Sonnet - Da Isaia a Giona Le Ali Della Colomba

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Da Isaia a Giona le ali della colombaJean-Pierre Sonnet

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Da Isaia a Giona: le ali della colomba

Jean-Pierre Sonnet

La metafora non è un accidentale ornamento del linguaggio biblico,ma una delle sue modalità di pensiero dominanti.

Northrop Frye1

Il profeta biblico è sempre anche poeta e questo è un paradosso da evidenziare.I profeti d’Israele infatti hanno instancabilmente affrontato la storia nelle sue con-tingenze e nelle sue urgenze. Per fare ciò tuttavia hanno privilegiato, nei loro ora-coli e nelle loro esortazioni, la forma del linguaggio che ne è la decantazione piùlenta: la forma poetica. La loro retorica, spesso sferzante, s’avvale anche del ra-lenti del poema. Perché? Forse perché solo la poesia, nella sua essenzialità, per-metteva alla loro parola di mantenersi nella propria essenzialità. Levandosi nellecontingenze della storia, il discorso profetico rivela la differenza e la radicalitàdel modo di vedere divino, e lo fa sfruttando tutte le potenzialità della poesiaebraica. Si tratta infatti di fare emergere un’altra evidenza rispetto a quella delmondo e della «forza che va»2, che in esso si propaga. Così avviene fin dal primoversetto del libro di Amos, in cui la scena della storia è lacerata da un ruggito:«Da Sion, Yhwh ruggisce» (Am 1,1). Un’altra voce si impone, il cui «ruggito» faesplodere la strana sovranità. La stessa metafora ritornerà in Am 3,8, infilata nelladinamica del «direi ancor più» della linea poetica ebraica:

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1 N. FRYE, Il grande codice. La Bibbia e la letteratura (Torino 1986) 85.2 L’espressione si rifà a E. LEVINAS, in Difficile Liberté, Paris 1976, 377, che la attinge dal

dramma di Victor Hugo Hernani (1830): «Tu me crois peut-être, un homme comme sont tousles autres, un être intelligent, qui court droit au but qu’il rêva. Détrompe-toi. Je suis une forcequi va ! Agent aveugle et sourd de mystères funèbres! Une âme de malheur faite avec des té-nèbres! Où vais-je? Je ne sais. Mais je me sens poussé d’un souffle impétueux, d’un destin in-sensé. Je descends, je descends et jamais ne m’arrête. Si, parfois, haletant, j’ose tourner la tête,une voix me dit: “Marche!” et l’abîme est profond, et de flamme ou de sang je le vois rougeau fond! Cependant, à l’entour de ma course farouche, tout se brise, tout meurt» (Atto III, scena2).

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abeN"yI al{ ymi rB,DI hwIhy> yn"doa] ar"yyI al{ ymi ga'v' hyEr>a;Un leone ha ruggito, chi non temerebbe?

Il Signore Yhwh ha parlato, chi non profetizzerebbe?

La propagazione del terrore in seguito al ruggito del leone si intensifica nellaseconda parte del versetto, ma a mo’ di una convocazione irrimediabile ‒ quelladel profeta ‒ sebbene la voce del leone, del Signore e del profeta si alleino in findei conti per fare capolino nelle parole di Amos.

Ciò che è vero all’incipit del libro di Amos è vero in tutto il corpus profetico.I profeti «parlano» forse le parole della lingua comune, ma non senza un instan-cabile lavoro di trans-significazione, affinché nelle loro parole si apra il varco unaparola altra. Nella sua intensità questa parola vibra, come una freccia nel bersaglio,bene al di là del contesto in cui appare. Ed ecco perché una tale parola raggiungequei lettori che siamo noi, sopraggiungendo molto tempo dopo le contingenze sto-riche che hanno visto sorgere la parola di Amos, di Osea o di Geremia. «I profeti‒ scrive Robert Alter ‒ avevano idee pressanti (accuse, avvertimenti, parole di con-solazione) da trasmettere ai loro destinatari. Lo strumento espressivo poetico diquesta comunicazione produceva, però, delle potenzialità di significato che anda-vano ben oltre la contingenza storica; e il potere immaginativo con cui la storiaveniva trasformata in un teatro di speranze e di paure senza tempo spiega il motivoper cui questi testi continuino a interpellarci ancor oggi in modo così potente»3.

Queste pagine si concentreranno sulla traiettoria di un’unica metafora, di origineanimale come nel caso del leone e del ruggito di Amos. Le variazioni su questametafora uniranno in particolare due libri profetici, quello di Isaia e quello di Giona.Esse permetteranno di approfondire la domanda: perché, dunque, Giona si chiamaGiona («colomba», in ebraico)? Di certo, le note delle nostre bibbie menzionanotutte l’esistenza di un profeta con lo stesso nome, «Giona, figlio di Amittai, profetadi Gat-Chefer», brevemente evocato in 2Re 14,25 come lo sponsor di GeroboamoII, re di Samaria (787-747), nel suo tentativo di riconquistare il territorio nazionale.Ma il significato del nome di Giona, nel libro-parabola che porta il suo nome, sipuò forse esaurire in un riferimento storico, tutto sommato alquanto scarno4? Illibro di Giona è infatti un māšāl che capta, al pari di un’antenna parabolica, innume-

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3 R. ALTER, L’arte della poesia biblica (Lectio 3; Cinisello Balsamo 2011) 253-254.4 Secondo 2Re 14,25, Geroboamo II «recuperò a Israele il territorio dall’ingresso di Camat

fino al mare dell’Araba, secondo la parola del Signore, Dio d’Israele, pronunciata per mezzodel suo servo, il profeta Giona, figlio di Amittai, di Gat-Chefer». Il messaggio del profeta inquestione aveva dunque, a quanto sembra, uno spirito nazionalista; prefigurava così il perso-naggio fittizio del libro di Giona?

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revoli echi biblici ‒ provenienti in modo particolare dagli scritti profetici ‒ perfarne la materia di una rielaborazione in cui non manca l’ironia5. Una di queste ri-prese ‒ sarà l’ipotesi di questo saggio ‒ si sente nel nome di Giona. Nel nome delpersonaggio interpellato da Dio in Gio 1,1 e nella sua reazione all’appello divinosi condensano due versetti altamente metaforici del libro di Isaia:

Chi sono quelli che volano come una nube, come colombe (~ynIAYk;) verso le loro co-lombaie? Perché le isole tendono verso di me, navi di Tarsis in testa, per condurre ituoi figli da lontano, con il loro argento e il loro oro, in omaggio al nome di Yhwh, tuoDio, in omaggio al Santo d’Israele, perché ti ha dato il suo splendore (Is 60,8-9).

La ricchezza poetica di Is 60,8-9 sarà analizzata nel punto seguente. I versetticitati lasciano tuttavia capire immediatamente la pointe della ripresa che ne fa illibro di Giona; questa gioca sul rapporto tra le «colombe» e le «navi di Tarsis». Lecolombe e le imbarcazioni in questione «volano» verso la terra d’Israele, in dire-zione di Gerusalemme. Giona, la «colomba» che fugge su una barca verso Tarsis,va dunque in senso contrario rispetto alla dinamica dell’oracolo di Is 60. Questadinamica è centripeta e inclusiva, associando le nazioni e i loro bastimenti al ritornodei figli e delle figlie d’Israele verso Gerusalemme. Fuggendo verso Tarsis, Gionaè una colomba che «vola» dunque contromano, ed è tutto qui, in sintesi, il drammadi Giona, dell’apprendista-profeta bastian contrario del modo di agire divino.

1. Is 60,8: le barche alate

Si conosce la potenza visiva e dinamica dell’oracolo di Is 60: Gerusalemme,faro del mondo, essa stessa illuminata dalla gloria di Yhwh, vede confluire versodi sé tutti i popoli: «Nazioni cammineranno alla tua luce e re allo splendore dellatua aurora» (Is 60,3). Nella loro migrazione conducono, portandoli «sull’anca», ifigli e le figlie dell’esilio (v. 4). Da oriente, cioè dal deserto, convergono cammelli,dromedari, montoni e piccolo bestiame. Da occidente, dunque dal mare, altre crea-ture, aeree e alate, s’avvicinano:

~h,yteBorUa]-la, ~ynIAYk;w> hn"yp,W[T. b['K' hL,ae-ymiChi sono quelli che volano come una nube,

come colombe verso le loro colombaie6? (Is 60,8).

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5 Cf. in particolare H. C. P. KIM, «Jonah read intertextually», JBL 126 (2007) 497-528 e labibliografia menzionata.

6 Alla lettera: «verso le loro finestre (~h,yteBorUa])».

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«Chi sono quelli?». Le costruzioni interrogative non mancano nel libro di Isaia,in modo particolare a partire dal cap. 407; esse perseguono molteplici finalità reto-riche8. Alcune fanno inoltre il gioco del discorso poetico, secondo un modo di pro-cedere che si osserva nella poesia di ogni tempo, come ha mostrato John Hollander9.Se il poema interroga, lo fa per generare il suo ordine proprio; le domande che pone«non possono ricevere che risposte ‒ nella misura in cui una risposta è possibile ‒figurative»10. In Is 40,18, il profeta interroga: «A chi volete paragonare Dio? Checosa presenterete che gli somigli?» (cf. 46,5). L’oracolo di Is 63,1-6 si apre con ladomanda: «Chi è dunque costui che viene da Edom?», e vi aggancia la metaforadrammatica dell’uomo che pesta nel frantoio. Anche la domanda di Is 60,8, «Chisono quelli che volano?», è alla base di una creatività metaforica degna di nota.

La linea poetica illustra la dinamica del parallelismo semantico proprio dellapoesia ebraica: la seconda parte del verso (B) s’amplifica sulla base della prima(A) secondo la regola formulata con fortuna da James Kugel «A is so, and what’smore, B»11. Un «direi ancor più» sostiene la ripresa della seconda parte del verso.Questa può prendere forme molteplici, di intensificazione, di concatenamento edi drammatizzazione, oppure ‒ come nel nostro caso ‒ di specificazione e di con-cretizzazione12:

A BChi sono quelli che volano come una nube, / come colombe verso le loro colombaie?

L’emistichio A fa percepire un «oggetto volante», molteplice («quelli […] chevolano») e, nel contempo, compatto («come una nube»). La nube in questione,nella sua globalità mobile, richiede in apparenza una precisazione, quella fornitadall’emistichio B. La sempre maggior nitidezza, che la seconda parte introduce,lascia intendere che l’oggetto volante si avvicina all’osservatore, al pari di tutte

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7 Tra Is 40 e 60, le costruzioni interrogative sono presenti in: 40,6.13-14.18.25; 41,4.22;42,19.23-24; 43,9.13.19; 44,7.10.24; 45,21; 46,5; 48,14; 49,15.21.24; 50,1-2.8; 51,13.19;53,1.8; 55,2; 57,6.11; 58,5.

8 Sul ruolo della domanda nella letteratura profetica e in modo particolare nel rîb, cf. P.BOVATI, «Così parla il Signore». Studi sul profetismo biblico (Bologna 2008) 135-137.

9 Cf. J. HOLLANDER, Melodious Guile. Fictive Pattern in Poetic Language (New Haven,CT 1988) 18-63. Il Cantico è un santuario di tale procedimento; cf. in particolare J.-P. SONNET,«Le Cantique des Cantiques: la fabrique poétique», Les nouvelles voies de l’exégèse. En lisantle Cantique des cantique (ed. J. NIEUVIARTS ‒ P. DEBERGÉ) (LD 190; Paris 2002) 171-172.

10 HOLLANDER, Melodious Guile, 42.11 J. KUGEL, The Idea of Biblical Poetry. Parallelism and Its History (New Haven, CT 1981) 1.12 Cf. in proposito ALTER, Arte, 39-40, che offre l’esempio di Lam 1,2: «Ella piange, ella

piange nella notte, / le lacrime sulla guancia».

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le figure ‒ umane e animali ‒ che, nell’oracolo di Is 60, convergono verso Geru-salemme: «vengono verso di te» (v. 4). Il poeta è infatti in grado di precisare l’ana-logia: gli esseri volanti sono altrettante «colombe [che s’affrettano] verso le lorocolombaie».

L’immagine della colomba che torna alla sua dimora non è propria del libro diIsaia. In Os 11,11 si legge un paragone analogo. Yhwh «ruggirà come un leone»(v. 10) annuncia il profeta (riecheggiando Am 1,1), e questo ruggito provocherà ilritorno impaurito dei figli d’Israele dall’Oriente e dall’Occidente: «Dall’Egitto,accorreranno tremando come un uccello (rAPci), e dal paese di Assur come una co-lomba (hn"Ay), e io li farò abitare nelle loro case, oracolo di Yhwh». A questo schemadi fondo (il ritorno «a casa») lo sviluppo metaforico di Is 60 aggiunge un livellosupplementare, che si illumina nella misura in cui si progredisce nell’oracolo. Ilv. 9 precisa infatti:

qAxr"me %yIn:b' aybih'l. hn"voarIB' vyvir>T; tAYnIa\w" WWq;y> ~yYIai yli-yKiPerché le isole tendono13 verso di me, navi di Tarsis in testa,

per condurre i tuoi figli da lontano.

Passando dalle colombe del v. 8 alle isole del v. 9, il discorso gioca su una me-tonimia che risale dall’«oggetto volante» (le colombe) al suo punto di partenza(le isole); il rapporto è facilitato dall’assonanza che unisce ~ynIAy («colombe») e ~yYIai(«isole»); una seconda metonimia sfrutta la tensione delle isole per focalizzarsiora su un oggetto «navigante»: «le navi (tAYnIa\) di Tarsis». Queste, che vengono intesta (hn"voarIB'), sono così il flagship del desiderio delle isole lontane14.

Ma qual è il rapporto che unisce l’oggetto volante e l’oggetto navigante? Inquesto rapporto sta il segreto della metafora, che il lettore identifica andandoavanti nell’oracolo. Adottando il punto di vista di Sion, il poeta vede avvicinarsi,sulla linea dell’orizzonte, una moltitudine di navi che assimila a un volo di co-lombe, a motivo delle loro vele ondeggianti ‒ e forse bianche. Come scrive Luis

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13 Oppure: «sperano in me», comprendendo la forma wwqy come derivante dalla radice verbaleqwh I, «tendere, attendere, sperare». Ma si può ugualmente sostenere (come fa in particolareJ. BLENKINSOPP, Isaiah 40‒55. A New Translation with Introduction and Commentary [AncB19A] [New Haven 2002] 213) che la radice sia piuttosto qwh II, «radunarsi»: «Le isole si ra-dunano (= convergono) verso di me».

14 Queste navi commerciavano con le colonie che i Fenici avevano fondato fino in Spagna(cf. Is 23,1-14). In 2,11-17 Isaia annuncia «l’insurrezione» di Yhwh «contro tutto ciò che è al-tero e orgoglioso» (v. 12), e al v. 16 precisa: «contro tutte le navi di Tarsis e contro tutte le im-barcazioni sontuose». Simboli delle ricchezze e dell’orgoglio umano, le navi di Tarsis sonodescritte nella Bibbia come cariche di ferro, stagno, piombo, oro, argento, avorio, scimmie epavoni (1Re 10,22; 22,49; 2Cr 9,21; Ger 10,9; Ez 27,12).

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Alonso Schökel, il poeta fa allora percepire delle «navi che volano, come “co-lombe che raggiungono le loro dimore”»15. La creazione metaforica è ancor piùdegna di nota perché fa dei bastimenti alati dei veicoli fuoristrada: dopo la lorocorsa sopra i flutti, proseguiranno la loro traiettoria in aria fino alle vette di Giudae fino alle «finestre» che li attendono a Gerusalemme.

Gli approcci cognitivi della metafora ci hanno resi sensibili al modo in cui que-sta figura elabora il suo senso. Mentre la teoria classica della metafora mettevaavanti il tertium comparationis (il campo semantico comune all’entità sorgente eall’entità bersaglio), la teoria conoscitiva è attenta all’inedito indotto dalla meta-fora. Sul fondo di uno spazio generico (il tertium comparationis), la metafora pro-ietta uno spazio di fusione (blending) in cui le due entità compongono delleprospettive nuove, inaccessibili a ciascuna delle entità prese separatamente16. Iden-tificare la metafora delle colombe in Is 60,8 è più che individuare il tertium com-parationis (le colombe e le navi hanno in comune, sulla linea dell’orizzonte, ilmovimento delle loro ali/vele). Le «navi di Tarsis» apportano alle «colombe» lanozione di trasporto (esse conducono in porto carico e passeggeri); le «colombe»proiettano sulle barche a vela la teleologia del loro volo: si tratta dell’irresistibilemovimento che riporta un essere animato al punto dello spazio in cui è a casa pro-pria17. «Le isole tendono verso di me», dice Dio nell’oracolo, e ci serve la metaforadelle colombe e la visione delle imbarcazioni per comprendere come la media-zione delle Nazioni lontane si iscriva in un disegno sovrano, imperniato su Geru-salemme, irresistibile quanto l’istinto delle colombe.

Come ha scritto Job Y. Jindo, nel contesto di un approccio cognitivo delle me-tafore di Geremia: «La metafora ha un valore cognitivo e orienta in ciò la perce-zione dell’oggetto che descrive. Presenta non soltanto una proposta ma ugualmenteuna prospettiva specifica, o ancora un orientamento, attraverso cui percepire la pro-posta. In poesia, le metafore possono orientare, o riorientare, la nostra percezionedella realtà attraverso la realtà poetica che essa rappresenta, e noi ne percepiamo

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15 L. ALONSO SCHÖKEL, «Isaïe», Encyclopédie littéraire de la Bible (ed. R. ALTER ‒ F. KER-MODE) (Paris 2003) 225.

16 Cf. G. FAUCONNIER ‒ M. TURNER, The Way We Think. Conceptual Blending and theMind’s Hidden Complexities (New York, NY 2002); J. E. GRADY ‒ T. OAKLEY ‒ S. COULSON,«Blending and Metaphor», Cognitive Linguistics (ed. R. W. GIBBS ‒ G. J. STEEN) (Amsterdam1999) 101-124. In contesto biblico, cf. in particolare P. VAN HECKE, «Conceptual Blending: ARecent Approach to Metaphor, Illustrated with Pastoral Metaphor in Hos 4,16», Metaphor inthe Hebrew Bible (ed. P. VAN HECKE) (BETL 187; Leuven 2005) 215-231.

17 A proposito della «sapienza» degli animali, cf. Is 1,3: «Il bue conosce il suo proprietarioe l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende»(cf. parimenti Pr 6,6; 30,25-31).

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relazioni e distinzioni che non avevamo notato in precedenza»18. L’orientamentodella metafora è determinante in modo particolare nel caso di cui ci occupiamo.Le navi-colombe si iscrivono in un campo magnetico, quello del disegno di Dioche fa affluire verso Gerusalemme figli d’Israele e figli delle nazioni. È questoorientamento che la colomba Giona intraprenderà contromano.

2. «Tetto quieto, corso da colombe, in cui beccavan fiocchi»

Prima di passare al libro di Giona, un salto fino al XX secolo e fino a una rivaoccidentale del Mediterraneo permetterà di meglio valutare la genialità della crea-zione metaforica in Is 60,8-9. Una delle metafore più celebri della letteratura fran-cese del secolo scorso è quella che apre il poema di Paul Valéry (1871-1945), Lecimetière marin (pubblicato nel 1920):

Quel tetto quieto, corso da colombe,In mezzo ai pini palpita, alle tombe;Mezzodì il giusto in fuochi vi ricreaII mare, il mare, sempre rinnovato!

Giunto alla linea conclusiva del poema, il lettore ne ritrova l’immagine iniziale:

Quel quieto tetto in cui beccavan fiocchi!

Fin dalla sua pubblicazione, Le cimetière marin è stato alla base di una pole-mica che William Marx evoca nel suo studio «Valéry, Flaubert e gli uccelli chepasseggiano»: «La polemica si focalizzò in particolare sul primo e sull’ultimoverso de Le cimetière marin […] La metafora dell’uccello, designando in absentiale navi, parve spesso indecifrabile ai più feroci detrattori»19. Valéry ‒ precisaMarx ‒ fu egli stesso sorpreso dall’incomprensione a cui andò incontro il suopoema. Tra i manoscritti di Charmes (la raccolta nella quale il poema fu ripresonel 1922) si trova la nota seguente: «Alcune persone che non hanno mai visto ilmare, né navi, si sono sorpresi fino a indignarsi che si sia paragonato a un tettola superficie delle acque e a colombe barche a vela. Il mare calmo quando è vistodall’alto. La parola “fiocco” ha stupito. Non è che una vela triangolare e talvolta

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18 J. Y. JINDO, Biblical Metaphor Reconsidered. A Cognitive Approach to Poetic Prophecyin Jeremiah 1–24 (Winona Lake, IN 2010) 45.

19 W. MARX, «Valéry, Flaubert et les oiseaux qui marchent», Revue d’histoire littéraire dela France 2003 (103) 919-931.

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triplice. Becchetta come un becco. Bucherellare con il naso. È un’immagine chesi è fatta da sola nel mio pensiero antico e di cui ho dovuto solo ricordarmi»20.

Come ha ben osservato Umberto Eco, la metafora ospitata da Valéry nellaprima riga de Le cimetière marin è di quelle che si illuminano soltanto progressi-vamente. In ciò è proprio la gemella della metafora del cap. 60 di Isaia (bisognagiungere alla menzione delle «navi di Tarsis» al v. 9 per rendersi conto retrospet-tivamente che si trattava di queste imbarcazioni già nelle «colombe» del v. 8):

Valéry introduce nel primo verso un enunciato che potrebbe essere inteso letteralmente,dato che non vi è alcuna anomalia semantica nella descrizione di un tetto su cui passeg-giano delle colombe. Il secondo verso dice che questo tetto palpita, ma l’espressione po-trebbe suggerire soltanto (questa volta metaforicamente) che il movimento degli uccelliprovoca l’impressione di un movimento del tetto. È solo al quarto verso, quando il poetaafferma di trovarsi di fronte al mare, che il primo verso diventa metaforico: il tetto tran-quillo è il mare e le colombe sono le vele dei battelli. Però in questo caso è chiaro che,sino a che non appare la menzione del mare, non c’è ancora metafora. Il contesto, intro-ducendo subitaneamente il mare, stabilisce anaforicamente un’implicita similitudine einduce il lettore a rileggere l’enunciato precedente in modo che appaia metaforico21.

Il riferimento a «il mare, il mare, sempre rinnovato» è infatti ciò che permetteal lettore di riorientare la sua delucidazione semantica. Marx scrive così:

La ripetizione insistente de «il mare», al quarto verso de Le cimetière marin, ha propriola funzione di obbligare con la sorpresa a un risemantizzazione dei tre versi precedentie di indicare che non c’era di fatto un «tetto» se non per analogia; il lettore è invitatoa correggere le sue prime inferenze e a rileggere ‒ o, quanto meno, a reinterpretare ‒l’incipit. E questo lavoro di riappropriazione delle parole segna precisamente, secondole riflessioni teoriche di Valéry, che si ha a che fare con la poesia: «Il lavoro letterario,scrive, è il lavoro speso a riavvicinare le parole differenti»22.

Anticipando la creatività e la riflessione teorica di quel poeta-pensatore che fuValéry, l’antica poesia biblica appare nel suo genio precoce. A proposito della meta-fora della colomba, l’autore di Charmes scriveva: «È un’immagine che si è fatta da

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20 Citato in F. DE LUSSY, «Charmes» d’après les manuscrits de Paul Valéry. Histoire d’unemétamorphose (Paris 1996).

21 U. ECO, I limiti dell’interpretazione (Milano 1990) 143-144.22 MARX, «Valéry», 921; la citazione deriva da P. VALÉRY, «Essai sur Stéphane Mallarmé»,

Cahiers 1894-1914 (ed. N. CELEYRETTE-PIETRI ‒ J. ROBINSON-VALÉRY) (Paris 1988) II, 282(sottolineatura di Valéry).

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sola nel mio pensiero antico e di cui ho dovuto solo ricordarmi». Questo «pensieroantico» aveva dunque l’età del cap. 60 del libro di Isaia! Ma è altrettanto degno dinota che un poema contemporaneo o quasi operi come un rivelatore, in senso foto-grafico, permettendoci di leggere meglio le Scritture antiche. In questo c’è un feno-meno di appartenenza reciproca che Paul Beauchamp ha indicato meglio di chiunque:

Senza la nobiltà delle scritture, non ci sarebbero sacre Scritture, né Libro ispirato se illibro, in sé, non avesse una destinazione così alta. Questo accostamento intimo, «fa-miliare», non espone ad alcun rischio di confusione fra la Bibbia e gli altri scritti: laBibbia è fatta per essere decifrata e risuonare in mezzo alle altre lettere e alla loro esi-stenza; non c’è da temere che vi perda la sua tonalità propria. Liberiamoci piuttostodall’incoerenza che ci induce, poiché bisogna spiegare la Bibbia con gli scritti antichidel Vicino Oriente, a fare astrazione dall’ambiente e dalla risonanza non meno appro-priati che le arreca la nostra letteratura, evidentemente in maniera del tutto diversa23.

3. Giona, la colomba contromano

Come Is 60,8-9 fornisce una matrice alla storia di Giona? O, più precisamente,come l’autore di questa storia ha «filato» la metafora del libro di Isaia in modo da ti-rarne fuori il personaggio della sua insolita parabola? L’affinità tra Is 60,8-9 e i versettiiniziali del libro di Giona è anzitutto lessicale. L’attacco del libro di Giona, nei suoiprimi tre versetti, combina un triplice eco di Is 60,8-9 attraverso le parole «colomba»,«nave» e «Tarsis». I tre elementi sono presenti in modo particolare in Gio 1,3:

Giona (hn"Ay) si alzò per fuggire a Tarsis (hv'yvir>T;) fuori della presenza di Yhwh. Scese aGiaffa e trovò una nave (hY"nIa') per andare a Tarsis (hv'yvir>T;).

In modo più determinante, il calco di Gio 1,1-3 inverte l’orientamento dellavisione metaforica di Is 60,8. Mentre in Is 60 le navi-colombe vengono da Tarsis,in Gio 1,3 Giona si imbarca deliberatamente verso Tarsis. L’orientamento di Gionasi gioca su una scelta tra «declinazioni» possibili del suo nome. Dio ha intimatoa Giona l’ordine di recarsi a Ninive (1,1). Gli esegeti non hanno mancato di se-gnalare che il nome della città (hwEn>ynI) contiene tutte le consonanti del nome del per-sonaggio hn"Ay. A questa affinità orientale Giona preferisce l’affinità occidentaledella nave (hY"nIa') di Tarsis24, con la parola ’onyâ («nave») a riecheggiare il suo

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23 P. BEAUCHAMP, L’uno e l’altro Testamento. II: Compiere le Scritture (Milano 2001) 86.24 A prescindere dall’esatta localizzazione di Tarsis (si ipotizza: la Spagna meridionale,

Malta, la Sardegna, oppure Cartagine, secondo la LXX in Is 23,1.14), la città si trova comunquea ovest, dunque agli antipodi di Ninive.

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nome yōnâ, scambiando consonanti e vocali. Bel modo di illustrare una regolagenerale: se, nel mondo del racconto biblico, i nomi propri dicono tanto del per-sonaggio, non per questo lo esauriscono, e ancora meno lo determinano; essi con-tribuiscono piuttosto a sottolineare il mistero del suo destino personale in unmondo carico di promesse e di senso. Facendo inclinare il suo nome dalla parte«nave di Tarsis» piuttosto che dalla parte «Ninive», Giona manifesta la sua libertàdi scelta; ma lo fa rivelandosi refrattario all’ordine divino.

Giona intende in un primo tempo e prima di tutto sottrarsi alla presenza delDio che lo manda a Ninive e dunque a est25. E se vuole recarsi a Tarsis (piuttostoche a Occidente in genere) costi quel che costi, è forse per la ragione fornita daun oracolo vicino al libro di Isaia, in cui Yhwh mette Tarsis in testa alle nazioni«che non hanno mai sentito parlare di me, che non hanno mai visto la mia gloria»(Is 66,19)26. Ma, a prescindere dalla non conoscenza di cui Tarsis è il luogo, qualecreatura può sottrarsi alla sovranità di Yhwh? «Prendo le ali dell’aurora per abitareal di là dei mari, là ancora, la tua mano mi conduce, mi afferra», dice così il sal-mista (Sal 139,9-10). E Giona per primo confesserà ai marinai che teme «il Diodel cielo, che ha fatto il mare e la terra» (Gio 1,9). Questo Dio del resto s’è pro-digato per riprendere il fuggiasco facendo levare un vento impetuoso sul mare(1,4). Facendo il bastian contrario con l’ordine divino che lo manda a Ninive,Giona rende l’oracolo di Isaia un controsenso. Imbarcarsi alla volta di Tarsis equi-vale per il profeta-colomba a invertire la visione e la metafora di Is 60,8-9: Gionaè la colomba che vola in senso contrario27. Ciò facendo, contesta l’universalismo

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25 Il lettore apprende il perché, non senza sorpresa, in Gio 4,2. Se Giona ha preso la dire-zione opposta rispetto a quella verso cui Dio lo manda, non è ‒ come il lettore può avere im-maginato ‒ perché temeva di essere lo strumento della giustizia di Dio, ma perché rifiutava diessere la mediazione della sua misericordia; cf. M. STERNBERG, The Poetics of Biblical Narra-tive. Ideological Literature and the Drama of Reading (Bloomington, IN 1985) 318-320.

26 La stessa Tarsis, scrive James Ackerman, «evoca il lusso, il desiderio e il piacere […].Per Giona, Tarsis può dunque, paradossalmente, rappresentare un luogo di piacevole sicurezzache confina all’inesistenza» (J. ACKERMAN, «Jonas», Encyclopédie littéraire de la Bible, 289).

27 La matrice del nome di Giona che si ritrova in Is 60,8 mi sembra più persuasiva dei nu-merosi altri tratti applicati alla colomba nella Bibbia, già ampiamente esplorati dalla tradizioneesegetica. Nelle Scritture bibliche, la colomba si distingue per il suo modo di guadagnare pron-tamente un rifugio in caso di pericolo (Ger 48,28; Ez 7,16; Sal 55,7-9), di gemere sulla propriasorte (Is 38,14; 59,11; Ez 7,16; Na 2,8), o di dare prova di ingenuità e mancanza d’intelligenza:«Efraim è come una colomba ingenua, priva d’intelligenza; ora i suoi abitanti domandano aiutoall’Egitto, ora invece corrono verso l’Assiria. Dovunque si rivolgeranno stenderò la mia retecontro di loro» (Os 7,11-12). Questi differenti tratti ricevono tutti un’illustrazione nel perso-naggio di Giona in determinati punti del racconto: nella sua fuga, nel lamento orante dal ventredella balena, nelle recriminazioni a proposito dell’arboscello seccato, oppure nella sua costanteincapacità di comprendere il modo di agire di Yhwh (cf. in particolare a tal proposito A. J. HAUSER,

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dichiarato in Is 50‒66. In un oracolo parallelo a quello di Is 60, il capitolo finaledel libro di Isaia annuncia: «Le genti porteranno tutti i vostri fratelli, da tutte lenazioni, in offerta a Yhwh su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari,al mio santo monte di Gerusalemme ‒ dice Yhwh ‒, come i figli d’Israele portanol’offerta in vasi puri nel tempio del Signore. Anche tra loro mi prenderò dei sa-cerdoti, dei leviti, dice Yhwh» (Is 66,20-21). Per quanto abbia la ventura di esserecircondato da pagani virtuosi (i marinai del cap. 1, i Niniviti e il loro re del cap.4), Giona non abdicherà al suo nazionalismo intransigente, invertendo le aperturedivine della conclusione del libro di Isaia.

Questo andare contromano si iscrive in un tema più generale: nel corso del rac-conto, Giona è colui che fa il bastian contrario nei confronti di Yhwh, rivelandosirefrattario a sincronizzarsi con Dio nell’esercizio della sua giustizia e della suamisericordia28. Questa incapacità di accordarsi al ritmo divino prosegue fino nel-l’episodio del !Ayq'yqi (in Gio 4,5-10) 29. Se la vicenda dell’arbusto aggiunge un epi-sodio in chiave vegetale e animale alla parabola del libro di Giona30, lo faprolungando ugualmente gli echi al nome del personaggio: a yōnâ corrispondeadesso il qîqāyōn31. Il rapporto ha una particolare eloquenza in 4,6:

hn"Ayl. l[;me l[;Y:w: !Ayq'yqi ~yhil{a/-hw"hy> !m;y>w:E Yhwh mandò un qîqāyōn e lo fece crescere sopra a yōnâ.

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«Jonah: In Pursuit of the Dove», JBL 104 [1985] 21-37; KIM, «Jonah», 497-528). La metaforadelle navi-colombe provenienti da Tarsis in Is 60,8 mi sembra tuttavia essere un punto di par-tenza più plausibile della creazione del personaggio Giona. Rimane tuttavia completamentepossibile che l’autore abbia giocato su un largo repertorio di allusioni, associando al nocciolometaforico di Is 60,8 diversi tratti associati alla «colomba» biblica (HAUSER, «Jonah», 21-37;KIM, «Jonah», 497-528).

28 Cf. J.-P. SONNET, «Jonas est-il parmi les prophètes? Une réécriture narrative sur les attri-buts divins», Écritures et réécritures. La reprise interprétative des traditions fondatrices par lalittérature biblique et extra-biblique (ed. C. CLIVAZ ‒ C. COMBET-GALLAND ‒ J.-D. MACCHI ‒C. NIHAN) (BETL 248 ; Leuven 2012) 137-156.

29 L’identificazione botanica o simbolica del !Ayq'yqi è un appuntamento obbligato dell’esegesidel libro di Giona. Per lo status quaestionis, cf. A. H. KAMP, Inner Worlds. A Cognitive Lin-guistic Approach to the Book of Jonah (Leiden 2004) 188-194.

30 Questo libro, scrive Hyun Chul P. Kim, «si apre sulla storia di una colomba, continua in quelladi un grosso pesce, fa una sosta sotto un arboscello roso da un verme e finisce nell’evocazione dinumerosi animali, tutti affidati alle cure e alla misericordia di Yhwh» (KIM, «Jonah», 527).

31 Cf. in modo particolare A. COOPER, «In Praise of Divine Caprice. The Significance ofthe Book of Jonah», Among the Prophets. Language, Image and Structure in the PropheticWritings (ed. P. R. DAVIES ‒ D. J. A. CLINES) (JSOTSup 144; Sheffield 1993) 153.

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L’arboscello, prodigo di ombra, è un puro beneficio della misericordia divina;la sua scomparsa, perché roso dal verme, è un puro effetto della giustizia divina.Proprio come, a ovest, Dio fece alzare un grande vento sulla nave (hY"nIa\: 1,4),adesso fa soffiare un afoso vento orientale sul capo di hn"Ay (4,8). Ma Giona si rivelaincapace di leggere la sequenza misericordia ‒ giustizia nell’episodio del !Ayq'yqi, cosìcome fu incapace di accettare il passaggio di Dio dalla sua giustizia alla sua mise-ricordia nei confronti dei Niniviti. La pointe dell’esistenza profetica si trova nellacapacità del profeta di seguire il più vicino possibile la libertà di Dio nell’alternanzadella messa in atto dei suoi attributi, e di pronunciare quindi nel suo tempo oracolidi giudizio e oracoli di misericordia. Giona si squalifica in questa missione profeticacon il suo modo di intervenire contromano e come bastian contrario. Ma ciò lo fecefin dal suo «volo» in direzione opposta all’inizio del racconto.

ABSTRACT

Where does Jonah’s name (“dove”) come from? Beyond the historiographical referenceto “Jonah son of Amittai, the prophet from Gath-hepher” in 2 Kings 14:25, this essay sug-gests that Jonah’s name subtly echoes Isa 60:8-9 (“Who are these that fly like a cloud, andlike doves to their windows? For the islands wait for me, the ships of Tarshish first, to bringyour children from far away”). The doves of Isa 60:8 are a metaphor for sailboats (exactlyas in Paul Valéry’s poem Le cimetière marin: “Ce toit tranquille, où marchent des co-lombes… où picorent des focs”). But whereas in Is 60:8 the dove-ships come from Tarsis,Jonah flies to Tarsis, inverting the centripetal movement of Isaiah’s universalism. Jonahthus enters the scene as the prophet who inverts the dynamics of God’s design, and in par-ticular endeavors, but in vain, to jam God’s repentance from justice to mercy in favor ofthe people of Niniveh. When it comes to the name of its main character, the book of Jonahdoes exactly what it does in its plot: the parable works as a parabolic antenna that picks upand redirects the waves coming from other prophetic books.

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