Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

51
681 Per la corrispondenza: Dr. Franco Giada Dipartimento Cardiovascolare Ospedale Umberto I Via Circonvallazione, 50 30170 Mestre-Venezia E-mail: [email protected] Dr. Alessandro Biffi Istituto di Medicina e Scienza dello Sport CONI Via dei Campi Sportivi, 46 00197 Roma E-mail: [email protected] Linee guida La prescrizione dell’esercizio fisico in ambito cardiologico Documento di Consenso della Task Force Multisocietaria Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI) Società Italiana di Cardiologia dello Sport (SIC Sport) Associazione Nazionale Cardiologi Extraospedalieri (ANCE) Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) Gruppo Italiano di Cardiologia Riabilitativa (GICR) Società Italiana di Cardiologia (SIC) Chairmen FRANCO GIADA, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Umberto I, Mestre-Venezia ALESSANDRO BIFFI, Istituto di Medicina e Scienza dello Sport, CONI, Roma Partecipanti/Autori PIERGIUSEPPE AGOSTONI, Centro Cardiologico Monzino, IRCCS, Università degli Studi, Milano ALBERTO ANEDDA, Presidio Medicina dello Sport, AUSL, Parma ROMUALDO BELARDINELLI, Ospedali Riuniti, Ospedale Cardiologico “G.M. Lancisi”, Ancona ROBERTO BETTINI, DH Cardiologia Riabilitativa, Ospedale San Giovanni, Mezzolombardo (TN) ROBERTO CARLON, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Civile, Cittadella (PD) BRUNO CARÙ, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Milano LUIGI D’ANDREA, Cattedra di Patologia Clinica, Università degli Studi “Federico II”, Napoli PIETRO DELISE, U.O. di Cardiologia, Ospedale di Conegliano (TV) ANTONINO DE FRANCESCO, Servizio di Cardiologia dello Sport, A.O. San Giovanni- Addolorata, Roma FRANCESCO F ATTIROLLI, Centro Regionale di Riferimento per la Riabilitazione Cardiologica, A.O.U. Careggi, Firenze RICCARDO GUGLIELMI, Cardiologia Clinica di Supporto alla Medicina dello Sport, Azienda Policlinico Consorziale, Bari UMBERTO GUIDUCCI, Dipartimento Area Critica, Arcispedale S. Maria Nuova, Reggio Emilia ANTONIO PELLICCIA, Istituto di Medicina e Scienza dello Sport, CONI, Roma MARIA PENCO, Scuola di Specializzazione in Cardiologia, Università degli Studi, L’Aquila FRANCESCO PERTICONE, Università degli Studi “Magna Graecia”, Catanzaro GAETANO THIENE, Istituto di Anatomia Patologica, Università degli Studi, Padova MARGHERITA VONA, Riabilitazione Cardiologica, Ospedale Beauregard, Aosta P AOLO ZEPPILLI, Cattedra e Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Esperti consultati GIUSEPPE MARIA ANDREOZZI, U.O.C. di Angiologia, A.O. Università degli Studi, Padova UMBERTO BERRETTINI, Cardiologia, Ospedale Cardiologico “G.M. Lancisi”, Ancona ANTONIO BONETTI, Cattedra di Medicina dello Sport, Università degli Studi, Parma RAFFAELE CALABRÒ, Cattedra di Cardiologia, Seconda Università degli Studi, Napoli ARMANDO CALZOLARI, Medicina dello Sport, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”, Roma PIERLUIGI COLONNA, Cardiologia Pediatrica, Ospedale Cardiologico “G.M. Lancisi”, Ancona DOMENICO CORRADO, Cattedra di Cardiologia, Università degli Studi, Padova ROBERTO D’AJELLO, Avvocato Generale presso la Corte d’Appello di Napoli FRANCESCO DE F ALCO, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Benevento

Transcript of Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

Page 1: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

681

Per la corrispondenza:

Dr. Franco Giada

DipartimentoCardiovascolare Ospedale Umberto IVia Circonvallazione, 5030170 Mestre-VeneziaE-mail:[email protected]

Dr. Alessandro Biffi

Istituto di Medicinae Scienza dello SportCONIVia dei Campi Sportivi, 4600197 RomaE-mail: [email protected]

Linee guidaLa prescrizione dell’esercizio fisico in ambitocardiologicoDocumento di Consenso della Task Force Multisocietaria

Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI)Società Italiana di Cardiologia dello Sport (SIC Sport)Associazione Nazionale Cardiologi Extraospedalieri (ANCE)Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO)Gruppo Italiano di Cardiologia Riabilitativa (GICR)Società Italiana di Cardiologia (SIC)

ChairmenFRANCO GIADA, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Umberto I, Mestre-VeneziaALESSANDRO BIFFI, Istituto di Medicina e Scienza dello Sport, CONI, Roma

Partecipanti/AutoriPIERGIUSEPPE AGOSTONI, Centro Cardiologico Monzino, IRCCS, Università degli Studi,MilanoALBERTO ANEDDA, Presidio Medicina dello Sport, AUSL, ParmaROMUALDO BELARDINELLI, Ospedali Riuniti, Ospedale Cardiologico “G.M. Lancisi”,AnconaROBERTO BETTINI, DH Cardiologia Riabilitativa, Ospedale San Giovanni, Mezzolombardo (TN)ROBERTO CARLON, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Civile, Cittadella (PD)BRUNO CARÙ, Consiglio Nazionale delle Ricerche, MilanoLUIGI D’ANDREA, Cattedra di Patologia Clinica, Università degli Studi “Federico II”, NapoliPIETRO DELISE, U.O. di Cardiologia, Ospedale di Conegliano (TV)ANTONINO DE FRANCESCO, Servizio di Cardiologia dello Sport, A.O. San Giovanni-Addolorata, RomaFRANCESCO FATTIROLLI, Centro Regionale di Riferimento per la RiabilitazioneCardiologica, A.O.U. Careggi, FirenzeRICCARDO GUGLIELMI, Cardiologia Clinica di Supporto alla Medicina dello Sport, AziendaPoliclinico Consorziale, BariUMBERTO GUIDUCCI, Dipartimento Area Critica, Arcispedale S. Maria Nuova, Reggio EmiliaANTONIO PELLICCIA, Istituto di Medicina e Scienza dello Sport, CONI, RomaMARIA PENCO, Scuola di Specializzazione in Cardiologia, Università degli Studi, L’AquilaFRANCESCO PERTICONE, Università degli Studi “Magna Graecia”, CatanzaroGAETANO THIENE, Istituto di Anatomia Patologica, Università degli Studi, PadovaMARGHERITA VONA, Riabilitazione Cardiologica, Ospedale Beauregard, AostaPAOLO ZEPPILLI, Cattedra e Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport,Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

Esperti consultatiGIUSEPPE MARIA ANDREOZZI, U.O.C. di Angiologia, A.O. Università degli Studi, PadovaUMBERTO BERRETTINI, Cardiologia, Ospedale Cardiologico “G.M. Lancisi”, Ancona ANTONIO BONETTI, Cattedra di Medicina dello Sport, Università degli Studi, ParmaRAFFAELE CALABRÒ, Cattedra di Cardiologia, Seconda Università degli Studi, NapoliARMANDO CALZOLARI, Medicina dello Sport, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”, RomaPIERLUIGI COLONNA, Cardiologia Pediatrica, Ospedale Cardiologico “G.M. Lancisi”,AnconaDOMENICO CORRADO, Cattedra di Cardiologia, Università degli Studi, PadovaROBERTO D’AJELLO, Avvocato Generale presso la Corte d’Appello di Napoli FRANCESCO DE FALCO, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale diBenevento

Page 2: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

682

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

BRUNO DE PICCOLI, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Umberto I, Mestre-Venezia DANIELE D’ESTE, U.O. di Cardiologia, Ospedale di Mirano (VE)MARCELLO FAINA, Istituto di Medicina e Scienza dello Sport, CONI, RomaSIMONA GIAMPAOLI, Istituto Superiore di Sanità, RomaALFREDO LEONE, U.O. di Riabilitazione Vascolare, Casa di Cura Carmide, CataniaELIO PALOMBI, Facoltà di Scienze Politiche, Università degli Studi “Federico II”, NapoliFERNANDO MARIA PICCHIO, Cardiologia Pediatrica e dell’Età Evolutiva, Università degliStudi, BolognaSILVIA G. PRIORI, Divisione di Cardiologia Molecolare, Fondazione S. Maugeri, PaviaANTONIO RAVIELE, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Umberto I, Mestre-VeneziaMASSIMO SANTINI, U.O. di Cardiologia, Ospedale San Filippo Neri, RomaBERARDO SARUBBI, Unità delle Cardiopatie Congenite dell’Adulto, Seconda Universitàdegli Studi, NapoliSIRIO SIMPLICIO, Cattedra di Cardiologia, Istituto di Medicina Legale, Università degliStudi, BariGABRIELE VIGNATI, Dipartimento Cardiologico “A. De Gasperis”, Ospedale NiguardaCa’ Granda, Milano

Revisori del DocumentoPAOLO ALBONI, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Civile, Cento (FE)GIUSEPPE CALSAMIGLIA, Dipartimento Cardiovascolare, Fondazione S. Maugeri, PaviaMAURIZIO CASASCO, Cattedra Medicina dello Sport, Università di Brescia, BresciaMARCELLO DISERTORI, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale S. Chiara, TrentoPANTALEO GIANNUZZI, Dipartimento Cardiovascolare, Fondazione S. Maugeri, Veruno (NO)MAURIZIO LUNATI, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Niguarda Ca’ Granda, MilanoCARLO MENOZZI, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Civile, Reggio EmiliaANTONIO NOTARISTEFANO, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Civile, PerugiaGIUSEPPE VERGARA, Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Civile, Rovereto (TN)

(G Ital Cardiol 2007; 8 (11): 681-731)

1. Introduzione ..................................... 6832. Attività fisica e malattie

cardiovascolari: aspettiepidemiologici e clinici ................... 683

3. Classificazione delle attività fisichee sportive ......................................... 687

4. Valutazione dell’efficienzacardiorespiratoria ............................. 689

5. Effetti dell’esercizio fisico sui fattoridi rischio cardiovascolare ................ 691

6. Rischi cardiovascolari dell’eserciziofisico e screening cardiologicopreventivo ........................................ 693

7. La prescrizione dell’esercizio fisiconel soggetto sano e nel cardiopatico:principi generali ............................... 697

8. L’esercizio fisico nel paziente concardiopatia ischemica ...................... 700

9. L’esercizio fisico nel pazientecon aritmie ....................................... 703

10. L’esercizio fisico nel paziente coninsufficienza cardiaca cronica e nelpaziente sottoposto a trapiantocardiaco ............................................ 709

11. L’esercizio fisico nel paziente convalvulopatia nativa od operata ......... 713

12. L’esercizio fisico nel paziente concardiopatia congenita ....................... 716

13. L’esercizio fisico nel paziente conarteriopatia obliterante cronicaperiferica........................................... 717

14. L’esercizio fisico nel pazienteiperteso ............................................. 719

15. Aspetti medico-legali eorganizzativi ..................................... 721

Abbreviazioni ......................................... 724Bibliografia ............................................ 724

Page 3: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

1. IntroduzioneFRANCO GIADA, ALESSANDRO BIFFI

PreamboloStudi epidemiologici, clinici e di laboratorio hanno for-nito evidenze definitive sulle capacità dell’attività fisi-ca di ridurre la morbilità e la mortalità delle malattiecardiovascolari (MCV) e di migliorare le prestazioni fi-siche e la qualità di vita di chi la pratica. L’attività fisi-ca, inoltre, sembra in grado di ridurre significativamen-te il rischio di sviluppare altre malattie croniche, qualil’obesità, l’osteoporosi, il diabete, alcune neoplasie e ladepressione. Per tale ragione, l’esercizio fisico si pro-pone come mezzo preventivo e terapeutico fisiologico,efficace ed a basso costo.

Negli ultimi anni, le principali società cardiologichenordamericane ed europee hanno prodotto numerosidocumenti nei quali si raccomanda la pratica dell’atti-vità fisica per la prevenzione e il trattamento delleMCV. In ognuno di essi viene focalizzata l’attenzionesu un particolare aspetto del problema, trascurandonespesso, però, una visione d’insieme. Il presente docu-mento riassume in modo organico ed in un unico testoi dati più recenti sul rapporto tra attività fisica e MCV:esso esamina gli effetti benefici dell’attività fisica sul-l’apparato cardiovascolare, analizzando nel contempo ipossibili rischi ad essa correlati e le possibilità per evi-tarli; descrive i principi razionali e le modalità con lequali prescrivere l’attività fisica nelle singole cardiopa-tie; discute, infine, le strategie per contrastare la seden-tarietà nella popolazione generale.

I membri della Task Force, esperti appartenenti almondo della cardiologia clinica e a quello della medi-cina e cardiologia dello sport, sono stati selezionati dal-le Società Scientifiche aderenti in base alla loro produ-zione scientifica ed esperienza personale. Al fine di ga-rantire la massima trasparenza e imparzialità nelleinformazioni riportate nel documento, ogni componen-te della Task Force è stato invitato ad evidenziare even-tuali relazioni esterne o interessi personali che potesse-ro configurare possibili conflitti d’interesse. Il docu-mento finale è stato sottoposto a revisione da parte diesperti esterni alla Task Force, nominati in base alle lo-ro specifiche competenze.

Obiettivi del documentoNonostante un’enorme mole di dati scientifici spinganoa seguire uno stile di vita fisicamente attivo, al giornod’oggi solo una minoranza della popolazione italianaed europea pratica un’attività fisica regolare. La pro-mozione dell’attività fisica nella popolazione generale,quindi, rappresenta uno degli obiettivi prioritari delleistituzioni sanitarie.

La presente Task Force è stata costituita al fine diprodurre un completo ed esauriente documento scienti-fico, rivolto ai professionisti della salute, che sottolineiil ruolo favorevole dell’esercizio nella prevenzione enel trattamento delle principali MCV, fornendo gli ele-

menti per una sua corretta prescrizione. I membri dellaTask Force sono consapevoli che l’esercizio fisico, af-finché risulti efficace come mezzo preventivo e tera-peutico, debba accompagnarsi al trattamento degli altrifattori di rischio cardiovascolare.

Informazioni presenti nel documentoData la scarsità di informazioni provenienti da studiscientifici prospettici e randomizzati su molti degli ar-gomenti trattati, buona parte delle raccomandazionicontenute nel documento si basano sull’esperienza per-sonale e sull’accordo raggiunto tra gli esperti. Tali rac-comandazioni, perciò, non sono da considerarsi rigidelinee guida, ma un documento aggiornato e prudente sulperché e sul come prescrivere un regime di attività fisi-ca nella popolazione generale e nei pazienti cardiopati-ci. Il medico curante, quindi, dovrà cercare di persona-lizzare e adattare tali raccomandazioni alle caratteristi-che cliniche e psico-sociali del singolo individuo: valu-tando l’impatto di eventuali comorbilità non considera-te in dettaglio nel documento, quali l’obesità, il diabete,le patologie respiratorie e quelle di tipo ortopedico; te-nendo presente che l’esercizio fisico può determinare ef-fetti sfavorevoli non solo di tipo cardiovascolare, comeverrà descritto nel presente documento, ma anche a ca-rico di altri apparati, primo tra tutti quello locomotore.

DefinizioniPer attività fisica o esercizio fisico si è inteso qualsiasimovimento corporeo dovuto a contrazione della mu-scolatura scheletrica e associato ad un consumo ener-getico. L’allenamento o training fisico è invece l’atti-vità fisica regolare, strutturata e finalizzata al migliora-mento e/o mantenimento dell’efficienza fisica. Per effi-cienza fisica si è inteso quell’insieme di capacità (fles-sibilità, forza muscolare, composizione corporea eperformance cardiorespiratoria) relative all’abilità dipraticare attività fisica e legate ad una riduzione del ri-schio di mortalità e morbilità cardiovascolare.

2. Attività fisica e malattie cardiovascolari:aspetti epidemiologici e cliniciMARGHERITA VONA, SIMONA GIAMPAOLI,ROMUALDO BELARDINELLI, ROBERTO CARLON

Al fine di contrastare l’impatto epidemiologico e socio-economico delle MCV, rendendo sostenibili per la co-munità le relative spese, emerge la necessità inderoga-bile di sviluppare piani di prevenzione primaria e se-condaria su larga scala ed efficaci interventi terapeuti-ci. In questo contesto, l’esercizio fisico si propone co-me mezzo preventivo e terapeutico ideale, in quanto fi-siologico, efficace, sicuro e a basso costo.

Sedentarietà e malattie cardiovascolariÈ ormai ampiamente documentato che la sedentarietà èresponsabile di un aumento significativo di morbilità e

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

683

Page 4: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

mortalità totale e cardiovascolare. Secondo le stimedell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’i-nattività fisica causa annualmente nel mondo 1.9 milio-ni di morti1. Inoltre, si stima che globalmente essa siacausa del 10-16% dei casi di cancro della mammella, dicancro del colon e di diabete mellito e del 22% dei ca-si di cardiopatia ischemica. È stato stimato che l’elimi-nazione di un fattore di rischio come la sedentarietà puòportare ad una riduzione delle MCV del 15-39%, del33% di ictus, del 22-33% del cancro del colon e del18% di fratture ossee secondarie ad osteoporosi. La se-dentarietà, quindi, si sta imponendo come il fattore dirischio principale del terzo millennio, non solo nei pae-si occidentali, ma anche in quelli in via di sviluppo2.

La ridotta performance fisica conseguente alla se-dentarietà rappresenta uno dei più importanti fattoripredittivi di mortalità nella popolazione generale appa-rentemente sana3-7. Infatti, la ridotta tolleranza allosforzo si associa, sia nella popolazione maschile sia inquella femminile, ad una riduzione della sopravvivenzaper un aumento significativo della mortalità cardiova-scolare. I soggetti anziani, in base a questi dati, sem-brerebbero quindi destinati inevitabilmente ad esserecolpiti in modo pesante dalle MCV. Infatti, è noto chela performance fisica, espressa come massimo consu-mo di ossigeno, si riduce del 7-10% per ogni decade dietà. Tuttavia, recenti evidenze dimostrano che alcunesettimane di allettamento hanno lo stesso effetto di 30anni di età sulla tolleranza allo sforzo e che 6 mesi ditraining sono in grado di far recuperare la riduzionedella performance fisica legata all’invecchiamento.

Non è noto attraverso quali meccanismi biologici lasedentarietà eserciti i suddetti effetti deleteri. È proba-bile, comunque, che essi siano il risultato di modifica-zioni sfavorevoli esercitate direttamente sull’apparatocardiovascolare e dell’influenza negativa sui principalifattori di rischio. È stato ampiamente documentato, in-fatti, che la sedentarietà espone ad un maggior rischiodi sviluppare ipertensione arteriosa, ad un assetto lipi-dico aterogeno, ad un aumento dell’indice di massacorporea e del diabete di tipo 28-15 e si associa ad unpeggioramento del tono neurovegetativo16. Inoltre, èstato recentemente dimostrato che alcune settimane diinattività fisica sono sufficienti ad alterare in manierasignificativa l’attività degli enzimi responsabili dellostress ossidativo e la funzione endoteliale, la quale sem-bra rappresenti la conditio sine qua non nella patoge-nesi dell’aterosclerosi17-20. Infine, è noto che i soggettisedentari vanno più facilmente incontro ad ansia e de-pressione, fattori pesantemente implicati nella patoge-nesi e nella prognosi delle MCV21.

Incremento dell’attività fisica e riduzione dellemalattie cardiovascolariIn mancanza di studi randomizzati e controllati, per leevidenti difficoltà organizzative che tali studi comporta-no, la maggior parte dei dati disponibili sugli effetti fa-

vorevoli dell’attività fisica sulle MCV derivano da studiosservazionali o da trial sperimentali inerenti agli effet-ti del training sui fattori di rischio cardiovascolare10,14,15.Nonostante ciò, le evidenze attualmente disponibili so-no ampiamente sufficienti, al di là di ogni ragionevoledubbio, ad indicare un effetto favorevole dell’attività fi-sica sulla morbilità e mortalità cardiovascolare.

Prevenzione primariaDiversi grandi studi epidemiologici, per un totale di 25 000soggetti sani al momento dell’arruolamento, hanno va-lutato l’effetto sulla mortalità totale e cardiovascolaredi un regime di attività fisica regolare, capace di mi-gliorare la performance fisica3-5. Questi studi, in un fol-low-up massimo di 22 anni, hanno riportato una ridu-zione della mortalità totale di circa il 50%, indipenden-temente dalla capacità fisica basale dei soggetti. Inol-tre, i soggetti a rischio più elevato, cioè quelli più se-dentari e con più bassa performance basale, erano quel-li che traevano maggior vantaggio, in termini di ridu-zione di mortalità, dal regime di training fisico. Infine,gli studi di Blair et al.3 e di Erikssen et al.5 hanno con-sentito di stabilire in modo definitivo che era propriol’incremento dell’attività fisica la causa del migliora-mento della prognosi e non un “bias” di selezione, le-gato al fatto che i soggetti che avevano accettato di se-guire un regime di training erano quelli con le miglioricondizioni fisiche e quindi con miglior prognosi già dibase. Successivi studi su larga scala hanno permesso distabilire che un’attività fisica regolare permette di mi-gliorare la prognosi quoad vitam, anche in presenza difattori di rischio, quali l’ipertensione, il sovrappeso, l’i-percolesterolemia e il diabete6,22.

Anche nelle donne l’attività fisica ha mostrato indi-scutibili e importanti benefici sulla riduzione deglieventi cardiovascolari7,23. Infine, svolgere attività fisicadi intensità lieve-moderata ha mostrato indubbi benefi-ci anche nei soggetti anziani.

Tema particolarmente scottante, soprattutto in pre-venzione primaria, è quale sia la giusta dose di eserci-zio da consigliare. A questa domanda ha cercato di ri-spondere l’Harvard Alumni Health Study24, che hacoinvolto oltre 12 000 soggetti di media età. Lo studioha dimostrato che per ottenere una riduzione di morta-lità del 20% è necessaria un’intensità di esercizio cheporti ad un consumo energetico di circa 4200 kJ la set-timana (pari a 30 min di esercizio fisico al giorno, peralmeno 4-5 giorni alla settimana). La massima riduzio-ne del rischio si ottiene con esercizi di intensità mode-rata, pari a 3-5 h di marcia rapida, a 2-3 h di jogging o1-2 h di corsa alla settimana.

Prevenzione secondariaNella letteratura internazionale vi è una sostanzialemancanza di trial di grandi dimensioni sui benefici car-diovascolari dell’attività fisica in prevenzione secon-daria. I dati disponibili, infatti, derivano da studi di pic-

684

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Page 5: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

cole dimensioni. Malgrado questi limiti, sono disponi-bili una serie di metanalisi riguardanti i pazienti sotto-posti a programmi di riabilitazione cardiologica, chehanno fornito risultati molto interessanti25,26. La meta-nalisi più recente27 ha analizzato i dati della CochraneLibrary ed è senz’altro la più completa ed esaustiva.Dopo l’esclusione dei trial ritenuti non idonei, sono sta-ti analizzati 48 studi (per un totale di 8490 pazienti), ef-fettuando una suddivisione a seconda che l’interventofosse basato solamente sull’esercizio fisico o fosse ditipo onnicomprensivo (esercizio più correzione deglialtri fattori di rischio). I risultati della metanalisi hannodimostrato una riduzione di circa il 20% della mortalitàtotale e del 26% di quella cardiovascolare nei pazientisottoposti a training rispetto al gruppo di controllo, sen-za differenze significative tra i programmi basati sul so-lo esercizio fisico e quelli a carattere onnicomprensivo.Questa metanalisi conferma i risultati di quelle prece-denti e indicano una significativa riduzione della mor-talità globale e cardiaca nei pazienti con cardiopatiaischemica che partecipano a programmi di riabilitazio-ne basati sull’esercizio fisico. Lo studio ETICA28 ha di-mostrato, anche nei pazienti sottoposti ad angioplasticacoronarica, che 6 mesi di esercizio aerobico per 3 h al-la settimana sono capaci di ridurre significativamentegli eventi cardiovascolari. Inoltre, nei pazienti con an-gina stabile, il training fisico si è dimostrato più effica-ce della stessa angioplastica nel ridurre il numero dieventi cardiovascolari durante il follow-up.

Molteplici sono poi le evidenze di quanto l’eserci-zio fisico, nei pazienti con scompenso cardiaco e conarteriopatia obliterante periferica, possa migliorare laqualità di vita e la tolleranza allo sforzo, riducendo ilnumero degli eventi cardiovascolari29-32.

Rapporto costo/efficacia dell’esercizio fisiconella prevenzione delle malattie cardiovascolariNei soggetti sedentari il rischio di malattia coronarica è1.9 maggiore rispetto ai soggetti fisicamente allenati ei costi sanitari drasticamente maggiori2. Inoltre, è statocalcolato che la sedentarietà è responsabile di circa250 000 morti premature ogni anno, che si traducono incosti pari a 1000 miliardi di dollari statunitensi (US$)(Tabella 1)2,33,34.

È stato calcolato che se il 10% dei soggetti adulti se-dentari di età compresa tra 35 e 74 anni, di entrambi isessi, iniziasse a camminare per almeno 1 h tutti i gior-ni, i costi annuali della spesa sanitaria per la malattiacoronarica si ridurrebbero di 5.6 miliardi di US$35.

Prevenzione primariaGli studi di economia sanitaria sul rapporto costo/effi-cacia dei programmi di attività fisica in prevenzioneprimaria sono piuttosto scarsi. Lo studio ACTIVE havalutato il rapporto costo/efficacia di un programma ditraining fisico, rispetto ad un programma basato sulcounseling36. Nei primi 12 mesi il costo del training èrisultato maggiore rispetto al counseling: 190.24 e

46.53 US$ per soggetto per mese, rispettivamente. A 24mesi, i costi si sono ridotti in entrambi i gruppi: 49.31e 17.15 US$ per soggetto per mese, rispettivamente. Ilrapporto costo/efficacia per anno di vita salvato nelgruppo sottoposto a training è stato di circa il 50% su-periore rispetto a quello dei soggetti sottoposti a coun-seling. L’intervento sullo stile di vita, quindi, è risulta-to più remunerativo, in termini di rapporto costo/effica-cia, rispetto al training fisico. Il programma di trainingfisico, tuttavia, è risultato più efficace nell’aumentare lapratica di attività fisica intensa e il massimo consumodi ossigeno e nel ridurre la frequenza cardiaca sotto-massimale e il tempo trascorso in poltrona.

In un altro studio è stato analizzato il rapporto co-sto/efficacia dell’esercizio fisico in un gruppo di 2000uomini di giovane età seguiti per 30 anni37. Un gruppodi soggetti è stato sottoposto ad attività fisica regolarecon un dispendio energetico di almeno 2000 kcal/setti-mana, mentre un gruppo omogeneo di soggetti seden-tari è stato utilizzato come gruppo di controllo. Il pro-gramma di esercizio fisico ha migliorato significativa-mente il rapporto costo/efficacia nel prevenire la malat-tia coronarica rispetto al gruppo di controllo. Nel grup-po che effettuava esercizio, gli autori hanno stimato 78eventi coronarici in meno e un guadagno di 1138.3 an-ni aggiustati per la qualità di vita. Nei soggetti di etàavanzata l’attività fisica programmata sembra confer-mare i risultati già dimostrati nei soggetti più giovani34.

Prevenzione secondariaI pochi studi di economia sanitaria pubblicati nei car-diopatici sottoposti a training fisico sono concordi neldimostrare una riduzione della spesa sanitaria a frontedi una riduzione dei ricoveri ospedalieri e di una seriedi adattamenti e benefici clinici.

Nel 1991, uno studio randomizzato ha riportato, inun programma di cardiologia riabilitativa della duratadi 8 settimane in pazienti con cardiopatia ischemica post-infartuale, un rapporto costo/efficacia di 21 800 US$per anno di vita salvato38. In altri studi non randomiz-zati il rapporto costo/efficacia della riabilitazione car-diologica variava tra 900 US$ per un programma basa-to sul counseling, a 4950 US$ per un programma basa-to sul training fisico39,40.

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

685

Tabella 1. Condizioni patologiche favorite dalla sedentarietà erelativi costi.

Condizione patologica Costo annuale(miliardi di US$)

Ipertensione arteriosa 286Obesità 238Diabete mellito di tipo 2 98Cancro del colon 107Osteoporosi 6Lombosciatalgie 28Calcolosi 5

Da Booth et al.2, modificata.

Page 6: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

In uno studio recente il costo di un programma su-pervisionato in palestra è stato di 605 US$ per pazien-te per anno, per il primo anno e di 367 US$ per ogni an-no successivo41. Un programma non supervisionato do-miciliare presentava costi nettamente inferiori, pari ri-spettivamente a 311 e 73 US$. Il programma supervi-sionato aveva un rapporto costo/efficacia, per anno divita salvato, lievemente superiore rispetto a quello nonsupervisionato (rispettivamente 15 000 e 12 000 US$).Sia il programma supervisionato che quello non super-visionato avevano un rapporto costo/efficacia maggio-re nei soggetti senza malattia coronarica (rispettiva-mente 43 000 e 12 000 US$).

Tali risultati sono stati confermati in una metanalisinella quale sono stati analizzati gli studi inerenti ai pa-zienti sottoposti a riabilitazione cardiologica dopo infar-to miocardico42. Il trattamento riabilitativo comprende-va non soltanto il training fisico, ma anche l’interventonutrizionale e il supporto psicologico. I risultati indica-no un rapporto costo/efficacia migliore rispetto a quellodel training fisico isolato. Esiste soltanto uno studio ran-domizzato sul rapporto costo/efficacia nei pazienti conscompenso cardiaco cronico43. Si tratta di pazienti concardiomiopatia ischemica o con cardiopatia dilatativaidiopatica che sono stati sottoposti ad un programma ditraining fisico supervisionato in due fasi: 3 volte alla set-timana per 8 settimane in ospedale e 2 volte alla setti-mana per 12 mesi a domicilio, con controlli periodici inambiente ospedaliero. Il rapporto costo/efficacia per an-no di vita salvato è stato di 3227 US$, nella prima fase,mentre è sceso a 1773 US$ nella seconda fase.

ConclusioniL’intervento riabilitativo plurifattoriale ha dimostratoun rapporto costo/efficacia più favorevole del trainingfisico isolato, sia in prevenzione primaria sia in preven-zione secondaria. Il training fisico, comunque, conside-rando che il bypass aortocoronarico presenta un rap-porto costo/efficacia medio di 27 000 US$ per anno divita salvato e che tale valore è preso come limite perconsiderare un trattamento “cost-effective”, risulta unmezzo preventivo-terapeutico con un rapporto costo/ef-ficacia favorevole, tale da giustificare il suo utilizzonella pratica clinica. Il rapporto costo/efficacia dell’e-sercizio fisico, infatti, risulta confrontabile a quello dialtri interventi comunemente utilizzati in ambito car-diologico, quali la fibrinolisi per via endovenosa, la te-rapia antipertensiva e la terapia con farmaci ipocoleste-rolemizzanti (Tabella 2)44,45.

Prevalenza della sedentarietà nella popolazioneDai dati OMS, dallo studio MONICA e dall’indaginemultiscopo sulle famiglie dell’ISTAT1, si ricavano datiriguardanti la prevalenza della sedentarietà nella popo-lazione generale del nostro paese e in Europa. Nei pae-si europei l’inattività fisica è il secondo fattore di ri-schio dopo il tabacco e il 30% della popolazione è com-pletamente sedentario. Nel 2000, in Italia, la percen-

tuale dei soggetti sedentari o con attività fisica insuffi-ciente risultava ben oltre il 50% della popolazione.Questi dati sono in accordo con quelli dell’OMS10 econ quelli statunitensi del Centers for Disease Controland Prevention, che riporta una percentuale del 54%46.Anche nei pazienti cardiopatici, la sedentarietà è preva-lente. Inoltre, nei pazienti sottoposti a cicli di riabilita-zione fisica in ambiente ospedaliero dopo un eventocardiovascolare, l’adesione al training nei mesi succes-sivi è alquanto scarsa. Infatti, la percentuale di soggettiche mantengono una sufficiente attività fisica si riduceprogressivamente al 45-60% ad 1 anno e addirittura al30-50% a 2-5 anni47.

Barriere all’implementazione dell’attività fisicaLe ragioni di questa scarsa adesione ad un regime di at-tività fisica sono molteplici1. Le motivazioni principaliper cui non si pratica attività fisica sono risultate lamancanza di tempo (40.6%), la mancanza di interesse(29.7%), l’età (24.7%), la stanchezza o pigrizia(13.5%) e i motivi di salute (13.2%). Meno importantisono state altre motivazioni addotte, quali i motivi eco-nomici (5.3%) o la carenza di impianti sportivi (4%).Esistono comunque delle differenze tra i due sessi, nel-le varie classi di età, nel grado di istruzione e nell’atti-vità lavorativa.

Anche nei pazienti cardiopatici esistono barriere al-l’implementazione di un programma di esercizio fisico.In Italia solo una minoranza dei pazienti viene sottopo-sta ad un programma riabilitativo dopo un infarto mio-cardico e/o procedure interventistiche48. Pur essendomolteplici le motivazioni che impediscono lo sviluppodella riabilitazione cardiologica, appare prioritario in-tervenire sulla formazione del futuro medico e cardio-logo, inserendo nel programma universitario e nei cor-si di specializzazione lo studio della prevenzione pri-maria e secondaria e l’applicazione clinica dell’eserci-zio fisico48.

686

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Tabella 2. Rapporto costo/efficacia di alcuni presidi diagnosticie terapeutici comunemente utilizzati nella pratica clinica.

Parametro Rapporto costo/efficacia(US$ per anno di vita salvato)

Riduzione del colesterolo per 2000-10 000*prevenzione CITerapia antipertensiva 4000-93 000*Vaccino antipneumococcico 12 000§

Terapia fibrinolitica nell’infarto 20 000§

Mammografia per prevenzione 1000-190 000neoplasia mammariaBypass aortocoronarico 2300-27 000Esercizio fisico per prevenzione CI 38 000*Aspirina per prevenzione CI 5000*Cessazione del fumo per 13 000*prevenzione CI

CI = cardiopatia ischemica. * range di valori tratto da NCEP-ATPIII44; § valore tratto da Vogel45.

Page 7: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

3. Classificazione delle attività fisichee sportivePAOLO ZEPPILLI, MARCELLO FAINA, ALESSANDRO BIFFI

In analogia a quanto avviene per un farmaco, il medico,per prescrivere correttamente l’attività fisica ad un sog-getto sedentario, sano o cardiopatico, deve conoscere lafisiologia e la fisiopatologia dei diversi tipi di eserciziofisico e di sport, con particolare riguardo agli effetticardiovascolari acuti (aggiustamenti) e cronici (adatta-menti) che essi comportano. Per tale motivo, abbiamoritenuto utile fornire alcune informazioni fisiologichebasilari e una classificazione delle diverse attività fisi-che e sportive, in relazione alle risposte dell’apparatocardiovascolare.

Una classificazione largamente utilizzata dai medi-ci dello sport e dai cardiologi è quella stilata nel 1995dagli esperti del COCIS (Comitato Cardiologico perl’Idoneità allo Sport Agonistico) e aggiornata nel 2003.Di essa, abbiamo ritenuto utile riprendere alcuni con-cetti fisiologici e fisiopatologici essenziali, adattandolialle finalità del presente documento.• L’impegno cardiocircolatorio può essere costante neltempo, come nelle attività di tipo aerobico prolungate(dalla semplice camminata alla maratona, dalla passeg-giata in bicicletta al ciclismo, ecc.), oppure intermittente,come nei giochi con la palla, sia individuali (tennis, squash)sia di squadra (calcio, calcio a cinque, basket, ecc.).• L’impegno cardiocircolatorio dipende in primo luogodall’intensità dello sforzo, a sua volta proporzionale al-le richieste metaboliche dei muscoli impegnati. Unamisura semplice dell’intensità metabolica è il MET oequivalente metabolico: 1 MET è pari all’ossigeno con-sumato (VO2) per le funzioni basali dei vari organi daun uomo in condizioni di riposo: esso è stato stimato in3.5 ml di ossigeno per kg di peso corporeo per minuto(ml/kg/min). Così, può essere considerato d’intensitàlieve, uno sforzo che comporti un dispendio attorno ai 3METS (ad esempio, camminare normalmente, o nuota-re lentamente), moderata quando il dispendio metaboli-co è compreso tra 3 e 6 METS (ad esempio, cammina-re velocemente o in salita), da media ad elevata quandoil dispendio è >6 METS (pari ad un VO2 di 21ml/kg/min). Un aspetto importante per il medico è oggirappresentato dal proliferare, accanto alle forme più tra-dizionali, di altre tipologie di esercizio fisico-sportivo,effettuate soprattutto nelle palestre o nei Centri Fitnesse alcune delle quali ormai largamente diffuse nella po-polazione (aerobica, spinning, rowing, ecc.), così comedi altri sport veri e propri (ad esempio, danza sportiva).In questi casi, il medico può trovarsi in difficoltà nel“prescrivere” o “autorizzare” tali attività, mancandoinformazioni precise sul dispendio energetico e sul-l’impegno cardiocircolatorio che esse comportano.• La risposta emodinamica allo sforzo è influenzata inmisura significativa dal tipo di esercizio. Nelle attivitàdinamiche, il gesto tecnico è ciclico (camminare, cor-

rere, pedalare, ecc.) e la forza muscolare impiegata ge-neralmente non elevata; si tratta di attività “aerobiche”,nelle quali i muscoli, quando l’intensità dello sforzo èlieve-moderata (<50-60% del massimale), utilizzano inprevalenza l’energia liberata dai lipidi, mentre per in-tensità superiori, il substrato preferenziale è rappresen-tato dai carboidrati (glicogeno). Da un punto di vistacardiocircolatorio, esse sono caratterizzate da un incre-mento della frequenza cardiaca proporzionale all’in-tensità dello sforzo e una prevalente vasodilatazioneperiferica, con modesto o nessun aumento della pres-sione arteriosa media. Il miocardio aumenta il suo con-sumo di ossigeno in misura proporzionale all’aumentodella portata cardiaca. Le attività dinamiche sono idea-li ai fini della prevenzione primaria e secondaria dellepatologie cardiovascolari, anche in considerazione delfatto che la loro “prescrizione” risulta più facile di al-tre, potendo essere “dosata” su parametri semplici e af-fidabili quali, ad esempio, la frequenza cardiaca. Vasempre tenuto presente, tuttavia, che qualsiasi attivitàdinamica può essere svolta ad alta intensità, condizioneche va ovviamente evitata nella pratica a fini terapeuti-co-preventivi. Esse si differenziano nettamente dalle at-tività statiche o di potenza, attività “anaerobiche”, nel-le quali i muscoli utilizzano la fosfocreatina e solo inparte i carboidrati, attraverso la glicolisi anaerobica conproduzione di acido lattico. La risposta cardiocircolato-ria è caratterizzata da un’importante elevazione dellapressione arteriosa media, dovuta all’aumento delle re-sistenze vascolari periferiche, che pur di breve durata,può essere dannoso in pazienti ipertesi e/o con patolo-gie dell’aorta.• Sul piano del rischio cardiovascolare (rischio di com-plicanze), le attività fisiche e sportive dinamiche, sia adimpegno costante sia intermittente, non sono molto di-verse tra loro. Come è ormai documentato ampiamenteda studi epidemiologici sulla morte improvvisa dasport, fattore chiave nel determinismo del rischio è l’in-tensità dell’esercizio. Infatti, fino ad un’intensità nonsuperiore al 70-75% del massimale, la pratica regolaredi un esercizio fisico è in grado di indurre effetti bene-fici sull’organismo e sull’apparato cardiovascolare,senza un significativo aumento del rischio. Natural-mente, tale “soglia” si modifica con l’età e in presenzadi una malattia cardiaca e, in tali casi, si rende necessa-rio definire con maggiore accuratezza l’intensità dellosforzo consigliato. Ciò è, ovviamente, meno facile conattività fisico-sportive intermittenti (tennis, calcio, cal-cio a cinque, ecc.), nelle quali il dispendio metabolicoe l’impegno cardiocircolatorio dipendono molto dal-l’avversario e dalla “competizione”, inevitabilmentepresente. Peraltro, queste attività, caratterizzate da ge-sti atletici ad inizio e termine bruschi, hanno maggiorecapacità di scatenare aritmie cardiache (aritmogeni-cità), rispetto a quelle di tipo costante, iniziate e termi-nate in modo graduale.

Sulla base di questi concetti basilari, ai fini dellaprescrizione dell’esercizio fisico, appare ragionevole

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

687

Page 8: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

classificare le attività sportive in tre grandi gruppi49-51

(Tabella 3):• attività di tipo dinamico ad impegno cardiocircolato-rio costante, caratterizzate da gesti semplici quali cam-minare, marciare, correre all’aperto o su un tappetoruotante, pedalare su una bicicletta o su una cyclette,nuotare in piscina, ecc. Esse si trasformano in vere eproprie attività sportive quando l’intensità dello sforzoè da media ad elevata e il soggetto intenda effettuarle in

forma agonistica. In quest’ultimo caso, peraltro, è ri-chiesta per legge una visita di idoneità presso lo spe-cialista in Medicina dello Sport;• attività di tipo dinamico ad impegno cardiocircolato-rio intermittente, caratterizzate da gesti più complessiche presuppongono il possesso di una tecnica adeguata(tennis, calcio, calcio a cinque, ecc.). Esercitano effettibenefici sull’organismo e sull’apparato cardiovascolarema sono più difficili da “dosare”, per l’inevitabile com-

688

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Tabella 3. Classificazione delle attività fisiche, sportive e di palestra.

Intensità*

Lieve Moderata Elevata

Attività dinamiche ad impegnocardiovascolare costante

Attività fisiche Camminare 3-4 km/h 6 km/h >6 km/hPedalare <12 km/h 12-15 km/h >15 km/hNuoto lento Nuoto moderato Nuoto veloce

Jogging <8 km/h >10 km/hPattinaggio (passeggiata) Pattinaggio

Attività sportive Trekking CanottaggioMountain bike

Sci di fondo Sci di fondoCanoa (acque tranquille) Canoa

TriathlonDanza sportiva

Attività di palestra Aerobica (bassa intensità) Aerobica (alto impatto)Step Power stepTotal body cross training Total body cross training(comb. aerobica, step, slide, ecc.) (comb. aerobica, step, slide)

Indoor bike (endurance Indoor bike (fitness) Indoor bike (performance)o per principianti)Acquagym Acquafitness Acquafitness intenso

Fitboxe AeroboxeRebounding (scioltezza) Rebounding fitness Rebounding prestazione

Attività dinamiche ad impegnocardiovascolare intermittente

Attività sportive Tennis (doppio) Tennis (palleggio) Tennis (partita)Golf Calcio a 5 (ludico) Calcio a 5 (partita)Bocce Pallavolo e beach volley Beach volley (2 vs 2)Caccia, pesca sportiva Pallacanestro (ludico) Pallacanestro (partita)

Tennis da tavolo (ludico) Tennis da tavolo (partita)Squash/racquetball (ludico) Squash/racquetball (partita)

Attività di palestra Danza/hip hop Aerobic circuit training per Aerobic circuit training peril fitness la prestazione

Interval training Interval training per il fitness Interval training per la(per principianti) prestazione

Attività statiche o di potenzaAttività sportive Scherma Sollevamento pesi

Equitazione Body buildingWindsurf Sci alpino

Sci nauticoArrampicata sportiva

Attività di palestra Corpo libero Pump/bodypump/push Body buildingStretching Acquafitness con galleggianti Acquafitness con galleggianti

in acqua profondaBody sculpture Acquafitness con attrezzi Acquafitness con attrezzi

di attrito di attrito in acqua profondaPilates/yoga Yoga per il fitness Power yogaTai chi chuanQi Gong

* l’intensità è riferita ad un adulto di età media, sano, normopeso, non allenato.

Page 9: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

ponente “agonistica”, anche se effettuate per puro di-vertimento e in forme non organizzate;• attività statiche o di potenza, nelle quali l’impegnocardiocircolatorio è prevalentemente di tipo “presso-rio”. Ad esse appartengono molte attività di “cultura fi-sica” (sollevamento pesi, body building, ecc.) praticatein palestra. Non è ancora chiaro se, a determinate con-dizioni (ad esempio, se effettuate in forma “dinamica”,con molte ripetizioni e sovraccarichi modesti), possanoavere effetti benefici sull’apparato cardiovascolare.Seppur molto diffuse nella popolazione, esse non pos-sono essere considerate di prima scelta ai fini della pre-venzione cardiovascolare.

4. Valutazione dell’efficienza cardiorespiratoriaPIERGIUSEPPE AGOSTONI, BRUNO CARÙ, PAOLO ZEPPILLI

La risposta del nostro organismo all’esercizio fisicocomprende aggiustamenti respiratori, cardiovascolari,umorali, del sistema nervoso autonomo, ormonali emuscolari. Essa è funzione della condizione fisica e disalute del soggetto, del tipo di esercizio applicato, del-lo strumento di valutazione dello stesso e del protocol-lo utilizzato. In ambito clinico, esistono due grandi fa-miglie di protocolli, a carico costante e a carico incre-mentale, i quali consentono di valutare aspetti specificidi fisiologia clinica dell’esercizio.

Protocolli a carico costanteQuesti protocolli, con la sola eccezione del test del cam-mino, hanno rilevanza scientifica ma poca importanzasul piano clinico. L’informazione più utile si ottiene al-l’inizio dell’esercizio ed è in rapporto al tempo necessa-rio per il raggiungimento della nuova condizione di“steady state” rispetto al basale, il quale è funzione del-l’efficienza dell’apparato cardiovascolare (Figura 1).

Informazioni analoghe possono essere ottenute stu-diando la cinetica del VO2 nella fase di recupero, an-ch’essa funzione dello stato di salute cardiovascolare.

Se il carico costante è effettuato sopra la soglia anaero-bica, è anche possibile studiare la differenza in VO2 trail sesto e il terzo minuto dello sforzo.

Il test del cammino fa parte dei test a carico costantee si basa sulla distanza percorsa in un certo lasso di tem-po, che nei pazienti è di solito 6 min. Questo test e altrisimilari devono essere condotti senza strenuo incorag-giamento e, per essere confrontabili tra loro, dovrebbe-ro essere eseguiti dopo che il paziente si è “familiariz-zato” con la prova52. Nei pazienti con scompenso car-diaco, la distanza percorsa in 6 min è un indice progno-stico predittivo indipendente dalla classe NYHA e dallafrazione di eiezione del ventricolo sinistro.

Protocolli a carico incrementaleI protocolli a carico incrementale sono quelli più fre-quentemente usati per la valutazione clinica e funzio-nale dei pazienti nell’ambito del cosiddetto test cardio-polmonare. Essi forniscono informazioni circa la pato-logia responsabile della limitazione funzionale, la ca-pacità funzionale stessa, la prognosi, la progressionedella malattia e della disabilità, il trattamento di sceltae l’efficacia della terapia.

Esistono due tipi di protocolli a carico incrementa-le: quelli nei quali il carico di lavoro aumenta in modocontinuo (a rampa) e quelli nei quali l’aumento è di-scontinuo (a gradini). I protocolli con incremento con-tinuo forniscono informazioni su momenti specificidell’esercizio, quali la soglia anaerobica o la fine deltamponamento isocapnico (la cosiddetta seconda so-glia) e la cinetica della ventilazione e dei gas espirati,fra le quali la relazione ventilazione/emissione di ani-dride carbonica (VE/VCO2) e VO2/carico di lavoro. Iprotocolli con incremento discontinuo sono utili so-prattutto quando occorrono valutazioni specifiche adun carico determinato, quali la determinazione dellagettata cardiaca, della pressione polmonare, ecc. Il pa-rametro più frequentemente utilizzato è il VO2 di picco.

Nel protocollo a rampa è indispensabile una sedutadi “familiarizzazione”: sono state riportate, infatti, dif-ferenze di VO2 di picco fino al 25% tra un primo e unsecondo test nello stesso soggetto. Un altro problema èla personalizzazione dell’incremento del carico di lavo-ro. Test troppo brevi (incremento troppo rapido del ca-rico di lavoro) o troppo lunghi (incremento troppo len-to) influenzano i risultati53. La durata ideale di un test arampa è di 10 min, ma può non essere semplice identi-ficare il carico di lavoro che permette di raggiungere ilpicco dell’esercizio in 10 min, un aspetto tuttavia im-portante perché, ad eccezione del VO2 alla soglia anae-robica e della relazione VE/VCO2, tutti gli altri parame-tri danno risultati diversi secondo la durata del test53,54.

Da un protocollo a rampa si ottengono numerosi pa-rametri di valutazione dell’esercizio, la cui analisi com-binata favorisce l’acquisizione di rilevanti informazio-ni fisiopatologiche. Qui di seguito riportiamo in formasintetica le caratteristiche dei parametri principali:a) VO2 massimo e al picco dell’esercizio. Il VO2 massi-

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

689

Figura 1. Modificazioni del consumo miocardico di ossigeno (VO2) du-rante un test a carico costante.

Consumo di

ossigeno

3' 6'

Tempo, minuti

�VO2

63% VO2 max

T1/2 �

50% VO2 max

riposo esercizio

Page 10: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

mo (VO2 max) e al picco dell’esercizio sono i parame-tri più noti ottenuti dal test da sforzo cardiopolmonare.Si definisce VO2 max il valore di VO2 misurato quando,nonostante un ulteriore incremento di carico di lavoro,il consumo di ossigeno non aumenta più e rimane co-stante. In ambito clinico, diversamente dal soggetto sa-no e dall’atleta, il VO2 max è raggiunto raramente. Perquesto motivo, nell’analisi valutativa esso è sostituitodal VO2 di picco, definito come il VO2 più alto rag-giunto. È importante ricordare che il VO2 è dato da: get-tata cardiaca � differenza artero-venosa di ossigeno[C(a-v)O2] e, siccome nel soggetto sano l’incrementodi C(a-v)O2 ha un andamento lineare con l’aumento delcarico di lavoro55, è possibile, conoscendo il VO2, sti-mare l’incremento della gettata cardiaca.

Circa 20 anni fa, Weber e Janicki56 hanno descrittouna classificazione della capacità funzionale dei pa-zienti con scompenso cardiaco cronico, tuttora utilizza-ta, basata sul VO2 di picco normalizzato per il peso cor-poreo. La classificazione ha avuto il pregio indiscutibi-le di essere stata la prima in termini funzionali, ma haalcuni difetti intrinseci, dovuti al fatto che non prendein considerazione età, sesso e fitness del soggetto. Inol-tre, nonostante la normalizzazione per il peso corporeo,essa non considera che il VO2 della massa grassa è di-verso da quello della massa magra. Per questo motivo,nei soggetti obesi, si ha una sottostima del VO2 pro-kgeffettivamente raggiunto. In questi pazienti, convieneabbandonare la classificazione di Weber e Janicki e ri-correre ad una valutazione basata sul percento del pre-detto normalizzato per la massa grassa. Tuttavia, consi-derando semplicemente il VO2 in ml/kg/min, si può ri-tenere che un VO2 di picco <10 ml/kg/min corrispondaa prognosi severa e un VO2 di picco >16 ml/kg/min aprognosi favorevole. La valutazione dei pazienti che sicollocano tra 10 e 16 ml/kg/min non può essere affida-ta solo a questo parametro;b) il VO2 alla soglia anaerobica. Il VO2 alla sogliaanaerobica è un buon predittore della capacità di eser-cizio ed è indipendente dalla durata dello sforzo. Il mo-do migliore per calcolare la soglia anaerobica è quellocosiddetto del V-slope, nel quale VCO2 e VO2 sonomessi in correlazione l’uno con l’altro. Per una valuta-zione precisa della soglia anaerobica, e soprattutto pernon confonderla con la fine del tamponamento isoca-pnico (“seconda soglia”), gli esperti raccomandano diconfermare la soglia anaerobica calcolata con il V-slo-pe con l’analisi degli equivalenti ventilatori per ossige-no (VE/VO2) e quelli per la CO2 (VE/VCO2). La sogliaanaerobica è identificata quando VE/VO2 aumenta eVE/VCO2 rimane costante;c) la relazione VO2/carico di lavoro. La relazioneVO2/carico di lavoro è utilizzata per la valutazione del-la performance cardiovascolare. Una ridotta relazioneVO2/carico di lavoro documenta una peggiore perfor-mance cardiovascolare perché minore è la quantità dienergia prodotta anaerobicamente. Il valore superioredella relazione VO2/carico di lavoro sembra essere fis-so, perché gli atleti sono in grado di prolungare l’eser-

cizio ma non di aumentare la pendenza della relazioneVO2/carico di lavoro. Questa relazione si appiattiscequando l’incremento della gettata cardiaca o la sua di-stribuzione in periferia è insufficiente. Il valore norma-le della relazione VO2/carico di lavoro è ~10 ml/min/W;d) polso d’ossigeno e “cardiac power”. Il polso d’ossi-geno, vale a dire il rapporto tra VO2/frequenza cardiacaè un indice di performance cardiaca. Il polso d’ossige-no è dato da: volume sistolico � C(a-v)O2 ed è spesso,erroneamente, usato come surrogato della gettata sisto-lica. Il polso d’ossigeno aumenta soprattutto nella pri-ma parte dell’esercizio e, in modo minore o addiritturanullo, nella seconda parte dello stesso. Infatti, nella se-conda parte dell’esercizio, l’aumento della gettata car-diaca è funzione soprattutto dell’aumento della fre-quenza cardiaca. Il “cardiac power”, calcolato dal pro-dotto di VO2 e pressione arteriosa sistolica, è anch’essoutilizzato come indicatore della performance del ven-tricolo sinistro. A questo parametro, recentemente èstato assegnato un forte potere predittore in caso discompenso cardiaco cronico;e) gettata cardiaca durante esercizio. La gettata car-diaca e le sue variazioni durante esercizio fisico sonoindicatori di severità di malattia e hanno valore pro-gnostico, anche più potenti del VO2 di picco. Infatti, laprognosi può essere favorevole, pur in presenza di ri-dotto VO2 di picco, se l’aumento della gettata cardiacaindotto dall’esercizio è conservato, essendo probabileun concomitante importante decondizionamento mu-scolare. L’introduzione di metodi non invasivi per lamisura della gettata cardiaca è una delle novità dia-gnostiche più importanti57;f) ventilazione, volume corrente, frequenza ventilato-ria, curve flusso-volume e relazione VE/VCO2. Duran-te esercizio si ha un incremento di ventilazione perl’aumento del volume corrente e della frequenza respi-ratoria. L’aumento del volume corrente si osserva so-prattutto nella parte iniziale dell’esercizio, mentre l’in-cremento della frequenza respiratoria è presente so-prattutto nella parte finale. Nei pazienti con scompensocardiaco, si ha un abnorme aumento della ventilazionedurante esercizio: esso è dovuto ad un aumento dellafrequenza respiratoria che compensa, in eccesso, il ri-dotto incremento del volume corrente58. Numerose so-no le cause di iperventilazione nello scompenso cardia-co: l’alterazione della meccanica toraco-polmonare, lariduzione della diffusione alveolo-capillare, l’aumentodella necessità di ventilare per incremento sproporzio-nato della produzione di CO2, l’aumento dello spaziomorto, l’eccessiva attività dei metabarocettori, dei che-morecettori e dei barorecettori. Le curve flusso/volumepermettono di studiare in modo adeguato la meccanicarespiratoria durante esercizio. Con queste curve è statopossibile documentare l’esistenza di una limitazione alflusso espiratorio anche in pazienti con scompenso car-diaco che, per aumentare la ventilazione durante eser-cizio, devono, a differenza del soggetto normale, au-mentare, dopo un’iniziale fisiologica riduzione, la ca-pacità funzionale residua59.

690

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Page 11: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

5. Effetti dell’esercizio fisico sui fattoridi rischio cardiovascolareALBERTO ANEDDA, MARIA PENCO, MARGHERITA VONA,ANTONIO BONETTI

Un esercizio fisico regolarmente svolto è in grado dimigliorare la totalità dei fattori di rischio cardiovasco-lare modificabili. Diversamente dai farmaci, che nor-malmente sono specifici per singolo fattore di rischio(antipertensivi, antidiabetici, ipolipemizzanti, ecc.),l’esercizio fisico ha effetti favorevoli su più fattori di ri-schio contemporaneamente. Quando i livelli dei singo-li fattori di rischio non sono particolarmente elevati, ri-correre alla terapia farmacologica in prima battuta ap-pare ingiustificato, estremamente costoso e concettual-mente errato, in quanto costituisce un intervento sinto-matico e non causale. In questi casi risulta quindi pre-feribile adottare, almeno inizialmente, misure terapeu-tiche basate su modificazioni dello stile di vita (attivitàfisica, alimentazione corretta, cessazione del fumo,astensione dall’alcool, ecc.). Tra gli interventi non far-macologici, l’esercizio fisico risulta quello più interes-sante in quanto efficace nel controllare i vari fattori dirischio e capace contemporaneamente di migliorare si-gnificativamente la qualità di vita. Nel presente capito-lo vengono descritti i suoi effetti sui principali fattori dirischio modificabili; quelli sull’ipertensione arteriosasono discussi nello specifico capitolo.

DislipidemieL’attività fisica provoca modificazioni favorevoli insenso antiaterogeno del profilo lipidico, ma i dati dellaletteratura non sono del tutto univoci per quanto riguar-da il carico di lavoro e l’entità delle variazioni ottenu-te60. Risultati differenti si hanno per le diverse condi-zioni sperimentali: raffronto fra sedentari e allenati suampi strati di popolazione; effetti dell’allenamento susoggetti sedentari; effetti del detraining; effetti di unasingola seduta di esercizio fisico; impiego di carichi dilavoro diversi per tipo, intensità e durata. Ciò nono-stante, la vasta mole di ricerche consente di trarre con-clusioni abbastanza definitive. L’esercizio fisico di tipoaerobico induce modificazioni favorevoli del metaboli-smo lipidico che possiamo così riassumere:• riduzione significativa dei trigliceridi e delle principa-li lipoproteine che li veicolano (lipoproteine a densitàmolto bassa);• nessuna modificazione o lievi riduzioni della coleste-rolemia totale;• aumento significativo delle lipoproteine ad alta den-sità (HDL), prevalentemente a carico della sottofrazio-ne HDL2;• lieve riduzione delle lipoproteine a bassa densità(LDL) (più marcata quando all’esercizio si associa uncalo ponderale), ma soprattutto variazione della lorocomposizione: riduzione delle particelle aterogene piùpiccole e dense e resistenza all’ossidazione61.

I meccanismi attraverso i quali tali modificazioni si

realizzano sono riferibili all’assetto endocrino-metabo-lico determinato dall’esercizio fisico aerobico:- riduzione dell’insulinemia, aumento dell’ormone so-matotropo, cortisolo e catecolamine;- aumentata attività della lipoproteinlipasi, con aumen-to della lipolisi;- aumentata attività dell’enzima lecitina-colesterolo-acetiltransferasi e ridotta attività della trigliceridilipasiepatica60-63.

L’esercizio di tipo anaerobico, invece, non sembrain grado di determinare modificazioni significative del-l’assetto lipidico61.

Diabete mellito di tipo 2I benefici dell’attività fisica nei pazienti affetti da dia-bete mellito di tipo 2 sono stati messi in evidenza in nu-merosi studi. È dimostrato infatti come un programmadi attività fisica a lungo termine possa determinare unariduzione delle alterazioni metaboliche associate a talepatologia e una riduzione delle sue complicanze car-diovascolari. Mentre la sedentarietà è stata associata adun incremento di mortalità nei soggetti con diabetemellito di tipo 264, uno studio recente ha dimostrato chel’attività fisica determina una riduzione della mortalitàcardiovascolare e globale in tali pazienti22.

Controllo glicemicoUna metanalisi di 14 trial ha dimostrato che l’eserciziofisico porta ad una riduzione dell’emoglobina glicosila-ta e che tale riduzione è indipendente dalle modifica-zioni del peso corporeo65. Questi effetti a lungo termi-ne sono dovuti all’adattamento della muscolatura sche-letrica, al metabolismo epatico e alla composizionecorporea66. La glicemia si riduce dopo una singola se-duta di esercizio e questo effetto a breve termine è ve-rosimilmente secondario ad un aumento della captazio-ne del glucosio all’interno della muscolatura scheletri-ca67. Le modificazioni della tolleranza glucidica e del-la sensibilità all’insulina sono correlate alla quantità diesercizio e l’incremento della captazione del glucosiosi verifica maggiormente nei muscoli allenati rispetto aquelli non allenati66.

Disfunzione ventricolare sinistraNel diabete di tipo 2 valori elevati di glicemia, anche sea livelli non francamente patologici, risultano associatiindipendentemente ad una riduzione della funzionediastolica ventricolare sinistra68. L’esercizio fisico sem-bra in grado di modificare favorevolmente questa con-dizione in modelli animali69 e nei soggetti con iperten-sione arteriosa70. Ci si può quindi aspettare che l’eser-cizio fisico possa migliorare la funzione diastolica an-che nel paziente diabetico.

Funzione endotelialeLa disfunzione endoteliale è una condizione frequentenei soggetti con diabete mellito di tipo 2 e nei soggettipre-diabetici71,72. L’esercizio fisico migliora la funzio-

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

691

Page 12: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

ne endoteliale nei soggetti con diabete mellito di tipo 2così come nei soggetti con sindrome metabolica73. Ilmiglioramento sembra essere secondario all’aumentodello stress di parete, il quale porta ad un aumento del-la liberazione di ossido nitrico endotelio-dipendente,inducendo il rilasciamento della muscolatura liscia equindi la vasodilatazione.

ObesitàL’obesità, in particolare il grasso intraddominale, è as-sociata all’insulino-resistenza, all’intolleranza glucidi-ca e al diabete mellito. In uno studio recente è stato di-mostrato che l’esercizio fisico determina una modestariduzione del peso corporeo, ma una considerevole ri-duzione del grasso intraddominale74. Inoltre, l’eserci-zio fisico comporta un miglioramento della composi-zione corporea, con una riduzione della massa grassa eun incremento della massa magra. Nei soggetti obesi siha un incremento dei livelli di proteina C-reattiva75,poiché il tessuto adiposo viscerale è un importante fon-te di citochine, le quali contribuiscono ad una condi-zione di flogosi cronica76. Questo comporta disfunzio-ne endoteliale, aumento del rischio di aterosclerosi e in-sulino-resistenza. Inoltre, i livelli di proteina C-reattivasono associati con diverse componenti della sindromemetabolica77 e sono predittori del rischio di evoluzionein diabete mellito di tipo 278. L’esercizio fisico, me-diante la sua influenza sul peso corporeo, e in partico-lare sulla quantità di grasso viscerale, porta ad una ri-duzione degli indici di infiammazione.

PrevenzioneL’attività fisica, come parte di un cambiamento dellostile di vita riguardante anche le abitudini alimentari, lariduzione del peso corporeo, l’eliminazione dell’abitu-dine al fumo, può essere utile nel prevenire o ritardarel’insorgenza del diabete mellito di tipo 212.

Diabete mellito di tipo 1Nei diabetici di tipo 1 l’attività fisica migliora il profi-lo lipidico, riduce la pressione arteriosa e in generaleinfluisce positivamente sul sistema cardiovascolare.Tutti i tipi di attività fisica, compreso l’allenamento dipotenza, possono essere svolti dai soggetti affetti dadiabete mellito di tipo 1 in buon controllo dei valori gli-cemici e assenza di complicanze. L’ipoglicemia chepuò manifestarsi durante, immediatamente dopo o a di-verse ore di distanza dall’attività fisica, può essere evi-tata tramite un corretto uso della terapia insulinica.Questo richiede da parte del paziente un’adeguata co-noscenza della propria risposta ormonale e metabolicae una buona abilità di autogestione. In generale, per re-golare la risposta glicemica durante esercizio fisico, èutile seguire alcune indicazioni:- buon controllo metabolico prima di iniziare un regimedi attività fisica;- monitorare i livelli di glucosio ematico prima e dopol’attività fisica;

- assumere alimenti (carboidrati) durante attività fisicaprolungata e/o ridurre di 1-2 unità la dose di insulinaprecedente la seduta di lavoro.

Nei bambini, inoltre, è richiesta un’assistenza daparte di genitori, insegnanti e istruttori. Con le dovuteistruzioni sull’autocontrollo e sull’autogestione dellaterapia e sul trattamento delle eventuali crisi ipoglice-miche, l’attività fisica è utile e sicura.

Obesità e sindrome metabolicaPer sindrome metabolica si intende una serie di altera-zioni del metabolismo e di fattori di rischio cardiova-scolare, presenti contemporaneamente nei soggetti coninsulino-resistenza79. Le varie classificazioni proposteprevedono criteri diagnostici diversi e diverse aggrega-zioni. Insulino-resistenza e iperinsulinemia, alterazionidel metabolismo glucidico (ridotta tolleranza glucidica,iperglicemia a digiuno, diabete di tipo 2), obesità addo-minale, dislipidemia (triade lipidica: ipertrigliceride-mia, riduzione del colesterolo HDL, LDL piccole edense), ipertensione, microalbuminuria, iperuricemia,aumentata attività del sistema nervoso simpatico, con-dizione procoagulativa e proinfiammatoria e disfunzio-ne endoteliale sono i fattori di volta in volta inseriti nelcontesto della sindrome. Essa si configura come un in-sieme di complesse alterazioni metaboliche che hannoprobabilmente nell’obesità viscerale e nello stato di in-sulino-resistenza il comune denominatore patogeneticoe fisiopatologico80.

La prevalenza di sindrome metabolica nel mondo oc-cidentale è molto elevata ed è progressivamente incre-mentata con il dilagare dell’obesità. Sedentarietà, iper-alimentazione, consumo di cibi ipercalorici ad elevatoindice glicemico e alterato rapporto uomo/ambiente, so-no tutti elementi che fungono da amplificatori di unaprobabile predisposizione, geneticamente determinata.Quali che siano i criteri diagnostici adottati, nei paesi in-dustrializzati questa patologia pare interessare più del25% della popolazione adulta, non risparmiando, tutta-via, nemmeno le fasce di età più giovani. Nei portatoridella sindrome metabolica si riscontra un importante au-mento di complicanze cardiovascolari81. D’altra parte, idifetti multipli che la caratterizzano rappresentano sin-golarmente fattori di rischio ormai consolidati o altri fat-tori cosiddetti “non classici”82. La sindrome è stata inse-rita nella classificazione dei fattori di rischio cardiova-scolari dall’American Heart Association, che ha propo-sto una strategia terapeutica incentrata su un’alimenta-zione corretta e sull’incremento dell’attività fisica2. Met-tere sotto trattamento più di un quarto di tutta la popola-zione, infatti, presenta limiti insuperabili di tipo econo-mico e organizzativo. Quand’anche la scelta fosse indi-rizzata ad una percentuale più ristretta di individui, inbase al grado di rischio presentato, si tratterebbe co-munque di instaurare politerapie (ipoglicemizzanti, an-tipertensivi, ipolipemizzanti, antiossidanti, antitrombo-tici, ecc.) indirizzate verso i singoli fattori, con evidentiproblemi di interferenze farmacologiche e di complian-

692

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Page 13: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

ce. Quella farmacologica, pertanto, deve rappresentareuna scelta di seconda istanza in caso di fallimento dellealtre strategie o in presenza di patologie rilevanti o di fat-tori di rischio di grado elevato.

Gli obiettivi del trattamento sono quelli di migliora-re la sensibilità insulinica da un lato e di prevenire ocorreggere le alterazioni metaboliche e cardiovascolaridall’altro. Nei soggetti con sindrome metabolica l’eser-cizio fisico produce modificazioni metaboliche capacidi agire favorevolmente su tutte le alterazioni indottedall’insulino-resistenza. Se poi all’esercizio fisico siassocia l’intervento nutrizionale, soprattutto se in gra-do di determinare calo ponderale, si ha un ulteriore ef-fetto additivo60,61.

L’allenamento di resistenza migliora la captazionedel glucosio insulino-mediata e aumenta la capacità didepositare glicogeno nei muscoli. L’esercizio agisce,inoltre, sulle singole alterazioni che caratterizzano lasindrome con effetti favorevoli, in parte mediati dal mi-glioramento della sensibilità insulinica, in parte diretti83.

L’esercizio fisico è una delle poche misure utili perevitare il recupero ponderale nel trattamento dell’obesitàe induce una preferenziale mobilizzazione dei lipidi daidepositi viscerali (più sensibili allo stimolo lipoliticodelle catecolamine), quelli più direttamente correlati al-l’insulino-resistenza. La migliore sensibilità insulinica,inoltre, si estrinseca anche con un miglioramento dellasua azione vasodilatatrice e della funzione endoteliale.

Funzione endotelialeL’endotelio è oggi considerato un vero e proprio orga-no dalle dimensioni molto estese (1500 m2), dal peso dicirca 1.5 kg e dalle molteplici funzioni. Infatti, oltre aquelle tradizionalmente conosciute come la regolazio-ne del tono vascolare e della coagulazione, è ormaichiaro che l’endotelio svolge un ruolo essenziale, gra-zie alla produzione e secrezione di numerose sostanze,nei processi infiammatori implicati nella patogenesi eprogressione dell’aterosclerosi84,85 e delle MCV in ge-nere, compreso lo scompenso cardiaco.

Le evidenze scientifiche attuali mostrano che: • la disfunzione endoteliale è la conditio sine qua nonper l’aterosclerosi nelle sue manifestazioni acute e cro-niche86,87;• la disfunzione endoteliale costituisce un indice progno-stico molto sensibile di successivi eventi cardiaci84,87.

Tutti i principali fattori di rischio coronarici e tra es-si anche la sedentarietà, provocano marcata alterazionedella fisiologia endoteliale84,88. Sin già dai primi anni’90, si sono accumulate evidenze scientifiche di quantol’esercizio fisico sia un fisiologico sistema per ridurre onormalizzare la disfunzione endoteliale89. A questoproposito è necessario ricordare che uno dei principalimeccanismi di attivazione della vasodilatazione e delleazioni antitrombotica, antinfiammatoria e antiprolifera-tiva è rappresentato dal cosiddetto “shear stress”, ovve-ro dalla forza esercitata dallo scorrimento del sangueparallelamente all’asse longitudinale del vaso. Molti

dati sperimentali90,91 hanno messo in evidenza che l’e-sercizio, grazie all’aumento della velocità e della pul-satilità del flusso secondario all’aumentata gettata car-diaca, incrementa il flusso laminare e dunque lo “shearstress”, migliorando e/o ottimizzando così la funzioneendoteliale. I dati della ricerca di base hanno mostratoche la quantità di ossido nitrico, sostanza chiave dellafisiologia endoteliale, accresce di oltre 13 volte dopocirca 1 h di incremento dello “shear stress” secondarioad attività fisica92,93.

Nei soggetti con fattori di rischio e dunque disfun-zione endoteliale, l’esercizio fisico procura indiscutibi-li effetti benefici. In uno studio randomizzato di sog-getti diabetici dopo 8 settimane di esercizio vi era unaumento della vasodilatazione endotelio-dipendente dioltre il doppio69. Risultati simili sono stati osservati insoggetti con sindrome metabolica94, con dislipidemia95,in quelli sottoposti a procedura di angioplastica96 e inquelli affetti da infarto miocardico recente18. Ma è neipazienti con scompenso cardiaco che l’attività fisicamoderata e regolare procura i maggiori benefici sullafunzione endoteliale97,98.

Più recentemente, l’esercizio fisico ha mostrato nel-l’animale e nell’uomo la capacità di aumentare le cel-lule progenitrici endoteliali. Il numero di tali cellule,essenziali nell’attività di riparazione endoteliale, è in-versamente correlato alla prognosi cardiovascolare99 eincrementano significativamente dopo alcune settima-ne di esercizio fisico100.

RaccomandazioniSicuramente efficaci sono le attività fisiche ad intensitàmoderata, durata >30 min, svolte anche non continuati-vamente, per 3-5 volte la settimana. Nel prescrivere unprogramma individualizzato bisogna tener conto del di-fetto metabolico prevalente: lavoro sicuramente aerobi-co di intensità moderata (50-70% del VO2 di picco),con una spesa calorica >300 kcal (per un consumo ca-lorico settimanale ≥2000 kcal) per ottenere modifica-zioni dell’assetto lipidico; altrettanto efficace dell’eser-cizio aerobico il lavoro di resistenza per quanto concer-ne la sensibilità insulinica; attività di bassa intensità edi lunga durata, possibilmente con frequenza giornalie-ra, se l’obiettivo prioritario è il calo ponderale101.

6. Rischi cardiovascolari dell’esercizio fisicoe screening cardiologico preventivoFRANCO GIADA, ANTONIO PELLICCIA,DOMENICO CORRADO, ROBERTO BETTINI,GAETANO THIENE

L’esercizio fisico svolge un ruolo fondamentale nellaprevenzione e nel trattamento di numerose affezioni. Afronte di tale effetto positivo, esso comporta anche al-cuni rischi, in particolare a carico dell’apparato cardio-vascolare. L’esercizio fisico, infatti, può rappresentareil trigger di eventi acuti, quali angina pectoris, infarto

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

693

Page 14: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

miocardico e morte improvvisa. L’attività fisica regola-re, inoltre, soprattutto se caratterizzata da un elevatoimpegno del sistema cardiovascolare, può essere re-sponsabile di un’evoluzione sfavorevole del quadro cli-nico di alcune cardiopatie. Nel presente capitolo ver-ranno analizzati i rischi cardiovascolari dell’eserciziofisico e le modalità per prevenirli o minimizzarli attra-verso un adeguato screening preventivo.

Rischi cardiovascolari dell’esercizio fisicoL’esercizio fisico può scatenare eventi acuti cardiova-scolari, tra i quali i più temibili sono le sindromi coro-nariche acute e la morte improvvisa. Esso può asso-ciarsi anche ad altri eventi cardiaci, come aritmie atria-li e/o ventricolari (tachicardia parossistica sopraventri-colare, fibrillazione atriale, tachicardia ventricolare),sincopi e insufficienza cardiaca acuta102.

La probabilità che si verifichino eventi cardiovasco-lari durante esercizio fisico è più elevata nei pazienti af-fetti da cardiopatia, nei soggetti in età adulta/avanzata,in quelli sedentari e con fattori di rischio cardiovascola-re e quando l’attività fisica è praticata ad intensità ele-vata103,104. La probabilità, invece, è minore quando l’at-tività fisica è praticata a bassa intensità e nei soggetti chesi allenano regolarmente. Il meccanismo attraverso cuil’attività fisica abituale esercita questo effetto protettivonei confronti degli eventi acuti cardiovascolari e in par-ticolare della morte improvvisa, si pensa sia legato aduna maggiore stabilità elettrica del miocardio, con ridu-zione del rischio di aritmie ventricolari fatali. Allo sco-po di ridurre il rischio di eventi cardiaci avversi, quindi,risulta importante eseguire un adeguato screening pre-ventivo ed avviare i soggetti ad un graduale e progressi-vo condizionamento fisico, soprattutto se hanno cardio-patia nota, età avanzata, o fattori di rischio coronarico.

Morte improvvisaPer morte improvvisa da esercizio si intende una morterepentina e inaspettata, non traumatica, che si verificain relazione temporale con l’attività fisica, in genere en-tro 1 h dall’inizio dei sintomi.

L’epidemiologia della morte improvvisa duranteesercizio fisico è stata ampiamente studiata ed è notoche la sua prevalenza risulta più elevata nei maschi (conun rapporto 1:10 rispetto alle femmine), nei soggetti inetà adulta/avanzata e nei pazienti con cardiopatia, an-che se clinicamente silente. Negli Stati Uniti si stimaun’incidenza annuale di morte improvvisa duranteesercizio fisico, nella popolazione generale giovanile,di 0.75/100 000 nei maschi e di 0.13/100 000 nelle fem-mine105. In Italia tale incidenza risulta pari a 2.62/100 000nei maschi e 1.07/100 000 nelle femmine106. Nei ma-schi adulti l’incidenza annuale sale a 5.5-6.5/100 000102,104,107, mentre non sono disponibili dati pre-cisi negli individui più anziani. Verosimilmente, la mi-nor prevalenza della morte improvvisa durante eserci-zio fisico nelle donne rispetto agli uomini trova spiega-zione nella scarsa partecipazione delle prime ad attività

fisiche ad elevato impegno cardiovascolare e nella mi-nore espressività fenotipica di alcune cardiopatie di ori-gine genetica o aterosclerotica nel sesso femminile.Nell’epidemiologia della morte improvvisa anche il ti-po di esercizio ha importanza: nei pazienti con cardio-patia nota l’incidenza di morte improvvisa risulta piùbassa durante attività ad intensità moderata e controlla-ta quali la marcia e il cicloturismo, attestandosi a 0.12-0.13/100 000 persone/h108,109.

Sebbene l’attività fisica, sia nel soggetto adulto/an-ziano sia in quello giovane, aumenti le probabilità dimorte improvvisa di origine cardiovascolare rispetto al-lo stato di riposo, il rischio assoluto di morte improvvi-sa indotto dall’esercizio rimane comunque piuttostobasso. Negli Stati Uniti e in Italia, infatti, l’incidenzaannuale di morte improvvisa nella popolazione genera-le adulta e senile che non pratica attività fisica è sensi-bilmente più elevata e pari a 1:1000, ed essa rappresen-ta il 15-20% di tutti i decessi e il 40-60% delle cause dimorte nei cardiopatici. L’interesse nei confronti dellamorte improvvisa da esercizio, perciò, non risiede tan-to nella sua rilevanza epidemiologica, quanto nel suoimpatto mediatico ed emotivo110.

Le patologie, anche silenti, dell’apparato cardiova-scolare rappresentano la causa della stragrande mag-gioranza delle morti improvvise da esercizio. Tuttavia,bisogna ricordare che possono essere implicate anchealtre affezioni, quali l’asma, il colpo di calore e l’abusofarmacologico111.

Le cause cardiovascolari incidono in maniera diver-sa in base all’età dei soggetti. Mentre nei giovani <35anni prevalgono le cardiopatie congenite o di originegenetica, quali l’origine anomala delle arterie corona-rie, la cardiomiopatia aritmogena ventricolare destra, lacardiomiopatia ipertrofica, nei soggetti in età adulta/avanzata la causa più frequente è rappresentata dall’a-terosclerosi coronarica111.

La patogenesi della morte improvvisa è legata pre-valentemente ad un disturbo del ritmo cardiaco, mentremeno frequenti risultano le cause emodinamiche, qualila rottura di un aneurisma aortico (come avviene nellasindrome di Marfan e nella bicuspidia aortica) e l’em-bolia polmonare. Raramente, se non eccezionale, è l’e-morragia cerebrale. I disturbi del ritmo responsabilidella morte improvvisa sono rappresentati principal-mente dalla fibrillazione/tachicardia ventricolare rapi-da, anche se in alcuni casi possono entrare in gioco fe-nomeni bradiaritmici, quali un blocco atrioventricolare(BAV) completo o un prolungato arresto sinusale. Taliaritmie sono scatenate dall’interazione di un substratostrutturale con dei fattori trigger, che nel caso dell’eser-cizio fisico possono essere l’ischemia, le modificazioniemodinamiche, i disordini elettrolitici e lo squilibriosimpato-vagale.

Sindromi coronariche acuteSi stima che una percentuale variabile dal 4 al 18% de-gli infarti avviene durante o subito dopo un’attività fisi-

694

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Page 15: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

ca intensa103,112,113. Il periodo più a rischio è quellocompreso tra la fine dell’esercizio e l’ora immediata-mente successiva. Come per la morte improvvisa, an-che il rischio di infarto miocardico acuto è sensibil-mente minore negli individui che si allenano regolar-mente103,112 e durante attività fisica di intensità bassa omoderata, mentre aumenta nei soggetti già cardiopati-ci. Uno dei possibili meccanismi attraverso i quali l’e-sercizio può favorire il verificarsi di una sindrome co-ronarica acuta è la rottura, causata dallo stress emodi-namico, di una placca aterosclerotica vulnerabile. Suc-cessivamente, la rottura di placca innescherebbe feno-meni trombotici e vasospastici con ischemia miocardi-ca acuta ed eventuale necrosi.

Screening cardiologico preventivoScopiOgni individuo che si appresti ad iniziare un’attività fi-sica regolare dovrebbe essere sottoposto preventiva-mente ad un’attenta valutazione cardiologica. È opinio-ne comune, infatti, che attraverso un adeguato scree-ning preventivo si possa ridurre la probabilità di eventicardiovascolari avversi, in modo da godere dei benefi-ci dell’attività fisica senza incorrere nei rischi ad essaassociati. Scopo dello screening preventivo è verificarel’esistenza di cardiopatie clinicamente silenti in sog-getti apparentemente sani nonché, in caso di cardiopa-tia accertata, stratificare il rischio associato alla praticadell’attività fisica e attivare gli interventi terapeuticieventualmente necessari.

Un efficace screening preventivo permette la pre-scrizione di un regime di allenamento adeguato in ter-mini di sicurezza ed efficacia, senza privare il soggettointeressato dei benefici fisici e psicologici derivanti daltraining. Infine, laddove il rischio appare più elevato,sarà possibile allontanare il soggetto dalla pratica del-l’attività fisica.

Screening nella popolazione generaleLo screening preventivo ideale da applicare alla popo-lazione generale senza cardiopatia evidente dovrebbeessere: di semplice esecuzione; basato su metodichenon invasive, economicamente non gravoso; largamen-te disponibile; possedere un conveniente rapporto tra icosti (assorbimento di risorse economiche e umane) el’efficacia (numero di soggetti con cardiopatia indivi-duati e di vite salvate).

Il rapporto costo/efficacia dello screening rimane almomento l’aspetto più controverso e discusso in lette-ratura, a ragione di diversi motivi: elevato numero disoggetti da sottoporre a valutazione; costo degli accer-tamenti diagnostici; difficoltà organizzative per unoscreening su larga scala inclusivo di esami strumentali;bassa incidenza di eventi cardiovascolari indotti dall’e-sercizio; bassa prevalenza di cardiopatie nella popola-zione oggetto di studio. Nella popolazione generale, in-fatti, la probabilità pre-test di individuare anomalie car-diovascolari significative è modesta e non sono com-

pletamente note la sensibilità e la specificità delle inda-gini cardiologiche più comunemente utilizzate, qualil’ECG, l’ecocardiogramma e il test ergometrico. Rima-ne inoltre aperto il problema dei risultati falsi negativi(possibilità di sottovalutazione del rischio) e falsi posi-tivi (possibilità di creare danno e ansia conseguente adesclusioni non giustificate dall’attività fisica). Infine, acomplicare ulteriormente lo scenario, nei soggetti mag-giormente allenati, si osservano modificazioni del-l’ECG e della morfologia cardiaca che ricordano le ca-ratteristiche di talune cardiopatie (ad esempio la car-diomiopatia ipertrofica), rendendo talora difficile ladiagnosi differenziale tra “cuore d’atleta” e patologiacardiaca strutturale111.

Quale sia la miglior strategia di screening nella po-polazione generale senza cardiopatia evidente è oggettodi discussione. Risulta però evidente che uno screeningbasato solo sull’esecuzione dell’anamnesi e dell’esameobiettivo non è idoneo ad individuare la maggioranzadei soggetti a rischio di morte improvvisa114. Molte car-diopatie responsabili di morte improvvisa sono infatticlinicamente silenti e difficili da diagnosticare, o anchesospettare, con la sola anamnesi ed esame obiettivo. Pertale motivo esiste un grande interesse scientifico riguar-do all’esperienza italiana dello screening medico-spor-tivo, che include routinariamente l’ECG. L’aggiuntadell’ECG alla visita medica e alla raccolta della storiaclinica sembra capace di migliorare significativamenteil potere diagnostico dello screening, senza elevarne ec-cessivamente il costo. L’esperienza dei ricercatori italia-ni106,115 sembra indicare una buona sensibilità dell’ECGnei confronti delle cardiomiopatie di più frequente ri-scontro (cardiomiopatia ipertrofica e cardiomiopatiaaritmogena del ventricolo destro). Inoltre, il rapportocosto/efficacia sembra favorevole116.

A indiretta conferma dell’efficacia dell’ECG, unostudio recente condotto in ampie popolazioni di atletisuggerisce che l’esecuzione di un ecocardiogrammanei soggetti già valutati con l’ECG e considerati esentida patologie cardiovascolari non migliora in modo ap-prezzabile l’efficacia dello screening116,117.

L’esecuzione di un test ergometrico, considerando ilimiti legati alla specificità e alla sensibilità di tale in-dagine in popolazioni di individui apparentemente sanie asintomatici, viene in genere consigliata solo nei sog-getti con più elevata probabilità di malattia coronarica,quali quelli in età adulta/avanzata o con più fattori di ri-schio cardiovascolare118.

Stratificazione del rischio nei pazienti cardiopaticiNei capitoli successivi viene discussa la stratificazionedel rischio relativo all’esercizio fisico nelle singole pa-tologie cardiovascolari e le eventuali controindicazionial training. I pazienti cardiopatici, a prescindere dal ti-po di cardiopatia da cui sono affetti, vengono general-mente suddivisi in due gruppi principali di rischio119:a) pazienti a basso rischio (devono essere presenti tut-te le seguenti caratteristiche): assenza di segni e sinto-

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

695

Page 16: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

mi di scompenso cardiaco; classe funzionale NYHA I-II;assenza di angina o segni elettrocardiografici di ische-mia a riposo; discreta capacità funzionale (≤6 METS);assenza di ischemia a basso carico (<6 METS); norma-le incremento della frequenza cardiaca e pressione du-rante sforzo; assenza di aritmie ventricolari complessea riposo e/o da sforzo; frazione di eiezione >50%;b) pazienti a rischio moderato-elevato (è sufficiente lapresenza di almeno una delle seguenti caratteristiche):presenza di segni e sintomi di scompenso cardiaco;classe funzionale NYHA III-IV; scarsa capacità funzio-nale (<6 METS); presenza di angina o segni elettrocar-diografici di ischemia a basso carico (<6 METS); man-cato incremento della frequenza cardiaca e pressionedurante sforzo; presenza di aritmie ventricolari com-plessi a riposo e/o da sforzo; frazione di eiezione <35-40%); precedente episodio di arresto cardiaco primario(non dovuto cioè a cause rimuovibili).

Costituiscono, infine, controindicazioni cardiova-scolari al training le seguenti condizioni: angina insta-bile, stenosi o insufficienza valvolare severa, scompen-so cardiaco in atto, aritmie non controllate, recente epi-sodio tromboembolico, pericardite e miocardite in faseacuta, ipertensione arteriosa severa non controllata.

RaccomandazioniIn tutti i soggetti che si apprestano a praticare o che giàpraticano attività fisica, la presente Task Force racco-manda uno screening preventivo cardiologico (Figura 2).

Lo screening dovrà comprendere in tutti i soggetti laraccolta dell’anamnesi, l’esame obiettivo e l’ECG a 12derivazioni120. Negli uomini >40 anni, nelle donne >50anni e nei soggetti con fattori di rischio plurimi si rac-comanda anche l’esecuzione di un test ergometricomassimale. Nella raccolta dell’anamnesi dovranno es-sere attentamente ricercati e valutati tutti quei fattori ingrado di condizionare il rischio cardiovascolare all’e-sercizio fisico (Tabella 4). L’esame fisico dovrà foca-lizzare l’attenzione sui seguenti aspetti: caratteristicheantropometriche; ritmo e pressione arteriosa; ausculta-zione cardiaca; presenza dei polsi e/o soffi vascolari,ecc. Nell’interpretazione dell’ECG dovranno essere va-lorizzate sia le alterazioni del ritmo, sia quelle morfo-logiche (Tabella 5).

Nei soggetti con cardiopatia sospetta o accertata de-ve essere valutata la necessità di ulteriori indagini, pri-vilegiando inizialmente quelle non invasive, quali l’e-cocardiogramma e il monitoraggio secondo Holter esuccessivamente, se ritenuto necessario, quelle invasi-ve. Infine, si raccomanda che lo screening venga ese-guito da medici con esperienza specifica in Cardiologiae Medicina dello Sport.

696

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Figura 2. Diagramma di flusso dello screening cardiologico preventivonei soggetti apparentemente sani e nei pazienti con cardiopatia nota.

Anamnesi, esame obiettivo, ECG, (test ergometrico se >40 anni negli uomini o >50 anni nelle donne, nei soggetti con fattori di rischio e nei

cardiopatici)

Reperti negativi

Reperti sospetti o positivi

Avvio al training

Ulteriori indaginicardiologiche

Stratificazione del rischio

Non evidenzadi cardiopatia

Evidenza di cardiopatia

Basso-medio rischio

Alto rischio

Avvio

all'attività

fisica

dall'attività

fisica

Esclusione

Tabella 4. Raccomandazioni per la raccolta dell’anamnesi e perl’esame fisico nella valutazione cardiologica iniziale.

Anamnesi Morte improvvisa giovanile nei familiari di I gradofamiliareCardiopatia ischemica <55 anni se maschi,<65 anni se femmineCardiopatie genetiche: cardiomiopatia iper-trofica, cardiomiopatia del ventricolo destro,cardiomiopatia dilatativa, sindrome del QTlungo, sindrome del QT breve, sindrome diBrugada, tachicardia ventricolare polimorfacatecolaminergica

Anamnesi Precedente riscontro di cardiopatia o di sofficardiacipersonaleSintomi cardiovascolari: dolore toracico, di-spnea e astenia a riposo o durante sforzo, sin-cope, pre-sincope, vertigini, palpitazioni,claudicatio arti inferioriFattori di rischio cardiovascolare: dislipide-mia, ipertensione, fumo, diabete, età >60anniComorbilità: obesità, diabete, malattie orto-pediche, patologie neurologiche, malattiepneumologichePregresso reumatismo o infezioni virali re-centiUtilizzo di farmaci: leciti e non lecitiLivello di attività fisica usuale

Esame obiettivo Altezza e peso corporeoCaratteristiche scheletricheRitmo cardiacoPressione arteriosa in entrambe le bracciaAuscultazione cardiaca (in clino e ortostati-smo): valutazione del I e II tono, toni aggiun-ti, presenza di soffi di intensità >2/6Presenza polsi e/o soffi carotidei e femorali

Page 17: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

7. La prescrizione dell’esercizio fisiconel soggetto sano e nel cardiopatico:principi generaliUMBERTO GUIDUCCI, LUIGI D’ANDREA

La sport-terapia, da noi intesa come pratica regolare edosata di un programma di allenamento di resistenza oaerobico, risulta sempre più importante quale antidotodella malattia ipocinetica. Esistono, infatti, dati epide-miologici, sperimentali e clinici che dimostrano in mo-do inequivocabile gli effetti negativi della carenza diesercizio fisico e gli effetti positivi di un programma diesercizio fisico sulla prevenzione e sulla storia naturaledell’aterosclerosi coronarica e delle altre MCV. Sullabase di tali ricerche cliniche, epidemiologiche e speri-mentali, i cui risultati sono stati accettati dalle più pre-stigiose Società Scientifiche internazionali (AmericanHeart Association, American College of Sports Medici-ne, Royal College of Physicians of London, OMS),l’attività fisica viene proposta in tutti i programmi diprevenzione cardiovascolare, sia primaria che seconda-ria121-128.

La prescrizione dell’esercizio fisico nel soggetto sanoL’effetto dell’esercizio fisico sulla riduzione del rischiocardiovascolare compare già per intensità basse o mo-derate. Oltre il MET, un altro indicatore di intensità dellavoro è rappresentato dalla soggettività suscitata dal-

l’esercizio fisico: è quantificabile mediante una scalanumerica a cui corrisponde un livello di sensazione difatica durante sforzo, nota come scala di Borg. Ovvia-mente si tratta di un indicatore soggettivo e meno “tec-nico” della frequenza cardiaca, con la quale ovviamen-te si correla, ma che permette in maniera pratica di de-terminare l’intensità di esercizio (Tabella 6).

Le attività vanno prescritte con questi riferimenti121:- frequenza: 5-7 volte alla settimana,- intensità: lieve-moderata,- tempo: 30 min al giorno.

Esistono dei livelli di attività che possono e devonoessere consigliati alla popolazione sana come misura diprevenzione primaria e di miglioramento della qualitàdi vita. L’attività di intensità lieve-moderata (circa 3-6METS) – che per una persona di 70 kg determina unconsumo di circa 4-7 kcal/min – deve essere di tipo di-namico e possibilmente ad impegno cardiovascolarecostante come quelle elencate nella Tabella 7. A questeattività vanno affiancati esercizi per il mantenimentodella forza muscolare e per migliorare la funzione arti-colare: vanno eseguiti quotidianamente esercizi ginnicia corpo libero e/o con pesi leggeri, che coinvolgano leprincipali articolazioni e i principali gruppi muscolaridegli arti e del tronco. Gli esercizi di stretching, usatinella fase di riscaldamento e defaticamento, servonoper mantenere la flessibilità dei muscoli e favorisconoil passaggio dall’inattività all’attività impegnativa. Essisono molto utili in età medio-avanzata e nei soggetti se-

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

697

Tabella 5. Criteri di positività dell’ECG.

Onda PIngrandimento atriale sinistro: porzione negativa dell’onda Pin V1 ≥0.1 mV di profondità e ≥0.04 s di durataIngrandimento atriale destro: onda P aguzza in II e III o V1≥0.25 mV di ampiezza

Complesso QRSMarcata deviazione assiale sul piano frontale: destra ≥ +120°o sinistra da -30° a -90°Aumento del voltaggio: onda R o S nelle derivazioni standard≥2 mV, onda S in V1 o V2 ≥3 mV, o onda R in V5 o V6 ≥3 mVOnde Q anormali ≥0.04 s di durata o ≥25% dell’altezza dellaseguente onda R o complesso QS in ≥2 derivazioniBlocco completo di branca destra o sinistra, con QRS ≥0.12 sOnda R or R’ in V1 ≥0.5 mV di ampiezza e rapporto R/S ≥1

Tratto ST, onde T e intervallo QTTratto ST depresso o onda T piatta o invertita in ≥2 derivazioniIntervallo QT corretto per la frequenza cardiaca >0.44 s

Disturbi del ritmo e della conduzioneBattiti prematuri ventricolari o aritmie ventricolari complesseTachicardia sopraventricolare, flutter atriale o fibrillazioneatrialeIntervallo PR corto (<0.12 s) con o senza onda deltaBradicardia sinusale marcata <40 b/min*Blocco atrioventricolare di primo grado (PR ≥0.22 s§), di se-condo o terzo grado

* che aumenta a meno di 100 b/min durante lo step test; § che nonsi riduce con iperventilazione o esercizio. Da Corrado et al.120,modificata.

Tabella 6. Scala di Borg della percezione soggettiva dellosforzo.

Score Sforzo

67 Estremamente leggero89 Molto leggero

1011 Leggero1213 Abbastanza intenso1415 Intenso1617 Molto intenso1819 Estremamente intenso20 Massimo/esaurimento

Tabella 7. Esempi di attività fisiche dinamiche ad impegno car-diovascolare costante e intensità lieve-moderata.

Camminare in piano 3-4 km/hSalire le scale 20 gradini in 20 sUscire con il cane 3-4 km/hPedalare in piano <12 km/h

Page 18: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

dentari, in quanto favoriscono la coordinazione e faci-litano l’esecuzione dei movimenti.

Attività fisiche e sportive di maggiore intensità so-no invece necessarie per ottenere anche un migliora-mento delle capacità prestative. L’attività allenante de-ve essere di intensità medio-elevata, fra 6 e 10 METS(Tabella 8). Il passaggio ad attività di intensità medio-elevata deve avvenire attraverso graduali fasi di allena-mento, utilizzando come parametri di riferimento lafrequenza cardiaca, oppure la scala di Borg; nella Ta-bella 9 si propone un esempio relativo alla corsa. Dopo8 settimane il soggetto dovrebbe aver ottenuto un gra-do di condizionamento tale da poter passare anche adaltre attività alternative alla corsa. Si elencano, come ri-ferimento, alcuni esempi di attività fisica realizzata abi-tualmente nel nostro paese nel tempo libero, o di atti-vità sportiva vera e propria, con il corrispettivo consu-mo energetico espresso in METS (Tabella 10).

Attività in palestra nel soggetto sanoL’attività in palestra viene svolta con apparecchiatureche ripetono l’esercizio del camminare veloci o correree dell’andare in bicicletta e dall’uso di pesi e di attrez-zature per la forza che permettano di allenare catenemuscolari del tronco, delle braccia e delle gambe.

Il soggetto sano che frequenta la palestra per equili-brare il rapporto forza/resistenza, deve eseguire 13-15ripetizioni per ogni serie di esercizi, utilizzando pesilievi e medi. Infatti le contrazioni delle catene musco-lari al 60-70% della massima contrazione volontaria econ numerose ripetizioni favoriscono i fattori energeti-ci, ma nel contempo determinano un allenamento dellaforza e resistenza muscolare (Tabella 11). Gli esercizivanno condotti con numero di ripetizioni e con carichiprogressivamente crescenti; non devono mai superarel’80% della massima contrazione volontaria. Devonoessere effettuati 15-20 min di stretching per tutti i grup-pi muscolari allenati nella seduta.

La prescrizione dell’esercizio fisico nel cardiopaticoQuando si parla di attività fisica nel cardiopatico essava intesa sempre e solo a scopo ricreativo o terapeutico,mai agonistico. Ciò che è richiesto al cardiopatico è disvolgere una certa quantità di lavoro fisico per ottene-re, con il minor rischio possibile, un miglioramentodella qualità di vita.

La quantità dell’attività deve essere commisurata al-le possibilità del singolo paziente valutate mediante l’a-nalisi clinica e strumentale preliminare. Inoltre, l’eser-cizio deve rispettare determinate caratteristiche:

698

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Tabella 8. Esempi di esercizi ad intensità medio-elevata.

Camminare a passo sostenuto (o correre) >6 km/hPedalare in piano <15 km/hCamminare nell’acquaTennis in singolo, volley, basket, calcio, nuoto

Tabella 9. Esempio di transizione da un’attività ad intensità lieve-moderata ad una medio-elevata relativo alla corsa, per un soggettoadulto di media età.

Durata Riscaldamento Attività Defaticamento

1→3 settimane 5 min di passo lento 10-30 min di passo veloce o corsa leggera (aumentare 5 min di passo lentodi 10 min/settimana)Scala di Borg <12; frequenza cardiaca 120-130 b/min

4→8 settimane 5 min di passo sostenuto 15-30 min di corsa (aumentare di 5 min/settimana) 5 min di passo normaleScala di Borg <16; frequenza cardiaca 130-140 b/min

Tabella 10. Consumo energetico espresso di alcune comuni atti-vità fisiche.

Tipo di attività METS

Intensità lieveCavalcare al passo 2.3Giocare al biliardo 2.4Passeggiare (3 km/h) 2.5Camminare (4 km/h) 3

Intensità moderataFalciare il prato con tosa-erba 3.1Andare in bicicletta per svago 3.5Camminare (6 km/h) 4.5

Intensità medio-elevataTennis in singolo 6Sci di fondo 6.8Nuoto veloce 7Jogging (9 km/h) 10.2Ciclismo a 25 km/h in piano o 10 km/h in salita 11

Tabella 11. Esempio di attività di palestra per un soggetto sanodi 50 anni.

In 6 settimane, il programma di allenamento di 3-4 sessioni/set-timana si stabilizzerà nel seguente modo:- 30 min di cyclette: frequenza cardiaca 140-150 b/min (prece-

duti da riscaldamento e seguiti da defaticamento)- 4 serie di esercizi per i muscoli addominali (30-40 ripetizio-

ni/serie)- 4 serie di esercizi per i muscoli degli arti superiori (deltoide,

tricipite, brachiale, bicipite) (30-40 ripetizioni/serie)- 4 serie di esercizi per i muscoli pettorali (30-40 ripetizioni/se-

rie)- 4 serie di esercizi per muscoli del dorso (trapezio, dorsale,

romboide) (30-40 ripetizioni/serie)- 4 serie di esercizi per i muscoli degli arti inferiori (gluteo,

ischiocrurale, adduttori, abduttori) (30-40 ripetizioni/serie)

Page 19: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

- modularità: il carico lavorativo può cambiare di livel-lo in modo preordinato,- misurabilità: il carico lavorativo può essere misurato(in modo semplice),- scarsa componente tecnica: il gesto non deve compor-tare particolari difficoltà di esecuzione (potrebbero de-terminare un dispendio energetico extra difficilmentequantificabile).

Da questo punto di vista, le attività fisico-sportiveideali sono quelle dinamiche ad impegno cardiovasco-lare costante ad intensità lieve o moderata, come lamarcia, la corsa, il ciclismo, lo sci di fondo, ecc.

Nel paziente con cardiopatia nota la prescrizione diun programma di allenamento dovrà tenere conto di trefattori:- frequenza delle sedute per settimana,- intensità, cioè l’entità del dispendio energetico asso-luto durante le sedute di allenamento,- tempo, cioè la durata delle singole sedute.

Nei soggetti che praticano attività di livello elevato,vanno previste sedute con carichi di lavoro intermitten-ti di breve durata e piuttosto intensi (“interval training”)o di minore intensità e continui (“endurance training”).

È dimostrato che per ottenere il miglioramento del-l’adattabilità cardiovascolare allo sforzo l’esercizio fi-sico deve essere di intensità del 60-75% della capacitàaerobica massima (VO2 max determinato nella valuta-zione funzionale cardiorespiratoria iniziale), che corri-sponde ad una frequenza cardiaca compresa tra 70 e85% di quella raggiunta al massimo dell’esercizio. Conlavori di intensità superiore all’80% della massima ca-pacità aerobica, però, il rischio di complicanze cardio-vascolari appare superare i benefici. Esercizi fisici adintensità elevata devono essere perciò prescritti solo inpazienti cardiopatici attentamente selezionati. NellaTabella 12 sono stati raccolti alcuni esempi di pro-gramma di esercizio fisico indicato per cardiopaticiadeguatamente selezionati.

Attività in palestra nel cardiopaticoAggiornamenti in campo riabilitativo cardiologico han-no introdotto, accanto alla tradizionale e fondamentaleattività di resistenza, anche il lavoro muscolare isotoni-co (forza/resistenza). In un recente passato, l’eserciziomuscolare di potenza era ritenuto a rischio per il mag-gior incremento del doppio prodotto e del VO2, deter-minato dal lavoro contro resistenza. Negli ultimi anni,tuttavia, esperienze riabilitative consolidate hanno di-

mostrato la sicurezza e l’efficacia del training con cir-cuiti di pesi e macchinari. Il razionale di integrare l’e-sercizio aerobico, che rimane sempre l’attività di base,con esercizi a prevalente componente muscolare derivadalla constatazione che la maggior parte delle attivitàdell’uomo è caratterizzata da un lavoro muscolare siaisometrico che isotonico. Il miglioramento della forza edel tono muscolare indotto dall’allenamento di potenzafavorisce le funzioni articolari concorrendo al senso dibenessere dell’individuo anche in funzione delle neces-sità della vita lavorativa e sociale.

Pertanto, nei programmi di allenamento del sogget-to cardiopatico, la fitness cardiorespiratoria va affian-cata ad una fitness muscolare.

I requisiti fondamentali da rispettare per i soggettida avviare a queste attività sono caratterizzati da cari-chi muscolari non elevati che prevedono uno sviluppodi forza sempre inferiore al 40-50% della massima con-trazione volontaria con contemporaneo aumento dellafrequenza cardiaca inferiore al 70% della massimale.La metodologia di allenamento della forza muscolaredel cardiopatico in palestra è protesa non a sviluppareipertrofia e forza veloce, ma forza resistente con eserci-zi di bassa intensità, numerose ripetizioni (>10-12) etempi di recupero tra le serie abbastanza prolungati(1.30-2.30 min), in modo tale da determinare modestis-simi aumenti delle resistenze periferiche. Gli esercizi inpalestra potranno essere svolti con attrezzature specifi-che e devono essere programmati con serie, ripetizionie carichi che favoriscono i fattori energetici come l’os-sidazione degli acidi grassi, piuttosto che allenamentovero e proprio della forza (Tabella 13). Le macchine de-

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

699

Tabella 12. Esempi di programmi di attività di resistenza per pazienti cardiopatici a basso rischio.

Programma Velocità Durata Numero di(h) sedute/settimana

Corsa o camminata veloce <6 km/h in piano 1-2 3-5Ciclismo <12 km/h in montagna (pendenza <6%) 2-5 3-5Sci di fondo 8-12 km/h (percorsi pianeggianti o 2-5 3-5

ondulati con brevi pendenze <8%)

Tabella 13. Esempio di attività di palestra per un paziente car-diopatico di mezza età a basso rischio.

In 6 settimane, il programma di allenamento di 3-4 sessioni/set-timana si stabilizzerà nel seguente modo:- 20-30 min di cyclette: frequenza cardiaca 100-110 b/min (pre-

ceduti da riscaldamento e seguiti da defaticamento)- 3 serie di esercizi per i muscoli addominali (15-20 ripetizio-

ni/serie)- 3 serie di esercizi per i muscoli degli arti superiori (deltoide,

tricipite, brachiale, bicipite) (15-20 ripetizioni/serie)- 3 serie di esercizi per i muscoli pettorali (15-20 ripetizioni/se-

rie)- 3 serie di esercizi per muscoli del dorso (trapezio, dorsale,

romboide) (15-20 ripetizioni/serie)- 3 serie di esercizi per i muscoli degli arti inferiori (gluteo,

ischiocrurale, adduttori, abduttori) (15-20 ripetizioni/serie)

Page 20: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

vono essere fornite di sistemi facilitanti e dotate di ca-pacità di variazione dei carichi <2.5 kg in modo da ga-rantire una lenta progressione del lavoro.

8. L’esercizio fisico nel pazientecon cardiopatia ischemicaFRANCESCO FATTIROLLI, UMBERTO GUIDUCCI,MARIA PENCO

Nelle linee guida su riabilitazione e prevenzione car-diovascolare, la cardiopatia ischemica rappresenta digran lunga la condizione in cui con maggiore frequen-za vengono raccomandati programmi di esercizio fisi-co, sia subito dopo un evento acuto o una procedura dirivascolarizzazione, che nella cardiopatia ischemicacronica123,129. Nei coronaropatici un esercizio fisicoadeguato incrementa la capacità funzionale, migliora lostato di benessere e la qualità della vita, riduce i sinto-mi (ad esempio innalzando la soglia di angina o di di-spnea), contribuisce alla riduzione dei fattori di rischio(attraverso gli effetti su lipidi, diabete, ipertensione, so-vrappeso, tabagismo) e può limitare la progressionedella malattia aterosclerotica.

Nella cardiopatia ischemica post-acuta la prescri-zione dell’esercizio viene effettuata dopo la valutazio-ne funzionale e deve svolgersi in un setting riabilitativodove, per esperienza e competenze professionali, la ri-presa dell’attività fisica può essere graduata e quantifi-cata in condizioni di sicurezza. Nella patologia cronica,invece, l’esercizio può essere effettuato, dopo accuratavalutazione, in maniera autonoma o con differenti gra-di di supervisione.

Esercizio fisico nella cardiopatia ischemica post-acutaL’esercizio fisico nel paziente stabilizzato dopo unevento cardiovascolare fa parte, insieme alle compo-nenti psicologica, educativa e preventiva, dell’interven-to terapeutico della riabilitazione. Riabilitazione car-diologica e prevenzione secondaria sono due momentiintegrati e indissolubili, che si realizzano attraversol’applicazione di una serie di interventi (valutazioneglobale, ottimizzazione della terapia farmacologica, in-tervento nutrizionale, trattamento dei fattori di rischio)che comprendono l’esercizio terapeutico e la prescri-zione dell’attività fisica da proseguire a tempo indeter-minato130. Molti studi su pazienti con diverso profilo dirischio hanno dimostrato l’efficacia dei programmi ditraining fisico sull’incremento della tolleranza allosforzo e il controllo dei sintomi. La dimostrazione deibenefici a medio termine deriva da metanalisi che han-no documentato una riduzione della mortalità globale edella mortalità cardiaca nei pazienti con cardiopatiaischemica sottoposti a training fisico rispetto a quellitrattati con la cura tradizionale (Tabella 14)27.

Poiché i criteri basilari nella pianificazione del trai-ning sono l’efficacia e la sicurezza, sono state propostevarie modalità di classificazione del rischio per la pre-

scrizione dell’esercizio, derivate dalla valutazione fun-zionale. Nella Tabella 15 viene sintetizzato un riferi-mento utile per uso clinico131.

I programmi di attività fisica sono efficaci se con-dotti con intensità, durata e modalità adeguate ad otte-nere benefici dal punto di vista cardiovascolare e fun-zionale; sono sicuri se sono ben definiti i limiti ed i cri-teri di sorveglianza. Un esercizio anche se di moderataintensità132, ma condotto con continuità e regolarità, è ingrado di produrre effetti significativi, se adattato allecondizioni cliniche, agli specifici bisogni, agli obiettiviterapeutici, alle capacità e alle preferenze dei singoli pa-zienti. L’intensità ottimale non deve quindi essere basa-ta su valori assoluti, ma riferita alle capacità fisiche efunzionali del soggetto: l’esercizio deve essere prescrit-to come un farmaco, di cui è necessario conoscere indi-cazioni, controindicazioni, meccanismo d’azione, effet-ti indesiderati, e avere una “dose” e una “frequenza” so-glia per attivare i meccanismi biologici attesi133. L’in-tensità dell’esercizio può essere misurata direttamente(kg/min, W/min, J/min) o indirettamente, utilizzando leunità di misura del consumo energetico (kcal o METS),oppure mediante la correlazione con parametri fisiolo-

700

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Tabella 14. Effetti dei programmi di esercizio fisico nella riabi-litazione cardiologica (metanalisi di 48 trial27).

Outcome Differenza media Limiti di p(%) confidenza 95%

Mortalità totale -20 0-7;-32 0.005Mortalità cardiaca -26 -10;-29 0.002Infarto non fatale -21 -43;90- 0.150

Tabella 15. Criteri di valutazione del rischio per l’esercizio fisi-co nella cardiopatia ischemica.

Basso rischioCapacità funzionale >7 METSNormale incremento di FC e PA durante test da sforzoAssenza di angina o segni ECG di ischemia a riposo e da sforzoAssenza di aritmie ventricolari complesse a riposo e da sforzoFrazione di eiezione >50%Infarto o procedura di rivascolarizzazione non complicataAssenza di scompenso cardiacoAssenza di sintomatologia depressiva

Alto rischioPresenza di anormale comportamento di FC e PA durante testda sforzo (incompetenza cronotropa/riduzione PA da sforzo)Angina o segni ECG di ischemia a riposo, o silente da sforzoa bassa sogliaPresenza di aritmie ventricolari complesse a riposo e da sforzoFrazione di eiezione <40%Infarto o procedura di rivascolarizzazione complicataStoria di arresto cardiaco o morte improvvisaPresenza di scompenso cardiacoPresenza di sintomatologia depressiva

FC = frequenza cardiaca; PA = pressione arteriosa. Da AmericanAssociation of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation131,modificata.

Page 21: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

gici quali la frequenza cardiaca e il VO2. La frequenzacardiaca di allenamento o target viene calcolata con imetodi riportati in Tabella 16. L’intensità del trainingnei pazienti con cardiopatia ischemica può essere iden-tificata nel modo riportato in Tabella 17.

La progressione del programma viene stabilita conla scala di percezione soggettiva dell’intensità dellosforzo di Borg. Il livello di fatica percepito corrispondein modo soddisfacente alle misurazioni oggettive del ca-rico, del VO2 e della frequenza cardiaca. Questa valuta-zione è particolarmente necessaria nei pazienti più com-

promessi, quali i soggetti con severa disfunzione sistoli-ca, pluripatologia, in età molto avanzata o dopo prolun-gato allettamento, nei quali la progressione dell’eserci-zio richiede un metodo di valutazione standardizzato efacilmente riproducibile (Tabella 18). La durata del pro-gramma dipende da aspetti sia organizzativi che clinici:considerando l’esercizio un trattamento terapeutico, ladurata del trattamento dovrebbe protrarsi per il temponecessario ad ottenere la modificazione, o il manteni-mento, di una o più condizioni funzionali (Tabella 19).L’indicazione al monitoraggio elettrocardiografico du-rante esercizio nella pratica clinica viene stabilita sullabase della stratificazione del rischio, che prevede unmonitoraggio protratto per i soggetti ad alto rischio e unmonitoraggio solo nelle sedute iniziali per i soggetti abasso rischio. La sicurezza del training può essere au-mentata seguendo le indicazioni della Tabella 20.

Riabilitazione domiciliareLa riabilitazione domiciliare può aumentare l’accessi-bilità alla riabilitazione particolarmente per i pazienticon problemi logistici. È stata applicata nella fase in-tensiva della riabilitazione di pazienti a basso rischio,anche di età avanzata, talora con l’integrazione di inter-venti periodici di counseling e di educazione sanita-ria134-136. I programmi di attività fisica domiciliare pre-vedono protocolli con esercizi a bassa intensità di lavo-ro che utilizzano l’autocontrollo della frequenza car-diaca e, in alcune esperienze, l’utilizzo di tecnologie ditelemedicina (trasmissione dell’ECG con cardio-te-lefono ad un centro di riferimento). Rappresenta unavalida alternativa al training eseguito in una strutturariabilitativa, a condizione che la prescrizione dell’atti-

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

701

Tabella 16. Esempi di calcolo della frequenza cardiaca (FC) edel consumo energetico di allenamento.

FCFC massima ottenuta dal paziente al test ergometrico massima-le: 130 b/minPrimo metodo

50% = 65 b/min; 80% = 104 b/min. Il range di FC entro il qua-le effettuare l’allenamento è tra 65 e 104 b/min70% = 91 b/min; 85% = 111 b/min. Il range di FC è tra 91 e111 b/min

Secondo metodoFC basale 70 b/min130 (FC massima) - 70 (basale) = 60 b/min60 � 50% = 30 + 70 = 100 b/min60 � 80% = 48 + 70 = 118 b/minIl range di FC è tra 100 e 118 b/min

Consumo energeticoEsempio: Uomo di 70 kg che ha raggiunto 100 W al test ergo-metrico (o il IV stadio del test di Bruce al treadmill) ha eseguitoun esercizio dal costo in ossigeno pari a circa 22 ml/kg/min, cor-rispondente a 6 METS. L’intensità dell’allenamento può esserecalcolata come percentuale dei METS (60-80% = 3.6-4.8METS) corrispondenti ad un carico di lavoro al cicloergometrocompreso tra 50 e 75 W

Tabella 17. Intensità dell’esercizio nei pazienti con cardiopatiaischemica.

Training di resistenzaAssenza di ischemia residua e disfunzione di pompa: 70-85%della frequenza cardiaca massimale.Ischemia residua da sforzo: 10 b/min al di sotto della sogliaischemica.Disfunzione di pompa: 50-70% della frequenza cardiaca mas-simale.

Training di potenzaAssenza di ischemia residua e disfunzione di pompa: allena-mento di tipo intervallato o a circuito (a carico naturale o consovraccarichi), sulla capacità del paziente e limitata dal rag-giungimento del 70-85% della frequenza cardiaca massimale,comunque 10 b/min al di sotto della soglia ischemica.Ischemia residua: solo carico naturale; come per la classe pre-cedente, l’intensità è limitata al raggiungimento del 70-85%della frequenza cardiaca massimale.Disfunzione di pompa: indicato un allenamento segmentario,o a carico naturale o con piccoli sovrappesi, con intensità al50-70% della frequenza cardiaca massimale.Pazienti di età avanzata: allenamento a carico naturale o consovraccarichi con intensità limitata al raggiungimentodell’85% della frequenza cardiaca massimale.

Tabella 18. Valutazione della progressione dello sforzo tramitela percezione soggettiva della fatica misurata con la scala diBorg.

Inizio del programma: attività ad intensità lieve (punteggio 9-11)

Progressione: attività ad intensità moderata (punteggio 12-13,pari al 60% della frequenza cardiaca massimale)

Allenamento: attività ad intensità elevata (punteggio 13-15, paria circa l’85% della frequenza cardiaca massimale)

Tabella 19. Durata indicativa del programma di esercizio in am-biente medico.

Per i pazienti con cardiopatia ischemica a basso rischio e per glioperati di chirurgia coronarica non complicati una durata non in-feriore alle 4 settimane.

Per i pazienti a medio-alto rischio una durata di 4-6 settimane;per i pazienti con funzione cardiaca molto compromessa la du-rata del trattamento può arrivare fino a 8-12 settimane.

Nei soggetti in età avanzata, la necessità di effettuare il traininga bassa intensità rende necessario il prolungamento della duratadel programma.

Page 22: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

vità fisica sia preceduta da un adeguato programma diistruzione ed educazione all’autogestione.

Training fisico in specifiche categorie di pazientiLa prescrizione dei protocolli di attività fisica è stata inprevalenza destinata a pazienti con cardiopatia ische-mica post-acuta non complicata; tuttavia la ripresa del-l’attività motoria e il miglioramento della tolleranza al-lo sforzo sono particolarmente rilevanti anche, e so-prattutto, in presenza di patologia severa o condizionefunzionale più compromessa.

Ischemia miocardica da sforzoI pazienti in fase di stabilità per i quali è stata posta in-dicazione al trattamento medico, trovano indicazione altraining fisico allo scopo di migliorare la soglia ische-mica. Questa è una condizione che si presenta semprepiù frequentemente per esiti di una rivascolarizzazionemeccanica o chirurgica incompleta, o nei soggetti noncandidabili alla rivascolarizzazione.

Disfunzione ventricolare sinistra postinfartualeNei pazienti con infarto miocardico e funzione ventri-colare sinistra depressa, le conseguenze indotte dall’e-sercizio sulle dimensioni ventricolari e sul processo dirimodellamento sono controverse29,137. Sulla base delleconoscenze attuali, nei pazienti con infarto miocardicoe grave disfunzione sistolica si può porre indicazioneall’esercizio a bassa intensità, in ambito riabilitativo.

Rivascolarizzazione chirurgicaPochi studi hanno valutato l’efficacia della riabilitazio-ne dopo rivascolarizzazione chirurgica separatamente

da soggetti con altre diagnosi138. Il programma di trai-ning fisico, una volta superate le eventuali complicanzelegate all’intervento, può procedere secondo i protocol-li standard descritti per il paziente ischemico non chi-rurgico139.

Angioplastica coronaricaLe esperienze dopo interventi di angioplastica corona-rica sono ancora limitate28. In pazienti con coronaropa-tia stabile randomizzati a trattamento con solo eserciziofisico o con angioplastica coronarica con stent è stataosservata, a distanza di 12 mesi, una significativa ridu-zione degli eventi cardiovascolari nei trattati con trai-ning fisico rispetto a quelli sottoposti a rivascolarizza-zione140. Ancora molto scarsi sono i dati sui pazienticon infarto miocardico acuto trattati con angioplasticaprimaria. Al momento attuale e in attesa di ulteriori stu-di, l’esercizio fisico è indicato, secondo le modalità ge-nerali espresse in precedenza, nei pazienti sottoposti adangioplastica coronarica con o senza stent, senza ri-schio di restenosi acuta indotta dall’esercizio e con unpossibile effetto favorevole sulla progressione dellamalattia coronarica.

Coronaropatici anzianiLa prescrizione dell’esercizio riguarda sempre di più ipazienti anziani, caratterizzati da malattia coronaricacomplicata, da una maggiore comorbilità e da maggio-ri deficit funzionali, cognitivi ed emozionali, che pro-ducono un impatto negativo sull’autonomia e sulla pro-gnosi. Gli effetti favorevoli della riabilitazione sulla ca-pacità funzionale e la qualità della vita è stata dimo-strata anche in pazienti con infarto miocardico di etàgeriatrica (>75 anni)136.

Esercizio fisico nella cardiopatia ischemica cronicaNumerosi studi hanno documentato l’efficacia dei pro-grammi di esercizio nella cardiopatia ischemica croni-ca: è stato dimostrato infatti che la prognosi a lungo ter-mine è significativamente migliore quando viene otte-nuta e mantenuta una capacità funzionale più eleva-ta141,142.

Uno degli aspetti più critici della prevenzione se-condaria è tuttavia rappresentato dalla labilità nell’ade-renza ai programmi: dall’analisi di trial e studi control-lati, risulta che l’aderenza al programma di prevenzio-ne, anche dopo la riabilitazione, decade progressiva-mente a circa il 50-60% ad 1 anno ed a circa il 20-30%a 3 anni. Questo suggerisce la necessità di rendere di-sponibili modelli organizzativi per la fase di manteni-mento con differente modularità per rispondere alle di-verse esigenze dettate dalle condizioni cliniche e dai bi-sogni di sorveglianza.

Non esistono indicazioni codificate per la prescri-zione dell’esercizio nella cardiopatia ischemica croni-ca: le principali norme di comportamento possono es-sere riassunte nel modo seguente (Tabella 21)133:• i pazienti clinicamente stabili, a basso profilo di ri-

702

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Tabella 20. Raccomandazioni per aumentare la sicurezza duran-te il programma di esercizio.

Considerare più parametri della risposta allo sforzo: linearitàdella progressione della frequenza cardiaca, comportamento del-la pressione arteriosa, fase di recupero dell’ECG, percezione difatica del paziente.

Seguire l’adattamento allo sforzo nelle sessioni iniziali del pro-gramma, nelle quali il decondizionamento fisico o la difficoltàad apprendere lo schema di esecuzione dell’esercizio può deter-minare un anomalo incremento di frequenza cardiaca e pressio-ne arteriosa.

Adattare le modalità e il tipo di esercizio alle capacità fisiche ealle attitudini motorie del soggetto, fino ad arrivare ad una per-sonalizzazione totale del programma.

Utilizzare il periodo di training per addestrare i pazienti all’auto-controllo del polso e alla valutazione della percezione soggetti-va della fatica.

Eliminare gradualmente la sensazione di insicurezza che derivadalla cessazione del controllo strumentale e facilitare l’esecuzio-ne autonoma del programma di “mantenimento”.

Contare su uno staff (fisioterapisti, infermieri, tecnici dell’eser-cizio) non solo specificatamente preparati, ma anche continua-mente aggiornati e addestrati.

Page 23: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

schio possono effettuare varie tipologie di esercizio fi-sico di tipo ricreativo autonomamente, senza necessitàdi sorveglianza;• i pazienti clinicamente stabili ed a basso rischio, macon difficoltà all’aderenza o al cambiamento dello stiledi vita o con altri fattori di rischio presenti, possono ef-fettuare l’esercizio fisico autonomamente, ma necessi-tano di periodici rinforzi da parte del curante o di unastruttura riabilitativa di riferimento;• i pazienti con condizioni che li espongono al rischiodi progressione di malattia (ad esempio diabete, iper-tensione) o di deterioramento della funzione cardiaca(ad esempio malattia coronarica plurivasale) devono ef-fettuare esercizio fisico solo con rivalutazioni periodi-che che ne documentino la stabilità; la prescrizione de-ve essere limitata ad attività aerobiche a bassa intensità;• i pazienti con profilo di rischio medio-elevato do-vrebbero effettuare attività fisica in strutture dedicate,che garantiscono esperienza e competenza degli opera-tori; nei casi più complessi è necessaria anche la super-visione medica.

RaccomandazioniPrescrizione dell’esercizio nella cardiopatia ischemicapost-acuta• Personalizzare il programma sulla base della valuta-zione iniziale e del profilo di rischio.• L’intensità dell’esercizio viene stabilita sulla base del-la frequenza cardiaca corrispondente al 70-80% diquella massimale raggiunta al test ergometrico per isoggetti in buone condizioni funzionali e a basso ri-schio.• La durata di ogni sessione di esercizio deve essere dialmeno 20 min, alla frequenza cardiaca individuata co-me target; la frequenza delle sessioni compresa tra 3 e5 per settimana; la durata del programma dovrebbe es-sere non inferiore a 3 settimane.• Il monitoraggio elettrocardiografico è indicato per tut-ta la durata del programma per i soggetti ad alto rischio,solo nelle sessioni iniziali per quelli a basso rischio.• I pazienti devono essere istruiti all’autovalutazionedella frequenza cardiaca e dell’intensità dello sforzo eal riconoscimento dei sintomi.

• Nell’ischemia stabile da sforzo l’esercizio deve esse-re condotto al di sotto della soglia ischemica.• Nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra post-infartuale un esercizio fisico, se condotto a bassa inten-sità (50-70% della frequenza cardiaca massimale), nonproduce effetti sfavorevoli sul rimodellamento ventri-colare.• Dopo rivascolarizzazione coronarica chirurgica, laprescrizione dell’esercizio fisico segue i principi gene-rali indicati per la cardiopatia ischemica, evitando neiprimi 2 mesi esercizi che sollecitano lo sterno.• L’esercizio fisico è indicato nei pazienti sottoposti adangioplastica coronarica, senza rischi di restenosi acu-ta indotti dall’esercizio, anche quando è presente lostent, a partire dalla terza settimana dalla procedura.• Programmi di esercizio sono applicabili, efficaci e si-curi anche nei pazienti coronaropatici di età >75 anni.

Prescrizione dell’esercizio nella cardiopatia ischemicacronica• Nei pazienti a basso rischio l’esercizio può essere au-togestito, con intensità al di sotto dell’80% della fre-quenza cardiaca massimale.• Non vi sono limitazioni allo svolgimento di esercizioaerobico, anche di tipo ricreativo, purché vengano ri-spettati i criteri di sicurezza derivanti dalla valutazionefunzionale cardiologica sotto sforzo.• In presenza di fattori che espongono al rischio di pro-gressione di malattia sono necessarie periodiche rivalu-tazioni e l’esercizio viene prescritto a bassa intensità.• Nei pazienti a rischio elevato è raccomandabile la su-pervisione, con criteri di intensità analoghi a quelli uti-lizzati per il post-acuto.

9. L’esercizio fisico nel paziente con aritmiePIETRO DELISE, FRANCO GIADA, ALESSANDRO BIFFI,SILVIA G. PRIORI, ANTONIO RAVIELE, MASSIMO SANTINI

Aspetti clinici delle aritmieMolte aritmie cardiache sono clinicamente ben tollera-te, altre deprimono in modo variabile la funzione dipompa e alcune possono portare a morte improvvisa.Quest’ultima è di regola correlata ad una patologia car-diaca congenita (in alcuni casi familiare) o acquisita.Pertanto nel soggetto aritmico va valutata, prima di tut-to, la presenza e il tipo di un’eventuale cardiopatia sot-tostante49-51,124.

Nella raccolta dell’anamnesi è importante valoriz-zare la presenza di familiarità per morte improvvisa oper cardiopatie genetiche, i sintomi correlabili ad arit-mie (sincope in particolare) e i possibili fattori scate-nanti (ad esempio ipertiroidismo). Tra le valutazionistrumentali, l’ECG a 12 derivazioni è un’indagine cru-ciale; infatti, oltre a fornire elementi diagnostici nellesingole aritmie, permette in molti casi di svelare o al-meno di sospettare gran parte delle cardiopatie a rischioaritmico. Ulteriori accertamenti possono essere pre-

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

703

Tabella 21. Condizioni per l’esecuzione di esercizio fisico auto-gestito, senza sorveglianza.

Capacità funzionale >8 METS o doppia di quella eseguita nel-l’attività quotidianaFrequenza cardiaca e pressione arteriosa controllate a riposo econ normale risposta all’esercizioSforzo massimale senza aritmie e segni di ischemia all’ECGAssenza di disfunzione ventricolare sinistraAdeguato controllo dei fattori di rischioCapacità di autogestire l’esercizioAdeguata conoscenza della malattia e capacità di riconoscere isintomi

Da American College of Sports Medicine133, modificata.

Page 24: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

scritti quando si sospetta una cardiopatia organica (eco-cardiogramma), se si vuole valutare l’andamento circa-diano e il comportamento sotto sforzo delle singolearitmie (test di Holter, test da sforzo), o se si vuole ap-profondire il meccanismo dell’aritmia stessa (studioelettrofisiologico).

Rapporti tra aritmie ed esercizio fisicoLo sforzo fisico, mediante l’incremento dell’attivitàsimpatica, tende ad avere un effetto favorente nelle ta-chicardie, sia sopraventricolari che ventricolari. Inoltre,l’aumento del tono simpatico riduce la soglia della fi-brillazione ventricolare. Infine, in condizioni patologi-che, lo sforzo può indurre aritmie in modo indiretto at-traverso meccanismi quali l’ischemia, l’ostruzione alcono di efflusso ventricolare, ecc.

In assenza di cardiopatia la maggioranza delle arit-mie è ben tollerata dal punto di vista emodinamico an-che durante sforzo. In presenza di cardiopatia, invece,in misura ovviamente correlata al tipo e al grado di car-diopatia, molte aritmie possono compromettere la fun-zione di pompa fino all’arresto di circolo.

Durante sforzo fisico alcune cardiopatie risultanoparticolarmente vulnerabili allo sviluppo di aritmieventricolari maligne. Tra le cardiopatie organiche quel-le a maggior rischio sono la cardiomiopatia ipertrofica,la cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro, lacardiopatia ischemica (comprese le anomalie coronari-che congenite) e la miocardite. A queste vanno aggiun-te alcune patologie dei canali ionici (sindrome del QTlungo, tachicardia ventricolare polimorfa catecolami-nergica).

Alcune attività fisiche possono determinare una for-te risposta emotiva (per esempio lo sci di discesa, l’al-pinismo, ecc.) e vanno pertanto evitate in tutte quellecondizioni aritmogene favorite dall’aumento improvvi-so delle catecolamine (ad esempio sindrome del QTlungo). Nelle aritmie e nelle sindromi potenzialmentearitmogene associate a rischio di sincope vanno sconsi-gliate le attività fisiche nelle quali la perdita di coscien-za può causare morte traumatica o da annegamento (at-tività a rischio intrinseco), quali l’alpinismo, gli sportmotociclistici, il nuoto, le immersioni, ecc. Infine, nel-le bradicardie sinusali e nei BAV nodali va consideratoil possibile effetto peggiorativo indotto da un’attivitàaerobica regolare e ad elevata intensità.

Raccomandazioni nelle singole aritmieLe raccomandazioni sono sintetizzate nella Tabella2249-51,124. È inteso che in presenza di cardiopatia val-gono, inoltre, le raccomandazioni espresse nei capitolispecifici.

Bradicardia sinusaleAnche nelle forme marcate, in presenza di normale in-cremento della frequenza cardiaca durante sforzo e inassenza di sintomi non vi sono limitazioni. In presenzadi malattia del nodo del seno e/o di sintomi le prescri-

zioni sono individuali e va valutata l’opportunità del-l’impianto di un pacemaker.

Blocco atrioventricolare di primo e secondo gradocon QRS strettoIl BAV di primo grado, il BAV di secondo grado tipoLuciani-Wenckeback e il BAV 2:1 con QRS stretto siosservano talora in soggetti allenati praticanti sport ae-robici e hanno un significato benigno. In assenza di sin-tomi e di cardiopatia, se durante sforzo la conduzioneatrioventricolare si normalizza e non si osservano pau-se molto prolungate all’Holter, non vi sono limitazioni.In caso contrario, vanno sconsigliate le attività a rischiointrinseco e quelle aerobiche ad elevata intensità.

Blocco atrioventricolare avanzato e totaleLe forme parossistiche e correlate a ipertono vagalepossono essere compatibili con qualsiasi attività, con lelimitazioni elencate per il BAV di secondo grado. Leforme persistenti, invece, sono incompatibili con qual-siasi attività fisica e richiedono in genere una correzio-ne con pacemaker.

Blocco di branca destraNelle forme minori (QRS <0.12 s) non vi sono limita-zioni. Nelle forme avanzate (QRS >0.12 s) le racco-mandazioni dipendono dall’eventuale presenza di car-diopatia.

Blocchi bifascicolariSono il blocco di branca destra + emiblocco anterioresinistro o emiblocco posteriore sinistro e il blocco dibranca sinistra. Sono rari nel soggetto sano. I rischi so-no correlati a una cardiopatia sottostante e alla possibi-lità di sviluppo di un BAV avanzato o totale durantesforzo. In assenza di cardiopatia, di sintomi e di BAVavanzato durante sforzo non vi sono limitazioni, eccet-to per le attività a rischio intrinseco.

Blocco atrioventricolare di primo grado associatoa blocco bifascicolareIl BAV di primo grado associato a blocchi bifascicolariha generalmente sede nodale. Valgono pertanto anchein questo caso le raccomandazioni fatte per i blocchi bi-fascicolari.

Battiti prematuri sopraventricolariNon determinano limitazioni.

Fibrillazione e flutter atriale parossistici e persistentiSi osservano anche in assenza di cardiopatia significa-tiva e prediligono soggetti di età adulta-avanzata. Com-paiono in genere a riposo, raramente durante sforzo. Lafibrillazione atriale abitualmente è ben tollerata. Il flut-ter atriale, invece, se si realizza una conduzione atrio-ventricolare 1:1 (favorita dallo sforzo), può comportarefrequenze ventricolari mal tollerate. In assenza di car-diopatia, di sintomi maggiori, di frequenze ventricolari

704

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Page 25: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

elevate e di un rapporto causa-effetto con l’attività fisi-ca non esistono particolari limitazioni. In caso contra-rio, a seconda dei casi, sono sconsigliate le attività fisi-che ad intensità elevata o moderata. Inoltre, vannosconsigliate le attività a rischio intrinseco in caso di sin-copi o pre-sincopi e quelle a rischio traumatico nei sog-getti in terapia anticoagulante orale.

Fibrillazione e flutter atriale permanentiIn entrambe le aritmie la frequenza cardiaca a riposo esotto sforzo è molto variabile. In assenza di cardiopatia,di sintomi maggiori e di frequenze ventricolari elevatedurante sforzo, non vi sono particolari limitazioni. Neipazienti con frequenze elevate durante sforzo, anchedopo l’impiego di farmaci, va sconsigliata l’attività fi-

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

705

Tabella 22. Comportamenti consigliati nelle singole aritmie.

Aritmia Valutazioni consigliate Situazioni cliniche Raccomandazioni

Bradicardia sinusale TE, Holter (considerare eco) a) asintomatico, non cardiopatico a) qualsiasi attività fisicamarcata (<40/min) e/o b) asintomatico dopo detraining b) attività lievi-moderate non a rischiopause >3 s intrinseco

c) sintomatico c) pacemakerBAV secondo grado tipo TE, eco, Holter (considerare a) asintomatico non cardiopatico, a) qualsiasi attività2 e BAV terzo grado SEE) BAV nodale sporadico

b) sintomatico, cardiopatico, BAV b) pacemakerpersistente sottonodale

Battiti prematuri Holter, eco (considerare TE) a) asintomatico, non cardiopatico a) qualsiasi attivitàsopraventricolari b) cardiopatico b) raccomandazione individualefrequentiBattiti prematuri Holter, eco, TE a) asintomatico, non cardiopatico a) qualsiasi attività, se forme ripetitiveventricolari decisione individuale

b) cardiopatico, forme ripetitive b) attività lievi-moderaterapide/frequenti

Fibrillazione atriale Holter, eco, TE a) asintomatico, non cardiopatico, a) qualsiasi attività escluse quelleparossistica o frequenza cardiaca non elevata a rischio intrinsecopersistente sotto sforzo

b) sintomatico per sincope, b) attività lievicardiopaticoc) soggetti in terapia anticoagulante c) evitare attività a rischio traumatico

Fibrillazione e flutter Holter, eco, TE a) non cardiopatico, asintomatico, a) attività lievi-moderateatriale permanente frequenza cardiaca, non elevata

sotto sforzob) sintomatico e cardiopatico b) attività lievi, non a rischio intrinsecoc) soggetti in terapia anticoagulante c) evitare attività a rischio traumatico

a-c) considerare ablazione inparticolare nel flutter

Tachicardie Eco (considerare TE, a) forme sporadiche, di breve durata, a) qualsiasi attività escluse quelle asopraventricolari Holter, SETE o SEE) non correlate a sforzo, in assenza rischio intrinseco, considerarein assenza di di sincopi, in non cardiopatici ablazionepreeccitazione

b) tutti gli altri casi b) attività lievi, proporre ablazioneSindrome di WPW Eco (considerare TE, a) asintomatico, non cardiopatico a) attività ad impegno lieve; per

Holter, SETE o SEE) attività ad impegno moderato-elevatoSEE o SETE

b) sintomatico per tachicardie b) SETE/SEE. Se a rischio nessunareciprocanti attività o ablazionec) sintomatico per fibrillazione c) nessuna attività, proporre ablazioneatriale

Tachicardie ventricolari Eco, Holter, TE (considerare a) non storia familiare di morte a) attività fisiche lievi-moderate;non sostenute coronarografia) improvvisa, asintomatico, non considerare ablazione

cardiopatico, forme tipo trattodi efflusso o fascicolareb) sintomatico, cardiopatico b) attività lievi; considerare ablazione

Tachicardie ventricolari Eco, Holter, TE (considerare a) non storia familiare di morte a) attività lievi; considerare ablazionesostenute coronarografia) improvvisa, asintomatico, non

cardiopatico, forme tipo trattodi efflusso o fascicolareb) sintomatico, cardiopatico b) attività lievi; considerare ICD

BAV = blocco atrioventricolare; eco = ecocardiogramma; ICD = defibrillatore impiantabile; SEE = studio elettrofisiologico endocavi-tario; SETE = studio elettrofisiologico transesofageo; TE = test ergometrico; WPW = Wolff-Parkinson-White.

Page 26: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

sica ad intensità elevata o moderata. Nei cardiopatici laprescrizione dell’esercizio fisico è condizionata, inol-tre, dal tipo di cardiopatia sottostante. In tutti i pazientiin terapia anticoagulante vanno sconsigliate le attività arischio traumatico.

Tachicardia parossistica sopraventricolare in assenzadi Wolff-Parkinson-WhiteNella maggioranza dei casi, si verificano in assenza dicardiopatia. In assenza di cardiopatia, di un rapportocausa-effetto con lo sforzo, di sintomi maggiori e di fre-quenti recidive non vi sono limitazioni particolari, fattaeccezione per le attività fisiche a rischio intrinseco. Nelcaso di cardiopatia si vedano le relative raccomanda-zioni.

Wolff-Parkinson-WhiteIl Wolff-Parkinson-White può complicarsi con vari tipidi aritmia, in particolare con la tachicardia da rientroatrioventricolare ortodromica e la fibrillazione atriale.Quest’ultima condiziona in modo determinante la pro-gnosi, dato il pericolo di degenerazione in fibrillazioneventricolare. Lo sforzo fisico può facilitare tutte le so-praelencate aritmie e, nel caso della fibrillazione atria-le, può favorire frequenze ventricolari pericolose.

I sintomi, anche i più gravi, possono iniziare a qua-lunque età. Un soggetto asintomatico, specie se giova-ne, non ha pertanto alcuna garanzia di rimanere tale nédi essere esente da rischi. Nel Wolff-Parkinson-Whiteil rischio aritmico può essere valutato con lo studioelettrofisiologico transesofageo o endocavitario143,144.Con tali esami vengono considerati criteri di rischiol’induzione di fibrillazione atriale preeccitata con R-Rminimo <250 ms di base e <210 ms durante sforzo el’inducibilità a riposo di tachicardia da rientro. Neisoggetti asintomatici le attività fisiche ad intensità ele-vata o moderata vanno consigliate solo dopo uno studioelettrofisiologico che dimostri un basso rischio aritmi-co. Nei soggetti asintomatici con parametri elettrofisio-logici a rischio e nei soggetti sintomatici vanno sconsi-gliate le attività ad intensità elevata/moderata o a ri-schio intrinseco. Nei cardiopatici è consigliata partico-lare prudenza.

Preeccitazione ventricolare da fibre tipo MahaimÈ una forma rara (legata a una via anomala decremen-tale) e si osserva in cuore sano. Nei soggetti asintoma-tici non vi sono limitazioni. Nei sintomatici valgono leraccomandazioni fatte per le tachicardie parossistichesopraventricolari in assenza di Wolff-Parkinson-White.

Battiti prematuri ventricolariSe sono frequenti, si raccomanda un approfondito in-quadramento clinico. In assenza di cardiopatia e di sin-tomi maggiori non vi sono motivi per porre limitazio-ni145,146. Nel caso di forme ripetitive (coppie), in parti-colare se indotte o favorite dallo sforzo, si raccomandaprudenza sconsigliando le attività fisiche a rischio in-

trinseco. In presenza di cardiopatia si rimanda ai capi-toli specifici.

Tachicardia ventricolare non sostenutaÈ rara nel soggetto sano. In assenza di cardiopatia essapuò essere un fenomeno sporadico, generalmente di si-gnificato prognostico benigno, oppure ricorrente. Inquesto secondo caso la tachicardia ventricolare non so-stenuta spesso è una manifestazione delle tachicardieventricolari benigne (vedi oltre). In assenza di storia fa-miliare di morte improvvisa, di cardiopatia, di sintomimaggiori e in assenza di fenomeni ripetitivi ad alta fre-quenza non vi sono limitazioni particolari. Negli altricasi, e in particolare in presenza di cardiopatia, si rac-comanda prudenza. Infatti, in molte cardiopatie (car-diopatia ischemica con funzione di pompa depressa,cardiomiopatia ipertrofica in giovane età, ecc.), la ta-chicardia ventricolare non sostenuta è un indicatore dirischio di morte improvvisa.

Tachicardia ventricolare lenta o ritmo idioventricolareacceleratoIl ritmo idioventricolare accelerato ha di per sé signifi-cato benigno e non pone limitazione all’attività fisica.

Tachicardie ventricolari benigneLe tachicardie ventricolari benigne comprendono la ta-chicardia ventricolare fascicolare e la tachicardia auto-matica del tratto di efflusso del ventricolo destro e sini-stro. Si osservano in assenza di cardiopatia e ai fini pro-gnostici hanno lo stesso significato delle tachicardie so-praventricolari. In assenza di cardiopatia e di sintomi,per la tachicardia fascicolare valgono le raccomanda-zioni fatte per le tachicardie parossistiche sopraventri-colari. Per la tachicardia del tratto di efflusso del ven-tricolo destro e sinistro, in cui esiste un rapporto preci-so di causa-effetto tra sforzo e aritmia, è bene sconsi-gliare attività fisiche ad intensità moderata ed elevata.

Tachicardie ventricolari maligne (tachicardiaventricolare sostenuta, torsione di punta e fibrillazioneventricolare)In genere tali aritmie vengono trattate con l’impianto didefibrillatore automatico (ICD), a meno che esse nonsiano espressione di un fenomeno acuto e transitorio(per esempio l’infarto miocardico acuto, l’embolia pol-monare, ecc.). Nelle forme legate a fenomeni transitorile raccomandazioni sono quelle suggerite nelle singolepatologie. Negli altri casi, prima di prescrivere qualsia-si tipo di esercizio fisico deve essere garantita una pro-tezione antiaritmica adeguata mediante l’impianto diICD.

Malattie genetiche potenzialmente aritmogeneCostituiscono un gruppo di patologie cardiache acco-munate da un lato dalla causa genetica e dall’altro dal-l’avere nell’aritmogenicità, a volte maligna, la loro ma-nifestazione clinica più rilevante. Comprendono forme

706

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Page 27: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

organiche (ad esempio cardiomiopatia ipertrofica) emalattie dei canali ionici (ad esempio sindrome di Bru-gada). Tutte queste forme possono dare sincope aritmi-ca e/o morte improvvisa durante sforzo, eccetto la sin-drome di Brugada. Ne deriva che in queste forme, an-che in assenza di sintomi e/o di aritmie maggiori, èsconsigliabile praticare attività fisiche intense e a ri-schio intrinseco. Nella Tabella 23 sono elencate le rac-comandazioni principali. Nelle singole patologie vannoricordate alcune osservazioni particolari.

Cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destroIl rischio di morte improvvisa è correlato con la gravitàanatomica della malattia e con la complessità delle arit-mie. La morte improvvisa, tuttavia, è spesso un feno-meno inatteso e favorito dallo sforzo. È pertanto racco-mandata prudenza consigliando attività fisiche a bassaintensità. Va inoltre ricordato che un’attività fisica in-tensa e abituale di tipo aerobico, creando un rimodella-mento del ventricolo destro, può accelerare il decorsodella malattia e avere un effetto proaritmico147,148.

Cardiomiopatia ipertroficaIl rischio di morte improvvisa è correlato con una seriedi fattori maggiori (storia familiare di morte improvvi-sa, pregressa tachicardia ventricolare/fibrillazione ven-tricolare, sincope), tachicardia ventricolare non soste-nuta nel giovane, spessore del setto interventricolare>30 mm) e minori (fibrillazione atriale, ecc.)124,147. Losforzo fisico intenso è di per sé un fattore di rischio e in-

fatti, la morte improvvisa è spesso un fenomeno favori-to dallo sforzo. È raccomandata pertanto prudenza,consigliando solo attività fisiche a basso impegno car-diovascolare. Vanno inoltre escluse le attività fisiche dipotenza, come il sollevamento pesi, nei soggetti conostruzione del tratto di efflusso.

Sindrome del QT lungoIl rischio di morte improvvisa è correlato con la varian-te genetica, con la durata del QT, con la coesistenza disordità e con alcune situazioni particolari come il post-partum, ecc. La morte improvvisa è spesso un fenome-no inatteso e correlato con lo sforzo (specie nellaLQT1). Va pertanto consigliata prudenza prescrivendoattività fisiche a bassa intensità e svolte in terapia conbetabloccanti147. Va inoltre ricordato che improvvisistimoli sonori (per esempio lo sparo dello starter) pos-sono scatenare aritmie maligne (specie nella LQT2).Maggiore permissività può essere concessa nella LQT3.

Sindrome del QT cortoÈ una patologia ad alto rischio aritmico di recente indi-viduazione149. Pur mancando dati dettagliati sull’effet-to dell’attività fisica è consigliabile estrema prudenza.

Sindrome di BrugadaPuò essere causa di aritmie maligne che in genere av-vengono a riposo150. Non è noto l’effetto del training fi-sico, con il relativo impatto sul bilancio simpato-vaga-le, nei confronti della sua aritmogenicità. Nei soggetti

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

707

Tabella 23. Comportamenti consigliati nelle malattie genetiche potenzialmente aritmogene.

Sindrome Valutazioni consigliate Situazioni cliniche Raccomandazioni

Sindrome del QT lungo Holter, eco, TE a) asintomatico, portatore del a) attività lievi; evitare sforzi improvvisi ed(QTc >450 ms maschi difetto genetico con fenotipo attività a rischio intrinseco; consideraree >470 ms femmine) negativo ICD per i soggetti ad alto rischio (QTc

>600 ms, ecc.)b) sintomatico b) nessuna attività più che lieve;

considerare ICDSindrome del QT corto Holter, eco a) asintomatico, non storia a) attività lievi; considerare ICD nei(QTc <320 ms) familiare di morte improvvisa portatori del difetto genetico e nel fenotipo

positivob) storia familiare di morte b) nessuna attività; consigliare ICDimprovvisa, sintomatico

Sindrome di Brugada Holter, eco, TE; a) asintomatico a basso rischio a) attività lievi-moderateconsiderare SEE b) asintomatico ad alto rischio b) considerare ICD, attività a bassa

intensitàc) sintomatico c) consigliare ICD

Cardiomiopatia aritmogena Holter, eco, TE a) asintomatico senza aritmie a) attività lievidel ventricolo destro b) asintomatico con aritmie b) attività lievi-moderate, evitare sport

non ripetitive dinamicic) sintomatico c) considerare ICD

Tachicardia ventricolare Holter, eco, TE in tutti i casi attività lievi, considerare ICDcatecolaminergicaCardiomiopatia ipertrofica Holter, eco, TE a) asintomatici a basso rischio a) attività lievi

b) sintomatici e/o alto rischio, b) attività lievi, considerare ICDconsiderare ICD

eco = ecocardiogramma; ICD = defibrillatore impiantabile; SEE = studio elettrofisiologico endocavitario; TE = test ergometrico.

Page 28: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

sintomatici è opportuno prescrivere l’esercizio fisicosolo dopo impianto di ICD. Negli asintomatici è beneevitare attività ad elevata intensità a favore di quelle adintensità bassa o moderata.

Tachicardia ventricolare catecolaminergicaIn questa patologia l’attività fisica è da limitare in mo-do assoluto in quanto rappresenta il principale fattorescatenante le aritmie maligne. L’assunzione di terapiabetabloccante è comunque imperativa. Può essere con-sigliata un’attività fisica a bassa intensità.

Pazienti in trattamento farmacologico antiaritmicoMolti soggetti con aritmie utilizzano farmaci antiarit-mici, la maggioranza dei quali può dare effetti collate-rali sia a livello cardiaco che extracardiaco (Tabella24). Ai fini della prescrizione dell’attività fisica va te-nuto presente che alcuni farmaci tendono a deprimerein modo variabile la contrattilità (ad esempio classeIC), con un effetto non significativo nel non cardiopati-co, ma a volte rilevante nel paziente con depressionedella funzione di pompa. Altri farmaci, inoltre, riduco-no la portata cardiaca riducendo la risposta cronotropaallo sforzo (ad esempio betabloccanti).

Pazienti sottoposti ad ablazione transcatetereL’ablazione transcatetere è una procedura ampiamenteimpiegata in clinica nel trattamento delle tachiaritmie.Essa crea una o più lesioni coagulative del miocardioche tendono a cicatrizzare in pochi giorni. Non vi sonoelementi per attribuire all’ablazione effetti aritmogenimaggiori. La recidiva dell’aritmia trattata è possibile sela lesione non è stata sufficiente e l’efficacia solo tran-sitoria, ma ciò in genere avviene nel giro di ore o di po-chi giorni. Dopo un intervento di ablazione efficace, ilsoggetto può svolgere attività fisiche compatibili con ilsuo stato di salute in tempi relativamente brevi (entro 1mese), se non avvengono recidive sintomatiche o elet-

trocardiografiche (per esempio ricomparsa dell’ondadelta nel Wolff-Parkinson-White). Lo studio elettrofi-siologico di controllo nei soggetti asintomatici, salvocasi particolari, in genere non è necessario.

Nei pazienti sottoposti ad ablazione per fibrillazio-ne atriale (isolamento delle vene polmonari, ecc.) o perflutter atriale, spesso avvengono recidive precoci ancheasintomatiche. Molti di questi pazienti, inoltre, devonocontinuare per tempi prolungati la terapia anticoagu-lante. Ne deriva la necessità di un periodo di osserva-zione adeguato prima di prescrivere qualsivoglia eser-cizio fisico.

Pazienti portatori di pacemakerI pazienti portatori di pacemaker possono essere affettio meno da patologie strutturali cardiache e da varie arit-mie. Da ciò dipende il tipo di attività fisica che può es-sere consigliata49-51,124.

In questi pazienti valgono le seguenti raccomanda-zioni:• nei primi 6 mesi dopo l’impianto dovrebbero essereevitati esercizi impegnativi e movimenti estremi conl’arto ipsilaterale, al fine di ridurre il rischio di disloca-zione dei cateteri;• vanno evitate le attività fisiche di contatto, quelle adalto rischio intrinseco e quelle praticate in ambienti adalta pressione (ad esempio le attività subacquee) chepossono danneggiare lo stimolatore e/o gli elettrocate-teri. Tali precauzioni valgono in modo particolare per ipazienti pacemaker-dipendenti;• va valutato (con test da sforzo e/o Holter) se durantesforzo si verifica un corretto adeguamento della fre-quenza cardiaca. A tale riguardo, ricordiamo che nellamalattia del nodo del seno un adeguamento in frequen-za durante sforzo è reso possibile con le modalità di sti-molazione AAI-R e DDD-R, nel BAV totale con le mo-dalità DDD e VDD e nella fibrillazione atriale cronicacon la modalità VVI-R. Date le diverse caratteristiche

708

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Tabella 24. Principali effetti collaterali dei farmaci antiaritmici.

Inotropismo Cronotropismo Proaritmia Altro

Classa IAChinidina Torsione di punta Diarrea (chinidina)Ajmalina ↓↓↓ Disturbi di conduzioneDiisopiramide ↓↓↓↓

Classe ICFlecainide ↓↓↓ Disturbi di conduzione

Flutter atrialePropafenone ↓↓↓ Aritmie ventricolari

Classe II (betabloccanti) ↓ ↓↓↓ BradicardiaClasse III

Amiodarone ↓ Bradicardia Distiroidismo e fibrosiSotalolo ↓ ↓↓↓ Torsione di punta polmonare (amiodarone)

Classe IV (calcioantagonisti)Verapamil ↓ ↓ BradicardiaDiltiazem ↓ ↓ Bradicardia

↓ = riduzione, con una gradazione a seconda delle dosi e del paziente.

Page 29: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

dei sensori utilizzati nei pacemaker “rate-responsive”,la valutazione deve essere individuale; • poiché la stimolazione ventricolare destra può peg-giorare nel tempo la funzione di pompa e/o accentuareun’insufficienza mitralica, tali parametri vanno con-trollati periodicamente.

Pazienti portatori di defibrillatore impiantabileIl portatore di ICD può avere un cuore strutturalmentenormale o essere affetto da patologie organiche che noncompromettono in modo significativo la funzione dipompa. A molti pazienti, specie se giovani, non do-vrebbe essere pertanto preclusa una vita attiva o anchesportiva solo perché portatori di ICD. Inoltre, anche ipazienti con cardiopatia strutturale possono trarre gio-vamento dall’esercizio fisico49-51,124.

Nei portatori di ICD, oltre alle raccomandazioni va-lide per i pazienti con pacemaker, vanno considerate leseguenti: • i pazienti che hanno già avuto tachicardie ventricolario fibrillazione ventricolare dovrebbero aspettare almeno6 mesi dall’ultimo intervento appropriato dell’ICD, pri-ma di dedicarsi ad attività fisiche impegnative;• va ricordato che una tachicardia sinusale può provo-care una scarica inappropriata dell’ICD, in quanto il di-spositivo può interpretare la tachicardia sinusale comeuna tachicardia ventricolare, se essa supera il cut-off difrequenza programmato. Per ovviare a questo inconve-niente è bene che l’ICD sia bicamerale (che meglio di-stingue le due situazioni), che siano attivi gli algoritmidi discriminazione, che il cut-off di frequenza pro-grammato sia elevato (possibilmente superiore alla fre-quenza cardiaca massimale del paziente) e che venga-no eventualmente impiegati farmaci betabloccanti. Ilpaziente va inoltre informato del problema, in modo dacontrollare la propria frequenza cardiaca durante sfor-zo. Data l’ampia variabilità nei singoli pazienti, è beneche la valutazione (con test da sforzo e/o Holter) sia in-dividuale; • malgrado la protezione offerta dall’ICD, vanno evita-te le attività che possono favorire aritmie maligne.

10. L’esercizio fisico nel paziente coninsufficienza cardiaca cronica e nel pazientesottoposto a trapianto cardiacoROMUALDO BELARDINELLI, PIERGIUSEPPE AGOSTONI

Il training fisico nei pazienti con insufficienzacardiaca cronicaIntroduzioneL’insufficienza cardiaca cronica è una complessa sin-drome clinica che, nei paesi occidentali, colpisce ognianno da 1 a 5 soggetti su 1000. Essa è associata ad unamarcata riduzione dell’aspettativa di vita in ogni deca-de di età151-154. Le principali cause di insufficienza car-diaca cronica sono la cardiopatia ischemica e l’iperten-sione arteriosa sistemica, che da sole rappresentano cir-

ca l’80% dei casi. Nonostante il progresso della terapiamedica avvenuto nelle ultime decadi, la prognosi del-l’insufficienza cardiaca cronica non è cambiata signifi-cativamente3,155-158. Il miglioramento della terapia far-macologica, infatti, ha ridotto il tasso di mortalità ospe-daliera, ma ha contribuito alla cronicizzazione dell’in-sufficienza cardiaca, all’aumento del numero dei pa-zienti ambulatoriali che richiedono cure e assistenzamedica e all’aumento delle riospedalizzazioni. Risulta,quindi, giustificata la ricerca di nuove o differenti stra-tegie di intervento che siano efficaci, sicure, disponibi-li e con un conveniente rapporto costo/efficacia.

Effetti sulla capacità funzionale e sulla qualità di vitaNegli studi compiuti negli ultimi anni, il training fisicosi è dimostrato in grado di migliorare la capacità fun-zionale e la qualità della vita nei pazienti con insuffi-cienza cardiaca cronica159-169.

Dal 1991 al 2003 sono stati pubblicati 15 trial ran-domizzati e controllati, inerenti agli effetti del trainingnell’insufficienza cardiaca cronica, con 426 pazientistudiati (Tabella 25)159,160,163-175. I criteri di inclusioneerano: insufficienza cardiaca cronica stabile (definitacome l’assenza negli ultimi 3 mesi della necessità dimodificare la terapia medica o di essere ricoverato inospedale); classe funzionale NYHA II e III; capacità dieffettuare un programma di esercizio fisico. I criteri diesclusione erano: recente evento coronarico acuto; in-sufficienza cardiaca scompensata; ipertensione arterio-sa o diabete mellito non controllati; malattia respirato-ria severa; anemia significativa; insufficienza renale(creatinina >2.5 mg/dl). Un’eziologia ischemica eradocumentata in più dei due terzi dei pazienti arruolati.I pazienti sono stati sottoposti ad esercizi aerobici(camminare, correre, pedalare), da 2 a 4 volte alla setti-mana, per un minimo di 3 ed un massimo di 52 setti-mane. L’intensità di esercizio è stata selezionata al 60-80% della frequenza cardiaca massimale raggiunta contest ergometrico standard, o al 60-70% del VO2 max).Nella maggior parte dei trial, l’esercizio fisico era su-pervisionato da un cardiologo almeno per le prime 2settimane. I risultati hanno dimostrato in maniera uni-voca un miglioramento della capacità funzionale, conun significativo incremento del VO2 max del 14-31%rispetto ai valori pre-training e un miglioramento dellaqualità di vita. Durante il periodo di training non si èverificato nessun evento avverso significativo30.

Effetti sulla morbilità e mortalitàNello studio di Belardinelli et al.172, a 2 anni, i pazienticon insufficienza cardiaca cronica sottoposti a trainingfisico avevano una maggiore sopravvivenza esente daeventi rispetto ai controlli non allenati. Dopo 1 anno,tuttavia, non c’era differenza nella sopravvivenza trasoggetti allenati e soggetti non allenati. Questo trendera evidente anche in uno studio precedente164. Unadelle possibili spiegazioni dell’inefficacia del trainingfisico nel migliorare la sopravvivenza ad 1 anno po-

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

709

Page 30: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

trebbe risiedere nell’assenza di fattori predittivi positi-vi, nella brevità dei programmi di training e nella man-canza di un cardiologo supervisore. Al fine di confer-mare questa ipotesi, è stato valutato l’effetto di un pro-gramma di training fisico prolungato e supervisionatodi moderata intensità in 99 pazienti con insufficienzacardiaca cronica prevalentemente di origine ischemi-ca176. I pazienti sono stati sottoposti a scintigrafia mio-cardica e randomizzati in due gruppi omogenei: ungruppo è stato sottoposto a terapia medica ottimale piùtraining fisico (allenamento supervisionato al 60% delVO2 max, inizialmente 3 volte alla settimana per 8 set-timane, successivamente 2 volte alla settimana per ulte-riori 12 mesi), mentre il gruppo di controllo solo a tera-pia medica ottimale. Dopo 2 mesi, un miglioramentodella captazione del tallio era evidente nel 75% dei pa-zienti allenati e solo nel 2% di quelli non allenati. Laqualità di vita risultava migliore negli allenati, così co-me la capacità funzionale. Gli eventi cardiaci, il tasso diriospedalizzazione, la mortalità cardiaca e totale sonorisultati più frequenti nel gruppo di controllo rispetto aquello degli allenati. La captazione di tallio dopo alle-namento risultava un predittore indipendente di morta-lità. L’analisi economica ha mostrato un convenienterapporto costo/efficacia pari a 1494 US$ per anno di vi-ta salvato43. Una significativa separazione delle curvedi sopravvivenza è stata osservata solo dopo il primoanno di follow-up, confermando i risultati degli studiprecedenti161,162. Lo studio conferma, almeno nei pa-zienti con cardiomiopatia ischemica, il valore progno-stico della perfusione miocardica rispetto all’analisi an-giografica delle stenosi coronariche. Inoltre, esso sug-gerisce che per ottimizzare i risultati clinici nei pazien-

ti con insufficienza cardiaca cronica è necessario chel’allenamento fisico sia supervisionato ed effettuato ilpiù a lungo possibile e che vadano ricercati i fattori pre-dittivi di una risposta positiva al training. I fattori capa-ci di predire una risposta positiva al training sono rias-sunti nella Tabella 26.

Più recentemente, l’EXERT Trial177 non ha mostra-to un significativo miglioramento della sopravvivenzain 156 pazienti con insufficienza cardiaca cronica ran-domizzati in un gruppo di training (n = 78) e in un grup-po di controllo (n = 80). Dopo un programma di eserci-zio supervisionato della durata di 3 mesi i pazienti han-no proseguito un training domiciliare senza supervisio-ne per ulteriori 9 mesi alla stessa intensità. Dopo 3 me-si i pazienti allenati miglioravano significativamente ilVO2 max rispetto ai controlli, mentre non si rilevava

710

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Tabella 25. Studi randomizzati inerenti agli effetti del training sulla capacità funzionale nei pazienti con insufficienza cardiaca cronica.

Autore N. pazienti Programma di esercizio Aumento VO2 di picco(%)

Coats et al.159, 1990 11 Cyclette 20 min 3 volte/sett; intensità pari al 60-80% della 18FC max

Jette et al.163, 1991 18 4 sett, corsa 5 min 3 volte/die 22Belardinelli et al.164, 1992 20 Cyclette al 60% del VO2 di picco 3 volte/sett 20Belardinelli et al.170, 1995 55 Cyclette 40 min 3 volte/sett; intensità pari al 60% del VO2 12

di piccoHambrecht et al.160, 1995 22 10 min 6 volte/die; 70% del VO2 di picco per 3 sett 31Keteyian et al.165, 1996 29 60% capacità di esercizio, 33 min 3 volte/sett per 24 sett 16Radaelli et al.166, 1996 6 Bicicletta 20 min per 5 giorni/sett per 5 sett 15Dubach et al.167, 1997 25 Cammino 60 min 2 volte/die; ciclo 40 min 4 volte/sett all’80% 26

del VO2 di piccoTyni-Lenne et al.168, 1997 16 Estensione del ginocchio per 8 sett 14Callaerts-Vegh et al.169, 1998 17 8 sett di allenamento intensivo 31Reinhart et al.171, 1998 25 Bicicletta 40 min al 70-80% della capacità funzionale 4 volte/ 29

sett; camminare 1 h 2 volte/dieBelardinelli et al.172, 1999 99 Cyclette al 60% del VO2 di picco 3 volte/sett 18Taylor173, 1999 8 Training 3 volte/sett per 8 sett 16Sturm et al.174, 1999 26 50% capacità funzionale per 12 sett, poi 100 min esercizi 23

di step/sett + bicicletta 50 min/settKeteyian et al.175, 1999 43 60-80% della FC max 3 volte/sett per 24 sett 14

FC max = frequenza cardiaca massimale; sett = settimana/e; VO2 = consumo miocardico di ossigeno.

Tabella 26. Parametri predittivi di una risposta positiva dal trai-ning nei pazienti con insufficienza cardiaca cronica.

Fattori predittiviPresenza di miocardio vitaleRiempimento diastolico normale o del tipo rilasciamento ano-maloNormale slope di aumento della gettata cardiaca al test dasforzo

Fattori non predittiviEtàSessoVO2 di picco inizialeFrazione di eiezione ventricolare sinistraNumero di arterie coronarie con stenosi significativa

VO2 = consumo miocardico di ossigeno.

Page 31: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

nessuna differenza tra i due gruppi a 12 mesi. Questi ri-sultati sono in contrasto con quelli del trial precedente,in cui si è osservato un ulteriore miglioramento del VO2max dopo 14 mesi di un programma di training fisicosupervisionato. I differenti risultati possono in parte di-pendere proprio dalla mancanza di supervisione nellostudio EXERT e sottolineano la necessità di controlla-re più frequentemente il lavoro effettuato dai pazienti adomicilio.

I risultati dello studio ExTraMATCH31, una meta-nalisi basata su 9 trial controllati e randomizzati coin-volgenti 801 pazienti con insufficienza cardiaca croni-ca in classe funzionale NYHA II e III, hanno confer-mato i risultati precedenti (Tabella 27)167,172,177-182. Gliautori hanno dimostrato che un esercizio fisico di in-tensità moderata migliora significativamente il VO2max e che questo miglioramento è predittivo di unaprognosi migliore. La mortalità a 2 anni e le riospeda-lizzazioni, infatti, erano ridotte del 25% nei pazienti al-lenati rispetto ai controlli non allenati (p <0.05).

Meccanismo d’azione del trainingL’incapacità di effettuare esercizio fisico senza disagioè una caratteristica comune nei pazienti con insuffi-cienza cardiaca cronica. La ridotta tolleranza allo sfor-zo genera un circolo vizioso di decondizionamento epeggioramento della funzione cardiocircolatoria: l’i-nattività favorisce l’atrofia dei muscoli scheletrici, laquale causa riduzione della forza e precoce esauribilità;la disfunzione cardiaca determina stimolazione neuror-monale e attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone, che a loro volta peggiorano il deficit car-diocircolatorio, con iperattività adrenergica e vasoco-strizione arteriosa, aumento del postcarico e sovracca-rico cardiaco cronico162,163.

Il training fisico induce una serie di adattamentifunzionali e strutturali a carico di diversi apparati cheinterrompono tale circolo vizioso (Tabella 28) e si tra-ducono in miglioramenti emodinamici, ventilatori emetabolici tali da aumentare la capacità funzionale e daconsentire una qualità di vita migliore (Figura 3).

Il training fisico nei cardiotrapiantatiDall’analisi della letteratura emerge che i trial inerentiall’esercizio fisico nei cardiotrapiantati si riferiscono adun limitato numero di soggetti, nei quali il training fisi-co non è stato uniforme nella tipologia e nell’intensità,frequenza e durata, per cui i risultati non possono esse-re considerati come guida per un impiego in clinica.

Premesso questo, le caratteristiche comuni dei pa-zienti sottoposti a trapianto sono così riassumibili:1) tutti i pazienti con insufficienza cardiaca cronica sonorimasti a lungo inattivi prima di ricevere il cuore di undonatore e ciò ha determinato un circolo vizioso di de-condizionamento/aggravamento del deficit funzionale;2) il cuore trapiantato è denervato e la risposta all’eser-cizio fisico è influenzata fortemente dall’incompetenza

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

711

Tabella 27. Caratteristiche degli studi inclusi nella metanalisi ExTraMATCH31.

Autore Paese Controlli/training M/F Durata training Durata follow-up(settimane) (giorni)

Dubach et al.167, 1997 Svizzera 13/12 25/0 8 261 ± 106Giannuzzi et al.178, 1997 Italia 38/39 75/2 24 206 ± 35Willenheimer et al.182, 1998 Svizzera 27/22 35/14 16 1623 ± 797Belardinelli et al.172, 1999 Italia 49/50 89/10 60 1144 ± 461Wielenga et al.181, 1999 Olanda 39/41 80/0 12 1440 ± 917Volterrani et al., 1999* Italia 79/76 131/24 52 304 ± 140Hambrecht et al.179, 2000 Germania 37/36 73/0 24 159 ± 22Kiilavuori et al.180, 2000 Finlandia 15/12 26/1 26 2284 ± 1213McKelvie et al.177, 2002 Canada 91/90 147/34 52 557 ± 219Totale 388/378 681/85 30 ± 19 705 ± 729

F = femmine; M = maschi. * dati non pubblicati.

Tabella 28. Principali adattamenti indotti dal training fisico nel-l’insufficienza cardiaca cronica.

Variazione misurata(%)

Adattamenti centraliRidotta progressione di stenosi - (30-45)coronaricheDilatazione arteriosa coronarica + (20-30)endotelio-dipendenteAumento della diffusione polmonare + (10-20)Miglioramento della perfusione + (15-25)miocardicaMiglioramento del rilasciamento + (15-28)diastolicoMiglioramento della contrattilità + (15-25)Miglioramento della funzione + (10-15)sistolica globale

Adattamenti perifericiMiglioramento del flusso muscolare + (12-30)Aumento degli enzimi muscolari + (15-30)ossidativiAumento del volume di densità + (15-25)mitocondriale muscolareAumento delle fibre muscolari tipo 1 + (15-30)Dilatazione arteriosa endotelio- + (15-40)dipendente

Page 32: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

cronotropa, la quale riduce l’aumento della gettata car-diaca e, quindi, il VO2 di picco; 3) il miglioramento della capacità funzionale è general-mente lento e dipende dall’età e dalle complicazionipostoperatorie.

Tutti i pazienti sottoposti a trapianto hanno una ri-dotta tolleranza allo sforzo in relazione a vari fattori183.In questo contesto, la funzione polmonare non sembraavere un ruolo importante come il sistema cardiocirco-latorio e la muscolatura scheletrica. L’aumento dellospazio morto fisiologico e la riduzione della diffusionealveolo-capillare, infatti, generalmente regrediscono adistanza dal trapianto cardiaco, mentre la funzione car-diaca e quella muscolare restano più limitate nel tem-po184. La funzione cardiaca è limitata dall’incompeten-za cronotropa e dalla disfunzione diastolica185,186. Lamancanza di una innervazione diretta del nodo seno-atriale sembra costituire la causa più probabile di taleincompetenza, in quanto sia l’aumento delle catecola-mine circolanti che la risposta del nodo senoatriale allastimolazione beta-adrenergica sono normali o addirit-tura aumentate. Tale ipotesi è rafforzata dalla dimostra-zione che la connessione elettrica tra il seno atriale delcuore nativo e quello del cuore trapiantato produce unaumento di circa il 20% della risposta della frequenzacardiaca al picco di esercizio, a cui corrisponde un au-mento di circa il 10% del VO2 di picco187.

Il deficit muscolare dipende da alterazioni struttura-li e funzionali (atrofia miocellulare, aumento delle fibreglicolitiche rispetto a quelle ossidative, riduzione delrapporto capillari/fibra, riduzione del volume di densitàmitocondriale, riduzione del contenuto di enzimi ossi-dativi) che non sempre regrediscono completamentedopo il trapianto188,189.

Il VO2 di picco tende ad aumentare con il passaredei mesi dopo il trapianto, in particolar modo nei sog-getti più giovani di sesso maschile. Dati su 1700 pa-zienti adulti (età media 60 anni) e 107 pazienti in età

pediatrica (età media 12 anni) indicano che a distanzadi 18 mesi dal trapianto il VO2 di picco aumenta spon-taneamente ed è di circa il 7% superiore nei pazientitrapiantati dopo il 1998 rispetto a quelli trapiantati inepoca precedente190. Tale aumento spontaneo si verifi-ca piuttosto rapidamente nei primi 2 mesi dopo l’inter-vento, con valori del 30% maggiore rispetto al VO2 dipicco pre-trapianto. Dopo 1 anno, il VO2 di picco tendead aumentare ancora, seppure lievemente (circa 5%).Nonostante tale aumento, il valore di VO2 di picco neipazienti sottoposti a trapianto cardiaco corrisponde acirca il 60% di quello di soggetti sani simili per età, ses-so e livello di allenamento fisico.

Effetti del training fisicoMolte alterazioni muscolo-scheletriche e cardiovasco-lari regrediscono dopo un adeguato programma di trai-ning aerobico, che si traduce in un aumento della capa-cità funzionale e della qualità di vita191,192. La massamagra tende ad aumentare del 10-15%, la risposta cro-notropa è ridotta con miglioramento del rapporto fre-quenza cardiaca/VO2, la pressione arteriosa sistemicatende a ridursi a riposo e a carico sottomassimale, ilVO2 di picco aumenta del 10-20%, associato ad au-mento della soglia anaerobica. Inoltre, il training fisicosembrerebbe prevenire gli effetti collaterali della tera-pia immunosoppressiva e di migliorare il profilo di ri-schio cardiovascolare, come dimostrato dal migliora-mento della sensibilità all’insulina, riduzione dell’indi-ce di massa corporea, riduzione del colesterolo LDL edei trigliceridi e aumento del colesterolo HDL. Tali ef-fetti sono responsabili del miglioramento della funzio-ne endoteliale delle grandi arterie di conduttanza e del-le piccole arterie. Oltre al training aerobico, viene rac-comandato di effettuare esercizi contro resistenza, inquanto è stato dimostrato un aumento della calcifica-zione ossea e una riduzione dell’osteoporosi indottadalla terapia cortisonica193.

712

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

TRAINING FISICO

DISFUNZIONE VS

RIMODELLAMENTO VS

ATTIVAZIONE

NEUROUMORALE

DEFICIT

CIRCOLATORIO

VASOCOSTRIZIONE

SCOMPENSO

CARDIOCIRCOLATORIO

E

E E

E

E

Figura 3. Modello fisiopatologico delle sedi degli adattamenti indotti dal training nell’insufficienza cardiaca cronica. Il training fisico, rappresentatocon la sigla (E), migliora la funzione contrattile del ventricolo sinistro, attenua la vasocostrizione periferica attraverso il miglioramento della bilanciaautonomica e il miglioramento della vasodilatazione endotelio-dipendente, riduce il fenomeno del rimodellamento ventricolare sinistro (VS) e l’attiva-zione neuroumorale. L’insieme degli adattamenti migliora la capacità funzionale e spezza il circolo vizioso del deterioramento progressivo funzionalee cardiocircolatorio.

Page 33: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

ConclusioniI risultati dei principali studi longitudinali controllaticoncordano nel mostrare un miglioramento della capa-cità funzionale e della qualità di vita dopo training fisi-co di intensità moderata. Entrambi questi miglioramen-ti si traducono nella riduzione delle riospedalizzazioniper scompenso cardiaco acuto e nella minore incidenzadi eventi cardiaci indesiderati.

La modalità del training fisico è basata su quattroparametri: tipo di ergometro, intensità, frequenza e du-rata. Esiste accordo nel raccomandare (possibilmentein ambiente supervisionato almeno all’inizio) un pro-gramma di almeno 8 settimane di durata di attività fisi-ca aerobica (marcia, bicicletta, jogging, nuoto), di in-tensità moderata (50-70% della frequenza cardiacamassimale), combinata con esercizi di potenziamentomuscolare al 30-50% della massima contrazione volon-taria, frequenza trisettimanale. In seguito, si raccoman-da di continuare lo stesso tipo di training a domicilio, ilpiù a lungo possibile.

I risultati dei trial attualmente a nostra disposizionenon possono comunque essere considerati una provadefinitiva di riduzione della mortalità cardiaca e da tut-te le cause, in quanto mancava la sufficiente potenzastatistica. Tale risposta può essere fornita dallo studiomulticentrico, internazionale, prospettico, controllatoACTION, che fornirà i primi risultati nei prossimi anni.

11. L’esercizio fisico nel pazientecon valvulopatia nativa od operataROBERTO CARLON, MARGHERITA VONA, FRANCESCO FATTIROLLI, BRUNO DE PICCOLI

Valvulopatie nativeValutazione e selezione dei pazientiPoiché non esistono in letteratura dati sufficienti relati-vi all’efficacia e alla sicurezza del training nei pazienticon valvulopatia, le raccomandazioni presenti in questocapitolo sono basate prevalentemente sull’esperienzaclinica e sul consenso degli esperti.

La prescrizione dell’esercizio fisico nei soggetticon cardiopatia valvolare dipende dalla valvola coin-volta, dalla presenza e dalla gravità della stenosi o del-l’insufficienza, dall’eventuale presenza di disfunzioneventricolare sinistra e/o di patologia coronarica conco-mitante.

I pazienti con valvulopatia che desiderino praticareattività fisica necessitano quindi, oltre all’ECG stan-dard, anche di una valutazione con eco color Dopplerdella funzione ventricolare sinistra e della gravità dellapatologia valvolare. Il test da sforzo, invece, viene uti-lizzato per quantificare il grado di performance fisica,riprodurre eventuali sintomi indotti dall’esercizio, va-lutare la risposta al trattamento farmacologico e peridentificare una concomitante coronaropatia. Questo,pur con i notevoli limiti dovuti all’elevato numero difalsi positivi, conseguenza dell’ipertrofia ventricolare

sinistra e delle alterazioni della ripolarizzazione pre-senti nell’ECG basale194. Inoltre, poiché una correttavalutazione della capacità funzionale nei soggetti concardiopatia valvolare è essenziale ai fini di programma-re il training fisico, è preferibile utilizzare un test car-diopolmonare il quale, attraverso la misurazione dei pa-rametri metabolici, permette una migliore valutazionedella tolleranza allo sforzo e della capacità aerobica195.

Insufficienza mitralicaNel presente documento l’insufficienza mitralica è sta-ta classificata sulla base dell’ECG, delle dimensioniatriali e ventricolari, dell’entità del rigurgito e dellafunzione ventricolare49 (Tabella 29).

Nei pazienti affetti da cardiopatia ischemica e inquelli con scompenso cardiaco, sono spesso presentigradi variabili di insufficienza mitralica. Tuttavia, glistudi che hanno esaminato gli effetti del training fisicoin queste categorie di soggetti, nella maggior parte deicasi, non hanno riportato informazioni dettagliate sullapresenza di insufficienza mitralica.

Sulla base delle informazioni disponibili, quindi,nei soggetti con insufficienza mitralica l’effetto deltraining fisico a medio-lungo termine appare ancora in-certo. Se nei pazienti con rigurgito lieve è prevedibileun rapporto rischio/beneficio favorevole, in quelli conrigurgito moderato sembra opportuno un atteggiamen-to prudente, valutando nel singolo soggetto i potenzialirischi connessi all’esercizio (età del paziente, eziologiadell’insufficienza valvolare, funzione ventricolare sini-stra, tolleranza all’esercizio, aritmie, ecc.), prevedendoun training controllato e sottoponendo i pazienti ad unostretto monitoraggio clinico-strumentale.

Nei soggetti con insufficienza mitralica rilevante enon correggibile chirurgicamente, la sicurezza e l’uti-lità del training fisico non è stata valutata e pertanto es-so non è raccomandato.

Stenosi mitralicaLo sforzo fisico, così come quelle condizioni che com-portano un aumento della frequenza cardiaca e riduzio-ne del tempo di riempimento diastolico (febbre, ane-mia, ipertiroidismo) od un aumento del flusso transval-volare (gravidanza), induce un aumento funzionale del-

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

713

Tabella 29. Severità emodinamica dell’insufficienza mitralica.

LieveECG normaleDimensioni atriali e ventricolari sinistre normaliRigurgito lieve-moderato all’eco color Doppler

ModerataModesto ingrandimento ventricolare sinistroFunzione ventricolare sinistra a riposo e da sforzo conservata(normale incremento della frazione di eiezione durante sforzodi tipo dinamico)

SeveraNegli altri casi

Page 34: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

la stenosi, della pressione atriale sinistra e di quella ve-no-capillare polmonare. L’attività fisica può causarequindi un improvviso e marcato aumento della pressio-ne capillare polmonare ed in arteria polmonare e com-portare un quadro di edema polmonare196. Inoltre, nonsono note le conseguenze a lungo termine, sul polmonee sul ventricolo destro, di ripetuti incrementi pressori alivello del circolo polmonare, così come non sono notigli effetti dell’esercizio nel facilitare l’insorgenza diuna fibrillazione atriale.

La misura della pressione in arteria polmonare(PAP) a riposo e della pressione capillare polmonare acatetere occludente (PCW) con cateterismo destro du-rante esercizio, sono state utilizzate per classificare laseverità della stenosi mitralica e valutare la sicurezzadell’attività fisica197 (Tabella 30). La PAP, comunque,può essere stimata anche in modo non invasivo, utiliz-zando l’eco-Doppler.

I soggetti con forme lievi, a ritmo sinusale e connormale PAP a riposo, possono praticare qualsiasi atti-vità fisica, mentre i soggetti con forme moderate a rit-mo sinusale o in fibrillazione atriale, possono praticareattività fisica ad intensità bassa o moderata.

Insufficienza aorticaLa gravità dell’insufficienza aortica è stata classificatasulla base delle dimensioni ventricolari, della funzioneventricolare e dei segni periferici di rigurgito49 (Tabel-la 31).

Nelle forme lievi, anche in presenza di una dilata-zione ventricolare sinistra (in media fino ad un diame-tro di 60-65 mm) non vi sono controindicazioni allaprescrizione di un programma di esercizio fisico197. An-che nelle forme moderate, in assenza di dilatazioneventricolare severa e con normale funzione ventricola-re sinistra, non vi sono generalmente controindicazionialla prescrizione di un programma di esercizio fisico,anche se sono da sconsigliare gli sforzi fisici intensi,improvvisi e isometrici e gli sport competitivi49.

Ai soggetti con associata dilatazione dell’aortaascendente (>45 mm) può essere consentita solo un’at-tività fisica di bassa intensità197, soprattutto in presenzadi aorta bicuspide, in quanto esiste una maggiore fragi-lità di parete della radice e del tratto ascendente del va-so, con conseguente rischio di dissecazione o rottura198.In questi casi bisognerà sottoporre il paziente a con-trolli ecocardiografici più ravvicinati per monitorarel’eventuale accrescimento della dilatazione e stabilire ilmomento opportuno per l’intervento cardiochirurgico.

Stenosi aorticaNelle forme lievi (Tabella 32) la portata cardiaca è nor-male a riposo e generalmente anche durante sforzo,mentre nelle forme severe la portata cardiaca non è ingrado di aumentare in misura adeguata durante l’eser-cizio e compare uno squilibrio tra postcarico e funzio-ne di pompa (“afterload mismatch”) dando origine asintomi quali angina pectoris, dispnea o sincope.

I pazienti asintomatici, con stenosi valvolare lieve enormale risposta al test da sforzo, possono praticarequalsiasi attività fisica aerobica197. Nei soggetti asinto-matici ma con stenosi valvolare moderata l’esercizio fi-sico è considerato una controindicazione relativa131,133.In tali soggetti è raccomandata l’esecuzione di un testergometrico: in presenza di un buon carico lavorativo ein assenza di ipotensione, modificazioni elettrocardio-grafiche, aritmie e sintomi, è consigliata un’attività fi-sica moderata con periodiche rivalutazioni della fre-quenza cardiaca allenante e dei parametri ecocardio-grafici, poiché la velocità di progressione della stenosiè molto variabile e non prevedibile. Nei soggetti constenosi valvolare medio-serrata o serrata l’esercizio fi-sico può rappresentare un rischio elevato, anche in as-senza di sintomi. In questi soggetti, pertanto, non dovràessere consigliato alcun programma di esercizio fisico.

Nella Tabella 33 sono riassunte le raccomandazioniper la prescrizione dell’esercizio fisico nelle varie val-vulopatie.

714

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Tabella 30. Severità emodinamica della stenosi mitralica.

LieveArea mitralica >1.5 cm2, PCW ≤20 mmHg durante esercizio oPAP <35 mmHg a riposo

ModerataArea mitralica 1-1.5 cm2, PCW ≤25 mmHg durante esercizioo PAP <50 mmHg a riposo

SeveraArea mitralica <1 cm2, PCW >25 mmHg durante esercizio oPAP >50 mmHg a riposo

PAP = pressione in arteria polmonare; PCW = pressione capilla-re polmonare a catetere occludente.

Tabella 31. Severità emodinamica dell’insufficienza aortica.

LieveDimensioni del ventricolo sinistro normaliFunzione ventricolare a riposo e da sforzo (documentata coneco da sforzo o ventricolografia radioisotopica) normaleAssenza di segni periferici di rigurgito aortico (elevata pres-sione differenziale, polso celere, ecc.)

ModerataDimensioni ventricolari sinistre solo lievemente aumentateFunzione ventricolare a riposo e da sforzo nella normaPresenza dei segni periferici tipici dell’insufficienza aortica

SeveraNegli altri casi

Tabella 32. Severità emodinamica della stenosi aortica.

LieveArea >1.5 cm2 o >0.9 cm2/m2

ModerataArea >1 e ≤1.5 cm2 o >0.6 e ≤0.9 cm2/m2

SeveraArea ≤1 cm2 o ≤0.6 cm2/m2

Page 35: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

Valvulopatie operateLe problematiche postoperatorie (versamento pleurico,complicazioni di tipo respiratorio, neurologico, ecc.) ei benefici del training fisico nei pazienti valvulopaticisottoposti a intervento sostitutivo (con protesi biologi-che o meccaniche) o conservativo (con commissuroto-mia o valvuloplastica), sono simili a quelli dei pazientisottoposti a rivascolarizzazione miocardica199-201.

Nei pazienti operati di sostituzione valvolare mitra-lica e/o aortica, studi di piccole dimensioni, randomiz-zati e non randomizzati202-205, hanno dimostrato un si-gnificativo miglioramento della capacità funzionale neisoggetti sottoposti a training fisico rispetto al gruppo dicontrollo. Due studi206,207, condotti su piccole casisti-che di soggetti sottoposti a commissurotomia mitralicatransvenosa, hanno dimostrato un miglioramento dellacapacità funzionale e dei parametri metabolici in as-senza di complicazioni. In un recente studio prospetti-co multicentrico208 condotto dopo intervento di plasticamitralica, è stato documentato un aumento statistica-mente significativo della frazione di eiezione (+3.6%),del VO2 di picco (+22%) e del VO2 alla soglia anaero-bica (+16%), in assenza di ricomparsa o di aggrava-mento dell’insufficienza mitralica. Questi risultati sonostati confermati e avvalorati anche da un significativomiglioramento della qualità di vita osservato in uno stu-

dio caso-controllo non randomizzato, condotto su sog-getti sottoposti a valvuloplastica e/o sostituzione valvo-lare aortica e mitralica.

Non esistono controindicazioni assolute ad un pro-gramma riabilitativo, che andrà proposto a tutti i pa-zienti valvulopatici operati e che dovrà essere adattatoin base all’età, alle patologie concomitanti, alla capa-cità funzionale e alla funzione ventricolare residua. Ipazienti candidati al training fisico dovrebbero esseresottoposti ad un test da sforzo sottomassimale, a di-stanza di 2 settimane dall’intervento201, o ad un testmassimale a 3-4 settimane. Un altro problema è costi-tuito dalle protesi di piccola taglia (<21 mm) che, so-prattutto negli individui con grossa corporatura, posso-no dare origine al fenomeno del “mismatch” protesi-paziente. Nel sospetto di tale evenienza, sarà opportunosottoporre il paziente ad eco-stress da sforzo, che potràevidenziare uno sproporzionato incremento del gra-diente pressorio transprotesico durante esercizio fisi-co209. I pazienti con “mismatch” protesi-paziente do-vranno perciò essere avviati a programmi di training adintensità moderata.

Nei pazienti con importante decondizionamento fi-sico l’esercizio dovrebbe iniziare a carichi di lavoromolto bassi ed essere aumentato gradualmente per in-tensità e durata nelle successive sedute (sino a 30-40

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

715

Tabella 33. Raccomandazioni per la prescrizione dell’esercizio nelle valvulopatie native.

Caratteristiche valvulopatia Intensità del training Attenzioni Controindicazioni

IMForme lievi 60-80% VO2 di picco o 70-85% Nel prolasso mitralico: aritmie IM rilevante

FC raggiunta al TS significative, familiarità per Esercizio statico intensomorte improvvisa, pregressieventi tromboembolici o sincope

Forme moderate 40-60% VO2 di picco o 55-75%FC raggiunta al TS

SMForme lievi 60-80% VO2 di picco o 70-85% FC Fibrillazione atriale SM moderato-severa o

raggiunta al TS e comunque al di PAP severasotto della soglia di comparsadei sintomi

Forme moderate <50% VO2 di picco o <60% FCraggiunta al TS e comunque al disotto della soglia di comparsadei sintomi

IAForme lievi o moderate 60-80% VO2 di picco o 70-85% Rivalutare FC allenante ogni IA severa

FC raggiunta al TS 6-12 mesi nelle forme moderateForme lievi o moderate con <40% VO2 di picco o <55% FC Soggetti con sindromeaorta ascendente >45 mm raggiunta al TS di MarfanSAForme lievi 60-80% VO2 di picco o 70-85% Rivalutare FC allenante ogni SA moderato-severa

FC raggiunta al TS 6-12 mesi o severaForme moderate in soggetti ≤50-60% VO2 di picco o <60-70% Valutare dimensioni dell’aortaasintomatici con normale FC raggiunta al TS Valutare al test ergometrico:risposta allo sforzo sintomi, risposta pressoria,

aritmie

FC = frequenza cardiaca; IA = insufficienza aortica; IM = insufficienza mitralica; PAP = pressione in arteria polmonare; SA = stenosiaortica; SM = stenosi mitralica; TS = test da sforzo; VO2 = consumo miocardico di ossigeno.

Page 36: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

min per seduta), continuando il programma riabilitati-vo per circa 6 mesi199. Inoltre, dato che la guarigionedella ferita toracica richiede in genere da 4 a 6 settima-ne, gli esercizi con la parte superiore del corpo in gra-do di provocare tensione a livello dello sterno, dovreb-bero essere evitati nei primi 3 mesi dopo l’intervento128.In caso di concomitante scompenso cardiaco, le indica-zioni e le modalità di effettuazione dell’esercizio fisicosono analoghe a quelle degli altri soggetti con scom-penso cardiaco.

12. L’esercizio fisico nel pazientecon cardiopatia congenitaPAOLO ZEPPILLI, FERNANDO MARIA PICCHIO,RAFFAELE CALABRÒ, PIERLUIGI COLONNA,ARMANDO CALZOLARI, BERARDO SARUBBI,UMBERTO BERRETTINI, GABRIELE VIGNATI

PremessaLa pratica regolare dell’esercizio fisico e dello sport perla promozione e il mantenimento della salute, generalee cardiovascolare, trova una specifica applicazione nel-l’infanzia e nell’adolescenza, epoche nelle quali, oltreagli importanti aspetti psicologici e sociali, tale praticaha anche un insostituibile ruolo educativo e formativo.In questo contesto, sono sempre più giustificate le istan-ze rivolte alla classe medica, affinché autorizzi, e meglioincoraggi, l’attività fisico-sportiva anche nei bambini eadolescenti con cardiopatie congenite operate e non. Ta-li istanze, naturalmente, sono rese sempre più attuali daivertiginosi progressi diagnostici e terapeutici della Car-diologia e Cardiochirurgia Pediatrica. La restituzione aduna vita normale di un numero sempre maggiore di car-diopatici congeniti gravi, condannati in passato all’inat-tività fisica, obbliga oggi pediatri, cardiologi e medicidello sport a definire nuove linee guida, atte a favorirel’attività fisico-sportiva in generale, e a definire, perquanto possibile, quella ideale per ciascun paziente. Atal fine, una corretta prescrizione dell’attività fisica do-vrebbe coniugare due punti fondamentali:1) soddisfare, per quanto possibile, le aspettative direinserimento nella vita attiva e nel mondo sportivo, delgiovane paziente o ex-paziente nel rispetto del suo de-licato equilibrio psicologico;2) scegliere un’attività fisico-sportiva capace di appor-tare benefici sul piano psichico e fisico con un rischio dicomplicanze, nel breve e nel lungo periodo, ragionevol-mente trascurabile o almeno pari ai vantaggi previsti.

Il problema non è certo di facile soluzione. La po-polazione dei soggetti con cardiopatie congenite è va-riegata, non solo per lo spettro molto ampio dellemalformazioni, ma perché in una stessa cardiopatia èpossibile incontrare sia pazienti “in storia naturale” (innumero oggi sempre inferiore), sia pazienti operati e traquesti, soggetti trattati in tempi diversi, con tecnicheeterogenee e con risultati anatomo-funzionali e clinici

differenti. Ciò rende ragione dell’assoluta necessità diuna stretta collaborazione tra medico dello sport, car-diologo pediatra curante e cardiochirurgo responsabiledel trattamento.

Indicazioni e controindicazioni all’attività fisicaI protocolli COCIS 200349,210 hanno dedicato un interocapitolo ai criteri di idoneità agonistica nei diversi tipidi cardiopatie congenite. Ad essi rimandiamo coloro iquali intendano approfondire singole problematiche le-gate a patologie specifiche. In questo ambito, ci limite-remo a fornire alcune indicazioni a carattere generale.

Prima di prescrivere qualsiasi attività fisica o spor-tiva in un bambino, adolescente o giovane adulto concardiopatia congenita, prima e dopo l’eventuale corre-zione chirurgica, sono necessari:1) un preciso inquadramento diagnostico della patolo-gia e una definizione della sua gravità. Entrambi questiaspetti sono oggi resi agevoli dall’ampia disponibilitàdi metodiche non invasive quali l’ECG a riposo, l’ECGda sforzo e secondo Holter, l’ecocardiogramma in tuttele sue applicazioni, la risonanza magnetica, ecc.;2) una ragionevole previsione sulla possibile evoluzio-ne nel tempo della cardiopatia e dell’eventuale impattosu di essa, sia esso favorevole o sfavorevole, dell’atti-vità fisico-sportiva prescelta;3) la valutazione, per quanto possibile oggettiva, dellacapacità funzionale del soggetto, mediante test da sfor-zo, o meglio ancora mediante un test cardiopolmonare.Il test cardiopolmonare è particolarmente utile nei sog-getti con cardiopatie congenite complesse sottoposte acorrezione chirurgica, che si accompagnano, prima del-l’intervento, ad una grave riduzione della capacità fun-zionale.

Al riguardo, i protocolli COCIS 200349,210 hanno in-dividuato un breve elenco di cardiopatie congenite che,per gravità e/o complessità, controindicano di per sé lapratica sportiva agonistica. In questo gruppo sono stateinserite:- anomalia di Ebstein, atresia della tricuspide,- atresia polmonare, a setto integro o con difetto inter-ventricolare (quando non è stato possibile il recuperocompleto del ventricolo destro),- sindrome di Eisenmenger,- ipertensione polmonare primitiva,- trasposizione congenitamente corretta delle grandi ar-terie e trasposizione delle grandi arterie corretta secon-do Mustard o Senning (vedi oltre),- difetti associati dell’efflusso ventricolare sinistro,- origine anomala delle arterie coronarie,- cuore univentricolare,- sindrome di Marfan e di Ehlers-Danlos.

A queste vanno aggiunte tutte le cardiopatie nellequali la correzione chirurgica abbia implicato l’apposi-zione di condotti protesici e/o protesi valvolari (salvolimitate e specifiche eccezioni). In queste forme, vale ilprincipio generale di autorizzare e incoraggiare, nei li-

716

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Page 37: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

miti del possibile, un’attività fisica a carattere riabilita-tivo di tipo dinamico e di intensità lieve.

Fortunatamente, la maggior parte dei bambini e ado-lescenti con difetti congeniti ha forme meno gravi o cor-rette con “relativo” successo in età precoce. Anche inquesti casi, tuttavia, al fine di evitare che l’attività fisi-co-sportiva divenga uno strumento terapeutico impro-prio o pericoloso per la salute, è necessario un approc-cio metodologico rispettoso dei tre punti sopra indicati.

La valvola aortica bicuspide è una delle cardiopatieche meglio esemplifica la necessità di un approcciocorretto. La valvola aortica bicuspide, infatti, si caratte-rizza per un’ampia variabilità dello spettro anatomo-funzionale e clinico. Accanto a forme “semplici”, tra-scurabili sul piano emodinamico (con assente o minimaostruzione all’efflusso e/o rigurgito), nelle quali è pos-sibile autorizzare anche un’attività sportiva di tipo ago-nistico, se ne trovano altre “complicate”, caratterizzateda stenosi o insufficienza valvolare severe, e/o associa-te a coartazione aortica, anomalie d’origine delle coro-narie, e/o a dilatazione progressiva dell’aorta ascenden-te a rischio di dissezione. In queste forme, ovviamente,la scelta dell’attività fisico-sportiva deve essere affida-ta a cardiologi esperti. Essa deve basarsi sul quadroanatomo-clinico complessivo e, nei soggetti operati, sultipo di intervento subito e sugli eventuali difetti resi-dui211-216.

Appare chiaro, in sostanza, che se l’attività fisica esportiva va sempre incoraggiata nei bambini e adole-scenti con difetti congeniti, l’indicazione a praticarladeve essere affidata ad esperti della materia. In propo-sito, proprio gli esperti del COCIS 2003 hanno allarga-to sensibilmente gli “orizzonti sportivi” anche per i pa-zienti con cardiopatie congenite complesse sottoposte acorrezione anatomica e funzionale completa alla nasci-ta o in età precoce. In particolare, hanno dato indica-zioni per alcune tra le più comuni, quali la tetralogia diFallot217-219 (ampio difetto interventricolare con aorta acavaliere e stenosi polmonare) e la trasposizione dellegrandi arterie. La trasposizione delle grandi arterie ècaratterizzata dall’inversione dei normali rapporti tragrandi arterie e ventricoli (l’aorta nasce dal ventricolodestro e viceversa): essa viene oggi corretta mediante“switch” arterioso (aorta e arteria polmonare vengonoriportate nella loro normale posizione anatomica e lecoronarie reimpiantate), un intervento che, a differenzadi quelli di Mustard o Senning (nei quali venivano in-vertiti i ritorni venosi), consente in molti casi di ripristi-nare una quasi normalità anatomica e funzionale220,221.Sia nei soggetti con tetralogia di Fallot che in quelli contrasposizione delle grandi arterie, oltre alla possibilità,prevista dal COCIS 2003, di praticare alcune attivitàagonistiche (sport equestri, vela, ecc.), è opportuno in-coraggiare e prescrivere la pratica regolare di attività fi-sico-sportive dinamiche con impegno cardiovascolarecostante ad intensità lieve. Nei casi con buona capacitàfunzionale e assenza di fenomeni aritmici, si possonoincoraggiare anche attività di intensità maggiore.

La prescrizione dell’esercizio fisico, naturalmente,deve essere aggiornata almeno annualmente, medianteun controllo cardiologico completo, essendo documen-tata la possibilità di un deterioramento nel tempo dellevalvole cardiache e delle altre strutture interessate dal-la correzione chirurgica. In generale, dovrebbero esse-re evitate attività di potenza, con impegno cardiovasco-lare di pressione, particolarmente se di intensità medio-elevata. Tali attività possono aumentare il rischio dicomplicanze, specie nei soggetti con dilatazione primi-tiva dell’aorta o evidenziatasi nel tempo, anche dopo lacorrezione chirurgica della cardiopatia.

13. L’esercizio fisico nel paziente conarteriopatia obliterante cronica perifericaROBERTO CARLON, GIUSEPPE MARIA ANDREOZZI,ALFREDO LEONE

L’arteriopatia obliterante cronica perifericaL’arteriopatia obliterante cronica periferica (AOCP) èuna sindrome clinica legata alla riduzione della portataematica distrettuale agli arti inferiori. Il sintomo princi-pale dell’AOCP è rappresentato dalla claudicatio inter-mittens, definita come un dolore crampiforme ai mu-scoli dell’arto inferiore (natica, coscia o gamba) checompare durante deambulazione o salendo le scale, simanifesta ogni volta al medesimo sforzo e recede pron-tamente con la cessazione dello stesso. Le classifica-zioni più diffuse dell’AOCP sono quella di Fontaine equella di Rutherford (Tabella 34).

La prognosi del paziente con AOCP è differente neivari stadi della malattia. Il paziente con claudicatio lie-ve (cioè con claudicatio >200 m), è destinato a rima-nere stabile in circa il 75% dei casi e presenta un ri-schio di evoluzione verso stadi più avanzati pari al25% in 2-5 anni222. Questa prognosi apparente benignaè però gravata da un elevato rischio cardiovascolareglobale: 5% di eventi non fatali e 30% di mortalità a 5anni222,223. Al contrario, la storia naturale del pazientecon claudicatio moderata, cioè con distanza di claudi-catio <200 m e ancor più con claudicatio severa, cioècon distanza di claudicatio <100 m, sono gravate daun’incidenza di mortalità a 3 anni pari al 20% e da unrischio ancor più pesante di progressione della malat-tia locale223.

Il metodo più accreditato per valutare la capacità dimarcia del paziente con AOCP è il treadmill test. I pro-tocolli utilizzati possono essere sia a carico costante(velocità 3.2 km/h, pendenza 12%), sia di tipo incre-mentale. In quest’ultimo caso, la velocità è costante(3.2 km/h) e la pendenza in gradi aumenta del 3.5%ogni 3 min (protocollo di Hiatt) o del 2% ogni 2 min(protocollo di Gardner)224. In entrambi i casi, i parame-tri da misurare sono la distanza che induce i primi fa-stidi muscolari senza impedimento a continuare la mar-cia, cioè la distanza di claudicatio iniziale (ICD); la di-stanza alla quale il paziente è costretto ad arrestare l’e-

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

717

Page 38: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

sercizio per la presenza di dolore crampiforme, cioè ladistanza di claudicatio assoluta (ACD). La capacità dimarcia può essere espressa anche dalla misura del tem-po di claudicatio iniziale (CPT) e totale (MWT).

Il training fisicoEffetti cliniciL’utilità del training fisico nel paziente claudicante èdimostrata da numerosi studi clinici di piccole dimen-sioni, spesso non randomizzati, e da alcune metanalisi.Una metanalisi di 21 studi pubblicati dal 1966 al1993225 ha rilevato un aumento medio della capacità dimarcia iniziale (ICD e CPT) e totale (ACD e MWT) ri-spettivamente del 179 e 122%. I fattori predittivi di ri-sposta positiva sono risultati una durata delle sedute diallenamento non inferiore a 30 min, una frequenza diallenamento non inferiore a 3 sedute/settimana e un pe-riodo totale di training non inferiore a 6 mesi. Questi ri-sultati sono stati confermati da due successive metana-lisi226,227 e da altri studi228,229. Un solo studio230 non haconfermato i risultati positivi sopra riportati. Tuttavia,va sottolineato che in questo studio la compliance deipazienti arruolati è stata molto bassa (49%). Il miglio-ramento della capacità di marcia è risultato indipen-dente dalla presenza di fattori di rischio associati, qua-li il fumo231 e di altre patologie, quali il diabete229,232, lacardiopatia ischemica o altre vasculopatie229.

Il training fisico ha anche dimostrato di miglioraresignificativamente la qualità di vita dei pazienti conAOCP, non solo nel dominio della salute fisica ma an-che e soprattutto in quello psico-sociale233. Poiché tale

miglioramento presenta una debole correlazione con ilmiglioramento dei parametri ergometrici234, si racco-manda di misurare la qualità di vita utilizzando stru-menti ad hoc.

Effetti sulla morbilità e mortalitàNon esistono studi specifici inerenti agli effetti del trai-ning sulla morbilità e mortalità dei pazienti con AOCP.In ogni caso, è possibile ipotizzare, almeno dal punto divista teorico, una riduzione degli eventi cardiovascola-ri maggiori, come osservato nei pazienti con cardiopa-tia ischemica.

Meccanismo d’azione, protocolli e modalitàdi esecuzioneIl meccanismo d’azione attraverso il quale il trainingesercita i sopradescritti effetti favorevoli non è comple-tamente noto. Dai dati disponibili è possibile ipotizzar-ne più d’uno32,235 (Tabella 35).

Il programma di training fisico nel paziente conAOCP viene classificato in base alle modalità con cuiviene realizzato: con il termine di training fisico con-trollato, si intende il training effettuato con la supervi-sione di personale medico e infermieristico esperto;con il termine di training fisico consigliato, si intendeun allenamento effettuato autonomamente dal pazientesu indicazione e istruzione da parte di personale medi-co esperto. In tutti gli studi il training controllato hasempre mostrato un’efficacia decisamente superiore ri-spetto al training fisico consigliato236-239, che tuttavia èrisultato più efficace rispetto all’assenza di esercizio fi-

718

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Tabella 34. Classificazioni di Fontaine e Rutherford dell’arteriopatia obliterante cronica periferica.

Stadio Fontaine Rutherford

Clinica Segni e sintomi Fisiopatologia Clinica Grado Categoria

1 Asintomatico Scoperta casuale di Placca aterosclerotica Asintomatico 0 0calcificazioni Placca a rischioaorto-iliache Infiammazione della placca

Aterotrombosi2A Claudicatio lieve ACD >200 m, Discrepanza tra richiesta Claudicatio I 1

T. recupero <2 min muscolare e apporto lievearterioso di ossigeno

2B Claudicatio ACD <200 m, Elevata discrepanza tra Claudicatio I 2moderata o severa T. recupero >2 min richiesta muscolare e apporto moderata

arterioso di ossigenoACD <80-100 m, Molto elevata discrepanza Claudicatio I 3T. recupero >2 min tra richiesta muscolare e severa

apporto arterioso di ossigeno+ acidosi

3 Dolore ischemico Dolore ischemico Severa ipossia cutanea e Dolore ischemico II 4a riposo a riposo acidosi a riposo

4 Ulcere ischemiche Necrosi Severa ipossia cutanea e Piccola perdita di III 5o gangrena acidosi tessuto

InfezioneGangrena Severa ipossia cutanea e Grande perdita di III 6

acidosi tessutoInfezione

ACD = distanza assoluta di claudicatio; T. recupero = tempo di riposo necessario per la scomparsa del dolore ischemico, con possibi-lità di riprendere l’esercizio.

Page 39: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

sico237,238,240. Si consiglia di iniziare il trattamento ria-bilitativo del paziente con AOCP sempre con un pro-gramma di training fisico controllato241, adattando lefasi successive alla risposta clinica del paziente.

I protocolli di training adottati dai vari autori sonomolto differenti tra loro per intensità e durata; si ripor-tano di seguito gli schemi più largamente utilizzati.

Training fisico controllato. Tre sedute settimanali delladurata di 1 h, per un periodo di 3-6 mesi. Ciascuna ses-sione dovrebbe prevedere periodi di cammino sul tap-peto scorrevole sino alla comparsa del dolore muscola-re, il quale, comunque, non dovrebbe essere superioreal punteggio 3 o 4 di una scala strutturata da 0 (assenzadi dolore) a 5 (dolore insopportabile che costringe a fer-marsi). Ogni periodo di cammino dovrebbe durare 8-10min circa e tra un periodo e quello successivo si do-vrebbero prevedere alcuni minuti di riposo. Altri proto-colli, al contrario, prevedono periodi di cammino sultappeto scorrevole pari a circa il 60-70% dell’ACD mi-surata durante il test massimale iniziale, per evitare diraggiungere soglie di allenamento in debito di ossige-no. In quest’ultimo caso, durante il ciclo riabilitativol’intensità dello sforzo andrebbe periodicamente modi-ficata ripetendo il test massimale e ricollocando i para-metri di allenamento sulla base dei nuovi valori di ACDraggiunti. L’intensità dello sforzo (pendenza e velocità)va comunque adattata alle capacità deambulatorie com-plessive del paziente.

Training fisico consigliato. Anche se si tratta di un pro-tocollo consigliato, è indispensabile che il programmadi allenamento sia dato per iscritto, con precisi riferi-menti alle frazioni di allenamento, agli intervalli di ri-poso e possibilmente supportato da un diario clinico deicarichi lavorativi svolti. Il carico di lavoro dovrebbe es-sere calcolato secondo i medesimi criteri generali espo-sti per il training controllato.

Protocolli di mantenimento. Al termine del periodo ditraining attivo, controllato o consigliato, deve seguireuna fase di mantenimento a lungo termine. È stato di-mostrato che i benefici ottenuti dopo 6 mesi di trainingfisico persistono a distanza di altri 12 mesi utilizzandoun programma di esercizio fisico meno frequente242. Inun altro studio, i risultati ottenuti con un training con-trollato di 3 mesi sono stati mantenuti ad una distanzamedia di 4 anni solo nei soggetti che a domicilio prati-cavano almeno 60 min di cammino alla settimana243.

Controindicazioni e complicanzeIl training fisico è controindicato nei soggetti con pato-logie invalidanti di tipo ortopedico, neurologico e/opneumologico. Inoltre, esso è controindicato nei pa-zienti con insufficienza cardiaca non stabilizzata ed inquelli con angina pectoris non controllata dalla terapiao con segni di ischemia al test ergometrico che impedi-scano il raggiungimento di un carico lavorativo ade-guato durante il training.

Mancano dati attendibili sull’incidenza di compli-canze acute o a lungo termine nei pazienti con AOCPsottoposti a training fisico. È verosimile, comunque,che essa sia simile a quella riportata nei pazienti concardiopatia ischemica.

Raccomandazioni• Il training fisico è in grado di migliorare significativa-mente la capacità di marcia nella maggior parte dei sog-getti con claudicatio intermittens e dovrebbe rientraresempre nel programma terapeutico del paziente.• La qualità della vita migliora significativamente neipazienti con claudicatio intermittens che si sottopongo-no con regolarità ad un programma di training fisico.La sua misura, utilizzando strumenti ad hoc, dovrebbeessere uno dei parametri da rilevare routinariamente nelmanagement di questi pazienti.• Il training fisico controllato (effettuato con la supervi-sione di personale sanitario) dovrebbe prevedere 3 se-dute settimanali della durata di almeno 30 min per unperiodo non inferiore a 3 mesi.• Il training fisico consigliato (effettuato autonoma-mente dal paziente) è in grado di apportare un modera-to miglioramento nell’autonomia di marcia, ma nonpuò essere considerato come modalità di trattamentoiniziale in tutti i pazienti con claudicatio.• Il paziente con claudicatio dovrebbe praticare rego-larmente sedute bisettimanali di cammino in piano esenza carichi, per mantenere i risultati ottenuti dal trai-ning fisico controllato.

14. L’esercizio fisico nel paziente ipertesoANTONINO DE FRANCESCO, RICCARDO GUGLIELMI,FRANCESCO PERTICONE, DANIELE D’ESTE

È ormai accertato da tempo che l’ipertensione arteriosaè un importante fattore di rischio cardiovascolare. In

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

719

Tabella 35. Possibili meccanismi d’azione del training fisicosulla claudicatio intermittens.

Effetti sul flusso ematicoRidistribuzione favorevole del sangue tra cute e muscoli e trai vari gruppi muscolariAumento della densità dei capillari (neoangiogenesi)Aumento della vasodilatazione endotelio-dipendenteMiglioramento della reologia del sangue

Effetti sul muscolo e sul metabolismoAumento estrazione di ossigeno da parte del muscolo ische-micoAumento degli enzimi ossidativiAumento dell’attività dell’ossido nitricoPrecondizionamento ischemicoMiglioramento del metabolismo della carnitina

Effetti generaliRiduzione dei fattori di rischio ateroscleroticoMiglioramento della funzione endotelialeRiduzione dei marker di infiammazione cronicaModificazioni nella percezione del dolore

Page 40: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

accordo con le linee guida WHO-ISH, l’ipertensionearteriosa viene definita in base alla presenza di unapressione arteriosa sistolica >140 mmHg e/o una pres-sione arteriosa diastolica >90 mmHg in soggetti adultiche non assumono farmaci antipertensivi49,244,245.

Come per altri fattori di rischio cardiovascolare, ne-gli ultimi anni va diffondendosi sempre più il concettodel valore ideale che, per l’ipertensione arteriosa, vieneconsiderato <120/80 mmHg. Va da sé che tale assertodebba essere considerato con ancora maggior attenzio-ne nei soggetti in età evolutiva, per i quali il limite tranormotensione e ipertensione deve essere comunqueinferiore ai valori sopra segnalati per l’adulto, pur con-siderandoli in progressivo avvicinamento ai valori diquest’ultimo con il crescere dell’età244.

Altro concetto in progressiva diffusione è quello delrischio cardiovascolare globale, per il quale la presenzadi più fattori di rischio e/o di patologie d’organo asso-ciate, capaci di interagire con il rischio derivante daglielevati valori di pressione arteriosa, configura un ri-schio assoluto di eventi cardiovascolari primari (infartomiocardico, ictus cerebri, ecc.) superiore rispetto aquello che si avrebbe dalla somma matematica dei sin-goli fattori di rischio244,245.

È del tutto evidente che in un paziente iperteso conrischio cardiovascolare globale alto o molto alto l’ido-neità ad attività sportive di tipo agonistico non possa es-sere concessa49. Parimenti occorre però conoscere econsiderare la possibilità e/o la necessità di utilizzarel’attività fisica regolare e continuata nel bagaglio tera-peutico a disposizione del medico per il trattamento delpaziente iperteso.

Benefici indotti dall’esercizio fisicoGli effetti del training fisico sono di indubbio segno po-sitivo tanto nel giovane che, soprattutto, nel soggettoanziano. L’attività fisica di intensità moderata è in gra-do di ridurre di 5-7 mmHg i valori di pressione arterio-sa sistolica e di 3-5 mmHg la pressione diastolica, pre-sentando un’efficacia prossima a quella di un tratta-mento farmacologico monoterapico246-248. L’eserciziofisico, inoltre, determina un aumento della funzionalitàcardiopolmonare e della forza muscolare (con unamaggior capacità di svolgere le attività quotidiane) emigliora la qualità di vita.

Nel paziente iperteso sembrano essere ottenibili, at-traverso un corretto programma di attività fisica, ulte-riori benefici capaci di ridurre il profilo di rischio car-diovascolare globale: riduzione della massa ventricola-re sinistra; decremento della rigidità arteriosa; miglio-ramento della funzione endoteliale; miglioramento del-l’assetto metabolico e coagulativo; riduzione del pesocorporeo8,249-251.

Rischi dell’esercizioIn un programma di esercizio fisico ben condotto e conun adeguato screening iniziale basato sull’esecuzionedi un test ergometrico e di un ecocardiogramma, gli

eventi cardiovascolari primari sono estremamente rari.Comunque, devono essere tenuti presenti dal medicoprescrittore i possibili rischi di un’attività fisica troppointensa e non progressiva, considerato che gli ipertesiche praticano esercizio fisico strenuo sembrano presen-tare un aumento di eventi coronarici rispetto ai normo-tesi252.

Attività fisica e terapia antipertensivaIl farmaco antipertensivo ideale nel paziente ipertesoche pratica esercizio fisico dovrebbe soddisfare tre es-senziali requisiti: essere efficace anche durante lo sfor-zo, oltre che a riposo, non compromettere la perfor-mance e non indurre rischi aggiuntivi. I betabloccanti,pur essendo efficaci, determinano una riduzione dellaperformance variabile a seconda della cardioselettivitàe dell’attività simpaticomimetica intrinseca253, soprat-tutto per una riduzione della frequenza cardiaca duran-te sforzo. Il carvedilolo, betabloccante che possiede an-che un’azione alfa1-bloccante, presenta caratteristicheintermedie tra la doxazosina e i betabloccanti, anche sedurante lo sforzo sembra prevalere l’effetto betabloc-cante253. I diuretici sono farmaci efficaci, ma possonocomportare il rischio, soprattutto nelle attività fisiche diresistenza, ipopotassiemia, riduzione della perfusionemuscolare, rabdomiolisi e aritmie cardiache253. I far-maci antiadrenergici centrali (clonidina, alfa-metildo-pa) non hanno dimostrato di possedere una chiara azio-ne antipertensiva durante lo sforzo e, in ogni caso, la lo-ro scarsa tollerabilità ne limita alquanto l’impiego, so-prattutto nei giovani253. Allo stato attuale i farmaci chepiù si avvicinano al profilo del farmaco ideale nel pa-ziente iperteso senza altre comorbilità (quali malattiacoronarica e/o scompenso cardiaco) che pratica eserci-zio fisico sono gli ACE-inibitori, gli inibitori dell’an-giotensina II, i calcioantagonisti e la doxazosina. I far-maci di queste classi sono infatti dotati di una soddisfa-cente efficacia antipertensiva anche durante l’esercizio,senza tuttavia ridurre la performance. Un cenno parti-colare meritano gli inibitori dell’angiotensina II, chesembra siano anche in grado di migliorare la funzionediastolica durante sforzo254. A questo particolare mec-canismo sarebbe attribuibile il miglioramento dellaperformance fisica osservato negli ipertesi trattati conquesta classe di farmaci255.

RaccomandazioniAl fine di ottenere concreti benefici sull’abbattimentodei valori pressori mediante l’attività fisica, sono ne-cessarie sedute di allenamento che comprendano eser-cizi di tipo aerobico per non meno di 3 volte/settimana121.È possibile prevedere anche esercizi basati sulla poten-za muscolare per 2-3 volte/settimana128. Al fine di risul-tare efficaci, gli esercizi debbono svolgersi ad un’inten-sità lieve-moderata, valutata sulla base della frequenzacardiaca massimale ottenuta ad un test ergometrico pre-liminare di tipo diagnostico/valutativo, eseguito conl’abituale terapia farmacologica assunta dal paziente.

720

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Page 41: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

Durante il test ergometrico sono ritenuti a rischio valo-ri tensivi >240/115 mmHg; nei pazienti con tale rispo-sta pressoria patologica, andrà modificata opportuna-mente la terapia farmacologica e prescritta un’attivitàfisica ad intensità lieve.

Per i pazienti più sedentari, gli anziani, gli obesi edi pazienti con cardiopatia ipertensiva significativa ci silimiterà, per gli esercizi di tipo aerobico, ad una fre-quenza cardiaca di allenamento tra il 40% e il 60% diquella massimale, insistendo maggiormente, nelle pri-me fasi di allenamento, su esercizi a bassa intensità fi-nalizzati al recupero di una certa mobilità osteoartico-lare. Per tutti gli altri pazienti, le frequenze cardiache diallenamento saranno fissate tra il 70-85% di quellamassimale. La durata dell’esercizio aerobico deve esse-re quantificata in non meno di 30 min effettivi per gliesercizi di resistenza, preceduti da almeno 10 min di ri-scaldamento e seguiti da 10 min di defaticamento. Perquanto attiene agli esercizi di potenza, questi devonocomprendere 10-12 ripetizioni sia per gli arti superioriche per gli arti inferiori, con ogni set separato di alme-no 1 min da quello successivo, per 2-3 volte/settimana.La tecnica migliore per evitare di incrementare le resi-stenze periferiche durante questo tipo di esercizi sem-bra essere quella di ridurre al minimo i pesi aumentan-do nel contempo il numero delle ripetizioni.

15. Aspetti medico-legali e organizzativiRICCARDO GUGLIELMI, SIRIO SIMPLICIO, FRANCO GIADA,LUIGI D’ANDREA, UMBERTO GUIDUCCI,ANTONINO DE FRANCESCO, ROBERTO D’AJELLO,FRANCESCO DE FALCO, ELIO PALOMBI

Aspetti medico-legaliLa prescrizione medica dell’esercizio fisico nei sogget-ti sani e nei cardiopatici è certamente un atto delicato enon privo di rischi e presenta le stesse responsabilità dalpunto di vista medico-legale della prescrizione di un at-to chirurgico, di una dieta o di un trattamento farmaco-logico256-260. Infatti, ferma restando l’esistenza di nume-rosi vantaggi per i soggetti che praticano attività fisica,non bisogna trascurare le molteplici controindicazioniall’esercizio e dimenticare che un training mal condot-to può avere effetti negativi sulla salute. Esistono normegiuridiche che riconoscono espressamente all’attivitàfisico-sportiva il ruolo di pratica “diretta alla promozio-ne della salute individuale e collettiva” (Tabella 36).

La prescrizione medica dell’esercizio fisicoIl D.M. 18/2/1982 sulla tutela sanitaria delle attivitàsportive prevede il rilascio di un “certificato di buonasalute” per la pratica delle attività sportive non agoni-stiche e di un “certificato specialistico” per quelle ago-nistiche. Quando, invece, si intende proporre l’attivitàfisica a scopo preventivo-terapeutico non viene meno lanecessità di un adeguato controllo medico, ma soloquello di una “certificazione di idoneità”, debitamente

sostituita da altro atto medico, quale quello di una pre-scrizione farmacologica o dietoterapica261.

Il punto fondamentale della prescrizione dell’eser-cizio fisico a scopo preventivo-terapeutico resta la visi-ta medica la quale, corredata di opportuni accertamen-ti specialistici, ha lo scopo di valutare lo stato di salutee di efficienza fisica dei soggetti candidati alla sport-te-rapia, al fine di evitare i potenziali rischi indotti da unesercizio fisico “non controllato”. Per tale prescrizioneè proponibile l’individuazione di una scheda sanitaria(protocollo diagnostico), attraverso la quale il medicopotrà rispettare le linee guida e le indicazioni poste dal-la medicina secondo lo stato dell’arte. L’adozione diquesta scheda, pertanto, potrebbe limitare al massimo

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

721

Tabella 36. Norme che disciplinano le attività fisico-sportive inItalia.

Norme Costituzionali: art. 2 (“diritti inviolabili dell’uomo ... nel-le formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”); art. 4(“ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie pos-sibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concor-ra al progresso materiale o spirituale della società”); art. 32 (tu-tela ogni pratica sportiva purché finalizzata alla tutela della salu-te intesa come “fondamentale diritto dell’individuo e interessedella collettività”).Carta Internazionale dell’educazione fisica e dello sport dell’UNE-SCO Parigi, 21 novembre 1978.Legge 28 dicembre 1950, n. 1055 “Tutela sanitaria delle attivitàsportive”.Legge 26 ottobre 1971, n. 1099 “Tutela sanitaria delle attivitàsportive”.D.M. 5 luglio 1975 “Disciplina dell’accesso alle singole attivitàsportive” ed “Elenchi delle sostanze capaci di modificare le ener-gie naturali degli atleti nonché le modalità di prelievo dei liquidibiologici ed i relativi metodi di analisi”.D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 “Attuazione della delega di cui al-l’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382”Legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio SanitarioNazionale (SSN), con cui “la tutela sanitaria delle attività spor-tive” viene esplicitamente indicata come obiettivo del SSN (art.2/II, lettera e).D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito in legge 29 febbraio1980, n. 33.Legge 23 marzo 1981, n. 91 “Norme in materia di rapporti tra so-cietà e sportivi professionisti”.D.M. 18 febbraio 1982 “Norme per la tutela sanitaria dell’atti-vità sportiva agonistica”, con integrazione e rettifica nel D.M. 28febbraio 1983 e correlata Circolare esplicativa del Ministero del-la Sanità n. 7 del 31 gennaio 1983.D.M. 28 febbraio 1983 “Norme per la tutela sanitaria dell’atti-vità sportiva agonistica”.D.M. 4 marzo 1993 “Determinazione dei protocolli per la con-cessione dell’idoneità alla pratica sportiva agonistica delle per-sone handicappate”.D.M. 13 marzo 1995 “Norme sulla tutela sanitaria degli sportiviprofessionisti”.Legge 14 dicembre 2000, n. 376 “Disciplina della tutela sanita-ria delle attività sportive e della lotta contro il doping”.D.P.R. 13 marzo 2002, n. 69 “Regolamento per la semplificazio-ne delle modalità di certificazione dei corrispettivi per le societàe le associazioni sportive dilettantistiche”.Codice di Deontologia Medica, 3 ottobre 1998, Titolo VI - CapoII “Medicina dello Sport”- artt. 75, 76 e 77.

Page 42: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

la probabilità di commettere errori nella valutazione delsoggetto, evitando grossolane esposizioni a rischi ge-nerici o specifici.

La scheda dovrà comprendere un’accurata anamne-si, un esame obiettivo completo e dovrà essere previstala possibilità di allegare gli esami strumentali e di labo-ratorio consigliati. Saranno indicate, poi, le norme daseguire per il rispetto dell’attuale giurisprudenza edeontologia in tema di privacy e di consenso informa-to. Particolare cura, infine, sarà posta nell’indicare inmaniera corretta le dosi e la tipologia dell’esercizio fi-sico. Dovranno quindi essere specificati il tipo e l’in-tensità degli esercizi, la loro durata, frequenza, pro-gressione e modalità di esecuzione. Inoltre, dovrà esse-re indicato se il training dovrà essere eseguito a domi-cilio, oppure in ambiente medico controllato. Il sogget-to non potrà, in ogni caso, estendere tale prescrizionenei confronti di altre attività a lui gradite, senza averconsultato nuovamente il parere del medico. Infine, laprescrizione terapeutica avrà una validità limitata neltempo, in quanto vi è la necessità di effettuare periodi-camente delle visite mediche di controllo, la tempisticadelle quali dovrà essere riportata nella scheda.

Consenso informatoPrevio il rilascio dell’informativa, la medicina legale ri-badisce l’importanza di un consenso informato da partedel soggetto che si sottopone a visita medica e agli ulte-riori accertamenti (ancor più se tali accertamenti sonoinvasivi e quindi “rischiosi”), nonché di un consenso al-la successiva prescrizione dell’esercizio fisico. Ciò deveavvenire sempre nel rispetto dei ben noti parametri inuso nella pratica clinica, fondati sulla valutazione casoper caso e sul rapporto rischio/beneficio. Anche il Codi-ce di Deontologia Medica, all’articolo 74, richiama lanecessità di una “adeguata informazione al soggetto su-gli eventuali rischi e benefici che la specifica attivitàsportiva può comportare”. Nel caso di soggetti di mino-re età, il consenso dovrà prevedere obbligatoriamente ilcoinvolgimento di entrambi i genitori.

PrivacyPer applicazione al settore sportivo della legge sulla pri-vacy (Legge 675/96) e per trasparenza, come più volteindicato dal Garante per la protezione dei dati personali,il giudizio sulla necessità del training a scopo preventi-vo-terapeutico deve trovare espressione in un’appositaprescrizione rilasciata al paziente. Inoltre, sarà necessa-rio ottenere il consenso del soggetto al trattamento deisuoi dati personali che saranno forniti ai Centri Sportiviper l’esecuzione del training prescritto. A tale scopo, ladocumentazione conseguita dovrà essere conservata perun periodo di almeno 5 anni dalla data della visita, sia dalCentro Medico sia dal Centro Sportivo.

Responsabilità professionaleIn questo ambito, la responsabilità professionale per iSanitari si pone soprattutto nei confronti della valuta-

zione diagnostica e del giudizio di idoneità del sogget-to all’esercizio fisico, nonché nelle eventuali ripercus-sioni negative del training262.

In riferimento alla problematica che ci occupa, oc-corre soffermarci sui più recenti orientamenti giuri-sprudenziali in tema di accertamento della responsabi-lità medica a titolo di colpa e di causalità omissiva. Edinvero, a tal uopo, in primo luogo, occorre stabilire sela condotta del medico (ad esempio in caso di rilasciodi un certificato omettendo di prescrivere i necessariesami) possa essere ritenuta colposa perché abbia vio-lato i parametri della comune diligenza, prudenza e pe-rizia ovvero perché abbia violato le regole tecniche (edi protocolli) della scienza medica di settore. In caso af-fermativo, poi, dovrà essere accertata l’esistenza delnesso causale tra la condotta del medico e l’evento lesi-vo. Anche tale accertamento, teso a stabilire se la con-dotta avuta, ove attuata dal medico, avrebbe impedito ilverificarsi dell’evento, dovrà essere effettuato sulla ba-se delle leges artis di riferimento. Solo laddove le co-siddette leggi di copertura (scientifiche e statistiche)non consentano di concludere con ragionevole certezzaod almeno in termini di “elevata” probabilità per l’esi-stenza del nesso causale, sarà necessario verificare ul-teriormente l’esistenza di un possibile decorso causalealternativo (ossia l’esistenza di eventuali processi cau-sali alternativi) onde concludere con ragionevole cer-tezza per la non imputabilità dell’evento lesivo, sotto ilprofilo causale, al medico.

Al pari delle situazioni in cui sono in ballo degliatleti, con il loro valore di mercato ed i conseguenti in-teressi delle società sportive, è compito dei Sanitari in-dividuare i casi in cui il paziente abbia un qualche inte-resse a simulare o dissimulare un quadro patologico,per esempio al fine di godere dei vantaggi di una pale-stra o di una “vacanza dal lavoro” per finti fini terapeu-tici. Il Codice Deontologico, all’articolo 74 in tema di“Accertamento dell’idoneità fisica”, chiarisce che levalutazioni mediche devono essere “ispirate a esclusivicriteri di tutela della salute e dell’integrità fisica e psi-chica del soggetto”. Viene formulato, quindi, un espli-cito riferimento alle simulazioni o dissimulazioni e aglieventuali interessi dei Centri Sportivi in connivenzacon i Sanitari. Qualora il medico, pur essendo consape-vole delle controindicazioni presenti, rilasci un giudi-zio di idoneità allo svolgimento di un regime di attivitàfisica, si configura il reato di connivenza con i CentriSportivi. Questa correità, di per sé punita dal codice pe-nale e dall’ordine dei medici, porterebbe il medico adessere imputato non più per semplice colpa, ma per ilben più grave reato di dolo.

L’attività fisica a scopo preventivo-terapeutico, anostro avviso, dovrebbe essere condotta sotto la super-visione di medici qualificati (Specialisti in Medicinadello Sport e/o in Cardiologia). È lo stesso Codice diDeontologia Medica che all’articolo 75 indica “l’obbli-go, in qualsiasi circostanza, di valutare se un soggettopuò ... proseguire l’attività fisica”. All’interno dei Cen-

722

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Page 43: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

tri Sportivi in cui si pratica esercizio fisico a scopo pre-ventivo-terapeutico, quindi, è auspicabile la presenza diun medico deputato al monitoraggio delle condizionipsico-fisiche dei soggetti.

Standard organizzativi per i Centri MediciAnalizzando la struttura della scheda sanitaria da noiindividuata per la prescrizione medica dell’esercizio fi-sico e la letteratura internazionale, è possibile definiregli standard organizzativi e qualitativi dei Centri Medi-ci ove viene svolta tale attività.

Le norme vigenti (D.M. 18/02/1982) prevedono che,per le attività sportive agonistiche, la certificazione diidoneità possa essere rilasciata solo da medici Speciali-sti in Medicina dello Sport. L’idoneità per le attivitànon agonistiche o amatoriali, invece, può essere rila-sciata da qualsiasi altro medico. Tenuto conto della de-licatezza dell’impegno diagnostico-prognostico sareb-be opportuno che i Centri Medici dove si prescrive l’e-sercizio fisico avessero nel loro organico medici Spe-cialisti in Cardiologia e/o in Medicina dello Sport.

I Centri Medici dovranno essere attrezzati di sem-plici ma fondamentali possibilità diagnostiche e rispet-tare alcuni standard organizzativi. In primis, dovrannopossedere le attrezzature ed i requisiti standard di ognialtro ambulatorio, anche in ottemperanza a quanto pre-visto dai requisiti disposti dai regolamenti regionali su-gli accreditamenti e dalla Legge 626/94 “Misure per latutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori du-rante il lavoro”.

La visita per l’idoneità all’attività fisica a scopo pre-ventivo-terapeutico inizia con una raccolta anamnesti-ca e un esame obiettivo da riportare su una specifica eobbligatoria scheda clinica personale. Il passo succes-sivo prevede l’esecuzione di alcuni esami strumentalie/o di laboratorio. Gli esami fondamentali sono rappre-sentati dall’ECG a 12 derivazioni, dal test ergometricoe dalla spirometria. Il Centro Medico dovrà perciò es-sere dotato almeno di un elettrocardiografo, di un ergo-metro (cicloergometro e/o treadmill) e di uno spirome-tro, in modo da poter eseguire in loco le suddette inda-gini. Dovranno essere disponibili un carrello per leemergenze e un defibrillatore, secondo quanto racco-mandato dalle linee guida internazionali per l’esecu-zione delle prove da sforzo. In molti soggetti sarannoindispensabili ulteriori approfondimenti diagnostici,quali l’ecocardiogramma, gli esami ematochimici, ecc.Inoltre, dovrebbe essere prevista la consulenza di spe-cialisti esterni, competenti per le eventuali patologieemerse nel corso della visita medica.

È scontato rammentare che, qualora alcuni accerta-menti vengano eseguiti esternamente (per richiesta delmalato o per esigenze del Centro Medico), sarà compi-to del medico accertarsi che questi siano stati eseguiticorrettamente e in un tempo sufficientemente recente.In quest’ottica, appare quanto mai utile per i Centri Me-dici, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti cardio-logici (quelli cioè più rilevanti dal punto di vista clini-

co e medico-legale), un modello organizzativo tipo“Hub and Spoke”. Questo sistema prevede la classifi-cazione dei Centri Medici operanti in un determinatoambito territoriale, in tre differenti livelli di comples-sità. Tutti e tre i livelli lavorerebbero collegati tra loroin modo organico e pianificato. Nei Centri Medici di Ilivello si effettuerebbero la visita di base e la prescri-zione dell’esercizio per i soggetti a basso rischio, qualii soggetti giovani e sani, quelli adulti senza fattori di ri-schio e quelli sedentari. Ai Centri Medici di II livello,invece, è richiesto un giudizio sui soggetti con anoma-lie alla visita di base. Tali centri potrebbero prescrivereprogrammi di allenamento per i soggetti a rischio bas-so e moderato, quali quelli con fattori di rischio plurimie/o con cardiopatia stabilizzata. I Centri Medici di IIIlivello, infine, dovrebbero avere la possibilità di ese-guire tutte le altre indagini strumentali necessarie. A lo-ro sarebbe affidata la valutazione dei pazienti più com-plessi e a più elevato rischio.

La documentazione prodotta dovrà essere conserva-ta per un tempo di almeno 5 anni. Questo, per rispon-dere ai dettami di legge e per venire incontro alle esi-genze imposte dalle successive visite di controllo. Con-seguentemente, in conformità a quanto stabilito dal Co-dice di Deontologia Medica, dalla legge sulla Privacy(Legge 675/96) e dal Codice Penale, il Centro Medicodovrà avere la possibilità di custodire diligentementetali dati sensibili, lontano da “occhi curiosi e indiscre-ti”, mediante archivi cartacei (armadi o cassettiere) e/oinformatici (computer o database).

Standard organizzativi per i Centri SportiviI Centri Sportivi nei quali si pratica l’attività fisica ascopo preventivo-terapeutico devono possedere speci-fici requisiti organizzativi e qualitativi263,264. Nel pano-rama nazionale si osserva una netta carenza di normati-va sul tema. Su queste basi, abbiamo individuato alcu-ni requisiti da rispettare per la sicurezza in ambito sani-tario dei soggetti che praticano esercizio fisico.

È opportuno che ogni Centro Sportivo possieda unmedico di riferimento. Il “gold standard” vorrebbe chequesto, assieme al personale dello staff tecnico, avessesostenuto corsi di rianimazione cardiopolmonare di ba-se, con la conoscenza dei protocolli per la rianimazio-ne cardiopolmonare. Sempre in tema di “gold stan-dard” qualitativi e organizzativi, occorre ricordare lepossibilità oggi offerte dai defibrillatori semiautomati-ci. L’impiego di tali dispositivi potrebbe essere di gran-de utilità nei Centri Sportivi dove si pratica attività fisi-ca preventivo-terapeutica nei soggetti anziani e cardio-patici.

I Centri Sportivi dovrebbero essere dotati di unapiccola infermeria e di tutti i materiali necessari allepiccole e grandi emergenze, dalle ferite agli eventi car-diovascolari. In questo luogo il Sanitario del CentroSportivo potrà valutare, in maniera sistematica oppuresolo all’occorrenza, le condizioni cliniche e cardiocir-colatorie dei soggetti. Pertanto, sarà necessario equi-

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

723

Page 44: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

paggiare l’infermeria di un lettino, di un fonendosco-pio, di uno sfigmomanometro e possibilmente di unelettrocardiografo.

Sull’esperienza del Servizio 118, si va consolidan-do la prassi della trasmissione in tempo reale, per viainformatica o telefonica, dei tracciati elettrocardiogra-fici. L’adozione di questa tecnica è proponibile ancheper i Centri Sportivi. In tal modo, nel caso si verificas-se un’emergenza, il personale sanitario presente e/o lostaff tecnico avrebbe l’opportunità di soccorrere i pa-zienti, effettuare un esame elettrocardiografico e avereimmediatamente una consulenza da parte di una strut-tura sanitaria di riferimento, per impostare la correttaterapia e/o richiedere il trasporto del soggetto in ospe-dale.

Per loro compito, i Centri Sportivi dovranno visio-nare e conservare la documentazione clinica del pa-ziente. Per questo, dovranno rispettare gli stessi requi-siti individuati per i Centri Medici (archivi cartacei e/oinformatici).

Abbreviazioni

ACD = distanza di claudicatio assolutaAOCP = arteriopatia obliterante cronica perifericaBAV = blocco atrioventricolareC(a-v)O2 = gettata cardiaca � differenza artero-venosa di os-

sigenoCPT = tempo di claudicatio inizialeHDL = lipoproteina ad alta densitàICD = defibrillatore impiantabileICD = distanza di claudicatio inizialeLDL = lipoproteina a bassa densitàMCV = malattia cardiovascolareMWT = tempo di claudicatio totaleOMS = Organizzazione Mondiale della SanitàPAP = pressione in arteria polmonarePCW = pressione capillare polmonare a catetere occlu-

denteVE/VCO2 = ventilazione/emissione di anidride carbonicaVO2 = consumo miocardico di ossigeno

Bibliografia

1. World Health Organization. The world health report 2002 -reducing risks, promoting healthy life. Geneva: WHO,2002.

2. Booth FW, Gordon SE, Carlson CJ, Hamilton MT. Wagingwar on modern chronic diseases: primary preventionthrough exercise biology. J Appl Physiol 2000; 88: 774-87.

3. Blair SN, Kohl HW, Barlow CE, Paffenbarger RS, GibbonsLW, Macera CA. Changes in physical fitness and all-causemortality. A prospective study of healthy and unhealthymen. JAMA 1995; 273: 1093-8.

4. Paffenbarger RS, Kampert JB, Lee IM, Hyde RT, LeungRW, Wing AL. Changes in physical activity and other life-way patterns influencing longevity. Med Sci Sports Exerc1994; 26: 857-65.

5. Erikssen G, Liestol K, Bjornholt J, Thaulow E, Sandvik L,Erikssen J. Changes in physical fitness and changes in mor-tality. Lancet 1998; 352: 759-62.

6. Myers J, Prakash M, Froelicher V, Do D, Partington S, At-wood JE. Exercise capacity and mortality among men re-ferred for exercise testing. N Engl J Med 2002; 346: 793-801.

7. Manson JE, Greenland P, LaCroix AZ, et al. Walking com-pared with vigorous exercise for the prevention of cardio-vascular events in women. N Engl J Med 2002; 347: 716-25.

8. Kokkinos PF, Narayan P, Colleran JA, et al. Effects of reg-ular exercise on blood pressure and left ventricular hyper-trophy in African-American men with severe hypertension.N Engl J Med 1995; 333: 1462-7.

9. Paffenbarger RS, Lee IM. Intensity of physical activity re-lated to incidence of hypertension and all-cause mortality:an epidemiological view. Blood Press Monit 1997; 2: 115-23.

10. Coats AJ, Adamopoulos S, Radaelli A, et al. Controlled tri-al of physical training in chronic heart failure. Exercise per-formance, hemodynamics, ventilation, and autonomic func-tion. Circulation 1992; 85: 2119-31.

11. Tuomilehto J, Lindstrom J, Eriksson JG, et al, for theFinnish Diabetes Prevention Study Group. Prevention oftype 2 diabetes mellitus by changes in lifestyle among sub-jects with impaired glucose tolerance. N Engl J Med 2001;344: 1343-50.

12. Knowler WC, Barrett-Connor E, Fowler SE, et al, for theDiabetes Prevention Program Research Group. Reductionin the incidence of type 2 diabetes with lifestyle interven-tion or metformin. N Engl J Med 2002; 346: 393-403.

13. Zinman B, Ruderman N, Campaigne BN, Devlin JT,Schneider SH, for the American Diabetes Association.Physical activity/exercise and diabetes mellitus. DiabetesCare 2003; 26 (Suppl 1): S73-S77.

14. Wier LT, Ayers GW, Jackson AS, Rossum AC, Poston WS,Foreyt JP. Determining the amount of physical activityneeded for long-term weight control. Int J Obes RelatMetab Disord 2001; 25: 613-21.

15. Wagner A, Simon C, Ducimetiere P, et al. Leisure-timephysical activity and regular walking or cycling to work areassociated with adiposity and 5 y weight gain in middle-aged men: the PRIME Study. Int J Obes Relat Metab Disord2001; 25: 940-8.

16. Lee CD, Blair SN, Jackson AS. Cardiorespiratory fitness,body composition, and all-cause and cardiovascular diseasemortality in men. Am J Clin Nutr 1999; 69: 373-80.

17. Laufs U, Wassmann S, Czech T, et al. Physical inactivity in-creases oxidative stress, endothelial dysfunction, and athero-sclerosis. Arterioscler Thromb Vasc Biol 2005; 25: 809-14.

18. Vona M, Rossi A, Capodaglio P, et al. Impact of physicaltraining and detraining on endothelium-dependent vasodi-lation in patients with recent acute myocardial infarction.Am Heart J 2004; 147: 1039-46.

19. Abramson JL, Vaccarino V. Relationship between physicalactivity and inflammation among apparently healthy mid-dle-aged and older US adults. Arch Intern Med 2002; 162:1286-92.

20. Wannamethee GS, Lowe GD, Whincup PH, Rumley A,Walker M, Lennon L. Physical activity and hemostatic andinflammatory variables in elderly men. Circulation 2002;105: 1785-90.

21. Strawbridge WJ, Deleger S, Roberts RE, Kaplan GA. Phys-ical activity reduces the risk of subsequent depression forolder adults. Am J Epidemiol 2002; 156: 328-34.

22. Tanasescu M, Leitzmann MF, Rimm EB, Hu FB. Physicalactivity in relation to cardiovascular disease and total mor-tality among men with type 2 diabetes. Circulation 2003;107: 2435-9.

23. Franco OH, de Laet C, Peeters A, Jonker J, Mackenbach J,

724

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Page 45: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

Nusselder W. Effects of physical activity on life expectancywith cardiovascular disease. Arch Intern Med 2005; 165:2355-60.

24. Sesso HD, Paffenbarger RS, Lee IM. Physical activity andcoronary heart disease in men: the Harvard Alumni HealthStudy. Circulation 2000; 102: 975-80.

25. O’Connor GT, Buring JE, Yusuf S, et al. An overview ofrandomized trials of rehabilitation with exercise after my-ocardial infarction. Circulation 1989; 80: 234-44.

26. Oldridge NB, Guyatt GH, Fischer ME, Rimm AA. Cardiacrehabilitation after myocardial infarction. Combined expe-rience of randomized clinical trials. JAMA 1988; 260: 945-50.

27. Taylor RS, Brown A, Ebrahim S, et al. Exercise-based reha-bilitation for patients with coronary heart disease: system-atic review and meta-analysis of randomized controlled tri-als. Am J Med 2004; 116: 682-92.

28. Belardinelli R, Paolini I, Cianci G, Piva R, Georgiou D, Pur-caro A. Exercise training intervention after coronary angio-plasty: the ETICA trial. J Am Coll Cardiol 2001; 37: 1891-900.

29. Giannuzzi P, Temporelli PG, Corrà U, Tavazzi L, for theELVD-CHF Study Group. Antiremodeling effect of long-term exercise training in patients with stable chronic heartfailure: results of the Exercise in Left Ventricular Dysfunc-tion and Chronic Heart Failure (ELVD-CHF) Trial. Circula-tion 2003; 108: 554-9.

30. Pina IL, Apstein CS, Balady GJ, et al. Exercise and heartfailure: a statement from the American Heart AssociationCommittee on exercise, rehabilitation, and prevention. Cir-culation 2003; 107: 1210-25.

31. Piepoli MF, Davos C, Francis DP, Coats AJ, for the ExTra-MATCH Collaborative. Exercise training meta-analysis oftrials in patients with chronic heart failure (ExTraMATCH).BMJ 2004; 328: 189.

32. Stewart KJ, Hiatt WR, Regensteiner JG, Hirsch AT. Exer-cise training for claudication. N Engl J Med 2002; 347:1941-51.

33. Keeler EB, Manning WG, Newhouse JP, Sloss EM, Wasser-man J. The external costs of a sedentary life-style. Am JPublic Health 1989; 79: 975-81.

34. Munro J, Brazier J, Davey R, Nicholl J. Physical activity forthe over-65s: could it be a cost-effective exercise for theNHS? J Public Health Med 1997; 19: 397-402.

35. Jones TF, Eaton CB. Cost-benefit analysis of walking toprevent coronary heart disease. Arch Fam Med 1994; 3:703-10.

36. Sevick MA, Dunn AL, Morrow MS, Marcus BH, Chen GJ,Blair SN. Cost-effectiveness of lifestyle and structured ex-ercise interventions in sedentary adults: results of projectACTIVE. Am J Prev Med 2000; 19: 1-8.

37. Hatziandreu EI, Koplan JP, Weinstein MC, Caspersen CJ,Warner KE. A cost-effectiveness analysis of exercise as ahealth promotion activity. Am J Public Health 1988; 78:1417-21.

38. Oldridge N, Furlong W, Feeny D, et al. Economic evalua-tion of cardiac rehabilitation soon after acute myocardial in-farction. Am J Cardiol 1993; 72: 154-61.

39. Levin LA, Perk J, Hedback B. Cardiac rehabilitation - a costanalysis. J Intern Med 1991; 230: 427-34.

40. Ades PA, Huang D, Weaver SO. Cardiac rehabilitation par-ticipation predicts lower rehospitalization costs. Am Heart J1992; 123 (Pt 1): 916-21.

41. Lowensteyn I, Coupal L, Zowall H, Grover SA. The cost-ef-fectiveness of exercise training for the primary and sec-ondary prevention of cardiovascular disease. J CardiopulmRehabil 2000; 20: 147-55.

42. Ades PA, Pashkow FJ, Nestor JR. Cost-effectiveness of car-

diac rehabilitation after myocardial infarction. J Car-diopulm Rehabil 1997; 17: 222-31.

43. Georgiou D, Chen Y, Appadoo S, et al. Cost-effectivenessanalysis of long-term moderate exercise training in chronicheart failure. Am J Cardiol 2001; 87: 984-8.

44. Third report of the National Cholesterol Education Program(NCEP) Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treat-ment of High Blood Cholesterol in Adults (Adult TreatmentPanel III) final report. Circulation 2002; 106: 3143-421.

45. Vogel RA. Clinical implications of recent cholesterol low-ering trials for the secondary prevention of coronary heartdisease. Am J Manag Care 1997; 3: S83-S92.

46. Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Adultparticipation in recommended levels of physical activity -United States, 2001 and 2003. MMWR Morb Mortal WklyRep 2005; 54: 1208-12.

47. Urbinati S, Fattirolli F, Tramarin R, et al, for the GruppoItaliano di Cardiologia Riabilitativa e Preventiva. TheISYDE project. A survey on Cardiac Rehabilitation in Italy.Monaldi Arch Chest Dis 2003; 60: 16-24.

48. Carlon R, Maiolino P. Cardiac rehabilitation and secondaryprevention. Monaldi Arch Chest Dis 2003; 60: 321-3.

49. Delise P, Guiducci U, Zeppilli P, et al. Cardiological guide-lines for competitive sports eligibility. Ital Heart J 2005; 6:661-702.

50. Maron BJ, Zipes DP. 36th Bethesda Conference: Eligibilityrecommendations for competitive athletes with cardiovas-cular abnormalities. J Am Coll Cardiol 2005; 45: 1312-75.

51. Pelliccia A, Fagard R, Bjornstad HH, et al. Recommenda-tions for competitive sports participation in athletes with car-diovascular disease: a consensus document from the StudyGroup of Sports Cardiology of the Working Group of CardiacRehabilitation and Exercise Physiology and the WorkingGroup of Myocardial and Pericardial Diseases of the Euro-pean Society of Cardiology. Eur Heart J 2005; 26: 1422-45.

52. ATS Committee on Proficiency Standards for Clinical Pul-monary Function Laboratories. ATS statement: guidelinesfor the six-minute walk test. Am J Respir Crit Care Med2002; 166: 111-7.

53. Agostoni PG, Bianchi M, Moraschi A, et al. Work-rate af-fects cardiopulmonary exercise test results in heart failure.Eur J Heart Fail 2005, 7: 498-504.

54. Perego GB, Marenzi GC, Guazzi M, et al. Contribution ofPO2, P50, and Hb to changes in arteriovenous O2 contentduring exercise in heart failure. J Appl Physiol 1996; 80:623-31.

55. Stringer WW, Hansen JE, Wasserman K. Cardiac output es-timated noninvasively from oxygen uptake during exercise.J Appl Physiol 1997; 82: 908-12.

56. Weber KT, Janicki JS. Cardiopulmonary exercise testing forevaluation of chronic cardiac failure. Am J Cardiol 1985;55: 22A-31A.

57. Agostoni PG, Cattadori G, Apostolo A, et al. Noninvasivemeasurement of cardiac output during exercise by inert gasrebreathing technique: a new tool for heart failure evalua-tion. J Am Coll Cardiol 2005; 46: 1779-81.

58. Wasserman K, Zhang Y, Gitt A, et al. Lung function and ex-ercise gas exchange in chronic heart failure. Circulation1997; 96: 2221-7.

59. Agostoni PG, Pellegrino R, Conca C, Rodarte J, BrusascoV. Exercise hyperpnea in chronic heart failure: relationshipsto lung stiffness and exercise flow limitation. J Appl Physiol2002; 92: 1409-16.

60. Bonetti A. Diabete mellito ed esercizio fisico. Med Sport2001; 54: 183-93.

61. Bonetti A. Attività fisica, metabolismo lipidico e rischiocardiovascolare. Sports Cardiology 2001; 2: 159-68.

62. Halbert JA, Silagy CA, Finucane P, Withers RT, Hamdorf

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

725

Page 46: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

PA. Exercise training and blood lipids in hyperlipidemicand normolipidemic adults: a meta-analysis of randomized,controlled trials. Eur J Clin Nutr 1999; 53: 514-22.

63. Arquer A, Elosua R, Covas MI, Molina L, Marrugat J.Amount and intensity of physical activity, fitness, andserum lipids in pre-menopausal women. Int J Sports Med2006; 27: 911-8.

64. Wei M, Gibbons LW, Kampert JB, Nichaman MZ, BlairSN. Low cardiorespiratory fitness and physical inactivity aspredictors of mortality in men with type 2 diabetes. Ann In-tern Med 2000; 132: 605-11.

65. Boule NG, Haddad E, Kenny GP, Wells GA, Sigal RJ. Ef-fects of exercise on glycemic control and body mass in type2 diabetes mellitus: a meta-analysis of controlled clinicaltrials. JAMA 2001; 286: 1218-27.

66. Borghouts LB, Keizer HA. Exercise and insulin sensitivity:a review. Int J Sports Med 2000; 21: 1-12.

67. Dela F, Ploug T, Handberg A, et al. Physical training in-creases muscle GLUT4 protein and mRNA in patients withNIDDM. Diabetes 1994; 43: 862-5.

68. Holzmann M, Olsson A, Johansson J, Jensen-Urstad M.Left ventricular diastolic function is related to glucose in amiddle-aged population. J Intern Med 2002; 251: 415-20.

69. Brenner DA, Apstein CS, Saupe KW. Exercise training at-tenuates age-associated diastolic dysfunction in rats. Circu-lation 2001; 104: 221-6.

70. Kelemen MH, Effron MB, Valenti SA, tewart KJ. Exercisetraining combined with antihypertensive drug therapy. Ef-fects on lipids, blood pressure, and left ventricular mass.JAMA 1990; 263: 2766-71.

71. Caballero AE, Arora S, Saouaf R, et al. Microvascular andmacrovascular reactivity is reduced in subjects at risk fortype 2 diabetes. Diabetes 1999; 48: 1856-62.

72. Gielen S, Hambrecht R. Effects of exercise training on vas-cular function and myocardial perfusion. Cardiol Clin 2001;19: 357-68.

73. Maiorana A, O’Driscoll G, Cheetham C, et al. The effect ofcombined aerobic and resistance exercise training on vas-cular function in type 2 diabetes. J Am Coll Cardiol 2001;38: 860-6.

74. Irwin ML, Yasui Y, Ulrich CM, et al. Effect of exercise on to-tal and intra-abdominal body fat in postmenopausal women:a randomized controlled trial. JAMA 2003; 289: 323-30.

75. Yudkin JS, Stehouwer CD, Emeis JJ, Coppack SW. C-reac-tive protein in healthy subjects: associations with obesity,insulin resistance, and endothelial dysfunction: a potentialrole for cytokines originating from adipose tissue? Arte-rioscler Thromb Vasc Biol 1999; 19: 972-8.

76. Lyon CJ, Law RE, Hsueh WA. Minireview: adiposity, in-flammation, and atherogenesis. Endocrinology 2003; 144:2195-200.

77. Tamakoshi K, Yatsuya H, Kondo T, et al. The metabolic syn-drome is associated with elevated circulating C-reactiveprotein in healthy reference range, a systemic low-grade in-flammatory state. Int J Obes Relat Metab Disord 2003; 27:443-9.

78. Pradhan AD, Manson JE, Rifai N, Buring JE, Ridker PM.C-reactive protein, interleukin 6, and risk of developingtype 2 diabetes mellitus. JAMA 2001; 286: 327-34.

79. Haffner S, Taegtmeyer H. Epidemic obesity and the meta-bolic syndrome. Circulation 2003; 108: 1541-5.

80. Ford ES. Prevalence of the metabolic syndrome defined bythe International Diabetes Federation among adults in theUS. Diabetes Care 2005; 28: 2745-9.

81. Katzmarzyk PT, Church TS, Blair SN. Cardiorespiratoryfitness attenuates the effects of the metabolic syndrome onall-cause and cardiovascular disease mortality in men. ArchIntern Med 2004; 164: 1092-7.

82. Murphy M, Nevill A, Neville C, Biddle S, Hardman A. Ac-cumulating brisk walking for fitness, cardiovascular risk,and psychological health. Med Sci Sports Exerc 2002; 34:1468-74.

83. Reaven G: Metabolic syndrome: pathophysiology and im-plications for management of cardiovascular disease. Cir-culation 2002; 106: 286-8.

84. Verma S, Anderson TJ. Fundamentals of endothelial func-tion for the clinical cardiologist. Circulation 2002; 105:546-9.

85. Schachinger V, Britten MB, Zeiher AM. Prognostic impactof coronary vasodilator dysfunction on adverse long-termoutcome of coronary heart disease. Circulation 2000; 101:1899-906.

86. Drexler H. Endothelium as therapeutic target in heart fail-ure. Circulation 1998; 98: 2652-5.

87. Fischer D, Rossa S, Landmesser U, et al. Endothelial dys-function in patients with chronic heart failure is indepen-dently associated with increased incidence of hospitaliza-tion, cardiac transplantation, or death. Eur Heart J 2005; 26:65-9.

88. Suvorava T, Lauer N, Kojda G. Physical inactivity causesendothelial dysfunction in healthy young mice. J Am CollCardiol 2004; 44: 1320-7.

89. Wang J, Wolin MS, Hintze TH. Chronic exercise enhancesendothelium-mediated dilation of epicardial coronaryartery in conscious dogs. Circ Res 1993; 73: 829-38.

90. Lavrencic A, Salobir BG, Keber I. Physical training im-proves flow-mediated dilation in patients with the poly-metabolic syndrome. Arterioscler Thromb Vasc Biol 2000;20: 551-5.

91. Niebauer J, Maxwell AJ, Lin PS, et al. Impaired aerobic ca-pacity in hypercholesterolemic mice: partial reversal by ex-ercise training. Am J Physiol 1999; 276 (Pt 2): H1346-H1354.

92. Sessa WC, Pritchard K, Seyedi N, Wang J, Hintze TH.Chronic exercise in dogs increases coronary vascular nitricoxide production and endothelial cell nitric oxide synthasegene expression. Circ Res 1994; 74: 349-53.

93. Hambrecht R, Adams V, Erbs S, et al. Regular physical ac-tivity improves endothelial function in patients with coro-nary artery disease by increasing phosphorylation of en-dothelial nitric oxide synthase. Circulation 2003; 107:3152-8.

94. Malek AM, Alper SL, Izumo S. Hemodynamic shear stressand its role in atherosclerosis. JAMA 1999; 282: 2035-42.

95. Fukai T, Siegfried MR, Ushio-Fukai M, Cheng Y, Kojda G,Harrison DG. Regulation of the vascular extracellular su-peroxide dismutase by nitric oxide and exercise training. JClin Invest 2000; 105: 1631-9.

96. Hambrecht R, Wolf A, Gielen S, et al. Effect of exercise oncoronary endothelial function in patients with coronaryartery disease. N Engl J Med 2000; 342: 454-60.

97. Hambrecht R, Fiehn E, Weigl C, et al. Regular physical ex-ercise corrects endothelial dysfunction and improves exer-cise capacity in patients with chronic heart failure. Circula-tion 1998; 98: 2709-15.

98. Linke A, Schoene N, Gielen S, et al. Endothelial dysfunc-tion in patients with chronic heart failure: systemic effectsof lower-limb exercise training. J Am Coll Cardiol 2001;37: 392-7.

99. Werner N, Kosiol S, Schiegl T, et al. Circulating endothelialprogenitor cells and cardiovascular outcomes. N Engl JMed 2005; 353: 999-1007.

100. Laufs U, Werner N, Link A, et al. Physical training increas-es endothelial progenitor cells, inhibits neointima forma-tion, and enhances angiogenesis. Circulation 2004; 109:220-6.

726

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Page 47: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

101. van Mechelen W, Twisk JW, Kemper HC. The relationshipbetween physical activity and physical fitness in youth andcardiovascular health later in life - what longitudinal studiescan tell. Int J Sports Med 2002; 23 (Suppl): S1-S50.

102. Thompson PD. The cardiovascular complications of vigor-ous physical activity. Arch Intern Med 1996; 156: 2297-302.

103. Mittleman MA, Maclure M, Tofler GH, Sherwood JB,Goldberg RJ, Muller JE. Triggering of acute myocardial in-farction by heavy physical exertion. Protection against trig-gering by regular exertion. Determinants of Myocardial In-farction Onset Study Investigators. N Engl J Med 1993;329: 1677-83.

104. Thompson PD, Funk EJ, Carleton RA, Sturner WQ. Inci-dence of death during jogging in Rhode Island from 1975through 1980. JAMA 1982; 247: 2535-8.

105. Van Camp SP, Bloor CM, Mueller FO, Cantu RC, OlsonHG. Nontraumatic sports death in high school and collegeathletes. Med Sci Sports Exerc 1995; 27: 641-7.

106. Corrado D, Basso C, Rizzoli G, Schiavon M, Thiene G.Does sports activity enhance the risk of sudden death inadolescents and young adults? J Am Coll Cardiol 2003; 42:1959-63.

107. Siscovick DS, Weiss NS, Fletcher RH, Lasky T. The inci-dence of primary cardiac arrest during vigorous exercise. NEngl J Med 1984; 311: 874-7.

108. Van Camp SP, Peterson RA. Cardiovascular complicationsof outpatient cardiac rehabilitation programs. JAMA 1986;256: 1160-3.

109. Franklin BA, Bonzheim K, Gordon S, Timmis GC. Safetyof medically supervised outpatient cardiac rehabilitationexercise therapy: a 16-year follow-up. Chest 1998; 114:902-6.

110. Corrado D, Basso C, Thiene G. Essay: Sudden death inyoung athletes. Lancet 2005; 366 (Suppl 1): S47-S48.

111. Maron BJ. Sudden death in young athletes. N Engl J Med2003; 349: 1064-75.

112. Willich SN, Lewis M, Lowel H, Arntz HR, Schubert F,Schroder R. Physical exertion as trigger of acute myocardialinfarction. Triggers and Mechanisms Myocardial InfarctionStudy Group. N Engl J Med 1993; 329: 1684-90.

113. Giri S, Thompson PD, Kiernan FJ, et al. Clinical and an-giographic characteristics of exertion-related acute myocar-dial infarction. JAMA 1999; 282: 1731-6.

114. Maron BJ, Thompson PD, Puffer JC, et al. Cardiovascularpreparticipation screening of competitive athletes. A state-ment for health professionals from the Sudden Death Com-mittee (clinical cardiology) and Congenital Cardiac DefectsCommittee (cardiovascular disease in the young), AmericanHeart Association. Circulation 1996; 94: 850-6.

115. Corrado D, Basso C, Pavei A, Michieli P, Schiavon M,Thiene G. Trends in sudden cardiovascular death in youngcompetitive athletes after implementation of a preparticipa-tion screening program. JAMA 2006; 296: 1593-601.

116. Fuller CM. Cost effectiveness analysis of screening of highschool athletes for risk of sudden cardiac death. Med SciSports Exerc 2000; 32: 887-90.

117. Pelliccia A, Di Paolo F, De Luca R, Buccolieri C, Maron BJ.Efficacy of preparticipation screening for the detection ofcardiovascular abnormalities at risk of sudden death in com-petitive athletes: the Italian experience. (abstr) J Am CollCardiol 2001; 37: 151A.

118. Maron BJ, Araujo CG, Thompson PD, et al. Recommenda-tions for preparticipation screening and the assessment ofcardiovascular disease in masters athletes: an advisory forhealthcare professionals from the Working Groups of theWorld Heart Federation, the International Federation ofSports Medicine, and the American Heart Association Com-

mittee on Exercise, Cardiac Rehabilitation, and Prevention.Circulation 2001; 103: 327-34.

119. Fletcher GF, Balady GJ, Amsterdam EA, et al. Exercisestandards for testing and training: a statement for healthcareprofessionals from the American Heart Association. Circu-lation 2001; 104: 1694-740.

120. Corrado D, Pelliccia A, Bjornstad HH, et al. Cardiovascularpre-participation screening of young competitive athletesfor prevention of sudden death: proposal for a common Eu-ropean protocol. Consensus statement of the Study Groupof Sports Cardiology of the Working Group of Cardiac Re-habilitation and Exercise Physiology and the WorkingGroup of Myocardial and Pericardial Diseases of the Euro-pean Society of Cardiology. Eur Heart J 2005; 26: 516-24.

121. American College of Sports Medicine Position Stand. Therecommended quantity and quality of exercise for develop-ing and maintaining cardiorespiratory and muscular fitness,and flexibility in healthy adults. Med Sci Sports Exerc1998; 30: 975-91.

122. Tanasescu M, Leitzmann MF, Rimm EB, Willett WC,Stampfer MJ, Hu FB. Exercise type and intensity in relationto coronary heart disease in men. JAMA 2002; 288: 1994-2000.

123. Leon AS, Franklin BA, Costa F, et al. Cardiac rehabilitationand secondary prevention of coronary heart disease: anAmerican Heart Association scientific statement from theCouncil on Clinical Cardiology (Subcommittee on Exer-cise, Cardiac Rehabilitation, and Prevention) and the Coun-cil on Nutrition, Physical Activity, and Metabolism (Sub-committee on Physical Activity), in collaboration with theAmerican Association of Cardiovascular and PulmonaryRehabilitation. Circulation 2005; 111: 369-76.

124. Maron BJ, Chaitman BR, Ackerman MJ, et al, for the Work-ing Group of the American Heart Association Committee onExercise, Cardiac Rehabilitation, and Prevention; Councilson Clinical Cardiology and Cardiovascular Disease in theYoung. Recommendations for physical activity and recre-ational sports participation for young patients with geneticcardiovascular diseases. Circulation 2004; 109: 2807-16.

125. Thompson PD. Exercise prescription and proscription forpatients with coronary artery disease. Circulation 2005;112: 2354-63.

126. British Cardiac Society, British Hypertension Society, Dia-betes UK, HEART UK, Primary Care Cardiovascular Soci-ety, The Stroke Association. JBS 2: The Joint British Soci-eties guidelines on prevention of cardiovascular disease inclinical practice. Heart 2005; 91 (Suppl 5): 1-52.

127. Dauenhauer JA, Podgorski CA, Karuza J. Prescribing exer-cise for older adults: a needs assessment comparing prima-ry care physicians, nurse practitioners, and physician assis-tants. Gerontol Geriatr Educ 2006; 26: 81-99.

128. Pollock ML, Franklin BA, Balady GJ, et al. AHA ScienceAdvisory. Resistance exercise in individuals with and with-out cardiovascular disease: benefits, rationale, safety, andprescription. An advisory from the Committee on Exercise,Rehabilitation, and Prevention, Council on Clinical Cardi-ology, American Heart Association. Circulation 2000; 101:828-33.

129. Giannuzzi P, Saner H, Bjornstad H, et al. Secondary pre-vention through cardiac rehabilitation: position paper of theWorking Group on Cardiac Rehabilitation and ExercisePhysiology of the European Society of Cardiology. EurHeart J 2003; 24: 1273-8.

130. Ades PA. Cardiac rehabilitation and secondary preventionof coronary heart disease. N Engl J Med 2001; 345: 892-902.

131. American Association of Cardiovascular and PulmonaryRehabilitation. Guidelines for cardiac rehabilitation and

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

727

Page 48: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

secondary prevention programs. 4th ed. Champaign, IL:Human Kinetics, 2004.

132. Lee IM, Sesso HD, Oguma Y, Paffenbarger RS. Relative in-tensity of physical activity and risk of coronary heart dis-ease. Circulation 2003; 107: 1110-6.

133. American College of Sports Medicine. ACSM’s guidelinesfor exercise testing and prescription. 6th ed. Philadelphia,PA: Lippincott Williams & Wilkins, 2000.

134. Arthur HM, Smith KM, Kodis J, McKelvie R. A controlledtrial of hospital versus home-based exercise in cardiac pa-tients. Med Sci Sports Exerc 2002; 34: 1544-50.

135. Dafoe WA, Lefroy S, Pashkow FJ, et al. Program models forcardiac rehabilitation. In: Pashkow FJ, Dafoe WA, eds.Clinical cardiac rehabilitation: a cardiologist’s guide.Philadelphia, PA: Lippincott Williams & Wilkins, 1999.

136. Marchionni N, Fattirolli F, Fumagalli S, et al.: Improved ex-ercise tolerance and quality of life with cardiac rehabilita-tion of older patients after myocardial infarction: results ofa randomized, controlled trial. Circulation 2003; 107: 2201-6.

137. Kubo N, Ohmura N, Nakada I, et al. Exercise at ventilatorythreshold aggravates left ventricular remodeling in patientswith extensive anterior acute myocardial infarction. AmHeart J 2004; 147: 113-20.

138. Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN). Car-diac rehabilitation. A national clinical guideline. Edin-burgh: SIGN, 2002.

139. Pasquali SK, Alexander KP, Coombs LP, Lytle BL, PetersonED. Effect of cardiac rehabilitation on functional outcomesafter coronary revascularization. Am Heart J 2003; 145:445-51.

140. Hambrecht R, Walther C, Mobius-Winkler S, et al. Percuta-neous coronary angioplasty compared with exercise train-ing in patients with stable coronary artery disease: a ran-domized trial. Circulation 2004; 109: 1371-8.

141. Wannamethee SG, Shaper AG, Walker M. Physical activityand mortality in older men with diagnosed coronary heartdisease. Circulation 2000; 102: 1358-63.

142. Kavanagh T, Mertens DJ, Hamm LF, et al. Prediction oflong-term prognosis in 12 169 men referred for cardiac re-habilitation. Circulation 2002; 106: 666-71.

143. Biffi A, Pelliccia A, Verdile L, et al. Long-term clinical sig-nificance of frequent and complex ventricular tachyarrhyth-mias in trained athletes. J Am Coll Cardiol 2002; 40: 446-52.

144. Biffi A, Maron BJ, Verdile L, et al. Impact of physical de-conditioning on ventricular tachyarrhythmias in trained ath-letes. J Am Coll Cardiol 2004; 44: 1053-8.

145. Delise P, D’Este D, Bonso A, et al. Utilità dello studio elet-trofisiologico transesofageo durante test ergometrico nellavalutazione delle tachicardie parossistiche sopraventricolariinsorgenti sotto sforzo. G Ital Cardiol 1989; 19: 1094-104.

146. Vergara G, Furlanello F, Disertori M, et al. La valutazioneelettrofisiologica degli atleti con Wolff-Parkinson-White dibase e sotto sforzo con elettrostimolazione atriale trans-esofagea. G Ital Cardiol 1986; 16: 625-30.

147. Priori SG, Aliot E, Blomstrom-Lundqvist C, et al. TaskForce on Sudden Cardiac Death of the European Society ofCardiology. Eur Heart J 2001; 22: 1374-450.

148. Heidbuchel H, Hoogsteen J, Fagard R, et al. High preva-lence of right ventricular involvement in endurance athleteswith ventricular arrhythmias. Role of an electrophysiologicstudy in risk stratification. Eur Heart J 2003; 24: 1473-80.

149. Gaita F, Giustetto C, Bianchi F, et al. Short QT syndrome: afamilial cause of sudden death. Circulation 2003; 108: 965-70.

150. Antzelevitch C, Brugada P, Borggrefe M, et al. Brugadasyndrome: report of the second consensus conference. Cir-culation 2005; 111: 659-70.

151. Remes J, Reunanen A, Aromaa A, Pyorala K. Incidence ofheart failure in eastern Finland: a population-based surveil-lance study. Eur Heart J 1992; 13: 588-92.

152. American Heart Association. 1999 Heart and stroke statisti-cal update. Dallas, TX: American Heart Association, 1998.

153. Ho KK, Anderson KM, Kannel WB, Grossman W, Levy D.Survival after the onset of congestive heart failure in Fram-ingham Heart Study subjects. Circulation 1993; 88: 107-15.

154. The SOLVD Investigators. Effect of enalapril on survival inpatients with reduced left ventricular ejection fractions andcongestive heart failure. N Engl J Med 1991; 325: 293-302.

155. Pfeffer MA, Braunwald E, Moye LA, et al, for the SAVE In-vestigators. Effect of captopril on mortality and morbidityin patients with left ventricular dysfunction after myocar-dial infarction: results of the Survival and Ventricular En-largement Trial. N Engl J Med 1992; 327: 669-77.

156. Packer M, Bristow MR, Cohn JN, et al, for the US Carve-dilol Heart Failure Study Group. The effect of carvedilol onmorbidity and mortality in patients with chronic heart fail-ure. N Engl J Med 1996; 334: 1349-55.

157. Alpert NR, Mulieri LA, Warshaw D. The failing humanheart. Cardiovasc Res 2002; 54: 1-10.

158. Katz AM. Heart failure. Philadelphia, PA: LippincottWilliams & Wilkins, 2000.

159. Coats AJ, Adamopoulos S, Meyer TE, Conway J, Sleight P.Effects of physical training in chronic heart failure. Lancet1990; 335: 63-6.

160. Hambrecht R, Niebauer J, Fiehn E, et al. Physical trainingin patients with stable chronic heart failure: effects on car-diorespiratory fitness and ultrastructural abnormalities ofleg muscles. J Am Coll Cardiol 1995; 25: 1239-49.

161. Kavanagh T, Myers MG, Baigrie RS, Mertens DJ, SawyerP, Shephard RJ. Quality of life and cardiorespiratory func-tion in chronic heart failure: effects of 12 months’ aerobictraining. Heart 1996; 76: 42-9.

162. European Heart Failure Training Group. Experience fromcontrolled trials of physical training in chronic heart failure:protocol and patient factors in effectiveness in the improve-ment in exercise tolerance. Eur Heart J 1998; 19: 466-75.

163. Jette M, Heller R, Landry F, Blumchen G. Randomized 4-week exercise program in patients with impaired left ven-tricular function. Circulation 1991; 84: 1561-7.

164. Belardinelli R, Scocco V, Mazzanti M, Purcaro A. Effects ofaerobic training in patients with moderate chronic heart fail-ure. G Ital Cardiol 1992; 22: 919-30.

165. Keteyian SJ, Levine AB, Brawner CA, et al. Exercise train-ing in patients with heart failure. A randomized, controlledtrial. Ann Intern Med 1996; 124: 1051-7.

166. Radaelli A, Coats AJ, Leuzzi S, et al. Physical training en-hances sympathetic and parasympathetic control of heartrate and peripheral vessels in chronic heart failure. Clin Sci1996; 91 (Suppl): 92-4.

167. Dubach P, Myers J, Dziekan G, et al. The effect of high in-tensity exercise training on central hemodynamic responseto exercise in men with reduced left ventricular function. JAm Coll Cardiol 1997; 29: 1591-8.

168. Tyni-Lenne R, Gordon A, Jansson E, Bermann G, Sylven C.Skeletal muscle endurance training improves peripheral ox-idative capacity, exercise tolerance, and health-related qual-ity of life in women with chronic congestive heart failuresecondary to either ischemic cardiomyopathy or idiopathicdilated cardiomyopathy. Am J Cardiol 1997; 80: 1025-9.

169. Callaerts-Vegh Z, Wenk M, Goebbels U, et al. Influence ofintensive physical training on urinary nitrate eliminationand plasma endothelin-1 levels in patients with congestiveheart failure. J Cardiopulm Rehabil 1998; 18: 450-7.

170. Belardinelli R, Georgiou D, Cianci G, Berman N, GinztonL, Purcaro A. Exercise training improves left ventricular di-

728

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Page 49: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

astolic filling in patients with dilated cardiomyopathy. Clin-ical and prognostic implications. Circulation 1995; 91:2775-84.

171. Reinhart WH, Dziekan G, Goebbels U, Myers J, Dubach P.Influence of exercise training on blood viscosity in patientswith coronary artery disease and impaired left ventricularfunction. Am Heart J 1998; 135: 379-82.

172. Belardinelli R, Georgiou D, Cianci G, Purcaro A. Random-ized, controlled trial of long-term moderate exercise train-ing in chronic heart failure. Effects on functional capacity,quality of life, and clinical outcome. Circulation 1999; 99:1173-82.

173. Taylor A. Physiological response to a short period of exer-cise training in patients with chronic heart failure. Physio-ther Res Int 1999; 4: 237-49.

174. Sturm B, Quittan M, Wiesinger GF, Stanek B, Frey B, Pa-cher R. Moderate-intensity exercise training with elementsof step aerobics in patients with severe chronic heart failure.Arch Phys Med Rehabil 1999; 80: 746-50.

175. Keteyian SJ, Brawner CA, Schairer JR, et al. Effects of ex-ercise training on chronotropic incompetence in patientswith heart failure. Am Heart J 1999; 138 (Pt 1): 233-40.

176. Belardinelli R, Georgiou D, Purcaro A. Low dose dobuta-mine echocardiography predicts improvement in functionalcapacity after exercise training in patients with ischemiccardiomyopathy: prognostic implication. J Am Coll Cardiol1998; 31: 1027-34.

177. McKelvie RS, Teo KK, Roberts R, et al. Effects of exercisetraining in patients with heart failure: the Exercise Rehabil-itation Trial (EXERT). Am Heart J 2002; 144: 23-30.

178. Giannuzzi P, Temporelli PL, Corra U, Gattone M, GiordanoA, Tavazzi L. Attenuation of unfavorable remodeling by ex-ercise training in postinfarction patients with left ventricu-lar dysfunction: results of the Exercise in Left VentricularDysfunction (ELVD) trial. Circulation 1997; 96: 1790-7.

179. Hambrecht R, Gielen S, Linke A, et al. Effects of exercisetraining on left ventricular function and peripheral resis-tance in patients with chronic heart failure: a randomizedtrial. JAMA 2000; 283: 3095-101.

180. Kiilavuori K, Naveri H, Salmi T, Harkonen M. The effect ofphysical training on skeletal muscle in patients with chron-ic heart failure. Eur J Heart Fail 2000; 2: 53-63.

181. Wielenga RP, Huisveld IA, Bol E, et al. Safety and effectsof physical training in chronic heart failure. Results of theChronic Heart Failure and Graded Exercise study(CHANGE). Eur Heart J 1999; 20: 872-9.

182. Willenheimer R, Erhardt L, Cline C, Rydberg E, IsraelssonB. Exercise training in heart failure improves quality of lifeand exercise capacity. Eur Heart J 1998; 19: 774-81.

183. Marconi C, Marzorati M. Exercise after heart transplanta-tion. Eur J Appl Physiol 2003; 90: 250-9.

184. Wright RS, Levine MS, Bellamy PE, et al. Ventilatory anddiffusion abnormalities in potential heart transplantation re-cipients. Chest 1990; 98: 816-20.

185. Kao AC, Van Trigt P 3rd, Shaeffer-McCall GS, et al. Allo-graft diastolic dysfunction and chronotropic incompetencelimit cardiac output response to exercise two to six years af-ter heart transplantation. J Heart Lung Transplant 1995; 14(Pt 1): 11-22.

186. Quigg RJ, Rocco MB, Gauthier DF, Creager MA, HartleyLH, Colucci WS. Mechanism of the attenuated peak heartrate response to exercise after orthotopic cardiac transplan-tation. J Am Coll Cardiol 1989; 14: 338-44.

187. Beniaminovitz A, Coromilas J, Oz M, Galantowicz M,Donchez L, Mancini D. Electrical connection of native andtransplanted sinus nodes via atrial pacing improves exerciseperformance after cardiac transplantation. Am J Cardiol1998; 81: 1373-7.

188. Massie BM, Conway M, Rajagopalan B, et al. Skeletal mus-cle metabolism during exercise under ischemic conditionsin congestive heart failure. Evidence for abnormalities un-related to blood flow. Circulation 1988; 78: 320-6.

189. Mancini DM, Walter G, Reichek N, et al. Contribution ofskeletal muscle atrophy to exercise intolerance and alteredmuscle metabolism in heart failure. Circulation 1992; 85:1364-73.

190. Givertz MM, Hartley LH, Colucci WS. Long-term sequen-tial changes in exercise capacity and chronotropic respon-siveness after cardiac transplantation. Circulation 1997; 96:232-7.

191. Kobashigawa JA, Leaf DA, Lee N, et al. A controlled trialof exercise rehabilitation after heart transplantation. N EnglJ Med 1999; 340: 272-7.

192. Kavanagh T, Yacoub MH, Mertens DJ, Kennedy J, Camp-bell RB, Sawyer P. Cardiorespiratory responses to exercisetraining after orthotopic cardiac transplantation. Circulation1988; 77: 162-71.

193. Braith RW, Welsch MA, Mills RM Jr, Keller JW, PollockML. Resistance exercise prevents glucocorticoid-inducedmyopathy in heart transplant recipients. Med Sci SportsExerc 1998; 30: 483-9.

194. Bonow RO, Carabello B, de Leon AC Jr, et al. Guidelinesfor the management of patients with valvular heart disease:executive summary. A report of the American College ofCardiology/American Heart Association Task Force onPractice Guidelines (Committee on Management of Pa-tients with Valvular Heart Disease). Circulation 1998; 98:1949-84.

195. American Thoracic Society; American College of ChestPhysicians. ATS/ACCP Statement on cardiopulmonary exer-cise testing. Am J Respir Crit Care Med 2003; 167: 211-77.

196. Rahimtoola SH, Durairaj A, Mehra A, Nuno I. Current eval-uation and management of patients with mitral stenosis.Circulation 2002; 106: 1183-8.

197. Bonow RO, Cheitlin MD, Crawford MH, Douglas PS. 36thBethesda Conference. Eligibility recommendations forcompetitive athletes with cardiovascular abnormalities.Task Force 3: Valvular heart disease. J Am Coll Cardiol2005; 45: 1334-40.

198. Cecconi M, Nistri S, Quarti A, et al. Aortic dilatation in pa-tients with bicuspid aortic valve. J Cardiovasc Med 2006; 7:11-20.

199. Wenger NK, Froelicher ES, Smith LK, et al. Cardiac reha-bilitation. Clinical practice guideline no. 17. Rockville,MD: US Department of Health and Human Services, Pub-lic Health Service, Agency for Health Care Policy and Re-search and the National Heart, Lung, and Blood Institute.AHCPR Publication no. 96-0672, October 1995.

200. Stewart KJ, Badenhop D, Brubaker PH, Keteyian SJ, KingM. Cardiac rehabilitation following percutaneous revascu-larization, heart transplant, heart valve surgery, and forchronic heart failure. Chest 2003; 123: 2104-11.

201. Butchart EG, Gohlke-Barwolf C, Antunes MJ, et al, for theWorking Groups on Valvular Heart Disease, Thrombosis,and Cardiac Rehabilitation and Exercise Physiology, Euro-pean Society of Cardiology. Recommendations for the man-agement of patients after heart valve surgery. Eur Heart J2005; 26: 2463-71.

202. Sire S. Physical training and occupational rehabilitation af-ter aortic valve replacement. Eur Heart J 1987; 8: 1215-20.

203. Petrunina LV. Patient physical rehabilitation after mitral oraortic valve prosthesis. Kardiologiia 1980; 20: 51-3.

204. Landry F, Habel C, Desaulniers D, Dagenais GR, Moisan A,Cote L. Vigorous physical training after aortic valve re-placement: analysis of 10 patients. Am J Cardiol 1984; 53:562-6.

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

729

Page 50: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

205. Habel-Verge C, Landry F, Desaulniers D, et al. Physical fit-ness improves after mitral valve replacement. CMAJ 1987;136: 142-7.

206. Douard H, Chevalier L, Labbe L, Choussat A, Broustet JP.Physical training improves exercise capacity in patientswith mitral stenosis after balloon valvuloplasty. Eur Heart J1997; 18: 464-9.

207. Lim HY, Lee CW, Park SW, et al. Effects of percutaneousballoon mitral valvuloplasty and exercise training on the ki-netics of recovery oxygen consumption after exercise in pa-tients with mitral stenosis. Eur Heart J 1998; 19: 1865-71.

208. Meurin P, Iliou MC, Driss AB, et al, for the Working Groupof Cardiac Rehabilitation of the French Society of Cardiol-ogy. Early exercise training after mitral valve repair: a mul-ticentric prospective French study. Chest 2005; 128: 1638-44.

209. Alonso Gomez AM, Aros F, Bello MC, et al. The prescrip-tion of physical exercise in the individual with aortic pros-theses. The role of Doppler exercise study. Rev Esp Cardiol1993; 46: 727-34.

210. Colonna PL, Zeppilli P, Perna GP, Sanna N. Cardiopatiecongenite e sport. In: Zeppilli P, ed. Cardiologia dello Sport.Roma: CESI, 2001: 571-618.

211. Fedak PW, Verma S, David TE, Leask RL, Weisel RD, Bu-tany J. Clinical and pathophysiological implications of a bi-cuspid aortic valve. Circulation 2002; 106: 900-4.

212. Baldinelli A, Cecconi M, Perna GP. La bicuspidia aortica:aspetti clinici anatomo-funzionali. Esperienza ecocardio-grafica. Sports Cardiology 2002; 3: 19-22.

213. Nistri S, Sorbo MD, Marin M, Palisi M, Scognamiglio R,Thiene G. Aortic root dilatation in young men with normal-ly functioning bicuspid aortic valves. Heart 1999; 82: 19-22.

214. Alegret JM, Duran I, Palazon O, et al. Prevalence of andpredictors of bicuspid aortic valves in patients with dilatedaortic roots. Am J Cardiol 2003; 91: 619-22.

215. Fullerton DA, Fredericksen JW, Sundaresan RS, HorvathKA. The Ross procedure in adults: intermediate-term re-sults. Ann Thorac Surg 2003; 76: 471-6.

216. Cheung MM, Sullivan ID, de Leval MR, Tsang VT, Red-ington AN. Optimal timing of the Ross procedure in themanagement of chronic aortic incompetence in the young.Cardiol Young 2003; 13: 253-7.

217. Sarubbi B, Pacileo G, Pisacane C, et al. Exercise capacity inyoung patients after total repair of tetralogy of Fallot. Pe-diatr Cardiol 2000; 21: 211-5.

218. Tokumura M, Yoshiba S, Kojima Y, Nanri S. Impaired car-diorespiratory response to brief sudden strenuous exercisein the postoperative tetralogy of Fallot patients: a ten-sec-ond pedaling test. Pediatr Cardiol 2002; 23: 496-501.

219. Gatzoulis MA, Balaji S, Webber SA, et al. Risk factors forarrhythmia and sudden cardiac death late after repair oftetralogy of Fallot: a multicentre study. Lancet 2000; 356:975-81.

220. Wilson NJ, Clarkson PM, Barratt-Boyes BG, et al. Long-term outcome after the Mustard repair for simple transposi-tion of the great arteries: 28-year follow-up. J Am Coll Car-diol 1998; 32: 758-65.

221. Reybrouck T, Eyskens B, Mertens L, Defoor J, Daenen W,Gewillig M. Cardiorespiratory exercise function after thearterial switch operation for transposition of the great arter-ies. Eur Heart J 2001; 22: 1052-9.

222. Dormandy JA, Rutherford RB. Management of peripheralarterial disease (PAD). TASC Working Group. TransAt-lantic Inter-Society Consensus (TASC). J Vasc Surg 2000;31 (Pt 2): S1-S296.

223. Andreozzi GM, Martini R. The fate of the claudicant limb.Eur Heart J Suppl 2002; 4: B41-B45.

224. Labs KH, Dormandy JA, Jaeger KA, Stuerzebecher CS, Hi-att WR. Transatlantic Conference on Clinical Trial Guide-lines in Peripheral Arterial Disease: clinical trial methodol-ogy. Basel PAD Clinical Trial Methodology Group. Circu-lation 1999; 100: e75-e81.

225. Gardner AW, Poehlman ET. Exercise rehabilitation pro-grams for the treatment of claudication pain: a meta-analy-sis. JAMA 1995; 274: 975-80.

226. Girolami B, Bernardi E, Prins MH, et al. Treatment of in-termittent claudication with physical training, smoking ces-sation, pentoxifylline, or nafronyl: a meta-analysis. Arch In-tern Med 1999; 159: 337-45.

227. Leng GC, Fowler B, Ernst E. Exercise for intermittentclaudication. Cochrane Database Syst Rev 2000; (2):CD002000.

228. Gardner AW, Katzel LI, Sorkin JD, et al. Exercise rehabili-tation improves functional outcomes and peripheral circula-tion in patients with intermittent claudication: a randomizedcontrolled trial. J Am Geriatr Soc 2001; 49: 755-62.

229. Carlon R, Morlino T, Maiolino P. Beneficial effects of exer-cise beyond the pain threshold in intermittent claudication.Ital Heart J 2003; 4: 113-20.

230. Gelin J, Jivegard L, Taft C, et al. Treatment efficacy of in-termittent claudication by surgical intervention, supervisedphysical exercise training compared to no treatment in un-selected randomised patients I: One year results of func-tional and physiological improvements. Eur J Vasc EndovascSurg 2001; 22: 107-13.

231. Gardner AW, Killewich LA, Montgomery PS, Katzel LI.Response to exercise rehabilitation in smoking and non-smoking patients with intermittent claudication. J Vasc Surg2004; 39: 531-8.

232. Ubels FL, Links TP, Sluiter WJ, Reitsma WD, Smit AJ.Walking training for intermittent claudication in diabetes.Diabetes Care 1999; 22: 198-201.

233. Spronk S, Bosch JL, Veen HF, den Hoed PT, Hunink MG. In-termittent claudication: functional capacity and quality oflife after exercise training or percutaneous transluminal an-gioplasty - systematic review. Radiology 2005; 235: 833-42.

234. Barletta G, Perna S, Sabba C, Catalano A, O’Boyle C,Brevetti G. Quality of life in patients with intermittent clau-dication: relationship with laboratory exercise performance.Vasc Med 1996, 1: 3-7.

235. Tan KH, De Cossart L, Edwards PR. Exercise training andperipheral vascular disease. Br J Surg 2000; 87: 553-62.

236. Regensteiner JG, Meyer TJ, Krupski WC, Cranford LS, Hi-att WR. Hospital vs home-based exercise rehabilitation forpatients with peripheral arterial occlusive disease. Angiolo-gy 1997; 48: 291-300.

237. Savage P, Ricci MA, Lynn M, et al. Effects of home versussupervised exercise for patients with intermittent claudica-tion. J Cardiopulm Rehabil 2001; 21: 152-7.

238. Degischer S, Labs KH, Hochstrasser J, Aschwanden M,Tschoepl M, Jaeger KA. Physical training for intermittentclaudication: a comparison of structured rehabilitation ver-sus home-based training. Vasc Med 2002; 7: 109-15.

239. Cheetham DR, Burgess L, Ellis M, Williams A, GreenhalghRM, Davies AH. Does supervised exercise offer adjuvantbenefit over exercise advice alone for the treatment of inter-mittent claudication? A randomised trial. Eur J Vasc En-dovasc Surg 2004; 27: 17-23.

240. Wullink M, Stoffers HE, Kuipers H. A primary care walk-ing exercise program for patients with intermittent claudi-cation. Med Sci Sports Exerc 2001; 33: 1629-34.

241. Hirsch AT, Haskal ZJ, Hertzer NR, et al. ACC/AHA 2005guidelines for the management of patients with peripheralarterial disease (lower extremity, renal, mesenteric, and ab-dominal aortic): executive summary. A collaborative report

730

G Ital Cardiol Vol 8 Novembre 2007

Page 51: Sport cardiologia > Esercizio fisico prescrizione in cardiologia 2007

from the American Association for Vascular Surgery/Soci-ety for Vascular Surgery, Society for Cardiovascular An-giography and Interventions, Society for Vascular Medicineand Biology, Society of Interventional Radiology, and theACC/AHA Task Force on Practice Guidelines (WritingCommittee to Develop Guidelines for the Management ofPatients With Peripheral Arterial Disease) endorsed by theAmerican Association of Cardiovascular and PulmonaryRehabilitation; National Heart, Lung, and Blood Institute;Society for Vascular Nursing; TransAtlantic Inter-SocietyConsensus; and Vascular Disease Foundation. J Am CollCardiol 2006; 47: 1239-312.

242. Gardner AW, Katzel LI, Sorkin JD, Goldberg AP. Effects oflong-term exercise rehabilitation on claudication distancesin patients with peripheral arterial disease: a randomizedcontrolled trial. J Cardiopulm Rehabil 2002; 22: 192-8.

243. Menard JR, Smith HE, Riebe D, Braun CM, Blissmer B,Patterson RB. Long-term results of peripheral arterial dis-ease rehabilitation. J Vasc Surg 2004; 39: 1186-92.

244. Guidelines Subcommittee. 1999 World Health Organization-International Society of Hypertension guidelines for the man-agement of hypertension. J Hypertens 1999; 17: 151-83.

245. Mancia G, De Backer G, Dominiczak A, et al. 2007 Guide-lines for the management of arterial hypertension. The TaskForce for the Management of Arterial Hypertension of theEuropean Society of Hypertension (ESH) and of the Euro-pean Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J 2007; 28:1462-536.

246. Kokkinos PF, Narayan P, Papademetriou V. Exercise as hy-pertension therapy. Cardiol Clin 2001; 19: 507-16.

247. Palatini P, Mos L. Trattamento farmacologico dell’iperten-sione arteriosa sistemica negli sportivi: selezione dei pa-zienti e scelta del farmaco. Int J Sports Cardiol 1993; 2:191-4.

248. Dickinson HO, Mason JM, Nicolson DJ, et al. Lifestyle in-terventions to reduce raised blood pressure: a systematic re-view of randomized controlled trials. J Hypertens 2006; 24:215-33.

249. Niebauer J, Cooke JP. Cardiovascular effects of exercise:role of endothelial shear stress. J Am Coll Cardiol 1996; 28:1652-60.

250. Kannel WB, Belanger A, D’Agostino R, Israel I. Physicalactivity and physical demand on the job and risk of cardio-vascular disease and death: the Framingham Study. AmHeart J 1986; 112: 820-5.

251. Leon AS, Connett J, Jacobs DR Jr, Rauramaa R. Leisure-time physical activity levels and risk of coronary heart dis-ease and death. The Multiple Risk Factor Intervention Tri-al. JAMA 1987; 258: 2388-95.

252. Shaper AG, Wannamethee G, Walker M. Physical activity,hypertension and risk of heart attack in men without evi-dence of ischaemic heart disease. J Hum Hypertens 1994; 8:3-10.

253. D’Este D. Effetti sulla capacità fisica e sulla performancecardiaca dei farmaci cardiovascolari nell’iperteso. SportsCardiology 2001; 2: 23-7.

254. Cuocolo A, Storto G, Izzo R, et al. Effects of valsartan onleft ventricular diastolic function in patients with mild ormoderate essential hypertension: comparison with enala-pril. J Hypertens 1999; 17 (Pt 2): 1759-66.

255. Warner JG Jr, Metzger DC, Kitzman DW, Wesley DJ, LittleWC. Losartan improves exercise tolerance in patients withdiastolic dysfunction and a hypertensive response to exer-cise. J Am Coll Cardiol 1999; 33: 1567-72.

256. D’Andrea L. La prescrizione sport-terapeutica per la qua-lità di vita del cardiopatico ischemico. Int J Sports Cardiol1993; 2: 201-4.

257. D’Andrea L, D’Andrea A. Possiamo prescrivere al car-diopatico stabilizzato un’attività non protetta in palestra?Int J Sports Cardiol 1999; 8: 173-9.

258. D’Andrea A, D’Ajello R, D’Andrea L. Linee guida e libertàclinica in cardiologia dello sport: criteri di metodologiaclinica e giuridica di una pacifica coesistenza. Int J SportsCardiol 1998; 7: 5-9.

259. Antoniotti F, Di Luca NM. Medicina legale e delle assicu-razioni nello sport. Roma: SEU, 1996.

260. Puccini C. Istituzioni di medicina legale. Bologna: Casa Edi-trice Ambrosiana, 2001.

261. Calmieri L. Professione medica ed attività sportiva. In:Giusti G, ed. Trattato di medicina legale e scienze affini.Padova: Edizioni CEDAM, 1999: 813-38.

262. Fiori A. Medicina legale della responsabilità medica. Mi-lano: Giuffrè Editore, 1999: 466-73.

263. Balady GJ, Chaitman B, Driscoll D, et al. Recommenda-tions for cardiovascular screening, staffing, and emergencypolicies at health/fitness facilities. Circulation 1998; 97:2283-93.

264. McInnis KJ, Hayakawa S, Balady GJ. Cardiovascularscreening and emergency procedures at health clubs and fit-ness centers. Am J Cardiol 1997; 80: 380-3.

La prescrizione dell’esercizio in cardiologia

731