SIlvano Fausti Luca 12-24

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76

76. GUARDATEVI DAL LIEVITO DEI FARISEI

(12,1-12)

12

1 Intanto, accalcatisi miriadi della folla

s che si calpestavano a vicenda,

cominci a dire

ai suoi discepoli innanzitutto:

Guardatevi dal lievito dei farisei,

che ipocrisia.

2 Ora nulla velato

che non sar svelato

e nascosto

che non sar conosciuto.

3 Per questo, quanto diceste nelloscurit,

sar ascoltato nella luce,

e ci che parlaste allorecchio nella cantina,

sar proclamato sopra le case.

4 Ora dico a voi, amici miei:

nulla temete da coloro

che uccidono il corpo

e dopo di questo

non hanno pi nulla da fare.

5 Ora vi mostrer chi temere:

temete chi, dopo aver ucciso,

ha autorit di gettare nella Geenna.

S, vi dico:

questi temete!

6 Forse cinque passeri

non sono venduti per due assi?

Tuttavia nemmeno uno di loro

dimenticato al cospetto di Dio.

7 Ma anche i capelli del vostro capo

sono tutti contati.

Non temete:

valete pi di molti passeri!

8 Ora vi dico:

chiunque avr confessato me

davanti agli uomini,

anche il Figlio delluomo confesser lui

davanti agli angeli di Dio.

9 Ora chi avr rinnegato me,

di fronte agli uomini,

sar rinnegato

di fronte agli angeli di Dio.

10 E chiunque dir una parola

contro il Figlio delluomo,

sar rimesso a lui.

Ora a chi avr bestemmiato

contro lo Spirito santo

non sar rimesso.

11 Ora, quando vi tradurranno

davanti alle sinagoghe

e ai capi e alle autorit,

non preoccupatevi

come o cosa rispondere

o cosa dire.

12 Infatti lo Spirito santo vi insegner

in quella stessa ora

quanto bisogna dire.

1. Messaggio nel contestoDa 12,1 a 13,20 c una forma di inclusione: il lievito dei farisei e il lievito del Regno. Il discepolo chiamato a discernere il fermento che muove la sua vita: la paura della morte, che porta allipocrisia e allaccumulo dei beni, o il timore di Dio, che porta alla verit e alla libert nella misericordia? Il primo il regno della morte, il secondo il regno di Dio, la cui venuta chiediamo al Padre (11,2).

Il c. 11 distingueva lo spirito del Figlio da quello muto, la luce dalle tenebre. I cc. 12 e 13 applicano questo discernimento rispettivamente alluso dei beni e alla comprensione della storia, in relazione alle cose stabili e al tempo che fluisce. Si tratta di una teologia del mondo e della storia.

In particolare nel c. 12 Ges si rivolge alternativamente ai discepoli e alle folle. Dietro le folle da vedere la schiera dei futuri discepoli, sempre aperta a tutti gli uomini ai quali bisogna annunciare la volont di Dio. Si pu quindi dire che il capitolo destinato a tutti gli uomini di tutti i tempi, chiamati a vivere da figli di Dio. Ges smaschera latteggiamento del mondo e dice per contrappunto quello del discepolo. Esso deve testimoniare con coraggio il suo Signore (vv. 1-12), libero dalle preoccupazioni e dagli affanni (vv. 13-34), in attesa vigile del suo ritorno (vv. 3559). Lattesa escatologica il motivo del suo coraggio e della sua libert, il fine che muove il cammino fin dal principio. Forza per superare le difficolt, le contraddizioni e la morte stessa, essa d il tono spirituale necessario per la lotta.

Il brano presente si articola in tre parti: il discepolo deve guardarsi dallipocrisia (vv. 1-3), non temere gli uomini, ma temere il Signore (vv. 4-7), testimoniandolo nellattesa fiduciosa che si manifesti il suo giudizio (vv. 8-12).

Mentre il movente segreto del pensare, del dire e dellagire umano la paura della morte, il discepolo spinto dal pensiero di un Dio che per lui morto in croce. Cos vince il giudizio pervertito del mondo e tiene conto del vero giudizio di Dio, che ama luomo e gli dona il suo regno.

2. Lettura del testov. 1: Intanto. Siamo nel cammino di Ges verso Gerusalemme, che la chiesa ripercorre nel periodo che va dalla sua dipartita al suo ritorno. Ci che capitato a lui in quel tempo - cuore di ogni tempo - ci che capiter alla sua chiesa in seguito. Pi che intanto, bisognerebbe tradurre in queste cose. Non si tratta di un tempo vuoto, ma di fatti precisi, in cui si compie il disegno di Dio. Queste cose sono lira, le provocazioni, le insidie e le trappole dei suoi nemici, che sono appena state nominate (11,53s). Per di qui passa il cammino.

miriadi, ecc.. Lostilit e le difficolt non bloccano la missione. Anzi, come dalla croce la risurrezione, cos dalla persecuzione scaturisce la missione (cf. At 8,4; 11,19). Queste miriadi di folle sono la prefigurazione dei discepoli futuri, frutto abbondante del chicco di grano che muore (Gv 12,24). Anche queste miriadi sono chiamate insieme ai discepoli ad ascoltare il Signore che dice loro come vivere in questo tempo.

che si calpestavano a vicenda. Strano e preoccupante! Questo calpestarsi allinterno dei discepoli il motivo delle parole di Ges: una messa in guardia perch tra di loro non avvenga proprio ci che sta avvenendo.

ai suoi discepoli innanzitutto. Il discorso principalmente rivolto ai discepoli. Essi sono chiamati a discernere bene tra tenebra e luce (11,35) e capire che gli ahim, rivolti ai farisei (11,37-54) valgono innanzitutto per loro. Infatti sono sempre insidiati dallo stesso lievito.

ipocrisia. Ipocrisia viene da ipocrita, che il protagonista del coro nel teatro greco. la parola che esprime in sintesi i mali denunciati da Ges nella casa del fariseo (11,37-54). Alla loro radice sta lipocrisia, che il protagonismo. Sopra il volto dei figli di Dio, c questa maschera che impedisce di riconoscersi sue creature e dire: Abba. chiamata lievito, perch principio di corruzione, e un po di lievito fa fermentare tutta la pasta (1Cor 5,6; Gal 5,9). Il credente, anche se salvato, resta sempre portatore di peccato (cf. Rm 7,14ss). La nostra carne, con i suoi limiti e le sue paure, sufficiente combustibile per alimentarlo; lipocrisia, che non ci fa accettare la nostra creaturalit, il carburante (cf. Gal 2,13!). Il discepolo avr un altro lievito (13,20): non la paura della morte, ma il timor di Dio. .

v. 2: Ora nulla velato. Lipocrisia consiste nel nascondere come Adamo la propria nudit, perch non conosce Dio e non si accetta come suo figlio. Per questo il Regno verr quando lesterno sar come linterno. Ges venuto a togliere alluomo i veli della menzogna e a restituirlo alla sua verit di figlio, infinitamente amato dalla misericordia del Padre.

Mentre il protagonismo si serve di maschere per nascondersi e dominare, il discepolo chiamato a trasparenza e semplicit.

v. 3: Per questo, quanto diceste nelloscurit, ecc.. Bando anche a ogni parlare doppio (cf. Mt 5,37; Gc 5,12), indispensabile per uscire vincenti in ogni rapporto di forza. Il discepolo deve essere impregnato della parola di verit fin nellintimo del suo cuore, senza dissonanza tra ci che nel profondo e ci che vuole apparire allesterno, in una perfetta coerenza tra ci che e ci che dice. Chi non nasconde ci che , ha gi vinto in radice lipocrisia. Chi disposto a far conoscere tutto ci che pensa?

v. 4: amici miei. Richiama Gv 15,14s. Lamicizia o trova o rende pari. Ges ha reso i suoi discepoli pari a s, perch ha rivelato loro come diventare figli dellAltissimo. Il motivo per cui non bisogna aver paura della morte, perch ci chiama amici colui che morto e risorto per noi.

nulla temete. Ges lo ripete per ben cinque volte in questo passo. La paura fondamentale da vincere quella della morte, con la quale Satana domina il mondo (Eb 2,14s). Viene dalla menzogna su Dio, che impedisce alluomo di accettarsi come sua creatura. Per questo fa di se stesso lassoluto.

uccidono il corpo. Chi fa di s e della propria vita il suo assoluto, fa di tutto per salvare la pelle; non pu non essere egoista. Infatti non avrebbe senso perdere ci che si ritiene come valore assoluto, per nessun motivo. Luomo teme pi di tutto luccisione del corpo. Per essere liberi da questo timore, bisogna avere un valore maggiore, e temere di perdere quello.

v. 5: Ora vi mostrer chi temere, ecc.. Principio della saggezza il timore del Signore (Sal 111, 10; Pro 1,7). Temere Dio significa tener conto, nellassetto concreto della propria vita, che Dio Dio - e solo lui! - e non volerlo perdere, perch lui la vita (Dt 30,20). Luomo non pu non temere, come non pu non desiderare, perch creatura, e quindi bisogno. Come desidera il s, cos teme il no. Ma, siccome ci che teme diventa suo dio e signore della sua vita, se non vuol far della morte il suo dio e il suo signore (Sal 49,15), tema solo Dio come Signore della sua vita. Il timore di Dio rende luomo libero e capace di discernimento.

Geenna. Luomo, che teme la morte e vuol salvarsi a tutti i costi, distrugge la sua verit di uomo, immagine di quel Dio che amore (cf. 9,24). Uccide la propria vita e la butta via come immondizia. La Geenna la valle dellHinnon (ge-hinnon), dove anticamente si sacrificavano vite umane a Moloch e dove Israele bruciava le immondizie. Per questo vi ardeva sempre il fuoco. Fallire il proprio fine la tragica possibilit delluomo. Tutta la tradizione cristiana parla dellinferno. Non per terrorizzare luomo, bens per renderlo cosciente del male che fa seguendo come guida la paura della morte. sempre cattiva consigliera: mentre suggerisce di cercare ogni briciola di vita, fa cadere nellegoismo che la distrugge in radice.

La paura dellinferno non deve portare ad aver paura di Dio, ma del male che ce ne allontana.

Qui in concreto si dice di temere il giudizio di Dio pi di quello degli uomini.

v. 6: cinque passeri... due assi. Il timore deriva dalla coscienza della nostra piccolezza e del nostro poco valore. Ma Dio amore, e lamore si prende cura di ogni piccolezza: possiamo avere fiducia in lui in proporzione della nostra insignificanza. Ges dice di non dimenticare in concreto che Dio ci ama. La sua tenerezza si espande su tutte le sue creature (Sal 145,9); egli non insensibile neanche ai piccoli del corvo che gridano a lui (Sal 147,9).

v. 7: anche i capelli, ecc.. Il capello la parte meno importante delluomo. Si pu tagliare senza che uno si accorga e senza fargli alcun danno! Colui che di tutto si prende cura, tutto conosce, perfino ciascuno dei nostri capelli, contati come le stelle del cielo (Sal 147,4). Questo un segno del suo amore. Il nostro valore in realt infinito come il suo amore per noi: valiamo pi della vita del suo Figlio, valiamo il sangue di Cristo (1Pt 1,18s; 1Cor 6,20; 7,23). Fin dal principio c una valutazione enorme delluomo agli occhi di Dio, che vide che era cosa molto buona (Gn 1,31; cf. Is 43,4). Il timore del Signore si fonda su questo amore eccessivo (Ef 2,4 Vg.) che Dio ha per noi, ed una vibrazione nostra di fronte al suo cuore: principio di sapienza perch ci fa conoscere la nostra verit e ci libera da ogni paura.

v. 8: chiunque avr confessato, ecc.. Il cristiano testimone di Cristo davanti agli uomini. Il futuro definitivo dipende dalla nostra testimonianza attuale. Bisogna tener conto del giudizio non delluomo, ma del Figlio delluomo; non di quello davanti ai tribunali della terra, ma alla corte del cielo. Luca ha sottocchio lesperienza della chiesa primitiva, chiamata a confessare in un clima di persecuzione. Essa trova la sua forza fissando lo sguardo al cielo, dove la gloria di Dio e Ges, il Figlio delluomo, seduto alla sua destra (At 7,55s).

v. 9: chi avr rinnegato me, ecc.. Rinnegare Ges di chi vuol salvarsi e non sa rinnegare se stesso (9,23s). legoismo di chi vuol affermare se stesso. Lora della prova e della persecuzione evidenzia questo peccato che, pi che unazione, un modo di vivere. Il rinnegare il contrario del confessare davanti ai tribunali. Questa una forma di testimonianza (= martirio), che poi divenne la testimonianza o martirio per antonomasia. In realt la testimonianza non solo la confessione a parole davanti agli altri. innanzitutto la croce quotidiana di chi segue il suo Signore (9,23s).

v. 10: parola contro il Figlio dell'uomo. Il Ges terreno un segno contraddetto (2,34), contro il quale parlano i nostri pensieri e le nostre opere. Davanti alla povert, allumiliazione e allumilt del Figlio di Dio venuto nella carne, istintivamente ci troviamo dalla parte contraria. Il mistero del Figlio delluomo che si consegna resta naturalmente nascosto anche ai discepoli (9,44s); il crocifisso dimenticato teoricamente e praticamente anche dai cristiani (Gal 3,1; Ef 4,20s). Per questo siamo sempre chiamati a convertirci: da nemici della croce di Cristo (Fil 3,18), dobbiamo diventare come Paolo, che non ritiene di conoscere altro se non Ges Cristo, e questi crocifisso (1Cor 2,2). La non conoscenza del mistero di Ges sta allorigine di tutti i peccati personali e collettivi dei credenti. Essi restano credenti; ma senza discernimento. Hanno bisogno continuo di conversione e di perdono.

bestemmiato contro lo Spirito santo. la perdita della fede, lapostasia dopo lilluminazione dello Spirito (Eb 6,4-6; 10,26-39). un peccato imperdonabile; non perch Dio non perdoni, ma perch chi lo commette rifiuta di convertirsi. Un modo sottile di incapsularsi nellinconvertibilit quello di aggiudicarsi a priori la buona fede, per cui non si sente pi il bisogno di convertirsi. lindurimento nella cecit di chi crede di vederci e rifiuta il dono della vista (Gv 9,41). il peccato di chi non si riconosce peccatore e bisognoso di perdono (18,9-14). lipocrisia di chi mente per fare bella figura (cf. At 5,lss).

v. 11: quando vi tradurranno, ecc.. Sono i momenti di persecuzione, che la chiesa ha conosciuto e conoscer sempre, se sar fedele al suo Signore (6,22s). Solo quando gli infedele non perseguitata (6,26).

non preoccupatevi, ecc.. La preoccupazione toglie ogni energia alloccupazione; esaurisce ogni forza nella paura che blocca. Contraria alla fede, di chi non conosce lamore del Signore e crede di doversi salvare da s. Luca ha davanti le difficolt reali della sua chiesa. In tempo di persecuzione, la salvezza della pelle dipende proprio da come e cosa rispondi e da ci che dici.

v. 12: lo Spirito santo vi insegner. Il motivo della fiducia lo Spirito che Ges ci ha donato. Egli non solo la forza per testimoniare (24,49; At 1,8), ma anche colui che insegna come testimoniare (At 4,8; 7,55; Gv 14,26).

3. Preghiera del testoa. Entro in preghiera come al solito.

b. Mi raccolgo immaginando le numerose folle che si accalcano e calpestano.

c. Chiedo ci che voglio: guardarmi dal lievito dei farisei, lipocrisia.

d. Medito applicando a me le parole di Ges.

Da notare:

- il lievito dei farisei, lipocrisia.

- velato/svelato; nascosto/conosciuto; oscurit/luce; cantina/terrazzo

- voi, amici miei, non temete quelli che uccidono il corpo

- confessare/rinnegare

- bestemmiare contro lo Spirito

- lo Spirito vi insegner.

4. Passi utili

Mt 6,25-34; Mc 8,34-38; 3,22-30; 13,11.

77. LA SUA VITA NON DALLE COSE CHE HA

(12,13-21)

13 Ora gli disse un tale dalla folla:

Maestro, di al mio fratello

di dividere con me leredit.

14 Ora egli disse:

Uomo,

chi mi costitu

giudice o divisore su di voi?

15 Ora disse loro:

Guardate e custoditevi

da ogni avere di pi,

perch, anche se uno nellabbondanza,

la sua vita non

dalle cose che ha.

16 Ora disse una parabola

dicendo loro:

A un uomo ricco

frutt bene la terra.

17 E ragionava tra s dicendo:

Che far,

poich non ho dove raccogliere

i frutti miei?

18 E disse:

Questo far:

abbatter i miei granai

e pi grandi costruir,

e raccoglier l tutto,

il grano e i beni miei.

E dir alla mia vita:

19 Vita,

hai molti beni

in serbo per molti anni:

riposa,

mangia,

bevi,

godi!

20 Ora gli disse Dio:

Stolto,

in questa notte richiederanno

a te la tua vita.

Ora, quanto preparasti,

di chi sar?

21 Cos chi tesorizza per s

e non arricchisce verso Dio!

1. Messaggio nel contestoQuesta parabola descrive luomo che fa consistere la propria sicurezza nellaccumulo dei beni. il contrario del discepolo la cui sicurezza nellamore del Padre e dei fratelli (vv. 22-34). La nostra vita non sta nei beni, ma in colui che li dona. La sapienza di Dio ha previsto che la soddisfazione dei bisogni che abbiamo, diventi strumento per colmare il bisogno che siamo: la comunione con il Padre che dona e con i fratelli con cui condividiamo. Questo il regno dei figli, il nostro vero tesoro (vv. 33s).

A questa parabola del possidente stolto, simile al ricco epulone (16,19ss), far da contrappunto quella dellamministratore saggio (16,1ss). Luca tratta spesso dei beni materiali come dono del Padre, che tale deve restare nella condivisione coi fratelli. Questa lezione fondamentale gi per Israele; ogni volta che se ne dimentica, il giardino torna di nuovo deserto!

Leconomo saggio, che vede esaurirsi i suoi beni, si fa la stessa domanda del possidente che li vede crescere: che far? (v. 17; 16,3). Ma mentre il primo sa cosa fare (16,4), il secondo lo ignora. Luomo nella prosperit non comprende, come gli animali che periscono (Sal 49,13.21; cf. Sal 73). Leconomo sa che amministratore e non possidente: i beni non sono suoi, e per di pi vengono meno. La penuria lo fa rinsavire; e, invece di accumulare, comincia a donare ci che in fondo non suo. lodato dal Signore, perch usa dei beni secondo la loro vera natura.

Si ricchi solo di ci che si d. Dio infatti tutto perch d tutto. Il possidente stolto invece, che vuol possedere sempre di pi, fino ad avere tutto, sempre di meno, fino ad essere nulla. Si chiude in un egoismo insaziabile che lo fa morire come uomo.

In questa parabola si prende di mira latteggiamento istintivo delluomo, che non conosce pi la paternit di Dio. Mosso dalla paura della morte, la prima cosa che fa per salvarsi garantirsi la soddisfazione dei bisogni primari e far dipendere la vita da ci che ha, invece che da ci che . figlio di Dio e non deve sostituire il Padre con le cose che gli d.

meglio dare in elemosina che mettere da parte oro (Tb 12,8). Questa ci d il nostro vero tesoro (cf. 16,11s): essere come colui che dono per tutti.

2. Lettura del testov. 13: un tale dalla folla. Il problema, suscitato da un tale, sar occasione per un insegnamento dato alla folla dei discepoli, che, come tutti gli uomini, sono vittime dello stesso male.

dividere con me leredit. Ci che divide i fratelli la spartizione di ci che di per s li unisce: il dono del Padre! Lamore per la cosa di cui appropriassi ha sostituito quello del Padre e del fratello. Questo litigio per leredit lemblema della situazione umana: dimenticando il Padre, gli uomini litigano per arraffarsi la roba. Lavidit di vita, nata dalla paura della morte, rende causa di odio e di morte ci che in realt dono di amore. stravolto il senso di tutta la creazione!

Abramo, che conosce Dio, spartisce ben diversamente leredit donata: lascia a Lot la parte migliore (Gn 13,1-12). Abramo, nostro padre nella fede, il primo esempio di stoltezza sapiente, che sceglie di essere misericordioso come il Padre (cf. 6,36). Lot, il furbo, invece il vecchio modello di sapienza stolta, che si sceglie alla fine la perdizione di Sodoma.

v. 14: chi mi costitu giudice o divisore?. Ges non venuto sulla terra per premiare i buoni e condannare i cattivi, dando a ciascuno il suo; altrimenti ci avrebbe condannati tutti e avrebbe dato a ciascuno la pena meritata. Egli compie il giudizio di salvezza. Donando tutto ci che ha e ci che , diviene il pontifex che, unendoci a s, ci unisce al Padre e tra di noi. Non pu quindi dividere tra i fratelli. Il divisore che accusa un altro! Lui venuto a liberarci da ci che ci divide.

v. 15: custoditevi da ogni avere di pi. (In greco: pleonexa, che significa anche: cupidigia, avidit e arroganza). A chi gli domanda di dividere in modo giusto leredit, Ges risponde chiamando cupidigia, avidit, arroganza la sua giustizia. Che altro infatti la nostra giustizia se non lamministrazione regolata del nostro egoismo? Questo si esprime nellavere di pi, con i quattro possessivi dei vv. 17-19: frutti miei, granai miei, beni miei, vita mia. Al v. 1 Ges mette in guardia dallipocrisia, lievito dei farisei; in 16,14 i farisei vengono chiamati amanti del denaro, che permette di avere di pi. Questa la prima maschera dellipocrisia: copre la tua verit di figlio, simile al Padre che ama e dona, e ti rende sempre pi chiuso agli altri e lontano da lui. Non accettando la tua identit, ti identifichi con ci che possiedi. Invece di servirti del mondo come suo signore, lo servi come tuo signore.

Lavere di pi il primo tentativo maldestro di salvarsi suggerito dalla paura della morte. Norma di azione e fine principale delluomo, si sostituisce a Dio. Come a-teismo pratico, anche un a-umanesimo, principio di alienazione da s e dagli altri.

la sua vita non dalle cose che ha. Se fai dipendere la tua vita da ci che hai, distruggi ci che sei. Ci che credevi essere sicurezza di vita, dissemina ovunque uova di morte. La vita infatti dal Padre: per questo sei figlio suo e fratello di tutti. Se la tua vita dalle cose, lui non pi tuo Padre e i fratelli sono tuoi contendenti. E le stesse cose, che prima erano da Dio e per te, cambiano valore: sei tu da loro e per loro e sacrifichi la tua vita a ci che doveva garantirla. Ci che hai e possiedi, ti d morte se lo consideri come fine invece che come mezzo. Ne sei schiavo; e per quanto tu possieda non sarai mai pieno, perch altro il pane che ti sazia.

Per inganno luomo ha abbandonato la sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne screpolate, che non tengono lacqua (Ger 2,13); ha posto come principio della propria vita il timore della morte, invece che lamore del Padre della vita.

v. 16: frutt bene la terra. I frutti della terra sono benedizione di Dio (cf. Dt 28,1-14). Chi li riceve come dono benedetto lui stesso. Chi li prende come possesso, li taglia dalla loro sorgente ed maledetto. Riceverli come dono significa usarli ricordando che sono dal Padre e per tutti i fratelli. Questamore concreto del Padre e dei fratelli, che si esprime rispettivamente in lode e in misericordia, tutta la Legge (10,27). Ogni qualvolta vivr con spirito di padrone, Israele andr in esilio. Loblio del dono la via dellesilio; il ricordo e la conversione quella del ritorno. Mos mette in guardia il popolo, ammonendolo di non dire mai mio, ci che gli sar dato nella terra promessa (Dt 8,7-20).

v. 17: ragionava tra s. Si pu tradurre con s-ragionare: si tratta infatti dei dialoghismi, o ragionamenti obliqui nei quali luomo si ingarbuglia. Ed un ragionare tra s: un soliloquio che uccide luomo come relazione e dialogo con gli altri. Infatti il ricco, che punta sullavere di pi, si isola sempre pi dagli altri e singabbia nella sua solitudine.

Che far? Questa domanda cara a Luca (cf. anche 3,10.12.14; 16,3.4; At 2,37; 16,30). il problema fondamentale delluomo, che ha la possibilit e il dovere di decidere sul da farsi. Allanimale basta comportarsi secondo listinto di conservazione. Luomo invece deve vincere la paura della morte che lo chiude nella trappola dellegoismo e lo uccide come uomo.

Il ricco possidente e leconomo avveduto sono i due modelli: uno stolto che non capisce (v. 20) e laltro saggio, che sa cosa fare (16,4). La risposta al che far la scelta tra morte e vita: il bivio dinanzi al quale si trova il popolo che entra nella terra promessa (Dt 30,15-20). Come per Adamo lo stare nel giardino legato allobbedienza a Dio, cos per Israele lo stare nella terra promessa legato in concreto al non impadronirsi del dono.

Il destino delluomo dipende dalluso corretto delle creature: o sono mezzi per amare Dio e il prossimo, che significa ringraziare o condividere; o diventano fine e surrogato di Dio, che significa possederle e accumularle. Il possesso contrario al ringraziare, ed contro Dio; laccumulo contrario alla condivisione ed contro gli uomini.

v. 18: Questo far. il progetto di ogni uomo che non conosce lamore del Padre: ingrandisce il proprio granaio per avere di pi, aumenta il contenitore per accumulare di pi. Pi uno ha, pi aumenta il desiderio: lavere di pi un cibo che invece di saziare accresce una sete maligna, tipica dellidropico. Luso dei beni importante per Luca, cosciente di vivere in questo mondo con questa storia (cf. anche 11,41; 12,33; 14,33; tutto il c. 16; At 2,42ss; 4,32ss; 5,1ss). Non vanno n adorati, n demonizzati; vanno usati secondo la loro natura di dono. Per questo il ministero di Ges inizia con la predicazione dellanno sabbatico (4,16ss), che riporta il popolo al tempo puro e forte delle origini, in cui Dio don la terra promessa. Anche gli Atti ci presentano la prima comunit come realizzazione della comunit sabbatica (At 2,42ss; 4,32ss).

v. 19: hai molti beni, ecc.. La stoltezza si consuma nel compiacersi dei beni, facendo di essi la propria vita e sicurezza. Il loro accumulo non che riserva di morte, trasmessa purtroppo ai figli.

riposa, mangia, bevi, godi. il programma di vita delluomo. I beni, nel piano di Dio, servirebbero per questo! Ma stoltezza credere di realizzarlo seguendo la via dellavere di pi.

Dio ha ordinato di non possedere e di non accumulare, bens di ringraziare del dono e di condividere. Lobbedienza a questa sua parola introduce nel riposo (= terra promessa), dove si mangia (= vive), si beve (= ama) e si gioisce, perch nel soddisfare i bisogni primari si soddisfa anche quello essenziale: lamore del Padre e dei fratelli! Dalluso delle cose materiali deriva la realizzazione o il fallimento delluomo. Questa coscienza spesso falsata in noi perch, idolatrando le cose, non le poniamo in discussione, e pensiamo che la salvezza si giochi su altri fronti, pi spirituali.

v. 20: gli disse Dio: Stolto. Il giudizio di Dio, Signore della vita e amante delle sue creature, ben diverso da quello pervertito delluomo, dettato dallipocrisia (v. 1). Dichiara stolto e senza intelligenza questuomo che fa dipendere il suo futuro dallavere di pi, loda invece leconomo dellingiustizia perch ag con intelligenza (16,8).

Lo stolto si identifica con il proprio idolo, e crolla con lui davanti al giudizio di Dio, come Dagon davanti allarca (lSam 5,1ss). Il sapiente diventa invece come Dio, che disponibile e misericordioso con tutti (6,35-38).

richiederanno a te la vita tua. La stoltezza consiste nel fatto che la morte non evitata da ci che il timore di essa ha suggerito. La paura infatti cattiva consigliera, e getta in braccio a ci che si teme. Il sapiente sa che i beni diminuiscono, ed inutile accumularli, anche la vita fluisce e finisce nella morte. Questa la condizione creaturale, da vivere in modo da procurarsi le dimore eterne (16,9). La memoria mortis, come sconfitta della paura della morte, anche principio della sapienza e del timor di Dio: insegnaci a contare i nostri giorni, e giungeremo alla sapienza del cuore (Sal 90,12).

Il mio limite mi porta a conoscermi in verit e a demistificare ogni ipocrisia. O mi accetto da Dio e per Dio come sua creatura, o sono disperato! Nessuna cosa che ho copre la mia nudit e sazia il mio bisogno di vita. La coscienza della morte mi mostra il mio essere profondo: la mia solitudine assoluta davanti a lui, che pu essere colmata solo da lui, mio riposo, mio cibo, mia bevanda e mia gioia.

quanto preparasti, di chi sar?. Chi cerca di avere di pi, anche se non vuole, dar tutto agli eredi, suscitando il problema della spartizione (cf. v. 13!). Come ombra luomo che passa, solo un soffio che agita, accumula ricchezze e non sa chi le raccolga (Sal 39,7).

Ma la morte, ministra sovrana di Dio, ridurr ogni uomo alla sua verit creaturale e lo costringer a dare tutto come tutto ha ricevuto! sapiente la morte! Chi credeva di dominare e di distruggere con essa la vita, ignora che essa la condizione per tornare a vivere come creature!

v. 21: tesorizza per s/arricchisce verso Dio. Sono in chiara contrapposizione. C un modo per arricchire verso Dio: donare invece di tesorizzare (vv. 32ss; 16,1ss). Gli stessi beni del mondo danno la morte in quanto accumulati per paura della morte; danno la vita in quanto condivisi coi fratelli per amore del Padre.

3. Preghiera del testoa. Entro in preghiera come al solito.

b. Mi raccolgo immaginando le folle che si accalcano addosso a Ges coi suoi discepoli.

c. Chiedo ci che voglio: non far dipendere la vita dalle cose che ho; guarire dalla cupidigia.

d. Medito sulla parabola.

Da notare:

- dividere leredit

- aver di pi

- la vita non dalle cose che hai

- i miei frutti, granai, beni, vita

- riposa, mangia, bevi, godi

- stolto, in questa notte morirai

- tesorizzare per s/arricchire davanti a Dio.

4. Passi utili

Sal 49; 90; Sap 2,1-5,23; Lv 25.

78. NON ANGUSTIATEVI. IL PADRE VOSTRO SA CHE AVETE BISOGNO

(12,22-34)

22 Ora disse verso i (suoi) discepoli:

Per questo dico a voi:

Non angustiatevi per la vita,

che mangiare,

n per il corpo,

che indossare;

23 poich la vita

pi del cibo

e il corpo

dellindumento.

24 Considerate i corvi:

poich non seminano

n mietono,

non hanno dispensa

n deposito,

e Dio li nutre!

Quanto pi degli uccelli voi valete.

25 Ora chi di voi angustiandosi

pu aggiungere un cubito

alla sua statura (al suo tempo)?

26 Se dunque neppure il minimo potete,

perch del resto vi angustiate?

27 Considerate i gigli come crescono:

non faticano

n tessono.

Ora dico a voi:

Neppure Salomone in tutta la sua gloria

fu ammantato come uno di questi!

28 Ora se Dio cos riveste

lerba del campo

che oggi

e domani gettata nel forno,

quanto pi voi,

o di poca fede!

29 E voi non cercate

che mangiare

e che bere

e non state sospesi,

30 poich tutte queste cose

le nazioni del mondo ricercano.

Ora il Padre vostro sa

che avete bisogno di questo.

31 Ma solo cercate il suo regno

e queste cose vi saranno aggiunte.

32 Non temere, piccolo gregge,

poich si compiacque il vostro Padre

di dare a voi il Regno.

33 Vendete ci che avete

e date in elemosina.

Fatevi borse che non invecchiano,

un tesoro inesauribile nei cieli,

dove ladro non si avvicina

n tignola corrompe.

34 Poich dov il vostro tesoro,

l sar anche il vostro cuore.

1. Messaggio nel contestoContinua listruzione di Ges sui beni del mondo.

La vita non dipende n da ci che hai (vv. 13-21), n da ci che non hai (vv. 22-30), bens da ci che sei: figlio di Dio (vv. 31-34). Quindi, come nessun affanno per labbondanza, cos nessuna angoscia nella penuria!

I discepoli non devono rinnegare il Signore della vita per la paura della morte, che porta ad avere di pi nel timore di avere di meno. Tutto infatti viene dal Padre: come d la vita, dar anche il cibo; come d il corpo, dar anche il vestito. La vita e il corpo sono dati fin dallinizio. Il resto, erogato giorno per giorno, rimane sempre suo dono, anche se mediato dalle nostre mani. Come la manna, ravviva la fede quotidiana.

Alla falsa sapienza, che porta allaccumulo e allinquietudine, il discepolo contrappone la vera sapienza di chi conosce il Padre. La sua provvidenza, pi acuta e pi efficace di ogni nostra previdenza, non lascia mancare nulla ai suoi figli. Se qualcosa manca, significa che non necessaria o si sta cercando nella direzione sbagliata (cf. vv. 30-31).

La differenza tra credente e non credente non sta nel fatto che questi lavora e laltro ozia. Tuttaltro! (cf. 1Ts 2,9; 4,11; 2Ts 3,6-15). Sta nel fatto che uno si preoccupa e laltro si occupa, uno con angoscia e laltro con fiducia, uno per possedere e accumulare, laltro per ricevere in dono e donare. utile tener presente che la preoccupazione pi snervante delloccupazione stessa. Lansia mangia pi energia del lavoro. Mentre luomo in genere accumula con affanno quando ha e si agita con angoscia quando non ha, il credente dona quando ha e lavora quando non ha. Ma senza inquietudine, perch sa che Dio la sua vita. Cos, invece di chiudere la mano nel possesso e allungarla per prendere, la apre per ricevere dal Padre e la allunga per donare ai fratelli.

Quelli che dicono Abb! sono esonerati dagli inutili pesi dellaffanno e dellangustia: vivono nel Regno dei figli.

Solo questo va cercato, chiesto e desiderato in s. Il resto unaggiunta.

Possiamo stare tranquilli, perch Dio, come ha fatto noi per s, cos ha fatto tutto per noi.

Il v. 32 centrale: la certezza del dono, che il Padre ci ha fatto nel Figlio, vince ogni timore.

I vv. 22-30 richiamano tale paternit come antidoto allangoscia: chi ha dato il pi, non lascer mancare il meno (vv. 22-23). Invece di inquietarci, utile guardare il corvo per il cibo (vv. 24-26) e i gigli di campo per il vestito (vv. 27-28): anche a loro Dio provvede. A maggior ragione a noi, ai quali ha dato anche la capacit di seminare e di mietere, prevedere e provvedere, lavorare e tessere! Anche se siamo di poca fede, siamo suoi figli, destinati alla vita eterna con lui. Non siamo immondi come i corvi, n effimeri come lerba che ci cuoce il pane! Lansia per tutto ci di chi non conosce che Dio Padre (vv. 29-30).

I vv. 31-34 dicono il rapporto che hanno i figli con i beni del Padre: non li cercano come fine, ma li usano come mezzo. Egli ha predisposto di darli in omaggio a chi cerca il Regno (v. 31). Questo gi loro donato (v. 32), e vi entrano donando (v. 33a). Il dare lunico modo di tesorizzare (v. 33b), perch rende il figlio simile al Padre che dona (v. 34).

Lo sfondo di queste considerazioni di Luca il rapporto che nellAT Dio vuole tra popolo e terra promessa (cf. ad es. Dt 8,1ss; 15,1ss).

2. Lettura del testov. 22: disse verso i discepoli. Quanto detto sopra, che la vita non da ci che uno ha, vale per tutti. Ora si rivolge al discepolo per una spiegazione ulteriore, che solo lui in grado di cogliere: se tutto viene dalla paternit di Dio, lui chiamato a testimoniare la sua filialit in una vita libera dallangoscia.

Non angustiatevi (angosciatevi). Angosciarsi in greco (merimn) ha la radice comune con memoria, Moira (dea della morte, fato, destino), mros (= parte, eredit), e la nostra parola morte. Questa il ricordo che tocca in sorte ad ogni uomo. Chi non accetta Dio come suo principio e origine, non pu accettare il proprio limite assoluto, se non come sua fine e distruzione.

Il ricordo della morte diventa il suo assillo costante. Si sente minacciato dentro da un vuoto incolmabile, e cerca di riempirlo affannosamente, accumulando ci che non in grado di saziarlo. Chi invece si riconosce creatura di Dio, accetta il proprio limite e la propria morte; sa che l raggiunge il proprio principio. La fine cessa di essere tale, e diventa il fine del cammino. ritorno alla casa del Padre, termine della fatica e inizio del riposo.

per la vita, che mangiare. Mangiare il bisogno primario delluomo che, come riceve la vita, cos ha bisogno di mantenerla con il cibo. Ma questo un semplice mezzo per vivere, non la vita stessa. La sua vita (zo: v. 15) Dio stesso. Da lui viene e a lui va; a lui torna come da lui uscito. La memoria della morte non deve nutrire langoscia di chi si sente un nulla, o alimentare laffanno di chi accumula per vivere. Deve invece portare allabbandono nelle braccia del Padre. Questo ci pone oltre la morte, nella sorgente da cui scaturiamo.

Forse poche epoche come la nostra hanno ridotto la vita da comunione con Dio a pura funzione biologica.

La parola pane ha sostituito il pane della Parola. Luomo, ridotto a semplice animale, un tubo digerente dei vari desideri indotti secondo i vari prodotti: ha come principio la bocca e come risultato unesistenza senza senso che puzza di morte.

per il corpo, che indossare. Il vestito il bisogno materiale che luomo ha in pi dellanimale. Non solo una difesa dalle condizioni climatiche. soprattutto un coprirsi e apparire inteso a rimediare il disagio nel rapporto con s e con gli altri. Viene dalla non accettazione di s e dal timore dellaltro, per difendersi e per attirarlo.

Secondo il racconto della Genesi una conseguenza del rapporto sbagliato con Dio: Saccorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture, ho avuto paura, perch sono nudo (Gn 3,7.10). Dio stesso fa dono allumanit di tuniche di pelle (Gn 3,21), in attesa che sia pronto labito nuovo, quello nuziale (cf. Ap 21,1ss!). Come il cibo diventa sicurezza di vita materiale nei granai sempre pi ampi, cos il vestito diventa sicurezza psicologica davanti agli altri nel lusso e raffinatezza. la visibilit di ci che uno desidera apparire davanti a s e agli altri, corpo posticcio che uno si costruisce. Luca, di cultura greca, com sensibile alla fama, alla lode e allonore che sono quasi il vestito spirituale (cf. 6,26; 4,15.22.37; 14,29; 16,3), cos anche molto attento al vestito materiale, che funzionale a ci (cf. 5,36 con Mt 9,16 e Mc 2,21: 7,25; 8,27; 15,22; 16,19; 23,11).

v. 23: la vita pi del cibo. Per s cibo e vestito sono semplici mezzi. La prima stoltezza delluomo crederli fini. La seconda, ancor pi grave, non capire che non sono un possesso da accumulare: la saziet del ricco non lo lascia dormire Qo 5,11; cf. 5,2; Sir 31,1ss). Sono invece un dono che serve per entrare in comunione con il Donatore e arricchire verso di lui (v.21). Questa la vita di cui luomo ha fame, suo unico riposo e saziet.

v. 24: considerate (= guardate gi). Langoscia sospende nel nulla, fuori dalla realt. dannosa come trattenere il respiro che sfugge, o voler respirare laria di domani. Alluomo, cos librato nel vuoto, Ges dice di guardare gi verso le cose. Non guardare verso i tuoi bisogni di domani, che non saranno mai soddisfatti oggi. Infatti, se vivi, resteranno bisogni anche domani! Guarda piuttosto come e perch Dio soddisfa i tuoi bisogni oggi, e cos capirai che soddisfa il tuo vero bisogno anche di domani.

i corvi. Il corvo non lavora e non accumula. Per di pi un animale immondo e disprezzato, al quale nessuno offre da mangiare. Eppure Dio non glielo lascia mancare, n a lui n ai suoi piccoli che gridano a lui (Sal 147,9). Trascurer forse i suoi figli?

Il discepolo che si affanna non credente; non dice Abba a Dio. Dice Io, con tutti gli onori e gli oneri che ne conseguono... fino a considerarsi in realt meno di un corvo!

v. 25: aggiungere un cubito alla sua statura o aggiungere un cubito al suo tempo. La parola lika significa sia statura sia et, lo spazio e il tempo propri di ogni uomo. Questi non dispone n delluna n dellaltro. Ogni suo affanno non fa che accartocciargli il corpo e abbreviargli la vita.

Non sono padrone di ci che sono: io non sono mio!. Nella mia essenza sono dono di Dio, sono lamore che lui ha per me in suo Figlio.

v. 26: perch del resto vi angustiate?. Se langoscia non serve a rimediare a ci per cui ci si angoscia, perch coltivarla? La paura di morire e linane desiderio di accumulare vita ottengono leffetto contrario! Ogni ansia in realt sottrazione di vita!

v. 27: Considerate i gigli, ecc.. Dopo il cibo e la vita, ora viene il vestito. Ges esorta a considerare i gigli di campo, i begli anemoni di prato che crescono in Galilea. Salomone, in tutto il fasto della sua ricchezza, non vestiva cos bene come questo semplice fiore.

v. 28: l'erba del campo che oggi e domani, ecc.. Dio riveste di luminoso splendore anche leffimero, come il giglio. Eppure finisce come erba destinata ad accendere il forno in cui luomo si cuoce il pane. Come non si curer di ci che duraturo, al cui servizio ha messo tutte le cose e addirittura se stesso?

o di poca fede. Tale parola esce solo qui in Luca. un rimprovero per il credente che si sente abbandonato a s e ritiene che Dio, dopo avergli dato lesistenza, non si curi della sua sussistenza. Ha davvero poca fede chi vuol prevedere tutto, ignorando che Dio provvede. C una previdenza che estromette Dio dalla vita e non lascia il minimo spazio alla sua provvidenza. Chi agisce cos non riconosce la paternit di Dio nei suoi effetti concreti. Non si fida di lui nella conduzione della sua vita e non prega con verit: Padre (11,2). Luomo creatura di Dio ben pi dei corvi e dellerba: se la sua tenerezza si espande su tutte le creature (Sal 145,9), a maggior ragione sui suoi figli. Comunque consolante sapere che Dio provvede a noi, anche se siamo di poca fede! Possiamo stare sicuri: anche se noi dimentichiamo di essergli figli, lui non dimentica di esserci Padre!

v. 29: non cercate che mangiare e che bere, e non state sospesi. La ricerca del cibo e della bevanda porta luomo a stare sospeso come una meteorite, nel vuoto dei suoi bisogni, dei quali sempre si preoccupa. Il cristiano non cerca ci di cui ha bisogno, ma lo chiede e lavora, sapendo che Dio corona con i propri doni la sua fatica: al lavoro sempre lui che collabora aggiungendo il frutto. Diversamente vana ogni fatica (Sal 127).

v. 30: le nazioni del mondo ricercano. Le nazioni sono i pagani. I discepoli, che sono in ansia per i bisogni primari, sono assimilati ai pagani.

il Padre vostro sa. da pagani non solo laccumulo, ma anche la sua radice, cio lansia, la preoccupazione e langoscia. Chi accumula fa dio ci che ha; chi angosciato fa dio ci che non ha. Ambedue non sono ancora nel regno dei figli, che gridano: Abba!. Ignorano che Dio Padre e sa provvedere ai suoi piccoli.

v. 31: Ma solo. In contrapposizione allaffanno dellavere e allangoscia del non avere, che tolgono la vita, solo il dono del Regno d la vita.

cercate. Il Regno non da produrre - impresa impossibile! - n da accumulare. Va solo cercato, perch gi in mezzo a noi, ma in un modo che non attira lattenzione (17,21). Il termine cercare suppone sia lesistenza che il nascondimento del Regno, altrimenti sarebbe impossibile trovarlo o inutile cercarlo.

il suo regno. Il Regno suo, cio del Padre, e si realizza nel nostro rapporto filiale con lui. Questo poi fonda la nostra fratellanza reale con tutti gli uomini.

queste cose vi saranno aggiunte. Dio ci ha dato la vita eterna e questa vita nel suo Figlio. Chi ha il Figlio ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita (1Gv 5,11s). Tutto il resto, vita biologica e psicologica compresa, funzionale a questa.

Chi cerca in ogni cosa di vivere da figlio di Dio e da fratello degli uomini, ha certamente il resto. Se ha coltivato la pianta, i frutti gli cadranno addosso!

Lerrore che facciamo cercare soprattutto o solo queste cose, perch crediamo che ci che conta sia la vita presente, che poi finisce nella morte. Non crediamo in quella futura. La distinzione tra le due da riprendere in tutta la sua forza, senza alienarci n luna n laltra. Il presupposto di tale alienazione, comune a spiritualisti e materialisti, deriva dallaver messo lalternativa tra le due. un tremendo inganno, poich ciascuno raccoglier quello che avr seminato (Gal 6,7), e chi semina scarsamente, scarsamente raccoglie (2Cor 9,6) e chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglier corruzione, chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglier vita eterna (Gal 6,8). Presente e futuro stanno tra loro come semina e raccolto. Da qui limportanza reciproca delluno per laltro. Possiamo dire che lalienazione del nostro tempo religiosa, ma in senso opposto a quanto si diceva il secolo scorso: ci siamo alienati Dio e il nostro futuro! La nostra generazione si compiace di derivare dalla scimmia, e si dispiace di derivare da lui. Luomo castrato di ci che lo costituisce uomo: lassoluto, suo principio e suo fine, che lo fa intelligente e libero. Questa inidentit lo rende sommamente infelice: gli ha tolto il senso di vivere. Chi, ignorando che c una vita futura, pensa che questo sia il momento dei frutti, resta deluso, e giustamente! Chi coltiva con ansia i frutti al posto dalla pianta, come uno che tira lerba per farla crescere. Temete il Signore, suoi santi; nulla manca a coloro che lo temono. I ricchi impoveriscono e hanno fame, ma chi cerca il Signore non manca di nulla (Sal 34,10s).

v. 32: Non temere. Riprende il tema dellinizio del capitolo. La paura il contrario della fede (8,24.50). Il timor di Dio, principio di sapienza, tener conto della sua paternit nella propria vita quotidiana. Circa il rapporto fede e paura molto istruttiva la storia di Giovanni di Kreca e compagni, narrata in Ger 42-43: chi non teme Dio, fa del timore il suo dio.

piccolo gregge. Richiama il tema del pastore che si prende cura delle pecore (Sal 23; Ez 34; Ger 23,1-6). I discepoli, anche se sono miriadi di folle (v. 1), restano sempre un gregge col carattere della piccolezza; perch il suo pastore si fatto pi piccolo di tutti (9,48b). La chiesa rester sempre piccolo gregge, e non avr mai la pretesa di diventare forte. Tante pecore insieme non faranno mai un lupo!

si compiacque il vostro Padre. Si ribadisce la paternit di Dio.

di dare a voi il Regno. Il Padre conosce il nostro vero bisogno: essere ci che siamo, cio suoi figli. Questo il Regno che ci ha donato in Ges.

v. 33: Vendete ci che avete e date. Luca tiene conto che i discepoli vivono in una storia concreta dove ci sono beni e denaro, ricchi e poveri. Sono nel mondo, anche se non del mondo (Gv 17,11-16). La soluzione offerta non rigettare i beni come fossero cattivi, o almeno abolire il denaro. Suggerisce invece di farne luso opposto a quello dettato dalla paura della morte. In questo modo tornano ad essere come Dio li aveva pensati: da possesso di una eredit che divide i fratelli, diventano dono che li unisce tra di loro e con il Padre. In questa economia la creazione buona come era al principio: tutti i beni tornano ad essere mezzi utili al fine.

elemosina. Luca, sulla linea dellAT, propone ai cristiani lelemosina come soluzione per vivere con giustizia in un mondo ingiusto (cf. 3,11; 5,11.28; 6,30; 7,5; 11,41; 14,13.33; 16 tutto; 18,22; 19,8; At 2,44ss; 4,33ss; 5,1ss; 9.36; 10,14.31). Facilmente pu essere interpretata male da chi contrappone giustizia e carit, facendo di questa lavallo dellingiustizia. Elemosina in ebraico si dice sedaqah, che significa proprio giustizia. Per luomo biblico non giusto che uno possegga e laltro sia nella penuria, perch siamo fratelli. La terra promessa non uneredit da spartire dopo la morte del padre, ma un dono del Padre vivente da condividere. Bisogna inoltre tenere presente che lelemosina ha il suo vero senso di giustizia solo in uneconomia di sobriet, in cui si lavora e si consuma per vivere, e non si vive per lavorare e per consumare. Si suppone una societ che sappia perch vive e distingua i fini dai mezzi! In questa luce si pu ricomprendere e rivalutare lelemosina come lanno sabbatico calato nel quotidiano. Se la terra del Signore, lo anche quanto essa contiene (Sal 24,1). Come quella va ridistribuita, cos anche i suoi frutti vanno quotidianamente condivisi. Tra i fratelli, diritti e doveri non sono uguali: i diritti sono proporzionali a quanto uno non ha, i doveri a quanto ha. Per questo ognuno d secondo quanto ha e riceve secondo quanto gli occorre (At 4,34s). Cos si realizza il sogno della terra promessa, in cui nessuno bisognoso (At 4,34 = Dt 15,4).

Lelemosina biblica esigenza di una giustizia superiore, dettata dalla misericordia. Questa fa uguaglianza senza appiattire previamente qualit e bisogni. Qui il Vangelo ha qualcosa da dire oltre una pura analisi socio-economica, e d un orizzonte diverso da quello che riduce luomo ai bisogni che ha. Chiede una nuova moralit. Non si tratta di un moralismo pi esigente, ma di evangelo. la buona notizia che Dio ci Padre in Ges. La nostra azione ha un nuovo fondamento; la nostra vita cessa di essere un accumulo inutile per soddisfare il bisogno, o uninsoddisfazione angosciante per il bisogno di accumulo.

Fatevi borse. Ges proib ai discepoli di portarne (10,4; 22,35). Ora dice qual la borsa che devono avere. Questa non invecchia, neanche nel momento decisivo (cf. 22,36). anzi linizio del mondo nuovo. In essa si ripone solo ci che si tira fuori, si accumula solo ci che si dona.

un tesoro inesauribile nei cieli (cf. 6,45; 18,22). Chi tesorizza per s, perde la vita e non arricchisce davanti a Dio (vv. 20s). Chi invece d, arricchisce davanti a Dio della ricchezza stessa di colui che ricco in misericordia (Ef 2,4). Il tesoro vero non ci che hai, ma ci che dai: questo non viene meno neanche nella morte (v. 20). Perch chi d al povero, fa un prestito a Dio (Pro 19,17).

dove ladro non si avvicina.... Questo tesoro non occorre n custodirlo n curarlo. Non oggetto daffanno e dangoscia, perch nessuno te lo sottrae e nessuno te lo distrugge. tuo e non ti viene mai meno: la tua somiglianza di figlio col Padre.

v. 34: dov il vostro tesoro, l sar anche il vostro cuore. Lerrore delluomo quello di non avere il cuore dov il suo tesoro.

Tutti questi discorsi del c. 12 hanno alternativamente come auditori discepoli e folle. Valgono per ogni uomo, chiamato a diventare, da alunno della morte, discepolo della vita.

3. Preghiera del testoa. Entro in preghiera come al solito.

b. Mi raccolgo immaginando Ges, circondato dalla folla, che parla ai suoi discepoli.

c. Chiedo ci che voglio: non angustiarmi, sapendo che il Padre mi ama con lo stesso amore con

cui ama Ges.

d. Medito sulle parole di Ges.

Da notare:

- non angustiatevi

- vita/cibo: corpo/vestito

- gli uccelli e i gigli

- voi di poca fede

- il Padre vostro sa

- cercate il suo regno

- date in elemosina

- il tesoro inesauribile.

4. Passi utili

Sal 23; 147; Dt 8,1-20; 28,1-68; At 2,42-48; 4,32-37; Gv 17,23c.

79. UOMINI IN ATTESA DEL LORO SIGNORE

(12,35-48)

35 Siano i vostri lombi cinti

e le lampade ardenti

36 e voi simili a uomini

in attesa del loro Signore

quando finisce le nozze,

perch, quando viene e bussa,

subito aprano a lui.

37 Beati quei servi

che, venendo, il Signore

trover vigilanti.

Amen vi dico,

che si cinger,

li far sdraiare,

e passando,

servir loro.

38 E se alla seconda o alla terza veglia

giunga e trovi cos,

beati sono quelli!

39 Ora questo conosciate:

Se sapesse il padrone di casa

a quale ora il ladro giunge,

non lascerebbe che venga

perforata la sua casa.

40 Anche voi diventate preparati,

perch nellora in cui non pensate

il Figlio delluomo giunge.

41 Ora disse Pietro:

Signore,

a noi dici questa parabola,

o anche a tutti?

42 E disse il Signore:

Chi dunque il fedele economo,

quello saggio,

che il Signore porr

sopra la sua servit,

per dare nel suo momento

la misura di grano?

43 Beato quel servo

che, venendo, il suo Signore

trover che fa cos.

44 In verit vi dico

lo porr

su tutto ci che lui ha.

45 Ora, se dicesse quel servo in cuor suo:

temporeggia il mio Signore a venire,

e cominciasse a pestare i servi e le ancelle,

e a mangiare

e bere

e ubriacarsi,

46 giunger il Signore di quel servo

nel giorno in cui non attende

e nellora in cui non conosce,

e lo taglier in due

e porr la sua sorte

con i senza fede.

47 Ora quel servo,

che ha conosciuto la volont del suo Signore

e non ha preparato o fatto

secondo la sua volont,

sar spellato di botte.

48 Ora quello

che non ha conosciuto

e che ha fatto cose degne di botte,

sar battuto poco.

Ora a chiunque fu dato molto

molto sar richiesto da lui;

e a chi fu offerto molto,

di pi gli chiederanno.

1. Messaggio nel contestoLuomo diventa ci che attende. Chi attende la morte, diventa suo figlio e produce morte. Chi attende il Signore Ges, ha la sua stessa vita di Figlio del Padre. Lesistenza cristiana attesa di colui che deve tornare: lo sposo! Il discepolo non ha qui la sua patria. La casa della sua nostalgia altrove. Straniero e pellegrino sulla terra (1Pt 2,11), non ha quaggi una citt stabile, ma cerca quella futura (Eb 13,14), dove sta colui che attende (Fil 3,20).

La comunit di Luca cosciente che il Signore non verr tanto presto. Il momento del suo ritorno sar la notte, figura della morte personale, anticipo della notte cosmica.

Ma il tempo dellattesa non vuoto. il tempo della salvezza, in cui la chiesa testimonia il suo Signore davanti a tutto il mondo. La sua salvezza affidata ormai alla responsabilit dei credenti. La storia diventa il luogo della decisione e della conversione, della vigilanza e della fedelt alla Parola, che ci trasforma a immagine del Figlio. La nostra vigilanza non uno scrutare nel buio. un tenere accesa davanti al mondo la luce del Signore, continuando la sua missione tra i fratelli. Quando camminiamo come lui ha camminato, prestiamo i piedi al suo ritorno.

In Luca vi sono come tre livelli escatologici. Uno passato: il mondo gi finito e il Regno gi venuto in Ges. Uno futuro: il mondo finir e il Regno verr alla fine del mondo, anticipata per ciascuno nella morte personale. Uno presente: il mondo finisce e il Regno viene quando il credente vive leucaristia. Culmine e origine di tutta la vita cristiana, essa riporta nel presente il passato e il futuro di Ges; il Signore morto e risorto si fa nostro cibo per farci condurre una vita pasquale in attesa del suo ritorno. Questo brano si mette in questottica. Ricco di termini eucaristico-pasquali, chiama tutti, specialmente chi nella comunit ha qualche ministero, a vivere da amministratore fedele e saggio, libero da ogni avidit e attento al servizio dei fratelli.

2. Lettura del testov. 35: lombi cinti. la tenuta di lavoro, di servizio e di viaggio, prescritta per la cena pasquale (Es 12,11). Infatti il cammino dellesodo si realizza nel lavoro e nel servizio quotidiano di chi, celebrando leucaristia, associato al mistero del suo Signore che si fece servo dei fratelli (cf. Gv 13,4ss). Questo latteggiamento corretto per attendere il Signore. Non c da guardare in cielo, ma da testimoniarlo sulla terra. La missione del Signore diventa la stessa del discepolo! Ci che Ges fece e insegn (At 1,1) quanto egli impara e fa, insegnando agli altri a fare altrettanto, finch tutti diventiamo figli del Padre. Ges ritorna tra i suoi allo stesso modo in cui se ne andato (cf. At 1,11).

lampade ardenti (cf. 8,16; 11,33.34,36). La vita del discepolo, accesa alla luce del suo Signore, illumina anche gli altri. luminosa, perch testimonianza del Risorto. I lombi cinti rappresentano lidentit del discepolo che serve in umilt come il suo Signore; la lampada ardente la sua rilevanza per gli altri che ne consegue. Sono i due aspetti imprescindibili della testimonianza, in cui ci che dentro appare fuori.

v. 36: uomini in attesa del loro Signore. Luomo ci che attende. Il cristiano attende il suo Signore, lo sposo che viene per formare con lui ununica carne. Non pu ovviamente venire se non atteso.

quando finisce le nozze. La vita terrena di Ges stata il tempo delle nozze (5,34). La sua morte la fine della celebrazione nuziale, e linizio dellunione matrimoniale. Sulla croce Dio si fatto una sola carne con noi nella nostra morte, per farci un solo spirito con lui nella sua risurrezione. lunione che celebriamo quotidianamente nelleucaristia, nostra vita presente e anticipo della futura.

Viene e bussa. Altra allusione eucaristica (cf. Ap 3,20): il Signore si invita a cena nella nostra casa. La sua venuta escatologica vissuta quotidianamente nel banchetto eucaristico.

subito aprano a lui. La condizione per aprirgli quella di essere uomini in attesa, coi lombi cinti e le lampade ardenti. Gli aprono subito, perch lo desiderano.

v. 37: Beati. La beatitudine del Regno (6,20) qui detta di chi conduce una vita pasquale. La sua sorgente leucaristia (cf. 14,15), dove la storia di Ges si fa nostro presente e ci rapisce nel nostro futuro.

Chi non conosce il Signore cerca la beatitudine in ci che possiede. Il discepolo sa che la sua vita il Signore, che per lui si fa riposo, cibo e bevanda, gaudio.

Vigilanti. Il credente veglia nella notte del mondo. E il mondo conosce molte notti. Veglia perch sa che in questa notte avviene qualcosa di grande: il Signore passa. la sua pasqua.

si cinger. Il Signore si cinge per servire chi cinto: serve i suoi servi. Servire significa amare. Nelleucaristia si celebra lamore mutuo tra Dio e uomo, che ha nel servizio di Dio alluomo la sua sorgente (cf. 22,27; Gv 13,4-15).

li far sdraiare Altro termine eucaristico, che indica il riposo e la mensa, la comunione di vita beata che lui ci concede.

passando. Il Signore passa, fa grazia della vita ai suoi, le cui case sono segnate dal sangue dellagnello (Es 12,23.13).

servir. Ges nellultima cena, istituendo leucaristia, dichiara il senso di tutta la sua vita: Io sono in mezzo a voi come colui che serve (22,27).

In questo servizio il Signore fa giustizia di tutti gli idoli: liquida le nostre false immagini e ci rivela chi il Signore (Es 12,12!).

v. 38: alla seconda o alla terza veglia. Non si parla della prima veglia della notte, che quella in cui si celebra leucaristia. In questa prima veglia si riceve forza per vegliare attraverso tutta la notte. La notte ampia quanto la nostra vita, con le sue difficolt. Leucaristia ci rende capaci di condurre una vita luminosa e pasquale, fino a quando sorger il sole.

v. 39: quale ora. Il discepolo non ignora lora: il presente! Leucaristia gli dona di vivere ogni ora quotidiana alla luce dellora pasquale, in attesa del ritorno del suo Signore. Il tempo pieno, gravido di eternit.

ladro. Chi fa dipendere la vita da ci che ha, vive la morte come un ladro che ruba tutto (cf. v. 20). Chi attende il Signore, sa che la venuta di questo ladro in realt lincontro desiderato. laprire a colui che bussa per entrare in comunione con lui.

v. 40: diventate preparati. Non si , ma si diventa preparati (cf. 6,36): tutta la vita preparazione allincontro.

nell'ora in cui non pensate. Il momento della fine ci resta ignoto. Sappiamo per che segna lincontro con il Figlio delluomo che viene, e sappiamo che tutta la vita un cammino verso lui.

v. 41: a noi o anche a tutti?. Il c. 12 innanzi tutto per i discepoli. Vale per anche per le miriadi di folle (v. 1). Vale per ciascuno in modo diverso, secondo la responsabilit (vv. 42-46) e la conoscenza che ha del Signore (vv. 47-48).

v. 42: disse il Signore. il Signore che parla!

economo. Luomo non possidente (vv. 16-21). un economo, che amministra beni non propri. Tutto ci che e ha non suo. dono di Dio, e deve restare tale per essere quello che .

fedele7saggio. Fedele lamministratore che agisce secondo la volont del Signore; saggio colui che la comprende. Esempio lamministratore infedele al quale si aprono gli occhi e dice: So che far, e viene lodato dal Signore come saggio (16,4.8; vedi invece 12,20!).

porr sopra la sua servit. Il discorso rivolto innanzitutto a colui che nella comunit responsabile di non lasciar mancare il pane. Sappia di essere servo e non padrone, sia del pane che della Parola, sia dei fratelli che della loro fede (cf. 1Cor 1,24).

dare. La sua responsabilit quella di dare ci che a lui stato dato, come il pane nella moltiplicazione dei pani (9,16), come il suo corpo nellultima cena (22,19).

nel suo momento. il momento in cui non deve mancare il cibo che tiene vigilanti nella notte. Declina il giorno, viene la notte e maggiore la necessit del suo pane (9,12; 24,29; cf. 11,5-8). leucaristia, la vita del Figlio.

la misura di grano. Il responsabile come Giuseppe, figura di Cristo: egli provvede la misura di grano ai fratelli che lhanno venduto come schiavo, perch non manchi loro il cibo (Gn 47,12.14). leucaristia, la vita del Figlio.

v. 43: Beato, ecc.. La sorte dellamministratore fedele e saggio, che ha tesorizzato davanti a Dio (vv. 21b.33s; 16,9ss), quella di avere per dono tutto quanto Dio per natura. La misericordia lha reso suo figlio ed entra nella gioia del suo Signore (Mt 25,21.23), partecipando allamore Padre/Figlio (cf. 10,21s). Questa la vita eterna (10,25.28), che non dipende da ci che si ha (v. 15), ma da ci che si d (v. 33). Per questo chi perde la vita per il Signore, la salva (9,24).

v. 45: temporeggia. La chiesa di Luca sa che il Signore non torner tanto presto. Ma il suo ritardo non deve dar luogo a un rallentamento della fedelt e della vigilanza: Il Signore non ritarda nelladempiere la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi (2Pt 3,9). Non facciamo come gli empi che trovano pretesto alla loro dissolutezza nella grazia del nostro Dio (Giuda 4).

pestare/mangiare/bere/ubriacarsi. Il mangiare e bere dello stolto possidente (v. 19) non un godere, ma un ubriacarsi; il suo non il riposo della terra promessa, ma un calpestare in schiavit i fratelli.

v. 46: giorno/ora. Restano ignoti. Eppure sono il mistero di ogni giorno e di ogni ora del giorno.

taglier in due. la conseguenza dellalleanza violata: Gli uomini che hanno trasgredito la mia alleanza, perch non hanno eseguito i termini dellalleanza che avevano conclusa in mia presenza, io li render come il vitello che spaccarono in due passando fra le sue met (Ger 34,18; cf. Gn 15, 10). La venuta del Signore sar il giudizio che evidenze la realt. La vita di chi non attende lo Sposo gi lacerata e il suo cuore diviso (cf. 1Cor 7,34). Luomo fatto per fare una carne sola con Dio. Chi non lo ama, resta senza sposo, tagliato dalla sua met.

vv. 47.48a: Ora quel servo, che ha conosciuto, ecc.. Uno responsabile in proporzione alla conoscenza che ha della volont di Dio.

v. 48b: Ora a chiunque fu dato molto. Tutti abbiamo ricevuto un grande dono. Ci sar quindi chiesto molto. Esattamente quanto fu donato, accresciuto dai frutti di un buon investimento (cf. 19,11ss). Il dono fecondo come lamore. Se resta sterile, non ricevuto come dono damore.

Il credente chiamato a prendere seria coscienza delle sue responsabilit davanti a Dio: deve testimoniarlo come e con Ges davanti a tutto il mondo. Cos diventa ci che , figlio dellAltissimo (6,35), ed entra in possesso di tutti i beni del suo Signore (v. 44).

3. Preghiera del testoa. Entro in preghiera come al solito.

b. Mi raccolgo immaginando Ges, attorniato dalla folla, che parla ai discepoli.

c. Chiedo ci che voglio: essere uomo in attesa del mio Signore.

d. Medito sulle parole del Signore.

Da notare:

- lombi cinti

- lampade ardenti

- uomini in attesa

- lo sposo viene e bussa/si cinge/passa/serve

- il Figlio delluomo giunge nellora in cui non pensate

- beato leconomo fedele

- il Signore temporeggia

- il servo infedele sar tagliato in due, spellato di botte

- a chi fu offerto molto, di pi gli chiederanno.

4. Passi utili

Mt 25,1-12.14-30.31-46; Gv 13,1-17; Lc 22,27; 1Gv 4,7-21.

80. COME NON SAPETE DISCERNERE QUESTO MOMENTO?

(12,49-59)

49 Fuoco venni a gettare sulla terra

e che voglio, se non che sia acceso?

50 Ora di un battesimo ho da essere battezzato,

e come sono angosciato finch non sia compiuto!

51 Credete che sia qui

a dare pace sulla terra?

No, vi dico, ma la divisione!

52 Saranno infatti da ora

cinque in una casa divisi,

tre contro due e due contro tre:

53 saranno divisi

padre contro figlio e figlio contro padre,

madre contro la figlia e figlia contro la madre,

suocera contro la sua sposa e sposa contro la suocera.

54 Ora diceva alle folle:

Quando vedete una nube

che si leva a ponente,

subito dite che viene pioggia

e avviene cos.

55 E quando il noto soffia,

dite che sar arsura

e avviene (cos).

56 Ipocriti!

Sapete discernere

il volto dei cielo e della terra!

Ora come non sapete discernere

questo momento?

57 Ora perch anche da voi stessi

non giudicate il giusto?

58 Quando infatti vai

col tuo avversario dal magistrato,

durante il cammino

datti da fare

per accordarti con lui,

perch non ti trascini davanti al giudice

e il giudice ti consegner allagente

e lagente ti getter in prigione.

59 Ora ti dico:

Non uscirai affatto di l

fino a quando abbia reso

anche lultimo centesimo.

1. Messaggio nel contestoIl discepolo vive alla luce del giudizio di Dio, antidoto di ogni ipocrisia (cf. vv. 1-9). Esso si rivela nel mistero pasquale di Ges, che ci battezza nel fuoco dello Spirito dopo che lui stesso passato attraverso le acque della morte (vv. 49-50). Questa la sua venuta escatologica, gi realizzata sulla croce, che giudica il mondo per salvarlo (vv. 51-53). Nelleucaristia ne facciamo il centro della nostra vita. L attingiamo la forza per discernere il presente di male (vv. 54-57) - interpersonale (vv. 58-59), sociale (13,1-3) e naturale (13,43) - come appello a cambiare criterio di vita, a convertirci dal lievito dei farisei a quello del Regno. Tutto il c. 12 elabora cosa significa ora aver fede nel ritorno di colui che morto, risorto e ci ha dato il suo Spirito. Luca riflette sulla fede come storia: memoria di un passato e progetto per un futuro che si realizza al presente. Colui che deve venire, viene ora nella testimonianza di chi segue il suo cammino di allora.

Il brano caratterizzato dallurgenza: Ges deve attraversare le acque e il fuoco per compiere lamore del Padre; il discepolo a sua volta deve decidersi per lui.

Per questo necessario riconoscere il tempo presente come il momento per la conversione. Questo il vero discernimento, in base al quale gli uomini si dividono in due categorie: da una parte i sedicenti giusti, atei o religiosi, che non hanno bisogno di salvezza e non si convertono; dallaltra i poveri peccatori, che sanno di non farcela e si convertono al dono di Dio. Solo cos cessa la presunzione o la disperazione, e viene la salvezza.

2. Lettura del testov. 49: Fuoco venni a gettare.... Si tratta del fuoco del giudizio finale (3,9), oppure del fuoco della pentecoste (At 2,3), battesimo nello Spirito santo e nel fuoco (3,16)? In realt il giudizio definitivo di Dio sul mondo il dono del suo Spirito. Segna linizio degli ultimi tempi, in cui gli uomini sono chiamati alla conversione e alla vita nuova nel battesimo (At 2,17.38-40). Questo fuoco, che Ges asceso al cielo manda sulla terra, ben diverso da quello invocato da Giacomo e Giovanni sui samaritani (9,54). il frutto finale della sua missione, compimento di tutto il disegno di Dio. Per questo Pietro a Pentecoste dice che siamo negli ultimi giorni (At 2,17). Nelleucaristia il discepolo riceve lo Spirito. un fuoco che neanche le acque degli inferi possono estinguere (Ct 8,6s): lamore di Dio per luomo, che sgorga dalla morte stessa del Figlio.

e che voglio, se non che sia acceso?. Preferiamo questa versione, che tiene conto del fondo aramaico. Laltra, pi corretta, dal greco, suona: e che voglio se gi acceso?. Indica il desiderio di Ges: con desiderio desiderai mangiare questa pasqua con voi, prima di patire (22,15). Infatti il suo amore per noi un fuoco che necessariamente vuole accendere coloro che ama: non c amore che non desideri essere riamato.

v. 50: di un battesimo ho da essere battezzato. la sua morte, unica necessit per quel Dio che amore per luomo, e non pu non portare il male dellamato. il significato di tutte le Scritture (24,26s.44-46).

come sono angosciato. Ges venuto a portare un fuoco, che ha da passare per lacqua. Ci che vuole, lo costringe a passare attraverso ci che non vuole. La risurrezione viene dopo la morte. Lui stesso diviso tra un desiderio e unangoscia, fino a stillare sangue (22,40-44). la lotta in cui lamore vince la prova estrema.

Ora comprendiamo perch Ges, in tutto questo capitolo, ci ha detto di non temere o preoccuparci: egli stesso, il Figlio, venuto a visitarci da parte del Padre in ogni nostra angoscia, perch noi ne fossimo liberi.

v. 51: pace. Il Messia venuto a portare pace (cf. 2,14) e unit tra gli uomini.

divisione. Ma questa sua pace viene attraverso la divisione. Non infatti a buon mercato, bens a caro prezzo; a prezzo della vita (1Cor 6,20; 7,23, Rm 3,24). Per fa nuove tutte le cose (2Cor 5,17; Ap 21,5). Questa divisione la decisione che esige la sequela del Signore.

vv. 52-53: saranno divisi padre contro figlio, ecc.. Sono descrizioni del male finale (Mi 7,6), che precede la riconciliazione dei tempi messianici (1,17; Ml 3,23s). lultimo buio antelucano.

Leucaristia, che ci associa al mistero di Ges, esige da noi una vita pasquale con strappi e lacerazioni. Sono i costi della libert e della vita nuova.

vv. 54-55: Quando vedete una nube che si leva, ecc.. Vengono riprese le immagini fuoco/acqua, variate in pioggia/arsura, nuvola/vento. Dal volto della terra e del cielo sappiamo discernere cosa avverr. Abbiamo un grande discernimento nelle cose materiali, ma non in quelle spirituali. Luomo animale non coglie ci che dello Spirito di Dio (1Cor 2,14).

v. 56: ipocriti. Questa parola apre e chiude il capitolo (cf. v. 1). Il nostro giudizio non quello di Dio. Conosciamo bene ci che utile per la vita animale, ma non ci che necessario per la vita inesauribile. Sappiamo discernere il volto del cielo e della terra, ma non quello del nostro Signore. Sapientissimi in ci che ci d la morte, siamo stoltissimi in ci che ci d la vita: abbiamo il lievito dei farisei, e non quello del Regno (v. 1; 13,20).

questo momento. il tempo della vita di Ges, che viviamo nelleucaristia. La sua venuta e il nostro incontro con lui il kairs, il momento decisivo per convertirci. Leucaristia infatti ci rende contemporanei al grande mistero, e ci dona luce per discernere e forza per vivere il nostro presente.

v. 57: Ora perch anche da voi stessi non giudicate il giusto. Leucaristia dona ed esige il giudizio giusto. La morte e risurrezione del Signore criterio di scelta e capacit per attuarla.

v. 58: Quando infatti vai col tuo avversario, ecc.. La nostra vita un cammino pieno di avversit: il nemico, linferno, laltro! In forza delleucaristia, il tempo presente ci dato per andar daccordo con lui considerandolo come fratello, e cos diventare misericordiosi come il Padre (6,36). Diversamente la nostra inimicizia col fratello ci condanna come nemici del Padre. Buon discernimento quello che vede nellinimicizia interpersonale lappello a convertirsi dal male proprio alla misericordia.

v. 59: abbia reso anche l'ultimo centesimo. Chi non ha amministrato la vita presente con discernimento e decisione, lha venduta senza accorgersi, al suo nemico. Contrae un debito con la morte, che lo rende schiavo tutta la sua vita.

3. Preghiera del testoa. Entro in preghiera come al solito.

b. Mi raccolgo immaginando Ges, attorniato dalla folla, che parla ai suoi discepoli.

c. Chiedo ci che voglio: discernere alla luce delleucaristia il significato del momento presente

come opportunit di vittoria sul male.

d. Medito sulle parole di Ges.

Da notare:

- fuoco/battesimo

- desiderio/angoscia

- pace/divisione

- discernere questo momento

- accordati col tuo avversario.

4. Passi utili

Sal 14; Ml 3; At 2,1-12; Mt 5,25-26.

81. SE NON VI CONVERTITE, TUTTI COS PERIRETE!

(13,1-5)

13

1 Ora erano presenti alcuni

in quello stesso momento

che gli riferirono circa quei galilei

il cui sangue Pilato

mescol con le loro vittime.

2 E, rispondendo, disse loro:

Pensate che quei galilei

fossero peccatori

pi di tutti i galilei

perch hanno patito questo?

3 Proprio no, vi dico!

Ma se non vi convertite,

tutti cos perirete!

4 O quei diciotto

sui quali cadde la torre di Siloe

e li uccise,

pensate che questi

fossero debitori

pi di tutti gli uomini

abitanti in Gerusalemme?

5 Proprio no, vi dico!

Ma se non vi convertite,

tutti cos perirete!

1 Messaggio nel contestoLinizio e la fine del c. 13 hanno un tema in comune: la morte. Essa dovrebbe colpire tutti gli uomini che sono peccatori (vv. 1-5), ma ricade su Ges (vv. 31-35). Anche i vv. 10-17 e 22-30 si richiamano: parlano della salvezza che, pur essendo un dono, insieme oggetto di fatica per ogni uomo. Al centro ci sono le similitudini del chicco di senape e del lievito (vv. 18-21). Il capitolo ha quindi una struttura a cipolla, il cui cuore sono le parabole del Regno. Queste ci aiutano a leggere la nostra storia alla luce di quella di Ges. quindi uno sviluppo del brano precedente, che ci chiama a riconoscere i segni del tempo per convertirci.

Questo passo ci presenta due fatti di cronaca: unuccisione e un incidente con molte vittime. Nel primo caso in gioco la libert e la cattiveria delluomo, nel secondo lineluttabilit e la violenza del creato. Unico lorizzonte: quello appunto della morte, che luomo vive sempre come indebita violenza.

Questi due avvenimenti richiamano in modo esemplare ci che maggiormente scuote la fede del credente: perch Dio permette i soprusi e le violenze, i disastri e i terremoti? La storia con le sue ingiustizie e la natura con la sua insensatezza sembrano dominate piuttosto dal maligno (cf. 4,6!) o dal caso. Nel primo episodio ci si aspetta da Ges che giudichi tra cattivi e buoni. Nel secondo implicita lobiezione di fondo: che fiducia si pu avere nel Padre, se gli innocenti soffrono? Ges li prende come modelli di difficile discernimento, per dare al credente una chiave di lettura per gli avvenimenti storici e naturali (cf. Sal 136). Il male, che c sia nelluomo che nelle cose, misteriosamente connesso con il peccato; ma non sfugge di mano a quel Dio nella cui mano sono gli abissi della terra (Sal 95,4) e che raccoglie in un otre le acque del mare (Sal 33,7). vero che tutti abbiamo peccato (Rm 3,23); ma il nostro male ormai il luogo della salvezza: l dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia (Rm 5,20).

Tutti gli avvenimenti sono quindi da leggere, a un livello pi profondo, in termini di perdizione e di salvezza: svelano la perdizione dalla quale ci salva la conversione al Signore. Si esclude una lettura manichea e semplificata, che divida i buoni dai cattivi. Si propone invece di vedere come il male dentro di noi, in modo da convertirci. Bisogna andare alla radice, discernendo qual il lievito che muove la nostra vita: quello dellavversario, che ci domina mediante la paura del bisogno e ci porta allavere di pi, o quello del Regno, che ci libera nella fiducia filiale e ci porta al dono?

Il male, ingrediente costante dellesistenza, non un problema, bens il problema, inspiegabile razionalmente. Il tentativo di difendersi da esso il motore della storia umana. Esso costituisce una sfida per la fede: la pu far crollare o rafforzare, negare o cambiare di qualit.

Conoscere i segni del tempo significa vedere nel male il Signore che viene a salvarci chiamandoci alla conversione. Non si esclude la verit di altre interpretazioni intermedie. Sono per meno importanti, al di l delle apparenze. Ci che conta un discernimento alla luce del fine. La soluzione del male non sta in una sua analisi pi corretta, ma nel cambiare il lievito: mutare il senso della vita, convertendosi al Signore.

In conclusione, davanti al negativo della storia e della natura, il cattivo discernimento divide i buoni dai cattivi in nome della giustizia, oppure considera il male come inevitabile e fatale. Il buon discernimento apre gli occhi e fa cambiare vita. Si noti inoltre che un errore comune, oggi pi che mai, credere che la sofferenza sia di per s un male. Parlando di male, pensiamo ai poveri che muoiono di fame, ai bambini che sono vittime della violenza, agli innocenti che vengono sistematicamente uccisi. In realt il male un altro: ci che spinge ad affamare, violentare e uccidere.

2. Lettura del testov. 1: in quello stesso momento. Luca usa questa parola (cf. 4,13; 8,13; 12.42.56) in connessione con la venuta del Signore. Questo momento propizio ha una durata, che abbraccia tutto il ministero di Ges (cf. v. 7: sono tre anni che vengo). Lannuncio lo rende contemporaneo a chiunque ascolta, e costituisce la sua venuta continua nella storia. La parola ora (cf. 7,21; 10,21; 12,12.39.40.46) indica piuttosto il termine del suo cammino (cf. v. 31: in quellora... Erode vuole ucciderti).

quei galilei il cui sangue, ecc.. Si tratta di zeloti, nazionalisti avversi ai romani, che Pilato os trucidare nel tempio, tingendo di sacrilegio loppressione. Che dice Ges davanti alle loro aspirazioni di libert, condivise da tutto il popolo e brutalmente stroncate dagli stranieri? Non forse il messia, colui che elimina lingiustizia e d la libert al suo popolo? Ges ha dovuto compiere sul proprio messianismo un accurato discernimento che dur tutta la vita, dalle tentazioni nel deserto e quelle sulla croce (cf. anche la questione del tributo: 20,20ss). Egli non elude il problema. Tant vero che verr ucciso simultaneamente da Pilato e dai suoi avversari. Gli opposti poteri si congiungeranno contro di lui, perch rifiut il lievito stesso che li nutre. Galileo anche lui, i potenti verseranno il suo sangue di vittima dellingiustizia. Per Luca Ges muore proprio come messia, da giusto giustiziato (23,41.47). Egli non si accontentato di tamponare le falle del vecchio sistema; ha posto le basi del Regno in un nuovo rapporto col Padre e coi fratelli.

Questo fatto di cronaca emblematico di tutto il male storico, che interpella il credente. Egli vive in questo mondo di male con tutti gli altri. Non lo vede dal di fuori; ma neppure ne semplicemente travolto. dentro, coinvolto, ma con la responsabilit bruciante del suo Signore. Per questo chiamato a discernere sul lievito che muove la sua azione: la paura della morte che rende egoisti, o la conoscenza del Padre che fa amare i fratelli?

Il problema vero della storia non lalternanza al potere di male, ma lalternativa ad esso. Non basta cambiare i protagonisti: bisogna cambiare il gioco. Diversamente si mutano gli attori, ma si recita sempre e solo lo stesso tragico copione.

Il cristiano non desidera dominare. Per questo non in concorrenza con gli altri, con lo stato o con il mondo. Per questo non ha tanto da dire sulla gestione del potere. Presenta invece, in piena responsabilit, un nuovo modo di vivere: il servizio, che permette quella fraternit che tutti desiderano. Egli, con la sua testimonianza e con il suo annuncio, offre la salvezza, che si realizza nella libert dai criteri mondani di dominio. In questottica si comprende la rilevanza politica che ha il discorso pacifista di Ges ai piedi del monte. Nella lotta contro il male bisogna decisamente prendere pi sul serio la via della coscientizzazione e degli strumenti di pace.

Per questo importante discernere il fermento dei farisei (12,1) da quello del Regno (v. 21). Il criterio dei due fermenti risponde a quello che Ignazio chiama delle due bandiere: da una parte quella dellavere, del potere e dellorgoglio; dallaltra parte quella della povert, dellumiliazione e dellumilt. La prima quella del signore della morte che chiude luomo nellegoismo; la seconda quella del Signore della vita, che lo apre allamore.

I due fermenti si contendono il cuore delluomo: la mischia allinterno di ciascuno. Questo ci impedisce di fare giudizi sommari, dividendo gli uomini tra buoni e cattivi, e ci permette di distinguere il bene dal male in noi stessi.

v. 2: Pensate che quei galilei fossero peccatori. Gli informatori si attendono che Ges difenda quei galilei, condannando Pilato come peccatore, ingiusto e sacrilego. Il che fuori questione, perch chi fa il male, fa male ed peccatore. Ma Ges non venuto a condannare nessuno, bens a salvare tutti. Per questo vuol portarci a un punto di vista superiore, e sposta lattenzione da Pilato alle sue vittime, vittime anzitutto del medesimo peccato. Infatti hanno tentato il suo stesso gioco. Erano pi deboli, e lunica ragione che hanno quella di aver perso! Il bene infatti va perseguito con mezzi buoni. Il fine non giustifica i mezzi. Ges, nelle tentazioni e in tutta la sua vita, ha rifiutato come mezzi del Regno quelli del nemico: ricchezza, potere e orgoglio.

Ges smaschera il male che nel cuore di ogni uomo, ma senza manicheismi e demonizzazioni. Chi lo riconosce nellaltro e lo identifica con laltro, lo lascia crescere in s e lo conferma nellaltro.

Ges invece giudica il male e giustifica luomo: salva luno battendo totalmente laltro.

perch hanno patito questo?. C una connessione misteriosa tra la sofferenza e il male che fa luomo. Ma non nei termini di espiazione-colpa, come pensano gli amici di Giobbe. Anzi! La realt prova, al contrario, unevidenza che stentiamo sempre a riconoscere: le conseguenze del male non ricadono su chi lo compie, ma su chi lo subisce; il giusto porta lingiustizia, solo perch non la compie!

Gli interlocutori di Ges, insieme ai galilei che patiscono a Gerusalemme e a tutti gli uomini che sono nella stessa condizione, sono invitati da Luca a identificarsi col malfattore che vede accanto a s il Galileo crocifisso. Questi il Messia sofferente del male del mondo, il giusto giustiziato ingiustamente, vittima del male altrui, che apre a ogni ingiusto il giardino del giusto (cf. 23,40-43).

v. 3: se non vi convertite. Lo stesso peccato, ovvio in Pilato e smascherato nelle sue vittime, ora trasferito anche sugli uditori. Il male, visto sul volto altrui, fa da specchio al nostro e ci chiama alla conversione. Il discernimento ci fa cogliere lintima connivenza che abbiamo con esso e ci porta a cambiare il criterio della nostra azione.

perirete. Convertirsi o meno questione di vita o di morte. Tutta la predicazione profetica lo richiama. Lavvertimento profetico non minaccia: accorata dichiarazione e messa in guardia che svela il veleno nascosto. La perdizione non una condanna comminata dallesterno: il frutto della disobbedienza, prodotto dal male che facciamo. Essa non tuttavia ineluttabile: la conversione ce ne scampa. Le minacce profetiche non hanno mai il sapore del fato e non si avverano mai meccanicamente; sono invece sempre condizionate e mettono in gioco la libert delluomo. Segni della misericordia di Dio che vuol salvare (cf. Gio 3,10), ottengono il loro vero effetto quando non si avverano!

v. 4: cadde la torre. un drammatico evento naturale, senza apparente responsabilit umana, come nei terremoti, nelle carestie, ecc. Sono quei fatti, casuali e inevitabili, che mettono in forse la fede nella paternit di Dio e nella sua provvidenza. il dubbio inconfessato e profondo di ogni credente. Ges lo prende in seria considerazione, prevenendo la domanda che urge nel cuore degli interlocutori. In Gn 1 sta scritto che, come luomo molto buono, cos anche tutto buono e per lui. La realt ci fa invece constatare che, come luomo assai cattivo, anche la natura non per nulla buona con lui. pi matrigna che madre.

pensate che questi fossero debitori. istintivo interpretare le calamit naturali come castigo. Ges non mette in dubbio che siamo tutti peccatori. Ma questi fatti non sono da intendersi come punizione, bens come urgenza di conversione. Ci richiamano infatti il nostro limite e la nostra fragilit originaria, che, dopo il peccato, divenuta tragica. Il peccato, come ha guastato luomo, cos ha sottoposto allinsensatezza anche la natura che aveva in lui il suo fine. S rotta larmonia uomo-mondo, e ogni evento insensato ci richiama a cercare nella conversione il senso di una vita che il peccato ha esposto al vuoto (cf. Rm 8,20).

v. 5: se non vi convertite. Il momento presente il punto, lunico punto in cui ci si pu e ci si deve convertire dal lievito dei farisei a quello del Regno. Discernere i segni del tempo presente significa leggere ogni fatto e dato come appello a passare dallipocrisia alla filialit, dal regno della paura a quello della libert. In questo modo il male perde il carattere di necessit e ritorna sotto il dominio della libert delluomo che si converte a Dio e della misericordia di Dio che non pu non convertirsi alluomo.

3. Preghiera del testoa. Entro in preghiera come al solito.

b. Mi raccolgo immaginando le persone che si fanno avanti per chiedere il suo parere sul

fattaccio di cronaca.

c. Chiedo ci che voglio: intendere il male come appello a cambiar vita, impostandola non sulla

paura della morte, ma sulla misericordia.

d. Considero i due episodi di cronaca, emblematici del male fatto dalluomo e dalla natura, e medito sulla risposta di Ges.

4. Passi utili

Sal 33; 95; 136; Lc 6,27-38.

82. LASCIALO ANCORA PER QUESTANNO!

(13,6-9)

6 Ora disse questa parabola:

Un tale aveva un fico

piantato nella sua vigna

e venne

cercando frutto in esso

e non trov.

7 Ora disse al vignaiolo:

Ecco,

da tre anni vengo

cercando frutto in questo fico

e non trovo.

Taglialo dunque via:

perch poi rende

improduttivo la terra?

8 Egli rispondendo disse a lui:

Signore

lasciato ancora per questanno,

finch gli scavi intorno

e getti letame:

9 chiss che faccia frutto nel futuro.

Se no,

lo taglierai via.

1. Messaggio nel contestoI capitoli 12-13 sono una teologia della storia, che ci rivela come Dio vede lo spazio e il tempo delluomo: le cose sono un dono del Padre ai fratelli (c. 12), e il tempo loccasione per convertirsi (c. 13)

Con la venuta del Messia la storia ha raggiunto il suo fine, e il tempo avrebbe dovuto arrestarsi. Come mai invece va ancora avanti? il problema che qui si affronta.

La parabola trasparente. Il Padre e il Figlio si prendono cura delluomo e non si attendono altro che egli risponda al loro amore. Questa risposta la sua realizzazione stessa, come per il fico far fichi. Ma come il fico sterile, cos luomo non si decide a fare frutti di conversione (3,8). Per s, con la venuta di Ges, il tempo dellattesa sarebbe finito e il giudizio compiuto. Ma Dio accorda alluomo ancora un anno e prodiga la sua ultima ed estrema cura perch fruttifichi e non debba esser tagliato. Dio non gode della rovina, ma della conversione (Ez 18,23-32; 33,11). Questo lunico motivo teologico per cui, anche se la scure gi alla radice (3,9), lalbero non ancora tagliato.

una risposta ulteriore allinterrogativo del Battista davanti a Ges (cf, 7,19ss): come mai, se lui il Messia, non cessato il male e il tempo non si fissato nelleternit?

Ges risponde svelandoci il misterioso dialogo tra la giustizia - taglialo - e la misericordia di Dio: lascia/perdona ancora per questanno.

il dramma del Padre e del Figlio nel loro reciproco amore che ingloba il mondo. Il tempo fluisce ancora per dar modo a tutti di incontrare la tenerezza di Dio! Egli infatti vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verit (1Tm 2,4). I tre anni del ministero di Ges sono la venuta di Dio per il giudizio; ma egli, invece di giudicare, offre il perdono. Tutti gli anni successivi sono lancora un anno che si prolunga, per fare con lannuncio la medesima offerta alle generazioni successive.

Questo il senso profondo della storia: lanno della pazienza e della misericordia di Dio, una dilatazione della salvezza e una dilazione del giudizio, ancora sempre per un anno, da allora fino a ora e fino alla fine. Per questo bisogna annunciare il vangelo, per aprire a tutti lamore del Padre in Ges. Colui che ha detto che torner, non ritarda nelladempiere la sua promessa, come certuni credono: ma usa pazienza verso di noi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi (2Pt 3,9).