Sguardo dritto
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claudio canal
Sguardo
dritto
album di famiglia
N. 1
Questo album nasce da un piccolo dolore. Prodotto al mercato del Balun a
Torino o in altri mercati di cianfrusaglie, di cui sono curioso anche se non
assiduo frequentatore. Capitava, adesso sempre meno, di trovare interi “album
fotografici di famiglia”, le foto assortite alla rinfusa o minuziosamente raccolte
in contenitori d’epoca. Sfogliandole poteva succedere di ricostruire tratti di
esistenze sconosciute, matrimoni, nascite, vacanze, vecchiaie…
Questo era il piccolo dolore. Sapere di appartenere a quel mondo anonimo forse
già scomparso e un certo desiderio di richiamarlo in vita. Volti sorridente e pose
serissime, istantanee occasionali o da cerimonia. Vite visibili, ma, nello stesso
tempo, invisibili, perse nel nulla. Per questo ad un dato momento ho smesso di
frugare. Una reazione primitiva, la mia, per niente scientifica. Tanto meno
etnografica o come dir si voglia.
Per diversi anni ho girato al largo. Poi sono andato ad abitare fuori della grande
città e sono capitato in un paese dove ogni tanto si tengono questi mercati che
tra la paccottiglia espongono, si fa per dire - stanno dentro scatole da scarpe -
queste foto “di famiglia” raccattate da qualche soffitta o disperse da un trasloco
improvviso. Così è ripreso il mio dolorino. Più che dolore, una seducente
malinconia che mi porta a farmi domande senza risposta su quei volti, su quegli
ambienti. Ho letto in uno studio molto serioso che alcune popolazioni
australiane tengono le foto, le accarezzano, le lisciano, le cantano. Non c’è
bisogno di essere aborigeni australiani per sfiorare una foto di famiglia, ma di
cantarla non ci avevo mai pensato.
Appena queste istantanee escono dal loro contesto narrativo iniziale, quello
intimo, privato, e cadono sotto l’occhio pubblico ed estraneo, si aprono a tutte
le interpretazioni possibili. Non sono più fabbriche di ricordi, diventano
piattaforme estetiche dove ognuno trova quello che vuole. Opere aperte.
All’origine erano state, come scriveva Bourdieu, parte di un rito di integrazione,
un tentativo di negare l’ipotesi della morte che invece veniva confermata, come
una sentenza, non appena la foto era tra le mani.
Mi piace incrociare quegli sguardi dritti che sono coscienti di posare per la
posterità. A guardare queste foto viene spesso da ridere o anche da piangere.
Ma è un voyeurismo innocuo.
L’album che segue è stato costruito con foto acquistate per pochi soldi ai
suddetti mercati, con altre gentilmente consegnate da amici ed amiche e con
alcune appartenenti alla mia famiglia. Un mix che dovrebbe rappresentare bene
la casualità delle vite che si incrociano qui.
Sono in maggioranza in bianco e nero, come si usava, e già questo le rende
“degne” di appartenere alla poetica della memoria. Non è un caso che anche
oggi molti fotografi professionisti si rivolgano al B/N per guadagnare subito
questo scarto.
La foto digitale, lo smartphone, ecc. hanno cambiato quantitativamente la
produzione di istantanee, dislocato il contenitore dall’album al PC e ad altri
aggeggi, ma la vera rivoluzione antropologica, come diceva Roland Barthes [vuoi
non citarlo?], è avvenuta con l’invenzione e diffusione della macchina
fotografica, non con la sua elefantiasi.
Propositi
Mi piacerebbe che questo album fosse il primo e non rimanesse tale. Ci saranno
persone interessate a inviarmi, segnalarmi, procurarmi altre foto di famiglia per
un secondo album?
Il modo concreto per farle arrivare non è difficile. Se ne potrà parlare
all’occasione.
Nota dotta
Forse potevo risparmiamela, ma chissà che non sia utile a persone più serie di me, interessate a svolgere questa
ricerca in modo meno triviale del mio.
Pierre Bourdieu, LA FOTOGRAFIA. USI E FUNZIONI SOCIALI DI UN’ARTE MEDIA, Guaraldi, 1971
S. Bernardi, F.Dei, GRUPPO DI FAMIGLIA IN UN INTERNO: LE FOTOGRAFIE NELLA CULTURA MATERIALE DOMESTICA,
in Studi Culturali, 2.1011
Luigi Gariglio, I “VISUAL STUDIES” E GLI USI DELLA FOTOGRAFIA NELLE RICERCHE ETNOGRAFICHE E SOCIOLOGICHE,
in Rassegna italiana di sociologia, 1.2010
Geoffrey Barche, LES SNAPSHOTS. L’HISTOIRE DE L’ART E LE TOURNANT ETHNOGRAPHIQUE, in Etudes
photographiques, 9.2008
Nella stessa rivista, 16.2005, di Marin Dacos, REGARDS SUL L’ELEGANCE AU VILLAGE, e, 11.2002, LE REGARD
OBLIQUE. DIFFUSION ET APPROPRIATION DE LA PHOTOGRAPHIE AMATEUR DANS LE CAMPAGNE
Del testo che segue ho capito poco, però contiene una bella foto di Margaret Mead
mascherata da indigena a Samoa:
David Zetlyn, REPRESENTATION/SELF-REPRESENTATION: A TALE OF TWO PORTRAITS;
OR, PORTRAITS AND SOCIAL SCIENCE REPRESENTATION in Visual Anthropology,
21.2010
Parzialmente leggibile su Google: Gillian Rose, DOING FAMILY PHOTOGRAPHY. THE
DOMESTIC, THE PUBLIC AND THE POLITICS OF SENTIMENT, Ashgate Gower, 2011
BORSALINO
MERCEDES CON MAMMA
ELEGANZA FLOREALE
PRIMA E SECONDA FILA
RITO
SPORTIVE, 1954
SIGNORI
CENTAURI, 1938
COMPLICITA’ ALLEGRA
SCALA MASCHILE, 1935
FILODRAMMATICA, 1935
SOLITUDINE INFANTILE, 1943
IN GUARDIA!
TRA DONNE
[QUASI] GENERALE CONVERGENZA DI SGUARDI
PRETI E NON
AMPUTAZIONE OTTICA
RISATE FEMMINILI 1
RISATE FEMMINILI 2
COPPIA
TIMIDEZZA ?
CHIARO E SCURO
IN ATTESA DI
CLIMBING ? 1961
APPESI, 1935
ALLA ZUAVA
FILODRAMMATICA POSTBELLICA
FRESCURA
MASCHIA PROCESSIONE, 1936
ASSASSINIO IN PASTICCERIA
FOGGE E FACCE MASCHILI
NERO E BIANCO, 1942
IN VETTA, 1937
INNAMORATI CON DEDICA
UN LIBRO PER SE’
SGUARDO BASSO
MAMMA
CAPPELLI CON BAFFI
SORRISI FEMMINILI
GITA SCOLASTICA
MISTICA INFANTILE?
IL MURO E LA SODDISFAZIONE
RIPETENTE IMBRONCIATO
PASQUETTA, 1933
ARTE SACRA
GONNE LUNGHE
MODA MASCHILE
CANOTTIERA
SORELLE SORRIDENTI
ELEGANZA MONTANA CON PONTE TIBETANO
SORELLE SIAMESI?
SCALATRICI INVERNALI
MALINCONIA DEL MARINAIO, 1919
BALILLA IN LUCE
SCOLARO
LA STANCHEZZA DI RAMBO
IN PIENA LUCE
CONVERSAZIONE SFOCATA
CENTRO! 1936
FIAT 1100
GIOCHI DI SPIAGGIA
LAGUNA
BAMBINO TRISTE
O BAMBINO PENSIEROSO?
GITA CATTOLICA IN TRENO
GIOVANI DONNE, IN BIANCO
COME SOPRA
CICLISMO
SOLLIEVO