STEFANIA E SIMONE - teramani.info · cui si è iscritti all’Ordine della Giarrettiera, o...
Transcript of STEFANIA E SIMONE - teramani.info · cui si è iscritti all’Ordine della Giarrettiera, o...
n.
SANDROSANTACROCE
STEFANIAE SIMONE
CALENDIMAGGIOE LE VIRTÙ
pag. 5 pag. 8 pag. 20
109Maggio 2015
mensile di informazione in distribuzione gratuita
STEFANIA E SIMONELA COPPIA ASIMMETRICASTEFANIA E SIMONELA COPPIA ASIMMETRICA
l’EditorialeSO
MMAR
IOn.
3
4
6
8
10
12
13
14
14
15
15
16
17
18
19
20
22
24
26
28
29
30
L’occultamento della notizia
Buon compleanno Roma
Allarme droga a Teramo
Stefania e Simone, la coppia asimmetrica
Il libro del mese
Festival e Fiere del libro
Note linguistiche
Vetrai, vetrai
L’oggetto del desiderio
La resa al buio
La madre di Baltimora
La via delle Abbazie
Santacroce e il Paradiso di un comunista
Musica
Dura Lex Sed Lex
Calendimaggio e le Virtù
In giro. Le meraviglie di Rosciolo
A Giulianova, la scuola di Posillipo,tra vedute ed emozioni
Cinema
Coldiretti informa
Calcio
Pallamano
Direttore Responsabile: Biagio TrimarelliRedattore Capo: Maurizio Di Biagio
Hanno collaborato: Mimmo Attanasii, Maurizio Carbone, Maria Gabriella Del Papa, Maurizio Di Biagio, Maria Gabriella Di Flaviano, Gabriele Di Francesco, Carmine Goderecci, Maria Cristina Marroni, Orbilius, Antonio Parnanzone, Leonardo Persia, Sirio Maria Pomante, Sergio Scacchia, Rossella Scandurra, Zapoj Tovariš, Massimiliano Volpone.
Gli articoli firmati sono da intendersi come libera espressione di chi scrive e non impegnano in alcun modo né la Redazione né l’Editore. Non è consentita la riproduzione, anche solo parziale, sia degli articoli che delle foto.
Impaginazione: Imago ComunicazionePeriodico Edito da “Teramani”, di Marisa Di MarcoVia Paladini, 41 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930per l’Associazione Culturale Project S. GabrieleOrgano Ufficiale di informazionedell’Associazione Culturale Project S. GabrieleVia Paladini, 41 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930Registro stampa Tribunale di Teramo n. 1/04 del 8.1.2004Stampa: Gruppo Stampa AdriaticoPer la pubblicità: Tel. 0861 250930347.4338004 - 333.8298738Teramani è distribuito in proprio
è possibile scaricare il pdf di questo e degli altri numeri dal sito webwww.teramani.info
scriveteci a [email protected]
109diZapoj TovarišL’occultamento
della notiziaQuella che produce paragone
gni tanto, ma succede molto di
rado, mi tocca rinfrescare la lingua
italiana. E questo accade quando,
dopo avere rifrequentato per lungo tempo
i miei connazionali tutti sparsi per il
mondo, tutti lontanissimi discendenti dei
figli di quella buona donna di Medea che
non seppe resistere prima alle lusinghe
e poi alla straripante virilità di Giasone (sì
proprio quello del vello d’oro), devo tor-
nare a mettere da parte quella dei nostri
lontanissimi avi e riprendere gioiosamen-
te possesso della mia lingua di adozione.
Devo tornare a riprendere confidenza con
la lingua italiana, con il significato delle
sue parole, con il tempo dei verbi e la
costruzione dei periodi e soprattutto la
sua musicalità. Musicalità che alcuni fa
godere mentre per altri è causa di sbigot-
timento, di incredulità ma soprattutto di
presa di coscienza della propria ignoran-
za, inutilità ed incapacità acclarate, tutte
cose che per sopravvivere li porta a dover
leccare il culo a quei “potentati” ai quali
sono pesantemente asserviti. E sono tanti
quelli che stazionano sotto i tavoli dai
quali ogni tanto gli appartenenti a queste
categorie lasciano cadere poche briciole
delle ricche pietanze con cui stanno goz-
zovigliando e che, pur misere, danno un
po’ di respiro e qualche attimo in più di
sopravvivenza a questi miseri. Magari ac-
compagnando le briciole a ben assestati
calci nel culo o dove meglio capita, tanto
per ricordare loro, se mai lo avessero
dimenticato, chi comanda e a chi bisogna
obbedire. Le notizie, cari scribacchini
che passate la vostra vita a cercare
sensazionalismi in ogni dove, vanno date,
soprattutto se le stesse vi creano tormen-
to, afflizione e sofferenza. Qui si vedono i
Giornalisti, quelli con la G maiuscola, dei
quali però si stanno perdendo le tracce,
soprattutto quando non si deve dare solo
e semplicemente la notizia del risultato
di un incontro di calcio o di qualsiasi altro
sport si tratti e che due giorni dopo è già
vecchia. Oppure dare notizia del tempo in
cui si è iscritti all’Ordine della Giarrettiera,
o all’Ordine Militare di Savoia o a quello
dei Cavalieri di Malta. Molto però dipende
dalla Scuola che si è frequentata ma mi
risulta che i buoni Maestri, quelli con la
M maiuscola siano ormai ridotti all’osso e
soprattutto, vista la loro scarsità numeri-
ca, siano a disposizione di pochi, sempre
a condizione che quei pochi li si voglia
frequentare per crescere. Altrimenti da
chi ancora vi legge sarete ridotti alle
piccolezze che meritate.
O
4n.109
Buon compleanno,Roma
proprio questa la sensazione più forte: sentirsi al centro del mondo,
perlomeno quando si è giovani, poi si comprenderà che il mondo è
molto più ampio. Ma a vent’anni rubi tutto quello che puoi e qualcu-
no lo paga anche a caro prezzo.
Mi sono innamorata in Abruzzo, ma ho amato ancora sul Pincio, a
Villa Borghese, in Via Del Pellegrino, nel Giardino degli Aranci, a Villa
Ada, dentro La Sapienza, sotto la statua della Minerva, lì tra la facoltà
di Lettere e quella di Giurisprudenza, a piazza Navona, a Traste-
vere, in Rione Monti, in via Margutta perché come canta Venditti:
“Innamorarsi ancora/ è solo questa la novità/ innamorarsi ancora/
è straordinario come questa città”. Amare a Roma è più eccitante,
come girare in vespa di notte per la Città, lassù fino al Fontanone o
allo Zodiaco.
Nel cuore del Ghetto, tra piazza Mattei, con la famosa fontana delle
Tartarughe, e Portico d’Ottavia c’è un luogo a me carissimo, la libre-
ria-museo di Giuseppe Casetti, che apre quando gli pare e se vuoi
trovarlo devi aspettare. Lì ho trovato la prima edizione italiana del
Moby Dick di Melville, tradotta da Cesare Pavese e alcuni numeri di
Lacerba, Solaria, La Voce.
Lì dentro ci sono poi molti disegni d’artista, come Giosetta Fioro-
ni, Achille Perilli, Tano Festa, Stradone; uno straordinario archivio
fotografico di Luxardo, Secchiaroli, Mario Dondero, Ugo Mulas; intere
collezioni di riviste storiche del Novecento. “Un lavoro da minatore
della memoria, quello
di Casetti, al limite
dell’ossessione cata-
logatrice, prezioso per
chi volesse –magari
prendendo esempio
dal filosofo Walter
Benjamin –indagare
il sottosuolo privato
della città, fra dolce
vita e giorno d’inaugu-
razione del Vittoriano
con le maestranze a pranzo nel ventre del cavallo, fra delitto della
procace marchesa Anna Casati Fallarino e scontri fra studenti e
celere a Valle Giulia, fra epopea del mago di Napoli e le grandi parate
di Via dell’Impero”.
Proprio ora Roma è illuminata a
festa per il suo compleanno, dal
Foro di Nerva a quello di Augusto a
al Foro di Traiano, con il lavoro del
premio Oscar Vittorio Storaro e della
figlia Francesca, celebre lighting
design.
A Roma mi sono sentita come quella
bolla di sapone a cui un certo giorno
una farfalla bianca disse: “Er celo,
er mare, l’arberi, li fiori/pare che
t’accompagnino ner volo:/e mentre
rubbi, in un momento solo,/tutte le
luci e tutti li colori,/te godi er monno
e te ne vai tranquilla/ner sole che
sbrilluccica e sfavilla” (Trilussa).
ggi Roma compie 2768 anni, che sono tanti ma non troppi, in
fondo non stiamo parlando forse della Città Eterna? Secondo
la leggenda Romolo, così come riferisce anche Varrone,
l’avrebbe fondata il 21 aprile del 753 a.C.
Di Roma si può dare una interpretazione razionale e oggettiva, che
però non scal-
derà il cuore,
o una simbo-
lica. Chi ama
profondamente
questa Città ne
apprezza tutto:
la bellezza, la
magnificen-
za, ma anche
l’oscenità e la
miseria. Qui
“i cittadini si
trasfigurano
nelle più svariate comparse davanti a una scenografia dove profonda
sacralità e sciatteria profana si abbracciano in una rappresentazione
dell’assurdo” (Carlo Verdone).
Se arrivi a Roma a diciannove anni, cresci nelle sue viscere e ne
assapori tutte le potenzialità, che ti porteranno a superare il tuo
provincialismo e ad aprirti alla vita. Spesso tra le sue vie sei solo, ma
è quello che cerchi: vuoi immergerti
nella sua atmosfera, entrare nelle
chiese, calpestare la storia nel com-
pleto anonimato, per compagna solo
la giovinezza.
“Un’anima in me, che non era
solo mia,/ una piccola anima in
quel mondo sconfinato,/ cresceva,
nutrita dall’allegria/ di chi amava,
anche se non riamato./ E tutto si
illuminava, a questo amore/ forse
ancora di ragazzo, eroicamente,/ e
però maturato dall’esperienza/ che
nasceva ai piedi della storia./ Ero al
centro del mondo…”
Così Pasolini celebrava Roma ed è
O
La nostra Storia
di
[email protected] CristinaMarroni
2.768 anni fa
Foto Walter Nanni
Ovviamente gli spumanti verranno proposti insieme ad un buffet
di prodotti tipici, per un aperitivo cenato che accompagni i clienti
durante la serata.
Il Caffè del Corso, vi invita inoltre a conoscere la propria enoteca,
caratterizzata da offerte uniche come:
• Champagne Krug
• Champagne Billecart-Salmon
• Champagne Bollinger
• Baron De L
• Beaune 1er Cru Les Perrieres
• Aceto Balsamico La Secchia
on l’inizio della bella stagione, lo storico Wine bar Caffè
del Corso ci ridà appuntamento attraverso eventi e
serate particolari, dove la degustazione di prodotti di alto
livello, nazionale ed internazionale, si sposano con un ambiente unico.
Tutto questo è quello che troveremo nella serata del 29 Maggio, a
partire dalle ore 19:00, dove i gestori del locale sito in Corso Cerulli
ci faranno trascorrere momenti legati alla tradizione degli spumanti
“Foss Marai”, azienda simbolo dell’eccellenza vitivinicola italiana e una
della massime espressioni della tradizione spumantistica nazionale.
La forza dell’azienda si basa in primis sullo spirito famigliare e su una
maestria artigiana unita ad una innovazione tecnologica continua, con
studi e ricerche senza sosta e una pulsione quotidiana che spinge
a un miglioramento continuo. Lo Spumante è così concepito come
un’opera d’arte e il catalogo dei prodotti rappresenta una collezione
di gioielli di qualità unica.
Foss Marai, nasce e vive a Guia, nel cuore del territorio del Prosecco
D.O.C.G. Conegliano-Valdobbiadene, un luogo unico nel panorama
nazionale e mondiale, da anni candidato per ottenere il sigillo di patri-
monio dell’umanità dall’Unesco.
La viticoltura in questo territorio ha saputo perfettamente integrarsi
e svilupparsi in accordo con le particolarità geografiche, fisiche e
climatiche del paesaggio, portando ad una sorta di coevoluzione tra
attività dell’uomo e territorio.
Gli spumanti proposti saranno:
CAFFÈ DEL CORSO · wine bar - enotecaCorso Cerulli 78, 64100 - Teramo · Tel. 0861.248478 www.ilcaffedelcorso.it - mail: [email protected]
C
Caffédel Corso
Redazionale
molto più di un bar!venerdì 29 maggio
Capo 3
Si presta da aperitivo,e da tutto pasto,
speciale per i brindisipiù esclusivi
Alcool12%
Acidità6-6,5 g.l.
Residuo zuccherino5 g.l.
Marai Dei Marai Brut
Elegante, versatile,ammiccante per ognimomento della giornata.Gusto gentile e asciutto
Alcool11%
Acidità6-6,5 g.l.
Residuo zuccherino8-9 g.l.
6
occhi molto lucidi, e si gratta continuamente in alcune
parti del corpo, perdendo peso e bevendo molto. In
questi casi la Polizia di Stato raccomanda ai genitori “di
parlare con il figlio e di non ammonirlo: guadagnando la
sua fiducia puoi cercare di conoscere la reale situazio-
ne. Nessuno è più prezioso dei geni-
tori per affrontare e risolvere questo
problema. Se i sospetti si dimostra-
no fondati mantieni la calma e cerca
di non lasciarti andare ad una pater-
nale. Informati presso le strutture
pubbliche per avviare un program-
ma di disintossicazione. Prova ad
ottenere il maggior numero possibi-
le di informazioni sulle persone ed
i luoghi che tuo figlio frequenta, chi
lo rifornisce”. La droga sta letteral-
mente devastando il tessuto sociale
e famigliare, le madri che vivono il
dramma invitano a non vergognarsi
e a non sommare sensi di colpa e di avere tanto tanto
coraggio, perché un figlio drogato in casa ruba, mente,
e il primo calvario si annuncia tra Sert, carcere, comu-
nità e ospedali. Le famiglie comunque sono distratte in
altre faccende affaccendate, forse per esorcizzare un
pericolo che è molto concreto nella nostra città: il Sert
ha lanciato un terribile allarme, tra i giovani e giovanis-
simi il consumo di droga a Teramo è raddoppiato nello
scorso anno. Ma anche quella cellula che è la famiglia
appare frammentata, sfaldata, con coniugi separati,
disoccupati, alle prese con una miriade di problemati-
che, e le contromisure in questi casi sono flebili o nulle.
Le istituzioni sono impotenti davanti al fenomeno e
gli spacciatori hanno gioco facile. I bagni delle scuole
insegnano i primi approcci alla droga, poi ci pensano
le strade della città, sempre più degradate, con piazze
e vicoli abbandonati e lasciati in mano a gente senza
scrupoli e agli stessi ragazzi che per acquistare la dose
sono costretti a spacciare e a prostituirsi. Un inferno
quindi! L’allarme droga tra i minorenni a Teramo è stato
ome accorgersi di una persona che comincia a
fare uso di droga? Di solito chi fa questa esperien-
za pensa di smettere quando
vuole. Man mano però la di-
pendenza inizia a far parte della sua
vita tanto che appaiono i primi signi-
ficativi sbalzi d’umore e di comuni-
cazione che pone in secondo piano
l’importanza della sua immagine.
Lo sguardo si perde, la fiammella
negli occhi si spegne, qualsiasi cosa
succeda attorno non gli importa
più. Deve difendersi per non farsi
scoprire e si chiude sempre più in
se stesso. Il suo mondo comincia
a riempirsi di bugie, abbandona
gli amici di sempre e sarà sempre
meno presente nell’ambito famigliare e le scuse sono
tante che possono confondersi con lo stato adolescen-
ziale. Chi fa uso di eroina, cocaina e morfina, secondo
alcuni manuali, presenta le pupille “a spillo”, con gli
C
n.109
Allarme droga agli adolescentia Teramo
Accade a Teramo
di
www.mauriziodibiagio.blogspot.comMaurizioDi Biagio
Genitori sull’orlo di una crisi di nervi
rilanciato dal consiglio comunale
dove Franco Fracassa di Futuro In
ha riportato le preoccupazioni se-
gnalategli da genitori e dalle stesse
forze dell’ordine. Oltre a denuncia-
re come il fenomeno sia fortemen-
te in crescita tra gli adolescenti, e
con l’età che si abbassa sempre
più, il consigliere mette in risalto
che “quella che dovrebbe essere
la solita dose è stata in pratica
raddoppiata, in buona sostanza gli
spacciatori cercano con quest’e-
spediente di fidelizzare maggior-
mente il cliente, inducendolo ad
un consumo maggiore”. Fracassa
chiede che questa sorta di mercato
della morte sia bloccata subito sul
nascere nella nostra città: “An-
ch’io sono genitore, e devo dare
risposte a coloro che mi hanno
segnalato il caso; non significa
che se realizzo un arredo urbano
la città poi sia più bella, dobbiamo
tutelare i minori, anche perché,
purtroppo, l’età dei consumatori si
è abbassata notevolmente: è peri-
colosamente sotto i tredici anni”.
Maggiore vigilanza dunque, “più
forze dell’ordine, più vigili urbani
a piedi per le nostre vie a rischio
spaccio che Fracassa indica in
Piazzetta del sole, Piazza Garibaldi,
Torre Bruciata e a volte perfino
Piazza Martiri. L’allarme droga ai
minorenni è rilanciato dal Sert di
Teramo: “Il fenomeno nell’ultimo
anno è raddoppiato – dichiara il
responsabile Valerio Profeta - si
registra un forte incremento di
adolescenti alle prese con dipen-
denze da oppiacei e cannabinoidi
e su questa scia rileviamo di pari
passo un forte aumento di casi di
disturbi psicologici, in alcuni casi
già preesistenti ma in altri indotti”.
Emilio Rajola, segretario provinciale
del Sap (Sindacato Autonomo della
Polizia) invita a segnalare tutti i
casi attinenti al fenomeno droga in
città ed anche a fare esposti: “Noi,
causa sott’organico, non possiamo
arrivare dappertutto”. Le location
dello spaccio vengono definite da
Rajola “magmatiche”, cioè non per
forza di cose relegate ad alcuni
punti precisi, ma diffusi secondo le
necessità.
8
al pub. “È meschino che si calchi la mano sottolineando
la differenza di altezza” s’inalbera ancora la senatri-
ce Pezzopane, o Piece of Bread, come asserisce che
qualche volta affettuosamente la chiamano. “È meschino
anche affermare che lui”, lo spogliarellista, il tronista, il
mancato mister Italia, insomma Simone Coccia Colaiuta,
“debba stare
con me solo
per soldi. Non
capisco perché
non possa
stare con me
per amore” e
piange in diret-
ta con la sua
mano incassata
in quelle più
grandi di lui. Si
sono conosciuti
al bar ed è nata
una love story
asimmetrica,
forse per certi
versi antica, di
lui che dicono
vorrebbe far
fortuna sulle
spalle della
senatrice, cre-
ando il caso ad hoc per le televisioni e i mass media in
generale, e di lei che tra sesso, fama, e parrucchiere, ci
guadagna in vita ed autostima. Una storia alla Risi, alla
De Sica, un po’ neorealista, un po’ B-movie alla Alva-
una donna che passa di braccio in braccio, dall’O-
bama dello yes we can che la lancia sopra le ma-
cerie aquilane ad uno spogliarellista che l’ha fatta
innamorare un giorno al bar. Stefania Pezzopane
non è metà più un’altra metà ma è tutt’intera in lacrime
davanti alla Bignardi che rivendica un amore puro men-
tre il suo partner a letto la mette già, come lui racconta
in tv, in una certa posizione e dichiara di avere occhi
solo per la sua collega Boschi”. Stefania Pezzopane non
ha il cuore più vicino al culo, come cantava Fabrizio De
André, ma proprie
virtù e soprattut-
to tanta voglia di
essere amata: “Mi
sono sempre bat-
tuta per l’amore,
non capisco perché
ora tutti quelli che
commentano il
nostro flirt siano
diventati così retro-
gradi: questa storia
invece può aiu-
tare tante donne,
l’amore non uccide,
ci può stare anche
tra una senatrice
di 55 anni e un
uomo di 31 con 60
tatuaggi addosso”.
Il discorso non fa
una grinza. Solo
che in questi ultimi
mesi, la coppia felix è in tv più di Salvini e Santanché
messi assieme. Svariano da La7 fino alla D’Urso che ci si
“impappa”, dalle Iene a Matrix, soavemente innamorati e
per mano davanti ai microfoni come due teneri ragazzini
È
n.109
Stefania eSimone, la coppia asimmetrica
La storia
di
www.mauriziodibiagio.blogspot.comMaurizioDi Biagio
La storia della senatrice Pezzopanecon il suo lui
ro Vitali: La senatrice e… Non si
può condannare l’ex presidente di
Provincia ma nemmeno ammettere
che la presenza ostentatrice dei
due su tutto il proscenio telematico
e televisivo di un amore impossibile
e pertanto sofferto debba essere
considerato politically correct e
dunque digerito dall’utente. La bella
e la bestia, poi per la verità non so
davvero riconoscere chi sia la bella
e chi la bestia tra i due, ha la sua
buona riuscita come format negli
studio delle paillettes e delle D’Ur-
so. Hanno visto che in questo caso
l’audience è come una blu chips, un
titolo sicuro. La fama è confermata
da Lucia Ocone che nella trasmis-
sione di “Quelli che il calcio” la imi-
ta grossolanamente come possono
fare i bambini astiosi mettendosi in
ginocchio e ponendo le scarpe alla
rotula. In Abruzzo pare che siamo
condannati a farci rappresentare
nell’immaginario collettivo dell’u-
niverso televisivo da personaggi
simpaticamente furfanti ed ignoran-
ti (Antonio Razzi) o da coppie che
incarnano una contraddizione che
stupisce il mondo come la donna
cannone. “La prima notte? Per lei
c’è stato “un bel bacio”, per lui “la
camera da letto, l’ho buttata sopra
e daje tutta“. Questo tira in tv alle
dieci e trenta. Facile per i due sfon-
dare e fare presa sui telespettatori.
“Quante volte la prima sera?”. Per
lei un delicato “top secret“, per lui
“due-tre volte“. Cosa ti fa impazzire
dell’altro? Lei adora i suoi baci, lui
“c’ha due tette grandi da paura“.
Chi urla di più a letto? Lei risponde
“nessuno“, Lui “mi dice, dai Simone
di più, mi stai facendo impazzire...”.
Queste le confessioni alla macchina
della verità. Ventiquattro anni di
differenza possono essere colmate
così. Cosa dice la gente, i due non
lo vogliono sapere anche se, come
racconta la senatrice, qualcuna su
Facebook le scrisse: “Brutta nana te
stai a fa’ freca’ da no stronzo”. Che
poi come incipit potrebbe essere
quello di una puntata a Canale 5 o
Italia Uno, sai che contatti! Tanto
il suo Simone l’ha pure dichiarato:
“Da quanto sto con te faccio più
serate”.
10n.109
La coscienzadi Zeno
psicanalista egli scrive le
sue memorie, curando gli
intimi e sottili processi
psicologici più che l’anda-
mento esteriore dei fatti (le
vicende che lo conducono,
innamorato di una bellissi-
ma ragazza, a sposare infine
la sorella brutta; il successo
che, inaspettatamente, lo
seconda negli affari, mentre
sfugge all’astuto e affasci-
nante cognato Guido cui pareva destinato); descrivendo anche le
sue inquietudini e manie, come il vizio del fumo, dal quale vorreb-
be guarire, mentre ne elude ogni volta il proposito concedendosi
un’ ”ultima sigaretta”. Il dissidio interiore viene ad
assumere dimensioni tragiche. Per disintossicarsi,
Zeno entra in una clinica ma qui, mentre teme
che la moglie lo tradisca, corrompe infermiere e
inserviente per ottenere di contrabbando “l’ultima
sigaretta”.
Zeno vive un rapporto complicato con il padre, un
borghese affermato. Alla pesantezza del padre il
figlio opporrà la leggerezza, perché libero da ogni
fardello morale, religioso, culturale.
Zeno “è un fannullone e un farfallone amoroso, un
miscredente, un accanito fumatore, uno spendac-
cione, ama il gioco e non prende mai sul serio la
vita”. Come pure la vita irride affettuosamente al
personaggio.
Come un bimbo che si trovi in difetto, perché
ha commesso una marachella, Zeno dice bugie.
Sempre, però, originali. ”Son felice - scrive
Ettore Schmitz alla fidanzata Lidia Veneziani -
soltanto quando sento muovermi nella grossa
testa delle idee che credo
non si muovano in molte
altre teste”. Zeno finge
di mentire a se stesso e
invece mente realmente
allo psicanalista, che ha la
pretesa di metterlo a nudo.
Solo il medico vede il re
nudo, per tutti gli altri lui è
vestito.
Svevo è uno scrittore ori-
ginale, ha colto nei propri
personaggi non la morte
dell’anima, ma i segni della
nevrosi. E ne ha parlato
spudoratamente. L’anima,
si sa, è corruttibile e l’uo-
mo “è capace di mettersi
la mano sul cuore e di
pensare ai soldi”.
on “La coscienza di Zeno” Italo Svevo
(pseudonimo di Ettore Schmitz) realizza uno
dei romanzi più significativi della letteratura
italiana del Novecento. I lettori, per molto
tempo indifferenti allo scrittore triestino, con il
terzo romanzo se ne sono infatuati.
“La vita è originale” avrebbe ricordato Zeno, per-
tanto anche la letteratura ha l’obbligo di essere in-
novativa. Il pubblico non va sedotto, con argomenti
popolari e una scrittura accessibile, ma va educato
a un gusto differente.
Svevo dismette l’abito verista, ma non per
indossare i lussuosi e ricercati abiti dannunziani.
Prima di vestire il corpo, bisogna pensare a non
far raffreddare l’anima. Che poi è sempre l’anima
dell’uomo qualunque. Allora non basterà avvolger-
la nella seta o nel velluto, semmai in un tessuto
grezzo e spesso.
Gli occhi del verista sono offuscati dalla cataratta.
Per tornare a vedere restano
solo due vie: operare e
rimuovere l’ostacolo, oppure
guardare con l’occhio della
psiche, quello che si guarda
dentro, fin nelle viscere.
Freud docet. L’occhio di
Svevo “stravede, vede oltre,
senza che la vista sembri
visione”. Oppure ha il “mor-
bo di Basedow”: l’occhio è
proteso a guardare oltre.
Il protagonista del romanzo,
Zeno Cosini, è un uomo be-
nestante che può dedicare
alle proprie inquietudini di
nevrastenico molto tempo,
poiché vive con pigrizia
gli impegni lavorativi. Su
sollecitazione del proprio
C
Il libro del mese
di
[email protected] CristinaMarroni
E “l’ultima sigaretta”
12 Scuola
“Non esiste un vascello veloce come un libro per portarci in terre lontane”(Emily Dickinson.)
n.109
di
[email protected] GabriellaDel Papa
Festival efiere del libroin Italia
il 28° Salone Internazionale del Libro. Lo ha comunicato il
Quirinale al Sindaco di Torino, Piero Fassino, che gli aveva
rivolto l’invito ufficiale nel corso del suo ultimo incontro
con il Capo dello Stato. Per questo evento vorrei consigliare
un modo per bypassare le code alle casse. Dal 1 aprile su
salone libro.it, attraverso la piattaforma Vivaticket è possibile
acquistare online i biglietti e gli abbonamenti. I possessori di
smartphone e tablet potranno anche evitare di stampare la
mail con i dati d’ingresso, i lettori del Lingotto Fiere saranno
in grado di leggere i codici a barre direttamente dal device
mobile in possesso del visitatore. Il tema conduttore sarà:
Le meraviglie d’Italia. Nell’anno del “Torino Incontra Berlino”,
Paese Ospite d’onore è la Germania, presente con un grande
stand interattivo nel Padiglione 3 e oltre venti autori che
presenteranno le loro opere pubblicate in Italia: rappresen-
tanti dei generi letterari più diversi, dal thriller al saggio, dal
libro illustrato all’epopea famigliare. Regione Ospite d’onore il
Lazio, presente con i suoi autori ed editori.
Spostiamoci a Roma, con il suo storico Festival Internazio-
nale presso la Basilica di Massenzio al Foro Romano. Dal 27
maggio al primo luglio si svolgerà la XIII edizione di LETTE-
RATURE Festival Internazionale di Roma, ideato e diretto da
Maria Ida Gaeta, direttrice della Casa delle Letterature di
Roma, per la regia di Fabrizio Arcuri. Lo storico festival della
Capitale, promosso dall’Assessorato alla Cultura, Creatività
e Promozione Artistica di Roma Capitale con il supporto or-
ganizzativo di Zètema
Progetto Cultura, si
sposta quest’anno
dalla sua abituale
sede alla Basilica
di Massenzio nella
suggestiva piazza del
Campidoglio. Dieci
serate con importanti
ospiti italiani e inter-
nazionali, che, come nelle precedenti edizioni, sono invitati
a scrivere e a leggere dal vivo un proprio testo inedito sul
tema che ogni anno il Festival propone. Quest’anno LETTE-
RATURE suggerisce, agli autori invitati, di scrivere un testo
lasciandosi ispirare dalla citazione
“Ognuno, ma proprio ognuno, è il
centro del mondo” (Elias Canetti, La
provincia dell’uomo), una riflessione
che rimane più valida che mai nel
nostro mondo dove ognuno può
articolare la propria singolarità in
molteplici modi, spesso mutevoli e
arbitrari, svincolati dal tempo e dalla
geografia.
Puntuale come ogni anno, torna
“Una marina di libri”, il festival del
libro a Palermo. L’appuntamento,
dal 5 al 7 giugno, è alla Gam-Galleria
d’Arte Moderna. Da venerdì 29 a
l mondo dei libri non ha confini, è uno stato libero ed
indipendente, non ci sono sovrani, non esistono leggi ed
è abitato da gente che vive la propria vita senza doversi
misurare con gli altri e senza dover avere un determinato
comportamento perché sia accettato dagli altri.
È un mondo speciale ma facile da raggiungere e per dirla
con la grande poetes-
sa americana Emily
Dickinson: “Non esiste
un vascello veloce
come un libro per por-
tarci in terre lontane”.
A questo proposito,
per tutti gli appassio-
nati di libri, vorrei se-
gnalarvi, qui di seguito,
alcune interessanti manifestazioni editoriali organizzate in
Italia da Maggio a Dicembre 2015.
Da oltre cinquant’anni la Fiera del Libro per Ragazzi è l’ap-
puntamento internazionale più importante per tutti coloro
che si occupano di editoria per
bambini e ragazzi, nonché per gli
appassionati fruitori del libro. Le
manifestazioni rappresentano anche
una occasione per conoscere le ulti-
me tendenze del settore, incontrare i
maestri dell’illustrazione, gli autori di
successo e i vincitori dei più presti-
giosi premi internazionali.
Partiamo da Torino, il XXVIII salone
internazionale del libro (Lingotto
fiere 14-18 maggio 2015). Sarà il
Presidente della Repubblica Italiana
Sergio Mattarella a inaugurare nella
mattinata di giovedì 14 maggio 2015
I
autori.
In autunno, ottobre, vi segna-
lo Milano: “Fiera Internazio-
nale del Libro”. Nata da poco,
ambisce a diventare il terzo
polo dell’editoria in Italia.
Firenze: Festival dell’inedito
– Lo scouting dei nuovi stili e talenti
letterari.
Arriviamo a novembre e tocchiamo
Pisa: ”Pisa Book Festival” – La
Fiera dell’Editoria Indipendente.
Concludo la carrellata consiglian-
do, a dicembre, Roma: ”Più libri
più liberi” – Fiera della piccola e
media editoria. A differenza del
Salone di Torino, offre un’ampia
selezione di libri esclusivamente
di piccole e medie case editrici.
Immancabile Milano: ”Salone
del Libro usato” – Bancarelle in
Fiera.
13
A settembre Farfa (RI): Fiera dell’Edi-
toria indipendente “Liberi sulla Carta”.
Piccola ma ben organizzata .
Spostiamoci a Pordenone: “ Porde-
none Legge” – Festa del libro con gli
domenica 31 maggio 2015, si
svolgerà la XIV Edizione del
Festival della Cultura medi-
terranea a Imperia nel centro
storico di Porto Maurizio con
il patrocinio del Ministero dei
Beni Culturali e dello Svilup-
po Economico del Comune, Provincia
e Camera di Commercio di Imperia,
Regione liguria e Expo 2015.
A luglio Cetara (SA): Fiera dell’E-
ditoria… in riva al mare. Nella
splendida cornice della Costiera
Amalfitana un piacevole punto
d’incontro tra cultura e suggesti-
vi paesaggi.
Nel mese di agosto si segnala
Spoleto (PG): Fiera “Libri all’Oriz-
zonte”. La Rocca Albornoziana
offre una sede ideale per questa
fiera ambiziosa e fuori dagli
schemi.
n.109
emel in anno licet insanire, una volta all’anno è lecito far
pazzie, recita questo antico proverbio latino. Semel è un
avverbio numerale e vuol dire “una volta”. La lingua italiana
non ha avverbi numerali, ma ricorre a locuzioni come
“una volta, due volte, tre volte” ecc… L’unico avverbio numerale
latino rimasto nell’italiano corrente è “bis” che significa un’azione
ripetuta per una seconda volta, la ripetizione di qualcosa; chiedere
un bis, fare il bis, treno bis ecc… Bis è usato soprattutto come
prefisso nella forma bi– con significato di “due volte”, “duplice”,
biscotto (cotto due volte), bisettimanale (due volte la settimana),
bimestrale (due volte al mese), bisillabo (di due sillabe), bisenso
(che ha due significati), bilingue (che parla due lingue). Talvolta dà
alla parola una sfumatura di peggioramento: bistrattare mal-
trattare, bisunto lercio di grasso, di unto, sudicio, o di bizzarria:
bislacco stravagante, bistorto lunatico. Bis ha dato infine
origine al verbo bissare ripetere, fare il bis, usato particolarmente
nel linguaggio sportivo: per un calciatore bissare significa segnare
una seconda rete, per un ciclista vincere una gara o una tappa per
la seconda volta di seguito ecc…
Note Linguistiche [email protected] GabriellaDi Flaviano
Semel in anno...S
di
E lo smottamento della politica
14n.109
Satira
di
Vetrai, vetraie distintivo. Giusto così per dirla alla De
Niro, alias Al Capone, nel film “The Untou-
chables”. Poi ci si accorge che lassù, nella
Bassa Pavese, dalle parti del Belgioioso, il
cui nome è dovuto alla bellezza dei luoghi
e alla fecondità di campagne adornate del
frutto più prezioso, il riso, tanto da dubitar-
ne l’origine asiatica, una cittadina di provin-
cia pare abbia svenduto il proprio piano di
protezione civile comunale in cambio di una
caciotta resa per voce vernacolare sparsa
sulle arie liriche di un eroico melodramma:
il “Tancredi” di Rossini. Un’opera conside-
rata da Stendhal come “alto tra capolavori
del compositore, un vero e proprio fulmine
a cielo limpido e azzurro per il teatro lirico
italiano”. Così va il mondo. Si scava una
buca per riempirla. The Business Way. La via
degli affari. E se la via crolla perché piove
un po’ più del normale, si chiama il vetraio.
Inaspettatamente, dalle tenebre della storia
antica emergono vestigia romane che,
comunque vada, se ci metti nottetempo un
palmo di vetro antiproiettile, le sovrinten-
denze dei beni culturali si preoccuperanno
immediatamente di sanare le incompetenze
degli amministratori pubblici. “...a volte
la superbia stava per darmi alla testa, ma
sono rimasto immune. Mi è sufficiente, per
un istante, pensare all’inutilità dell’arte in
questo mondo umano per raggelarmi” (L’ora
del lupo, Ingmar Bergman).
cco di cosa c’è bisogno. Di vetrai.
Proprio di quegli artigiani che rendono
solido l’invisibile e, tra gli infissi, inac-
cessibile il visibile. Le colline franano a
valle come l’acqua non risale il fiume. I sal-
moni sì invece che ci vanno controcorrente.
In gozzoviglie, gli orsi sul greto appostati.
La gravità è una legge. Ed è per questo
assunto che, nel tempo, le mensole, prima
ancora degli scienziati di Houston, hanno
pedissequamente adempiuto alle occorren-
ze dei precipitanti. Anche un buon piano di
protezione civile comunale può provvedere
allo sviluppo di una simulazione di eventi
calamitosi affinché si possa in seguito ana-
lizzare il possibile scenario di interruzione
delle viabilità. Per esempio, tentare di appli-
care modelli topografici suscettibili in quelle
regioni in cui si manifestano e ripetono forti
piogge, smottamenti, terremoti. La sensibi-
lità nei riscontri dei dati disponibili. Un even-
to da innescare nel più probabile impatto
sulla transitabilità; in termini di numero di
strade bloccate, di potenziali interruzioni
della rete insistente. La protezione civile si
adopera per conformare scenari di accadi-
menti di diverse dimensioni e incrementare
risorse che potrebbero essere necessari per
accertare scenari implicitamente vulnerabi-
li. Simulare l’impatto virtuale di frane e altri
tipi di pericoli su diverse reti infrastrutturali.
Il bisogno di una mappa di ipersensibilità,
una conoscenza digitale della distribuzione
statistica dei cedimenti. Solo chiacchiere
E
pur mantenendo il tradizionale impiego di mate-
riali preziosi. Il piatto o patena era la suppellettile
essenziale del banchetto; fin da principio la sua
funzione fu quella di ricevere il pane consacrato
e servire come supporto per la
consacrazione per compierne
la frazione e poi per distribu-
irla ai fedeli. Misticamente il
calice e la patena, oggetti chiave
dell’Ultima cena, sono emblemi
del vino eucaristico e del pane,
traslazioni sul piano simbolico
del sangue e del corpo di Cristo.
Strumenti del culto essi simbo-
leggiano la fede cristiana.
Il Calicecelto da Gesù Cristo nell’Ultima cena
per operarvi la prima consacrazione
eucaristica, il calice è il più importante dei
vasi sacri. Il calice, impiegato nella messa
quale custodia del sangue di Cristo, è sempre fatto
di materiale prezioso: pietra dura, oro e argento
simbolicamente impiegati per sottolineare la
preziosità della stessa eucarestia. Si ritiene che
i calici antichi assomigliassero a una tazza con
due anse che si collegava con brevissimo collo a
un piede circolare e tali dovettero essere anche
quelli medievali. Con i secoli XI e XII comincia a
decadere l’uso della comunione sotto la specie
del vino e con essa i calici a due anse, per lasciare
il posto, in epoca gotica, a un
calice con coppa conica su stelo
poligonale decorato. Questa
forma appare assai documenta-
ta nella pittura tardo gotica, ma
anche la pittura rinascimentale
testimonia la sua tenace persi-
stenza. Un aspetto meno archi-
tettonico hanno invece i calici
che fra Seicento e Settecento
si conformano al gusto barocco
S
L’oggetto del desiderio [email protected]
di
15fare la fila per avere del cibo. A volte, sono
andato a casa a mani vuote perché non ce n’era
abbastanza per tutti. Nessuna alternativa. La
carestia era nella mia infanzia insieme alla guer-
ra” (Abdi, 28 luglio 2011). Un politico illuminato
si preoccupa giustamente della pulizia tecnica
della cittadina di provincia che amministra:
“Visto che li dobbiamo pagare” spiega un sin-
daco a proposito dei profughi “fargli provvedere
alla pulizia del lungofiume è sempre meglio di
restare in piazza a bighellonare: in questo modo
si renderebbero utili alla collettività che li sta
ospitando” (un primo cittadino). Purtroppo, il no-
stro grafico non potrà essere d’aiuto a chi con la
memoria sta già scorrendo la strofa di Jannacci
dopo le dichiarazioni del sindaco. “C’hai proble-
mi?”, problemi secolari popolari nei quartieri. In
ogni scala e su scala nazionale, ma per gli inglesi,
italiani o albanesi è uguale. Problemi di pensioni
rimosse, di debiti e storie, finite le scorte. Crol-
late le borse, aperte le porte, la fame che arriva
da chi non la conosce. Non ho problemi con il
mondo, solo con voi che comandate”
(Desolato, Jannacci). La desolazione
che attraversa la storia umana è una
secrezione cerebrale inespugnabile.
La resa al buio. “Il fatalismo è indi-
spensabile nella scienza storica per
spiegare certi avvenimenti privi di
senso; dei quali, cioè, non compren-
diamo la ragionevolezza” (Guerra e
pace, Lev Tolstoj).
ano nella mano con la mamma, un
uomo accovacciato, gente in attesa,
donne che protestano, la fila per
imbarcarsi e poi finalmente in alto
mare. Questa la vita che scorre a un palmo dal
naso di un terzo della popolazione mondiale.
Quella mano che misura la distanza dal reale
potrebbe iniziare a muoversi e articolarsi con
le dita per fare marameo alla vita. Oppure, una
pernacchia per quelle miserande esistenze che i
media ci propinano quotidianamente rovinandoci
l’appetito. E di questi rumoracci, di
questi peti vocali la rete, il web sono
stracolmi. In questo movimento di
tastini con le lettere dell’alfabeto
stampate sopra ci si sta affollando
in un unico spazio mentale. Sotto gli
occhi sì, non della mente per alcuni,
scorrono i fatti dei 900 disperati
morti annegati nel Mediterraneo. La
merda degli umani puzza nei social
attraverso post come “Questa estate
non mangerò pesce!”; “Novecento
morti: troppo bello per essere vero!”;
“Cazzo finalmente qualcuno muoreeee!!!”, scrive
Stefano su facebook; poi Rocky con “Affon-
dasse tutta l’Africa”; Daniele aggiunge “Dai, se
non sono 700 mi va bene anche 699”; Gaetano
gioisce così “Godoooooo, devono affogare tutti
questi invasori”; Silvia si rammarica “Peccato
così pochi”; Franco è pragmatico “700 parassiti
in meno da mantenere, affondasse anche il
Parlamento con tutto il governo avremmo fatto
bingo” (Il Messaggero.it, 19 aprile 2015). Adesso,
chiediamo al nostro grafico di posizionare e
mettere bene in evidenza una foto che, quasi
simile alla precedente, proverà a indicare delle
significative differenze di posa. Mano nella mano
con la mamma, un uomo accovacciato, gente
in attesa, donne che protestano, la fila per imbar-
carsi e poi finalmente in alto mare. Questa la
vita che scorre a un palmo dal naso dei due terzi
della popolazione mondiale. “Ancora la fame e le
immagini strazianti dei
miei concittadini somali.
Da bambino ho dovuto
Satira
di
La resa al buio
Me la vita che scorread un palmo dal naso
n.109
uardando quelle immagini, trasmesse dalle tv di tutto il mon-
do e diventate virali sui social network, bisogna sinceramen-
te ammettere di aver provato un colpevolizzante senso di
invidia: una madre che, di fronte ad una sconsiderata azione
del figlio (lanciava sassi contro la polizia), lo bracca, lo abbranca e poi
lo prende a ceffoni!
Ebbene, un po’ d’invidia è d’obbligo. Pensiamo a quanto avviene co-
stantemente, troppo costantemente, nel nostro Paese, in particolare
nella scuola. Uno studente maggiorenne malmena un professore,
aggredisce il capo di istituto con insulti e minacce? Ecco pronto
un bel ricorso dei genitori alla magistratura contro le sanzioni della
scuola. Il pargolo, di scuola superiore, non ha studiato tutto l’anno,
nel precedente si è salvato per il rotto della cuffia, non risponde alle
sollecitazioni dei docenti? Viene bocciato e subito dopo... ecco un
bel ricorso alla magistratura, con buona speranza di essere promos-
so per via giudiziale! Un pupo di scuola superiore è bocciato per Edu-
cazione fisica e Matematica non “riparate” a settembre? Ebbene, EF
è considerata poco più di movimenti inconcludenti, la matematica,
poi, in un liceo classico non può avere tutta questa importanza! Da
qui un bel ricorso che in molti, troppi casi viene accolto, sanzionan-
do... la scuola e i docenti! Ecco perché, di fronte a quelle immagini
di Baltimora, il cuore di molti docenti e presidi ha pulsato d’invidia.
Anche se poi se ne sono pentiti. Forse...
Nel mondo [email protected]
La madre di Baltimora
G
di
e il bamboccio italiano
Itinerari su due ruote
Magnifico percorso ciclo pedonale
dihttp://paesaggioteramano.blogspot.ithttp://www.abruzzoinbici.it
Sergio Scacchiae Lucio De Marcellis
La viadella Abbazie
a pianta circolare absidata e oggi sono in parte visibili grazie ad un piano di
calpestio in vetro.
La grande sorpresa è l’incontro con Giuseppe Tupitti, artista e artigiano.
Nella sua casa, sul percorso, questo signore ha realizzato un piccolo museo
privato, macchina del tempo. Ci sono le trebbiatrici, cinque volte più piccole
del normale, i mini trattori, le artistiche sculture di ferro battuto. Un cartello
avvisa: “Io con la vita mi diverto”.
Raggiunta la statale, si costeggia il marciapiede nei pressi del ristorante “I
Tre Archi”, poi dell’agriturismo “Il Cammino storto”.
Siamo vicini all’area industriale di Castelnuovo al Vomano. Fin qui, tutto
facile.
In breve scopriamo la torre di Montegualtieri, nel borgo omonimo. Il
paese che ospita questa vedetta è frazione di Cermignano, abbarbicato su
di uno sperone roccioso a guardia della vallata del fiume Vomano, lungo il
fianco di una delle tante colline.
Il minuscolo abitato, che oggi conta poco meno di cento abitanti, in origine
aveva il nome di “Mons Sancti Angeli”, poi prese l’attuale denominazione da
Gualtieri, signorotto che ne fu il possessore.
Dagli oltre diciotto metri di altezza della torre d’avvistamento, che poggia su
di un basamento poderoso e alla sommità presenta una pregevole merlatu-
ra, è possibile ammirare un panorama grandioso
che spazia dal Gran Sasso al mare.
Attraversato il ponte, si entra nel territorio di
Cellino.
Svoltando a destra, costeggiando il fiume a monte,
si arriva a Piane Vomano e, per un saliscendi, alla
località Taverna.
Più avanti c’è la diga con il lago artificiale di Villa
Vomano, trascurato da molti, ma zona carina da
visitare.
Sulla statale Piceno-Aprutina, in prossimità del
cavalcavia della superstrada A24, si svolta a sini-
stra per strade secondarie, superando la località
Zampitti.
Dopo il bivio per Miano, quello di Spiano. Sono
luoghi dalla vista incantevole.
Una breve salita da percorrere a piedi introduce,
a sinistra, per un tratturo che porta a Piane di
Collevecchio.
È il tratto più difficoltoso ma anche più bello. Si
costeggia il fiume in un incontaminato bosco.
I Romani, qui, avevano costruito cisterne e terme.
I resti archeologici, affiorati su terreni privati e le
locali acque sulfuree lo confermano.
Una nuova passerella conduce sulla destra del fiu-
me, zona industriale. In poche pedalate si avvista
Montorio, la porta del Parco.
Il percorso in mappa:
http://www.piste-ciclabili.com/itine
rari/1549-lungofiume-vomano-scer
ne-di-pineto-montorio-al-vomano
Informazioni:
http://www.associazioneitaca.org/
n bici, sotto un cielo celeste come i colori a matita dei bambini, lungo
il fiume che scorre placido nella valle dei templi e i paesi immoti sulle
colline.
La ciclo turistica sul Vomano è un bellissimo itinerario che collega il mare
alla Strada Maestra del Parco e, fino a Castelnuovo, è alla portata di tutti.
La biforcazione sul fiume Mavone consente di
raggiungere Isola del Gran Sasso e il suo santuario.
Poche indicazioni da parte dei comuni attraver-
sati e, i turisti della costa in estate, potrebbero
conoscere il nostro entroterra, per il percorso “La
Via delle Abbazie”.
Ecco il sito di riferimento dove attingere notizie:
http://www.valledelleabbazie.it/
Importante ricordare anche il Coordinamen-
to Ciclabili Abruzzo Teramano, l’associazione
ambientalista che per prima ha sognato questo
incantevole percorso.
Si parte da Scerne, ponte sul Vomano, Statale
16, risalendo la valle nell’argine sud, lato Pineto.
Occorre una mountain bike o una city bike con gomme grandi.
La prima parte del percorso, ben tenuto dal comu-
ne, costeggia il fiume e s’incontra una zona verde
adatta per una bella area di sosta.
Qualsiasi gamba può giungere al ponte di Fonta-
nelle di Atri. Attraversatolo, si inizia a costeggiare
l’argine nord di Notaresco.
Di fronte c’è la splendida abbazia di Santa Maria
di Propezzano.
Era l’antica Santa Maria Propizia Pauperis con
l’annesso monastero, che divenne subito dopo il
Mille punto di riferimento lungo il percorso adria-
tico verso la Terra Santa. Un luogo miracoloso per
molti, dato che la tradizione vuole che il sito sia
nato per volontà della Vergine Maria.
In corrispondenza dell’altro gioiello romanico, San Clemente al Vomano, si
punta verso la chiesa, lasciando l’argine alle spalle. La deviazione è necessa-
ria perché il fiume sta erodendo la sponda.
La chiesa di San Clemente è un’oasi di arte e fede, miracolo di ingegneria
antica. Al suo interno ci sono degli scavi archeologici effettuati sotto il piano
del pavimento, che nel 1987 restituirono alla luce un misterioso elemento
I
16n.109
17n.109
ni con una naturalezza che solo un comunista
come lui poteva possedere a quell’età e in
questa realtà, in un contesto storico avverso
per uomini come lui. Ha visto srotolarsi
davanti ai suoi occhi buoni un modello di
città che non ha mai approvato, e sopportato,
verso cui si è sempre scagliato con il suo
aspro candore tra il fanciullesco e la senilità
di chi pare averle viste tutte. “Fossimo a New
York ci sarebbe una logica ma qui certamente
no” disse a proposito dell’ipogeo in piena
campagna elettorale quando assieme ad
Albi e Brucchi tentò la sorpresa della fascia
tricolore a Piazza Orsini. “L’amministrazione
sta mettendo le mani sulla città pensando
che il mattone sia l’unico volano che faccia
girare l’economia di questa città” aggiunse
senza boria ma con la tensione giusta della
denuncia. Perché Sandro Santacroce sapeva
indignarsi oppure contraddirti e lo manife-
stava quando orientava il suo sguardo verso
il basso o in altra direzione, come se non
volesse ferire l’interlocutore con il suo netto
diniego impresso negli
occhi. Il ghigno di chi
pensa era tra l’amaro
e lo scettico, che si
poteva spianare in un
largo sorriso bianco.
Con le sopracciglia
corrugate, ti rimirava
dal basso verso l’alto
anche se eri un metro
e mezzo e non di più.
Non fabbricava alibi per
far tacere la propria
coscienza, perché la
sua intelligenza, per
dirla con Silone, non
era miserabile. Chissà
come sarà il paradiso
di un comunista? Di un
uomo che ha sempre
anelato alla verità e alla
giustizia. Di chi ha teso
alla fratellanza e alla
lotta alle sopraffazioni. Forse un manto stella-
to in cui un uomo e una donna sono più giusti
e la legge morale non è più sopra di te, un
mondo di luce dove anche una bandiera rossa
non è più svilita e derisa come un feticcio di
un’epoca del giurassico condita da sberleffi
e canzonature che in genere si affibbiano a
pazzi e bambini.
E questo solo per aver sognato un po’.
on è che siccome s’è assentato resti
migliore degli altri. Non è che quelli in
partenza in fondo hanno sempre ra-
gione. Non è che Sandro Santacroce
sia diventato uno migliore perché in un giorno
di fine aprile si è spento a 61 anni nella sua
bandiera rossa che l’ha avvolto una vita intera
di lealtà. Forse con lui al posto di Massimo
D’Alema, Nanni Moretti non avrebbe mai
sfoderato il suo must rimasto scolpito nella
storia delle faccende
italiane: “Di’ una cosa
di sinistra”. E allora
si parlava di giustizia.
Forse con il rifonda-
rolo, il suo baffo poco
impertinente, gli occhi
languidi, una risposta
a Berlusconi nel film
Aprile l’avrebbe pure
data: precisa, puntuale,
ma soprattutto educata.
Ed è proprio per questo
che Santacroce è sem-
pre stato stimato ed
apprezzato in vita dai
suoi competitor. Non ha
avuto peli sulla lingua
quando ha dovuto
ingranare la marcia ma
di vilipendio gratuito
nemmeno l’ombra. I
suoi sono stati attacchi
meramente politici senza cadere nel vezzo
odierno che fa tanto auditel negli attacchi stri-
scianti e vili ad personam nei salotti televisivi,
nelle capre capre di sgarbiana memoria. Ep-
pure è sempre andato giù duro, con la licenza
della sana politica da battaglia, con poca
voglia di inciuciare, per la sua strada nell’a-
rido universo di una sinistra radicale senza
florilegio di incarichi, untuosità ecclesiastiche
e senza quel vizio della cura di sé che tanto
opacizza gli animi politici. Gli occhi sono stati
quelli di un cocker in attesa di una crocchetta
dal padrone ma determinati nella sua vis
bellica che cova sotto le braci per uscire fuori
senza preavviso, eruttiva, calma, una dolce e
manovrata tempesta di circostanze e luoghi.
Nel suo ruolo di consigliere comunale attaccò
più volte la giunta centralmente addossando-
gli l’epiteto di “palazzinara che ha in mente
di cementificare la città, un pezzo alla volta,
attraverso i piani integrati, camuffando le
reali esigenze della città con la realizzazione
di teatri che poi in cambio danno possibilità
ai costruttori di contropartite enormi, fin
troppo sbilanciate”. In lui davvero il conflitto
gramsciano tra l’ottimismo della volontà e il
pessimismo della ragione trovava una sintesi
formidabile, sfoderava entrambe le inclinazio-
Silenzio!
di
www.mauriziodibiagio.blogspot.comMaurizioDi Biagio
Come sarà il Paradiso di un comunista?
NLa scomparsa di Sandro Santacroce ha commosso tutti in città
18 Write about... the records!
2013 - CD digipack - Dualtone(Import)
di
Guy Clark“My FavouritePicture of You”
Verlon Thompson e Gordie
Sampson alle chitarre (ac./
el), Chris Letham (viola/vio-
lin) e le bravissime Morgane
Stapleton (harmony vocals),
Bryn Davies (bass & cello).
Pochi ma… buoni, gruppo
affiatato, scarno, essenziale,
funzionale agli intendimenti
musicali del nostro, a corro-
borare la voce bassa, roca,
ruvida, consumata dagli anni
e, quantomai espressiva nel ‘raccontar’ storie, piccoli quadretti di quo-
tidianità, avventure sui palchi (location prestigiosa come lo Smithsonian
Folklife Festival di Washington D. C.), Susanna era parte integrante di
tutto ciò, compagna e complice di situazioni, emozioni, viaggi, progetti,
concerti e registrazioni e, tanto altro ancora. Il CD, coerentemente, si
avvale di un package sobrio, spartano, essenziale si ma, completo di te-
sti e crediti, ben inciso, suono ‘caldo’ e coinvolgente, un velo di ‘tristez-
za’ fuoriesce dalle particelle alfa-numeriche del dischetto argentato, se
volete stare un tantino con voi stessi, a meditare e ripensare, questo
compact disc è adeguato. Il “Valzer della Farina di Mais” (Cornmeal Wal-
tz), apre le ...danze: il tempo è quello, voce , chitarre acustiche, basso e
violino, nient’altro ma, basta e avanza, segue la title-track, My Favourite
Picture of You, ci fa capire subito il riferimento esplicito a Susanna, il
cantato di Guy si adagia su una melodia struggente, dolcissima, scan-
dita dalle chitarre (Clark stesso e Samp-
son), e dal violoncello della Davies, si
può condensare la perdita della persona
amata in 3:30? È la storia, l’origine e la
circostanza della Polaroid. Segue Hell
Bent On a Heartache, Guy e Morgane
cantano all’unisono, idem le chitarre
(acustiche) di Thompson e Camp e, soli-
to (grande) lavoro al violino di Camp. El
Coyote (04), il Texas confina con il Mexi-
co e, si sente, c’è odore di Mariachi: “In
the Town of Raynosa there’s a beatiful
River it Shines in the Mexican Shines...”
Con Heroes, ritornano a duettare le voci
di Guy e Morgane, spoken-word iniziale
per confluire nel prosieguo, nella song
intensa, vissuta, sofferta e autentica,
con il cuore in mano. Con “La Pioggia
di Durango” (Rain in...) il CD s’impen-
na clamorosamente, svolta decisiva,
prestazione vocale e strumentale da
brividi, grazie anche al banjo di Camp (quanto mi piace lo strumento),
a scandire ritmicamente la già splendida canzone, il cantato di grande
intensità, chitarre e tese linee di basso, un’aura ‘magica’, sospesa, il
vertice dell’album! Volete un (buon) consiglio? È Good Advice (07), da
ascoltare nel suo incedere lento, classico, anticipa la 2nda ‘gemma’ del
disco: The Death of Sis Draper, fantastica, tesa e drammatica, introdotta
dal ‘sinistro’ violino di Camp, l’emozione è forte, fortissima, 3:46 di
brividi, l’ho subito inserita nella Spotify playlist!
ncora una storia di vita e agro-dolce, tanto da divenire un episo-
dio discografico emblematico. Guy Charles Clark (Monahans,
TX, 06/11/1941), è un grande cantautore con una importante
vicenda di vita vissuta e... da raccontare, appunto, oltre 20
albums sulle spalle a partire dal lontanissimo Old N°1 (RCA) del 1975:
ricordo la splendida cover in country & western style, Guy appoggiato
al muro, stetson (cappello da cow boy) in testa e la jeans-shirt appesa
di lato, sulla back cover la moglie Susanna, compagna per oltre 40
anni del nostro, scomparsa nel 2012. Queste le coordinate estetiche di
quel bellissimo LP, musicalmente cito
due songs mozzafiato: 1) Desperadoes
Waiting for the Train, incisa anche da
Martin Simpson (another my favourite
english guitar player), 2) A Nickel for the
Fiddler. Guy ha iniziato l’attività artistica
cominciando a ‘costruirsi’ le chitarre (è
un’abile liutaio) per suonarle divina-
mente, è anche Produttore e Arran-
giatore, nonchè talent-scout di vaglia,
fittissime le collaborazioni con le figure
più rappresentative del filone country-
folk-blues statunitense, oggi riassunto
nel termine “Americana”. Johnny Cash,
Vince Gill, Ricky Skaggs, John Denver,
Alan Jackson, Rodney Crowell, Emmylou
Harris, Steve Earle, Steve Wariner, il
compianto Steve Van Zandt, questi nomi
dovrebbero orientare le coordinate mu-
sicali dell’ascolto. Oltre al titolo citato,
spenderei ancora un pò di battute per
Texas Cookin’ (‘76), Better Days (‘83), Old Friends (‘88), Dublin Blues
(‘95), The Dark (‘02) e Workbench Songs (‘06), incisioni sotto l’egida del-
le più prestigiose labels come RCA, Warner, Sugar Hill, Elektra, Dualtone.
La “Mia Foto Preferita di Te” si riferisce alla piccola e sgualcita Polaroid
che Guy regge con una mano, probabilmente un retaggio di momenti
con i compagni di merende (e di alcool) come il ricordato Van Zandt.
Il CD è prodotto da Clark con l’altro chitarrista (bravissimo) Shawn
Camp e Chris Latham, l’elenco dei Musicisti è piuttosto parco: S. Camp,
A
n.109
dal contratto; in questo ambito si devono
comprendere gli obblighi di restituzione
di somme ricevute e di rendiconto che, a
seguito della stipulazione del contratto di
mandato, sorgono in capo al mandatario.
(Cass. Civ. Sez III, 11 agosto 2000 n. 10739).
L’estinzione del mandato per morte del
mandante e l’obbligo di rendiconto a
carico del mandatario si collocano in piani
diversi e non confondibili, talchè l’evento
morte spiega il solo effetto giuridico
di trasferire l’obbligo di rendiconto dal
mandante ai suoi eredi.
Difatti tale obbligo, avendo ad oggetto
atti già compiuti, e come tali spogli di
ogni profilo di personalità, riguarda il
passato e per esso valgono le regole
di diritto successorio. (Suprema Corte
30.08.1994 n. 7592; Cass. Civ. n. 8801
del 1998; Cass. Civ. n. 9262 del 2003).
L’azione di rendiconto e la con-
seguente azione di pagamento
dell’eventuale saldo, manifestando
l’intento di acquisire all’asse eredita-
rio beni ad esso spettanti, rispon-
dono all’interesse di tutti gli eredi e
possono essere esercitate da ognuno
di essi singolarmente, nell’esercizio
dei poteri di gestione dell’eredità e
dell’interesse comune; fermo restan-
do ovviamente l’obbligo di rendere il
conto ai coeredi e di ripartire fra tutti
l’attivo ereditario, in sede di divisione
(Cass. Civ. Sez. III del 14.10.2011 n.
21288).
Si può concludere che quanto sopra
detto non può ritenersi esaustivo del-
le tesi dottrinarie e giurisprudenziali,
in quanto l’argomento in questione
è meritevole di approfondimenti che
in questa sede non possono essere
trattati.
Rendicontoe mandatol rendiconto (art. 1713 c.c.) non
consiste in un mero prospetto
contabile dal quale evincere le in-
dicazioni delle spese e dei ricavi,
bensì nel dovere di consegna della
documentazione (ricevute, fatture,
lettere contabili, scontrini fiscali etc..)
atta a rendere possibile una verifica
dell’operato del mandatario (Cass. Civ.
Sez. II 7592/94).
In quest’ottica può nascere una
responsabilità ex contractu del
mandatario che deriva dalla mancata
esecuzione degli obblighi nascenti
dal mandato (contratto) che non solo
attengono agli atti di ordinaria e stra-
ordinaria amministrazione, nell’inte-
resse e per la gestione del patrimonio
del mandante, ma sono relativi anche
all’obbligo di rendiconto.
Il mandatario deve dimostrare le
spese effettuate e i costi sostenuti,
giustificando dettagliatamente la sua
attività, mediante la prova documen-
tale.
Il rendiconto, quindi, ha funzione
ricognitiva di ciò che è stato fatto
dal mandatario, che è lo strumento
idoneo per mezzo del quale si può
accertare in quale misura è stato
svolto l’incarico e se la sua condot-
ta sia stata adeguata al criterio di buona
amministrazione ai sensi del’art. 1710 c.c.
(Cass. Civ. 23.04.1998 n. 4203; Cass. Civ.
30.08.1994 n. 7592; 12.07.1990 n. 2713).
Il mandante può revocare il mandato rien-
trando tale attività nell’esercizio del suo pie-
no diritto; secondo quanto stabilisce l’art.
1722 n.2 c.c., dottrina e giurisprudenza sono
concordi nell’affermare che la revoca del
mandato generale, da parte del mandante,
non fa venir meno le obbligazioni nascenti
I
19n.109
Dura Lex Sed Lex [email protected]
di
20n.109
Calendimaggioe le Virtù
Dalla stessa radice “vert” anche il termine “vertigo”, vertigine,
e i suoi derivati, nel senso di giro e di rotazione, vortice, ca-
pogiro (vertigo capitis) ma anche di avvicendamento, muta-
mento. Vi è insito il significato di cambiare, di trasformarsi in
qualcosa d’altro, di avvicendarsi, di generare e nascere.
Etimologicamente, e nei termini indicati, il nome Virtù sem-
brerebbe peraltro anche essere collegato alla venerazione di
alcune antiche divinità e alle relative feste. Ci si riferisce in
particolare alle “Vertumnalia” o “Vertunnali”, celebrazioni in
onore di Vertunno, dio del cambiamento delle stagioni.
“Vertunno” (o Vertumno; in latino Vertumnus, Vortumnus o
Voltumna) era una divinità molto importante degli Etruschi,
venerata in particolare a Volsinii (città situata nell’area dell’at-
tuale Bolsena). Presso il suo santuario, Fanum Voltumnae
(sempre nel territorio di Volsinii), si adunava la confederazione
delle 12 città etrusche. Il suo culto era dunque centrale e
fondativo di tutto il popolo Etrusco, se proprio nel suo tempio
si riunivano le differenti entità territoriali che lo costituivano
e rappresentavano. Alla distruzione della città nel 264 a.C., il
suo culto fu trasferito a Roma, dove a Vertunno fu eretto un
tempio sull’Aventino.
Molto interessante è un’altra osservazione, relativa questa
volta al collegamento di questo dio con un’altra divinità,
“Pomona”, antica dea latina dei frutti, che secondo il poeta
Ovidio era proprio la moglie di Vertunno. La sua venerazione
aveva un proprio “flamen Pomonalis” e un luogo speciale, il
c.d. Pomonal sulla
via Ostiense.
Pomona era anche
individuata come
Bona Dea, venerata
nelle calende di
maggio - peraltro
giorno di fondazione
del suo tempio -,
sull’Aventino. Una
sua festa era anche
celebrata ai primi di
dicembre (sempre
un periodo solsti-
ziale) nella casa del
magistrato in carica,
“dove riceveva un
sacrificio e una liba-
gione dalla moglie
del magistrato, dalle
matrone e dalle Ve-
stali”. Si sacrificava
una scrofa (altra femmina, vittima sacrificale come simbolo di
prolificità!) ed era vietato alle partecipanti bere del vino puro.
Si fa rilevare a questo proposito come dalla cerimonia erano
banditi gli uomini!
Si tratta dunque di una “dea foeminarum”, una dea soltanto
al femminile, che celebrava e favoriva la fertilità, l’abbondan-
za, il soffio creativo e che, almeno in epoca arcaica, presie-
eramo e le Virtù: connubio inscindibile e sacro di ogni
Calendimaggio. Il mito legato alle virtù è noto e consa-
crato dalla tradizione ed ha fatto la fortuna di un piatto
che la leggenda vuole povero e rustico ed è ormai assur-
to a simbolo gastronomico identitario di un’intera comunità;
a onore di donne sagge e parsimoniose, che hanno saputo
risparmiare per un anno intero le scarse risorse alimentari,
serbandole per questa preparazione beneaugurale.
Il merito è delle donne dunque, le cui figure “virtuose” si ravvi-
sano centrali, anche se più che in termini di saggia economia
domestica, soprattutto in relazione alla loro funzione produt-
tiva e ri-produttiva. A loro è l’individuazione, l’innovazione e la
scelta delle erbe, dei
legumi, delle piante;
la cottura del cibo,
effettuata alimen-
to per alimento;
il mescolamento
degli ingredienti e la
simbolica del piatto,
fatta di significati ap-
parentemente chiari
ma anche di doppi
sensi palesi.
Appare infine una
preparazione quasi
sostanzialmente
femminile, che ri-
chiede diversi giorni
di impegno, costanza
e premura nell’evi-
tare che le verdure
siano inadeguate,
che non passino
di cottura, che nessun ingrediente sovrasti gli altri, ma si
ottenga, mescolando piano piano un amalgama dal sapore
omogeneo e unico.
Da quest’atto del mescolare deriva del resto probabilmente
anche il nome, che è ragionevole supporre scaturisca dalla
radice del verbo latino “vertere” che vuol dir mescolare, unire,
girare.
T
La simbologia di un piatto
diDocente di Sociologia Generale Università D’Annunzio di [email protected]
GabrieleDi Francesco
Appunti su un cibo rituale
rosamente le scadenze calendariali e
i ritmi stagionali, come scrive anche
Giuseppe Di Domenicantonio. La data
del primo maggio è rigorosa e si ritiene
anche istitutiva (solstiziale) del rito che
si sostanzia nella preparazione e quindi
nel consumo, possibilmente collettivo
e donativo, di questo miscuglio di cibi
che mostra di avere anche contenuti
magico-sacrali e con valenze benea-
guranti.
Se ne sottolinea, tra i tanti aspetti, la
collettività del consumo rituale. Era in
passato l’intera comunità che si riuniva
per una commensalità straordinaria
e iniziatica. Nelle famiglie più legate
alla tradizione sembra ancora oggi
rimasta l’abitudine a cucinare le Virtù
in abbondanza, per offrirle in dono ai
familiari, al vicinato e anche a persone
conosciute occasionalmente.
Questo aspetto donativo e della com-
mensalità non è a mio parere ancora
stato messo abbastanza in evidenza,
cosa che invece andrebbe fatta perché
il fatto di mangiare insieme rafforza il
valore del rito. È il sistema di creden-
ze che fa sì che il pasto possa essere
condiviso con alcune persone, secondo
certe regole di comportamento e
modalità di consumo o che non possa
essere condiviso con altri. La prassi,
diffusa quasi universalmente, del con-
sumo alimentare condiviso è da consi-
derarsi strettamente collegata a quelli
che possiamo definire come le funzioni
e i significati sottesi alla pratica in sé.
Arnold van Gennep sottolinea come
alla base dei riti sociali della maggior
parte delle civiltà da lui studiate ci sia-
no spesso delle pratiche che compor-
tano lo scambio o il consumo di cibi:
“La commensalità o rito del mangiare
e di bere insieme (...) è chiaramente un
rito di aggregazione, di unione propria-
mente materiale che si è denominato
come un sacramento di comunione.”
(van Gennep 1909, 25).
Il valore del dono e
la sua importanza
augurale sembrano
rintracciarsi implici-
tamente anche nel
nome che antica-
mente, secondo
Giuseppe Savini,
veniva dato alle
Virtù, indicate come
“li zocche”, cioè
chicchi, acini, semi.
Vengono in mente
molte preparazioni
gastronomiche
rituali. Tra le tante
si ricordano le fave
lessate e distribuite
di solito nei periodi
solstiziali (fave dei
morti, fave dell’av-
vento, ecc.) i cui
chicchi hanno pro-
prietà terapeutiche
e comunque vivifi-
canti e salvifiche.
Significati insiti nel
nostro piatto iniziatico, nella celebra-
zione augurale del mutamento, della
rinascita e della fecondità, che era ed
è considerata, almeno biologicamente,
la principale Virtù delle nostre donne.
Con tali intenti celebrativi, ogni anno,
nell’inconscio e ancestrale ricordo di
Vertunno e Pomona, nella sacralizza-
zione della fertilità e della fecondità si
torna a celebrarne il rito.
«Al primo di maggio», come scriveva G.
Savini «noi usiamo di cucinare insieme
ogni sorta di legumi, fave, fagiuoli, ceci,
lenti, ecc. con verdure ed ossa salate,
orecchi e piedi pure salati di maiali; e
questa minestra chiamiamo Virtù ... ».
deva all’ingresso delle ragazze nella
società degli adulti. Vi sono infatti degli
elementi nel suo culto che lasciano
scorgere un’antica istituzione iniziatica.
Come non pensare ad altre ritualità
presenti ancora oggi nel folklore abruz-
zese, celebrate da fanciulle non aduse
al vino?
L’iconografia la rappresenta con uno
scettro in mano (simile a Giunone), con
un tralcio di vite in testa e un serpen-
te su un lato. Pare qui significativo
ricordare come Pomona era anche
individuata con altri nomi e appellativi,
tra i quali Turan e Maja.
La dea sembra vicina ai nostri territori
e ai nostri riti anche
per un altro motivo
leggendario, che ne
giustificherebbe la
vicinanza o meglio
l’appartenenza al
mondo Pretuzia-
no-Piceno.
Secondo la leggen-
da, Pomona-Bona
Dea-Maja fu infatti
anche moglie del
re Pico, che per lei
respinse Circe e
perciò fu trasforma-
to in picchio. Altro
motivo fondativo
dunque, leggenda-
riamente costitu-
tivo di quell’ampia
regione adriatica
che va sotto il nome
di Piceno, cui anche
Interamnia, Hadria,
Asculum apparte-
nevano.
Sono leggende,
accostamenti e riferimenti che non
possono avere riscontri storici, se non
marginali e ipotetici, ma che vanno a
nostro avviso approfonditi anche in
termini socio-antropologici, oltre che
storici.
È un piatto dalla storia controversa, le
Virtù, di cui molti paesi rivendicano la
primogenitura, e le cui tracce percor-
rono spesso le usate vie della transu-
manza, ma le cui origini antichissime,
etrusche e poi romane sembrano
logiche e ineludibili alla luce di quanto
esposto.
Di fatto nessuno nega che siano un
cibo molto antico e che rispetta rigo-
21n.109
Pomona e Vertumno
In giro
In valle Porclaneta
di
http://paesaggioteramano.blogspot.itSergioScacchia
Le meraviglie di Rosciolo
farmi scoprire il gioiello della Valle Porclaneta per cui ho fatto
questi chilometri sull’autostrada Teramo Avezzano. Si, tutti
vengono fin qua alla scoperta di Santa Maria in Valle, antico
manufatto sacro dell’XI secolo.
“Anche la nostra Santa Maria delle Grazie merita i tuoi occhi”-
dice ridendo la vecchietta terribile.
Un sagrato rettangolare, sopraelevato di qualche gradino in
pietra precede la facciata squadrata, contornata a sinistra da
una tozza torre campanaria con, a destra, un bel rosone ro-
manico elegante, affiancato da uno più piccolo. Sull’architrave
dell’ingresso principale c’è una bella lunetta con affresco di
Madonna con Bimbo che regge il globo, affiancata da San
Giovanni Battista e San Pietro, accanto a tre angeli.
Entro e rimango basito.
Sulla bacheca della chiesa campeggia una foto gigante che
ritrae Costanza insieme al Papa emerito Benedetto XVI, col
parroco del paesino e il segretario particolare di Sua Santità.
Anche il pontefice è arrivato fin qua per scoprire la Maria di
Valle Porclaneta e anche lui ha dovuto visitare la chiesa del
centro storico. Scopro che Costanza è di casa in Rai; è ap-
parsa in video, ripresa dalle telecamere di Sveva a Geo e Geo
e dal Bevilacqua che
conosciamo in Sereno
Variabile.
Non ci resta che andare
in auto in mezzo alle
campagne, oggi solita-
rie, ma un tempo ricche
di case e proprietà della
Chiesa, che si estendo-
no sotto la montagna
madre. Andiamo alla
scoperta del secolare
tempio, patrimonio
dell’umanità e Monu-
mento Nazionale.
Nell’aria c’è una luce
vivida e il panorama
è sontuoso. La chiesa
di S. Maria in Valle
ostanza ha un’età. Si è curvata sotto il peso degli anni,
ma quando il vento scuote un albero vecchio, si dice
che cadono giù le foglie ma il tronco rimane fermo.
Le mani della dolce vecchina sono incallite, il cuore però
è grande.
Racconta storie da regina.
Da quella bocca antica escono benedizioni miste a ricordi ed
emozioni senza tempo. Narra di un paese, Rosciolo, dove un
tempo venivano chiuse le porte d’ingresso la sera per essere
riaperte al mattino successivo, incastellati per bene a difesa
di malintenzionati. Erano tempi duri e il borgo era circondato
da portici e mura.
Anche oggi è difficile vivere da queste parti.
È davvero ciarliera Costanza, ascoltarla è un piacere.
Siamo nell’antico abitato, pochi passi da Magliano dei Marsi,
cuore dell’aquilano, proprio dove la terra trema e si muove
anche a darmi il benvenuto in questa calda mattina di aprile.
La combattiva donna neanche le conta più le scosse, le
gambe degli abitanti di Rosciolo non tremano certo di paura,
sanno convivere con le bizze della terra.
Il posto è suggestivo, elevato com’è su di una collina calca-
rea, in ginocchio ai piedi del re, il monte Velino, a 900 metri di
altezza. Ne conta qual-
cuno in più la vetusta
parrocchiale dedicata
a Santa Maria delle
Grazie, che si stacca
imperiosa, dall’anonima
piazzetta, nella parte
più elevata del borgo
medievale. Strette vie si
dipartono dalla chiesa,
tra antichi resti e case
imbrunite dal tempo. È
come essere in viaggio
all’interno di una pro-
digiosa macchina del
tempo.
Ci teneva Costanza a
portarmi all’interno di
questo tempio prima di
C
22n.109
incredibili, simboli primordiali o tem-
plari, figure geometriche, fiori della
Vita ... fin quando, addossato a una
colonna di pietra, si offre alla mia vista
il magnifico ambone del 1150, opera di
Roberto e di Nicodemo che già aveva-
no creato altrettanti manufatti in altre
chiese abruzzesi, come Santa Maria
del Lago a Moscufo nel pescarese. Qui
però gli artisti erano in stato di grazia!
Le sculture sono incredibilmente belle
e originali: c’è Giona che viene espulso
dal ventre della balena, Salomè che
danza sinuosa, il mitico Sansone dai
capelli fluenti che ammazza un leone
con un bastone, il tutto in un susse-
guirsi di angeli e figure sante. Non fini-
sci di essere rapito da cotanta bellezza
che la mia cicerone quasi mi urla di
guardare con attenzione all’”Iconosta-
si”, struttura ricca di icone e posta in
alto a separazione tra la parte dedicata
ai catecumeni battezzati e religiosi dal
resto dei fedeli. Ora gli occhi si sgrana-
no verso un trionfo di draghi, grifoni,
tra colonnine eleganti, fregiate da giri
di foglie e fiori e parte lignea in quercia
del 1240, che soffre l’usura del
tempo.
La gioia di essere dentro
questo tesoro è grande. Non
avevo mai visto tanta arte
tutta insieme. Tra affreschi del
trecento, in fondo troneggia il
“Ciborio” quasi ricamato nelle
sue sculture, ricco di figure ara-
beggianti che gli stessi autori
dell’ambone hanno regalato
all’eternità.
Rivolgetevi per la visita a
Costanza prenotandovi al
348.2768926 o 340.7947704
o fisso al 0863.517691.
Attenzione, c’è la possibilità di dor-
mire nel piccolo ostello con cucina
e bagno a lato della chiesa donando
un’offerta libera, (sei-otto posti
letto!).
Per raggiungere Magliano
dei Marsi e Rosciolo nel
parco Regionale del Velino
Sirente, percorrere l’auto-
strada A25 direzione L’Aquila
Avezzano, uscita Magliano.
Si mangia bene ovunque.
Io ho mangiato ottima carne
locale alla brace al Ristoran-
te “Anfiteatro” di fronte ai
resti dell’antica città romana
di Alba Fucens assolutamen-
te da visitare a circa 18 chi-
lometri, direzione Ovindoli.
Porclaneta è poco distante dal
sentiero impervio che sale sul
Velino, a quota 1006 metri.
Costanza è prodiga di notizie!
Mi invita a guardare attenta-
mente la facciata del manu-
fatto dove le falde del tetto
ripeterebbero alla perfezione la
sagoma del monte sopra. Sarà
ma io non scorgo questa somi-
glianza. L’esterno è anonimo.
Piuttosto la mia attenzione è
dedicata al tipo di scrittura che
si trova sui capitelli e il portale
con lunetta, sormontata da un
delizioso affresco di Nostra
Signora con due angeli ai lati
dei primo del secolo XIV.
L’anziana fa fede al suo nome, con
“costanza” e dedizione continua a
informarmi. La chiesa sarebbe risalente
al VII secolo anche se il primo
documento certo è del 1048
dove si legge della donazione
del castello di Rosciolo al mo-
nastero di Valle Porclaneta.
Poi gira la chiave nella toppa,
l’antico portale, pesante, cigola
sinistramente fin quando,
aprendosi, schiude le sue
meraviglie!
Nelle tre navate con abside
centrale semicircolare c’è tutta
la sapienza creativa dell’arte
nel mondo: stili diversi da
preromanico a romanico e
bizantino; capitelli con animali
23n.109
24 La Mostra
Nicola Spinosa al Museo d’Arte dello Splendore di Giulianova
n.109
di
[email protected] MariaPomante
La Scuola di Posillipotra vedute ed emozioni
dalla luce del sole partenopeo. Il lavoro
del genio viene sostituito dalla perizia
tecnica della riproduzione della natura
e dei suoi elementi che prendono forma
attraverso la luce, in un percorso di
esperienze che condurrà a soluzioni per
così dire “impressionistiche”.
Quest’anno l’intento del Museo d’Arte
dello Splendore è quello di rendere
omaggio alla collezione donata da
Vincenzo Bindi alla sua “direttissima
Giulianova”, assieme alla sua biblioteca
e al palazzo di corso Garibaldi, attraverso
l’incontro con un ospite d’eccezione: Ni-
cola Spinosa, già soprintendente del Polo
Museale napoletano e studioso di fama
internazionale, per gli alti meriti culturali
insignito dei titoli di Commendatore della
Repubblica Italiana e Cavaliere della Le-
gion d’Honeur della Repubblica francese.
Tale iniziativa costituirà un’occasione
unica per approfon-
dire la conoscenza
di alcuni aspetti
della collezione,
attraverso una
prolusione dall’alto
valore scientifico
e culturale. Negli
ultimi mesi, dopo
le critiche che si
sono sollevate
alla riapertura di
Palazzo Bindi, la
direzione del Polo Museale, non senza
difficoltà, sta lavorando per far rientrare
la raccolta nella sua sede originaria e sta
approntando un progetto complessivo
di restauro e manutenzione che tenga
conto della straordinarietà tecnica del
nucleo della Scuola di Posillipo.
Per informazioni:
E -mail: [email protected]
tel.: +39 085 8007157
fax: +39 085 8007157
omenica 10 maggio alle ore
18.00, il Museo d’Arte dello
Splendore a Giulianova, ospiterà
l’incontro
con il prof. Nicola
Spinosa dal titolo
La Scuola di Po-
sillipo tra vedute
ed emozioni.
L’iniziativa rientra
nelle attività
che il museo
fondato da Padre
Serafino Colangeli mette in campo da
circa un decennio con mostre, confe-
renze e progetti didattici, da quando
cioè l’ampia collezione della Pinacoteca
Comunale, parte del Polo Museale Civico
cittadino, venne trasferita nelle sale dello
Splendore a causa dei lavori nella sede di
Palazzo Bindi.
La raccolta donata dallo storico e giurista
Vincenzo Bindi alla sua morte nel 1928
consta di oltre 400 opere d’arte, dipinti
e grafiche, frutto del gusto, dei legami
e del pensiero del collezionista, della
sua volontà di testimoniare un percorso
dell’arte meridionale e dei suoi caratteri
autonomi e autore-
voli nel panorama
del nuovo Stato
nascente. La Pina-
coteca di Giulia-
nova conduce in
un viaggio che dal
Seicento napoleta-
no con Francesco
Solimena, Luca
Giordano e De
Ribera, passando
per il Settecento di Sebastiano Conca,
Pompeo Batoni e di Jakob Hackert,
attraversa l’Ottocento con il folto nucleo
della raccolta della Scuola di Posillipo
e con i grandi maestri abruzzesi come
Francesco Paolo Michetti, i Palizzi, Pa-
squale Celommi, Gennaro Della Monica
e Raffaello Pagliaccetti. Il legame di Bindi
con la Scuola
di Posillipo,
spesso ridotta a
semplice pittura
paesaggistica da
souvenir, si deve
non solo alle sue
scelte critiche
ma anche al
legame con
Gonsalvo Carelli, membro della famiglia
di pittori posillipisti per eccellenza, del
quale sposò la
figlia Rosina. A
partire dagli anni
Venti dell’Otto-
cento e dall’opera
dell’olandese
Pitloo, folgorato
dalle atmosfere
campane, la Scuo-
la di Posillipo con
Giacinto Gigante,
Filippo Palizzi e gli
altri, in continuità
con un atteggia-
mento romantico
di certa pittura del
secolo precedente
che nel classici-
smo di Poussin
si opponeva alle
volute del Rococò,
si rivolge nuova-
mente alla natura,
la osserva all’aria
aperta, baciata
D
26n.109
Cinema
Lo stupro riparatore: undicesima regiadi Michele Placido
di
La sceltaBova) e familiari, bigotti sbigottiti. Non sentono più Laura e lei
non sente più loro. La donna vaga e deambula come fosse in
un’altra realtà, oltre i dati di superficie che il film aveva mostra-
to e continuerà a mostrare lisci e levigati, eppur disseminati di
porte chiuse (e improvvisamente spalancate), vetrate, sbarre,
reticolati umani, isolamenti, spigoli, pur in un’apparente condi-
visione.
Ecco franare i falsi entusiasmi raccontati a inizio film, quasi da
spot. Canti, riti alimentari, urli di gioia, party, foia incontinente. E
false tolleranze, come quando si vede la sorella della protagoni-
sta (Valeria Solarino) convivere tranquillamente con due uomini
(e due figli), altro presagio di corpo molteplice. Qualcuno chiac-
chiera, ma è poca roba: nessuno più si scandalizza. Le false
solidarietà, invece, saranno espresse da quella coppia in strada
che mette il dito – nel cellulare – tra moglie e marito briganti,
minacciando di chiamare la polizia. Sono già una prefigurazione
dello spettatore e del critico politically correct pronti a sghi-
gnazzare sul film, poi a puntare il dito ideologico accusatore.
Michele Placido è un autore
capace di alternare rotondità
narrative (Del perduto amore,
1998), coolness di scrittura (Un
eroe borghese, 1995), toni so-
ciali (Le amiche del cuore, 1992)
e asociali (Un viaggio chiamato
amore, 2002), cinema di genere
(Romanzo criminale, 2005) o de-
genere (Ovunque tu sei, 2004),
nel segno di un eclettismo ambi-
zioso e coraggioso. Qui ritrova il
touch astratto e contemporane-
amente corporeo delle sue cose
più bizzare e sperimentali, met-
tendo costantemente in forse
la sua propria messa in scena.
Anche Catherine Breillat faceva
dubitare del Parfait amour!
(1996) del suo omonimo titolo,
nonostante la coppia del film
scopasse alla grande. Salvo poi
far rinfacciare da lei a lui scarse
capacità amatorie. Stuprando,
stupendo gli spettatori.
Oltre che inganno e finzione, il
cinema è sempre trans, motion
in moto, intensivo ed estensi-
vo. Non bisogna mai prenderlo
alla lettera. Le storie sono un
elemento al pari di fotografia,
inquadratura e cast. Servono
a veicolare e violare concetti,
concepiti inconcepibili. Un bambino può anche non essere un
bambino, una donna non necessariamente tale e figuriamoci
quindi un nascituro. Il figlio in arrivo, che il film anticipa da subi-
to con tutta una serie di bimbi alchemici (ai quali Laura insegna
n sole non ingannatore nel cinema italiano. Mortifica, poi
vivifica. Abbaglia protagonista e spettatore, penetrando
tra le impalcature di una strada stretta che potrebbe
fungere da selva oscura, preludio al cambiamento. Raggi
luciferi accompagnati a una conversazione telefonica abortita
tra una coppia senza figli che
fino a quel momento sembrava
essere fin troppo in armonia.
Rispondere senza parlare, riat-
taccare prima di insistere. Uno
strano presagio, illuminato dal
sole attraverso il buio. Annuncia-
zione dark che precipita il film in
un budello incognito, inespresso,
con schegge di trauma/traum,
sogno e perturbante. Da un
vicolo infatti spunta una mano
e trascina Laura (Ambra/Ombra
Angiolini) in una melma d’orrore
fuoricampo, appena dopo le
riprese che Pasolini avrebbe
definito contronatura, infuocate
da quel Sole epifanico, una sorta
d’occhio di Varuna che copre e
scopre.
La mano ama l’anima, con
quell’impulso dal basso verso
l’alto. Sostituisce un fallo
proditorio, il Logos fondatore
fecondatore. Appartiene difatti
a uno stupratore, la cui radice
stup è la stessa di stupore, stu-
pefacere. Siamo di fronte a una
violenza stupefacente. Simbolica
più che reale. Onda d’urto scate-
nante l’altrui censura censurata.
Da quel momento, quindi, la
donna sarà trattata come una
creatura cronenberghiana, un purulento work in progress di
corpo raddoppiato, portatrice di una maternità ributtante. Il
cammino insopportabile della complessità dell’esistenza e della
natura. A cui, strenua, si oppone la cultura di consorte (Raoul
U
27n.109
spaesamento e subbuglio. Aderiscono
in pieno a quel womb-tomb, al cancel-
lo femminile che conduce al-di-là, un
grembo/porta dentro cui è facile smar-
rirsi. Ci sono pure le campane, dal suono
sempre atto a condividere il simbolismo
della soglia femminile. Consolano, turba-
no. Gerard Damiano le faceva suonare
mentre Linda Lovelace raggiungeva
finalmente l’orgasmo, Lars von Trier,
misogino cronico, quando Emily Watson
crepava, stuprata a morte per volontà
del marito impotente (poi potente).
Placido se ne serve per imbastire uno
stupro riparatore, lo stupro/paradosso
che rifonda la verginità. Ne verrà fuori, in
tutti i sensi, un’altra vita.
Il che sconcerta e scontenta, si offre
provocatoriamente come bersaglio
dei savi e dei progressisti, abortisti e
anti-antiabortisti, anche nella scelta di
due attori ovviamente ed evidentemente
non strepitosi, le cui facce da fiction tv
si sanno già non all’altezza di quel che
dovrebbero esprimere. Ma cosa devono
esprimere? Un testo pirandelliano di
cento anni fa, disossato? O piuttosto
un ineffabile psichico della cui natura
il film si rende radicalmente partecipe,
attraverso simboli e metafore, volti a tra-
scendere l’involucro rassicurante, senza
neppure darsi come tali?
La scelta (anche registica) è indetermi-
nata, sfuggente, imprecisabile, indefi-
nibile. Più di tutto perché concentrata
su quel corpo di donna posseduto da
un nascituro, così vicino così lontano a
tutto quanto si possa percepire rispetto
alla nuova carne delle neo-famiglie,
ai traumi pre e post partum, al corpo
trasformato e violato, alla fecondazione
eterologa. Persino alla consuetudine
abbattuta, in questi tempi così innatural-
mente immobili. Temi proposti mediante
un ordine simbolico mitologico di stre-
ghe e puttane. Qualcosa che al più viene
tollerato solo se declinato al passato.
O sotto forma di horror. Dario Argento,
per esempio, è stato e resta un esperto
di mamme scioccanti. Tuttavia anche
La terza madre (2007), film di analoghi
turbamenti e rinascenze, ha avuto un
ingiusto pessimo trattamento. Allo stes-
so modo delle mamme
perturbate dell’Alina
Marazzi di Tutto parla di
te (2012), horror tenero
come un bambolotto.
A proposito di
bambolotti. Il film ha
un ulteriore scatto
nell’alludere che
un’altra vita arriva ma
non è detto che sia per
forza altra. Tra moglie e
marito riconciliati, per
interposto flashback,
si frappone un forcipe.
I bambini numerosi
che contornano il film
esprimono sì un sim-
bolo di individualità rin-
novata (o sul punto di
esserlo), restano però,
su un piano fotografico
oggettivo, bimbi veri.
Che vediamo educati,
ammaestrati, plasmati, esibiti. Pre-testi.
A un certo punto, complice Gioacchino
Rossini, su uno sfondo di frustrazioni
gentili, si trasformano in micini (come al
contrario, oggi più che mai, micini e altri
animali vengono trattati da bambini).
Maternità e paternità a ogni costo, per
non guastarsi, sanno quindi di nevrosi,
ulteriore product che asseconda non
ostacola l’ordine razionale dominante.
Al contrario dei bambini-bambini. Uno(a)
di essi chiede perché tutti i grandi com-
positori classici sono uomini. E un figlio
con le cuffie propone al padre (lo stesso
Placido) l’ascolto, negato alle orecchie
dello spettatore, di Somebody To Love.
Appunto.
canto), rappresenta la materia prima e
contemporaneamente il prodotto finale
di un processo interiore che il film si
sforza di tradurre in stup(o)ri concet-
tuali, abbattendo i confini tra detto, non
detto, campo e fuoricampo, linguaggio e
metalinguaggio.
Spezzata, convulsa, confusa la forma
del film, proprio come un feto (del Sé).
Accennata ma non sviluppata, aperta
e tuttavia chiusa dentro una (appa-
rente) confezione ortodossa di musica
sottolineatrice e scorci di Bisceglie
come dovrebbe piacere all’Apulia Film
Commission. I dialoghi sono da Harmony
collezione, e per questo li si potrebbe
considerare all’altezza di quelli dell’ulti-
mo Michael Mann. Dei tanti personaggi
che fanno da contorno
non se ne capisce la
necessità: forse in
quanto non l’hanno
neanche nella vita inte-
riore dei due protago-
nisti? O proprio perché,
in un tale processo,
nulla è superfluo e da
scartare?
Il film osa accumulare
senza spiegare, far
vedere senza dimostra-
re. Privo delle consuete
scorciatoie narrative,
dialogiche, psicologi-
che e patologiche del
cinema per tutti che ci
si aspetta. Si confida
molto nel visivo, nella
diegesi dei segni. Si
pensi al pan-focus al
contrario, che sfoca
un’immagine umana,
un dialogo tra sorelle, lasciando ben
in evidenza il marchio di un prodotto.
Pubblicità occulta svelata. Un clamoroso
esempio di meta-product placement,
onirico e ironico: il colpo di genio che
fa di necessità virtù autoriflessiva,
suggerendo l’idea di esistenze a una
sola dimensione mercantilizzata. Cinema
compreso.
Le immagini stesse e la sceneggiatura
che le anima sembrano vagare cata-
tonici in cerca di un non so che, quasi
forzate in una libertà di movimento e
di montaggio, che alterna con sgraziata
grazia primissimi piani e inquadrature
vuote, dettagli dettagliatissimi ed ellissi
che danno un effetto quasi di cecità,
28n.109
Non solo Xylellaanche facendo la Drosophila Suzukii il moscerino killer molto
difficile da sconfiggere che ha attaccato ciliegie, mirtilli e uva
soprattutto in Veneto.
La produzione Made in Italy di miele di acacia, castagno, di
agrumi e mille fiori è quasi dimezzata nel 2014 anche per
l’arrivo in Italia dell’insetto killer delle api che mangia il miele,
il polline e soprattutto la covata annientando la popolazione di
api o costringendola ad abbandonare l’alveare. Si tratta del co-
leottero Aethina Tumida della famiglia dei Nititulidi che aveva
già invaso il Nord America alla fine degli anni ‘90 provocando
ingenti danni, diretti ed indiretti, poiché a seguito del venir
meno delle api sul territorio, si prevedono conseguenze anche
per gli agricoltori per la carenza d’impollinazione delle colture
agrarie. E se gli agrumi della Sicilia sono stati gravemente
attaccati dalla Tristeza (Citrus Tristeza Virus) che ha indebolito
oltre il 30 per cento delle coltivazioni, centinaia di migliaia di
piante di kiwi del Lazio e Piemonte sono state letteralmente
sterminate dalla batteriosi del kiwi (Pseudomonas syringae pv.
Actinidiae), mentre melo e pero in Emilia sono stati colpiti dal
colpo di fuoco batterico (Erwinia amylovora).
Ma c’è anche il punteruolo rosso Rhynchophorus ferrugineus
originario dell’Asia che ha fatto strage di decine di migliaia
di palme dopo essere comparso in Italia per la prima volta
nel 2004 e da allora si è dimostrato un vero flagello che ha
interessato il verde pubblico e privato in Sicilia, Campania,
Calabria, Lazio, Liguria, Abruzzo e Molise.
Per difendere il patrimonio del Made in Italy agroalimentare è
necessario rafforzare gli strumenti di intervento per sostenere
i produttori
fortemente
danneggiati
ma è anche
necessario
potenziare la
ricerca per la
prevenzione.
Fondamen-
tali sono
certamente i
controlli sulle
importazioni
e la lotta al commercio irresponsabile come conferma la Re-
lazione annuale di Europhyt, il sistema comunitario di notifica
fitosanitaria che opera nei 28 stati membri UE più la Svizzera.
Nell’ultimo anno sono state intercettate ben 6957 partite di
piante, parti di piante, prodotti ortofrutticoli e materiali di
imballaggio in legno, delle quali il 95 per cento provenienti
da Paesi extracomunitari, che non rispettavano le normative
fitosanitarie comunitarie, secondo una analisi della Coldiretti.
In 2483 partite, circa un terzo dei casi, sono stati trovati inset-
ti, funghi, batteri o virus. I prodotti ortofrutticoli rientrano tra
le categorie più a rischio con prodotti come i mango, zucca,
basilico, melanzana, guava e peperone, provenienti da India,
Pakistan, Ghana, Repubblica Dominicana, Cambogia, Sri Lanka,
Kenya e Bangladesh.
on solo la Xylella fastidiosa proveniente dal Costa Rica
che sta facendo strage di ulivi nel Salento, ma ammon-
tano a circa un miliardo di euro i danni alle coltivazioni
Made in Italy provocati dall’invasioni di parassiti “alieni”
provenienti da altri continenti che a causa dell’intensificarsi
degli scambi commerciali sono arrivati in Italia dove han-
no trovato un habitat favorevole a causa dei cambiamenti
climatici, dalla Popillia Japonica alla Drosophila suzukii fino alla
Aetina Tumida. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti
in vista dell’Expo dalla quale si evidenzia che a rischio ci sono
i simboli dell’agricoltura italiana, dall’ulivo al pomodoro, dagli
agrumi al castagno, dalle ciliegie ai mirtilli, ma anche le piante
ornamentali come le palme e perfino le api.
Se sono iniziati gli
abbattimenti degli
ulivi colpiti dalla
Xyella e sono in
atto le attività di
potatura, trincia-
tura, sarchiatura
e aratura dei
terreni, necessa-
rie per creare un
ambiente sfavore-
vole alla sputac-
china, l’insetto
vettore del batterio, l’ultimo arrivata è la Popillia japonica che
originaria dal Giappone ed è stata trovata in Italia per la prima
volta in Lombardia dove si teme per l’attacco ai pomodori di
cui ha già fatto strage negli Usa, dove secondo il dipartimento
di Agricoltura per gli interventi di controllo si spende più di
460 milioni di dollari all`anno.
Se si teme per il futuro del pomodoro italiano le castagne
hanno invece già pagato un conto salatissimo con la produzio-
ne che è scesa al minimo storico ben al di sotto dei 18 milioni
di chili registrati lo scorso anno e pari ad appena 1/3 di quella
di 10 anni fa. La colpa è del cinipide galligeno del castagno, il
Dryocosmus kuriphilus, proveniente dalla Cina che provoca
nella pianta la formazione di galle, cioè ingrossamenti delle
gemme di varie forme e dimensioni contro il quale è stata
avviata una capillare guerra biologica attraverso lo sviluppo
e accurata diffusione dell’insetto Torymus sinensis, che è
un antagonista naturale, anche se ci vorrà molto tempo per
ottenere un adeguato contenimento. E danni incalcolabili sta
N
Coldiretti Informa
di
Direttore Coldiretti TeramoMassimilianoVolpone
Un miliardo di danni dalle malattieprovenienti dall’estero
29n.109
zione con la quale la faccio che mi permette
di riuscire nell’intento”
Donnarumma “Riesco ad essere concreto
sotto porta e soprattutto mi considero bravo
tatticamente, qualità che molti allenatori del-
le squadre giovanili che ho avuto in passato
mi hanno esternato apertamente”
Momento magico e giuste ambizioni, lo
sguardo rivolto dove?
Lapadula “A vincere la B con il Teramo. Per
il momento non voglio guardare oltre. Se ne
parlerà dopo”
Donnarumma “Sono molto concreto e
pragmatico per cui guardo essenzialmente
al presente per raggiungere un obiettivo
importante. Poi penserò al futuro“
Quanto devi al Teramo ?
Lapadula “Al Teramo devo tanto per il fatto
di aver puntato su di me e per la grande
fiducia che ha riposto sulle mie qualità come
giocatore. Spero di averlo ripagato adeguata-
mente con le prestazioni e i miei goal”
Donnarumma “Sicuramente tanto in quanto
prima ancora che ricominciasse l’annata Di
Giuseppe mi aveva cercato con insistenza.
Hanno avuto tanta fiducia in me per cui
ringrazio il Direttore Sportivo, la Società e la
città di Teramo”
Domanda ovvia: ti piacerebbe restare a
Teramo?
Lapadula “A Teramo sto bene. Con il mister,
il direttore, i teramani e il gruppo. Direi
proprio di si”
Donnarumma “A Teramo mi trovo molto
bene. In futuro se c’è la disponibilità del Pe-
scara sicuramente mi piacerebbe restare”.
l caso li ha fatti incontrare e insieme
sono entrati nelle cronache naziona-
li, accostati persino alle coppie più
famose d’Italia della Juventus e di altre
blasonate squadre italiane. Il tandem delle
meraviglie, Donnarumma – Lapadula, ha
detronizzato e superato di gran lunga l’altra
celebre coppia biancorossa Motta – Pepe
che nel campionato 2002/2003 aveva
messo a segno trentaquattro reti. “I gemelli
del goal” hanno letteralmente trascinato il
Teramo nella elite della terza serie nazionale,
sovvertendo ogni pronostico iniziale, anche
di quelli più pessimisti. Affiatati in campo,
proviamo a vedere come sono fuori dal
rettangolo di gioco.
Vi conoscevate?
Lapadula “No! Non ricordo bene, forse solo
occasionalmente avevo sentire parlare di lui”
Donnarumma “Assolutamente no! Neanche
mai giocato contro”
In tandem vi integrate perfettamente,
come solista?
Lapadula “Con Alfredo mi completo al
meglio, ma non è la prima volta nella
mia carriera. A San Marino in coppia con
D’Antonio ho realizzato ventidue reti. L’anno
scorso ho messo a segno 18 reti in coppia
con Coda. Mi sono sempre trovato bene con
i compagni di reparto. Quest’anno va ancora
meglio ed è straordinario quello che stiamo
facendo in campionato”
Donnarumma “Insieme ci troviamo bene
e si vede anche molto bene in campo. Le
nostre caratteristiche si sposano benissimo
ed entrambi ne guadagniamo in rendimento.
Da solo forse sono meno incisivo”
Ti aspettavi un rendimento così alto?
Lapadula “Sapevo che sarebbe stata
un’annata importante scegliendo Teramo.
Sono venuto non per accontentarmi di una
stagione anonima, ma neanche pensavo che
sarebbe stata così travolgente sia dal punto
di vista personale che come squadra”
Donnarumma “Volevo fare un anno impor-
tante in quanto venivo da un infortunio e non
ero riuscito ad esprimermi al meglio nel Cit-
tadella. Sono venuto a Teramo per rilanciar-
mi. Devo dire di aver fatto una ottima scelta
sia per me che per la mia squadra”
Una tua qualità?
Lapadula “Il non mollare mai e la cattiveria
agonistica penso siano le mie qualità. La mia
vera forza è questa. Anche quando mi riesce
la giocata di qualità è sempre la determina-
Sport
di
Donnarumma e Lapadula
I
Foto Vincenzo Ranalli
I gemelli del goal
30n.109
la qualificazione per la finale che si svolgerebbe a Teramo.
Comunque ciò si presenta di difficile realizzazione in quanto
la rosa si è alquanto indebolita con il ritorno in patria della
italo argentina De Uriarte, ritorno in patria di cui non siamo
riusciti a comprendere il motivo, proprio alla vigilia della fase
finale. Scelta societaria o della giocatrice? Chi vivrà, vedrà!
Nel campionato di A2 femminile, la Team Teramo
aggiudicandosi il concentramento di Grosseto dove ha
battuto prima il Sassari e poi il Mugello ha acquisito il diritto
a disputare i play off per l’eventuale salto in A1. Detti play
off si disputeranno nei primi tre giorni di maggio a Città S.
Angelo e a Chieti. La squadra teramana avrà come avversari
lo Scinà Palermo, Brunico, Carnago, Schenna e il Mestrino
che sono le squadre vincitrici degli altri raggruppamenti.
Nel campionato di serie B maschile, le squadre teramane
Lions e Team Teramo nel campionato che sta per
concludersi, si affronteranno tra di loro nel derby cittadino
per aggiudicarsi la piazza d’onore dietro al Chieti che
matematicamente è promosso in A2. Il bilancio della stagione
è sicuramente positivo per entrambe essendo sempre state
protagoniste ai vertici della classifica.
l mese di maggio, mese delle rose, ci dirà se per la
pallamano teramana saranno rose o spine. Nella A1
femminile sono iniziati i play off scudetto che hanno visto
in gara 1 di semifinale affrontarsi, in base alla classifica
ottenuta nella regular season, il Conversano contro il Salerno
e il Cassano contro il Teramo. Il Conversano ha prevalso
contro Salerno con lo scarto di quattro reti mentre il Teramo
è stato sconfitto in casa dal Cassano con due reti di scarto.
Mentre tra Conversano e Salerno possiamo dire che il
pronostico della vigilia è stato rispettato, anche se la squadra
pugliese ha dovuto faticare più del previsto per avere ragione
dell’avversario, il Teramo inaspettatamente è stato battuto
nella gara casalinga mentre la tifoseria si aspettava un
risultato positivo. Nella gara di ritorno, comunque, il Teramo
avrà la possibilità di ribaltare il risultato portando a gara tre
Sport [email protected]
PallamanoI
dalla