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Facoltà di Ingegneria Dipartimento di Ingegneria Idraulica e Ambientale Corso di SISTEMAZIONE DEI BACINI IDROGRAFICI Prof. Ing. Mario Fugazza Appunti alle lezioni AA 2010-2011 SISTEMAZIONE DEI BACINI MONTANI

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Facoltà di Ingegneria Dipartimento di Ingegneria Idraulica e Ambientale

Corso di

SISTEMAZIONE DEI BACINI IDROGRAFICI

Prof. Ing. Mario Fugazza

Appunti alle lezioni AA 2010-2011

SISTEMAZIONE DEI BACINI MONTANI

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

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Indice

1. GENERALITÀ SUI BACINI MONTANI

I bacini montani sono bacini idrografici caratterizzati da un'estensione relativamente ridotta e da una no-

tevole pendenza, sia dei versanti sia dei corsi d'acqua, con tempi di corrivazione e concentrazione piuttosto piccoli. I

corsi d’acqua sono quasi essenzialmente a carattere torrentizio, con portate in genere modeste, come valore assoluto, e

caratteristiche cinematiche di corrente veloce. Le piene sono di breve durata, con forma dell’idrogramma appuntito e

valori al colmo elevati: i valori di portata sono rapidamente variabili nel tempo. Il materiale trasportato dalla corrente è

caratterizzato da dimensioni medie rilevanti (ciottoli e ghiaie); il trasporto solido è quasi totalmente trasporto di fondo.

I bacini montani possono essere distinti, dal punto di vista della problematica connessa con la conserva-

zione del suolo, in due categorie:

a) bacini in condizioni di “equilibrio stabile”;

b) bacini in cui sono in atto fenomeni di dissesto idrogeologico;

Nei primi è sufficiente che vengano rispettate le disposizioni legislative esistenti in materia di vincolo

idrogeologico e osservate le norme, dettate dalle prescrizioni della polizia forestale e contenute nei regolamenti regio-

nali e provinciali, perché tale equilibrio non venga alterato.

Nei secondi bisogna intervenire contro i dissesti in atto, correggendo le pendenza degli alvei nei tratti

soggetti a scavo, consolidando e rinsaldando le superfici franose ed effettuando interventi di rimboschimento per arri-

vare alla ricostituzione della copertura vegetale. Si tratta quindi di realizzare opere di sistemazione idraulico forestale.

2. INDIVIDUAZIONE DEI PROBLEMI

Dovendo programmare e progettare opere di sistemazione idraulico forestale è indispensabile conoscere

con accuratezza sia lo stato dei versanti che quello dei corsi d'acqua: è dunque sempre necessario effettuare una serie

completa di indagini sul territorio mediante una campagna di rilevamenti ed ispezioni, appoggiata ad una cartografia

sufficientemente precisa e, possibilmente, a foto aeree.

Il rilevamento deve portare all'individuazione dei dissesti in atto, delle frane potenziali e dei fenomeni di

erosione in atto sui versanti e nel reticolo idrografico. E' inoltre importante rilevare e stimare la quantità ed il tipo di

trasporto solido nei corsi d'acqua: un'ispezione accurata permetterà poi di individuarle le zone in cui il letto viene sca-

vato, le erosioni spondali e localizzate, gli eventuali tratti in cui la corrente tende a depositare ed il torrente a diventare

pensile.

La presenza durante le piene di una grande quantità di materiale solido trasportato è indice dell'esistenza,

a monte, di dissesti sui versanti o di tratti del torrente in fase di scavo. Infatti il materiale non può che provenire dal ri-

lascio di sedimento dei versanti o da erosione del letto dei corsi d'acqua. Un altro indice dell'esistenza di queste situa-

zioni di dissesto è la presenza, nel conoide finale di deiezione del torrente, di depositi recenti o la nascita di nuovi co-

noidi, in corrispondenza delle immissioni dei corsi d'acqua secondari, ogni qualvolta si abbia una piena abbastanza so-

stenuta.

Gli interventi che devono essere effettuati sui versanti sono sempre interventi distribuiti che interessano

zone più o meno ampie: sistemazione di frane, regimazione delle acque superficiali, rimboschimento. Sono tutti inter-

venti mirati ad impedire o a limitare i dissesti, eliminandone la causa oppure a riportare i pendii in una condizione di

stabilità. Essi richiedono un tempo abbastanza lungo di realizzazione e quindi fanno sentire il loro effetto con un certo

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ritardo. Questo vale soprattutto per il rimboschimento e la forestazione, quando è necessario ricostituire la copertura

vegetale.

Lungo i torrenti si realizzano interventi localizzati volti a risolvere di volta in volta i particolari problemi

che si presentano. Si tratta di opere (di dimensioni a volte anche notevoli) che richiedono progettazioni più complesse.

Gli interventi sui versanti e sui torrenti sono sempre collegati: i dissesti in atto sui versanti hanno un ef-

fetto sul comportamento dei corsi d'acqua attraverso il controllo che essi esercitano sui fenomeni erosivi distribuiti, che

contribuiscono al trasporto solido in alveo. I fenomeni erosivi in alveo, d'altra parte, possono compromettere la stabilità

dei pendii innescando frane superficiali al piede dei versanti. Una buona programmazione dovrà dunque prevedere li-

velli di priorità e modalità di esecuzione ben precise.

3. CLASSIFICAZIONE DEI TORRENTI DAL PUNTO DI VISTA DELL’EQUILIBRIO MORFOLOGICO:

TORRENTI IN FASE DI EROSIONE, DI TRASPORTO, DI DEPOSITO

I criteri di classificazione dei torrenti più comuni fanno riferimento al trasporto solido che è in atto nel

corso d'acqua ed ai fenomeni ad esso collegati. Una delle più seguite è quella proposta da De Horatiis (1930), secondo

la quale i torrenti vengono divisi in due categorie: torrenti in fase di erosione e torrenti in fase di trasporto.

I torrenti in erosione sono quelli in cui l'energia della corrente è superiore a quella necessaria per tra-

sportare a valle i materiali provenienti da monte e dai versanti e viene quindi anche utilizzata per erodere il letto, in

modo da saturare la capacità di trasporto. E' possibile distinguere quando l'erosione sia a prevalente componente verti-

cale (erosione del fondo) ed in questo caso si parla propriamente di torrenti in fase di scavo, od orizzontale (erosione

delle sponde).

I torrenti in fase di trasporto sono quelli in cui tutta l'energia viene impiegata per trasportare il materiale

a valle; il letto del torrente non viene scavato ma ha tendenza ad alzarsi dove si verifica una diminuzione di pendenza

del fondo. E’ abbastanza normale, ad esempio, che nel tratto di valle, in corrispondenza del conoiode, il torrente diventi

un torrente di deposito.

3.1 Interventi sui torrenti in fase erosiva

Nei torrenti in fase erosiva l'erosione può manifestarsi sia sul fondo che sulle sponde. Nel primo caso si

verifica un approfondimento del letto che, protraendosi nel tempo, può provocare il franamento al piede dei versanti

che si appoggiano sulle sponde del torrente ed innescarne il dissesto. In questa situazione le pendici sono instabili e per

stabilizzarle è necessario consolidare il letto del fiume.

Il consolidamento può essere realizzato in due modi: o riducendo l'azione erosiva della corrente o ren-

dendo resistente il letto del torrente. Nel primo caso gli interventi classici portano alla diminuzione della pendenza del

fondo mediante la cosiddetta sistemazione a gradinata, ottenuta con briglie (o soglie) di consolidamento. Nel secondo

caso la corazzatura dell'alveo viene realizzata mediante la cosiddetta sistemazione a cunetta, che consiste nel rivestire

l'alveo totalmente o solo in parte con materiale che resista all'azione erosiva della corrente, modificando anche, talvolta,

la forma della sezione.

Se l'erosione è a prevalente componente orizzontale e si manifesta solo sulle sponde (di solito in punti o

zone dove l'azione della corrente è particolarmente intensa) è necessario intervenire con opere di protezione spondale.

3.2 Interventi sui torrenti in fase di trasporto e deposito

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La presenza di elevato trasporto solido in un torrente, senza che vi siano segni visibile di erosione nel

letto, è indice dell'esistenza di un forte dissesto nei versanti a monte con conseguente degradazione superficiale.

Caratteristica dei torrenti in fase di trasporto è la tendenza ad interrarsi, alzando la quota del fondo. Que-

sto fatto diventa dannoso solo in corrispondenza di manufatti (come i ponti) o nell'attraversamento dei centri abitati, e

si fa sentire particolarmente nel conoide di deiezione ed alla confluenza con il corso d'acqua principale. L'immissione

di una grande quantità di materiale solido nel fiume recipiente, la cui capacità di trasporto (per unità di portata liquida)

è di solito inferiore (data la minore pendenza) di quella del torrente, fa sì che il materiale tenda a depositarvisi, produ-

cendo una riduzione della sezione e fenomeni di rigurgito a monte, in particolar modo in corrispondenza delle piene.

Gli interventi da effettuare in questi torrenti consistono in opere localizzate, la cui funzione è quella di

ridurre il trasporto solido verso valle, trattenendo il materiale trasportato dalla corrente. Le opere consistono in briglie

di trattenuta lungo il torrente e in piazze di deposito, per lo più localizzate nel tratto terminale prima della confluenza.

Queste opere in genere hanno una funzione limitata nel tempo: quella di eliminare temporaneamente gli

inconvenienti dovuti al trasporto solido finché non si è intervenuti a monte eliminando o riducendo la produzione e il

rilascio di materiale con interventi di sistemazione sui versanti in cui è in atto il degrado o lungo il corso d’acqua nei

tratti in erosione. La loro realizzazione crea infatti un volume, disponibile per la trattenuta del materiale solido, che vie-

ne gradualmente riempito fino all'esaurimento. Se esiste la possibilità e la convenienza è possibile provvedere periodi-

camente all'asportazione del materiale, che può essere utilizzato come inerte per costruzione: questo provvedimento

prolunga la durata dell'opera.

Nel tratto terminale, se il torrente tende a divagare a causa della forte diminuzione di pendenza che si

può avere sul conoide di deiezione, può essere necessario proteggere il territorio circostante con arginature di conte-

nimento.

4. SISTEMAZIONE A CUNETTA

La sistemazione a cunetta dell'alveo, come intervento contro l'erosione del fondo, è applicabile e consi-

gliabile quando non sia possibile alzare il letto del torrente con la sistemazione a gradinata. L'intervento consiste nel

trasformare l'alveo in una cunetta vera e propria mediante un rivestimento delle sponde e del fondo.

Questa operazione, soprattutto se accompagnata da una risagomatura dell'alveo che aumenta la velocità

media della corrente, oltre a proteggere il letto dall'erosione ne aumenta la capacità di portata, favorendo il trasporto

solido. Il rivestimento a cunetta viene quindi realizzato anche in assenza di fenomeni erosivi per allontanare il pericolo

che il materiale trasportato si depositi, per esempio nei tratti terminali dei torrenti sul conoide di deiezione.

Ricordiamo che questo tipo di intervento diminuisce notevolmente i tempi di percorrenza e quindi tende

a concentrare le portate riducendo i tempi di risposta del bacino ed aumentando i picchi di piena. E' quindi sempre

necessario verificare quale possa essere il suo effetto sulla propagazione delle piene.

Poiché in genere le pendenze sono forti e quindi le velocità elevate il rivestimento viene realizzato in

pietrame posto a secco o legato con malta cementizia: per velocità superiori a 2.5÷3 m/s il calcestruzzo non resiste al-

l'azione erosiva della corrente. Per velocità inferiori, solitamente in fiumi a carattere torrentizio più che in torrenti, si

può utilizzare, per il rivestimento, il calcestruzzo gettato in opera o elementi prefabbricati in calcestruzzo.

Per quanto riguarda la tecnica di realizzazione il pietrame, opportunamente sagomato, può essere posato

su un sottostante rivestimento di calcestruzzo oppure direttamente sul terreno (Fig.1). Nel primo caso è garantita la

maggior robustezza e resistenza, anche se i costi sono più elevati. Nel secondo caso, se il materiale disponibile lo con-

sente e se l'operatore al mezzo meccanico è particolarmente abile, si può usare direttamente il pietrame a secco senza

necessità di lavorazione dello stesso; questo favorisce l'inerbamento con un effetto estetico particolarmente piacevole

durante i periodi di magra.

Dal punto di vista dell’impatto ambientale il rivestimento in pietrame è sempre consigliato e particolar-

mente quando il tratto da sistemare attraversa centri abitati; in questi casi, se si ricorre al calcestruzzo conviene usare

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lastre prefabbricate che possono avere la superficie opportunamente profilata e sagomata con un risultato estetico ac-

cettabile.

Quando la pendenza è troppo elevata, poiché la sistemazione a cunetta tende ad aumentare ulteriormente

la velocità della corrente, è necessario ridurla artificialmente inserendo opportunamente dei salti o delle soglie.

Dal punto di vista idraulico il dimensionamento della cunetta viene effettuato come quello di un normale

canale. E' importante, in questo come in tutti gli altri casi che riguardano correnti con possibilità di forte trasporto

solido, tenere conto per la scelta dell'indice di scabrezza e della portata di progetto della presenza del materiale soli-

do.

Fig. 1: Sistemazione a cunetta

5. PROTEZIONE SPONDALE Se il materiale che costituisce il fondo è abbastanza grosso e le velocità non sono troppo elevate l'erosio-

ne può interessare soltanto le sponde. In questi casi è necessario intervenire con opere di protezione spondale, curando

particolarmente la protezione del piede delle sponde, ove è facile che si concentri l'erosione che può portare allo scal-

zamento dell’eventuale rivestimento ed alla sua progressiva distruzione. In effetti a volte la protezione è limitata in

altezza ed interessa solo il piede delle sponde.

La protezione spondale può essere ottenuta con rivestimenti di diversa natura: si va da quelli rigidi in

calcestruzzo gettato in opera o prefabbricato, a quelli in pietre squadrate legate con malta cementizia, ai rivestimenti

flessibili, costituiti da pietrame a secco gettato a scogliera o, in mancanza di massi di dimensione adeguate, da gabbioni

riempiti di materiale di pezzatura più piccola. (Fig. 2). In quest'ultimo caso è necessario che i gabbioni siano partico-

larmente robusti, per resistere all'urto del materiale trasportato dalla corrente.

Fig. 2: protezione spondale con rivestimento a scogliera e gabbionate

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Esempi di interventi di protezione spondale tramite rivestimento delle sponde (con particolare riguardo

all’aspetto ambientale) sono riportati in allegato.

La protezione spondale può anche essere ottenuta deviando la corrente dalla zona che deve essere protet-

ta. Per ottenere questo effetto si usano i pennelli (Fig. 3). Si tratta di opere che sporgono in alveo e che vengono realiz-

zate soltanto se la larghezza di questo lo consente: sono quindi tipiche dei fiumi più che dei torrenti. I pennelli vengono

costruiti a monte della zona da proteggere ed il loro effetto si fa sentire lungo la corrente per una distanza di circa 5

volte la sporgenza in alveo. La loro altezza deve essere sufficiente perché non siano mai sormontati durante le piene;

devono essere di dimensione tale da resistere all'azione della corrente, quindi saldamente fondati nell'alveo ed immor-

sati nelle sponde.Dal punto di vista costruttivo possono essere realizzati in molti modi: in scogliera di massi a secco o

legati con malta, in calcestruzzo, con un'anima di calcestruzzo e rivestimento in massi. Se il tratto da proteggere è lungo

si costruiscono più opere in sequenza.

E' importante ricordare che la deviazione della corrente può provocare danni sulla sponda opposta. Di

questo bisogna tenere conto in fase di progetto.

Fig. 3: protezione spondale con pennelli

6. SISTEMAZIONE A GRADINATA

La sistemazione a gradinata è così chiamata in quanto la diminuzione della velocità della corrente viene

ottenuta riducendo la pendenza del tratto interessato dall'intervento mediante un numero sufficiente di opere (briglie o

soglie), ciascuna della quali separata dalla successiva da un salto di fondo. Si realizzano così altrettanti tratti di penden-

za inferiore alla pendenza originale, che viene chiamata pendenza di compensazione, simili ai gradini di una scala (Fig.

4).

Il medesimo risultato può essere ottenuto sia provocando un interramento a monte dell'opera che un'ero-

sione controllata a valle. Nel primo caso si realizzano delle briglie (in pratica piccole traverse) , nel secondo caso si

parla più propriamente di soglie anche se talvolta con la denominazione di soglia si intende una briglia di piccola altez-

za (Z ≤ 2m). Quando la sistemazione viene realizzata con soglie, cioè con opere non sporgenti in alveo, l'abbassamento

del fondo viene arrestato ma l'escavazione, che si è verificata in precedenza, non viene eliminata. Nei casi in cui essa

sia molto progredita e sia quindi necessario rialzare l'alveo si deve ricorrere alle briglie. Se inoltre si considera che l'in-

terramento gioca a favore della stabilità dei pendii che poggiano sulle sponde si capisce come l'utilizzazione delle so-

glie sia in

realtà molto ridotta e limitata a quei casi in cui il fenomeno di escavazione del fondo è appena agli inizi.

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6.1 Pendenza di compensazione

Fig. 4: sistemazione a gradinata

La pendenza di compensazione (detta anche pendenza normativa, di sistemazione o di correzione) è quella pendenza

che si stabilisce a monte delle briglie nel tratto di torrente stabilizzato. In questo tratto si realizza, su un periodo suffi-

cientemente lungo (ad esempio un anno), la condizione di bilancio di massa conseguente alla compensazione tra ero-

sione e sedimentazione: ad un volume x di materiale asportato corrisponde, mediamente, un uguale volume di materiale

depositato in modo che la pendenza resti costante. In pratica, se in corrispondenza ad eventi di piena con portata supe-

riore a quella di progetto può riprendere, nella parte più a monte del tratto stabilizzato, l’erosione del fondo, questa vie-

ne poi ricompensata dal deposito che si verifica per portate inferiori.

Questo meccanismo si mantiene finché non cambia il regime idraulico del corso d’acqua, in base al qua-

le viene determinata la pendenza stessa, o le condizioni al contorno (ad esempio apporto di materiale solido dai ver-

santi).

Una volta che sia stato realizzato l'insieme di briglie, la cui altezza complessiva dipende dalla pendenza

di compensazione, a monte di ciascuna di esse si produce il fenomeno dell'interramento: la corrente, per superare la

briglia, deve innalzare il pelo libero e l’aumento dell’area bagnata riduce la velocità e fa depositare il materiale che es-

sa trasporta; il fenomeno è particolarmente accentuato in corrispondenza delle piene.

La pezzatura del materiale trasportato e quindi depositato dipende dal valore della portata e dalla pen-

denza del fondo, grandezze dalle quali dipende l’energia della corrente. Man mano che l'interramento procede diminui-

sce l’altezza di rigurgito a ridosso dell’opera e con essa la riduzione locale di velocità; di conseguenza la dimensione

media del materiale depositato tende ad aumentare. D’altra parte la riduzione di pendenza prodotta dall'interramento

nel tratto sistemato riduce la capacità erosiva e di trasporto della corrente. Pertanto essa tende ad erodere dallo strato

superiore del letto e trasportare a valle materiale di dimensioni sempre più ridotte, lasciando o depositando quello più

grossolano. Questo fenomeno produce una graduale corazzatura dell'alveo: lo strato superficiale che copre il fondo di-

venta gradualmente costituito soltanto da materiale le cui dimensioni sono tutte maggiori della dimensione di riferimen-

to in base a cui è stata calcolata la pendenza di compensazione. Quando questa sostituzione si è completamente realiz-

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zata la pendenza (di compensazione) può essere considerata una “pendenza di equilibrio”: finché la portata non supe-

ra il valore di progetto il fondo dell'alveo non viene eroso.

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6.1.1 Determinazione della pendenza di compensazione

Tutti i metodi utilizzati per il calcolo della pendenza di compensazione fanno riferimento alla condizio-

ne di equilibrio limite del materiale costituente il fondo del tratto di alveo da consolidare, definito da una pendenza ori-

ginaria i = tg(α) e da una forma di sezione e scabrezza del contorno (definita ad esempio dall’indice n di Manning)

“mediamente” costanti lungo il tratto in esame.

Si considera un elemento di materiale solido (un ciottolo) che sia ritenuto caratteristico nel tratto da con-

solidare, individuato nel modo più semplice mediante una serie di sopralluoghi, come quello presente con la maggior

frequenza nel letto. Definite le dimensioni dell’elemento e quindi il suo volume W se ne determina la dimensione carat-

teristica (per esempio, lo spigolo del cubo equivalente d=W1/3). Con un approccio meno empirico, che richiede però

l’analisi granulometrica del materiale costituente il fondo, ci si riferisce ad un diametro caratteristico dell’armatura

(strato superiore del fondo), di solito d75 o d901.

Questo elemento appoggiato al fondo sarà soggetto all'azione delle forze dovute alla propria massa ed

all'azione dell'acqua in movimento.

Si scrive la condizione di equilibrio alla traslazione nella direzione del moto supponendo l'elemento di

diametro d isolato. Nella condizione di equilibrio (Fig. 5) il sistema delle forze agenti (attive e resistenti) ha risultante

nullo.

Fig. 5: a) forze agenti sull’elemento solido b) abaco di Shields

Le forze attive sono la spinta dinamica D e la componente del peso nella direzione del moto P'; la forza resistente è la

reazione d'attrito P".

(1) D = Kd α1 g

df

2

u 22* γ ,

(2) P'=(γs- γ)α2d3 sinα ,

(3) P" = f(γs - γ)α2d3 cosα ,

ove α1 e α2 sono fattori di forma (per la sfera α1= π/4 e α2 = π/6), u* è la velocità al fondo (in prossimità

dell’elemento) coincidente con la velocità d’attrito, γ è il peso specifico del liquido, γs è il peso specifico del materiale

trasportato e f è il coefficiente d'attrito, che dipende dalla natura del materiale a contatto. Kd è il coefficiente di drag.

Per i valori di pendenza del fondo normalmente considerati sinα è piccolo e cosα ≈ 1, quindi il termine P' può essere

trascurato rispetto agli altri.

Con questa approssimazione l’equazione di equilibrio alla traslazione nella direzione del moto:

1 molti progettisti adottano d50 per ragioni di sicurezza

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10

(4) Kd α1g

du

2

2*2γ + (γs - γ) α2d

3 sinα = f(γs - γ) α2d3 cosα

diventa

(4’) Kd α1g

du

2

2*2γ = f(γs - γ) α2d

3

dalla quale si ricava la seguente espressione della velocità al fondo al limite dell’erosione:

(5) u*= γαγγα

1

2 )(2

d

s

K

dfg −

osserviamo che la (5) può essere scritta in forma compatta u*= K0 d ove K0 è una costante che comprende tutte le

altre grandezze che compaiono in (5) : la velocità al fondo al limite del trasporto, cioè la velocità erosiva, è proporzio-

nale al quadrato del diametro, cioè al quadrato della dimensione caratteristica della particella (isolata).

Utilizzando la classica relazione per la velocità d’attrito:

(6) gRiu ==ρτ 0*

ove R è il raggio idraulico corrispondente alla portata di progetto Qp, e i la pendenza del fondo.

Sostituendo nella (5) si ottiene:

(7) 1

22

αα

dK

f

d

Ri=

La (7) rappresenta la condizione di equilibrio limite; il primo termine è il parametro di mobilità di Shields (o indice

di mobilità), che viene indicato con la lettera θ. Esso viene anche espresso come u*2/(g∆d). Il parametro di mobilità è

una grandezza adimensionale che dipende dal numero di Reynolds del grano Re* = u*d/ν.

La relazione u*=F(Re*), determinata sperimentalmente da Shields (Fig. 5 b) separa il piano θ, Re* in due parti. I punti

al di sopra della curva rappresentano situazioni in cui il moto dell’acqua (definito dal valore di u*) è in grado di sposta-

re il granulo, i punti al di sotto sono invece relativi ad una condizione di immobilità. I punti sulla curva sono al limite

dell’equilibrio.

La curva interpolante mostra un primo tratto rettilineo per Re* <2, un tratto che presenta un minimo

(Re*=10), ed un secondo tratto rettilineo e debolmente crescente. Per valori di Re*>200 (normalmente raggiunti nei

corsi d’acqua naturali) si assume per θ un valore costante uguale a 0,057 che corrisponde al valore del secondo mem-

bro della (7), che infatti non dipende dalle caratteristiche della corrente:

(8) 057,0=∆dRi

R

di

∆= 057.0

Se ora si considera la condizione di moto uniforme, ipotesi poco realistica ma utile per ottenere un risultato:

(9) 5.03

21iR

nAQ ×=

si ottiene un sistema, costituito dalle (8) e (9) di due equazioni nelle due incognite i e R (quindi h essendo la forma del-

la sezione nota). Il sistema risolto ci dà il valore della pendenza di compensazione i = ic.

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Ricordiamo alcune espressioni “storiche” di tipo euristico-sperimentale per il calcolo di ic.

Esprimendo la velocità al fondo u* in funzione della velocità media V della corrente con una semplice

relazione del tipo u*=βV ed ipotizzando sempre la condizione di moto uniforme in regime assolutamente turbolento

con χ coefficiente di Chèzy, dalla (5) si ottiene:

(10) ic = R

dC

R

d

K

fg

d

s ×=×

−22

1

2 )(2

βγχα

γγα

Il termine C dipende dai valori assegnati alle costanti α1, α2, Kd, f e β, dal peso specifico del sedimento

γs e del fluido γ, dal coefficiente di scabrezza χ, che a sua volta dipende dall'indice di scabrezza e dal raggio idraulico.

E' quindi immediato riconoscere come C possa essere definito soltanto con un certo grado di approssimazione.

Per Kd e f si possono assumere i valori più frequenti: per Kd si assume il valore 1,5, corrispondente ad

una forma arrotondata, e per f il valore 0,76, corrispondente al contatto pietra su pietra. Per β si considera il valore

suggerito da Supino che poneva V=1,33u* da cui β = 0,.75.

Il peso specifico γs del materiale dipende dalla natura delle rocce e dei terreni da cui proviene il sedimen-

to: γs può variare attorno al valore tipico di 26.000 Nm-3. Il peso specifico dell'acqua γ è influenzato dalla percentuale

del materiale in sospensione (torbidità) e può variare tra 9.810 e 10.800 Nm-3.

Sulla base di questi ragionamenti Thiéry (1891) assumendo per K ed f i valori sopra indicati, β=1 e

γ=1.000 propose per ic la relazione:

(11) ic = 0,01 R

d2

χ

γ∆ Formula di Thiéry

con ∆γ = γs - γ. In questo modo viene evidenziata la dipendenza della pendenza di compensazione dalle principali carat-

teristiche del materiale che riveste il letto, che sono la dimensione d ed il peso specifico γs, e da quelle dell'alveo, cioè

l'indice di scabrezza che compare in χ e la forma da cui dipende R e quindi χ.

Tenendo conto della piccola variabilità di questi parametri, quando ci si riferisce ad un ambito abbastanza ristretto (una

valle o una serie di valli con caratteristiche simili) alcuni ricercatori hanno ulteriormente semplificato la relazione. Va-

lentini (1912), studiando i torrenti ed i fiumi della Valtellina ha osservato che il coefficiente C che compare nella (10)

variava tra i valori di 0,093 per i torrenti e 0,087 per i fiumi.

(12) ic = ( )R

d×÷ 094.0087,0 Formula di Valentini

Alla (10) o alla (12) deve comunque essere associata la (9) per ottenere sia il valore di ic sia quello di h.

La relazione proposta da Valentini può essere ricavata anche dalla (8). Il valore di ∆ è mediamente 1.65 per materiali

silicei (considerando γs=26000 e γ=9810 Nm-3), potendo variare in funzione della torbidità dell’acqua (che fa aumenta-

re γ) e della natura delle rocce da cui proviene il materiale costituente il fondo. Per ∆ =1.65 la 8 ,diventa:

(13) R

dic 094,0=

relazione praticamente identica a quella trovata da Valentini.

Una relazione simile alla (10) è stata ricavata da Lelli (1928,1930) partendo direttamente dalla formula

di Strickler per esprimere la condizione di moto uniforme:

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12

(14) V=cR 2/3 i0.5

ove c è l'indice di scabrezza di Strickler. Se si ricava il valore di i, tenendo conto del fatto che R=A/P=Q/VP (P è il pe-

rimetro bagnato) si ottiene:

(15) i =

3

42

3

4

3

10

Qc

PV .

Se ora si impone che la V sia quella di equilibrio limite V=1.33 u* (Supino)l corrispondente alla portata di progetto Qp

si ricava:

(16) ic =

3

42

3

4

3

10

)(

pQc

PdF Formula di Lelli

Nella (16), che deve ancora una volta essere associata all’equazione di moto uniforme (9) poiché P è

funzione di ic, compaiono esplicitamente il valore della portata di progetto e la velocità media al limite di trascinamen-

to, espressa dalla funzione F(d), che rappresenta nel modo più semplice la più complessa dipendenza, per una portata

assegnata (in moto uniforme e regime assolutamente turbolento), della velocità “erosiva” dalle caratteristiche fisiche

del materiale presente in alveo.

Tutte le formule proposte per la determinazione della pendenza di compensazione danno un risultato

che deve essere ritenuto soltanto indicativo. Infatti da una parte, per quanto riguarda le relazioni storiche che si ricava-

no dalla (10), vi sono molti gradi di incertezza nella determinazione dei valori da assegnare ai parametri che compaio-

no nella trattazione; dall'altra le ipotesi fatte sono spesso molto vincolanti, poco realistiche o imprecise.

Si è già detto di come sia difficile assegnare un valore ai coefficienti f, k e β ed ai pesi specifici del li-

quido e del sedimento. Una difficoltà ancora maggiore si incontra quando si deve definire il valore di d. Non esistono

indicazioni precise in proposito: in genere si considera la dimensione del materiale che costituisce l'ossatura del letto,

scartando il più minuto ed il più grossolano. Si suppone che questo materiale possa essere eroso in corrispondenza di

piene che si verificano con frequenza non elevata.

In effetti per quanto riguarda la portata di progetto la tendenza attuale è quella di considerare portate cor-

rispondenti a tempi di ritorno dell'ordine dei 30-50 anni, escludendo le piene eccezionali (corrispondenti per esempio a

T = 100 anni), per le quali si ammette che l'alveo possa ancora essere eroso ma le opere debbano sopportare le solleci-

tazioni e garantire il funzionamento idraulico, anche se in condizioni di sovraccarico. Dal punto di vista teorico poi, se

si vuole arrivare alla pendenza di equilibrio attraverso una fase di compensazione che produca una adeguata corazzatu-

ra del fondo bisognerebbe individuare quale sia la relazione che lega l'erosione alle caratteristiche della corrente e del

sedimento (per esempio una opportuna formula di trasporto solido al fondo) ed utilizzare questa invece della generica

Vfl = F(d), avendo definito come indicato sopra i valori del diametro e della portata.

Un altro notevole grado di incertezza è introdotto dalla forma della sezione. E' già di per sè difficile de-

finire una forma “media” valida per tutto il tratto, ma bisogna anche considerare che questa forma, in base alla quale si

ricavano R e χ che compaiono nelle formule utilizzate, verrà poi modificata in conseguenza dell'interramento e del suc-

cessivo consolidamento del letto. Un discorso analogo si può fare per l'indice di scabrezza, che dipende dalle dimen-

sioni del materiale che ricopre il letto e dalla quantità trasportata dalla corrente durante le piene, grandezze anch'esse

variabili nel tempo.

Ragionamenti simili possono essere fatti quando si considera il metodo basato sulla teoria di Shiels; bi-

sogna infatti ricordare che il valore limite θc= 0,057 è stato ricavato in laboratorio su canaletta orizzontale di sezione

rettangolare con materiale monogranulare omogeneo e con un rapporto di sommergenza (rapporto tra il tirante e la

dimensione del sedimento) molto elevato, situazioni assolutamente diverse da quelle naturali di un torrente montano.

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

13

In definitiva sembra ragionevole considerare il valore di ic calcolato come valore di prima approssima-

zione, sul quale poi può essere necessario intervenire modificando le opere realizzate. Ricordiamo infatti che se la pen-

denza ricavata è minore di quella vera (errore per difetto), in una sistemazione a gradinata costituita da più briglie, si

verificherà un parziale interramento del piede delle briglie intermedie, mentre, se è maggiore (errore per eccesso), il

torrente tenderà a scavare ancora il letto al piede delle briglie intermedie, potendone provocare il collasso.

La realizzazione della sistemazione a gradinata deve sempre procedere da valle verso monte e dovrebbe

essere effettuata in modo graduale, attendendo che si verifichi l'interramento di un'opera, prima di realizzare la succes-

siva. In questo modo sarebbe possibile verificare che la pendenza calcolata, il cui valore è, come detto, considerato sol-

tanto indicativo, sia effettivamente una condizione di “equilibrio”.

Questa procedura, in teoria consigliabile, richiede di attendere che si siano verificate alcune piene con

valori di portata abbastanza grandi perché si realizzi l'interramento, cosa che normalmente avviene in (almeno) un paio

di anni, anche se è difficile che in questo periodo si verifichi una piena simile, se non uguale, a quella di progetto. La

procedura comporta dunque ritardi nella realizzazione delle opere, mentre, dati i costi attualmente elevati della mano-

dopera e la più facile meccanizzazione dei cantieri che accelera i tempi di costruzione, le esigenze economiche spin-

gono verso la realizzazione di tutte le opere in rapida successione, esaurendo il finanziamento disponibile.

L’alternativa è quella di effettuare un monitoraggio continuo e costante nei primi anni di vita

dell’intervento. Questo consentirà di intervenire, nel caso si verifichino ancora fenomeni erosivi, o alzando alcune bri-

glie della gradinata, o realizzandone altre intermedie.

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

14

Esempio di sistemazione a gradinata; si osservi nel tratto a monte della prima briglia gli interventi

di regimazione dello scorrimento superficiale sul conoide in erosione.

7. BRIGLIE

La briglia è uno sbarramento tracimabile di piccola altezza utilizzato per realizzare interventi di corre-

zione sui torrenti.

Gli interventi possono essere di consolidamento dell'alveo o di riduzione del trasporto solido: si hanno

quindi briglie di consolidamento e briglie di trattenuta. La tipologia, la normativa, le metodologie di progettazione e di

realizzazione sono le stesse in entrambi i casi.

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15

7.1 Tipologia e caratteristiche

Il tipo di briglia più comune è quello a gravità; esistono, anche se poco frequenti, le briglie ad arco. Nella

Fig. 6 è rappresentata una tipica briglia a gravità.

Fig. 6: briglia a gravità

La parte centrale al di sopra del coronamento presenta un'apertura, chiamata cunetta o gàveta, attraverso la quale viene

convogliata la portata del corso d'acqua. La cunetta è limitata lateralmente dalle ali, che si ammorsano nelle sponde. E'

buona cosa che la parte superiore della cunetta e delle ali siano protette dall'erosione, se la struttura è in calcestruzzo,

con un rivestimento di pietra che si chiama copertina. Analogo effetto protettivo può essere raggiunto trattando il getto

di calcestruzzo con indurente. La cunetta ha di solito forma trapezia isoscele con scarpa (z/x) 1/1. La pendenza delle ali

è normalmente di 1/10.

E' importante che le ali si ammorsino alla stessa quota, onde evitare che, nel caso di piene eccezionali

che producono il sormonto delle ali, la corrente trovi una via preferenziale, concentrandosi dalla parte dell'ala più bassa

ove l'erosione più accentuata potrebbe provocarne lo scalzamento e quindi la distruzione della briglia. In caso quindi di

cunetta non simmetrica la pendenza delle ali può variare ed essere differente a destra e a sinistra.

La cunetta deve essere dimensionata per consentire il passaggio della portata di progetto, senza essere

sormontata. E' buona cosa inoltre che il passaggio attraverso la cunetta concentri la corrente verso il centro del torrente,

lontano dalle sponde, che potrebbero più facilmente essere erose. Nel caso che a valle siano presenti affioramenti roc-

ciosi particolarmente resistenti è però conveniente costruire la cunetta in modo di dirigere il getto dell'acqua in caduta

sulla zona più protetta e più resistente, anche se questo comporta lo spostamento della cunetta verso una sponda, o, se

l’alveo è in roccia, eliminare la cunetta (Fig. 7)

Fig. 7: posizionamento della cunetta

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16

Nel corpo della briglia devono sempre essere presenti feritoie che consentano il drenaggio delle acque di subalveo in

modo che, dopo l'interramento, non sia mai possibile la formazione di un velo d'acqua continuo sul paramento di monte

a cui corrisponderebbe la distribuzione idrostatica di pressione, con sollecitazioni sulla briglia notevolmente maggiori.

Le briglie normalmente poggiano su fondazioni, necessarie per ripartire meglio sul terreno le sollecita-

zioni. Fanno eccezione le briglie di piccole dimensioni in materiale non lapideo.

7.2 Materiali impiegati per la costruzione

Mentre un tempo erano frequenti le briglie in pietrame a secco o più sovente legato con malta cementizia

e le briglie (di piccole dimensioni) in legname, oggi si tende sempre di più ad utilizzare il calcestruzzo (semplice e ar-

mato). Questa scelta è dovuta, oltre che alla maggior resistenza offerta da questo materiale, all'aumento del costo della

manodopera ed alla più facile ed economica meccanizzazione dei cantieri. Il materiale tradizionale (pietrame) viene

utilizzato soltanto quando ve ne sia grande disponibilità in loco e sia molto costoso il trasporto o la produzione sul po-

sto del calcestruzzo. Con la pietra devono inoltre essere costruite o rivestite le parti più soggette all'erosione prodotta

dal materiale solido trasportato: cunetta e sommità delle ali, anche se talvolta si usano allo scopo (ma con minore effi-

cacia) getti di calcestruzzo indurito. Il rivestimento in pietra viene inoltre normalmente effettuato sui paramenti delle

briglie in calcestruzzo per ridurre l’impatto ambientale.

Briglie in: calcestruzzo armato, pietrame non legato, legno, gabbioni

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17

8. CRITERI DI DIMENSIONAMENTO DELLE BRIGLIE Dalla conoscenza della pendenza di compensazione ic e della pendenza originale i è possibile ricavare il

valore ∆z dell'innalzamento del fondo che è necessario realizzare mediante la sistemazione a gradinata del tratto di al-

veo di lunghezza L. L'altezza complessiva delle briglie sarà proprio ∆z:

(17) ∆z = (i – ic)L

Se il valore di ∆z è piccolo l’innalzamento del fondo può essere realizzato con una sola briglia. In caso

contrario il dislivello dovrà essere distribuito su più briglie. Osserviamo che se l’altezza della briglia supera i 15 m essa

rientra nella categoria delle dighe di ritenuta e come tale è soggetta alla legislazione vigente in merito, che prevede nor-

me molto severe per il progetto la costruzione e l’esercizio dell’opera. Anche per queste ragione, oltre che per conside-

razioni di natura più strettamente economica, quando il dislivello da coprire è elevato si cerca di non superare i 5÷6 m

di altezza massima per briglia, anche se in pratica l’altezza della singola opera viene valutata in base alla situazione lo-

cale, che può imporre scelte costruttive e quindi costi particolari (per esempio per quanto riguarda le fondazioni).

Definiti quindi il numero di briglie e la loro altezza, esse verranno posizionate dapprima sulla carta e poi

con precisione mediante indagini sul posto, che consentiranno di scegliere il sito in modo ottimale sia dal punto di vista

della forma dell’alveo, che della consistenza, stabilità e portanza del fondo e delle sponde.

Una serie di briglie di consolidamento deve essere costruita, come già detto, partendo da valle e risalen-

do verso monte, in modo che l’interramento che si verifica in seguito alle piene protegga il piede delle nuove briglie

dallo scalzamento. La briglia situata più a valle, sulla quale in pratica poggia tutta la serie, è una briglia cardine e do-

vrà essere costruita con cura particolare (soprattutto per quanto riguarda le fondazioni) in modo da resistere, in partico-

lare, all’azione di scalzamento al piede. E’ buona norma, se il numero di briglie è elevato, inserire nella serie ogni tanto

una briglia cardine, ove le condizioni dell’alveo siano particolarmente favorevoli (affioramenti rocciosi, o altro) per

l’ammorsamento nelle sponde e nel letto.

Il dimensionamento della briglia presenta due aspetti: l’aspetto idraulico e l’aspetto strutturale.

8.1 Dimensionamento delle briglie: problematiche idrauliche

Solitamente, per il dimensionamento idraulico delle briglie, si utilizza una portata di progetto Qp con

tempo di ritorno superiore a quello utilizzato per il calcolo della pendenza di compensazione. Il dimensionamento delle

briglie, per quanto riguarda l’aspetto idraulico, è finalizzato a:

b) consentire il passaggio della portata attraverso la cunetta al di sopra del corpo della briglia evitando eccessivi ri-

gurgiti, danni alla struttura ed erosione alle sponde;

b) favorire la dissipazione dell’energia cinetica posseduta dalla lama liquida stramazzante, evitando fenomeni di ero-

sione localizzata al piede che potrebbe danneggiare la stabilità della struttura attraverso lo scalzamento del para-

mento di valle;

c) controllare il moto di filtrazione al di sotto dell’opera, evitando che si verifichi sifonamento al piede a scapito della

stabilità della struttura.

Il primo problema riguarda essenzialmente il dimensionamento della cunetta. Se la cunetta è ben dimen-

sionata il passaggio della portata si realizza con la concentrazione della corrente verso il centro dell’alveo (se la cunetta

è centrata) o verso una zona meno erodibile (cunetta spostata lateralmente) evitando, durante le piene, il sormonto delle

ali e l’occupazione dell’intera sezione dell’alveo. Questi due fatti potrebbero comportare erosione e scalzamento

dell’opera nei punti di innesto nelle sponde.

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

18

Il secondo problema riguarda il controllo dell’erosione localizzata causata dall’azione della lama d’acqua

che, attraversando la cunetta, va a colpire il fondo e dissipa la sua energia residua attraverso un risalto. La distanza x

(m) percorsa dal getto che cade è facilmente ricavabile in funzione della velocità media del getto sulla cunetta V (ms-1)

e dell’altezza della briglia Z (m):

(18) g

ZVX

2×=

Se si considera la velocità corrispondente alla portata di progetto si ricaverà la distanza massima, in cor-

rispondenza della quale si avrà la maggior dissipazione e conseguente escavazione. In realtà lo scavo avrà inizio prima,

anche se non proprio al piede della briglia, in corrispondenza di portate con valore inferiore a quella di progetto.

Un primo accorgimento, relativamente a questo aspetto del problema, è quello di verificare che l'escava-

zione che si verificherebbe progressivamente fino raggiungere un valore limite non provocherà danni alla stabilità della

briglia stessa (in assenza di qualunque tipo di intervento di protezione del fondo). L’esistenza di un valore limite di e-

scavazione è legata al fatto che, all’erosione progressiva, si associa la formazione di un gorgo, in pratica di un cuscino

d'acqua che smorza l'azione del getto.

Una valutazione della profondità massima t (m) dello scavo, del tutto indicativa, perché ogni briglia co-

stituisce un caso a sé, può essere ricavata con la formula di Schoklitsch (1932):

(19) vhd

qyt −×=

32,090

57,02,0

75,4

ove y (m) è il dislivello tra i peli liberi a monte e a valle della briglia (dopo il gorgo), hv (m) è il tirante in questa sezio-

ne, q è la portata specifica (m2s-1) sulla cunetta e d90 (mm) è la dimensione della maglia del vaglio che trattiene il 10%

(in peso) del materiale di cui è costituito il fondo del torrente a valle della briglia.

Se dal valore di x trovato con la (18) e di t trovato con la (19) si hanno sufficienti garanzie che la fonda-

zione non venga scalzata si può ritenere che il fenomeno dissipativo sia sufficientemente controllato. Solitamente si as-

sume per la fondazione una profondità zf compresa fra 0.3 e 0.5 volte la somma dell’altezza della briglia Z e del tirante

h sulla cunetta in corrispondenza della portata di progetto. Se si trova t > zf occorre intervenire in modo da proteggere

il piede della briglia.

La protezione può essere effettuata rivestendo la platea immediatamente a valle della briglia e per un

tratto sufficientemente lungo con materiale resistente all'azione erosiva (di solito pietra); il rivestimento deve essere

fermato a valle da uno sbarramento trasversale, sufficientemente profondo anche se a filo della platea o poco sporgen-

te. In questo modo la dissipazione, che avviene tramite la formazione del risalto, non provoca escavazione del fondo.

Un altro sistema è quello di realizzare un cuscino d'acqua artificiale, facendo risalire il risalto a monte

mediante la costruzione a valle della briglia di un'opera simile, ma di dimensioni più piccole, chiamata controbriglia.

Essa interesserà tutta la larghezza dell'alveo, avrà cunetta del tutto simile, se non uguale a quella della briglia, ma altez-

za nettamente inferiore.

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

19

Briglie con controbriglia

8.1.1 Dimensionamento idraulico della cunetta

Dimensionare la cunetta significa, assegnarne la forma e determinarne le dimensioni. La forma di solito è

trapezia con scarpa 1/1. La larghezza di base viene fissata tenendo conto della larghezza del coronamento sul quale ver-

ranno realizzate la cunetta e le relative ali. Si deve sfruttare la larghezza disponibile senza superare la larghezza del let-

to del torrente a valle. Se questa dimensione è insufficiente e costringe ad una profondità di cunetta eccessiva si può

allargare il tratto a valle per una lunghezza sufficiente (tenendo conto dell'eventuale controbriglia) rinforzando le spon-

de immediatamente a valle con muri d'ala appoggiati alla briglia stessa.

Il dimensionamento della cunetta (determinazione dell’altezza h della sezione) viene effettuato ipotiz-

zando che essa si comporti come uno stramazzo a larga soglia. In effetti, tranne che per opere di dimensione molto

modesta, la larghezza al coronamento è sempre sufficiente perché su di essa, in assenza di rigurgito, si realizzi l'altezza

critica k. Potendo trascurare le perdite continue per la brevità del tratto e localizzate, essendo la corrente accelerata, si

può ammettere la costanza del carico totale tra la sezione 0 a monte e quella 1 critica (Fig.8).

Fig. 8: schema del funzionamento idraulico della cunetta

Riferendo il carico alla quota del coronamento si può scrivere:

(20) g

Vh

g

Vh

22

21

1

20

0 +=+

ove h1 = K e kg

V5,0

2

21 =

Prima dell'interramento il tirante a monte è dato da h0 + Z, essendo Z l'altezza della briglia. Con questo tirante l'altezza

cinetica di monte è in genere trascurabile e si può scrivere:

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

20

(21) 32

03

2

g

qhk ==

avendo considerato la sezione rettangolare di larghezza B e quindi q=Q/B.:

(22) q = 0.385 h03/2

(23) h0 = 0.7 q2/3

Essendo q un dato di progetto, con B larghezza di cunetta già definita, dalla (23) si ottiene direttamente h0, cioè la pro-

fondità della cunetta e, avendo trascurato l’allargamento della sezione dovuta alla pendenza delle sponde, il valore così

trovato è a favore di sicurezza.

Con qualche elaborazione in più è comunque possibile considerare la vera forma della sezione di cunetta, cioè la forma

trapezia. E’ sufficiente ricordare che sulla cunetta la portata passa in condizioni critiche e quindi è rappresentabile con

la relazione:

(24) AB

gAVAQ

s

==

in cui Bs è la larghezza superficiale della corrente sulla cunetta, corrispondente ad h = k.

Si tiene poi conto delle relazioni geometriche che definiscono l’area A e la base maggiore (Bs) per la sezione trapezia

di altezza k, scarpa s e base minore B:

(25 a,b) A = (B + sk)×k ; Bs = B + 2k×s

Poiche Q è nota, sostituendo le (25a) e (25b) nella (24) e tenendo conto che k = 2h0/3 si ottiene una equazione

nell’unica incognita h0.

(26) 00

0

00

3

2

3

2

3

22

3

2

3

2

hhsB

hsB

hhsBg

Q

×+×+

×+=

L’equazione (30) così ottenuta non è direttamente risolubile; allora si può procedere costruendo la scala delle portate

in condizioni critiche Qc(k) con la (24) ed utilizzare il grafico relativo per ricavare il valore di k corrispondente alla Qp

Da questo si ricava h0 =1.5k.

In questo caso conviene aggiungere al valore h0 così trovato un franco di almeno 30 cm.

Nella realtà, ad interramento avvenuto, il tirante a monte diventa h0 e l'altezza cinetica non è più trascurabile. Dalla (20)

si ricava:

(27) ( ) 20101 2 VhhgV −−=

Il problema si risolve in modo iterativo: si ricavano h1, che è sempre l’altezza critica, e V1=Qp/A1; quindi si stima h0 di

primo tentativo, per esempio con la (23); poi si ricavano A0, V0=Q/A0 e quindi V1 dalla (27), verificando che il valore

trovato sia uguale a quello noto.

Osserviamo che il valore di h0 trovato in questo modo, cioé tenendo conto dell'altezza cinetica di monte,

risulta minore di quello trovato con la (23)o con la (27); l'uso di quelle formule dà quindi un risultato in favore di si-

curezza.

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

21

8.1.2 Dimensionamento idraulico della controbriglia

In fase di progetto le grandezze da determinare sono:

1) la distanza della controbriglia dalla briglia;

2) l'altezza della controbriglia.

I valori di queste grandezze devono essere tali che il risalto che si forma tra briglia e controbriglia in

conseguenza del rigurgito provocato da quest'ultima sia un risalto annegato, in modo che il getto in caduta trovi in pra-

tica un cuscino d’acqua nel quale dissipare la sua energia.

La distanza teorica a cui deve essere costruita la controbriglia è data dalla somma della distanza L1 mag-

giore della x ricavata dalla (18) e della distanza L2 sufficiente perché il risalto possa realizzarsi. Per determinare que-

st'ultima è necessario conoscere il valore delle due altezze coniugate h1 e h2.

Fig. 9: schema idraulico del sistema briglia-controbriglia

Perché il risalto si sviluppi completamente (Fig. 9) di norma si ritiene sufficiente una distanza:

(28) L2 = 6(h2-h1),

mentre, perché il risalto risulti sommerso, si deve considera per L2 un valore ridotto fino a 2÷3(h2-h1);

Attraverso la cunetta della controbriglia deve passare la stessa portata che passa attraverso la briglia:

l’altezza h' di questa cunetta può essere facilmente determinata in funzione della sua larghezza B'. Pertanto a monte

della controbriglia il tirante sarà hm = h'+ Z' essendo Z' l'altezza della controbriglia Questo valore dovrà essere ≥ h2.

Conoscendo quindi h2 ed h' si ricava per differenza l'altezza (minima) Z'= h2 – h’ che dovrà avere la controbriglia.

Quest’altezza dovrà essere aumentata per tener conto dell’abbassamento ∆z = i(L1+L2) dovuto alla pendenza i del fon-

do.

Il ragionamento fatto trascura l'interramento a monte della controbriglia. In effetti parte del materiale tra-

sportato attraverso la briglia si deposita a monte della controbriglia con l’effetto di ridurre l’area bagnata a monte del-

la cunetta della controbriglia aumentando la velocità della corrente in arrivo e riducendo il tirante sulla cunetta. Il risal-

to si sposta quindi in una nuova posizione di equilibrio avvicinandosi alla controbriglia.

Un metodo utilizzabile per la determinazione delle grandezze in gioco fa riferimento ai criteri di dimen-

sionamento dello sfioratore a salto diritto (straight drop spillway) a cui può essere assimilata la briglia (Fig.10).

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

22

Fig. 10: schema del funzionamento idraulico del salto dritto (bacino di dissipazione)

Il comportamento idraulico della corrente a valle del salto può essere definito in funzione del numero di salto (drop

number):

(29) 3

3

3

2

Z

K

gZ

qD ==

essendo q la portata per unità di larghezza sulla sommità del salto di altezza Z.

Rand (1955) ha trovato le seguenti relazioni, verificate sperimentalmente dalle prove da lui effettuate e

da quelle fatte da altri Moore (1943):

(30) Ld = Z ×4,30×D0,270

(31) hp = Z ×D0.220

(32) h1 = Z ×0,54×D0,425

(33) h2 = Z ×1,66×D0,270

Osserviamo che queste relazioni sono state ricavate considerando uno sfioratore di larghezza uguale a quello del canale

a monte e quindi sono tanto più vere quanto più è ridotta la contrazione (cioè quanto maggiore è la larghezza della cu-

netta).

La determinazione di h1 può anche essere fatta con la relazione trovata da White:

(34)

106,1

21

++

×=

K

ZKh

in cui k è l'altezza critica sulla cunetta e Z l'altezza della briglia.

8.1.3 Verifica al sifonamento

L’esistenza di una differenza di quota tra il pelo libero a monte e a valle della briglia produce un moto di

filtrazione attraverso il mezzo poroso costituito dal sedimento depositato a ridosso dell’opera e dal terreno su cui essa è

fondata. Se chiamiamo H la differenza di potenziale relativo ad una qualunque traiettoria la velocità corrispondente è

data dalla legge di Darcy:

(35) L

Hk=v

in cui k è la conduttività e L è la lunghezza della traiettoria. Conoscendo il valore di k, che dipende delle caratteristiche

medie del mezzo poroso, e, facendo riferimento al materiale esistente in prossimità del piede di valle, si fissa il valore

massimo ammissibile per v come valore al limite del trasporto, risulta definito il valore massimo del gradiente v/k =

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

23

H/L. E’ dunque possibile in funzione del valore H ricavare la lunghezza Lc della traiettoria di filtrazione minima (creep

line: linea di slittamento) perché il limite di velocità sia rispettato:

(36) Lc = cH Il coefficiente c = k/v è stato introdotto da Bligh e rappresenta una costante empirica chiamata creep ratio (coefficiente

al limite di slittamento), che dipende dalle caratteristiche del terreno e che è compreso tra 5 (terreni ad alto contenuto

di argilla o rocciosi) e 20 (terreni sabbioso limosi). E’ possibile fare riferimento alla tabella seguente:

Natura del terreno c

Fanghi e limi 20

Limi e sabbia molto fine 18

Sabbia fine 15

Sabbia media 12

Sabbia grossa 10

Ghiaia da fine a grossa 9-4

Argilla molto compatta o dura 6-3

Usualmente, per determinare Lc, si considera una traiettoria ideale che coincide con il contorno della parte in-

terrata, costituito da tratti verticali di lunghezza Zi e orizzontali di lunghezza xi. I tratti verticali contribuiscono alla ri-

duzione del rischio di sifonamento in misura maggiore di quelli orizzontali di pari lunghezza. Di conseguenza si pone:

∑∑ += iic ZxL3

1

In pratica è necessario definire il campo di moto di filtrazione tracciando le linee equipotenziali e le linee di

corrente (coincidenti con le traiettorie), determinare Lc e, conoscendo H, verificare che il valore di c sia maggiore o u-

guale al valore ammissibile per il tipo di terreno che si sta considerando. Se questo non si verifica è necessario interve-

nire in uno di questi modi:

1. eliminare il moto di filtrazione inserendo diaframmi impermeabili;

2. aumentare c (in pratica ridurre il gradiente H/Lc), aumentando la lunghezza della traiettoria mediante palancole a

monte o a valle della fondazione;

3. posizionareo un sistema filtrante ai piedi del paramento di valle che lasci passare l’acqua trattenendo il materiale

solido.

8.2 Dimensionamento statico della briglia a gravità

Una volta determinata l'altezza Z della briglia in base al valore complessivo ∆z ed al numero di briglie, si

tratta di determinare le altre dimensioni, cioè lo spessore del corpo, che corrisponde allo spessore s dell'opera al coro-

namento, ed il valore da assegnare alle scarpe a monte ed a valle a/Z e b/Z.

8.2.1 Determinazione dello spessore al coronamento

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

24

Lo spessore della briglia al coronamento può essere determinato in diversi modi: esistono metodi teorici,

metodi semiempirici e metodi totalmente empirici. L'incertezza è sostanzialmente dovuta alla difficoltà con cui possono

essere valutate le sollecitazioni a cui è sottoposta la sommità della briglia durante le piene: in questa circostanza all'a-

zione della corrente si aggiungono gli urti dovuti al materiale trasportato.

Un primo criterio, oggi poco seguito, si basa sul fatto che nei tempi passati le briglie erano quasi total-

mente costituite da muratura in pietrame e quindi la larghezza al coronamento corrispondeva alla dimensione longitudi-

nale del rivestimento della copertina.

Fissato lo spessore c del rivestimento la larghezza s può essere determinata imponendo che il blocco di

pietra di lunghezza unitaria, considerato semplicemente appoggiato, sia in equilibrio alla traslazione. Si ipotizza che la

sola sollecitazione sia quella dovuto alla spinta idrostatica corrispondente ad un tirante sulla cunetta di valore h (che

consente il passaggio della piena di progetto). La forza resistente è la reazione d'attrito. La condizione di equilibrio che

si ricava (Fig. 11) è la seguente:

(37) fcsγs = γc(h + 0,5c)

ove f è il coefficiente d'attrito γs e γ sono i pesi specifici della pietra e dell'acqua. Considerando i valori medi f=0,75, γs =22.000 Ngm-3 e γ =9.810 Nm-3 e trascurando 0,5c rispetto ad h si ricava che deve essere

(38) s ≥ 0,59 h

Questa formula costituisce il criterio di ‘stabilità alla flottazione della copertina’.

Sempre considerando che la sola sollecitazione sia dovuta alla spinta idrostatica un altro criterio consiste

nel verificare che le ali non siano soggette a sforzi di trazione: anche questo è un metodo storico che fa riferimento a

briglie in muratura che sopportano solo sforzi di compressione. Comunque, considerando la sezione più sollecitata, che

è proprio quella alla quota del coronamento ed imponendo che la risultante delle forze passi per il terzo medio della

sezione (Fig.11) si ottiene la condizione:

(39) 632

1 2 ssh

hh s ×=× γγ

da cui si ricava:

(40) s = sγ

γ h

cioè, con i valori di γ e γs assunti prima, deve essere:

(41) s ≥ 0,67 h

Questa formula costituisce il criterio di 'assenza di sforzi di trazione sull'ala'. Bisognerà poi verificare

che lo forzo massimo di compressione sia inferiore a quello ammissibile per il materiale.

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

25

Fig. 11: schema per il calcolo dello spessore al coronamento con criteri tradizionali

Vi sono poi formule empiriche o semiempiriche che tengono conto di osservazioni sperimentali (com-

portamento delle briglie esistenti). Una relazione è dovuta a Romiti e Romiti (1957):

(42) s = 0,80 + 2Kd

ove d (m) rappresenta la dimensione 'media' del materiale in equilibrio limite ad interramento avvenuto e k è un coeffi-

ciente che dipende dalla pendenza di compensazione ic e può variare da 1 (ic=0,02) a 0,83 (ic=0,2). Come si vede si as-

segna comunque al corpo della briglia uno spessore non inferiore ad 80 cm.

Un'altra relazione di tipo empirico è dovuta a Zoli (1952):

(43) s = 0,70 + (0,1÷0,2)Z

ove Z è l'altezza della briglia in metri. Il coefficiente moltiplicativo dipende anche in questo caso dalla dimensione del

materiale trasportato; il valore massimo (0,2) corrisponde al materiale più grossolano. Lo spessore, non mai inferiore a

70 cm , è legato all'importanza dell'opera attraverso l'altezza Z.

In definitiva si può concludere che:

- se la briglia è costruita, come avviene abbastanza ormai frequentemente, come un muro in calcestruzzo armato con

tanto di fondazione, lo spessore del muro deriverà dai calcoli di dimensionamento del muro stesso;

- se la briglia è costruita in muratura non è facile scegliere il metodo; dal punto di vista teorico, mentre sembra limitati-

va e poco realistica la (42), la (45) non tiene conto dell'urto del materiale, che però comporta sollecitazioni elevate sol-

tanto finché non si realizza l'interramento totale. Se comunque resta la possibilità di forti sollecitazioni di questa natura,

per esempio se si possono verificare fenomeni di lave torrentizie, il valore trovato con la (45) dovrà essere corretto ed

aumentato, per esempio utilizzando le formule empiriche.

8.2.2 Determinazione della pendenza dei paramenti

La sezione della briglia può essere di forma rettangolare oppure trapezia con uno od entrambi i paramen-

ti inclinati. Possono esistere anche briglie a gradoni. Quest'ultima soluzione è sempre limitata alle briglie costruite in

pietrame o in gabbioni a causa della impossibilità o della difficoltà o del costo connesso, in questi casi, alla costruzione

del paramento inclinato.

La pendenza del paramento di monte viene definita soltanto in funzione della stabilità della briglia: in-

fatti il paramento inclinato aumenta il volume e quindi il peso dell'opera. Il paramento inclinato resiste anche meglio

all'urto del materiale trasportato, ma questo beneficio vale soltanto prima dell'interramento.

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26

La pendenza del paramento di valle deve essere tale da evitare che i ciottoli e i massi trasportati dalla

corrente lo colpiscano danneggiandolo. Di conseguenza il valore massimo della scarpa può essere facilmente calcolato

con la (22). In Italia la normativa (1912) impone ancora che il paramento di valle sia verticale. Negli altri paesi si adot-

ta abitualmente una scarpa di 01÷0.2. Anche l'inclinazione del paramento di valle è conveniente dal punto di vista stati-

co.

In pratica la pendenza dei paramenti, che contribuisce alla stabilità dell'opera, ne aumenta i costi di costruzione. Il

valore da assegnare alle scarpe deve quindi essere scelto anche in base a considerazioni di tipo economico.

8.2.3 Dimensionamento delle fondazioni

La fondazione ha lo scopo di trasmettere le sollecitazioni al terreno, distribuendole su una superficie suf-

ficiente perché rientrino nei limiti ammissibili. Come struttura deve essere in grado essa stessa di resistere alle forze

applicate. Inoltre, la possibilità che a valle il letto venga scavato dall'azione della lama d'acqua che attraversa l'opera

impone dei controlli sulla sua profondità zf (dimensione verticale).

La conoscenza della portanza del terreno su cui poggia l'opera è fondamentale. Si può fare riferimento

alla Tab. 1.

E’ solo il caso di ricordare che la stabilità dell’opera dipende anche dalla dimensione e dalla profondità delle fon-

dazioni e che la disomogeneità del terreno rende comunque necessaria l’esecuzione di prove penetrometriche.

Nel caso in cui la σmax risultasse maggiore del carico ammissibile sul terreno si può ridurre lo sforzo allargando la base

di fondazione mediante riseghe. Data l'eccentricità della risultante delle forze agenti, solitamente spostata verso valle,

anche l'allargamento deve essere effettuato verso valle. E' consigliabile che lo sporto non superi il 70% dell'altezza zf

della fondazione, in modo che la distribuzione delle tensioni lungo l'aggetto sia buona, eliminando lo stato di trazione.

Queste considerazioni non valgono se la fondazione è costruita in calcestruzzo armato.

Natura del terreno

Carico

ammissibi-

le

(N/cm2)

Osservazioni

Rocce dure 200

Rocce tenere (calcari,tufi,arenarie) 70÷200 La presenza d'acqua diminuisce la resistenza

Ghiaia compatta, saldamente statificata, poco materiale

legante

50÷70

come sopra

Sabbia saldamente stratificata 30÷50 come sopra

Sabbia di finezza media 20÷30 come sopra

Argilla sabbiosa e creta compatta 20÷30 solo se è assolutamente escluso un afflusso

d'acqua

Terreno di riporto 5÷10 a seconda dell'assestamento

Terreno vegetale vergine 5 non usabile per costruzioni

Tab. 1: carico massimo ammissibile sui terreni

Se il terreno non è comunque in grado di resistere alla sollecitazione bisognerà consolidarlo con inter-

venti opportuni, per esempio con palificazioni. Per quanto riguarda la possibilità che la fondazione venga scalzata alla

base si è già detto come si possa effettuare una stima della possibile erosione e come si debba intervenire.

8.3 Verifiche di stabilità della briglia a gravità

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

27

In base a quanto detto nei paragrafi precedenti è possibile determinare l’altezza Z e lo spessore al coro-

namento s della briglia. Le scarpe a/Z e b/Z dei paramenti, poiché hanno unicamente la funzione di rendere stabile la

briglia, vengono determinate in modo indiretto (o diretto) attraverso verifiche di stabilità. Per effettuare queste verifi-

che è necessario conoscere lo stato di sollecitazione massimo che si può avere sulla struttura, sempre riferito alla con-

dizione di piena di progetto.

8.3.1. Sollecitazioni sulla briglia

Le situazioni limite sono due: si suppone che la piena di progetto si verifichi prima dell'interramento o ad

interramento avvenuto. Nel primo caso a monte della briglia si realizzerà la condizione di massimo invaso a cui corri-

spondono le massime sollecitazioni. Infatti ad interramento avvenuto la presenza del terreno a monte assorbe in parte

gli sforzi e riduce le sollecitazioni sulla struttura.

Dal punto di vista della stabilità della briglia nel suo insieme non si tiene conto né dell'azione dinamica

della corrente né degli urti del materiale trasportato. Le sollecitazioni sono dunque dovute alla spinta idrostatica ed al

peso della struttura. E' conveniente calcolare le varie forze distinguendo le componenti verticali ed orizzontali. Facendo

riferimento allo schema di Fig.12 ed indicando con γm il peso specifico medio del materiale di cui è costituita la briglia

si ricavano i moduli delle forze.

Spinte orizzontali e verticali:

(44) So = 0,5× γZ(Z+2h) ;

(45) Sv1 = ahγ ;

(46) Sv2 = 0,5× aγZ ;

(47) Sv3 = h'sγ ;

(48) Sv4 = 0,5× γm(Z+h)(a+b+s)

Pesi:

(49) P1 = 0,5× aZγm ;

(50) P2 = sZγm ;

(51) P3 = 0,5× bZγm

Le spinte orizzontali sono applicate nel centro di spinta delle proiezioni orizzontali delle superfici; le

spinte verticali ed i pesi nel baricentro dei volumi corrispondenti. Sv4 è la sottospinta dovuta alla presenza di acqua al di

sotto della briglia. Il coefficiente m tiene conto della porosità del terreno ed è compreso tra zero se il terreno di fonda-

zione è roccia compatta ed 1 se si tratta di materiale alluvionale. Nel caso che i paramenti non siano inclinati, mancano

i pesi corrispondenti.

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

28

Fig. 12: sollecitazioni sulla briglia nelle condizioni di non interramento

8.3.2 Condizioni di stabilità

Le verifiche classiche di stabilità riguardano:

- il ribaltamento;

- lo slittamento (flottazione);

- lo stato di tensione.

L'ultima verifica è limitata, per le strutture non armate, allo stato di compressione e viene chiamata veri-

fica allo schiacciamento. In questi casi, cioè per le briglie che non possono resistere alla trazione come tutte quelle co-

struite in muratura, è conveniente verificare anche l'assenza o comunque l'entità dello stato di trazione.

Ribaltamento

Conoscendo il valore delle forze ed il loro punto di applicazione si scrive l'equazione di equilibrio alla

rotazione attorno al punto più sfavorevole, che è il piede del paramento di valle (punto B di Fig.12). La condizione di

stabilità impone che il rapporto tra il momento stabilizzante Ms e il momento ribaltante Mr sia maggiore di un coeffi-

ciente di sicurezza G il cui valore di solito è 1,5:

(52) Ms ≥ G Mr

Slittamento

La reazione d'attrito fN ove N è la risultante delle forze verticali ed f il coefficiente d'attrito, deve essere

maggiore della risultante orizzontale O:

(53) f×N > O

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

29

Anche in questo caso si può introdurre un coefficiente di sicurezza, dell'ordine di 1,2÷1,3. Il coefficiente d'attrito è di

norma assunto pari a 0,75.

Stato tensionale (schiacciamento)

La sollecitazione massima di compressione in tutta la briglia deve essere inferiore alla massima ammissi-

bile per il materiale (carico di sicurezza). I valori assunti normalmente sono di 60÷100 Ncm-2 per la muratura e di

400÷500 Ncm-2 per il calcestruzzo.

La sezione più sollecitata è quella di base. Lo stato di sollecitazione è di tensioflessione: i valori dello

sforzo in corrispondenza dei due paramenti di monte e di valle (punti A e B) sono dati dalle relazioni:

(54)

−=B

e

B

Nm

61σ

(55)

+=B

e

B

Nv

61σ

ove B = a+s+b è la larghezza di base, N è la risultante di tutte le forze verticali ed e è l'eccentricità della risultante, cioè

la distanza tra il baricentro della sezione ed il punto d'intersezione della retta di applicazione della risultante con la se-

zione (punto C di Fig.13).

Fig 13: sollecitazione alla base di appoggio della briglia

Se si indica con u la distanza di C da B si ricava che e = B/2 - u. La u può essere ricavata dalla relazione di equilibrio

alla rotazione attorno a B:

(56) N×u = Ms - Mr

Si dovrà verificare che la σv data dalla (59) sia minore del carico di sicurezza e che la σm data dalla (58)

sia di compressione (positiva) se il materiale non resiste a sforzi di trazione. Questa situazione si verifica quando

u≥B/3. Osserviamo che la presenza di un leggero stato di trazione in corrispondenza del paramento di monte può es-

sere accettabile.

Quando si manifesta questo stato di cose lo sforzo al piede del paramento di valle non viene più calcola-

ta con la (54). Si ammette in questo caso che soltanto la parte di sezione di lunghezza 3u assorba la sforzo. Essendo il

valore medio corrispondente σ= N/3u il valore massimo, in corrispondenza del paramento di valle, sarà:

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

30

(57) σv = 2N3u

Solitamente la verifica della stabilità al ribaltamento assicura anche quella allo slittamento ed allo schiac-

ciamento della struttura.

E' sempre necessario effettuare la verifica della stabilità della fondazione.

8.4 Metodi di progettazione diretta

Sono stati proposti da diversi autori dei metodi di progettazione diretta. Si riporta uno dei più utilizzati

che è quello, proposto da Zoli (op. cit.). Esso deriva dall'imposizione della stabilità al ribaltamento. Si fa riferimento ad

una briglia di altezza Z, larghezza al coronamento s e scarpe (adimensionali) a=a/Z e b=b/Z. Si introducono due altre

grandezze adimensionali:

(58) s = s/Z;

(59) h = h/Z.

Si scrive la condizione:

(60) Ms = G Ms

considerando lo stato di sollecitazione rappresentato in Fig. 12. Esplicitando a si ricava l'equazione di secondo grado:

(61) C1 a2 + C2 a = C3 con:

(62) C1 = 2 + 3h + γ

γ m

(63) C2 = 3

++

γγ mh21 (s + b)

(64) C3 = G (1 + 3h) -

+

γγ mh (3s2 + 6sb) - 2

γλm b2

Delle due radici una è negativa; dall'altra si ricava a e quindi a=aZ. Avendo in precedenza ricavato s, per e-

sempio con la (44), e b, per esempio con la (18), si ha immediatamente la larghezza di base B=a+s+b che dipende dal

valore assegnato al coefficiente di sicurezza G.

9. BRIGLIE DI TRATTENUTA

Le briglie di trattenuta vengono costruite con lo scopo di trattenere il materiale trasportato dalla corrente.

Sono solitamente briglie isolate e quindi il loro dimensionamento, in particolare la fondazione e l'ammorsamento nelle

sponde, deve essere effettuato con molta accuratezza, come avviene per le briglie cardine inserite in un sistema di bri-

glie di consolidamento. E' inoltre molto importante scegliere il loro posizionamento in modo che a monte l'alveo si pre-

senti con una varice o con un tratto più largo. Il volume che si verrà a creare con la costruzione delle briglia e che verrà

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

31

riempito dal materiale solido sarà così abbastanza grande da garantire il servizio per il tempo sufficiente (e quindi la

validità dell’investimento).

BRIGLIE DI TRATTENUTA REALIZZATE NEL BACINO DEL TORRENTE PULSANO.

Molto spesso le briglie di trattenuta sono briglie selettive, cioè briglie costruite in modo che si effettui

naturalmente una selezione del materiale trattenuto in base alle sue dimensioni. Si ottiene così un doppio servizio: da

una parte si evita di trattenere il materiale più fine come le sabbie ed il limo che sono necessari a valle per il ripasci-

mento delle spiagge, dall'altra si prolunga il funzionamento dell'opera nel tempo.

Questo tipo di briglie, chiamate anche briglie filtranti o più in generale briglie aperte, sono og-gi abbastanza diffuse e ne esistono di diverso tipo.

10. BRIGLIE APERTE

Le briglie aperte, dette anche selettive o filtranti, sono caratterizzate da un corpo con un’apertura centrale nella qua-

le viene alloggiato un filtro, avente la funzione di operare una selezione granulometrica del materiale trasportato dalla

corrente. Queste opere di tipo aperto hanno assunto precisa valenza ambientale, in quanto l’arresto non indiscriminato

del materiale solido trasportato migliora l’efficacia della sistemazione stessa.

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

32

Nel caso di interventi di consolidamento infatti, la possibilità di convogliare il materiale di piccole e medie dimen-

sioni verso valle evita l’approfondimento del fondo alveo immediatamente a valle del manufatto e consente di contri-

buire al mantenimento dell’equilibrio del corso d’acqua, che nel tratto vallivo risulterebbe altrimenti caratterizzato

dall’aumento della capacità di trasporto della corrente. Inoltre, durante il periodo di morbida, la corrente fluviale, in

relazione alla sua capacità di erosione e di trasporto, può essere in grado di rimuovere parte del materiale solido depo-

sitatosi durante la piena convogliandolo a valle e ripristinare, a monte della briglia, una zona di deposito (autopulizia).

Le briglie aperte con funzione di consolidamento possono essere classificate nel seguente modo:

- a reticolo (fig.13)

- a pettine (fig.14)

- altre forme analoghe

Fig. 13 Briglia aperta reticolare (fonte: Benini g., Sistemazioni idraulico forestali, ed.UTET)

Fig. 14 Briglia aperta a pettine (fonte: Benini g., Sistemazioni idraulico forestali, ed.UTET)

Queste opere trattengono il materiale più grosso, in particolare quello legnoso, fluitato dall’acqua, che può provocare

gravi danni a valle.

Nel caso di interventi di trattenuta, la capacità dell’opera di attuare una selezione del materiale tratte-

nuto massimizza l’efficacia dell’attività sistematoria in occasione degli eventi di piena, dato che la capacità d’invaso a

monte della briglia rimane disponibile solamente per l’accumulo di materiale grossolano. I primi tipi di briglia filtrante

o selettiva consistevano per lo più in opere relativamente semplici, solitamente abbinate ad una briglia di tipo tradizio-

nale, con l'inserimento di un piccolo filtro nella parte più alta del corpo briglia. La parte chiusa dell'opera a volte era

riempita di materiale direttamente durante la costruzione, a volte l'invaso dell'opera rimaneva interamente libero: nel

primo caso si aveva una briglia che funzionava in parte come opera di consolidamento ed in parte come briglia di trat-

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

33

tenuta filtrante; nel secondo caso la briglia funzionava interamente come opera di trattenuta, in parte chiusa ed in parte

filtrante.

La progettazione di queste opere negli ultimi anni si è andata evolvendo con concetti derivati soprattutto sulle esperien-

ze sviluppate laddove queste opere si sono diffuse in anticipo

Le briglie aperte con funzione di trattenuta possono essere classificate nel seguente modo:

- a finestre (fig.15)

- a fessura (fig.16)

Fig. 15 Briglia aperta a finestre (fonte: Benini g., Sistemazioni idraulico forestali, ed.UTET)

Fig. 16 Briglia aperta a fessura (fonte: Benini g., Sistemazioni idraulico forestali, ed.UTET)

Il funzionamento di queste opere si basa su un dimensionamento delle aperture eseguito in modo tale che risultino in-

sufficienti a convogliare tutta la portata delle piene che provocano un notevole trasporto solido. In queste occasioni il

livello dell’acqua deve innalzarsi sopra la soglia del coronamento, così che a monte si forma un rigurgito con rallenta-

mento della corrente e deposito dei materiali di dimensione medio-grossa. Passata la piena la corrente riesce a convo-

gliare a valle i materiali medio-piccoli attraverso le aperture, lasciando sul posto solo quelli più grandi.

L’utilizzo e la ricerca di soluzioni sempre migliori per la realizzazione di queste opere, trovano giustificazione in

una serie di aspetti positivi che le caratterizzano:

- abbattimento dei costi sostenuti per i materiali in quanto rispetto ad una briglia a corpo pieno tradizionale, una

briglia filtrante presenta una volumetria molto inferiore

- maggiore durata funzionale, in quanto il volume disponibile per l’accumulo si esaurisce meno rapidamente

per effetto dell’azione del filtro che consente il passaggio di materiale medio-fine che non si arresta quindi a

monte dell’opera

- rapidità nella realizzazione con conseguente economia di materiali, manodopera e trasporti

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

34

- alleggerimento della spinta a tergo delle briglie stesse

- laminazione della portata solida veicolata a valle del manufatto che, durante un evento alluvionale, è respon-

sabile di gravi danni

- capacità di parziale autosvuotamento della cassa di accumulo dei sedimenti a monte della briglia durante le

piene ordinarie o con le portate di morbida (autopulizia)

- possibilità di ottenere benefici immediati dall’intervento

Nelle briglie filtranti di prima concezione, l’arresto non indiscriminato del materiale era attribuito unicamente

all’azione meccanica di vaglio esercitata dalla serie di feritoie o di grate in acciaio costituenti il filtro.

10.1 Il funzionamento idraulico

Si fa riferimento ad una briglia a fessura, che si estende in tutto il corpo fino al fondo del torrente (Fig. 17)

Il principale parametro di dimensionamento r = b/B

dove:

- b : larghezza della fessura (m)

- B : la larghezza dell’alveo (m)

- r : rapporto di strozzamento (m/m)

Fig. 17: rappresentazione schematica di una briglia a fessura

Pianta

Prospetto da valle

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

35

Se la fessura è larga l’energia E0 rispetto al fondo, corrispondente all’altezza di moto uniforme di monte h0 e alla

portata specifica q1 = Q/B (corrente veloce) è sufficiente perché la corrente passi con portata specifica q2 = Q/b attra-

verso la fessura (Fig. 18)

Fig. 18: curva q(h) ad E costante = E0

Si realizza un semplice innalzamento del pelo libero e la corrente resta veloce (Fig. 19)

Fig. 19: andamento del pelo libero attraverso la fessura

Se la fessura è stretta l'energia E0 non è più sufficiente; la corrente diventa lenta tramite un risalto a monte della fessura

e recupera energia (rispetto al fondo) innalzando il pelo libero con il tirante h1 (Fig. 20)

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

36

Fig. 20: recupero di energia per il passaggio attraverso la fessura

L’energia E1 corrispondente è la minima sufficiente perché la corrente passi attraverso la fessura in condizioni critiche

con altezza h2 (Fig. 21)

Fig. 21: andamento del pelo libero sulla briglia

Dovrà dunque essere E1 = α×Eo con α >1

Si ipotizza la conservazione dell’energia tra h1 e h2 e che in h2 vi sia la condizione critica.

Si ricava:

(65) r = b/B =

+

12/3

2

21

2/3

)3/1(

2

2

3

q

gh

qh

g

o

o

α

10.1.1 Selezione del materiale

Perché la briglia sia selettiva è necessario che il rapporto di strozzamento non dipenda solo dalla portata, ma

anche dal diametro medio delle particelle più grossolane che si intendono arrestare per mezzo del rallentamento della

corrente a monte della briglia. Questo significa definire a priori il valore di α, cioè di E1.

La velocità media a monte deve essere minore della velocità critica vc al limite di trascinamento, funzione del diame-

tro d prefissato.

Per esempio la velocità critica può essere espressa in funzione del diametro con la relazione:

(66) vc = d2024,01215,0 + USWES di Vicksburg

dove:

- vc : velocità critica (m/s)

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37

- d : diametro minimo delle particelle da arrestare (mm)

In questo caso, essendo note Q, B e v1 = vc ed h1=Q/( v1B) ( l’energia E1 è completamente definita; ipotizzando che re-

sti costante attraverso la fessura si ottiene

(67) r = b/B =

+

12/3

21

1

1

2/3

2

3gq

vv

gq

dove:

- g : accelerazione gravitazionale (m/s2)

- q1 : portata specifica (m2/s)

- v1 : velocità media (m/s)

Fig. 22: andamento di r in funzione di q1 =Q/B e di d

Si osserva nella Fig. 22 come le curve presentino una parte ascendente, corrispondente alla condizione di corrente ve-

loce in sez. 1, un massimo, corrispondente alla condizione critica, una parte discendente corrispondente a corrente lenta

in sez. 1.

Nell’ipotesi che in ogni caso la corrente risenta del restringimento, è interessante individuare il comportamen-

to dell’opera in due casi: di portata unitaria inferiore (qa) e di portata unitaria superiore (qb) a quella di progetto. Nel

primo caso, la coppia di valori noti (qa, rp) individua un punto, nel piano cartesiano (q1, r), un punto che appartiene alla

curva di parametro da, rappresentativo di una situazione nuova di equilibrio (Fig.11).

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

0 5 10 15 20 25 30

q1 (m2s-1)

r

d=500 mm d=250 mm d=150 mm d=100 mm d=50 mm

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38

Fig. 23: condizioni di funzionamento della briglia

Essendo evidentemente da<d, la capacità di trasporto della corrente, diminuita, fa sì che non sia più in grado di

trasportare materiale di dimensioni superiori a da. In queste condizioni, a monte della briglia, si determinano ulteriori

depositi. Quando invece la portata in arrivo (qb) eccede quella di progetto, il punto individuato dalla nuova coppia (qb,

rp), rappresenta una situazione di equilibrio che appartiene alla curva a parametro db maggiore di d (Fig. 11). Questo

implica che la capacità di trasporto della corrente sia superiore a quella del caso di progetto e quindi che la parte ecce-

dente di questa capacità possa essere utilizzata per mettere in moto materiale dalle dimensioni comprese tra d e db.

10.2 Calcolo dell’altezza del deposito Zm e della sua estensione de

In corrispondenza dell’opera, l’innalzamento del fondo raggiunge sempre una quota pari a quella del basamen-

to della briglia e risale verso monte con una pendenza pari a 1/3-1/4 circa, corrispondente a quella di equilibrio del ma-

teriale sciolto in acqua. Il deposito raggiunge un’altezza massima Zm, progredisce verso valle e si propaga verso monte

provocando una riduzione della pendenza che raggiunge un valore assimilabile alla pendenza di compensazione. Sulla

pendenza di compensazione si avrà una nuova condizione di moto uniforme con altezza h (Fig. 24). L’estensione del

deposito a valle ha una lunghezza de data da:

(68) de = a + 3,5 Zm

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

39

Fig. 24: formazione del deposito e della pendenza di compensazione

Per calcolare Zm Si applica l’equazione dell’equilibrio globale al volume retinato trascurando la dissipazione energeti-

ca dovuta all’attrito nella direzione del moto e la componente del peso nella stessa direzione:

(69) hB

QBh

h

Bh

QBh

h 2

1

2

11

22ργρηγ +=+

( )2

1 mZhhB ++

γ

dalla quale si ricava:

(70)

+−+=

hgB

Qh

hgB

Qh

ZZ

m

m 2

22

12

22

1

221 η

L’altezza h1 è nota; l’altezza h è l’altezza di moto uniforme che si stabilisce sulla pendenza di compensazione ie.

La pendenza di compensazione dovrà avere un valore tale per cui il materiale solido di diametro ≥d (che non passa at-

traverso la fessura) non può essere trascinato via dalla corrente. Si potrà dunque calcolarla utilizzando una formula a-

datta (di trasporto solido di fondo) facendo riferimento, come diametro caratteristico al valore d, ed imponendo che la

portata solida sia nulla.

Una formula (non l’unica) che può essere utilizzata è la Formula di Meyer-Peter-Müller (1948):

(71) ( ) 5.15.18 dgB

Qq CR

ss ×∆×−′×== θθ

dove: θ' = θ×ns/n con d

Ri

∆=θ , e ∆ =( ρs − ρ)/ ρ ove:

- θ : indice di mobilità di Shields

- θcr : valore critico, per MPM = 0.047

- ρ : densità del liquido (kg/m3);

- qs : portata solida specifica in volume (m2s-1);

- ρs : densità delle particelle solide (kgm-1/3);

h1

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40

- d : diametro caratteristico del materiale, di solito d50 (m);

- n : coefficiente di Manning relativo alla scabrezza totale dell’alveo (ms-1/3);

- ns : coefficiente di scabrezza di Manning imputabile alle sole particelle presenti sul fondo e valutabile come:

(72) ns = 26

6/190d

dove:

- d90 : diametro tale che il filtro arresti il 10% del materiale (m)

Si impone la condizione di equilibrio limite per il materiale (qs=0) e si associa a questa la scala delle portate; si ottiene

il sistema:

(73) crs

d

Ri

n

nθ=

∆×

(74) 2/13/21iRA

nQ ××=

dalla cui soluzione si può ottenere la pendenza di compensazione come:

(75) ic = 46

××∆××

s

crn

nd

nQ

10.3 Calcolo della distanza db tra due briglie successive

db = de+L+dR +dA

de = a + 3,5 Zm

Fig. 25 distanza tra due briglie successive

La distanza db è data dalla somma di più parti.

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La distanza dRè data dalla lunghezza del risalto ricavabile in funzione della differenza tra le altezza coniugate he e h4:

° he si ricava facilmente dalla curva q(h) conoscendo il valore dell’energia E1 e il valore di q1 = Q/B a valle del-

la fessura (si trascura la perdita di carico per allargamento); in pratica è la h3 di Fig. 21

° h4 si ricava imponendo la costanza della spinta totale nelle sezioni coniugate.

Imponendo l’uguaglianza dell’energia rispetto al fondo e la condizione critica in corrispondenza dell’inizio del deposito

di valle si può ricavare Zt e quindi da = 3,5 Zt

L’altezza della fessura si pone uguale a Zm; al di sopra si realizza la cunetta

Nelle fotografie sottostanti si mostrano alcuni tipi di briglie selettive.

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11. BRIGLIE IN GABBIONI

E’ un tipo di briglia a gravità che bene si adatta a quelle situazioni in cui le caratteristiche del terreno di

fondazione sono tali che si possono verificare piccoli cedimenti o assestamenti, o siano prevedibili limitati movimenti

delle sponde. In questo caso la struttura elastica della briglia consente sensibili deformazioni senza che si arrivi a rottu-

ra, cosa che potrebbe altrimenti verificarsi in una struttura rigida, a meno che non si consolidi il terreno di fondazione o

le sponde con opportuni interventi.

La briglia in gabbioni avrà dimensioni notevolmente maggiori di una briglia a gravità realizzata con ma-

teriale tradizionale (calcestruzzo o muratura), perché si dovrà tenere conto della porosità della struttura, mediamente

variabile da 0.3 a 0.4 a seconda della pezzatura del materiale (ciottoli e pietre), che dovrà avere dimensioni sufficien-

temente grandi da non passare attraverso le maglie del gabbione. Perché l’opera risulti economicamente conveniente il

materiale da costruzione dovrà essere dunque reperibile in sito, o ad una piccola distanza. In caso contrario può risulta-

re conveniente la struttura rigida con le relative opere di consolidamento.

Se il peso specifico del materiale utilizzato è γr il valore da utilizzare nei calcoli sarà γa= γr(1-p) se la

struttura non è satura, che diventa γr – p(γr - γ), essendo p la porosità del gabbione quando la struttura è satura. Nel caso

di briglie in gabbioni le ali saranno orizzontali e la gaveta avrà sezione rettangolare. Quest’ultima dovrà comunque es-

sere rivestita per proteggerla dall’erosione dovuta agli urti del materiale fluitato dalla corrente, per esempio con pannel-

li di ferro o elementi di pietra legati alla struttura con calcestruzzo (o al limite con uno strato di calcestruzzo trattato

con indurente). E’ poi particolarmente importante in questi casi che la struttura dei gabbioni sia realizzata con materiale

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che resiste all’azione dell’acqua (fili zincati o plastificati) e che le dimensioni dei fili siano maggiori (3 o più mm.) di

quelli normalmente utilizzati per i gabbioni di sostegno, perché possano resistere all’urto del materiale durante il perio-

do di interramento.

In ogni caso è buona cosa utilizzare questo tipo di strutture in alvei con trasporto solido di pezzatura non molto eleva-

ta.

12. BRIGLIE IN TERRA

Sono briglie di altezza medio piccola che vengono costruite (di solito come briglie di consolidamento)

lungo corsi d’acqua che scorrono in valli i cui terreni hanno natura prevalentemente argilloso-sabbiosa, con scarsa pre-

senza di rocce e quindi ciottoli e ghiaie. In questi casi può succedere che il terreno non abbia caratteristiche tali da po-

ter sopportare il peso di briglie con struttura lapidea, a meno di costosi interventi di consolidamento, o anche che la for-

te differenza che si verrebbe a creare tra i due tipi di materiale (terreno e struttura) possa dare origine a una superfici di

discontinuità con pericolo di flottazione della struttura e possibili fenomeni di sifonamento, particolarmente pericolosi.

A causa della natura del materiale con cui sono costruite, le briglie in terra hanno dimensioni molto mag-

giori, a parità di altezza, delle briglie in pietrame o in calcestruzzo. Perché la loro costruzione risulti economicamente

conveniente è quindi necessario che le cave di prestito del materiale siano vicine e facilmente raggiungibili e che sia

possibile, per la loro costruzione, l’utilizzazione di mezzi meccanici. Il materiale da costruzione dovrà avere la stessa

natura del terreno di fondazione; è preferibile una prevalenza di sabbia, rispetto all’argilla, perché quest’ultima, pur es-

sendo meno permeabile, una volta saturata si plasticizza ed inoltre cede l’acqua molto lentamente ed ha quindi tenden-

za a restare deformabile. E’ sempre necessario un controllo della granulometria del materiale da costruzione.

La briglia in terra è una tipica briglia a gravità e sono quindi le sue dimensioni (cioè il suo peso) che ne

garantiscono la stabilità. Una volta definita l’altezza totale di interramento del tratto da sistemare in base alla pendenza

di compensazione, si fissa la dimensione verticale della singola briglia, che normalmente non supera i 3-4 metri. La lar-

ghezza del coronamento (e quindi del corpo) viene fissata in base al fatto che su di esso si devono muovere i mezzi

meccanici che si useranno per la costruzione. Il valore normalmente adottato è di almeno 4 metri). Per scarpa dei pa-

ramenti di monte e di valle (x/z) si assumono rispettivamente i valori di 1.5 e di 2. La scarpa di valle è maggiore di

quella di monte e può essere aumentata, se necessario, per evitare che in conseguenza della filtrazione si possano ma-

nifestare sul paramento di valle delle sorgenti sospese, che potrebbero innescare il sifonamento della struttura. Questo

pericolo è maggiore prima che si verifichi l’interramento, quando la briglia funziona come una diga in terra. Può essere

eliminato o aumentando la scarpa di valle, o costruendo una berma (come negli argini) o abbassando la linea di

saturazione a valle (e quindi la superficie piezometrica) con un filtro di drenaggio al piede.

La briglia in terra non deve mai essere tracimata. Infatti, anche se il paramento di valle (e di monte per

la parte non sommersa) verrà ricoperto da manto erboso, la protezione che questo offre non è sufficiente per evitare

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l’erosione della briglia, qualora la struttura venisse sormontata in occasione delle piene. Particolare importanza ha

quindi il dimensionamento della gaveta, che dovrà consentire il passaggio del picco di piena critica, e dello scivolo che

trasferisce a valle la portata passando sul paramento. Lo scivolo dovrà essere rivestito con materiale resistente

all’erosione e si dovrà verificare che la velocità della lama d’acqua sia inferiore alla velocità massima ammissibile per

il rivestimento. Questo viene di solito realizzato in lastre di calcestruzzo gettato sul posto o prefabbricate, non armate o

debolmente armate con rete elettrosaldata. E’ importante che il rivestimento non sia rigido, perché ci si deve attendere

che la struttura sottostante subisca degli assestamenti. Le lastre devono quindi essere slegate tra loro. Alla fine dello

scivolo si deve prevedere un bacino di dissipazione, che sia in grado di contenere il risalto ed eviti l’erosione al piede

della struttura. Se la larghezza della briglia è particolarmente elevata (sezione del torrente larga e quindi portate eleva-

te) è conveniente co

struire la parte centrale come struttura rigida in calcestruzzo armato, formato da un muro frontale in cui è ricavata la

gaveta e due muri d’ala che consentono la formazione di uno o due salti, ciascuno con vasca di dissipazione. Si elimina

in questo modo lo scivolo.

Gaveta con scivolo sul corpo della briglia Gaveta con vasche di dissipazione nel corpo della briglia

La costruzione della briglia in terra avviene stendendo il materiale in strati di 20-30 cm di spessore e comprimendoli

con particolari rulli. E’ importante che la zona su cui verrà realizzata la briglia, per l’intera area che verrà occupata dal-

la struttura (letto e sponde del torrente), venga preventivamente scorticata per uno spessore di almeno 50 cm (valore

indicativo che deve essere aumentato se il caso lo richiede) per eliminare lo strato superiore di terreno che può contene-

re materiale organico (radici, etc.) che una volta decomposti potrebbero dare luogo a cavità e essere causa di sifona-

mento o di cedimenti nella struttura.

13. INTERVENTI NELLA PARTE TERMINALE DEI TORRENTI (FASE DI DEPOSITO)

La parte terminale dei torrenti, in prossimità dello sbocco dalla valle secondaria in quella del torrente

principale, è sempre caratterizzata da una sensibile diminuzione di pendenza. La zona è dunque normalmente sede di

deposito della frazione più grande del materiale trasportato a valle. Questo fatto ha prodotto nei secoli l’innalzamento

dell’alveo e, come conseguenza, il torrente ha subito molte divagazioni, spargendo i suoi depositi in una zona più o

meno ampia che costituisce il conoide di deiezione, dalla classica forma a ventaglio con il vertice in sommità. Il conoi-

de non è presente soltanto nel caso di torrenti con alveo prevalentemente argilloso.

Sul conoide possono esistere situazioni che richiedono interventi di tipo diverso (o non ne richiedono

affatto), a seconda della sua conformazione e del fatto che su di essi vi siano insediamenti abitativi o produttivi (agrico-

li, artigianali, etc.). I problemi che si possono presentare e che richiedono lavori di sistemazione sono connessi

all’eventuale instabilità dell’alveo, con pericolo di divagazione del corso d’acqua e di possibili esondazioni, ed alla pre-

senza del trasporto solido.

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Conoide di piccole dimensioni in alta quota Conoide in valle, coltivato e urbanizzato

Per quanto riguarda il primo punto gli interventi da effettuare sono volti a stabilizzare l’alveo, problema

delicato che deve essere studiato caso per caso, spesso ricorrendo a modelli fisici. Citiamo soltanto in questa sede, sen-

za entrare nei particolari, la rettificazione dell’alveo, la sistemazione a cunetta, la riduzione della pendenza con salti di

fondo. Il trasporto solido deve essere favorito (controllando il fenomeno erosivo) e non arrestato. Si devono dunque

evitare assolutamente le briglie, che diminuendo la pendenza del fondo favorirebbero la possibilità che il torrente cam-

bi direzione. La rettificazione dell’alveo, attraverso la correzione delle curve più accentuate, aumenta la pendenza me-

dia ed accelera la corrente favorendo il trasporto solido. Se a questo intervento si associa la sistemazione a cunetta, si

ha un ulteriore aumento della capacità di trasporto e si protegge l’alveo dall’erosione. Nel caso che la pendenza diventi

troppo elevata sarà necessario, per mantenere lo stesso percorso, introdurre dei salti di fondo. Le sponde dovranno es-

sere protette con opere di difesa adatte alle singole situazioni. Se esiste, nonostante questi interventi, la possibilità che il

torrente possa divagare sarà necessario costruire una serie di arginature di contenimento, che delimitino la zona in cui

sono consentite le possibile esondazioni.

Per quanto riguarda i problemi legati alla presenza di un forte trasporto solido, due sono gli aspetti da

considerare:

- la possibilità che avvengano depositi nel tratto di corso d’acqua che interessa il conoide;

- il fatto che il corso d’acqua principale in cui il torrente confluisce abbia caratteristiche tali da non essere in

grado di trasportare il materiale, scaricato dall’affluente durante le piene, che potrebbe provocare pericolosi

effetti di rigurgito.

Nel primo caso, se gli interventi di sistemazione del corso d’acqua sopra citati non sono comunque in

grado di garantire alla corrente una capacità di trasporto sufficiente, è necessario intervenire a monte del conoide, rea-

lizzando briglie di trattenuta (meglio se di tipo selettivo) che riducano il trasporto solido a valle limitandolo alle fra-

zioni più piccole, che sono in grado di essere trasportate dalle corrente fino allo sbocco.

Nel secondo caso si deve far depositare il materiale trasportato prima dello sbocco, ricorrendo alle piazze

di deposito, zone di espansione, realizzate in serie al torrente, ove il materiale solido trasportato può depositarsi.

Le piazze di deposito vengono costruite utilizzando di solito zone depresse nel conoide di deiezione, che

vengono opportunamente limitate da arginature e, in certi casi, ampliate. All'uscita della piazza viene costruita una bri-

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glia, che ha lo scopo di alzare il livello del pelo libero riducendo ulteriormente la velocità e favorendo così il deposito

del materiale. La briglia deve essere dimensionata in modo da non produrre mai un rigurgito tale da tracimare gli argi-

ni. Questi sono costruiti con materiale trovato in posto ed opportunamente protetti nei punti più sollecitati con rivesti-

mento di diverso tipo, meglio se in pietrame anch'esso trovato in posto (per ragioni economiche).

Esempio di piazza di deposito: si osserva la briglia a fessura all’uscita della vasca e il canale di scarico rivestito che

convoglia a valle la corrente con un percorso controllato.

Uno schema di piazza di deposito (o vasca di accumulo) è mostrata in allegato.

Per impedire che il materiale tenda a depositarsi nella zona centrale della piazza, lungo l'asse principale della corrente,

si fa in modo di costringerla a dividersi ed a frantumarsi mediante ostacoli di diverso tipo disposti all'interno della piaz-

za. Le due configurazione più comuni sono quelle proposte da Venetz e da Gras (Fig. 15 ).

Nel primo caso all'interno della piazza viene realizzata una serie di ostacoli nella direzione della corrente

e normali ad essa, costituiti da basse arginature sommergibili che non occupano l'intera larghezza della piazza. La piaz-

za viene divisa in più zone (camera di Venetz) e questo costringe la corrente a distribuirsi in modo più uniforme, depo-

sitando il materiale anche lateralmente.

Nel secondo caso lo stesso effetto viene ottenuto mediante dei pilastrini distribuiti in vario modo all'in-

terno della piazza a formare un percorso tortuoso per la corrente (labirinto di Gras), che è così costretta a distribuire il

suo carico in modo più uniforme.

In entrambi i casi sia gli argini che i pilastrini devono essere solidamente fondati ed in grado di resistere

all'urto della corrente.

Ricordiamo ancora che gli interventi volti a trattenere il materiale (briglie di trattenuta e piazze di depo-

sito) hanno durata limitata nel tempo e sono soltanto degli interventi tampone, realizzati in attesa che vengano eliminate

le cause del trasporto solido a monte, sistemando i tratti di torrente ed i versanti in erosione.

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14. SISTEMAZIONE DEI VERSANTI

Gli interventi di sistemazione dei versanti sono rivolti ad eliminare i dissesti prodotti dall’erosione, con-

centrata e localizzata, e dai movimenti franosi. Dell’erosione è già stato detto in altra parte del corso. Per quanto ri-

guarda le frane ci limitiamo qui a richiamare alcune nozioni fondamentali.

Dal punto di vista dei dissesti ad esse collegati, e quindi degli interventi di sistemazione che richiedono, le frane posso-

no essere divise in:

- frane superficiali o di disgregazione;

- frane superficiali per erosione al piede;

- frane profonde o di massa.

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Alcune tipologie di frane: nella prima riga frane superficiali (la prima per erosione al piede); nella seconda ri-

ga frane profonde; nella terza riga ancora una frana di disgregazione superficiale.

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14.1 Interventi sulle frane superficiali.

Le frane superficiali per erosione al piede sono generalmente provocate dai corsi d’acqua in fase erosi-

va: l’abbassamento del fondo innesca il dissesto al piede, che poi tende a propagarsi verso l’alto. Gli interventi di si-

stemazione comportano il consolidamento dell’alveo e/o delle sponde con le modalità viste nei paragrafi precedenti, ed

una serie di interventi distribuiti sull’area dissestata, volti essenzialmente alla sistemazione del terreno ed alla ricostitu-

zione della copertura vegetale. Questi ultimi interventi interessano tutte le aree in cui il dissesto idrogeologico (di qua-

lunque origine) ha portato alla riduzione o al danneggiamento della vegetazione. Di essi si parlerà in apposito paragra-

fo.

Esempi di consolidamento al piede mediante gabbionata

Le frane superficiali di disgregazione sono una conseguenza del fenomeno erosivo distribuito, che può

essere innescato da diverse cause e che, se perdura incontrollato nel tempo, trasforma superfici una volta coperte da ve-

getazione (anche interi versanti) in superfici nude, con pendenza superiore a quella di equilibrio, soggette a movimento

superficiale (soliflusso), che tendono ad estendersi sempre di più in ampiezza ed in profondità.

Poiché la causa del fenomeno è sostanzialmente dovuta allo scorrimento superficiale, gli interventi di si-

stemazione saranno essenzialmente mirati a ridurre e controllare questo aspetto del ciclo idrologico. Si provvederà poi

a sistemare il terreno in modo che si possa su di esso intervenire con opere di rimboschimento a ricostituire la copertura

vegetale, che costituisce la miglior protezione dall’erosione.

Il controllo dello scorrimento superficiale è essenziale per la limitazione dell’erosione.

Bisognerà quindi proteggere la zona da sistemare con fossi di guardia, per eliminare l’apporto di portata

da monte, regolarizzare l’andamento altimetrico del terreno, eliminando dossi e depressioni conseguenti al movimento

franoso, controllare lo scorrimento superficiale, riportando all’efficienza il reticolo naturale esistente e costruendo, se

necessario, una nuova rete artificiale che si integri con la naturale. Questa rete, a seconda dei casi, sarà costituita da uno

o più collettori principali, che raccolgono il deflusso e lo portano a valle, e da fossi laterali che intercettano lo scorri-

mento superficiale, riducendo i tratti di percorso libero. Nel sistemare o costruire la rete di fossi si dovrà tenere conto

dell’erosività della corrente che in esso si realizzerà, e quindi proteggerne fondo e sponde o con inerbamento o con ri-

vestimento lapideo. Allo scopo si possono usare canalette costituite da conci prefabbricati in calcestruzzo o rivestire il

fondo in pietrame. A volte è necessario introdurre pozzetti di salto o microbriglie.

E’ molto importante assicurarsi che l’acqua così raccolta possa essere scaricata a valle senza arrecare

danni alle proprietà sottostanti, e quindi provvedere ad inviarla ad un corpo d’acqua ricettore o ad una via d’acqua che

sia in grado di assorbire i picchi di piena.

Nella pagina seguente si riportano foto di opere di regimazione delle acque superficiali e lo schema generale di questa

tipologia di interventi.

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14.2 Interventi sulle frane profonde. Le frane profonde sono in genere causate da fenomeni di scorrimento su superfici profonde di strati di

terreno di notevole spessore, che si verificano anche se il terreno in superficie ha pendenze minori di quelle di equili-

brio. Le frane profonde si manifestano con movimenti lenti, che continuano nel tempo con regolarità e possono interes-

sare estensioni notevoli di terreno. Talvolta può succedere, in particolari situazioni, che il fenomeno acceleri in modo

drammatico con cedimenti improvvisi che producono il collasso del sistema ed lo spostamento verso valle dell’intera

massa interessata in un tempo brevissimo con effetti disastrosi (frana del monte Toc nel Bacino del Vajont e del monte

Coppetto nel bacino dell’Adda in Valtellina).

Le frane di questo tipo sono evidenziate dalla presenza nel terreno di fessure e crepe nella parte alta lun-

go il bordo superiore della frana; fessure e distacchi di materiale si possono verificare anche lateralmente, ed è abba-

stanza comune che il profilo presenti una convessità (rigonfiamento) nella parte mediana. Indici dell’esistenza di questo

tipo di frane sono anche la deviazione dalla verticale degli alberi e degli edifici e le crepe che si manifestano nelle co-

struzioni.

Le cause che provocano il movimento possono essere diverse. Si va dalla progressiva riduzione

dell’effetto di contrasto al piede, dovuta per esempio al fatto che l’erosione dovuta a un corso d’acqua tende a portare

allo scoperto la superficie di scivolamento, all’eccessivo appesantimento della massa soprastante questa superficie, cau-

sata per esempio dall’acqua di falda. La causa può anche essere la diminuzione dell’attrito e della coesione tra il corpo

di frana e gli strati sottostanti in corrispondenza della potenziale superficie di scivolamento, il che può avvenire per e-

sempio sempre a causa della presenza di acqua in profondità che satura gli strati argillosi e li rende plastici.

I provvedimenti necessari per la sistemazione sono diversi nei due casi. Se il movimento è dovuto alla

diminuzione del contrasto al piede sarà necessario intervenire perché questo si riformi. L’intervento classico è la co-

struzione di briglie di consolidamento sul corso d’acqua; temporaneamente è possibile arrestare il movimento con la

costruzione di muri di sostegno al piede del tipo più economico (gabbionate) che verranno poi inglobate

dall’interramento provocato dalle briglie.

Se il movimento è dovuto alle altre cause sopra citate il provvedimento essenziale consiste nel ridurre la

presenza di acqua nel sottosuolo, drenando la falda e nel ridurre l’infiltrazione allontanando velocemente l’acqua zeni-

tale dalla frana mediante il controllo delle acque superficiali. Quest’ultimo aspetto comporta l’esecuzione degli inter-

venti citati al punto 14.1 (fossi di guardia, rete di fossi, etc.)

Il drenaggio di falda può essere realizzato con diversi sistemi; esso dovrebbe essere in grado di abbas-

sare la piezometrica al di sotto del piano di scorrimento, e quindi la sua profondità dovrebbe essere superiore a quella

del piano stesso di almeno 50-100 cm. Questo non sempre è fattibile, se le profondità sono elevate, e spesso ci si ac-

contenta di arrivare al piano di scorrimento.

Osserviamo che, in generale, le caratteristiche del terreno in cui si verifica questo tipo di frane (contenu-

to argilloso elevato) rende praticamente impossibile la realizzazione di un drenaggio profondo che sia in grado di ab-

bassare la piezometrica alla quota voluta in tutto il corpo di frana. La rete drenante realizzata dovrà dunque produrre,

all’interno della frana, solamente una serie di contrafforti o speroni solidi (che hanno lo stesso andamento dei dreni),

sufficiente comunque a consolidare il terreno ed a fermare lo scivolamento.

I drenaggi devono essere realizzati nella direzione del movimento e possono consistere in trincee dre-

nanti (pendenza del fondo uguale quella del terreno) o in dreni suborizzontali (pendenza minore di quella del terreno).

Le trincee drenanti consistono in uno scavo di forma trapezia con pareti subverticali (fino alla profondità

massima di 2 m) o verticali per profondità maggiori. In quest’ultimo caso è necessario provvedere durante la costruzio-

ne a sostenere le pareti. La larghezza della base deve consentire la realizzazione del cunicolo di fondo, che convoglia a

valle l’acqua raccolta. Può quindi variare dagli 80 ai 120 cm. Anticamente il cunicolo veniva realizzato disponendo

pietrame di grosse dimensioni in modo tale da lasciare un foro continuo, o da una serie di fascine poste sul fondo. At-

tualmente si utilizzano conci in calcestruzzo prefabbricati, opportunamente affiancati, che si incastrano l’uno sopra

l’altro. Possono essere usati anche tubi forati in materiale plastico o in calcestruzzo poroso. Sopra il cunicolo, fino ad

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una certa distanza dal piano di campagna (0.5-1 m) viene posto pietrame lavato a pezzatura variabile e decrescente dal

basso verso l’alto (dal ghiaione al pietrisco), che funziona da filtro. E’ anche possibile utilizzare come filtro da disporre

attorno o sopra al cunicolo il tessuto non tessuto. L’ultima parte della trincea, fino al piano di campagna, viene riempita

con terreno agrario.

E’ possibilmente da evitare la realizzazione di trincee drenanti lungo le linee di livello, che pur intercet-

tando meglio il movimento di falda in quanto ortogonali alla direzione del moto, sono soggetti a deformazioni ed a pos-

sibile rottura durante la fase di assestamento.

Le trincee drenanti costruite lungo la linea di massima pendenza devono essere scavate cominciando da

valle (dal recipiente finale) e salendo verso monte. In questo modo esse cominciano subito a scaricare man mano che

vengono costruite.

Se la profondità a cui si deve estendere il drenaggio è grande

è possibile ricorrere alle gallerie drenanti. Si tratta in pratica

di scavare una serie di pozzi verticali sufficientemente

profondi nel corpo della frana lungo linee che vanno da monte

verso valle. I pozzi sono collegati da cunicoli in galleria per il

convogliamento delle acque. Da ogni pozzo si diparte una o

più gallerie di scolo che hanno la funzione di raccogliere le

acque. Tutto il sistema viene riempito di pietrame a secco. Il

fondo delle gallerie è in genere costituito da una platea in

calcestruzzo con spallette.

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14.3 Interventi per la stabilizzazione del suolo sui pendii.

Una volta che siano state realizzate le opere di controllo dello scorrimento superficiale e delle acque di

falda si provvederà a quegli interventi che consentono la ricostruzione della copertura vegetale. E’ essenziale, poiché la

pendenza del terreno è sempre elevata, realizzare una serie di opere che trattengano lo strato superficiale di suolo, al

momento non protetto o scarsamente protetto dalla coltre vegetale. Queste opere consistono in barriere di vario tipo, di

piccola altezza, disposte lungo le linee di livello ad opportuna distanza. Si viene così a formare nel terreno una serie di

piccoli terrazzamenti che ne diminuiscono la pendenza, riducono l’azione erosiva dello scorrimento superficiale e per-

mettono la semina e la crescita della vegetazione.

I dispositivi di questo tipo possono essere distinti in base al materiale che viene utilizzato per la loro rea-

lizzazione, che può essere inerte, vegetale o misto. La preferenza di una tipologia rispetto ad un’altra dipende da molti

fattori, dal terreno (pendenza e pedologia), dal clima (piovosità, temperatura), dalla disponibilità sul luogo di materiale

da impiegare e, non ultimo, dal costo. E’ importante ricordare che, dal punto di vista dell’impatto ambientale, è sempre

meglio ricorrere a quei dispositivi che meglio si inseriscono nell’ambiente, integrandosi in esso dopo un certo tempo.

Nel caso, ottimale per l’aspetto ambientale, che si usi solo materiale vegetale è molto importante rispettare le caratteri-

stiche naturali del luogo, scegliendo essenze adatte al sito oggetto dell’intervento.

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Nell’allegato sono illustrati alcuni di questi dispositivi e tipi di intervento.

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14.4 Metodi di ricostruzione della vegetazione.

Sul suolo stabilizzato è necessario procedere alla ricostituzione della copertura vegetale. A seconda dello stato

di degrado esistente, della pendenza del terreno e dell’altitudine sarà necessario utilizzare tecniche e essenze diverse e,

nel caso, passare attraverso più stadi. Nei casi peggiori (terreno praticamente spoglio in forte pendenza) sarà necessario

impiantare prima una copertura erbacea, che con le sue radici stabilizzi ulteriormente il suolo e solo allora si potrà pro-

cedere alla messa a dimora di arbusti e poi, se l’altitudine lo consente, di piante di alto fusto (allo stadio poco più che

‘neonato’) adatte alla zona.

La copertura erbacea può essere realizzato con il sistema delle piote (o zolle) erbose disposte a strisce associa-

to alla semina.

Il cespugliamento può essere effettuato con il metodo delle graticciate o viminate vive, delle fascinate vive o

delle cordonate o gradonate viventi.

La semina può essere effettuata con il metodo tradizionale o mediante idrosemina. Si può poi intervenire spar-

gendo al di sopra una coltre protettiva (mulch)

L’idrosemina (hydroseeding) consiste nello spargere sul terreno mediante uno spruzzo a forte pressione una

poltiglia formata da sementi, concimi, emendanti del terreno, il tutto tenuto insieme da sostanze leganti di tipo organi-

co che vanno dal bitume, alla cellulosa, alle colle. Il terreno da seminare viene ricoperto da uno spessore di diversi mil-

limetri di questo materiale. L’attrezzatura necessaria è piuttosto pesante ed ingombrante in quanto richiede la presenza

di una pompa e relativo motore, di un serbatoio e di tutti gli accessori. Di solito l’attrezzatura è montata su un veicolo

che, pur potendo non essere di grandi dimensioni, richiede comunque la presenza di una strada percorribile. Per questo

fatto l’idrosemina può essere usata per zone anche difficilmente accessibili a piedi (perché, ad esempio, molto ripide)

raggiungibili dal getto, che devono però essere vicine ad una strada.

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La coltre protettiva è uno strato di materiale organico ricoprente (di solito paglia, foglie secche, residui vegetali) che

viene sparso al di sopra del terreno seminato ed ha lo scopo di proteggere i semi dagli agenti esterni che vanno

dall’azione dell’acqua e del vento agli uccelli. Attualmente la tecnica di mulching moderna utilizza materiale organico

dello stesso tipo opportunamente triturato che viene sparso meccanicamente fino a distanza notevole e fissato al terreno

mediante irrorazione con una sostanza bituminosa. Come l’idrosemina questo metodo è limitato nella sua applicazione

dal fatto di richiedere un’attrezzatura “pesante”, che non ne consente l’uso su terreni accessibili solo a piedi.

Questi inconvenienti vengono superati con il procedimento nero verde (Schliechtl (1962), che consente di se-

minare e di proteggere la semina in ogni zona che sia accessibile a piedi. Sul terreno viene cosparso uno strato unifor-

me di paglia, che viene tenuta ferma da una rete di fibre degradabili nel tempo (iuta o canapa) fissata con paletti al ter-

reno. Sulla paglia viene seminato un miscuglio di semi (di solito leguminose e graminacee) che sia resistente alle con-

dizioni ambientali locali. Si procede contemporaneamente allo spargimento del fertilizzante: in questo caso si utilizza

un concime chimico complesso di tipo granulare che, insieme alle sementi, passa attraverso lo strato protettivo e può

penetrare nel terreno. Infine l’ultima operazione consiste nel fissare il tutto con un leggero strato di emulsione bitumi-

nosa, eventualmente integrata con prodotti ormonici vegetali. Tutto il procedimento viene eseguito a mano, anche

l’ultima operazione che può essere effettuata con uno spruzzatore portatile. L’emulsione bituminosa ha un ruolo molto

importante perché fissa la paglia, mantiene l’umidità e assorbe il calore, favorendo lo sviluppo dei semi. L’erba spunta

rapidamente, la paglia marcisce ed il suo residuo, insieme al bitume, viene inglobato nel suolo.

15. CENNI SU ALCUNE PROBLEMATICHE AMBIENTALI

Gli interventi di sistemazione, in particolare quelli effettuati sui torrenti, producono sempre un impatto am-

bientale più o meno grande, legato alle modificazioni che vengono introdotte nell’habitat naturale.

E’ appena il caso di ricordare che qualunque tipo di intervento deve cercare, pur rispettando come prioritari i

vincoli di progetto, di introdurre la minor perturbazione possibile nell’ambiente. Questo vale sia per gli effetti perma-

nenti, legati all’opera che si realizza, sia per quelli temporanei, ma spesso non meno importanti, legati alla esecuzione

dei lavori.

In particolare gli interventi sui torrenti possono portare a forti modifiche nelle caratteristiche dei corsi

d’acqua, che vanno da variazioni nella velocità della corrente, a riduzione di dimensione della sezione bagnata o del

tirante, all’introduzione di salti di fondo o di soglie.

E’ pertanto utile richiamare alcuni criteri, rimandando per i particolari alle pubblicazioni specializzate.

- È buona cosa evitare, se si deve procedere a proteggere l’alveo, di realizzare tratti di corrente fortemente canaliz-

zati, con sponde lisce e velocità della corrente elevata. Questi due fatti impediscono alla fauna acquatica di trova-

re ripari ove fermarsi, nidificare e riprodursi, costringendola a trasferirsi da altra parte. Sarà dunque preferibile

adottare metodi di protezione di tipo “naturale” utilizzando rivestimenti con pietrame a secco o anche legati ma

comunque non lisci e, se possibile, con copertura vegetale.

- Se gli interventi in progetto modificano notevolmente il regime del corso d’acqua (riducendo ad esempio l’area

bagnata) è necessario assicurarsi che questo fatto non danneggi irreparabilmente alcune specie, che in quelle zone

umide che scompariranno hanno il loro habitat.

- Se si realizzano briglie o comunque discontinuità verticali nella corrente superiori al metro è necessario disporre

a fianco o nel corpo dell’opera degli opportuni dispositivi (scale per pesci) che permettano a questi di risalire la

corrente. La letteratura specializzata riporta molti tipi di questi dispositivi. Una caratteristica comune delle scale

per pesci che deve essere rispettata è quella di essere facilmente individuabile dai pesci. Inoltre la scala deve es-

sere sempre tenuta libera da possibili ostruzioni nella parte di monte, prodotte dal materiale fluitato o trascinato

dalla corrente. Sarà dunque necessario proteggerla a monte con barriere filtranti che trattengano il materiale ma

non siano di ostacolo ai pesci.

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

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Di seguito sono riportatele foto di alcuni tipi di scale e di ascensori per pesci.

Scala a bacini successivi Scala a rallentamento tipo Denil

Ascensore per pesci

Scala rustica Scivolo di scarico da ascensore

- Corso di Sistemazione dei bacini idrografici- Appunti alle lezioni -

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Testi consigliati

Benini G., Sistemazioni idraulico forestali – U.T.E.T. Torino, 1990.

Ferro V. , La sistemazione dei bacini idrografici- McGraw-Hill,2002