Silvestro lega

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Minardi AlbertoIV°E2005/2006

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Silvestro Lega nasce a Modigliana nel 1826; svolse la sua formazione giovanile presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze dove fu allievo di Giuseppe Bezzuoli. Dopo un esordio dai tratti fondamentalmente accademici, si accostò alla tecnica a macchia degli artisti che si riunivano al Caffè Michelangelo, compiendo una evoluzione in senso realista ma con caratteristiche personali. Il contenuto dei suoi quadri tende ad esaltare la semplicità delicata e gli affetti puri che caratterizzano la piccola borghesia italiana di quegli anni.Nel 1860 inizia la stagione più felice dell’artista: ospite dalla famiglia Batelli nella casa lungo il torrente

Affrico, si lega sentimentalmente alla figlia maggiore Virginia; inizia ricerche pittoriche e promuove, con Telemaco Signorini, Odoardo Borrani e Raffaello Sernesi, la nascita della scuola di Piagentina, piccola località nei dintorni di Firenze. Qui compone alcuni dei suoi quadri più noti: Ritratto di Giuseppe Garibaldi 1861, La lezione della nonna 1865 e L'educazione al lavoro 1863; in quest’ ultimo se la postura della bambina accovacciata ai piedi della madre e la composizione severa, sono di matrice purista, del tutto nuovo è il valore attribuito alla luce che diviene protagonista assoluta della scena.

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Successivi sono Il canto di uno stornello 1867 e Una visita, 1868. Ne Il pergolato 1868 esposto alla Promotrice di Firenze, la visione nitida e la semplicità strutturale della scena sembrano ispirate dalla pittura del primo Quattrocento italiano. Nella tela l'artista immerge le figure e il paesaggio in una luce calda che impregna anche il pergolato, e per le ombre alterna ai gialli delle zone luminose tonalità più scure.Al’Esposizione Nazionale di Parma del 1870 presenta Le bambine fanno le signore, premiato con la medaglia d’argento. La morte per tubercolosi, in quell’anno, di Virginia Batelli gli provoca una crisi depressiva aggravata dal manifestarsi di una malattia agli occhi.Nel 1873 dipinge Mazzini morente; nel 1875 apre, insieme con Borrani, una galleria d’arte in piazza Santa Trinità che però chiude per fallimento l’anno dopo.In difficoltà economiche, nei primi anni Ottanta Lega frequenta la famiglia Tommasi, come maestro dei figli Adolfo, Angiolo e Lodovico, a Bellariva, presso Firenze e nella loro villa a Crespina, presso Pisa. Dal 1886, grazie all’interessamento dell’allievo Angiolo Tommasi, conosce e frequenta la famiglia Bandini nella villa di Poggio Piano al Gabbro, nell’entroterra livornese;

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qui inizia a dipingere le Gabbriggiane, paesaggi e figure locali, e sperimenta la tecnica del pastello; dipinge ormai solo ritratti e paesaggi dal colore sfatto.Nel 1889 partecipa all’Esposizione Universale di Parigi e alla Promotrice di Firenze. Tra il 1892 e il 1893 al disturbo agli occhi, una cataratta che lo rende quasi cieco, si aggiunge un tumore allo stomaco che lo porterà presto alla morte.Nel 1894 cerca invano di vendere allo Stato il dipinto Riposo di una gabbriggiana, ora in collezione privata. L’anno dopo(1895) muore all’ospedale fiorentino di San Giovanni di Dio.

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All’opera (1861) è riconosciuta notevole importanza nel percorso artistico di Lega. Essa si colloca, infatti, in una fase di avvicinamento allo stile compiuto dell’artista. La figura di Garibaldi rivela non a caso i sintomi di un’evoluzione stilistica che di lì a breve avrebbe prodotto i primi capolavori dell’artista: il risalto del rosso brillante, la rappresentazione suggestiva del cielo e la connotazione selvaggia dello sfondo distanziano questa tela dalla patina della ritrattistica ufficiale che vedeva proprio in Antonio Ciseri, di cui il pittore era stato allievo, l’esponente più autorevole. Lega non abbandona l’impianto compositivo appreso dal maestro, ma ne modifica per esempio l’ambientazione consuetamente neutra ponendo la figura all’aperto contro un cielo naturale e al contempo simbolico, attraversato da nubi in movimento con brevi squarci di azzurro intenso che sembrano narrare la gloria e l’eroicità universale del personaggio; anche il paesaggio aspro e cupo che termina nella linea del mare all’orizzonte si accorda con la severità dell’eroe. Il volto è delineato con estrema finezza disegnativa e con fedeltà fotografica dei lineamenti, distanziandosi nettamente sul piano qualitativo dai ritratti compiuti dal Lega fino ad allora. Lo sguardo fiero, l’espressione seria e solenne dell’eroe si animano comunque anche per effetto della vivacità cromatica della divisa garibaldina, che Lega sembra voler impreziosire con la lucentezza e la minuzia descrittiva della catena, della fibbia o della spada, ma soprattutto con il bellissimo tessuto del fazzoletto, un elemento di impronta ingresiana che sembra animare con un tocco di eleganza ‘borghese’ l’ufficialità e il piglio leggendario del personaggio”.

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L’educazione al lavoro 1863 è una tela di grande fascino non tanto per il momento di corrispondenza di affetti materni che rappresenta, ma per la capacità di rappresentare uno spazio dotato di autonoma personalità. La luce che entra dalla finestra aperta, soluzione che adotterà in seguito anche per il «Canto dello stornello», crea un’atmosfera di silenzio intimo che dà maggior sapore alla scena rappresentata. Per questa tela, ma anche per altre di pittori quali Odoardo Borrani o Telemaco Signorini, in cui la scena è rappresenta in un interno con una finestra posta sulla sinistra viene spontaneo un confronto con il pittore olandese Jan Vermeer, e con sorpresa si ritrovano analoghe atmosfere di serietà lavorative quotidiane.

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Nel 1865, Lega espose La nonna, all’Accademia di Belle Arti di Firenze, in occasione delle celebrazioni del sesto centenario della nascita di Dante e della prossimità della scelta di Firenze come futura capitale italiana. Ma Lega non scelse un tema celebrativo bensì un soggetto intimo e domestico. "Nella sua energia inventiva del 1864 si potrebbe quasi parlare di una specie di disponibilità femmineamente passiva nel recepire le impressioni del mondo circostante, appunto costituito in gran parte da presenze di donne e bambini, con cui il colloquio è percettibile nelle sue cadenze più dolci. Più che di passività, si tratta però di un momento particolarmente introspettivo a cui inducono le stesse evenienze private.

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Il canto dello stornello, del 1867, uno dei dipinti inviati a Torino nell’aprile del 1868, mostra le tre figlie, Maria, Isolina e Anna Cecchini, che prendevano lezioni di pianoforte da Virginia Batelli, l'amica del Lega, intente a cantare accompagnate al pianoferte dalla terza. È una prova dell'intimismo lirico e domestico di Lega; la scena in controluce di fronte ad una finestra dalla quale entra una luce bianca, in un ambiente pulito e ordinato, trasmette una sensazione di serenità e di pace. Il quadro è una delle tele più belle realizzate in tutto l’Ottocento italiano. Prova di grande virtuosismo tecnico, la tela rappresenta con fotografica analiticità un momento quotidiano di grande semplicità. Le tre donne intente a cantare mentre una di loro suona il piano è un esempio dei più classici di quel lirismo intimo comune a gran parte della produzione artistica italiana del secolo. Lega pone la scena in controluce di fronte ad una finestra aperta. Da quella finestra entra non solo luce ma anche il respiro profondo di un’atmosfera pulita che sa di campi coltivati e colline lontani, sensazione che mai prima un quadro aveva trasmesso con tanta intensità.

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La visita 1868 è un piccolo quadro che nella sua piccola dimensione riesce a sfruttare al meglio la sintetica stesura della "macchia". Immagine di semplice ed efficace comunicatività, rappresenta uno di quei momenti di socialità piccolo borghese comune a tanti piccoli centri dell’Italia post-unitaria. Anche qui Lega riesce a cogliere momenti di semplicità quotidiana che rimandano ad una dimensione maliconica della memoria.

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Questo quadro 1868, tra i più famosi di Lega, sintetizza le diverse scelte stilistiche e poetiche dell’artista. Il soggetto è una rappresentazione di un realismo quasi fotografico che coglie una realtà molto ordinaria e comune. Lo spazio prospettico presenta una metà più profonda, quella a sinistra, in cui si colloca un pergolato che crea un angolo fresco ed accogliente, ed una metà meno profonda nella parte anteriore, ma che si apre in lontananza verso una ariosa campagna. Dalla metà di destra proviene una donna con un vassoio in mano su cui porta un bricco di caffè. Nell’altra metà sono collocate tre giovani donne sedute ed una bambina. Sono protette dal fresco del pergolato e stanno conversando in maniera tranquilla e rilassata. Tutta la scena è pervasa da una calma e da un silenzio evidenti. Il realismo di Lega è accentuato dalla sua virtuosistica capacità di riuscire a rappresentare con una fedeltà immediata anche i particolari più banali della scena. Ciò che però dà una nota stilistica del tutto originale è la sua tavolozza molto chiara e brillante, utilizzata sempre con la tecnica della macchia. I colori hanno una luminosità che ben rappresentano il piacere più evidente del momento rappresentato: il contrasto tra luce ed ombra. La luce è la vera protagonista, l’ombra del pergolato serve proprio ad enfatizzare la luce che circonda la scena. Questa luce così forte costringe il pittore a scegliere una tecnica che accentua ulteriormente il realismo e, insieme, la liricità della scena: il controluce. Le figure, infatti, sono tutte viste nel loro lato in ombra.

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Due bambine che fanno le signore 1870, scena di vita ingenua e quotidiana, "con tutte quelle implicazioni di carattere psicologico, prospettico, disegnativo, compositivo, luminoso e cromatico, che sono suggerite dalla realtà, ma che egli filtra secondo una formazione purista non mai rinnegata.

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In questo quadro Silvestro Lega mostra un bellissimo Mazzini morente dove il patriota viene raffigurato "addormentato nel suo letto, avvolto nello scialle a quadretti che fu di Carlo Cattaneo.

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La Gabbrigiana in piedi fu dipinta nel 1888 a Gabbro, un mondo complesso e articolato, dai caratteri specifici e autonomi, ricco di tradizioni proprie, dove Lega era ospite dal 1886 della famiglia Bandini. Lo stile del Gabbro è improntato nel vigore espressivo delle figure di "contadine fiere e vigorose, nobilitate nella loro femminilità rustica. Il grande ritratto che egli fa di una Gabbrigiana in piedi, riprendendola nel suo regno, è un monumento in omaggio alla sua condizione di protagonista plebea così nettamente precisata nel suo piglio intemperante

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Il Pagliai al sole, del 1890, ha colori intensi ed esprime un sentimento che appare insieme delicato e aspro, come se fosse dipinto a tentoni, con fervore e insieme con timore, lasciandosi guidare il pennello da una specie di rabdomanzia pittorica.

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• Ritratto di Giuseppe Garibaldi, 1861, olio su tela, 111 x 78,4, Collezione privata

• L’educazione al lavoro, 1863, olio su tela, 87 x 65, Montecatini Terme, Collezione privata

• La nonna, 1865, olio su tela, 59 x 70, Collezione privata

• Due bambine che fanno le signore - Divertimento infantile, 1865, olio su tela, 57,5 x 94, Collezione Privata

• Il canto di uno stornello, 1867, olio su tela, 158 x 98, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti

•Il pergolato, 1868, olio su tela, 75 x 93,5, Milano, Pinacoteca di Brera

• La visita, 1868, olio su tela applicata su tavola, 31 x 60, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna

• Gabbrigiana in piedi, 1888, olio su tela, 140 x 86, Collezione privata

• Pagliai al sole, olio su tavola, 28 x 38, ca 1890, Piacenza, Galleria Ricci Oddi