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SISTEMI DI ELABORAZIONE DELL’INFORMAZIONE RADIOLOGICA Appunti per il Corso di Laurea in Tecniche di Radiologia Medica, per Immagini e Radioterapia Autori Vari: a cura di Fabio Pontiggia Tecnico di Radiologia Medica S.C. Neuroradiologia e Radiologia Interventistica S.S. Emodinamica E.O. Ospedali Galliera - GENOVA SOMMARIO PREMESSA _________________________________________________________________ 2 FORMAZIONE DELLE IMMAGINI RADIOGRAFICHE ___________________________________ 6 IL CAMPIONAMENTO _________________________________________________________ 8 CARATTERISTICHE DELL'IMMAGINE DIGITALE ____________________________________ 11 TIPI DI IMMAGINI DIGITALI___________________________________________________ 13 ALGORITMI DI COMPRESSIONE E FORMATI BITMAP ________________________________ 15 IMMAGINI 3D ______________________________________________________________ 20 ACQUISIZIONE DELLE IMMAGINI_______________________________________________ 26 OUTPUT DI VISUALIZZAZIONE ________________________________________________ 31 ELABORAZIONI GRAFICHE DELLE IMMAGINI______________________________________ 36 LO STANDARD DICOM _______________________________________________________ 40 I SISTEMI INFORMATIVI IN RADIOLOGIA ________________________________________ 41 TECNOLOGIA WEB E IMMAGINI MEDICHE ________________________________________ 65 STORIOGRAFIA_____________________________________________________________ 70 GLOSSARIO _______________________________________________________________ 72 LINKS DAL SITO DELLA RADIOLOGIA DELL'UNIVERSITÀ DI SIENA ____________________ 77 APPENDICE: ELABORAZIONI DI BASE DI IMMAGINI CON PROGRAMMI DI FOTORITOCCO _____________ 82

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SISTEMI DI ELABORAZIONE DELL’INFORMAZIONE RADIOLOGICA Appunti per il Corso di Laurea in Tecniche di Radiologia Medica, per Immagini e Radioterapia Autori Vari: a cura di Fabio Pontiggia Tecnico di Radiologia Medica S.C. Neuroradiologia e Radiologia Interventistica S.S. Emodinamica E.O. Ospedali Galliera - GENOVA

SOMMARIO

PREMESSA _________________________________________________________________ 2

FORMAZIONE DELLE IMMAGINI RADIOGRAFICHE ___________________________________ 6

IL CAMPIONAMENTO _________________________________________________________ 8

CARATTERISTICHE DELL'IMMAGINE DIGITALE ____________________________________ 11

TIPI DI IMMAGINI DIGITALI___________________________________________________ 13

ALGORITMI DI COMPRESSIONE E FORMATI BITMAP ________________________________ 15

IMMAGINI 3D ______________________________________________________________ 20

ACQUISIZIONE DELLE IMMAGINI_______________________________________________ 26

OUTPUT DI VISUALIZZAZIONE ________________________________________________ 31

ELABORAZIONI GRAFICHE DELLE IMMAGINI______________________________________ 36

LO STANDARD DICOM _______________________________________________________ 40

I SISTEMI INFORMATIVI IN RADIOLOGIA ________________________________________ 41

TECNOLOGIA WEB E IMMAGINI MEDICHE ________________________________________ 65

STORIOGRAFIA_____________________________________________________________ 70

GLOSSARIO _______________________________________________________________ 72

LINKS DAL SITO DELLA RADIOLOGIA DELL'UNIVERSITÀ DI SIENA ____________________ 77

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Premessa Questa mia breve panoramica di argomenti riguardanti la Radiologia Digitale non vuole, e né potrebbe essere, esaustiva: la materia è troppo vasta, articolata e in continuo sviluppo per esaurirla in poche pagine.

Viene perciò presentata una serie di articoli di autori italiani sul web, i cui testi e imma-gini sono stati in gran parte elaborati, aggiornati e “messi insieme” allo scopo di offrire un piccolo riepilogo del mondo digitale nella Radiologia.

La scelta di Internet come fonte principale di informazione risiede nella natura stessa dell’argomento (la Radiologia Digitale e la Rete sono, in pratica, inscindibili), e nella sua ecce-zionale capacità di produrre e distribuire informazione: è, infatti, una risorsa di facile accesso, costantemente aggiornata, a diffusione mondiale e interattiva, tutte doti che pongono Inter-net come il principale supporto di condivisione e sviluppo della conoscenza.

Sono stati preferiti autori italiani a quelli stranieri non solo per evidenti motivi linguisti-ci, ma anche per la notevole quantità e qualità del materiale informativo prodotto. I Tecnici di Radiologia sono in questo protagonisti, proponendosi così come la principale categoria del settore capace di coniugare le conoscenze medico-radiologiche e l'utilizzo di tecnologie avan-zate.

Solo cercando, però, di tenere sempre l’uomo al “centro” del nostro lavoro, senza cade-re in uno sterile tecnicismo fine a se stesso, potremmo conseguire l’obiettivo principale della nostra professione: contribuire in maniera decisiva al miglioramento della salute di moltissime persone.

Fabio Pontiggia

"… il Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (TSRM) svolge logicamente un ruolo di significati-vo peso professionale …, considerato che è questa la sola figura professionale sanitaria che in collaborazione diretta con il medico radiologo, per formazione, ha acquisito l’adeguata prepa-razione per affrontare l’imaging diagnostico…" Gruppo di studio SIRM-TSRM sulla Teleradiologia

Tubo di Coolidge

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Dagli anni '70, con la diffusione delle prime macchine per tomografia assiale compute-rizzata, si è assistito ad un'evoluzione sempre più veloce delle modalità con cui si acquisisco-no, si conservano e si analizzano le immagini che servono come base per la diagnosi medica.

Differenza sostanziale che si è avuta è stato il passaggio da informazioni analogiche, statiche e bidimensionali come quelle date dalla normali immagini radiografiche ad informa-zioni numeriche, eventualmente dinamiche e spesso contenenti informazioni tridimensionali. L'elemento determinante che ha permesso quest’evoluzione è stata la transizione da sistemi basati su pellicola a sistemi basati su computer.

Conseguenza di questo sviluppo, è stata la necessità di generare degli algoritmi e delle metodologie di interpretazione dei dati acquisiti che simulino al meglio la conoscenza del ra-diologo (che resta a tutt'oggi il più efficiente “sistema di elaborazione” dei dati medicali cono-sciuto).

La radiologia convenzionale è rimasta per decenni l'unica metodica d'indagine disponibile ed è ancora oggi la più utilizzata nel settore della diagnostica per immagini. Con la Tomografia Assiale Computerizzata inizia l'era della Radiologia Digitale che prosegue con l'introduzione dei nuovi sistemi di acquisizione e trattamento dell'immagine digitale e ormai affermata in campo vascolare e cardiaco.

E’ pertanto lecito chiedersi quale sarà il futuro della Radiologia Digitale applicata a quei settori della Radiodiagnostica generale che basano le tecniche di indagine essenzialmente sul-l'uso delle cassette radiografiche.

Realizzare sistemi di detezione adeguati che garantiscano un reale guadagno in termini di qualità diagnostica rispetto alle tecniche convenzionali ricorrendo a strutture impiantistiche delicate e sofisticate, ha causato un ritardo nella diffusione della nuova tecnologia digitale ri-spetto alle previsioni degli anni ottanta.

Tuttavia la Radiologia Digitale è destinata ad estendersi a tutti i settori della Radiologia con rimarchevoli conseguenze sul piano diagnostico, funzionale, organizzativo e gestionale, soprattutto alla luce delle acquisizioni tecnologiche più recenti ed ai vantaggi derivanti dal trattamento e archiviazione delle immagini.

E’ ancora prematuro affermare che le tecniche digitali sostituiranno quelle tradizionali, specie se si considerano quei settori di indagine caratterizzati dalla necessità di un’elevata ri-soluzione di dettagli ad alto contrasto, oppure in termini di rapporto costo/beneficio diagnosti-co.*

Certo è che la rivoluzione tecnologica comporterà cambiamenti integrali nei protocolli operativi di tutto il personale dei servizi di Radiologia.

* Scritto nel 2000. Oggi (2006) la radiologia digitale sta soppiantando quella tradizionale, al-meno nei paesi tecnologicamente più evoluti, anche in quei campi come ad esempio la mam-mografia dove l’esigenza di dettaglio è altissima.

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L’IMAGING MEDICALE

Obiettivo dell'imaging medicale (non solo radiologico) è quello di ottenere il massimo di in-formazione dall'oggetto, il paziente, per essere poi comunicata ad altri attraverso una codifica diagnostica.

Il paziente può essere considerato come una struttura chimico-fisica complessa distribuita nello spazio e variabile nel tempo. Ogni metodologia d'indagine "vede" parte delle proprietà dell'oggetto indagato:

• la diagnostica radiologica vede le proprietà di attenuazione alla radiazione X; • la diagnostica ultrasuonografica vede le proprietà di riflessione e trasmissione delle

onde sonore; • la diagnostica a risonanza magnetica per immagini vede le proprietà magnetiche del-

l'oggetto e le proprietà di legame fra le molecole; • la diagnostica a risonanza magnetica per spettroscopia vede le proprietà magnetiche

dell'oggetto e la distribuzione di particolari isotopi; • la metodologia che impiega farmaci marcati con radioisotopi vede le proprietà

funzionali dei vari organi; L'informazione raccolta sotto forma di immagine bidimensionale è ovviamente una “com-

pressione” ovvero una riduzione dell'informazione contenuta nell'oggetto. Ecco quindi la tendenza attuale, tecnologia permettendo, di ottenere immagini tridimen-

sionali a più alto contenuto informativo (almeno a priori). Lo schema precedente riassume il principio generale, valido per tutte le metodiche, per

l'ottenimento dell'informazione dal paziente: 1. un fascio di raggi X, onde elettromagnetiche o onde sonore, secondo la metodica, inci-

de sull'oggetto, 2. un sotto insieme, molto ridotto e selezionato, del contenuto informativo è raccolto dal

rivelatore. Al segnale proveniente dall'oggetto si sommano rumore ed artefatti nonché fenomeni di non linearità e distorsione,

3. il riproduttore acquisisce dal rivelatore (o direttamente attraverso linee di segnale elet-trico o in modo indiretto) il contenuto informativo che si trasforma in immagine attra-verso un opportuno trattamento (sviluppo e fissaggio nel caso di pellicole radiografi-che).

L'immagine può essere presentata e memorizzata in vari modi: • su pellicola • su carta • su video • su memoria digitale.

Le immagini digitali sono dei veri e propri file informatici che sono archiviati nel computer

dell’apparecchio e possono essere aperti, copiati e trasferiti come ogni supporto informatico. I vantaggi più importanti delle immagini digitali sono:

1. possibilità di modificare “a posteriori” le caratteristiche iconografiche delle immagini, principalmente la densità e il contrasto, senza dover ripetere l’esame, quindi risparmio di dose radiante rispetto alle pellicole tradizionali,

2. archiviazione rapida in minimo spazio (CD-ROM, DVD, nastri magnetici ecc.) e recupero in tempi brevissimi,

3. possibilità di teletrasmissione via cavo o Internet in maniera molto semplice, realizzan-do consultazioni e discussioni di casi da parte di esperti a distanza ("teleradiologia").

Nelle applicazioni più avanzate i sistemi digitali consentono, partendo da sezioni TC o RM

contigue di un distretto del corpo, di ottenerne la ricostruzione secondo piani differenti o la creazione di modelli tridimensionali; per esempio, partendo da pacchetti di sezioni TC di or-gani cavi è possibile ottenerne la ricostruzione virtuale del lume e delle sue pareti interne grazie a sofisticati programmi di modellazione e di rendering ("endoscopia virtuale").

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Se l'immagine è digitale allora è possibile l'elaborazione dell'immagine stessa: si tratta so-stanzialmente di filtrazioni spaziali, di contrasto ed eventualmente temporali.

A questo punto l'osservatore umano ha il compito di interpretare l'immagine per estrarne l'informazione cercata.

Questo è possibile se: 1. l'informazione è effettivamente contenuta nell'immagine (esposizione corretta e mira-

ta), 2. la conoscenza dell'osservatore è tale da interpretare l'immagine; ovvero se l'esperien-

za di lettura è sufficiente, 3. l'ambiente esterno non influisce negativamente; ovvero se la luminosità e la rumorosi-

tà dell'ambiente è molto limitata. Il sistema visivo umano (SVU), che è un sistema analogico, a sua volta effettua una filtra-

zione dell'immagine. Ha dei limiti intrinseci, infatti: • riesce a distinguere meno di 20 livelli di grigio, • ha una risoluzione spaziale limitata dalle dimensioni dei bastoncelli e granuli, • ha una risposta spettrale alla luce che non è costante su tutto lo spettro, • la risposta non è lineare in funzione dell'intensità della luce e dipende dalla direzione di

questa. Non tutta l'informazione contenuta nell'immagine può essere utilizzata dal SVU. Una pellicola radiografica convenzionale può contenere fino a 200 volte più informazione

di una pellicola ottenuta con sistema digitale; ciò nonostante l'informazione utile al SVU è confrontabile. Infatti, la quantità di informazione contenuta nell'immagine, che è elevata, è ridotta ad una quantità estremamente ridotta.

Immagine di Risonanza Magnetica

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

FORMAZIONE DELLE IMMAGINI RADIOGRAFICHE

La diagnostica radiologica richiede la creazione di immagini radiografiche, che rendano vi-sibili le modificazioni indotte dal corpo umano sul fascio di raggi x: è su queste immagini che il radiologo formula la propria diagnosi. Le immagini sono ottenute utilizzando delle strutture, chiamate rivelatori, capaci di convertire il segnale dei fotoni x, non visibili, in un’immagine vi-sibile.

Da un punto di vista operativo generale esistono due tipi di tecniche:

1. Computed Radiography (CR): l’elemento sensibile, basato su una matrice di fosfori fotostimolabili a memoria, sostituisce la pellicola all’interno di una cassetta radio-grafica del tutto equivalente a quelle tradizionali, e come nel sistema convenzionale la generazione dell’immagine avviene in due fasi distinte di esposizione e di lettura (sviluppo).

2. Direct Radiography (DR): il sistema di detezione (rilevazione + conversione) è inse-rito all’interno del tavolo radiografico e l’immagine è immediatamente disponibile al termine dell’esposizione.

Di ogni rivelatore importa valutare l'efficienza e il potere di risoluzione: • l’efficienza, esprime la capacità del sistema di fornire un’immagine sufficientemente

luminosa perché l'occhio umano possa valutarla ai fini diagnostici. Aumentando l'effi-cienza del rivelatore si riduce la dose di radiazioni da impartire al paziente per ottenere un’immagine diagnosticamente valida;

• il potere di risoluzione, esprime invece la fedeltà di trasferimento dell'informazione spaziale (dettaglio) da parte di un sistema di rivelazione. Aumentando il potere di riso-luzione aumenta la finezza dell'immagine e quindi, in molti casi, aumenta la precisione diagnostica.

Le immagini radiografiche si suddividono inoltre in: • immagini cinetiche o dinamiche, che rappresentano in tempo reale l'esame eseguito e il

movimento degli organi; • immagini statiche, che forniscono un documento stabile del quadro interno del corpo

umano e che possono essere acquisite anche durante un’indagine dinamica. Le immagini di tipo cinetico o dinamico richiedono l'utilizzo di un sistema per radioscopia,

basato sull'impiego un rivelatore che fornisce luce in corrispondenza dei punti in cui riceve raggi X. In passato si usavano lastre ricoperte da sostanze fotoemittenti poste direttamente di fronte al paziente lungo il cammino dei raggi e osservate al buio. Oggi questi sistemi, poco efficienti e fortemente irradianti, sono stati completamente abbandonati e sostituiti dall'abbi-namento della lamina fotoemittente e da un fotomoltiplicatore (amplificatore di brillanza) il cui segnale luminoso di uscita è raccolto da una videocamera e trasmesso via cavo. Si ottiene così con la "radioscopia televisiva" la protezione totale dell'operatore e una notevole riduzione della dose radiante al paziente, che viene quasi sempre esaminato in una sala schermata a-diacente utilizzando apparecchi telecomandati.

Le immagini statiche sono ottenute impiegando, nella maggior parte dei casi, delle pellico-le radiografiche: queste non sono altro che pellicole fotografiche in bianco e nero emulsionate su entrambe le facce. Poiché le pellicole sono assai più sensibili alla luce che alle radiazioni x, questa proprietà è utilizzata esponendole insieme a due lamine fotoemittenti (schermi di rin-forzo) contenute in una scatola protettiva a tenuta di luce detta "cassetta radiografica". Buo-na parte dell'esposizione e dell'annerimento della pellicola sono determinati in questo modo non dall'azione diretta dei raggi x ma dalla luce emessa dagli schermi di rinforzo quando sono colpiti dai raggi: impiegando in particolar modo schermi di rinforzo ad alta sensibilità ed effi-cienza (schermi alle "terre rare"), è stato possibile ridurre fortemente la dose di radiazioni somministrata al paziente.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

IMMAGINI ANALOGICHE E DIGITALI

Le immagini sono usate in medicina come strumento utile per raggiungere la diagnosi in quanto possono consentire il riconoscimento da parte del radiologo di uno stato fisiologico o patologico. Le immagini diagnostiche sono definite come la rappresentazione grafica di un segnale che proviene dal paziente in modo spontaneo o in seguito all'applicazione di uno sti-molo, la cui sorgente può essere esterna o interna nei confronti del paziente stesso.

Esse sono comunemente suddivise in immagini analogiche e immagini digitali:

• le immagini analogiche sono caratterizzate dal fatto che il rivelatore del segnale prove-

niente dal paziente è anche il supporto sul quale direttamente l'immagine si forma e che ne consente la visualizzazione. L'esempio più diffuso di immagine analogica è quella radio-grafica, per la quale il supporto è rappresentato dalla pellicola. Quest'ultima, in rapporto alla sua non volatilità (il segnale rilevato e visualizzato sotto forma di immagine è stabile nel tempo) può essere impiegata anche come mezzo di archiviazione. Altro esempio di immagine analogica è quella che si forma sul monitor televisivo di un sistema di radiosco-pia: in questo caso l'immagine è resa fruibile in modo dinamico. Il monitor dal canto suo, è un ottimo supporto per la visualizzazione di immagini in movimento, ma non può ovvia-mente avere alcun ruolo nell'archiviazione delle immagini;

• le immagini digitali sono caratterizzate dal fatto che il segnale, prima di essere utilizzato

per la generazione dell'immagine, subisce un processo di quantizzazione, in modo che solo un numero discreto di valori possa essere rappresentato sull'immagine finale. Le immagini digitali si distinguono secondo che siano acquisite all'origine con sistemi digitali o siano il risultato di una conversione analogico - digitale da pellicole radiologiche o da immagini vi-deo. Anche le immagini di radiologia convenzionale, se sottoposte a tale conversione, pos-sono quindi essere trasformate in digitali dopo la loro acquisizione, e vengono in questo caso definite digitalizzate.

La conversione analogico - digitale consiste, allo stato attuale, nell'applicazione di un cam-

pionamento, che definisce la risoluzione dell’immagine digitalizzata, e di una quantizzazione della scala dei grigi. Quest'ultima è ritenuta responsabile della significativa perdita di qualità dell'immagine cui si assiste passando da un’immagine analogica al suo corrispettivo digitaliz-zato.

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IL CAMPIONAMENTO

La maggior parte delle immagini provengono da strumenti analogici: la porta d'ingresso di questi programmi e immagini nel mondo digitale è costituito da un apparecchio chiamato campionatore o meglio convertitore analogico/digitale (ADC, Analog to Digital Converter).

E' una circuitazione che "scansiona" l'immagine, la percorre tutta, misurando per cia-

scun punto la luminosità e il colore. L'immagine in bianco e nero può essere considerata la somma di una certa quantità di zone chiare e scure. L'operazione di scansione consiste nel-l'attribuire un certo valore di grigio o di colore all'immagine. In pratica si "misura" la distanza, cioè la differenza di intensità luminosa dal nero al bianco, caratteristica di ciascun punto del-l'immagine.

Alla fine, non si ha più l'immagine, ma una fila di numeri, che corrispondono all'imma-gine. Questa fila di numeri rappresenta l'immagine digitalizzata: attribuendo il colore grigio a ciascuno di questi numeri, si può riottenere l'immagine originaria.

Le caratteristiche fondamentali di una digitalizzazione dell'immagine in bianco e nero

sono due: • il numero di misurazioni, • il numero dei singoli valori di grigi che può assumere ciascuna immagine.

Più misurazioni si fanno, più accurata sarà la conservazione dell'immagine. Ne conse-

gue che per trasportare un'immagine con buone definizione, servono molte misurazioni. Se il numero di misurazioni è troppo basso, si perde nitidezza e definizione. Da qui l'importanza fondamentale di avere un grande numero di misurazioni al secondo.

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Un’immagine in bianco e nero è costituita da una serie di a-ree di tonalità compresa tra il bianco e il nero.

Se "leggiamo" l'immagine lungo delle linee orizzontali (scan-sione) possiamo vedere che vi è una variazione lineare di grigi. Ad esempio, in corrispondenza delle freccia, si vede lo sfondo nero, poi il braccio della ballerina che diviene sempre più chiaro, poi torna scuro e si va verso il nero dello sfondo

La sezione indicata dalla freccia potrebbe essere quella “estratta" in A. La curva in B descrive bene l'andamento della luminosità: quando nella figura si va verso il bianco la curva sale, quando va verso il nero la curva scende. Questo è un segnale ANALOGICO, perché è analogo all'andamento della luminosi-tà. E' abbastanza facile da ottenere: vi sono dispositivi che emettono un segnale più forte quando sono illuminati mag-giormente e viceversa. Per ottenere il segnale digitale, si "misura" il segnale analogi-co, come in C. Si ottengono, in fig. D, dei numeri che sono i valori che si incontrano quando la curva "cade" in un momento in cui si misura. Questi numeri (2.4.6...) sono portati per semplicità perché in genere si usa il sistema binario (qui a lato) che permette di registrare solo una serie di 0 e di 1 (esemplificati da quadrati neri e bianchi). E' chiaro che sia il numero di misurazioni al secondo che i singoli valori di grigio che possono assumere queste singole misurazioni incrementano le dimensioni dell'immagine. U-n'immagine con 10 righe e 10 misurazioni per riga dà 100 misurazioni, una con 625 righe e 820 misurazioni per riga (sono i valori massimi consentiti dal PAL) si avrebbero oltre mezzo milione di misurazioni.

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Notare come la prima e la seconda misurazione "vedono" lo stesso valore, e si trasportino quindi i valori di una linea dirit-ta piuttosto che un avvallamento. Con misurazioni più fitte (come sotto) si raccoglie invece ogni variazione di luminosità in modo corretto

Quindi, un aumento della frequenza di campionamento (numero di misurazioni al se-

condo) aumenta la precisione con cui si "legge" l'immagine. Queste sono misurazioni, e non valori. Ciascuno di questo mezzo milione di punti può,

infatti, assumere un certo numero di valori: nero, grigio scuro, grigio più chiaro... Attribuendo 64 possibili valori ciascuno (= una scala di grigi di 64 tonalità) ecco che per ciascuna immagi-ne occorrerebbe registrare quasi 33 milioni di valori, relativi alla sola immagine in bianco e nero. Se si considera che mancano i valori relativi al colore, e dei segnali come i sincronismi ecc, già da questo si vede l'importanza della compressione dei dati, di cui parleremo in segui-to.

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CARATTERISTICHE DELL'IMMAGINE DIGITALE

L'immagine digitale può essere definita quindi come una tabella bidimensionale di nu-meri interi non negativi, ciascuno dei quali può essere rappresentato all'interno di una casella. L'immagine digitale può cioè essere vista come una griglia, un reticolo di quadratini, denomi-nati pixel (picture element) o punti (dot), all'interno di ciascuno dei quali è allocato un nume-ro che esprime il valore del parametro considerato in quel punto; nella rappresentazione ge-ometrica il pixel assume la forma di un piccolo quadrato nel contesto del quale la gradazione di grigio o la tonalità di colore riprodotta è uniforme.

L'insieme dei pixel o punti è definito matrice. Le dimensioni della matrice definiscono il

numero dei pixel per ognuna delle assi cartesiane: es. 256x256, 512x512, etc. Questi partico-lari valori numerici derivano dal fatto che tutte le scale informatiche non si basano sulla ma-tematica decimale, bensì su quella binaria, che ha per unità elementare il bit (binary digit). Questo, essendo fisicamente determinato da un microcircuito in cui passa o non passa corren-te, può assumere solo due valori: 0 oppure 1. I multipli del bit codificano perciò numeri che sono potenze di 2. Ad esempio il più usato, il Byte, è una stringa di 8 bit che può codificare 256 diversi valori (da 0 a 255).

Il pixel è quindi la più piccola regione dell'immagine che può avere un determinato va-

lore numerico espresso in termini binari. Perciò l'immagine digitale risultante è data da un in-sieme bidimensionale di numeri interi f (x, y), dove x identifica le righe e y le colonne all'in-terno di una matrice.

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E’ evidenziato il pixel X10 Y20 Il numero delle righe e delle colonne è rilevante per la definizione della qualità dell'im-

magine: infatti, tanto più ampia è la matrice, tanto maggiormente l'immagine computerizzata si avvicina alla realtà (nel caso delle immagini digitali) o all'immagine analogica originale (nel caso delle immagini digitalizzate).

Nelle immagini digitali, il valore funzionale del pixel (cioè il livello di grigio) varia in fun-zione delle diverse proprietà fisiche delle strutture che compongono il campione studiato.

Il secondo aspetto che dovrebbe essere valutato nel considerare le immagini digitali è l'intervallo di valori che il pixel può avere. Questo intervallo può essere di 0-255 (8 bit), 0-1023 (10 bit), o 0-4095 (12 bit). Tanto più alto è il numero di bit disponibile per la rappre-sentazione della scala dei grigi, tanto migliore è il range dinamico dell'immagine, o in termini radiologici, la sua risoluzione di contrasto. Moltiplicando il numero globale di pixel contenuti nell'immagine per il numero di bit sfruttati per rappresentare i diversi livelli di grigio in ogni pixel, si ottiene il numero di bit necessari per la codifica di un'immagine.

Dato che le immagini di qualità elevata sono usualmente di matrice ampia ed hanno un notevole range dinamico, al fine di ridurre i problemi di ordine pratico di memorizzazione dei dati, sono stati proposti diversi metodi di compressione.

In funzione della possibilità di ottenere di nuovo immagini di qualità pari a quella origina-ria, tali metodi sono stati classificati in:

• metodi di compressione non distruttiva (error free encoding), che sono rappresentati da tecniche molto vantaggiose nel caso di immagini vettoriali, quali grafici e immagini sintetiche, purtroppo non altrettanto valide per le immagini radiologiche (in questo ca-so il rapporto di compressione di solito non va oltre 1: 3);

• metodi di compressione distruttiva, che sono estremamente efficienti e permettono di utilizzare elevati rapporti di compressione ma che introducono una distorsione nelle immagini decodificate.

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TIPI DI IMMAGINI DIGITALI

Le immagini digitali sono classificate in due categorie: • immagini bitmap, • immagini vettoriali.

Comprendere la differenza esistente tra questi due tipi di immagine risulta utile quando si creano e si modificano le immagini che, come ogni altro tipo di dato, quando vengono sal-vate su disco sono memorizzate in un file.

Sebbene esistano moltissimi differenti formati, le immagini possono essere sempre classificate in due grandi categorie: le immagini bitmap gestite da programmi di grafica pitto-rica (paint) e le immagini vettoriali gestite dai programmi di grafica vettoriale (draw).

Immagini bitmap

Le immagini bitmap, chiamate anche immagini raster, utilizzano una griglia o retino di piccoli quadrati, detti pixel, per rappresentare le immagini. A ciascun pixel di un’immagine bitmap sono assegnati una posizione specifica ed un valore di colore: infatti il file dell'imma-gine contiene per ciascun pixel informazioni relative alla sua posizione ed al suo colore. Ad esempio, un cerchio di tre centimetri situato nell’angolo inferiore sinistro della pagina è com-posto da un insieme di pixel presenti in quella posizione, che sono colorati in modo da far ap-parire un cerchio.

Quando si lavora con immagini bitmap si modificano gruppi di pixel invece che oggetti o forme. I vantaggi di questo tipo di grafica consistono nel fatto che lavorando con i singoli pixel si possono ottenere effetti simili a quelli della pittura e grafica tradizionale (pennello, ae-rografo, matita, carboncino), eccellente per dare un'illusione di transizione graduale fra i colo-ri, il che lo rende migliore per le foto e le immagini realistiche (e le immagini radiografiche). I programmi di fotoritocco, per esempio, funzionano con immagini a punti, e i ritocchi sono ap-punto possibili punto per punto. D’altra parte l’immagine si può ingrandire (su monitor o in stampa) solo ingrandendo la dimensione del pixel, che può diventare visibile, fino a creare ef-fetti sgradevoli (pixelizzazione).

Inoltre per elaborare (spostare, modificare, cancellare) una parte dell’immagine occorre letteralmente selezionare alcuni pixel e spostarli, indipendentemente da quello che rappresen-tano. La zona in cui erano rimane vuota, e i pixel vanno a sovrascrivere permanentemente quelli che si trovavano nella posizione di arrivo. Nel ruotare una immagine bitmap, i pixel vengono risistemati in modo che l’immagine appaia ruotata; ma, a meno che la rotazione non sia stata di 90° o multipli, la rotazione è solo un’approssimazione dell’immagine originale.

Gli svantaggi di questi tipi di immagini sono che occupano molto spazio, rappresentan-do un numero fisso di pixel risulta che se sono ridimensionate a video o se sono stampate ad una risoluzione superiore a quella per cui sono state create, ovvero quando si devono fare in-grandimenti, l'immagine sfoca perdendo in qualità e formando i tipici bordi a zig zag.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Immagini vettoriali

In un file che contiene un'immagine vettoriale gli elementi che compongono l'immagine sono definiti mediante formule matematiche e consistono di linee e curve chiamati vettori. Un quadrato, per esempio, viene descritto in termini dell'area che copre, della lunghezza e dello spessore delle sue linee, dalla sua posizione e cosi via. Un file così strutturato occupa ovvia-mente molto meno spazio rispetto ad un file in formato bitmap.

L'immagine, per essere visualizzata o stampata, viene ricostruita in base alla descrizio-ne presente nel file. Ad esempio, quando disegnate un cerchio di tre centimetri in un pro-gramma vettoriale, il programma crea il cerchio basandosi sulla sua forma e sulle sue dimen-sioni. Si può quindi spostare, ridimensionare o cambiare il colore del cerchio senza perdere la qualità dell’immagine; possono, quindi, essere ingrandite o deformate senza che si creino li-nee a zig zag,.

Le immagini vettoriali sono indipendenti dalla risoluzione, non sono cioè definite da un numero fisso di pixel e sono ridimensionate automaticamente in modo da apparire chiare e nitide su qualsiasi periferica di output a qualsiasi risoluzione. Ne risulta che le immagini vetto-riali rappresentano la scelta migliore per i caratteri (in particolare di piccole dimensioni) e per illustrazioni particolari quali logo, che richiedono line nitide a qualsiasi dimensione.

Il loro svantaggio è che sebbene siano eccellenti per le riproduzione a colori, non sono altrettanto valide per i dettagli più minuti o per la riproduzione di transizioni di colore gradua-le, come le radiografie.

Tuttavia, poiché i monitor dei computer sono costituiti da un retino di pixel, sia le im-magini vettoriali sia le immagini bitmap sono rappresentate a video come pixel. I programmi per il disegno vettoriale convertono le loro forme in pixel per la visualizzazione.

Immagine bitmap

Immagine vettoriale

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

ALGORITMI DI COMPRESSIONE E FORMATI BITMAP

L'immagine digitalizzata, come abbiamo già detto, è costituita da informazione binaria memorizzata in un file; ci sono moltissimi formati grafici con cui possono essere salvati i files rappresentativi delle immagini: i formati grafici di tipo bitmap (BMP, JPEG, GIF, TIFF ecc. ecc.) rappresentano le regole di immagazzinamento e di descrizione dell'informazione conte-nuta nei files e molti di essi si avvalgono di algoritmi di compressione (RLE, Huffman, LZW, DCT, DWT ecc. ecc.) cioè di particolari strumenti matematici in grado di ridurre al minimo in-dispensabile l'informazione digitale relativa ad una data immagine così da diminuire notevol-mente le dimensioni del file.

L'insieme dei calcoli aventi per scopo la riduzione delle dimensioni di un file o di un in-sieme di file prende il nome, appunto, di algoritmo di compressione (in generale, nel linguag-gio informatico, si definisce algoritmo una serie di operazioni logiche e algebriche, espresse in un linguaggio comprensibile all'elaboratore, la cui sequenza costituisce un programma). Da quando nel campo radiologico si sono introdotti i sistemi telematici la compressione delle im-magini ha cominciato ad acquisire sempre più una maggiore importanza al fine di contenere i requisiti in termini di visualizzazione, tempo di trasmissione e spazio di memoria necessario per l’archiviazione di immagini di grandi dimensioni.

La compressione è, quindi, un metodo che consente di ridurre la dimensione di un file

grafico combinando le informazioni sui pixel relative a colori simili e memorizzando tali dati in uno spazio ridotto. L'efficienza della compressione viene calcolata dividendo la grandezza ori-ginale del file per la sua grandezza una volta compresso. In inglese questo valore si chiama compression rate o, alla latina, ratio; in italiano possiamo chiamarlo coefficiente o fattore di compressione (o, più frequentemente, livello di compressione). Utilizzando un livello di com-pressione elevato si ottengono file di dimensioni ridotte con conseguenti tempi di caricamento in linea inferiori.

Una caratteristica fondamentale: la reversibilità della compressione. In genere, se un

programma ha la capacità di salvare un file in un formato compresso, è anche in grado di leggere i file che sono stati compressi con quel particolare formato, ripristinando l'informazio-ne in essi contenuta, cioè decomprimendoli.

La principale differenza che possiamo stabilire tra i formati di compressione delle im-magini grafiche è data dalla misura della loro reversibilità. Un formato che è in grado di resti-tuire, al termine della decompressione, un'immagine esattamente uguale - pixel per pixel - all'originale com'era prima che venisse compresso, viene normalmente definito con l'impro-nunciabile termine inglese lossless. In italiano potremmo tradurre con senza perdita oppure con non distruttivo. Viceversa, un formato di compressione che non può assicurare una rever-sibilità assoluta, viene definito in inglese lossy, ovvero, in italiano, con perdita o anche di-struttivo. Gli algoritmi di compressione possono essere, quindi, di due diversi tipi:

• non distruttivo: l'immagine iniziale da comprimere non è perduta, ma può essere inte-

gralmente recuperata, • distruttivo: per recuperare l’immagine (e comunque non integralmente), si deve procedere

mediante un'operazione di analisi matematica. Questi algoritmi si avvalgono di rapporti di compressione di 10:1 o anche superiori. I più alti gradi di compressione sono possibili solo con quest'ultimo tipo di algoritmi.

Gli algoritmi di tipo non distruttivo includono il RLE (Run Lenght Encoding), l'Huffman e

l’LZW (Lempel Ziv Welch). Sono vari i modelli di algoritmi distruttivo che sono stati studiati, tra i quali il JPEG, il DCT, il WAVELETS, la quantizzazione vettoriale e altri. La questione cru-ciale è se si può considerare accettabile che nel processo di compressione si abbia una perdita di informazioni, seppure minima. In effetti nelle applicazioni della teleradiologia e dello stesso PACS si rileva abbastanza frequentemente, anche nelle più alte risoluzioni, una certa perdita

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di informazioni rispetto alle immagini radiologiche tradizionali. Le immagini digitali, per loro intrinseca natura sono soggette a questo tipo di inconvenienti, ma vi è comunque una cre-scente evidenza che la compressione distruttiva può essere applicata senza arrecare significa-tivi danni al contenuto delle immagini diagnostiche. Per esempio, due studi a riguardo, hanno dimostrato che impiegando diversi modelli di compressione di tipo distruttiva, con rapporti di compressione sino 20:1, non si rilevavano determinanti modifiche sull'interpretazione diagno-stica delle radiografie del torace.

Si è arrivati quindi ad affermare che alcune forme di compressione distruttive sono ac-cettabili. Molte tecniche di compressione distruttive si basano su trasformazioni matematiche, che convertono le informazioni spaziali di un'immagine in una serie di funzioni base, che rap-presentano le coordinate dell'immagine. Nella Fast Fourier Transform (FFT), ad esempio, gli elementi determinanti dell'immagine sono tradotti in una somma di seni e coseni.

Vediamo ora i formati grafici più usati di tipo bitmap:

• BMP è il formato standard di immagini bitmap di Windows su computer DOS e Windows

compatibili. Quando si salva un’immagine in questo formato si può specificare una profon-dità per l’immagine compresa fra 1 bit e 24 bit. Inoltre, per le immagini a 4 bit e a 8 bit si può scegliere di usare la compressione Run-Length-Encoding (RLE). Questo schema di compressione non elimina nessun dettaglio dall’immagine.

• GIF (Graphics Interchange Format). Sviluppato da CompuServe, è il formato di file comu-

nemente usato per visualizzare grafica e immagini in scala di colore. GIF è un formato che utilizza la compressione LZW sviluppato per ridurre al minimo il tempo di trasferimento dei file sulle linee telefoniche.

Il formato GIF costituisce il formato grafico più diffuso sul Web. Anche se può contene-re solo 256 colori, il formato GIF offre un buon livello di compressione dell'immagine senza perdita di qualità. Inoltre, i file GIF possono contenere un'area trasparente e più fotogrammi per le animazioni.

Le immagini compresse con modalità di compressione senza perdita di informazioni in genere non producono una riduzione della qualità dell'immagine. La compressione dei file GIF avviene mediante scansione orizzontale su una riga di pixel, individuando le aree uniformi di colore e quindi abbreviando le aree di pixel identiche all'interno del file. Quindi, le immagini con aree ripetitive di colore uniforme sono compresse al meglio se salvate in formato GIF.

Quando si salva un’immagine come GIF si può specificare come l’immagine apparirà mentre è scaricata, selezionando interlacciato per visualizzare l’immagine gradualmente, au-mentando il dettaglio man mano che è scaricata.

• JPEG (Joint Photographic Experts Group). Questo formato è usato per visualizzare fotogra-

fie e altre immagini a tonalità continua e diversamente dal formato GIF mantiene tutte le informazioni. JPEG, è anche una tecnica di compressione dell'immagine di tipo distruttiva ed è il più comune algoritmo di compressione usato in radiologia. L'operazione matematica che ne sta alla base consiste nella trasformazione delle informazioni spaziali delle immagi-ni in coseni discreti identificando ed eliminando i dati extra non essenziali per la visualiz-zazione. Quando si apre un’immagine JPEG, essa viene decompressa automaticamente.

Poiché lo schema di compressione JPEG (che utilizza la DCT, Discrete Cosine Tran-sform) elimina dei dati, è definito un sistema a perdita di informazioni. Un livello di compres-sione maggiore produce un’immagine di qualità inferiore, mentre un livello di compressione minore produce un’immagine di qualità superiore.

Un’evoluzione di questo formato è il JPEG2000, alla cui base dell’algoritmo di compres-sione viene utilizzata la cosiddetta DWT, Discrete Wavelet Transform.

Il formato JPEG costituisce un'alternativa al GIF specificamente per le immagini foto-grafiche. Il formato JPEG supporta fino a 16,8 milioni di colori (24 bit).

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Quindi: 1. una percentuale di compressione bassa consente di mantenere la qualità dell'im-

magine ma produce file di grosse dimensioni; 2. una percentuale di compressione alta produce file di dimensioni ridotte, ma riduce

anche la qualità dell'immagine. Il formato JPEG rappresenta la scelta ottimale per le fotografie scannerizzate, le imma-

gini che utilizzano texture, le immagini con transizioni di colori sfumati o qualsiasi immagine che richieda più di 256 colori.

JPEG è ampiamente utilizzato pure in altre applicazioni, incluse alcune applicazioni di compressioni di una varietà di tipi di immagini nell'ambito del World Wide Web.

I vantaggi di questa tecnica sono che è facilmente impiegabile, poco costosa, relativa-mente veloce, implementata in hardware e software e in ISO standard (International Stan-dard Organitation). È inoltre l'unico algoritmo di compressione compreso nel Dicom standard. In realtà, vi è un certo numero di tecniche di compressione che possono superare in efficienza il JPEG, come il Wavelets.

Il difetto principale del JEPG è l'aumento crescente della produzione di artefatti con l'aumentare dei rapporti di compressione. Questi artefatti originano dall'approccio fondamen-tale dell'algoritmo nel portare avanti il processo di compressione, che consiste nel suddividere l'immagine in tanti piccoli pixel, che sono elaborati l'uno indipendentemente dall'altro. Il si-stema di visione umano è molto sensibile alla distinzione di smagliature nell'immagine, che sono frequenti con l'uso di questa tecnica; ne deriva che rapporti di compressione molto ele-vati non possono essere utilizzati con il JPEG.

• Tiff (Tagged Image File Format). Questo formato può memorizzare immagini ad alta riso-

luzione a scala di grigio e a colori, ma i file occupano molto spazio. Negli applicativi più re-centi un file in formato tiff può essere compresso con l'algoritmo LZW e riespanso senza problemi.

Precauzioni sull'uso delle tecniche di compressione L'ACR (American College of Radiology), una volta autorizzato l'impiego di queste tecni-

che in relazione alle immagini digitali, ha stabilito che il loro utilizzo deve essere correlato ad istruzioni che illustrino gli effetti della compressione distruttiva unitamente ad esempi pratici. Le immagini che sono state compresse irreversibilmente devono essere accuratamente classi-ficate, precisando l'approssimato rapporto di compressione usato. Queste precauzioni sono di avvertimento per l'utente in riferimento alla produzione di artefatti o alla degradazione del-l'immagine che può avvenire con i vari rapporti di compressione. Non è stata invece stabilita una tecnica di scelta preferenziale.

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Confronto tra diversi tipi di compressione delle immagini

Dall’immagine originale a sinistra in formato bitmap è stata estratta una porzione (nel riquadro) e ingrandita due volte, allo scopo di evidenziare meglio, per eccesso, gli effetti dei diversi tipi di compressione.

In ogni immagine è indicato in basso a sinistra il formato di file e il relativo peso in KB.

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Caratteristiche delle immagini digitali: riepilogo

Ogni immagine digitale è caratterizzata da tre aspetti: 1. risoluzione: rapporto tra dimensioni e qualità visiva dell'immagine. La risoluzione com-

prende due aspetti: a. quantità di punti che compongono effettivamente l'immagine, si misura in pixel;

esempio: 640 x 480 (640 pixel orizzontali per 480 verticali), 1024 x 768 e così via;

b. densità dei punti nella visualizzazione o nella stampa, si misurano in ppi, pixel per inch, e dpi, dots per inch, punti per pollice (dove 1 pollice = 2,54 cm.).

2. Profondità di colore: numero massimo di colori o grigi possibili in ogni pixel, si misura in bit; valori tipici: 8 bit (256 colori), 16 bit (65mila colori), 24 bit (16,8 milioni di colori).

3. Formato/compressione: formato di salvataggio o codifica del file.

Alcuni formati permettono di comprimere i dati, ottenendo file di dimensioni ridotte, in tal caso però certi metodi di compressione (detti lossy o distruttivi) possono influire negativa-mente sulla qualità dell'immagine.

Esempio di formato non compresso: BMP (Windows/OS2 Bitmap). Esempi di formati com-pressi: TIFF, GIF, JPEG, PNG.

Le unità di misura della RISOLUZIONE, che è "l'espressione del numero di pixel contenuti in un pollice lineare" sono: • PPI (pixels per inch): è il numero di pixel visualizzati in un'immagine e corrisponde al mo-

do in cui un monitor mostra un'immagine. Il modo in cui l'immagine appare nello schermo dipende dalla risoluzione del monitor (il numero di pixel che un monitor può mostrare in una specifica area). PPI è la risoluzione di visualizzazione, NON la risoluzione dell'immagi-ne.

• DPI (dots per inch): è l'unità di misura della risoluzione delle stampanti. Si riferisce pro-priamente ai punti di inchiostro che vengono depositati sul supporto cartaceo. Maggiore è il numero di punti depositati nell'unità di misura lineare presa in considerazione, più defini-ta sarà la stampa risultante.

• SPI (samples per inch): è la risoluzione degli scanner e delle fotocamere digitali. Per ese-guire la scansione di un'immagine, lo scanner esegue dei campionamenti su porzioni del-l'immagine sorgente. Maggiore è il numero di questi campionamenti per pollice, più la scansione sarà fedele all'immagine originale. Maggiore è il numero di SPI, maggiore è la risoluzione. Alcuni scanner usano DPI invece di SPI nell'indicare la capacità risolutiva.

• LPI (lines per inch): è riferito al modo in cui alcune periferiche di stampa riproducono le immagini, simulando il tono continuo tramite la stampa di linee di mezzetinte. Il numero di linee per pollice è il LPI, chiamato anche "frequenza di retino". Si può pensare al LPI come alla risoluzione delle mezzetinte.

• PT (punti tipografici): è la dimensione dei caratteri tipografici stampati. 3 punti equivalgo-no a circa 1mm.

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IMMAGINI 3D

Il procedimento per ottenere delle immagini tridimensionali si suddivide in tre fasi: 1. la prima consiste nella acquisizione di immagini per mezzo della Tomografia Computerizza-

ta o della Risonanza Magnetica. Queste apparecchiature, di uso ormai comune in medici-na, forniscono immagini di sezioni del corpo umano che hanno la caratteristica di essere in formato digitale. Infatti l'informazione in esse contenuta è memorizzata utilizzando numeri e non, come invece avviene nei comuni radiogrammi del torace o dell'addome, sfruttando alterazioni chimiche della pellicola fotografica;

2. la seconda fase è rappresentata, sfruttando la proprietà delle immagini digitali, dall'invio al computer dedicato alla ricostruzione tridimensionale delle immagini ottenute con la TC o con la Risonanza magnetica;

3. la terza fase infine consiste nella ricostruzione tridimensionale ed è resa possibile da un computer dedicato a tale scopo. Concettualmente il procedimento con cui le immagini tridimensionali sono generate è

semplice. Le immagini delle singole sezioni del corpo umano sono sovrapposte ed unite per ottenere un volume che corrisponde al segmento anatomico che è stato studiato con la TC o con la Risonanza Magnetica. Questo volume che rappresenta il segmento anatomico studiato è rappresentato nelle tre dimensioni sul monitor del computer per le ricostruzioni.

Matrice 2D trasformata in 3D

I tessuti che compongono il corpo umano hanno caratteristiche fisiche e chimiche di-

verse tra loro (ad esempio l'osso è più denso di un muscolo). L'operatore che esegue la rico-struzione, sfruttando queste differenze, è in grado di visualizzare selettivamente un determi-nato tessuto o struttura rendendo trasparenti gli altri. Ciò permette ad esempio di visualizzare soltanto l'osso o solamente la mucosa che riveste un organo cavo come il colon.

Un altro vantaggio offerto dalle ricostruzioni tridimensionali è la possibilità di poter os-servare una struttura del corpo umano da angolazioni diverse. Ad esempio è possibile visua-lizzare sul monitor un osso da vari punti di vista oppure visualizzare il colon nel suo interno "navigandoci" dentro.

TC cranica ricostruita in 3D

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Come si forma un'immagine 3D

Un oggetto tridimensionale è, come dice la parola, definito su tre assi cartesiani X, Y e Z, ossia altezza, larghezza e profondità. Una immagine 2D è la fotografia di un oggetto, l'im-magine 3D è l'oggetto stesso.

Per inserire un'immagine 3D in un computer occorre ricostruire l'oggetto in tutte le sue ca-ratteristiche, fare un "tutto tondo" dell'oggetto all'interno di un computer. Per realizzare un’operazione all’apparenza così complicata esistono moltissimi software di modellazione 3D (3D Studio Max, Maya, Lightwave3D ecc ...).

I quattro passaggi fondamentali: • MODELLAZIONE DI UN AMBIENTE: come prima cosa la CPU stabilisce le varie posizioni

degli oggetti in un determinato spazio. • GEOMETRIA: in seguito la CPU trasforma le coordinate precedentemente calcolate in punti,

che saranno i vertici dei triangoli. • CREAZIONE DEI TRIANGOLI: qui entra in azione la scheda video che compone uno schele-

tro WireFrame della scena. • RENDERING: in quest’ultima fase i poligoni che sono stati creati vengono ricoperti dalle

texture.

La maggioranza degli oggetti 3D creati sul computer vengono realizzati mediante dei poli-goni. Un poligono è un area definita da almeno 3 linee, come quello mostrato in figura.

Un semplice poligono

Le linee uniscono una serie di punti nello spazio tridimensionale creato dal computer. Questi punti sono definiti vertici (vertex in inglese) ed ognuno di essi ha 3 coordinate X, Y, Z che lo identificano in modo univoco nello spazio tridimensionale. Ad esempio per disegnare un parallelepipedo (che ha sei facce) occorrono 2 triangoli per faccia per 6 facce, quindi 12 poli-goni. Grazie alla combinazione di più poligoni è possibile ricreare delle immagini complesse che simulano la realtà.

Un edificio costituito da differenti poligoni

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La figura mostra un edificio con una strada ed è perfettamente riconoscibile, anche se un po’ troppo schematizzata e priva di dettagli. Per creare un effetto più realistico viene usato il texture mapping.

Si tratta di una tecnica complessa che richiede una notevole potenza di elaborazione visto che le immagini vengono elaborate pixel per pixel: grazie a questa tecnologia è possibile rivestire gli oggetti con delle immagini bidimensionali.

Una texture è un'immagine 2D tradizionale applicata sulla faccia di un poligono per "co-lorarlo": nel nostro caso rivestiremo l'edificio, la strada ed il cielo con opportune immagini che conferiranno all'immagine un aspetto molto realistico.

Lo stesso edificio di prima dopo l'applicazione delle varie texture

Un altro esempio di texture map in cui il muro, il prato ed il cielo vengono rivestiti con

delle immagini più realistiche e dettagliate.

Un texture mapping applicato ad un gioco 3D

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Esempi di applicazioni di ricostruzioni in 3D

• L’endoscopia virtuale La principale tecnica è la colonscopia virtuale che consiste nella visualizzazione del colon al

suo interno come avviene nella colonscopia convenzionale. Al contrario di quest'ultima, che prevede l'impiego di un apparecchio a fibre ottiche intro-

dotto nel colon del paziente come una piccola telecamera, la colonscopia virtuale permette di visualizzare le superfici mucose del colon attraverso la metodica di ricostruzione tridimensio-nale sopra esposta, ed è detta virtuale in quanto le immagini coloscopiche sono immagini ri-costruite.

Un vantaggio di questa metodica è rappresentato dalla possibilità di superare stenosi (re-stringimenti) del colon che l'endoscopista non riesce ad oltrepassare con l'endoscopio: la pos-sibilità di visualizzare il colon a monte di una stenosi assume particolare importanza nel caso in cui il restringimento sia provocato da un tumore.

La colonscopia virtuale comporta una minore invasività, caratteristica che è comune a tut-te le applicazioni cliniche delle ricostruzioni tridimensionali, in quanto nel colon del paziente non è introdotto alcuno strumento, ma è soltanto disteso con aria.

La tecnica della endoscopia virtuale può essere utilizzata secondo gli stessi principi anche per la valutazione di altri organi cavi come la vescica (cistoscopia virtuale), l'orecchio (oto-scopia virtuale), i seni paranasali (rinoscopia virtuale), la laringe (laringoscopia virtuale), i ventricoli cerebrali (ventricoloscopia cerebrale virtuale), il sistema vascolare (angioscopia vir-tuale).

Immagine ottenuta con

colonscopia virtuale

Colonscopia virtuale in cui si

osserva un piccolo polipo

• Ricostruzioni tridimensionali angiografiche Un'altra importante applicazione delle tecniche di ricostruzione tridimensionale è in campo

angiografico. L'Angiografia è una metodica che permette di visualizzare le strutture vascolari del corpo umano (arterie e vene), e può essere eseguita anche con TC o con Risonanza Ma-gnetica. E' quindi possibile effettuare ricostruzioni tridimensionali dell'apparato vascolare se-condo gli stessi principi precedentemente esposti.

Questa metodica permette di valutare le caratteristiche degli aneurismi (dilatazioni patolo-giche delle arterie), o le stenosi arteriose (restringimenti del lume dell'arteria provocate nella maggior parte dei casi dalle placche aterosclerotiche) che assumono particolare importanza quando sono presenti a livello delle arterie che portano il sangue al cervello (carotidi) e che possono essere la causa di infarti cerebrali (ictus).

Un'altra importante applicazione consiste nella valutazione dello stato delle protesi arterio-se e degli stent dopo l'intervento chirurgico. Anche in questo caso l'Angiografia con TC o con

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Risonanza Magnetica è comunque eseguita e la ricostruzione tridimensionale non comporta un disagio ulteriore per il paziente.

Ricostruzione 3D di una arteria carotide interna

Ricostruzione 3D di un aneurisma

dell’aorta addominale

Ricostruzione 3D delle arterie

delle gambe

• Ricostruzioni tridimensionali osteoarticolari In campo ortopedico le ricostruzioni tridimensionali hanno numerose applicazioni. In trau-

matologia esse consentono una migliore visualizzazione delle fratture e permettono al chirur-go ortopedico ed al chirurgo maxillofacciale una più accurata pianificazione dell'intervento di ricostruzione.

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Le immagini tridimensionali permettono inoltre una migliore valutazione del risultato del-l'intervento chirurgico (corretto posizionamento di placche o di protesi).

Le tecniche di ricostruzione tridimensionali consentono di poter meglio valutare le articola-zioni e i loro legamenti (come ad esempio i legamenti crociati del ginocchio).

Ginocchio ricostruito con tecnica 3D

• Ricostruzioni tridimensionali dei tessuti molli L'imaging tridimensionale può essere impiegato anche per la valutazione dei tessuti molli

(organi come cervello, fegato, milza, pancreas ecc…). E' infatti possibile studiare non soltanto i rapporti delle lesioni con le strutture vicine ma anche meglio valutarne la grandezza e l'im-portanza. Queste informazioni, insieme alle immagini, sono di grande utilità per il chirurgo, in particolare per i neurochirurghi che intervengono in strutture come il cervello in cui le opera-zioni hanno la necessità di essere meno aggressive e più conservative possibili.

Addome virtuale ricostruito con tecnica 3D

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ACQUISIZIONE DELLE IMMAGINI La pellicola con strato fotosensibile di alogenuro d'argento è il sistema oggi ancora più

utilizzato per la rilevazione delle radiazioni in campo medico. Il processo di formazione del-l'immagine latente sulla pellicola radiografica e la successiva rivelazione sono operazioni mol-to semplici, in gran parte automatizzate e con buoni risultati complessivi.

L'acquisizione dell'immagine su pellicola radiografica è un procedimento di tipo analogi-co, irripetibile (sullo stesso supporto) e soprattutto immodificabile nel tempo (validità della documentazione). I maggiori pregi di questo sistema sono senza dubbio da ricercare in: costo contenuto, elevata risoluzione spaziale offerta, buona risoluzione di contrasto, grande diffu-sione e disponibilità di mercato.

Molto più limitato che in passato è invece oggi l'utilizzazione delle piastre al Selenio per la xeroradiografia, una metodica che trova un sempre minor numero di indicazioni cliniche di elezione, vista la disponibilità di nuove tecniche a maggiore risoluzione spaziale o con migliori prestazioni diagnostiche complessive.

Alcune tecniche radiologiche speciali di moderna concezione, come la TC o la RM, sono state subito proposte con sistemi di acquisizione, elaborazione, archiviazione e presentazione dell'immagine di tipo digitale. Ma per la radiologia classica il passaggio al digitale è un'opera-zione ancora lunga, che richiede certamente molti anni per il suo completamento.

Rimanendo in tema di acquisizione di immagini non più in forma analogica ma digitale, sono attualmente allo studio o già operanti nella pratica clinica una serie di sistemi e tecnolo-gie che comprendono speciali pellicole radiografiche, piastre e fosfori a memoria, piastre al Selenio amorfo, cassette con gas ionofori, sistemi a fotodiodi, amplificatori di brillanza digita-lizzati, ecc.

Piastre a fosfori a memoria Il sistema di rivelazione attualmente più usato nella radiologia digitale è l’Imaging Plate

(I.P.), piastra al fluoroalogenuro di bario attivata all’europio o piastra a fosfori fotostimolabili. Le piastre con fosfori sostituiscono sempre più frequentemente l'accoppiata schermo -

pellicola e si prevede che i continui sviluppi informatici consentiranno nel prossimo futuro di avere in forma digitale il 90 % delle immagini radiologiche.

L’I.P. è composto da uno strato di fini granuli di fluoroalogenuro di bario attivato all’europio dispersi in elevata concentrazione in un supporto di resina acrilica, flessibile, resi-stente e protetto da uno strato trasparente, ed è immesso in una cassetta simile a quelle usa-te per la radiologia convenzionale.

Attraverso un’opportuna consolle, denominata consolle di identificazione, gli IP esposti, contenenti una immagine latente, prima di essere inseriti nel lettore laser, vengono associati ai dati anagrafici del paziente ed al tipo di esame eseguito. L’immagine digitale generata dal lettore laser contiene quindi anche le informazioni del paziente e dell’esame; tutte queste in-formazioni arrivano ad un elaboratore elettronico per la visualizzazione e gestione digitale.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

I fosfori a memoria sono fisicamente molto simili agli schermi di rinforzo convenzionali: infatti, allo stesso modo di questi ultimi, quando sono colpiti da Rx emettono luce, solo che le piastre sono in grado di immagazzinare al loro interno una parte dell’Esposizione dei fotoni X che costituisce l’immagine latente.

L’I.P. è costituito da uno strato energetico di base detto banda di valenza in cui si tro-vano gli elettroni in condizione di quiete e da una banda di conduzione che si trova ad un li-vello di energia più elevato.

Se esponiamo l’I.P. ai Rx gli elettroni dei fosfori allo stato di quiete sono eccitati, e dalla banda di valenza in cui si trovano passano per ionizzazione nella banda di conduzione; così come avviene negli schermi di rinforzo, alcuni elettroni perdono subito l’energia acquistata emettendo luce e ritornano nella banda di valenza. Una parte degli elettroni eccitati, invece, resta intrappolata nella banda di conduzione nelle cosiddette lacune. Ed è proprio grazie a questo fenomeno che si forma l’immagine latente. Questo, però, è un sistema instabile poiché se non si va a processare l’I.P. contenente l’immagine latente nel giro di alcune ore, si ha una perdita di informazioni (si riduce di circa il 25 % dopo 8 ore).

La luce laser di elio-neon colpisce gli elettroni intrappolati rompendone i legami forma-tisi, permettendo loro di tornare al livello energetico più basso mediante emissione di luce, in un processo chiamato luminescenza fotostimolata. La luce emessa è rilevata dai fotodetettori, inviata ai fotomoltiplicatori che la convertono in segnale elettrico analogico e quindi ad un convertitore analogico digitale che provvede alla trasformazione dei segnali elettrici in dati numerici.

La matrice varia in rapporto alle dimensioni della piastra, ottenendosi quindi differenti risoluzioni spaziali per diverse grandezze di immagine.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Una volta proceduto alla esposizione ed alla lettura dello schermo il sistema digitale rende visibile l’indice di esposizione, valore ricavato dal computer attraverso il calcolo della media dei valori di densità ottica presenti nell’aria di interesse del radiogramma. Se ne dedu-

ce quindi che questo valore è direttamente proporzionale al valore di kV e mAs e

Da ciò derivano due dei più grandi vantaggi della Radiologia Digitalizzata:

1. la possibilità di ridurre la dose di esposizione al Paziente senza che sia sacrificata la qualità diagnostica dell’immagine (generalmente riducendo i mAs e aumentando i kV di circa 10% rispetto ai dati utilizzati in radiologia tradizionale),

2. evitare le esposizioni ripetute grazie all’ampia latitudine di esposizione dell’I.P. che ri-sulta 10.000 volte superiore alla pellicola tradizionale.

Per questi motivi la possibilità di dover ripetere un esame a causa di un errata esposizione è, praticamente, nulla.

rogati duran- l’esposizione paziente, ma dipende anche dalla quantità di aree bianche (zone di sottoe-

posizione) ed aree nere (zone di sovraesposizione) presenti nel radiogramma.

di sottoesposizione non utili al

a mediante un istogramma he ha il compito di correggere eventuali errori di esposizione ottimizzando la conversione

analog

sposizione: nell’Analogico si ha un annerimento eccessivo della pelli-cola, c perdita di informazioni cliniche, nel Digitale l’immagine rimane pressoché invariata e legger

l Digitale l’immagine risulterà più ura ma non perderà dettagli anatomici, mentre vi sarà un forte aumento della granularità

che in

a pellicola radiografica presenta, infatti, una risposta non lineare ed una minore latitu-dine d sposizione con i conseguenti problemi di sovra e sotto-esposizione.

tes

Oltre all’esposizione dei giusti parametri espositivi, al fine di evitare sovradosaggi inutili

al paziente bisognerà evitare di creare sul radiogramma ampie zonela refertazione (ad esempio l’incidenza dell’area addominale nell’esame del torace o la

presenza della spalla nell’esame della colonna cervicale in laterale). La lettura definitiva dell’I.P. è preceduta da una pre-lettur

cico-digitale in funzione della regione anatomica esaminata.

Le differenze tra Analogico e Digitale nell’effettuazione del radiogramma sono: - in caso di sovraeonmente più chiara. - in caso di sottoesposizione: nell’Analogico si avrà un radiogramma di bassa intensità

ottica e in ogni caso non utile ai fini dello studio clinico, nesc

ciderà negativamente sulla definizione dell’immagine.

Li e

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

La curva dell’I.P. è rettilinea e non esiste quindi la zona di sovra e sottoesposizione

(piede e spalla) propria del sistema schermo-pellicola; ne consegue che nella Radiologia Digi-tale la risoluzione spaziale è inferiore di circa 1/3 rispetto alla Radiologia tradizionale, ma ha un range dinamico maggiore di circa 20 volte e una risoluzione di contrasto di circa 4 volte superi e.

ell. ig.

or

Sch./P Rad. DRisoluz. spaziale 5-15 2,5-5 Risoluz. di contrasto 2% 0,5% Range dinamico 1:500 1:10.000

d una simil-xerografica (“edge enhan

etro del raggio laser di lettura costituisce un limite alla risoluzione complessivo el sistema.

nsori di immagine a stato s

dell’oggetto attraversato: si realizza, in questo modo, un’immagine latente di tipo el

o laser, digitalizzata e trasmessa a un computer che provvede alle necessarie ela-

no ottenere immagini con elevata risoluzione spaziale ed elevato rap-porto

elevata risoluzione spaziale, ma il costo elevato ne condiziona ancora l'impiego su larg

ere televisive), ha il antaggio di costi abbastanza contenuti e elevata affidabilità nel tempo.

Un notevole vantaggio della RD è di avere per un’unica esposizione due versioni: un’immagine simile a quella tradizionale (“gray scale image”) e

cement image”) in cui sono messi in evidenza i contorni. Le piastre a fosfori a memoria offrono quindi un elevato range dinamico intrinseco, an-

che se il diamd

Altri tipi di detettori Per la radiologia digitale sono ancora in fase di studio e sperimentazione nuovi detettori

come le piastre di selenio, a carica cinestatica o a gas ionografici e i seolido ad accoppiamento di carica (CCD, Charge Coupled Device). Le piastre al selenio sono simili a quelle utilizzate per la xerografia, ma presentano uno

strato fotosensibile 8-10 volte più spesso: i cristalli di ossido di selenio sono globalmente cari-cati elettrostaticamente in un apposito apparecchio, e l’esposizione al fascio di Rx determina una riduzione della carica suddetta in modo inversamente proporzionale all’attenuazione dei fotoni da parte

ettrico. Con questo metodo si provvede poi alla lettura della carica residua mediante scansione

da un fasciborazioni. In questo modo si posso

segnale/rumore. Con un principio di funzionamento simile si stanno sperimentando anche sistemi cine-

statici ed a gas ionografici, che presentano un’elevata efficienza di detenzione quantica e promettono un’

a scala. Certamente molto più promettenti ed interessanti sono i sensori di immagine a stato

solido (CCD). Essi sono in sperimentazione sia accoppiati ad amplificatori di brillanza, sia col-legati a detettori a scintillazione attraverso sistemi di fibre ottiche. Le prime applicazioni spe-rimentali sembrano molto promettenti: la risoluzione spaziale è infatti interessante, così come l'efficienza e la gamma dinamica del sistema. Inoltre la tecnologia del CCD, da qualche tempo in uso in molti settori dell'elettronica di consumo (ad esempio le telecamv

Amplificatori di brillanza Il segnale video analogico prelevabile in uscita da un amplificatore di brillanza può es-

sere digitalizzato con buoni risultati. Alcuni costruttori utilizzano matrici anche di 1024 x 1024 pixel con 8-10 bit di profondità, vale a dire con 256-1024 livelli di grigio. Teoricamente sono possibili matrici di maggiore grandezza, ma sono costose, complesse e poco idonee in rappor-

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

to alla risoluzione spaziale e di contrasto dell'immagine offerta dall'amplificatore di brillanza. Questo tipo di sistema di rilevazione delle radiazioni presenta alcuni limiti soprattutto ai bordi dell'immagine, ove può divenire evidente una perdita di contrasto, una diminuzione della riso-luzione spaziale anche del 15-20 % e problemi di distorsione geometrica, soprattutto per le linee v

ia tradizionale, in particolare negli esami dinamici contra-stogra

tazione, con stampa anche su formati iù piccoli del normale delle sole immagini significative.

ologica classica può essere convertita in dati digitali at-

ecamere a matrice di diodi, microdensitometri a scansione, scanner CCD e

urgenze (rianimazione, pronto soccorso, unità di terapia in-tensiv

po, in altre parole la diversa sen-sibilità

ica, con perdita di con-trasto

Tuttavia i tempi di acquisizione sono molto lunghi (fino a 16 ore pe

matric

to opto - elettronico, al rumore quantico nella pellicola ed al rumore elettronico dei circuiti.

erticali. Utilizzando l'amplificatore di brillanza, si registrano alcuni vantaggi come la rilevante ri-

duzione di dose al paziente (inferiore del 35-50 % rispetto ad un’esposizione su pellicola tra-dizionale) e la minore potenzialità di errore. In passato i sistemi di digitalizzazione da amplifi-catore di brillanza erano quasi esclusivamente dedicati all'angiografia; oggi si vanno lenta-mente affermando anche in radiolog

fici del tubo gastro-enterico. Queste tecnologie consentono, oltre alla riduzione della dose al paziente (per maggiore

sensibilità del sistema), assenza di scarti, maggiore dinamica in acquisizione, abbreviazione dei tempi di esame ed un buon risparmio sulla documenp

Digitalizzazione delle pellicole tradizionali L'immagine di una pellicola radi

traverso particolari apparecchiature: telecamere digitali, tel

a raggio laser. Le telecamere digitali possono essere ulteriormente distinte in telecamere analogiche

interfacciate a convertitore analogico / digitale e telecamere a tecnologia completamente digi-tale. Offrono una definizione di immagine discreta e sono impiegate soprattutto in sistemi per la trasmissione a distanza delle

a) e per la teleradiologia. La digitalizzazione di una pellicola attraverso telecamera è un'operazione rapida e ab-

bastanza semplice da effettuare. La risoluzione spaziale dell'immagine prodotta dipende dal-l'ingrandimento in ripresa: meno esteso è il campo esaminato, maggiore sarà la risoluzione spaziale e viceversa. Gli svantaggi di queste telecamere riguardano soprattutto la perdita di risoluzione ai bordi dell'immagine e la non uniformità di cam

del detettore ad aree diverse della stessa immagine. Le telecamere con sensore a matrice lineari di fotodiodi sono accoppiate a motori per la

scansione ad alta precisione dell'intera immagine. Con queste macchine si arriva a matrici di 2048 x 2048 pixel ed oltre, con elevata risoluzione di contrasto (2028 livelli di grigio). Il tem-po medio di scansione per un radiogramma standard del torace (35 x 43 cm) è di circa 2 mi-nuti. Il maggior limite di queste macchine è la limitata gamma dinam

soprattutto per le zone a maggior differenza tra bianco e nero. Un'altra soluzione per la digitalizzazione delle pellicole radiografiche è costituita dai mi-

crodensitometri a scansione. Utilizzando luce multicromatica possono acquisire immagini ad elevata risoluzione e contrasto.

r una pellicola 35 x 43). Attualmente lo scanner con sensore di immagine a CCD è una delle tecnologie più uti-

lizzate. La risoluzione offerta è più che buona, con matrici fino a 2048 x 2048 o 4096 e 256-1024 livelli di grigio. Rapido è il tempo di acquisizione (massimo 30 secondi per i formati e le

i maggiori); altri vantaggi da segnalare sono la semplice utilizzazione ed il basso costo. Gli scanner a raggio laser sono tecnologicamente superiori ai CCD. La risoluzione del-

l'immagine è correlata al diametro del raggio laser. Il tempo di scansione è di 10-20 secondi e la gamma dinamica offerta, più che buona. Il maggiore problema dello scanner laser sono le non uniformità di campo, generalmente dovute alle fluttuazioni dell’intensità del fascio laser, alle disomogeneità delle fibre ottiche di accompagnamen

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

OUTPUT DI VISUALIZZAZIONE La computer graphics interattiva richiede l’uso di dispositivi di output che consentano di

comunicare effettivamente con il computer e in grado di modificare le immagini generate, ri-spondendo tempestivamente alle sollecitazioni dell’utente.

Il tubo a raggi catodici (CRT), insieme alla stampante, è certamente uno dei dispositivi output più utilizzati. Il monitor utilizzato con il personal computer è, come tutte le altre peri-feriche, un dispositivo raster: lo schermo cioè consiste di una matrice rettangolare di pixel (picture element). Ogni pixel del monitor può assumere un colore tra quelli disponibili.

Il pixel occupa una zona quadrata, il cui lato varia da monitor a monitor. Il numero di pixel di base e il numero di pixel in altezza sono le dimensioni in pixel del monitor (per esem-pio 1024 x 768 pixel).

Dimensioni comuni di questa matrice rettangolare di pixel sono le seguenti 640 pixel di base per 480 di altezza (standard VGA); 800 pixel di base per 600 di altezza; 1024 pixel di base per 768 di altezza (standard XGA); 1280 pixel di base per 1024 di altezza (standard SuperVGA).

Un monitor multisync può essere regolato indiffe-rentemente su una qualunque delle dimensioni in pixel che supporta (e che sono supportate anche dalla scheda grafica) Poiché le dimensioni fisiche del monitor naturalmente non variano, modificare le di-mensioni in pixel del monitor significa in realtà modificare il lato del pixel. Per esempio, pas-sando da 640 x 480 pixel a 800 x 600 pixel, il lato del pixel diminuisce (perché nella stesso spazio in cui prima c'erano 640 pixel, ora ce ne sono 800.

Normalmente nei monitor e nella televisione il rapporto di forma è di 4:3, cioè posta a 4 la base l'altezza è 3. La televisione ad alta definizione (HDTV, High Definition TV) ha un rapporto di forma di 16:9.

Il funzionamento di un CRT è basato su due fenomeni fisici: il comportamento fosfore-scente di alcune sostanze, che sottoposte al bombardamento di elettroni reagiscono emetten-do luce, e l’effetto dei campi elettromagnetici sul movimento degli elettroni, che permette di accelerarli fino ad alte velocità, metterli a fuoco in un fascio estremamente sottile ed indiriz-zarli verso una superficie fosforescente. Più precisamente, un CRT si compone di:

• un cannone elettronico, costituito da un cilindro metallico, ossia un catodo, che apposi-tamente riscaldato emette elettroni;

• una griglia di controllo che regola il flusso di elettroni e ne controlla la direzione. Il nu-mero di elettroni emessi è determinato dal voltaggio della griglia: più il voltaggio è ne-gativo, minore è il numero di elettroni che andranno a colpire la superficie fosforescen-te. La griglia di controllo è connessa ad un amplificatore, collegato a sua volta al circui-to di output del computer, che può così controllare accensione e spegnimento del fascio di elettroni;

• una struttura di accelerazione, composta di placche caricate positivamente, che riduce gli elettroni ad un fascio ad alta velocità;

• un sistema di messa a fuoco, che rende chiara l’immagine mettendo a fuoco gli elettro-ni in un fascio sottile, che può essere indirizzato verso un punto particolare dello schermo. Si osservi che non è sufficiente mantenere parallele le traiettorie degli elet-troni. Il sistema di messa a fuoco deve infatti cercare di fare convergere le traiettorie per controbilanciare l’effetto della repulsione tra elettroni che tende a farle divergere;

• un sistema di deflessione, basato sull’effetto di campi magnetici appositamente creati, che controlla la direzione del fascio di elettroni per muoverlo lungo lo schermo ed indi-rizzarlo verso il punto da colpire;

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

• uno schermo al fosforo, che emette luce visibile quando è colpito dal fascio di elettroni. Queste componenti sono tutte incluse in un tubo a vuoto di vetro, di forma conica; quando

gli elettroni colpiscono il rivestimento di fosforo, la loro energia cinetica viene in parte dissipa-ta sotto forma di calore, ed in parte trasferita agli elettroni degli atomi di fosforo che, così ec-citati, si spostano sui livelli quantici di energia superiori. Gli elettroni che si trovavano su livelli energetici meno stabili tornano quasi immediatamente sui livelli originari, e rilasciano l’eccesso di energia sotto forma di luce; quest’effetto è chiamato fluorescenza del fosforo, e si verifica durante il bombardamento del fascio elettronico. La fosforescenza è invece dovuta all’emissione di luce provocata dal ritorno degli elettroni eccitati più stabili ai loro livelli quan-tici originari, quando l’eccitazione provocata dal fascio elettronico viene meno.

Dato che l’eccitazione degli elettroni e quindi la fluorescenza, dura solo qualche frazio-ne di microsecondo, la fosforescenza è responsabile della maggior parte della luce emessa. Si osservi che la luce emessa dal fosforo è direttamente proporzionale all’intensità del fascio, di conseguenza variando il tasso di emissione degli elettroni si può modificare l’intensità del punto visualizzato sullo schermo.

Tubo a raggi catodici

Dato che l’emissione di luce decade nel tempo, le immagini prodotte sullo schermo de-

vono essere continuamente rinnovate (refreshed) al fine di ottenere figure stabili e ferme. Il numero di volte che occorre rinnovare l’immagine dipende dalla persistenza del fosforo, in pratica dal tempo di mantenimento della fosforescenza. E’ importante che ci sia sincronizza-zione tra velocità di refresh e persistenza del fosforo in uso per ottenere sul CRT immagini chiare e ferme: infatti, se la persistenza del fosforo è minore della velocità di refresh si verifi-ca il fenomeno dello sfarfallamento (flicker), cioè le immagini appaiono lampeggianti, o in ca-so contrario sfuocate. Generalmente la persistenza è dell’ordine di qualche decina dei micro-secondi, pertanto risulta necessario rinnovare le immagini ad una frequenza almeno dell’ordine di 60 volte il secondo. Si definisce CFF (dall’inglese critical fusion frequency) la mi-nima frequenza sopra la quale l’immagine appare ferma.

CRT a colori Sono composti di tre cannoni elettronici, uno per ciascuno dei tre colori di base (rosso,

verde e blu). Quando un fosforo è colpito dal fascio di elettroni, emette una luce colorata, tanto più forte quanto intenso è il fascio. Modulando il fascio, è quindi possibile “accendere” più o meno intensamente i vari fosfori, creando l’immagine colorata sullo schermo. Tra i can-noni e lo schermo si frappone una “shadow mask” (maschera ombreggiatrice), cioè uno schermo fittamente bucherellato che fa sì che ciascun cannone “veda” soltanto soltanto i fo-sfori del colore che gli compete, senza interferire con gli altri.

Altri dispositivi di output grafico Il recente sviluppo delle tecnologie dello stato solido ha consentito la realizzazione di

dispositivi di display alternativi.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

I display a cristalli liquidi (LCD a matrice passiva) dipendono da una sorgente di luce esterna polarizzando la luce dell’ambiente esterno. I display a cristalli risultano piuttosto lenti, rendendo difficili i lavori in animazione. D’altro canto essi sono di basso costo, di dimensioni limitate e richiedono ben poca potenza; caratteristiche che giustificano il loro vasto impiego quali dispositivi di output grafico dei computer portatili.

Le componenti fondamentali di un LCD sono costituite da sei strati: una lastra polariz-zata verticalmente, una grata verticale di fili elettrici depositata sulla superficie adiacente ai cristalli, quindi uno strato sottile di cristalli liquidi, di nuovo una grata, questa volta orizzonta-le, di fili elettrici sulla superficie adiacente al cristallo, una lastra polarizzata orizzontalmente, ed infine un riflettore.

Il materiale a cristalli liquidi è composto di molecole cristalline, normalmente disposte a spirale, in modo tale che la direzione di polarizzazione della luce che vi passa attraverso sia ruotata di 90°. La luce attraversa lo strato frontale, è polarizzata verticalmente, quindi passa attraverso i cristalli liquidi e la direzione di polarizzazione è ruotata di 90°, infine passa attra-verso il polarizzatore orizzontale, è riflessa e torna indietro attraversando i due polarizzatori e i cristalli. Quando i cristalli sono sotto l’influenza di un campo elettrico, si allineano tutti nella stessa direzione, perdendo il loro effetto polarizzante: la luce che li attraversa rimane polariz-zata verticalmente, non riesce più ad attraversare il polarizzatore orizzontale, e sul display rimane visualizzato un punto scuro. In questo modo è possibile visualizzare punti sullo schermo.

Gli strati di un LCD

Gli LCD a matrice attiva che sono provvisti di un transistor in corrispondenza di ogni posizione (x, y). I transistor sono utilizzati per fare sì che i cristalli possano modificare il pro-prio stato più velocemente, e, allo stesso tempo, per controllare passo per passo il cambia-mento di stato. Inoltre, i transistor possono essere usati come memoria per lo stato delle cel-le, e consentono di mantenere ciascuna cella in quello stato, fino alla modifica successiva. In questo modo la cella risulta più luminosa e non deve essere rinfrescata periodicamente. I cri-stalli possono infine essere tinti, per ottenere immagini a colori.

I display elettroluminescenti (EL) utilizzano lo stesso tipo di struttura a grata usata nei display LCD, ma lo strato di cristalli liquidi è sostituito da un sottile strato di plasma, materia-le elettroluminescente quale ad esempio solfuro di zinco drogato con manganese, che emette luce sotto l’azione di un campo elettrico. Un punto sul pannello è illuminato attraverso il si-stema di indirizzamento a matrice. I display EL consentono di ottenere immagini anche a co-lori molto luminose; essi possono inoltre essere spenti e riaccesi molto velocemente, e i tran-sistor piazzati in corrispondenza di ogni pixel possono essere usati per memorizzare le imma-gini. Inoltre questi dispositivi non richiedono il refresh delle immagini: una volta che il pixel va in display rimane lì, finché non è spento di proposito.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Il maggiore svantaggio dei display EL consiste nell’elevato consumo di corrente; tuttavia l’alta qualità delle immagini prodotte ne ha giustificato l’uso anche in qualche calcolatore portatile.

Correlazioni

• Dimensione in pixel Ciascuna immagine bitmap contiene un numero fisso di pixel o punti, misurato in altezza e

larghezza (il numero di pixel visualizzato rispettivamente lungo il lato orizzontale e verticale dell’immagine). Il numero totale di pixel moltiplicato per il numero di bit di ogni pixel deter-mina la dimensione del file o quantità di dati dell’immagine.

• Risoluzione dell’immagine stampata

Il numero di pixel visualizzato per unità di lunghezza è chiamata risoluzione dell’immagine, che è solitamente misurata in pixel per pollice (dpi). Un’immagine ad alta risoluzione contiene più pixel, che sono di conseguenza più piccoli, rispetto ad un’immagine delle stesse dimensio-ni con una risoluzione inferiore. Ad esempio, un’immagine di 1 pollice per 1 pollice con una ri-soluzione di 72 dpi contiene complessivamente 5184 pixel (72 pixel di larghezza x 72 pixel di altezza = 5184). La stessa immagine con una risoluzione di 300 dpi contiene 90.000 pixel, molto più piccoli. Poiché le immagini a risoluzione elevata usano un numero maggiore di pixel per unità di superficie, possono riprodurre particolari e transizioni di colore più dettagliati ri-spetto alle immagini a risoluzione più bassa. Tuttavia, una volta che un’immagine è stata cre-ata con una determinata risoluzione, l’aumento della risoluzione non produce un miglioramen-to della qualità poiché deve distribuire le stesse informazioni di pixel tra un numero maggiore di pixel.

Esempio di immagine stampata a 72 dpi e 300 dpi

Le risoluzioni orizzontale e verticale di un'immagine possono essere differenti. Ad e-sempio, le immagini ricevute attraverso una trasmissione fax hanno in genere risoluzioni di 200 x 100 pixel per pollice.

• Risoluzione del monitor

La risoluzione del monitor indica la quantità di punti che possono essere visualizzati contemporaneamente: generalmente si utilizza la risoluzione 800x600 , ma si può impostare il monitor per lavorare a risoluzioni maggiori quali 1024x768 oppure 1600x1200.

I pixel dell’immagine sono tradotti direttamente in pixel del monitor. Quando si conver-tono immagini stampate in immagini a video e si traduce la risoluzione dell’immagine nella

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

dimensione in pixel, è utile sapere che la risoluzione predefinita di un monitor PC è tipicamen-te di 96 ppi.

Quando la risoluzione di un’immagine è più alta della risoluzione del monitor, a video l’immagine appare più grande rispetto alle sue dimensioni. Un’immagine da 1 per 1 pollice, con una risoluzione di 144 ppi su un monitor da 72 ppi, è visualizzata in un’area di 2 per 2 pollici. Poiché il monitor può visualizzare soltanto 72 pixel per pollice, necessita di 2 pollici per visualizzare i 144 pixel che compongono un lato dell’immagine. Risoluzioni molto elevate de-vono quindi essere sempre accompagnate da monitor di grandi superfici quali 17 o 21 pollici (dimensione della diagonale dello schermo), altrimenti i caratteri e le immagini diventerebbe-ro piccolissimi e quasi illeggibili.

Ciascuno di questi tre aspetti concorre a determinare le dimensioni complessive del file dell'immagine: a parità di risoluzione, una maggiore profondità di colore produce un file più ingombrante.

Immagine digitale angiografica dei tronchi sopra-aortci

• Matrice di acquisizione: 500x501 pixels (6,67x6,68 pollici)

• Pixels per pollici: 75 • Formato di compressione: JPEG – JFIF

Compilant (Huffman – Standard) • Grandezza del file compresso: 54,5 KB • Grandezza del file non compresso: 244,6

KB • Rapporto di compressione: 4,5 • Profondità di colore: 8 bit (256 grigi) • Dimensione di stampa: 16,93x16,97 cm.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Elaborazioni grafiche delle immagini

A parte la trasmissione elettronica e l'archiviazione digitale, un altro importante vantaggio delle immagini digitali è rappresentato dalla possibilità di una loro agevole elaborazione, cioè modulate in funzione di una precisa finalità diagnostica.

Lo studio e la descrizione delle tecniche più diffuse e importanti di come un computer può memorizzare e alterare (migliorare, semplificare, ridimensionare eccetera) una immagine si chiama "Image Processing". Esistono due "tipi" fondamentali di "image processing", la elabo-razione vera e propria e la sintesi. Nel primo caso l'input è una immagine e l'output una im-magine alterata o migliorata relativamente a qualcuna delle sue caratteristiche. Nel secondo caso l'input è una rappresentazione simbolica di una scena (il caso più comune è la descrizio-ne di un insieme di poligoni, di un punto di vista e di un osservatore) e l'output è una imma-gine con qualità fotografiche.

Ciò è fatto mediante la selezione dei parametri più appropriati: in particolare vanno ri-

cordate sia le funzioni di visualizzazione sia le tecniche di elaborazione. Queste ultime sono usate per la riduzione del rumore (filtering) e per le ricostruzioni (reformatting e rendering). Le funzionalità di visualizzazione comprendono:

• variazione dell'ampiezza e del livello della finestra dei livelli di grigio (windowing) • inversione della scala dei grigi (image reverse) • ingrandimento di particolari (zooming) • scorrimento dell'immagine sul monitor (scrolling) • misurazioni (per la precisa definizione di distanze, angoli, aree, livelli di grigio, intensità

del segnale, densità, ecc.). Grazie all'utilizzazione di questo insieme di tecniche, le immagini digitali arrivano a con-

sentire, anche in presenza di una minore risoluzione spaziale, una pari o maggiore efficienza diagnostica rispetto alle immagini analogiche, proprio in relazione alla flessibilità e interattivi-tà della presentazione.

Esempio di interfaccia utente di un programma di elaborazione di immagini radiologiche digitali

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Tools di elaborazione grafica

Le immagini radiografiche sono solitamente elaborate in prima battuta da programmi presenti nelle stesse apparecchiature di acquisizione. Successivamente, possono essere nuo-vamente modificate dai programmi di elaborazione grafica che possono “leggere” il formato DICOM (.dcm è l’estensione standard).

Questi ultimi possono essere solo dei semplici viewer con limitate funzioni di modifica, oppure programmi completi di elaborazione grafica che consentono di controllare ogni aspetto del radiogramma: possono inoltre convertire il formato DICOM in formati più comuni, quali Jpeg e Tiff, visualizzabili e “lavorabili” dai programmi più comuni.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Radiogrammi del torace: filtro per parenchima, interstizio, mediastino e pleura Il rumore digitale E’ una entità di disturbo, inscindibile dal segnale, che si presenta in tutti i sistemi e

quindi anche nei sistemi radiologici. Esprime la granulosità del sistema e limita la visibilità di particolari a basso contrasto. E' dovuto a diversi fattori che con meccanismi diversi contribui-scono alla degradazione dell'immagine: • il rumore quantico è comune sia ai sistemi analogici sia digitali e dipende dai meccanismi

di produzione della radiazione a livello del tubo radiogeno e dai processi di interazione del-la radiazione con la materia. E' dovuto alla natura stocastica dei processi di assorbimento della radiazione incidente o della luce perciò il numero di fotoni assorbiti varia da punto a punto del rivelatore;

• il rumore elettronico, è dovuto all'imperfezione dei vari componenti dei sistemi elettronici (resistenze, telecamere…) ed è presente sia nei sistemi convenzionali sia digitali;

il rumore di quantizzazione è presente solo nei sistemi digitali per l’arrotondamento del pro-cesso di conversione analogico-digitale.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

La MTF La MTF (funzione di trasferimento della modulazione) descrive in modo completo la

perdita di informazione nel processo che va dall'acquisizione alla visualizzazione dell'immagi-ne. E' ottenuta come il rapporto fra l'informazione disponibile in ingresso e l'informazione ef-fettivamente fornita dal sistema radiologico. Mette il relazione, quindi, la risoluzione di con-trasto (minima variazione di intensità rivelabile fra zone contigue dell'immagine) con la risolu-zione spaziale (capacità del sistema di riprodurre fedelmente particolari radiologici piccoli e ad alto contrasto, misurata in pl/mm) per un sistema radiologico sia convenzionale sia digitale.

Metodo Risoluzione spaziale (pl/mm)

Dimensione matrice (pixel)

Film (da solo) 100 -

Schermo ad alta de-finizione

10 -

Schermo veloce 5 -

Mammografia 20 -

Intensificatore di immagine

4 -

CT 1 512x512

MRI 0,5 256x256

Ultrasuoni 0,2 512x512

Immagini da Gamma camere

0,1 128x128

Radiografia digitale 5 2048x2048

Nei sistemi convenzionali la risoluzione di contrasto (o contrasto) finale è determinato

dalle caratteristiche sensitometriche della pellicola, dal suo trattamento ed ovviamente dalla sua esposizione. Nei sistemi digitali il contrasto può essere manipolato a piacere con processi di windowing (variazione della finestra di vista). Si aggira così la limitazione del SVU che rie-sce a discriminare meno di 20 livelli di grigio. Questo è un grande vantaggio dei sistemi digi-tali rispetto agli analogici.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

LO STANDARD DICOM La possibilità di scambiare immagini mediche corredate da varie informazioni attraver-

so reti telematiche, fa sorgere l'esigenza di uno standard di comunicazione globale. Ciò offri-rebbe al radiologo la possibilità di consultare tutti gli esami dello stesso paziente contempora-neamente ed in un solo posto, ed al medico di reparto di accedere immediatamente alle im-magini, attraverso un collegamento in rete locale.

Uno standard, infatti, consiste in un insieme di norme fissate allo scopo di ottenere l'u-

nificazione delle caratteristiche di una determinata prestazione o processo tecnologico, da chiunque o comunque prodotto. DICOM/3 (Digital Imaging and Communication in Medicine) rappresenta un modello di tale standardizzazione, la cui nascita è stata però inizialmente o-stacolata dalla pluralità di produttori di hardware in campo medico i quali, proponendo stan-dard proprietari, avevano creato una situazione di completa incomunicabilità tra apparecchi di case costruttrici differenti. Tale fatto, non favorendo il decollo commerciale, ha portato l'orga-nismo che rappresenta i costruttori Americani, la NEMA (National Electrical Manifactures As-sociation), ad affrontare il problema della standardizzazione. Lo standard DICOM si è quindi ormai affermato nelle apparecchiature radiologiche di ultima generazione. Oltre ad essere il principale protocollo utilizzato per la trasmissione delle immagini mediche in rete, DICOM è universalmente conosciuto anche come il principale formato di archiviazione digitale di imma-gini diagnostiche.

DICOM/3 è in realtà più di un insieme di norme fissate per stabilire uno scambio di in-formazioni; DICOM 3 realizza un esplicito e dettagliato modello di descrizione di una serie di "oggetti" (paziente, immagine,..) che formano il dato radiologico, e di come sono tra loro col-legati. Alla base dei protocolli esiste un modello funzionale del mondo reale, cioè un modello di come le diverse attività ospedaliere (in particolare quelle radiologiche) si svolgono nell'am-biente operativo. L'approccio a sviluppare strutture di dati basate su modelli e analisi di ver-sioni astratte di entità reali è la cosiddetta "struttura orientata per oggetti", la quale offre il grande vantaggio di mostrare chiaramente sia i dati richiesti in un determinato scenario mo-dellato, sia le modalità di interazione e correlazione tra loro. Un entità del mondo reale come un paziente, un ricovero, un immagine... è modellata come un oggetto; ogni oggetto ha una serie di attributi, per esempio l'oggetto paziente conterrà gli attributi dati anagrafici, data di ricovero ecc..

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

I SISTEMI INFORMATIVI IN RADIOLOGIA

I sistemi informativi hanno in genere la funzione di coordinare la raccolta, la gestione, la presentazione e lo scambio d’informazioni. In un’organizzazione, quale un ospedale o un reparto di radiologia, un sistema informativo ha il fine di consentire la gestione delle informa-zioni utili per comprendere lo stato di funzionamento dell'organizzazione stessa; un sistema informatico è la componente automatizzata del sistema informativo. Nell'accezione normale si tende a sfumare le distinzioni tra sistema informativo e sistema informatico, perché non sem-bra possibile che l'uno possa esistere senza l'altro. D'altra parte un sistema informatico risulta del tutto inutile, se non esiste prima una corretta e precisa opera di raccolta dell'informazio-ne: in molti casi la mancanza o l'inesattezza delle informazioni è dovuta a deficienze organiz-zative, e non a quelle del sistema informatico.

Attualmente esistono tre sistemi informativi sanitari: • il Sistema Informativo Ospedaliero (HIS, Hospital Information System), • il Sistema Informativo Radiologico (RIS, Radiological Information System), • il Sistema per l'Archiviazione e la Comunicazione delle Immagini (PACS, Picture Archivino

and Communication System).

Tra questi tre distinti sistemi sono stati delineati diverse forme di collegamento: 1. i tre sistemi sono del tutto indipendenti tra loro anche se sono in grado di scam-

biarsi alcune classi di dati; 2. il RIS è un sottosistema dello HIS, mentre il PACS, per la sua vocazione preva-

lente alla gestione delle immagini, è un sistema indipendente (esiste comunque uno scambio di dati);

3. il PACS ed il RIS sono integrati all'interno dello HIS.

Quest'ultima soluzione è ancora non sufficientemente perfezionata poiché RIS e PACS non hanno conosciuto uno sviluppo simultaneo ed omogeneo: di conseguenza essi sono attual-mente sistemi quasi sempre distinti, spesso con limitate possibilità di scambio di dati. Negli ultimi anni, tuttavia, molti centri di ricerca e gran parte delle industrie radiologiche hanno profuso un notevole impegno per rendere possibile una sempre più efficace integrazione tra RIS e PACS.

All'interno dell'ospedale, la Radiologia è probabilmente il reparto nel quale si fa maggiore uso di tecnologie avanzate: fra queste, appunto, l'informatica occupa un posto di primo piano. In un ideale sistema informativo integrato per la radiologia, dovrebbero essere presenti le se-guenti funzionalità:

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

• acquisizione in formato digitale delle immagini fornite dalle diverse apparecchiature diagnostiche e dei dati a loro associati;

• elaborazione ed archiviazione d’informazioni relative ai diversi momenti della storia cli-nica del paziente;

• condivisione in rete di tutte le informazioni d’utilità clinica ed amministrativa.

Il Sistema Informativo Ospedaliero (HIS, Hospital Information System)

Ha lo scopo di gestire in modo unitario le informazioni necessarie per i vari aspetti della vi-ta di un ospedale. In realtà solo pochi sistemi riescono ad assolvere compiutamente questa funzione: generalmente gli aspetti più curati sono quelli amministrativi. Meno spesso lo HIS si fa carico della gestione centralizzata degli appuntamenti per procedure diagnostiche. In prati-ca gli HIS oggi installati sono sistemi prevalentemente orientati a finalità amministrativo - fi-nanziarie, e non rivestono che scarsa o nulla utilità sul piano sanitario.

Per quanto riguarda i contenuti informativi gestiti dal sistema, in generale in uno HIS esi-stono tre principali classi di dati: quelli relativi ai pazienti (anagrafica del paziente, storia amministrativa e clinica, etc.), quelli relativi alle attività (servizi che la struttura ospedaliera fornisce ai pazienti: giorni di ricovero, esami diagnostici, prestazioni terapeutiche, etc.), quelli relativi alle risorse (personale, attrezzature, risorse finanziarie). Questo insieme di dati è uti-lizzato a livello operativo per assistere il personale sanitario e amministrativo nello svolgimen-to dell'attività quotidiana, a livello di gestione per pianificare l'organizzazione dell'attività ed analizzare il lavoro svolto, e a livello di coordinamento e supervisione per ottenere informa-zioni ancora più aggregate.

Il Sistema Informativo Radiologico (RIS, Radiological Information System)

E’ un sottoinsieme dello HIS, poiché ha il compito di gestire le informazioni generate nel reparto di radiologia, all'interno della struttura ospedaliera. In particolare il RIS si fa carico della prenotazione e accettazione dei pazienti in radiologia, di aspetti logistici (occupazione, sale, personale, materiale), della refertazione, dell'archiviazione dei referti e delle pellicole (vedi Capitolo dedicato).

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Le reti

Quando due o più computer sono collegati in modo da potersi trasmettere informazioni l’un l’altro, si dice che formano una rete: lo scopo principale delle reti è sempre quello di con-dividere informazioni e risorse tra più computer, e quindi tra più utenti.

Le reti di computer possono essere di diversi tipi, secondo il numero di computer collegati, della distanza a cui si trovano tali computer e del modo in cui viene realizzato il collegamento.

Le reti geografiche (WAN) Se i computer collegati in rete si trovano a notevole distanza l’uno dall’altro (anche mi-

gliaia di chilometri), si ha una rete geografica (WAN, Wide Area Network). Nelle reti di questo tipo, di cui Internet rappresenta forse l’esempio più vasto e noto, il numero di computer col-legati è solitamente molto elevato; il collegamento viene realizzato tramite linee telefoniche, linee dedicate (nel senso che consentono la comunicazione diretta senza entrare nella rete te-lefonica come ISDN e ADSL) e trasmissioni via satellite. Il modem (modulatore – demodulato-re) è quella periferica che trasmette dati digitali sotto forma di impulsi attraverso la linea telefonica. In pratica funziona come un fax: chiama, si connette, dialoga, inizia la trasmissione e si disconnette.

Le reti locali (LAN) Se i computer collegati si trovano a breve distanza tra loro, solitamente all’interno dello

medesimo edificio o addirittura dello stesso locale, si parla di rete locale (LAN, Local Area Network).

Una LAN è un gruppo di computer dove su ognuno di essi è installata una scheda di rete e un software di gestione di rete, collegati tra loro, in modo da potere condividere applicazioni, dati, e periferiche (ad esempio stampanti).

Una rete interna alla struttura ospedaliera (intranet) rende possibile la comunicazione tra i p.c. collegati e dislocati presso le sale della radiologia , nei reparti di degenza, nelle aree di pronto soccorso, nelle sale operatorie e quant’altro.

Cablaggio di un edificio

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Nelle reti locali esiste solitamente un computer principale, denominato server, che met-

te le sue risorse a disposizione degli altri, chiamati client o stazioni di lavoro (workstation), i quali accedono alle risorse condivise.

La separazione dei servizi in aree funzionali e/o dipartimentali presenta una serie di vantaggi intrinseci rispetto alle implementazioni di RIS e PACS centralizzate su di un unico server; le operazioni che comportano il massimo impiego di risorse, in altre parole la gestione dei dati degli esami effettuati, sono effettuate localmente, senza richiedere il transito massic-cio di informazioni sulla rete ospedaliera.

Una tale soluzione consente l’eventuale ottimizzazione delle infrastrutture nelle singole aree funzionali che necessitano di maggiori risorse e distribuzione, anche in reparti dove non sono presenti stazioni RIS o PACS.

I collegamenti sono effettuati tramite cavi o tramite altri sistemi wireless (senza cavo) senza usare le linee telefoniche. I computer connessi fisicamente tra loro (cablati) possono comunicare molto più velocemente che non se connessi con altri sistemi. Esistono molti tipi di LAN classificabili secondo il modo in cui le varie stazioni sono connesse tra loro. Il tipo di rete più comune per i PACS, ad esempio, è quella detta a stella dove ogni workstation fa capo ad un centro chiamato "hub" o swich, che rappresenta appunto il nodo di smistamento del si-stema. E’ tramite questo che le altre workstation e le altre periferiche vengono gestite.

Oggi questa classificazione tra reti tende a scomparire con la visione di villaggio globale: la rete deve essere vista come una internet, cioè una rete globale capace di trasferire informa-zioni, in cui sono interconnesse le varie reti LAN, WAN e Wireless in base alle esigenze dell’utente e/o dell’amministratore di rete.

Infrastruttura di rete

Una rete è composta da: • collegamento fisico: filo o fibra ottica o segnale radio; • interfaccia di collegamento: scheda hardware dei sistemi a cui si connette il collega-

mento fisico; • protocollo di comunicazione: serie di standard (regole) che permettono la comunicazio-

ne o il trasferimento di file tra due computer. Fondamentalmente è un insieme di istru-zioni che indicano ai segnali come andare da un computer o terminale all’altro, nel mo-do più efficiente possibile;

• indirizzi univoci: ogni apparecchio è identificato da un indirizzo numerico a quattro nu-meri, ognuno variabile da 0 a 255.

Esistono tre principali strutture di rete: 1. a bus, 2. a ring, 3. a stella.

Le reti con topologia a bus erano le più utilizzate

in ambito locale, poiché risultavano economiche e flessibili. Si caratterizzano per la presenza di un cavo coassiale o da un cavo in fibra ottica (bus), al quale sono collegate tutte le stazioni in modo che i dati tra-smessi da una stazione raggiungano il destinatario senza fermate intermedie. Nelle reti a bus non è ne-cessario predisporre un server centrale, e inoltre l'af-fidabilità di questa connessione deriva dal fatto che il guasto di una stazione non compromette il funziona-mento dell'intera rete; tuttavia il flusso netto di trasmissione è basso in quanto tutti i disposi-tivi di rete operano sullo stesso canale.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Nelle reti con topologia a ring o ad anello i

terminali sono connessi formando un anello. Questa struttura ha punti in comune con quella precedente (mancanza di privacy, accesso a un singolo utente), ma se ne differenzia per il fatto che se si interrompe la comunicazione tra due terminali, il collegamento può essere ripristinato tramite una via accessoria (doppio anello)

La topologia a stella è quella più utilizzata in

ambito locale (scuole, uffici, edifici ecc.). E' carat-terizzata dalla presenza di un nodo centrale, rap-presentato da un calcolatore detto server, oppure da un "concentratore" (hub o switch), a cui fanno capo un numero variabile di stazioni. Ogni unità periferica può colloquiare, cioè scambiare imma-gini e dati alfanumerici, con un'altra solo passan-do attraverso il nodo centrale.

Il vantaggio dei sistemi a stella è rappresenta-to dalla possibilità di avere dei flussi elevati di da-ti, in quanto in pratica si ha un collegamento "punto a punto" tra due stazioni. Questo sistema consente il mantenimento della privacy e l'uso si-multaneo da parte di più utenti. L'interruzione di un collegamento con un terminale non pregiudica quello degli altri e d'altra parte il nodo centrale provvede automaticamente a porre rimedio al difetto del sistema. E' possibile l'interconnessione tra le tre strutture per formare reti più complesse.

A tal proposito è bene suddividere le tipologie di reti locali in due branche: quelle pariteti-

che e quelle basate su server: • la prima delle due opera senza supporto di server (computer che "eroga" servizi) nella re-

te. In questa configurazione ogni host (computer connesso) ricopre il ruolo di client (com-puter che "chiede" servizi) ma al contempo anche di server: è l'utente a cui corrisponde l'host che gestisce le periferiche e i diversi documenti che saranno condivisi con i diversi host della rete. Una rete paritetica, se da un lato può risultare funzionale in alcune circo-stanze, in altre può arrecare diversi problemi in primo luogo legati essenzialmente alla si-curezza, poiché quest'ultima viene gestita esclusivamente da ciascun host in modo indi-pendente;

• diversamente, nelle reti basate su server, almeno un host funge da server. In questo caso

i PC client non condividono informazioni con altre postazioni e tutti i dati vengono centra-lizzati sul server; persino alcune periferiche, come quelle di stampa, possono essere cen-

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

tralizzate sul server. In questo modo al client viene "sottratto" un enorme carico di lavoro. In questo caso il computer client fa girare una piccola versione del programma (la stub) che permette la connessione con il server, e sarà il server a gestire le diverse richieste dei client e a smistare opportunamente i dati.

Tecnologie di rete Le più comuni tecnologie di rete sono Ethernet, FDDI (Fiber Distributed Data Interface), e

ATM (Asynchronous Trasnsfer Mode), che sono usate rispettivamente per basse, medie e alte velocità di comunicazione.

• Ethernet: la trasmissione può avvenire tramite cavi coassiali o tramite le fibre ottiche. La velocità di trasmissione è di circa 10-100 Mbit\s. Poiché un pacchetto di dati può inclu-

dere un massimo di circa 1.500 byte, un singolo file è normalmente suddiviso in molti pac-chetti. Ethernet presenta un alto grado di espandibilità: non vi è infatti limite al numero di apparecchiature che possono essere connesse, se non nel progressivo rallentamento della ve-locità di trasmissione dei dati quando più apparecchiature tentano di trasmettere in rete le immagini così ottenute. Il limite della rete è la bassa velocità di trasmissione. Ethernet viene impiegata nell'ambito del PACS per trasmettere le immagini da un imaging system al compu-ter di acquisizione.

• FDDI: fa uso di fibre ottiche. Il modello più diffuso è quello a due rings, uno attraverso cui la trasmissione avviene in

senso orario e uno in cui avviene in senso antiorario. Nel caso che una delle due connessioni si interrompi, il doppio ring subisce una reversione a singolo ring e il sistema può continuare ad operare. Con l'impiego di un protocollo di rete particolarmente efficiente, unitamente al flusso di dati bidirezionale, si possono raggiungere velocità di trasmissione fino a 100 Mbit/sec. FDDI è utilizzata per comunicazioni a media velocità, per esempio, tra il computer di acquisizione e il PACS controller. Sia Ethernet che FDDI sono progettate per le reti locali.

• ATM invece è progettata sia per le reti locali (LAN) che per quelle geografiche (WAN). Si basa su una topologia a stella a fibre ottiche, in cui sono previsti switches (stazioni di

smistamento). La velocità di trasmissione per un ATM WAN è di circa 60.64 Mbit\s, e per un ATM LAN di circa 66.64 Mbit\s.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Il protocollo di comunicazione TCP/IP

Essenzialmente è una serie di regole per comporre dei messaggi e per far sì che essi pos-sano essere scambiati tra due macchine. Un protocollo può contenere regole estremamente dettagliate, come quelle che identificano il significato di ogni singolo bit nella costruzione di un messaggio, oppure fornire uno scenario di alto livello, come per esempio definire come avviene il trasferimento di un file da un computer a un altro.

Tutte queste tre tecnologie di rete si avvalgono del protocollo di comunicazione TCP\IP, ovvero lo standard adottato per comunicare i dati. E' un insieme di protocolli di trasmissione di cui i due principali sono appunto il TCP (Transmission Control Protocol) e l'IP (Internet Pro-tocol).

• TCP Transport Control Protocol assicura che tutti i pacchetti inviati a un computer re-moto siano realmente arrivati a destinazione.

• IP Internet Protocol detta le regole base per organizzare i pacchetti di dati che viaggia-no in una rete. Il TCP lavora al di sopra di IP.

Una generica architettura di trasmissione è formata da una torre a più piani, dove ogni piano rappresenta una precisa responsabilità nella trasmissione dei messaggi. Alla base della torre sta la porta di accesso alla rete fisica, che potremmo pensare come una rete di strade. Ogni piano prende il messaggio che arriva dal piano superiore, lo mette in una busta con al-cune informazioni aggiuntive, e lo passa come messaggio al piano inferiore.

Le regole di comunicazione tra i vari piani sono dette interfacce. Il messaggio risultante, formato da tante buste una dentro l'altra, viene immesso nella rete dalla porta che si trova alla base della torre. Una volta arrivato al piano terreno infatti, esso viene trasportato alla torre di destinazione e da qui risale un piano dopo l'altro fino all'ultimo piano, detto anche li-vello applicativo. Ogni piano della torre di destinazione apre solo la busta che gli compete e usa le informazioni aggiuntive per recapitare la busta successiva al piano superiore. Le infor-mazioni aggiuntive rappresentano il protocollo di comunicazione. Ogni piano comunica quindi solo con il piano corrispondente.

Schema a strati del TCP/IP

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

IL PACS Il recente sviluppo delle apparecchiature diagnostiche è stato in gran parte legato alla

evoluzione della loro componente informatica. L'introduzione della TC spirale e lo sviluppo delle nuove sequenze ultra - veloci in RM, per fare solo due esempi, sarebbe stato possibile se fossero stati disponibili computer di adeguate capacità elaborative. Anche in questo settore il progresso tecnologico ha avuto diverse fasi: in un primo tempo le apparecchiature digitali di diagnostica per immagini sono state inserite nelle Radiologie in un modo simile ai primi "mini-elaboratori" nell'informatizzazione. Le macchine eseguivano le loro funzioni ma erano isolate dal resto della radiologia e dell'ospedale: per tale ragione la visualizzazione delle immagini, la loro elaborazione e archiviazione erano eseguite sulla stessa apparecchiatura utilizzata per l'acquisizione.

La tecnologia delle reti informatiche ha rivoluzionato anche questo settore dando un impulso nuovo all'integrazione fra le varie apparecchiature. Per questo, negli anni '80 si iniziò a delineare il concetto di PACS (Picture Archiving and Communication System), come sistema integrato per la gestione digitale delle immagini diagnostiche, finalizzato all'eliminazione delle pellicole radiografiche.

Le motivazioni economico organizzative alla base dell'introduzione del PACS sono le

seguenti: • aumentare la produttività delle apparecchiature (eseguendo l'analisi e l'elaborazione

delle immagini su consolle secondarie); • realizzare un archivio digitale di tutte le immagini prodotte, riducendo il rischio di per-

dita delle informazioni; • distribuire le immagini diagnostiche ai reparti in forma digitale con risparmio di tempo

e di pellicole. Naturalmente per ottenere questo scopo il sistema doveva garantire il trasferimento delle

immagini su sistemi di archiviazione digitali, nei quali fosse possibile reperire, in ogni momen-to e da ogni luogo, le informazioni desiderate. L'architettura del PACS è stata perciò basata su una rete in grado di connettere le apparecchiature di acquisizione delle immagini, le stazioni di visualizzazione e l'archivio digitale.

Tipologie di PACS In relazione all'estensione e al numero delle apparecchiature diagnostiche connesse, una

classificazione dei sistemi PACS distingue le seguenti tipologie:

• PACS parziale ("modality cluster" o "mini-PACS). E’ è limitato all'acquisizione, la visua-lizzazione, l'archiviazione e la trasmissione di immagini provenienti da un'unica modali-tà diagnostica. E' la forma più semplice da un punto di vista funzionale: i dati trasmessi non devono percorrere distanze molto elevate. Inoltre il software gestionale della wor-kstation è a impegno limitato finalizzato soprattutto alla archiviazione ed elaborazione delle immagini.

• PACS a sviluppo intermedio. E’ ancora confinato all'istituto o al reparto di radiologia come nel caso del PACS parziale, ma rispetto ad esso gestisce più modalità diagnosti-che (es: TC, RM, ECO). Questo tipo di configurazione, quindi, permette una gestione unitaria delle immagini acquisite.

• PACS globale. Non è solo in grado di connettere tutte le apparecchiature presenti in ra-diologia, ma dovrebbe consentire l'integrazione con i sistemi informativi radiologico ed ospedaliero (RIS e HIS), e con il mondo esterno all'ospedale tramite teleradiologia.

Il possibile passaggio dal PACS parziale ai successivi è realizzabile con l'aumento delle ap-

parecchiature collegate, e con l'ampliamento dell'area di influenza del sistema.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Componenti e funzioni del PACS Per realizzare le funzioni tipiche del PACS sono necessari vari componenti hardware e sof-

tware che possono essere classificate come segue: 1. una infrastruttura di rete che consente la comunicazione tra tutti i componenti del si-

stema PACS, garantendo un tempo accettabile per il recupero delle immagini, anche dagli archivi;

2. dispositivi di acquisizione delle immagini provenienti dalle differenti modalità diagnosti-

che (o imaging systems);

3. dispositivi di visualizzazione, elaborazione e stampa delle immagini, rappresentati dalle stazioni di lavoro (o workstations) e dalle loro periferiche;

4. dispositivi di archiviazione delle immagini diagnostiche su supporti digitali (archive

system).

Dispositivi di acquisizione Sono fondamentalmente rappresentati dai computer di acquisizione, ovvero di

collegamento tra gli imaging systems (le modalità diagnostiche come la TC, la RM, la ECO, la RX digitale ecc.), e il PACS. La necessità di avere dei computer di collegamento deriva dal fatto che gli imaging systems non possiedono i necessari programmi di comunicazione e di coordinazione, che sono invece standardizzati all'interno del PACS. I computer di acquisizione delle immagini hanno tre primarie funzioni: acquisiscono le immagini dagli imaging systems, le convertono in un formato standard DICOM e le trasferiscono al PACS vero e proprio.

Nonostante la crescente presenza di sistemi intrinsecamente digitali rimane il problema della digitalizzazione delle immagini convenzionali radiologiche. Sono perciò inclusi nei sistemi di acquisizione i sistemi basati su piastre ai fosfori (CR – Computed Radiography), digitalizza-tori di film (FD – Film Digitizer) e i Frame Grabber (FG), per la cattura di immagini video. In

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

alternativa sono utilizzate, ove possibile, opportune schede di interfaccia per la conversione digitale.

Dispositivi di visualizzazione

Le stazioni di lavoro o workstations sono i luoghi deputati alla interpretazione dell'esame e alla elaborazione delle immagini; sono dotate di un sistema di monitor nei quali sono visualiz-zate le immagini radiologiche. Queste postazioni sono l’archivio di primo livello, detto anche “locale” dove la consultazione delle immagini, anche quelle pregresse, avviene in tempo rea-le. La capacità di archiviare localmente le immagini è limitata. Le workstations possono confi-gurarsi all'interno di tre campi di azione: refertazione, dove le caratteristiche tecniche devono essere le migliori possibili, teleradiologia e consultazione.

Dispositivi di archiviazione

Quando l’esame è refertato sulla stazione di visualizzazione le immagini sono spedite in

automatico all’archivio. L'archiviazione sistematica degli esami è di fondamentale importanza in radiologia, per

consentire l'accesso agli esami precedenti, per adempiere ad un preciso obbligo legale, e per creare e mantenere un archivio didattico.

Il retrieval cycle (periodo di recupero) delle immagini medicali è ben definito: infatti è indispensabile garantire il recupero in tempi brevi delle immagini più recenti, mentre esistono studi in materia che dimostrano come, oltre un certo limite di tempo, le immagini non sono più richiamate, essendo diminuito notevolmente il loro contributo diagnostico.

Grazie all’esistenza di diverse tecnologie in grado di supportare enormi moli di dati, è quindi possibile pensare di strutturare l’archivio utilizzando tecnologie diverse secondo le esi-genze legate al retrieval time: da qui nasce l’idea dei livelli di archiviazione.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

In rapporto ai tempi di conservazione delle immagini diagnostiche, si distinguono quattro livelli di archivio: • archivio a brevissimo termine: limitato al tempo che intercorre tra l'acquisizione e la

refertazione; • archivio a breve termine: corrisponde alla durata della degenza in ospedale del pazien-

te, in cui la possibilità di frequenti consultazioni è elevata; • archivio a medio termine: della durata di un anno dal momento in cui un paziente è

dimesso; • archivio storico: di durata superiore ad un anno. La stazione di archiviazione è composta solitamente da diverse componenti:

1. RAID (Redundant Array of Inexpensive Disk): la tecnologia RAID è prevalentemente utiliz-

zata per realizzare dei meccanismi di ridondanza allo scopo di preservare l’integrità dei da-ti. Le immagini spedite dalla stazione di refertazione attraverso la rete locale sono archi-viate su un sistema costituito da dischi ridondati con capacità da 36 a 630 GB (la grandez-za del RAID dipende proporzionalmente dal volume dei dati trattati nel reparto di radiolo-gia). Tutte le operazioni effettuate su un disco sono replicate (mirroring) su un altro disco di capacità uguale. Possono essere presenti dischi Spare per rimpiazzare eventuali crash dei dischi presenti. Questo sistema è utilizzato per la gran capacità di archiviazione dati e la grande velocità di accesso agli stessi, 5-10 secondi.

2. Juke box (archivio primario): i dati presenti sul RAID necessitano di un’archiviazione su si-stemi che garantiscano la conservazione dei dati . A tale scopo sono utilizzati CD-R, OD, DVD inseriti in juke box che hanno la capacità di contenere un numero elevato di questi supporti. Se il dato richiesto è presente in un media all’interno del juke box, l’accesso ai dati richiesti risulta di circa 30 secondi. In caso contrario il sistema avverte l’operatore del-la necessità di inserire il media contenente i dati richiesti.

3. Libreria a nastri (tape library) o archivio secondario: per ovviare a questo problema spes-so si affianca al juke box una libreria a nastri, che ha la caratteristica di poter gestire in tempi ridotti un’elevatissima quantità di dati, recuperando automaticamente il dato che era prima inserito manualmente.

All’interno della stazione di archiviazione i dati sono gestiti da due database, connessi l’uno all’altro che interagiscono in tempo reale:

1. PDIR (Patient Directory), database dei dati anagrafici dei pazienti, numero degli esami

archiviati e posizionamento di questi all’interno dell’archivio; 2. IMS (Image Management System), database dei dati delle immagini.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Memorie di massa

Quando il computer nacque negli Stati Uniti, nel 1940, probabilmente la memoria di massa più usata era rappresentata da "carta e matita". Più avanti, l'idea di sfruttare supporti già lar-gamente sperimentati, portò all'introduzione di nastri perforati ed in seguito delle schede per-forate.

Gli svantaggi più evidenti di questi mezzi erano però l'ingombro, la scarsa sicurezza, la fragilità e la flessibilità praticamente nulla (per modificare anche un solo dato occorreva ri-scrivere l'intero nastro rischiando il suo danneggiamento).

La vera evoluzione per l'archiviazione dati è iniziata con l'introduzione dei supporti magne-tici: dapprima schede magnetizzate e nastri, come quelli dei registratori il cui unico svantag-gio è dato dalla lentezza di archiviazione e lettura, ed in seguito dai dischi.

I diversi supporti digitali per l'archiviazione si differenziano in funzione del tempo di per-manenza dei dati archiviati, della capacità, della velocità d’accesso e del costo.

Si possono distinguere due classi fondamentali di dispositivi di memoria in base al metodo di accesso consentito:

• ad accesso sequenziale (ad esempio, nastri): per cercare un dato è necessario accede-re a tutti quelli che lo precedono sul dispositivo;

• ad accesso diretto ai dati (dischi), grazie a un sistema di porzioni (blocchi) del disposi-tivo.

Nel caso di dispositivi magnetici (nastri o dischi) l’informazione è presente in memoria co-me stato di magnetizzazione, che può essere positivo o negativo (codifica binaria). Nel caso di dispositivi ottici (CD ROM, DVD) l'informazione è presente in memoria come stato di pola-rizzazione del materiale.

Dischi magnetici

Hard disk (HD): dispositivo elettro-meccanico per la conservazione di informazioni sotto forma magnetica, su supporto rotante a forma di piatto su cui agiscono delle testine di lettu-ra/scrittura.

E’ costituito da una pila di dischi sovrapposti ad una opportuna distanza per lasciare spazio alle testine e ruota a velocità costante. Ogni disco è costituito da un piatto di alluminio o ve-tro ceramica ricoperto da materiale magnetizzabile. Le testine di lettura/scrittura non sono a diretto contatto con il disco ma girano su un cuscinetto d’aria (lo spazio è più piccolo di un granello di sabbia);

• scrittura: quando la corrente negativa o positiva passa attraverso la testina, è magne-tizzata la superficie sotto la testina e le particelle magnetiche si allineano verso sinistra o destra secondo la polarizzazione della corrente;

• lettura: quando una testina passa sopra un’area magnetizzata è indotta una corrente positiva o negativa nella testina: questo permette di rileggere i bit memorizzati prece-dentemente.

Disco fisso (hard disk)

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Il nastro magnetico Il nastro magnetico è costituito da una struttura continua di poliestere di altezza e lun-

ghezza variabile. Da un lato questo nastro è ricoperto da un materiale che ha la caratteristica di poter essere magnetizzato e quindi di conservare il campo magnetico applicato. La superfi-cie è suddivisa in piste o tracce longitudinali.

Dischi ottici

L'ultima generazione di supporti per l'archiviazione dati è quella dei dischi ottici

suddivisibili in tre categorie: • disco digitale come memoria di massa per computer (CD-ROM), • disco digitale audio (CD-R), • disco digitale video (DVD). La lettura e la scrittura (quest'ultima è possibile solo grazie ai masterizzatori) su questi di-

schi avviene tramite una testina laser che tramite l'angolo di riflessione della luce sulla parte metallica del disco individua e decodifica le informazioni incise.

Il CD-ROM nasce nel 1983. La sigla significa Compact Disk - Read Only Memory, un mezzo di immagazzinamento dati che usa un laser ottico per leggere (a una velocità di 140cm/sec) dei microscopici avvallamenti incisi con andamento spiraliforme dal centro verso l’esterno (a densità costante), su un disco argentato riflettente (il colore argentato viene da uno strato di alluminio che fa da supporto). Gli avvallamenti rappresentano i bit di informazione: la sua ca-pacità è pari a 575 floppy disk da 1,44 Mbyte.

Il termine CD-R sta in breve per CD-ROM registrabile e si riferisce ad un CD che non pre-senta avvallamenti sulla superficie e che quindi è vuoto.

Al posto dello strato di alluminio, il CD-R ha una pellicola colorata speciale su cui si posso-no incidere gli avvallamenti con il calore, cioè dando al laser che normalmente legge soltanto gli avvallamenti una potenza maggiore, in modo che bruci la superficie. È un'azione che si può fare solo una volta su ogni CD-R.

Si possono però lasciare delle aree vuote e scriverle in seguito, creando un cosiddetto CD multisessione.

Struttura di un CD-R e meccanismo di lettura/scrittura

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Il DVD acronimo di Digital Versatile Disk rappresenta il naturale miglioramento della tecnologiaCD-ROM.

Utilizzando una tecnologia di memorizzazione digitale su dischi ottici, il DVD è in grado di sostituire gli attuali CD audio, CD-ROM, PHOTO CD e VHS. La sua capacità di memorizzare dati è pari a 4,7 gigabyte (il nuovo standard DVD permette 17GB), garantendo una piena compatibilità in lettura con i maggiori dispositivi di archiviazione ottica. Il suo supporto può essere cancellato e riscritto come su un disco fisso grazie ad una particolare tecnologia chia-mata "Phase Change" ideata dalla Panasonic nel 1996.

Utilizzano una tecnologia con doppio strato, ottenuta inserendo tra i due strati superficiali uno strato semiriflettente costituita da una lega che varia il proprio stato quando è riscaldata dal raggio laser del DVD: un laser di minore potenza legge sulla superficie riflettente la pre-senza di pits, “fosse”, sullo strato superficiale che scoprono quello riflettente. Secondo l’angolo di incidenza del raggio laser la riflessione avverrà da uno strato oppure dall’altro

Durante la scrittura, il raggio laser ad alta temperatura incide la lega del supporto creando una struttura amorfa con un punto poco riflettente che equivale ad un bit pari a 1. La cancel-lazione dei dati dalla matrice si effettua utilizzando il raggio laser con una temperatura leg-germente inferiore, che riporta il punto ad un aspetto cristallino che viene interpretato come un bit pari a 0. Per la lettura dei dati, il raggio laser colpisce la superficie del disco ad una de-bole potenza, interpretando le aree più o meno riflettenti come 1 e 0.

• DVD-ROM: sono i supporti che si possono solo leggere (Read Only Memory); • DVD-RAM: sono i supporti riscrivibili; Innovazioni rispetto ai CD-ROM: Pit (fori) più piccoli (0,4 micron invece di 0,8), spirale in

una unica traccia più serrata (0,74 micron tra ogni traccia invece di 1,6), raggio laser rosso (0,65 micron invece di 0,78). I dischi magnetici sono CAV (Constant Angular Velocity), men-tre i CD-ROM sono CLV (Constant Linear Velocity).

Struttura di un DVD

Capacità delle memorie Tipo di me-

moria Tempi Ac-

cesso Capacità

Memoria Cache 1-2 ns centinaia di Kbyte

Memoria cen-trale

10 ns 16-512 Mbyte

Dischi magneti-ci

10 ms 80-20000 Mbyte

Dischi floppy 100 ms 1.44-2.88 Mbyte

Nastri (bobina) dipende 100-10000 Gbyte

CDROM 100 ms 600Mbyte DVD 100 ms 10 Gbyte

Unità magneto-ottiche Un disco magneto-ottico ha un diametro di circa 5 pollici e contiene fino a 500 MB. Le uni-

tà MO usano tecnologie diverse da quella del CD-ROM, ma entrambe usano il laser per am-massare i dati: sono alternative a basso costo al CD-ROM e alle unità a nastro per il backup, per gli archivi fuori linea e per il trasferimento di grandi file da un PC all'altro.

La testina elettromagnetica di lettura/scrittura dell'unità genera un campo magnetico che copre un'area relativamente grande sul disco magneto-ottico. Ma la lega di metallo cristallino

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che copre la superficie del disco è troppo stabile per essere influenzata dal solo campo ma-gnetico.

Un fascio laser molto sottile e preciso viene localizzato sulla superficie del disco. L'energia del fascio riscalda un punto nella lega fino a una temperatura critica (il punto di Curie). A quel punto il calore allenta i cristalli metallici nella lega in modo che possano essere s postati dal campo magnetico della testina, che allinea i cristalli in una direzione per rappresentare un bit O e in un'altra direzione per rappresentare un bit 1.

Per leggere dati da un disco magneto-ottico, si focalizza un laser meno potente sulle trac-ce di dati create con l'aiuto di un laser più forte.

I cristalli nella lega polarizzano la luce del laser. La polarizzazione fa vibrare la luce solo in una direzione per passare attraverso i cristalli. L'allineamento dei cristalli nei bit O polarizza la luce in una direzione, l'allineamento dei cristalli nei bit 1 la polarizza in una direzione diversa.

La luce polarizzata viene riflessa dallo strato di alluminio del disco su un fotodiodo, che ri-leva la direzione in cui la luce è polarizzata e trasforma questa informazione in un flusso di 0 e 1.

Fasi di scrittura e lettura delle unità magneto-ottiche

I potenziali benefici che l'implementazione di un PACS porta in una struttura ospedalie-ra sono vari e di ordine differente: • consente la graduale sostituzione della pellicola radiografica come strumento per la visua-

lizzazione e la documentazione delle immagini; il sistema perciò porta ad un prevedibile ri-sparmio di tempo e riduce lo spazio di immagazzinamento necessario per gli esiti degli e-sami;

• consente di produrre molte copie di un'immagine in modo che esse possano essere im-messe in circolazione, mentre l'immagine originale resta in archivio;

• fornisce un archivio unificato di tutte le immagini radiologiche, permettendo una totale in-tegrazione e gestione dei file di documenti relativi al paziente;

• è risolto inoltre il problema dello smarrimento delle immagini e delle cartelle cliniche; se un'immagine va perduta, prima che essa sia esaminata, l'esame deve essere ripetuto. Questo comporta per il paziente un ulteriore rischio connesso all'esame medesimo, come può essere ad esempio un'addizionale somministrazione di un agente di contrasto per via endovenosa, o come una nuova esposizione a una fonte radioattiva. Oltre a ciò, si viene a creare una perdita di tempo evitabile nonché un consumo ulteriore di pellicola. Seconda-riamente, una volta perduti gli esiti di un esame, non vi può essere un eventuale confronto con quelli di esami effettuati in precedenza; quest'ultimo aspetto può arrecare ritardi nella diagnosi finale del radiologo o può perfino inficiarne una corretta valutazione;

• l'utilizzo di un PACS consente un accesso più rapido alle informazioni, da cui deriva una rapida consultazione clinica, migliora i processi radiologici, permettendo una riduzione dei

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tempi di attesa per il paziente abbreviando i tempi di visionamento delle immagini, ren-dendo più rapida la diagnosi, e riducendo quindi i tempi di refertazione;

• aumenta la flessibilità delle tecniche di acquisizione delle immagini che possono essere in-grandite, allargate e ruotate per un'analisi dettagliata.

• le immagini possono essere trasmesse via telefono, cavo, e via satellite per una consulta-zione radiologica su scala mondiale e stampate su pellicola o visualizzate su monitors nei reparti di radiologia. E’ anche possibile una visione simultanea della medesima immagine radiologica in luoghi diversi all'interno dell'ospedale; questo aspetto, anche se non incide grandemente sul risparmio dei costi, modifica il rapporto tra clinici e radiologi.

Il miglioramento e lo sviluppo di nuovi canali di comunicazione, porta ad una diminuzione

delle ripetizioni degli esami, aumenta l'efficienza della pratica clinica e migliora l'accuratezza dell'interpretazione diagnostica dell'immagine (dovuta ad una dettagliata informazione storica disponibile al radiologo al momento dell'interpretazione); riducendo il tempo che intercorre tra la produzione dell'immagine e la sua acquisizione da parte del clinico, si può, in alcuni ca-si, operare in maniera tempestiva ed efficace migliorando così la prognosi del paziente.

Infine si riscontra un aumento della produttività del personale medico e tecnico unitamen-te a un apprezzabile miglioramento della qualità del servizio per i medici e i pazienti.

Oggi gli sforzi nell’ambito PACS sono focalizzati alla realizzazione di un sistema il più effi-ciente possibile, basato sullo sviluppo di software appropriato, che sia in grado di supportare efficacemente il radiologo nel suo lavoro quotidiano, grazie a strumenti come i “default display arrangements” o un “prefetching” personalizzato in base alle esigenze del Dipartimen-to e mediante un’appropriata integrazione con i sistemi informativi di reparto ed ospedalieri.

Un’altra area di interesse è l’ergonomia legata ad installazioni PACS. Finora non sono stati considerati, o lo sono stati in maniera molto limitata, aspetti quali rumorosità delle stazioni di lavoro, condizionamento, illuminazione dei locali di refertazione. Questi aspetti stanno invece assumendo importanza sempre maggiore e sono oggetto di numerosi studi.

Tutti i predetti potenziali benefici e vantaggi che l'impiego di un PACS può comportare, non deve però fare dimenticare che all'inizio, vi sono dei costi da sopportare per acquisire tut-te le apparecchiature digitali che fanno parte del sistema, la rete di comunicazione, l'organiz-zazione delle stazioni di lavoro. Al fine di ridurre i costi iniziali si tende a considerare sufficien-te l'organizzazione del PACS a livello del reparto di radiologia; i collegamenti con gli altri re-parti sono instaurati semplicemente mediante l'uso di personal computer locali che si connet-tono al PACS della Radiologia.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Normativa sull’archiviazione

E’ tuttora valida la disposizione dell’art.4 D.Min. San. 14.2.97, emanato in virtù

dell’atr.111, c.10, legge n.230/95, secondo la quale, indipendentemente dalla forma di archi-viazione scelta, “i documenti iconografici prodotti a seguito dell’indagine diagnostica devono essere conservati 10 anni”.

Per quanto riguarda il referto, esso deve essere disponibile a tempo indefinito. Per quanto riguarda le forme di archiviazione ammesse: • la legge 24.12.1993, n.537 art.2, comma 15, ribadita nella Legge 15.3.1997, n.59

art.15, comma 2, stabilisce la validità dei supporti ottici, purché siano eseguite le rego-le tecniche stabilite dall’AIPA (Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazio-ne) in detto documento;

• la Deliberazione dell’AIPA 24/98, 30.7.1998 ammette l’utilizzo di supporti, purché per essi sia garantita l’operazione di scrittura con modifica permanente ed irreversibile;

• in considerazione della rapida evoluzione tecnologica del settore dei supporti ottici e tenendo conto del progressivo consolidamento delle tecniche crittografiche per la firma digitale, l’Autorità ha successivamente predisposto una sostanziale revisione, emanan-do la Deliberazione AIPA, del 13.12.01, che “autorizza l’utilizzazione di qualsiasi tipo di supporto di memorizzazione digitale che consenta la registrazione mediante la tecnolo-gia laser; quindi, non soltanto dischi ottici Worm e CD-R, ma anche magneto-ottici e DVD. Inoltre, tenuto conto di quanto previsto nel già citato testo unico circa la possibili-tà di impiego ai fini della conservazione di altro mezzo idoneo a garantire la conformità dei documenti originali e in considerazione dell’evoluzione tecnologica nel frattempo avvenuta, la deliberazione consente (art.8) di utilizzare un qualsiasi altro supporto di memorizzazione digitale, oltre a quelli a tecnologia laser, se non ostino altre motivazio-ni e comunque nel rispetto delle regole tecniche previste dalla deliberazione stessa”.

L’AIPA dal 30.06.2003 è stata trasformata in CNIPA, Centro Nazionale per l’Informatica

nella Pubblica Amministrazione.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

RIS - Introduzione ai Database

In italiano la parola database significa letteralmente basi di dati. La traduzione non rende in maniera ottimale l'idea di cosa sia effettivamente un database. Schedario elettronico è pro-babilmente una definizione migliore: un insieme di archivi, correlati tra loro, contenenti dati omogenei che riguardano un certo argomento.

Per esempio, un database è una rubrica telefonica. Lo è anche l'archivio dei cittadini di un comune oppure l'elenco degli alunni di una scuola. La prima considerazione da fare è che un database non è un archivio statico, nel senso di un deposito nel quale immagazzinare dati e dimenticarsene, anzi, assomiglia a un grande negozio nel quale entrare di continuo per cerca-re notizie e informazioni.

Come in un negozio, anche gli scaffali (in questo caso contenitori di dati) di un database vengono continuamente aggiornati. Se si cercano informazioni in un grosso archivio, nel quale i dati sono semplicemente conservati senza criterio, prima o poi si riuscirà a trovare ciò che si desidera (posto che sia stato prima inserito), ma ci si impiegherà molto tempo. Un database efficiente, invece, deve essere organizzato al meglio per riuscire a individuare le informazioni che occorrono all'utente nel minor tempo possibile.

Per comprendere appieno cos'è un database e quali sono i vantaggi legati al suo impiego, è necessario definire in modo esatto e preciso cosa si intende per database e Data Base Management System (DBMS).

Un database può essere definito come un insieme di dati strettamente correlati, memoriz-

zati su un supporto di memoria di massa, costituenti un tutt'uno, che possono essere manipo-lati, da più programmi applicativi; oppure possiamo dire che è un sistema di gestione di dati integrati, ricompilati e immagazzinati secondo precisi criteri, necessari all'attività che si deve svolgere. I programmi di gestione di database realizzano una serie di operazioni che consen-tono l'accesso a dati immagazzinati in un PC e che ne permettono altresì una certa manipola-zione. Tali operazioni consistono fondamentalmente in: immissione e cancellazione di dati, modifica di dati già introdotti, ricerca di dati attraverso criteri definiti dall'utente, ordinamento e classificazione dei dati singolarmente o secondo vari criteri, stampa di rapporti o relazioni.

Un Data Base Management System (DBMS) è un sistema software per la gestione di basi di dati; esso si occupa dell'aggiornamento, della manutenzione e della consultazione di un in-sieme di registrazioni contenute in un supporto di memoria di massa.

Il DBMS, pertanto, è un insieme di programmi, che sono rivolti alla gestione di dati memo-rizzati in archivi. Ovviamente, tra database e DBMS esiste una forte interazione, per cui spes-so si tende a considerarli due parti distinte di un unico oggetto: il DBMS rappresenta la parte attiva, il Data Base quella passiva, sulla quale il DBMS opera.

L'utilizzo di un programma di database presenta i seguenti vantaggi: • permette un "uso amichevole" delle procedure di gestione di facile utilizzo all'utente,

rendendo trasparenti allo stesso tutti i dettagli fisici del programma; • evita la programmazione per compiti comuni: il programma incorpora una serie di fun-

zioni che consentono di svolgere operazioni senza la necessità di un linguaggio di program-mazione;

• riduce le ripetitività: basti pensare agli archivi (cartacei) delle biblioteche, in cui i volumi sono ordinati per autori e per titoli;

• permette di relazionare dati tra loro, ciò che riduce di molto le duplicazioni; • riduce i costi: i database sono prodotti standard, per questo risultano più economici di

applicazioni su misura; • garantisce un certo livello di sicurezza, soprattutto in ambienti multiutente.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Tipi di database Con un certo grado di approssimazione possiamo dire che esistono due modi di

suddividere e gestire l'informazione: gestori di file e database relazionali. • Gestori di file: ogni base di dati è rappresentata da un file, che si divide in re-

cord: il record rappresenta uno degli elementi che si desidera registrare, ed è compo-sto a sua volta da campi, cioè informazioni elementari che caratterizzano ogni entità da classificare. Con un gestore di file, ogni informazione si immagazzina in un unico file e le operazioni sui dati interessano un solo record per volta.

• Database relazionali: si presentano in forma tabellare in cui le righe rappresen-

tano i record e le colonne rappresentano i campi. Le operazioni realizzate con questo tipo di database riguardano le tabelle e non i record individuali, come nel caso dei ge-stori di file.

Oggi i principali database in circolazione sono di tipo relazionale, ciò perché prati-

camente tutti gli insiemi di dati che corrispondono a entità complesse organizzate co-me imprese, scuole, associazioni varie implicano collegamenti tra i vari dati ad esem-pio: ai fornitori sono collegate le merci, agli alunni i corsi, e così via.

La norma fondamentale per stabilire relazioni tra tabelle, cioè tra contenitori di dati correlabili, è che il campo di collegamento non deve avere ripetizioni, ossia ogni re-cord deve potere essere identificato in maniera univoca. Il campo che permette l'iden-tificazione di ogni record è detto "chiave primaria" e deve essere comune alle tabelle che si intende correlare.

In una tabella di database, quindi, i record sono le righe, le colonne i campi. Un database può contenere varie tabelle ed esse possono essere collegate tra di lo-

ro. Altra caratteristica fondamentale dei database relazionali è che possono essere in-

terrogati tramite SQL, acronimo di Structured Query Language: è il linguaggio univer-sale per la creazione, manipolazione e gestione di un database e dei dati contenuti che, pur presentando varianti da caso a caso, è divenuto uno standard. Grazie a SQL siamo in grado di compiere qualunque operazione sui dati.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

IL RIS Come già accennato il RIS ha la finalità di contribuire alla raccolta, alla gestione ed

alla presentazione delle informazioni prodotte nel reparto di Radiologia. Di seguito so-no sinteticamente riportate le principali fasi nelle quale interviene il RIS nel corso del ciclo operativo radiologico.

Richiesta d'esame L'arrivo in Radiologia della richiesta d'esame attiva i processi del RIS, che si incari-

ca della raccolta di una serie di informazioni amministrative e di interesse clinico. Tra le informazioni di tipo amministrativo rientrano : l'anagrafica del paziente, il tipo di esame da effettuare, l'operatore e la sala, la presenza di eventuali vincoli temporali al-l'effettuazione dell'esame (urgente o di routine).

Questi dati possono essere raccolti direttamente dal paziente o acquisiti da altri si-stemi informativi: ad esempio, il nome ed il cognome del paziente possono essere re-cuperati dal sistema informativo dell'anagrafe del Comune di residenza, oppure il tipo di esame da effettuare può esistere all'interno del Sistema Informativo Ospedaliero.

Un caso particolare di acquisizione automatizzata dei dati è quello permesso da carte magnetiche eventualmente possedute dai pazienti, così come avviene utilizzan-do carte bancomat o carte di credito. La seconda classe di dati raccolti dal RIS in que-sta fase è rappresentata dalle informazioni di interesse clinico che riguardano essen-zialmente il quesito, in altre parole la ragione per la quale l'esame è richiesto.

• Gestione dell'agenda radiologica La fase successiva gestita dal

RIS è l'aggiornamento dell'agenda sulla base delle risorse disponibili: sale, apparecchi, personale. Il RIS ricerca all'interno dell'archivio (si-tuato nel server centrale) l'eventuale presenza di dati precedenti, riguardanti il paziente in questione (prenotazione, accettazione, referti), utili per rilevare incompatibilità tra esami o segnalare l'avvenuta esecuzione dell'esame richiesto. A seguito di tali operazioni il RIS elabora un appuntamento e produce un foglio informativo, che è consegnato al paziente o inviato al reparto, in cui è suggerita la preparazione necessaria per gli specifici esami richiesti.

• Accettazione L'arrivo del paziente, che si presenta per eseguire l'esame diagnostico fornisce al

RIS un'ulteriore occasione per correggere o integrare i dati raccolti fino a quel mo-mento. Questi elementi, raccolti prima dell'esame, possono anche avere lo scopo di perfezionare il processo di autorizzazione all'esecuzione dell'esame (che è effettuato solo dopo avere verificato la congruità dell'esame rispetto al quesito, ed escluso la presenza di controindicazioni relative o assolute). Se l'esame è definitivamente auto-rizzato, attraverso il RIS si provvede all'accettazione del paziente all'esame (da distin-guere da quella allo sportello, con significato puramente amministrativo).

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

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• Esecuzione dell'esame produzione delle immagini diagnostiche e dei dati asso-

cia

Quando le apparecchiature diagnostiche digitali (Angiografia, TC, RM, etc.) sono collegate con il RIS per mezzo di un protocollo dedicato, definito dallo standard DICOM con il termine "worklist management", l'immissione dei dati del paziente av-viene automaticamente, senza l'intervento dell'operatore. Questo passaggio automati-co di dati tra RIS e apparecchiature consente di evitare errori in grado di portare ad un disallineamento delle informazioni.

Questa fase coincide con lati. Negli ultimi tempi si è affermata la tendenza a considerare i dati relativi alla tec-

nica di acquisizione delle immagini come parte integrante dell'intero esame. Dati ulte-riori che fanno parte delle in-formazioni relative alla tecnica di esame sono di tipo proce-durale, come la posizione del paziente e l'eventuale uso e modalità di somministrazione del mezzo di contrasto. Se le immagini sono in formato DICOM tali dati possono esse-re forniti al RIS in modo diret-to, senza l'utilizzo aggiuntivo di file per evitare la frammen-tazione dello studio. Infatti lo standard prevede che in uno spazio predefinito del file im-magine (definito header) vi

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

siano riportate informazioni di tipo alfanumerico che oltre all'anagrafica del paziente includono anche informazioni di tipo tecnico e procedurale.

• Refertazione Dopo l'effettuazione dell'esame, la

fase dell'interpretazione delle immagini e della produzione del referto è assistita dal RIS con le seguenti modalità: compilazione di una lista di refertazione, che consente di stabilire la priorità di refertazione, per esempio in funzione del reparto inviante o del radiologo repertante, visualizzazione degli esami precedentemente eseguiti dal paziente (la cosiddetta "scheda radiologica"), visualizzazione dei referti degli esami precedenti archiviati in forma elettronica.

Il referto presenta di solito una struttura di questo genere:

o descrizione dell'esame effettuato (questa informazione è normalmente prodotta automaticamente dal RIS);

o codice dell'esame; o descrizione dei segni radiologici rilevati sull'immagine; o ipotesi diagnostica e diagnosi differenziale; o codifica diagnostica.

Anche nella parte più strettamente clinica, il RIS può offrire un contributo nella compilazione del referto grazie alla possibilità di richiamare testi pre - memorizzati in funzione del tipo di patologia. In alcuni casi l'immissione di testi liberi può essere ese-guita direttamente dal RIS mediante moduli dedicati che permettono l'input vocale, capaci di interpretare il parlato del radiologo e di trasformarlo in un file di testo.

• Archiviazione Per quanto riguarda l'archiviazione, il RIS provvede alla conservazione dell'infor-

mazione testuale raccolta e generata nel corso del processo diagnostico. Per l'archi-viazione delle immagini il sistema informativo utilizzato è rappresentato dal PACS. Ge-neralmente il RIS mantiene per al-meno un anno tutti i referti su memorie "in linea". Successiva-mente il referto è collocato su un supporto fuori linea (cioè accessibi-le grazie all'intervento di un opera-tore che recupera manualmente il supporto di memoria e lo inserisce nel lettore). La progressiva riduzio-ne del costo delle memorie digitali peraltro sta determinando un pro-gressivo abbandono dell'archivia-zione fuori linea, con il manteni-mento di tutto l'archivio dei referti in linea, in modo che sia immedia-tamente disponibile.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

• Statistiche di natura amministrativa Negli ultimi anni l'aziendalizzazione delle strutture ospedaliere ha promosso ulte-

riormente l'adozione del RIS presso tutti i reparti di Radiologia. Infatti la necessità di documentare in modo analitico l'attività lavorativa è resa più stringente dal fatto che l'introduzione dei budget richiederà la precisa identificazione del numero e della tipo-logia degli esami eseguiti e l'attribuzione degli stessi ai diversi reparti all'interno del-l'ospedale.

• Verifica di qualità Un RIS di moderna concezione non può limitarsi alle pur fondamentali attività fin

qui accennate: in effetti vi sono funzioni in passato considerate "avanzate", che oggi sono divenute indispensabili. Un esempio è quello del coinvolgimento del RIS nella ve-rifica della qualità delle diagnosi radiologiche prodotte. È evidente che al RIS non è ri-chiesto di effettuare direttamente tale verifica, piuttosto di aiutare i radiologi a seguire dopo la refertazione, il decorso clinico dei pazienti esaminati ed a confrontare tali ri-sultati con la diagnosi radiologica originariamente formulata.

Sulla base del grado di concordanza tra la diagnosi radiologica e la diagnosi defini-tiva alla luce dei dati della biopsia, dell'intervento chirurgico, dell'autopsia, in altre pa-role del follow-up, è possibile stabilire la "performance" diagnostica dei singoli opera-tori e del reparto nel suo insieme e, al tempo stesso, è possibile realizzare un archivio didattico di casi verificati.

• Gestione della manutenzione delle apparecchiature Una caratteristica molto importante del RIS è di essere capillarmente distribuito nel

reparto, con una serie di stazioni di lavoro in rete, alle quali hanno accesso tutte le fi-gure professionali presenti.

Pertanto, tra le funzioni che il RIS può svolgere, soprattutto in considerazione della frequente interazione da parte di tutto il personale, un esempio di particolare interes-se è rappresentato dalla raccolta tramite il RIS delle informazioni necessarie per la ge-stione ottimizzata delle apparecchiature presenti nel reparto, con particolare riguardo al monitoraggio della manutenzione. Infatti, al sistema possono essere notificate per ogni apparecchiatura, il relativo stato d'uso, il carico di lavoro, i tempi di fermo - mac-china, etc. È ben noto che una gestione efficiente delle attrezzature radiologiche non può prescindere da un'accurata sorveglianza della loro manutenzione.

Ciò non solo in ragione dell'importanza di disporre di apparecchiature che siano sempre in condizioni ottimali per il lavoro clinico, ma anche nel quadro di una gestione attenta alle risorse, visto che il costo dei contratti di manutenzione incide in modo ri-levante sulla spesa. È quindi essenziale accertarsi che la manutenzione delle apparec-chiature diagnostiche sia adeguata sul piano tecnico e al tempo stesso su quello eco-nomico.

Grazie a questi dati è possibile verificare l'efficienza funzionale delle singole appa-recchiature, con possibilità di documentare esattamente le ore di fermo macchina, il numero e il costo degli interventi di manutenzione. Questo è di particolare interesse nel caso di apparecchiature obsolete, per le quali è possibile analizzare la tipologia dei guasti più frequenti ed i pezzi di ricambio utilizzati, ottenendo utili indicatori per la va-lutazione di convenienza economica di un’eventuale sostituzione.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Integrazione tra RIS e PACS

Flusso dei dati in un sistema integrato PACS – RIS – Cartella Clinica Elettronica

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

TECNOLOGIA WEB E IMMAGINI MEDICHE

Le installazioni di sistemi informativi per impieghi medicali hanno, spesso, disat-teso le aspettative per molteplici ragioni: complessità e fragilità realizzativa, costi ele-vati, ridondanza e gestione prettamente locale dell'informazione, difficoltà nell'assicu-rare la inter-operabilità tra sistemi di produttori diversi e talvolta anche tra soluzioni dello stesso produttore.

Recentemente, abbiamo assistito e partecipato ad una rivoluzione tecnologica, legata ad Internet e alla piattaforma Word Wide Web, che sta cambiando il mondo non solo dell'informatica ma investe tutta l'organizzazione commerciale e sociale. Questa tecnologia, definita tecnologia Web, si e' dimostrata in grado di diffondere capillar-mente l'informazione, annullando le distanze geografiche e aumentando in maniera formidabile le potenzialità di elaborazione dell'informazione da parte di macchine eco-nomiche e di facile utilizzo quali i Personal Computer.

La tecnologia Web ha già modificato radicalmente i modelli di gestione dell'in-formazione nel mondo finanziario, nel commercio, nei sistemi informativi aziendali, nei mass-media. E' probabile che l'impiego di questa tecnologia nella nuova generazione di sistemi informativi medicali provocherà effetti rivoluzionari anche nel campo sanita-rio. I nuovi sistemi potranno essere modulari, aperti, le prestazioni saranno adattabili alle esigenze funzionali ed economiche di ogni cliente, e saranno facilmente integrabili con tutti gli applicativi commerciali basati su tale infrastruttura.

Tutta l'informazione coinvolta nel processo diagnostico potrà essere gestita da un sistema standardizzato e perciò integrato e integrabile con il mondo informatico e-sterno. L'informazione sarà distribuita sia all'interno sia all'esterno dei centri clinici e diventerà accessibile a chiunque ne abbia diritto, nel rispetto della privacy e della sicu-rezza. Pur essendo fisicamente localizzata in un punto unico, l'informazione sarà "vir-tualmente" disponibile ovunque sul territorio, con il preciso ed ambizioso obiettivo di costituire l'ospedale virtuale, localizzato ovunque vi sia necessità di avere informazio-ne, sia che si tratti di un reparto ospedaliero, di un ambulatorio medico o dell'abita-zione del paziente.

Evoluzione dei Sistemi Informativi Medicali I Sistemi Informativi per la gestione di Immagini e Dati Medicali (Image

Management System) nascono verso la fine degli anni 80 quando le modalità di acqui-sizione digitali iniziarono a diffondersi negli ospedali più grandi. Ogni modalità era allora considerato un sistema isolato e semplicemente collegato alla stazione di visualizzazione ed alla stampante dedicate.

La Penn University mostrò per prima come fosse possibile connettere digital-mente diverse modalità ad una unità di elaborazione centrale e rendere centralizzata la gestione delle immagini, aumentando notevolmente l'efficienza della gestione e rendere possibile una riduzione dei costi. Nasceva così il primo sistema IMS. In Italia il primo sistema di distribuzione digitale delle immagini fu realizzato all'Università del-l'Aquila dal Prof. Passariello.

Siccome le modalità dell'epoca funzionavano tutte su piattaforme proprietarie, con dati codificati in formato proprietario dei diversi fabbricanti, i primi IMS commer-ciali furono realizzati, dai produttori stessi, in ambiente chiuso in grado cioè di gestire e connettere solo apparati dello stesso produttore. Parallelamente, alcune software house tentarono di realizzare sistemi aperti, in grado di connettere sistemi di produt-tori differenti, funzionanti su hardware commerciale.

Le potenzialità mostrate dai primi sistemi, in concomitanza con la crescente dif-fusione delle modalità digitali, fecero emergere la necessità di codificare (standardiz-

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zare) il formato delle immagini mediche in modo da poter realizzare sistemi aperti senza dover necessariamente adottare gli standard previsti dai produttori di modalità.

L'Associazione Nazionale Americana dei Produttori di Macchine Elettriche (ACR) e la Società Radiologica del Nord America (RSNA) commissionarono ad un insieme di aziende e università americane la realizzazione di uno standard in grado di codificare e di gestire tutte le operazioni fatte su immagini radiologiche digitali. Al convegno RSNA del 1993 venne presentato per la prima volta lo standard DICOM (Digital Imaging e Communication in Medicine).

La standardizzazione si rivelò un elemento decisivo per la diffusione degli IMS. Con il contributo decisivo dell'ambiente medico-scientifico, i produttori di modalità si adeguarono rapidamente allo standard mentre un numero crescente di software house specializzate iniziarono a proporre sistemi aperti. La competizione accelerò natural-mente il continuo miglioramento dei sistemi e avviò il processo di ulteriore riduzione dei costi. Questi tuttavia rimasero ancora elevati in quanto la complessità dei sistemi rendeva necessario usare attrezzature costose e specializzate.

Il secondo evento chiave per lo sviluppo degli IMS è avvenuto alla metà degli anni 90, quando l'accresciuta potenza di calcolo dei PC (introduzione del processore Pentium II della Intel), la diminuzione dei costi dell'hardware e l'avvento della tecno-logia Client/Server hanno dato la spinta decisiva allo sviluppo degli IMS, in grado di operare su piattaforme meno costose e di avvalersi di componenti standard, riducen-done pertanto notevolmente i costi.

Infine l'esplosione della tecnologia legata alla diffusione di Internet e del World Wide Web ha fornito gli strumenti tecnologici per sviluppare sistemi medicali in grado di integrarsi con il mondo informatico esterno, di distribuire efficacemente l'informa-zione sul territorio e di richiedere investimenti ulteriormente ridotti. Nel frattempo DICOM, HL7, IHE, sono diventati standard di riferimento la cui compatibilità è requisi-to irrinunciabili per ogni sistema destinato ad impieghi in campo medicale, così come HTTP e XML sono diventati i protocolli di riferimento per la distribuzione e l'interopera-bilità con i sistemi informativi dell'area gestionale.

Caratteristiche della tecnologia web La maggior parte dei sistemi RIS/PACS presenti sul mercato seguono il modello

client/server. Questo modello, tipico dei sistemi sviluppati negli anni 90, prevede l'uti-lizzo di una macchina server, di elevate prestazioni, su cui implementare la parte di elaborazione complessa e un insieme di macchine client, direttamente accessibili dal-l'utente, su cui implementare il software per la presentazione dei dati.

La comunicazione tra server e client e la parte di interfaccia visiva con l'opera-tore sono sviluppate secondo protocolli proprietari, solo i client su cui è installato il corrispondente software possono accedere al server. Server e client sono quindi stret-tamente legati, ogni modifica del server necessita di modifiche del client. Inoltre la configurazioni è rigida. L'aggiunta di una macchina client necessita l'installazione del-l'apposito software, versioni di software differenti possono risultare incompatibili, per-tanto può capitare che per aggiungere un solo client sia necessario aggiornare il sof-tware del server e quello di tutti i client precedentemente installati, operazione che talvolta può richiedere anche l'aggiornamento dell'hardware.

La trasmissione tra server e client viene gestita dallo sviluppatore e le presta-zioni dipendono pesantemente dall'implementazione. Infine il modello client/server è pensato per funzionare in rete locale ed è difficilmente implementabile su una rete ge-ografica o su Internet.

La tecnologia web, essendo basata su standard internazionali, supera tutti que-sti problemi. Anche con questa tecnologia la parte complessa dell'elaborazione risiede su una macchine server, ma la comunicazione verso i client avviene attraverso proto-collo standard e l'interfaccia per la presentazione dei dati è standardizzata, compresa

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all'interno del sistema operativo della macchina client (web browser). La gestione dei client è quindi completamente svincolata dal server e può essere gestita autonoma-mente dall'utilizzatore. Essendo standard, la trasmissione viene gestita a livello di si-stema operativo, con maggiori garanzie sull'efficienza e la stabilità.

La tecnologia web inoltre non fa distinzione tra rete locale, rete geografica o In-ternet, mantenendo inalterato il modello di funzionamento in tutti e tre gli ambienti. Ulteriore vantaggio della tecnologia web è la possibilità di integrare applicazioni diver-se come semplici "plug-in" web, permettendo di utilizzare applicazioni differenti all'in-terno dello stesso ambiente e di generare sistemi che combinano elevato grado di personalizzazione dell'applicazione mantenendo la struttura del sistema altamente ge-nerale.

Riassumendo, la tecnologia web presenta tre peculiarità: • concentra tutta la parte di elaborazione, specifica dell'applicazione, su una macchi-

na server e standardizza le procedure per l'accesso e la trasmissione dal server al-l'utilizzatore collegato con il computer;

• utilizza browser standard come interfaccia utente, già integrati nei sistemi operativi di nuova generazione o in ogni caso facilmente installabili e gratuiti;

• permette la distribuzione dell'informazione sia in rete locale che in rete geografica, rendendo possibile l'accesso alla stessa informazione da parte di chiunque abbia di-ritto di accesso ovunque si trovi. Questo comporta notevoli vantaggi sia per il cliente/utilizzatore del sistema che per

l'azienda fornitrice. Con la tecnologia web il cliente può utilizzare macchine standard come client, senza necessità di installare software dedicati, con la possibilità di ag-giungere, sostituire, modificare il numero di collegamenti a sua completa discrezione. Inoltre può accedere alla sua applicazione server sia localmente all'interno della rete intranet che remotamente in Internet avendo accesso alla stessa applicazione e con lo stesso ambiente.

L'azienda fornitrice del sistema ha il vantaggio di avere un maggiore controllo su tutte le sue componenti, essendo queste collocate su un'unica macchina, con notevole semplificazione delle procedure di manutenzione e di aggiornamento necessari.

Infine la tecnologia web permette l'integrazione di applicazioni diverse come "plug-in" di un sistema, permettendo di utilizzare applicazioni differenti all'interno dello stes-so ambiente e di generare sistemi che combinano elevato grado di personalizzazione nell'applicazione mantenendo la struttura altamente generale. Per esempio sarà pos-sibile introdurre algoritmi di riconoscimento vocale, di certificazione della firma elet-tronica o di riconoscimento biometrico, senza necessitare di sviluppo dedicato.

Problematiche di sicurezza La trasmissione attraverso una rete pubblica di informazioni sensibili quali quel-

le mediche, rende necessaria l'adozione di alcune precauzioni per il rispetto della nor-ma sulla Privacy e per garantire l'efficienza e la sicurezza della trasmissione stessa dei dati.

I sistemi informativi medicali di nuova generazione utilizzano generalmente meccanismi di protezione analoghi a quelli utilizzati nel commercio elettronico e nelle transazioni finanziarie via Web che hanno dimostrato fino ad oggi di essere affidabili e inaccessibili da utenti non abilitati. I principali meccanismi di protezione della trasmissione riguardano: codifica dell'in-formazione a chiave pubblica e privata a 128 bit, trasmissione secondo protocollo SSL, separazione rete privata/pubblica tramite Firewall, possibilità di configurare rete tipo VPN (Virtual Private Network).

Distribuzione via Web dell'informazione diagnostica

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

L'utilizzo di sistemi basti su web all'interno dei dipartimenti di diagnostica per immagini comporta numerosi vantaggi, sia economici che produttivi. La possibilità di utilizzare hardware standard come stazioni di accesso client, riduce sensibilmente i costi di investimento, aumenta il ciclo di vita delle attrezzature e rende possibile l'uso ottimizzato e più efficiente di ogni componente.

La standardizzazione insita nel protocollo web rende indipendente la struttura nella gestione delle configurazione del sistema, liberandola da ogni vincolo con l'A-zienda fornitrice del software. La stessa standardizzazione rende più semplice la fase di apprendimento del sistema, nel facilita l'uso e riduce le competenze informatiche ri-chieste all'interno del dipartimento. I costi di manutenzione si riducono, in quanto li-mitati essenzialmente ai componenti server. Questi inoltre possono essere agevolmen-te mantenuti e aggiornati tramite collegamento remoto, aumentando la velocità di in-tervento e riducendone i costi collegati.

La piattaforma web è un formidabile strumento di distribuzione delle immagini e delle informazioni ai reparti richiedenti. Tutti i reparti abilitati possono avere accesso immediato alle informazioni di cui hanno diritto, senza necessità di dotarsi di attrezza-tura particolare ma semplicemente utilizzando la rete locale ospedaliera e comuni pc.

Infine, tramite XML, è possibile collegare sistemi specialistici diversi e/o banche dati diverse all'interno dello stesso ambiente. Risulta quindi facilmente realizzabile l'in-tegrazione del sistema informativo medicale con il sistema informativo ospedaliero (HIS), il sistema informativo aziendale (ERP), o l'integrazione con le banche dati del Centro Unico di Prenotazione (CUP) e dell'Anagrafe Sanitaria.

Sistemi web per la distribuzione dell'informazione sul territorio Una delle peculiarità dell'organizzazione sanitaria italiana è certamente il rap-

porto che si è venuto a consolidare tra Medico di base ed i suoi assistiti. È, infatti, l'importante figura di questo professionista della Cura della Salute a rappresentare il primo e, come vedremo, anche l'ultimo anello della catena nell'articolato e completo sistema sanitario nazionale. Nel Medico di base, che opera da interfaccia tra il paziente e il mondo sanitario, viene così riposta notevole fiducia e spesso riconosciuta anche un'amicizia che va al di là della mera relazione professionale.

Il Medico di base, tuttavia, ha spesso difficoltà d'accesso alle informazioni spe-cialistiche ed il paziente può trovarsi costretto a relazionarsi da solo con altre figure del mondo sanitario e medico, deve rivolgersi, generalmente di persona, in momenti e luoghi diversi, ad una serie di sportelli per effettuare operazioni quale la prenotazione dell'esame, il pagamento del ticket, il ritiro del referto. Queste operazioni di carattere amministrativo, che non aggiungono valore al processo di diagnosi e/o cura, possono essere aggravate da ritardi, disservizi ed errori e causare affaticamento e frustrazioni per il cittadino/paziente.

La diffusione della comunicazione e dell'informazione tramite internet può svol-gere un ruolo fondamentale nel processo di condivisione di immagini e dati rilevanti e conseguentemente favorire il miglioramento del servizio sanitario nazionale e della qualità della vita dell'assistito per antonomasia. Coinvolgerebbe, assicurando la completa informazione, il Medico di base in tutto il processo sanitario e medico di verifica diagnostica tramite l'accesso ad ogni dato rela-tivo alla Cartella Elettronica del Paziente, facendolo così tornare ad essere la figura centrale di riferimento del paziente stesso.

Aumenterebbe la possibilità di aggiornamento professionale del Medico di base attraverso l'accesso a banche dati contenenti casi di studio esemplari e di riferimento, aumenterebbe l'accuratezza della diagnosi consentendo eventualmente il coinvolgi-mento attivo di più specialisti e/o colleghi del Medico di base, fornirebbe un servizio migliore al paziente, in termini di velocità e qualità, fornendogli spiegazioni più detta-gliate e maggiormente comprensibili.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

L'automazione e la centralizzazione di tutti i dati medici insieme con la compo-nente non-diagnostica possono generare ulteriore risparmio di risorse sia per l'Ammi-nistrazione che per la popolazione.

L'utilizzo di Internet e della piattaforma Web per collegare in rete il CUP (Centro Unico di Prenotazione), l'Anagrafe Sanitaria, i Dipartimenti di Diagnostica per Immagi-ni distribuiti sul territorio e i Medici di base renderebbero possibile la realizzazione di un unico Ospedale o Azienda Sanitaria Virtuale, dove l'informazione, pur essendo fisi-camente localizzata in un punto unico, è " di fatto" disponibile ovunque sul territorio, dal reparto ospedaliero, all'ambulatorio del Medico di base, all'abitazione del paziente.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

STORIOGRAFIA

8 novembre 1895

Roentgen scopre i raggi X. La prima immagine è documentata su una lastra di vetro coperta da un sottile strato di bromuro d’argento.

10 settembre 1896

Presso la clinica del Dr Stenbecks (Stoccolma) è eseguita una radiografia ad un ragazzo che mostra una pallottola nel cervel-lo. L'informazione è usata per l'intervento chirurgico.

1900 Si introduce il film di nitrato di cellulosa. La sua infiammabilità causa non pochi incendi negli ospedali.

1912 Coolidge produce il tubo a raggi X con filamento in tungsteno in cui la corrente che lo attraversa può essere variata, e quindi si varia l'intensità del fascio di radiazioni

1924 La lastra di vetro è sostituita dal film di acetato di cellulosa (Kodak)

La fluoroscopia è inventata da Edison. Si tratta dell'impiego di uno schermo fluorescente che converte l'energia dei fotoni X in luce.

194? E’ introdotto l'intensificatore di immagini.

All'intensificatore di immagini è associata una telecamera. L'immagine è presentata su video.

Grazie alla telecamera ed alla registrazione del segnale video su nastro magnetico è possibile la cinefluoroscopia.

1954 DuPont introduce il poliestere quale supporto delle pellicole.

E’ utilizzata una sorgente pulsata e si ha la tecnica della cine-radiografia. Permette alte dosi in tempi brevi e quindi immagi-ni di alta qualità.

1967 G.N. Hounsfield del laboratori EMI in Inghilterra calcola la pos-sibile precisione di una ricostruzione computerizzata di scan-sioni del cervello ottenute con una sorgente a raggi X ed un ri-velatore a NaI. Dimostrò che l'errore poteva essere entro l'1-2% accettabile per esigenze diagnostiche.

anni 70 Il segnale video della telecamera che acquisisce dall'intensifi-catore di immagini è digitalizzato. Questo rende molto facile la tecnica di sottrazione di immagini e quindi la nascita della DSA digital subtraction angiography.

1971 E’ costruito il prototipo di TC. La chiarezza dei dettagli rivelati superò le aspettative. L'importanza di questa nuova tecnica fu immediatamente riconosciuta dalla collettività scientifica e medica.

1972 Al Congresso annuale del British Institute of Radiology è an-nunciata la Computed Tomography; un'invenzione che ha rivo-luzionato tutto l'imaging diagnostico.

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1973 Avvento degli schermi alle terre rare

1977 Produzione di pellicole per mammografia da impiegare con schermi di rinforzo alle terre rare.

11 maggio 1977

Prima scansione di RM su umano vivo (Dr. Damadian) 14

1979 E’ prodotta la prima pellicola con tecnologia anti cross-over.

1981 Al convegno della Radiological Society of North America la Fuji Photo Film presenta la CR Computer Radiography. Questa in-venzione è considerata una rivoluzione nell'imaging radiologi-co.

1985 E’ presentato il protocollo DICOM (Digital Imaging and COm-munications in Medicine). È stato sviluppato congiuntamente dall'ACR (American College of Radiology) e dalla NEMA (Natio-nal Electrical Manufactures Association).

anni 80 E’ coniato il termine PACS Picture Archiving an Communica-tions Systems

anni 80 La tecnologia rende possibile la digitalizzazione mediante scanner delle pellicole radiografiche. Processo non economico.

1994 La Philips introduce un nuovo tipo di cassetta radiografica. Consiste di un tamburo con uno strato di selenio amorfo. Il tamburo è esposto alla radiazione e l'informazione immagazzi-nata è letta con una sonda connessa ad un elettrometro. Il se-gnale è quindi digitalizzato.

1992 Uso della radiazione di sincrotrone con monocromatore a sco-po di ricerca (mammografia).

1995 Presso il BNL Brookehaven National Laboratory, USA e presso l'HASYLAB Hamburger Synchrotronstrahlungslabor in Germa-nia sono stati iniziati i primi studi su umani con l'impiego della radiazione di sincrotrone.

1995 - 1997 Si utilizza il silicio amorfo ed uno scintillatore quale matrice di rivelatori in linea

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Glossario Accessibilità - Proprietà dei sistemi informatici di essere fruibili senza discriminazio-ni. Accesso (giuridico) ai dati - La normativa vigente prevede l'accesso agli atti ammini-strativi (legge n 241/1990, art. 25, comma1) e l’accesso ai dati personali (legge n. 675/1996, art. 13). Accesso (informatico) ai dati - Possibilità di utilizzo che permette direttamente al soggetto di esprimere le esigenze e di fruire dei dati. Va dalla sola visualizzazione alla possibilità di formulare interrogazioni o ricerche, all’utilizzo (elaborazione, trasferimen-to), fino all'aggiornamento (inserimento, modifica e/o cancellazione). L'utilizzo è soli-tamente predeterminato ed eventualmente associato a profili di autorizzazione di sin-goli utenti o intere classi di utenti. L'iniziativa è per lo più di chi accede e gli accessi possono essere effettuati sia da persone sia da sistemi. Accuratezza sintattica - Vicinanza del valore del dato ad un valore che viene consi-derato corretto. Accuratezza del significato - Vicinanza del valore del dato al valore che assume nella realtà. Autenticazione - Processo attraverso cui, in una comunicazione tra due parti (uomo-elaboratore, elaboratore-elaboratore) una parte verifica la veridicità dell’identità asse-rita dall’altra. L’autenticazione si basa in genere sulla verifica del possesso di alcune proprietà che si conosce essere possedute dalla controparte. Apprendibilità - Impegno richiesto agli utenti per comprendere le possibilità d'impie-go delle tecnologie al fine della fruizione delle informazioni desiderate, attraverso le modalità di accesso, comunicazione o diffusione. Autorizzazione - prevede l'assegnazione di un profilo di accesso all'utente (per e-sempio autorizzazione alla sola lettura, alla lettura e all'aggiornamento, alla cancella-zione, alla stampa, eccetera) e il controllo della congruità di ciascuna richiesta rispetto alle tipologie ammesse, ad ogni accesso. Call center - Punto di accesso ad un insieme di funzioni di assistenza, di norma tele-fonico. Classe di dati - Insieme di dati caratterizzati da proprietà comuni, denotabile con un nome. Completezza - Estensione con cui un insieme osservabile è rappresentato in un in-sieme di dati. Ad esempio, per un insieme di impiegati di un’organizzazione, un’anagrafica è completa quando sono rappresentati tutti gli impiegati. Comprensibilità - Impegno richiesto agli utenti per capire il funzionamento degli strumenti, basati su tecnologie informatiche, al fine di utilizzarli per l’accesso o la co-municazione di dati. Comunicazione - Trasmissione di dati ad uno o più destinatari predeterminati; può essere unidirezionale o bidirezionale; può essere preceduta da una richiesta oppure no. L'iniziativa può essere del soggetto che detiene i dati oppure dell'interessato che ne ha fatto richiesta. Il processo di comunicazione di dati digitali può essere totalmen-te o parzialmente telematico. Conoscibilità (di un insieme di dati) -– Insieme delle regole che determinano la pos-sibilità di fruire dei dati da parte di soggetti interessati. Consistenza interna (di un insieme di dati) - Rispetto dei vincoli di significato che legano logicamente l’insieme dei dati. Ad esempio, la coppia di dati <CAP, 35122>, <CITTÁ, Roma>, che sono riportati in corsivo i termini per i quali è fornita una defini-zione nell’ambito del glossario rappresenta codice di avviamento postale e città di un indirizzo toponomastico, non è caratterizzata da consistenza interna perché non è ri-spettata la corrispondenza tra codice e città.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Consistenza esterna (dello stesso dato in diversi insiemi di dati) - Proprietà per cui il dato è rappresentato con lo stesso elemento nei diversi insiemi. La consistenza ester-na, così come definita, assume che il vincolo di significato cui siamo interessati sia l’identità. La consistenza esterna può essere persa nei processi di trasformazione che il dato subisce, dando luogo alla produzione di copie dello stesso dato non coincidenti. Contenuto (informatico) - Insieme dei dati che possono essere resi disponibili da un programma applicativo, nel formato in cui sono rappresentati. Dati esposti - Dati pubblici resi conoscibili a fruitori che possono effettuare accessi agli stessi. Dato - Rappresentazione di un fenomeno della realtà di interesse in un formato codifi-cato, in modo tale da essere memorizzabile ed elaborabile mediante sistemi informati-ci. Dato anonimo - Dato che, in origine o a seguito di elaborazione, non può essere as-sociato a un soggetto identificato o identificabile. Dato arricchito - Dato risultante da elaborazioni anche basate sul confronto con altre informazioni di differente provenienza, relative allo stesso soggetto. Sono di questa natura, ad esempio, i dati statistici. Dato di base - Dato sottoposto al trattamento necessario per renderlo elaborabile al di fuori di un singolo sistema o tecnologia. Dato elementare - Dato che rappresenta un aspetto della realtà di interesse non ul-teriormente scomponibile. Dato grezzo - Dato che si trova nella forma in cui è stato acquisito inizialmente. Dato essenziale - Dato pubblico di cui cittadini, imprese o altri operatori privati de-vono poter disporre per esercitare i propri diritti. Non esiste ancora una definizione giuridicamente rilevante di dato essenziale. Dato personale - Dato relativo a persona fisica, persona giuridica, ente o associazio-ne, identificati o identificabili, anche indirettamente mediante riferimento ad altre in-formazioni. Dato proveniente da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque – Dato che appartiene ad una collezione tenuta o formata da uno o più soggetti pubblici, in virtù di una norma di legge o di regolamento e che sia conoscibile da chiunque senza condizioni. Dato pubblico - Dato detenuto da soggetti pubblici perché raccolto o utilizzato da soggetti pubblici, nell’ambito dei propri fini istituzionali. Dato sensibile - Dato personale idoneo a rivelare l’origine razziale ed etnica, le con-vinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni o organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sin-dacale, nonché a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. Dato statistico - Dato elaborato attraverso funzioni di aggregazione su dati elemen-tari o statistici. Diffusione - Divulgazione ad una platea indeterminata di soggetti anche tramite pub-blicazione, tradizionale o su internet. L'iniziativa è di chi detiene i dati. Il grado di ef-fettiva disponibilità dipende dalle modalità prescelte. Disponibilità (nel contesto della sicurezza informatica) - Capacità di un sistema in-formatico di assicurare il proprio funzionamento contrastando efficacemente ogni mi-naccia sia di tipo accidentale sia di tipo intenzionale. Si misura in tempo di regolare funzionamento, calcolato in percentuale rispetto a una finestra temporale predefinita. Distributore privato - Soggetto giuridico di natura privata che rende disponibili, u-sualmente a titolo oneroso, dati pubblici ovvero dati arricchiti a partire da dati pubbli-ci. Distributore pubblico - Soggetto giuridico di natura pubblica che rende disponibili a titolo gratuito o oneroso, dati pubblici.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Dominio di un’amministrazione (nel contesto delle tecnologie informatiche e tele-matiche) - Insieme delle risorse hardware, software e dei dati che appartengono al-l'amministrazione. Dominio di definizione (di un insieme di dati) - Insieme dei possibili elementi cui appartiene un dato. Elemento - Codifica o formato codificato che può essere assunto da un dato. Esattezza - Qualità per cui il dato rappresenta correttamente il fenomeno. Formato codificato - Rappresentazione (di un dato) in forma elaborabile mediante sistemi informatici. Identificazione - Processo attraverso il quale una risorsa dichiara la propria identità nell’ambito di un sistema o di un’applicazione. Integrità - Inalterabilità diretta o indiretta del dato, sia da parte di soggetti non auto-rizzati sia a seguito di eventi accidentali. Interfaccia utente - Insieme di simboli, comandi, convenzioni attraverso cui l’utente e il sistema informatico interagiscono nella formulazione delle esigenze e nella comu-nicazione del dato. Metadato - Proprietà di un insieme di dati. In generale, i metadati sono asserzioni su altri dati che definiscono delle relazioni. La distinzione tra dati e metadati non è intrin-seca ma dipende dall’utilizzo. Ad esempio, il nome di un autore può essere un meta-dato nel contesto della descrizione di risorse elettroniche ed un dato in un sistema di informazioni bibliografiche. Modalità di scambio (dei dati) - Tecnica attraverso la quale si rende fruibile un dato conoscibile. Le modalità possibili sono: accesso, comunicazione, diffusione. Nome (del dominio di definizione dei dati) - Denotazione di un dominio mediante una o più parole in linguaggio naturale. Non ripudio (nell’invio o ricezione di un dato) - Proprietà per la quale il mittente/il ri-cevente di un dato non possono, in una fase successiva, negare di aver invia-to/ricevuto il dato. Operabilità - Facilità di utilizzo degli strumenti impegno richiesto agli utenti per ac-cedere ai dati attraverso le tecnologie. Pertinenza e non eccedenza - Qualità rapportate al fine per cui viene posto in esse-re un trattamento e collegate al rapporto tra dati e adempimenti Porta applicativa - vedi Sistema di interfaccia Programma applicativo - Insieme delle funzionalità messe a disposizione dell’utente per soddisfare le sue esigenze. Qualità (di un dato) - Caratteristica del dato desiderata dagli utenti. Registro pubblico - Registro, archivio, albo formato, utilizzato, conservato da una amministrazione pubblica, previsto da leggi o regolamenti, che raccoglie dati connessi all’espletamento delle attribuzioni e dei servizi svolti dall'amministrazione. Responsabile della qualità dei dati (o data steward) - Soggetto che, all’interno della amministrazione, ha il compito di definire le regole organizzative e di attuare le iniziative volte al continuo miglioramento delle diverse qualità dei dati trattati nella amministrazione. Responsabile del trattamento - Persona fisica, persona giuridica, pubblica ammini-strazione altro ente, associazione od organismo preposti dal titolare al trattamento di dati personali Richiesta - Domanda volta ad ottenere il rilascio di un documento o dato. Essa può essere effettuata in linguaggio naturale oppure tramite l'utilizzo di moduli (carTCei o elettronici). Nel caso di utilizzazione di moduli carTCei, è usualmente prevista una fir-ma autografa. Nel mondo internet può anche consistere nella sottomissione del pro-prio indirizzo di posta elettronica al fine di ricevere un dato sotto forma di file, newsletter, eccetera; oppure del proprio recapito o di fax per ricevere dati su supporto cartaceo.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Riservatezza - Proprietà per la quale nessun utente deve poter ottenere o dedurre dal sistema un dato che non ha il diritto di conoscere. Schema di dati - Descrizione di un insieme di classi di dati e delle relazioni che inter-corrono tra di essi. Segreto d'ufficio - Vincolo che impegna pubblici ufficiali, dipendenti pubblici e incari-cati di servizi pubblici di mantenere il segreto su fatti conosciuti in ragione del loro uf-ficio (Codice di procedura penale, art. 201); Segreto di Stato - Vincolo che concerne gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recar danno alla integrità dello Stato de-mocratico (L. 801/1977, art. 12). Segreto professionale - Riguarda una categoria molto ampia di soggetti (ministri di confessioni religiose, avvocati, consulenti tecnici, notai, medici, chirurghi e tutti coloro che svolgono una professione sanitaria); vale anche i giornalisti relativamente ai nomi delle persone da cui hanno avuto notizie in via riservata (Codice di procedura penale, art. 200). Segreto statistico - Insieme di disposizioni per le quali i dati raccolti da parte degli uffici di statistica nell’ambito di rilevazioni comprese nel programma statistico nazio-nale non possono essere esternati se non in forma aggregata, in modo che non se ne possa trarre alcun riferimento individuale. I dati così raccolti possono essere utilizzati soltanto per scopi statistici e non possono essere comunicati, se non in forma aggre-gata o secondo modalità che li mantengano anonimi in rapporto a mezzi considerati ragionevoli, ad alcun soggetto esterno, pubblico o privato, né ad alcun ufficio della pubblica amministrazione. Non rientrano tra i dati tutelati dal segreto statistico gli e-stremi identificativi di persone o di beni, o gli atti certificativi di rapporti, presenti nei pubblici registri (decreto legislativo n. 322/1989 e codice deontologico da emanarsi in applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 281/1999). Sicurezza - Insieme delle misure (di carattere organizzativo e tecnologico) tese ad assicurare a ciascun utente autorizzato (e a nessun altro) i servizi previsti per l’utente stesso o la categoria di sua appartenenza, nei tempi e secondo le modalità previste. Sistema di gestione della cooperazione - Insieme di regole organizzative e servizi di gestione che rendono disponibili all’insieme delle pubbliche amministrazioni dati e servizi necessari alla cooperazione tra sistemi appartenenti a domini diversi. Sistema di interfaccia (o porta applicativa) - Insieme di componenti applicative me-diante le quali un’amministrazione espone i servizi applicativi e i dati che intende met-tere a disposizione di altre amministrazioni, rendendoli in questo modo accessibili, in condizioni di sicurezza, agli altri domini. Sistema distribuito cooperativo - Insieme di componenti applicative facenti parte della rete unitaria e della rete nazionale delle pubbliche amministrazioni che rendono possibile lo scambio di servizi applicativi e di dati tra amministrazioni e l’accesso, da parte di una o più amministrazioni, a servizi applicativi e dati resi disponibili da altra amministrazione. Soggetto pubblico - Amministrazione rientrante fra quelle di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 29/1993. Tempestività - Caratteristica del dato per cui un mutamento del fenomeno al quale il dato si riferisce porta ad un suo aggiornamento in tempo utile rispetto all’ utilizzazio-ne. Titolare del dato pubblico - Pubblica amministrazione che, in base a una norma di legge o regolamentare, ha la responsabilità della raccolta del dato e del suo tratta-mento. Titolare del trattamento (di dati) - Persona fisica, persona giuridica, pubblica am-ministrazione o altro ente, associazione od organismo ai quali competono le decisioni

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

in ordine alle finalità ed alle modalità del trattamento di dati personali, ivi compreso il profilo della sicurezza. Usabilità (di un dato da parte di un soggetto) - Facilità con cui un soggetto interessa-to a conoscere il dato riesce ad accedervi, con le tecnologie disponibili e a partire dalla sua situazione fisica, psichica e culturale. Utente “normale” - Utente di un sistema informatico caratterizzato da un grado di cultura complessiva e da una conoscenza di base degli strumenti informatici tali da far ritenere che lo sforzo necessario per aumentare la usabilità, sul versante sia delle tec-nologie sia della formazione e addestramento, risulti limitato. Utente con divario culturale - Utente di un sistema informatico caratterizzato da limitazioni nella cultura, nel linguaggio, nella capacità di utilizzo delle tecnologie del-l'informazione che impedirebbero l’accesso a molte tipologie di informazioni rese fruibili a un utente “normale". L’utilizzo di tecnologie ad alto grado di usabilità può permettere l’effettivo accesso. Utente disabile - Utente di un sistema informatico caratterizzato da limitazioni fisi-che o psichiche che rendono indispensabile l’utilizzo di specifiche tecnologie assistite per poter accedere al dato.

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Links dal sito della Radiologia dell'Università di Siena Strumenti di ricerca Google il migliore ed il più rapido Altavista subito dopo google, fornisce risultati più documentati Yahoo! il riferimento nelle ricerche per directory Lycos come yahoo!, un po' meno famoso Virgilio il miglior sito di ricerca italiano Arianna italiano anche questo, ma meno accurato di Virgilio Riviste Radiology Journals by ScienceKomm il punto di partenza! Diagnostic Imaging Online una buona rivista on line, dedicata alla radiologia digitale. Springer LINK European Radiology - Contents European Radiology on line, con articoli in PDF (per gli abbonati). ARRS L'American Roentgen Ray Society, con il link all'American Journal of Roentgeno-logy RSNA il sito dell'RSNA, con i link a Radiology e Radiographics, insuperabili anche nella versione on line SBS la biblioteca centrale dell'Università di Siena Librerie Amazon la più ricca libreria on line! Springer-Verlag la Springer W.B. Saunders Company lento, ma da visitare CME Information Services, Inc molti libri di medicina Cardiology and Hypertension Books by Author -. RadBooks - Radiology On-line Bookstore tanti titoli! Portali SIRM il sito della Società Italiana di Radiologia Medica RSNA il sito dell'RSNA Portale.it non dedicato alla radiologia, ma utilissimo per ricercare qualsiasi tipo di in-formazione Auntminnie il portale radiologico più frequentato al mondo Radcom da visitare Archivi di immagini Eurorad il database della European Association of Radiology. Contribuite! Virtual Radiological Case Collection nutrita raccolta di casi, con ricerca ACR ICONOCERF-WEB il database del Collegio dei Professori di Radiologia Francesi, 3700 casi catalogati. Uno dei più vasti. Whole Brain Atlas il massimo per il neuroradiologo Visible Human il celeberrimo Visible Human Project, oltre 20000 immagini ed una mi-riade di progetti Example-Images of VOXEL-MAN suggestive immagini ed animazioni 3D The X-ray Files buona la sezione tutorial: trapianto renale, collasso lobare e TC nei traumi cranici EMBBS molti casi Rx, TC, pediatrici: immagini non sempre di buona qualità. Interes-santi i simulatori http://radweb.med-rz.uni-saarland.de/ un sito ben fatto, con tantissimi casi Compare ottimo sito

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

http://www2.open.ac.uk/SciMSc/S803/medimage.shtml Metaindex di archivi radiolo-gici http://info.med.yale.edu/intmed/cardio/imaging/ Ottimo archivio di immagini e ana-tomia cardio toracica. Università di Yale http://www.bih.harvard.edu/radiology/education/default.htm Teaching site dell'uni-versità di Harvard http://www.cid.ch/Default.html Clinical Image Diagnosis http://www.shimane-med.ac.jp/IMAGE/Radiology.HTML Sito giapponese di immagini radiologiche e 3D http://sprojects.mmi.mcgill.ca/radpath/molson3/default2.htm Archivio di patologia to-racica http://www.mc.vanderbilt.edu/vumcdept/emergency/xrhome.html Ottimo archivio per chi vuole mettersi alla prova Siti di riferimento PUBMED il sito di riferimento per le ricerche bibliografiche! Virtual Hospital l'ospedale virtuale: mitico! Tantissimo materiale didattico di ottima qualità. Medscape la più bella rivista on line di medicina! Emedicine un altro prezioso portale medico SCAR (Society for Computer Applications in Radiology) per gli amanti della radiologia informatica DICOM una miniera di informazioni sullo standard DICOM DClunie il sito di David Clunie, il padre del DICOM. Tutti i siti esistenti sull'immagine radiologica ed il DICOM Radinfo il sito della Sezione di Radiologia Informatica della SIRM. Tanto materiale e tantissimi links. SNR il sito del Sindacato Nazionale Radiologi, con le pagine dedicate ai concorsi ospe-dalieri. RSNA il sito della Radiological Society of North America ACR il sito dell'American College of Radiology Radiology Info il sito informativo per medici e pazienti gestito da RSNA e ACR http://www.psychology.nottingham.ac.uk/staff/cr1/dicom.html Sito di riferimento per i software Dicom Metaindexes http://healthweb.org/ uno dei metaindex medici di riferimento http://www.molgen.gla.ac.uk/neil//neuroimg_5.html#imaging_indexes tante risorse legate all’imaging http://arnica.csustan.edu/site.asp risorse mediche http://everest.radiology.uiowa.edu/image.html metaindex di archivi radiologici online Raccolte di Siti MedExplorer - Health-Medical Search Engine - . ottimo (tra gli altri RadiologyWeb) Radiology (Other Specialties) WWW Radiology Page AADSoft Review of Summary Hardin MD - Radiology Internet Nursing Resources Radner's RADIOLOGY CENTRAL Radiology Teaching Files University of Michigan Guide Peterson's Radiology Resource tantissimi siti! Radiology sites buono, con i links di yahoo!

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

OBE recommended sites Professional Education Diagnostic Imaging Links Useful radiological and healthcare sites Radio links una ricca e documentata raccolta di siti, in italiano! http://www.comp.leeds.ac.uk/comir/resources/links_c.html completa raccolta di siti sulle immagini Chicago Radiological Society una buona raccolta di siti Tutorials GCM Radiology - Imaging Tutorial Creighton Radiology Education Server Home Page Anatomy Module List Welcome--Uroradiology Tutor The Virtual Hospital Introduction to Clinical Medicine Radiology Osteoporosis Tutorial Tutorial MenuHealthWeb Radiology Teaching Files in Radiology The UMDS Radiology Teaching File MAGNETIC RESONANCE IN MEDICINE Introduction to Radiology GCM Radiology - ottimo Clinical Applications Radiological Anatomy by Units at McGill Faculty of Medicine http://www.vh.org/Providers/Textbooks/MultimediaTextbooks.html tantissimo mate-riale didattico nel Virtual Hospital Anatomia http://www.medfarm.unito.it/education/anatomy.html una nutrita lista di siti di ana-tomia ed un ottimo punto di partenza. http://www9.biostr.washington.edu/da.html digital anatomist project con ricostruzioni 2D e 3D http://www.rad.washington.edu/teachingfiles.html tanta anatomia radiologica, con tracciati anatomici. http://www.vh.org/Providers/Textbooks/MultimediaTextbooks.html Bellissimo il modulo sull’anatomia radiologica del torace. http://www.shimane-med.ac.jp/IMAGE/UStext/normal-ustext.html buon sito di ana-tomia ecografica http://www.cc.emory.edu/ANATOMY/Radiology/Home.Page.MENU.HTML buone imma-gini Rx, US, TC, RM di tutti i distretti corporei. http://www.meddean.luc.edu/lumen/MedEd/GrossAnatomy/cross_section/index.html sezioni anatomiche, TC, RM e filmati, con navigatore. Utile! http://www.szote.u-szeged.hu/Radiology/Anatomy/ buona la sezione di RX, con belle immagini sullo scheletro. http://anatomy.uams.edu/htmlpages/anatomyhtml/grossresources.html links di ana-tomia. http://anatomy.uams.edu/htmlpages/anatomyhtml/anatomylinks.html ...e links misti di anatomia ed anatomia radiologica (con links al Visibile Human). http://www.nlm.nih.gov/research/visible/animations.html Visibile Human e derivati: quanto di meglio! http://www.med.harvard.edu/AANLIB/home.html Whole Brain Atlas: favoloso! http://summit.stanford.edu/vishum/index.htm DAVID: un altro buon sito con naviga-tore ed ottime immagini

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Anatomia radiologica Radiologic Anatomy on the World Wide Web buono Radiology anatomy ottimo Anatomy Modules Anatomy Module List Medical Imaging on the Web una raccolta di siti http--iris.ucdmc.ucdavis.edu-IRIS-Anatomy-anamain.html Anatomy Module List ottimo Gallery of Medical Imaging Movies at CRS4 - CTfacial e MRI vessels Radiographic Anatomy of the Skeleton ottimo HealthWeb Anatomy Imaging Virtual Anatomy Project Visible Human cross sections Torace http://info.med.yale.edu/intmed/cardio/imaging/ il migliore nell’imaging cardio-toracico. Completo. Eccezionale! http://www.2bm.org/toraxweb/index.html la Sezione di Radiologia Toracica della SIRM. Ottimo. http://www.chestx-ray.com/ uno dei siti di riferimento, con tante rubriche e lezioni. http://www.sbu.ac.uk/~dirt/museum/georgehome.html la George Simon collection, un vero dizionario illustrato. Immagini mediocri. Gastroenterico http://www.asge.org/doc/111 il sito della società americana di endoscopia gastroin-testinale The Virtual Hospital Information by Organ System Gastrointestinal tante risorse, ot-timo! http://www.sbu.ac.uk/~dirt/museum/gastro.html ottimo! Gastrointestinal Imaging Cases from Medical i-Way un buon archivio di casi Gastrointestinal Radiology - Thomas Jefferson University raccolta di teaching files Haskal Homepage at HUP una sezione dedicata anche alle procedure interventistiche Nuclear Medicine Case Studies - University of Iowa College of Medicine dal Virtual Hospital Radiology Cases - Harvard Medical School raccolta di casi Radiology Cases - University of Washington teaching files Tutorial Diretta addome The Virtual Hospital Introduction to Clinical Radiology Introduction to Abdominal Radi-ology ottimo! Esofago Esophageal Pathology ottimo! Stomaco Gastritis review sulle gastriti Gastrointestinal System ottimo! ERCP http://babelfish.altavista.digital.com/cgi-bin/translate? buono, ma soltanto in tedesco o francese

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Sistemi di elaborazione dell’informazione radiologica

Defecografia The Virtual Hospital Pelvis and Perineum Defecation un valido tutorial Virtual endoscopy Images and Animations from the SPL tantissime immagini ed animazioni 3D. Muscolo-scheletrico http://www.medmedia.com/med.htm The Wheeless' Textbook of Orthopaedics: il mig-liore! Shoulder Radiographic Anatomy dedicato alla spalla. Ottimo. Ecografia http://www.atl.com/reference/protocol_guides/protocol_guides_main.html utili infor-mazioni di base su come condurre alcuni esami ecografici UCSF-US interessanti teaching files dedicati al genito-urinario http://everest.radiology.uiowa.edu/nlm/app/livertoc/liver/ultrasnd.html anatomia e-cografica del fegato. Discreto. http://dmoz.org/Science/Technology/Acoustics,_Ultrasound_and_Vibration/Ultrasound/Medical_Imaging/ Tantissimi links! http://dir.yahoo.com/Health/Medicine/Medical_Imaging/Ultrasound/ Tanti links da Ya-hoo! http://www.telemed.lt/main_eng.htm sito commerciale, con immagini ed esempi http://www.econews.it/welcome.htm I quaderni di ecografia del dr. Pasquali. Molto carino. http://www.siumb.it/ il sito della Società Italiana di Ultrasonologia in Medicina e Biolo-gia Acuson - Online CME Credits interessanti corsi on line TC http://www.ctisus.com/ il sito di riferimento per la Tomografia Computerizzata. Ricco ed aggiornato. RM http://www.mrprotocols.com/ Rm ed in particolare Angio-RM Frederik Philips Magnetic Resonance br Research Center un sito dedicato alla RM con alcuni interessanti progetti di ricerca http://www.shimane-med.ac.jp/IMAGE/MRA/BODY.HTM dedicato all'Angio-RM. Buono. http://www.mr.ethz.ch/links.html Tanti tutorial sulla RM, principi fisici, teaching files, sicurezza. Sicuramente uno dei migliori! http://spincore.com/nmrinfo/ Tanti links. 3D http://everest.radiology.uiowa.edu/nlm/app/maintoc.html tanti esempi. Ottimo.

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Appendice Elaborazioni di base di immagini con programmi di fotoritocco

Le immagini radiografiche vengono solitamente generate in formato DICOM, contenente al suo interno non soltanto informazioni riguardanti l’immagine pura e semplice, ma anche molte altre di tipo testuale riferite all’anagrafica del paziente, ai parametri tecnici e ad altri aspetti di gestione e informazione sul file. Gli evidenti vantaggi tecnico-legali di questo formato sono però, almeno in par-te, limitati all’ambito professionale radiologico: la visione del file è comunque vincolata all’utilizzo di un “viewer DICOM” ovvero un programma di visualizzazione solitamente già inserito nel CD dell’esame consegnato al paziente. Sono programmi poco diffusi e conosciuti, spesso gratuiti, con limitate possibilità di modifica: proprio il contrario dei programmi di elaborazione grafica presenti sul “mercato informatico” di internet. Sul web, infatti, sono presenti moltissimi programmi di fotoritocco, in versione di prova o gratuiti, il cui compito è quello di poter modificare ogni aspetto delle imma-gini di tipo bitmap, attraverso l’utilizzo di numerosi strumenti di controllo che simulano strumenti pittorici, tipografici, artistici ecc. Se trasformate in immagini raster (attraverso i viewer DICOM più evoluti o con l’utilizzo di plug-in), i radiogrammi digitali possono essere trattati come le immagini fotografiche acquisite da fotocamere digitali o scanner. Questa piccola appendice presenta come effettuare correzioni di base con Pho-toshop, considerato il programma di riferimento nell’ambito del fotoritocco. Esistono programmi simili a Photoshop, gratuiti e più semplici, che possono egregiamente so-stituirlo nella maggior parte delle situazioni di modifica, come The Gimp, Paint.NET, Pixia, IrfanView ecc.

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