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Bagnasco, Barbagli, Cavalli, Corso di sociologia, Il Mulino, 2007 Capitolo XXI. Stato e interazione politica

Società e comunicazione

Prof. Stefano Nobile Corso di Sociologia generale

Bagnasco, Barbagli, Cavalli, Corso di sociologia, Il Mulino, 2007 Capitolo XXI. Stato e interazione politica

Comunicazione e

informazione

• Per poter parlare con cognizione di causa di cosa implichi lo studio

delle comunicazioni di massa sotto il profilo teorico e tecnico, è

necessario preliminarmente chiarire alcune questioni

terminologiche.

• Non possiamo parlare di comunicazione senza porre questo

concetto in relazione con quello di informazione. Con Bateson

possiamo dire che l’informazione è «la percezione di una

differenza». In questa direzione vanno per esempio gli studi

compiuti in ambito psicologico da autori come Ernst Weber (1834) e

Gustav Fechner (1860) sulla cosiddetta “soglia differenziale”.

• La comunicazione, in relazione al concetto di informazione, può

allora essere concettualizzata come un trasferimento di

informazione o come una trasformazione di informazione.

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Bagnasco, Barbagli, Cavalli, Corso di sociologia, Il Mulino, 2007 Capitolo XXI. Stato e interazione politica Forme di comunicazione

umane

• Prossemica

• Cinesica

• Prosodia Paralinguistica

• Pratiche testuali

• Condivisione enciclopedica Orale

• Simbolo, icona, indice

• Linguaggio formalizzato Scritta

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Evoluzione storica della

comunicazione

• Una dei tentativi più noti in questa direzione è

quello compiuto da Marshall McLuhan, che

distingue tra – Una fase caratterizzata da una cultura orale

– Una fase caratterizzata da una cultura

manoscritta o chirografica

– Una fase caratterizzata da una cultura tipografica

– Una fase caratterizzata da una cultura elettrica

• A cui G. Gamaleri, suo allievo, aggiunge – Una fase caratterizzata da una cultura digitale

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Bagnasco, Barbagli, Cavalli, Corso di sociologia, Il Mulino, 2007 Capitolo XXI. Stato e interazione politica La nascita delle cultura di

massa

• Tra la fine del Settecento e gli anni ’30 dell’Ottocento si condensano una

serie di avvenimenti che determinarono la diffusione della cultura di massa: – In ordine di tempo, uno dei più importanti fu la diffusione della lettura dei romanzi in

Germania, alla fine del XVIII secolo.

– Un secondo fattore fu la diffusione della stampa periodica e del rotocalco in Francia, a

partire dal 1830 (nel 1836 Emile de Girardin avvia La presse, il primo quotidiano che

inserisce la pubblicità al proprio interno, diminuendone il prezzo di vendita),

improntata a criteri del tutto diversi da quelli che caratterizzavano la stampa e i giornali

rivolti alle élite colte.

– La nascita del romanzo poliziesco, la cui data d’inizio potrebbe essere fissata intorno

alla metà dell’Ottocento e attribuita ad Edgar Allan Poe (I delitti della Rue Morgue).

– La serializzazione dei romanzi, con la diffusione del romanzo d’appendice (Eugène

Sue, I misteri di Parigi, 1843), che in seguito sarebbe stata applicata ad altri mezzi di

comunicazione di massa.

– La comparsa delle grandi esposizioni come il Crystal Palace e delle fiere d’attrazioni

come il circo Barnum.

– La diffusione della pubblicità.

– Il sorgere dei grandi magazzini.

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Bagnasco, Barbagli, Cavalli, Corso di sociologia, Il Mulino, 2007 Capitolo XXI. Stato e interazione politica Gli studi sui mass media

Teoria ipodermica

Studi sugli effetti limitati

Studi e teorie sulla persuasione

Studi e teorie sugli

effetti a lungo

termine

Studi e teorie sui

media digitali

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Comunicazione e totalitarismi:

la teoria ipodermica

• Dal punto di vista storico la teoria ipodermica (nota anche come teoria

del proiettile magico o teoria della cinghia di trasmissione) coincide con

il periodo tra le due guerre. Si tratta di una teoria scarsamente

articolata e che fa riferimento soprattutto al problema dell'uso della

propaganda nei regimi totalitari, che si andavano affermando proprio in

quegli anni.

• La teoria ipodermica fa perno sul concetto di società di massa.

Quest'ultima, portando l'isolamento dell'individuo, favorisce la sua

permeabilità ai vari strumenti della propaganda.

• Secondo la teoria ipodermica, dunque, ciascun individuo è di fatto

isolato e reagisce da solo agli ordine e alle suggestioni dei mezzi di

comunicazione di massa. In ossequio al modello comportamentista,

dal quale in parte ha origine, la teoria ipodermica sosteneva dunque

una connessione diretta tra esposizione dei messaggi e

comportamento: se una persona è raggiunta dalla propaganda, può

essere controllata, manipolata, indotta ad agire.

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Un caso “classico” di persuasione: La

guerra dei mondi di Orson Welles

• Un caso emblematico di efficacia persuasoria di un

messaggio era presentato dall'esperimento radiofonico

condotto da Orson Welles per la CBS radiofonica nel

1938. In quell'occasione la psicosi suscitata dal

comunicato che avvertiva dell'invasione dei marziani

negli Stati Uniti scattò proprio grazie all'efficacia di alcuni

aspetti della messinscena : – Il tono realistico

– L'affidabilità della fonte

– L'uso di esperti

– L'uso di località realmente esistenti

– Il format della trasmissione tale per cui chi si sintonizzava a

programma iniziato fu indotto a credere di essersi imbattuto in un

notiziario dai toni assolutamente realistici, diversamente da

coloro che seguirono la trasmissione fin dall'inizio.

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Oltre la teoria ipodermica: i primi studi

sulla comunicazione di Lasswell

• Questo modello elementare, basato sul meccanismo stimolo-

risposta, si basava su due presupposti: – La presupposizione di una massa indifferenziata

– L’idea che tra stimolo e risposta vi fosse un legame diretto

• Questa concezione viene superata affondando entrambi i

presupposti. La concezione secondo cui il pubblico al quale si

rivolgono i mass media sia composto da una massa

indifferenziata viene superata sul piano dell’impostazione

metodologica di studio dalla proposta di Harold Lasswell,

secondo il quale un modo appropriato per descrivere un atto

di comunicazione è rispondere alle seguenti domande

(modello delle 5 W):

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Il modello delle 5 W di

Lasswell

Chi Who says Comunicatore Ricerca sulle

emittenti

Dice cosa What Messaggio Analisi del contenuto

Attraverso quale canale

in What channel Mezzo Analisi del mezzo

A chi To Whom Ricevente Analisi

dell’audience

Con quale effetto with What effect Effetti Analisi degli effetti

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Bagnasco, Barbagli, Cavalli, Corso di sociologia, Il Mulino, 2007 Capitolo XXI. Stato e interazione politica Gli studi di Carl Hovland

Emittente Stimolo Mutamento di attitudine

Risposta

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Lasswell era influenzato tanto dalla psicologia delle folle di Le Bon, quanto dal

behaviorismo e dalle teoria del condizionamento del russo Pavlov.

L’idea di base comportamentista che tra stimolo e risposta vi fosse un legame

diretto viene messa definitivamente in crisi dagli studi condotti da Carl Hovland,

che si rifece proprio all’approccio comportamentista di Lasswell.

Hovland e dalla sua équipe della Università di Yale adottarono un modello di

questo tipo:

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Gli ambiti di studio delle teorie

delle comunicazioni di massa

Studio degli effetti (a breve, medio e lungo termine) della comunicazione

Studio delle emittenti e studio delle

strutture produttive

Studio dei messaggi

Studio dei destinatari

della comunicazione

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Gli studi empirici sulla

persuasione

• Si distinguono gli studi relativi all’emittente

da quelli relativi al messaggio e al

destinatario.

• Riguardo a quest’ultimo, rilevano i

processi di: – Esposizione selettiva

– Percezione selettiva

– Memorizzazione selettiva

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Gli studi sull’influenza

mediata

Teoria ipodermica Teoria psico-sperimentale

Teoria degli effetti limitati

Fattori esogeni

Fattori prevalentemente

endogeni (psicologici)

Fattori endogeni collettivi

(sociologici)

Manipolazione Persuasione Influenza

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La teoria del flusso a due fasi della

comunicazione (Katz & Lazarsfeld)

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L’impostazione funzionalista:

usi e gratificazioni

• L’incapacità di gran parte della ricerca di fornire le prove del verificarsi di effetti diretti su coloro che erano

stati «esposti» alle comunicazioni di massa ha spinto a cercare nuove strategie di indagine, una delle

quali consiste nel concentrarsi sull’appartenenza ad un gruppo quale variabile interveniente nel processo

di comunicazione.

• Un’altra consiste nella crescente attenzione posta sulle «funzioni» che i mass media hanno per i loro

utenti, nello sforzo di spiegare gli elevati livelli di consumo dei media, fenomeno che apparentemente

non trova una spiegazione adeguata e che non ha effetti misurabili. Nell’affermare il valore di questi

lavori, Katz [1959] ha sostenuto la necessità di concentrare l’attenzione non tanto su quello che i mass

media fanno agli uomini quanto su ciò che gli uomini fanno con i media. Secondo tale impostazione si

assume «che... anche il più potente dei contenuti dei mass media non può normalmente influenzare un

individuo per il quale esso non ha « alcuna utilità” nel contesto psicologico e sociale in cui egli vive.

L’impostazione “utilitaria” ritiene che i valori, gli interessi, le associazioni, i ruoli sociali degli uomini

abbiano la prevalenza e che questi ultimi “riadattino » in maniera selettiva a questi interessi ciò che

vedono e ascoltano» [Katz 1959]. Davison ha dimostrato che molti dei risultati della ricerca assumono un

significato maggiore se le comunicazioni sono interpretate come un nesso tra l’uomo e il suo ambiente, é

suggerisce che i loro effetti possano essere «spiegati in base al ruolo che essi giocano nel consentire

agli uomini di condurre relazioni più soddisfacenti con il mondo che li circonda» [Davison 1959]. Questa

impostazione, quindi, ha due fondamentali vantaggi: essa aiuta a comprendere l’importanza ed il

significato dell’uso dei media e suggerisce una serie di nuove variabili intervenienti da prendere in

considerazione nella ricerca degli effetti.

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Bagnasco, Barbagli, Cavalli, Corso di sociologia, Il Mulino, 2007 Capitolo XXI. Stato e interazione politica I Cultural Studies

• I Cultural Studies sorgono dunque tra la metà degli anni ’50 e gli anni ’60 presso il

Centre for contemporary cultural studies of Birmingham (CCCS), in Inghilterra. La

data ufficiale di fondazione è il 1964 e la direzione viene affidata a Richard Hoggart.

• In sintesi possiamo dire che i cultural studies subiscono numerose influenze, tra le

quali le più evidenti sono : – il materialismo storico, dal quale attingono le categorie necessarie all’analisi del contesto

sociale

– l’interazionismo simbolico e l’etnometodologia, dai quali mutuano l’apparato metodologico

– lo strutturalismo, al quale si richiamano per definire nozione di cultura «intesa come insieme

di pratiche sociali che scandiscono il vivere quotidiano e dei processi attraverso cui i soggetti

attribuiscono loro un senso».

• Più in analisi, i Cultural Studies si occupano di quei prodotti della cultura popolare

come i fumetti, i fotoromanzi, la musica rock, la narrativa rosa, le soap operas.

• Nelle ricerche prodotte dai Cultural Studies, il rapporto tra testo e contesto viene

proposto come qualcosa di inseparabile.

• Gli studi empirici dei Cultural Studies nascono infatti anche in conseguenza al

dibattito sul tema del rapporto tra autore e lettore, dibattito che ha nell’Opera aperta

di Umberto Eco e nel concetto di morte dell’autore di Roland Barthes alcuni dei suoi

nuclei.

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Bagnasco, Barbagli, Cavalli, Corso di sociologia, Il Mulino, 2007 Capitolo XXI. Stato e interazione politica La teoria dell’agenda setting

• L’ipotesi dell’agenda setting si inserisce nel solco di studi che sposta l’attenzione sulle comunicazioni di massa dagli effetti a breve termine a quelli a lungo termine. Essa rappresenta anche un primo segnale del ritorno al concetto di media potenti, attribuibile a tre ragioni principali: – la globalizzazione – la videopolitica (impatto determinante della

televisione anche sulla sfera politica) e la – funzione conoscitiva dei media .

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Bagnasco, Barbagli, Cavalli, Corso di sociologia, Il Mulino, 2007 Capitolo XXI. Stato e interazione politica La teoria della spirale del

silenzio • La teoria della spirale del silenzio si inserisce nell’alveo teorico che

fa riferimento al situazionismo e al tema della costruzione sociale

della realtà.

• Essa segna inoltre, insieme alle altre teorie che ne condividono

l’impostazione di fondo, il ritorno all’idea dei media potenti.

• La teoria della spirale del silenzio si ricollega alla funzione di

agenda, ma in una versione più sottile.

• Nella sua formulazione iniziale, la teoria si basa sui risultati di

alcune indagini svolte in occasione delle Campagne elettorali

tedesche tra il 1965 e il 1972. Il punto di partenza è il verificarsi del

last minute swing (fluttuazione dell’ultimo minuto), collegato al

cosiddetto bandwagon effect

• La teoria della spirale del silenzio, proposta da Elizabeth Noelle-

Neumann (un’allieva di Lazarsfeld) è incardinata su due concetti

fondamentali: – quello del ruolo giocato dalla televisione e

– il concetto di opinione pubblica

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Bagnasco, Barbagli, Cavalli, Corso di sociologia, Il Mulino, 2007 Capitolo XXI. Stato e interazione politica Tecnologie, mass media,

mente, società

• Le grandi teorizzazioni sul rapporto tra tecnologie, mass media,

mente e società vanno a indagare i rapporti di interconnessione tra

questi quattro elementi, mostrando gli effetti che i primi due hanno

sui secondi due.

• Queste teorizzazioni sono collegate da alcuni elementi comuni: – L'assunzione delle tecnologie come sinonimo di mezzi di comunicazione

– La convinzione che le tecnologie hanno un effetto profondo sulla nostra mente,

sulla cultura, sulla società.

– L'assenza di una base empirica formalizzata e statisticamente fondata alla quale

fare riferimento

– Un metodo di indagine basato soprattutto sull’analisi documentaria, affidata in

primis all’erudizione dei diversi teorici

– La svalutazione dei contenuti a favore delle forme

– L’enfasi sull’impatto delle tecnologie (e, quindi, dei media) sui sensi

• In questa prospettiva possono essere annoverati Harold Innis, Eric

Havelock, Elisabeth Eisenstein, Walter Ong, Marshall McLuhan,

Joshua Meyrowitz e Derrick DeKerkove.

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Bagnasco, Barbagli, Cavalli, Corso di sociologia, Il Mulino, 2007 Capitolo XXI. Stato e interazione politica Walter J. Ong

• Walter J. Ong è uno studioso americano che si è occupato di storia

della cultura, di retorica e di problemi della comunicazione. Prete

nella vita, Ong ha pubblicato opere di grande importanza come

Interfacce della parola (1977) e Oralità e scrittura (1982).

• I suoi studi vertono soprattutto sulle differenze rilevabili tra le grandi

civiltà della storia in riferimento allo sviluppo tecnologico della

comunicazione: la civiltà orale, quella che inventò la parola scritta,

quella della parola stampata e infine quella che ha conosciuto per

prima l’elettricità.

• La riflessione di Ong si colloca in quel solco di studi che hanno

contribuito al risveglio di interesse nei confronti dell’oralità .

• Tra questi studi, quelli di Milman Parry, all’inizio del ‘900, sono tra i

più significativi. Parry indagò sulla questione omerica (Iliade,

Odissea), contribuendo a una svolta fondamentale in quest’ambito.

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Caratteri del pensiero e

dell’espressione orale

• Le culture a oralità primaria, quelle cioè che non conoscono o non fanno uso di scrittura, hanno delle caratteristiche

specifiche: le forme della comunicazione orale sono altamente ritmate; fanno larghissimo uso di luoghi comuni; ricorrono alla

memoria in maniera insistente, sono verbomotorie, fanno uso larghissimo della retorica, assegnano il primato sensoriali

all’udito e quindi al suono, che trai 5 sensi ha un’interiorità unica (la vista separa, l’udito unisce), tendono ad essere

comunitarie.

• Inoltre, il pensiero delle culture a oralità primaria è: – Paratattico invece che ipotattico (vale a dire che fa ricorso a costrutti linguistici basati sulla giustapposizione delle frasi anziché

sulla loro subordinazione), come nell’esempio che segue:

All'inizio, quando Dio creò i cieli e la terra, la terra era una terra desolata e senza forma, e le tenebre coprivano gli abissi, mentre

un vento potente soffiava sulle acque. Allora Dio disse: vi sia luce, e vi fu luce. Dio vide come era buona alla luce. Dio allora separò

la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, e le tenebre le chiamò notte. Venne così la sera e poi il mattino ed era il primo

giorno.

– Aggregativo piuttosto che analitico (con la tendenza, cioè, a tenere insieme le parole in maniera formulaica), come nell’esempio

che segue:

la bella principessa

– Ridondante, con lo scopo di far procedere con più lentezza il pensiero attraverso la ripetizione. È il caso anche di alcuni surrogati

sonori della comunicazione orale come la lingua dei tamburi.

– Conservatore o tradizionalista, nel senso di inibire la sperimentazione intellettuale

– Vicino alla esperienza umana e quindi incapace di astrazione, come nell’assenza di liste e di statistiche o nell’apprendimento

pratico dei mestieri)

– Agonistico: in questo modo le culture orali manifestano la loro incapacità di astrazione, fondendo – diversamente dalle culture

chirografiche – colui che conosce dall’oggetto della conoscenza. Questo aspetto è riscontrabile tanto nell’insulto, quanto nella

celebrazione della guerra, quanto nell’esagerazione delle lodi.

– Enfatico e partecipativo, piuttosto che oggettivo e distaccato.

– Omeostatico, con la tendenza cioè ad eliminare tutto ciò che non vale la pena di conservare mnemonicamente.

– Situazionale, come dimostrato dagli esperimenti di Lurija che hanno dimostrato la presenza di forme “logiche” profondamente

diverse da quelle diffuse presso le civiltà che conoscono la scrittura.

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Caratteri della cultura

chirografica

• Le culture chirografiche, che ancora non hanno interiorizzato la

parola scritta alla stregua delle culture che hanno conosciuto la

stampa, tendono a essere diffidenti, persino negli aspetti giuridico-

amministrativi, nei confronti della parola scritta.

• La mancata interiorizzazione della scrittura fece sì che anche la

dimensione spazio-temporale vissuta dalle culture chirografiche

fosse profondamente diversa da quella odierna.

• Individualizzante, solipsistica

• Incidente sulla retorica (invenzione, disposizione, stile, memoria e

dizione), con il suo largo uso di luoghi comuni (in senso stretto e

non).

• La scrittura induce alla separazione, come è nel caso dell’uso del

latino colto.

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Caratteri della cultura

stampata

• Reificazione delle parole

• Primato del senso della vista

• Ristrutturazione del senso dello spazio segnico (formazione di indici; uso di etichette; nascita della

scienza moderna; uso dello spazio tipografico, come nella figura riportata accanto e risalente al

frontespizio di un testo stampato nel 1534)

• Privatizzazione della parola

• Intertestualità, che mette a nudo il problema dell’originalità e della creatività dello scrittore,

problema dato per scontato nelle culture orali.

• Influenza sullo stile narrativo: il caso di Hemingway

• “Sul finire dell'estate di quell'anno eravamo in una casa di un villaggio che di là del fiume e della

pianura guardava la montagna. Nel letto del fiume c'erano sassi e ciottoli, asciutti e bianchi sotto il

sole, e l’acqua era limpida e guizzante e azzurra nei canali.

• La nascita dei diari, pensabile come un tentativo di “gettare la maschera” per mostrare se stessi .

• L’uso della dizione “Caro lettore”.

• Chiusura narrativa

• Creazione di personaggi a tutto tondo e introduzione di personaggi comuni (“la stampa – scrive a

questo proposito Ong - ha reso poco funzionali le figure forti, eroiche, tramite le quali la cultura

orale aveva gestito la propria economia noetica”)

• Nascita dei racconti di viaggio (Jane Austin) e del romanzo poliziesco (1841, Edgar Allan Poe, I

delitti della Rue Morgue)

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Bagnasco, Barbagli, Cavalli, Corso di sociologia, Il Mulino, 2007 Capitolo XXI. Stato e interazione politica Per approfondire

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