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Sottobanco rivoluzionario BOLLETTINO DI INFORMAZIONE PER STUDENTI INTELLIGENTI MARZO 2011 La vicenda che ci troviamo a vivere in questi mesi ha un che di grottesco e di allucinante. Mi riferisco ovviamente al tanto discusso “af- faire Ruby” che ha coinvolto il premier Ber- lusconi facendoci precipitare in uno squallido teatrino dell’assurdo. La cosa che più mi ha stu- pito è stato il dover rimettere in discussione una serie di ovvietà che mai pensavo sarebbero state prosciugate di ogni senso. Al di là dei reati che Mr. B. avrebbe commesso (di questo non intendo curarmi), quello che abbiamo di fronte è un quadro perlomeno torbido: un Presidente del Consiglio ha avuto modo di entrare in contatto (mi sforzerò di essere il più innocentista pos- sibile), suo malgrado, con individui non certo raccomandabili, o comunque non ascrivibili alle frequentazioni più adeguate per una della massime cariche dello Stato. Ripeto, non mi interessa disquisire sui reati presunti o effettivi. Voglio in- vece soffermarmi proprio sull’inadeguatezza e sulla peri- colosità -dovuta all’incuria? all’ingenuità? ad un eccesso di generosità? (mi scappa da ridere...)- di tali frequentazioni. Come qualcuno ha avuto modo di dire, il nocciolo della fac- cenda non è solo di carattere etico e morale, ma poggia sul rischio di ricattabilità in cui incorre il premier. Un rischio che, per preservare la garanzia che l’interessato adempia ai suoi doveri pubblici senza alcuna sollecitazione esterna, dovrebbe essere evitato con rigore. Insomma, la possibilità che un poli- tico venga tenuto in scacco da chicchessia rappresenta di per sé un segnale di oltrepassamento dei limiti. Il premier italiano ha ampiamente superato questa soglia, per questo dovrebbe dimettersi (non solo per questo, ovviamente). Ma ognuno è libero di fare ciò che vuole a casa sua... Davvero? Questa è un’inaccettabile manifestazione di ipocrisia, tipica dell’italiano medio intriso di cultura individualista berlusconiana. La difesa della privacy è cosa ben diversa dal “ognuno faccia quel che gli pare”. E la cosa vale soprattutto per i politici. Perché in fondo chi sostiene la tesi del “liberismo domestico” è facilmente lo stesso che si schiera contro gli eccessivi guadagni dei parlamentari e contro il barcone di D’Alema. Qui l’ipocrisia: si guarda nel portafoglio ma non nelle case? La barca no e la prostituta si? La verità sembrerebbe semplice, ma pare sfumare... Cosa sta difendendo buona parte degli italiani? Un lea- der insostituibile perseguitato dai magistrati comunisti oppure una diffusa morale privatistica, anti-sociale, opportunista, maschilista e rapace? Il problema, a mio avviso, non è tanto quello del manipolo di fedeli al Cavaliere, pronti ad immolarsi per lui (per poi sparire una volta affondato, ne sono certo...), ma quello di una fetta d’Italia incapace di provare indignazione verso le gravissime implicazioni di questa vicenda. Vendersi al potente diventa un’opportunità da sfruttare se porta all’ascesa sociale o anche solo ad un arrotondamento dello stipendio. Andare a puttane un fatto da relegare nella sfera intima, non in quella sociale. La raccomandazione una via più che normale di scalata sociale (è questa la gente che sta riformando l’università!). La monetizzazione e mercificazione dell’e- sistenza tocca, in alcuni strati sociali, il massimo del cinismo. Valori e disvalori vengono capovolti, le accuse risbattute in faccia appellandosi a “quelle libertà che voi nel ‘68 sbandieravate e ora rinnegate”, riferendosi al famigerato libero amore, dimenticando però che il pagare per fare sesso non prevede in alcun modo la pre- senza della “libertà”. Roba da voltastomaco, capace di disorientare, di ergere veri e propri muri comunicativi, di mutare il senso di virtù condivise quali onestà, giustizia, merito, decenza, pudore, dignità. Crolla l’idea di società, di convivenza, di comunità e trionfa la lotta del singolo contro tutti, pronto però ad abbassare la testa di fronte al potente di turno e a sottomettersi come un cagnolino al suo volere. C’è però anche una altrettanto consistente fetta d’Italia che scende in piazza, ed è in questa che ci vogliamo rispecchiare. E’ questa Italia che ci da ancora la speranza che le cose possano cambiare, anche nella nostra piccola realtà valdostana, non estranea a certe anomalie. Quella in corso, per riassumere, è una battaglia gene- rale contro l’arroganza del potere (di chi è potente e di chi ambisce a diventarlo): arroganza nei confronti del buon senso e della legge, ma anche nei confronti delle donne, dei lavoratori, degli immigrati, degli studenti, dei precari. L’Italia appena citata però ha messo in moto un rifiuto generalizzato che, siamo sicuri, è destinato ad avere la meglio. Matteo Castello

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marzo 2011

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BOLLETTINO DI INFORMAZIONE PER STUDENTI INTELLIGENTI – MARZO 2011

La vicenda che ci troviamo a vivere in questi mesi ha un che di grottesco e di allucinante. Mi riferisco ovviamente al tanto discusso “af-faire Ruby” che ha coinvolto il premier Ber-lusconi facendoci precipitare in uno squallido teatrino dell’assurdo. La cosa che più mi ha stu-

pito è stato il dover rimettere in discussione una serie di ovvietà che mai pensavo sarebbero state prosciugate di ogni

senso. Al di là dei reati che Mr. B. avrebbe commesso (di questo non intendo curarmi), quello che abbiamo di fronte è un quadro perlomeno torbido: un Presidente del Consiglio ha avuto modo di entrare in contatto (mi sforzerò di essere il più innocentista pos-

sibile), suo malgrado, con individui non certo raccomandabili, o comunque non ascrivibili alle frequentazioni più adeguate

per una della massime cariche dello Stato. Ripeto, non mi interessa disquisire sui reati presunti o effettivi. Voglio in-vece soffermarmi proprio sull’inadeguatezza e sulla peri-

colosità -dovuta all’incuria? all’ingenuità? ad un eccesso di generosità? (mi scappa da ridere...)- di tali frequentazioni. Come qualcuno ha avuto modo di dire, il nocciolo della fac-cenda non è solo di carattere etico e morale, ma poggia sul rischio di ricattabilità in cui incorre il premier. Un rischio che, per preservare la garanzia che l’interessato adempia ai suoi

doveri pubblici senza alcuna sollecitazione esterna, dovrebbe essere evitato con rigore. Insomma, la possibilità che un poli-

tico venga tenuto in scacco da chicchessia rappresenta di per sé un segnale di oltrepassamento dei limiti. Il premier italiano ha ampiamente superato questa soglia, per questo dovrebbe dimettersi (non solo per questo, ovviamente). Ma ognuno è libero di fare ciò che vuole a casa sua... Davvero? Questa è un’inaccettabile manifestazione di ipocrisia, tipica dell’italiano medio intriso di cultura individualista berlusconiana. La difesa della privacy è cosa ben diversa dal “ognuno faccia quel che gli pare”. E la cosa vale soprattutto per i politici. Perché in fondo chi sostiene la tesi del “liberismo domestico” è facilmente lo stesso che si schiera contro gli eccessivi guadagni dei parlamentari e contro il barcone di D’Alema. Qui l’ipocrisia: si guarda nel portafoglio ma non nelle case? La barca no e la prostituta si? La verità sembrerebbe semplice, ma pare sfumare... Cosa sta difendendo buona parte degli italiani? Un lea-der insostituibile perseguitato dai magistrati comunisti oppure una diffusa morale privatistica, anti-sociale, opportunista, maschilista e rapace? Il problema, a mio avviso, non è tanto quello del manipolo di fedeli al Cavaliere, pronti ad immolarsi per lui (per poi sparire una volta affondato, ne sono certo...), ma quello di una fetta d’Italia incapace di provare indignazione verso le gravissime implicazioni di questa vicenda. Vendersi al potente diventa un’opportunità da sfruttare se porta all’ascesa sociale o anche solo ad un arrotondamento dello stipendio. Andare a puttane un fatto da relegare nella sfera intima, non in quella sociale. La raccomandazione una via più che normale di scalata sociale (è questa la gente che sta riformando l’università!). La monetizzazione e mercificazione dell’e-sistenza tocca, in alcuni strati sociali, il massimo del cinismo. Valori e disvalori vengono capovolti, le accuse risbattute in faccia appellandosi a “quelle libertà che voi nel ‘68 sbandieravate e ora rinnegate”, riferendosi al famigerato libero amore, dimenticando però che il pagare per fare sesso non prevede in alcun modo la pre-senza della “libertà”. Roba da voltastomaco, capace di disorientare, di ergere veri e propri muri comunicativi, di mutare il senso di virtù condivise quali onestà, giustizia, merito, decenza, pudore, dignità. Crolla l’idea di società, di convivenza, di comunità e trionfa la lotta del singolo contro tutti, pronto però ad abbassare la testa di fronte al potente di turno e a sottomettersi come un cagnolino al suo volere.C’è però anche una altrettanto consistente fetta d’Italia che scende in piazza, ed è in questa che ci vogliamo rispecchiare. E’ questa Italia che ci da ancora la speranza che le cose possano cambiare, anche nella nostra piccola realtà valdostana, non estranea a certe anomalie. Quella in corso, per riassumere, è una battaglia gene-rale contro l’arroganza del potere (di chi è potente e di chi ambisce a diventarlo): arroganza nei confronti del buon senso e della legge, ma anche nei confronti delle donne, dei lavoratori, degli immigrati, degli studenti, dei precari. L’Italia appena citata però ha messo in moto un rifiuto generalizzato che, siamo sicuri, è destinato ad avere la meglio. Matteo Castello

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Re t e C o n Te s t a r e s i s t e ! Q u i c ro l l a t u t t oSono già sette i mesi su cui la Rete ConTesta ha costruito le sue fondamenta: quello che segue è sì un bilancio delle scorse iniziative, ma soprattutto, speriamo, uno spunto per chi, cercando di orientarsi in questo appena nato 2011, ha voglia di conoscere un impegno nuovo. La Rete nasce alla fine della scorsa estate come coordinamento tra quattro gruppi giovanili: i Giovani Comu-nisti, il Collettivo Studentesco Valdostano, la lista AltraScuola e il gruppo di Autoinformazione. Per prima cosa, si decide di stendere un manifesto che riassuma le principali idee condivise dai componenti della Rete, gli obiettivi che si vogliono conseguire e i campi in cui si vuole operare: si stabiliscono i principi fondamentali (antifascismo, antirazzismo), si esplicita un’attenzione particolare per la libertà e per la partecipazione, per il mondo del lavoro, per l’ambiente, per la cultura e l’istruzione, per la giustizia e i diritti, e infine si stabilisce una struttura del gruppo. A questo punto, a pianificazione ultimata, si cominciano le varie azioni.Per quanto riguarda il mondo della scuola, come probabilmente molti si ricorderanno, vengono organizzate le manifestazioni studentesche contro la Riforma Gelmini, nell’arco di tutto l’autunno e di tutto l’inverno. Si pensa di inspessire la protesta per la scuola pubblica intervallando ai cortei veglie notturne nel centro di Aosta, volantinaggi, presìdi, assemblee pubbliche e “tavole della conoscenza”, a cui prendono parte studenti, insegnanti e sindacati. Successivamente, si presenta un’importante opportunità: da Ivrea giunge il fervore dell’occupazione del Liceo Scientifico A.Gramsci. Stretti i contatti con gli studenti del posto, una delegazione della Rete prende parte alle proteste, partecipando ai cortei, alle auto-informazioni e ai vari laboratori che si sviluppano nel Liceo.Ma la Rete, nel frattempo, si concentra anche su un altro grande tema: quello del lavoro. Nell’autunno 2010 nasce il Comitato 16 ottobre di Aosta, in appoggio alle proteste della Fiom, con cui la Rete collabora per l’or-ganizzazione dei presìdi. In occasione dell’11 dicembre, poi, si decide di ricordare gli operai della Thyssen, vittime del lavoro, attraverso una fiaccolata che partendo dal cuore di Aosta giunge allo stabilimento Cogne.Ed è così che il 2010 si conclude, e, con l’inizio del nuovo anno, si decide di far cambiare assetto alla nostra Rete: per come essa si è sviluppata, e in vista di come probabilmente si svilupperà, vista l’eterogeneità e la crescita dei partecipanti al gruppo, si elimina il concetto di “coordinamento tra gruppi”, trasformandolo, in-vece, in un “coordinamento tra individui”, o meglio in un gruppo in cui l’”adesione al gruppo è nominale ed individuale, non richiede tessere né versamenti finanziari ma unicamente l’interesse e la voglia di cambiare questa società così come definito nei vari punti programmatici del Manifesto.”E’ infatti con questo assetto che trovate la Rete in questo momento. Per quanto riguarda le iniziative, invece, sempre riferendosi al presente e -come accade per forza quando un progetto ha una programmazione volta al futuro- riferendosi all’avvenire, quelle che seguono sono le ultime idee nate nel gruppo, o abbracciate dal gruppo. Per supportare le donne che anche ad Aosta (grazie a tutte), come nel resto d’Italia, hanno saputo imbastire manifestazioni originali e impegnative sotto il titolo di “Se non ora quando?”, la Rete ha portato il suo contributo e la sua solidarietà. Analogamente ha stretto rapporti con il Comitato Ultimo Respiro, e con i Pendolari Stanchi. Nel mese di febbraio, in occasione della fiaccolata organizzata dai componenti di Casa Pound, “in memoria dei martiri delle foibe”, la Rete ha inoltre deciso di attivarsi con un volantinaggio di contro-informazione finalizzato all’esplicitazione del contesto in cui avvennero gli omicidi di quel periodo storico, in modo da impedirne la strumentalizzazione. Cambiando completamente argomento, abbiamo dato vita ad un progetto dal nome “Agorà - Laboratorio di libero pensiero”: a partire da testi più o meno noti, che abbiano qualche collegamento tematico tra di loro, grazie al coordinamento di un moderatore, si sviluppano discussioni completamente libere (di natura filosofica, psicologica, politica, e con qualunque sfumatura si voglia) e sorprendentemente spontanee (dico “sorprendentemente” perché nemmeno noi della Rete, prima di provare l’esperienza, avremmo immaginato di poter costruire discussioni così istintivamente produttive in maniera così naturale). Ritornando alla scuola, ci siamo occupati di rendere pubbliche le problematiche relative alla struttura scolastica dell’Istituzione Maria Adelaide (vedi articolo). Sempre riguardo alla scuola, attendiamo di organizzare, in vista del 25 marzo, data nazionale di sciopero del mondo della scuola, un’ini-ziativa in collaborazione con Collettivo Studentesco e CGIL.A questo punto, non mi resta che ringraziare tutti quelli che hanno collaborato in questi mesi alla costruzione della Rete e invitare chiunque sia interessato a farsi avanti nel nostro gruppo.

Teresa Raimondi, Coordinatrice Rete ConTesta

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Q u i c ro l l a t u t t o

Seguici su internet!Blog: retecontesta.orgFacebook: fb.me/rete.contestaYouTube: www.youtube.com/user/ReteConTestaEmail: [email protected]

Addetti web-stampa: Alessandro Pascale Cristina SimonettiPortavoce 1: Altai GarinPortavoce 2: Matilde BeuchodCoordinatore: Teresa Raimondi

“C’è stato il distacco del fondello di due pignatte.” Questo è il fatto. Il fondello è cascato sulla cattedra della quinta C Scientifico Tecnologico dell’istituto Regina Maria Adelaide di Aosta, è capitato di notte, avrebbe potuto accadere in un altro momento, ma per puro caso ciò non è successo. Avremmo potuto essere spettatori di un disastro, per fortuna ciò non è avvenuto. Un’altra cosa che non è successa è stata una denuncia del fatto da parte di chi trascorre sprazzi di vita all’interno dell’edificio. Qualcuno diceva che l’ottimismo è il profumo della vita, e forse è vero, e bisogna sempre guardare il lato positivo della vicenda. Però esiste una differenza importante tra ottimismo e incoscienza, ed il non aver reso pubblico l’accadimento è stato un atto a nostro avviso di incoscienza. Personalmente non credo che il fatto sia stato tenuto nascosto in malafede, lo credo perché sono stato alunno di quella scuola e conosco chi la dirige e chi ci insegna. Ma ciò che è accaduto al terzo piano dell’edificio non è stato un cedimento isolato, non è una novità che l’edificio sia fatiscente e noi, Rete ConTesta, crediamo che gli alunni, i loro genitori, ma anche i professori e il personale scolastico, deb-bano essere informati oltre che tutelati. Perciò affinché possiate conoscere la realtà dell’istituto in via Torino, riportiamo i problemi riscontrati nella struttura prima dell’ultimo crollo:1. l’auditorium è stato dichiarato inagibile circa 4 anni fa, a causa del crollo di calcinacci e parte della soletta del soffitto. Ciononostante non è stato effettuato nessun lavoro e il locale è tuttora inagibile.2. circa due anni fa parte del perimetro scolastico è stato nastrato (tra cui una parte che portava alla palestra)

a causa di un parziale crollo dei balconcini in cemento armato (da anni ormai inagibili). L’intervento di “messa in sicurezza” avve-nuto un anno fa è consistito semplicemente nella loro rimozione.3. la scuola si presenta con vistose crepe sui muri. Il cemento ormai consumato lascia in-travedere i mattoni, si possono notare infiltra-zioni d’acqua e crescita di muschi sulle pareti esterne. Solo di recente i terrazzi sono stati ricoperti con la carta catramata per ridurre le infiltrazioni d’acqua.Il nostro augurio è che si arrivi ad una messa in sicurezza dell’intero edificio il più in fret-ta possibile, poiché ogni individui che varchi l’ingresso, possa trascorrere tutto il tempo necessario nella scuola senza pericolo alcuno per la propria incolumità.Detto questo però vorremmo proporvi un cu-rioso parallelismo tra l’Istituto Regina Maria Adelaide (istituto pubblico) e l’ultima rifor-ma scolastica, che ha operato una politica di taglio netto di fondi per la scuola pubblica. Queste sono alcune delle conseguenze di questo tipo di approccio ad uno diritti dav-vero inalienabili della società civile: il diritto all’istruzione. La nostra denuncia va dunque oltre l’aspetto specifico della tragedia sfiora-ta, la nostra è una denuncia politica che vuole, ancora una volta, sensibilizzare gli studenti su una riforma scolastica dannosa ed incivile.

Teresa Raimondi, Coordinatrice Rete ConTesta

Altai Garin, portavoce Rete ConTesta

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L a R i vo l u z i o n e m e d i c i n a c o n t ro i l r a z z i s m oRigoberta Menchú Tum, pacifista guatemalteca che ha ricevuto nel 1992 il Premio Nobel per la Pace, ha detto che “Il razzismo è l’espressione del cervello umano ridotta ai minimi termini.”Preso atto di ciò cosa dobbiamo pensare quando un partito di governo come la Lega Nord assomma negli anni dichiarazioni come queste:- Gli omosessuali? La tolleranza ci può anche essere ma se vengono messi dove sono sempre stati… anche nelle foibe. (Giancarlo Valmori, assessore all’ambiente di Albizzate)- L’immigrato non è mio fratello, ha un colore della pelle diverso. Cosa facciamo degli immigrati che sono rimasti in strada dopo gli sgomberi? Purtroppo il forno crematorio di Santa Bona non è ancora pronto. (Piergiorgio Stiffoni, senatore)- E’ proprio per questo che invito ad assumere trevigiani: i meridionali vengono qua come sanguisughe. (Le-onardo Muraro, presidente della provincia di Treviso)I gommoni degli immigrati devono essere affondati a colpi di bazooka. (Giancarlo Gentilini, vice sindaco di Treviso)Prendiamo l’ultima frase sui gommoni per riallacciarci alla questione degli sbarchi di immigrati dalle coste africane. La cosa più scandalosa è il fatto che il ministro dell’interno Maroni esprima fervida preoccupazione non tanto per le decine di migliaia di morti causati da Gheddafi, quanto per il fatto che centinaia di migliaia di persone possano arrivare in Italia. Questo è razzismo inconscio e subliminale che viene espresso senza espressioni forti come quelle riportate sopra ma che fa ugualmente male, perché trascura il bisogno minimo di solidarietà e l’idea (per dirla alla Einstein) che esiste solo una razza, quella umana, e quindi è necessario che lavoriamo per il bene di tutta l’umanità senza eccezioni. Bisognerebbe ricordare che di una moderna civiltà giuridica fa parte il riconoscimento dei diritti dei migranti, sottoposti oggi a pesanti discriminazioni, a condizioni di lavoro umilianti e troppo spesso illegali, ed esposti agli attacchi razzisti e xenofobi. E infine che servirebbero nuove politiche europee e italiane sull’immigrazio-ne, e la sostituzione dei centri di detenzione con strutture che rendano possibile l’inserimento in condizioni ci-vili nella vita del Paese. Prima di poter dire tutto ciò però bisogna sconfiggere l’idea odiosa del nazionalismo, spesso anticamera del razzismo. Ciò accade quando si considera il proprio popolo (lingua, cultura, religione, mentalità, costumi, ecc.) superiore a tutti gli altri, o magari non proprio a tutti ma a molti sì. Questa era la politica del nazismo di Hitler, e anche del fascismo di Mussolini (anche se qualche fascistello cercherà di dirvi che Mussolini in realtà era buono e non un razzista, citandovi le opere di Renzo De Felice, puntualmente smontate da storici come Enzo Collotti, Angelo Del Boca e Alberto Burgio). Nota importante: come ha ricor-dato Benigni c’è però una differenza enorme tra nazionalismo e patriottismo: che male c’è infatti ad avere un certo legame di attaccamento al proprio Paese e al proprio popolo se ciò non porta a ritenersi superiori rispetto agli altri (e anzi a rispettare gli altri popoli e la loro libertà?). Viva l’Italia quindi, ma il nazionalismo è un male perché porta a chiudersi nella propria comunità, portando alla costruzione di un “nemico esterno” (gli altri popoli inferiori con cui si è in competizione) e di uno “interno” (i “deviati”, cioè chiunque sia diverso, come i neri, asiatici, omosessuali, comunisti, zingari, vagabondi, ebrei, ecc.) cui addossare ad esempio le colpe per la difficoltà di trovare un lavoro dignitoso. E’ semplice in questi casi cavalcare l’onda del malessere dando una spiegazione semplice e facile da assorbire (“se stai male è colpa del negher che viene qua a rubarti il lavoro”). Già sento le vostre obiezioni: “si vabbè però sti africani se ne stiano a casa loro allora!” Ma voi credete che non preferirebbero stare a casa loro? Il problema è che noi italiani siamo stati i primi ad andare a casa loro per sottometterli e affamarli. Prima con la forza delle armi e dei gas (vedi il colonialismo italiano), poi con la forza più sottile dell’euro e delle multinazionali, che silenziosamente depredano il Sud del Mondo con speculazioni finanziarie ed economicismi. Il rimedio a tutto ciò è la rivoluzione contro questo stato di cose presenti. Una rivoluzione che non sia solo rivolta contro il dittatore di turno, ma contro i poteri forti dell’economia. Ci vuole insomma una rivoluzione socialista che metta fine al regime dei padroni. Come recitava una frase scritta su un muro di Parigi nel 1848:«è necessario che i lavoratori, i proletari di tutti i paesi si riconoscano come fratelli, vale a dire… tutti uniti contro gli sfruttatori». Oggi come ieri, la questione non è quella di difendere i lavoratori nazionali dalla con-correnza dei lavoratori stranieri, ma quella di difendere tutti i lavoratori contro la loro messa in competizione ad opera della concorrenza capitalista. Al razzismo che divide, è necessario opporre una solidarietà sociale in azione. Alessandro Pascale

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Come oramai si sente parlare da settimane ininterrottamente su canali di news come Al Jazeera e BBC News (niente a che vedere coi telegiornali italiani, che si sono trasformati in rubriche sui delitti) la polveriera chia-mata Medio Oriente sta saltando, con grande stupore di chi, anche solo qualche mese fa, dava quei paesi come politicamente immutabili.Infatti dopo la caduta dei dittatori Ben Ali e Mubarak, si è diffusa in Africa Settentrionale e nel Medio Oriente la fiducia nelle potenzialità del popolo, la consapevolezza che nessun politico è tanto forte da preponderare sul popolo, tanto forte da restare per sempre.Che cosa ha spinto questi manifestanti a scendere in piazza contro i propri governi?Sono parecchi i motivi che hanno dato vita a questa rivolta “dei giovani”, così chiamata poiché gran parte dei manifestanti, soprattutto nell’Africa Settentrionale, è di età compresa fra i 20 e i 30 anni.Fra queste cause troviamo la povertà, la disoccupazione che ha raggiunto tassi inaccettabili, una corruzione del governo dilagante, un’economia in uno stato drammatico e il governo di un unico sovrano che spesso sfocia in vera e propria cleptocrazia.Ora però il mondo si interroga su ciò che succederà in questi paesi.Infatti sebbene in Tunisia sia stata instaurata, stando alle parole dei giornali, una “democrazia di transizione”, ondate di immigrati continuano a riversarsi sulle coste dei paesi Europei, fra cui l’ Italia. Questo lascia pre-sumere che nella politica tunisina ci siano ancora tante ombre e tanti retroscena, e che il popolo non si fidi.In Egitto invece non si è ancora passati per nulla alla vera democrazia, dato che il potere attualmente è dete-nuto dall’esercito, e c’è il rischio che la situazione sfoci in uno scenario di tipo “pakistano”.Sembra che queste rivoluzioni non siano state ultimate, sembra manchi il tocco finale che dia valore al tutto. Comunque, nel gioco del domino, una pedina sbilancia quella che le segue prima di cadere completamente a terra. Pedine come Yemen, Bahrain e Libia sono state sbilanciate da questa “voglia di giustizia”.Ma i rispettivi capi di stato sembrano tutt’altro che disponibili a lasciare libero il campo.

A questo punto c’è l’assoluto bisogno che i popoli di tali paesi non allentino la presa, non smettano di fare pressione finché non avranno raggiunto una vera de-mocrazia, quella per cui tanto hanno lottato e a cui non manca molto. Quelli che invece hanno da poco iniziato a ribellarsi prendano esempio da chi li ha preceduti, per liberarsi di quella spina chiamata dittatore.Allora si continui a combattere, a lottare, a pretendere ciò che dovrebbe essere un diritto!

Ovviamente l’Europa non può permettersi di agire a livello di singole zone: l’Europa è una sola e come tale deve provvedere a organizzare una reazione unica che permetta di ovviare a tale problema.Il destino del Vecchio Continente è legato a questi popoli più di quanto possa sembrare., Ciò che sta accadendo sulle coste italiane è la conseguenza logica del fatto che le aspirazioni di questi popoli non sono state ancora accolte. L’Occidente deve saper gestire questi flussi, deve stipulare accordi affinché non si verifichino più morti in barconi fuggitivi, affinché non ci siano più scontri marini a mo’ di caccia ai pirati.Sebbene queste rivoluzioni non siano ancora compiute, stanno diffondendo ideali di libertà così velocemente e con un raggio così ampio che magari, un giorno, arriveranno in Italia, dove da TROPPI anni c’è al governo QUALCUNO che non dà segni di volersi schiodare dal “trono”.

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L a R i vo l u z i o n e m e d i c i n a c o n t ro i l r a z z i s m o P ro t e s t e i n O r i e n t e : c i v u o l e l o s p r i n t f i n a l e !

Alessandro Pascale

Samir Bastajib

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…E FINALMENTE SAREMO TUTTI UGUALI (A ZERO) C o s ’ è r e a l m e n t e l ’ a n a rc h i a : s a i d i c o s a p a r l i ?Terra ai contadini, fabbriche ai lavoratori e l’I-talia agli Italiani. “Piantano su tutto sto casino solo perché non hanno voglia di lavorare 20 minuti in più! E guadagnerebbero anche di più! Che vergogna l’Italia.” Anche parlando del caso Mirafiori spuntavano fuori le solite etichette, gli italiani fannulloni e pigri. Non sapevo contro-battere. Mi sono informato, ho letto e ascolta-to molto e ora saprei controbattere ma quando devo difendere gli italiani “buoni lavoratori” ancora non trovo le forze. L’Italia agli italiani. Andarsene o restare. Vai o resti? Vado.Ma è giusto che se ne vada via anche Marchion-ne? “Marchionne è libero di costruire le sue aziende dove più gli pare”. Vero, ma è giusto?A Termini Imerese, a Palermo, c’è uno stabili-mento Fiat dove Marchionne, come a Mirafiori, aveva promesso grandi investimenti. Doveva diventare il centro di produzione di una nuova serie di auto ecologiche, hanno cambiato idea. Avrebbero prodotto compo-nenti per macchinari agricoli, hanno cambiato di nuovo idea. Ora è chiuso e si parla di trasferirlo all’estero. Sorvolando sulla questione “promesse non mantenute”, quello stabilimento era stato finanziato dallo Stato, da noi cittadini con le nostre tasse. Ora un imprenditore vuole portarlo all’estero. In un villaggio i contadini affamati fanno una colletta per comprare il forno al panettiere e quello però lo costruisce in un’altra vallata! È giusto? No, ma è legale.Attaccare Berlusconi è facile perché viola la legge. Lui ruba e la legge dice che non si può. Facile. Invece Marchionne no. Marchionne è davvero libero di fare quello che gli pare. Non c’è nessuna legge che glielo impedisce quindi il problema si fa più complesso. Se per giudicare una persona secondo la legge bisogna ave-re occhio, per giudicare una persona e anche la legge bisogna averne due di occhi e ben aperti. In Italia non esiste nessuna legge che limiti sostanzialmente la delocalizzazione delle imprese. Al contrario queste sono a tutti gli effetti proprietà privata dell’imprenditore che può spostarle a suo piacimento come fossero arredi. Come fossero sue.Qui deve intervenire la politica. Su questo punto c’è bisogno di una voce autorevole che parli a difesa degli operai. Una voce che dovrebbe rappresentarli ora come in passato ma che oggi non ho più il coraggio di chiamare sinistra perché sinistra non è. La logora stampella di un governo zoppo. Serve una voce che si faccia sentire, una mano tesa verso gli operai, non il ghigno della globalizzazione pronta a scommettere sull’infinita e sconfinata lotta tra poveri.Una volta il problema non c’era perché se Marchionne voleva spostare la fabbrica in Polonia doveva por-tarcela a spalle. Ora gli basta schioccare le dita. Lungo quale strada ci porterà questo liberismo globale non possiamo saperlo se non confrontandoci con la realtà giorno dopo giorno. Analizzando casi come quello di Mirafiori. Quello che possiamo dedurre è dove finirà questa strada. Quando è che Marchionne non potrà più ricattarci minacciando di andarsene in Canada? Quando è che non potrà neanche più ricattare i canadesi minacciando di andare in Serbia? Quando avremo tutti gli stessi diritti e gli stessi salari; italiani, canadesi e serbi; tutti. Ma la strada della globalizzazione è una strada tutta in discesa e la lotta tra poveri è al ribasso. La realizzazione della globalizzazione è un’uguaglianza globale. I lavoratori di tutto il mondo avranno gli stesso diritti e gli stessi salari; sì, ma saranno uguali a zero!

P.S. Mi fa ridere amaramente Berlusconi che parla di riforma liberale. Sembra uno studente che a fine compito cerca ancora di copiare l’esercizio al compagno quando questo si è accorto da tempo che è sbagliato.

Matteo Courthoud

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C o s ’ è r e a l m e n t e l ’ a n a rc h i a : s a i d i c o s a p a r l i ?Anarchia è il termine che si usa per indicare un tipo di società in cui non sussiste nessuna forma di governo di persone su di altre. L’anarchia può essere anomica, senza il diritto e dove non esistono norme giuridiche. Il carattere anomico non esclude però l’esistenza di principi etici nell’individuo. Una società del genere è ideata dagli individua-listi anarchici, ma ancor prima dal filosofo dell’egoismo (e ‘anticipatore’ del nichilismo) Max Stirner. La società degli egoisti, o degli Unici, sarebbe regolata dall’etica degli individui, ma ancor prima dall’interesse egoistico. Niente caos, omicidi, stupri. Nulla di tutto ciò che possiate pensare. Perché l’individuo stirneriano sa perfettamente che l’uomo non è fatto per vivere da solo, ma in un contesto fatto di associazioni e unioni temporanee e sa che la società (considerata sacra) gli negherebbe la libertà (o meglio, l’individualità). Ma l’anarchia, quella che la maggior parte degli anarchici pensano e vogliono, è quella ananomica: al contra-rio, essa prevede l’esistenza di norme giuridiche, del diritto (ma concepito in modo diverso rispetto a quello di oggi). Questa particolarità della società anarchica è concepita dalle correnti collettiviste e comuniste (NB: da non confondere col comunismo marxista), le quali hanno fondamenta e caratteri delle società future, in rapporto alla negazione di ogni ente gerarchico, diversi tra loro stessi (e di tutte le correnti anarchiche).L’anarchismo è un movimento filosofico e politico antiautoritario, che rifiuta l’idea che per la vita degli esseri umani ci sia bisogno di un governo centrale, gerarchico, e quindi violento.Come forse avete capito, l’anarchismo ha in sé diverse correnti, tutte particolari e diverse tra di loro: è quindi importante specificare di quale anarchismo si parla quando dalla propria bocca (o penna) esce fuori la parola anarchia.In un articolo del mese di gennaio dell’anno corrente, di questo giornale, un “aspirante filosofo” avanza una “dura” critica verso l’idea di anarchia, ponendo come punto centrante del tema la problematica della ‘sogget-tività’. Fin qui tutto giusto e lecito, fin quando non viene da pensare che la società anarchica non è solo una, che non tutte le correnti si dimenticano di quella che è ‘la base fondamentale della natura umana’, e che non tutti i pensatori anarchici hanno ideato la stessa rete organizzativa per la futura società anarchica. Ma tutti, compreso il nostro amico filosofo, sbagliano a catapultare d’un tratto un uomo del 2011, cresciuto in un contesto pedagogico autoritario e con la scatola cranica piena di rifiuti liberali, in un tranquillo paesello di anarchici che collaborano tra loro e non conoscono competitività, senza dargli il tempo di cambiare se stesso.Alcune correnti filosofiche anarchiste, sono state ideate da uomini di grandi capacità, quali naturalisti (tra cui gli evoluzionisti, zoologi e paleontologi, geologi e geografi) ed ecologisti. Questi pensatori hanno portato avanti leggi scientifiche (quindi analizzate secondo metodo scientifico) di altri personaggi illustri, creando un anarchismo che non può essere buttato giù nemmeno con cento articoli di giornale.Materie come l’ecologia sociale dimostrano che lo sfruttamento dell’essere umano sull’essere umano, sia in stretta relazione con lo sfruttamento dell’uomo sulla Natura (non pensiamo ai diboscamenti soltanto, ma an-

che allo sfruttamento animale -che per la cronaca, causa comunque inquinamento atmosferico oggi-). Non è corretto accostare l’antispecismo sempre alla questione della morale del “diritto animale”. Questo perché la morale è soggettiva e diversa in ogni indivi-duo, ma non si tiene conto del fatto oggettivo, infatti, come da sopra, lo sfruttamento animale e della Natura non provoca altro che catastrofi ambientali, la conserva-zione delle guerre tra gli umani e quindi una disfatta per il pianeta intero.Parlare di anarchia richiede davvero molto tempo, come lo studio della sua filosofia e ‘dottrina’ politica.Non si può che affermare che l’anarchia, per quanto af-fascinante, sia troppo poco presa sul serio e analizzata per bene, e in tutte le sue sfaccettature, dai nostri cari amici critici, che, da come parlano (o scrivono), sem-brano annoiati e disinteressati.

Matteo Courthoud

Gino Benante

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Note:[1] Definizione di persona in antropologia filosofica.[2]Prosopocrazia dal greco prósōpon (persona) cràtos (potere). Coniato da me per descrivere il dominio delle persone sugli altri esseri umani.[3]Conclusioni del lavoro dell’Istituto di genetica Mendel dell’università La Sapienza.

8 S o t t o b a n c o

U g u a l i a c h i ?L’uguaglianza è quell’idea che considera ogni essere umano alla stessa stregua, senza se e senza ma. Conce-dere gli stessi identici diritti ad ogni uomo è dunque naturale e necessario per chiunque creda in quest’idea. Eppure non è così. Non parlo di un problema di classe sociale od economica, la questione è molto più radicata e chiara. Esiste infatti un insieme di esseri umani privilegiato in quanto diritti e tutele, i componenti di tale insieme, ovvero la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, tra i quali ci sono anche io, sono chiamati persone. Si definisce persona: “un essere razionale dotato di coscienza di sé e in possesso di una propria identità”[1]. L’introduzione di questa differenza sostanziale che divide in due la specie degli Homo Sapiens Sapiens, ha fornito alle persone il dominio ed il potere sugli altri esseri umani, dandoci la possibilità di decidere addirittura della vita e della morte di questi ultimi. Questa condizione prosopocratica[2] non è solo molto forte, ma molti partiti, movimenti e gruppi spingono affinché ci sia un sempre maggior potere in mano alle persone, e sempre minori tutele e diritti in mano del resto degli uomini. Non ci credete? Sembra tanto assurdo quanto campato per aria ciò che dico? Eppure vi assicuro che molti di voi considerano normale e prassi ciò che sto condannando, e che anzi credono che sia sacrosanto un omicidio che abbia come vittime un certo tipo di esseri umani. Di cosa sto parlando? Sto parlando di aborto. Non certo dell’aborto naturale, bensì dell’interruzione volontaria di gravidanza, in poche parole l’omicidio di un essere umano allo stadio embrio-nale. Perché è di questo che si deve parlare, si può avere un’opinione a riguardo, ma si debbono chiamare le cose con il loro nome. A questo punto è bene riflettere sui meccanismi che portano a credere che l’aborto sia un diritto assoluto della persona. La domanda è semplice, è necessario decidere cosa è più importante tute-lare, se la salute, la dignità, la carriera, la felicità, che possono essere compromesse durante una gravidanza, oppure la vita. Per rispondere a questa domanda bisogna tenere conto di un aspetto molto semplice, ovvero che esistono e sono necessari sia il diritto alla salute, sia il diritto ad una vita dignitosa, sia il diritto di poter fare carriera, sia il diritto di essere felici. Perché è giusto, ci sono tanti fattori che non possono essere consi-derati accidentali in una così importante scelta, ma è bene sottolineare che per quanto importanti necessitano di un diritto alla base; il diritto alla vita, per il semplice fatto che se non si vive, non si ha nessuno dei diritti sopracitati. Qualcuno a questo punto potrebbe affermare che non è vivo l’embrione, od il feto. Vi inviterei allora a seguirmi in questo ulteriore ragionamento. Il dibattito sull’inizio della vita è un dibattito apertissimo ma che ha colto una prima ed importante verità: “possiamo parlare di realtà biologica definita quando avviene la fusione tra cellula maschile e femminile, e inizia lo scambio di informazioni con l’esterno”[3]. Da questo momento i giuristi iniziano a parlare di tutela, questo implica che c’è vita e quell’embrione è un uomo. Il fatto che quell’uomo possa essere ucciso fino alla ventitreesima settimana dimostra come questa prosopocrazia sia reale ed assoluta, ed il paradosso della nostra società è che esistono persone che preferiscono tutelare e dare diritti agli animali, piuttosto che a tutto il resto della specie Homo Sapiens Sapiens. Esse però dimenticano di come la differenza tra persone e gli altri uomini sia una divisione puramente antropologico-filosofica e non (ricordando come tra le non-persone facciano parte anche Uomini in coma irreversibile o vegetale) biologi-ca. Trovo ciò surreale, perché si ricerca il proprio simile nel cane, nel gatto, nel ragno o nel delfino, ma non

nell’embrione o nel feto umano denaturalizzando non solo noi stessi, ma anche gli altri animali. Concludo nella speranza che qualcuno possa riflettere sul problema da me sollevato, purtroppo in troppe poche righe. Che qualcuno possa rendersi, come me, che questa non è uguaglianza, ma selezione. Che si affronti il tema della prosopocrazia senza un pregiudizio di carattere reli-gioso (di cui io non ho preso in considerazione nessun aspetto). Che ci si renda conto che ci sono alternative all’aborto (come l’affidamento). La mia speranza, infine, è di poter dare speranze a chi altrimenti non spererà mai.

Altai Garin

S o t t o b a n c o

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I o , t e e Ru by : n a t e s o t t o u n a c a t t i v a s t e l l aA dispetto di quanto si potrebbe pensare, non sto per parlarvi di astrologia, né dell’ultimo programma di giovani star (magari fallite).Vi racconto qualcosa a proposito di ciò di cui si è letto moltissimo in questi giorni: degli scandali legati al Premier, delle escort, della nostra condizione socio-morale, di che cosa accade, di che cosa possiamo fare. Abbiamo letto in proposito opinioni rilasciate da donne illustri,persone di ogni sesso ed età impegnate nella politica, esponenti di partiti e gruppi, di insegnanti. Vorrei però fornire un’altra versione dei fatti, un’inter-pretazione un po’ particolare, legata alla mia storia. Io ho quasi 17 anni, vivo nella piccola città di Aosta e frequento il liceo. Come ho già detto, ho quasi 17 anni, la medesima età delle varie “nipoti dei capi di stato”.A scuola, nella vita, al telegiornale, vedo i miei coetanei coinvolti in questi scandali, e non posso fare a meno di pensare ogni volta che potrei essere io il soggetto di quelle foto, la protagonista di quei servizi. La differen-za: io mi sdegno, mi impegno, mi informo. Capisco, o meglio, compatisco. Compatisco perché ci hanno fatto credere che non abbiamo altra possibilità che venderci.Ironia della sorte: il nostro Premier che, più che rappresentare l’Italia, è il simbolo della corruzione, dello sfruttamento delle minorenni, dell’ipocrisia, del malcostume, è al governo da quasi 17 anni.

Mi spiego meglio. Io ero appena nata, Ruby aveva un anno e mezzo e lui era già in politica. Il suo mandato ed io abbiamo la stessa età. È un pen-siero sconvolgente.Noi giovani italiane siamo “nate sotto la sua stella”: ci hanno convinte che lo spettacolo tragi-comico a cui assistiamo quotidianamente sia normale e legit-timo. Non abbiamo avuto l’opportunità di vivere un mondo politico e sociale diverso: non conosciamo un’alternativa!Per questo io mi appello al mondo degli adulti, agli insegnanti, ai politici: dateci un’opportunità per il fu-turo che non sia questa, così avremo la possibilità di evitare questa rozza commedia! Aiutateci a costruire un’alternativa: da soli non riusciamo a costruire un mondo diverso, un ipotetico mondo migliore di cui non abbiamo nemmeno un esempio a cui ispirarci.

Altai Garin

9S o t t o b a n c o

H o v i s t o . . .1 3 f e b b r a i o 2 0 1 1 , d i a r i o d i u n a m a n i f e s t a z i o n e .

È difficile raccontare una manifestazione, soprattutto se l’interlocutore non ne ha mai vissuta una.Come riprodurre le grida, raccontare la folla, i suoi colori, le emozioni che si provano sentendo di essere parte di una società che nonostante i suoi problemi ha voglia di cambiare, di lottare, di provare a spiccare il volo?Il 12 gennaio, ad Aosta, abbiamo trascorso un pacato pomeriggio di piazza, un momento nel quale tutti hanno avuto la possibilità di appropriarsi del senso di questa grande manifestazione attraverso i brani letti, le canzo-ni, i piccoli e grandi pensieri che ognuno ha regalato a tutti i presenti.Il 13 febbraio a Torino la portata della manifestazione, quanto a numeri, è stata decisamente diversa.Ho visto centinaia e centinaia di donne, ragazze, bimbe, padri,nonni. Ho visto uomini fieri e nonnine fragili, cani pesino, bardati di immagini e frasi, vestiti di sdegno e rivestiti di voglia di cambiare.Ho visto centinaia di gomitoli di lana rimbalzare sul cielo bianco che schermava il disco del sole, centinaia di ombrelli dai colori vivaci.Ho visto parole che avrebbero voluto essere pallottole, frasi che avrebbero voluto essere fucili, gli ultimi fucili a proteggere i diritti e la democrazie.Io questo ho visto.E voi? Matilde Beuchod

Matilde Beuchod

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1 0 S o t t o b a n c o

Pe r p e n s a r e . . .In omaggio alle rivoluzioni arabe Sottobanco propone a tutti voi di riflettere sull’Italia odierna e sul caso di essere conservatori, moderati, riformisti oppure (come noi ci auspichiamo) rivoluzionari. Ma cosa vuol dire la parole “rivoluzione”? Dal Dizionario: Improvviso cambiamento di idee, condizioni sociali, economiche, culturali, politiche in forte contrapposizione a quelle precedentiVi proponiamo inoltre una serie di citazioni illuminanti sul tema:Le rivoluzioni sono la locomotiva della Storia (Karl Marx)Dicono che noi rivoluzionari siamo romantici. Sì, è vero, ma lo siamo in modo diverso, siamo di quelli dispo-sti a dare la vita per quello in cui crediamo. (Ernesto Che Guevara)«C’est une Révolte?» «Non, Sire, c’est une révolution» (Dialogo fra Luigi XVI e il duca di Liancourt alla notizia della caduta della Bastiglia)La maestra mi chiese di Massimiliano Robespierre. Le risposi che i giacobini avevano ragione e che, terrore o no, la rivoluzione francese era stata una cosa giusta. La maestra non ritenne di fare altre domande. (Offlaga Disco Pax)La rivoluzione è sempre tre quarti fantasia e per un quarto realtà. (Michail Bakunin)La rivoluzione non è un pranzo di gala; non è un’opera letteraria, un disegno, un ricamo; non la si può fare con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. La rivoluzione è un’insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un’altra. (Mao Zedong)La rivoluzione si fa attraverso l’uomo, ma l’uomo deve forgiare giorno per giorno il suo spirito rivoluziona-rio. (Ernesto Che Guevara)Le rivoluzioni non si fanno con l’acqua di rose. (Edward Bulwer-Lytton)Neppure l’amicizia viene prima della rivoluzione per un rivoluzionario. [...] La prima cosa è la rivoluzione. Poi, tutto il resto. (Mario Vargas Llosa)Nessun vero rivoluzionario muore invano. (Fidel Castro)Ogni movimento rivoluzionario è romantico, per definizione. (Antonio Gramsci)Il guerrigliero è un riformatore sociale, il quale impugna le armi per rispondere all’irata protesta del popolo contro l’oppressore e lotta per cambiare il regime sociale colpevole di tenere i suoi fratelli inermi nell’ombra e nella miseria. (Ernesto Che Guevara)Moderato sarà lei (titolo di un libro di Marco Bascetta e Marco D’Eramo)La vera rivoluzione dobbiamo cominciare a farla dentro di noi. (Ernesto Che Guevara)

S o t t o b a n c o

5 0 c a n z o n i d e g l i a n n i ‘ 0 0 s

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S o t t o b a n c o 1 1S o t t o b a n c o

5 0 c a n z o n i d e g l i a n n i ‘ 0 0 sDopo i due numeri dedicati ai ventenni rock ‘60-70s e ‘80-90s dedichiamo ampio spazio al decennio appena trascorso, suggerendo una cinquantina di pezzi che ci ha accompagnato emozionalmente nella nostra adole-scenza (ricordiamo che tutti i brani sono facilmente trovabili su youtube). Al prossimo mese con una selezione del miglior rock italiano!

Radiohead-Pyramid song (2001, classica, elettronica, soul)White Stripes-Fell in love with a girl (2001, garage-rock)

System Of A Down-Chop Suey (2001, nu-metal, crossover)The Shins-New Slang (2001, indie-rock)

Tool-Lateralus (2001, prog-metal, gothic-rock)Strokes-Someday (2001, indie-rock)

Interpol-Stella was a diver... (2002, dark-rock, revival wave)Johnny Cash-Hurt (2002, country-folk)

Queens of the Stone Age-No one knows (2002, stoner)Oneida-Each one teach one (2002, psichedelia heavy, kraut-rock)

Wilco-Jesus, etc. (2002, alt-country)Black Keys-Thickfreakness (2003, garage-blues)

Cat Power-Maybe not (2003, songwriting femminile, folk)Rapture-Echoes (2003, punk-funk)

The Books-Tokyo (2003, folktronica)The Radio Debt.-Where damage isn’t (2003, nu-gaze, indie pop)

Animal Collective-Wo could win a rabbit (2004, freak-folk)Devendra Banhart-A Sight To Behold (2004, folk)

Arcade Fire-Neighborhood #2 (2004, indie-pop)Franz Ferdinand-Take me Out (2004, indie-rock)

The Organ-Steven Smith (2004, post-punk, revival wave)TV on The Radio-Staring at the sun (2004, black music)

Bloc Party-Banquet (2005, indie-rock, revival wave)Decemberists-The Legionnaire’s Lament (2005, indie-pop)

Editors-Munich (2005, revival wave, indie-rock)Flotation Toy Warning-Happy 13 (2005, psych-rock)

LCD Soundsystem-North American Scum (2005. punk-funk)Sufjan Stevens-Chicago (2005, indie-pop)Okkervil River-For real (2005, indie-pop)

Piano Magic-Love & Music (2005, dream-pop)Jay Reatard-Blood Visions (2006, garage rock)

Joanna Newsom-Peach Plum Pear (2006, songwriting)Two Gallants-Steady Rollin’ (2006, folk-rock)

Akron Family-Ed is a portal (2007, acid-rock, folk-rock)Battles-Atlas (2007, math-rock)

Beirut-A sunday smile (2007, indie-folk)Bon Iver-Skinny Love (2007, folk)

Gravenhurst-Trust (2007, indie-rock)National-Mistaken For Strangers (2007, wave-rock)

Shout Out Louds-Impossible (2007, indie-pop)Vic Chesnutt-Everything I say (2007, songwriting, rock)

Beach House-Gila (2008, dream pop)Black Mountain-Tyrants (2008, hard-rock)

Cut Copy-Lights and music (2008, synth pop)Fleet Foxes-White Winter Hymnal (2008, indie-folk)

Portishead-Machine Gun (2008, industrial-gothic, elettro-soul)Flaming Lips-Convinced of the hex (2009, psichedelia kraut)

Fuck Buttons (2009, psichedelia elettronica)Grizzly Bear-While you wait for the others (2009, psychfolk)

Wild Beasts-Hooting & howling (2009, art pop)

Alessandro Pascale e Matteo Castello

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CICL.IN.PROP.VIA MOCHET,7 PRC

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Sottobanco - Bollettino di infor-mazione per studenti intelligenti

R i c o r d o d i u n p a r t i g i a n oPietro Benedetti (Atessa 29-06-1902, Forte Bravetta 29-04-1944)

Di anni 41. Sposato, quattro figli. Di professione ebanista. Iscritto al movimento della Gioventù socialista fino al 1921 quando fonda, assieme ad altri compaesani, il Partito comunista di Atessa, divenendo poi il segretario della sezione giovanile. Nel dicembre del 1925 parte per Lione, in Francia, per partecipare al III Congresso del PCI in qualità di delegato per la regione Abruzzo. Al confine italo-francese però viene arrestato perché trovato in possesso di un passaporto falso. Trascorre in cella i successivi 3 mesi, ma a marzo del 1926 è scarcerato. Divenuto segretario della federazione comunista di Chieti, nel 1932 è fermato per la seconda volta. Il Tribunale speciale per la difesa dello Stato lo condanna alla pena detentiva, ma grazie all’amnistia viene scarcerato poco dopo il processo. Nel 1933 lascia la provincia di Chieti e si trasferisce a Roma. Dopo l’armistizio entra nelle fila del movimento partigiano, ed è nominato commissario politico della 1ª zona della città (comprendente i quartieri di Prati e Monte Mario). Il suo laboratorio di via Properzio diventa presto luogo di ritrovo e di riunione, nonché importante crocevia nell’opera di diffusione della stampa clandestina. Il 28 dicembre 1943 la squadra politica della Questura di Roma irrompe nell’officina, scoprendo all’interno un deposito d’armi. Benedetti è immediatamente arrestato, ed incarcerato a Regina Coeli; quindi è trasferito nelle prigioni di Via Tasso. Il 29 febbraio 1944 il Tribunale militare di guerra tedesco lo condanna a 15 anni di reclusione, ma il 1º aprile, nel corso di un ulteriore processo, la sentenza è commutata nella pena di morte. Dalla sua cella Benedetti spera invano in una grazia, ma il 29 aprile 1944 è condotto a Forte Bravetta e fucilato da un plotone composto da militi della PAI (Polizia Africa Italiana).

Dal carcere di Regina CoeliRoma, 11 aprile 1944

Ai miei cari figli,[…] Amatevi l’un l’altro, miei cari, amate vostra madre e fate in modo che il vostro amore compensi la mia mancanza, Amate lo studio e il lavoro. Una vita onesta è il migliore ornamento di chi vive. Dell’amore per l’umanità fate una religione e siate sempre solleciti verso il bisogno e le sofferenze dei vostri simili. Amate la libertà e ricordate che questo bene deve essere pagato con continui sacrifici e qualche volta con la vita. Una vita in schiavitù è meglio non viverla. Amate la madrepatria, ma ricordate che la vera patria è il mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli sono i vostri fratelli.Siate umili e disdegnate l’orgoglio; questa fu la religione che seguii nella vita. Forse, se tale è il mio destino, potrò sopravvivere a questa prova; ma se così non può essere io muoio nella certezza che la primavera che tanto io ho atteso brillerà presto anche per voi. E questa speranza mi dà la forza di affrontare serenamente la morte.

Pietrotratto da Ultime lettere dei condannatia morte della Resistenza Italiana