Societ`a Astronomica G. V. Schiaparelli LE DISTANZE...

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Societ`a Astronomica G. V. Schiaparelli LE DISTANZE CELESTI Luca G. Molinari Nov 2009 1 Premessa L’Universo ` e la realt`a naturale che pi` u di ogni altra ` e allusione al concetto astratto di infinito. Come tale, ` e una sfida alla nostra ragione. La scalata alle distanze cosmiche ` e un’avventura straordinaria: misurando il cosmo in qualche modo lo facciamo nostro. Per alcuni millenni l’uomo ha osservato l’universo armato dei soli occhi e modesti strumenti di misura e, come per gli animali del racconto dell’arca, ha dato un nome agli astri, popolando il cielo di figure ora mitiche, ora evocative di orizzonti inesplo- rati, ora familiari; le costellazioni danno un volto all’ignoto e nella loro circolare pro- cessione sono una protezione, un segno col quale il viandante notturno si orienta, e nell’abisso riconosce un ordine. Nella cosmologia greca la Terra era il centro dell’universo, come naturale conseguenza del fatto che i corpi cadono. Sole, Luna e pianeti erano disposti su sfere concen- triche, cristalline e impenetrabili. Il prezzo pagato per l’accurata descrizione dei moti planetari era una sempre pi` u insostenibile e complicata combinazione di moti circo- lari. La semplificazione risolutiva fu la teoria eliocentrica di Nicol`oCopernico (1543) che, dopo lunga gestazione, attu´o la sua rivoluzione con prudenza, presen- tando lo scambio di posizioni del Sole e della Terra come semplice artificio per sem- plificare i calcoli. Nell’introduzione al ”De Revolutionibus Orbium Cœlestium”, dedi- cata a Papa Paolo III scriveva: ... non ` e infatti necessario che queste ipotesi siano vere, e persino nemmeno verosimili, ma ` e sufficiente solo questo: che presentino un calcolo conforme alle osservazioni. Il mod- ello copernicano spiega in modo semplice, tra l’altro, il fenomeno della variazione di splendore di Marte, il pianeta che mag- giormente poneva problemi al vecchio mod- ello, e l’elongazione massima di Mercurio e Venere dal Sole. Nello schema copernicano, e tale rimase fino all’Illuminismo, l’universo era ancora rac- chiuso nella sfera protettiva delle stelle fisse ... che contiene se stessa e tutte le cose, ed ` e perci´o immobile. In mezzo sta il Sole. Chi infatti, in questo bellissimo tempio, porr`a questa lampada in altro luogo?. Giordano Bruno pag`o sul rogo la sua visione eretica di un universo infinito e senza centro. Nel 1576 Tycho Brahe fond`oUraniborg, il primo osservatorio di ricerca astronom- ica, su un’isola al largo di Copenaghen. In 1

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Societa Astronomica G. V. Schiaparelli

LE DISTANZE CELESTI

Luca G. Molinari

Nov 2009

1 Premessa

L’Universo e la realta naturale che piu diogni altra e allusione al concetto astratto diinfinito. Come tale, e una sfida alla nostraragione. La scalata alle distanze cosmichee un’avventura straordinaria: misurando ilcosmo in qualche modo lo facciamo nostro.

Per alcuni millenni l’uomo ha osservatol’universo armato dei soli occhi e modestistrumenti di misura e, come per gli animalidel racconto dell’arca, ha dato un nomeagli astri, popolando il cielo di figure oramitiche, ora evocative di orizzonti inesplo-rati, ora familiari; le costellazioni danno unvolto all’ignoto e nella loro circolare pro-cessione sono una protezione, un segno colquale il viandante notturno si orienta, enell’abisso riconosce un ordine.

Nella cosmologia greca la Terra era il centrodell’universo, come naturale conseguenzadel fatto che i corpi cadono. Sole, Lunae pianeti erano disposti su sfere concen-triche, cristalline e impenetrabili. Il prezzopagato per l’accurata descrizione dei motiplanetari era una sempre piu insostenibilee complicata combinazione di moti circo-lari. La semplificazione risolutiva fu lateoria eliocentrica di Nicolo Copernico

(1543) che, dopo lunga gestazione, attuola sua rivoluzione con prudenza, presen-tando lo scambio di posizioni del Sole edella Terra come semplice artificio per sem-plificare i calcoli. Nell’introduzione al ”DeRevolutionibus Orbium Cœlestium”, dedi-cata a Papa Paolo III scriveva: ... non e

infatti necessario che queste ipotesi siano

vere, e persino nemmeno verosimili, ma e

sufficiente solo questo: che presentino un

calcolo conforme alle osservazioni. Il mod-ello copernicano spiega in modo semplice,tra l’altro, il fenomeno della variazione displendore di Marte, il pianeta che mag-giormente poneva problemi al vecchio mod-ello, e l’elongazione massima di Mercurio eVenere dal Sole.

Nello schema copernicano, e tale rimase finoall’Illuminismo, l’universo era ancora rac-chiuso nella sfera protettiva delle stelle fisse... che contiene se stessa e tutte le cose, ed e

percio immobile. In mezzo sta il Sole. Chi

infatti, in questo bellissimo tempio, porra

questa lampada in altro luogo?. GiordanoBruno pago sul rogo la sua visione ereticadi un universo infinito e senza centro.

Nel 1576 Tycho Brahe fondo Uraniborg,il primo osservatorio di ricerca astronom-ica, su un’isola al largo di Copenaghen. In

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assenza di telescopi, la sua attivita consis-teva in accurate misure di posizione congrandi quadranti. Le osservazioni di Tycho,le ricerche sui moti planetari di Johannes

Kepler e il principio di inerzia di Galilei,dimostrarono l’inconsistenza delle sfere con-centriche: i corpi celesti si muovono senzabisogno di sostegni.Nel 1609 inizio la grande avventura diGalileo Galilei. L’osservazione del cielocol primo telescopio (il perspicillum) dis-chiuse impensati orizzonti. La pubbli-cazione nel 1610 del ”Sidereus Nuncius”suscito grande scalpore. La scoperta delfenomeno delle fasi di Venere e quella deisatelliti Medicei attorno a Giove spinseroGalilei a sostenere apertamente l’idea chei pianeti realmente ruotino attorno al Sole.L’osservazione delle macchie solari gli con-sentı di accertare il moto di rotazione delSole. La Via Lattea si rivelo punteggiata dimiriadi di stelle. Entro in polemica col Col-legio Romano e fu ammonito (1616), e poicostretto all’abiura (1633). Fu isolato adArcetri dove morı, nel 1642, afflitto dallacecita.Nello stesso anno in cui si spegneva Galilei,il padre della scienza sperimentale, nascevail grande astro Isaac Newton. Nella suafondamentale opera ”Principia Mathemat-ica Phylosophiae Naturalis” (1686), in piuvolumi, pose le basi della scienza fisica. Ilmoto planetario venne spiegato attraversola formulazione della legge di gravitazioneuniversale: due masse ”puntiformi” m1 em2 a distanza r sono soggette reciproca-mente a una forza attrattiva di intensita

F = Gm1m2

r2

dove G e una costante di proporzionalita. Icalcoli di Halley e la predizione del ritorno

della sua cometa furono spettacolare con-ferma della validita della teoria.

A partire da Newton, e la sua corrispon-denza con Bentley, il problema se l’universofosse finito o infinito si sposto dal pianopuramente filosofico alla discussione scien-tifica. Il problema ha una lunga storia, ilcui aspetto piu noto e il paradosso di Ol-bers, secondo il quale un universo infinito,eterno e pieno di stelle dovrebbe essere lu-minoso come il Sole, e non esservi mai lanotte. Divenne chiara la necessita di stu-diare la distribuzione nello spazio della ma-teria. Questa esplorazione, che qui si rac-conta, produsse risultati di eccezionale im-portanza per il progresso della conoscenza ela visione del mondo. Se i primi piccoli passirichiesero secoli, il XX secolo e testimone dipassi da gigante. Ci affacciamo oggi al mis-tero dei primi istanti dopo la Creazione, econtempliamo un paesaggio celeste mutev-ole, che invecchia e si espande, e dove spazioe tempo sono intimamente connessi.

2 Le prime misure

Le misurazioni astronomiche sono in generecaratterizzate dall’inaccessibilita del corpoceleste, che si manifesta a noi come seg-nale luminoso. La misura della distanzae pertanto indiretta e, nel caso piu sem-plice, e affidata a misure di angoli effettuatein punti di osservazione a distanza nota1.Per misurare la distanza di oggetti lontani,

1Questa procedura era impiegata in cartografia.Le misure degli angoli A e B e della base AB ri-costruiscono completamente il triangolo ABC, doveC e il punto remoto. I lati AC e BC del triangolosono calcolabili con le leggi della trigonometria pi-ana.

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Figure 1: L’universo tolemaico e racchiusonella sfera delle stelle fisse, nel cui internoruotano le sfere dei pianeti (da Mercurio aSaturno), del Sole e della Luna. La Terra eil centro.

bisogna osservarlo da punti ben distanziati;la migliore base con cui iniziare e il diametroterrestre.

La prima importante misura delle dimen-sioni terrestri risale a Eratostene (276–194a.C.). Egli dirigeva la biblioteca di Alessan-dria, la capitale della scienza antica costru-ita da Alessandro Magno sul delta del Nilo.Egli osservo che la diversa altezza del Solead Alessandria e a Syene, localita sul Nilopresso il tropico, corrisponde all’angolo trale due localita misurabile nel centro dellaTerra. Essendo quindi noti sia l’angolo chela lunghezza dell’arco, Eratostene dedusse ilvalore del raggio terrestre, abbastanza accu-rato. La misura fu ripetuta in modo moltoimpreciso da altri e riportata da Tolomeonella sua opera Almagesto (II sec.d.C.), iltesto che compendiava la scienza astronom-ica aristotelica, tramandatoci dagli Arabi e,

per i secoli a venire, riferimento assoluto.Come Cristoforo Colombo verifico di per-sona, per molto tempo la Terra fu ritenutapiu piccola di quanto essa sia.

Particolare fama ebbero le misure effet-tuate da Aristarco da Samo (310–230a.C.), note anche a Copernico. Egli osservoche quando la Luna e nella fase di mezzailluminazione, essa forma un angolo rettocol Sole e la Terra. Questa idea ingegnosafornisce gratis un angolo altrimenti impos-sibile da misurare di un triangolo Terra-Luna-Sole. L’angolo tra il Sole e la Lunae misurato da Terra2. Nell’ignoranza dellamisura della base Terra-Luna, egli pote solodedurre i rapporti tra le misure dei lati dellatriangolazione: cioe che la distanza Terra–Sole e circa venti volte (in realta e 380 volte)la distanza Terra–Luna. Inoltre poiche Solee Luna hanno lo stesso diametro appar-ente (circa 1/2 grado), tanto da sovrap-porsi quasi perfettamente durante le eclissi,concluse che il diametro reale del Sole eventi volte quello della Luna. Infine, daltempo di transito della Luna nell’ombra ter-restre (che egli supponeva cilindrica) du-rante una eclisse di Luna, egli dedusse che laLuna e circa un terzo del diametro terrestre.Queste misure, alcune chiaramente errateper difetto, permisero tuttavia ad Aristarcodi affermare che il Sole e 6 volte piu grandedella Terra e percio piu degno di essere ilcentro dell’universo.

Ipparco (190–120 a.C.) fu il piu grandeastronomo dell’antichita. A lui risalgonol’introduzione del reticolo dei meridiani eparalleli, la scala delle magnitudini stellari ela scoperta della lentissima precessione degli

2L’angolo fu valutato circa 87o, quando in realtae 89o, 8.

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equinozi, per la quale il polo celeste degliEgizi non coincide con quello odierno. Stu-diando la geometria delle eclissi di Sole e diLuna, stabilı la distanza Terra-Luna in 59raggi terrestri, quasi il valore corretto!

Nei quindici secoli seguenti la scienza as-tronomica occidentale non conobbe grandiprogressi; gli Arabi furono importantetramite di conoscenze col remoto oriente ea essi risale la nomenclatura di molte stelle.La tecnica delle misurazioni si raffino gra-zie a nuovi strumenti, necessari alla nav-igazione in mare come nel deserto.

3 Il sistema solare

Come ricordato nella premessa, laRivoluzione Copernicana fu concepitanei chiostri di Cracovia in un tempo discoperte e di crescita culturale e nonprodusse un incendio, ma si propago insordina, tra persone colte e aperte al nuovo,con la diffusione della carta stampata e gliscambi tra le universita. La maturazionedel nuovo modello planetario giunse colcontributo decisivo di Johannes Kepler,con la pubblicazione delle famose tre legginel 1609 (I e II) e nel 1619 (III):I) I pianeti descrivono orbite ellittiche

aventi un fuoco in comune, occupato dal

Sole;

II) L’area spazzata nell’unita di tempo dalla

congiungente il Sole col pianeta e costante;

III) Per tutti i pianeti il rapporto a3/T 2 tra

il cubo del semiasse maggiore a dell’orbita

e il quadrato del periodo di rivoluzione T e

lo stesso per tutti i pianeti.

Le leggi, frutto di un imponente lavoro diinterpretazione dei dati astronomici accu-

mulati durante la sua collaborazione conTycho Brahe, furono in seguito dimostrateda Newton, fondatore della dinamica.Dato che i periodi orbitali T dei pianeti er-ano ben conosciuti, la misura precisa di unasola distanza planetaria dal Sole avrebbeconsentito, per la III legge, la determi-nazione di tutte le altre. Non solo, gra-zie alla teoria di Newton e alla misurazionecompiuta da Cavendish della costante uni-versale di gravitazione G, avrebbe fornito ilvalore della massa del Sole M⊙:

a3

T 2=

GM⊙

4π2

L’attesa misura venne effettuata sotto ilregno di Luigi XIV durante una grande op-posizione di Marte, quando cioe Sole, Terrae Marte sono allineati e la distanza Marte-Terra e minima. Durante la piu grossaspedizione scientifica del secolo, da Parigialla Cayenna in Sudamerica, organizzata daGian Domenico Cassini, si misuro la dis-tanza di Marte con simultanee osservazioniin due localita distanti circa 6000 Km. Consemplici calcoli si dedusse la distanza diMarte dal Sole.

Le distanze planetarie sono normalmenteespresse in Unita Astronomiche (U.A.),che corrisponde alla lunghezza del semiassemaggiore dell’orbita terrestre, circa 150 mil-ioni di Km.

A Parigi, nel 1675, Roemer misuro lavelocita della luce con una tecnica ingeg-nosa basata sull’osservazione delle eclissi delsatellite Io di Giove, ben visibile anche amodesti ingrandimenti. I tempi misuratiper un certo numero di eclissi sono diversisecondo la posizione della Terra. Infatti,quando la Terra si muove verso Giove la lucedel satellite deve compiere un tragitto sem-

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pre piu breve. Se si allontana, i tragitti e itempi si allungano. A quel tempo i moti deisatelliti medicei erano studiati con atten-zione, al fine di produrre tavole per la deter-minazione dell’ora attraverso l’osservazione.Cio era particolarmente utile per il calcolodella longitudine.

La velocita della luce, circa 300 milaKm/sec. nel vuoto, ci introduce a una im-portante unita di lunghezza: l’anno luce, ladistanza che la luce percorre in un anno.Vale circa 10 mila miliardi di Km.

Con l’avvento del telescopio, il sistemasolare si popolo di nuovi pianeti. Urano, allimite della visibilita a occhio nudo, fu scop-erto da W.Herschel nel 1781. Fu poi la voltadi Cerere (scoperto a Palermo da Padre Pi-azzi nel 1801), il primo di una numerosaschiera di asteroidi. Le irregolarita del motodi Urano rispetto alla teoria di Newton,indussero indipendentemente Adams e LeVerrier a ipotizzare un nuovo pianeta e acalcolarne con grandissimo sforzo l’orbita.Nel 1846 Nettuno fu scoperto dove erastato previsto. L’impresa fu ripetuta daTombaugh, che nel 1930 scoprı Plutone.Questo orbita a circa 40 unita astronomichedal Sole (6 miliardi di Km.) ed e oggi clas-sificato pianetino assieme a Cerere ed Eris(grosso asteroide oltre l’orbita di Nettuno).Dal bordo del sistema planetario ci affac-ciamo, come da un balcone, su un insond-abile abisso.

4 Le distanze stellari

Nell’800 i tempi erano maturi per os-servazioni precise. Argelander aveva inpreparazione un atlante stellare di oltre

300mila stelle (il Bonner Durchmusterung),classificate e cartografate in anni di osser-vazioni. Bessel, matematico e astronomo,nel 1829 osservo uno spostamento appar-ente della stella 61 Cygni, e lo interpretocorrettamente come un effetto prospettico,dovuto al moto di rivoluzione terrestre. In-fatti, a distanza di sei mesi la Terra siporta in punti tra loro distanti 2 unita as-tronomiche, e questo comporta che gli as-tri vicini appaiano proiettati su due sfondidi cielo diversi. Nel corso dell’anno ap-paiono percorrere piccolissime ellissi, im-magini dell’orbita terrestre. L’ampiezza an-golare del semiasse maggiore e l’angolo di

parallasse, e la sua (difficilissima) misurafornisce facilmente la distanza dell’astro.Bessel calcolo per la 61 Cygni circa 11 anniluce; non era ancora giunta in Europa lanotizia dell’osservazione compiuta a Cittadel Capo della stella α Centauri, assai piuvicina. La minima distanza spetta ad unastella piuttosto debole, di nome Proxima, asoli 4.2 anni luce.

Introduciamo un’ultima unita di misura:il parsec e la distanza alla quale una stellaavrebbe un angolo di parallasse di 1” (unosservatore sulla stella vedrebbe il raggioTerra–Sole entro l’angolo visuale di 1”). Ilparsec corrisponde a 3.26 anni luce (si us-ano poi i multipli chiloparsec Kpc e mega-parsec Mpc). Poiche anche Proxima si trovaa distanza superiore a 1 Parsec, gli angoli diparallasse stellari sono sempre piccolissimie inferiori a 1”. Cio anche spiega perchela totalita delle stelle abbia al telescopio unaspetto puntiforme e non siano osservabilisistemi planetari (nei moderni grandi tele-scopi queste osservazioni sono in qualchecaso possibili). Per l’arduo compito dellamisura delle parallassi stellari, come anche

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per lo studio di stelle doppie, furono costru-iti telescopi di grande lunghezza focale e inlocalita con atmosfera particolarmente sta-bile, per consentire elevati ingrandimenti.Il metodo di Bessel e detto parallattico (subase annua) ed e il piu preciso, ma si ap-plica solo a poche migliaia di stelle. Questonon e pero un ostacolo insormontabile, perla ragione seguente. L’energia luminosa checi arriva da una stella puo essere quantifi-cata attraverso il valore m della ”magnitu-dine apparente”.3 La scala di magnitudinee tale che un astro che invia un flusso di en-ergia 100 volte inferiore di un altro, ha mag-nitudine maggiore del secondo di cinqueunita. L’occhio nudo percepisce fino allamagnitudine 6 (il cielo deve essere buio);le stelle che appaiono piu luminose, comeSirio, hanno magnitudine apparente nega-tiva. Astri identici a distanze diverse hannoevidentemente valori di magnitudine appar-ente diversi. Per confrontarli, si introducela nozione di ”Magnitudine assoluta” M , lamagnitudine che avrebbe l’astro se fosse alladistanza standard di 10 parsec dalla Terra.La legge di Pogson collega i valori di magni-tudine assoluta M e relativa m di un astroa distanza d (in parsec) da Terra:

M − m = 5 − 5 log d

Hertzsprung e Russell mostrarono che perle stelle ”normali” esiste una relazione trail colore (legato alla temperatura super-ficiale, misurabile attraverso lo spettro)e la luminosita intrinseca (misurata daM). Il colore di una stella pertanto indicail valore della magnitudine assoluta M

3Piu precisamente, la magnitudine viene riferitaal flusso di energia in un certo intervallo dilunghezze d’onda.

che, insieme alla determinazione direttadi m, forniscono la distanza della stellaattraverso la relazione di Pogson.

E’ opportuno riflettere sul salto fin quicompiuto, e giova un paragone. Se il Solefosse ridotto a una sferetta di 3 cm di di-ametro, la Terra e Plutone sarebbero br-uscolini a circa 3 e 120 metri di distanzadalla sferetta, e la stella Proxima sarebbeun’altra sferetta a oltre 800 chilometri dalSole! Il sistema solare e veramente insignif-icante al confronto con le distanze tra lestelle, e lo spazio praticamente vuoto. Miri-adi di stelle ci osservano, come altrettantipunti interrogativi.

5 Le distanze galattiche

La nostra attenzione si muove ora al lumi-noso cerchio della Via Lattea, che gia Galileiaveva risolto in un incalcolabile numero distelle. William Herschel, musicista e poiastronomo del re d’Inghilterra, fu il primoa disegnarne un tentativo di mappa (1780).Contando le stelle visibili nel campo deltelescopio puntato in direzioni diverse, enell’ipotesi di una distribuzione uniformedelle stelle nella Via Lattea, ne dedusse unaprofondita maggiore ove il conteggio fossepiu alto, e ottenne una forma oblunga.

Oggi sappiamo che la Via Lattea ha laforma di un disco assai piatto, e noi nesiamo all’interno, circondati da stelle chevi appartengono. Dove il cielo appare piubianco, stiamo guardando nel piano deldisco. Dove le stelle si diradano, osservi-amo attraverso lo spessore minore, verso lospazio esterno alla galassia.

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Figure 2: Il Leviathano da 72” di Parsonstown(Irlanda) fu costruito nel 1847 e evidenzio lastruttura a spirale delle galassie. Fu per 70anni il maggiore telescopio del mondo, finoall’avvento del riflettore Hooker da 100”, sulMonte Wilson (Cal). Con quest’ultimo Hub-ble fotografo le Cefeidi in Andromeda, e scoprıla legge che porta il suo nome. Poco dopo entroin servizio il 5 metri (200”) di Monte Palomar.

5.1 Le stelle Cefeidi

Un passo decisivo per la conoscenza delledistanze lontane fu la scoperta della re-lazione Periodo-Luminosita da parte diHenrietta Leavitt, nel 1912. Ella avevail compito, presso l’osservatorio di Har-vard, di studiare su centinaia di lastre fo-tografiche le immagini delle stelle variabilinella Piccola Nube di Magellano, e anno-tarne lo splendore. Queste stelle sono gi-ganti e giovani, splendono come mille o piuSoli, e pulsano. La periodica variazione divolume si accompagna a una variazione ditemperatura e di splendore. La loro mag-nitudine M varia periodicamente, in alcunigiorni. Sono dette stelle Cefeidi perche ilprototipo e la stella δ in Cepheus.

Anche se a quel tempo si ignorava la dis-tanza della Nube, Leavitt poteva ritenereche le piccolissime stelle che misurava fos-sero praticamente alla stessa distanza dallaTerra. Pertanto i valori delle magnitu-dini apparenti differiscono da quelle asso-lute solo per una costante. Questo fu cru-ciale per stabilire quanto segue: il periododi tempo P in cui si ripete la variazioneluminosa di una Cefeide e tanto piu lungoquanto maggiore e il suo splendore. Subitodopo Hertzprung effettuo la taratura dellarelazione periodo–luminosita con stelle Ce-feidi vicine, di cui potesse calcolare la dis-tanza accessibili col metodo della parallasse(secolare)4. Da quel momento si pote mis-urare la distanza di moltissime Cefeidi, sem-plicemente ponendo nella formula di Pogsonla magnitudine apparente m osservata e ilvalore M dedotto dalla misura del periodo.Basta pertanto individuare e osservare nel

4La relazione Periodo-Luminosita e M =−2.87 logP − 1.40, dove P e il periodo in giorni.

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Figure 3: L’ammasso globulare di Ercole

tempo una Cefeide, per sapere quanto e dis-tante.

5.2 La Via Lattea e le galassie

Attraverso la mappa degli ammassi glob-ulari, giganteschi e bellissimi agglomeratisferici di centinaia di migliaia di stelle (tracui anche le variabili) che circondano laVia Lattea Harold Shapley riuscı a de-terminare le dimensioni. Furono compiutierrori, ed ora misuriamo il diametro dellaVia Lattea in 100 mila anni luce, che rac-chiudono circa 100 miliardi di stelle5.

Rimaneva ancora da stabilire la distanzadi innumerevoli oggetto nebulosi: sono in-terni o esterni alla Via Lattea. La Via

5Ci si accorse in seguito (Baade, 1952) che es-istono due tipi di stelle variabili, con differenti re-lazioni periodo-luminosita: questo comporto chemolte delle distanze misurate andavano quasi trip-licate.

Lattea e tutto il nostro universo o ve nesono altri? L’inequivocabile risposta fu for-nita da Edwin Hubble, col telescopio diMonte Wilson, il maggiore al mondo. Egliriuscıa individuare una Cefeide nella galas-sia di Andromeda (M31). La galassia e vis-ibile anche a occhio nudo e ha l’apparenzadi una debole nube. La sua distanza risultaoggi essere 2,3 milioni di anni luce. Ognigalassia e generalmente circondata da moltiammassi globulari, e lo studio degli splen-dori apparenti di questi permette di dedurredistanze galattiche alle quali le Cefeidi nonsono piu distinguibili, mentre lo sono ancoragli ammassi.

5.3 La legge di Hubble

Gia nel 1914 Vesto Slipher aveva scopertoche, con pochissime eccezioni, le galassiepresentano righe spettrali spostate versoil rosso, rispetto alle posizioni delle stesserighe (caratteristiche di elementi chimicipresenti nelle galassie) previste dalla teo-ria e misurate in laboratorio. Lo sposta-mento (redshift) si interpretava come ev-idenza del moto delle galassie in allon-tanamento rispetto all’osservatore (effettoDoppler). Il redshift e proporzionale allavelocita con cui la sorgente luminosa si al-lontana dall’osservatore, e Slipher misurovelocita superiori a 1000 Km/s.

Edwin Hubble con l’aiuto di Humason6

utilizzo il telescopio Hooker per misurare iredshift (e quindi le velocita) di una ventinadi galassie per le quali poteva anche deter-minare la distanza. Nel 1928 pervenne allafamosa relazione: la velocita delle galassie

6Humason era conduttore di muli, ma divenneun espertissimo fotografo di spettri di galassie, cherichiedevano pose di decine di ore.

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e direttamente proporzionale alla loro dis-tanza (Legge di Hubble)

v = Hd

H e la costante di Hubble. Con questascoperta Hubble ha mostrato che la Naturasi comporta come alcuni anni prima ilrusso Aleksandr Friedmann e il religiosobelga Lemaitre avevano previsto come pos-sibilita teorica: l’universo e in espansione ei corpi piu lontani fuggono da noi a velocitacrescenti. Questo risultato emerge comesoluzione spazialmente omogenea e isotropadelle equazioni della Relativita Generale,formulata da Albert Einstein nel 1916.

Con l’esercizio del grande telescopio diMonte Palomar da 5 metri la legge di Hub-ble e stata confermata su distanze ben mag-giori. La misura della costante di HubbleH e tra i compiti del telescopio spazialeHubble. Il valore di H determina, nelcontesto di un modello cosmologico, l’etadell’universo.

La luce dei corpi lontani, per effettodell’espansione, e sempre piu spostata versoil rosso; l’osservazione di questo sposta-mento e l’estrema risorsa per misurare ledimensioni dell’universo.

Gli oggetti piu lontani noti sono i quasar.Nel 1963 Maarten Schmidt, in California,ottenne il primo spettro del quasar 3C273,misurando attraverso il redshift una ve-locita di 45mila Km/sec, corrispondente auna distanza di circa 3 miliardi di anniluce. Altri quasar sono stati scoperti adistanze maggiori; sono oggetti preistorici,perche la loro luce partı da questi altret-tanti anni fa. La conoscenza dell’oggi epercio ristretta a cio che e vicino; il lon-tano si identifica col passato, e la sua

storia e recata da un messaggio di lucesempre piu arrossata. L’estremo limiteall’osservazione e la ”radiazione fossile”,prevista da G. Gamow nel 1948. Essa equanto resta della radiazione elettromag-netica che un tempo dominava l’universo.Col raffreddamento dell’universo in espan-sione, e comparsa la materia stabile e partedella radiazione presente ha da quel mo-mento seguito un’evoluzione isolata. Laradiazione fossile ha starordinarie carat-teristiche di omogeneita che erano propriedell’universo antico. Essa corrisponde fedel-mente allo spettro emesso da un corpo neroa 3 gradi Kelvin. Fu scoperta casualmentecon una speciale antenna da Penzias e Wil-son nel 1965, ed e una importante prova asostegno del ”Big Bang”.

L’era di Hubble, se da un lato rispondeall’antico quesito del perche il cielo not-turno sia nero, se e vero che da ogniparte siamo circondati da stelle e galassie,dall’altro apre una nuova affascinanteprospettiva nella cosmologia e porta adinterrogarci su una necessaria origine edevoluzione del cosmo o, per chi lo intende,sul mistero della Creazione ...

6 Letture

Umberto Forti, Storia della Scienza, nei

suoi rapporti con la filosofia, le religioni, la

societa, 6 voll. (1969) Dall’Oglio.Lucio Russo, La rivoluzione dimenticata,

il pensiero scientifico greco e la scienza

moderna, (1998) Feltrinelli.Nicolo Copernico, De Revolutionibus

Orbium Coelestium, PBE testi 5, (1975)Einaudi.Michael Hoskin, Storia dell’astronomia di

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Cambridge, (2001) BUR Rizzoli.A.Koyre, La Rivoluzione Astronomica,

Copernico, Keplero, Borelli (1966) Fel-trinelli.Emilio Segre, Personaggi e scoperte della

fisica classica, Biblioteca della Est (1983)Mondadori.Henry C. King, The history of the telescope

(1979) Dover (ristampa dell’opera del1955).Dava Sobel, Longitude, Penguin Books,1996; (in italiano, Rizzoli).M. Grosser, The discovery of Neptune

Dover, 1979.R.Berendzen, R.Hart, D.Seeley, Man

discovers the galaxies (1984) ColumbiaUniversity Press, New York.Steven Weinberg, I primi tre minuti, OscarMondadori.

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