Settemiglia - anno V, n°4

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settemiglia da Gerusalemme ad Emmaus ...e ritorno Diocesi di Nola – Parrocchia San Francesco di Paola – Scafati – Sa anno V ‐ n°4 Laudato Si’

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Giornale della Parrocchia San Francesco di Paola - Scafati (Sa) Supplemento a IN DIALOGO Mensile della Chiesa di Nola

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settemigliada Gerusalemme ad Emmaus ...e ritorno

Diocesi di Nola – Parrocchia San Francesco di Paola – Scafati – Sa

anno V ‐ n°4

Laudato Si’

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settemigliaSupplemento a

IN DIALOGOMensile della Chiesa di Nola

Aut.ne Trib. di Napolin. 3393 del 7/03/1985

Direttore ResponsabileMARCO IASEVOLI

Coordinatore RedazioneDON GIUSEPPE DE LUCA

RedazioneVINCENZO FIORENZA

PASQUALE VELLECA

PASQUALE VIOLANTE

ENZO VITIELLO

ELENA FIORENZA

ROSA MATARAZZO

FRANCO CIPRIANO

FRANCESCO QUAGLIOZZI

VINCENZO DONNARUMMA

VignetteRosaria Scotto

E‐Mail ed [email protected]

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Coppola Spa

don Peppino De LucaCiro CoticelliTonia VitielloPasquale ViolanteMarianna MilanoFranco CiprianoSan Francesco d’AssisiFrancesco QuagliozziElena FiorenzaVincenzo FiorenzaJoshua

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RIFLESSIONI

RIFLESSIONI

SCOUT

FEDE

TRAME AFRICANE

ARTE

CULTURA

SPORT

LIBRI

RACCONTO

POESIA

Laudato si’

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Nella sua ultima Enciclicapapa Francesco invita aprendersi cura del creato

non soltanto risolvendo le questioniambientali ma facendosi caricoanche delle esigenze degli emargi-nati e delle generazioni future. «Laudato si’» offre un ottimospunto per riflettere sul significatodell’essere donne e uomini che vi-vono nella terra di tutti.Da laici cristiani, ciascuno con il

proprio bagaglio di vita vissuta,siamo tutti chiamati da questa En-ciclica a compiere un itinerario di ri-scoperta della bellezza di abitare laterra, casa di ogni uomo e donna,assumendone la piena responsabi-lità. Leggendola siamo continua-mente presi per mano, tra lo stuporedel dono e la consapevolezza delcompito, a intravedere la tessiturameravigliosa che lega tra loro tuttele cose create.

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Custodire

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13 giugno 2015Anche i nostri scout incontranoPapa Francesco in una festa, inPiazza San Pietro, in puro stile scout.100.000 camice blu che fanno feliceil vecchio Papa. 100.000 fazzolettoniche dicono la giovinezza dellaChiesa che crede in un metodo cheeduca alla libertà e alla responsabi-lità. Agli scout il papa ha detto: “Fateponti, non muri. Capacità di dialogocon la società, questo mi raccomando,la capacità di dialogo, con la societàfare ponti, fare ponti in questa societàdove c'è l'abitudine di far muri, voi fateponti, per favore.”

18 giugno 2015Rivolta a tutti e non solo ai cattolici,Laudato si’, è la nuova enciclica diPapa Francesco.Il titolo che solitamente corrispondealle prime parole del testo latino que-sta volta sarà in italiano. Il papa partendo dai versi poetici delCantico delle Creature scritta da unaltro Francesco: il poverello d’Assisi.Fin dai suoi primi interventi, PapaFrancesco parla della “vocazione delcustodire” che abbraccia l'interocreato e ha una dimensione che ri-guarda tutti.L'omelia del 19 marzo all’inizio delsuo pontificato, è il testo che può in-

di DON PEPPINO DE LUCA

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trodurci alla lettura dell’enciclica e cirende comprensibile l’obiettivo diBergoglio:“Giuseppe è “custode”, perché sa ascol-tare Dio, si lascia guidare dalla suavolontà, e proprio per questo è ancorapiù sensibile alle persone che gli sonoaffidate, sa leggere con realismo gli av-venimenti, è attento a ciò che lo cir-conda, e sa prendere le decisioni piùsagge. In lui cari amici, vediamo comesi risponde alla vocazione di Dio, condisponibilità, con prontezza, ma ve-diamo anche qual è il centro della vo-cazione cristiana: Cristo! CustodiamoCristo nella nostra vita, per custodiregli altri, per custodire il creato!La vocazione del custodire, però, nonriguarda solamente noi cristiani, hauna dimensione che precede e che èsemplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bel-lezza del creato, come ci viene detto nel

Libro della Genesi e come ci ha mo-strato san Francesco d’Assisi: è l’avererispetto per ogni creatura di Dio e perl’ambiente in cui viviamo. È il custodire la gente, l’aver cura ditutti, di ogni persona, con amore, spe-cialmente dei bambini, dei vecchi, dicoloro che sono più fragili e che spessosono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno dell’altro nella fa-miglia: i coniugi si custodiscono reci-procamente, poi come genitori siprendono cura dei figli, e col tempoanche i figli diventano custodi dei ge-nitori. È il vivere con sincerità le amicizie, chesono un reciproco custodirsi nella con-fidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodiadell’uomo, ed è una responsabilità checi riguarda tutti. Siate custodi deidoni di Dio!” s

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La bellezza del creato è ovunqueAnche in un concerto

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Tutto ciò che l'uomo ha creatoe che tendiamo ad accoglierecon un “ohhhh” e a classifi-

care con l'espressione “opera d'arte”,vuoi che siano film, romanzi, can-zoni, poesie, dipinti, sculture, tro-vano il loro comune denominatorein un sentimento intenso. Non perforza positivo come l'amore o l'ami-cizia, sia chiaro, ma intenso. Paradossalmente anche l'apatia e ilnichilismo possono essere vissuti cosìintensamente da far sorgere qualcosadal nulla.Ed allora mi domando: c'è qualcosadi più grande dell'amore di Dio pernoi e del dono che ci ha fatto?

Qualche mese fa ho assistito ad unconcerto che mi ha colpito profon-damente. Mi è tornato in mentementre rileggevo l'enciclica LaudatoSi’. Sul palco Silvestri-Fabi-Gazzè,noi sotto per goderci un po' di can-zoni e passare una serata spensierata. Per me è successo di più. Per moltialtri è successo di più. Gli artisti sulpalco volevano che succedesse di più.Tra le tante hit del passato, canzoniprese dall'ultimo lavoro. Alcunetracce (oltre ad essere ben scritte edeseguite, ma è un altro discorso)sono schiaffi ben assestati a chi ha lavoglia di ascoltare. Per fortuna c'èchi, come i tre di cui sopra, sa scrivere

di CIRO COTICELLI

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brani gradevoli all'ascolto e allostesso tempo non destinati ad unascolto usa e getta, ma ad una rifles-sione più profonda e duratura. Inizia il concerto. Sul palco solo loro con le chitarre adintonare “Alzo le mani”: ho già ascol-tato e riascoltato il cd, ma mi colpi-sce ancora una volta il testo: “Io nonsuonerò mai così. Posso giocare, intrat-tenere, far tornare il buonumore o la-crimare. Ma non suonerò mai così.Non è solo cosa diversa, è una batta-glia persa: alzo le mani.”Chi nella vita, per hobby da ragazzoo per poi professione, non ha maicercato di scrivere una canzone, diri-gere un film (anche amatoriale), di-pingere un quadro, etc? Il testo della canzone, cantata da au-tori di “Costruire”, “Il solito sesso”,“Le cose che abbiamo in comune”,“Aria” (e potrei scrivere un'altra tren-tina di brani stupendi e di successo),ti fa riflettere.Non c'è suono più bello di un cin-guettio, dello scroscio dell'ondaquando si infrange sulle rocce, nes-sun accostamento di colori più affa-scinante di un arcobaleno, profumopiù bello di quelli che la natura puòregalare. L'uomo non è Dio. Pos-siamo cercare di mirare al bello cheil Creatore ci ha mostrato, ma nonsiamo Dio. Alziamo le mani, ricono-sciamo il limite dell'Uomo, altri-menti la grandezza della creatura diDio diviene anche il suo più grandelimite.Il concerto va avanti.Ecco un'altra botta. Parte “Life issweet”. L'avete ascoltata tutti se avete

una radio. Provate a riascoltarla pre-stando attenzione al testo e guar-dando il video.Il contrasto tra la musica spensieratae la spiazzante disuguaglianza trat-teggiata, lo smarrimento del senso diUmanità, la situazione di difficoltàdei nostri fratelli africani, non vi creauna stretta allo stomaco, un senso dismarrimento? Qual è la giusta pro-spettiva, l'orizzonte da perseguire?Stiamo lodando Dio o approfit-tando solo alcuni di un regalo dato atutti? (Se vi va di rispondere, cerca-temi su facebook)I tre chiudono il concerto con “Il pa-drone della festa”. Mi guardo attornoper vedere l'espressione degli spetta-tori. C'è nell'aria una gioia oserei direconsapevole. Grazie anche all'invitoesplicito alla solidarietà, ad un mag-gior rispetto del tutto, sento nell'ariaamore, ma non quello “a prescin-dere”, parlo di un amore che si ripro-pone di rendere il mondo migliore,partendo da se stessi. Ho l'impressione che cantandolaquesti tre grandi artisti voglianodire: “Se non vi è chiaro quello chestiamo cercando di trasmettervi dadue ore, ascoltate qua!!”“Voglio che le cariche importanti/dovesi decide per il mondo/ vengano asse-gnate solo a donne madri di figli./Sarei così curioso di vedere/ se all'in-terno delle loro decisioni/ riuscireb-bero a scordarsi il loro futuro./ Il tettodelle nostre aspettative/ è così basso chesi potrebbe anche toccare, la vitamedia di una prospettiva/ è una cam-pagna elettorale/ “ambiente” non èsolo un'atmosfera, una rogna nelle

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mani di chi resta /e il sasso su cuipoggia il nostro culo /è il padronedella festa. /Dicono che fossero giganti, /i primi uo-mini che camminavano sul mondo/per questo forse allora di errori cosìgrandi non c'era bisogno, /no non c'erabisogno di sacrificarci a un dio dipoche lire pagarlo col silenzio perchè/si deve progredire ma è come un al-bero che cresce nella direzione opposta:/le radici perse in aria e la testa nasco-sta./ Invece ciò che ti riguarda mi ri-guarda, /come ciò che lo riguarda,/ti riguarda. Se siamo ammanettatitutti insieme alla stessa bomba. /Oraper ora per ora, un passo alla volta/uno per uno per uno fino alla svolta/perchè il sasso su cui poggia il nostroculo /è il padrone della festa.”Non ho competenze adeguate perdenunciare il mancato rispetto deinumerosi protocolli tra le nazioni adifesa della natura, né le disugua-glianze tra gli esseri umani, la corru-zione, lo sfruttamento senza treguadella madre terra, l'inquinamentodei fondali marini, i ridicoli mezzi

messi a disposizione dalle varie strut-ture governative (in tutti i gradi dipotere). Talvolta non ho nemmenola forza di superare lo sconforto e ri-chiamare chi a due passi da me gettala cicca di sigaretta per strada o (intema estivo) chi fregandosene del-l'ecosistema marino fa il buffone conil suo motore nelle vicinanze dellacosta. Così dal basso parte il mio invito arispettare noi, la natura, l'umanità....ese proprio non ve ne importa nulla,siate egoisti: perchè il sasso su cuipoggia il nostro culo è il padronedella festa... Di solito chiudo con un impegno eun invito per il mese. Stavolta ci ag-giungo un ringraziamento. Ringra-zio don Peppino e la redazione chenello scegliere il filo conduttore diquesto numero di Settemiglia mihanno dato la possibilità di leggerecon maggior attenzione l'enciclicaLaudato Si’ del nostro amato papaFrancesco. L'invito è a leggerla tutti,magari alternandola alle canzoni che“mi hanno schiaffeggiato”.

di CIRO COTICELLI

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Ultima RouteRicordi di una vita!

di TONIA VITIELLO

Laudato si' non mi riporta allamente soltanto l’ultima enci-clica di Papa Francesco ma

anche la mia ultima route estiva. La maggior parte di voi si chiederàcos’è una route. Per route, in termi-nologia scout, si intende una parti-colare tipologia di campeggio estivo,tipico dell’ultima branca, il clan, ecaratterizzata da un  cammino  cheperdura per tutto il periododel campo. E proprio il mio ultimoanno mi ritrovai a ripercorrere ilcammino francigeno. Affrontare un qualunque tipo dicammino implica che devi lasciaremolte cose e portare con te soloquello che puoi reggere sulle tue

spalle. Si vive l’essenzialità vera. Bisogna lasciare le proprie ricchezzee le proprie comodità per andare in-contro ad una realtà più dura maanche più autentica. Vorresti ribellarti, piantar li tutto etornare a casa, ma quando il sole tra-monta dietro agli ulivi e raggiungil’acqua fresca della fontana tutto haun sapore di gioia. È il primo donodella strada a cui non sai ancora dareun nome, ma sei così leggero dopo lafatica che ti sembra così bello il pratodove hai piantato la tenda e hai vo-glia di sorridere. Sei uscito dalla tua casa sotto ilcielo. Cammini, ed impari ad accet-tare la fatica; impari a lasciarti con-

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durre dalla strada, senza pensare con-tinuamente alla prossima sosta o aquando finirà la salita. Accetti dentro di te di essere sudatoe di essere un po’ stanco, e non vor-resti più tornare a casa perché ormaihai conosciuto la strada, la sua forzae la sua gentilezza. Sulla strada incontri viandanti comete, e ti accorgi come il rapporto con

gli altri è diverso, molto più semplicee vero. Povertà della strada, povertàdella vita, è tutto quello che ci ha in-segnato San Francesco con l’esempiodella sua esistenza. Ripercorrere i suoi passi nel mio ul-timo campo da ragazza rover ha resotutto più emozionante e significa-tivo. Ricordi indelebili che non milasceranno mai. s

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Conversione ecologica...Riflessioni sull’ultima Enciclica di Papa Francesco

Dopo Lumen fidei, (che haterminato il lavoro ini-ziato da Benedetto XVI),

con Laudato si’, abbiamo la primaenciclica scritta interamente dapapa Francesco. L’opera è complessa ed ammonta acirca 200 pagine divise in sei capi-toli. È la prima volta che un docu-mento pontificio è dedicatointeramente all’ecologia, o per me-glio dire, come recita il sottotitolo,alla “cura della casa comune”. Suquesto tema il papa vuole rivolgersinon solo ai cattolici, ma a tutti, dia-logando con “ogni persona cheabita questo pianeta”. Questo dia-logo si rende necessario perché ildeterioramento globale dell’am-biente è giunto ad un punto tale darichiedere misure non più rinvia-bili, se vogliamo garantire la so-

pravvivenza stessa dell’uomo. E ciòche riguarda tutti, deve essere di-scusso con tutti perché siamo “unitida una stessa preoccupazione” (n.7). “Mai abbiamo maltrattato e of-feso la nostra casa comune come negliultimi due secoli” (n. 53). La drammaticità della situazione èevidente (discariche illegali di ri-fiuti, inquinamento dell’acqua edell’aria, malattie respiratorie e tu-mori, surriscaldamento climatico,ecc.), ma tutti continuiamo adagire come se tutto ciò non incidasulla nostra vita e su quella dei no-stri figli. Ma come è stato possibilegiungere a questo punto? Francesco sostiene che “l’ambienteumano e l’ambiente naturale si de-gradano insieme, e non potremo af-frontare adeguatamente il degradoambientale, se non prestiamo atten-

di PASQUALE VIOLANTE

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zione alle cause che hanno attinenzacon il degrado umano e sociale” (n.48). “Il degrado ambientale ed il de-grado umano ed etico sono intima-mente connessi” (n. 56). Infatti “l’esistenza umana si basa sutre relazioni fondamentali stretta-mente connesse: la relazione conDio, quella con il prossimo e quellacon la terra” (n. 66). Il degrado ambientale è dovuto aduna malsana relazione dell’uomocon la terra. Molti cristiani pensano che l’uomoabbia ricevuto da Dio stesso il com-pito di soggiogare la terra e di do-minare sugli animali, appellandosial seguente brano della Genesi:“Siate fecondi e moltiplicatevi, riem-pite la terra e soggiogatela, dominatesui pesci del mare e sugli uccelli delcielo e su ogni essere vivente che stri-scia sulla terra” (Gen 1,28). Francesco rifiuta nettamente que-st’interpretazione, affermando che“Noi non siamo Dio. La Terra ciprecede e ci è stata data. Dobbiamorifiutare con forza che dal fatto di es-sere creati a immagine di Dio e dalmandato di soggiogare la terra sipossa dedurre un dominio assolutosulle altre creature. I testi biblici ciinvitano a coltivare e custodire ilgiardino del mondo (cfr Gen 2,15).Custodire vuol dire proteggere, cu-rare, preservare, conservare, vigilare”(n. 67). Dobbiamo quindi acqui-sire la consapevolezza che “gli altriesseri viventi hanno un valore pro-prio di fronte a Dio” (n. 69). Così “ogni creatura è oggetto dellatenerezza del Padre, che le assegna

un posto nel mondo. Perfino l’effi-mera vita dell’essere più insignifi-cante è oggetto del suo amore” (n.77). Ma l’uomo non ha saputo as-solvere al suo ruolo di custodeamorevole del creato ed ha pensatodi poter sfruttare a proprio piaci-mento la natura. È da questo atteg-giamento che deriva “La radiceumana della crisi ecologica” (cap. 3).Infatti si è imposto nella societàquello che Francesco definisce ilparadigma tecnocratico, in base alquale “il soggetto possiede l’oggettoche si trova all’esterno e lo consideratotalmente disponibile alla sua ma-nipolazione” (n. 106). Il paradigma tecnocratico proponeun atteggiamento che è propriol’opposto del custodire. Questo paradigma si è purtroppoglobalizzato, esercitando “il propriodominio anche sull’economia e sullapolitica. L’economia assume ogni svi-luppo tecnologico in funzione delprofitto, senza prestare attenzione aeventuali conseguenze negative perl’essere umano” (n. 109). Una volta acquisita consapevolezzadella situazione e delle sue cause, sipone inevitabile la domanda: cosafare ora? Francesco non proponesoluzioni tecniche, ma “alcune lineedi orientamento e di azione” (cap. 5)per realizzare “un’ecologia inte-grale” (cap. 4), ed orientarsi verso“un’educazione e spiritualità ecolo-gica” (cap. 6). La rivoluzionaria novità di que-st’enciclica consiste in un approc-cio di tipo integrale all’ecologia,che non guardi solo alle problema-

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tiche ambientali, ma coniughil’ecologia con la giustizia sociale,perché “non ci sono due crisi sepa-rate, una ambientale e un’altra so-ciale, bensì una sola e complessa crisisocio-ambientale. Le direttrici per lasoluzione richiedono un approcciointegrale per combattere la povertà,per restituire la dignità agli esclusi enello stesso tempo per prendersi curadella natura” (n. 139). Sarà quindi necessaria una rivolu-zione culturale che porti a “cam-biare il modello di sviluppo globale,ridefinendo il progresso. Uno svi-luppo tecnologico ed economico chenon lascia un mondo migliore e unaqualità di vita integralmente supe-riore, non può considerarsi pro-gresso” (n. 194). Sarà questa “una grande sfida cultu-rale, spirituale ed educativa che im-plicherà lunghi processi dirigenerazione” (n. 202). Concretamente ciò implica “uncambiamento negli stili di vita e laresponsabilità sociale dei consuma-tori, perché acquistare è sempre unatto morale, oltre che economico” (n.206). Ogni cittadino deve arrivarea “considerare l’impatto provocatoda ogni azione e da ogni decisione”(n. 208). Francesco non fa soloun’enunciazione di principi, ma in-dica vari comportamenti da adot-tare quali “evitare l’uso di materialeplastico o di carta, ridurre il con-sumo di acqua, differenziare i rifiuti,cucinare solo quanto ragionevol-mente si potrà mangiare, trattarecon cura gli altri esseri viventi, uti-

lizzare il trasporto pubblico, spe-gnere le luci inutili, e così via” (n.211). Ma se vogliamo davveroprendere sul serio l’appello delpapa, non possiamo limitarci soload attuare quanto egli richiedeespressamente, ma dobbiamo con-siderare “l’impatto provocato daogni azione e da ogni decisione” (n.208). Per esempio, un cambiamentonello stile di vita perfettamente inlinea con i principi affermati daFrancesco, potrebbe essere la dietavegetariana, che è molto più soste-nibile della dieta carnivora. Infatti per produrre un chilo dimanzo è necessaria una quantità diacqua oltre 13 volte superiore aquella necessaria a produrre unchilo di cereali. Produrre più carne significa averemeno cereali. Se i terreni coltivabilidella terra venissero usati soprat-tutto per produrre cibo vegeta-riano, ci sarebbe cibo per 20miliardi di abitanti. Le risorse ci sono e basterebberoper tutti se il mondo occidentalenon si arrogasse il diritto di sfrut-tare da solo i 2/3 delle risorse delpianeta. L’eccessivo consumo di carne daparte dei ricchi comporta necessa-riamente la fame per i poveri.Comprendiamo allora perché “ac-quistare è sempre un atto morale,oltre che economico” (n. 206). Francesco ci ricorda anche che “ilritmo di consumo, di spreco e di al-terazione dell’ambiente ha superato

di PASQUALE VIOLANTE

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le possibilità del pianeta, in manieratale che lo stile di vita attuale, es-sendo insostenibile, può sfociare sola-mente in catastrofi” (n. 161). E allora di fronte alla gravità dellasituazione non possiamo invocareil “si è sempre fatto così”, perché “lafrase più pericolosa in assoluto è: ab-biamo sempre fatto così” (GraceMurray Hopper). Tutte le nostre azioni hanno delleconseguenze e “non bisogna pensareche questi sforzi non cambieranno ilmondo. Tali azioni diffondono unbene nella società che sempre producefrutti, a volte invisibilmente. L’esercizio di questi comportamentici restituisce il senso della nostra di-gnità, ci permette di sperimentareche vale la pena passare per questomondo” (n. 212). Ecco perché “la crisi ecologica è unappello a una profonda conversioneinteriore. Alcuni cristiani sono pas-

sivi, non si decidono a cambiare leloro abitudini e diventano incoe-renti” (n. 217) ma questo atteggia-mento non è più accettabile.E allora non ci resta che fare nostrele parole di Francesco della stu-penda “preghiera per la nostraterra: Dio onnipotente, che sei pre-sente in tutto l’universo e nella piùpiccola delle tue creature, [...] inon-daci di pace, perché viviamo comefratelli e sorelle senza nuocere a nes-suno, aiutaci a riscattare gli abban-donati e i dimenticati di questaterra. Insegnaci a scoprire il valore diogni cosa, a contemplare con stupore,a riconoscere che siamo profonda-mente uniti con tutte le creature nelnostro cammino verso la tua luce in-finita. Sostienici nella nostra lottaper la giustizia, l’amore e la pace”.

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Il cortile: da sempre un luogo diincontri, di storie, di scambi. Ilcuore pulsante della vita quoti-

diana; quello spazio comune in cuila gente socializza, si racconta, con-divide pezzi di vita. Per molti illuogo di lavoro, per altri un’area dipassaggio, per tutti il centro dove cisi incontra tutti i giorni.Quel luogo in cui si impara a viverela comunità e la condivisione, quelsenso di famiglia allargata, perché lìsi gioca insieme, si cresce insieme, cisi intrattiene con gli altri. Il cortile, luogo anche della memo-ria, proprio perché contenitore di

tante storie, di tante vite, di tantivolti.Proprio nell’ottica della memoria,degli incontri, della vita condivisa ènato quello che si appresta ad essereil cuore pulsante delle attività diTrame Africane: il Cortile Don Gae-tano. Lo scorso 21 maggio, infatti, in coin-cidenza con quello che sarebbe statoil compleanno di Domenico Gae-tano Coppola, è stato inaugurato, invia De Risi, il Cortile Don Gaetano.Particolare dedizione, ma sempre nelrispetto della semplicità che lo con-traddistingueva, è stata posta dalla16

di MARIANNA MILANO

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Cortile Don Gaetano...dove la solidarietà diventa gioia e condivisione

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famiglia Coppola nel restaurare erinnovare questo posto dove ebbeinizio sia la storia familiare chequella lavorativa dell’imprenditorescafatese. Uno spazio pensato, voluto, perpoter ricordare un uomo e i valoriche quell’uomo custodiva, da viverecon gioia, con genuinità, con convi-vialità e bontà di relazioni. Come lo stesso don Peppino DeLuca sottolineò durante il rito dellabenedizione: “il cortile rappresental’intreccio di famiglie, il luogo dovenascono legami forti, di sana condivi-sione.” Ecco allora che lo spazio che vide na-scere e crescere una famiglia,un’azienda, tanti rapporti umani, di-venta ora lo spazio dove far nascere ecrescere nuove storie, nuovi intreccie per accogliere una nuova famiglia…quella di Trame Africane.Il Cortile Don Gaetano, infatti, saràsia sede operativa, sia luogo di tanteiniziative promosse dall’associa-zione: spettacoli, eventi culturali, at-tività sociali, serate a tema per vivereper una beneficenza che non vuoleessere mera raccolta di fondi ma mo-mento di aggregazione e di gioiosacondivisioneIn un contesto sociale in cui semprepiù si insinua “una globalizzazionedell’indifferenza”, il Cortile vuole es-sere invece il luogo della correspon-sabilità, della fraternità, dellapartecipazione condivisa, dell’in-contro tra continenti… perché “nes-sun uomo è un’isola”.

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L’infinito terrestreIl paesaggio delle fotografie di Luisa Terminiello

La laude che Luisa Terminielloinnalza alla Natura è di unamore freddo. È di un amore

ragionevole, analitico, “senza pas-sione”, ma di essenziale condivisionespirituale. Non è travolgimento ro-mantico la sua Natura, è spazio egeometria della luce. Nella corpo-reità cromatica del bianco e nero,emerge la nudità del paesaggio, nelsuo indicare una sospensione delciclo degli elementi. Natura e spiritopur distinti sono in un solo movi-mento, un evento che “dà a vedere” ilmondo come non si è ancora visto.Natura che ‘vive’ nello sguardo che

sa. La sua presenza è custodita dallamemoria così come la sua assenza. Lafotografia ne è insieme documento einvenzione.Nelle fotografie di Terminiello tra-luce l’altrove delle cose, che è dellecose medesime – il loro mistero in-violabile. Come una segreta pre-ghiera che è tale se incondizionata,le sue immagini non hanno altrosenso che l’essere tracce dell’invisi-bile, come idee (idein, che traducevedere) ‘impossibili’ del mondo.“Sono solo foto”, lei ama dire, to-gliendo ogni retorica ‘simbolica’ alleimmagini. In questa ‘fondamentale’18

di FRANCO CIPRIANO

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relazione col mondo, le immaginisono epifanie talmente ‘superficiali’da volgere in rivelazione originariadel vero, quando quel che si vede ètutta la profondità del visibile.Piena di grazia è la sua visione: ispi-rata dalla gratuità nel suo affidarsi al-l’intensa “leggerezza” delle cose.Sembra esserne Icona la foto dellastatua il cui gesto, come di danza, sistaglia nel cielo di Napoli, forse be-nedicente l’aere delle mutazioni.Benjamin scrisse che non c’è nientedi più epico del mare. Luisa ne volgel’epicità ‘geo-simbolica’ in spazio che‘respira’, tramutando mare in cielo ecielo in terra. Conturbante e can-giante, inquieto e interminabile, ilmare sembra corrispondere all’es-senza stessa della natura naturans,movimento nel movimento. In que-ste fotografie mare, terra e cielostanno uno nell’altro, quel che è di

uno è memoria dell’altro. Appari-zioni del tempo sospeso che destinaogni visione – anche le più ‘quoti-diane’, come il Vesuvio – alle rarefa-zioni di senso delle lontananze. Se gliisolotti di questo mare sono affiora-menti del corpo arcaico del mito,pietrificazioni di ninfe e sirene, essilegano gli inafferrabili elementi,aquei e dell’aere, alla gravità dellecose, come nelle corporee disten-sioni delle nuvole. Natura è energia che si trascende in-finitamente in evento di materia, tra-sformazione vitale delle cose.Transito di sé nell’altro di sé: terra 19

A latoNatura,

LUISA TERMINIELLO

in altoSirenae,

LUISA TERMINIELLO

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di FRANCO CIPRIANO

Cetara,LUISA TERMINIELLO

Vesuvio 2,LUISA TERMINIELLO

Vesuvio,LUISA TERMINIELLO

Nella pagina a latoNapoli,

LUISA TERMINIELLOStabiae,

LUISA TERMINIELLO

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che si fa fuoco e pianta, acqua e luce,pietra e sabbia… In questo generarsile forme della tecnica possono risuo-nare come “seconda natura”, formeartificiali nella mutazione percettivadello spazio, come Terminiello ci in-dica in alcune foto ‘urbane’. Lei fotografa le cose nella distanzadella differenza, non si confonde conciò che fotografa. Ama il non-tempodel passaggio da sguardo a immaginee ne accoglie il tremore e la quiete, ilturbamento e l’ambiguità altera. La‘sua natura’ è non-umanistica, il gestofotografico sembra rivelare il ‘natu-rale’ esporsi delle cose. L’immagine è di sguardo che vuoleritrarsi, e in questa ritrattazione pen-sarsi vedere, lasciando gli eventi e leforme al loro spazio, al loro tempo.O, forse, affidati al non-tempo di uninfinito terrestre. s

Luisa Terminiello è nata nel 1992 a Sorrento.A Napoli si forma nel suo percorso autodidatta

che fin dall’adolescenza la impegna nella fo-tografia. Il suo itinerario è di immagini, nude,

sperimentali, ambigue, concettuali. Espone regolarmente dal 2013. Nel 2015 ha

esposto in “La gloria dell’ombra” nello SpazioZero11 di Torre Annunziata.

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Laudes Creaturarum

ltissimu, onnipotente, bon Signoretue sono le laude, la gloria elhonore et honne benedictione

Ad te solo, Altissimo, se konfano.et nullu homo ene dignu te mentovare

Laudato sie, Misignore, cum tucte le tue creaturespetialmente messor lo frate solelo quale iorno et allumini noi per loiEt ellu è bellu eradiante cum grande splendoreda te, Altissimo, porta significatione.

Laudato si, Misignore, per sora luna ele stellein celu lai formate clarite et pretiose et belle.

Laudato si, Misignore, per frate ventoet per per aere et nubilo et sereno et onne tempo,per lo quale a le tue creature dai sustentamento.

Laudato si, Misignore, per sor aqua,la quale è multu utile et humile et pretiosa et casta.

Laudato si, Misignore, per frate focu,per loquale ennallumini la nocteedello e bello et iocundo et robustoso et forte.22

di SAN FRANCESCO D’ASSISI

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Laudato si, Misignore, per sora nostra matre terrala quale ne sustenta et governaet produce diversi fructi con coloriti flori et erba.

Laudato si, Misignore, per quelli ke perdonano per lo tuo amoreet sostengo infirmitate et tribulatione:beati quelli kel sosterranno in paceka da te, Altissimo, sirano incoronati.

Laudato si, Misignore, per sora nostra morte corporaleda la quale nullu homo vivente po skappare,guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali.

Laudato si, Misignore, per sora nostra morte corporaleda la quale nullu homo vivente po skappare,guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali.Beati quelli ke trovarane le tue sanctissime voluntati,ka la morte secunda nol farra male.

Laudate et benedicete Misignore et rengratiateet serviateli cum grande humilitate.Edizione tratta da:Lo Specchio di perfezione di Frate Leone, Volgarizzato da Francesco Pennacchi e Illustrato da AttilioRazzolini, Soc. Ed. Toscana, Sancasciano Val di Pesa (Firenze) (proprietà artistica riservata) Stab.Tipo-litografico f.lli Stianti, 1925.

Il Cantico delle Creature, cono-sciuto anche come “Il cantico diFrate sole e Sorella Luna” è il

testo poetico più antico della lettera-tura italiana che si conosca. Ne è autore Francesco d’Assisi chel’ha composta intorno al 1224.È una lauda religiosa, un inno alCreatore in volgare umbro, destinataad essere cantata in pubblico e ac-compagnata da una melodia, comedimostra la litania iniziale di ogniverso “Laudato si”.Una lode a Dio che si snoda con in-tensità e vigore attraverso le sueopere, divenendo così anche un inno

alla vita; è una preghiera permeata dauna visione positiva della natura,poiché nel creato è riflessa l'imma-gine del Creatore: da ciò deriva ilsenso di fratellanza fra l'uomo e tuttoil creato, che molto si distanzia dalcontemptus mundi, dal distacco e di-sprezzo per il mondo terreno, se-gnato dal peccato e dalla sofferenza,tipico di altre tendenze religiose me-dioevali come quella instaurata, adesempio, da Iacopone da Todi. La creazione diventa così un gran-dioso mezzo di lode al Creatore.

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di FRANCESCO QUAGLIOZZI

“Mens sana in corporesano”... il detto latinonon è così lontano

dai giorni nostri e dal nostro con-testo territoriale se l’ACES - Asso-ciazione Capitale Europea delloSport (associazione no profit costi-tuita a Milano nel 2000) - ha decisodi premiare l’impegno nello sporte nei più alti valori sociali della cittàdell’Agro nocerino-sarnese, rico-noscendole il prestigioso titolo diCittà Europea dello Sport perl’anno 2016, a braccetto con To-rino, insignita invece del titolo diCapitale Europea dello Sport (la

differenza sta tutta nel fatto che lacapitale sabauda abbia più di500.000 abitanti). Ma cosa significa? Cosa ha fatto Scafati per riuscire astrappare a tante altre concorrentiquesto titolo? La cittadina scafatese si è contrad-distinta negli ultimi anni per il mi-glioramento delle infrastrutture(tra le prime in Campania per nu-mero di impianti in proporzione aicittadini residenti) e per la promo-zione dei valori universali olimpicidello sport.

In città si sono promossi l’EsercizioFisico come Divertimento, l’Atti-vità Piacevole, lo Spirito ed il Sen-timento di Collettività, la

Scafati, città europea dello sportIl prestigioso titolo le è stato assegnato dall’ACES per il 2016

Il presidente ACES Europe, Lupatelli: “Questa è una città viva”

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Correttezza ed il Rispetto, il Mi-glioramento della Salute. In pocheparole: educazione, integrazione,qualità della vita, la salute e l'inclu-sione sociale. Questi sono i cinque principi fon-damentali che sono stati presi inconsiderazione. Questi elementicostituiscono una sorta di prolun-gamento dei cinque anelli olimpiciche hanno tenuto unita la popola-zione scafatese, sia essa costituita dagiovani e/o anziani, da portatori dihandicap e non, da comunitari edextra-comunitari.

E proprio l’integrazione e la multi-etnicità della cittadina scafatesehanno giocato un ruolo impor-tante nel far sì che la Commissionedi ACES Europe, guidata dal pre-sidente Francesco Lupatelli, rico-noscesse a Scafati la possibilità dipotersi affacciare nella culla del-l’Europa come ambasciatrice deisani principi e valori dello sport. “Abbiamo valutato impiantisticasportiva – ha spiegato Lupatelli –,progetti e partecipazione, ed ab-biamo scoperto una città eccezionaledal punto di vista sportivo. Qui si utilizza lo sport per valoriz-zare ogni angolo della città. Questa è una città viva”.

Ma il fatto che si sia ricevuto que-sto riconoscimento non significache si sia raggiunto un traguardo.Questo è solo l’inizio di quello che,a partire già dal prossimo settem-bre, accadrà in città.

Progetti regionali, nazionali ed in-ternazionali, affiancheranno ecoinvolgeranno le già numerose re-altà sportive scafatesi per far sì cheil prossimo anno Scafati riprendavelocemente a correre verso un fu-turo migliore.

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Il “Progetto Disinvolto” ha avviatogiovani con disabilità allo sport ed il prossimo 10 Novembre, a Napoli, ritirerà il 1° Premio Regionale dalla giuria dell’Associazione E.I.P.

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“ […] quasi tutti i poeti nostrihanno cantato una donna ideale,Beatrice è un simbolo e Laura un

geroglifico, e se qualche donna ottenneil canto dei poeti nostri è quella che essinon potettero avere: quella ch’ebbero eche diede loro dei figli non fu neancheda essi nominata. Perché continuareora a contemplar in versi una donnametafisica e praticare in prosa con unafantesca anche se avuta in matrimoniolegittimo? Perché questa innaturale scis-sione dell’amore?”La necessità di scrivere per poter af-fermare la propria esistenza, per gri-dare al mondo il proprio dolore, per

cercare un’identità che sia di donna enon di “contrapposto al maschile”.Rina Faccio, in arte Sibilla Aleramo,è uno di quei nomi della letteraturaitaliana che, a volte, hanno sfiorato inostri timpani rimanendo suono in-distinto nella memoria, ma che apieno diritto dovrebbe essere stam-pato nei nostri cuori.Nata nel 1876 ha una vita densa diburrasche personali e di amori follialla ricerca spasmodica dell’essereDonna in un mondo dove Uomo èl’unica parola chiave.Sebbene possa sembrare una figuraappartenuta ad un passato remoto26

di ELENA FIORENZA

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Una donnaSibilla Aleramo

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l’inquietante attualità delle sue affer-mazioni e del flusso dei suoi pensierila rende drammaticamente presente.In una realtà dove tutto è mercato edove la vita stessa è divenuta oggettodi baratto, forte è il bisogno di ridareforma ai pensieri, ma soprattutto, alleidentità. Volti in una comunità e nonindividualità alla ricerca spasmodicadel consenso comunitario.“Ho visto la gente della mia età andarevia lungo le strade che non portano maia niente, cercare il sogno che conducealla pazzia, nella ricerca di qualcosache non trovano nel mondo che hannogià, dentro alle notti che dal vino sonbagnate, dentro alle stanze da pastiglietrasformate, lungo alle nuvole di fumodel mondo fatto di città, essere controad ingoiare la nostra stanca civiltà e unDio che è morto ai bordi delle strade,Dio è morto nelle auto prese a rate, Dioè morto nei miti dell’estate / Dio èmorto” …nelle bare in fondo al mare,Dio è morto dentro ad un cellulare,Dio è morto nei servizi del telegior-nale, ogni giorno Dio muore nei luo-ghi comuni e nell’arroganza, nelladisperazione che diventa rabbia, nelle

menti che si chiudono ottusamentead osannare un’unica Verità…E allora cambiamola questa ten-denza, riappropriamoci di un Dioche possa risplendere nella speranza,e nella gratuità; che Dio possa risor-gere nelle coscienze con gesti concretie mani sporche, che possa risorgere ilgiorno in cui un libro che parli diviolenza sulle donne, fisica e psichica,non sarà più attuale, quando l’unicasoluzione plausibile non s’identifichicon il dover camminare da soli.“Non so se sono stata donna, non so sesono stata spirito. Sono stata amore.” Che sia questa la soluzione? Per Si-billa, sì. Ella riconosceva nell’Amoreil motore stesso dell’esistenza, comeSant’Agostino prima di lei, e ha a so-stituito il “cogito ergo sum di Cartesiocon L’Amo dunque sono”, intendendoquesto sentimento non come brividodella carne, piuttosto come ciò che èin grado di renderla ogni volta nuova,libera, come ogni donna dovrebbe es-sere e, aggiungerei io, come ogniuomo dovrebbe concedersi di essere.

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Una donna è un romanzo di Sibilla Aleramo com-posto tra il 1901 e il 1904 che ebbe immediata for-tuna soprattutto per il tema affrontato. Si tratta infatti di uno dei primi libri femministiapparsi in Italia.Il romanzo è chiaramente autobiografico ed ècomposto di due capitoli ed in esso la protagonistanarra in prima persona la sua vita, partendo daglianni della fanciullezza fino alla maturità.

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Il buon Dio se ne stava beato, findall’eternità, nel suo InfinitoAmore e mai avrebbe pensato

che la Sua esistenza trinitaria potesse,in alcun modo, essere modificata.Ma l’Amore, si sa, a differenza del-l’odio, che si rigenera da solo divo-rando se stesso senza mai esaurirsi,l’Amore, dicevamo, è una forza chenon basta a se stessa, è il sentimentoche si fa cibo per nutrire la Vita, emorirebbe se non potesse generarealtro Amore. Così Dio, uscendofuori dalla sua Trinità, donò vita ebellezza al tranquillo e silenziosouniverso. Come prima cosa vollecreare la luce perché, quando tutto èilluminato, si possono apprezzaretutte le altre cose e poi anche perchéla luce Lo rappresentava, era il piùevidente dei segni della Sua esistenza.Fu un solo istante, e miriadi di pun-tini luminosi cominciarono a bril-lare, un disco bianco come il lattecominciò a splendere e una palla in-fuocata cominciò a spandere il suobagliore e a diffonde il calore cheaveva in sé, una forza miracolosa conla quale riusciva a risvegliare il desi-derio stesso della vita. Dio ne fu en-tusiasta, aveva generato tutta unaserie di creature che, da quel mo-mento, lo avrebbero salutato con leloro lodi, con la loro riconoscenza eil loro amore. Dio pose il sole, la lunae le stelle nel cielo per poterli tenerevicino a Sé e ad ognuno diede un

compito da svolgere come, per esem-pio, quello di accendersi e di spe-gnersi ad intervalli regolari escandire il tempo che passa. Tutti gliastri ne furono fieri e felici e comin-ciarono a cantare in coro una melo-dia che risuonò dolcissimanell’universo creato. Dio si com-mosse nel vedere il Suo Amore ger-mogliato e apprezzato e nell’esserechiamato “Creatore”. Fu a questopunto, però, che dalla Trinità si levòuna “Voce” calma e persuasiva, quasiun sussurro di dolcezza che chiedevaattenzione: “La Tua creazione non fi-nisce qui, è solo l’inizio. Ora devi ri-volgere il Tuo sguardo verso il bassodove potrai seminare ancora il Tuoimmenso Amore”. Dio comprese e ap-provò. Così diede vita alla Terra e atutte le sue creature: le piante, l’erba,i fiori, i monti, le grandi pianure, ifiumi, i laghi, i mari, le nuvole, lapioggia, il vento e, infine, tutti glianimali che la popolarono. OrmaiDio era alla presenza di una vera epropria orchestra sinfonica che ac-compagnava uno straordinario coropolifonico che, dalla mattina allasera, senza mai stancarsi, Gli innal-zava le sue lodi. Contemplando tuttequeste meraviglie, Dio sembrava unbambino alle prese con i suoi giocat-toli più preziosi, guardava ogni crea-tura con lo sguardo tenerissimo diuna madre e benediceva, sì, ringra-ziava e benediceva tutti e, nel mentre28

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Il pianto di Diodi VINCENZO FIORENZA

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lo faceva, lo “Spirito” pervadeva diSé ogni singola creatura, animata oinanimata che fosse. Ancora, però,sentì quella Voce calma e persuasiva:“Adesso devi compiere l’ultimo atto,devi completare la Tua opera spar-gendo altri semi del Tuo Amore…”. Ilbuon Dio non comprese subito il si-gnificato di quelle parole, ma fu soloun infinitesimo del suo attimoeterno. Infatti, nello stesso istante incui lo pensò, ecco che Gli compar-vero davanti due creature bellissime,splendenti, del tutto simili a Lui e lichiamò “Uomo e Donna”. Li volleabbracciare, carezzare e benedire e,insieme con Lui, fecero lo stessotutte le schiere di altre creature. Inquello stesso attimo, Dio sentì den-tro di sé un sentimento che nessunaltro essere creato gli aveva suscitato:si commosse e pianse. Pianse tantoperché sapeva che era diventato

Padre! Ma pianse ancora di più per-ché sapeva che la Sua paternità loavrebbe fatto soffrire. Infatti, il buonDio Padre aveva dato all’uomo e alladonna un dono immensamentegrande: la libertà. In qualità di Suoifigli, unici tra tutte le creature, pote-vano decidere da soli come usare laloro esistenza. Da quel momento, eancora oggi, l’uomo e la donna sonoliberi di riconoscersi o no figli diDio, liberi di amare o odiare, liberidi vivere o morire. E se hanno sceltodi compiere il male, di distruggere ilcreato, è perché hanno talmente al-lontanato il cervello dal cuore da ge-nerare un vuoto nella loro anima, unvuoto che piano piano è stato col-mato da un elemento che in naturanon esiste: la stupidità. Ma Dio, cheè Amore Infinito, con la Sua Miseri-cordia aspetta e accoglie chiunquevoglia farsi risanare e perdonare.

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Rosaria Scotto

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Abbracciami Luna e dimmi che non sono solo perché anche se di giorno sorrido è la notte che mi mostro per come sono.

Grande e oscuroimmenso mantosembro sicuroma il mio è un lamento non un canto.

Desidero quello che non posso averee quando l’ottengo non ho più niente da otteneree vado avanti, m’infrango altrovee intanto tu, Luna, m’illumini il passo, ma per dove?

Illudi la mia inquietudine e la alimentie io ingenuo ti seguo, come potrei fare altrimenti?Perché per me sei speranza, inafferrabile incanto e di nuovo stanotte sei per me amore e pianto

che nascondo col canto, lo nascondo col canto.

di JOSHUA

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Incanto di luna

ph Francesco Falco

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