SportPeople 2011-17

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S S p p o o r r t t p p e e o o p p l l e e n n 1 1 7 7 / / 2 2 0 0 1 1 1 1 Anno 8 Numero 17 20 Maggio 2011 I I n n q q u u e e s s t t o o n n u u m m e e r r o o : : GenoaSampdoria a pag. 2 CesenaBari a pag. 13 SampdoriaBrescia a pag. 20 PaganeseCremonese a pag. 24 PisaAndria a pag. 26 ReggianaSalernitana a pag. 29 FondiCampobasso a pag. 40 MonopoliMarino a pag. 44 AironiOspreys rugby a pag. 46 Recensione Rembò a pag. 50 Comunicati a pag. 52

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Fondi-­‐Campobasso  a  pag.  40  

Monopoli-­‐Marino  a  pag.  44  

Aironi-­‐Ospreys  rugby  a  pag.  46  

Recensione  Rembò  a  pag.  50  

Comunicati  a  pag.  52  

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E poi vatti a fidare E poi vatti a fidare E poi vatti a fidare E poi vatti a fidare dei parenti...dei parenti...dei parenti...dei parenti...

IIIImpossibile e troppo personale fare un

esatta classifica della stracittadina più emozionante dal punto di vista del tifo. Sicuramente il derby della Madunina ha il suo fascino per le squadre notoriamente tra le più vincenti del campionato; in quello della Mole si trovano di fronte due tifoserie profondamente diverse, una da sempre abituata a soffrire, l’altra espressione di chi è abituato a trionfare in Italia ed in Europa, l’una espressione della città di Torino, l’altra che accomuna i tifosi di tutta la nazione; il derby di Roma è sanguigno, i colpi bassi non mancano e storicamente è quello dove la tensione e la rivalità tra le tifoserie tocca l’apice. Tra le grandi stracittadine c’è quella di Genova, anche se per confermare il discorso iniziale sulla soggettività, ci sarà sicuramente chi attende con ansia e trepidazione anche il derby di Verona tra il Chievo e l’Hellas. Il derby di Genova in passato ha regalato tifo e coreografie che sono rimaste nella

memoria di chi ama andare allo stadio, vivere una partita, credere ancora in qualcosa che i soliti noti vogliono mettere in soffitta. Negli ultimi tempi i rapporti tra le due tifoserie si sono progressivamente deteriorati e qualche episodio al di sopra delle righe è avvenuto nei pressi dello stadio. Ma, violenza a parte, quello che colpisce nel derby della Lanterna è il pathos e l’attesa di una partita che deve essere vinta sul campo ma soprattutto sugli spalti, a colpi di cori e di coreografie, per confermare quella supremazia cittadina che, in fin dei conti, nessun duello potrà mai stabilire. In questa stagione, come uno scherzo del destino, il derby di ritorno capita quasi a fine campionato, esattamente quando mancano, incontro odierno escluso, solamente due partite alla fine dell’annata. Le due squadre hanno percorso strade diametralmente opposte: la Samp, partita per giocarsi la qualificazione alla Champions League, attualmente deve lottare per salvarsi mentre il Genoa, partito per provare ad entrare in Europa…

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…League, ha perso ogni obiettivo e deve cercare di terminare il campionato meglio possibile. A prima vista le due squadre hanno motivazioni diverse: la Samp deve vincere per salvarsi, il Genoa se vince condanna i cugini ma per la classifica resta comunque fuori da qualsiasi gioco. Il derby va vissuto, bisogna entrare in contatto con la gente del posto, capire gli umori e palpare con mano quella tensione pre-gara che si respira solo in talune circostanze. Arrivo allo stadio con circa quattro ore di anticipo ma, nonostante questo, noto già parecchio movimento, con i gruppi di tifosi delle due squadre che prendono d’assalto i diversi punti di ritrovo. Non rari neanche i casi in cui gruppi di amici o familiari siano di diverse fedi calcistiche e gli sfottò non mancano, anche se i doriani sono svantaggiati dal fatto che il rischio di finire in B per mano dei cugini è un piatto servito di continuo nelle discussioni. Immancabile caos per trovare un parcheggio nonostante l’ora e passeggiata alla volta del Ferraris: in lontananza sento

le prime bombe carta e noto le prime bandiere fatte sventolare tra i vicoli. La partita è il posticipo serale della domenica: i tifosi, soprattutto doriani, sono con l’orecchio teso ai risultati del pomeriggio e la vittoria del Lecce sul Napoli fa gridare allo scandalo. Qualche offesa se la prende l’ex mister Mazzarri e subentra nei tifosi la conferma che se la Samp vuol salvarsi, deve confidare solo nei propri mezzi. Sull’altro versante i grifoni non fanno mistero della loro ammirazione per Chevanton, l’autore, proprio sul finire…

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…della partita, della rete che ha permesso al Lecce di battere il Napoli, tanto che viene preparato in tutta fretta un coro per sbeffeggiare i cugini doriani che ha come protagonista proprio l’ex atalantino. Ritiro l’accredito, guadagno l’ingresso ed una volta dentro ho la conferma che nelle due gradinate qualcosa bolle in pentola: c’è già un bel movimento e da una prima rapida occhiata deduco che ci saranno coreografie particolari. Solo la gabbia occupata dagli Ultras Tito è praticamente deserta e l’ingresso del gruppo avverrà compatto ben prima dell’inizio della gara. Giocando in casa il Genoa, lo stadio è a forti tinte rossoblu, e la gradinata nord è quella che comincia a riempirsi prima e ad accendersi per incitare la squadra e sbeffeggiare i rivali. Tra i grifoni c’è la speranza di mandare in B i cugini ed appena la squadra entra in campo, si capisce dagli applausi e dall’incitamento che riservano agli undici giocatori quanto la partita, almeno secondo loro, debba essere vera. Immancabili i due aste dedicati ai doriani, qualche “B” mastodontica ed un “Amico Garrone” che reputo particolarmente simpatico sono il fiore all’occhiello della tifoseria, ma sono comunque parecchi gli stendardi che vengono mostrati già nel prepartita. Sull’altro versante, detto della gabbia degli UTC, in gradinata sud c’è un po’ meno movimento e qualche presenza in meno e, a differenza dei rossoblu, i blucerchiati preferiscono usare le loro bandiere per cominciare a colorare la curva. Si cominciano a scaldare le ugole, i grifoni invocano Chevanton, i doriani rispondono per le rime e caricano la squadra in vista del fischio d’inizio. Degno di nota il settore dell’“Ideale Ultras”, davvero un gruppo che associa delle ottime bandiere ad un tifo continuo: nel prepartita spalleggiano di continuo la gradinata, non mancando di provare a coinvolgere nel tifo i restanti presenti nel loro settore. L’atmosfera è tesa, le squadre continuano il riscaldamento mentre anche gli UTC cominciano il loro show: ottima presenza numerica e bandiere sventolate fin dal loro ingresso; cori per la squadra cattivi e rabbiosi e qualche pezza che prende le

distanze dalla tessera del tifoso. Lo stadio è invaso dalle canzoni di De André, i genoani non ci pensano due volte e danno via ad una sciarpata che coinvolge i tre quarti dei presenti; l’euforia è a mille mentre anche in gradinata sud i posti vuoti si contano sulle punte delle dita. Il rientro delle squadre negli spogliatoi è salutato da applausi e cori ed entrambe le tifoserie, che fanno veramente a gara per farsi sentire. E’ il momento delle coreografie, e per qualche minuto sembra che tessera del tifoso e limitazioni varie si vadano a far…

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…benedire e si torni indietro nel tempo, quando potevi entrare in uno stadio e sentirti partecipe di uno spettacolo, quello sugli spalti, pensando di poter influenzare il risultato con coreografie e cori. Questa sera a Genova il colore non manca davvero! Parto con la gradinata nord: nell’anello superiore viene issato un bel bandierone con la scritta “Cfc Genoa 1893”, mentre la zona sottostante si copre di cartoncini rossi e blu luccicanti con un lungo striscione in balaustra che recita “Sempre con te sarò e mai ti lascerò”. A centro curva un secondo bandierone raffigura una coccarda tricolore, i nove scudetti ed il Grifone. Per rimanere sulla sponda rossoblu, anche i Children Settore 5 colorano il settore con un bel bandierone copri settore e qualche bandiera sventolata: i “monelli” vengono su davvero bene! Anche i Genoa club, davvero attivissimi in questa serata, organizzano una coreografia piuttosto articolata e davvero riuscitissima: tre teloni raffigurano il lungomare di Genova, con un grifone

armato di cannone che spara ad un marinaio con i colori doriani, il tutto sormontato da strisce rossoblu e da un altro bel bandierone. Sponda blucerchiata: gli UTC colorano la gabbia con bandieroni e torce mentre in gradinata sud viene issato lo striscione: “A testa alta… orgogliosi dei nostri colori”, e tantissime bandierine bianco, rosse, nere e blu vengono agitate cambiando di volta in volta la sequenza dei colori ed offrendo così uno spettacolo che non è mai uguale. Ottima riuscita di una coreografia non tra le più facili da effettuare, vista l’estrema precisione che occorre in questi casi.

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Cominciano le ostilità sul terreno di gioco e le due tifoserie non mancano di sostenere le squadre. Il primo tempo lo passo sotto la gradinata nord ed è difficile descrivere l’entusiasmo traboccante che si respira tra i grifoni. Tanti battimani, bandiere e bandiere a due aste sempre alzate, qualche torcia accesa nella zona centrale della gradinata, gli ultras rossoblù non si fanno mancare proprio niente visto che anche i cori sono di ottimo livello. Tra gli altri, segnalo quello in onore degli amici napoletani, presenti in nord con due pezze, “Secco vive” e “Contro la tessera”, e con un bel bandierone che non smette mai di sventolare. Anche gli appartenenti a “Ideale Ultras” si fanno notare, oltre che per i cori, per le bandiere sventolate quasi ossessivamente e per qualche torcia accesa in maniera clandestina. I cori, in occasioni come queste, non possono che essere boati: la gradinata nord spinge la squadra, non lesina impegno e partecipazione, ed i risultati sono decisamente buoni. Sull’altro versante le cose non variano…

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…di molto: i bandieroni blucerchiati son sempre alti, in gradinata sud alcuni cori son talmente fragorosi che, pur essendo sotto la gradinata nord che certamente non si limita, in diverse occasioni distinguo nitidamente i doriani. Gli UTC sono veramente in forma: i battimani sono continui, così come il colore offerto dalle bandiere non viene mai meno e l’apice si tocca quando gabbia e gradinata cantano il medesimo coro, fortunatamente questo avviene spesso ed il tifo ne può solo beneficiare. La partita si gioca in un ambiente davvero infuocato, sarà lo stadio completamente coperto che fa rimbombare i cori, sarà il derby che è sempre una partita speciale, ma le due tifoserie sanno veramente come onorare questo appuntamento, tanto che nell’incitamento c’è una partecipazione quasi totale e nessuno risparmia la voce per incitare la propria squadra. Sul terreno di gioco la partita è vera, le scintille tra i giocatori non mancano e l’arbitro ha il suo daffare per tenere in pugno una partita particolarmente

nervosa. Le occasioni da gol arrivano con il contagocce, ma sugli sviluppi di un corner è Floro Flores a scrivere il proprio nome sul tabellino: il Genoa passa in vantaggio proprio allo scadere del tempo regolamentare e la gradinata nord inizia la festa che prosegue per buona parte dell’intervallo. Non mancano gli sfottò verso i cugini doriani e ai cori segue uno striscione esposto a centro gradinata: “Dovete ancora andare giù e… già non esistete più”. Mentre i genoani sbeffeggiano i…

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…blucerchiati, questi ultimi preferiscono nell’intervallo ricordare un amico che non c’è più, con uno striscione esposto nella parte superiore della gradinata: “Ciao Guido grande Palato Fino”, a firma dei gruppi della sud. Se l’intervallo ha fatto tirare il fiato alle due squadre, per le due tifoserie non c’è stato riposo e la ripresa si apre con il gruppo Ideale Ultras che propone una coreografia decisamente graffiante: un grosso striscione con la scritta “Abbattiamoli”, con le due B in bella evidenza, ed un lungo striscione su tre piani che recita: “Da tre partite fai coreografia… con la merda fino al collo la tua coerenza è un’utopia”. In gradinata sud si saluta il rientro delle squadre in campo con bandiere e qualche torcia accesa, mentre gli UTC ripartono spediti con cori e battimani non mancando di mostrare bandiere e bandieroni. In gradinata nord vengono accese numerose torce e anche se non si può definire una torciata vecchia maniera, il colore ed il fumo imperversano sullo stadio tanto che il direttore di gara deve attendere qualche minuto più del dovuto per far iniziare la partita. Quando si torna ad una visibilità più accettabile, la gradinata nord propone una bella sciarpata e poi, immediatamente dopo, colpisce gli Ultras Tito con lo striscione: “Nel settore 6 come l’ospite che da sempre sei”. Mi sistemo sotto la gradinata sud e ho la conferma di come, anche su questo versante, cori, battimani e bandiere siano eterni compagni della partita. Gli UTC sono molto compatti e tra le loro fila non c’è persona che non partecipi ai cori, ed anche per quanto riguarda il colore siamo decisamente oltre il livello di guardia. Tra i doriani da segnalare, sia tra gli Ultras Tito che in gradinata, la presenza dei gemellati baresi, arrivati a Genova per “colpa” del ministro Maroni che ha vietato ai non tesserati la trasferta a Palermo. I genoani accendono qualche torcia, i doriani rispondono con le bandiere, mentre i cori sono continui e potenti come nella prima frazione. Verso il ventesimo una papera dell’incerto Eduardo spalanca la porta a Pozzi, che pareggia i conti e fa esplodere di gioia…

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…la Genova blucerchiata. Ora è la Samp che prova a fare bottino pieno e si spinge in avanti alla ricerca di quel gol che sarebbe terribilmente pesante in chiave salvezza. Gli ultras doriani capiscono il buon momento della squadra e sostengono gli attacchi dei loro giocatori a colpi di cori. In gradinata nord si subisce il colpo, vengono lanciati ancora cori per la squadra e vengono accese alcune isolate torce, poi, verso la fine del tempo, si comincia a chiedere alla squadra di tirare fuori gli attributi. Mesto prende le parole dei tifosi quasi alla lettera, tanto che viene espulso quando l’arbitro decreta un maxi recupero di sette minuti. La Samp spinge alla ricerca della vittoria ma il neo entrato Boselli, all’ultimo secondo, gonfia la rete e regala la vittoria al Genoa. Inizia la festa dei genoani ed inizia il dramma sportivi della Genova blucerchiata: in nord si fa festa e non mancano gli sfottò mentre i doriani non si capacitano della sconfitta; qualcuno addirittura piange, altri vanno via a testa

bassa, ma la maggior parte dei tifosi applaude la squadra che esce dal campo, trovando addirittura la forza e la determinazione di cantare qualche altro coro per la maglia. Bella prova di maturità dei doriani: continuare a cantare nonostante una sconfitta arrivata proprio sul filo di lana, che sulla carta decreta la retrocessione, non è cosa da poco. La festa della gradinata nord, invece, sembra non finire mai: qualche isolato genoano trova la via per sbeffeggiare i cugini da troppo vicino, i blucerchiati della gradinata perdono un po’ le staffe e per qualche minuto c’è un po’ di maretta tra i contendenti, tanto che le forze dell’ordine devono intervenire per allontanare qualche genoano particolarmente vivace. I doriani vuotano un paio di estintori e danno la via all’idrante, chiudendo così una gara che per loro è una colossale beffa. Sul piano del tifo gara di altissimo livello, le due sponde di Genova sembrano ancora in splendida forma.

Testo e foto di Valerio Poli.

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La fede non si discute, La fede non si discute, La fede non si discute, La fede non si discute, la presenza neanchela presenza neanchela presenza neanchela presenza neanche

NNNNel mio personale metro di giudizio di

una tifoseria, ci sono elementi che pesano molto di più sulla bilancia della valutazione di grandi coreografie celebrative, esodi di massa, momenti figli della cresta dell’onda di una stagione calcistica positiva. Dopo la vittoria del campionato di B, lo splendido campionato scorso in A, aspettavo dunque al varco i baresi, desideroso di tastar loro i polsi oggi, con la squadra virtualmente retrocessa da tempo e con il riaffiorare di antichi dissapori nei confronti di Matarrese che, nato quadro, qualcuno si illudeva potesse diventar tondo. Oggi a Cesena si gioca dunque questa partita quasi scontata, ghiottissima opportunità per i bianconeri locali di mettere in carniere tre preziosi punti salvezza, al cospetto di un’armata Brancaleone che non ha mai onorato la maglia e che aspetta la fine del campionato come la liberazione da un

incubo. Qualche spunto interessante in più lo offrono gli spalti: detto degli ospiti, che sicuramente vorranno dimostrare di meritare la categoria più dei mercenari che vestono in campo i loro stessi colori, devo anche aggiungere che la Curva Mare negli ultimi tempi mi appare in ripresa, capace di un tifo più compatto e continuo, e sono perciò desideroso di vedere se sia solo frutto di una casualità o segno di una vera e propria inversione di tendenza. Fuori dal “Dino Manuzzi”, i messaggi dei consueti striscioni appesi alle cancellate esterne, saltano a piè pari l’incontro attuale e sono già tutti rivolti all’imminente derby di Bologna: un primo striscione recita “Senza ultras non è derby!” mentre un secondo invita “Con o senza tessera invadiamo Bologna”. La situazione si risolverà poi in loro favore, dopo l’iniziale stop ai non tesserati imposto dall’Osservatorio, grazie anche al ruolo svolto dalla società dell’AC Cesena, ruolo che però non mancherà di suscitare perplessità e mugugni dentro e fuori…

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…l’ambiente cesenate. All’interno dello stadio, un terzo striscione a firma “WSB 81”: “La nostra residenza è dove gioca il Cesena”. Diversi due aste, qualche bandierina e due bandieroni di dimensioni maggiori salutano l’ingresso del Cesena in campo, unitamente ad una torcia di cui si intravede solo il fumo, mentre il candelotto viene lasciato a terra onde evitare l’occhio lungo delle telecamere e della legge. I primi 15/20 minuti sono di alto livello canoro, confermando la fase positiva della curva romagnola, anche se, bisogna dirlo candidamente, a far la differenza è il secondo anello del settore che, quando si unisce al tifo che viene dalla parte bassa, contribuisce ad elevare di una spanna la media generale della prestazione. Ovviamente, con lo scorrere dei minuti, l’entusiasmo va man mano scemando, con il quadrato centrale dietro gli striscioni “WSB”, “Sconvolts” e co. a tirar la carretta, mentre il resto del pubblico si distacca interessandosi più agli eventi del rettangolo verde, dove il Cesena di mister Ficcadenti mostra sì maggior piglio, ma resta comunque sterile e non riesce mai seriamente ad impensierire l’estremo belga del Bari Gillet. La gara si trascina anche un po’ stancamente, abbassando di pari passo il coinvolgimento emotivo del pubblico. Un lampo nel buio è quello di Bogdani, a pochi minuti dall’inizio della ripresa, che si ritrova faccia a faccia con Gillet e lo anticipa con una zampata vincente. Esplode di gioia lo stadio, in particolare la curva, che fa registrare un nuovo picco massimo: si accende un’altra torcia “clandestina”, sventolano bandiere, si levano poderose le voci e viene anche realizzata una sciarpata, meno fitta di quelle che sono stato abituato a vedere da queste parti (forse anche complice la calda giornata primaverile), ma che comunque è tutto grasso che cola, rispetto ad altri posti dove ormai una sciarpata degna di tal nome è più rara del Francio o dell’Astato. Per il resto, battimani, cori (diversi anche contro i baresi) e più in generale la prova tutta della curva è stata, leggermente in calo ma, grosso modo in linea con il…

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…trend positivo dell’ultimo periodo, ed ha dato un minimo di interesse in più alla giornata che, fosse stato per i ventidue

strapagati attori in campo, sarebbe stata di una noia mortale. In ultimo (li ho volutamente lasciati alla fine per meglio parlarne) i baresi: di tutte le volte che li ho visti fuori casa questa è forse la loro peggiore prestazione di

sempre, a partire dal numero, che è di circa 200 unità: non li avevo mai personalmente visti in meno di 500! Non può non risultare condizionato dal fattore numerico anche la qualità del tifo espresso: nel primo tempo li ho visti

muoversi parecchio ma, trovandomi sfortunatamente per loro sotto la curva di casa, non sono mai riuscito a sentirli se non in un “Bari Bari”, “Cesena Cesena vaffanculo” o qualche altro ripetuto o coro secco. Sfortunatamente per me, invece,

quando mi sono spostato sotto la loro zona, nel secondo tempo, il loro tifo è calato parecchio, cosa a cui ha contribuito pure il goal subìto in apertura di frazione. Eppure, sembrerà un paradosso rispetto a

quanto detto poc’anzi ma, di tutte le trasferte viste, questa è sicuramente la loro migliore di sempre, quella che dal punto di vista simbolico vale più di tutte le altre, perché portare 200 persone ad una partita già scritta, in una giornata in cui si sarebbe senza dubbio stati meglio al mare, in una stagione che si sarebbe stati meglio anche all’inferno, è davvero un vanto non da poco e non da tutti. Le bandiere a due aste restano aperte praticamente per tutta l’arco della gara ed alcune (specie quelle dei “Bari 1908”) sono di splendida fattura; il tifo parte già…

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…nel pre-partita ed è il momento in cui si ritagliano maggiore visibilità, poi finiscono per essere coperti dalla superiorità

numerica avversaria, fermo restando un movimento di braccia perpetuo per tutta la prima parte, che dà comunque l’idea di un tifo vocale in continuo fermento. Nel secondo tempo mi sembrano in calo, anche se non ho ovviamente gli elementi

per appurare quanto lo siano effettivamente, a fronte di un primo tempo in cui mi era impossibile sentirli. Oggettivamente posso rilevare che il bel rettangolo compatto dei primi 45’ si sfalda leggermente: resta molto attiva la parte

che va dal centro (“UCN”) alla mia sinistra (quella occupata sempre dagli ottimi “Bari 1908”), mentre la parte destra risulta meno partecipe. Meno numerosi e meno rumorosi i battimani e pur avvicinandomi non sento

né i cori secchi e i ripetuti, uditi dall’altra parte del campo, e né resto particolarmente impressionato dal resto dei cori intonati. Ad ogni modo ciò non inficia la loro…

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…presenza di quest’oggi e non c’è commento o valutazione che tenga: per quanto visto mi tolgo il cappello davanti ai baresi; adesso aspetterò il futuro prossimo per fugare i residui dubbi che, non solo a me ma anche a larga parte dell’opinione comune degli ultras, avevano destato certi atteggiamenti troppo accondiscendenti nei confronti della presidenza ed una posizione verso la tessera resa ambigua da talaltre dichiarazioni poco chiare in tv locali pugliesi, o dal tifo allo stadio che per buona parte della stagione ha inutilmente preferito appoggiare i mercenari e il loro padrone piuttosto che contestare. Non credo sia un caso se i baresi migliori si siano visti da quando è cominciata la contestazione a Ventura poi, a ruota, allargatasi a tutto il resto dell’ambiente: l’ultras è indole ribelle e anti-sistema, la diplomazia e il politicamente corretto che se lo tengano pure i politici, i presidenti o i loro servi per l’uso che della “carta bianca” suggeriva farne Totò nel film “I due colonnelli”.

Testo e foto di Matteo Falcone.

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Foto di Gerolamo Calcagno

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VViittttoorriiaa ee ssppeerraannzzee LLa Paganese vince un’altra battaglia grazie ad un rigore realizzato dal proprio capitano Vicedomini alla metà del primo tempo. Con questo risultato la squadra azzurro-stellata ottiene la seconda vittoria consecutiva in casa e prosegue la sua marcia alla conquista di quei play-out che appena qualche settimana fa sembravano un’autentica chimera. Questa vittoria se da un lato fa felici i supporters casalinghi, sul fronte opposto invece inguaia e non poco la Cremonese, che si ritrova, sorprendentemente visti i diversi obiettivi d’inizio stagione, proprio a ridosso della terribile zona play-out. La gara d’oggi a dire il vero non è stata spettacolare in quanto, vista l’altissima posta in palio, è stata giocata con la classica tensione che si taglia a fette. Sull’aspetto strettamente del tifo devo porre l’accento sull’ottima accoglienza che i ragazzi di Pagani hanno riservato agli otto ultras Cremonesi, ricambiando lo stesso trattamento ricevuto in occasione della gara d’andata a parti inverse, allorquando i paganesi, seppur in regime di divieto di trasferta, si recarono ugualmente in terra lombarda, rimanendo però in quella circostanza, per tutta la durata dell’incontro, all’esterno dello stadio perché, vista l’intransigenza delle forze dell’ordine, non riuscirono ad entrare all’interno dello “Zini” di Cremona. La curva nord espone, nella parte alta del settore, lo striscione “Ultras non tesserati” e canterà per la maggior parte della gara prettamente cori contro la tessera e la repressione che sta attanagliando in questo periodo il movimento ultras in generale. Nei distinti la Gioventù intonerà, contornandoli con gli ormai famosi battimani, in tutta la durata della gara, sì e no una decina di cori, ma tutti molto potenti e ben riusciti. Da parte cremonese infine, non ricordo che abbiano intonato un solo coro ma per

loro oggi l’importante era esserci, e di certo, vista anche la loro storia, non si possono giudicare limitandosi a raccontare o valutare solo questa loro proibitiva trasferta. Immensa la loro voglia di esserci comunque, al di là delle loro problematiche. Complimenti a loro. Alla fine è festa grande tra la squadra e il pubblico di casa che, come detto, prosegue verso il proprio sogno chiamato salvezza.

Testo e foto di Alfonso Ceglia.

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PPartita decisiva per stabilire salvezza o play out, infatti sia il Pisa che l’Andria hanno bisogno di fare punti per allontanarsi dal fondo della classifica e sperare di evitare gli spareggi. La posta in palio è decisamente alta e mi aspetto una buona cornice di pubblico. Gli andriesi l’ho già visti in questa stagione a Lucca dove, complice anche il gemellaggio, hanno offerto una prova decisamente sopra le righe, sia per il colore mostrato, sia soprattutto per l’intensità e la potenza nei cori. Questo pomeriggio gli ultras andriesi si posizionano in tribuna coperta, ormai diventato il settore dei non tesserati, e a vederli nel prepartita sembrano abbastanza numerosi. Purtroppo, non so per quale motivo, la loro sarà una presenza silenziosa, visto che non appendono nessuna pezza o tantomeno alcuno striscione e per tutti i novanta minuti della partita non intoneranno

neanche un coro. Non conosco assolutamente i perché: la presenza, ripeto, c’è e a ben vedere è anche più che sufficiente ma, a parte l’esultanza al momento del gol, non c’è da segnalare proprio altro. Nei primi minuti della partita pensavo che mancasse lo zoccolo duro degli ultras, ma quando la silente presenza si è prolungata, mi son dovuto convincere che il leitmotiv della partita fosse quello. Giornata soleggiata e calda e pubblico locale che in questo pomeriggio scarseggia un po’. Qualche vuoto in curva si nota, evidentemente la gita al mare o la tradizionale scampagnata del primo maggio hanno attirato di più di uno spareggio salvezza, anche se gli ultras nerazzurri sono sempre ai loro posti per sostenere la squadra e cercare di mantenere la categoria. Al momento dell’ingresso in campo delle squadre, in curva nord c’è ancora l’ingresso degli ultimi ritardatari, ma passano solo pochi minuti che la curva si colora con tantissime bandiere che donano un bel tocco coreografico.

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Il tifo è solo di marca nerazzurra e la curva nord si fa notare per i tantissimi cori rivolti quasi esclusivamente alla squadra: l’incoraggiamento non viene meno neanche dopo il gol che l’Andria segna dopo appena due minuti; la curva accompagna gli undici in campo offrendo tanti battimani, cori abbastanza seguiti dai presenti e soprattutto un bel colore restituito dalle tante bandiere, unitamente ai bei bandieroni sventolati per lunghi tratti della partita. Il tifo dei padroni di casa risente di qualche assenza di troppo ma comunque i presenti si fanno apprezzare per i cori continui e per la buona organizzazione. A centro curva viene esposta la pezza “No alla tessera. Ultras liberi” mentre alla vetrata viene appeso lo striscione “Lotta e vinci per noi”. Il Pisa perviene al pareggio al quarto d’ora ed anche il pubblico si “scioglie” e preme sull’acceleratore. La gradinata spalleggia in un paio di circostanze la curva ed il primo tempo scivola via con la nord obbligatoriamente sugli scudi. Anche nella ripresa prosegue il mutismo

degli ospiti e prosegue anche il tifo del pubblico locale: pure in questa seconda frazione tanti cori per la squadra e per la città e solo in un paio di circostanze vengono chiamati in causa i nemici storici. La voce non accenna ad affievolirsi e nondimeno le bandiere restano sempre alte, tanto che verso la fine della partita viene riproposta la coreografia iniziale, con bandiere e bandieroni che si alzano per colorare di nerazzurro la curva. In campo, intanto, è il Pisa che prova con più insistenza a trovare la via della rete mentre l’Andria cerca di proporre, senza…

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…troppa fortuna, qualche azione di contropiede. A tre minuti dal termine dei tempi regolamentari, è il Pisa che trova la rete grazie ad un calcio di rigore trasformato dal giovane Fanucchi. Il pubblico locale assapora la vittoria e di conseguenza una bella fetta di salvezza. Al triplice fischio dell’arbitro è evidente la soddisfazione di squadra e tifoseria pisana: i giocatori salutano tutti i settori dello stadio e si prendono una bella razione di applausi. Mentre la squadra rientra negli spogliatoi, la curva intona cori per ricordare gli amici scomparsi, contro la tessera del tifoso, contro gli ultras lucchesi e per finire contro la repressione. I tifosi ospiti devono attendere il deflusso del pubblico di casa: per loro c’è ancora da soffrire e la prossima sfida con il fanalino di coda Cavese sarà veramente decisiva. Evitare i play out è ancora possibile.

Testo e foto di Valerio Poli [email protected]

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Una sfida Una sfida Una sfida Una sfida tutta granatatutta granatatutta granatatutta granata

LLLLa settimana che precede questa

importantissima sfida di vertice nel girone A della serie C1 (a noi la dicitura Lega Pro non piace, sapete com’è… il rispetto delle tradizioni ce lo impone…) è caratterizzata dal tam-tam mediatico che rimbalza tra Reggio Emilia e Salerno circa i tentativi per aggirare il divieto di trasferta da parte dei salernitani privi di “Tessera del Tifoso”, divieto imposto da parte del Prefetto del capoluogo reggiano e reso noto dall’ormai celebre Casms. Le proteste dei tifosi e delle istituzioni salernitane nei confronti di questo ennesimo provvedimento “punitivo”, più che preventivo, adottato a spese della tifoseria del cavalluccio, fanno sì che, da una parte il Questore di Reggio Emilia conceda l’accesso al settore ospiti ai sostenitori salernitani privi di TdT, purché non residenti in Campania (come se questi avessero bisogno del suo permesso per recarsi in trasferta!), dall’altra la Questura di Salerno si attivi…

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…con una procedura “straordinaria” per consentire il rilascio della TdT nel giro di poche ore a tutti coloro che ne faranno richiesta ai fini della partecipazione alla trasferta in terra Emiliana. E così, ancora una volta, ecco che un gesto tanto semplice e spontaneo come assistere ad una partita di calcio, si trasforma all’improvviso in un “affare di Stato” che coinvolge e impegna istituzioni pubbliche che, invece, farebbero meglio a dedicare risorse ed energie per cercare di far fronte a problemi ben più importanti. La reazione dei sostenitori salernitani a tutto ciò rischia di creare una spaccatura all’interno della tifoseria, alimentando ulteriormente l’acceso dibattito tra chi, i duri e puri, non vorrebbe cedere all’ennesimo ricatto e per coerenza rinuncerebbe ad entrare (ma forse non a recarsi fino in terra emiliana per far sapere di essere ancora vivo e vegeto!) e chi, invece, mette l’amore per la propria maglia e la città al primo posto ed è quindi disposto a cedere pur di continuare ad essere presente e non darla quindi vinta a coloro che, nelle stanze dei bottoni…

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…hanno creato questo sistema proprio per eliminare il movimento ultras dagli spalti. Arrivo nei pressi dello stadio Giglio circa un’ora prima dell’inizio della partita e si capisce subito che si tratta di una domenica speciale, che ha un sapore di vecchi tempi: tanta gente che si avvicina allo stadio a piedi, in moto e in bici, molti indossano maglie da gioco della Reggiana di varie annate ma parecchie sono quelle che replicano la maglia usata dai giocatori nel campionato in corso; inoltre si vedono in giro anche numerose bandierine con lo stemma della società di casa, merito anche della società A.C. Reggiana che nei giorni precedenti la gara ha avuto la bella idea di mettere in vendita un “pacchetto promozionale” che comprendeva una maglia da gioco ufficiale + una bandierina al prezzo popolare di 20 €, al fine di colorare maggiormente le gradinate del Giglio e, allo stesso tempo, ringraziare i tifosi che hanno accompagnato la squadra lungo tutto l’arco di questo campionato. Difatti, sugli spalti, quest’oggi il colpo d’occhio sarà davvero notevole, non…

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…solo per i circa 6.000 spettatori presenti, ma anche e soprattutto per il colore granata che tutti sembrano indossare e che, tra sostenitori di casa e ospiti, quest’oggi la fa davvero da padrone incontrastato. Altra cosa che mi colpisce, fin quando rimango all’esterno del Giglio, è sentire rimbombare i cori dei tifosi provenienti da Salerno, che si sentono forti e chiari fino all’esterno della curva dei padroni di casa. Da parte reggiana, al loro ingresso in curva sud, i ragazzi delle Teste Quadre esordiscono con una serie di cori secchi e potenti contro la TdT e le forze dell’ordine, con cui esprimono chiaramente la propria disapprovazione verso chi si tessera, accettando di piegare la testa di fronte al “sistema”; saranno gli unici e soli cori che i padroni di casa rivolgeranno indirettamente nei riguardi degli ospiti. Niente di offensivo o che possa creare tensione tra le due tifoserie, che tra l’altro hanno pochi precedenti in comune e, tutto sommato, si rispetteranno per tutto il corso della giornata, sia dentro che fuori dal Giglio; semplicemente un messaggio...

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…del tipo “noi non condividiamo la scelta che vi ha portati qua oggi, ve lo diciamo apertamente e la chiudiamo qui”… chapeau! Da parte loro, i salernitani assiepati in curva nord mandano giù il rospo il silenzio, fatta eccezione per dei fischi nei riguardi dei cori provenienti dalla curva reggiana, che però partono chiaramente da quelli che sono posizionati al di fuori del “quadrato” creato dagli ultras di Salerno i quali, sia in questo frangente che a fine partita, alzeranno al cielo anche un paio di cori contro la tessera, come dire “ci siamo stesi a farla ma la contestiamo”. Nei minuti che precedono l’inizio della partita, c’è spazio anche per un tributo di tutto lo stadio di parte reggiana, Teste Quadre e Gruppo Vandelli in primis, nei confronti delle varie formazioni del settore giovanile granata che hanno affrontato i diversi campionati di categoria, e che quest’oggi hanno l’onore di fare passerella nello stadio che, chissà, un giorno forse li vedrà protagonisti in campo. Inizia la gara e ha così inizio anche lo spettacolo sugli spalti, autentica partita…

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…nella partita che si dimostra fin da subito molto equilibrata, con i salernitani a mostrare una marcia in più in quanto a “decibel”, mentre i reggiani si dimostrano più continui e assidui nei cori proposti per sostenere la propria squadra. Nella sfida a distanza tra le due curve, comunque molto corretta, c’è da segnalare anche la prova del Gruppo Vandelli, posizionato nei distinti, che si dimostra molto attivo e riesce spesso a coinvolgere anche il resto del settore nei propri cori di sostegno. In generale, per quanto riguarda il tifo, ritengo opportuno rimandare il lettore alla visione delle foto, affinché possa trarre le proprie conclusioni e farsi una sua personale idea. Basti dire che, a spezzare gli equilibri sugli spalti così come in campo, almeno per quei 15/20 minuti, ci pensa il goal con cui la Salernitana si porta in vantaggio nella seconda frazione di gioco, dando così modo ai propri sostenitori di esultare e rendersi protagonisti per qualche tempo. Negli ultimi 15/20 minuti di gioco però, mentre la formazione padrona di casa…

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…lotta per recuperare lo svantaggio sul

campo, anche la curva sud si infiamma

ritrovando stimoli nell’orgoglio di

appartenenza e nell’amore per la propria

maglia, e così anche gli equilibri tra le due

curve si ristabiliscono, con la sud di casa

che non smetterà mai di cantare fino alla

fine della partita e anche oltre, mentre per

gli ospiti posizionati in curva nord è un

continuo esibirsi in cori e battimani, alcuni

dei quali davvero originali e ottimamente

eseguiti.

La fine delle ostilità in campo vede

entrambe le squadre recarsi sotto le

rispettive curve per raccogliere l’abbraccio

dei propri tifosi, chi per festeggiare

(Salernitana), chi per ringraziare per il

sostegno e la fede dimostrata fino alla fine

(Reggiana).

Anzi, i sostenitori di casa vanno addirittura

oltre e, dopo l’uscita dal campo dei propri

giocatori, un discreto numero di ragazzi

delle T.Q. in curva sud e del G.V. nei

distinti, rimangono sugli spalti ad intonare

cori a favore dei propri colori con cui

finiscono per richiamare l’attenzione di

tutta la squadra e del mister Mangone

che, dopo qualche minuto, decidono di

ritornare in campo per recarsi ancora una

volta sotto la curva sud, prima, e sotto i

distinti, poi, per stringersi tutti assieme in

un caloroso abbraccio che sa tanto di

“arrivederci” alla prossima stagione.

Testo e foto di Giangiuseppe Gassi.

[email protected].

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Contestare ma essere Contestare ma essere Contestare ma essere Contestare ma essere sempre presenti sempre presenti sempre presenti sempre presenti

da ultrasda ultrasda ultrasda ultras

SSSSfida che non ha alcun valore ai fini del

campionato, quella che si svolge oggi qui a Fondi, dove si affrontano la locale squadra ed il Campobasso. La cornice non è delle migliori, come potevo aspettarmi, ma i gruppi non deludono affatto, dando una forte prova di attaccamento ai colori. Inizio sottotono per i ragazzi di casa che ci mettono un po’ prima di prendere il ritmo giusto, e man mano che la curva si riempie, si migliora dal punto di vista canoro. Nella curva “Iacuele” non ci sono pezze né striscioni ma solo qualche bandierone a colorare il settore. Gli “Old Fans” si danno da fare in tutti i modi e ci riescono: bei cori per tutta la gara e canzoni dai motivi molto originali da parte loro. In forte contestazione con allenatore e dirigenti, avranno da ridire su di loro…

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…dedicandoli numerosi cori, così come

numerosi sono stati quelli per la libertà per

gli ultras, contro la tessera, per Gabbo e

contro le forze dell’ordine.

Come avevo previsto già, non mi hanno

deluso affatto, dimostrando grande

mentalità, quella mentalità che purtroppo

è sempre più difficile trovare.

Gli “Smoked Heads” arrivano dopo un

quarto d’ora dall’inizio: saranno circa una

ventina di ragazzi, appendono la loro

pezza capovolta ed iniziano subito i cori

per il lupo; sventolano qualche bandierina

e nel complesso sono poco colorati ma

comunque effettuano tanti battimani,

numerosi cori dialettali ed esprimono

altrettanta goliardia.

Nulla da dire per loro che hanno una

tradizione ben radicata e che tra alti e

bassi resistono ancora. Anche da parte

loro cori di contestazione.

Rispetto tra le due tifoserie.

Testo e foto di Massimiliano Forletta.

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CCooppppaa IIttaalliiaa ppeerrcchhéé nnoo??

AA l “Veneziani” di Monopoli è andata in scena la semifinale d’andata della Coppa Italia d’Eccellenza. Al termine di una sfida vibrante, chiusa da entrambe le compagini in inferiorità numerica, sono i laziali del Città di Marino ad imporsi con uno strepitoso 0-3 esterno, con cui ipotecano un posto per la finale del 6 aprile a Roma. Giornata ventilata e fresca ma cornice di pubblico di tutto rispetto, considerando si gioca in settimana alle 15. La gara è combattuta, la posta in palio è altissima e la curva nord, con l’aiuto della gradinata (Cani sciolti), offre pregevoli battimani e un tifo possente fin dalle prime battute. I soliti bandieroni sempre sventolanti fanno da contorno ma, quest’oggi, con il Monopoli in un’insolita maglia gialla, nemmeno il grandissimo sostegno della tifoseria aiuta gli undici in campo ad ottenere un risultato positivo.

Testo di Massimo D’Innocenzi.

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OOsspprreeyyss,, cchhee ppaauurraa.. HHooookk ssaallvvaa ii

ccaammppiioonnii

QQuando James Hook, nazionale gallese, sistema sul tie l’ovale per calciare tra i pali una punizione concessa dal pessimo arbitro scozzese Macpherson, mancano 3 minuti al termine di una gara che, in questo momento, sarebbe un evento nell’evento. Perché gli Aironi, proprio nell’ultima giornata di questa prima stagione in Magners League, sono in vantaggio 10-9 contro gli Ospreys, campioni in carica, che solo con una vittoria allo “Zaffanella” si garantirebbero la conquista della post-season. Dopo l’uscita della giovane apertura Dan Biggar, una delle tante stelle cresciute in Ospreylia ma che è incappato, quest’oggi, nella classica serata storta (solo 3 su 7 tentativi dalla piazzola), tocca proprio al fuoriclasse Hook, che la prossima stagione giocherà in Francia con la maglia di Perpignan, cercare uno degli ultimi…

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…regali prima dell’addio alla sua Provincia. D’accordo, Hook calcia tra i pali la punizione e gli Ospreys conquistano i playoff, e la gara finisce come doveva, ma arrivare a giocarsi la possibilità di difendere il titolo all’ultimo calcio contro una squadra, gli Aironi, che in questa stagione hanno vinto una sola gara su ventuno finora disputate, dovrebbe far star sveglio la notte coach Holley; specialmente il modo in cui gli Ospreys hanno giocato dovrebbe far riflettere: una squadra nervosa, contratta, che ha sbagliato nei fondamentali, nella gestione dell’ovale, con Biggar che faceva scempio della generosità del direttore di gara mandando a lato punizioni su punizioni; solo la freddezza e la classe di James Hook, veterano di questa squadra che lo ha visto crescere e diventare il campione che è, permettono alla franchigia del Liberty Stadium di conquistare la semifinale, tutta da godere (se qualche emittente in Italia si degnasse di trasmetterla... stendiamo un velo pietoso sulla copertura mediatica della

competizione), contro Munster al “Thomond Park” di Limerick. Gli Aironi, dal canto loro, hanno giocato la prima, vera buona gara della stagione, nonostante la mischia ordinata abbia sofferto il pack di Jones & Co. e nonostante l’avversario fosse tra i più proibitivi del torneo; Demas ha trovato la meta del vantaggio, Tebaldi ha calciato tra i pali la trasformazione che ha illuso un po’ tutti, poi è vero che contro Ospreys si può perdere, ma dispiace che i Neri non siano stati capaci di mantenere la concentrazione, gettando alle ortiche la storica vittoria che avrebbe dato lustro ad una stagione da archiviare in fretta. Bisogna ripartire da qui, agendo con giudizio sul mercato per rafforzare una squadra che ha bisogno, soprattutto, di innesti di qualità in mediana, di fosforo ed esperienza, per trovare fin da settembre uno spirito nuovo, perché la prossima deve necessariamente essere una stagione diversa, e necessariamente migliore.

Testo e foto di Matteo Mangiarotti.

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CCuull ttuurr ee CC lluubb :: RR eemmbboo ''

Recensione di RReemmbboo''

Titolo: Rembò; autore: Davide Enia; casa editrice: Fandango libri; pagine: 256; prezzo: 13,65 € su Ibs.

II l calcio, tanto nella letteratura quanto nella realtà da cui la stessa trae ispirazione, è spesso metafora della vita, della socialità umana; è spesso anche parabola dei sogni, aspirazione al riscatto personale, mezzo di crescita collettiva ed individuale se non, nei casi più felici, strumento di emancipazione e realizzazione. Questo è quanto si può trovare anche in “Rembò” ma, prima ancora di andare oltre, è necessario un veloce excursus sul personaggio, specie per chi, come me, vi si accostasse ignorandone tutto il passato. Posto dunque che Rembò è il soggetto su cui sono imperniate le vicende, bisogna specificare che si tratta di quello che i giornalisti definirebbero un enfant prodige, un giovane calciatore palermitano le cui gesta, prima ancora che nell’omonimo libro, sono state diffuse via etere sulle frequenze di Rai Radiodue attraverso la voce di Davide Enia, autore di entrambe le versioni, quella parlata e quella scritta. Il grande successo in radio è stato il volano per il libro che è, in grossa misura, una trasposizione in cartaceo delle 15 puntate radiofoniche, con qualche piccola variazione all’inizio di ogni capitolo ed una sorta di “tempo supplementare” finale costituito da una lettera di “Davidù”, l’alter ego letterario dell’autore, alla zia Pupetta. S’intende, dunque, che attorno alle gesta del calciatore si dipanerà l’universo personale dello scrittore: la zia, lo zio Serafino piccolo procuratore calcistico, i genitori, la sorella; si incroceranno reale ed irreale in un’alternanza vorticosa che ad un certo punto porta a smarrire il confine tra verosimile e fantasioso e non si riesce più ad intendere dove finisce l’ispirazione autobiografica e dove inizia la pura e semplice invenzione. In tal senso è davvero fulminante la parte iniziale, che

porta quasi a credere nella reale esistenza del soggetto immaginario, tanto che si è quasi tentati di andare a spulciare i tabellini degli anni ’70 (epoca in cui il romanzo è ambientato) per vedere se davvero abbia mai indossato la casacca rosanero del Palermo questo tale Rembò. Poi pian piano i fatti seguono un’escalation che ricorda un po’ certe puntate del cartoon “Holly & Benji” e si ha il contraccolpo dell’esagerazione che risveglia dal clima da sogno, finendo anche per condizionare il resto della lettura. Probabilmente è un gap dovuto al passaggio da sonoro a cartaceo: manca il ritmo della narrazione orale, le atmosfere create da una voce sussurrata o urlata, seria o ironica, ed il contorno delle musiche, anche se in realtà, a margine di ogni pagina, viene di volta in volta segnata la canzone che nel programma ha fatto da intermezzo, restituendo a questa storia la sua dimensione musicale oltre che romanzesca. Tra l’altro, tanto di cappello ad una selezione davvero sopraffina che spazia da Jeff Buckley a Glenn Gould, dal blues americano alla musica italiana d’autore.

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I tentativi messi in atto per sfuggire alla rigidità imposta dalla staticità della pagina, sono stati provati praticamente tutti, questo bisogna riconoscerlo, e per quanto non abbia ascoltato la versione radiofonica e non possa farne un raffronto diretto, mi resta comunque sempre la sensazione che “Rembò” sia nato ed abbia vissuto come favola orale e l’idea del libro, per quanto apprezzabile, non sia proprio del tutto riuscita o soffra comunque di qualche limite che la rende macchinosa linguisticamente. Al netto degli sbalzi di registro tra prima e seconda parte del libro, al di là di questa “eviscerazione” pedante a fini analitici, “Rembò” resta comunque un bel libro che vale sicuramente la pena di leggere, soprattutto per il tentativo di parlare di calcio in maniera originale rispetto a tanti lavori che più che fare il verso a Osvaldo Soriano o Nick Hornby non sono riusciti a fare. In “Rembò” trasuda il calcio “altro”, quello di provincia, quello che viene dal basso, quello intriso di passione popolare che i lustrini della tv ad alta definizione hanno ucciso; quel calcio che diventa anche fiaba di gesti epici nei gesti in sé, indipendentemente dagli attori, dove l’alternarsi di fortune e miserie sportive sono anche metafora di gioie e dolori della vita, una vita in cui – infine – l’umanità non ruota solo attorno alla palla ma ne è anche il principale motore: se il calcio dimentica che è la passione, che sono i sentimenti a dargli sapore e ragione, allora è il calcio stesso a non aver più ragione. Rembò un bel giorno, senza alcuna spiegazione plausibile, a soli 19 anni e con una sempre più probabile convocazione in Nazionale per gli imminenti Mondiali, sparì e nessuno seppe spiegarsi il perché: mi piace pensare che quando il gioco smette di esser tale, quando a tutto vengono anteposti altri fattori ed altri interessi, forse è il caso di fermarsi e dire nettamente basta. Ogni riferimento a casi o persone che gravitano intorno al mondo del calcio, anche e non solo sui gradoni, non è puramente casuale: al tanto vituperato “calcio moderno” si contribuisce in tanti

modi e per dir di “no” non bastano slogan o chiacchiere ma servono scelte di campo concrete e anche sofferte. Sopravvivere non è vivere, un goal all’incrocio dei pali non è un’autorete. Serve coraggio. Se ti capiterà di battere un calcio di rigore, in una partita o nella vita non importa, ma se dovrai tirarlo tu 'sto minchia di rigore: io ti faccio una preghiera. Qualsiasi dolore, qualsiasi paura, qualsiasi calcolo, mettilo da parte e: tira sempre all'incrocio dei pali. È bello il golle all'incrocio dei pali. Certo: è più facile sbagliare, ma chi se ne fotte, Davidù: se devi fare un golle, fallo bene, eccheminchia.

Testo di Matteo Falcone. [email protected].

(foto licenza CC su flickr.com)

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