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Parole chiave

Settore tessile

Innovazione tecnologica

Sostenibilità

Made in Italy

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…se il Made in Italy fosse un brand sarebbe il terzo marchio più noto al mondo, dopo Coca Cola e Visa!!!!!!(Sole 24 ore 10/09/2015)

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Cosa è «Made in Italy» (e cosa no)

• È uno dei primi brand conosciuti e apprezzati al mondo, il marchio di «un saper fare» che ci distingue agli occhi degli altri Paesi. Creatività, qualità, italian life style che si esprimono principalmente nelle aree dell'abbigliamento, arredamento, automazione meccanica, agroalimentare.

• Ma il mondo stesso è cambiato negli anni e il «Made in Italy» sempre più ha avuto bisogno di definizioni e tutele giuridiche puntuali, regole come riparo da contraffazioni, truffe, concorrenze sleali; da false o fallaci indicazioni d'origine che inducono in errore i consumatori.

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Anni ‘80

Storicamente «Made in Italy» era un'espressione in lingua inglese apposta dai produttori italiani, specie dagli anni ottanta in poi,

nell'ambito di un processo di rivalutazione e difesa dell'italianità del prodotto,

• al fine di contrastare la falsificazione della produzione artigianale e industriale italiana

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All’estero i produttori italiani si erano conquistati un certo prestigio con vantaggio commerciale di tutto rispetto

Dal prodotto italiano ci si aspettavano:

-notevoli qualità di realizzazione

- Cura nei dettagli

- Fantasia delle forme e del disegno

- Durevolezza

Soprattutto nei quattro tradizionali settori di moda, alimentari, arredamento e meccanica (automobili, disegno industriale, macchinari e navi)

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Settori moda e abbigliamento

I settori moda e abbigliamento sono il fiore all’occhiello del nostro paese, sottolineando l’eleganza e la capacità di creare tendenza che da sempre hanno contraddistinto lo stile italiano. La moda italiana rappresenta uno dei grandi richiami del turismo internazionale insieme all’arte, alla gastronomia e alla musica: nessuno può resistere allo shopping Made in Italy….

Il settore tessile in Italia, che comprende abbigliamento, pelletteria e calzature, realizza una buona fetta della produzione Made in Italy, esportando qualità ed eleganza in tutto il mondo, insieme anche a sperimentazioni artistiche e nuove firme stilistiche.

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La qualità del Made in Italy

Dagli inizi del nuovo millennio la crescente competizione legata ai bassi costi di produzione di alcuni Paesi emergenti (Cina in primis) ha spinto le economie più sviluppate a spostare le strategie di export su altri fattori quali il brand, la qualità, la rete di distribuzione e i servizi post-vendita.

In particolare, le imprese italiane hanno cercato di adeguarsi a un ambiente esterno in rapida evoluzione, puntando sull’upgrading qualitativo delle proprie merci per migliorare i ricavi da export e la produttività. Ma come si può misurare la qualità?

La qualità è una caratteristica difficilmente osservabile in un bene e, come tale, deve essere stimata. Comunemente si è soliti associare un prezzo relativo più elevato a prodotti di qualità superiore. I valori medi unitari delle esportazioni, ossia la media dei prezzi esteri per diverse categorie di prodotti, sono solo una misura imperfetta della qualità, in quanto le loro variazioni sono anche influenzate da altre variabili quali le differenze nei costi di produzione (o strategie di prezzo), i cambiamenti di composizione merceologica degli acquisti dall’estero, così come gli shock di domanda e offerta, come ad esempio rispettivamente, la variazione di barriere tariffarie e non e l'innovazione tecnologica.

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Al fine di valutare la qualità delle nostre esportazioni nel tempo, al netto di queste variabili cheinfluenzano i valori medi unitari pur non riferendosi a cambiamenti qualitativi dei nostri beni, èstata quindi replicata una metodologia di stima in cui la qualità è espressa in un indice calcolato apartire dai valori medi unitari, ma che tiene anche conto di fattori quali la domanda nei mercati didestinazione, la distanza geografica di questi dall’Italia, l’esistenza di accordi commerciali e levariazioni nei costi di produzione. Dalla crisi finanziaria del 2008 a oggi, l’export italiano è stato ingrado di adattarsi, sia in termini di composizione delle imprese esportatrici, passando da un elevatonumero di piccoli esportatori a imprese medio-grandi sia sotto il profilo della specializzazionesettoriale, orientandosi verso comparti a più alto valore aggiunto e meno soggetti alla concorrenzadi prezzo dei mercati emergenti. È il caso del settore della meccanica strumentale, il cui indice diqualità è passato da una media di 0,64 nel periodo 2008-2010 a 0,67 nel 2014-2016, ma anche dellafarmaceutica (da 0,66 a 0,74), e dei mezzi di trasporto (da 0,49 a 0,54). L’aumento di qualità è peròpresente anche in settori quali tessile e abbigliamento e materiali da costruzione, una prova di comeanche sui beni soggetti a intensa competitività di prezzo gli esportatori italiani siano riusciti adaumentare il livello qualitativo delle esportazioni

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Rispetto all’elenco di dimensioni proposte, due sono quelle che polarizzano, nell’immaginario collettivo, il nostro «Made in»:

la «creatività» (83,2%) e l’«estetica, bellezza» (81,5%).

Ma sono le ultime due dimensioni della classifica a dover far riflettere maggiormente:

l’«innovazione» (21,1%) e la «tecnologia» (19,9%) non sono percepite come elementi tipici del nostro Dna.

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Produzioni «tailor made»

A ben vedere, quello che definiamo Made in Italy ha già riassunto in sé i fattori che – all’interno dei processi di globalizzazione – sono oggi trainanti per affermarsi nella competizione internazionale:

produzioni «tailor made», a misura del cliente,

personalizzate

flessibilità

qualità dei materiali utilizzati

design, estetica, cultura, professionalità.

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Italian sounding

Dunque, il Made in Italy, con le sue caratteristiche, incrocia positivamente le richieste di un mercato in aumento su scala globale.

Non è un caso se assistiamo al fenomeno dell’italian sounding, ovvero di imprese straniere che utilizzano richiami ai prodotti italiani per conquistare fette di mercato, sottraendole proditoriamente a quelle titolate. Perché per affermarsi in un mercato sempre più affollato è necessario distinguersi.

E ciò che permette di farsi riconoscere sono gli aspetti immateriali, le dimensioni evocative: ciò che comunica un’identità, dei valori, uno stile.

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Il «Made in Italy» rappresenta una cifra fondamentale per la nostra economia.Quanto vale l'export made in Italy?

In prima linea ci sono i macchinari (motori, turbine, pompe, compressori, rubinetteria, forni, bruciatori, macchine per l’industria delle pelli, delle calzature e per la lavorazione dei metalli, etc.) con un saldo positivo di ben 48 miliardi di euro (39,5% del totale).

Ottima la performance anche del comparto della moda (tessile, abbigliamento, calzature e accessori) che ha raggiunto un risultato positivo di 18 miliardi

e dei prodotti in metallo (cisterne, serbatoi, radiatori, coltelleria, stoviglie, generatori di vapore, utensili, etc.) che hanno raggiunto quota +11 miliardi

e dei mobili (+7,2 miliardi).

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La forza del made in Italy è alimentata anche dai distretti industriali le cui esportazioni, dopo essere crollate vertiginosamente a fine 2009 in seguito alla recessione economica, hanno messo a segno in sette anni una crescita in valore assoluto pari a circa 30 miliardi di euro: riuscendo non solo a recuperare i livelli pre-crisi ma a portarsi abbondantemente al di sopra di essi.

Nel complesso degli 844 prodotti in cui l’Italia sale sul podio, 367 appartengono al comparto della automazione-meccanica-gomma-plastica e generano un saldo attivo di 81 miliardi di dollari; 247 appartengono all’abbigliamento-moda e danno origine a un surplus di 33,4 miliardi di dollari; 63 prodotti rientrano nel comparto degli alimentari-vini, con un saldo attivo di 19,4 miliardi; 41 prodotti appartengono all’arredo-casa e generano un avanzo commerciale di 14,6 miliardi. I rimanenti 126 prodotti che generano un surplus di 12,5 miliardi di dollari non appartengono a nessuna delle 4 A (alimentari-vini, abbigliamento-moda, arredo-casa e automazione-meccanica-gomma-plastica). Aiuta il made in Italy anche la scelta della sostenibilità: oltre il 26% delle nostre imprese durante la crisi hanno scommesso sulla green economy e sono quelle che hanno le performance migliori su occupazione, innovazione ed export.

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1999

Dal 1999, la dicitura Made in Italy ha cominciato ad essere tutelata da associazioni come l'Istituto per la Tutela dei Produttori Italiani( ITPI) e regolata da leggi statali, sia su territorio nazionale che all’estero.

Nella realtà dei fatti apporre la bandiera italiana, la dicitura Italy o Made in Italy su un prodotto è possibile per riferirsi alla parte imprenditoriale del produttore,

mentre quella produttiva (manifatturiera, coloro che materialmente lavorano il prodotto) vera e propria può trovarsi ovunque.

Basta quindi che il prodotto sia «pensato o disegnato» quando non totalmente gestito da un imprenditore italiano, per potersi tranquillamente fregiare di tale marchio, anche se questo manufatto è costruito in un qualsiasi altro luogo

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2009

Nel 2009 è stata emanata una legge per tutelare il made in Italy: il decreto legge nº 135 del 25 settembre 2009 contiene l'art. 16 dal titolo «Made in Italy e prodotti interamente italiani».

Il marchio "Made in Italy" è diventato fondamentale per l'export italiano ed è così noto a livello mondiale da essere considerata una categoria commerciale a sé stante.

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Legge 166 del 2009

Con l'avvento della legge 166 del 2009 è avvenuto il pieno riconoscimento del 100% Made in Italy e la conseguente emanazione della garanzia attraverso la certificazione.

L'Istituto per la Tutela dei Produttori Italiani ITPI è l'organo certificatore del prodotto interamente realizzato in Italia.

• "FULL MADE IN ITALY" e limiti di utilizzo

In base alla recente legge 20 novembre 2009 n.166 l’utilizzo delle diciture “100% Made in Italy”, “interamente realizzato in Italia”, “tutto italiano” è consentito solamente per quei prodotti per i quali il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano

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La Legge n. 55 del 2010

• Nel 2010 è stata approvata dal nostro Parlamento la legge che prevede per il “Made in Italy” una normativa particolare nei settori tessile, della pelletteria, calzaturiero, dei divani e dei prodotti conciari.

• Per ogni settore merceologico di riferimento, vengono individuate dalla legge le specifiche fasi di lavorazione. Ad esempio, nel settore della pelletteria si distinguono: la concia, il taglio, la preparazione, l’assemblaggio e la rifinizione.

• La legge prevede che, nei settori individuati, possano fregiarsi del “Made in Italy” i prodotti per i quali le fasi di lavorazione abbiano avuto luogo prevalentemente sul territorio italiano e, in particolare, se almeno due fasi di lavorazione si sono svolte in Italia.

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Made in Italy

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COME E QUANDO NASCE LA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

Finora le rivoluzioni industriali del mondo occidentale sono state tre:

nel 1784 con la nascita della macchina a vapore e di conseguenza con lo sfruttamento della potenza di acqua e vapore per meccanizzare la produzione;

nel 1870 con il via alla produzione di massa attraverso l’uso sempre più diffuso dell’elettricità, l’avvento del motore a scoppio e l’aumento dell’utilizzo del petrolio come nuova fonte energetica;

nel 1970 con la nascita dell’informatica, dalla quale è scaturita l’era digitale destinata ad incrementare i livelli di automazione avvalendosi di sistemi elettronici e dell’IT (Information Technology).

La data d’inizio della quarta rivoluzione industriale non è ancora stabilita, probabilmente perché è tuttora in corso e solo a posteriori sarà possibile indicarne l’atto fondante. (Cibernetica: Scienza che studia dal punto di vista teorico e applicativo la riproducibilità su macchine del comportamento degli esseri umani.)

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Industria 4.0 Il Made in Italy torna a essere fatto in Italia

• Le imprese italiane tornano a casa.

Dopo anni di delocalizzazione, cresce in Italia il "back reshoring", ovvero il rientro in patria della produzione di aziende che durante la crisi avevano spostato le proprie attività. E questo rientro è dovuto, secondo l'istituto di ricerca socio-economico Censis, al forte valore che il brand 'Made in Italy' conserva sul mercato e l'evoluzione della green economy.

Made in Italy torna a essere fatto in Italia anche perché solo così è possibile "connotare i prodotti con un brand territoriale favorevole

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Il secondo elemento", si legge ancora nello studio, è che le tecnologie oggi disponibili consentono di abbattere l'impatto ambientale della gran parte delle produzioni industriali: 'produrre pulito' è fondamentale per continuare a produrre in contesti, come quelli italiani, fortemente e capillarmente antropizzati, oltre che un modo per aggiungere qualità e appeal ai prodotti".

"Un terzo elemento attiene alla nostra cultura manifatturiera (industriale e artigianale), ancora molto radicata in alcune aree del Paese (e in fase di iniziale recupero in altre che l'avevano dimenticata)

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TERMINI ECONOMICI

In termini di valore aggiunto il tessile-moda italiano rappresenta l'11% del manifatturiero, il doppio dell'auto. La sfida cinese e l’aumento del costo delle materie prime ha obbligato il settore a compiere una profonda ristrutturazione, ma il processo di delocalizzazione si è decisamente ridimensionato.

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punto di vista ambientale

Le produzioni tessili sono infatti spesso caratterizzate da processi notevolmente impattanti dal punto di vista ambientale, soprattutto in termini di consumo di risorse naturali (in primo luogo acqua), consumo di energia elettrica e utilizzo di prodotti chimici; in particolare ai processi ad umido, quali tintura, stampa e finissaggio, viene imputato il grande consumo di acqua e di sostanze chimiche.

• Il TA rappresenta la sesta attività produttiva che più incide sulle emissioni di gas serra - circa il 10% delle emissioni globali per un valore pari a 3,4 milioni di tonnellate nel 2011- con consumi di:

• 1,074 milioni di kWh di elettricità,

• 6-9 miliardi di litri di acqua,

• 6 milioni di tonnellate di prodotti chimici.

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Innovazione tecnologica

Ricerca, sviluppo, tecnologia, innovazione e competitività:• sono queste le cinque parole chiave utili per comprendere l’evoluzione del

comparto del tessile: un settore dove l’investimento in ricerca e sviluppo genera ritorni economici miliardari,

• - dove i tessuti tecnici trovano sempre più spazio e che rappresenta quindi il punto d'incontro tra due mondi, quello della moda e quello della tecnologia

• - nuove tecnologie in aiuto alla comunicazione ed al marketing:

• Visibilità internazionale, creazione di network, opportunità di condivisione tecnologica e di partnership produttive all’estero: sono queste le opportunità per accrescere la competitività di un brand.

• «COMUNICARE BENE, COMUNICARE MEGLIO"