Sepoltura murata nella chiesa di S. Siro · PDF fileLa chiesa dell’antica parrocchia S....

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1 Associazione TREBEA Le nostre ricerche _______________ Cenni storici a cura di Maria Grazia Maistrello Morgagni Sepoltura murata Nella chiesa di S. Siro Premessa Nell’attesa che possano essere presto resi noti gli studi condotti, sotto la direzione della Soprintendenza archeologia del Piemonte, all’interno della chiesa dell’antica parrocchia S. Siro in Casalborgone dove sono state portate alla luce alcune tombe interrate e una camera sepolcrale, ritenendo di far cosa gradita agli appassionati della storia del paese, anticipo queste mie personali note scaturite soprattutto dalle ricerche nelle “registrazioni” delle soppressa parrocchia S. Siro e della parrocchia S. Maria Trebea, oggi parrocchia S. Carlo Borromeo in Casalborgone. Maria Grazia Maistrello Morgagni La chiesa dell’antica parrocchia S. Siro ci ha offerto un’ulteriore testimonianza della storia delle comunità che ci hanno preceduto in questi luoghi e hanno affidato all’edificio sacro i “segni” della loro esistenza. Lo scavo conseguente alla rimozione del vecchio pavimento, che aveva ceduto con un parziale crollo, ha riportato alla luce un vano interrato: una cosiddetta “sepoltura murata”. La sepoltura murata e le fosse interrate “Sepoltura murata” è convenzionalmente definita una tipologia di tombe formate da una camera con le pareti rivestite in muratura, coperte con volta provvista di un’apertura – richiusa da un coperchio rimovibile - sotto il quale alcuni lastroni di pietra aggettanti a mo’ di scalini consentivano, poggiandovi un asse, di calare la salma, avvolta in un lenzuolo, generalmente ignuda. Queste caratteristiche sono rispettate in S. Siro, come confermano le dimensioni, le pareti, i resti della base perimetrale del soffitto a volta e i tre scalini in pietra aggettanti dalla parete; e c’è da supporre che questo fosse anche il rituale usato poiché manca qualunque traccia di abbigliamento, ovviamente non tessuti - soggetti a rapida decomposizione date le condizioni e il gran numero di sepolture - ma fibbie, bottoni o guarnizioni varie.

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Associazione TREBEA

Le nostre ricerche_______________Cenni storicia cura di Maria Grazia Maistrello Morgagni

Sepoltura murataNella chiesa di S. Siro

Premessa

Nell’attesa che possano essere presto resi noti gli studi condotti, sotto la direzione dellaSoprintendenza archeologia del Piemonte, all’interno della chiesa dell’antica parrocchia S. Siro inCasalborgone dove sono state portate alla luce alcune tombe interrate e una camera sepolcrale, ritenendodi far cosa gradita agli appassionati della storia del paese, anticipo queste mie personali note scaturitesoprattutto dalle ricerche nelle “registrazioni” delle soppressa parrocchia S. Siro e della parrocchia S.Maria Trebea, oggi parrocchia S. Carlo Borromeo in Casalborgone.

Maria Grazia Maistrello Morgagni

La chiesa dell’antica parrocchia S. Siro ci ha offerto un’ulterioretestimonianza della storia delle comunità che ci hanno preceduto in questi luoghi ehanno affidato all’edificio sacro i “segni” della loro esistenza. Lo scavoconseguente alla rimozione del vecchio pavimento, che aveva ceduto con unparziale crollo, ha riportato alla luce un vano interrato: una cosiddetta “sepolturamurata”.

La sepoltura murata e le fosse interrate

“Sepoltura murata” è convenzionalmente definita una tipologia di tombeformate da una camera con le pareti rivestite in muratura, coperte con voltaprovvista di un’apertura – richiusa da un coperchio rimovibile - sotto il quale alcunilastroni di pietra aggettanti a mo’ di scalini consentivano, poggiandovi un asse, dicalare la salma, avvolta in un lenzuolo, generalmente ignuda. Questecaratteristiche sono rispettate in S. Siro, come confermano le dimensioni, le pareti,i resti della base perimetrale del soffitto a volta e i tre scalini in pietra aggettantidalla parete; e c’è da supporre che questo fosse anche il rituale usato poichémanca qualunque traccia di abbigliamento, ovviamente non tessuti - soggetti arapida decomposizione date le condizioni e il gran numero di sepolture - ma fibbie,bottoni o guarnizioni varie.

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Al defunto venivano spesso lasciati oggetti devozionali, in particolare rosari,ma di norma anche nelle sepolture di personaggi altolocati avevano grani in legno,facilmente deperibili. Sono però documentate in varie “sepolture murate”archeologicamente studiate negli ultimi decenni, soprattutto in Toscana, numerosemedagliette o crocefissi, in bronzo o in ottone, che costituivano il terminale deirosari.

La diffusione del rosario è attribuita tradizionalmente a san Domenico, mala sua pratica divenne popolare dopo che papa Pio V volle dedicare alla festa dellaMadonna del Rosario il 7 ottobre – giorno in cui nel 1571 la flotta cristiana avevasconfitto l’armata ottomana nelle acque di Lepanto. La consuetudine di mettere ilrosario tra le mani del defunto si diffuse dal ‘600 in tutti i ceti sociali.

Chiesa di S. SiroRimozione del pavimento.

Un cedimento svela lacamera sotterranea

Nella “sepoltura murata” all’interno di S. Siro non è stata trovata traccia di“oggetti devozionali”, salvo, sul fondo della stessa, un presumibile rosario diminuscoli grani in pasta di vetro legati in metallo, privo di medaglia terminale.Occorre però considerare che, all’atto dello scavo condotto nel 2013, la “camerasotterranea” era riempita di ossa umane, ormai prive di connessione anatomica,soprattutto ossa lunghe, disgregate e in parte ridotte in frammenti, resti di calottecraniche, frammiste a detriti di laterizi, terra e tegole, probabili residui del crollo deltetto avvenuto nella seconda metà del ‘700: prova che le sepolture erano già statemanomesse alcuni secoli addietro.

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Presumibile rosario spezzato inalcuni punti, di cui si contano ancora141 perline di vetro più cinque graniterminali. In passato i rosaripotevano essere composti da 120 o150 grani. La “corona” composta adecine intervallate da un granoallungato si trovava in mezzo aidetriti sul fondo della camerasepolcrale.

Un rosario, ma nel corso delloscavo si rinvennero solo pochi granisparsi, era invece tra le mani di quellache dall’esame di un esperto è risultataessere una donna ancora giovaneinterrata in una cassa, della quale sisono rinvenuti soltanto i grossi chiodi, inuna fossa singola scavata nella terrapresso l’ingresso della chiesa. Il suocorpo è composto, con ancora le costolee le ossa del bacino connesse, il craniointegro con la dentatura completa(presenta solo i molari lievementeconsunti), le ossa delle braccia e dellemani accostate sul bacino. Salta peròsubito all’occhio un particolareincomprensibile: manca la gamba destrae della sinistra rimane unicamente ilfemore.

La sepoltura, a un paio di metri di distanza dall’ingresso, è posta parallelaall’altare con il capo volto a sud, quindi perpendicolare e tangente il muro norddella chiesa, dando l’impressione che gli arti inferiori, qualora la defunta ancora lipossedesse quando fu messa nella cassa, potessero giungere sin al di sotto dellostesso. Impossibile, per me che non sono un esperta, avanzare ipotesi nonavendo per il momento trovato indicazioni dei parroci nei registri delle sepolture diS. Siro e di S. Maria Trebea, pur ricche di dettagli che precisavano se la morte eraavvenuta “a morbo corruptus” oppure “a sclopo (schioppo)”, e non mancavano disegnalare fatti che esulassero dalla normale quotidianità.

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Per la verità personalmente ricordavo di aver letto anni addietro, in unadelle tante ricerche genealogiche, della sepoltura di una donna uccisa da unoscoppio alcuni secoli fa, ma purtroppo non annotai né il nome né la data e leregistrazioni sono frammentate in vari libri, sia di S. Siro sia di S. Maria Trebea avolte duplicate: insomma il classico “ago nel pagliaio”. Perciò, salvo il fortuitoritrovamento della registrazione che confermi o annulli completamente l’ipotesi diun tragico decesso con sepoltura in S. Siro, il mistero rimane insoluto.

Sepoltura interrata di donna ancor giovanemancante di arti inferiori

Un’altra sepoltura a breve distanza al centro della navata rivela unoscheletro completo di teschio e arti con a fianco alcune calotte craniche.

Sepoltura al centro della navata, parallela al portale d’accesso

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Quando si cominciò a seppellire nella chiesa?

Difficile stabilire con esattezza quando la chiesa cominciò a essere usataper le sepolture degli abitanti della parrocchia S. Siro.

Già ai primordi del cristianesimo era molto ambita la sepoltura accanto aglialtari o alle tombe dei martiri e per porre un freno si dispose che le tumulazioniavvenissero solo all’esterno, concedendo che fossero contigue alle muraperimetrali delle pievi. Nel medioevo, era consentito a monasteri e chiese - conspeciale autorizzazione pontificia - di concedere sepoltura nei chiostri o all’internodi edifici sacri, a prelati o personaggi illustri, naturalmente dietro legati e lautilasciti. Nel corso dei secoli tale consuetudine si diffuse a dismisura e nel ‘500all’interno degli edifici sacri le lastre di sepolture gentilizie coprivano i pavimentitanto che la Chiesa sentì l’esigenza di regolamentare le tumulazioni. Nel Conciliodi Trento, terminato nell’anno 1563, fu sancita la proibizione di seppellire nellechiese, a eccezione degli alti prelati o di qualche personaggio illustre conautorizzazione straordinaria del vescovo. Rimasero però all’interno delle chiese itumuli sepolcrali delle compagnie, confraternite, famiglie gentilizie e simili.

Che poi queste disposizioni non fossero rispettate è dimostrato dallo studiodelle registrazioni del ‘600 e ‘700 relative al grande numero di sepolture avvenutenella chiesa di S. Maria Maddalena nel “Leu”, ove erano previsti il “tumulo” deiparroci, uno per i conti del luogo più qualche “tumulo” di famiglie illustri, uno pergli “infanti”, uno per ciascuna “compagnia” (del Rosario, del SS. Sacramento, diSanta Croce), uno per gli abitanti del “Leu” e anche di S. Siro, sia cheappartenessero a una compagnia o confraternita - che comunque li accoglieva nel“tumulo” di competenza - sia che semplicemente richiedessero di aver sepolturanella chiesa del “Leu”.

Il delegato apostolico Angelo Peruzzi, nell’anno 1584, visitò la chiesa dellaparrocchia S. Siro, di competenza sino al 1673 della diocesi di Torino. Nel suoresoconto narra che dall’anno 1577 era rettore don Domenico Viano da SanSebastiano e informa che non si conservava il Santissimo e il parroco dovevaprelevarlo in una pisside dal parroco di S. Maria Trebea per portarlo agli infermi. Iparrocchiani in età di poter fare la “comunione” erano 150 e soltanto a Pasquaricevevano in S. Siro l’Eucarestia sotto le specie del pane e del vino, le donneseparate dagli uomini. Nelle altre feste di precetto dovevano presumibilmentepercorrere alcuni chilometri per raggiungere la chiesa di S. Maria Maddalena.Anche per i battesimi dovevano recarsi nella chiesa del “Leu”: in S. Siro non c’erail fonte battesimale; così pure i matrimoni e le relative “pubblicazioni”, secondo lenorme del Concilio Tridentino, nell’ultimo ventennio del 500, avvenivano in S.Maria Maddalena. Nei primi decenni del secolo successivo in S. Siro sicelebreranno i matrimoni e spesso sul sagrato, come si intuisce dalle registrazionidel parroco Martino Rogerato che precisava: “celebrarunt in faciem ecclesia”oppure in “eccl.ia S.ti Siri”.

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Associazione TREBEA Quando mons. Peruzzi vide la chiesa, il tetto era parzialmente crollato

verso la porta di accesso e il pavimento spezzato; perciò ordinò di intonacare lepareti e rifare il pavimento in buoni mattoni, soggiungendo: “in ea sepeliunt mortuiabsque avellis quia de coeteri fieri prohibuit”, ovvero vi si seppelliva fuori dalsepolcro e proibì di continuare per l’avvenire. Non vi è però alcuna indicazionespecifica della camera sotterranea. Per quanto concerne il cimitero all’esternoordinò di chiudere la recinzione e aggiungere la croce al centro.

Dieci anni dopo le cose non erano cambiate: nel 1594 il vescovo CarloBroglia osserva che l’altare maggiore è piccolo, malandato, mancano le tovaglie eche vi è un altare più piccolo (sapremo dalle visite dei secoli successivi che eraintitolato a S. Giovanni Battista); trova ancora le tegole distrutte dalla metà dellanavata verso la porta “principale” e il pavimento mancante, ordina pertanto lachiusura della chiesa. Come il suo predecessore non fa cenno al vano sotto ilpavimento. Presumibilmente, date le condizioni dell’edificio, non vi si seppellivapiù.

Occorrerà ancora qualche decennio perché, in ottemperanza alledisposizioni del Concilio di Trento, vengano tenuti i registri parrocchiali. Il “libermortuorum” con la registrazione delle sepolture dei parrocchiani di S. Siro iniziadall’anno 1601. E’ perciò documentato che, a eccezione di un figlio di AntonioCravero -sepolto all’interno della chiesa nel settembre 1602- da tale data e sinoall’anno 1610 le tumulazioni avvennero esclusivamente nel cimitero di S. Siro ealcune, come quella della madre del curato di S. Siro - Maria Rogerato - in S.Maria Maddalena.

Il vano sotterraneo all’interno della chiesa fu quindi utilizzato probabilmentea partire dal secondo decennio del ‘600, contemporaneamente all’area sepolcraledel cimitero esistente all’esterno della chiesa.

La sepoltura murata all’interno della chiesa di S. Siro a Casalborgone

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Non è da escludere poi che sia stato parzialmente utilizzato come muroperimetrale un precedente manufatto che pare inequivocabilmente di epoca piùantica.

Parete ovest della camera sepolcrale visibilmente di epoca pià antica

Certamente nella chiesa di S. Siro altre sepolture erano già avvenute primadel 1584 e la proibizione di continuare a seppellirvi di mons. Peruzzi non furispettata a lungo.

Nell’anno 1614 “nella chiesa” di S. Siro – mancano indicazioni precise chepossano far comprendere se in terra e in quale punto – viene tumulato, nel mesedi gennaio, Giovanni “filius Maria Viottus (nei secoli successivi il cognome sitrasformerà in Vogliotti)” nell’agosto del 1615 lo raggiunge Giacomo figlio del fu“Viotti”. Presumibilmente accanto a loro fu sepolta - il 19 giugno del 1617 - Maria,vedova di Johannes Viotti. In quegli anni furono le uniche sepolture all’internodella chiesa: erano imparentati con la famiglia del nobiluomo Matheus Viotus e ilconte Michele Radicati nel 1624 sarà padrino di battesimo di Angelica Viotto –insomma avevano un posticino nella scala sociale - e questo potrebbe spiegare latolleranza, ma certamente costituì un precedente e altri ottennero nuovamente ilprivilegio di riposare all’interno della chiesa. All’inizio con discrezione: negli anniseguenti sino al 1623, all’interno della chiesa avviene un’unica inumazioneall’anno, sono componenti delle famiglie Simonini, Vogliotti, Cravero, Bertolo,Troia.

Negli anni 1625 e 1626 vengono sepolti nella chiesa cinque defuntiappartenenti alle famiglie Bertolo, Simonino, Cravero, Tasso.

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Le nostre chiese raccontano la fine dei Cocconato d i Casalborgone

Dal registro Baptizatorum, matrimoniorum et mortuorum parocia Sancti Siriiab anno 1600 usque ad 1645 risulta che, nell’anno 1627, all’economo della cura diS. Siro: Giovanni Antonio Regio, rimasto in carica soltanto due anni, subentròMario Radicati, figlio cadetto di Fabrizio Radicati signore del luogo, che era statoavviato alla “carriera” ecclesiastica e fu incaricato della cura di S. Siro con il titolodi “economo”, così egli stesso si definì nella registrazione del battesimo diGiovanni Francesco, figlio dei coniugi Giovanni e Angela Cravero.

E’ questo un particolare interessante e testimonia malinconicamente la finedei Cocconato conti Radicati di Casalborgone che nei secoli precedenti avevanooccupato un posto di rilievo sulla scena politica regionale.

Il conte Fabrizio Cocconato, vassallo e scudiere del duca Carlo Emanuele Idi Savoia, fu “consignore” di Casalborgone condividendo ormai feudo e castellocon il conte Nicola Balbo signore di Vernone, ma conservava ancora diritti sugliuomini della comunità che gli dovevano hoste et cavalchata. Con i suoi fratelli GioMichele e Gio Francesco deteneva il diritto di “ius patronatus sopra le chiese di S.Maria Trebea e di S. Siro, ambedue parrocchie”. Inoltre all’interno della chiesa diS. Maria Maddalena nel “Leu” di Casalborgone era di sua competenza l’altare“dell’Annunziata” e già Carlo Broglia di Santena, Vescovo di Torino, nella relazionedella visita pastorale dell’anno 1594 annotava: “l’altare dell’Annonciazioneappartenente al Domino Fabrizio signore del luogo è ben sistemato in tutto”. Il 29aprile 1595 Fabrizio Radicati nel suo testamento, firmato Stefano Giardo notaio inCasalborgone, nominò i figli Orazio, Giò Michele e Mario eredi universali esuccessori nel castello, mandamento, giurisdizione, finaggio e territorio di:Casalborgone, Aramengo, Robella e in tutto il contado di Coconato, Bruzolo,Schiarano, Marmorito, Passerano, Primeglio, La Piovà, Moncucco, SanSebastiano, Tonengo, Cerretto, Castelvai, e di tutto il Piovanato di Mairà (ovverola pieve di Meirate identificabile con Piovà Massaia), Bagnasco, Capriglio,Caraglio, Casalletto, Mainetto, Berzano, Monteacuto, ecc. con castelli, ville e terre.

L’ascesa della casata era però ora giunta al termine: Fabrizio fu l’ultimo deiCocconato, conti Radicati, a esercitare diritti feudali su Casalborgone: i figli, allasua morte avvenuta nell’anno 1600, dovettero vendere le restanti quote di feudo ecedere anche il loro castello al conte Goveano che, nell'anno 1623, ne divennel’unico signore.

Orazio, nato nel febbraio del 1580 dalla prima moglie di Fabrizio Radicati,deceduta nel 1584, alla morte del padre aveva 20 anni; di lui sappiamo che ebbeun figlio naturale di nome Teodoro da Bernardina Aime di Rivalba battezzato daMartino Rogerato, curato di S. Siro nel 1603. Giovanni-Michele e Mario erano figlidella seconda moglie, di nome Barbara, che dal duca di Savoia fu nominata tutricee curatrice dei beni del loro padre perché avevano presumibilmente da 12 a 14anni.

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L’ultimogenito Mario Radicati, nel 1620, con i fratelli Orazio e Michele,aveva fatto ridipingere l’abside della chiesa di S. Maria Trebea apponendo glistemmi della casata, per ricordare i loro diritti di giuspatronato sulla chiesa, e unascritta celebrativa del loro antenato, Uberto di Cocconato eletto cardinale sotto iltitolo di S. Eustachio nel lontano 1261, figura di spicco fra i Cocconato che svolse,su incarico del papa, delicate missioni diplomatiche intrattenendo rapporti contutti i potenti dell’epoca, accrescendo notevolmente in potere e in ricchezza lasua famiglia. I tre fratelli colsero quindi l’opportunità di rinnovare il loro prestigiorammentando l’illustre antenato che aveva contribuito all’ascesa del consortile deiCocconato – signori di Radicata - che alcuni secoli dopo prenderanno il nome diconti Radicati.

I tre fratelli Radicati, che ormai vivevano in un palazzotto in fondo algiardino del castello, lottarono per mantenere i diritti di giuspatronato su S. Siroche il conte Antonio Goveano, gentiluomo di camera e maggiordomo del duca diSavoia, rivendicava già dal 1614 dopo l’acquisto dal conte Balbo di una primaquota del feudo di Casalborgone.

Il diritto di patronato già disciplinato da papa Alessandro III nel XII secolopoteva essere trasmesso ad altri secondo le norme di diritto vigente, ma taleprivilegio concesso ai signori di Cocconato veniva trasmesso automaticamente atutti i discendenti all’atto dell’investitura del feudo e castello: era pertanto unprivilegio inerente il feudo e i suoi signori. In quegli anni i parroci di S. MariaTrebea furono presentati per la nomina dai conti Balbo e Goveano e alcuni parrocidi S. Siro dai Radicati. I tre fratelli Orazio Gio Michele e Mario Radicati nonvolevano accettare anche la perdita di quest’ultimo privilegio, sostenendo che ildiritto di giuspatronato sulla chiesa di S. Siro non passava con la vendita da lorofatta delle quote di feudo e castello e intentarono un’aspra vertenza controEmanuele Filiberto Goveano (fratello di Antonio e nuovo signore del luogo)appellandosi anche alla Santa Sede. Nell’anno 1627, venuti ad un accordo, GioMichele Radicati e Filiberto Goveano dopo aver scelto quale parroco don AntonioBiesta - non si sa per quale motivo - lasciarono scadere i termini della suapresentazione per la nomina da parte del vescovo.

Mario In quello stesso anno 1627 in ecclesia parochialis Sancti Siri (equesta precisazione dell’economo della cura di S. Siro -Mario Radicati - ci facomprendere che in quegli anni la chiesa aveva ripreso le sue funzioni diparrocchia e i Radicati ci tenevano a ricordarlo) registra la sepoltura della figliainfante di Antonio Tasso il giorno primo maggio. Sul registro della parrocchia S.Siro compare ancora la nota del decesso di Angela Caterina figlia del nobile Rattoin data primo settembre, sepolta in S. Maria Maddalena. Qui si interrompono leregistrazioni dei decessi e sepolture che riprenderanno sul medesimo registrosoltanto nell’anno 1639.

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La peste

La terribile peste manzoniana giunse come noto alla fine del 1629 con lacalata di truppe tedesche – i lanzichenecchi – ma sulle nostre terre si crearono lepremesse al dilagare di morbi contagiosi già alcuni anni prima.

Nell’agosto 1625 gli spagnoli giunsero a porre l’assedio al castello diVerrua e per difenderlo le forze alleate franco-sabaude avevano già inviato 3000fanti ad Asti per fronteggiare le armate in arrivo e predisposto tutto il materialeoccorrente per la costruzione di un ponte di barche tra Verrua e Crescentino e unpresidio nei pressi di Brusasco. Le truppe spagnole, con al comando supremo ilduca di Feria, dilagarono per tutto il Monferrato saccheggiando e bruciando lungoil cammino; giunsero a occupare il castello di Robella e devastarono Brozolo,Brusasco, Piazzo e Lauriano: ventimila fanti e cinquemila cavalli risalìronoprobabilmente la collina da Marcorengo per raggiungere Verrua dove l’attendevala guarnigione predisposta da Carlo Emanuele duca di Savoia che disponeva di6000 uomini più 5000 comandati dal maresciallo di Créquì. Nel settembre CarloEmanuele giunse da Torino con duemila fanti in rinforzo al campo francese. Anovembre giunsero 4000 “Alemanni” per dar rinforzo al duca di Feria in difficoltà.

Casalborgone non è nelle immediate vicinanze ma sicuramente risentì delpassaggio di uomini, cavalli carri e cannoni, con problemi di sussistenza persoldati e cavalli che lasciavano dietro di sé cascine bruciate, vigne distrutte, pratiscorticati, boschi tagliati: terre desolate, senza contadini che potessero accudire iraccolti e seminare perché reclutati per le opere di fortificazione o come“guastatori”. Il bilancio dei morti fu terribile; si valuta che intorno a Verrua rimaseroper sempre dodicimila fanti e 1500 cavalli da parte spagnola e ottomila fanti e 500cavalli da parte sabaudo-francese. I campi abbandonati coperti di cadaveri,divennero gerbidi inselvatichiti, i rii e le rogge putrescenti e tutte le terre quiintorno erano state depredate di ogni avere saccheggiate dalla cavalleriaspagnola, polacca e croata. Le popolazioni ridotte in miseria restarono alla mercédelle barbarie delle truppe delle fazioni in lotta. Non solo, già nel 1625 avevanoiniziato a serpeggiare nell’esercito spagnolo strane febbri che causarono la mortedi parecchi soldati e ufficiali. Si ammalarono anche il duca di Savoia CarloEmanuele e il figlio Vittorio Amedeo.

Ma lo scacco subito dall’esercito spagnolo sotto Verrua non pose fine alcontendere, rinfocolato dalle lacerazioni per la successione al ducato di Mantova edi Monferrato e, nel 1628, gli spagnoli cinsero d’assedio Casale, mentre, con unrepentino scambio di alleanze, il duca Carlo Emanuele I tentava di conquistare ilMonferrato, dichiarando guerra al duca Carlo I di Never. Nel maggio 1629giunsero in Lombardia le truppe imperiali dirette a conquistare Mantova e ilMonferrato, mentre a Susa l’esercito francese aveva già da alcuni mesi stanziatoun presidio. La peste equanime manifestò in quell’anno i suoi primi focolai inentrambi gli schieramenti.

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Stando alle memorie dell’abate Giuseppe Borla, sin dal 1628 il contagioserpeggiava ai confini dell’Italia e, dagli ordinati comunali, risulta che già sul finiredi quell’anno vennero banditi i commerci con Susa, Chiomonte e tutta la Provenza;il contagio era già diffuso a Torino e per chi voleva entrare in Chivasso furono reseobbligatorie le bollette di sanità, attestanti la buona salute, rilasciate dai comuni diprovenienza e convalidate dai comuni successivamente attraversati. L’aumentatonumero di decessi a Chivasso conferma che la peste aveva già cominciato amietere le sue vittime e continuerà sino al 1631, come conferma la registrazionedei decessi che precisa videlicet ex pestilentia: n° 141.

Non abbiamo notizie in merito a ciò che avvenne a Casalborgone,addirittura si interruppero dal 1627 le scritture sui registri parrocchiali; ovvero, nelleparrocchie S. Maria Trebea e S. Siro, non andarono dispersi o bruciati i registri:non avvennero più registrazioni, come se anche la vita parrocchiale si fossefermata. Sappiamo invece che l’archivio della “comunità” di Casalborgone: erastato dall’inimiche truppe saccheggiato e disperse e smarrite quasi tutte le scritturedella medesima in detto archivio allora esistenti[…] e inoltre […] non aver alcunilibri d’ordinati ne altre scritture [prima del 1644] per esser state disperse per causadelle guerre e saccheggio patito. Come noto l’Abbadia di Casalborgone, nell’anno1680, dovette richiedere a madama reale Maria Giovanna Battista di Savoia diconcedere nuovamente le “patenti concernenti i privilegi dell’Abbadia” essendoandate smarrite a causa delle passate guerre.

Carlo Viano che nel 2004 ha pubblicato uno studio su “Natalità, nuzialità emortalità in alcune parrocchie della diocesi di Ivrea tra 1626-1636”, conferma che,soprattutto per le parrocchie sulla destra del Po, rimase senza risposte o quasi:“poiché i registri non esistono proprio”, ma possiamo supporre che la situazionefosse molto simile a ciò che descrisse il parroco di Piazzo, Giovanni AntonioBottino, nel registro dei nati 1617-50, con queste accorate parole:

dopo la venuta dei pollacchi sotto Verrua che fu l’anno del signore 1625 (et ivi stettero sinoal 15 novembre) fu saccheggiata la nostra chiesa di Piazzo et quella di Monteu et Lauriano […]Costoro non portavano rispetto né a sacramenti né a vasi ne meno a timore di donne di sortealcuna, davano il fuogo alle case et cassine, senza alcun riguardo, talchè i poveri paesani tantoreligiosi quanto altri erano necessitati ad habitare nelli boschi e né anco in quelli erano sicuriperché ogni giorno venivano al foraggio et tenevano tanto i boschi quanto l’altre parte, mazavanohomini, donne et figliuoli tanto grandi quanto picoli, religiosi tanto preti quanto frati.

Il resoconto prosegue con la descrizione della ribellione dei contadinidisperati che, imbracciati archibugi, moschetti e armi improvvisate:

tanti quanti capitavano nelle loro mani erano in diversi moddi ammazzati […]e concludetalchè quelle nostre ritane abbondavano solo di corpi morti di quella razza maledetta e tra

cavalli e dannati vi furono molti che in parte restarono ricambiati.

Ma il prezzo più alto era ancora da pagare con la terribile eredità deldilagare delle pestilenze.

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Sappiamo per certo che colpì duramente queste popolazioni. I fratelliOrazio, Michele e Mario Radicati morirono di peste. In assenza di scritti restano,muti testimoni, una fitta fila di scheletri, di cui non sapremo mai i nomi, in unafossa comune sul lato nord della chiesa di S. Siro. Li coprono pochi centimetri diterra e residui di calce.

Ricominciano le scritture sui libri parrocchiali

Nell’anno 1633 inizia il “liber baptizatorum” prete Giovanni Battista Ubertino,economo di S. Siro, ma non vengono registrati i decessi e i matrimoni.

Nell’anno 1639, come sopra detto, riprendono le registrazioni dei decessidei parrocchiani di S, Siro con Maria Bertola del luogo di Castagneto, sepolta nellachiesa di S. Siro nel mese di novembre dal nuovo parroco don Antonio Broglia.

Dal 1640 le sepolture all’interno della chiesa proseguono al ritmo di treall’anno, intervallate da sepolture nel cimitero di S. Siro o in S. Maria Maddalena;ai Cravero, Vogliotti e Tasso si aggiungono le famiglie Bertolina, Valle, Gaspardo,Corio. Il 25 agosto 1644 nella chiesa viene sepolto il primo componente dellafamiglia Gallina: è Blanchino figlio di Lorenzo.

Le sepolture all’interno della chiesa cominciano a infittirsi. Nell’anno 1649su sei parrocchiani di S. Siro uno solo fu sepolto in S. Maria Maddalena e gli altri 5nella loro chiesa.

Poi, negli anni dal 1654 alla fine del 1657 non vi furono sepolture in S. Siroe si prediligeva S. Maria Maddalena. Così si proseguì per qualche annoalternando anni senza inumazioni ad altri con tre sepolture all’interno di S. Siro. Laparrocchia si trovava in gravi difficoltà e la chiesa era fortemente deperita

Vi sarà un’impennata a partire dal 1665 con 5 sepolture e nel 1666 ben 7, dicui 4 in aprile. Vi sono ora anche defunti delle famiglie Facino, Audina, Perraca,Scapolino, Zucchi, Vernetto.

Nell’anno 1669 fra le tre sepolture vi è anche quella di Don Antonio Brogliada Vische, parroco di S. Siro.

Nuovi patroni della chiesa erano nel frattempo diventati i conti Broglia,signori del luogo dal 1638. Il conte Pietro Luigi Broglia nell’anno 1670 cercò dirisollevare le sorti della parrocchia S. Siro donando ai parroci una casa “nel luogo”di Casalborgone e un discreto lascito per il loro sostentamento e il miglioramentodelle condizioni della chiesa. La chiesa fu restaurata e gli effetti delle ripreseattività parrocchiali e l’esercizio del culto sono confermati dalle sepolture che vi sisusseguono.

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Dal 1672 aumentano i decessi tra i parrocchiani di S. Siro (una media di 17all’anno) e il numero di sepolture in S. Siro è costante alternando qualche annocon cinque inumazioni ad altri con due o tre). Continua però la predilezione per S.Maria Maddalena e sono invece rarissime le sepolture nel cimitero di S. Siro(presumibilmente bisognoso di recinzione e alla mercè degli animali selvatici).

Nel 1678 si verificano 18 decessi e il numero delle inumazioni nella chiesadi S. Siro comincia a diventare impressionante: ben 8 tra marzo e dicembreapparteenenti alle famiglie Tasso, Vogliotti, Gallina e Chioca.

Nel 1679 nuovamente 18 decessi e ben 9 vengono calati in S. Siro.Il ritmosarà di poco inferiore a questo sino al 1682!

Probabilmente una delle tante pestilenze era dilagata in queste campagnerinfocolandosi per più anni, portandosi via bambini, giovani e vecchi senzadistinzione. Poi dal 1683 i decessi si stabilizzano nuovamente per restare su unamedia di 7 all’anno sino al 1692 e in S. Siro vi è solo più una sepoltura all'anno, enon tutti gli anni.

Nel 1692 vi sono 17 decessi, tutti sepolti in S. Maria Maddalena.Continuerà anche negli anni successivi la predilezione per la chiesa di S. MariaMaddalena, non si seppellisce quasi più nel cimitero di S. Siro e all’interno dellachiesa si diradano le inumazioni: nel 1694 domenica Scassi di quarant’anni e lafiglia di Caterina di 17 sepolte l’una in maggio e l’altra in settembre, nel 1696Antonio Tasso e Domenico Gallina; nel 1698 Maria Tasso, nel 1699 Anna MariaFassino e Margherita Vernetto.

Nel mese di gennaio dell’anno 1700, con la precisazione: “presso l’altare diS. Giovanni Battista” nella chiesa di S. Siro viene sepolto il medico Antonio Grassidi Torino, abitante a Casalborgone morto a 55 anni dopo lunga infermità. Sempreall’interno della chiesa senza più precise indicazioni, seguirà nel mese di lugliol’inumazione di Jacobina Biroli di anni 60. Sarà registrata soltanto più unasepoltura nell’anno 1702 (Caterina Vogliotti di anni 60).

Nel 1705, durante l’assedio di Torino, i francesi che già occupavano SanSebastiano, Castagneto e Cavagnolo entrarono nel “Leu” di Casalborgone nelmese di luglio e il parroco di S. Maria Trebea registrò che “Maddalena vedovaManfrino del presente luogo di anni 60 circa munita dei sacramenti della Chiesamorì il 28 luglio 1705 e il giorno seguente il suo cadavere fu sepolto nella chiesa diS. Siro, senza esequie, per impedimento dei francesi che occupavano il luogo”.Probabilmente per analogo motivo fu sepolta in S. Siro la trentacinquenne AnnaMaria Dughetto di San Sebastiano nel mese di agosto.

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Furono le uniche sepolture in quell’anno e non ve ne furono altre sinoall’ottobre 1709 quando sarà inumato Giovanni Gallina all’interno della chiesaprecisando, ed è questo il primo caso “nel tumulo dei Gallina”. Ma in “tumulofamilia de Gallina” continueranno anche le inumazioni di defunti di altre famiglie, enella successiva sepoltura di Carlo Bertolhè di anni 5 nell’anno 1710 vieneaggiunta l’ulteriore precisazione “centro chiesa”. In quello stesso anno andranno afargli compagnia “Beatrixina Craveri” di anni 70 in novembre e “Joannes Craverio”di anni 70 in dicembre e nel maggio 1711 Domenico Vogliotti.

Soltanto in un altro caso sarà indicata la sepoltura presso l’altare di S.Giovanni Battista: è “Antonius Cerrutus” sepolto il 29 marzo 1713 in “sepulchroprope altari S. Johannis Baptista”.

Dopo due sepolture all’interno della chiesa di S. Siro nell’anno 1714(Fassino e Gallina) e l’unica sepoltura nel cimitero di Maria Cravero nel 1715, siinterromperanno le sepolture sino all’anno 1718. Per il successivo decennio lamedia dei decessi fu di dieci all’anno, tutti inumati in S. Maria Maddalena, salvorarissime eccezioni (Margherita Voiot e Caterina Gallina nel tumulo dei Gallina –con la precisazione del priore di S. Siro “in tumulo a cornu epistola huius familia” -,inoltre Pietro e Domenico Craverio e Francesco Sapis nel cimitero di S. Siro). Inquel periodo la chiesa era stata interdetta, il cimitero era aperto con i muri direcinzione crollati, alla mercè degli animali selvatici, e in queste condizioni latrovò il vescovo di Ivrea nel 1728 che ordinò di sistemare e richiudere il tumuloall’interno perché aveva la pietra spezzata.

A partire dal 1730 si osservano due eventi: si diffuse una non meglioprecisata pestilenza, che causò 25 decessi e sarà apertamente denunciatanell’anno successivo con le ripetute precisazioni repentino morbo corruptus e –fatto assolutamente nuovo – dal 1731 si riscontra il seppellimento a S. Siro di tutti isuoi parrocchiani ivi deceduti, in particolare riprendono le inumazioni nel cimiteroche da decenni erano divenute rarissime.

Dal 1725 aveva assunto la cura di S. Siro don Lorenzo Bruno, che ne saràl’ultimo priore, e stava probabilmente tentando di risollevare le sorti della sua“cura”. In quell’anno iniziando la registrazione con la sepoltura di un parrocchianodi S. Siro nella chiesa di S. Maria Maddalena precisò: “de meo consensu”, avevaquindi già chiaro in mente cosa si proponeva, ma gli ci volle presumibilmentequalche anno per rimettere in ordine la chiesa e il cimitero della sua parrocchia.

Nell’anno 1731 sono sepolti a S. Siro: 7 nel cimitero e 3 delle famiglieGallina, Peracha, Marchisio nel tumulo dei Gallina all’interno della chiesa. Neglianni dal 1732 al gennaio 1738 vengono sepolti nel cimitero ben 39 uomini donne ebambini di tutte le età. Nel tumulo dei Gallina trovano sepoltura 25: moltiappartengono alla famiglia Gallina, ma vi sono anche Lana, Valle, Corio, Cravero,Crovella, Dioniggi, Vogliotto, Nelva, Tasso, Vernetto, Ratto, Ferro, Fassino,Olivero. Nel cimitero, alle già note famiglie, si aggiungono Bevilacqua e Ossola.

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Si osservano alcune curiosità: di Giuseppe Maria Vogliotti, sepolto neltumulo dei Gallina nell’anno 1735 si cita il soprannome “vulgo garronus”. In queglianni due sole sepolture avvengono in S. Maria Maddalena e si tratta di dueadolescenti mendicanti. Fra i deceduti vi sono anche lattanti portati a balia daTorino ... sono piccoli segni dei costumi del tempo!

La soppressione della parrocchia S. Siro

L’antica parrocchia S. Siro oggetto di conflitti giurisdizionali e contestazionicon il parroco di S. Maria Trebea per il diritto di officiare nella ricca cappella delcastello – la chiesa di S. Maria Maddalena, divenuta di fatto la parrocchiale sin dalXVI secolo – dopo liti protrattesi per secoli, alle quali non pose rimedio neppurel’assegnazione, nell’anno 1673, a un unico pastore: il vescovo di Ivrea, fusoppressa con congiungimento a quella di S. Maria Trebea, retta da un solparroco. Era l’anno 1737.

Soppressa la parrocchia, dopo un’ultima sepoltura a S. Siro nel gennaio1738, quasi a dimostrazione della volontà del parroco di S. Maria Trebea, che deiparrocchiani di S. Siro era divenuto il nuovo pastore, tutti i funerali per decennipresero la strada del “Leu” per la sepoltura in S. Maria Maddalena.

Il teol. Francesco Barretta, prevosto di S. Maria Trebea, nel compilarel’inventario dei beni parrocchiali, nell’anno 1751, descrisse S. Siro: rovinata,indecente, senza pavimento e volta salvo all’altar maggiore”.

Ciò nonostante in quegli anni furono tumulati nel cimitero:nel 1756 - Anna Teresa e Maria Caterina Grassono, gemelle di 8 giorninel 1757 - Giuseppe Domenico Fassino di otto giorni

Dopo qualche anno, con l’arrivo nel 1760 del teol. Guglielmo Passeraparroco dell’ormai unica parrocchia di Casalborgone. si riprese a seppellire a S.Siro. Il teol. Passera, nell’anno 1765, sentì l’esigenza di disciplinare le modalità ele incombenze del parroco in materia di sepolture in una transazione con la“comunità”, stabilendo che soltanto per “i capi di casa” si sarebbe recato aprelevarli al domicilio, tutti gli altri dovevano essere portati in luoghi convenuti aseconda del luogo di seppellimento. Gli abitanti di S. Siro che ancoradesideravano essere sepolti nel loro cimitero dovevano essere portati alla Croce diS. Siro. Nello stesso documento don Passera invitava la comunità a non ritardarela modica spesa del chiudimento del cimitero e caldeggiava l’abbattimento dellachiesa di S. Siro che si ritiene eziandio interdetta.

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Associazione TREBEA Gli abitanti non cedettero, ripararono probabilmente il muro del cimitero e

ripresero a calare i loro morti all’interno della chiesa:

“in sepulcro maiorem suorum”nel 1761 Giacomo Antonio Gallina di circa nove anni in marzonel 1762 Giovanni Antonio Gallina di 30 giorni in settembre ancora all’interno della chiesa, senza più precise indicazioni, il settantenne Sebastiano Vogliottinel 1763- il cinquantaseienne Giovanni Battista Chiapino il 4 luglio- Bertollo Giovanni Ignazio di dieci giorni l’8 agosto- Caterina moglie di Giuseppe Antonio Torrè di Albugnano il 23 agosto.

nel 1765- Baldassarre Gallina in gennaio- una neonata Scagno in marzo- Gaspare Cravero,vulgo Crosetto, in agosto- Frignocca Antonio da Cortanzone in settembre- Chiapino Anna Caterina, settantenne, il 26 dicembre- Viotto Giovanni Battista il 28 dicembre

sempre nel 1765 furono sepolti nel cimitero di S. Siro:- Domenica settantottenne vedova di Domenico Davico in maggio;- Melchior Gribaldo da Rivalba in ottobre

Nell’anno 1766, all’interno della chiesa, fu sepolta la vedova MaddalenaComollo nel mese di aprile.

Sono queste le ultime sepolture a S. Siro.

Ma la chiesa di S. Siro era in totale deperimento, nel 1766 un muro eracrollato e la chiesa era in rovina. Il conte Broglia, dimentico di esserne il patrono edelle elargizioni dei suoi avi, dispose per rientrare in possesso del beneficioparrocchiale affidandolo a un suo figlio cadetto, nominato frettolosamente abate diS. Siro: costui utilizzò i materiali della chiesa per costruire l’adiacente cascina. ilparroco teol. Guglielmo Passera, nell’impossibilità di provvedere al restauro dellachiesa, decise di accettare l’offerta di alcune famiglie che proposero di acquistarlaper rimetterla in ordine e poter continuare a seppellirvi i loro defunti. La vendette,con il cimitero e tutto il sito, nell’anno 1771 per una cifra simbolica di 50 lire. Ilcontratto, dopo che nell’anno 1774 era stata disposta la demolizione perché non sitrovò in quel tempo chi si disponesse a ristorarla, revocata dopo un ricorso a “SuaMaestà”, sarà perfezionato nell’anno 1782 con atto notarile sottoscritto FrancescoAntonio Casalis.

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Associazione TREBEA Risale pertanto a quegli anni la ricostruzione dell’edificio con un’unica

navata come attualmente visibile e in tutte le visite pastorali dai primi decennidell’800 la chiesa viene descritta perfettamente in ordine e con tutte le suppellettiliper la celebrazione. Non viene fatto cenno a sepolture e si precisa: è di proprietàassoluta di alcuni particolari che la comperarono […]. Erano nel frattempo mutatele consuetudini e le regole: certamente non era più ammessa la sepoltura in uncimitero ormai di proprietà privata.

Sino al gennaio 1802 si continuerà a seppellire nei vari tumuli nella chiesadi S. Maria Maddalena nel “Leu”; a partire da quell’anno, quindi prima ancora cheavessero effetto le nuove disposizioni della legge napoleonica che fu emanata nel1804, si iniziò a seppellire sistematicamente nel cimitero di S. Maria Trebea,soltanto i parroci e i conti continuarono a essere sepolti nei loro tumuli all’internodella chiesa del “Leu” sino oltre il 1850.

Le famiglie che avevano voluto e restaurato la chiesa di S. Siro perseppellirvi i loro defunti, senza più alcun obiettivo utilitaristico, la mantennero inperfetto ordine per celebrarvi i suffragi funebri e, quando ormai non vi era piùnessuno che ancora potesse ricordarli, per celebrare la festività del santo e riunirsia pregare con umile e profonda devozione.

Con questi intendimenti la chiesa di S. Siro è oggi rinata, restaurata conamore dalla popolazione di Casalborgone.

Casalborgone, 25 gennaio 2014