Spe salvi - Lucera webSpe salvi è un’analisi articolata e impegnativa del “vuoto di senso”...

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Il 2007 se ne andato con due immag-ini forti: i rifiuti di Napoli e il rogo allaThyssenKrupp di Torino. Ma il 2008

è entrato a gamba tesa: rifiuti di Napoli parteseconda, il rapporto Censis 2007, la man-cata prolusione del Papa all’università diRoma, la crisi del governo Prodi dopolunga agonia, i tentativi inutili di salvare laLegislatura, lo scioglimento molto anticipatodelle Camere, le Elezioni politiche delprossimo aprile con un rimpasto generaledelle aggregazioni politiche, senza con-tare la dose quotidiana di violenza (duedonne uccise a Lucera, il ritrovamentodei cadaveri dei ragazzi di Gravina...).

In riferimento al 2007 fermiamoci su duedocumenti non assimilabili, indipendenti,asimmetrici: la seconda Enciclica diBenedetto XVI, Spe salvi, e il Rapportoannuale del Censis. Vedo qualche punto dicontatto tra i due.

Il Censis dice che l’Italia è “una realtàsociale che diventa ogni giorno una poltigliadi massa”. Leggo la voce “poltiglia” suldizionario di Tullio De Mauro: “Miscugliosemiliquido appiccicoso e di aspetto dis-gustoso”. Che schifo, disgustosa Italia! IlCensis spiega: un impasto di “pulsioni,emozioni, esperienze, indifferente a fini eobiettivi di futuro”, l’italia è “ripiegata suse stessa e inclina pericolosamente versouna progressiva esperienza del peggio”.

Non si salva nessuno in questa ‘foto difamiglia’: la politica, la violenza intrafa-miliare, la microcriminalità e quella orga-nizzata, la dipendenza da droga e acool, ledisfunzioni delle burocrazie, la deboleintegrazione degli immigrati, lo smalti-mento dei rifiuti, la bassa qualità delle TV.Il Rapporto dice che al termine “poltigliadi massa” si potrebbe sostituire “il ter-mine più impressivo di mucillagine”. Lo schi-fo aumenta. Per la verità, c’è uno spi-raglio: “le offerte innovative possono veniresolo dalle nuove minoranze”.

Si parla, tra le altre, della “minoranza che

si ostina (sic!) a credere in una esperienzareligiosa, insieme attenta alla persona e allacomplessità dello sviluppo ai vari livelli”.

Pare che ci sia posto per noi cristiani nellosmaltimento della “poltiglia di massa”.

Ci prova il Papa a spegarlo nell’EnciclicaSpe salvi. “Che possiamo fare?”, si chiede.E propone: “E’ necessaria un’autocritica del-l’età moderna in dialogo col cristianesimoe con la sua concezione della speranza. Intale dialogo anche i cristiani devono impara-re nuovamente in che cosa consista vera-mente la loro speranza, che cosa abbianoda offrire al mondo. Bisogna che nel-l’autocritica dell’età moderna confluiscaanche un’autocritica del cristianesimomoderno”.

C’è da rimboccarsi le maniche. Spesalvi è un’analisi articolata e impegnativadel “vuoto di senso” nell’attuale culturasecolarizzata, è soprattutto l’indicazionedi marcia per una prassi di speranza.

“L’elemento distintivo dei cristiani è ilfatto che essi hanno un futuro. Sanno chela loro vita non finisce nel vuoto. Soloquando il futuro è certo, diventa vivibileanche il presente. Chi ha speranza vive diver-samente”.

E’ la grande sfida dei cristiani alla“poltiglia” italiana? Ci vuole uno stilenuovo di vita nelle famiglie, nelle comunitàcristiane, nella società. Ma in casa, dalparrucchiere, al mercato, per strada, albar si respira aria di sfiducia e di delusione,di paura e di pessimismo. La speranzanon alimenta l’esistenza quotidiana, soc-combe sotto i colpi della cronaca. La sper-anza parla “sottovoce”. I rumori della vio-lenza e dell’ingiustizia coprono la suaflebile voce. Ma la speranza può ribaltarela situazione, se punta i piedi e guarda oltrela “poltiglia”attuale. Nel profondo delcuore, dove ognuno cova pensieri e desideripuliti, è possibile avviare prove di speranzeper sciogliere la rassegnazione paludosa delBelpaese. Giovanni G. Iasi

Prove di speranzas o t t o v o c e

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Nel novembre 2007 la signora Michela Ciaccami ha raccontato di una grazia del Padre Maestroa favore di suo figlio Mattia, nove anni. Il fatto èavvenuto nella primavera scorsa. L’ho invitata a ritor-nare con il figlio ed il marito. Sono venuti l’8dicembre 2007.

Trascrivo il racconto fatto a più voci, talvolta inrisposta alle mie domande.

Il 24 aprile 2007 erano in campagna. All’ora dipranzo, Mattia, mangiato il primo, è uscito nel cor-tile a giocare con la bicicletta regalatagli da poco.Hanno sentito all’improvviso un pianto particola-re che proveniva dall’esterno: era Mattia che si tene-va le mani sul basso ventre e piangeva lamentan-do dolori e perchè aveva visto sangue che gli scen-deva dall’inguinefino a terra. Si eraferito col manu-brio della bici. Ilpapà Matteo hacapito la gravitàdella ferita, quan-do togliendogli ipantaloni ha vistoun fiotto di san-gue che schizza-va dall’inguine. Haprovveduto ad unprimo pronto soc-corso: gli ha get-tato un secchio d’acqua addosso; con un lenzuoloha tamponato il foro, premendo sulla ferita una con-fezione di piselli surgelati.

Il bambino cominciava a non vedere più, ten-deva a perdere la conoscenza. Con bottiglie ghiac-ciate e spruzzi d’acqua lo si teneva sveglio. Intantoin macchina l’hanno accompagnato di corsa all’o-spedale di Lucera. La mamma invocava il PadreMaestro e Padre Pio: “Aiutatelo!”. I sanitari di Lucerahanno subito capito la gravità delle condizionidel bambino. Dopo aver constatato che l’arteria femo-rale era tranciata, hanno provveduto a bloccare l’e-morragia. Intanto hanno preso contatto con gliOspedali Riuniti di Foggia. Di corsa a Foggia doveavevano già pronta la sala operatoria: interventourgente, durato 4 ore. Poi hanno condotto Mattiain sala rianimazione fino al mattino. Il bambino nonha mai perso conoscenza, salvo durante l’interventochirurgico nel reparto di chirurgia d’urgenza. Il luce-rino dr. Pellegrino ha operato e si è interessato delpiccolo anche dopo.

Mattia è rimasto in reparto per alcuni giorni. E’stato dimesso il 30 aprile in buone condizioni.

I medici hanno consigliato di farlo giocare,doveva riprendere la vita normale. Ed ora stabenissimo.

Secondo capitolo della storia: l’incontro dimamma Michela e figlio Mattia con il PadreMaestro nella nostra chiesa. Il 10 maggio mammae figlio sono venuti in chiesa a ringraziare il Santo.Al primo banco hanno pregato, poi la mamma hadetto a Mattia: “Vai a ringraziare il Padre Maestro!”facendogli cenno di avvicinarsi da solo all’Urna delSanto. Il bambino è andato, si è inginocchiato, è rima-sto così alcuni minuti. Poi si è alzato ed è tornatodalla mamma visibilmente agitato. Ha raccontato:

“Mamma, appenaho detto grazie alPadre Maestro, hovisto che il Santo siè messo a manigiunte e con latesta faceva cennidi approvazione.Mi sono spaven-tato, sapendo cheera morto”. Lamamma ha tran-quillizzato il pic-colo e poi con luisi è recata davan-

ti all’Urna del Santo. Mattia di nuovo ha visto il PadreMaestro che si muoveva, come prima. Ha detto allamamma: “Vedi, mamma, come si muove, respirapure?”. La mamma ha detto di si, ma in realtà nonvedeva nulla. Sono tornati al posto, ma poi Mattiaha chiesto alla mamma di andar via. Sono ornati acasa, scossi per l’accaduto. Di ritorno hanno rac-contato tutto al papà e agli altri fratellini (Exenia,10 anni, e Mirko, 7 anni). Il giorno dopo, 11maggio, Mattia, la mamma ed il papà sono torna-ti a trovare il Padre Maestro. Il piccolo era irrigi-dito e spaventato: non ha visto più nulla. Hanno pre-gato e poi sono andati via.

Raccontano il tutto molto emozionati, il bambinopartecipa al racconto davanti a me, con gesti e mezzefrasi. Sembra ancora scosso dall’esperienza.

Ho dato loro delle immagini e la biografia delPadre Maestro. Poi ho accompagnato tutti e tre davan-ti al Santo e gli abbiamo rivolto la preghiera.

P. Giovanni

Mattia ringrazia il Padre Maestro

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Se qualcuno volesse sapere perchébisogna conoscere le religioni e tener-si informati sul confronto tra que-

ste e la nostra, basta consultare il sitowww.zenit.it Il sito fornisce continuamenteinformazioni circa le attività della santa Sedee il rapporto tra quest’ultima e il resto delmondo. Non passa giorno senza notare comu-nicazioni ufficiali del santo Padre che riguar-dano le altre religioni e in particolare l’Islam.Numerose sono anche le informazioni circagli scambi di comunicazioni tra i membri direligione islamica e cattolica.

Questo fattore potrebbe sembrare a moltiinsignificante, ma la questione diventa difondamentale importanza se si consideranon solo l’attenzione che la Chiesa sta riser-vando verso queste tematiche; non solo quel-la che ha riservato in passato (i documenti delConcilio Vaticano II Nostra Aetate e UnitatisRedintegratio; ecc.), ma anche e soprattuttola rilevanza sociale della questione. Nonvoglio ora fare l’elenco dei fatti di cronaca chehanno come movente l’intolleranza, mi parenecessario invece sottolineare quanto siasemplice e nello stesso tempo distruttivoconsiderare le persone ‘inferiori’ a noi oaddirittura ‘strane’ solo perché non appar-tengono alla nostra cultura e non professanola nostra stessa religione.

Voglio sottolineare quanto sia semplice eancora distruttivo fare della religione e dellacultura un’unità di misura con la quale misu-rare gli altri ed escludere tutti coloro che sonofuori misura; oppure considerare il proprioambiente vitale (famiglia d’origine, paese, par-rocchia, ecc.) come l’unico possibile e accet-tabile, l’unica sorgente di bontà, di saggezzae di virtù.

Queste riflessioni, il bisogno di capirecome ci si rapporta con persone che forse piùdi noi hanno la pretesa di possedere la verità,l’esempio di persone come don AndreaSantoro, la riscoperta di un san Francesco chenon esclude l’incontro col sultano a Medina,mi hanno motivato nel compiere due viag-gi in Turchia, uno a fine maggio, l’altro a fineottobre.

La Turchia è una terra non molto lontanodall’Italia ma tanto diversa, una terra cheha ricevuto il primo annuncio evangelicodegli Apostoli, la nascita delle prime chiese

e lo svolgersi dei primi Concilii. Oggi laTurchia è una terra musulmana, ma che con-serva radici cristiane che non sono maimorte. Lì è nato il nostro Credo, professatooggi dall’un per cento della popolazione.Una minoranza cristiana che non merita diessere abbandonata a se stessa e una mag-gioranza musulmana che merita la testimo-nianza sia pur piccola e silenziosa dei cristiani.

Il primo viaggio è stato sostanzialmente unacondivisione di vita coi nostri frati di Istanbule di Ismir, il secondo invece è stato un veroe proprio corso di formazione. In tutti e duenon mi sono fatto sfuggire l’occasione diammirare quanta ricchezza ci può essere inuna comunità internazionale o multietnica.Nel nostro convento infatti vivono insiemefrati italiani, polacchi rumeni e africani; nelconvento dei frati minori, che si trova apochi metri dal nostro, frati francesi, messicanie coreani.

Un insieme di razze, lingue, culture etradizioni che, se da una parte crea un inizialesmarrimento facilmente superabile, dall’altrafavorisce una notevole apertura di mente e dicuore. Un’apertura che permette a chi guar-da di ammirare l’amore fraterno che se è auten-tico affonda le sue radici in quello di Dio, unamore che supera i confini culturali, unamore che supera la grettezza e la sterilità delprovincialismo e si fa testimonianza cristia-na. Due comunità internazionali costituite da

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IL DIALOGO TRA LE RELIGIONI: UN’ESPERIENZA IN TURCHIA

Islam e Cristianesimodi

GiuseppeTondo

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oocristiani, da religiosi e, in quanto tali, sempreimpegnati a riflettere più a fondo sulla propriafede, per cercare di renderla accessibile a chiè intorno a loro. Questo richiede un lungoprocesso di apertura alle categorie culturali ereligiose del mondo che li ha accolti, senza pre-giudizi e senza fretta di arrivare a delle con-clusioni.

La prima attenzione nella vita religiosa e nel-l’impegno pastorale di queste comunità non ètanto verso gli ortodossi o i musulmani, ma quel-lo di superare le divisioni tra cattolici e catto-lici, tra cristiani e cristiani. La divisione tra i cri-stiani è una realtà che ci rende purtroppo pococredibili, ma la constatazione che proprio in que-sti ambienti le divisioni sembrano facilmentesuperabili, riempie il cuore di speranza. Ildesiderio di incontrare persone che capisconociò che dici e che condividono il tuo stesso Credo,abbatte ogni sovrastruttura inutile e ingombrantee porta i rapporti all’essenziale.

Il corso di formazione si è svolto sostan-zialmente a Istanbul presso il convento disanta Maria dei frati minori. I partecipanti al corsoerano sette in tutto e provenivano da diverseparti del mondo: Marocco, Indonesia, Messicoe Italia, sei frati minori e un frate minore con-ventuale. Quasi tutti i partecipanti avevanoricevuto il mandato dalla Provincia per un pro-getto di dialogo e missione.

Le tematiche sono state presentate da per-sone che vivono costantemente la realtà del dia-logo o comunque esperti di questo settore. Laprima cosa che è emersa dal corso è stata l’ur-genza di occuparsi del dialogo ecumenico e inter-religioso, ma soprattutto il bisogno che i fran-cescani si occupino di questa realtà. Questo per-ché, nonostante la storia della Chiesa e glieventi abbiano mostrato le ferite delle divisioni,gli specialisti della pace si sono occupati dialtro. Il dialogo e la ricerca della pace infatti èun elemento fondamentale del carisma fran-cescano senza il quale si rischia di avere un’i-

dentità tremolante, un’identità che non sa diniente. Per usare un’espressione provocatoriadi fra Tecle Vetrali, è come se il mondo si siaammalato di cuore e noi ci siamo specializza-ti in ortopedia.

Riporto ora alcune tematiche affrontatenelle giornate di studio: Giudaismo e dialogointerreligioso a cura di Yusuf Altintash, mem-bro del segretariato del Gran Rabbinato; IIDialogo ecumenico con le Chiese d’occidentee il Dialogo ecumenico francescano a cura difra Tecle Vetrali, ofm; Il Dialogo Islamico-Cristiano dal punto di vista francescano a curadi fra Gwenolé Jeusset, ofm; II Sufismo a curadi fra Alberto Ambrosio, op. Le giornate distudio sono state allietate anche da una visitaal patriarca Bartolomeo, un pellegrinaggio allechiese dell’Apocalisse, la visita di alcunemoschee e la partecipazione alla preghieranello spirito di Assisi con alcuni esponenti delSufismo nella chiesa di san Luigi dei francesi.

Vorrei concludere con un’ultima conside-razione. È paradossale constatare che essere unaminoranza, non avere ricchezze e potere, nonavere certezze, aiuta molto le confessioni cri-stiane presenti in Turchia a dialogare tra di loroe sentirsi membri della stessa famiglia, adaggrapparsi all’unica certezza che è Cristo. E incre-dibile constatare che la povertà produce unitàe testimonianza.

Noi francescani stiamo facendo un cammi-no di riscoperta del nostro carisma e ci stiamopreparando a celebrare il centenario delle ori-gini (1209-2009), stiamo facendo tutto ciò inun ambiente favorevole, dov’è facile esserecristiani. Probabilmente l’esperienza di questifrati e di questi cristiani ha molto da dire e dainsegnare a noi che con estrema facilità cidiciamo operatori di pace e annunciatori di Cristosulle orme di Francesco, ma che con altrettantafacilità rischiamo di essere faziosi, chiusi eattenti solo ai nostri interessi.

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Lettera di 138 guide islamiche al PapaAl termine del Ramadan, il 13 ottobre 2007, 138 personalità del mondo musulmano hanno invia-to una “lettera aperta e appello”al Papa, al Patriarca ecumenico e alle chiese ortodosse, al Consiglioecumenico. Scrivono: “Come musulmani noi diciamo ai cristiani che non siamo contro di loroe che l’islam non è contro di loro, a meno che loro non intraprendano la guerra contro i musul-mani. Noi diciamo che le nostre anime eterne sono in pericolo, se non riusciremo a fare sin-ceramente ogni sforzo per la pace”. Il cardinale Segretario di Stato, Bertone, ha risposto a nomedi Benedetto XVI: “Senza ignorare o minimizzare le nostre differenze, possiamo e quindi dob-biamo prestare attenzione a ciò che ci unisce. Sua Santità è rimasto colpito dall’attenzione pre-stata nella lettera al duplice comandamento dell’amore verso Dio e verso gli uomini”.

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Quando, nel 1681, nasce DonatoAntonio Giovanni Nicolò Fasani ilRegno di Napoli si appresta a vive-

re l’epoca d’oro della sua storia. Fermento cul-turale e rinnovamento politico sociale sonole coordinate che guidano la rinascita intel-lettuale del secolo successivo. La stessarealtà ecclesiale vive un momento di gran-de fermento. Basti pensare che la ChiesaMeridionale è caratterizzata da trasformazioniradicali. Imperversa l’azione pastorale edevangelizzatrice di alcune personalità rilevanticome san Francesco de Geronimo (1642-1716), sant’Alfonso de’ Liguori (1696-1787),san Gerardo Maiella (1723-1755), santaMaria Francesca delle Cinque Piaghe (1715-1791).

Dagli studi sulla vita ecclesiale meridio-nale di questo periodo, emerge che l’interessedominante è: predicare, convertire e sradi-care costumi ed abitudini millenarie, perraggiungere dei risultati duraturi.

In questo contesto, spicca con chiarezza eforza la figura di san Francesco Antonio Fasanila cui azione pastorale, di catechesi conti-nua, è stata instancabile e ricca di contenuti.Santo, teologo, mariologo, confessore, pre-dicatore, professore egli è una delle immagi-ni più ricche ed incisive che la Chiesa meri-dionale abbia mai prodotto nella sua storia bimil-lenaria. Proprio perché il Santo di Lucera è unafigura così poliedrica, è indispensabile limitare

il campo del mio inter-vento, sul tema concor-dato: “Contesto storicosociale e contenuto dot-trinale della predicazionedel Santo di Lucera”. Ilmio contributo, perciò, si articola essenzial-mente in tre punti: 1. Contesto storico socia-le del Fasani; 2. Predicazione in generale; 3.Alcuni contenuti dottrinali della predicazio-ne del Fasani.

L’analisi condotta non mira ad offrire un qua-dro esaustivo dell’oggetto di ricerca, ma le coor-dinate generali e le tematiche essenzialiaffrontate dal Fasani. In questo modo, è pos-sibile avere una lettura dell’influenza eserci-tata dal suo apostolato.

La corretta lettura della predicazione edel contenuto dottrinale del Fasani (†1742)esige necessariamente la ricostruzione, sepur sintetica, del contesto socio-religioso nelquale si sviluppa. La storia personale di qual-siasi uomo è inserita nella storia della propriacomunità di appartenenza la quale, a suavolta, è inserita in un contesto ancora più ampiodella storia globale. La contestualizzazione, cheè necessità inevitabile per ogni corretta erme-neutica storica, ci permette di evitare ana-cronismi.

L’analisi che propongo vuole soltanto offri-re i punti indispensabili per una correttacomprensione del tema da sviluppare.

Alla morte di Carlo II, sovrano dei PaesiBassi e re di Sicilia, avvenuta nel 1700, il Regnodi Napoli resta unito al trono di Madrid al quale,nello stesso anno, ascende Filippo V. Nel1707, però, il Regno di Napoli passa sotto lasovranità dell’imperatore Giuseppe I d’Asburgo,e dal 1711 al 1734 sotto quella del succes-sore Carlo VI d’Asburgo. In questo periodo,il governo è esercitato da un viceré resi-dente a Napoli, fortemente condizionatodagli apparati burocratici del Regno stesso.

La nascita di Donato Antonio GiovanniNicolò Fasani avviene quando Napoli è unViceregno spagnolo retto da Fernando Fajardo.La morte del Fasani avviene quando Napoli èun Regno indipendente riconosciuto da tuttaEuropa.

Il 1° maggio 1734 entra in Napoli Carlo diBorbone, mettendo fine al Viceregno che

di

Alfonso V.Amarante

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In quel tempo...“ATTI DEL CONVEGNO 2006”: STRALCI DALLA RELAZIONE SUL CONTESTO STORICO-SOCIALE

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dura ormai da circa 230 anni e ripristina il Regno,formalmente autonomo, sebbene legato allaSpagna sotto l’aspetto dinastico. Le genera-zioni formatesi nel nuovo clima daranno vitaal pensiero illuministico meridionale.

Salito al trono di Napoli, Carlo di Borbonedeve affrontare tre urgenze: stabilire una lineapolitica nei confronti della curia romana epiù in generale i confronti dell’autorità eccle-siastica; arbitrare lo scontro tra il ministro incarica e la nobiltà di Piazza; riorganizzare il siste-ma finanziario ed amministrativo del Regno.

Le strutture politico-sociali consolidate sioppongono ad ogni tentativo di rinnovamen-to. Due correnti di pensiero agiscono, infatti,in questo contesto: l’anticurialismo e il giuri-sdizionalismo.

La differenza tra anticurialismo e giurisdi-zionalismo consiste nella difesa della supremaziadel sovrano anche in campo religioso che,mancando nel primo, caratterizza invece ilsecondo.

Nonostante i limiti della sua poli-tica, Carlo di Borbone nel 1759 lasciail Regno in condizioni migliori diquelle in cui l’ha trovato 25 anniprima.

Nel Settecento il Regno di Napolie di Sicilia è costituito da due Regni,contraddistinti da tradizioni storiche,da una fisionomia amministrativa benprecisa, separati tra loro geografica-mente dallo stretto di Messina mapoliticamente uniti dalla persona delsovrano. Il Regno di Napoli vero e pro-prio si estende dall’Abruzzo allaCalabria, “di qua del Faro”, mentre laSicilia è localizzata “al di là del Faro”.Il Sovrano è denominato “Re di Napolie di Sicilia” o anche “delle due Sicilie”.

La popolazione ammonta a circaquattro milioni durante la metà delSettecento, mentre nel 1787, risultaessere pari a 4.760.000.

I centri abitati del Regno, dagli storici sonosuddivisi in città, terre e casali.

Lucera, nel Settecento, è una città regia doverisiede la sede del Tribunale delle UdienzeProvinciali.

La maggior parte degli abitanti del Regno vivein condizioni economiche molto arretrate. Lecause di una condizione simile possono esse-re anche rintracciate nella struttura forte-mente piramidale della società dell’epoca.

Se nel resto d’Europa alla fine del ‘600 e l’i-nizio del ‘700 si assiste alla prima e vera rivo-luzione agricola, nel Regno di Napoli questo nonaccadde. La stragrande maggioranza degli abi-

tanti del regno è composta da contadini opastori che coltivano terreni in uso, di proprietàoppure appartenenti al demanio feudale oregio. Un settore importante dell’agricoltura ècostituito dalla pastorizia.

Per la vita della Chiesa, nel Regno di Napolinel Settecento, sono da ricordare alcune datefondamentali: il sinodo del 1726, il Concordatonel 1741, la soppressione del S. Officio nel1746, la soppressione della Compagnia diGesù nel 1767, le leggi sui regolari e la cosid-detta Chinea, che era il simbolo della sogge-zione feudale del Regno alla Santa Sede, nel1788, e il 1799 anno della fondazione dellarepubblica napoletana.

Il sinodo del 1726 conferisce nuova linfaalla Chiesa napoletana. Il suo maggiore suc-cesso è il riordinamento della cura pastoralee la disciplina ecclesiastica, ma l’evento piùsignificativo di questi anni è certamente il con-cordato del 1741 con la Santa Sede.

Il concordato accoglie il principio che ilnumero dei preti deve essere proporzionato allapopolazione e alle risorse disponibili. Se ilConcordato con la Santa Sede del 1741 rap-presenta un momento di contatto ma anche dicrisi successive con Roma, l’abolizione delS. Officio nel 1746, segnò la vittoria dellapolitica ecclesiastica dei Borboni, di conseguenzala riduzione di potere degli arcivescovi e dellacuria. Tutto questo era l’inizio della secola-rizzazione, che nella soppressione dellaCompagnia di Gesù nel 1767, ebbe il suoepisodio più risonante.

Il clero sia diocesano sia regolare, nel Regnodi Napoli è, infatti, numerosissimo, una stima

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del 1734 faceva ascendere il personale eccle-siastico, comprese le religiose, al numero di120.000, pari al 4 per cento della popolazione.Il problema dell’eccessivo numero di eccle-siastici è un fenomeno molto sentito già neiprimi decenni del Settecento, originando fre-quenti richieste affinché il sovrano vi mettariparo. Il Cappellano Maggiore ritiene che sideve adottare un criterio oggettivo in fatto diordinazioni. Per lui è sufficiente che, permille anime è sufficiente la presenza di quat-tro o cinque tra chierici e preti, in aggiuntaai regolari già presenti nei paesi. Un altro pro-blema che si presenta è la formazione religiosa,morale ed intellettuale del clero. A riguardo,gli storici non concordano.

Il numero e il comune livello morale deipreti napoletani sono tali che il Cardinale Sersale(1754-1775) e il primo ministro Tanucci(1698-1783) progettarono un’azione con-corde e segreta per ridurli e correggerli. I risul-tati, però, non sono soddisfacenti.

Nel 1787, nei confini del Regno, i religiosidi Istituti possidenti sono 15.674 e 9.725 quel-li di ordini mendicanti. I religiosi non sonodistribuiti in modo uniforme sul territorio delRegno. Particolarmente apprezzati per il lorospirito e per la loro attività sono alcuni Istituticome gli Alcantarini, i Conventuali, i Cappuccini,i Chierici Minori, i Lazzaristi, gli Oratoriani,i Pii Operai e i Gesuiti fino alla loro soppres-sione. Tra gli aspetti maggiormente negativi,presenti tra i religiosi, sia monastici chemendicanti, sono da ricordare i seguenti:rilassamento dell’osservanza regolare; omis-sione dell’ufficio corale e non osservanzadella clausura; eccessiva ricchezza di alcunecase religiose; tendenza a chiamare in causail potere politico nelle cause interne; caren-za di formazione.

La predicazione moderna nasce con ilConcilio di Trento. Nella prima fase delConcilio, durante la sessione V, del 17 giugno1546, è emanato un decreto sulla letturadella s. Scrittura e la predicazione, dove si esor-ta il clero a svolgere una predicazione limitataall’ambito morale escludendo gli argomentidottrinali.

L’11 novembre del 1563, durante la penul-tima sessione del Concilio, è approvato undecreto di riforma, in cui il quarto canone disci-plina la predicazione.

La predicazione, al termine del Concilio,viene prettamente connessa all’insegnamentometodico dei rudimenta fedei. Insistendo,particolarmente, sulla frequenza delle prediche,che devono essere svolte, non soltanto ladomenica, nei giorni di festa ma, anche, ed

almeno, tre volte la settimana, nei periodi piùimportanti dell’anno liturgico, specialmente,durante l’Avvento, la Quaresima, le Quarantore.

Nel XVIII secolo, possiamo distingueretre grandi tipi di predicazione. La prima,denominata ordinaria, è strutturata secondodei canoni ben precisi.

Dopo la lettura del vangelo, e prima dellapredica vera e propria, devono essere recitatealcune preghiere. Dopo aver espletato questiatti, segue la predica la quale deve essere tenu-ta in lingua volgare e con un linguaggio sem-plice, riguardante il vangelo del giorno oqualche argomento morale per l’edificazionedegli astanti. Essa, poi, si conclude con gli avvi-si riguardanti le feste, i digiuni, le pubblica-zioni degli avvisi dei matrimoni ed, even-tualmente, la lettura di una pastorale delvescovo locale.

La predicazione straordinaria, invece, èespletata durante il periodo liturgicodell’Avvento e della Quaresima, per i pane-girici di santi o di feste liturgiche universalio, anche, in occasione dei funerali di un per-sonaggio illustre. Essa, il più delle volte, è affi-data ad oratori specializzati, i quali seguonole regole dell’eloquenza sacra.

Le prediche di missione, infine, costitui-scono il terzo tipo di predicazione. Lo stile diqueste prediche è semplice, diretto ed accat-tivante. I missionari in un certo senso, al dilà della ricchezza dei contenuti che offrono,rompono la monotonia dell’omelia domeni-cale in quanto con i loro metodi e la loro ora-toria sono visti come una novità nella vita par-rocchiale.

Nel XVII secolo si riscontra un progressi-vo esaurimento del patrimonio filologico edesegetico, per dare notevole spazio, nel seco-lo XVIII, ai contenuti dottrinali e morali a causadella situazione religiosa mutata con la rifor-ma cattolica. La predicazione del XVIII seco-lo deve essere ritenuta una vera e propria isti-tuzione sociale in quanto essa è utilizzata pertrasformare le abitudini delle masse rurali. Pertale motivo, l’insegnamento ruota intornoad alcuni concetti come la pazienza, l’accet-tazione del proprio stato sociale ed il perdo-no fraterno.

La predicazione è tenuta altamente inconsiderazione, nei secoli in questione, in quan-to essa è capace di incidere sui costumi socia-li, persuadendo l’intelletto (docere), stimolandola volontà (movere) e commuovendo i cuori(delectare). Il Fasani ha dedicato la maggiorparte del suo apostolato alla predicazioneordinaria, a Lucera e nei paesi vicini, per ben35 anni.

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Domenica 2 dicem-bre 2007, al centroEurospar di Lucera,

c’era un tavolino con un com-puter, dei cartelloni, dei mani-festi, delle foto, e c’eranoanche dei ragazzi che distri-buivano volantini. Come mai?Chi erano quei ragazzi e cosastavano facendo? Ho chiestoloro di spiegarmi cosa stessesuccedendo, ed alcuni mihanno raccontato come fossenata l’iniziativa.

Antonio e Pasquale, chefanno parte del gruppo mis-sionario del santuario, midicono che questa idea è statarealizzata per far conoscere ailucerini, che non frequenta-no il santuario, il progetto“Alejandro-Aquilone”, por-tato avanti dalla famiglia dellucerino Eugenio Di Giovine,che si trova da più di un annoin missione a Guanare, nelVenezuela. “Di che progettosi tratta?”, ho chiesto loro.

Pasquale mi dice che èun progetto a favore di 15bambini di un quartiere peri-ferico di Guanare, provenientida famiglie povere e difficili;

alcuni di loro sono orfani,altri hanno un genitore alco-lizzato e vivono in baracchedi terra e lamiera. Grazie aquesto progetto, i bambiniper tre pomeriggi alla setti-mana, frequentano un centrosociale, dove imparano a leg-gere, scrivere, far di conto, gio-cano e vengono nutriti inmaniera adeguata. L’obiettivoè quello di tenere questi bam-bini fuori dalla strada e didonare loro una speranza peril futuro.

“Bello, dico io, ma cosapossono fare i lucerini perquesti bimbi?” Antonio rispon-de che il progetto per essereportato avanti ha bisogno di

fondi e i lucerini, grazie ad unpiccolo contributo, possonodare un’opportunità a que-sti piccoli, che non sono for-tunati come i loro bambini.

“Dunque Alejandro ha uncosto?”, chiedo ad Antonelladella gioventù francescanadel santuario. Si, mi dice, ilcosto del progetto è di 200euro al mese, per permette-re a questi bambini di fre-quentare il centro per 3 anni.Purtroppo il quartiere in cuivivono questi ragazzini èpoverissimo ed i frati insiemeai volontari Eugenio edElisabetta, fanno quello chepossono, ma hanno bisognodel nostro sostegno per copri-re le spese del materiale didat-tico, dello stipendio alla mae-stra, del cibo, del salario daretribuire al dottore per levisite mediche. Ecco perchènoi gruppo missionario e gio-ventù francescana siamo quioggi, per sensibilizzare lagente!”.

“Siete riusciti nel vostrointento? Come risponde lagente alla vostra richiesta diaiuto per i bambini di

s p a z i o g i o v a n i

Missione al centro commerciale

di

M. RosariaPappani

UNA DOMENICA SPECIALE...

NUOVO CONSIGLIO GI.FRA.La Gi.Fra. di Lucera ha un nuovo con-siglio: presidente Giuliano Ciavotta,vice Rosa Pappani e segretaria DorianaPellegrino. Domenica 17 febbraio “pro-messa” di 10 gifrini; nel pomeriggio ilcapitolo elettivo presieduto da AlfonsoFilippone, presidente regionale Gi.Fra.,presente l'assistente regionale p. DanieleMaiorano. L’assistente è p. G. Foggetta.

9IL PPADREMMAESTRO 1/2008

s p a z i o g i o v a n i

Guanare?”, domando ancora ad Antonella e aMarco, presidente della gioventù francescana.Entrambi manifestano la propria delusione: “Lepersone sono diffidenti nei confronti delleraccolte di fondi pro missioni; la gente hapaura che i suoi soldi non giungano a desti-nazione, oppure è talmente abituata a vederein TV scene di povertà e miseria, da rimane-re indifferente persino di fronte ad una richie-sta di aiuto per dei bambini”.

Comunque, continuano i ragazzi, ci sonostate anche alcune persone, che si sono avvi-cinate spontaneamente al nostro stand, hannochiesto informazioni ed hanno dato il pro-prio contributo. Ciò vuoi dire che Gesù èancora capace di accendere nel cuore del-l’uomo il fuoco della carità.

Il gruppo missionario e la gioventù fran-cescana si sono dati da fare per sponsorizza-re il progetto d’amore portato avanti daEugenio e sua moglie Elisabetta a Guanare, enon si fermeranno qui. Organizzeranno infat-ti altre iniziative di tal genere nel santuario efuori, per sensibilizzare la cittadinanza.

Abbiamo festeggiato il Natale anche con i bam-bini del “Projecto Alejandro-Aquilone”. Primadella sospensione delle attività abbiamo orga-nizzato una piccola festicciola in cui ad ogni bam-bino è stato distribuito un regalo e una magliet-ta. Quest’ultima era stata scelta, sia nel colo-re che nel logos interamente dai bambini ed èdiventata la loro ‘divisa’ ufficiale per venire qui

al recupero. Ovviamente le femminucce hannofatto storie perché secondo loro non era abba-stanza aderente, come d’uso qua in Venezuela.L’unica tristezza è che di tutti i genitori e rap-presentanti che avevamo invitato per questa festasi è presentata solo una sorella maggiore; e così,con grande delusione dei ragazzi, non abbia-mo inscenato lo spettacolino e il ballo cheavevano provato per loro. Questo ci ricorda quan-to poco siano seguiti questi bimbi dalle loro fami-glie e quanto sia importante il tempo che pas-sano qui insieme. Abbiamo anche organizza-to una gita al Santuario Nazionale (foto), oraanche basilica minore Nuestra Señora deCoromoto, a 20 km da Guanare, affittandouna ‘bussetta’ tutta per noi. Tutto è stato perloro una novità e un’occasione di festa e agran voce chiedono di fare un’ altra uscita.L’ultima novità positiva per il progetto è cheMiguel, il ragazzino di 12 anni non scolarizzato,che a settembre se ne era andato a raccoglie-re caffè, a Natale è ritornato, terminata la sta-gione di raccolta, e ha chiesto di essere rein-serito; con gioia lo abbiamo riaccolto anche seora siamo in 16 e la povera maestra ha un belda fare per tenerli tutti a bada. (Eugenio ed Elisabetta Di Giovine, lettera del 31 gennaio 2008)

Ultime notizie da Guanare

10 IL PPADREMMAESTRO 1/2008

“Deo Gratias”! La comunità francescanadel santuario san Francesco Antonio Fasani èin cammino. Motore ne è il rettore p. GiovanniIasi, ricco della lunga esperienza in terra di Bari-Iapigia, attivamente e fraternamente coadiuvatodai confratelli p. Antonio Alemanno e p.Giovanni Foggetta. Il loro progetto è accom-pagnare la comunità tutta a quella santità cheil Padre Maestro ci addita.

I primi passi sono stati mossi l’anno scorso;quest’anno lo si vuole rendere operante portandola comunità ad una collaborazione fattiva ecoordinando le attività che ogni gruppo, nellasua specifica identità, avrà programmato.

Il 4 novembre 2007 la comiunità dei fratici ha convocati per un convegno-ritiro. Iltema: “Sostenere il cammino di santità dei sin-goli e dell’intera comunità”. Relatore p.Giovanni Foggetta, cappellano del carcere e assi-stente della Gi.Fra.

Punto di partenza è camminare insieme, tro-vando la froza nella preghiera e facendo comu-nione.

Questo nuovo modo di vivere insieme ci ren-derà icona di comunione, portandoci ad esse-re fratelli attenti ai bisogni altrui, evidenzian-do che anche nell’ambito sociale, politico e mis-sionario, essere fratelli è possibile. Il vivere insie-me troverà nella Consulta del santuario il labo-ratorio per studiare le forme che favoriscono ildialogo, la condivisione e la collaborazione. SanFrancesco insegna che è “grazia di Dio” ognipersona, anche quella che sarà di ostacolo,perché le diversità accettate, muovendosi suibinari dell’umiltà e della minorità, aiutano a cre-scere. Questo il tema di riflessione.

Passiamo al secondo momento: prova didialogo per la nostra fraternità (Lasciamocipresentare dal fratello). Ci dividiamo in coppie:i due elementi di gruppi diversi-chiedono edaccettano di conoscersi; ci intratteniamo per circa10 minuti, il tempo per aprirci anche alle aspi-razioni a cui si tende nell’ambito dell’associa-zione o fraternità. In cinque o sei coppie ci rac-cogliamo poi per presentarci reciprocamen-te. Abbiamo a disposizione venti minuti, quan-to basta per conoscere l’uno i problemi dell’altro,le finalità a cui si tende per passare alle propostee cercare punti d’incontro e di condivisione.Quindi si ritorna tutti in assemblea per dispor-ci al dialogo, guiati dalle domande del coordi-natore p. Giovanni Iasi: Come è andata? Aveteparlato tutti? Qualcuno ha coordinato il grup-po o siete andati a ruota libera? Ci sono coppie

che vogliono presentarsi? È venuta fuori qual-che tematica particolare?

Due coppie si presentano per raccontarsi:storie diverse, esperienze passate, qualcunaimprevedibile, aspirazioni edificanti. In tutti igruppi si è conversato democraticamente,tema comune il timore che potranno emerge-re delle difficoltà nell’intraprendere un cammino

unitario, ciò per la natura stessa dei gruppi (tipi-camente spirituali i primi due, associativi glialtri due). Emergono difficoltà logistiche (gior-ni da fissare per gli incontri, orari adeguati pertutti), vengono sottolineate anche alcunedivergenze tra giovani e adulti. Anche setanto era prevedibile e se il cammino doves-se risultare arduo è positivo da parte di tuttiil desiderio di provare a realizzare il proget-to facendoci strumenti nelle mani del Signoreper divenire ciascuno servo dell’altro.

L’incontro del 4 novembre si è svolto pres-so il Centro della Comunità della diocesi.

Ada Intiso

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Il Padre Maestro è on line

Dal numero 2/2007 la nosta rivista èdisponibile sul Web. Il Padre Maestro puòessere letto, ogni trimestre, da tutti e in tuttoil mondo attraverso il sito: www.luce-raweb.com. Sarà sempre in home page (nelmenù di sinistra), scaricabile in formato PDFcon un click.

La comunità in cammino

SSaannttuuaarriioo:: ssaallaa FFaassaannii,, lluuooggoo ddeellllee rriiuunniioonnii..

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c r o n a c h e d e l s a n t u a r i o

Festa del Padre MaestroConclusa alla grande la festa del Padre

Maestro il 29 novembre 2007, festa precedutada una novena animata anche quest’anno daalcune parrocchie di Lucera.

Il 20 novembre ha partecipato la parrocchiadi san Francesco Antonio Fasani col parroco donRaffaele Antonacci, il quale ha parlato della figu-ra del Fasani come predicatore della Parola diDio e Padre dei poveri.

Il 21 novembre il santuario ha ospitato la par-rocchia della Cattedrale. La S. Messa è stata pre-sieduta dal vice parroco don Pasquale iTrivisonne, il quale ha tenuto la sua omelia sullafigura di Maria , madre di Dio nonché stella pola-re della santità del Padre Maestro. Il parrocodon Alfonso Tirri ha guidato i fedeli nel cantoliturgico.

Il 22 novembre la parrocchia che ha animatola liturgia è stata quella di san Pio X. Il parro-co don Vincenzo onorato durante i omelia haparlato della capacita di san Francesco Antoniodi portare le anime a Cristo.

Il 23 novembre ospite la parrocchia di sanGiovanni Battista. Il parroco don DomenicoFanelli durante l’omelia ha messo in evidenzail ruolo del Fasani nel restaurare la chiesa di sanFrancesco, luogo di preghiera per la comu-nità cristiana.

L’ultima parrocchia ad animare la novena il24 novembre è stata quella di san GiacomoApostolo, il cui parroco don Ciro Fanelli ha svi-luppato il tema riquadrdante Cristo Re di

riconciliazione e di pace nell’apostolato del PadreMaestro.

Domenica 25 novembre: pienone di inzia-tive. Al mattino Raduno provinciale di auto d’e-poca (foto). S. Messa vespertina di mons.Felice di Molfetta, vescovo di Cerignola-AscoliSatriano, poi il Concerto del coro “CarmelaBattista” del liceo scientifico statale “A.Einstein” di Cerignola.

Il triduo solenne è stato predicato dal p.Provinciale dei frati minori conventuali, p.Giuseppe Piemontese, il quale nelle tre sere hasviluppato temi inerenti alla figura del Fasanicome formatore di giovani frati nella comunitàlucerina e ministro provinciale di ‘S. Angelo’,come confessore e direttore spirituale di per-sone laiche e consacrate. P. Giuseppe l’ultimasera del triduo ha posto un quesito ai fedeli: ilFasani oggi è ancora per noi Padre Maestro?

Noi lucerini ci affidiamo molto all’inter-cessione del nostro amato Santo. Forse dovrem-mo seguire un po’ di più i suoi esempi soprat-tutto come uomo di carità e di riconciliazione.Questo tema è stato ripreso da p. Giuseppe lasera dei transito, il 28 novembre: un momen-to di forte spiritualità e di contemplazioneche ha visto la presenza di molti devoti accor-si per onorare il Santo. Inoltre vi sono state duemanifestazioni nelle sere del triduo: lunedì dopola S. Messa si sono esibiti i ragazzi dell’Orchestradell’istituto comprensivo statale ‘San FrancescoAntonio Fasani’ di Lucera e martedì il Concerto

della Banda Musicale ‘Silvio Mancini’di Lucera.

Il giorno 29 festa grande per tutti.La S. Messa delle ore 10,00 presiedutadal rettore del santuario, p. GiovanniIasi, ha visto coinvolti i bambini dellascuola elementare ‘Tommasone’ e iragazzi della scuota media statale‘Dante Alighieri’. Mentre l’Eucaristiadelle 11,30 è stata presieduta da p.Giuseppe Piemontese è animata daigiovani dell’istituto commerciale sta-tale. La Messa vespertina invece,presieduta da s.e. mons. DomenicoCornacchia vescovo della diocesi, èstata concelebrata da diversi sacerdotie animata dalla Corale santa Ceciliadi Lucera. Tantissima folla di fedeli nellaMessa vespertina e in quelle del mat-tino. Questa è la prova che il PadreMaestro occupa un posto privilegia-to nel cuore di noi lucerini. Lasciamociquindi penetrare dai suoi insegna-menti.

Lucia D’Apollonio

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12 IL PPADREMMAESTRO 1/2008

Il 22 dicembre si è svolto nella nostra chie-sa lucerna un incontro per la presentazio-ne della Guida storico-artistica della stes-sa chiesa-santuario (vedi a pagina 14 di que-sta rivista) e per il lancio della Candidaturadel santuario a Monumento Unesco“Messaggero di Pace”. L’iniziativa è statapromossa dall’Ufficio BB. CC. della dioce-si di Lucera-Troia, dal club Unisco della città,dall’Associazione Terzo Millennio, daldistretto culturale Daunia vetus e dallacomunità francescana. Riportiamo alcunibrani dei tre interventi.

“L’Associazione Terzo Millennio orga-nizza approcci facili-tati alla lettura di opered’arte, trasformandol’occasione turistica inun momento di evan-gelizzazione. Le pochecose che dirò dovreb-bero servire ad inserirei vari elementi dellaGuida storico-artisti-ca di MassimilianoMonaco, socio fonda-tore dell’Associazione,in un contesto di base.Per indicare la costru-zione in cui siamouserò la parola Tempioe non Chiesa, Tempiocome costruzione sudi un luogo sacro,Chiesa come misteroincarnato nei fedeli.Dice il patriarcaGermano (sec. VII-VIII): “Il tempio è ilcielo terrestre, nei suoi spazi celesti Dio abitae passeggia”: Quindi il tempio come luogoe dimora di Dio. Nel tempio le regolearchitettoniche e iconografiche devonoobbedire alle esigenze del mistero. Questonon significa che non si debba tenereconto della cultura corrente e della fanta-sia creatica. La spazio liturgico è organiz-zato secondo un piano verticale come la pre-ghiera, come l’incenso che sale. Uno spet-tatore, osservando un tempio, può esami-nare le diverse parti, determinare la sua archi-tettura, dare un giudizio sul suo valoreartistico. Affinché ogni pietra, ogni forma

cominci a parlare , affinché tutto diventi uncanto, una liturgia, bisogna cogliere la suavita misteriosa, il suo disegno e il principioche lo differenzia dallo spazio profano”(Raffaele Pellegrino, socio fondatoredell’Associazione).

“Nell’ampio quadro dell’azionedell’Unesco, i ‘monumento e i siti Messaggeridi pace’ rientrano nel programma creato inoccasione dell’Anno per la cultura di Pace;il sito indicato deve rappresentare un sim-bolo sentito come tale dai cittadini ai qualiil bene indicato ‘appartiene’ simbolica-mente. Il valore artistico, se presente,

arricchisce il monumento. Questo santua-rio, ospitando il Padre Maestro, di fatto acco-glie un campione della pace, un uomo chesapeva parlare a tutti, al cuore di tutti: inun luogo da sempre modello di accoglien-za e di dialogo, essendo stato edificato nelnome di san Francesco d’Assisi. Il clubUnesco ‘Federico II’ di Lucera lo scorso annoha indetto un sondaggio cittadino per sta-bilire quale monumento fosse consideratodai lucerini messaggero di pace; questosantuario è stato il più votato, seguito dallachiesa di santa Caterina. Per tutti questi moti-vi, oggi ufficialmente il club Unesco ‘FedericoII’ presenta la candidatura del santuario a

ANNUNCIATA LA RICHIESTA ALL’UNESCO PER LA NOSTRA CHIESA

Monumento messaggero di pace

SSaannttuuaarriioo:: FFrraannccoo SSttaannccaa,, RRaaffffaaeellee PPeelllleeggrriinnoo,, MMaassssiimmiilliiaannoo MMoonnaaccoo..

c r o n a c h e d e l s a n t u a r i o

13IL PPADREMMAESTRO 1/2008

SSAALLUUTTOO AALL VVEESSCCOOVVOO ZZEERRRRIILLLLOONella festa di san Francesco d’Assisi la comu-nità del santuario ha salutato mons. FrancescoZerrillo, che ha concluso il suo ministero episcopalein diocesi, esprimendogli affetto e gratitudine edaugurandogli lunghi anni di vita e di impegno pasto-rale nella sua terra beneventana.PPOONNTTIIFFIICCAALLEE DDEELL NNUUOOVVOO VVEESSCCOOVVOOIl 14 ottobre Lucera ha accolto il nuovo vesco-vo, mon. Domenico Cornacchia. La domenica suc-cessiva (21 ottobre) la comunità francescana delsantuario ha avuto la gioia del primo solennePontificale del nuovo pastore della diocesiLucera-Troia.II LLUUCCEERRIINNII DDAALL PPAAPPAAUn folto gruppo della Milizia dell’Immacolatadel santuario ha partecipato a Roma (15-17 otto-bre) alle celebrazioni per il 90° della Miliziadell’Immacolata. Il 17 udienza pontificia per le cen-tinaia di militi convenuti. OOTTTTOOBBRREE MMIISSSSIIOONNAARRIIOOCoordinato dal gruppo missionario del santua-rio, il mese di ottobre è stato animato dai grup-pi della comunità nel rosario quotidiano e negliincontri di preghiera del lunedì (adorazione,rosario meditato, veglia missionaria, via crucis).NNUUOOVVOO CCOONNSSIIGGLLIIOO OO..FF..SS..Sotto la presidenza della coordinatrice regionaleO.F.S., Carmen Partipilo, il 3 novembre è stato cele-brato il Capitolo elettivo della Fraternità diLucera, dopo un mese di incontri preparatori. Ilnuovo Consiglio è composto da Lucia D’Apollonio(ministra), Ada Intiso (vice), Marcella Borsetti (mae-stra di formazione), Lucia Minafra (segretaria),

Teresa Astuto (tesoriera). Assistente è p. GiovanniIasi.IILL MMIINNIISSTTRROO MMAASSTTEELLLLAA AA LLUUCCEERRAAVisita lampo del ministro della Giustiza allacasa circondariale, domenica 11 novembre.Accolto dalle autorità civili e militari, si è intrat-tenuto qualche minuto con il vescovo diocesa-no, Domenico Cornacchia, ed il cappellano del car-cere, p. Giovanni Foggetta, che lo hanno informatosull’annosa questione della retrocessione della‘cella del Padre Maestro’.NNOOVVEENNAA DDEELLLL’’IIMMMMAACCOOLLAATTAAQuest’anno è stata predicata da don Giovanni Pinto,cancelliere vescovile. Il confratello ha aiutato i nume-rosi fedeli alla meditazione dei brani evangelici‘mariani’. Il giorno 8: ‘consacrazione’ all’Immacolatadi alcuni nuovi militi. NNOOVVEENNAA DDII NNAATTAALLEECurata dalla Commissione Liturgica del san-tuario, quest’anno la Novena è stata celebrata informa solenne con nuovi testi e canti che utilizzanol’antica Novena, in armonia con i testi liturgici quo-tidiani. È stata animata da p. Giovanni Iasi, ret-tore del santuario.CCOONNCCEERRTTOO DDEELLLLAA CCOORRAALLEE SS.. CCEECCIILLIIAARispettata la tradizione ultraventennale delConcerto natalizio della storica Corale lucerna,la sera di santo Stefano. Più di cento coristi (com-presi i bambini), accompagnati dall’orchestra dacamera di Lucera e diretti dai maestri Pasqualee Michele Ieluzzi.SSCCUUOOLLAA DDII PPRREEGGHHIIEERRAA PPEERR GGIIOOVVAANNIIProposta ed animata dal Centro DiocesanoVocazioni, è stata avviata l’8 gennaio e prose-gue con scadenza mensile nel santuario. Presiedeil vescovo diocesano, collaborano (per le con-fessioni) i frati e i sacerdoti diocesani. Presentinumerosi giovani di Lucera e di altri paesi del ter-ritorio diocesano, ma anche tanti adulti.

Monumento Messaggero di Pace: auguriamo-ci che la richiesta venga accolta dal ConsiglioNazionale della federazione Italiana dei ClubUnesco” (Franco Stanca, presidente del ClubUnesco di Lucera).

“Visitare il santuario san Francesco AntonioFasani di Lucera, riscoprire amorosamente letante memorie che lo associano alla vita ealle opere del Padre Maestro, può risultare dav-vero un’esperienza di pace. Alle considerazionisul Fasani come ‘Padre’ e ‘uomo di pace’ già for-mulate dal presidente del club Unesco, FrancoStanca (il Fasani fu uomo di pace perché vollee seppe parlare a tutti i ceti, ai poveri come airicchi), vorrei aggiungere altre brevi conside-razioni sul Fasani ‘maestro’ e ‘filosofo’ e sulFasani ‘frate della forca’, in relazione alla

recente moratoria sulla pena di morte votatail 18 dicembre 2007 dall’ONU, di cui l’Unescoè organismo ed emanazione.

“Vorrei terminare con tre proposte: farcoincidere la proclamazione di questo monu-mento ‘Messaggero di pace’ con la presentazioneagli organi competenti della richiesta di dichia-rare il nostro santuario ‘Basilica minore’ e ilnostro Padre Maestro ‘Dottore della Chiesa’.In ultimo, rinnovo a tutti l’invito di p. GiovanniIasi, superiore di questa Comunità, ad istitui-re quello che lui chiama un ‘tavoro di lavoro’attorno alla figura del nostro grande Santo”(Massimiliano Monaco, vice presidente delclub Unesco di Lucera e autore della Guida sto-rico-artistica del santuario).

Notizie in breve

Padre Maestro in DVD

14 IL PPADREMMAESTRO 1/2008

Presentata a fine giugno nel santuario di sanFrancesco Antonio, nel corso dei mesi non è dimi-nuito il consenso attorno all’idea di ArturoMonaco di racchiudere in un DVD una sorta diriassuntodocumentario sul ventennale dellacanonizzazione del Padre Maestro, celebratodurante tutto il 2006. Manifestazioni, concer-ti, incontri, conferenze, ma anche viaggi econvegni, tutti racchiusi in circa 2 ore di videoche ripropongono un anno di celebrazioni,quelle del 2006, e i più importanti appuntamentilegati al Santo lucerino, compresa la visita diGiovanni Paolo II avvenuta a Lucera nel 1987.Si ricordano, inoltre, le celebrazioni liturgicheofficiate nel Santuario, le peregrinatio dellereliquie del Santo in chiese e parrocchie delladiocesi e conferenze di importanti relatori,appuntamenti quasi tutti fissati nelle date sig-nificative della vita del Padre Maestro, come lanascita (6 agosto), l’ordinazione sacerdotale(19 settembre) o la morte (29 novembre),giorno in cui il santuario ogni anno si affolla difedeli per le celebrazioni.

Concluse l’annata, poi, lo storico convegnodi studi di due giorni, tenuto in dicembre al teatroGaribaldi, al quale presero parte illustri studiosichiamati a dissertare sul ‘poeta mariano’. Dopoaver polverizzato quasi tutte le 500 copieprodotte, in autunno è stata anche ordinata laristampa di altri esemplari di un disco chenon dovrebbe mancare nelle case dei devoti delPadre Maestro, fuori e dentro le mura di Lucera.

Riccardo Zingaro

l e t t u r e

La chiesa di san Francesco d’Assisi, dopo lacattedrale, è il monumeto sacro più insigne diLucera. Il suo stile architettonico, gotico eangioino, è un linguaggio internazionale cheancora oggi accomuna Napoli, la capitale, laFrancia e le provincie del Regno, ma che nellanostra Puglia si modula con esiti peculiari, incon-trandosi con apporti romanici, bizantini eadriatici.

I fedeli, i turisti e gli amanti dell’arte lavisitano volentieri per ammirarvi l’elegante edessenziale struttura, la severa ed armoniosasemplicità francescana dei suoi lineamenti, lepregevoli opere d’arte. Ma più che dalle testi-monianze dell’arte, essi sono catturati dalla

figura di san Francesco Antonio Fasani, la cuisobria presenza è attestata con eloquente lin-guaggio in ogni pietra del sacro edificio.

Tutto in questa chiesa parla del Fasani. In essail Santo vi trascorse quasi tutta la sua vita, daglianni della fanciullezza a quelli della operosamaturità. Parla di lui il rozzo pulpito di pietra dalquale tuonò la sua voce di maestro per oltretrent’anni. Parlano di lui gli altari della chiesa, idevoti simulacri dell’Immacolata, del Crocifisso,dell’Ecce homo, e di san Francesco. Sotto l’al-tare maggiore parla di lui la sua tomba: ‘il teso-ro della chiesa’. Qui infatti ha ritrovato pace eriposo eterno il suo venerato corpo.

Massimiliano Monaco

Nuova guida storico-artistica della chiesa

15

E’ stato un giorno speciale: la mia prima visi-ta ai carcerati nella Casa circondariale di Lucera.Quel luogo, i lunghi corridoi, interrotti da robu-sti cancelli, le mura spesse che riecheggiano divoci, voci antiche che fanno spazio ai suoni delparlare di oggi. Le ascolto, sono loro, ‘gli agen-ti di custodia’, come chiamavano prima la poli-zia penitenziaria, sono lì anche loro, a condividereper molte ore al giorno quegli spazi chiusi,non a tutti accessibili.

Il nostro saluto, quello mio e quello del dia-cono don Michele, intreccia una mano tesa pron-ta ad accoglierci e a indicarci la strada: ‘terzopiano - seconda sezione’!

È una sezione protetta. È qui che il Signoreci ha chiamati ad operare, come parte di unaCappellania. Qualcuno ha detto che sono gli ‘ulti-mi’ della società: i loro reati sono considerati piùabominevoli; sono accusati di stupro, pedofilia,violenza, tutti reati a sfondo sessuale, ma i lorovolti, i loro sguardi, la loro semplicità: uominicome gli altri, come quelli che stanno ‘fuori’. Sonotrenta i reclusi della seconda sezione-terzopiano. Ognuno di essi ha una storia di vita spe-ciale, singolare, che lo rende diverso dagli altri,tutti, però, hanno in comune una sofferenza cheli attraversa e si manifesta nei loro volti, nei lorosguardi, nelle loro parole stanche, disilluse,ripiene spesso di rabbia e disprezzo per ilmondo ‘fuori’, lì, al di là delle mura, quelmondo che non li ha compresi, non li ha aiutatial momento opportuno. Quante amarezze!Quanti rimpianti! E forse qualche rimorso peraver percorso una strada che non andava pro-prio intrapresa!

Ma chi di noi ha il diritto di giudicare? Stascritto: ‘Non giudicate, per non essere giudicati;poiché col giudizio con cui giudicate saretegiudicati, e con la misura con la quale misura-te sarete misurati’.

Noi siamo qui, liberi, dall’altra parte delle sbar-re, siamo uomini e donne migliori? Nessuno dinoi può dirlo! La nostra vita, i nostri incontri,le nostre famiglie, tante storie.., tanti percorsidiversi. Il nostro modo di essere, le nostre scel-te, spesso non libere! Quanti condizionamen-ti! Quante sbarre! Quante prigioni artificiali, chespesso ci ingabbiano in situazioni di vita che noncondividiamo! Ma noi siamo qui, più fortuna-ti, forse perché più amati.

Vedo i loro volti: sono dodici i carcerati che

condividono con assiduità i nostri incontri allaluce della Parola. Ricordo la prima volta, quan-do proponemmo loro questo cammino di crescitanella fede, e le loro voci all’unisono concordi,mentre nei loro occhi leggevo curiosità, insi-curezza e speranza.

Il mio essere in mezzo a loro vuole appun-to essere segno di speranza, luce, capace di dareforza e sostegno. Non vado tra loro per conoscerele loro vite, le loro positività o i loro errori. No,assolutamente! Io sono lì per dire loro: “Gesùvi ama, io non conosco le vostre storie, mavoi abbiate fede, Gesù vi ama! Confidando in Lui,insieme possiamo collaborare col Padre percostruire un mondo di pace e di giustizia!”.

Ora, quel che conta è camminare insieme:è un cammino di scoperta di Dio, della Parolache si disvela facendo, nel gruppo, esperienzaconcreta dell’Amore che il Signore ha riposto inognuno dei “compagni di viaggio”. Amore cheviene fuori dal vissuto di ciascuno, Amore cheognuno sperimenta grazie all’accoglienza, allasoddisfazione di essere ascoltati, compresi,senza essere giudicati.

È, quindi, un cammino che non è fatto di belleparole, ma di presenza discreta e fraterna, capa-ce di stimolare riflessioni e porre interrogativi,affinché lo Spirito di Dio possa liberamentealeggiare. Risento ora le loro voci, tante, diver-se, ma vedo in loro un solo volto, quello del Cristo.

di Tonia Cancelliere

IL PPADREMMAESTRO 1/2008

c a r c e r e

LLuucceerraa,, ccaappppeellllaa ddeellllaa ccaassaa cciirrccoonnddaarriiaallee..

Tante voci... un solo Volto

16 IL PPADREMMAESTRO 1/2008

Riprendiamo il discorso dall'oratoriodell'Arciconfraternita della Santa Croce.

PARETE LATERALE DESTRA GUARDANDO L’ALTARE.Nella nicchia del primo: statua di san

Francesco Antonio Fasani, offerta alla chie-sa lucerina di san Francesco dai coniugiGiuseppina e Filippo Fantini nel 1951 in occa-sione della beatificazione del Padre Maestro.

Questa statua ha una storia particolare. I fraticommissionarono la statua ai Santifaller diOrtisei, ai quali inviarono libri, immagini gran-di e piccole del Fasani, affinché gli artisti potes-sero riprodurre bene la personalità e le sembianzedel Padre Maestro. I Santifaller mandarono ilbozzetto che fu approvato dai coniugi Fantinie dai frati. Ai primi di novembre del 1951, quan-do arrivò al convento di san Francesco diLucera la statua, essa non riproduceva le sem-bianze dell'austero Padre Maestro, ma quelledi un frate giovane, aitante, biondo.

Era vicino l'inizio del triduo solenne del beato(26 novembre 1951) e già era stato annunziatoai fedeli che per quella occasione si sarebbe bene-

detta ed esposta la statua. Allora i frati, per nondeludere le aspettative dei fedeli, pensarono benedi interpellare il pittore lucerino Giuseppe Arper trasformare quel giovane e roseo frate nel-l'immagine del beato Fasani.

Ar, con l'umiltà che lo distingueva, accettò,trasformandosi per l'occasione da pittore inscultore.

Lavorò alacremente, collaborato dal dott.Giovanni Accinni, ingegnere del Comune diLucera, nei locali dell'Arciconfraternita perparecchi giorni fino a tarda ora, così all'iniziodel triduo prefissato la statua, che oggi siammira, potè essere benedetta e messa sultrono preparato per la festa.

Non era più la statua dei Santifaller, madel pittore Giuseppe Ar, diventato scultoredel Padre Maestro.

PARETE LATERALE SINISTRA GUARDANDO L’ALTARE.Sacro Cuore di Gesù, statua in cartapesta,

artisticamente rilevante, eseguita da artistilocali nella prima metà del XX secolo.

a r t e

Le statue del santuario (2 parte)

di

ToninoTolve

17IL PPADREMMAESTRO 1/2008

a r t e

SULLA PARETE DI FONDO, dietrol'altare, si possono contem-plare le statue dell'Addoloratae di Cristo morto.

L'Addolorata è di una bel-lezza incomparabile.

L'artista con delicatezza di

tratti purissimi riesce a rendere il doloresenza fine di Maria affranta per la morte delproprio Figlio. L'opera, non firmata, fu eseguitaquasi certamente nella prima metà delSettecento nella bottega del Colombo e forsefu commissionata dal Padre Maestro.

Si tratta di una statua leggera da portarein processione. Non esiste traccia di quellapesante.

Un'altra statua leggera dell'Addolorata è con-servata nei locali dell'Arciconfraternita e risa-le alla fine del Seicento.

Cristo morto, serenamente disteso in unasplendida urna di vetro, è un'opera in carta-pesta, eseguita con molta probabilità tra la finedel Settecento e l'inizio dell'Ottocento daabili artigiani locali, attivi fino ai primi decen-ni del Novecento. L'opera è rilevante perperizia tecnica ed ideazione artistica: il corpomartoriato di Cristo è reso con armonia di pro-porzioni e con ricchezza di particolari.

Le mani, in forma più grossolana rispettoalle altre parti del corpo di Cristo, fanno pen-sare ad un intervento di restauro eseguito daun artigiano di scarsa sensibilità.

BIBLIOGRAFIAGabriele Maria Guastamacchia, Il bel San

Francesco, Tipografica Editrice C. Catapano, Lucera1973.

Giambattista Gifuni, La fortezza di Lucera ed altriscritti, Tipografica Editrice C. Catapano, Lucera1978.

Il Padre Maestro, foglietto del Sepolcro glorio-so del Beato Francesco Antonio Fasani, anno I,n. 5/1957, Lucera.

18 IL PPADREMMAESTRO 1/2008

p e r i f e r i e

Antonio Schiavone aveva solo 36 anni, 3figli, l’ultimo nato solo due mesi prima della mortedel padre. Era originario di Lucera e da 15 lavo-rava come operaio nella ThyssenKrupp di Torino.Il primo a morire nel rogo sprigionatosi nello sta-bilimento, l’unico a morire sul luogo dell’incidente.

Era rimasto intrappolato tra due incendi, ilprimo scaturito dalla perdita di un tubo, l’olio hacominciato a cadere sul pavimento già sporco digrasso prendendo fuoco all’istante. Schiavone hapreso un estintore ad anidride carbonica e ha pun-tato il getto contro le fiamme, poi ha deciso di scen-dere nella fossa sotto il macchinario, forse ten-tava di riparare il guasto al tubo che aveva cedu-to. L’operazione, che avrebbe dovuto essereeffettuata a macchinari fermi, poteva ancheessere tentata bloccando solo una sezione delletubature, l’unico sistema per evitare di fermarele lavorazioni e rischiare l’ennesima CassaIntegrazione.

Un secondo tubo ha ceduto, l’olio nebulizzatoha formato una palla di fuoco e aria rovente, tragli 800 e i 1000 gradi, che ha investito non soloSchiavone ma anche i due compagni che eranopoco distanti da lui e poi altri quattro, trasformandotutti in torce umane. Gli estintori erano semivuoti,gli idranti privi di acqua, il telefono di emergenzanon era attivo. Lo stabilimento era in dismissione,la produzione si sarebbe dovuta interrompere afebbraio 2008, di fatto dopo l’incidente non hapiù riaperto.

Era il 6 dicembre 2007, questi i nomi deglialtri sfortunati coinvolti: Bruno Santino, GiuseppeDemasi e Rosario Rodinò che avevano 26 anni,Angelo Laurino 43, Rocco Marzo 54, Roberto Scola32, tutti deceduti. I loro corpi erano orribil-mente ustionati per la quasi totalità. L’ultimo asmettere di lottare per la vita è stato GiuseppeDemasi, morto dopo 25 giorni di agonia.

31 dicembre 2007: la tragedia è compiuta.Già quattro anni fa era divampato un altro incen-

dio, domato dopo tre giorni, ma allora non vi eranostate vittime e le responsabilità dell’aziendafurono ritenute minime dagli inquirenti.

Quel 6 dicembre, turno di notte, gli operai lavo-ravano da dodici ore, avevano accumulato quat-tro ore di straordinario, indispensabili per aggiun-gere qualcosa nella busta paga. Nell’accordo sul‘welfare’ è stato defiscalizzato il ricorso aglistraordinari, il che si traduce con la fine delle spe-ranze di nuove assunzioni e con un intensifica-re i turni, sotto ricatto di licenziamento o di un

premio in busta a fine mese. “Facciamo notiziasolo quando ci scappa il morto” dicono, duran-te uno dei funerali, alcuni operai, con stipendida soglia di povertà, le cui condizioni di lavoronegli ultimi venti anni è peggiorata e la produt-tività si è imposta come esigenza prioritariarispetto alla tutela della vita e della sicurezza. Tuttocon la cinica e utilitaristica indifferenza deimezzi di informazione, dopo i primi giorni e l’ul-timo funerale la morte alla ThyssenKrupp non hapiù fatto notizia, meglio i soliti noti del gossip,belli, sorridenti e viziati dalla fortuna, che le lacri-me del padre di Bruno Santino. Al funerale delfiglio ventiseienne ha urlato il suo strazio: nes-suno gli restituirà mai il suo ragazzo.

Sono queste le vittime sacrificali, immolateperché il nostro paese sia tra i più industrializ-zati al mondo.

Milletrecentoventotto morti ogni anno, è lamedia dei caduti sul lavoro tra il 2003 e il 2005,nel 2006 le morti bianche sono state milledue-centottanta, nel 2007 millequarantanove.

Alle cifre ufficiali bisogna aggiungere i mortidi serie B, quelli che sono privi di contrattiregolari, assunti da ditte appaltatrici e subap-paltatrici, difficilmente le loro famiglie otter-ranno sostegno economico.

Tra loro c’è chi continua a strisciare in cuni-coli alti 90 centimetri, o ad essere calato giù daiboccaporti dentro stive profonde, insidiose comeminiere, dove una fiamma ossidrica può accen-dere l’inferno: capitò il 13 marzo 1987 nella stivadella nave gasiera ‘Elisabetta Montanari’ in uncantiere nel porto di Ravenna, persero la vita tre-dici operai, il più giovane era al suo primo gior-no di lavoro nero. Allo choc seguirono processilentissimi, condanne miti, risarcimenti tardivi.Anche allora i legali dell’impresa si trinceraronosulla linea difensiva che più offende i colleghi ei familiari delle vittime: tutta colpa della legge-rezza dei lavoratori.

Chi definisce “incidenti” le morti bianche,imputandole alla fatalità, all’errore umano, alladisattenzione, si fa complice di una strage.

La coincidenza tra lo scandalo delle morti bian-che, la perdita di potere d’acquisto dei salari, ilritardo nel rinnovo dei contratti, l’indifferenzadi chi potrebbe cambiare la situazione ma nonsi attiva, sta innescando un clima di conflitto chepuò avere esiti imprevedibili. Emblematica è statala scena della contestazione ai rappresentanti dellaThyssenKrupp al funerale dell’ultima vittima,

Morti bianche, 4 al giornoLE NORME NON MANCANO (LEGGE 626/94 E TESTO UNICO SICUREZZA 2007), EPPURE...

di

CarmelaLiotine

19IL PPADREMMAESTRO 1/2008

Giuseppe Demasi, il 3 gennaio 2008, quandofu scaraventata in terra la corona di fiori invia-ta dalla azienda come tardiva partecipazione.

Martedì 18 gennaio 2008 a Porto Margherasono morti asfissiati da gas letali Paolo Ferrarae Denis Zanon, avevano il compito di pulire lastiva della ‘World Trader’, cargo adibito al tra-sporto di granaglie. Un terzo operaio era corsoa soccorrerli e anche se munito di respiratoreaveva perso i sensi, era un rumeno, uno di quel-li che i media dipingono come pessimi, trasportatoall’ospedale in cattive condizioni si salverà. Labombola di ossigeno che avrebbe potuto rianimarei tre era scarica.

Ricordiamo solo alcuni degli ultimi caduti sullavoro:

• Giuseppe Di Vincenzo, bruciato vivo a 16anni;

• Artan Plaka, 19 anni, stritolato da una mac-china con i sistemi di sicurezza disattivati.Veniva dall’Albania, era il suo primo giorno dilavoro;

• Jasmine Marchese, Smin per gli amici, 20anni, schiacciata da un macchinario di dieci quin-tali;

• Luigi Simeone, 57 anni, morto allaFIAT di Melfi, schiacciato dal macchinario acui era addetto;

• Marco Gagliardi, 37 anni, carpentiere inun cantiere modenese, schiantato al suolocadendo da un ponteggio;

• Maurizio Michelon, 55 anni, operaioall’arsenale di Venezia schiacciato da una cata-sta di travi;

• Franco Raselli, 50 anni, operaio in una for-nace in provincia di Alessandria, travolto da uncarrello;

• Giovanni Del Brocco, 22 anni, impiegatonella realizzazione della rete fognaria di Cecchina

in provincia di Roma, schiacciato da un caricodi tubi.

Le dichiarazioni di “sconcerto”, di “sde-gno”, le fiaccolate, i commenti, le interviste, sisusseguono come un triste rituale e tutto restacome prima. Le leggi ci sono, bisogna farlerispettare, ma manca chi le deve far rispettare,gli ispettori che controllano la sicurezza negliambienti di lavoro sono 1950 in tutta Italia, con5 milioni di aziende da controllare, un rapidocalcolo ci dice che ogni azienda ne ricevereb-be uno ogni 33 anni. Questi dati sono riporta-ti da Marco Bazzoni, rappresentante dei lavo-ratori per la sicurezza di Firenze, sul sito:www.cadutisullavoro.it (28 dicembre 2007).

Che timore possono avere le aziende dellesanzioni? Inoltre gli ispettori del lavoro hannosolo una piccola deroga per quanto riguarda lasicurezza nei cantieri, i controlli dipendono dalleAsl (legge 833/78), eppure è una costanteche dopo una tragedia si assicura l’opinione pub-blica che saranno assunti altri ispettori dellavoro.

È ‘periferia’ ovunque ci sia degrado, incuria,abbandono da parte delle istituzioni, crimina-le che questo si verifichi nei posti di lavoro, dovela prima regola dovrebbe essere la tutela di chifa il proprio dovere con sacrificio e in condizioniestreme percependo appena il minimo per lasopravvivenza. I lavoratori che denuncianosono accusati di disfattismo e qualora dovesseesserci un riduzione del personale sanno chepotrebbero essere i primi a perdere l’impiego.

Un noto quotidiano ha riportato una vignet-ta satirica in cui due persone qualunque parlanotra loro:

- (il primo) “ti ricordi i grandi cortei operai?”- (il secondo) “si, ora si chiamano funerali!”.

TToorriinnoo:: TThhyysssseennKKrruupppp,, 66 ddiicceemmbbrree 22000077..

20 IL PPADREMMAESTRO 1/2008

l u c e r a n e w s

Per un’azienda che muore, c’è un’altra chesta nascendo. Stesso luogo, stessi operai (oquasi), nome diverso.

Si chiamava Metalsifa, probabilmente sichiamerà Metalcoop. In mezzo oltre sette mesidi tensioni, paure, incontri e polemiche sullafine già più volte annunciata di uno degli sta-bilimenti storici del piccolo panorama produt-tivo lucerino. Attori protagonisti sono almenometà dei 47 lavoratori messi in mobilità dallaproprietà, il gruppo Fantini che ha chiuso la fab-brica di materiali ferrosi per l’edilizia nel luglio2007.

Nel percorso, non ancora terminato, sonoentrati anche i sindacati e la lega della cooperative,organismo che sta appoggiando i nuovi 23 sociintenzionati a tornare in contrada Ripatetta, gra-zie ad un auspicato accordo tra tutti gli inter-preti della vicenda che mira a salvare i posti dilavoro. Ma se tutto ciò andasse davvero inporto, la vera novità (e rarità) sarebbe proprioquesta.

In quante altre occasioni la città ha potutoregistrare un epilogo felice in termini di occu-pazione? Quanti artigiani e imprenditori riesconoa operare e produrre a Lucera? Quanti posti dilavori sono andati persi o non sono potutinascere per una lunga e variegata serie diragioni?

La politica, le istituzioni nel senso più puro

del termine, la mancanza della cultura delbene comune sono solo alcune delle causeche tengono Lucera in una costante fase disottosviluppo sotto tutti i punti di vista. Eppure,opportunità e idee non mancano, anche semolto spesso solo su carte o planimetrie.

La zona ASI, per esempio, è un luogo che haassunto quasi le sembianze di una chimera.Costituita ormai da decenni, ma falcidiata da con-tenziosi giudiziari, mancanza di attenzionenegli aspetti più semplici, carenza di infra-strutture basilari come acqua, gas, telecomu-nicazioni veloci come l’ADSL. Alla fine qualcunoè lì a operare, ma sotto il marchio dell’eroismo,più che dell’imprenditorialità.

E la zona artigianale di Pezza del Lago?Anche lì regna la mancanza di illuminazione pub-blica, infrastrutture fatiscenti e, in qualchecaso, anche pericolose. Dà la sensazione di unluogo abbandonato a se stesso. Eppure, anchelì, c’è chi opera e produce. Ma fino a quando?Fino a quando Lucera riuscirà a resisteresenza un minino di programmazione del suosviluppo futuro? Il Piano Regolatore, oggichiamato Piano Urbanistico Generale, ha 34anni di vita. Il nuovo è pronto, sulla carta, anco-ra in attesa di essere “valutato e verificato”.Nel frattempo Lucera muore attraverso una lentae crudele agonia.

di

RiccardoZingaro

Lavoro e occupazioneTRA CRISI, LENTEZZE E ATTESE DI TEMPI MIGLIORI...

LLuucceerraa:: ssttaabbiilliimmeennttoo ddeellllaa eexx MMeettaallssiiffaa..

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