي يطلبك �

ره قفته عىل �ضميع هلذه املباغتة غ�ي املنتظرة وخرج � متوىلي من احللقة حامال فأسف احلب

التفت إىل إخوانه �ش سح حليته �ي اهلادئة وهو ي مشيته سش �ي الباب و

ضه � ب

توا� املهعودة

وتالمذته وشيهعم بنظرة العطف.

جوها ئال سقة وظالل وارفة �ي ار �ب ب

شدخل � متوىلي حديقة القرص فوجدها واسعة ذات أس

ضل ا رب امل�ض ي �بي يعت�ض

جس ال�ت ض وال�ض ات الورد والفل واليامس�ي �ي بش

يل منبعث من س عطر محب

ي عند ين�ت

واسعا

يقا طر

قا �ت اه�ي بك حمض . سار خلف إ�ب ض ح�ي لزهور والر�ي لغرامه �ب

صيا ض ش

س

ض بك عىل مقعد واسع ي ذلك املاكن مكث نور الد�يض

ي )السالملك(. � ار�ب و احلض درجات ال�ب

ض اكن � وقبل يده ]...[ وخ�ي مصت قص�ي عىل االثن�يا

قد�ي ]...[ فأقبل عليه � متوىلي مسمل

ض بك ” �ش تملك نور الد�ي ي دد أثناءها بصوت خافت ملكة “الهل أو الصالة عىل الن�ب متوىلي �ي

طناب واملد�ي فيه أن السيدة الوقورة والدته ئال ها �ب

ئة مال فأخ�ب � متوىلي بعد مقدمة قص�ي

ه ض ض وودت أن تسمع منه أحاديثه وتوار�ي لد�ي قه �ببت بصفاته وأخالقه وتعل ه فأعب �ب ض مسعت �ب

هة من الوقت. ]...[ تقدم � متوىلي وقبل يدها النحيهلت ودعا اللذيذة فطلبت أن يسامرها �ب

يبة وأهدته لس عىل إحدى الوسادات القر ب . فأمره البك أن �ي �ي ة احلض هلا بطول العمر وك�ش

ت � متوىلي . وتملكت السيدة فأخ�ب يا فأشعلها واستمرأ طعمها ال�ش السيدة لفافة من لفائ�ض

ه سالم ماضيه وحارصض ض االإ ر�ي ض و�ت يد أن تسمع منه حديث الد�ي ا �ت رآه وأ�ض ا م�ورة �ب أ�ض

. �ش رفع ليهلت ي فكره خواطره العميقة احلبض

فض الرجل برصه وأخذ يستجمع � ض ومستقبهل. �ض

مة ا عنده بلسان طلق وفصاحة �ت عىل نبيه. وابتدأ يفيض �ب

رأسه ومحد الهل وشكره وصىل

فاضة الإ �بيعه، واعدا حديثه محب ا فأنصتت ل بشغف زائد ح�ت أ�ت خلبت السيدة وأدهش�ت

ي حياته. أخذه بعد ض

مل به � مل يكن �ينحته السيدة ما تي� من النقود، مبلغا

ضي وقت آخر. �

ض�

لص. ومحل قفته بعد أن قبل دد وهو يدعو للسيدة دعوات صاحلة خارجة من قلب حمض �ت

و الباب.]...[ ومنذ ذلك اليوم و� متوىلي يقصد ض

� ض بك وسار متمهال ا نور الد�ي يدها ويد اب�ض

غدق عليه النعمة الوافرة. فتغ�ي حال حيب واالإجالل وت ل�ت ا �ب ض بك ويقابل ف�ي دار نور الد�ي

” بعد أن اكن من الفقر إىل السعة ومن التعب إىل الراحة. ]...[ صار � متوىلي “درويشا

رته ي حبض

ياة النوم والصالة � ي احلارات والعطفات �بض

. فاستبدل حياة التجول املتعبة �ئعا �ب

رشاد رصض دروس الوعظ واالإ وقات و�يئي بعض اال

ضاهلاوية. واستطاع أن يذهب إىل املساجد �

ض بك. ا عىل مسمع من اهلا�ض والدة نور الد�ي ليلق�ي

ئا يد املتاعب والفاقة فامتال ي لعبت �ب

د � متوىلي بعض �ته املفقودة وعافيته ال�ت اس�ت

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حممود تيمور(1973 -1894)

ي ي �ي شع�بض

. ولد �ة واكتب م��ي أيضا بية القص�ي أديب مرصي من رواد فن القصة العر

ديب املعروف. درس ئتيمور اال خيه حممد

ئ�ب �ش

ئ �ت يقة. ي عائهلت عرض

ة ونشأ � القد�ي لقاهرة �ب

ملدارس املرصية �ش سافر إىل سوي�ا للعالج من مرض أصابه وهناك أتيحت ل فرصة �ب

ض عية. يتم�ي لرومانسية �ش انرصف إىل الواقعية االج�ت ، فتأ�ش �ب ض الفرنسي والرو�ي دب�يئدراسة اال

دبية ئة وامل�حية والبحوث اال ل القصة القص�ي لغزارة والتنوع؛ فقد مسش إنتاج حممود تيمور �ب

،” ”، “فرعون الصغ�ي ره: “� متوىلي ي عذب. من أمه آ�شوالدراسات اللغوية. أسلوبه وص�ض

ر ت” و”� ف�ي ”، “نبوت احلض ليىلي ي خان احلض

ضا � �ت ”، كيلو�ب ض ب�ي هول” “مكتوب عىل احلب نداء احملب

ب”. حنة عب

� متوىلي أو املهدي املنتظر

ة وحارة ئع متنقل يعرفه ساكن احلملية القد�ي ي واللب واحللوى �بئع الفول السودا�ض � متوىلي �ب

ره قفته العتيقة احلاوية مل عىل �ض محر. �يئكة الفيل وشارع الدرب اال ة �ب نور الظالم و�ب

ا طفال أصناف تلك البضاعة بلهجة تغلب عل�يئافت يعدد لال لبضاعته وينادي بصوته احلض

تبة قائد فرقة. ض �ب ي صفوف املهدي�يض

ي السودان وحارب �ض

هلجة أهل السودان. نشأ الرجل �

ي احلارات بعمامته البيضاء ض

طر � ض ي نفسه تعلوه اهليبة أي�ض سار وأي�ض حل. �يض

و عظ�ي �ض

امكم، يصيح بصوت قد أضعفته الشيخوخة والفقر ئالواسع اال بيض

ئالطويهلت وجلبابه اال

ء والعظمة.]...[ �ب ولكنه صوت الرجل ذي االإ

وار الباب اكملعتاد فأخذ ب ض بك وجلس �ب ضل نور الد�ي م مل�ض �يئذهب � متوىلي عرص يوم من اال

وطاب. وملا

لذ ما ي من بضاعته تش�ت إليه رع طفال �تئاال حول وأخذت

يلتف مع احلب

مع وقف � متوىلي وقفته املهعودة وأخذ ي�د بفصاحة وبيان كتملت احللقة وانتظم احلب ا

لء فيه اه�ي بك وصاح �ب خطابته أقبل إ�ب ي واملستقبل. ولكن قبل أن ي�تحوادث املا�ض

...؟ ال متوىلي : �ي ج�ضقائال

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ض ينشدون ي كؤوس جديدة، ومه شعراء الفطرة الذ�يض

ض يسكبون أروا�م � مه الشعراء الذ�يالعتا�ب واملع�ض والزجل.

ات ي سواعدمه، ويعودون إليه وخ�يض

م والعزم � ي قلو�بض

ض يغادرون لبنان واحلماسة � مه الذ�ياكليل الغار عىل رؤو�م. م وأ ك�ض ي أ

ضرض �

ئاال

م أي�ض وجدوا. تذبون القلوب إل�ي ب ض يتغلبون عىل حميطهم أي�ض حلوا و�ي مه الذ�ي

ي قصور العمل، هؤالء مه أبناء لبنان. هؤالء مه ال�ج ض

وتون � كواخ، و�يئي اال

ضض يولدون � ومه الذ�ي

ح، وامللح الذي ال تفسده الدهور. ا الر�ي ي ال تطف�ئال�ت

مال والامكل. و احلقيقة واحلبض

بتة � قدام �شئون �ب هؤالء مه السا�ئ

وماذا عس أن يب�ت من لبنانمك وأبناء لبنانمك بعد مئة سنة؟

فظ سبون أن الزمن �يت

كون للغد سوى الدعوى والتلفيق والبالدة؟ هل � ، ماذا ت�ت يو�ض أخ�ب

داع واملداهنة والتدليس؟ كرته مظاهر احلض ي ذاض

ي جيوبه أشباح املوت وأنفاس القبور؟ ض

زن � ض ث�ي �يئأتظنون أن اال

: إن رق البالية؟ أقول لمك واحلق شاهد عىلي حلض أتتوهون أن احلياة تس�ت جسدها العاري �ب

يع أمعالمك ومآتيمك، واحملراث ب�ت من محبئي سفح لبنان ال

ضي يغر�ا القروي �

نصبة الزيتون ال�ت

ف وأنبل من لك أمانيمك ومطاحممك. �شئي منعطفات لبنان ال

ضره العجول � ب

تي الذي � احلضش�ب

طول معرا

ئض هضبات لبنان ال : إن أغنية جامعة البقول ب�ي

�ي الوجود صاغ إىلي أقول لمك ومصض

ر بينمك. �ش م �ش ض من لك ما يقول أوجه وأ�ض

ازي منمك ض �ئ ء لتحول امسش يء. ولو كن�ت تعملون أنمك لس�ت عىل �ش ي

أقول لمك: إنمك لس�ت عىل �شإىل شلك من العطف واحلنان، ولكنمك ال تعملون.

. يلمك لبنانمك وىلي لبنا�ض

لفقاقيع الفارغة، أما أ�ض م، إن استطع�ت االقتناع �ب لمك لبنانمك وأبناء لبنانمك فاقتنعوا به و�ب

ي اقتناعي عذوبة وسكينة وطمأنينة.ض

ي وأبنائه و�قتنع بلبنا�ض

ض�

بتك وملاذا؟1 ما أعب ض للبنان أ�ي طرح الاكتب رؤيت�ي

ما.2 بناء “لبنانمك” وقارن بي�ضئض ال ” وصفت�ي ي

بناء “لبنا�ضئض ال اذكر صفت�ي

ي تدل عىل ذلك.3مل ال�ت به للطبيعة استخرج من النص بعض احلب ان �ب ر ج�ب اش�ت

ا.4 استخدم الاكتب املتناقضات للتعب�ي عن فكرته اذكر بع�ض

ي أذن الفضاء” 5ض

رض �ئم�ا اال ي النص صور شعرية مثل “ ملكة علوية �ت

ض�

حه. ا وا�ش استخرج بع�ض

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. ض ي مستشفيات الغربي�يض

ض ولدت أروا�م � مه الذ�ي

. ي ثل دور أر�ي ي حضن طامع �يض

ض استيقظت عقوهلم � مه الذ�ي

ي ض

تعش � ض وإىل اليسار، ولكن بدون إرادة، و�ت يل إىل اليم�يتي �

مه تلك القضبان اللينة ال�ت

تعش. ا �ت ا ال تدري أ�ض ي املساء، ولك�ضض

الصباح و�

دد وأما ا فال�ت �ض اع، أما ر�ب مواج وهي بدون دفة وال �شئي تصارع اال

مه تلك السفينة ال�ت

ي أورو�ب هكفا للغيالن؟ ض

ميناؤها فهكف تسكنه الغيالن- أو ليست لك عامصة �

. جض

فر� رسان أمام االإ م لدى بعض، والضعفاء احلض شداء الفصحاء البلغاء، ولكن بع�ضئمه اال

مه، واملنقادون الرجعيون م وفوق منا�ب ي ��ضض

حرار املصلحون املتحمسون، ولكن �ئمه اال

. ض أمام الغربي�ي

، وعدومه القد�ي لصنا من عدو�ض الطاغية القد�يت: لقد � ض ض يضجون اكلضفادع قائل�ي مه الذ�ي

ي أجسادمه. ض

ئ � ت�ب ض ح �ي الطاغية ما�ب

ول ت

، ح�ت إذا ما التقوا موكب العرس � ض ض راقص�ي نازة مزمر�ي ون أمام احلب ض يس�ي مه الذ�ي

ثواب. ئمه إىل نواح ورق�م إىل قرع الصدور وشق اال م�ي ض �ت

ي ض

اعته � م، فإذا ما التقوا من اكنت حمب ي جيو�بض

اعة إال إذا اكنت � ض ال يعرفون احملب مه الذ�ي

. خيهلتئي عامل اال

ض: ما هذا سوى خيال يس�ي � ض ولوا عنه قائل�ي

تكوا منه و�

ضروحه �

م أصبحوا م قيودمه املصدأة بقيود المعة فيظنون أ�ض �يئض تبدل اال مه أولئك العبيد الذ�ي

. ض مطلق�يأحرارا

ي ارتفاعه ض

ور لبنان أم النبل � ي �ضض

ثل العزم � م من �ي ل بي�ضض

هؤالء مه بعض أبناء لبنانمك، �

كت م من يتجرأ أن يقول: إذا ما مت �ت ي هوائه؟ هل بي�ضض

ي مائه أم العطر �ض

أم العذوبة �

ي م من يتجرأ أن يقول: لقد اكنت حيا�ت امم وجدته عندما ولدت؟ هل بي�ض

ي أفضل قليال

وط�ض

ض أجفانه أو ابتسامة عىل ثغره؟ ي عروق لبنان أو دمعة ب�يض

قطرة من الدم �

! يي عي�ض

ضي عيونمك وما أصغرمه �

ضمه � ك�ب ا أ

ضهؤالء مه أبناء لبنانمك، �

: يريمك أبناء لبنا�ض

ئ وانظروا ال

ولكن قفوا قليال

. ض ولون الوعر إىل حدائق وبسات�ي ض �ي مه الفالحون الذ�ي

ا ض

م من واد إىل واد فتنمو وتتاك�ش وتعطيمك حلوهما غذاء وصو� ض يقودون قطعا�ض مه الرعاة الذ�ي

رداء.

.مر دبسا دون احلض

ويعق

را ض يعرصون العنب محض مه الكرامون الذ�ي

. ي يغزلن احلر�يهمات اللوا�ت

ئبون أنصاب التوت، واال ض �ي ء الذ�ي �ب

آمه اال

ار. ض

معئمعن اال ب ي �ي

صدون الزرع، والزوجات اللوا�ت ض �ي مه الرجال الذ�ي

جراس والنواقيس. ئمه البناؤون والفخارون واحلائكون وصانعو اال

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ي لذئب، أما لبنا�ض تمع �ب ب ي الضبع والضبع حي�ض �ي

لبنانمك حيهلت يستخدهما الثعلب عندما يلت�ت

ض البيادر ي الصبا�ي ب�يي اللياىلي املقمرة وأغا�ض

ضج الفتيات � فتذاكرات تعيد عىل مسمعي أهاز�ي

واملعارص.

لروح عندما عبد أدخهل �بض

ي �ض وقائد جيش، أما لبنا�ض ض رئيس د�ي ج ب�ي

ضلبنانمك مربعات شطر�

ة عىل الدواليب. النظر إىل وجه هذه املدنية السا�ئ

أمل

ي فرجل فرد متكئ عىل ساعده ا، أما لبنا�ض لبنانمك رجالن: رجل يؤدي املكوس ورجل يقب�ض

ء سوى الهل ونور الشمس . يرز وهو منرصف عن لك �ش

ئي ظالل اال

ض�

م�ا ي ففكرة بعيدة وعاطفة مشتعهلت وملكة علوية �تارة، أما لبنا�ض ب

تيد و� ئ و�ب

ضلبنانمك مرا�

ي أذن الفضاء.ض

رض �ئاال

وحمكة الهكولت وعزم الشباب فتأهب ي لبنا�ض أما ون، ومد�ي ومعال موظفون لبنانمك

الشيخوخة.

للها ب ي ليال تغمرها هيبة العواصف و�يض

جالس حول املواقد �ض

ي �ان أما لبنا�ض لبنانمك وفود وحلب

�ر الثلوج.

داول ويقذفون كضون مع احلب ي فصبية يتسلقون الصخور و�يلبنانمك طوائف وأحزاب أما لبنا�ض

ي الساحات. ض

كر �ئاال

، وحفيف أغصان احلور ي فتغريد الشحار�يات ومناقشات أما لبنا�ض لبنانمك خطب وحمارصض

ي املغاور والهكوف. ض

ت � ن، ورجع صدى النا�ي والسند�ي

ي رداء من التقليد ض

ئ � ت�ب ض ء �ي تجب وراء نقاب من الذاكء املستعار ور�ي لبنانمك كذب �ي

ها ي حوض ماء ما رأت غ�ي و�بض

ية إذا نظرت � قيقة بسيطة عارض

ي �والتصنع، أما لبنا�ض

اهلادئ ومالحمها املنبسطة.

ا ي أ�ار احلياة وهي ال تعمل أ�ضض

ي ففطرة �، أما لبنا�ض ي دفا�ت

ضلبنانمك بنود عىل أوراق، وعقود �

ي منام. ض

ل الغيب ويظن نفسه � ي اليقظة أذ�يض

تعمل، وشوق يالمس �

ي فف�ت ض عينيه، ال يفكر إال بذاته، أما لبنا�ض لبنانمك شيخ قابض عىل حليته، قاطب ما ب�ي

ج، ويبت� اكلصباح، ويشعر بسواه شعوره بنفسه. ينتصب اكل�ب

ض معقود تال عىل طرفيه ليكون ب�ي ا آونة، �ش �ي عن سور�ي ويتصل �ب لبنانمك ينفصل آ�ض

ي فال يتصل وال ينفصل وال يتفوق وال يتصاغر. وحملول، أما لبنا�ض

ي لمك لبنانمك وىلي لبنا�ض

ي وأبناؤه. لمك لبنانمك وأبناؤه، وىلي لبنا�ض

ى أبناء لبنانمك؟ ومن مه �ي �ت

م. ريمك حقيق�تئة ال أال فانظروا هن�ي

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ان ان خليل ج�ب ج�ب(1931 -1883)

ء بية وأد�ب ضة العر رة عاملية واسعة. أحد أمه كتاب ال�ض ي ذو �ششاعر واكتب ورسام لبنا�ض

ل لبنان، ي امسش ي بلدة ب�شض

ي احلديث. ولد � دب العر�بئض اال ر�ي ي �ت

ضك�ب اكتب رمزي � املهجر وأ

دبية. عاد إىل ئته اال هاجر وهو صغ�ي مع أمه وإخوته إىل أمرياك حيث درس الفن وبدأ مس�ي

ا ي ف�ية بباريس �ش رحل إىل نيويورك وب�ت ض ة وج�ي ة �ش رجع إىل بوسطن امك أقام ف�ت لبنان لف�ت

امدة، متصوفا عىل الظمل والعبودية والعقائد الدينية احلب

متمردا

ا �ئ ان �ش ح�ت وفاته. اكن ج�ب

ال يال ومعق الفكر ومحب ض سعة احلض ع ب�ي ه ونظمه، محب ي ن�شض

� للحرية، شاعرا

وعاشقا

متأمال

ره ية من أمه آ�ش ض نلك�ي بية واالإ ض العر للغت�ي لطبيعة. ألف �ب ي تكشف عن شغفه �بالصورة ال�ت

جنحة املتك�ة”، “البدائع والطرائف” ومنه هذا النص. من ئرواح املتمردة”، “اال

ئبية “اال العر

بد”. نون”، “رمل وز رة عاملية، “احملب ” الذي منحته �ش ي ية كتاب “الن�ب ض ل�ي بض

� الإ أروع مؤلفاته �ب

يلمك لبنانمك وىلي لبنا�ض

. يلمك لبنانمك وىلي لبنا�ض

ال. ي ومحبلمك لبنانمك ومعضالته وىلي لبنا�ض

. يما�ض

ئحالم واال

ئا فيه من اال ي �ب

غراض واملنازع، وىلي لبنا�ضئلمك لبنانمك بلك ما فيه من اال

رد املطلق. ي وأ�ض ال أقنع بغ�ي احملبلمك لبنانمك فاقنعوا به، وىلي لبنا�ض

و ازرقاق ض

يبة وجالل � ي فتلول تتعاىل �بم، أما لبنا�ض �ي

ئاول حلها اال

تلبنانمك عقدة سياسية �

الامسء.

ت ا ر�ض ي جنبا�تض

ية تتموج � ي فأودية هادئة سر، أما لبنا�ض ا اللياىلي

ضلبنانمك مشلكهت دولية تتقاذ�

. يت

ي السوا�جراس وأغا�ض

ئاال

نحة ي فصالة حمبنوب، أما لبنا�ض ض رجل جاء من املغرب ورجل جاء من احلب لبنانمك رصاع ب�ي

م إىل املروج، وتتصاعد مساء عندما يعود الفالحون عندما يقود الرعاة قطعا�ضفرف صباحا �ت

من احلقول والكروم.

ض البحر بل رهيب وديع جالس ب�ي بض

ي �لبنانمك حكومة ذات رؤوس ال عداد هلا، أما لبنا�ض

بدية. ئبدية واال

ئض اال وال�ول جلوس شاعر ب�ي

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لك نف�ا تض وال تاكد � �ت ها �ت

لت م�عة ولك ض كته و�ض ا للغرفة �ش �ت وطلعت زينب مع زو�ب

. مل ض ض احملب�ي ، ساعة الفراق ب�ي قدار مرارة تلك الساعة القاتهلت ا وشعرت �ب ن�ت ض وياكد الباكء �ي

ي بعض ض

ثه �

دت

يد أن � ا �تض�

ئي الدار اك

ضدت به إىل قاعة � يعد سبيل ملرآه هذه اللحظة. لذلك �ض

ي وجودها ض

ا وأحس � لت دمع�ت ا تعانقه وقد ا�ض أمرها. وما إن انفردت معه ح�ت أخذته إل�ي

تلك الساعة

بد؟! ما أشدئقان إىل اال الم. هل يف�ت

آخر إىل عامل اال

آزة احلزن، وراح هو اال �ب

ما، عناق الوداع حيث يذهب أحدها إىل فلوات لكها ما! وهذا العناق بي�ض عىل نفس�ي

بدية والفناء.ئخر إىل ما ال يدري، إىل اال

آاوف واال احملض

ي تلك الساعة ض

رأسه عىل ركبته ودمهعما يسيل وال ينطقان. و�

خارت لك قواها فأسند لك

. وبقيا عىل ذلك ح�ت مسعا صوت خ�يئسمت قداسة الوداع وهيبة اللقاء اال ب

تة � خ�ي

ئاال

لباكء املر قالت ل الملكة هش �ب ب تنق �ي نية وقبلته، وبصوت حمض من فوق فعانقته �شزال حسن �ض

ة: مع السالمة. خ�يئاال

اه�ي نفسه للعسكرية؟1 كيف همد إ�ب

كيف وصف الاكتب حلظة الفراق املؤمل؟2

نية؟3 اه�ي وزينب �ش ي إ�باية الرواية وهل سيلت�ت يل �ض ض �ت

ت العاملية هل تذكر إحداها؟ 4 للعديد من الروا�يشلك احلب املستحيل موضوعا

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ض هيلك حممد حس�ي(1956-1888)

ي قرية كفر غنام �ش انتقل إىل ض

. ولد � ي ومؤرخ وسيا�ي مرصي كب�ي، وروا�ئ ي

ضأديب و�ا�

ادة ريس عام 1909 وحصل عىل �ش ا. سافر إىل �ب رج من مدرسة احلقوق ف�ي ض القاهرة و�ت

ض م التار�ي

. قد الدكتوراه من جامعة السوروبون. بعد عودته إىل مرص تفرغ للعمل السيا�ي

سلوب الشيق، من أمه أمعال “حياة ئض التحليل واال مع ب�ي ب سالمي من منظور جديد �ي االإ

ي تعت�ب ر أمعال “زينب” ال�ت دب” ولعل أ�ش

ئان واملعرفة والفلسفة” و“ثورة اال �ي حممد” و“االإ

ال الطبيعة ا محب بية وقد عرض الاكتب ف�ي هية عىل مسار تطور الرواية العرئخطوة فائقة اال

ة ي ملرص من �بيطا�ض ة االستعمار ال�ب ة وبؤس حياة الريف خالل ف�ت املرصية من �ب

رهمم من حرية ت

ت و� د حياة الشبان والشا�ب ي تقيأخرى امك انتقد عادات أهل الريف ال�ت

وجة عىل ض ض زينب امل�ت خ�ي ب�يئي مؤ�ش للقاء اال

ي هذا املقطع وصف عاط�ضض

االختيار واحلب. �

دمة العسكرية. حلض اه�ي قبل رحيهل والتحاقه �ب ا إ�ب يقة التقليدية وحبي�ب الطر

زينبك�ب رها أ ا، وهب بعاد عن أمه العجوز وقد مات زو�ب ي واالإ

لن�ض اه�ي فق�ي يق�ض عليه �ب إ�ب

نئأال

ي ته؟ وعن زينب ال�ت

ض يعبدون منه لطفه ورق وجته؟ وعن أ�ابه الذ�ي ض ا �ب كتفاء ع�ض ا ا أبنا�ئ

ارها وجداوهلا؟ بش

سيمها أس ا و�ب اء وقط�ض سل الدمع من قبل أن تفارقه، وعن املزارع احلضرصض �ت

ا نمية من �راء قفر ال نبات �ب ت �ب ا�ي ي ال�ضض

ت اليانعة ليقذف به � ا�ي عن تلك الال�ض

ك�ب من هذا ذلك. أي ظمل أ

لوفر عىل نفسه لكا ض جن�ي �ي ض قوم وحوش. ولو ملك ع�ش وب�ي

الظمل؟! بل أي عدوان يعادل هذا العدوان؟!

لكن القضاء النازل ال حميص منه، وخ�ي ما يعزي عنه الرضاء به ونسيان حمنته، امك أنه ال

ا ا قد يكون ف�ي مل �ب ية، وجعل �ي اه�ي نفسه للعسكر فائدة من السخط عليه. لذلك همد إ�ب

ض من الفروق تلفة أمام الع�ي شاكهلا احملضئم �ب

ديدة وما تقد ى البالد احلب ض �ي من حماسن، وح�ي

ت تاكد تكون حديث خرافة. وتعمل م حاك�ي ك ع�ضت

ض � ض الذ�ي هول�ي الدقيقة �ش طباع هؤالء احملب

ذلك هون عىل نفسه

م املنتظمة، لك روج مع إخوانه وبلدييه بكسو�ت ب النار واحلض رصض

ء وجعهل ينام قبيل الفجر. ]...[ يبعض السش

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. يوظن بذلك أنه أغاظ�ض

ي ض

ي شلكي يسفرن والرجال �ض

فقلت ل ضاحكة: �ي شيخ انطق، وهذا ما أريده، النساء �

فيه ثقبان وسأهنئك ك شواال ب أن يتقنعوا أي أنك من تضع من الغد عىل و�ب ب الك �ي محب

بتلك النتيجة.

أي الاكتبة؟ 1 ما هو السفور �ب

؟2 سالمي ض االإ كيف أثبتت الاكتبة أن السفور ال يعارض تعال�ي الد�ي

كيف ردت الاكتبة عىل الاكتب املعارض للسفور؟3

ا؟4 ية الاكتب الالذعة م�ض ر كيف ردت نبوية مو� عىل سض

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عىل يد الوجه بياضا ض جة إذ �ي و�ب

اال يدهن محب ض ال يس�ت من وجوههن إال احلياء، وهو �ي

للهما الندى، هلذا ال مع�ض ب ض �ي ت النقاب ورديت�يت

دود فتظهر � بياضه الصناعي أما احلض

ء غ�ي موجود ]...[ يي �ش

ضللالكم �

ي منظر ض

ور املرأة سافرة ولكن � للسفور الذي أريده، وهو �ض صادقا

ي مثاال

أعطيت تمليذا�ت

ا احلجاب عن حسن ت

رج لعملها سافرة ح�ت ال يعو� ض ي �تض

ا ووقارها. � يدل عىل حشم�ت

ج، والوجه امك خلقه ينة وال ت�ب د فال ز ظهر احلب ي ملب�ا �بض

ا تظهر � دية ذلك العمل. ولك�ضئ �ت

من الفتنة فال شأن لنا ف�ي صنع، واكن عىل الهل ال فتنة فيه. وإذا اكن الهل قد صنع فيه شيئا

البتعاد عن حلجاب بل أمر�ض �ب مر�ض �بئ�ي القرآن مل الق. عىل أن الب�ش أن يعودوا إىل احلض

ن وال فظن فرو�ب ينة، فقال سبحانه وتعاىل “وقل لملؤمنات يغضضن من أبصارهن و�ي الز

ن”.]...[ مرهن عىل جيو�ب ض ض �ب �ب ا وليرصض ر م�ض ن إال ما �ض ين�ت ض من ز يبد�ي

طبة ي ثالثة أمور: احلج، واحلضض

ها � بكشف و�با رص�ي

سالمي املرأة أمرا ض االإ وقد أمر الد�ي

ة ملن فال مع�ض إذن لس�ت الوجه وفيه مضايقة كب�يه مطلقا مرها رصاحة بس�ت

ئادة، ومل �ي وال�ش

دن هذا العمل. �ي

ي مسألت احلجاب ض

ون الكتابة � ض اكنوا يك�ش أحد الكتاب الذ�يهرام يوما

ئي إدارة اال

ضي �

قابل�ض

ي متفقة معه ولكنه ي آرائه واكن يعتقد لك االعتقاد أ�ض

ضي �

واحلض عليه، وجعل يناقش�ض

دهش ملا قلت ل:

مار ال ض ي هذا، أي �ب �ي ض رجن �ب ض - إنك �ي سيدي من القرى وأمك وأختك وبنت معك �ي

ا هو احلجاب الذي تدعو املدنيات إليه؟ أتدعوهن إىل ذلك ض

يغىطي إال الرأس والصدر. �

اء؟ و�بورا يد صبغة الوجوه �ض ض النقاب الشفاف الذي �ي

قال:الك، ال أريد ذلك.

ه أحد؟ هول مل �ي اب حمب قلت: أنت إذن تدعو إىل حب

ما. ها لكه وفيه ثقبان لتنظر م�ض يس�ت و�بقال: نعم أريد أن تضع املرأة فوق رأ�ا غطاء كثيفا

قلت: �ي سبحان الهل وماذا تفعل املسكينة إذا اضطرت للعمل؟

ها فتنة. ي و�بض

ي سبيل منع الفتنة فإن �ض

ء � يب أن تضحي بلك �ش ب فقال: �ي

وحمكة من النساء وإذا اكنت النساء ال ك�ش عقال قلت: إنك �ي سيدي تدعي أن الرجال أ

ك�ش عقال ميل ال شك، فكيف تفتنون أن�ت بوجوههن وأن�ت أ ض بوجوهمك أن�ت وفيمك احلب يف�ت

نعمك ؟ لقد اكن الواجب أن تتقنعوا أن�ت وأن تسفر النساء، ما دام فيمك من العقل ما �ياك وإدرا

من الفتنة. أما هن فال عقل هلن وال إدراك!!!

. يي وأراد أن يؤمل�ض

آمله هذا القول م�ض

س من السفور. ئي خلقتك فال �ب

ضفقال: إذا اكنت النساء �

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نبوية مو�(1951 -1886)

ول من القرن ئعي خالل النصف اال

ي والتعل�ي والعمل االج�تإحدى رائدات الفكر النسا�ئ

ادة صل عىل �شت

ي قرية مرصية، اكنت أول فتاة مرصية �ض

. ولدت نبوية مو� � ض �ي الع�ش

ظرة مرصية ملدرسة ابتدائية. أسست مطبعة ي التعل�ي واكنت أول �ضض

الثانوية العامة. معلت �

ا � “الفتاة”، عرفت بنضاهلا من أجل قضية تعل�ي املرأة ومساوا�ت هلت أسبوعية نسائية �ب وحمب

” ومنه هذا ي بقمليض ر�ي ا ديوان شعري وكتاب “املرأة والعمل” و”�ت لرجل. من أمه مؤلفا�ت �ب

سلوب الساخر الذي ئي السفور واال

ضة نظرها � ا للحجاب وو�ب ح فيه معارض�ت النص وت�ش

حلجاب. ض �ب ي الرد عىل املتمسك�يض

جه � تن�ت

سفوريا ولكن بت �ب ض وأعب ي قرأت كتب املرحوم قا� بك أم�ي

كتب فيه مع أ�ض أردت السفور فمل أ

موه قوال منمقة قام عليه القوم وا�تئص تغي�ي قومه �ب ض ش

لقول، وإذا حاول س غ�ي �بالعادات ال ت

ء وقالوا إنه يموه بلك �ش ض وا�ت ا ليس فيه، وهكذا قام املرصيون عىل املرحوم قا� بك أم�ي �ب

ون والعربدة. ي احملبض

لرغبته �يد السفور إشباعا ا �ي

ضإ�

م بل أمر منه هلذا عولت عىل أن أدعو إىل ا ا�ت مت �ب دى به ال�ت ا �ض ت فناديت �بت

ي �ولو أ�ض

سكي تي و�

ي استقام�تض

للشك � عل حمال ب لقول. وقد اكن ملبسي ال �ي �ب لعمل ال �ب السفور

ي السنة والكتاب وهلذا مل يستطع ض

ملا جاء �ي اكن مطابقا

ي وك�ض قية فكشف و�ب لفضيهلت ال�ش �ب

ي بسوء. س مسع�ت أحد أن �ي

ابية متطرفة وال أدري مل اكنت تلك التسمية وأ�ض سافرة ي حبم اكنوا يسمون�ض ومن العجيب أ�ض

ومل يكن ملبسي يساعدمه عىل أن ينسبوا إىلي ذلك ورا ب

ض و�

و�ض م يظنون السفور حمب الوجه؟ إ�ض

ي سالمية. وهلذا مل يقل أحد ع�ض داب االإ

آقيات حمافظة عىل اال ك�ش ال�ش ي أ

بل اكنوا يعتقدون أ�ض

ي أسفرت. ي كنت املرصية الوحيدة ال�ت

مع أ�ضشيئا

�ب ي مل أفرد فيه �ب

ت ولك�ض يع عادات املرص�ي ألفت كتاب “املرأة والعمل” وتملكت فيه عن محب

ي ال أرى �ضئي ال ي كتا�ب

ضي ال أتناول السفور واحلجاب �

ي مقدمته إ�ضض

للسفور واحلجاب بل قلت �

هن نقاب أبيض شفاف ت مرص سافرات أما املدنيات فعىل و�ب ث فيه، فقرو�ي فأ�با�ب حب

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فق من احلرق

، ومل يش ح�ي احلب

خاض ه ق و

ذ

ر، من ت محض

ول

احلب جد

؟ ي ت

ر�؟ وما ف ي ق�ب

�ض ي إذا مصض ض

خو� ا ض

احلب غاية آمال احلياة ، �

مز إليه!1 ما �تض

ي قصيدتيه، اذكرها وو�ض

استخدم الشاعر عنارص الطبيعة �

أي الشاعر؟2 ما هو احلب �ب

أي الشاعر؟3 كن للحب أن ينترص عىل املوت �ب هل �ي

قش هذه الفكرة!4 بية �ض جيج الثورات العرئ ي �ت

ض�

لعب الشعر دورا

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ي أبو القا� الشا�ب(1934 -1909)

التونسية ي ضوا�ي توزر ض

. ولد � ض دد�ي العرب احملب ز الشعراء أ�ب ر شاعر تونسي ومن أ�ش

ا. أصيب رج م�ض ض يتونة �ش التحق بلكية احلقوق و�ت ي جامع الزض

ودرس العلوم الدينية واللغوية �

مل، ئ لبالده صادق الوطنية كث�ي اال

يعان الشباب. اكن حمبا ي ر

ضياته وهو � بداء عضال أودى �ب

ي شعره ملسة ض

بية. � رأة. اكن شاعر التقدم والتحرر واليقظة العر وح التمرد واحلب ض شعره �ب يتم�ي

ا ع ف�ي ي وصف الطبيعة وسر الوجود وقد محبض

ل قصائده هي � ة. أمحبض

صوفية ورومانسية وا�

عت ض ال�ولت وروعة االبتاكر. أسلوبه رقيق وعاطفته متقدة. محب ض البساطة والسمو وب�ي ب�ي

ي الوط�ض النشيد من زء ب

ض� احلياة” “إرادة قصيدته أما احلياة”. ي

“أغا�ض ديوان ي ض

� قصائده

ي وهذا مطلهعا. بيع العر�ب لثورات الرالتونسي وقد أصبحت شعارا

احلياةإرادة

أن يستجيب القدر

فال بد أراد احلياة إذا الشعب يوما

للقيد أن ينك�

وال بد ، لليل أن ينجىلي

وال بد

ها، واند�ش ي جوض

ر �

تبخ احلياة

ه شـوقومن مل يعانق

م املنترص

عة العدمن صف

قه احلياة

ش

ملن مل ت

فويل

ي رو�ا املست�تث�ض

وحد

الاكئنات

كذلك قالت ىلي

احلب ق

لء، فاكنت ساطع الف من الامس ت

ور ساحر، هبط

ت ن عهل

احلب ش

ع الغسقق وعن وجوه اللياىلي �ب

شية

غ

هر أ

ومزقت عن جفون الد

فق

مه بضياء الفجر والش أ�ي حة ن ب

، حم احلب روح إهلي

مؤتلق

، جدواك

ض� ،

يال ، محب

ما ب

ض� ها

يجعل

نيا، ف

ي هذه الد

ض�

وف

يط

قفي الدنيا بنو أ

ضلف �

آ وال �ت ون أغنية

ي الك

ضعت � لواله ما مس

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ي ليلهم. عىل أن الفجر ض

لس�ي � ا تدل عىل االإجازة للناس �ب طعمة، ومل نسمع أ�ضئعىل غ�ي اال

ها. بنا من حاجة هلذه الملكات وال لغ�ي

قد د�ض ومل يبق

الباشا:

ي ذلك موكول إليك.ض

مر �ئ- اال

ض هشام: قال عيس �ب

بنفسه ويقص عىلي من أنباء احلروب وأخبار يفا ي تعر

يد�ض ض يقنا وأخذ الباشا �ي ي طرض

- ف��ض � ، اه�ي اعة إ�ب ب

شذنه ويذكر ىلي ما شاء من مآ�ش حممد عىلي وس

ئي شاهدها بعينه ومسهعا �ب

الوقائع ال�تار إىل ساحة القلعة فوقف وقفة املستكن ي ضوء ال�ض

ضوما زلنا عىل تلك احلال ح�ت وصلنا �

و البيت ض

�ي حممد عىلي ]...[ �ش التفت إىلي وقال: أ�ع بنا � ة لرصضت

اشع يقرأ سورة الفا� احلض

ي وأتقلد حسامي وأركب جوادي، �ش أعود إىل القلعة. ]...[ لبس ثيا�بئال

ن نس�ي إذ تعرض لنا ماكر يسوق محاره ض

ي الطريق وبينا �ض

در�ض �ض

وملا غادر�ض ساحة القلعة ا�

تنا ي و�بض

بيث عىل التعرض وسد الطريق عىل املارة فملكا ��ض وجد�ض احلمار � وقد راضه احلض

ي شا فقد عطلت�ض ي يقول ل: اركب �ي �ب ح�ت أمسك بذيل صاح�ب واملاكري ينح بصوت قد �ب

وأ�ض أس�ي وراءك من الصباح

الباشا لملاكري:

؟ يي طري�ت

ض وما دعوتك �

ي إىل ركوب احلمار وما رغبت فيه أبدا

ا الش�ت ي أ�ي- كيف تدعو�ض

واد السابق؟ كب احلمار الناهق ماكن احلب وكيف ملثىلي أن �ي

املاكري:

مام” وقد ي طريق “االإض

ا وأنت تتملك مع صاحبك � ي �بي دعوت�ض

- وكيف تنكر إشارة يدك ال�ت

شارة م الرتباطي معك بتلك االإ م ومل ألتفت إل�ي ض فمل أقبل م�ض �ي من السا�ئدعيت مرارا

. يي أجر�ت

فاركب معي أو أعط�ض

ي العرص الراهن؟1ض

ا الباشا �ض

ي صاد�ديدة ال�ت شياء احلب

ئما هي اال

لباشا؟2 صف شعور الاكتب عند التقائه �ب

ض هشام والباشا!3 ي عيس �بصي�ت ض ش

صف س

ر استغراب الراوي؟4 ما الذي أ�ش

مثهلت 5ئ استخرج بعض اال

ا ناس والطباق كث�ي استخدم الاكتب أسلوب السجع واحلب

من النص.

د 6 ف امل�ش ، ص ف �ي ي والع�شرن الثا�ف ي الق

فك � دت نفس ت ووج ك استيقظ ل أن ي

ف �ت

م. م وترصفا�ت ه ون شلك ك ف سي م وكيف

د تصاد� ف ق ذ�ي اص الف ش�

أواال

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تفضلت فإذا وأرقاهما، ا وأزق�ت شوارهعا امسء ئ�ب بل ا، أ�ا�ب امسء

ئ�ب عرف

ت ال أصبحت

ا تطلبه. ه انطلقت إليه وأتيتك �بت

ت ىلي شارع بيتمك وزقاقه ور�ض

وأو�

:)الباشا ) مغضبا

ا! وهل هي �ت اكن للبيوت أرقام تعرف �بض

ال. �

ا الاكتب إال أن بعقلك دخ - ما أراك أ�ي

ي ح�ت ي رداءك أست�ت به وتصاحب�ض

وىل أن تناول�ضئكر نظام”؟ واال “إفادات أحاكم” أو “عسا

. يأصل إىل بي�ت

ض هشام: قال عيس �ب

، وقد اكن املهعود أن سلب املارة ال يكون إال من قطاع الطرق فإذا هو يلت ل عن ردا�ئ ض - ف�ض

وهو يقول: ددا م�ت

من ساكن القبور، �ش ارتداه مستنكفا

يكون أيضا

الباشا:

شا اه�ي �ب فندينا املرحوم إ�بئي مصاحبتنا ال

ضورة أحاكم، وقد لبسنا أد�ض من هذا الرداء � - للرصض

ي البلد؛ ليستطلع بنفسه أحوال ض

ا � ي اكن يقض�يي اللياىلي ال�ت

ضيقة التنكر، والتبديل � عىل طر

الرعية. ولكن كيف العمل وكيف يتس�ض الدخول؟

ض هشام: عيس �ب

يد؟ - ماذا �ت

الباشا:

ذا الرداء عىل أبواب مرص، ي �بخ�ي من الليل، وليس من يعرف�ض

ئي الثلث اال

ض- أنسيت أننا �

بواب؟ئفتح لنا اال

ومل يكن معي ملكة “� الليل” فكيف ت

ض هشام: عيس �ب

ي حياتك فأ�ض ال أعرف “ � الليل” ض

ا � - امك أنك �ي سيدي مل تعرف أرقام البيوت ومل تسمع �ب

ومل أمسع به.

:) ضاحاك

ز�ئ الباشا )مس�ت

ي لك ليهلت ض

ر، أمل تعمل أن “� الليل” ملكة تصدر من القلعة � - أمل أقل لك إنك غريب الد�ي

ي الليل إال إذا اكن حد مسش

ئون ال ض �ي ب بواب. فال �ي

ئيع “القره قوالت” واال إىل الضابط وإىل محب

ا من احلكومة �ا عىط ملن يطل�ب

ي أذن البواب فيفتح ل. وهي ت

ضا � هلذه الملكة يلق�ي

حافظا

: فليهلت تكون ملكة “عدس”، وليهلت تكون “خضار”، ي لك ليهلتض

لليل، وتتغ�ي � لقضاء أشغال �ب

وليهلت تكون “محام” وليهلت تكون “فراخ” وهمل جرا.

ض هشام: عيس �ب

ا لفاظ تطلق ف�يئا عملنا أن هذه اال

ض- يظهر من الكمك هذا أنك لست أنت من أبناء مرص. �

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رة بدان والنفوس ووصفت �تئي استعبدت اال

لسيوف الرقاب، وتلك الوجوه والرؤوس ال�ت �ب

ض ض ب�ي ي�يتملرؤوس، فال تفريق اليوم وال � ا �ب لشموس، قد تساوى الرئيس ف�ي رة �ب لبدور و�ت �ب

ي ض

مل �ئ واطر والفكر أ�ت ، وتلك احلض ي هذه املواعظ والع�ب

ضض ]...[ وبينا أ�ض � ا والعز�ي الذليل م�ض

للبحث د�ي ي بدائع املقدور، مس�ت

ض�

زمان، مستغرقا

ئب من تقلب اال ن، وأعب ائب احلد�ش عب

، فالتفت التفاتة يت�ض ي �ب

، اكدت تق�ض يجة عنيفة من خل�ض ي أ�ار البعث والنشور إذا �ب

ض�

من تلك القبور، وقد خرج منه رجل طويل القامة،

انشقا ائف املذعور، فرأيت ق�ب احلض

، فصعقت من هول الوهل ف والنبالت ، ورواء ال�ش اللت اء املهابة واحلب عظ�ي اهلامة، عليه �ب

، أخذت يت من دهش�ت ، وانت�ب ي

بل. وملا أفقت من غشي�ت والوجل، صعقة مو� يوم دك احلب

ه. �ش مره، واتقاء ل�شئ ال

، فوقفت امتثاال ي

، وأبرصته يداني�ض ي، فسمعته ينادي�ض ي

ي مشي�تض

أ�ع �

بية أخرى. رة والعر كية �ت ل�ت ى، و�ب و ما تسمع و�تض

دار احلديث بيننا وجرى، عىل �

: ض الدف�ي

ا الرجل، وما معلك، وما الذي جاء بك؟ - ما امسك أ�ي

ما، و يسأل عىل أسلو�بض

� ، ض ك�ي إن الرجل لقريب الهعد بسؤال املل

: حقا ي نفسي

ض)فقلت �

ي �ش كت�ض خلص من مناقشة احلساب، وأ

ئي الطريق، ال

ضي من الضيق وأوسع ىلي �

فاللهم أنقذ�ض

ض هشام، ومعىلي ض هشام، امسي عيس �ب هذا العذاب. �ش التفتت إليه فأجبته: عيس �ب

. ي عندي أوعظ من خطب املنا�بض

� ، رة املقا�ب �ي ض عت�ب �بئقالم، وجئت هنا ال

ئصناعة اال

: ض الدف�ي

ك؟ ض دواتك �ي معمل عيس ودف�ت - وأ�ي

ض هشام: عيس �ب

نشاء والبيان. ي من كتاب االإ- أ�ض لست من كتاب احلساب والديوان، ولك�ض

: ض الدف�ي

ي بفر�ي “دمحان”، وليأتو�ض ي ، فاطلب ىلي ثيا�ب ئ ا الاكتب املنسش س بك، فاذهب أ�ي

ئ- ال �ب

ض هشام: عيس �ب

ي ال أعرفه؟ ض �ي سيدي بيتمك فإ�ض - وأ�ي

:)ا ض ض ) مشم�ئ الدف�ي

ي القطر ض

قطار أنت؟ فإنه يظهر أنك لست من أهل مرص، إذ ليس �ئلهل من أي اال - قل ىلي �ب

هادية املرصية. ظر احلب شا املنيلكي �ض هل بيت أمحد �ب ب لكه من أحد �ي

ض هشام: عيس �ب

ي مرص ض

ن البيوت �ئل بيتك إال ال ي رجل من مص�ي أهل مرص، ومل أ�ب

ا الباشا أن�ض - اعمل أ�ي

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06

حممد املويلحي(1930 -1868)

ي ض الاكتب الصح�ض ي العرص احلديث، وا�ب

ضي � دب العر�ب

ئي من رواد اال

قد و��ض أديب و�ض

هلت “مصباح ر�ي حمبت

ي �ض

كه � ي فقد أ�ش د�بئي إبداعه اال

ض�ش �

ئاه�ي املويلحي الذي اكن ل عظ�ي اال إ�ب

القبض عليه أثناء ي ل�تي مرص آنذاك. أ

ضدبية احلديثة �

ئضة اال ي ال�ض

ضي ساهت �

ق” ال�ت ال�ش

ىلي . رحل حممد املو�ي ي احلمك ف�ي بعد إىل الن�ض

فف

عدام �ش خ الإ الثورة العرابية وحك عليه �ب

ي ض

؛ فن�ش مقاالت عدة � يمع أبيه إىل أورو�ب �ش عاد إىل مرص ليستأنف نشاطه الصح�ض

ض ر املويلحي بكتابه “حديث عيس �ب ا أمه القضا�ي الوطنية. اش�ت طم عاحلج ف�يجريدة املق

ض هشام، راوي مقامات بديع صية عيس �ب ض شة من الزمن” وقد استفاد فيه من س هشام أو ف�ت

ح من خالل ي نومه ي�شض

رآه �، ليحكي حملا ء العرص العبا�ي ي أحد كبار أد�ب

الزمان اهلمذا�ض

العيوب م، منتقدا ختلف طبقاته، وطبيعة عالقا�ت تمع املرصي �ب ي احملب

ضالناس � أخالق

ض هشام” من الكتب خالق. يعت�ب كتابه “حديث عيس �بئام بفضائل اال ض إىل االل�ت

وداعيا

لواقع ونقده. أسلوبه �ت �ب ي �ي بية وأول حماولت جادة لكتابة معل أد�ب التأسيسية للرواية العر

طريف وخفيف الظل.

ة من الزمن ض هشام أو ف�ت حديث عيس �بض هشام قال: نا عيس �ب

حدث

راء يس�ت ت

ي ليهلت زهراء �ض

ض القبور والرجام، � ي ب�يمام” أمسش ي �راء “االإ

ضي �

�ضئي املنام، اك

ضرأيت �

ض تلك القبور، وفوق هاتيك الصخور، اء. ]...[ وكنت أحدث نفسي ب�ي وم احلضرصض بض

ا � بيا�ض

ي تعاليه، واستعظامه ض

ي دعاويه وتغاليه �ض

ره وإغراقه � ض جده و�ض وخه �ب ه ومسش نسان وك�ب بغرور االإ

ي خطاي ض

، ح�ت تذكرت � لنفسه ونسيانه لرمسه ]...[ ومازلت أس�ي وأتفكر وأجول وأتد�ب

ي العالء: فوق رمال الصحراء، قول الشاعر احلك�ي أ�ب

جساد ]...[ئأرض إال من هذه اال ف الوطء ما أظن أد�ي الـ

خف

رض ئض اكنوا يستصغرون اال وتذكرت أن تلك الرفات والعظام من بقا�ي امللوك العظام الذ�ي

نت عىل البطش واحلمل والشفاه ض

ي ا�، وتلك الضلوع ال�ت

وار جوارا اولون عند احلب و�ي

دارا

ي ي القمل للكتاب وت�ب ي اكنت ت�بمل ال�ت �ض

ئي طاملا لفظت أمر احلرب والسمل، وتلك اال

ال�ت

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لنساء د الغيطان واحلقول عامرة �ب بض

ف � ر�يئة اال نظاهما. ]...[ �ش إننا إذا حولنا النظر إىل �ب

ا ضض وإ� ض متساوي�ي نس�ي د احلب ب ي أمور هذه الدنيا �ي

ضك�ش ]...[ فالعاقل ينظر � بعدد الرجال وأ

أمور ي ض

� بتدخلهن ا انلك�ت نساء ئ

أخىط ي ال وإ�ض إال. ليس املرأة خ�ي

ئ �ت أوجب هال االإ

طة ما دمن ض هذه احلض ن حق االنتخاب بل أقول نعم، هلن حق أن يطل�ب السياسة وطل�ب

ن امك يؤديه الرجال. قادرات عىل أداء واج�ب

1 .” وماء البحر صار عذ�ب

ولت غر�ب

تي النص “الشمس �

ضما مع�ض التعب�ي الوارد �

ي احلياة 2ض

ثبات قدرة النساء عىل املشاركة � ا الاكتبة الإ ي ذكر�تما هي احلجج ال�ت

السياسية؟

ي 3ي املا�ض

ضعية والسياسية � ي احلياة االج�ت

ضكيف شاركت وتشارك النساء العربيات �

؟ واحلارصض

أيك؟ وملاذا؟4 من نساء املدن �بررا

تك�ش � ف أ ر�ي

ئي اال

ضبية � هل املرأة العر

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05

زيبب فواز (1914-1846)

ي جنوب ض

ض � ية تبن�ي ي قرض

أديبة واكتبة وروائية وشاعرة لبنانية، رائدة وعصامية، ولدت �

ها من الصحف النيل وغ�ي ي جريدة ض

لبنان. هاجرت إىل مرص حيث بدأت تكتب �

ا را�ئآرت �ب ا واش�ت ل�ض ض ودها و�ت بية من محب سالت بعث املرأة العر ضمت زينب فواز �ب املرصية. ال�ت

ت ي ر�بض

يئة املتحررة. من أمعاهلا: م�حية “اهلوى والوفاء” وكتاب “الدر املنثور � ر احلب

ض ا من أربع�ي ع�ت ات، محب �ي ات لس�ي نساء عربيات وغربيات �ش محب توي عىل �ت دور” و�ي احلض

ض “حسن العواقب أو غادة . نظمت قصائد عديدة وكتبت روايت�ي أو أدبيا

يا ض ر�ي �ت

كتا�ب

ي ا ال�ت ينبية” وي�ض مقاال�ت الزاهرة” و “كورش ملك الفرس”. من أمه أمعاهلا “الرسائل الز

ا هذه ء وم�ض د�بئواال الكتاب إىل تمع ورسائلها احملب ي

ض� ا املرأة وماكن�ت ا حقوق ف�ي ت عاحلب

. يي كورا�ض

ديبة اللبنانية هنا كسبا�ضئا عىل اال د ف�ي ي �ت

الرسالت ال�ت

نصاف االإنع املرأة أن تتداخل ض الدينية ق�ض �ب من القوان�ي

هلية أو قانو�ض ائع االإ يعة من ال�ش إننا مل �ض �ش

وال ولت غر�ب

تن الشمس �

ئي ذلك، وما أظن �ب

ضي أشغال الرجال وليس للطبيعة دخل �

ض�

قب وأعضاء ، ولكن املرأة إنسان اكلرجل ذات عقل اكمل وفكر �شماء البحار صار عذ�ب

ض الزمان واملاكن. ومك من امرأة حمكت عىل مور حق قدرها وتفصل ب�يئمتساوية تقدر اال

ومارست املعامع وخاضت نود احلب وجندت حاكم ئاال ورتبت مور

ئاال وساست الرجال

ض معن تقدمننا من ي سسن امملهكن أحسن سياسة امك أنبأ�ض التار�ياحلروب اكمللاكت اللوا�ت

هن ممن سلف، وما رأينا من ت وغ�ي ا وامللكة زنوبيا ملكة تدمر واليصا�ب �ت قبل، مثل لكيو�ب

ي نظام الطبيعة أو نقص تدب�ي منازهلن بل إن النظام ض

ي شؤون الرجال ما أخلض

تداخلهن �

ملاكت إن هؤالء بقوهلا ض عىلي تع�ت ا �ب ي �ضئواك عليه. ما اكن عىل

قيا �ب زال ما العائىلي

عن نساء ض أيضا ية فأقول: نعم وقد أنبأ�ض التار�ي دار لية واالإ ض ن امل�ض دية وظائ�ض

ئ وقادرات عىل �ت

الشدائد ة ومعا�ض خطار ئاال وتكبدن واحلروب معال

ئال �ب الرجال شاركن كيف العرب

ن رجال وأي رجال. رجال ملكوا ن كن زوجات وأهمات، ومك درج من ع�ش هوال مع أ�ضئواال

م عىل إمعارها وحسن م بل كن يساعد�ض م وأهما�ت ل بنظاهما زوجا�ت ض هعا ومل �ت محبئالدنيا �ب

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، فإذا اضطر ملثل الطبيب واملهندس ى وجه عامل عاقل يفوق عليه فكرا أن �ي

ب املستبد ال �ي

ة وطرادا

ئ دا�

ض االستبداد والعمل حر�ب ب�ي

م أن

ق. وينتج امم تقد

ي املتصاغر املتمل تار الغ�ب ض �ي

ن ي إطفاء نورها، والطرفان يتجاذ�بض

د املستبد �ت ب ي تنو�ي العقول، و�يض

: يسع العملاء �مستمرا

م مه لوا خافوا، وإذا خافوا استسملوا، امك أ�ض ض إذا �ب العوام. ومن مه العوام؟ مه أولئك الذ�ي

ض م�ت عملوا قالوا، وم�ت قالوا فعلوا. الذ�ي

للون لشوكته؛ ويغصب �مه في�تئم يصول ويطول؛ �ي م عل�ي وقوته. �ب

العوام مه قوة املستبد

م عىل م فيثنون عىل رفعته؛ ويغري بع�ض ي�ض م؛ و�ي أمواهلم فيحمدونه عىل إبقائه حيا�ت

ل ث م مل �ي ؛ وإذا قتل م�ض

ا ي أمواهلم يقولون كر�ي

ضبعض فيفتخرون بسياسته؛ وإذا أ�ف �

م م إىل خطر املوت، فيطيعونه حذر التوبيخ؛ وإن نقم عليه م�ضت

؛ ويسو�ونه رح�ي يعت�ب

م بغاة. �ضئة قاتلهم اك �ب

ئبعض اال

هل والغباوة، فإذا ئ عن احلب م بسبب احلضوف النا�ش يد�يئون أنف�م �ب العوام يذ�ب

واحلاصل أن

لغ�ي منافهعم، امك قيل: ر العقل زال احلضوف، وأصبح الناس ال ينقادون طبعا هل وتنو ارتفع احلب

ال أو االعتدال ]...[ ض من االع�ت

لملستبد

دم غ�ي نفسه، وعند ذلك ال بد ض العاقل ال �ي

، طيعظم، إىل ال�ش

ئي لك فروهعا، من املستبد اال

ض مستبدة �

احلكومة املستبدة تكون طبعا

،اش، إىل كناس الشوارع، وال يكون لك صنف إال من أسفل أهل طبقته أخالقا إىل الفر

دوهمم هنوا حملض ا غاية مسعامه أن ي�بضمهم طبعا الكرامة وحسن السمعة، إ� سافل ال �ي

ئن اال

ئال

ا أم لك السقطات من أي اكنت ولو ب�شئهون ال لكته، وأنصار لدولته، و�ش م عىل شا �ض

ئ�ب

منونه فيشارهكم ويشاركونه. وهذه ئم املستبد و�ي م�ض

ئذا �ي م، و�ب م أم أعدا�ئ �ئ ، من آ�ب خناز�ي

الفئة املستخدمة يك�ش عددها ويقل حسب شدة االستبداد وخفته، فملكا اكن املستبد

ض عليه، ض ل احملافظ�ي ض العامل�ي دة جيش املتمجد�ي عىل العسف احتاج إىل ز�يحريصا

ض أو ذمة، ض ال أ�ش عندمه لد�ي ض الذ�ي رم�ي اذمه من أسفل احملب ض ي ا�تض

واحتاج إىل مزيد الدقة � يقة املعكوسة وهي أن يكون أسفلهم طباعا لطر ي املراتب �ب

ضم � واحتاج حلفظ النسبة بي�ض

عظم ئعظم لملستبد هو اللئ�ي اال

ئ، وهلذا ال بد أن يكون الوز�ي اال

أعالمه وظيفة وقر�ب

وخصاال

وهكذا... مة، �ش من دونه دونه لؤما

ئي اال

ض�

اف املستبد من علوم احلياة؟ 1 ض ملاذا �ي

ملاذا يبغض املستبد العمل؟2

اهه؟3 بت

ملاذا يشلك العوام قوة املستبد؟ وكيف يترصفون �

؟4 ي ك�ب أي الكوا عظم �بئعظم هو اللئ�ي اال

ئملاذا يكون الوز�ي اال

ي وقتنا الراهن؟5ض

� ض �يحا ي لالستبداد واملستبد�ي ك�ب ال تعريف الكوا ض هل ما �ي

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04

ي ك�ب عبد الرمحن الكوا(1902 -1849)

بية احلديثة. ضة العر سالمي بل من كبار رجال ال�ض صالح االإ ض ورواد حركة االإ من كبار املفكر�ي

باء” وعندما ماته السياسية. أنشأ جريدة “ال�ش ه�ت ي حلب وعرف �بض

. ولد � يلسيد الفرا�ت ب �ب

قل

نعت بدورها، عندها انرصف إىل دراسة احلقوق. ا احلكومة أسس �يفة “االعتدال” �ض أقفل�ت

ا من فساد، أخذ ينتقد رجال الدولت تلفة وملا رأى ما ف�ي أسندت احلكومة إليه مناصب حمض

ا ح�ت وفاته. نية، فسجن �ش رحل إىل مرص وقام بعدة رحالت �ش عاد إىل مرص واستقر ف�ي الع�ش

صالحية النوادي االإ

مة عن طريق التحليل العميق واالستقراء، فشلكئصالح اال ي الإ ك�ب سع الكوا

رافات ر�ي عقوهلم من احلضت

ض إىل � ي تقوم بتوعية الناس، امك دعا املسمل�يية ال�ت �ي معيات احلض واحلب

عية االج�ت مراض ئلال

دقيقا

ليال

ت� كتبه وتتضمن . ض ني�ي الع�ش عىل الثورة عىل العرب وحث

موعة والسياسية. من أمه أمعال “أم القرى” و”طبائع االستبداد ومصارع االستعباد” وهو حمب

د واملال ض واحملب ض والعمل والد�ي لد�ي يته املتاكمهلت حول االستبداد وعالقته �ب ا عن نظر مقاالت ع�ب ف�ي

ي وكيفية احلضالص منه. ت

� بية وال�ت خالق وال�تئواال

طبائع االستبداد ومصارع االستعباد ال استعباد وال اعتساف إال مادامت الرعية محقاء

، أن

، همما اكن غبيا

�ض عىل املستبد ض ال �ي

ملعاد، قة �ب من العلوم الدينية املتعل

اف املستبد ض ل وتيه معاء ]...[ ال �ي ي ظالمة �ب

ضبط � ض �ت

ا ا يتهل �بضيل غشاوة، إ� ض وال �ت

فع غباوة ا ال �ت به، العتقاده أ�ض نسان ور ض االإ تصة ما ب�ي احملض

م الغرور ما أخذ، م، وأخذ م�ض ا أدمغ�ت �تئا معرمه، وامتال سون للعمل، ح�ت إذا ضاع ف�ي و امل�ت

ر. السكران إذا محض م امك يؤمن �ش م�ض

من املستبدئينئذ �ي

ض غ�ي عملهم، �

ون عملا فصاروا ال �ي

مم ئ من علوم احلياة مثل احلمكة النظرية، والفلسفة العقلية، وحقوق اال

تعد فرائص املستبد �ت

و ذلك من ض

دبية، و�ئاال طابة املفصل، واحلض ض املدنية، والتار�ي ع، والسياسة وطبائع االج�ت

ا، نسان ما هي حقوقه ومك هو مغبون ف�ي ك�ب النفوس، وتوسع العقول، وتعرف االإي ت

العلوم ال�ت

وكيف الطلب، وكيف النوال، وكيف احلفظ ]...[.

أقوى من لك سلطان، ن للعمل سلطا�ض

ئ لذاته، ال

ه؛ يبغضه أيضا ب

ئ العمل ونتا�

امك يبغض املستبد

. ولذلك منه عملا

ت من أن يستحقر نفسه ملكا وقعت عينه عىل من هو أر�

لملستبد

فال بد

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لعمل والتمتع بلذته ي االحتياج إىل االنتفاع �بض

سواء �

عليالت ]...[ واملرأة اكلرجل عىل حد

ائب الكون والوقوف عىل أ�اره ]...[ واملهم ي التشوق إىل استطالع عبض

ا وبينه � وال فرق بي�ض

ملواد. ا �ب بية هو تشويق عقل املرأة إىل البحث عن احلقيقة وليس حشو ذه�ض ي هذه ال�تض

بية الذوق عند املرأة وتنمية امليل وال بد هنا من استلفات النظر إىل وجوب االعتناء ب�ت

ض من أن أغلب القراء ال يستحسنون أن تتعمل ي عىل يق�ي. وإ�ض ميهلت ي نف�ا إىل الفنون احلب

ض�

ي احلشمة والوقار وقد ض

ي تنا�م من يعدها من املالهي ال�ت البنات املوسي�ت والر� ]...[ وم�ض

. ي بالد�ضض

طاط درجة هذه الفنون �ض

تب عىل هذا الومه الفاسد ا� �ت

حلجاب؟ وما رأيك أنت فيه؟1 ما رأي الاكتب �ب

ي النص؟2ض

فاكر الواردة �ئما هي أمه اال

بية الرجل؟ 3 بية املرأة ك�ت ورة �ت ي رصضض

ج الاكتب � ما هي حب

ي هذا النص؟4ض

اذا طالب الاكتب � �ب

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03

ض قا� أم�ي(1908 -1863)

ق ومن أمه الدعاة ي ال�شض

عي �صالح االج�ت حث واكتب مرصي، من مشاه�ي رجال االإ �ب

ي مدرسة احلقوق ض

ية وأ�ت تعليمه � سكندر ي االإض

ي بلدة طرة، نشأ �ض

ر�ي املرأة املسملة. ولد �ت

إىل �

ي القضاء بعد عودته إىل مرص واه�ت ض

ي فرنسا. معل �ض

بع دراسته التخصصية � ي القاهرة، �ش �تض

ي الشعب ض

ض أن يغرس � ر�ي املرأة. أراد قا� أم�يت

تمعه وخاصة قضية � ة قضا�ي حمب عاحلب �ب

ي ض

تمع وإصالحه. رأى � ر�ي احملبت

ر�ي املرأة إىل �ت

دف من وراء � واكن �ي جديدا

تمع وعيا واحملب

ر�ي ت

ر أمعال “� ا. من أ�ش للنور والتطور عن عقلها وحيا�تبا احلجاب املفروض عىل املرأة حب

ديدة” وقد رد ج وأخالق ومواعظ”، “املرأة احلبئ

ة شديدة، “أسباب ونتا� بض

ر � املرأة” الذي أ�ش

ي سالم بل العادات ال�ت عىل أن دعوته لتحر�ي املرأة ال تعارض االإ

فيه عىل معارضيه مشددا

تعرقل تقدم احلياة العامة.

ديدة املرأة احلبملرأة إىل حيث نسانية، وأنه صار �ب ية االإ ي احلجاب عيب إال أنه مناف للحر

ضلو مل يكن �

علها بض

ض الوضعية � يعة الغراء والقوان�ي ا هلا ال�ش ي خول�تحلقوق ال�ت ا أن تتمتع �ب يستحيل عل�ي

ي أن ض

ي مقته و�ض

ي احلجاب إال هذا العيب لك�ض وحده �ض

ي حمك القارص ]...[ لو مل يكن �ض

ر ية. ولكن الرصض ام احلقوق والشعور بلذة احلر ينفر منه لك طبع غرز فيه امليل إىل اح�ت

ا. بي�ت ض املرأة واستامكل �ت ول ب�ي عظم للحجاب ]...[ هو أنه �يئاال

ي بية ال�ت ا هي ال�ت

ضا، � كن أن يستغ�ض ع�ض ي ال �ي

ورات ال�ت بية املرأة من الرصض ر أن �ت إذ تقر

ا مع بي�ت كن �ت بية أخرى؟ وهل �ي ص ب�ت ض بية الرجل أو �ت بية ك�ت ا �ت ا؟ هل تناس�ب تناس�ب

بية بية املرأة عن �ت د من الصواب أن تنقص �ت بض

ا من إبطال؟ ]...[ ال � احلجاب أو ال بد ف�ي

ن املرأة حمتاجة إىل الصحة اكلرجل، فيجب أن ئسمية فال بية احلب ة ال�ت الرجل. أما من �ب

ي أغلب ض

ن الرجال � ي يشاركن أقار�بضة امك تفعل النساء الغربيات اللوا�ت د عىل الر�ي تتعو

ا وتستمر عليه من غ�ي انقطاع ضات البدنية. يلزم أن تعتاد عىل ذلك من أول نشأ�ت الر�ي

مراض ]...[ إن نساء املدن احملرومات من احلركة ئا وصارت عرضة لال وإال ضعفت ��ت

هن يعشن ك�ش ل هذه املشقات ولذلك فإن أ لشمس واهلواء فال قدرة هلن عىل اح�ت والتمتع �ب

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ما. تغ تغ البطرك أمر بطبع كتاب لغة ف�ي

صيل أسباب العمل بدل هذه الوال�ئ واملآدب ت

ي لك سنة عىل �ض

ولو إنه أنفق نصف دخهل �

ي لك سنة ض

ض الكرام ينفل شيئا معلوما � مراء واملشا�يئا لزواره. أو لو اكن لك من اال ي�ئ ي �ي

ال�ت

معون من ب ية والكء �ي بض

فر� ية أو لو بعث من قبهل إىل البالد االإ �ي جل هذه املصلحة احلضئال

ق والغرب ي ال�شض

محد لك من �ئن بصدده. ال

ضا � صصه �ب ض ا مبلغا �ي �ي واالإحسان ف�ي ذوي احلض

فعهل. جنح جنح

مع ج حنا أو م�ت أو لوقا حلبض

فر� ن يبعث إىل إخوانه االإئولكن إذا تع�ض أحد سادتنا هؤالء ال

ا يبعثه لبناء كنيسة أو صومعة. آح آح ضاملال فإ�

كنه أن يدرك شيئا عىل حقيقته ة سنة ال �ي ي ع�شنسان مذ يولد إىل أن يبلغ اثن�ت مع أن االإ

ي مدرسة أو كتاب. ض

ي خالل ذلك أن يتعمل ما يفيده �ض

كنه � ة الكنيسة والصومعة و�ي من �ب

ثع ثع

نشاء ماكتب وطبع كتب ح�ت ال أطيل عليمك هذا الفصل. إ ي �ي سادة �بل تعدون�ض

ض�

ي 1ض

ي استخدهما �سلوبه الساخر اذكر بعض التعاب�ي الساخرة ال�ت

ئق �ب ر الشد�ي اش�ت

وصف والديه ومولده.

كيف وصف الاكتب الكتاب ومواد التدريس فيه؟2

لهم، استخرج 3 م إبقاء الناس عىل �ب ض حملاول�ت ق رجال السلطة والد�ي انتقد الشد�يي استخدهما لذلك!

مل والتعاب�ي ال�ت احلب

ك لن�ش العمل؟4 اذا طالب الاكتب البطر�ي �ب

ك�ش فائدة من بناء 5 هل توافق الاكتب الرأي عىل أن بناء املطابع واملدارس أ

كن العبادة؟ وملاذا؟ الكنائس وأما

ا 6 فعال مثل “مر� مر�” اذكر بع�ضئق من استخدام أامسء اال ك�ش الشد�ي أ

ل مفيدة. ي محبض

وضهعا �

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15

ي كونه مل يطالع مدة حياته ض

ي تلك البالد، �ض

واكن املعمل املذكور مثل سا�ئ معملي الصبيان �

أف

. أف والد هناك ال غ�يئلكها سوى كتاب الزبور وهو الذي يتعمله اال

ض . فإن هذا الكتاب مع تقادم السن�ي

مونه. معاذ الهل نه ي�ضئم يتعملونه مؤذ�ض �ب وليس قوىلي إ�ض

ط غط مه. غ ي طاقة ب�ش أن ي�ض

ضعليه مل يعد �

بية وراككة عبارته ح�ت اكد أن يكون ته إىل اللغة العر محب فساد �توضا

ض ومع

اما وقد زاده إ�ب

ي واملعم. رط رط حا�بئ من اال

�ب رصض

موا بوا فيه أوالدمه عىل القراءة من غ�ي أن ي�ض ن يدرئا جرت عادة أهل تلك البالد �ب

ضوإ�

تف

م معانيه عندمه حمظور. تفض

معناه. بل �

مون عبارة الكتاب املذكور . فكذلك ال ي�ضون مع�ض حاء وم�ي وقاف مثال م ال يف�ت وامك أ�ض

إذا قرؤوها. طيخ طيخ.

حوا. وا أو يتفق ض أن يتف�ت ك�ي م املسا يدون لرعي�ت ض والدنيا ال �ي والظاهر أن سادتنا رؤساء الد�ي

هل والغباوة. أع أع ي همامه احلبض

ض � اولون ما أمكن أن يغادرومه متسكع�ي بل �ي

ا الكتب املفيدة ي أن ينشئوا هلم هناك مطبعة تطبع ف�يض

دوا � إذ لو شاءوا غ�ي ذلك الج�ت

بة. � � بية أو معر سواء اكنت عر

هل والعمه ي احلبض

�ب أوالدمه � ذلت أن �تئعزة لعبيدمك اال

ئضون �ي سادتنا اال فكيف �ت

عزوى عزوى

غ�ي غرافية وال شيئا ض واحلب بية وال احلضط واحلساب والتار�ي وإن يكون معملومه ال يعرفون العر

لملعمل من معرفته. تعزى تعزى

ذلك امم ال بد

والد. غ�ي أنه ئا عىل كث�ي من هؤالء اال اعة وحذق من الهل تعاىل �ب فمك لعمري من ملاكت �ب

يث مل م عىل صغر، �ب ا ف�ي فئت جذو�تج ط لفقد أسباب العمل وعدم ذرائع التأديب والتخر�ي

. أوه أوه م نتف التحصيل عىل ك�ب ا �ب كن أن يثق�ب �ي

عىل إنشاء . ال يعجزمك أن تنفقوا كذا وكذا كيسا ض �ي ض امل�ش مد الهل من املتمول�ي هذا وإنمك �ب

مدارس وطبع كتب مفيدة. أيه أيه

ي به �ي كنه أن �ي يث �ي ، �ب ، وقدر جس�ي فإن لبطرك الطائفة املارونية دخال ل وقع عظ�ي

ض من سبقومه إىل لك ء ب�ي يي �ش

ضي املنافسة واملباراة �

ضي ال مه هلا �

قلوب طائفته هذه التارزة ال�ت

عمل وفضل. هيس هيس

ا فقط رد العمل �ب نية حملب بية وال��ي ض العر و اللغت�يض

ي �ض

ا ههم أن يتعملوا بعض قواعد �ضوإ�

من دون فائدة. آه آه

ض وال أن ض اللغت�ي ي هات�يض

محب كتا�ب أو كراسة مفيدة � م �ت م�ضن أن أحدا

آإذ مل يعمل إىل اال

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02

ق أمحد فارس الشد�ي (1887 -1805)

بية ض العرب امك أنه من مؤسسي الصحافة العر بية وأمه املصلح�ي ضة العر ز رواد ال�ض من أ�ب

نية وعلوم البالغة والالهوت. انتقل إىل مرص بية وال��ي ي لبنان تعمل العرض

احلديثة. ولد �

ا بية، وم�ض ا اللغة العر ف�ي

دب والشعر. �ش سافر إىل مالطة وعملئبع دراسة اللغة واال حيث �ت

ض بية. سافر إىل تونس واعتنق الد�ي ة التوراة إىل العر محب ي �تض

ا حيث معل � إىل فرنسا وإنلك�ت

ي وائب” ال�ت ورة “احلب ة. أصدر �يفته امل�ش محب ي ال�ت

ضسالمي �ش توجه إىل اسطنبول ومعل � االإ

تمع فأراد ل العمل والتعمل ي أدبه احملبض

ق � . انتقد الشد�ي سالمي ي العامل االإض

رة واسعة � لت �ش �ض

ر . من أ�ش ض قدم�يئر عىل أساليب اال دب و�ش

ئوأراد أن تكون املرأة حرة مثقفة، امك نقد اال

اسوس عىل ”، “احلب ي أحوال أورو�بض

بأ � ي أحوال مالطة”، “كشف احملضض

أمعال “الواسطة �

ض نوع مع ب�ي ب لها �ي ر أمعال وأمحب ق” وهو أ�ش ي ما هو الفار�يض

القاموس” و “الساق عىل الساق �

ق، اال� ض الفار�ي ة الذاتية وأدب الرحالت صيغ عىل شلك نقاش حواري ب�ي فريد للس�ي

قة”، زوجته الواعية املثقفة، ق” و”الفار�ي املنحوت من ا� الاكتب “فارس” ولقبه “الشد�ي

لبنان ي ض

ا � ي عاي�شتمعات ال�ت عراف وتقاليد احملب

ئانتقاداته لالعتبارات الدينية واال نه مصض

ية. لتور سلوب رائع وساخر مىلئ �بئا وفرنسا وذلك �ب ومرص ومالطة وتونس وإنلك�ت

ق ي ما هو الفار�يض

الساق عىل الساق �دي أو التيس ا إىل احلب س النحوس والعقرب شائهلت بذن�ب

ضي طالع �

ضق � اكن مولد الفار�ي

والصالح والنباهة الوجاهة ذوي من والده واكن الثور، قرن عىل ماش وال�طان

مر� مر�

� � �ب ك�ب من كي�ما. �ب ما أ ما اكن أوسع من دنياها وصي�ت إال أن دي�ض

بال والبيد. ي احلبض

اج ثناء يثور � ما عب واكن لطبل ذكرها دوي يسمع من بعيد. ولزوابع شأ�ض

حت ب�ئ فضلهما ض ما. تعطلت سبل دخلهما. و�ض ما واعتشاء الوفود لد�ي ولتكر�ي العفاة عل�ي

ازات ]...[ وه وه ض ا إال �ض فمل يبق ف�ي

ا جعاله عند ضبية. وإ� ما أن يبعثاه إىل الكوفة أو البرصة ليتعمل العر ي طاق�ت

ضفلذلك مل يعد �

ا. و�ي و�ي ي سكنا ف�يية ال�ت معمل كتاب القر

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ض خ�ي ن و�ي ي رقا�بض

يط فروة فيضعنه � د �ش ي ال�بض

فيف، وهلن � أو )الشيت(، أو )البفت( احلض

زام رفيع ضمن �ب �ت ، ومن عوائدهن أن �ي ض طرفيه اكملآزر ح�ت يصل بطرفيه إىل قرب القدم�ي

.ز الردف كثيفا ، وي�ب

يفا

ضن ح�ت يظهر احلضرص � فوق أثوا�ب

ريس هات مدينة �ب ض ي من�تض

ه املسم ض ر�ي ي �تض

وقد قلنا إن الرقص عندمه فن من الفنون وقد أشار إليه املسعودي �

ا إىل بعض، فليس عضاء ودفع قوى بع�ضئي موازنة اال

ضو نظ�ي املصارعة �

ض“مروج الذهب” �

لك قوي يعرف املصارعة، بل قد يغلبه ضعيف البنية بوساطة احليل املقررة عندمه وما لك

ء واحد ير أن الرقص واملصارعة مرجهعما �ش عضاء و�ض

ئراقص يقدر عىل دقائق حراكت اال

نه نوع من العياقة والشلبنة ال من ئي فرنسا لك الناس واك

ضلرقص � لتأمل. ويتعلق �ب يعرف �ب

ي أرض مرص فإنه من ض

الف الرقص � ض ض احلياء �ب غ�ي خارج عن قوان�يائالفسق، لذلك اكن دا�

صوص ال ي�ش منه ط حمضضريس فإنه � ي �ب

ضوات، وأما � يج ال�ش نه ل�ت

ئخصوصيات النساء، ال

قص مهعا، فإذا فرغ الرقص عزهما آخر للرقصة ولك إنسان يعزم امرأة �ية الهعر أبدا

ئرا�

ي الرقص مهعن. ض

ض � ة الراغب�ي ا أو ال، وتفرح النساء بك�شض

الثانية وهكذا، وسواء اكن يعر�

ي مب�ض الكرنتينه؟1ض

رت دهشة الاكتب لدى إقامته � ي أ�شمور ال�ت

ئما هي اال

ض ومراتبه وطرق تناول؟2 كيف وصف الطهطاوي طعام الفرنسي�ي

ن؟3 ي لباس النساء الفرنسيات وكيف وص�ضض

ما الذي شد انتباهه �

قص الراقصات 4 اب الاكتب أم استناكره؟ وما رأيه �ب ض إعب ر رقص الفرنسي�ي أأ�ش

ت؟ املرص�ي

ر 5 ك�ش ما شد انتباهك أو أ�ش ي أو أي بلد آخر وما أ ا إىل بلد عر�ب ت �بت

صف رحهلت �

دهشتك من عادات ساكن البلد وتقاليدمه؟

. هل مسعت عن أحد الرحالت 6 ي دب العر�بئي اال

ضدب الرحالت ماكنة هممة �

ئال

دث عنه!؟ت

العرب القدماء؟ �

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ض أو �ن�يا كب�ي

ي لك طبلية �نا

ضلطبيخ فوضعوا � ، �ش جاؤوا �ب ، للك واحد كر�ي كرا�ي

يقطعه ي �نه شيئا

ضميع فيعىطي للك إنسان � ليغرف أحد أهل الطبلية ويق� عىل احلب

وال نسان بيده أصال لك االإ

ئلشوكة ال بيده، فال �ي ه �ب

ضي قدامه �ش يوصهل إىل �

لسكينة ال�ت �ب

ضمعون أن هذا أنظف وأسمل عاقبة. ، و�يب من قدحه أبدا ه أو سكينته أو ي�ش بشوكة غ�ي

ولو ي أوانيه أبدا

ضي �ون النحاس بل وال �

ض�

لكون أبدا

ئم ال �ي ج أ�ض

ضفر� وامم يشاهد عند االإ

يستعملون الصحون املطلية. وللطعام عندمه عدة مراتب ائي للطبخ فقط، بل دا�

ضمبيضة، �

بة، �ش لشور ا، فأول افتتا�م الطعام يكون �ب ت وتعددت لك مرتبة م�ض ا ك�ش معروفة، ور�ب

ا اكنت لسلطة، ور�ب �ب اوات �ش طعمة، اكحلضرصضئاال أنواع نوع من للحوم، �ش بلك �ب بعدها

خرصض منقوشة بلون السلطة، الصحون املطلية بلون الطعام املقدم، فصحون السلطة مثال

القليل، �ش يتعاطون منه م در، إال أ�ض اب احملض ل�ش كه، �ش �ب الفوا لك ئلكهم �ب تمون أ ض �ش �ي

نسان ملكا ي والفق�ي لك عىل حسب حال، �ش إن االإمر مطرد للغ�ض

ئوة، وهذا اال لشاي وال�ت �ب

م إ�ض �ش آخر، فيه طعاما ليألك غ�ي مستعمل

ه وأخذ �نا ي �نه غ�ي

ض�

ألك طعاما

و ض

ء مرتفع، � ينسان عىل �ش وا لنا آالت الفراش، والعادة عندمه أنه ال بد أن ينام االإ أحرصض

، غ�ي أنه رج منه أبدا ض ال �ض

انية ع�ش يوما

شي هذا احملل �

ضوا ذلك. لنا ومكثنا � ، فأحرصض ��ي

ا. ومن هذا �ض ي ر�يض

ه � ض ا والت�ض ي ف�ي�ش وفيه حدائق عظيمة وحمال متسعة لل�ت

متسع جدا

ار تقرقع، ء الليل وأطراف ال�ض ي تستمر عندمه آ�ضمهلت ال�ت ينة احملب البيت ركبنا العربيات املز

املدينة املصنوعة خارج القصور ا، من ي حواش�يض

لكنه � املدينة، ي ض

� بيت إىل ا �ب و��ض

ي هذا البيت ض

ريس ومدة مكثنا � ض التوجه إىل مدينة �ب كثنا منتظر�يض

ا، � دائقه وأدوا�ت �ب

اوي. ي البلد، وندخل بعض ال�تض

رج بعض ساعات للتسىلي � ض كنا�ض

ب احلشمة. ]...[ ر�بئمع ال معا للحرافيش، بل هي حمب اوي عندمه ليست حمب وال�ت

ي مالبس الفرنسيسض

ك�ش الرصم السود ئي اال

ضنيطة(، وأن نعاهلم � ج )ال�ب

ضفر� من املعروف عند�ض أن غطاء رأس االإ

ي الغالب ض

م � سود. وأما الفرنساوية فإ�ضئوخ اال ي الغالب هو احلب

ضأو “التاسومات” وأن لبا�م �

ختياره ما ، بل لك إنسان يلبس �ب خاصا

م ال يلزمون ملبسا عىل هذا امللبس، إال ا�ض

أيضا

ي غاية النظافة، ومن العوائد ض

ا هو �ضينة وإ� ذن ل العادة بلبسه، والغالب أن لب�م ليس ز

ئ �ت

ي ض

ت مالب�م، فإن املو� يغ�ي �ت

ت � �ي لبسة والصد�يئالعظيمة انتشار لبس القمصان واال

وه ض

ذا يستعينون عىل قطع عرق الواغش، فلذلك ال أ�ش للقمل و� سبوع عدة مرات، و�بئاال

ا نوع من احلضالعة، إال عند من اشتد به الفقر. ومالبس النساء ببالد الفرنسيس لطيفة، �ب

ن هو احللق ، فإن حل�ي ن، ولكن ليس هلن كث�ي من احلىلي غىل ما عل�يئض �ب �ي ض إذا �ت

خصوصا

امكم، وعقد خفيف ئن خارج اال ي أيد�ي

ضن ونوع من أساور الذهب يلبسنه � ي آذا�ض

ضاملذهب �

شة الرقيقة من احلر�ي ت

�ئي العادة اال

ض ولب�ن �

ا أبدا ي أجيادهن، وأما احلضالخل فال يعرف�ض

ض�

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01

رفاعة رافع الطهطاوي (1873-1801)

. ولد ي القرن التاسع ع�شض

دبية احلديثة وأحد كبار الكتاب العرب �ئضة اال من أراكن ال�ض

، و�فيا

ا محب وم�ت

وشاعرا

زهر. اكن الطهطاوي أديبا

ئي اال

ضي صعيد مرص ودرس �

ضي �طا �

ض�

لسن بصبغة أوروبية ئصبغ الثقافة املرصية من خالل مؤلفاته ومن خالل إدارته ملدرسة اال

ي العرص ض

بية � العر الوطنية والقومية للفكرة الوقت نفسه اكن رائدا ي

ضج، و� الطابع وال�ض

وائل ئي غريب عوائد اال

ضجرومية”، “قالئد املفاخر �

ئال اال احلديث. من أمه أمعال: “محب

اد والتقليد”، “مناهج ي االج�تض

”، “القول السديد � ض ض للبنات والبن�ي م�يئواخر”، “املرشد اال

ئواال

ال ”، “محب ض ض للبنات والبن�ي م�يئداب العرصية”، “املرشد اال

آي مباهج اال

ضلباب املرصية �

ئاال

ي ض

ض � �ي �ب ليص االإ ض و “�تض

ر أمعال � اد والتقليد” أما أ�ش ي االج�تض

جرومية”، “القول السديد �ئاال

ريس وانطباعه عنحياة ي �بض

فرنسا ومشاهداته � ” وي�ض أخبار رحلته إىل ض ر�ي �ب تلخيص

م وتقاليدمه. ض وعادا�ت الباريسي�ي

ض ر�ي ي تلخيص �بض

ض � �ي �ب ليص االإ ض �تي مدينة مرسيليا

ضي مدة إقامتنا �

ض�

لنا من سفينة السفر ض ي هي إحدى فرض بالد فرنسا، ف�ضقد رسو�ض عىل موردة “مرسيليا” ال�ت

م من أن من )للكرنتينة( عىل عاد�ت

ة، فوصلنا إىل بيت خارج املدينة معد ي زوارق صغ�يض

( قبل أن يدخل املدينة ]...[ ض بية ال بد أن )يتكر�ت أ�ت من البالد الغر

، به القصور احلدائق والبناء احملمك، فيه �ش إن هذا البيت الذي كنا فيه للكرنتينة متسع جدا

ض واحلياض، إىل آخره، ومل لر�ي ا �ب ا، وامتال�ئ عرفنا كيفية إحاكم أبنية هذه البالد وإتقا�ض

وا لنا عدة م أحرصض ا، وذلك أ�ض ي غال�بض

يبة � ت لنا أمور غر ي أول يوم إال وقد حرصضض

نشعر �

ي هذه البالد ض

نه �ئا، ال و مائة كر�ي للجلوس عل�ي

ضم، و� خدم فرنساوية، ال نعرف لغا�ت

لوس عن احلبرض، فضال

ئادة مفروشة عىل اال و سب

ضنسان عىل � يستغربون جلوس االإ

رض، �ش مدوا السفرة للفطور، �ش جاءوا بطبليات عالية، �ش رصوها من الصحون البيضاء ئال �ب

ي ض

وشوكة وملعقة و� من )القزاز(، وسكينا

لعجمية، وجعلوا قدام لك �ن قدحا ة �ب الشب�ي

ء فيه ملح، وآخر فيه فلفل، �ش رصوا حواىلي الطبلية ض من املاء، وإ�ض و قزازت�يض

لك طبلية �

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ي من مقاالت فكرية وخواطر د�بئتلف أنواع النتاج اال موعة عىل حمض توي احملب

ت�

تارة من أدب الرحالت والس�ي ة ومقاطع روائية وأخرى حمض نقدية وقصص قص�يوالقصائد املنثور الشعر من ومقتطفات م��ي معل إىل ضافة الإ �ب الذاتية وىل فرض بعض املعاي�ي عند

ئلدرجة اال يطاىلي �ب ية. إن التوجه للقارئ االإ الشعر

ية عىل تلك الشعرية لصعوبة نقلها معال الن�شئاختيار النصوص، إذ �ت تفضيل اال

ي إنسان ئلنسبة ال ا الشعر �ب ي يتمتع �ب

ة ال�ت هية الكب�يئ اال

ضيطالية، ر� إىل اللغة االإ

ي احلديث حقه ي الشعر العر�بتارات هذه ال ت�ض موعة احملض أن حمب

ض، ومن الوا� ي عر�ب

لد خاص به، وقد �ت االكتفاء ببعض القصائد واالقتصار عىل تاج إىل حمب و �يض

�ويل القصيدة إىل

تي والدة الشعر احلر و�

ضبعض الشعراء ملا يتمتعون به من أهية �

ي نفوس القراء الرغبة ض

ة االستبداد والقمع، عس أن يث�ي هذا العمل � سالح ملوا�بكتشاف املزيد من أمعال هؤالء الشعراء والتعرف إىل شعراء عرب عظماء ي ا

ض�

ض القا� وأدونيس وسعدي يوسف وآخر�ي ض مثل فدوى طوقان ومسيح آخر�ي، امك أن متطلبات ة والن�ش محب ل�ت ورات تتعلق �ب سف لرصض

ئم لال مه مل ي�ت إدرا�ب غ�ي

ض ال يتسع ء العرب الذ�ي د�بئدار الن�ش حالت دون إدراج أمعال للعديد من كبار اال

ي م، عىل سبيل املثال ال احلرص، بطرس البستا�ض م، وم�ض م ح�ت يفا�ئ أي معل الإ

ضة ويوسف إدريس وصنع الهل م التونسي من عرص ال�ض وفرنسيس املراش وب�ياكت وعالية راط، وحنا مينة وحيدر حيدر وكذلك هدى �ب ، وإدوار احلض اه�ي إ�ب

ي احلديث. دب العر�بئمه من أمعدة اال ادة وغ�ي ممدوح وحممد شكري وحممد �ب

ك�ش أ ضة ال�ض فنصوص عرص أيضا اللغوي التطور ار إ�ض إىل موعة احملب سعت

ها وسيالحظ من غ�يك�ش صعوبة وتعقيدا ي التقليدي وأ د�ب

ئسلوب اال

ئال �ب

ارتباطا

دب املعارص ئة ح�ت نصوص اال من تلك الف�ت

ي تبسيط اللغة بدءا

ض�

القارئ تدرجا

ك�ش سالسة بل اعتمد عىل بعض التعاب�ي املستقاة من الذي أصبح أ�ل وأدبية

ئعطاء النصوص اال بية الإ ة للك بلد من البلدان العر ض اللهجة العامية املم�ي

ا عىل التعب�ي عن املشالك اليومية. وقد حوفظ عىل تلك دة قدر�ت ولز�ي واقعيا

بعدا

ا تساعد القارئ عىل االطالع عىل تنوع اللهجات العامية. �ت التعاب�ي خاصة وأ�ضي والفكري مع تقد�ي فكرة عن د�ب

ئتقد�ي لك نص بملحة عن حياة اكتبه ودوره اال

موعة أسئهلت ملساعدة ايته حمب ي �ضض

خذ منه، وأدرجت �الرواية أو العمل الذي أ

دبية. ئاته الفنية واال ض كتشاف م�ي القارئ عىل ا

العرب الكتاب املزيد من إىل للتعرف العمل حافزا يشلك هذا أن عس

ي بلك روعته وغناه. والكتشاف العامل العر�ب

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ق والسياب ي الشعر اكلشد�يض

ي الن�ش أم �ض

م عىل التجديد سواء � ت أو لقدر�ت الز�يتمع بواقعية وصدق كنجيب حمفوظ أو ي رصد مشالك احملب

ضم الفائقة � أو ملوهب�ت

. يار قبا�ض ض ت من احملرمات ك�ض ة مواضيع اعت�ب معاحلب

ضة ي منذ عرص ال�ض نسان العر�ب ي شغلت االإتع�ب النصوص عن أمه القضا�ي ال�ت

ب أن يكون لغرب، وال عب ي نفسه االحتاكك �بض

ا � ي خل�ضات ال�ت ح�ت اليوم، اكلتأث�ي

من رحهلت الطهطاوي إىل فرنسا، وكذلك حاجته تارة مأخوذا أول النصوص احملض

ي من لك نسان العر�ب صعدة واملناداة بتحر�ي املرأة واالإئإىل التجديد عىل اكفة اال

ضة عامة، امك أدرجت نصوص من ض أدب عرص ال�ض أنواع االستبداد، وهذا ما م�يتمع التقليدي وأزماته، هيته وأخرى تعرض بواقعية مشالكت احملب

ئأدب املهجر ال

موعة ي احملبض

� هاما

ا ض لقضية الفلسطينية ح�ي لطبع شغلت النصوص املتعلقة �ب و�ب

نسان ي نفسية االإض

ية وملا خلفته من هزات معيقة � ية احملور ض ا التار�ي بسبب أهي�تدب إىل وسيهلت لملقاومة

ئويل اال

تي �

ضديب خاصة، ولدورها �

ئ، واملفكر واال ي العر�ب

ض ي تسليط الضوء عىل معق اهلوة ب�يض

ا � هلوية والوطن املفقود ولفعالي�ت والتمسك �با نصوص تفضح استبداد ضيفت إل�ي

ض والشعب، وقد أ مكة واملثقف�ي الطبقات احلا

ول ت

لفعل � تلف البلدان، �ب ي حمضض

ي � نسان العر�ب ي منه االإنظمة والقمع الذي يعا�ض

ئاال

أفاكرمه بسبب السجون م م�ض ون الكث�ي دخل ض مناضل�ي إىل الكتاب بعض ديب

ئاملناهضة للقمع واالستبداد بلك أشاكل وأنواعه، وهذا ما يؤكد عىل دور اال

لك ضد والرصاع نسانية االإ والكرامة احلرية أجل من النضال ي ض

� ي العر�بة التطرف باكفة عية والنفسية املفروضة عليه وموا�ب ت والقيود االج�ت الدكتاتور�يعية والسياسية موعة عىل نصوص تع�ب عن هذه القضا�ي االج�ت توى احملب

تأشاكل. �

سطورة أو الرجوع إىل ئا الاكتب إىل الرمز واال أ ف�ي ، وأخرى حلب ورص�ي

ضبشلك وا�

حداث وأسقطها عىل الواقع الراهن ئي فاستمد منه الشخصيات واال

ض اث التار�ي ال�ت ذات

رب من الرقابة املفروضة عليه، امك ي�ض هذا العمل نصوصا ي حماولت لل�ت

ض�

نسان بغض النظر عن عة إنسانية تطرح مشالك فلسفية ووجودية أقلقت االإ ض �ضهويته وجنسيته، وأخرى تعاحلج قضا�ي مرتبطة بتطورات حملية مع ما فرزه ذلك من ي

ي عىل حدة، اكلتحوالت العميقة ال�ت ضت أدب لك بلد عر�ب خصوصيات أدبية م�يكتشاف بية بعد التحرر من االستعمار، أو بعد ا ا بعض البلدان العر د�ت �شبدرجات بية وإن العر البلدان أدب لك ثيل

ت� إىل العمل النفط. وقد سع

بية بعض البلدان العريا ض ر�ي متفاوتة، بسبب الدور الفكري اهلام الذي لعبته �ت

ه ض �يتخرى الذي أثبت �

ئمثل مرص وسور�ي ولبنان دون إهال أدب البلدان اال

ة. خ�يئي العقود اال

ضوغناه �

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وليته وغناه وتنوعه، من ي بلك مسش مي هذا العمل إىل تقد�ي فكرة عن العامل العر�ب �ي، امك ض عالم أو كتب التار�ي تلفة معا تصوره وسائل االإ ة نظر أدبية وإنسانية حمض و�بهقه الظمل واالستبداد زمات و�ي

ئيسع إىل ر� صورة واقعية لعامل �ي تعصف به اال

ة والتوق إىل احلرية والتمرد عىل ب ه املشاعر النبيهلت والعواطف املتأحب ة وتن�ي من �بة أخرى. لك القيود من �ب

ض ض الذ�ي يطالي�ي يطاىلي عامة وإىل االإ تارات هذه إىل القارئ االإ موعة احملض تتوجه حمببطهم ض �ت ض العرب الذ�ي درسوا اللغة العربية خاصة وكذلك إىل أبناء املهاجر�يم روابط خفية ال يطوهلا الزمن وال البعد

ئم اال ا، وبلغ�ت وروها ر�ب ض ي مل �ي

م ال�ت ر�ضئ�ب

ي التعريف ض

ي أعددن هذا الكتاب، �ن الال�ت

ضكة بيننا، � وقد ولدت من رغبة مش�ت

ض النصوص مع ب�ي ب ي وتفرده وسعينا لسد احلاجة إىل كتاب �ي دب العر�بئوعة اال �ب

ض ونصو�م تار�ي يطالية مع إعطاء حملة عن الكتاب احملض ا إىل اللغة االإ �ت محب بية و�ت العرفاكر السلبية

ئ إىل دحض بعض اال

دف أيضا ي �ت

موعة ال�ت ي هذه احملبض

املدرجة �اءت ب

ضض عىل دور املرأة وعىل إنتاج الاكتبات العربيات � ك�ي لفعل �ت ال�ت املسبقة، �ب

ن. معال عدد كب�ي م�ضئموعة غنية �ب هذه احملب

ية ض ي عند إدراج النصوص كي تعكس التطورات التار�يد التسلسل الزم�ض �ت اع�ت

بيع ضة ح�ت الر من عرص ال�ض، بدءا ي ا العامل العر�ب ي مر �ب

ية ال�ت عية والفكر واالج�تض وما بعد احلرب العاملية الثانية ح�ت ض العامليت�ي ض احلرب�ي ة ما ب�ي بف�ت

ي مرورا العر�ب

مه عن اختيار ئواضيعه الراهنة1، لذا اكن املعيار اال دب املعارص �ب

ئنيات واال ال�ش

ا، بغض النظر عن أهية ر ف�ي ي �ضية ال�ت ض ه عن املرحهلت التار�ي النص هو مدى تعب�ي

م هي�تئاء اختيار بعض الكتاب ليس ال ب

ض� ، ض دبي�ي

ئاكتبه حسب تقي�ي النقاد اال

ية والسياسية والفكرية ض م عىل التعب�ي عن املرحهلت التار�ي دبية فقط بل لقدر�تئاال

ض ونبوية مو� ولطيفة ضوي، كقا� أم�ي ي عارصوها ولدورمه الفكري وال�ضال�ت

1 لملزيد راجع : Isabella Camera D’Afflitto, Letteratura araba contemporanea. Dalla Nahda a oggi, Roma Carocci, 2007

هيدت�

بقمل أمل سامل

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75 : كتاب احلب يار قبا�ض ض 22- �ض

79 ا: السفينة اه�ي ج�ب ا إ�ب 23- ج�ب

82 صية ض شت: محهلت تفتيش، أوراق س 24- لطيفة الز�ي

84 ي الشمس – عائد إىل حيفا ض

: رجال � ي25- غسان كنفا�ض

89 يوم جديد ض هدوقة: غدا 26- عبد احلميد �ب

93 27- سعد الهل ونوس: الفيل �ي ملك الزمان

101 28- حممود درويش: إىل آخري وإىل آخره

104 ي اليوم العا�ش ض

مر: النمور � 29- زكر�ي �ت

108 : خا�ت الرمل 30- فؤاد التكرىلي

111 31- غادة الامسن: فزاع طيور آخر

114 اكت ي �ب: الزي�ض ي

ال الغيطا�ض 32- محب

117 تلفة( يطالية حمض تارات شعرية من كتاب صنعاء )النسخة االإ ض املقاحل: حمض 33- عبد العز�ي

119 ل ي حتحوت إىل بالد الامسشيبة ب�ض يد طوبيا: تغر 34- حمب

121 �ت ي السيد كوا�ب ض 35- رشيد الضعيف: عز�ي

124 اث 36- سر خليفة: امل�ي

127 ؟ ض ا البدوي؟ إىل أ�ي ض أ�ي : إىل أ�ي ياه�ي الكو�ض 37- إ�ب

132 38- حنان الشيخ: مسك الغزال

135 مة

39- بنسامل محيش: العال

137 سد كرة احلب : ذا ي40- أحالم مستغا�ض

141 ب الشمس – رحهلت غاندي الصغ�ي 41- إلياس خوري: �ب

145 شعري: القوس والفراشة ئ42- حممد اال

148 ح 43- مو� ولد ابنو: مدينة الر�ي

151 44- رجاء عامل: طوق احلمام

154 ي املزعج هدل: أن�ض

ئ45- وجدي اال

157 : ساق البامبو 46- سعود السنعو�ي

159 47- مصط�ض خليفة: القوقعة

161 48- حممد الصغ�ي أوالد أمحد: قصيدة الفراشة

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احملتوى

7 هيد بقمل أمل سامل ت�

11 ض ر�ي ي تلخيص �بض

ض � �ي �ب ليص االإ ض 1- رفاعة رافع الطهطاوي: �ت

14 ق ي ما هو الفار�يض

ق: الساق عىل الساق � 2- أمحد فارس الشد�ي

17 ديدة : املرأة احلب ض 3- قا� أم�ي

19 : طبائع االستبداد ومصارع االستعباد ي ك�ب 4- عبد الرمحن الكوا

21 نصاف 5- زينب فواز: االإ

23 ض هشام : حديث عيس �ب 6- حممد املويلحي

27 : إرادة احلياة – احلب ي 7- أبو القا� الشا�ب

29 8- نبوبة مو�: سفوري

32 ض هيلك: زينب 9- حممد حس�ي

34 ي ان: لمك لبنانمك وىلي لبنا�ض ان خليل ج�ب 10- ج�ب

38 11- حممود تيمور: � متوىلي أو املهدي املنتظر

41 ت املتوسط ض حا�ض : جولت ب�ي ي 12- عىلي الدوعا�ب

44 م �يئ: اال ض 13- طه حس�ي

46 كر السياب: أنشودة املطر 14- بدر شا

48 ف ر�يئي اال

ضئب � : مذكرات �ض 15- توفيق احلك�ي

51 وسيا ي �ب16- ميخائيل نعيمة: عالق�ت

53 مار ض – م�ي ض القرص�ي يب حمفوظ: ب�ي بض

� -17

58 18- جورج سامل: حاكية الظمأ القد�ي

61 ار واغتيال مرزوق بش

سئق املتوسط – اال 19- عبد الرمحن منيف: �ش

66 ر ت20- الطيب صاحل: حفنة �

ي النحس ي اختفاء سعيد ا�بض

يبة � : الوقائع الغر ي 21- إميل حبي�ب

69 م الستة �يئ املتشائل – سداسية اال

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دبأن روائع اال م تارات

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