Settimana santa a bisceglie

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LA SETTIMANA SANTA A BISCEGLIE I riti, le tradizioni, i suoni, gli odori della Pasqua a Bisceglie, tra passato e presente Serena Ferrara

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I riti, i colori, i suoni e i sapori della Settimana Santa a Bisceglie ieri ed oggi

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LA SETTIMANA SANTA A BISCEGLIE

I riti, le tradizioni, i suoni, gli odori della Pasqua a Bisceglie,

tra passato e presente

Serena Ferrara

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LA SETTIMANA SANTA A BISCEGLIE

Si ringrazia per le foto il Centro Sutdi Biscegliese e Vincenzo Di Leo(www.lamiasettimanasanta.net)

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La Settimana Santa a BisceglieBisceglie, l’antica Sentinella medievale del tacco d’Italia, non vanta una sontuosa tradizione di riti introduttivi al giorno della Pasqua. Stretta tra il mare e le città di Molfetta e Trani, vive la Settimana Santa, settimana di penitenza e di speranza, con più discrezione rispetto alle due località confinanti. Eppure si fa palcoscenico di uno dei riti più interessanti della devozione popolare meridionale, che ogni anno richiama a sé migliaia di turisti e pellegrini. Si tratta dell’Incontro del Venerdì Santo, teatralizzazione dell’ultimo abbraccio tra la Madonna Addolorata e il Figlio in croce.

La Domenica delle Palme

Anche a Bisceglie la Settimana Santa vive liturgicamente i suoi momenti più significativi nel “Triduo Pasquale”, che inizia il Giovedì Santo con la rievocazione del Sacramento dell’Eucaristia.

Ad aprire il ciclo delle feste, tuttavia, è la Domenica delle Palme, preceduta dalla Settimana di Passione. Nei sette giorni “le Palme”, la Concattedrale si fa teatro del Settenario in onore di Maria SS. Addolorata, al quale partecipano sia la confraternita che l´omonima associazione femminile.

Nel giorno de ’r Pàlme si osserva un gioioso viavai di fedeli sui sagrati di tutte le chiese sin dal primo mattino. In passato i fedeli attendevano i contadini, che tornavano al paese con grandi fasci di rami d’olivo e foglie di palme, pronti ad essere benedetti dal parroco durante la messa cantata.

Oggi, invece, la preparazione alla Festa della Pace è ben più elaborata. Durante i giorni che precedono la Domenica delle Palme, le parrocchie vivono momenti di grande coinvolgimento collettivo: nei laboratori e nelle sagrestie (ma da decenni, tra i più solleciti, figura anche il locale Gruppo Scout 1) si intrecciano e si preparano graziose confezioni decorate che, dopo la benedizione, il fedele acquisterà per donare in simbolo di pace.

Tradizionalmente il rito della benedizione si svolgeva in parallelo in quasi tutte le parrocchie, alle sette del mattino. Oggi, allo scopo di coinvolgere attivamente i bambini, è usanza posticipare le celebrazioni di due o tre ore.

Una tradizione in disuso era quella di scambiarsi il simbolo di pace recitando alcuni versetti in vernacolo locale:

Chésse è la Palme

facìme la pòce

nàn è téimbe de stò ‘ngagnote,

pure le Tùrche stonne mbòce,

chésse è la Palme

facìme la pòce.2

Dopo lo scambio, le palme venivano portate a casa e poste al capezzale del letto, per essere sostituite con palme nuove solo l’anno successivo. Quelle ormai secche venivano invece raccolte, bruciate, conservate e poi cosparse dal parroco, sul capo dei fedeli, nelle funzioni del primo giorno di Quaresima dell’anno successivo, detto appunto Mercoledì delle Ceneri.

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¹ Lo scoutismo vanta a Bisceglie una lunga tradizione. E’ per volere dell’ancora oggi presidente cav. Mimmo Rana, che nel 1964 si diede vita, in ambito oratoriale, ad una prima cellula associativa, con intenti di promozione sociale. Prima federato all’ AGESCI (Associazione Giude e Scouts Cattolici Italiani), dopo una breve transizione nel CNGI (Corpo Nazionale Giovani Esploratori Italiani il gruppo scout locale aderì alla FederScout nell’ottobre 1998, sotto la denominazione AGISCOUT (Associazione Giovani Scout). Oltre alla pratica del metodo scout tradizionale, l’associazione è impegnata nel servizio pubblico di vigilanza e guida ai siti archeologici regionali. Tra le varie attività cui gli otre 200 iscritti si dedicano annualmente, un ruolo di particolare rilevanza riveste l’imponente presepe vivente che si svolge durante le festività natalizie nel parco naturale delle Grotte di S. Croce a Bisceglie.

² “Questa è la Palma / facciamo la pace/ non è tempo di stare indispettito/ pure i (pirati) Turchi portano la pace, / questa e la Palma / facciamo la pace”. Cfr. R. Monterisi, Versi dialettali biscegliesi, Bisceglie, Banca di Bisceglie, 1976

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Dal Lunedì al Giovedì Santo: le tradizioni perdute

Dal Lunedì al Giovedì Santo: le tradizioni perdute

L’ultima settimana di Quaresima, nella tradizione popolare, è dedicata alla purificazione.

Fino a qualche decennio fa le massaie si preparavano alla Resurrezione svolgendo, per giorni, le faccende domestiche con grande perizia: le lunghe e dettagliate “pulizie di Pasqua”, nel loro pedante rituale, metaforizzavano il percorso di

redenzione, aiutando le donne a concentrarsi sulla sofferenza, sull’umiliazione e sul significato della morte prima della Vita Nuova.

Anche a tavola si osservava una rigida frugalità: porzioni modeste, niente carne 3 e, a condimento della pasta, si sostituiva il formaggio con il pane grattugiato, soffritto e inzuppato al sugo di pomodoro (meddiche sfrìtte).

I più piccoli, invece, sin dalla prima domenica di Quaresima si dedicavano alla preparazione degli addobbi per la Re-posizione, facendo germogliare, al buio delle grandi credenze, grano, lupini, ceci, lenticchie e semi di soia in un letto di bambagia o canapa grezza imbevuta di acqua. Il vaso, simbolo del passaggio dalle tenebre alla Luce, sarebbe poi stato adornato con fresie di campo fresche. Anche nella scelta dei fiori si seguiva una simbologia: erano prediletti quelli bianchi, perché bianco è il colore dei paramenti che la liturgia adotta per esprimere la gioia del dono divino.

In ogni casa le mamme insegnavano ai bambini come creare i“sepolcri” per tramandare la tradizione, nulla sapendo del significato cristologico sotteso: il buio per la morte, i nuovi germogli per la vita.

Poi gli stessi bambini, coinvolti in una gara al “sepolcro” più bello, portavano in parrocchia i manufatti, che il parroco provvedeva a sistemare in modo significativo, il Martedì o il Mercoledì. I vasi, benedetti ed esposti al pubblico, venivano riportati a casa la sera del Venerdì.

Anche le chiese vivevano momenti frenetici nei primi giorni della Settimana Santa. L’andirivieni di fedeli era continuo, poiché la confessione, in periodo pasquale, era considerata indispensabile alla dignità di ogni buon cattolico. A Gesù crocifisso il popolo recitava in questi giorni invocazioni in vernacolo locale;

Menistre, menistre,

cinghie paróle ca me deciste,

nda la caténe me mettiste,

la chiçche de la téste

trapane u Còre celéste,

la chiòche de re mane

u Core trapane,

la chiòche du costòte,

da dó assé tutt’u fiòte,

la chiòche de le péide, ecc.

Biòte a ta. San Frangische,

ca te sinde nnameròte

de tòtte e cinghe re chiòche de Criste.

Ci déce chèsse

De mala mórte nan pote mbré

E mènghe pène de mbéirne póte passò. 4

La Concattedrale dedicata a S. Pietro era, ma lo è ancora oggi, fulcro dei riti pre-pasquali: le Confraternite, dal Lunedì al Giovedì, si muovevano dalla chiesa d’appartenenza per giungere al Duomo nelle ore e nei giorni stabiliti. Qui si ritrovavano per dedicare un’ora alla preghiera, la cosiddetta “óre à Criste”.

³ Era usanza non consumare carne per tutto il tempo di Quaresima, fatta eccezione per gli ammalati, cui era concesso astenersi solo nel giorno del Vnerdì Santo.

4 Ministro (divino), o ministro,/ con le cinque parole che mi dicesti,/ mi incatenasti a te,/ la piaga alla testa/ penetra il cuore divino/ la piaga della mano/ trafigge il tuo cuore,/ la piaga al costato/ da cui spirò tutto il soffio vitale/ la piaga del piede, ecc./ Beato te, o San Francesco,/ che ti sei innamorato/ di tutte e cinque le piaghe di Cristo./Chi dice questo/ non potrà morire in disgrazia/ ne potrà soffrire le pene dell’Inferno.

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I “sepolcri” del Giovedì Santo

In passato al Giovedì, dopo la lezièune, la “lezione” sulla Passione di Cristo cantata in latino dal parroco, la chiesa entrava in lutto: le campane smettevano

di rintoccare (di qui l’espressione popolare “muoiono le campane”) e persino alle mucche, portate in città direttamente dai lattai, veniva tolta la campana del col-lare. Da questo momento in poi, sino alla Pasqua, il suono delle campane veniva sostituito da quello della terròuzze. 5

Oggi il segno del lutto è dato solo dai paramenti sacri di colore viola.

Resta invece intatta la tradizione serale dei “sepolcri”, che vede le chiese parrocchiali farsi meta di sponta-nee processioni di fedeli. Dopo la messa “in Coena Domini” e la tradizionale lavanda dei piedi, la serata è interamente dedicata all’esposizione dell’Eucaristia sull’ Altare della Reposizione, predisposto per la ven-erazione del Corpo di Cristo.

I sepolcri, o più correttamente “cappelle della repo-sizione”, non rappresentano dunque la sepoltura del Figlio, ma servono a custodire il Pane Eucaristico per la Comunione che verrà distribuita durante il Venerdì della Passione. E’ per evitare questa improprietà se-mantica, che nel 1998 la “Congregazione per il Culto divino sulla preparazione e la celebrazione delle feste pasquali” stabilì che il tabernacolo non deve avere forma di sepolcro.

Sull’altare vengono in genere collocati: un tavolo, sim-bolo del sacrificio e dell’ imminente Pasqua, il pane ed il vino, tredici piatti, alcune candele e il tabernacolo dove è riposta la SS. Eucaristia. Poi, gli addobbi floreali ed i germogli, oggi preparati solo dagli osservanti più assidui.

La visita ai sepolcri (occorre visitarne almeno tre o comunque in numero dispari, meglio cinque, quante le piaghe di cristo o sette, quanti i dolori della Madonna) è un momento di preghiera ma soprattutto un’occasione di incontro: le chiese sono aperte sino a tarda notte e anche i giovani vi si riversano volentieri.

Tradizione vuole che il percorso venga duplicato al mattino successivo, così da “accompagnare” nella visita ai “sepol-cri” la Vergine Addolorata e il Cristo Portacroce in processione.

La chiesa di S. Matteo è l’unica a sostituire l’altare della reposizione con quello “dei Misteri”: sull’altare maggiore ven-gono poste in fila tre immagini sacre che poi verranno portate in processione nel tardo pomeriggio del Venerdì Santo. Si tratta delle statue di S. Pietro, Veronica e Cristo in Culla, alle quali si aggiunge la secentesca Maria SS. Addolorata, già custodita in S. Matteo che non è quella della processione ei Misteri.

In passato, nella Chiesa della Misericordia tutta la notte del Giovedì santo era dedicata alla Piena Adorazione: dalle ore 22 alle 6 del mattino la chiesa restava chiusa, ma non vuota. Al suo interno avrebbero indugiato i fedeli, sino all’inizio della processione dei Misteri.

5 Raganella, strumento idrofono a pizzico costituito da un telaio con ruota dentata che striscia su una lamella, producendo un suono stridente. Dicesi raganella, dal nome della specie anfibia, poiché riproduce il gracidio delle rane. Tra le preghiere del giovedì, venerdì e sabato santo, caratteristiche erano re trèmue (le tenebre), che si recitavano in chiesa prima dell’alba, quando «spenti i lumi si bacchettavano le pache». F. Cocola, Vocabolario dialettale biscegliese-italiano, Trani, Tipografia Paganelli, 1925.

Cappelle della reposizione

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6 Si desumono notizie certe sul culto della Vergine Addolorata nella Concattedrale di Bisceglie dalla visita pastorale del Vescovo Mons. Gaetano de Franci avvenuta nel 1823. La Confrater-nita in suo onore fu istituita però molti anni più tardi, nel 1970. Un gruppo di uomini devoti della Madonna si aggregò sotto il nome dell’attuale Confraternita per sostituirsi alla Confraternita dei SS. Martiri e al Capitolo, fino ad allora portatori della Madonna durante la processione del Venerdì Santo. Il gruppo di fedeli indossava nei primi anni una camicia nera ed uno scapolare raffigurante la Madonna, mentre oggi la veste confraternale è caratterizzata da camice e cingolo bianchi con mozzetta color panna frangiata in oro con un’immagine della Madonna. 7 Il rito dell’ “Incontro” la vede vestire il ruolo di protagonista principale di una socializzazione del dramma privato che si consuma collettivamente nel mattino del Venerdì Santo. La statua della Vergine Addolorata (o Madonna dei sette Dolori), summa di dolcezza e ispiratrice di pietas cristiana da decenni, è opera di particolare raffinatezza. Il suo volto appare straziante ma non disperato, a segnalare l’accettazione del sacrificio supremo. L’Addolorata, venerata nella Concattedrale di Bisceglie, nella processione dell’ Incontro veste un semplice abito di pura seta nera, ad esprimere la mestizia del suo ultimo abbraccio con il figlio morente. Ma la Vergine Addolorata, compatrona di Bisceglie, è anche protagonista della ricca Festa di S. Maria Addolorata, che si celebra nella terza domenica di Settembre. In questa occasione, indossati abiti più preziosi (le vesti in dotazione alla statua sono in tutto tre, più un prezioso abito antico non più utilizzato), l’Addolorata, “Màmme du paése”sfila per le strade del centro cittadino seguita dalla statua “La Congrega dell’Addolorata” e da un corteo di donne in abito nero bordato di bianco che recano in processione ceri di varia grandezza. 8 E’ tra le statue più belle della Settimana Santa. Curva sotto una pesante croce lignea, la statua del Cristo dal volto martoriato fu fatta costruire per volere della Confraternita di S. Giuseppe nel 1887 ed è oggi custodita della chiesa di S. Lorenzo. Sembra che i capelli, lunghi e biondi, del Cristo siano appartenuti a Giuseppe di Terlizzi, alunno del V ginnasiale e poi medico a Roma nei primi del secolo. Si racconta che, mentre la statua stava per essere ultimata, l’artista udì la voce di Cristo, che gli disse «come hai potuto farmi così perfetto?» e che poco dopo morì per infarto. (M. Cosmai, Leggende e tradizioni biscegliesi, Molfetta, Tipografia Mezzina, 1980, pag. 120) 9 La Confraternita di San Giuseppe fu fondata nella Chiesa di San Lorenzo nel 1604 e ottenne il riconoscimento della Casa Reale di Borbone nel 1781. Ad oggi conta 30 iscritti, che si riuniscono ogni primo martedì del mese per la catechesi. Essi inoltre curano con grande attenzione il culto del loro Santo Protettore, San Giuseppe, organizzando un Triduo in suo onore prima delle celebrazioni liturgiche del 19 marzo. La processione del Cristo in Croce, la mattina del Venerdì di Passione, li vede indossare una sacca bianca con ficco verde ed una tracolla con scudo raffigurante l’immagine della Sacra Famiglia.

L’ultimo bacio: la processione dell’Addolorata e l’Incontro al Calvario

Non c’è dubbio che il cuore degli eventi della Settimana Santa sia l’Incontro del Venerdì Santo, uno dei riti più suggestivi e peculiari della pietà popolare pugliese.

E’ un momento fortemente teatrale, di intensa commozione per tutta la comunità,che, in questo giorno di dolore condiviso, da oltre cento anni affolla a perdita d’occhio il centro cittadino.

Il cerimoniale inizia all’alba. Dopo aver recitato le lodi mattutine, alle 6 del mattino, i confratelli di Maria SS. Addolorata 6 partono dalla Concattedrale di San Pietro per la processione penitenziale.

La statua della Vergine 7, portata sul sagrato della Cattedrale, è pre-ceduta dalla Croce dei Misteri, dallo stendardo dell’Associazione Femminile di Maria SS. Addolorata e dalle terziarie in abito nero, in segno di lutto.

Nessuna musica segue il corteo, che percorre le strette viuzze del borgo antico sulle tracce dello stesso percorso compiuto dai fedeli pellegrini la sera prima per la visita ai Sepolcri.

La Vergine dei Sette Dolori si ferma dunque in tutte parrocchie che incontra sul cammino, sino a giungere al centro della città nuova, in Piazza Vittorio Emanuele, alle ore 9.30. E’ qui che, ai piedi del Calva-rio, nei pressi della parrocchia di San Lorenzo, incontrerà il figlio in croce, per stringersi a lui nell’ultimo disperato abbraccio.

Parallela a quella della Vergine è la processione del Cristo Portacro-ce 8, che parte dalla Chiesa di San Lorenzo alle ore 9. L’imponente statua ottocentesca condotta dalla Confraternita di S. Giuseppe 9, è invece accompagnata dalle note meste della banda musicale, che segnano l’inizio dell’Incontro.

Davanti al Calvario, frattanto, nei giorni precedenti al rito è stata in-nalzata una pedana, da cui il vescovo inizia le letture relative all’ul-timo sublime appuntamento tra Madre e Figlio lungo la strada che porterà Cristo al patibolo. Nel mentre delle letture le statue sono en-trambe giunte in piazza, a fermare in un attimo senza tempo i respiri e i chiacchiericci degli astanti. Il simulacro di Gesù in croce si ferma, la banda smette di suonare, il tempo pare immobile e gli astanti, rapiti da una inspiegabile emotività interiore, alzano gli occhi al cielo, in attesa.

E’ il momento di maggiore pathos: la pesante statua della Vergine si inclina fino a sfiorare il volto del Figlio, in un ultimo dolcissimo bacio. Un tempo, al momento del contatto tra la Madre dolente ed il Figlio martoriato, dalla piazza si innalzavano urla di tormento. Erano spasimi e lamenti di donne che, nella rievocazione storica, trasferivano le angosce per la perdita di figli e mariti caduti sul fronte. Ancora oggi si possono ascoltare i retaggi di quelle lacrime: c’è sempre qualche madre o vedova straziata dal dolore, che si immedesima nel supplizio della Vergine. Dopo l’incontro, la tradizione vuole che le due statue continuino separatamente il loro itinerario sino alle 14, visitando, come i numerosi fedeli, i sepolcri delle principali chiese cittadine. Un secondo incontro, soppresso due decenni fa, avveniva sul sagrato della Chiesa di San Domenico o nella Casa della Divina Provvidenza a mezzo-giorno del Venerdì Santo.

L’incontro negli anni ‘60 fonte: www.centrostudibiscegliese.it

L’incontro nel 2011

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Incontro del 1911 - Fonte:www.centrostudibiscegliesi.it

Incontro a S. Domenico, anni ‘20 - Fonte:www.centrostudibiscegliesi.it

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Incontro anni ‘40 - Fonte:www.centrostudibiscegliesi.it

Incontro del 1939 - Fonte:www.centrostudibiscegliesi.it

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Cristo morto in processione: una tradizione perduta

La cerimonia appare oggi accorpata a quella dei Misteri, che si svol-ge nel pomeriggio del Venerdì Santo, ma in passato costituiva una curiosa tradizione a sé stante.

Per Bisceglie, Cristo moriva nella sera del Giovedì, prima dell’Incontro con la Madre Addolorata e della salita al Golgota. Una incongruenza tem-porale, corretta da circa vent’anni.

La processione, un rito di grande suggestione con avvio dalla antichissi-ma chiesa di S. Matteo, era detta “Criste ind’à la caténe”, poiché la statua del Figlio morto in croce era portata per la città in una “culla” di cristallo (la caténe).

La città si spegneva e il corteo processionale, condotto dai confratelli del Sacro Cuore di Gesù, sfilava alla sola luce dei ceri della caténe, adornata da portalampade di diversi colori.

Prima del 1890 era in uso portare in processione un crocifisso ligneo se-centesco, ora restaurato e visibile sull’altare maggiore della Cattedrale. Un incidente, di cui la storia non conserva memoria, portò il Cristo a per-dere le braccia, mutilazione che indusse la comunità cristiana a deporlo in una bara di cristallo appositamente costruita. Nel 1890 l’abate Martucci e la Confraternita del Sacro Cuore di Gesù decisero di sostituire la statua con un Cristo intagliato su misura per la “culla”. La statua, restaurata nel 2004, è quella che ancora oggi appartiene alla tradizione della Settimana Santa.

Cristo morto in processione, durante la Settimana Santa del 1952. Fonte: www.centrostudibiscegliese.it, per con-cessione del sig.Simone

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La processione dei Misteri

Il rito inizia alle 15.30 in cattedrale, con la funzione della Pas-sione di Gesù. Nel più totale silenzio, il sacerdote si prostra sull’altare e poi celebra le letture del Venerdì Santo e della

Passione. Dopo l’omelia il sacerdote resta scalzo in segno di sottomissione e attende che il Crocifisso venga prelevato dal retro dell’altare per essere ostentato ai fedeli. La Croce viene pri-ma baciata dall’officiante e poi da tutti gli astanti, ordinati in una lunga fila come per ricevere la Comunione. Segue l’ostensione del Santissimo, sottratto all’altare della reposizione. Caduto nel dimenticatoio è invece il rito delle tre ore di ago-nia, che si svolgeva in chiesa dalle 12 alle 15, tra musiche e preghiere. Un monaco, incaricato nel Quaresimale, spiegava e commentava le sette frasi pronunciate da Gesù morente.

Le processioni dei Misteri, statue e gruppi lignei settecenteschi raffiguranti ciascuno un momento della passione, partono alle 17, proprio dalla Cattedrale. E’ da qui che sfila la Croce, condot-ta da un fedele incappucciato 10. A seguirla per le vie cittadine, sono nell’ordine i gruppi statuari di: Gesù nell’orto degli ulivi (proveniente dalla chiesa di S. Ado-eno e portato dai fedeli dell’Associazione “Il Calvario”); S.Pietro (da S. Matteo e condotta dai fedeli dell’associazione San Trifo-ne); Cristo alla colonna (da S. Agostino, condotto dai confratelli dell’Immacolata Concezione 11); Ecce Homo, detto anche Cristo alla canna (dalla Chiesa della Misericordia, condotta dai devoti della Confraternita di S. Maria della Misericordia 12), la Veronica che asciugò il volto di Cristo sul Calvario (dalla Chiesa di S. Mat-teo, condotta dalla confraternita di S. Maria di Costantinopoli 13); la Madonna Desolata (da S. Domenico, ove risiede la Confrater-nita della Madonna del Rosario 14); Il Calvario (da S. Adoeno, il più imponente dei gruppi statuari è condotto da devoti dell’As-sociazione omonima); la Pietà (dalla chiesetta del Santissimo, portata dai confratelli del SS. Salvatore 15); Gesù morto in Culla (da S. Matteo condotto dalla Confraternita del Sacro Cuore).Prima, come altrove accennato, il gruppo del Calvario e il Cristo ‘alla caténe’, venivano condotte in processione al giovedì, men-tre le altre statue procedevano autonomamente senza un ordine prestabilito, onde incontrarsi in Piazza Vittorio Emanuele al farsi della sera.In molti ambiscono a portare a spalla queste statue, perciò nella sera del giovedì i posti da portatore vengono messi all’asta e assegnati al migliore offerente. Le somme raccolte vengono poi devolute alle rispettive parrocchie.Le nove statue, fino a pochi anni fa precedute dagli strepitii della terròuzze, confluiscono alle 19 in Piazza Vittorio Emanuele, dove ad accoglierli sono devoti e non devoti, un tempo in abiti nuovi ed eleganti, ancora una volta in segno di rigenerazione e purificazione.Da qui, dopo essersi disposte in ordine cronologico in base al susseguirsi delle scene della Passione, le statue muovono per la Via Crucis, un corteo didattico e commemorativo che si celebra attorno alla piazza centrale. Alle 20,30 tutte le statue fanno ritorno alle chiese di appartenenza, fatta eccezione per il Cristo in Culla, il Calvario e la Pietà, che, prima del rientro fissato per la mezzanotte, fanno tappa in piazza Margherita di Savoia (ai piedi del teatro comunale). Poiché il tratto di strada da percorrere prevede poche centinaia di metri, i confratelli usano fare due passi avanti ed uno indietro, oppure oscillare in modo da rallentare l’andamento.

Gesù nell’orto degli ulivi - Fonte:www.centrostudibiscegliese.it

10 la pesante Croce reca sui bracci orizzontali i simboli della crocifissione: martello, tenaglia, chiodi, lanterna, forca, scala, gallo… In passato era portata dai sacerdoti, che ricevevano in compenso un agnello dai fedeli. (M. Cosmai, op. cit., pag. 121)

11 La confraternita dell’Immacolata Concezione nacque all’inizio del 1600 ma fu riconosciuta da feridnanzo IV sono nel 1781. Estintasi all’inizio del XIX fu riformata nel 2004 da don Giuseppe Tupputi. Conta 40 iscritti che indossano, per la processione dei Misteri, un sacco bianco con mozzetta e cingolo turchesi.

12 Anche la confraternita di S. Maria della Misericordia ha origine nel 1700 e veste di bianco con mozzetta rossa.

13 Fondata nel 1549, la confraternita di S. Maria di Costantinopoli ha sede in S. Matteo e conta oggi 20 iscritti. I confratelli indossano saio e cappuccio bianco, con mozzetta e cingolo gialli.

14 Tipica dell’Ordine dei Domenicani, la Confraternita della Madonna del Rosario fu fondata alla fine del XVI secolo e conta oggi solo 3 iscritti. I fedeli indossano camice bianco e cingolo rosso. Altro segno distintivo è il rosario, che pende trasversalmente dall’omero destro al fianco sinistro.

15 L’arciconfraternita del SS. Salvatore fu fondata sul finire del XVIII sec. nella piccola chiesa sul mare detta del Santissimo. Conta oggi 20 iscritti, che indossano sacco bianco, con fascia trasversale azzurra e cingolo dello stesso colore. Nella processione dei Misteri, per distinguersi dalle altre confraternite, indossa un cappuccio nero invece che bianco.

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La statua della Veronica la statua di S.Pietro

Ecce Homo - Fonte:www.lamiasettimanasanta.net Cristo alla colonna

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Il gruppo della Pietà

Cristo in culla - Fonte:www.lamiasettimanasanta.netLa Madonna desolata

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Il Calvario

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La Passione Vivente degli Scout

Da un po’ di anni se ne sente la mancanza, poiché la manifestazione era entrata appieno a far parte dei riti della Settimana Santa biscegliese. La “Passione

Vivente”(se ne ricordano 12 edizioni, dal 1991 al 2002), era messa in scena il Venerdì di Passione dal longevo Gruppo Agiscout Bisceglie, diretto dal cav. Mimmo Rana. Doveroso, innanzitutto, segnalarne l’intento: trasmettere in maniera forte un messaggio di pace, attraverso la rappre-sentazione drammatizzata del sacrificio supremo del Figlio di Dio. Questo appuntamento segnava il culmine di un ori-

ginale cammino di fede, che per i gio-vani scout partiva e terminava a Na-tale, nell’articolato Presepe Vivente allestito presso le Grotte di S. Croce (ancora oggi ri-chiamo per turisti e visitatori di mezza Puglia). La “Passione Vivente” coinvolgeva circa 100 ragazzi, di cui 80 nella recitazione e il resto nell’organizzazione logistica dell’evento. Nessun attore professionista ve-niva fatto partecipe della rappresentazione, che tuttavia riusciva particolarmente suggestiva, visto lo scenario e l’utilizzo esclusivo di abiti confezionati su misura e ossequenti, sin nei dettagli, alla tradizione storica. I testi rispettavano la lettura del Vangelo: la rievocazione dell’ultima cena, il cam-mino nel Getsèmani, la condanna a morte e la caduta di Gesù sotto il peso della croce venivano rappresentate ai piedi del Monumento ai caduti in piazza Vittorio Emanuele, mentre il Giudizio a Pilato (scena VI) si svolgeva in Piazza Duomo; dalla Concattedrale si partiva per la Via Crucis, culminante, quasi a sottolineare la circolarità perfetta della storia, nuovamente in Piazza Vittorio Emanuele. Qui,

sfruttando la presenza di un monumento perennemente evocativo, quale a Bisceglie è “il Calvario” 16, aveva luogo la cro-cifissione. La scena metteva a dura prova l’attore protagonista, che, indossato solo un panno di lino, si vedeva costretto spesso a resistere a condizioni atmosferiche piuttosto proibitive 17.

Passione vivente 2012

Il 2012 segna per Bisceglie il ritorno atteso delle celebrazioni della Passione Vivente. Un evento nato dalla volontà del parroco don Ferdinando Cascella, allo scopo di riunire i fedeli, con un atto drammatico significativo, attorno al sacrifi-cio della croce. Sul sagrato della parrocchia di S. Lorenzo, e poi ancora presso il Calvario e Piazza Vittorio Emanuele,

ai biscegliesi, Lunedì 2 aprile, si è offerta la migliore delle messe in scena che si potesse progettare con il solo leitmotiv della Passione, quella che muove il mondo a superare gli ostacoli, con l’ostinazione dell’entusiasmo. La musica, le grida del popolo, il pianto di Maria, la sofferenza del Cristo, hanno coinvolto l’animo di tutti gli spettatori, anche dei più piccoli, superando quel muro di disappunto che provoca nei cittadini meno avvezzi ai riti cristiani, un discorso su Cristo pronunciato nel terzo Millennio. Protagonisti dell’evento, gli adolescenti della parrocchia, che hanno da soli provveduto alle scenografie, agli abiti, ai manufatti e alla regia, pur senza avere le competenze specifiche solitamente richieste nell’allestimento di un evento scenico di grande pathos. E poiché l’arditezza premia, l’evento è riuscito al meglio nel suo intento: non solo quello di rinverdire una tradizione amata dai biscegliesi, ma quello di coinvolgere i più giovani, attivamente, nella riscoperta attiva della fede.

16 La struttura, costruita su progetto dell’ing. Albrizio nel 1858, presenta cinque nicchie gotiche, decorate con i mosaici realizzati dall’artista Lorenzo Berlendis e con croci a piedi di cias-cuna nicchia. I 5 mosaici ovoidali recanti le scene della crocifissione, sostituirono, a partire dal 1963, altrettanti affreschi dell’artista Santoro.

17 Cfr. Mimmo Rana, Scuotismo a Bisceglie, Bisceglie, Eurografica s.n.c., 2004

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Note dolenti: i suoni della Settimana Santa

Bisceglie non vanta una propria tradizione di marce funebri, come accade nella limitrofa Molfetta. Pertanto la scelta del Gran Concerto Bandistico “Biagio Abbate-Città di Bisceglie” ricade, in genere, su marce “ballabili”, piuttosto ritmate, poiché la cadenza agevola l’ondeggiamento.

Come accade per la maggior parte dei complessi bandistici pugliesi (ma la tradizione ha raggiunto anche altre località del Meridione d’Italia), durante le processioni della sera del Venerdì della Passione la banda accompagna i complessi statuari eseguendo una marcia del M° molfettese Amedeo Vella. Si tratta del brano intitolato “Una lagrima sulla tomba di mia madre”, reso celebre anche dai film di Vittorio De Sica “Pane amore e…” (1956) e da “Amarcord” di Federico Fellini (1974). Durante la Processione dell’Incontro, al Ve-nerdì mattina, è poi tipica l’esecuzione di “Ione”, rivisitazione della marcia del compo-sitore Petrella ad opera del M° Peruzzi. Altro brano tipico delle processioni dei Mi-steri al venerdì sono il “Cristo Morto” e “Triste ricordo”. Quest’ultimo, in genere, è esegui-to non dal complesso bandistico locale ma dalla Banda della limitrofa città di Ruvo.Nel 2009 il Gran Concerto Bandistico “Biagio Abbate-Città di Bisceglie” ha sperimentato l’esportazione di una tradizione molfettese, ovvero quella di eseguire, durante la processione dei Misteri, un brano diverso per ogni strada percorsa dalla processione. Nel 2010, invece, per la prima volta è stato organizzato, in una piazza nel cuore del centro storico, un concerto di marce funebri della tradizione pugliese, tra cui figurava l’inedito “Crepuscolo” del maestro contemporaneo Angelo Inglese.

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Passione vivente 2012 - Foto: Fabrizio Ardito

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La Pasquetta al Pantano

Da sempre complemento alla Pasqua, il Lunedì dell’An-gelo era, sino a qualche decennio fa, denominato Lu-nedì del Pantano, dall’usanza popolare di trascorrere

la pasquetta nel porticciolo naturale dell’Arena di S. Angelo (detto Pantano per via delle sue acque melmose). Il litora-le a confine con Molfetta si animava come non mai: intere famiglie dell’allora ceto medio si recavano a mare per con-sumare a sazietà ‘re tièdde di pasta al forno, focacce, sep-pie ripiene, uova sode, vino di produzione propria e dolci in quantità. I più agiati si recavano invece nelle proprie casine di campagna, dove organizzavano feste danzanti e abbon-danti grigliate di carne, mentre il popolo minuto pranzava in casa per poi recarsi in spiaggia, a godere del primo sole primaverile.Il Lunedì dell’Angelo apriva il ciclo delle fiere campestri di primavera, pellegrinaggi verso i santuari medievali che si svolgono ancora oggi nelle domenica tra la Pasqua e la Pentecoste.

Due foto della Pasquetta 1949- Fonte:www.centrostudibiscegliese.it

La Resurrezione

Fino agli anni ’70 questa celebrazione figurava tra le peculiarità della tradizione locale. Bisceglie, come poche altre città, anticipava la Resurrezione del figlio di Dio alla prima mattina del sabato 18. Un orario strategico, perché le donne avrebbero dovuto presto rincasare, così da potersi gettare bocconi in terra e recitare il Credo al primo rintocco delle campane.

Alle 11, all’innalzarsi del Gloria, le campane della Cattedrale “si scioglievano” e il sacrestano metteva in libertà due colombe bian-che. Il segnale della Resurrezione era emesso direttamente dalla Santa Sede: da allora in poi, entro mezzogiorno, le campane di tutte le chiese della città (rimaste in silenzio per l’intera Settimana Santa) avrebbero ripreso a funzionare. Al suono della sirena delle 12 iniziava la festa: i fabbri smettevano di lavorare e prendevano a far rumore con le caldaròle 19; dal campo sportivo si udivano i fuochi d’artificio, mentre nei campi, in segno di festa, i contadini si mettevano a picchiare con le zappe sulla pietra. Anche per le vie si faceva gran baccano: i ragazzi con trombette e coperchi di latta, gli adulti con pistole a salve o con i clacson delle autovetture. Le donne, prima di uscire per gli scambi di doni ed auguri pasquali, provvedevano a proteggere la casa, battendo le scope contro il letto, così da scacciare il diavolo e il malocchio 20. Il parroco, invece, si dedicava a fare il giro dei quartieri, per benedire le case dei fedeli con l’acqua benedetta durante la funzione pasquale. In questo giorno, un’antica tradizione vuole che i lattanti non ancora in grado di deambulare fossero messi ripetutamente alla prova dalle nonne e dalle giovani mamme. Oggi la Resurrezione si celebra come in tutto il resto del mondo nella notte tra il Sabato e la Domenica di Pasqua.

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18 Solo in Cattedrale la Santa Messa si celebrava più tardi, a partire dalle 10.

19 Latte di benzina che venivano sfregate e battute fragorosamente.

20 M. Cosmai, op cit., pag. 125

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I doni e i giochi della Pasqua che fu

L’usanza di regalare le uova, simbolo di fecondità, sembra risalire ad un’antica tradizione persiana, che associava lo scambio di uova di gallina all’arrivo della Primavera.La Pasqua dei tempi andati, attorno al simbolo della Resurrezione aveva nondimeno costruito tutta una ragnatela di sugge-

stioni. I più piccoli, nei giorni precedenti la Santa Pasqua, si divertivano a realizzare ‘r d’óuve pèinde: le uova, su cui prima venivano disegnate croci, colombe e ghirigori con cera di candele, venivano bollite in un pentolino (checenéidde) colmo di acqua e colo-rante naturale (in genere si utilizzava cocciniglia rossa o zafferano). Dopo l’essiccatura, la cera veniva rimossa e le uova portate in tavola per essere consumate durante il pranzo di Pasqua. Un gioco per adulti che allietava le serate pasquali era invece quello della regnate, altrimenti detto tezzò ‘r d’óuve. Sul sagrato della Cattedrale o, in tempi più recenti, ai piedi del teatro comunale, gli uomini si riunivano per battersi in una gara molto partico-lare. Ogni concorrente aveva a disposizione un uovo fresco e doveva con questo colpire l’uovo dell’avversario. Chi, dopo aver urtato indenne le uova di tutti i contendenti fosse riuscito a mantenere intatto il proprio, si aggiudicava la posta in palio, costituita ancora da uova.Altro gioco tipico era quello de ‘u sólde ind all’óuve , che utilizzava uova sode decorate. Si trattava di un partico-lare tiro al bersaglio: i concorrenti, incitati dalla folla dei curiosi, lanciavano una moneta, con il difficile obiettivo di trafiggere l’uovo-bersaglio, posto ad una distanza definita in partenza. Al vincitore, poi, sarebbero andati l’uovo e la moneta 21. Anche i doni avevano il loro ruolo nel codice delle tradizioni pasquali. Al primaverile risve-gliarsi degli amori, corrispondeva un altrettanto intenso e segreto rituale del corteggia-mento, che era lecito rendere manifesto solo al Sabato Santo. Alla sera del giorno pre-festivo, dai balconi erano solite sporgersi le fanciulle, cui gli innamorati dedicavano lunghe serenate. Il giorno dopo, al promesso sposo sarebbe toccato donare l’anello di fidanzamento, simbolo del pegno d’amore. La fidanzata avrebbe invece regalato alla futura suocera un ricco cesto di dolci e uova, ricevendo in cambio una veletta (tra le famiglie benestanti era in uso farla ricamare al tombolo), di quelle usate per coprire il capo durante la messa domenicale.

Le tradizioni culinarie

Non vi è abbondanza di ricette tipiche iscritte nella tradizione biscegliese del periodo antecedente la Pasqua, poiché l’animo semplice della popolazione era un tempo tutto proiettato sul valore spirituale delle manifestazioni religiose locali.

Tuttavia nell’immaginario collettivo la Settimana Santa si accompagna all’odore dolce e tenue della glassa di zucchero. In passato ogni famiglia, nei giorni precedenti alla Resurrezione, si premurava di grandi scorte di zucchero e uova (ne servono sino a 16 per ogni chilogrammo di impasto), che sarebbero servite a preparare le deliziose ciammèille cu scilèippe (ciambelle

glassate). Ore ed ore di preparazione attendevano le piccole donne di casa, cui le mamme tra-mandavano, come un gran segreto, tutti i trucchi per la glassa più ariosa, fine e profumata. Era consuetudine preparare le ciambelle nel pomeriggio della Domenica delle Palme e portarle dai maestri fornai nelle prime ore del Lunedì, cosicché potessero indorarsi alla temperatura del primo forno.La tradizione popolare delle ciambelle glassate, che a Bisceglie assumono la forma tipica di una clessidra con foro centrale, fu istituzionalizzata dalle Clarisse del convento di S. Luigi, che le donavano alle benefattrici in segno di ringraziamento o le confezionavano su commissione.

Altro dolce tipico della Pasqua locale sono le freséidde, grossi biscotti da latte a forma di anello preparati con zucchero, farina, uova, vanillina e aroma di limone.

Sulle tavole imbandite a festa per la Pasqua, non potevano inoltre mancare l’agnello al forno, ù marre e le “scarcelle” di tradizione molfettese (il nome deriva da una forma di borsa), intrecci di pasta

frolla (generalmente in forma di cesto per le bambine e di cavalluccio per i maschietti), con un uovo sodo colorato al centro. La pasta reale (zucchero e mandorle) serviva infine a preparare tutti gli altri dolci che fantasia culinaria delle massaie biscegliesi dettava. L’impasto più apprezzato a livello locale, nel secolo scorso, era quello lavorato à la chianghe, ovvero lavorato su pietra.

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21 Cfr. M. Cosmai, op. cit., pag. 126 e 172

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La Diretta nuovaEditr ice: ass. cul t . G.B.Ferrara

Biscegl ie, 2012