STP - 2007 Giugno Marco · potremo capire dove siamo arrivati e in che direzione proseguire. ......

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L’icona di San Damiano conclude la sua catechesi evangelica presentandoci, come fosse in rilievo, il corpo vivo del Crocifisso Risorto. Il suo sguardo sicuro ci infonde fiducia.

Gesù decide che i suoi apostoli sono “grandi abbastanza” per prendersi la responsabilità di continuare l’opera del Vangelo nella storia, e per

“lanciarli” chiede per loro al Padre il dono dello Spirito santo.Dio in Gesù ha deciso di avere fiducia nell’uomo, e lo Spirito santo mantiene viva questa decisione fino alla fine dei secoli.Ma come facciamo noi a mantenere nel tempo una decisione? Come facciamo a permanere nella scelta di vita fatta?Possono aiutarci questi semplici “consigli evangelici”…

I Continuiamo a buttarci, ad investire tutto il cuore, tutta la mente, tutti gli affetti, tutto il corpo, tutto quello che siamo e abbiamo nella scelta fatta.

II Coltiviamo le sorgenti di affetto che danno energia alla decisione presa, curiamo con premura le relazioni umane con le persone coinvolte nella scelta.

III Manteniamo vivo, giorno dopo giorno, il dialogo con il Signore Gesù, condividiamo e confermiamo con lui le ragioni delle scelte fatte.

IV Facciamo memoria spesso della gioia profonda provata dopo aver preso la nostra decisione e ricordiamoci della serenità e della pace che si è così creata nella nostra vita

V Abbandoniamoci fiduciosamente nell’abbraccio di Dio nostro Padre, sapendo che lui non permetterà mai niente che non sia per il nostro bene.

VI Crediamo che le emozioni e i sentimenti “a pelle” non costituiscano un punto di vista affidabile e definitivo per cambiare le decisioni prese.

VII Cerchiamo di vivere una preghiera intensa e sincera: ci renderà capaci di educare emozioni e sentimenti, nel confronto approfondito con la nostra intelligenza e con la nostra libertà. Emozioni e sentimenti non possono rubarci la libertà imponendo la loro sottile dittatura.

VIII Impariamo a resistere nella fatica, nella prova, senza rinnegare le scelte fatte perché è arrivata la notte. Solo quando sarà tornata la luce potremo capire dove siamo arrivati e in che direzione proseguire.

IX Crediamo che per amore ha senso pazientare, attendere, sopportare, perseverare nella fedeltà.

E gli imprevisti? Scrive C. M. Martini: «Dio non permetterà mai niente che non sia per il nostro bene. Si tratta di un fortissimo atto di fede che è coinvolto nelle grandi scelte della vita: non scelgo

in quanto sono matematicamente certo e profeta sul mio avvenire (non so quanti saranno i miei anni, come andrà la mia salute, non conosco gli incontri che farò, ciò che mi accadrà), bensì perché credo di essere nelle mani di Dio e se, da parte mia, ho onestamente compiuto il la-voro del discernimento, posso giocarmi con gusto e tranquillità».(ID., Conoscersi, decidersi, giocarsi, Ediz. AdP 2005)

Chiediamo a Dio che il nostro amore aumenti sempre di più in cono-scenza e in sensibilità, in modo che sappiamo prendere decisioni giuste e mantenerle nella gioia e nella pace (cf. Fil 1,9-10)!

Chi scelgo di essere?

Fra Marcello

Non molto tempo fa mi è stato proposto di partecipare attiva-mente alla vita politica del mio paese, un piccolo comune della Provincia di Bergamo. Le elezioni amministrative del Sindaco e del Consiglio Comuna-le erano alle porte e Federico, un conoscente appartenente ad un movimento politico apartitico del paesello, aveva pensato a me quale potenziale candidata alla carica di consigliere comunale.In un primo tempo ho subito respinto la lusin-ghiera proposta al mittente: “ti ringra-zio, ma guarda non ho proprio tempo, sono così presa dal lavoro, perché non lo fai tu?”.In verità non solo non volevo spendere il “mio prezioso” tempo per gli altri, per quei cittadini che sento sempre e solo lamentarsi, criticare, pontificare e che talvolta non sanno nem-meno di cosa stanno parlando, ma molto più banalmente e semplicemente avevo… una gran paura di “metterci e rimet-terci la faccia”. Trascorreva qualche mese e di nuovo Federico mi ricontattava e mi invitava a “vivere il mio paese”.A quel secondo invito non ho saputo resistere: la passione sin-

cera e disinteressata di Federico per il bene della nostra comunità, mi ha spinta ad interrogarmi a fondo sulle reali motivazioni del mio iniziale diniego.Era quello ciò che realmente volevo? Stare a guardare e lamentarmi come fan tutti? Che fare?Solo allora ho compreso, inter-rogandomi con lealtà e sincerità,

che mi ero vilmente arresa all’egoismo

e alla paura e così ho cambiato idea…Oggi sono contenta di essere riuscita

a compiere quella scelta libera e oramai mancano pochi giorni al voto e spero che la nostra lista

civica possa vincere! La paura purtroppo miete molte più vittime della morte: soffoca le idee, gli ideali, annienta le

speranze, uccide amori, passioni, amicizie. Se ad essa si unisce l’egoismo non si va di sicuro da nessuna parte. Le cose e le persone che non possiamo scegliere sono davvero poche e stanno tutte all’inizio del nostro cammino (i genitori, lo Stato in cui si nasce…); in seguito, invece, la vita ce la giochiamo noi ogni giorno at-traverso ogni singola decisione che adottiamo. Noi siamo e diventiamo quello che scegliamo di essere e ogni scelta fa di noi una donna ed un uomo diverso.Una volta ho letto in un libro un’esortazione meravigliosa, un augurio di buona vita che rivolgo anche a te chi mi stai leggendo ora: “diventa ciò che sei”.Quando scegli di essere fedele a te stesso, ai tuoi ideali, quando non accetti compromessi allora sì che sei libero di scegliere, allora sì che puoi diventare ciò che sei! St

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Diventa

ciò che sei!

editoriale

Crocifisso di san Francesco,

“la figura di Gesù crocifisso e risorto”

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temperato dall’“obbedienza” dello scegliere. Il rischio di “accomodamento” un po’ servile dello scegliere è provocato dall’irruzione del nuovo decidere.Scegliere e decidere si danno nel movimento della volontà; anzi, secondo sant’Agostino, nel conflitto della volontà. Il potere di “dare inizio al nuovo” (“l’uomo fu creato per essere un inizio”. Roberta De Ponticelli, L’alle-gria della mente – Dialogo con Agostino), la “facoltà del nuovo”, di dare vita, di far essere qualcosa e di rinascere… lega volontà e creazione. Ma non immediata-mente, troppo facilmente (cioè banalmente).Occorre distanza dal volere proprio (quello narcisistico come quello intimorito, in cerca di continui rifugi) e capacità di abbandono (libertà dello spirito): “voler essere”, “essere volentieri”.Agostino parla di un “conflitto della volontà”, di una tensione, vitale, tra volontà “captiva” (prigioniera di se stessa, che ci avvolge nei suoi lacci) e volontà buona, di creazione, di generazione, nella volontà stessa.La scelta viene dal conflitto (non negan-dolo): di me viene in luce qualcosa che mi sospende e trascende ciò che io so di me; nella scelta non si esprime tutto di me: altro resta nel riserbo, nel mistero.I conflitti del volere sono veri e propri conflitti di identità, percorsi verso se stessi, strade di superamento. Un po’ nel timore dello smarrimento, un po’ nel fremito dello stupore. Camminando all’incontro, nelle decisioni e nelle scelte.Volendo e non volendo del tutto. Sono preziose le compagnie fraterne, le delicate e buone prossimità, le presenze amorose e non invadenti. Non si esce dal conflitto da soli, in orgogliosa affermazione di sé. E neppure disconoscendo le nostre parti di nulla. Lasciando spazio a sentire quel modo di essere liberi che è il semplice fiorire.

Ivo Lizzola (docente di pedagogia sociale all’università di Bergamo)

[email protected]

“fare il passo” o “prendere il passo” della danza della vita?

De-cidere è recidere, tagliare con la spada, chiudere ultimativamente. Si decide per qualcosa, segnando una distanza, una separazione. Un poco si sperimenta così la lacerazione nel proprio essere, nelle relazioni che ci costituiscono.Si decide per qualcosa, mentre si sceglie qualcuno. “Ti scelgo” dice continuamente chi ama. E non c’è esclusione, rescissione d’altri: c’è preferenza e canto, dedizione e indicazione, intimità e accoglienza. Relazione privilegiata senza essere esclu-dente, riservata e intima sapendo essere accogliente.Decidere taglia, scegliere feconda: questo ci dice l’etimologia. Il Figlio dell’uomo non nega le due dimensioni: “sono venuto a portare la spada”, dovrete separarvi dalle vostre radici, dai padri e dalle madri…! Lasciare e andare: all’incontro con il sé, con l’altro e con il vero; non trattenere e non appropriarsi di altri (donne e uomini, figli e figlie, amici, amati profondamente).Lasciare, serbare la distanza, anche definen-dola. Ma lasciare all’incontro.Lasciare, non per un delirio di autodeter-minazione, non lacerando, abbandonando; esponendosi in tal modo a una certa fascinazione del nulla, che pure ci abita nelle decisioni insieme al desiderio di vita.Decidere e lasciare volti all’incontro vuol dire offrirsi nella propria fragilità non più protetta, e non evitare le responsabilità dell’incontro con chi si affiderà a noi. Come avviene tra educatori ed allievi, medici e malati, madri e figlie, guide e principianti. Incontri di fragilità, attese e capacità: distribuite tra loro.Decidere e scegliere. E scegliere è fedeltà al bene ricevuto, è continuità nella relazione è consegna in una prossimità, è ricordo e memoria.Il rischio di “signoria” del decidere è

Un giovane oggi ci mette in media 34 anni a decidersi che cosa fare della sua vita. Questa è la media che fotografa il momento della decisione di fare famiglia. È troppo passare un buon terzo della vita e quella più carica di energie nel soppe-sare, lasciar decider agli altri, vivere in una nicchia, stare in stand-by, mentre si bruciano le migliori energie nel dubbio e nel tergiversare. Motivi ce ne sono tanti, ma nessuno è sufficiente a indurre un comportamento che dipende più dalla cultura che da veri impedimentiA Gesù si sono presentati un giorno tre persone che avevano capito che con lui occor-reva decidersi. Dove passava travolgeva. Non lasciava comodi. A tutti chiedeva di stare da una parte, dalla parte del Regno e ci si accorgeva che il Regno non era per le mezze cartucce, ma per gente decisa. Ebbene il primo gli dice: Io ti seguirei… si sta bene con te. Con te sono pronto ad andare dovunque. È da un po’ che ti sento, ho visto quanto bene vuoi alla gente. Tu non ti lasci sopraffare dal dolore, ma lo vinci. Ho visto che sai tenere testa anche ai notabili che io ho già scartato per sempre dalla mia vita. Ti vedo capace anche di fare valutazioni senza paura. Dici pane al pane e vino al vino. Sono scuro che con te starò bene dovunque. Ti seguo senza condizioni. E lui:

“Le volpi hanno tana e gli uccelli nidi, con me non c’è nessun loculo protettivo dove puoi stare tranquillo con il tuo stereo, la tua parabolica, il tuo fax, la tua mail e la tv a cristalli liquidi, il tuo cellulare, la tua raccolta di mp3, di mpeg, il tuo i-pod…”. E l’altro pure sembra deciso, ma gli dice: ti verrei dietro, ma fammi sistemare i miei affetti, non voglio rompere così di netto, non vorrei ferire. Il mio cuore non è molto soddisfatto, ma mi sembra che così mi passi meglio il tempo, ho paura della solitudine.

Torno a casa tutte le sere con una insoddisfa-zione generale, ma almeno ho passato la sera in compagnia di qualcuno. Adesso però ho capito che tutto questo non mi soddisfa, però un ultima rimpatriata me la lasci fare? Non è come l’ultimo spinello o l’ultima sniffata, non torno indietro, ma ci vuole un po’ di gradualità. E Gesù: “Se hai deciso non continuare a voltarti indietro; credi di fare il delicato, il sensibile, ma non t’accorgi che continui a rimandare, a lasciarti fasciare. Credi di fare una decisione calibrata, ragionata, ma con-tinui a crearti alibi, hai sempre bisogno di nuove conferme, di nuovi gradini. E se avessi il coraggio di tagliare, di fare un salto, di fidarti di me, di non mettermi continuamente sulla bilancia di quello che lasci?”. E l’altro ancora: ho deciso di seguirti, ma prima devo seppellire mio padre. La nostra legge dice che i genitori vanno onorati, che dobbiamo essere riconoscenti. Purtroppo non s’accorge che si sta facendo fasciare la vita, che gli fa comodo tirare in ballo sentimenti e doveri non secondari. Ha an-cora un papà e una mamma, ma li tratta ancora da materasso su cui scaricare tutte le frustrazioni non li inscrive in una dedizione generosa. E Gesù:

“Guarda che la cosa più importante è che tu dia la tua vita per incendiare il mondo non per stare ad aspettare gli eventi. Sei una sentinella del mattino o il becchino di un cimitero?”. Gesù è così. Non distrugge i sentimenti, ma non si adatta al buonismo. Non spegne il lucignolo, lo stoppino che fa fatica ad ardere, ma vuole radicalità; non gli vanno le mezze misure, le nostre melasse. Avere

davanti una proposta precisa è una fortuna per un mondo come il nostro che continua a parlare al condizionale, un mondo fatto di se e di ma, di conti-nue condizioni che spengono ogni slancio, con la parvenza di fare discernimento.

è difficilema riuscirci ti dà una grande pace

Mentre camminavano, un tale disse a Gesù: “Io verrò con te dovunque andrai”.Ma Gesù gli rispose: “Le volpi hanno una tana e gli uccelli hanno un nido, ma il Figlio dell’uomo non ha un posto dove poter riposare”.Poi disse a un altro: “Vieni con me!”.Ma quello rispose: “Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre”.

Gesù gli rispose: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti. Tu invece va’ ad annunziare il regno di Dio!”.Un altro disse a Gesù: “Signore, io verrò con te, prima però lasciami andare a salutare i miei parenti”. Gesù gli rispose: “Chi si mette all’aratro e poi si volta indietro non è adatto per il regno di Dio”.

(Lc 9,57-62)

Decidere elasciare volti

all’incontro vuoldire offrirsi nellapropria fragilitànon più protetta,senza evitare le

responsabilitàdell’incontro con

chi si affideràa noi: incontri di

fragilità, attesee capacità,

distribuite tra loro.

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«Deciditi una buona volta!». Già, fosse facile!Decidere è un’arte, come amare. “Nessuno nasce imparato”, tutti impariamo attra-verso il confronto con le scelte degli altri, in ascolto di altre esperienze che siano di decisione o di indecisione. E impariamo anche sbagliando.Possiamo arrivare a prendere una decisione dopo una fase di discernimento, cioè di lavoro interiore che ci permette di riconoscere in ogni circostanza quello che conviene fare. Sì, perché ogni situazione nella quale veniamo a trovarci ci riguarda, ci provoca a prendere una posizione, fosse anche quella disumana

di rimanere a guardare come spettatori incerti e anonimi.Ci troviamo spesso paralizzati dall’inde-cisione. Ci può capitare di essere incerti tra due o più scelte alternative rispetto alle quali non sappiamo sbilanciarci. Ma,

onestamente, in molti momenti la nostra indecisione è più

radicale: siamo incer-ti se ci convenga

prendere una qualsiasi deci-sione, o non sia meglio, piuttosto,

“fare glignorri” non cacciarcela

ed estraniarci dalla situazione

in cui di fatto ci troviamo, come se es-

sa non ci riguardasse. Così per molti la soluzione è sballare,

abbattere la tensione di vivere conceden-dosi tranquillamente qualche pausa “fuori di testa”.Forse dovremmo riconoscere, senza vergogna, che siamo indecisi a proposito di quello che conviene fare nelle singole situazioni perché, in realtà, non abbiamo ancora deciso se ci conviene vivere e per che cosa ci conviene vivere. Decidere, nella sua versione più sincera e interessante, è decider-si, decidere di sé, decidere del proprio percorso di felicità, del proprio percorso di amore: decidere della propria vita.Decidersi significa che io voglio essere il protagonista delle mie decisioni, che non

“mi lascio decidere” da nessuno, né per pigrizia né per paura.

l’arte di

decidereQualcuno pensa che dovremmo prima poter vedere dall’inizio alla fine il film della nostra vita e così, sapendo in anticipo tutti i finali, potremmo fare le scelte giuste. Ma per grazia di Dio il film della nostra vita lo giriamo in diretta noi stessi, attimo dopo attimo, impegnando la nostra libertà. Per scoprire quello che ci conviene scegliere nella vita dobbiamo pri-ma di tutto ritrovare il coraggio dei nostri desideri. Dobbiamo permettere ai nostri desideri di lottare con la realtà. Così i desideri crescono, si approfondi-scono, spesso si correggono e si modificano, ma alla fine si rivelano realizzabili. Altrimenti diventano tristi, si riducono ad essere patetiche nostalgie che provocano sofferenza e frustrazione.Viviamo se crediamo che i nostri sogni si possono realizzare nella nostra vita, in dialogo con la realtà: questo significa centrare la nostra vocazione.Il discernimento sulle possibilità concrete che la vita ci mette davanti è possibile soltanto se ab-biamo delle speranze, dei desideri, delle promesse da inseguire.Quando spegniamo i desideri ci rifugiamo in una prima illusione: l’autonomia personale intesa co-me autarchia. Io basto me stesso, la mia felicità me la costruisco tutto da solo e non ho bisogno di nessuno. All’interno di questa visione non ci impegniamo più a decidere di fronte alle provocazioni della vita pensando che non si tratta di cose serie e uniche: c’è sempre un tempo per prendere decisioni, ci saranno altre occasioni, tutto può essere rimandato, recuperato in un altro momento, cambiato, ritrattato.Una seconda illusione è quella di ridurre il nostro io al minimo,

i nostri desideri al minimo. La nostra vita si riduce al godimento di piccoli piaceri verso i quali si inclinano le nostre piccole voglie, disprezzando gli ideali più grandi che vengono ritenuti pericolosi e irrealizzabili. Finisce così che i nostri piacevolistati d’animo diventano il finedella vita, mentre i nostri spiace-voli stati d’animo diventano lafine della vita.Una terza illusione è quella di rifugiarci nel culto di ideali così grandi e perfetti da rendere im-possibile la loro realizzazione nella nostra storia. Un modo furbo per non fare i conti con i limiti della realtà e delle persone.Un’ultima illusione è quella di pensare che non c’è niente da decidere: bisogna soltanto obbedire alle regole, alla legge che c’è già e questo permette di sapere sempre in ogni occasione cos’è giusto fare. Una forma speculare di questa illusione è quella di ritenere che bisogna trasgredire, fare il contra-rio di quello che la regola dice e così certamente la scelta è giusta.

«Gesù diceva ancora alla gente: Siete capaci di capire l’aspetto del cielo e della terra, e allora come mai non sapete capire quel che accade in questo tempo? Perché non giudicate da soli ciò che è giusto fare?» (Lc 12, 56-57).

Il tempo di cui parla Gesù è “questo tempo”, il nostro presente:

Gesù ci dice che noi, ascoltando lui, siamo in grado di scorgere nel presente le occasioni giuste per giocarci, le scelte che ci consento-no di realizzare noi stessi e i nostri desideri.Nella relazione con Gesù noi possiamo dare credito al tempo della nostra esistenza che non si riduce allo scorrere senza significa-to di attimi sterili ma è una storia di salvezza che ci offre “tempi giusti per...”, occasioni feconde per scegliere di compiere opere belle, le opere di Gesù che possono darci tutta la felicità della quale siamo assetati.

Dice la leggenda di San Lorenzo che ogni volta che una

stella cade dal cielo s’avvera un nostro desiderio. La caduta di una stella lascia una traccia brevissima, quasi istantanea. Perché noi possiamo approfittare di quell’istante, è

indispensabile che teniamo sempre pronto un desiderio nel cuore. Tutta la nostra vita è come

una notte di San Lorenzo.Il pericolo è di sospendere i desideri e

non essere mai pronti all’appunta-mento.

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decidere per sempre

ed essere felicidecidere per sempre

ed essere feliciNel vangelo secondo Matteo al capitolo diciannove troviamo questo episodio

“Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna? Gesù rispose: Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti. Ed egli chiese: Quali? Gesù rispose: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso. Il giovane gli disse: Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora? Gli disse Gesù: Se vuoi essere perfetto, và, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi. Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze”. Poco prima, al capitolo tredici, invece, tro-viamo Gesù che racconta questa parabola sul regno dei cieli:

“Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra”. Entrambi i testi riguardano circostanze in cui la persona deve prendere una decisione. Il giovane ricco è un uomo animato da un desiderio giusto. Incontrando Gesù, è rima-sto colpito dalle sue parole e dai suoi gesti, dai miracoli operati e si è convinto inte-riormente dell’eccezionalità di quell’uomo. Ha sentito crescere in sé il desiderio e la nostalgia della vita vera. Soprattutto ha capito che la vita eterna non è un’ utopia

o una favola ma una possibilità reale. Per questo ha sentito sorgere una domanda incontenibile: cosa devo fare per avere la vita piena? Aveva il desiderio giusto: la vita eterna, cioè la vita-vita, non quella effimera dei falsi ideali che durano un giorno o una stagione. Aveva la domanda giusta e l’aveva fatta alla persona giusta: a Gesù! Ed il Signore prende sempre seriamente le nostre domande vere. E così, dopo aver constatato l’impegno di questo giovane con i comandamenti, lo invita a decidere per la vita: “vendi quello che possiedi, poi vieni e seguimi”! Lascia tutto! perché hai trovato tutto, il Tutto della vita, il senso profondo e definitivo di tutte le cose! Ma quel giovane non decide per la sequela, è troppo attaccato ai suoi beni, ha paura di perdere la propria autonomia, la propria li-bertà, la sicurezza delle cose che sembrano acquisite. E così facendo, dice il Vangelo, se

ne va via triste! Ecco: quando si incontra la realtà che risponde alla domanda sul senso della vita e non si decide per essa, nasce nel cuore una amara tristezza. Che nel tempo viene confermata, perché proprio quei beni che si ha paura di perdere in realtà nel fr

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tempo si consumano e alla fine ci rimane in mano solo un po’ di cenere.Anche la parabola del tesoro nel campo riguarda la decisione da prendere di fronte al fatto di aver incontrato quello che vale! Ma qui la persona si muove diversamente: il Vangelo ci racconta che questa persona decide di vendere tutti i suoi averi per acquistare quel campo in cui è nascosto il segreto della felicità. Lo stesso fa il mercan-te che ha trovato la perla preziosa. Prende una decisione incondizionata: vende tutti i suoi averi per avere quella perla! Qui vediamo una libertà che rischia la decisione totale: vende tutto perché ha trovato il Tutto. Ed il Vangelo ci presenta lo stato d’animo di colui che ha preso la decisione: quell’uomo è pieno di gioia. Ecco la grande differenza tra i due racconti: il primo va via triste perché non ha deciso e si è lasciato risucchiare nell’anonimato della folla. Il secondo decide e per questo è pieno di gioia! Questi due brani evangelici ci permettono di prendere coscienza di noi stessi e di alcune cose importanti per la nostra vita. Innanzitutto, noi siamo stati fatti da Dio liberi e questa libertà è il dono più grande che ci è stato fatto. Ma essa non ci è stata data per essere “conservata” ma per essere “rischiata”. La nostra libertà è come una bella carta che ci accorgiamo di possedere e che dobbiamo utilizzare durante una partita con gli amici. La si deve tenere fino a quando arriva la combinazio-ne giusta, poi la si deve giocare, altrimenti ti

“muore in mano”. Così è la vita. Certo, il gio-vane ricco non deve seguire uno qualsiasi; il mercante non vende tutto per comprare

una perla qualunque o un campo generico. La libertà si compie quando si decide per quello che vale veramente la pena. Solo così fiorisce nel cuore la letizia e la gioia: la felicità di aver trovato quello che si cerca e di aver dato tutto per questo. Nella vita cristiana ci sono due modi con cui noi possiamo seguire Gesù decidendo con la nostra libertà, impegnando tutto noi stessi: il matrimonio e la sequela radicale di Gesù secondo i consigli evan-gelici. Infatti, tutte e due queste decisioni sono per sempre. L’amore chiede questa totalità. Quello che non può essere per sempre, in fondo, non può nemmeno

essere per un giorno. Que-sta è la legge della libertà e dell’amore. E chi ha accolto l’invito di Gesù a lasciare tutto e a seguirlo per sem-pre lo sa: qui comincia una gioia, che anche le fatiche e le difficoltà più grandi, non possono più togliere. San Francesco lo ha capito e per questo ha vissuto la perfetta letizia!

La libertà è

il dono più

grande che

ci è stato

fatto. Ma

essa non ci

è stata data

per essere

“conservata”

bensì per

essere

“rischiata”.

Quando si incontra la realtà che risponde alla domanda sul senso della vita e non si decide per essa, nasce nel cuore una amara tristezza.

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ini I sottili fili dell’aurora si stanno ancora sciogliendo

dalle spesse trame della notte, quando i due frati Minori, Massimo

e Leinad, si alzano. Non sono gli unici: alla fattoria la levata è prima del canto del gallo. Tutto si desta: rumori di imposte e di usci, di uomini e bestie, di ruote e carri testimoniano la vita che, pur in penombra, riprende a scorrere. Una buona massaia non li ha scordati: un po’ di latte caldo e del pane, arriva mentre i religiosi terminano la preghiera delle Lodi. Gli ultimi saluti, l’invito a ritornare e il viaggio riprende.La prima ora di cammino trascorre senza un motto: orazione del cuore e medita-zione. Poi sarà il tempo dell’istruzione: domande e risposte tra discepolo e maestro, commenti alle Scritture e al pensiero dei Padri, riflessione sulle parole e i gesti di

Francesco, il loro fondatore, il Poverello d’Assisi. Il bosco intanto accanto ai loro passi si sveglia: canti di uccelli – un cuculo monotono – fruscii di animali, i colori della primavera tra campi e alberi. “Sia lodato il Signore” recita frate Massimo. “Sempre sia lodato” gli fa eco Leinad. È il segnale con-

venzionale che scioglie il silenzio. E subito il più giovane: “Fratello Massimo, pensavo agli uomini e alle donne che abbiamo incontra-to alla fattoria di ieri, e nelle altre dove ci siamo fermati: pensavo alla loro vita, alla dignità del lavoro e della fatica, alla bellezza dei bambini, delle persone… di tutto… Che dici di quelli che parlano della nostra vocazione – essere frati e preti – come se fosse superiore alle altre? Talvolta trapela perfino un senso di disprezzo in certe affermazioni…”. Chiaro e netto, come sempre.

“Due sono i modi – Massimo risponde – per cercare di rendere grande la propria persona: c’è chi cerca di accrescere se stesso e

a Tommaso, nell’Evangelo di Giovanni, Ge-sù risponde proprio questo: Io sono la Via per arrivare al Padre. Questo io credo sia quella che ho indicata come “la chiamata alla vita divina”. Perché… noi lo sappiamo: entreremo nella comunione del Padre solo quando avremo imparato ad amare come Gesù. Ricordi che dice la Scrittura, vero? Chi ama conosce Dio, perché Dio è amore. Chi vive nell’amore è unito a Dio, e Dio è presente in lui. E in fondo, dimmi Leinad, che ha fatto Francesco d’Assisi? Perché lo chiamiamo santo? Forse perché aveva indossato un saio e un cingolo? O non è perché nella sua vita, con la sua vita

ha testimoniato che si può vivere come Gesù ha indicato, ossia amare Dio e i fratelli come li ha amati lui? E per concludere: Sono contento di te, Leinad. Sono contento che tu sappia vedere dignità e bellezza nella vita ordinaria: è uno sguardo divino…”. Ora il Maestro tace. Fratello Leinad è un po’ stordito, come al solito dopo aver parlato con Massimo. Ora avrà tempo per raccogliere i cocci del suo pensiero sulla vocazione, e

rifletterci, e cercare di crescere. È questa la meditazione? Chissà… Eppure… Un Dio che non sceglie per te. Un Dio che ti tratta da adulto. Un Dio che dà spazio e valore alla tua libertà, alla tua responsabilità… la capacità di dare risposte.Non lo sa nemmeno lui il perché, ma Leinad sorride.

scegliere: perché

grazia

e libertà

Dio è contento quando un uomo vive la sua vita in pienezza, come l’ha vissuta Gesù: è lui la Via per arrivare al Padre!

chi di sminuire gli altri. Quest’ultima mo-dalità – per quanto diffusa – non pare sia particolarmente… evangelica”. Si interrom-pe. Alza gli occhi, guardando prima il cielo et aere et nubilo, e poi continua: “Guardati dall’invidia, la tristezza per il bene altrui. Non essere mai gretto, Leinad: impara a essere generoso e grande nel pensiero e nel cuore. Come Dio, come la vita, come sora nostra matre terra, la quale ne sustenta e governa, e produce diversi frutti con coloriti flori et erba. Dio ci ha fatto liberi, Leinad, e rispetta fino in fondo le nostre scelte. E sai perché? Perché la sua Grazia per noi, non è altro che la libertà. Siamo le uniche creature a essere create libere. Le sole. E quando Dio l’ha giocata con l’uomo, la carta della libertà, sapeva di fare una grossa scommessa. Non si è rimangiato poi tutto, prendendosi la briga di stabilire un percorso per ognuno: tu dovrai fare il frate… tu ti dovrai sposare… Potremmo dire che in definitiva esiste una sola vocazione: la chiamata alla vita divina. È il messaggio proprio del Cristianesimo: l’uomo, per dono divino, è chiamato a condividere la natura stessa di Dio. Ma il modo con cui tale proposta da parte di Dio deve essere incarnata, ognuno di noi deve deciderlo in prima persona. È il nostro onore. E il nostro onere: ogni scelta comporta gioie e dolori,

conquiste e rinunce, soddisfazioni e responsabilità. Ma la scelta è di ciascuno. O credi forse che Dio sia contento se tu e io facciamo i frati? E più felice che se ci sposiamo? Ireneo di Lione dice: La gloria di Dio è l’uomo che vive. Dio è contento – è glorificato – quando un uomo vive la sua vita in pienezza, come l’ha vissuta Gesù:

Dio ci ha fatto liberi e rispetta fino in fondo le nostre scelte: la sua

Grazia per noi, non è altro che la libertà. Esiste una sola vocazione:

la chiamata alla vita divina. Ma il modo rispondere a questa chiamata ognuno di noi deve deciderlo in prima persona.

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“Se voi apparteneste al mondo, il mondo vi amerebbe come suoi. Invece voi non appartenete al mondo, perché io vi ho scelti e vi ho strappati al potere del mondo. Perciò il mondo vi odia”. (Gv 15,19)

Il sole sta sorgendo dietro la montagna. Il cielo è già pieno di luce ed ecco che i primi raggi si proiettano luccicanti nell’aria limpida dell’alba. In un attimo il disco abba-gliante di splendore risveglia la vita, pronto al caldo abbraccio ad ogni creatura.Una sinfonia di canti di uccelli accompagna l’inizio di questo giorno nuovo. Ammiro la vita ri-esplodere intorno a me e anche il mio volto è colpito dai raggi del sole: mi lascio accarezzare dal suo calore che penetra dentro di me, scalda il mio cuore e mi riempie di luce.La rugiada , dagli steli d’erba, si scioglie feconda di goccia in goccia nella terra. La brezza mattutina trasporta i rintocchi della campana che richiama i frati alla preghiera. Mi alzo, col saio umido, ebbro di meraviglia.Da ormai tre anni ho iniziato a muo-vere i miei primi passi sulle orme di frate Francesco d’Assisi. È straordinario cogliere l’armonia che il Padre ha abilmente intrecciato tra la sua e la mia vita, che continueremo a comporre insieme con fedeltà e perseveranza per tutto il tempo della mia esistenza: sono grato al Signore di avermi fatto incontrare un frate che mi ha accolto e a cui ho potuto affidarmi, che mi ha aiutato ad apprezzare la vita con sguardo evangelico. Il bello è proprio cercare di vivere il Vangelo con i fratelli con cui il Signore mi fa condividere questa vocazione, con i miei limiti e le mie capacità: ogni giorno mi riscopro amato da Gesù e ringrazio il Padre che mi chiama per nome a consa-crarmi a lui, fidandosi di me gratuitamente e liberamente.È una gioia immensa abbandonarmi tutto nelle sue mani e sentirmi plasmare come parte di un dono d’amore infinito.

“Il regno di Dio è simile a un tesoro nasco-sto in un campo. Un uomo lo trova, lo nasconde di nuovo, poi, pieno di gioia corre a vendere tutto quello che ha e compera quel campo.” (Mt 13,44) Non appropriar-

mi più di nulla, libero di essere felice: è impegnativo, ma è gioia pura.Mentre cammino, un sassolino mi entra nel sandalo e punge sotto il piede, disto-gliendomi dai miei pensieri; mi fermo, tolgo il sassolino e mi torna in mente il modo buffo con cui una persona cara mi ha chiamato: “fra Samuele calzato di sandali”. Passo dopo passo mi accorgo che i sandali si consumano e i talloni sfregano sulla nuda terra: è quando sembra di non poter scendere più in basso, di non bastarmi più e in cui è forte il desiderio dell’amore di Dio che il Papà celeste mi abbraccia con amore ardente e nel suo Spirito si prende cura di me.

“Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi: rimanete nel mio amore! Vi ho detto questo, perché la mia gioia sia anche vostra, e la vostra gioia sia perfetta”. (Gv 15,9.11)Scegliere liberamente di seguire, con Fran-cesco d’Assisi e gli altri fratelli, le orme di Gesù, che dà tutto se stesso amando anche me, pur se a volte sbaglio strada o non la vedo, è una gioia dal profumo più fragrante del fiore più profumato che può sbocciare su questo mondo!E con Maria, dimora materna consacrata a Dio, mi rivolgo al Padre dicendo “Eccomi, sono la serva del Signore. Dio faccia con me come tu hai detto.” (Lc 1,38).

nella tua volontà

è la mia gioia

Scegliere liberamente di seguire, con Francesco d’Assisi e gli altri fratelli, le orme di Gesù è il passo necessario verso la gioia che Gesù desidera per me, verso una gioia perfetta.

SE PROVI A VOLARE (breaking free)testo: Luca Dirisio; musica: Jamie HoustonLUCA DIRISIO, La vita è strana (repack), 2006

Se provi a volare ti accorgi che qualche stella sta lì per noi e sfiorandole sei più libero.Tu lo sai che il mondo non ti accetta mai per quello che sei e allunga le distanze per dividerci.Ma se tu mi sarai accanto, io ci crederò.

[Più liberi] Se provi a volare ti accorgi che qualche stella sta lì per noi e sfiorandole sei più libero, sei più libero.

E la senti forte, come un’onda blu dell’oceano un sentimento enorme, proprio dentro te [dentro te]. Stringimi la mano ed io non ti lascerò.

[Più liberi] Se provi a volare ti accorgi che qualche stella sta lì per noi e sfiorandole sei più libero, sei più libero.

E corri, dai tutto per essere fino in fondo quello che vuoi. E se ce la fai, sei più libero, sei più libero.

E niente chiederò, se vorrai ci sarò, canteremo per il mondo; che se vuoi ce la fai, proverò, proverai perché tu sei libero.

Se provi a volare ti accorgi che qualche stella sta lì per noi e sfiorandole sei più libero, sei più libero.

E corri, dai tutto per essere fino infondo quello che vuoi. E se ce la fai,

sei più libero, sei più libero Tu lo sai che il mondo non ti accetta mai per quello che sei.

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Prova a volare!Chi scelgo di essere? Chi scelgo? Ma scelgo?Sono tre domande che tra loro hanno indubbiamente un

forte legame, perché riguardano me e la mia vita e perché la loro risposta condiziona tutto il mio essere; e se volessi davvero dar loro una risposta dovrei partire dall’ultima e risalire alle altre per trovarci un senso… Scelgo? Nella vita mi sono mai trovato a dover scegliere qualcosa, a prendere una decisione importante per me e la mia vita? Beh, qualcosa di simile senz’altro è successo a tutti noi; e dopo l’iniziale senso di smarrimento e di paura, non è forse subentrata una crescente gioia, per la sensazione di aver fatto la scelta giusta? Le incertezze, poco per volta, si sono diradate e quelle stelle che sembravano lontane e così mutevoli sono diventate sempre più nitide e così vicine da poter essere toccate, sfiorate, e tutto perché ho provato, ci ho creduto e ho creduto in me, nella mia libertà…Chi scelgo? Le mie scelte condizionano la mia vita, ne sono cosciente, ma forse troppo spesso lascio che siano altri a decidere, mi lascio condizionare preferendo la loro compagnia a quella che avrei col vero me stesso, magari a quella che ho scoperto con Gesù, di cui però un po’ mi vergogno. È difficile sentirsi accettati per ciò che si è, soprattutto se siamo così originali da preferire e scegliere Qualcuno, che altri invece spesso ignora-no o snobbano...Chi scelgo di essere? Come posso allora, nella fragilità e nella piccolezza dei miei dubbi quotidiani, avere il coraggio di prendere una qualsiasi decisione per me, su di me? È difficile spiegarlo a parole, più semplice è condividere ciò che ho provato e sperimentato... non so dire bene il perché, ma più volte ho

“sentito” che era la cosa giusta, la scelta giusta e la Persona giusta per me. Qualcosa dentro me, una forza molto più grande di me, mi supera e riesce a farmi capire, a pelle, quando è il momento giusto per scegliere chi essere!È il momento in cui non mi preoccupo più di ciò che gli altri pensano di me, di come dovrei essere ai loro occhi: ora scelgo di essere importante prima di tutto per me stesso, di dirmi che, se c’è qualcuno per cui valga la pena scegliere, quel qualcuno sono prima di tutto IO e poi Lui, Gesù, uno dei pochi che mi stringe la mano non per trattenermi ma per aiutarmi, che mi sta accanto non per godere della mia caduta ma per rimettere tutto in gioco con me e per me... e tutto nella massima liber-tà: è uno dei pochi “amici” che si propone e chiede di essere accettato come compagno di viaggio per questo mondo, che non ti accetta se ciò scegli è contro la sua logica, ma che è lo stesso per il quale poi impegni la vita se scegli di essere dalla parte di Gesù.

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Elisa

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Carissimi,scrivo queste righe per tentare di raccon-tarvi un pò della mia vita,delle scelte che ho fatto.Ero una ragazza di 17 anni quando ho incontrato l’Opera-zione Mato Grosso,un gruppo di ragazzi che lavorava,si sporcava le mani per poter raccogliere soldi per aiutare i più poveri.Da subito mi è piaciuto,trovavo lì un ambiente naturale e semplice,dove si parlava di carità,di sacrificio,di dare la vita per gli altri.Forse spensieratamente e senza render-mene conto, mi ci sono buttata dentro, ho fatto gruppo, che è la palestra per aiutarsi a condividere l’ideale, ed è così che insieme ai miei amici del gruppo presi la decisione di andare in missione per 6 mesi.L’incontro con i poveri è stato importan-tissimo, mi sono commossa. Mi sono resa conto che io dalla vita avevo avuto tutto e invece questa gente non aveva nemmeno il poco che serve per vivere.Così,anche se con un pò di paura e nel dubbio di non essere all’altezza, decisi di provare a fare una scelta più seria, più definitiva, di vivere la mia vita in missione.Adesso sono 23 anni che vivo in Ecuador, in una missione che si chiama quindisilli.Vivo con circa 50 ra-gazze, seguo una casa che accoglie i bambini abbandonati, 10 asili e vari oratori sparsi sulle Ande per un totale di

1500 bambini.È chiaro che non è sempre facile, che i bisogni sono sempre tanti e a volte mi sento così impotente...Pensando alla mia vita mi sento fortunata. Sono contentissima del cammino che ho fatto e ringrazio padre Ugo che, con la sua vita, mi ha

indicato un modo diverso per vivere.L’O.M.G. mi ha messo nel cuore il desiderio di Dio. Non ho nessuna certezza, solo la speranza di incontrare GESÙ. So che devo camminare ancora molto, che devo fare una carità smisurata e far si che la morte, quando verrà, non abbia niente da portar-mi via.Così mi resta solo di ringraziare l’O.M.G., padre Ugo, tanti amici che hanno condi-viso lo stesso ideale, lo stesso desiderio di vivere una vita più vera.Anche a voi ragazzi vorrei dire che vale la pena di vivere un cammino serio e radicale perchè solo così riusciremo a capovolgere il nostro modo di essere e di pensare.Se posso riassumere ciò che ho vissuto direi che ho cercato di capovolgere i pronomi personali: Io-Tu-Lui in Lui, Dio, un desi-derio, una speranza, da mettere al primo posto da sussurrare... Il “Tu” è da gridare, fa

muovere piedi e mani, sono gli altri,i poveri, chi ha bisogno. Se riuscire-mo a lavorare per chi ha bisogno la sera saremo così stanchi da dimenti-carci il nostro “Io”.Dai ragazzi ne vale la pena! Vi abbraccio di cuore.

sporcarsi le mani si può

I nostri Vescovi hanno lanciato ai giovani italiani la proposta di un percorso nazionale articolato in tre anni battezzato Agorà dei giovani italiani.

Il primo anno pastorale 2006/2007 è dedicato all’ascolto del mondo giovanile. Esso costituisce una prima dimen-sione della missione. L’obiettivo è infatti portare la Chiesa (le comunità, i giovani, i sacerdoti, gli operatori...) fuori dei propri spazi tradizionali, per instaurare nuove relazioni con i giovani, sul terreno della speranza, desi-derata, cercata e vissuta negli ambiti della vita quotidiana. A questo scopo viene utilizza la griglia di lettura, suggerita dal IV Convegno Ecclesiale di Verona: le relazioni affettive; l’esperienza della fragilità; l’impegno di citta-dinanza; la dinamica studio/lavo-ro - festa; il rapporto con le altre generazioni.Il primo anno è orientato all’incontro nazionale di Loreto 1-2 settembre. Il tema, “Come io vi ho amato” consegnato da Papa Benedetto, collega il farsi incontro della Chiesa ai giovani con il mistero del farsi incontro di Dio all’umanità, in Gesù Cristo. Il secondo anno pastorale 2007/2008 è dedicato alla dimensione interpersonale dell’evangelizzazione. L’obiettivo

è quello di proseguire nella dire-zione del “buttarsi fuori” intra-presa nel primo anno, sia a livello di testimonianza e presenza quotidiana negli ambienti di vita, sia come proposta di iniziative straordinarie di missione. Il momento centrale del secondo anno sarà la GMG di Sydney 2008: essa offrirà ai giovani la possibilità di approfondire il senso del mandato missionario per la propria esistenza cristiana, in un contesto culturale e sociale estremamente stimolante. La partecipazione, fisica o “virtuale”, all’evento di Sydney è quindi un passaggio importante per tutti coloro che sono coinvolti nel cammino triennale.Il tema, “Mi sarete testimoni” scelto dal nostro Papa, evidenzia che la passione per la missione è parte costituiva dell’identità di ogni cristiano, chiamato a contagiare l’esperienza gioiosa dell’incontro con Gesù Risorto.

Il terzo anno pastorale 2008/2009 è dedicato alla dimensione culturale e sociale dell’evangelizzazione. L’obiettivo è proseguire la scelta di “uscire fuori”, affrontando il compito di una testimonianza cristiana (personale, ma soprattutto comunitaria) esercitata sulle frontiere delle grandi questioni culturali e sociali. Tutto l’itinerario si concluderà con un evento vissuto simul-taneamente in ciascuna delle diocesi italiane, nelle piazze, nei santuari diocesani o in qualche

“nuovo santuario” del nostro tempo (centri commerciali, stazioni, cinema, piazze, stadi, luoghi dell’emarginazione...). Il tema, “Fino ai confini della terra”, sottolinea l’esigenza che l’annuncio del Vangelo si declini nei linguaggi e nelle culture dei giovani di oggi, portatori di diversità e novità rispetto alle precedenti generazioni. w

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dei giovani italiani

Il “Tu” è da

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ha bisogno.

Se riusciremo

a lavorare per

chi ha bisogno

la sera saremo

così stanchi da

dimenticarci il

nostro “Io”

la mia passione per il Mato Grosso

Nell’antica Grecia, l’agorà era la piazza centrale, circondata dagli edifici pubblici, dove si teneva il mercato e si riunivano i cittadini in assemblea. Era il cuore della vita sociale della città.Obiettivo dell’Agorà dei giovani è promuovere un nuovo slancio della pastorale giovanile, un protagonismo sempre più cosciente delle nuove generazioni nella “mission” della Chiesa. Il valore della missionarietà costituisce, infatti, la dimensione fondamentale della vita e dell’azione di ogni cristiano e di ogni comunità.

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La rivista viene inviata agli amici che sostengono le iniziative dei Frati Cappuccini per farne conoscere la vita, l’attività e i progetti.

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A questo numero hanno collaborato: Ivo Lizzola, Fra Marcello, Fra Paolo Martinelli, Fra Paolo Giavarini, Mons. Domenico Sigalini,

Fra Giorgio, Stefania, Samuele, Elisabetta Ungaro.

Finito di stampare il 13 giugno 2007

fra Giordano, come hai scelto?“...mi ha beccato!”