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SPETT.LE COMITATO AMMINISTRATORE DEL FONDO PER LA GESTIONE SPECIALE DI CUI
ALL'ART. 2, COMMA 26, LEGGE 8 AGOSTO 1995, N. 335
(tramite INPS sede di Teramo, Via Oberdan n. 34)
RICORSO AMMINISTRATIVO
per
AVV. _____________ , c.f. ____________ , nata a _______________ il ivi residente in
ed elettivamente domiciliata in Teramo, _____ , presso e nello studio dell'Avo. _____________
c.f. __________________ , che la rappresenta e difende giusta procura in calce; si indica di seguito l'indirizzo e-
mail ______________ , l'indirizzo di posta elettronica certificata ___________________ ed il numero di telefax
presso cui il procuratore intende ricevere gli avvisi e i provvedimenti prescritti dalla normativa
codicistica -ricorrente-
contro
INPS di Teramo, in persona del Direttore e legale rappresentante pro tempore, con sede in Teramo, Via G. Oberdan n. 34
-convenuta-
AVVERSO
L'AVVISO BONARIO del 22 giugno 2016, inviato tramite raccomandata a.r. n.
ricevuto dall'istante in data 11 luglio 2016
PREMESSO CHE
1) con nota racc. a.r. n. del 22 giugno 2016, pervenuta 1'11 luglio 2016 (doc. n. 1), l'Inps di Teramo comunicava
alla ricorrente di aver provveduto a calcolare di ufficio l'importo dei contributi dovuti per l'anno 2010 alla
gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della legge n. 335/1995, chiedendo, nei trenta giorni successivi, il
pagamento dell'importo complessivo di €, di cui €
_______________________________________________________________________________________ a titolo contributivo ed € _____________ per sanzioni, calcolate ai sensi dell'art. 116, comma 8, lett. b) delle legge
n. 388/2000, come da prospetto trasmesso unitamente alla missiva;
2) tale pretesa sarebbe stata avanzata a seguito di una verifica effettuata dall'Istituto Previdenziale, il quale, a suo
dire, avrebbe accertato che il reddito da lavoro autonomo derivante dall'esercizio abituale di arti e professioni,
dichiarato per il 2010 (pari ad € ), non sarebbe stato assoggettato a contribuzione obbligatoria in favore di
altri Enti o Casse professionali;
3) la ricorrente è libero professionista esercente la professione di avvocato e, come tale, iscritta per l'espletamento
delle proprie competenze all'Ordine degli Avvocati di Teramo con decorrenza dal (doc. n. 2), ergo per
tutto l'anno oggetto di contestazione, la stessa era iscritta all'Albo degli avvocati (doc. n. 3);
4) pertanto, per il periodo di riferimento (anno 2010), l'istante, in qualità di iscritta all'Albo degli Avvocati, Ordine
munito di propria Cassa previdenziale, ha versato regolarmente a questa la dovuta contribuzione (docc. nn. 4 e 5),
in ossequio alle disposizioni normative e regolamentari della Cassa previdenziale Forense (docc. n. 6 e 7);
5) Si aggiunga peraltro, come meglio innanzi si spiegherà, che i crediti oggi vantati dall'Inps sono ampiamente
prescritti.
Tanto premesso, la pretesa dell'Inps è nulla, illegittima e infondata per i seguenti
MOTIVI
1.
INSUSSISTENZA DEI PRESUPPOSTI FATTUALI E NORMATIVI PER L'ISCRIZIONE D'UFFICIO
2
E PER LA RICHIESTA DI PAGAMENTO DEI CONTRIBUTI ALLA GESTIONE SEPARATA, DI CUI
ALL'ART. 2, COMMA 26, LEGGE 335/1995.
In primo luogo, si rileva che l'iscrizione d'ufficio che si presume adottata dall'Inps in danno della ricorrente e la
contestuale richiesta di pagamento, che in essa troverebbe la sua ragione giuridica, sono del tutto arbitrarie ed
illegittime, in quanto destituite di fondamento sia in fatto che in diritto.
L'Inps non ha alcun potere di iscrivere di ufficio soggetti appartenenti a categorie di liberi professionisti già
dotate di una propria Cassa di previdenza in relazione a redditi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale
protetta da quella Cassa.
Tanto emerge dal quadro normativo sin troppo chiaro, ovvero dal combinato disposto degli artt. 2, commi 25 e 26
della L. 335/1995, dal conseguente D.L.gs. n. 103/1996 (art. 3 commi 1 e 2) nonché, da ultimo, dalla norma di
interpretazione autentica contenuta nell'art. 18 comma 12 della L. 111/2011.
L'art. 2 comma 26 fa riferimento ad attività lavorativa autonoma non subordinata all'iscrizione in
appositi Albi o Elenchi professionali, disponendo che: "... A decorrere dal 1 gennaio 1996 sono tenuti
all'iscrizione presso una apposita Gestione separata, presso l'Inps ..., i soggetti che esercitano per professione
abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al comma 1 dell'art. 49 del testo unico
delle imposte sui redditi, ... nonché i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (...) ".
Il comma 25 del medesimo articolo di legge, invece, ed il successivo D.Lgs. n. 103/1996, regolano "la tutela
previdenziale in favore dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione, senza vincolo di
subordinazione, il cui esercizio è subordinato all'iscrizione ad appositi albi o elenchi".
Tuttavia, pur essendo già chiaro il quadro normativo, alla luce delle svariate ed arbitrarie interpretazioni fornite
dall'Inps in ordine a detto articolo, con successivo art. 18, comma 12, D.L. n. 98/2011, convertito con legge n.
111/2011, il legislatore, con norma di interpretazione autentica (quindi come tale non suscettibile di ulteriore
applicazione estensiva), avente efficacia retroattiva, ha precisato che: "l'articolo 2 comma 26 della Legge 8
agosto 1995 n. 335 si interpreta nel senso che i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non
esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all'iscrizione presso l'apposita gestione separata Inps sono
esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi
albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11 in base ai
rispettivi statuti e ordinamenti, (...)".
Da qui il dover ritenere, per espressa previsione di legge, che tenuti all'iscrizione presso la Gestione Separata
Inps sono esclusivamente e tassativamente, coloro che:
1) svolgono attività professionale il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione in appositi Albi
professionali;
2) ovvero coloro che svolgono attività non soggette al versamento contributivo agli Enti previdenziali di
diritto privato di cui ai D.lgs. 509/1994 e 103/1996, nel rispetto dei rispettivi statuti e ordinamenti. Ebbene
la ricorrente, nel periodo di riferimento (2010), non poteva essere considerata inclusa in alcuna delle due
categorie in quanto:
➢ era iscritta all'Albo degli Avvocati (vedasi relativo certificato d'iscrizione al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati
di Teramo, nonché bollettino di pagamento della tassa di conservazione allo stesso);
➢ l'attività libero professionale dalla medesima svolta è stata assoggettata al versamento del contributo
previdenziale obbligatorio, c.d. "integrativo", alla propria Cassa di riferimento, in conformità alle disposizioni
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normative che regolano la Cassa Forense (l'art. 11 della legge 20.9.1980 n. 576, come modificato dal
Regolamento dei Contributi della Cassa Forense, statuisce, infatti, che: "È dovuto dagli avvocati iscritti agli albi
e dai praticanti abilitati al patrocinio iscritti alla Cassa nella misura del 4% ... (mod. 5/2011) ... e va, quindi
applicato, ... a tutte le fatture emesse.").
Tale obbligatorio contributo, soggetto alla doverosa compilazione e spedizione del MOD. 5 (con il quale si
comunica alla Cassa l'ammontare del reddito professionale e/o il volume complessivo d'affari conseguiti
nell'esercizio dell'attività professionale nell'anno precedente ed in base al quale si effettuano i relativi pagamenti
previdenziali), è stato, regolarmente, corrisposto dall'istante per l'anno 2010, come risulta dagli allegati
bollettini di pagamento, ex artt. 17 e 18, legge n. 576/1980.
Si precisa, altresì, che il contributo integrativo è contributo previdenziale a tutti gli effetti in ossequio a quanto
stabilito dalla risoluzione del Ministero delle Finanze n. 109 dell' 11.7.1996, (e che peraltro, versare
contemporaneamente il contributo integrativo alla propria Cassa di appartenenza e all'Inps equivale a pagare due
volte il contributo di integrativo, c.d. di solidarietà, in quanto questo è parte dell'aliquota Inps).
Ne consegue che alcun obbligo nei confronti della gestione separata sussisteva per il sottoscritto avvocato, in
quanto soggetto all'autonomo Ente previdenziale di categoria.
La ricorrente, infatti, soggiacendo ad un regime previdenziale gestito e regolamentato dalla Cassa di
appartenenza (Cassa Forense) rimane assoggettata, esclusivamente, a tale disciplina; giammai a quella della
gestione separata Inps.
Tanto, a prescindere dalla circostanza che non sia stato corrisposto il contributo soggettivo, laddove la Cassa di
appartenenza preveda, come nel caso in esame, che non sia dovuto, in assenza del raggiungimento di un
prefissato volume di reddito e/o di affari.
Tale analisi normativa trova l'autorevole avallo della giurisprudenza.
Tra le tante, vedasi: Tribunale di Aosta, Sez. Lavoro del 23.2.2011, secondo cui " i liberi professionisti iscritti ad
albi sono assoggettati a tutela previdenziale a mezzo di forme autonome di previdenza obbligatoria, e, solo se
non è possibile costituire tali forme autonome di previdenza obbligatoria, i soggetti interessati sono iscritti alla
gestione separata. Le casse autonome hanno meccanismi di finanziamento idonei a garantire l'equilibrio
gestionale, sicché è rimesso, in linea di principio, alla scelta della Cassa di determinare il quantum e lo stesso
an, in casi particolari, della contribuzione. Se la cassa autonoma non ritiene di dover richiedere, non essendo
ciò necessario ai fini dell'equilibrio gestionale contributi ai propri iscritti ...... (..) non si vede come l'Inps possa
intromettersi, iscrivendo il percettore di reddito alla gestione separata e richiedendo la contribuzione che la di lui
cassa autonoma non richiede".
E' opportuno, infine, evidenziare come lo stesso Istituto richiedente, abbia ben chiaro tale presupposto (infatti,
nel Messaggio n. 709 del 12.01.2012 si legge: "Qualora ... le disposizioni statutarie delle singole Casse
prevedano l'iscrizione facoltativa la mancata iscrizione del soggetto interessato non è, da sola, elemento
sufficiente ad incardinare obbligo contributivo alla gestione separata"), a dimostrazione che la sua condotta non
sia animata da buona fede né finalizzata alla salvaguardia del principio di legalità.
Peraltro, il richiamato comma 12 dell'articolo 18 D.L. 6.07.2011 n. 98 fa esclusivo riferimento al "versamento
contributivo agli enti di cui al comma 11, in base ai rispettivi statuti e ordinamenti ", quale ulteriore requisito
perché i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo,
siano tenuti all'iscrizione presso la gestione separata dell'INPS, senza operare alcuna qualificazione ulteriore
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di tale contribuzione.
Pertanto, l'art. 2, comma 26, legge n. 335/1995, invocato dall'Inps nella sua missiva, non è applicabile e dunque
non rileva nel caso de quo.
Ne consegue l'illegittimità ed infondatezza delle pretese azionate dall'Inps.
2.
DIFETTO DI LEGITTIMAZIONE ATTIVA DELL'INPS
Alla luce di tutto quanto sopra esposto, emerge chiaramente un difetto assoluto di legittimazione attiva dell'Inps
circa la richiesta di pagamento di somme a titolo contributivo in ordine alla quale la legittimazione sussisterebbe
eventualmente solo in capo a Cassa Forense, oggi unico ente di riferimento per un avvocato iscritto all'Albo.
Tanto premesso, la richiesta effettuata dal resistente è nulla, priva di effetti giuridici, e, dunque, ne risultano
nulli, per assorbimento, tutti gli altri atti dalla stessa compiuti, ivi compreso quello oggi impugnato.
3.
IN VIA SUBORDINATA, INTERVENUTA PRESCRIZIONE DELLA PRETESA CONTRIBUTIVA
INPS
La nota racc. a.r. dell'Inps (atto di natura negoziale avente carattere recettizio) è pervenuta alla destinataria in
data 11 luglio 2016.
Detta richiesta, dunque, è giunta oltre il termine quinquennale di prescrizione, ex art. 3, co. 9, legge n. 335/95,
ragion per cui, in ogni caso, la pretesa creditoria vantata dall'Inps sarebbe prescritta.
Infatti, in ossequio all'art. 2935 c.c., "la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto
valere".
In attuazione dell'art. 2, co. 30, legge 335/1995, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il Decreto del 24
novembre 1995, ha stabilito che "i titolari di redditi da lavoro autonomo di cui all'art. 49, co. 1, del testo unico
delle imposte sui redditi ... sono tenuti a versare alla Gestione Separata di cui al comma 26 dell'art. 2 L. 335/95,
un contributo del 10% dei redditi stessi dichiarati ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. Tale
versamento è effettuato nei termini previsti per il pagamento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche ". Ne
consegue che il dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione quinquennale, per richiedere il preteso
contributo previdenziale relativo all'anno 2010, va individuato nella scadenza prevista per il versamento e
coincidente con il termine per il saldo delle relative imposte, ossia il 16 giugno 2011, secondo quanto disposto
dall'art. 17 del DPR 7.12.2001 n. 435, modificato dal D.L. 223/2006, convertito con legge 248/2006.
Tale dato è confermato alla luce del regime fiscale dei c.d. "dei minimi", previsto dall'art. 1, comma 100, legge
244/2007, al quale il ricorrente ha aderito per l'anno 2010.
Pertanto, alla data del 16 giugno 2016, e a maggior ragione a quella dell'11 luglio 2016, data di ricezione
della nota Inps, l'asserita pretesa creditoria dell'Istituto previdenziale era, comunque, prescritta, con le
conseguenze previste dall'art. 3, co. 9, legge 335/1995.
Si rammenta, inoltre, che la prescrizione "ha una efficacia estintiva e non semplicemente preclusiva, perché
l'ente previdenziale creditore non può rinunziarvi. Ed il pagamento effettuato dopo la prescrizione costituisce
pagamento di indebito e da' diritto alla restituzione" (Cass. civile 04 giugno 2003 n.8898).
Peraltro, nel 2005, proprio l'lnps ha emanato la circolare n. 69 con la quale si è adeguata al consolidato
orientamento giurisprudenziale.
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Nella richiamata circolare è stabilito a chiare lettere che "il termine prescrizionale decorre dal giorno in cui i
contributi in argomento dovevano essere corrisposti secondo la normativa vigente e, quindi, dal giorno in cui
doveva essere versato il saldo risultante dalla dichiarazione dei redditi del/ 'anno di riferimento" .
Tale "presa di coscienza" avveniva anche alla luce del parere reso dalla Dott.ssa Rosa Francaviglia, magistrato
della Corte dei Conti, la quale, interpellata dallo stesso Ente, aveva a sostenere che "la giurisprudenza di merito
ha ravvisato l'infondatezza di tali assunti dell'Inps stante che ben può, l'Ente, chiedere la denuncia dei redditi
agli interessati od alla P. A. finanziaria direttamente. Perciò, la Circolare n. 69/2005 non fa altro che prendere
atto di detto orientamento stante l'esistenza di contenzioso in materia che ha comportato un ingente dispendio di
pubblico denaro a titolo di spese legali (...). Conclusivamente, quindi, il termine prescrizionale per i contributi
dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale imponibile decorre dal giorno in cui va corrisposto il saldo
risultante dalla dichiarazione dei redditi dell'anno di riferimento. In quest'ottica, si procede allo sgravio della
contribuzione iscritta a ruolo con annullamento della imposizione ancora risultante in via amministrativa ".
"Recitano i commi 9 e 10 dell'art. 3 della Legge 08 agosto 1995, n. 335 [..] le contribuzioni di previdenza ed
assistenza sociale obbligatoria si prescrivono [...] in cinque anni [...]. La Suprema Corte, interpretando la norma
in questione ha rilevato che "in materia di prescrizione del diritto degli enti previdenziali ai contributi dovuti dai
lavoratori [...], l'art. 3 , comma 9 [...] stabilisce tra l'altro che la prescrizione diviene quinquennale a partire dal 1°
gennaio 1996 anche per i crediti maturati e scaduti in precedenza Li" (ex multis: Tribunale di Bari, Sez.
Lavoro, sentenza del 28 gennaio 2015).
Vi è da aggiungersi, per mero scrupolo difensivo, senza che quanto di seguito equivalga a rinuncia alla sopra
esposta eccezione che, in ogni caso, la pretesa Inps qui gravata risulta viepiù prescritta anche alla luce del Decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 maggio 2011, che ha stabilito un differimento, per l'anno 2011,
dei termini di effettuazione dei versamenti dovuti dai contribuenti.
Recita, infatti, l'art. 1: "Le persone fisiche tenute, entro il 16 giugno 2011, ai versamenti risultanti dalle
dichiarazioni dei redditi e da quelle in materia di imposta regionale sulle attività produttive, nonché al
versamento in acconto dell'imposta sostitutiva, operata nella forma della cedolare secca, di cui all'art. 3 del
decreto legislativo 14 marzo 2011 n. 23 effettuano i predetti versamenti a) entro il 6 luglio 2011, senza alcuna
maggiorazione ... ".
Tanto è vero che lo stesso istituto previdenziale nel prospetto allegato all'avviso inviato ai professionisti ha
indicato quale termine di scadenza del versamento proprio la data del 6 luglio 2011.
Tuttavia, la raccomandata in questione è stata ritirata dall'Avv. _______________ 1'11 luglio 2016 e, dunque, se
pur si volesse prendere in considerazione detto termine, alla predetta data le pretese dell'Inps sarebbero comunque
prescritte.
Va da sé, dunque, che, nel caso di specie, il versamento di tali contributi costituirebbe un pagamento indebito, con
conseguente diritto alla restituzione delle somme versate.
4.
6
NULLITA' E/O ILLEGITTIMITA' DELL'ATTO AMMINISTRATIVO PER CARENZA DEI
REQUISITI FONDAMENTALI DI LEGGE DELL'ATTO AMMINISTRATIVO; VIOLAZIONE DEI
PRINCIPI DI CUI ALLA LEGGE N. 241/1990 E S.M.I.; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE
DEGLI ARTI. 7, 8, 9 E 10 DELLA LEGGE N. 241/1990 E S.M.I.; VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI
PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO; VIOLAZIONE DELL'ART. 3
DELLA LEGGE N. 241/1990 E S.M.L; DIFETTO DI MOTIVAZIONE; ECCESSO DI POTERE PER
DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE
DELLA LEGGE N. 241/1990 E S.M.I..
E' noto come la legge n. 241/90 sia il primo concreto ed organico tentativo del legislatore di dare attuazione ai
principi posti al primo comma dell'art. 97 della Costituzione, in base al quale i pubblici uffici sono organizzati
secondo disposizioni di legge, ed in modo tale che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'azione
amministrativa.
Tali principi sono stati totalmente disattesi dall'impugnato provvedimento.
Deve, in primo luogo, rilevarsi che, pur trattandosi di contestazione inerente attività professionale da avvocato,
l'impugnato atto non è intestato al professionista, in ciò e solo in questa veste, eventuale contribuente, ma alla
persona fisica.
Nell'atto medesimo non vi è alcun riferimento alla qualità di avvocato, tanto da far fondatamente ritenere che
l'INPS, nell'emetterlo, abbia del tutto ignorato tale qualità pregressa, costante ed attuale della ricorrente e di
conseguenza deve ritenersi che il predetto Istituto non fosse a conoscenza della regolare iscrizione della stessa
all'albo dell'Ordine degli Avvocati di Teramo e dei regolari pagamenti da parte sua dei contributi alla Cassa
Forense; diversamente non la avrebbe iscritta alla gestione separata (!!!).
Si deduce, poi, l'assoluta carenza motivazionale ed istruttoria dell'impugnato provvedimento, nonché l'eccesso di
potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti di fatto e di diritto, in quanto I'Inps non avrebbe mai
potuto procedere nella avanzata richiesta, in considerazione della richiamata qualità di avvocato regolarmente
iscritto al relativo Ordine, dotato di propria Cassa Previdenziale alla quale ha sempre versato il contributo
integrativo.
Invece l'Istituto, erroneamente e travisando i presupposti di fatto e di diritto, del tutto immotivatamente e
illegittimamente ha ugualmente provveduto (non si comprende sulla base di quale iter logico gizuidit o)--ad
emettere l'avviso qui gravato.
Sfuggono totalmente alla cognizione della deducente le ragioni in fatto ed in diritto in base alle quali I'Inps, in
relazione alle risultanze dell'istruttoria (del tutto inesistente per quel che è dato sapere!), si sia determinata
all'emissione di un simile atto.
Da ciò anche la palese violazione dell'art.3, comma 1, della Legge n.241/90 per evidente difetto di motivazione.
Peraltro, il presupposto ostativo alla ex adverso avanzata richiesta risulta in modo inequivocabile dall'art.18,
comma 12, del D.L. n.98/2011, come risultante nel testo convertito dalla Legge n. 111/2011.
L'impugnato atto, inoltre, se è vero che riporta la dicitura "importo contributo" e "importo sanzioni", divise in
sezioni, ciò nonostante non si dilunga né esplicita nel dettaglio le richiamate voci, come, di contro, avrebbe
dovuto essere, non consentendo al privato cittadino di poter effettuare adeguata contestazione e dunque difesa, in
violazione dei più basilari principi costituzionali.
Anche sotto questo profilo, pertanto, l'impugnato provvedimento è affetto da insanabile difetto di motivazione,
poiché adottato in palese violazione dell'art.3 della Legge n.241/90 e s.m.i. siccome non consente di ricostruire, in
base alle risultanze dell'istruttoria (del tutto carente/inesistente!), l'iter logico-giuridico in base al quale I'Inps ha
adottato tale quantificazione.
La legge n. 241/1990 prevede, altresì, che un atto amministrativo debba contenere alcuni requisiti fondamentali e
che in assenza di questi l'atto sia affetto da nullità.
La ratio risiede nella tutela dei principi e dei valori costituzionalmente garantiti come il diritto di difesa, la
trasparenza amministrativa e la piena informazione del cittadino.
Orbene, nella nota raccomandata a/r inviata alla ricorrente, manca l'indicazione:
• dell'ufficio e della persona responsabile del procedimento, nonché dell’ufficio in cui si può prendere visione
degli atti, ex art. 8, L. 241/1990;
• del termine e dell'autorità cui è possibile presentare il ricorso, ex art. 3, co. 4, L. 241/1990.
Anzi, l'atto impugnato risulta fuorviante, arrivando a confondere procedure giuridiche ben differenti tra loro.
Nella missiva si parla in maniera erronea di "ricorso amministrativo" (ovvero l'atto con cui si adisce l'Autorità
Giudiziaria Amministrativa competente per territorio), mentre, in realtà, si intende un mero atto extraprocessuale,
la c.d. "istanza in autotutela"; inoltre, in assenza di questo atto, non è dato sapere se vi sono formule alternative di
pagamento (ovvero rateizzazioni, esclusioni o soluzioni solidaristiche, in linea con la Legge di Stabilità e le
normative comunitarie), e ciò in palese violazione dei diritti della ricorrente, anche nella veste di eventuale
contribuente.
Nel silenzio della missiva ed in ogni caso disquisendosi di attività amministrativa, la stessa avrebbe dovuto
attraversare, per essere, infine, esplicitata, per il relativo procedimento che, evidentemente, I'Inps ha ritenuto di
non condividere con la deducente (non avendo provveduto, l'Istituto, alla doverosa comunicazione di avvio del
procedimento ex art.7 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i., in violazione del principio di partecipazione e
del giusto procedimento e del diritto di difesa ex art. 24 della Costituzione), e di cui neanche si conoscono gli
estremi (sempre che sia stato avviato!).
Il provvedimento qui gravato appare, pertanto, illegittimo anche per omessa comunicazione dell'avvio del
procedimento.
Conseguentemente si eccepisce l'illegittimità dell'intero iter procedimento seguito dalla controparte per evidente
violazione della legge sul procedimento amministrativo.
Alla luce di tutto quanto sopra, va dichiarata la nullità e/o illegittimità dell'atto amministrativo.
5.
DIRITTO ALLA RESTITUZIONE DEI CONTRIBUTI VERSATI
7
8
Si rappresenta, altresì, che pur laddove l'Avv. ______________ dovesse provvedere al versamento dei contributi
richiesti in favore della gestione separata INPS, gli stessi le dovrebbero comunque essere restituiti, in
considerazione del fatto che il versamento per un solo anno, il 2010, o pur volendo considerare anche il 2009, con
riferimento al quale l'Inps ha provveduto nel 2015 all'iscrizione d'ufficio della ricorrente alla gestione separata, e
dunque al più due anni di contribuzione non farebbero comunque maturare in capo alla stessa alcun diritto
previdenziale.
Infatti la giurisprudenza di legittimità aveva stabilito che coloro i quali avrebbero avuto diritto alla pensione da
Enti autonomi, quale appunto la Cassa di Previdenza Forense, alla quale la ricorrente è iscritta dal 2011, come da
comunicazione di quest'ultima del 25 ottobre 2013 che si produce (doc. n. 8), avevano il diritto di ottenere la
restituzione dei contributi corrisposti alla gestione separata dell'INPS qualora i medesimi non fossero
risultati sufficienti a determinare il diritto ad una forma pensionistica (tra tutte Cass. Civ. SS. UU del 17
gennaio 2007 n. 879).
Pertanto, in ogni caso, la deducente avrebbe diritto ad ottenere la restituzione dei contributi versati, in quanto
inutilizzabili.
Inoltre, il Legislatore, con l'interpretazione autentica di cui all'art. 18 comma 12 ultimo periodo D. L. 6 luglio
2011 n. 98, convertito in L. 15 luglio 2011 n. 111, ha precisato che "sono fatti salvi i versamenti già effettuati ai
sensi del citato articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995" .
In questo modo, il Legislatore ha definitivamente escluso l'iscrizione alla gestione separata per coloro che
svolgono attività il cui espletamento è subordinato all'iscrizione ad Albi la cui disciplina contributiva è
regolamentata dai relativi Enti appositamente istituiti, collocando, così, una pietra tombale sulla questione relativa
ai contributi c.d. inutilizzabili in relazione ai quali la Suprema Corte aveva sancito il diritto alla restituzione in
favore di chi li aveva versati.
6.
ILLEGITTINIITA' DELLE SANZIONI APPLICATE DALL'INPS
Ferme ed imprescindibili le deduzioni ed eccezioni sopra svolte, si eccepisce, altresì, l'illegittimità delle sanzioni
comminate alla ricorrente dall'Inps, che si contestano sia sotto il profilo dell'an sia sotto quello della loro
quantificazione.
L'INPS, infatti, con la richiamata nota del 22 giugno 2016 ha invitato l'Avv. ____________ ad effettuare, entro e
non oltre trenta giorni dalla ricezione della missiva, il versamento dell'importo di €. 1.748,30 a titolo di
contribuzione oltre alle sanzioni calcolate ai sensi dell'articolo 116, comma 8, lett. b) della legge n. 388/2000.
Nello specifico, l'importo che sarebbe dovuto a titolo di contribuzione risulta pari ad €. ____________ e quello a
titolo di sanzioni a ben €.
A ben vedere, tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che "è configurabile omissione e non
evasione, ai sensi del comma 8 dell 'art. 1161. 388/2000, quando il credito dell'Inps per contributi sia rilevabile
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e quindi risulti dalle denunce o dalle scritture effettuate o tenute dal datore di lavoro, poiché il credito dell
'istituto, seppure non segnalato in piena conformità alle complesse regole prescritte, è comunque evincibile
attraverso documentazione di provenienza del soggetto obbligato. Se tale documentazione sussiste, non vi è
alcun onere probatorio a carico del datore, perché vi è un oggettivo comportamento che esclude l'evasione
contributiva (Cass. Civ. Sez. Lav. 20 gennaio 2011, n. 1230).
Non solo!
L'art. 116, comma 8, lett. b), della Legge n. 388/2000 dispone che "in caso di evasione connessa a registrazioni o
denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero, cioè nel caso i cui il datore di lavoro, con l'intenzione
specifica di non versare i contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate, al
pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al 30 per cento; la sanzione civile non può essere
superiore al 60 per cento dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge. Qualora la
denuncia della situazione debitoria sia effettuata spontaneamente prima di contestazioni o richieste da parte
degli enti impositori e comunque entro dodici mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o premi e
sempre che il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro trenta giorni dalla denuncia stessa, i soggetti
sono tenuti al pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato
di 5,5 punti; la sanzione civile non può essere superiore al 40 per cento dell'importo dei contributi o premi, non
corrisposti entro la scadenza di legge".
Stando alla lettera della norma citata, occorre, ai fini dell'irrogazione della sanzione civile, che il contribuente
abbia, coscientemente e volontariamente., omesso di presentare le denunce obbligatorie, assistito dall'intenzione
specifica di non versare i contributi previdenziali, e con tale intento abbia occultato rapporti di lavoro eseguiti
ovvero retribuzioni percepite e/o erogate: occorre che il soggetto tenuto al versamento agisca con il dolo specifico
diretto a porre in essere un atto di evasione e/o elusione fiscale.
Orbene, siffatto elemento psicologico manca nel caso di specie, in quanto la ricorrente ha regolarmente dichiarato
alla Cassa Forense il proprio reddito imponibile per l'anno 2010, mediante la presentazione del Modello 5, ergo,
non ha inteso occultare attività professionali esercitate ovvero compensi percepiti.
Dunque, ammesso e non concesso che vi sia stata violazione delle norme sui versamenti alla Gestione Separata,
l'intenzione dolosa è comunque esclusa dal ragionevole affidamento generato sia dalla prassi applicativa sia
dall'interpretazione giurisprudenziale dell'art. 2, comma 26, della legge n.335/1995 protrattasi per oltre 15 anni,
entrambe orientate nel senso della non obbligatorietà del versamento alla Gestione Separata da parte dei
professionisti iscritti in un albo professionale ed assistiti da autonoma forma previdenziale e!).
Dal che l'illegittimità delle sanzioni applicate dall'Istituto Previdenziale.
Senza considerare, poi, che, in tal modo, l'INPS ha gravato la ricorrente non soltanto del pagamento di una
somma a titolo di contribuzione, già di per sé evidentemente non dovuta per le considerazioni tutte svolte ai punti
precedenti, ma addirittura anche di un importo a titolo di sanzioni che risulta oltre che non dovuto anche
assolutamente sproporzionato, essendo quasi di ammontare pari al contributo richiesto!
Peraltro tale domanda di pagamento anche di sanzioni così elevate interviene ora senza che prima la medesima
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abbia mai ricevuto alcuna comunicazione in merito.
In subordine, corre il dovere di eccepire anche l'erronea quantificazione delle sanzioni irrogate.
Invero, la disposizione di cui all'art. 116, comma 8, lett. b) della legge n. 388/2000 prevede che l'ammontare della
sanzione comminata per le ipotesi di denunce obbligatorie omesse o non veritiere non debba superare, in ogni
caso, l'importo percentuale del 60% dei contributi non corrisposti.
Orbene, poiché nel caso di specie l'ammontare delle sanzioni indicate (€. ______________ ) è superiore al 60%
dell'ammontare dei contributi ritenuti dovuti (€. ______________ ), l'importo richiesto per sanzioni è illegittimo
e comunque non dovuto nella misura precisata.
Tanto più che, nel messaggio n. 821 del 15 gennaio 2014, 1'1NPS aveva chiarito che "per gli accertamenti già
inviati, potrà essere applicato, per i periodi accertati antecedenti il 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del D.I.
98/2011), quanto disposto dall'art. ___________ 116, comma 15, lettera a) della Legge 388/2000 che prevede la
possibilità di riduzione delle sanzioni civili per mancato o ritardato pagamento di contributi sino alla misura degli
interessi legali, allorché risulti che l'inadempimento sia stato causato da oggettive incertezze sulla ricorrenza
dell'obblio contributivo connesse a contrastanti orientamenti interpretativi".
Messaggio che, tuttavia, l'Inps non ha seguito nel caso di specie.
Nella denegata e non creduta ipotesi in cui le sanzioni irrogate dovessero ritenersi dovute, se ne chiede, pertanto,
la riduzione nei termini sopra rappresentati.
7.
SOSPENSIONE IN VIA CAUTELARE DELL'EFFICACIA ESECUTIVA DEL PROVVEDIMENTO
INPS IMPUGNATO,
Si chiede, in via preliminare, di disporre la sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato
perché, dallo stesso, potrebbe derivare grave ed irreparabile danno per la ricorrente.
Circa il fumus boni juris, lo stesso è insito nei motivi del ricorso, dovendosi convenire sulla circostanza per la
quale, la nota gravata appare ictu oculi ed anche in base ad una delibazione sommaria della stessa, nonché di
quanto sostenuto in questa sede, manifestamente illegittima sotto i plurimi profili di cui si è dato conto fin qui.
Sussiste, poi, il grave ed irreparabile danno per la ricorrente la quale, nella persistenza dell'efficacia esecutiva
dell'avviso bonario, potrebbe essere oggetto di notifica di cartella di pagamento e conseguente iscrizione a ruolo di
somme di denaro pretese inopinatamente, arbitrariamente ed illegittimamente dall'Inps, viepiù in forza di
provvedimento nullo ovvero annullabile per i molteplici vizi da cui risulta affetto.
Per tutto quanto sopra esposto, il sottoscritto Avv. ___________________ , come sopra rappresentato e difeso
CHIEDE
che il Comitato Amministratore per la Gestione Speciale di cui all'art. 2, comma 26, Legge n.
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335/1995,disattesa ogni contraria istanza, deduzione e eccezione, Voglia,
1) In via principale, previa immediata sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato, disporre
l'annullamento della nota datata 22 giugno 2016, ricevuta dall'Inps tramite raccomandata a.r. n. 65036675667-0 in
data 11 luglio 2016, previo accertamento e dichiarazione della nullità e/o inefficacia e/o illegittimità e/o
infondatezza della stessa, e di ogni ulteriore atto e/o provvedimento ad essa presupposto, collegato, connesso,
precedente e/o successivo, e per l'effetto dichiarare la non debenza delle somme (per contributi e sanzioni)
pretese dall'Inps, per l'anno 2010, per complessivi € , per le ragioni tutte indicate in narrativa;
2) disporre, in ogni caso, la cancellazione dell'iscrizione d'ufficio alla Gestione Separata Inps della ricorrente;
3) accertare e dichiarare, in ogni caso, la non debenza da parte della ricorrente dei contributi,e degli accessori
pretesi dall'INPS, ivi comprese le sanzioni richieste, per intervenuta prescrizione degli stessi;
4) in subordine, nella denegata ipotesi di mancato accoglimento del presente ricorso, previo accertamento e
dichiarazione dell'illegittimità delle sanzioni comminate con la nota datata 22 giugno 2016, disporre la loro
riduzione nella misura di legge, tendendo conto dell'applicabilità del tasso degli interessi legali. A tal fine,
l'odierna ricorrente diffida questo Istituto dall'intraprendere qualsivoglia iniziativa e/o azione in proprio danno,
con l'espresso avvertimento che, in mancanza di immediata cancellazione dalla gestione separata Inps, la stessa
agirà in tutte le sedi giudiziarie per la tutela dei propri diritti, facendo riserva di richiedere il risarcimento di tutti i
danni subiti e subendi.
Si producono i seguenti documenti:
1) copia nota racc. a/r n. ____________ datata 22 giugno 2016;
2) autocertificazione iscrizione all'Ordine degli Avvocati di Teramo dell'ALA. ____________ ;
3) copia bollettino di pagamento tassa conservazione Albo del 2010;
4) copia Mod. 5 relativo al 2010;
5) copia bollettini di pagamento contributo previdenziale del 2010;
6) copia Regolamento Cassa Forense;
7) note illustrative per l'invio del modello 5/2011;
8) copia comunicazione di Cassa Forense del 25 ottobre 2013;
9) copia carta d'identità.
Teramo, 3 agosto 2016
Avv.
COMITATO PROVINCIALE INPS DI TERAMO
RICORSO AMMINISTRATIVO AVVERSO PROVVEDIMENTO
ISCRIZIONE GESTIONE SEPARATA INPS
per l’Avv. ?, nato a ? il , residente in Teramo (TE) alla Via ?, n. ?
elettivamente domiciliato in Teramo (TE), Corso ?, ?, presso e nello studio
dell'Avv. ?, c.f. ?, la quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni al
seguente indirizzo di pec ?) che lo rappresenta e difende giusta procura in
calce del presente atto
CONTRO
INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE -
sede di Teramo - in persona del Direttore in carica pro-tempore
PREMESSO
- che in data 5 luglio 2015 l’INPS di Teramo inviava missiva r/r con la quale
comunicava al ricorrente di aver provveduto ad iscriverlo d’ufficio con
decorrenza 1 gennaio 2009 alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26,
della legge 335/1995;
-che nella suindicata missiva l’INPS spiegava che l’iscrizione era dovuta alla
circostanza che nell’anno 2009 il deducente aveva dichiarata un reddito da
lavoro autonomo non assoggettato a contribuzione obbligatoria;
-che con la medesima comunicazione l’INPS chiedeva il pagamento della
somma di €557,62 di cui € 318,93 per contributi ed € 238,69 per sanzioni ex
art. 116, comma 8, lett. b L 38/200;
- che il suindicato provvedimento deve ritenersi del tutto illegittimo per tutti i
motivi che di seguito vengono esposti
1. INSUSSISTENZA DI PRESUPPOSTI PER L’ISCRIZIONE
ALLA GESTIONE SEPARATA – INTERPRETAZIONE
AUTENTICA DELL’ART. 2 C. 26 L. 335/1995.
L’iscrizione d’ufficio del ricorrente nella Gestione Separata sarebbe emersa
sulla base dell'accertamento della avvenuta denuncia nel quadro RE del
Modello Unico 2009 di redditi derivanti da attività di natura professionale, e
del riscontro che il medesimo non era iscritto ad alcuna gestione
previdenziale e non aveva quindi versato la relativa contribuzione.
In conseguenza di tale omissione diverrebbe a parere dell’Ente resistente
legittima l’iscrizione alla c.d. gestione separata in forza dell’art. 2 C. 26 della
L. 335/1995 il quale recita espressamente che: “A decorrere dal 1° gennaio
1996, sono tenuti all'iscrizione presso una apposita Gestione separata,
presso l'INPS, e finalizzata all'estensione dell'assicurazione generale
obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che
esercitano per professione abituale, ancorchè non esclusiva, attività di
lavoro autonomo, di cui al comma 1 dell'art. 49 del testo unico delle imposte
sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni ed integrazioni, nonchè i
titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al
comma 2, lettera a ), dell'art. 49 del medesimo testo unico e gli incaricati
alla vendita a domicilio di cui all'art. 36 della legge 11 giugno 1971, n. 426.
Sono esclusi dall'obbligo i soggetti assegnatari di borse di studio,
limitatamente alla relativa attività” .
Sul punto giova evidenziare che il Legislatore con l’art. 18 c. 12 del D.L
6.7.2011 n. 98 ha fornito in relazione all’art. 2 C. 26 della L. 335/1995 un
interpretazione autentica stabilendo che : “L'articolo 2, comma 26, della
legge 8 agosto 1995, n. 335, si interpreta nel senso che i soggetti che
esercitano per professione abituale, ancorche' non esclusiva, attivita' di
lavoro autonomo tenuti all'iscrizione presso l'apposita gestione separata
INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attivita' il cui esercizio non
sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attivita'
non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11, in base
ai rispettivi statuti e ordinamenti….”
Appare utile precisare in relazione alle norme di interpretazione autentica,
ovvero quelle che provengono dallo stesso organo che ha emanato la norma
di riferimento, che esse hanno efficacia retroattiva al momento dell’entrata in
vigore della norma di riferimento ( si veda Corte Costituzionale Sent.
168/2004)
Con la suindicata interpretazione autentica il Legislatore ha fissato i paletti
determinando i criteri in base ai quali scatta l’obbligo di iscrizione alla
gestione separata, ovvero per i soggetti i quali “svolgono attivita' il cui
esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali”.
Orbene nel caso di specie il ricorrente nell’anno 2009 svolgeva la pratica
forense presso lo studio legale dell’Avv. ?, e come tale era iscritto presso il
registro dei praticanti avvocati abilitati tenuto presso l’Ordine degli Avvocati
di Teramo così come risulta anche dalla certificazione di iscrizione rilasciato
dall’Ordine degli Avvocati di Teramo che si allega (doc. 1)
La suindicata situazione si è protratta sino al superamento dell’esame di
abilitazione all’esercizio della professione forense in conseguenza del quale il
deducente è stato iscritto il giorno 3 novembre 2010 all’Albo degli Avvocati.
Riassumendo nell’anno 2009, periodo di riferimento menzionato dall’INPS,
l’Avv. ? era iscritto nell’albo dei praticanti avvocati abilitati all’esercizio del
patrocinio ridotto.
Di conseguenza il provvedimento dell’INPS di iscrizione nella gestione
separata deve ritenersi illegittimo per difetto dei requisiti soggettivi atteso che
l’iscrizione scatta solo per i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non
sia subordinato all’iscrizione ad appositi albi professionali.
In relazione all’attività svolta dal praticante avvocato abilitato si precisa che
in virtù del quadro normativo designato dal Legislatore a questi è riconosciuta
la facoltà di iscrizione alla Cassa di Previdenza Forense.
L’ iscrizione alla Cassa di Previdenza Forense diviene invece obbligatoria
con l’iscrizione all’Albo degli Avvocati.
Di conseguenza anche le attività svolte dai praticanti avvocati con patrocinio
ridotto sono normativamente soggette all’obbligo contributivo del settore
forense, solo che per il periodo precedente al superamento dell’esame di
abilitazione il versamento dei contributi è facoltativo.
Peraltro una volta superato l’esame di abilitazione ed ottenuta l’iscrizione
all’Albo, l’avvocato può chiedere l’iscrizione retroattiva alla Cassa di
Previdenza anche per gli anni di svolgimento della pratica come nel caso di
specie.
In conclusione il regime contributivo del praticante era ed è disciplinato
espressamente dalla Cassa di Previdenza Forense, ovvero da uno degli enti di
cui al comma 11 del D.L. 98/2011 come espressamente richiamati dal comma
12 e di conseguenza deve escludersi l’obbligo di iscrizione alla gestione
separata INPS dell’odierno ricorrente il quale nell’anno 2009 svolgeva
attività di praticante avvocato abilitato al patrocinio ridotto la cui disciplina
contributiva era ed è disciplinata dalla cassa di Previdenza Forense.
2. ILLEGITTIMITÀ DEL PROVVEDIMENTO PER MANCANZA
DEI PRESUPPOSTI.
Anche laddove non dovesse essere ritenuta meritevole di accoglimento il
primo motivo di ricorso l’INPS non può comunque pretendere alcun
pagamento dal ricorrente per mancanza dei presupposti previsti dalla norma
in quanto incompatibili con le condizioni del ricorrente nell’anno 2009.
Si ripete che nell’anno 2009 il ricorrente svolgeva la pratica forense in attesa
di superare l’esame di abilitazione alla professione forense.
Risulta utile l’inquadramento della pratica forense fornito nel corso degli anni
dalla giurisprudenza in aderenza a quanto disposto dalla Legge e dal Codice
Deontologico Forense.
L’attività di praticantato professionale ha come finalità quella di assicurare al
giovane professionista le nozioni indispensabili per l’attuazione e
svolgimento dell’attività professionale intellettuale.
Il professionista non ha un obbligo di retribuzione economica nei confronti
del giovane praticante ma solo quello di fornire al medesimo tutte le nozioni
necessarie per lo svolgimento dell’attività professionale.
Nello svolgimento dell’attività di praticantato non è escluso che il
professionista affidi al praticante eventuali incarichi riconoscendo in
relazione ai medesimi anche un rimborso finalizzato ad agevolare il
completamente dell’iter formativo.
Tale sostegno e tale finalità sono riconosciute anche dal Codice Deontologico
degli Avvocati nel quale è stabilito che l’Avvocato è tenuto verso i praticanti
ad assicurare l’effettiva formazione riconoscendo dopo un periodo iniziale un
compenso proporzionato all’apporto professionale ricevuto.
I suindicati compensi, come nel caso di specie di € 1.240,00, sono
ovviamente esigui rispetto a qualunque altro compenso lavorativo ed hanno
una finalità diretta ad incentivare il completamente dell’iter formativo e come
tali possono essere senza alcun dubbio assimilati a somme corrisposte a titolo
di borsa di studio o di premio per fini di studio o di addestramento
professionale.
Le somme erogate a titolo di borsa di studio non possono essere assoggettate
ad alcun trattamento contributivo non costituendo le predette erogazioni
remunerazione per un attività professionale.
Infatti per i titolari di borse di studio e/o assimilati è esclusa l’iscrizione alla
gestione separata dell’INPS.
Di conseguenza l’esiguo reddito prodotto nell’anno 2009 ( € 1.240,00) dal
ricorrente non può rappresentare reddito da lavoro autonomo ma deve essere
assimilato ad una borsa di studio con conseguente esclusione all’iscrizione
alla Gestione Separata INPS.
La suindicata conclusione, peraltro, è coerente con il regolamento della Cassa
di Previdenza degli Avvocati che riconosce ai praticanti avvocati la facoltà di
iscrizione proprio perché questi hanno un reddito esiguo diretto ad
incentivare l’ultimazione dell’iter professionale e non producono volumi
d’affari elevati.
3.ILLEGITTIMITA' DELLE SANZIONI APPLICATE DALL'INPS
Ferme ed imprescindibili le deduzioni ed eccezioni sopra svolte, si eccepisce,
altresì, l'illegittimità delle sanzioni comminate al ricorrente dall'Inps che si
contestano sia sotto il profilo dell'an sia sotto quello della loro
quantificazione.
L'INPS, infatti, con la richiamata nota dell' 11 giugno 2015 ha invitato il
ricorrente ad effettuare, entro e non oltre trenta giorni dalla ricezione della
missiva, il versamento dell'importo di €. 557,62 a titolo di contribuzione oltre
alle sanzioni calcolate ai sensi dell'articolo 116, comma 8, lett. b) della legge
n. 388/2000.
Nello specifico, l'importo che sarebbe dovuto a titolo di contribuzione risulta
pari ad €. 318,93 e quello a titolo di sanzioni a ben €. 238,69.
A ben vedere, tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che "è
configurabile omissione e non evasione, ai sensi del comma 8 dell'art. 1161.
388/2000, quando il credito dall'Inps per contributi sia rilevabile e quindi
risulti dalle denunce o dalle scritture effettuate o tenute dal datore di lavoro,
poiché il credito dell'istituto, seppure non segnalato in piena conformità alle
complesse regole prescritte, è comunque evincibile attraverso
documentazione di provenienza del soggetto obbligato. Se tale
documentazione sussiste, non vi è alcun onere probatorio a carico del datore,
perché vi è un oggettivo comportamento che esclude l'evasione contributiva
(Cass. Civ. Sez. Lav. 20 gennaio 2011, n. 1230).
Nella fattispecie, l’Avv. ? non ha certamente occultato i propri redditi
derivanti dall'esercizio della professione di praticante avvocato abilitato,
avendo adempiuto agli obblighi di legge mediante la comunicazione del
"modello 5" contenente la dichiarazione del reddito percepito, così come con
la dichiarazione fiscale. Dal che l'illegittimità delle sanzioni applicate
dall'Istituto Previdenziale.
Senza considerare, poi, che l'INPS avrebbe dovuto accertare l'eventuale
debito dell'Avv. ? e conseguentemente procedere alla sua iscrizione d'ufficio
alla gestione separata fin dall'armo 2010, piuttosto che gravare lo stesso non
soltanto del pagamento di una somma a titolo di contribuzione, già di per sé
evidentemente non dovuta per le considerazioni tutte svolte ai punti
precedenti, ma addirittura anche di un importo a titolo di sanzioni che risulta
oltre che non dovuto anche assolutamente sproporzionato, essendo quasi di
ammontare pari al contributo richiesto!
Peraltro tale domanda di pagamento anche di sanzioni così elevate interviene
ora senza che prima il medesimo abbia mai ricevuto alcuna comunicazione in
merito.
Tanto più che, nel messaggio n. 821 del 15 gennaio 2014, l'INPS aveva
chiarito che "per gli accertamenti già inviati, potrà essere applicato, per i
periodi accertati antecedenti il 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del D.I.
98/2011), guanto disposto dall'art. 116, comma 15, lettera a) della Legge
388/2000 che prevede la possibilità di riduzione delle sanzioni civili per
mancato o ritardato pagamento di contributi sino alla misura degli interessi
legali, allorché risulti che l'inadempimento sia stato causato da oggettive
incertezze sulla ricorrenza dell'obbligo contributivo, connesse a contrastanti
orientamenti interpretativi".
Messaggio che, tuttavia, non ha affatto seguito nel caso di specie.
5. INTERVENUTA PRESCRIZIONE DEL DIRITTO DI CREDITO
DELL'INPS
Il ricorrente eccepisce, altresì, l'intervenuta prescrizione del diritto dell'INPS
di pretendere il pagamento della somma complessiva di €. 557,62 a titolo di
contribuzioni e sanzioni alla data del 5 luglio 2015 in cui al medesimo veniva
recapitata la relativa raccomandata datata 11 giugno 2015.
Infatti, l'articolo 3 comma 9 della Legge 8 agosto 1995 n. 335 ha stabilito che
"le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria si
prescrivono e non possono essere versate con il decorso dei termini di
seguito indicati: 10 anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo
Pensione Lavoratori e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie …..
Il suddetto termine veniva poi ridotto, a decorrere dal 1996, a 5 anni.
Ai sensi dell'articolo 2935 c.c. il termine di prescrizione decorre dal giorno in
cui il diritto può essere fatto valere.
L'impossibilità di far valere il diritto alla quale l'articolo 2935 c.c. attribuisce
rilievo quale fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione è solo quella
dovuta a cause che ostacolino l'esercizio del diritto e non comprende anche
gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, come quelli che
trovino loro causa nell'ignoranza, da parte del titolare, dell'evento generatore
del diritto (Cass. civile sez. Lavoro sentenza doli' 11 dicembre 2001
n.15622).
Rileva, dunque, che all'Avv. ?, il quale all'epoca era contribuente minimo,
sarebbe oggi preclusa la possibilità di versare i contributi per l'anno 2009 per.
intervenuta prescrizione del relativo diritto. Per individuare il dies a quo
rileva che l'INPS avrebbe potuto, anzi dovuto, svolgere le opportune verifiche
anche negli anni precedenti.
E, per tali ragioni, siccome il regime del pagamento dei contributi è
affiancato a quello per il pagamento dell'IRPEF, secondo il sistema degli
acconti e dei saldi, rileva che già all'inizio dell'anno 2010, a seguire il
ragionamento dell'INPS, il ricorrente avrebbe dovuto corrispondere un
acconto sui contributi. Cosa, questa, che non è stata fatta in quanto il
ricorrente, allora come oggi, ritiene la propria posizione incompatibile con la
gestione separata. Stando così le cose il termine quinquennale (dall'inizio del
2010 al giugno 2015) è già decorso.
Si rappresenta, inoltre, che il termine di prescrizione quinquennale dei
contributi previdenziali decorre dal giorno in cui i contributi dovevano essere
corrisposti secondo la normativa vigente, e quindi, dal giorno in cui doveva
essere versato il saldo risultante dalla dichiarazione dei redditi dell'anno di
riferimento che, come previsto dall'art. 17 del DPR 435/2001 così come
modificato dall'art. 37 comma 11 del D.L. 223/2006 conv. in legge 248/2006,
fissa il detto termine nel 16 giugno, e quindi nel suddetto caso al 16 giugno
2010.
L'esigibilità del credito previdenziale non è, infatti, condizionata né dalla
presentazione della dichiarazione fiscale, né dalla veridicità del contenuto di
questa, ma dipende esclusivamente dal verificarsi delle condizioni
normativamente previste, con la conseguenza che l'inadempimento da parte
del contribuente decorre dalla data stabilita dalla legge, che nel presente caso
coincide con il 16 giugno 2010. Alla luce di ciò, essendo la richiesta
dell'INPS giunta aldeducente solo in data 5 luglio 2015, è evidente che il
termine di prescrizione era già maturato.
Vale peraltro la pena di ricordare che l'articolo 3 della Legge n. 335/95
prevede espressamente, in deroga all'art. 2940 c.c., che i contributi "si
prescrivono e non possono essere versati" . Specificamente, la prescrizione
"ha una efficacia estintiva e non semplicemente preclusiva, perché l'ente
previdenziale creditore non può rinunziarvi. Ed il pagamento effettuato dopo
la prescrizione costituisce pagamento di indebito e da diritto alla
restituzione" (Cass. civile 4.06.2003 n. 8898).
Va da sé, in ogni caso, che il versamento di tali contributi costituirebbe un
pagamento indebito, con conseguente diritto alla restituzione delle somme
versate.
*****
Per tutti i motivi sin qui esposti l’Avv. ? come sopra rappresentato e difeso
RICORRE
al Comitato adito affinché accerti la nullità ovvero disponga l’annullamento,
previa sospensione dell'efficacia della nota datata 11 giugno 2015, ricevuta
tramite raccomandata a.r. il 5 luglio 2015, con la quale l'INPS comunicava al
deducente la sua iscrizione d'ufficio, con decorrenza 1° gennaio 2009, alla
gestione separata di cui all'articolo 2 comma 26 della Legge n. 335/95 e
chiedeva il pagamento del contributo e delle sanzioni per l'anno 2009 per
complessivi €557,62 nonché per l'accertamento e la dichiarazione
dell'illegittimità e/o della nullità ovvero annullabilità di tutti gli atti e/o
provvedimenti comunicati, nonché di ogni altro ed ulteriore atto e/o
provvedimento presupposto e/o successivo.
Teramo 29 luglio 2015
Avv. ?
Avv.?
Alleg.
1. Certificato iscrizione Ordine Avvocati di Teramo
2. Missiva INPS 11.06.2015 ricevuta 5.07.2015
3. Copia documento identità ?