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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 153 (48.477) Città del Vaticano mercoledì 8 luglio 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!"!_!z!:! la buona notizia Il Vangelo della XV Domenica del Tempo ordinario (Matteo 13, 1-23) Desiderare anche senza poter vedere di FABIO ROSINI «B eati i vostri occhi perché vedono... In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro!». Istintivamente si pensa che tale frase significhi: “A voi è andata meglio che a loro!” — ma a che serve dirlo? Eppure l’espressione: «In verità io vi dico» segnala una rivelazio- ne importante. Profeti e giusti hanno desiderato vedere quel che voi vedete: voi vedete quel che loro hanno desiderato. Se non lo avessero desiderato, voi non lo vedreste. Ogni generazione deve desiderare qualcosa che non deve vedere, perché spetta alla generazione successiva. Molti profeti e giusti hanno desiderato vedere la Chiesa del Vaticano II, e noi la stiamo vedendo perché loro lo hanno desiderato. Il nostro possesso è frut- to della loro aspirazione. È la storia dei Padri che videro i beni promessi e li salutarono solo da lontano (cfr. Eb 11, 13), come Mosé che vide la terra pro- messa ma non vi entrò, perché spettava a Giosuè — che in Ebraico è lo stesso nome di Gesù. È nota essenziale della paternità il preparare il meglio per i pro- pri figli e non esaurire tutto nella propria vita. Non si può vivere sbranando all’osso l’esistenza, perché c’è una vita che è più importante della propria: quella dei figli, quella della generazione a venire. Se lavoro per il presente, senza mettere da parte per quel che verrà, sono uno stolto che non ha capito la grandezza delle cose. È bello fare qualcosa di grande ma è ancor più bello vedere i pro- pri figli, nella carne o nella fede, diventare grandi e fare quello a cui noi non possiamo e non dobbiamo arrivare. Si può vivere solo per sé stessi, ma è una vita stolida, da superficiali. Siamo così estemporanei!... Prima di arrivare al Padre, vale la pe- na di desiderare fino al dolore a favore della prossima generazione. Ci sono anziani che vivono come se tutto finisse con loro. E ci sono quelli che pongono le basi, fanno da fondamento, spe- rano contro ogni speranza e desiderano cose grandi. I loro figli ve- dranno il Messia. A sette anni dalla visita di Francesco a Lampedusa Dov’è tuo fratello? di ALESSANDRO GISOTTI «D ov’è tuo fratello?, la voce del suo sangue grida fino a me, dice Dio. Questa non è una domanda rivolta ad altri, è una domanda ri- volta a me, a te, a ciascuno di noi». Sono passati sette anni dalla visita di Papa Francesco a Lampe- dusa e da quella domanda rivolta all’umanità nella Messa celebrata al campo sportivo dell’isola nel cuore del Mediterraneo. Un viaggio du- rato poche ore e che però è stato in qualche modo “programmatico” per il Pontificato. Lì, nella punta Sud dell’Europa, Francesco ha mo- strato cosa intenda quando parla di “Chiesa in uscita”. Ha reso visibile l’affermazione che la realtà si vede meglio dalle periferie che dal cen- tro. In mezzo ai migranti fuggiti dalla guerra e dalla miseria, ha fat- to toccare con mano il suo sogno di una “Chiesa povera e per i po- veri”. A Lampedusa, d’altro canto, parlando di Caino e Abele, ha an- che posto in primo piano l’interro- gativo sulla fratellanza. Domanda fondamentale per il nostro tempo. O forse, di ogni tempo. Sull’asse della fratellanza ruota tutto il Pontificato di Francesco. “Fratelli” è proprio la prima parola che ha rivolto al mondo da Papa, la sera del 13 marzo del 2013. La dimensione della fratellanza è, se così si può dire, nel Dna di questo Pontefice che ha scelto il nome del Poverello d’Assisi, un uomo che per sé ha voluto come unico titolo quello di “frate”, frater, fratello ap- punto. Fraterno è anche il modo in cui definisce il suo rapporto con il Papa emerito Benedetto XVI. Dopo la firma del Documento sulla Fra- tellanza umana, tale cifra del Pon- tificato appare certamente più mar- cata ed evidente a tutti. Eppure, ri- percorrendo all’indietro i primi set- te anni di Pontificato di Francesco, si ritrovano diverse pietre miliari sul cammino che ha condotto alla firma, assieme al Grande Imam di Al Azhar, dello storico documento ad Abu Dhabi, il 4 febbraio del 2019. Un percorso che ora prose- gue, perché quell’avvenimento in terra araba è stato un punto di ar- rivo, certo, ma anche di un nuovo inizio. Ritornando alla “domanda di Lampedusa”, è particolarmente si- gnificativo che il Papa riprenda le stesse parole in un’altra visita forte- mente simbolica, quella che compie al Sacrario militare di Redipuglia nel centenario dell’inizio della Pri- ma guerra mondiale. Anche qui, nel settembre del 2014, torna a ri- suonare con tutta la sua drammati- cità il dialogo tra Dio e Caino, do- po l’uccisione del fratello Abele. «A me che importa? Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4, 9). Per Francesco, in quel rifiuto di sentirsi custode del fratello, di ogni fratello, sta la radice di tutti i mali che scuotono l’umanità. Questo at- teggiamento, sottolinea il Papa, «è esattamente l’opposto di quello che ci chiede Gesù nel Vangelo», «Chi si prende cura del fratello, entra nella gioia del Signore; chi invece non lo fa, chi con le sue omissioni dice: “A me che importa?”, rimane fuori». Con lo scorrere del Pontifi- cato, vediamo che la comune ap- partenenza alla fratellanza umana viene declinata in tutta la sua mul- tiforme dinamicità, spaziando dal terreno ecumenico a quello interre- ligioso, dalla dimensione sociale a quella politica. Ancora una volta è il poliedro la figura che meglio rappresenta il pensiero e l’azione di Francesco. La fratellanza, infatti, ha tante sfaccettature. Tante quanti sono gli uomini e le relazioni tra loro. Francesco parla di fratelli nell’in- contro di preghiera e di pace nei Giardini Vaticani con Shimon Pe- res e Abu Mazen. «La vostra pre- senza», sottolinea rivolgendosi al leader israeliano e a quello palesti- nese, «è un grande segno di frater- nità, che compite quali figli di Abramo, ed espressione concreta di fiducia in Dio, Signore della storia, che oggi ci guarda come fratelli CONTINUA A PAGINA 8 Rilanciato in Vaticano l’appello del Papa per il cessate-il-fuoco e la sospensione della produzione e del commercio di armi Senza pace e sicurezza globale non si sconfigge la pandemia Occorre sostenere i processi di pace, perché senza la sicurezza globale le risposte alla pandemia risultano in- sufficienti. Lo ha detto il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, pre- fetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, du- rante l’incontro con i giornalisti sul tema «Preparare il futuro, costruire la pace al tempo del covid-19» svol- tosi martedì mattina, 7 luglio, nella Sala stampa della Santa Sede. Con il porporato sono intervenuti anche suor Alessandra Smerilli e Alessio Pecorario, che coordinano rispettiva- mente la task force per l’economia e la task force per la sicurezza della Commissione vaticana covid-19, del- la quale è stato presentato il secondo gruppo di lavoro «Guardare al futu- ro con creatività, preparare il futu- ro». Durante il colloquio con i rappre- sentanti dei media il porporato ha ribadito che l’appello di Papa Fran- cesco e la richiesta del Consiglio di sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) di un cessa- te-il-fuoco a livello globale in questo tempo di pandemia servono soprat- tutto per portare soccorsi umanitari nelle zone interessate dai conflitti. Da parte sua il Dicastero, ha spiega- to, sta operando in vari territori at- traverso la Commissione giustizia e pace e la Caritas Internationalis, due organismi impegnati a promuovere la pace e a favorire la sospensione delle ostilità per avviare un processo di riconciliazione e di dialogo con operazione di peacekeeping e peacema- king. Riferendosi alla situazione del continente di cui è originario, il car- dinale Turkson ha ricordato che in Africa esistono già dei gruppi, ben radicati anche nella realtà della Chiesa locale, che lavorano in modo specifico per la risoluzione dei con- flitti. Grazie anche a questa opera, si sta cercando di promuovere la soli- darietà in tutti gli ambienti e di rico- struire la fiducia, specialmente nelle zone più martoriate da guerre e vio- lenza. La fiducia reciproca, infatti, è alla base di ogni progetto e va in- staurata non solo tra uomo e Dio ma tra uomo e uomo. In questo mo- do si promuovono la solidarietà e il multilateralismo, due forme concrete attraverso cui si realizza la pace. La questione più attuale al centro degli interventi è stata quella legata alla corsa agli armamenti e alle spese militari, che sottraggono risorse alla sicurezza alimentare e sanitaria pro- prio in questo periodo di emergen- za. Ne hanno trattato Pecorario e suor Smerilli, la quale ha rilanciato la necessità di una riconversione dell’industria bellica a usi civili, co- me dimostrato proprio in questo tempo di crisi dalle aziende che, nel giro di poco tempo, hanno avviato la produzione di pezzi di ricambio per i ventilatori polmonari. PAGINA 8 Un documento firmato da 114 vescovi di tutto il mondo Contro gli abusi delle imprese BRUXELLES, 7. Una due diligence obbligatoria della catena di fornitu- ra per fermare gli abusi da parte delle imprese e garantire la solida- rietà globale: la chiedono — in una dichiarazione diffusa dal sito in re- te della Cidse, rete cattolica di coo- perazione internazionale per lo svi- luppo e la solidarietà, con sede a Bruxelles — 114 vescovi di tutto il mondo. Con lo scoppio del covid- 19, esordisce il documento, «l’uma- nità si trova ad affrontare una crisi globale senza precedenti. Oltre alla minaccia alla salute pubblica, lo sconvolgimento economico e socia- le minaccia le condizioni di vita e il benessere» di tante persone nel lungo periodo. Particolarmente col- piti sono coloro che si trovano più in basso nella catena di fornitura globale, tra cui molte donne. I pre- suli denunciano che «milioni di la- voratori sono stati mandati a casa senza retribuzione, previdenza so- ciale o compensazioni». Il testo è firmato, tra gli altri, dai cardinali Jean-Claude Holleri- ch, arcivescovo di Luxembourg e presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea, Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon e presidente della Federa- zione delle conferenze episcopali asiatiche, e António Augusto dos Santos Marto, vescovo di Leiria- Fátima. Troppo spesso, vi si affer- ma, «prevale l’interesse privato del- le multinazionali, che non riescono a fare dei passi in avanti in termini di solidarietà. Imprese irresponsa- bili sono state a lungo coinvolte in svariati abusi, evadendo le tasse che potrebbero servire a costruire e mantenere servizi pubblici come ospedali o scuole, inquinando i no- stri terreni, l’acqua e l’aria o ren- dendosi complici di gravi violazio- ni dei diritti umani in tutto il mon- do, come nel caso del lavoro forza- to e del lavoro minorile». Questo sistema «basato sul profitto e sulla cultura del consumo e dello scar- to» deve essere messo in discussio- ne, «ora più che mai», ribadiscono i vescovi. Per intaccarlo occorre un cambiamento culturale, sociale ma anche legislativo: «Crediamo che le leggi possano riuscire a portare un cambiamento tangibile per le co- munità se includono anche un mi- gliore accesso ai rimedi giudiziari per le vittime, al fine di rispettare il dovere di protezione da parte delle imprese, contro fenomeni co- me l’accaparramento delle terre, le violazioni dei diritti umani, l’ucci- sione dei difensori dei diritti uma- ni, il lavoro forzato e infantile, la violenza di genere, il degrado am- bientale e la deforestazione». Di qui la richiesta concreta a tutti i governi di introdurre nella legisla- zione una due diligence (dovuta dili- genza) per «migliorare le possibili- tà delle persone colpite di chiedere un risarcimento nei tribunali civili nazionali». La crisi del coronavirus, conclude la dichiarazione, «dovreb- be essere considerata come un’op- portunità per costruire un nuovo sistema economico che abbia al centro le persone e il pianeta». Superata la soglia delle 65.000 vittime Nell’ultima settimana il Brasile è stato il Paese più colpito dal covid-19 BRASÍLIA, 7. Secondo i dati dell’O r- ganizzazione mondiale della sanità (Oms), il Brasile, negli ultimi sette giorni, ha fatto registrare, a livello globale, il maggior numero di de- cessi per cause riconducibili al coro- navirus. Sono stati 7.195 le morti conteggiate nel Paese, rispetto alle 4.090 negli Stati Uniti e ai 3.985 de- cessi in Messico. Inoltre, le autorità sanitarie brasiliane stanno indagan- do su altri 4.146 decessi che potreb- bero essere stati causati dal virus. Il gigante sudamericano si conferma l’epicentro latinoamericano della pandemia e uno dei focolai attivi a livello mondiale; per di più ha un tasso di mortalità molto alto, di 31,2 morti per 100.000 abitanti. I numeri mostrano anche che fino a ieri sera sono stati 927.292 i pazienti guariti dal nuovo coronavirus, cifra che rappresenta il 57,1 per cento del to- tale degli infetti. Secondo i dati riportati dal mini- stero della Salute brasiliano sono stati 620 i decessi riportati nelle ul- time 24 ore, portando il dato com- plessivo delle vittime oltre la soglia delle 65.000 unità, precisamente 65.487. Il numero di infezioni, nel frattempo, si attesta a 1.623.284, do- po aver registrato 20.229 nuovi casi nelle ultime 24 ore confermati sem- pre dal bollettino ministeriale. Tuttavia, diversi stati e città del paese, tra cui San Paolo e Rio de Janeiro, hanno avviato nei giorni scorsi il processo di riapertura delle loro economie, nonostante il fatto che la curva epidemiologica fosse ancora in crescita, seppure più lieve. Di ieri la notizia che il presidente Jair Bolsonaro si è sottoposto nuo- vamente al test presso l’ospedale mi- litare di Brasília. Il risultato sarà no- to oggi a mezzogiorno (ora locale). I media brasiliani hanno riferito che il capo di stato ha la febbre a 38 gradi e il suo ufficio ha annullato le attività programmate per questa set- timana. I salmi nei «Commenti» di Cassiodoro Un maestro da riscoprire FRANCESCO MILITO A PAGINA 5 A colloquio con l’amministratore apostolico del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini Desiderio di rinascita FEDERICO PIANA A PAGINA 6 La Settimana sociale in Argentina Nessuno si salva da solo GIOVANNI ZAVATTA A PAGINA 7 ALLINTERNO Il jihadismo saheliano e magrebino GIULIO ALBANESE A PAGINA 2 LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Il filosofo Edgar Morin Il nuovo mondo dovrà nascere dalla cultura europea PAGINA 3

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 153 (48.477) Città del Vaticano mercoledì 8 luglio 2020

.

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izia Il Vangelo della XV Domenica del Tempo ordinario (Matteo 13, 1-23)

Desiderare anche senza poter vedere

di FABIO ROSINI

«B eati i vostri occhi perché vedono... In verità io vi dico:molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciòche voi guardate, ma non lo videro!».

Istintivamente si pensa che tale frase significhi: “A voi è andatameglio che a loro!” — ma a che serve dirlo?

Eppure l’espressione: «In verità io vi dico» segnala una rivelazio-ne importante.

Profeti e giusti hanno desiderato vedere quel che voi vedete: voivedete quel che loro hanno desiderato.

Se non lo avessero desiderato, voi non lo vedreste.Ogni generazione deve desiderare qualcosa che non deve vedere,

perché spetta alla generazione successiva. Molti profeti e giustihanno desiderato vedere la Chiesa del Vaticano II, e noi la stiamovedendo perché loro lo hanno desiderato. Il nostro possesso è frut-to della loro aspirazione.

È la storia dei Padri che videro i beni promessi e li salutaronosolo da lontano (cfr. Eb 11, 13), come Mosé che vide la terra pro-

messa ma non vi entrò, perché spettava a Giosuè — che in Ebraicoè lo stesso nome di Gesù.

È nota essenziale della paternità il preparare il meglio per i pro-pri figli e non esaurire tutto nella propria vita.

Non si può vivere sbranando all’osso l’esistenza, perché c’è unavita che è più importante della propria: quella dei figli, quella dellagenerazione a venire. Se lavoro per il presente, senza mettere daparte per quel che verrà, sono uno stolto che non ha capito lagrandezza delle cose.

È bello fare qualcosa di g ra n d e ma è ancor più bello vedere i pro-pri figli, nella carne o nella fede, diventare grandi e fare quello a cuinoi non possiamo e non dobbiamo arrivare.

Si può vivere solo per sé stessi, ma è una vita stolida, da superficiali.Siamo così estemporanei!... Prima di arrivare al Padre, vale la pe-

na di desiderare fino al dolore a favore della prossima generazione.Ci sono anziani che vivono come se tutto finisse con loro.E ci sono quelli che pongono le basi, fanno da fondamento, spe-

rano contro ogni speranza e desiderano cose grandi. I loro figli ve-dranno il Messia.

A sette anni dalla visita di Francesco a Lampedusa

D ov’ètuo fratello?

di ALESSANDRO GISOTTI

«D ov’è tuo fratello?, lavoce del suo sanguegrida fino a me, dice

Dio. Questa non è una domandarivolta ad altri, è una domanda ri-volta a me, a te, a ciascuno dinoi». Sono passati sette anni dallavisita di Papa Francesco a Lampe-dusa e da quella domanda rivoltaall’umanità nella Messa celebrata alcampo sportivo dell’isola nel cuoredel Mediterraneo. Un viaggio du-rato poche ore e che però è statoin qualche modo “p ro g r a m m a t i c o ”per il Pontificato. Lì, nella puntaSud dell’Europa, Francesco ha mo-strato cosa intenda quando parla di“Chiesa in uscita”. Ha reso visibilel’affermazione che la realtà si vedemeglio dalle periferie che dal cen-tro. In mezzo ai migranti fuggitidalla guerra e dalla miseria, ha fat-to toccare con mano il suo sognodi una “Chiesa povera e per i po-veri”. A Lampedusa, d’altro canto,parlando di Caino e Abele, ha an-che posto in primo piano l’i n t e r ro -gativo sulla fratellanza. Domandafondamentale per il nostro tempo.O forse, di ogni tempo.

Sull’asse della fratellanza ruotatutto il Pontificato di Francesco.

“Fr a t e l l i ” è proprio la prima parolache ha rivolto al mondo da Papa,la sera del 13 marzo del 2013. Ladimensione della fratellanza è, secosì si può dire, nel Dna di questoPontefice che ha scelto il nome delPoverello d’Assisi, un uomo cheper sé ha voluto come unico titoloquello di “frate”, f ra t e r, fratello ap-punto. Fraterno è anche il modo incui definisce il suo rapporto con ilPapa emerito Benedetto XVI. Dopola firma del Documento sulla Fra-tellanza umana, tale cifra del Pon-tificato appare certamente più mar-cata ed evidente a tutti. Eppure, ri-percorrendo all’indietro i primi set-te anni di Pontificato di Francesco,si ritrovano diverse pietre miliarisul cammino che ha condotto allafirma, assieme al Grande Imam diAl Azhar, dello storico documentoad Abu Dhabi, il 4 febbraio del2019. Un percorso che ora prose-gue, perché quell’avvenimento interra araba è stato un punto di ar-rivo, certo, ma anche di un nuovoinizio.

Ritornando alla “domanda diLamp edusa”, è particolarmente si-gnificativo che il Papa riprenda lestesse parole in un’altra visita forte-mente simbolica, quella che compieal Sacrario militare di Redipuglianel centenario dell’inizio della Pri-ma guerra mondiale. Anche qui,nel settembre del 2014, torna a ri-suonare con tutta la sua drammati-cità il dialogo tra Dio e Caino, do-po l’uccisione del fratello Abele.«A me che importa? Sono forse ioil custode di mio fratello?» (Gen 4,9). Per Francesco, in quel rifiuto disentirsi custode del fratello, di ognifratello, sta la radice di tutti i maliche scuotono l’umanità. Questo at-teggiamento, sottolinea il Papa, «èesattamente l’opposto di quello checi chiede Gesù nel Vangelo», «Chisi prende cura del fratello, entranella gioia del Signore; chi invecenon lo fa, chi con le sue omissionidice: “A me che importa?”, rimanefuori». Con lo scorrere del Pontifi-cato, vediamo che la comune ap-partenenza alla fratellanza umanaviene declinata in tutta la sua mul-tiforme dinamicità, spaziando dalterreno ecumenico a quello interre-ligioso, dalla dimensione sociale aquella politica. Ancora una volta èil poliedro la figura che megliorappresenta il pensiero e l’azione diFrancesco. La fratellanza, infatti,ha tante sfaccettature. Tante quantisono gli uomini e le relazioni tral o ro .

Francesco parla di fratelli nell’in-contro di preghiera e di pace neiGiardini Vaticani con Shimon Pe-res e Abu Mazen. «La vostra pre-senza», sottolinea rivolgendosi alleader israeliano e a quello palesti-nese, «è un grande segno di frater-nità, che compite quali figli diAbramo, ed espressione concreta difiducia in Dio, Signore della storia,che oggi ci guarda come fratelli

CO N T I N UA A PA G I N A 8

Rilanciato in Vaticano l’appello del Papa per il cessate-il-fuoco e la sospensione della produzione e del commercio di armi

Senza pace e sicurezza globalenon si sconfigge la pandemia

Occorre sostenere i processi di pace,perché senza la sicurezza globale lerisposte alla pandemia risultano in-sufficienti. Lo ha detto il cardinalePeter Kodwo Appiah Turkson, pre-fetto del Dicastero per il servizio

dello sviluppo umano integrale, du-rante l’incontro con i giornalisti sultema «Preparare il futuro, costruirela pace al tempo del covid-19» svol-tosi martedì mattina, 7 luglio, nellaSala stampa della Santa Sede. Con

il porporato sono intervenuti anchesuor Alessandra Smerilli e AlessioPecorario, che coordinano rispettiva-mente la task force per l’economia ela task force per la sicurezza dellaCommissione vaticana covid-19, del-la quale è stato presentato il secondogruppo di lavoro «Guardare al futu-ro con creatività, preparare il futu-ro » .

Durante il colloquio con i rappre-sentanti dei media il porporato haribadito che l’appello di Papa Fran-cesco e la richiesta del Consiglio disicurezza dell’Organizzazione delleNazioni Unite (Onu) di un cessa-te-il-fuoco a livello globale in questotempo di pandemia servono soprat-tutto per portare soccorsi umanitarinelle zone interessate dai conflitti.Da parte sua il Dicastero, ha spiega-to, sta operando in vari territori at-traverso la Commissione giustizia epace e la Caritas Internationalis, dueorganismi impegnati a promuoverela pace e a favorire la sospensionedelle ostilità per avviare un processodi riconciliazione e di dialogo conoperazione di peacekeeping e peacema-k i n g. Riferendosi alla situazione delcontinente di cui è originario, il car-dinale Turkson ha ricordato che inAfrica esistono già dei gruppi, ben

radicati anche nella realtà dellaChiesa locale, che lavorano in modospecifico per la risoluzione dei con-flitti. Grazie anche a questa opera, sista cercando di promuovere la soli-darietà in tutti gli ambienti e di rico-struire la fiducia, specialmente nellezone più martoriate da guerre e vio-lenza. La fiducia reciproca, infatti, èalla base di ogni progetto e va in-staurata non solo tra uomo e Dioma tra uomo e uomo. In questo mo-do si promuovono la solidarietà e ilmultilateralismo, due forme concreteattraverso cui si realizza la pace.

La questione più attuale al centrodegli interventi è stata quella legataalla corsa agli armamenti e alle spesemilitari, che sottraggono risorse allasicurezza alimentare e sanitaria pro-prio in questo periodo di emergen-za. Ne hanno trattato Pecorario esuor Smerilli, la quale ha rilanciatola necessità di una riconversionedell’industria bellica a usi civili, co-me dimostrato proprio in questotempo di crisi dalle aziende che, nelgiro di poco tempo, hanno avviatola produzione di pezzi di ricambioper i ventilatori polmonari.

PAGINA 8

Un documento firmato da 114 vescovi di tutto il mondo

C o n t rogli abusi delle imprese

BRUXELLES, 7. Una due diligenceobbligatoria della catena di fornitu-ra per fermare gli abusi da partedelle imprese e garantire la solida-rietà globale: la chiedono — in unadichiarazione diffusa dal sito in re-te della Cidse, rete cattolica di coo-perazione internazionale per lo svi-luppo e la solidarietà, con sede aBruxelles — 114 vescovi di tutto ilmondo. Con lo scoppio del covid-19, esordisce il documento, «l’uma-

nità si trova ad affrontare una crisiglobale senza precedenti. Oltre allaminaccia alla salute pubblica, losconvolgimento economico e socia-le minaccia le condizioni di vita eil benessere» di tante persone nellungo periodo. Particolarmente col-piti sono coloro che si trovano piùin basso nella catena di fornituraglobale, tra cui molte donne. I pre-suli denunciano che «milioni di la-voratori sono stati mandati a casasenza retribuzione, previdenza so-ciale o compensazioni».

Il testo è firmato, tra gli altri,dai cardinali Jean-Claude Holleri-ch, arcivescovo di Luxembourg epresidente della Commissione degliepiscopati dell’Unione europea,Charles Maung Bo, arcivescovo diYangon e presidente della Federa-zione delle conferenze episcopaliasiatiche, e António Augusto dosSantos Marto, vescovo di Leiria-Fátima. Troppo spesso, vi si affer-ma, «prevale l’interesse privato del-le multinazionali, che non riesconoa fare dei passi in avanti in terminidi solidarietà. Imprese irresponsa-bili sono state a lungo coinvolte insvariati abusi, evadendo le tasseche potrebbero servire a costruire emantenere servizi pubblici comeospedali o scuole, inquinando i no-stri terreni, l’acqua e l’aria o ren-dendosi complici di gravi violazio-ni dei diritti umani in tutto il mon-do, come nel caso del lavoro forza-to e del lavoro minorile». Questosistema «basato sul profitto e sullacultura del consumo e dello scar-to» deve essere messo in discussio-ne, «ora più che mai», ribadisconoi vescovi. Per intaccarlo occorre uncambiamento culturale, sociale maanche legislativo: «Crediamo che leleggi possano riuscire a portare uncambiamento tangibile per le co-munità se includono anche un mi-gliore accesso ai rimedi giudiziariper le vittime, al fine di rispettareil dovere di protezione da partedelle imprese, contro fenomeni co-me l’accaparramento delle terre, leviolazioni dei diritti umani, l’ucci-sione dei difensori dei diritti uma-ni, il lavoro forzato e infantile, laviolenza di genere, il degrado am-bientale e la deforestazione». Diqui la richiesta concreta a tutti igoverni di introdurre nella legisla-zione una due diligence (dovuta dili-genza) per «migliorare le possibili-tà delle persone colpite di chiedereun risarcimento nei tribunali civilinazionali». La crisi del coronavirus,conclude la dichiarazione, «dovreb-be essere considerata come un’op-portunità per costruire un nuovosistema economico che abbia alcentro le persone e il pianeta».

Superata la soglia delle 65.000 vittime

Nell’ultima settimana il Brasileè stato il Paese più colpito dal covid-19

BRASÍLIA, 7. Secondo i dati dell’O r-ganizzazione mondiale della sanità(Oms), il Brasile, negli ultimi settegiorni, ha fatto registrare, a livelloglobale, il maggior numero di de-cessi per cause riconducibili al coro-navirus. Sono stati 7.195 le morticonteggiate nel Paese, rispetto alle4.090 negli Stati Uniti e ai 3.985 de-cessi in Messico. Inoltre, le autoritàsanitarie brasiliane stanno indagan-do su altri 4.146 decessi che potreb-bero essere stati causati dal virus. Ilgigante sudamericano si confermal’epicentro latinoamericano dellapandemia e uno dei focolai attivi alivello mondiale; per di più ha untasso di mortalità molto alto, di 31,2morti per 100.000 abitanti. I numerimostrano anche che fino a ieri serasono stati 927.292 i pazienti guaritidal nuovo coronavirus, cifra cherappresenta il 57,1 per cento del to-tale degli infetti.

Secondo i dati riportati dal mini-stero della Salute brasiliano sonostati 620 i decessi riportati nelle ul-time 24 ore, portando il dato com-plessivo delle vittime oltre la sogliadelle 65.000 unità, precisamente

65.487. Il numero di infezioni, nelfrattempo, si attesta a 1.623.284, do-po aver registrato 20.229 nuovi casinelle ultime 24 ore confermati sem-pre dal bollettino ministeriale.

Tuttavia, diversi stati e città delpaese, tra cui San Paolo e Rio deJaneiro, hanno avviato nei giorniscorsi il processo di riapertura delleloro economie, nonostante il fattoche la curva epidemiologica fosse

ancora in crescita, seppure più lieve.Di ieri la notizia che il presidenteJair Bolsonaro si è sottoposto nuo-vamente al test presso l’ospedale mi-litare di Brasília. Il risultato sarà no-to oggi a mezzogiorno (ora locale).I media brasiliani hanno riferito cheil capo di stato ha la febbre a 38gradi e il suo ufficio ha annullato leattività programmate per questa set-timana.

I salmi nei «Commenti»di Cassiodoro

Un maestroda riscoprire

FRANCESCO MILITO A PA G I N A 5

A colloquio con l’a m m i n i s t ra t o reapostolico del Patriarcatodi Gerusalemme dei Latini

Desiderio di rinascita

FEDERICO PIANA A PA G I N A 6

La Settimana sociale in Argentina

Nessunosi salva da solo

GI O VA N N I ZAVAT TA A PA G I N A 7

ALL’INTERNO

Il jihadismo sahelianoe magrebino

GIULIO ALBANESE A PA G I N A 2

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Il filosofo Edgar Morin

Il nuovo mondodovrà nasceredalla cultura europea

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 mercoledì 8 luglio 2020

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Il jihadismo saheliano e magrebino

Le dimensioni di una radicalizzazionedell’estremismo islamista

Pil in calo mentre si continua a discutere sul Recovery fund

Il virus affondal’economia europea

P re s e n t a t oil nuovo governo

francese

PARIGI, 7. Il premier franceseJean Castex scopre le carte sulterzo governo dell’era di Emma-nuel Macron. Il rimpasto, an-nunciato dopo due giorni ditrattative con l'Eliseo, confermalo spostamento del baricentrodell’esecutivo verso il centro-de-stra.

Alla giustizia, uno dei dicaste-ri più delicati, è andato Eric Du-pond-Moretti, avvocato italo-francese molto conosciuto algrande pubblico soprattutto perle sue posizioni molto controver-se, anche sulla magistratura.

Gérald Darmanin è stato no-minato al ministero dell'internoal posto di Cristophe Castaner.Barbara Pompili, ex portavoceparlamentare dei verdi prima dientrare in La République enmarche, è la nuova ministra del-l'ecologia e della solidarietà e nu-mero due del governo. RoselyneBachelot, molto vicina a Castexed ex ministro all'epoca dellapresidenza Chirac e Sarkozy, an-drà invece alla cultura. Bruno LeMaire mantiene invece la regiadella politica economica naziona-le. Le nomine sono state esami-nate dall'autorità per il controllodella trasparenza per evitare con-flitti di interesse mentre comeprevisto dalla legge francese nel-la compagine c'è parità di pesotra uomini e donne. Il primoconsiglio dei ministri si terrà giàquesto pomeriggio. «Dovrà esse-re un governo di combattimen-to» ha detto il presidente Ma-cron nei giorni scorsi che ha scel-to come premier un tecnocratefino a pochi mesi fa quasi scono-sciuto come Castex. Questo —dicono gli analisti — per stringe-re le redini sul governo e per riu-scire a guidarne in prima perso-na la politica nei 21 mesi da oggialle elezioni presidenziali del2022. «Il rientro dopo l’estate sa-rà durissimo per l’economia» haammesso nei giorni scorsi il pre-sidente della Repubblica.

Sanzioni colpiscono 49 persone per punire violazioni dei diritti umani

Londra contro Mosca e Riad

Sbarcati in 123 dalla Ocean Vikingmentre il cargo Talia resta in acque maltesi

Egitto: studente statunitense rilasciatodopo circa un anno di detenzione

L’uccisione di AbdelmalekD roukdel, considerato il lea-der di Al Qaeda nel Ma-

ghreb (Al-Qaida au Maghreb islami-que) e di alcuni suoi luogotenenti,avvenuta il mese scorso, ha portatonuovamente alla ribalta una dellemacroregioni africane segnate pesan-

dualmente spostato l’epicentro delleattività jihadiste dal deserto saharia-no all’interno della fascia saheliana,facendo dell’islamismo radicale l’in-terprete di alcune minoranze etnichediscriminate, come i tuareg e i fula-ni, con l’effetto immediato di farperdere centralità all’elemento araboe algerino, un tempo dominante conil modus operandi e la visione diD roukdel.

Una cosa è certa, oggi l’e p i c e n t rodel jihadismo più efferato è colloca-to nel ventre della vasta regionesaheliana, dove da una parte imperail Groupe de soutien à l’islam et auxmusulmans (Gsim), un cartello diorganizzazioni su base etnica forte-mente indipendenti tra loro e ai cuivertici spicca un tuareg del calibrodi Iyadh ag Ghaly, mentre dall’altravengono sempre più allo scoperto lecomponenti dello Stato islamico nel-

namiche operative, organizzative edideologiche del jihadismo regionale.

Infatti è avvenuta una gradualeparcellizzazione dei gruppi e unaconseguente decentralizzazione deipoteri con il risultato che sono natecol tempo nuove organizzazioni ter-roristiche fondate dai leader locali,come il Mouvement pour l’Unicitéet le Jihad en Afrique de l’O uest(Mujao) o il gruppo al-Murabitoun.Un jihadismo il loro imperniato sulcontrollo dei traffici illeciti, sullatassazione delle attività economichenei territori sotto il loro controllo esul saccheggio indiscriminato. Nelfrattempo si è manifestata palese-mente, a partire dal 2014, la conta-minazione dell’ideologia propagan-data dallo Stato islamico (Is) del de-funto Abu Bakr al-Baghdadi che ha,per così dire, acceso i riflettori sullapresenza dei suoi seguaci nel Sahel.Incitando i combattenti jihadisti inBurkina Faso e Mali ad intensificaregli attacchi contro i militari francesie i loro alleati, al-Baghdadi confer-mò esplicitamente, lo scorso anno,pochi mesi prima della sua morte, ilgiuramento di fedeltà allo Stato isla-mico da parte di Adnan Abu al-Wa-lid al-Sahrawi, militante islamistasahrawi, ex membro del Mujao edex sodale di Mokhtar Belmokhtar,leader del gruppo al-Murabitoun —meglio conosciuto negli ambientieversivi come Mr. Marlboro in ra-gione dei radicati interessi nelle retidei traffici illeciti trans-saheliani.

Questo indirizzo ha però determi-nato due effetti. Anzitutto ha causa-to una frattura nella galassia jihadi-sta, in quanto, ad esempio, già nel2015, Belmokhtar riaffermò l’affilia-zione ad Al Qaeda, diventando illeader di al-Qaeda en Afrique del’Ouest e ricusando così il franchisestrategico con Is in Africa occiden-tale. Al contempo però la sporula-zione di gruppi estremisti ha gra-

le sue due principali diramazioni:quella dello Islamic State in theGreater Sahara (Isbs) e dell’IslamicState West African Province(Iswap). Non v’è dubbio, dunque,che lo scenario è molto complesso ecomunque riconducibile ad esempioalla recente escalation jihadista inBurkina Faso, Congo orientale eMozambico Settentrionale.

La morte dunque di Droukdel,che per lunghi anni ha eluso la cat-tura — nonostante già nel 2012 fossestato condannato da un tribunale inAlgeria per omicidio, appartenenzaa un’organizzazione terroristica e at-tentati letali — è la conclusione diun triste capitolo della storia deljihadismo africano, ma non certa-mente quello conclusivo. La pro-gressiva e costante migrazione delterrorismo islamista sempre più ameridione, all’interno dell’AfricaSubsahariana, esige infatti una mag-giore attenzione da parte del conses-so delle nazioni, non solo in Africa,ma anche nelle istituzioni interna-zionali. Naturalmente il ruolo dellaFrancia è cruciale; ma la Comunitàinternazionale e soprattutto l’Unio-ne europea (Ue) non devono darel’impressione di delegare la soluzio-ne del problema, nemmeno dal pun-to di vista militare a Parigi. Se dauna parte è necessario garantire l’in-columità delle popolazioni sottopo-ste ad ogni genere di vessazioni nel-la fascia saheliana, dall’altra è quan-to mai urgente rilanciare dei nego-ziati, con decisiva, reale e più auto-revole mediazione internazionale,che coinvolgano le minoranze autoc-tone, in particolare tuareg e fulanicon i governi centrali del Sahel.Inoltre, la palese strumentalizzazio-ne ideologica religiosa delle forma-zioni islamiste esige oggi, più chemai, una radicale riforma della go-vernance delle risorse — e n e rg e t i c h ein primis — in senso più equo ed in-clusivo. È indubbio che gli interessistranieri, spesso contrapposti e pre-datori, nello sfruttamento delle com-modity africane, acuiscono la desta-bilizzazione, fornendo il pretesto al-la galassia jihadista di affermare undisordine destinato ad accrescere eminacciare la stabilità della regionesaheliana, dell’Africa in generale edella stessa Europa.

BRUXELLES, 7. Mai così male l’eco-nomia europea. Il pil (prodotto in-terno lordo) della zona euro scen-derà a meno 8,7% nel 2020, per ri-salire al 6,1% nel 2021: sono le nuo-ve stime sulla crescita secondo leprevisioni d’estate della Commissio-ne Ue.

I dati peggiori per il 2020 sonoquelli di Italia (-11,2%), Spagna(-10,9%), Francia (-10,6%). Per Bru-xelles si tratta di «una recessioneancora più profonda» delle attese econ «divergenze più ampie».

Intanto, prosegue il confronto sulRecovery Fund, cioè il piano di so-stegno all’economia per gestire lacrisi post-pandemia. Spagna e Por-togallo fanno fronte comune in vi-sta del Consiglio europeo del 17 e18 luglio prossimi, esortando a nonperdere tempo ed a concludere unaccordo sul Recovery fund entro ilmese.

«È assolutamente essenziale — hadetto il premier portoghese AntonioCosta, che oggi riceve il presidentedel Consiglio italiano GiuseppeConte, atteso domani a Madrid —che l’Europa non perda più tempoe sia capace di dare una rispostasufficientemente robusta».

Luglio — ha fatto eco il presiden-te del governo spagnolo Pedro Sán-chez, dopo essere stato ricevuto daCosta a Lisbona — «deve essere il

mese dell’accordo europeo» sullaproposta della Commissione (500miliardi di trasferimenti e 250 diprestiti) che entrambi hanno defini-to «equilibrata, intelligente edequa».

La Spagna è stato uno dei paesieuropei più duramente colpiti dalnuovo coronavirus, con oltre 28 mi-la vittime e 250 mila casi. Anche ilPortogallo ha dovuto ripristinare al-cune restrizioni nell’area di Lisbonanelle ultime settimane. Da segnala-re, intanto, che ieri è stato riapertoil museo del Louvre a Parigi, a lun-go chiuso a causa della pandemia.Ovviamente, con molte restrizioni:basti pensare che i visitatori (tuttisu prenotazione) sono stati in tutto7.000 per un museo che ne contanormalmente 30.000 al giorno.

LONDRA, 7. Il Regno Unito varasanzioni contro 49 persone e orga-nizzazioni nell’ambito di un nuovomeccanismo adottato per punire leviolazioni dei diritti umani. Nella li-sta nera di persone ed entità, i cuibeni nel Regno Unito saranno con-gelati, ci sono in particolare 25 russiaccusati di essere coinvolti nellamorte dell’avvocato Sergei Magnit-sky, detenuto nel 2009, e 20 sauditisospettati di aver avuto un ruolonell’assassinio del giornalista JamalKhashoggi nel 2018 a Istanbul. Loha annunciato ieri il ministero degliEsteri britannico.

Queste sanzioni sono le prime in-trodotte da Londra dopo la Brexit.Si tratta di un meccanismo analogoa quello utilizzato dagli Stati Uniticon la cosiddetta legge “Magnit-sky”, che dal 2012 ha vietato l’in-gresso e congelato le attività di indi-vidui ed entità accusati di violazionedei diritti umani. Come detto, i rus-si colpiti dalle sanzioni sono ancheaccusati di essere coinvolti nellamorte durante la detenzione nel2009 dell’avvocato Magnitsky, cheaveva denunciato una rete di corru-zione. Tra questi c’è Alexandre Ba-strykine, capo del potente comitato

temente dalla piaga del jihadismo:quella saheliana. Il primo a dare lanotizia, lo scorso 5 giugno, è stato ilministero della difesa francese, pre-cisando che il leader islamista haperso la vita nel corso di un’op era-zione nel Nord del Mali, vicino allafrontiera con l’Algeria, condotta conil supporto di non meglio precisatielementi delle forze armate locali.La notizia è stata poco dopo confer-mata da Africom (United StatesAfrica Command) che, riconoscendol’importanza dell’avvenuta operazio-ne a guida francese nella città malia-na di Talhandak, vicino a Tessalit,ha sottolineato che è stato inferto unduro colpo ad Aqmi.

Da rilevare che l’uccisione diDroukdel era stata preceduta, loscorso 19 maggio, dalla cattura diMohamed el Mrabat, esponente dispicco di un movimento, l’IslamicState in the Greater Sahara (Isbs) dicui parleremo più avanti, da partedelle forze militari francesi. Indub-biamente, l’uccisione di Droukdelrappresenta un significativo successomilitare e politico per la Francia,impegnata dal 2013 nella tormentataregione maliana dell’Azawad, primacon l’operazione Serval e poi succes-sivamente, fino ad oggi, con l’op era-zione anti-terrorismo Barkhane fina-lizzata a mettere in sicurezza tutti iPaesi del G5 Sahel, vale a dire Mali,Niger, Burkina Faso e Ciad (Fo rc eConjointe du G5 Sahel). A questainiziativa si affianca l’imminente di-spiegamento della task force Ta k u b a(dal nome della tipica scimitarratuareg) fortemente voluta dal presi-dente francese Emmanuel Macroncon il coinvolgimento di numerosipaesi europei.

In un contesto di progressivo de-terioramento della situazione di si-curezza e di profonda destabilizza-zione regionale, alimentata dall’atti-vismo di gruppi armati di ispirazio-ne jihadista, e segnato da crescentitensioni interetniche e dal radica-mento di network criminali di traffi-co illecito, lo sforzo militare franceseè ben esemplificato dai cospicui nu-meri delle forze dispiegate, ad oggistimabili in oltre 5 mila uomini ecirca 950 tra mezzi terrestri e aerei.È importante ricordare che Drouk-del era uno degli ultimi esponentidella vecchia guarda jihadista inNord Africa e Sahel, principale pro-motore dell’internazionalizzazionedella militanza terroristica algerina edel cosiddetto “franchising del terro-re ” ovvero l’ingresso dei suoi movi-menti nel network globale di AlQaeda. Infatti, è stato con la sualeadership che le cellule jihadiste delNord Africa si sono “federate” sottola matrice qaedista, dando originead Aqmi. Il comando di Droukdel èstato molto influente sul radicalismojihadista algerino e nordafricano, at-traverso la diffusione della dottrinadel famigerato movimento a l - Ta k f i rwa l-Hijra, formatosi in Egitto neglianni Settanta, poi assunta tout courtda Al Qaeda. La pratica degli atten-tati suicidi in Algeria è riconducibilea questa matrice. Rimane il fatto cheda una decina d’anni a questa partela leadership di Droukdel all’internodi Aqmi è stata sempre più confina-ta nella clandestinità, quella della re-gione montuosa della Kabilia algeri-na; un vero e proprio isolamento dalresto della militanza. Tutto questo èstato possibile grazie alla strategiaanti-terroristica algerina, supportatadall’aiuto francese e statunitense checomunque poi ha dovuto misurarsicon il cambiamento in atto nelle di-

investigativo, un organo direttamen-te dipendente dal Cremlino respon-sabile delle principali indagini. Nel-la lista britannica ci sono anche 20sauditi che si ritiene abbiano avutoun ruolo nell’assassinio del giornali-sta del «Washington Post» JamalKhashoggi a Istanbul nel 2018. Ilsuo omicidio aveva fatto precipitarel’Arabia Saudita in una delle suepeggiori crisi diplomatiche ed avevain parte offuscato l’immagine delprincipe ereditario Mohammed binSalman, che era stato indicato da al-cuni funzionari turchi e americanicome mandante dell’omicidio.

IL CA I R O, 7. È stato rilasciato lostudente di medicina statunitense,di 24 anni, dopo aver trascorso piùdi un anno recluso in una prigionein Egitto. Lo ha reso noto il Di-partimento di Stato americano.Mohamed Amashah, con doppiacittadinanza Usa ed egiziana, èstato liberato domenica scorsa«dopo 486 giorni di detenzione ar-bitraria», ha specificato l’o rg a n i z -zazione per i diritti umani Free-dom Initiative, che si è battuta perla sua liberazione. Il giovane è tor-nato lunedì a casa a Jersey City, ri-

nunciando alla cittadinanza egizia-na come condizione per la sua li-berazione. Era stato arrestato nelmarzo 2019 durante le proteste alCairo in piazza Tahrir — e p i c e n t rodelle primavera araba del 2011 —mentre esibiva un cartello con lascritta “libertà per tutti i prigionie-ri”. L’accusa: aver abusato dei so-cial media e aiutato un gruppo ter-roristico. Il suo ritorno segue quel-lo del collega americano egizianoReem Desouky, rilasciato a maggiodopo 10 mesi di detenzione in unaprigione egiziana.

ROMA, 7. Sono 123 i migranti chehanno lasciato l’Ocean Viking aPorto Empedocle, in Sicilia, dopol’esito, per tutti negativo al covid-19,dei tamponi rino-faringei ai quali ie-ri erano stati sottoposti domenicascorsa. Sono stati fatti salire a bordodi un autobus, dalla stiva della navedella Ong Sos Mediterranee, e tra-sferiti sulla nave-quarantena MobyZazà. Rimangono invece in attesasulla Ocean Viking gli altri 57 mi-granti, per i quali si attende l’esitodei tamponi, non ancora arrivatodall’Azienda sanitaria provinciale

di GIULIO ALBANESE

(Asp) di Ragusa. A coordinare leoperazioni è la Guardia costiera diPorto Empedocle.

Ancora in acque maltesi inveceTalia, cargo battente bandiera liba-nese bloccato di fronte a Malta, con50 migranti a bordo. «Ho fatto tut-to quello che potevo adesso toccaalle autorità», riferisce il capitanoMohammad Shaaban. «Sto valutan-do di dichiarare lo stato di emergen-za — aggiunge — e fare ingresso inporto. La situazione peggiora rapi-damente». I migranti, spiega, sonoin condizioni difficili.

Page 3: Senza pace e sicurezza globale non si sconfigge la ... · perché senza la sicurezza globale le risposte alla pandemia risultano in-sufficienti. Lo ha detto il cardinale Peter Kodwo

L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 8 luglio 2020 pagina 3

Appello di Fauci ai giovani

Usa: oltre 130.000 mortie circa tre milioni di contagi

Dopo l’uccisione di cinque persone, tra cui una bambina

Stato d’e m e rg e n z ain Georgia

Prime vittimedei monsoniin Pakistan

ISLAMABAD, 7. Almeno sei perso-ne sono morte e altre due sonorimaste ferite durante le inonda-zioni provocate nel primo perio-do di pioggia monsonica nellacittà meridionale di Karachi, inPakistan. Secondo le previsionidel dipartimento meteorologicole piogge continueranno fino adomani mattina. Lo scorso anno19 persone erano rimaste fulmi-nate durante le piogge toccandoi pali elettrici o ricevendo scosseelettriche all’interno delle lorocase, invase dall’acqua. Nel cor-so del 2019 sono morte oltre 200persone e circa 150 sono rimasteferite durante i monsoni.

Nel frattempo in Cina, la cit-tà di Qianjiang, nella provinciacentrale dell’Hubei, ieri ha in-nalzato al livello massimo l’aller-ta per il controllo delle inonda-zioni, passando dal III al I gra-do, il più elevato del sistemad’emergenza. Secondo il localequartier generale per il controllodelle inondazioni e il monito-raggio della siccità, Qianjiang èla prima città della provincia adaver lanciato quest’anno l’allertamassima per le alluvioni. Pioggetorrenziali hanno inondato negliultimi giorni la città cinese,comportando gravi allagamentie danni alle colture.

Compie novantanove anni l’intellettuale francese

La fraternità perché?

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’affare, ma: quale potrà

essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

Il filosofo Edgar Morin in un incontro con David Sassoli e Roberto Saviano

Il nuovo mondo dovrà nasceredalla cultura europea

La crisi di un’umanità che non riesce a essere umana

di GIANNI DI SANTO

Fraternità perché? E quale fraternità? Questele domande che Edgar Morin, intellettualefrancese tra i maggiori del nostro tempo —

99 anni l’8 luglio —, pone in un appassionato pamphlet, tradotto per la prima volta in italianodall’Editrice Ave (Roma, 2020, pagine 76, euro 11)con il titolo La fraternità perché? Resistere alla cru-deltà del mondo. Domande rese urgenti dalladrammatica crisi di civiltà, insieme ecologica, so-ciale, politica e spirituale nella quale siamo im-mersi su scala locale e planetaria.

Studioso dai molteplici interessi, sociologo, et-nologo, filosofo, Morin è uno degli intellettuali“totali” che hanno segnato il XX secolo e adesso ilXXI. Coscienza critica di un’Europa in crisi diidentità e in via di trasformazione, ha prodottoincursioni felici, con un’incredibile longevità intel-lettuale e la vastità dei suoi interessi, sull’incarna-zione del modello occidentale. E i suoi limiti.Dalla società di massa all’industria dello spettaco-lo, dallo star system ai meccanismi delle “voci chec o r ro n o ”, quelle che chiamiamo oggi fake news,per finire nella seconda parte della sua vita alla ri-cerca dell’unità dei saperi. Un metodo unificanteche è sbocciato in un’altra parola chiave, re l i a n c e ,neologismo che ha la radice in “re l i g i o n e ”, quiperò vista in una chiave tutta laica. Reliance comecapacità di creare nuove connessioni, nuovi rap-

porti, nuovi link o di consolidare quelli esistenti.Approdo sicuro per la fraternità, ancora di salvez-za, antidoto e rimedio alla corsa verso il baratrodove ci stanno conducendo una scienza, una tec-nica e una economia sfuggite al controllo dellapolitica e non più al bene comune.

Condensando così in poche pagine decenni diampi studi transdisciplinari, Morin evidenzia co-me nella triade democratica libertà-uguaglianza-fraternità sia l’ultimo termine a dover oggi preva-lere, pena l’aggravarsi ulteriore della crisi in atto.La «comunità di destino terrestre» che coinvolgeormai tutti gli esseri umani necessita più che maidi quel «sentimento profondo di una maternitàcomune» che nutre le fraternità. E che ci chiededi saper dare vita a concrete «oasi di fraternità».

Il tema della fraternità, che può essere trattatosuperficialmente ma anche strumentalizzato, vieneapprocciato da Morin con uno sguardo non soloetico-sociale ma anche biologico, antropologico,filosofico. «E di conseguenza politico — comesuggerisce la bella prefazione di don Luigi Ciotti—, perché è il vuoto di fraternità a determinarel’individualismo sfrenato che tanti danni ha pro-dotto e continua a produrre a livello sociale, am-bientale, economico. Causa di disuguaglianze maiviste, migrazioni di massa per fuggire da carestiee guerre — “deportazioni indotte”, sarebbe piùgiusto chiamarle —, sfruttamenti ambientali cheavvelenano gli ecosistemi e uccidono la biodiver-sità». Da questo concetto di ecosistema Morin

parte per spiegarci che nella grande “re t e ” dellavita l’armonia deriva dal concorso di forze diverse— la biodiversità, appunto — ma è un equilibrioprecario, instabile, in continua e necessaria evolu-zione. La vita è tale perché capace di rinnovarsi erigenerarsi, trasformando anche i conflitti in fe-conde tensioni verso un’armonia superiore. Un’ar-monia che combatte la selezione darwiniana delpiù forte e diventa bene comune.

Nei diversi capitoli del libro si respira il grandeabbraccio di Morin verso un’Alterità che rimanein dialogo con noi, con il mondo e che rappresen-ta l’univa via utopica, e persino ragionevole, perun futuro del mondo dove l’umanità torni a esse-re centro di diritti e doveri di cittadinanza.

Nella postfazione di Sergio Manghi, sociologoall’università di Parma, si fa riferimento ancorauna volta a questa parola forse un po’ dimentica-ta, fraternità, che per essere efficace «è quellaconcretamente intrecciata lungo la via oscura e in-certa che ci accade di percorrere giorno per gior-no con altri, umani e non: lungo «il cammino, ilnostro cammino», scrive evocando una parola alui molto cara — cammino — nella quale risuona,qui non espressamente citato ma nei pensieri diMorin sempre vivo, tanto di essi coglie lo spiritopiù vero, il celebre verso di Antonio Machado:Caminante no hay camino, se hace camino al andar— «Viandante, non c’è via, la via si fa camminan-do».

«E ffettivamente abbiamovissuto una crisi totale epluridimensionale. Que-

sto ci ha mostrato che c’è un destinocomune e che la globalizzazione el’interdipendenza non portavano consé anche la solidarietà. Ci siamo resiconto che ciò ha effetto anche sullanostra salute e sul nostro sistema sa-nitario: i nostri paesi europei si sonotrovati ad essere completamente di-pendenti per esempio da paesi comeCina e India per la fornitura dellemascherine, dei camici. Questo si-gnifica che dobbiamo alimentare lacooperazione all'interno della globa-lizzazione. Ci troviamo in un’ep o caestremamente pericolosa. La coscien-za del destino comune è, direi, lamissione europea, lo è sempre stata,a partire da Montaigne, il quale di-ceva che ogni uomo era suo concit-tadino e difendeva gli indigeni percome venivano trattati. Questo uma-nesimo deve essere recuperato, deverigenerarsi, per così dire, nella sua“terra patria”.

Abbiamo parlato di crescita. Ov-viamente oggi si finge di essere inuna crescita infinita: per crederci bi-sogna essere o matti o economisti...Naturalmente deve decrescere tuttociò che è illusorio, come l’agricolturaindustrializzata, l’economia di guer-ra... quello che deve crescere inveceè l’economia sociale, che eliminal’uguaglianza e la disparità. È certoche, come sempre nella storia, biso-gna passare alla resistenza, alla lottafra il potere e quelle forze che inpassato hanno saputo creare il welfa-re. Oggi l’equilibrio fra queste dueforze è frantumato. È importanteche si levi un nuova voce politica, apartire dalla questione ecologica.Qui c’è lo spazio per giganteschi in-vestimenti. Ciò darà da mangiareagli uomini e potrà far bene alla lo-ro salute, perché non dimentichiamoche molte persone muoiono a causadi un ambiente intossicato. In Ame-

rica latina si parla di “buen vivir”...si tratta di questo. Era un fermentogià esistente prima della crisi. Èchiaro che si sta cercando una nuovavia. Quello che c’era prima non an-dava, per colpa di molti, anche delleistituzioni europee. Anche grazie alledirettive europee si sono ridotti i po-sti letto, si sono commercializzati gliospedali. Prima della pandemia c’erauna recessione generale; il pensieropolitico si era degradato e c’era cor-ruzione diffusa, soprattutto nei siste-mi che noi chiamiamo un po’ stupi-damente populisti ma che andrebbe-ro chiamati totalitari. Gli stati totali-tari hanno utilizzato le nuove tecno-logie per il controllo. È accaduto an-che in Europa. Eravamo già in un

mondo in crisi, crisi del pianeta, del-la biodiversità. Noi siamo oramai di-pendenti dai pericoli che noi stessiabbiamo creato. Ma penso che possanascere una nuova politica in gradodi unire ecologia ed economia, unapolitica verso la quale già i nostrigiovano provano grande entusiasmo.Fino ad ora la globalizzazione è sta-ta spinta da scienza, tecnologia edeconomia, forze che ci hanno spintoverso il baratro. Ora c’è lo slancioper un nuovo pensiero, perché quel-lo nato nel Novecento ha mostratotutte le sue lacune, dal capitalismoal marxismo. Marx non ha visto lecontraddizioni dell’umano, le sueemozioni, le sue aspirazioni, non ha

considerato che accanto all'homo sa-piens esiste anche l'homo demens...

Ovviamente in tutto questol’istruzione, l’educazione, giocanoun ruolo fondamentale. Nella crisiabbiamo visto che non possiamo vi-vere senza le cassiere dei supermer-cati, i camionisti che trasportano iprodotti, gli infermieri, mentre si èsentito che si può vivere benissimosenza gli azionisti delle grandi socie-tà...

Bisogna aprirsi alle diversità; sia-mo tutti popoli multiculturali, inFrancia, in Germania, in Italia. Cio-nonostante abbiamo la nostra unitàrepubblicana. Abbiamo un compitogigantesco: evitiamo che la feconditàribollente di questo periodo vadaperduta. Serve un pensiero che con-temperi ecologia, economia e unademocrazia partecipativa che si sosti-tuisca a quella parlamentare rappre-sentativa. Naturalmente le cose sonocomplesse. E la complessità nascedalla necessità di una contestualizza-zione storica. Oggi siamo di fronte auna crisi della modernità. Non vo-glio parlare di post modernità. Sitratta di come uscire da questa crisi,che è la crisi di una umanità chenon riesce a farsi umana. Poi ci sonoanche gli antagonismi interni. NegliStati Uniti ci sono polarità agliestremi. Ma ci sono anche in Fran-cia, in Italia. Noi dobbiamo abbrac-ciare la polarità dell’ap ertura,dell’eros contro tanatos. Si è parlatodi solidarietà: l’abbiamo vista degra-data nel piccolo, nelle divisioni fami-gliari, sino al grande, all’i n d i f f e re n z aper la gente che moriva per strada.Bisogna mettere insieme responsabi-lità e solidarietà, le quali non sonosolo la fonte dell’etica personale maanche della comunità sociale. In ca-so contrario la coesione può solofondarsi sulla forza e sull’autoritari-smo. In questo il patriottismo è di-verso dal nazionalismo. Un fonda-mento che noi abbiamo perso».

WASHINGTON, 7. I decessi per cau-se riconducibili al covid-19 negliStati Uniti hanno oltrepassato ieriil tetto delle 130.000 unità. Nono-stante il numero totale delle vittimesia spaventosamente alto, il primoal mondo, la media giornaliera del-le morti è scesa vistosamente nelleultime settimane; ieri sera il con-teggio quotidiano si è “fermato” a357 vittime. Mentre preoccupa econtinua a far registrare numericonsistenti il dato relativo ai conta-gi quotidiani. Secondo il conteggiodella Johns Hopkins University,nelle 24 ore comprese tra la sera didomenica e quella di ieri, i nuovicasi sono tornati sopra quota50.000 — trascinati dalla forte dif-fusione del virus negli stati meri-dionali e occidentali come Florida,Texas, California, Arizona e Geor-gia —, dopo un fine settimana incui erano state segnalate meno in-fezioni. Precisamente sono stati54.999 i nuovi casi di coronavirusche hanno portato il numero totaledi infezioni vicino ai tre milioni,2.931.142 per l’esattezza. Negli ulti-mi giorni, sono 14 gli Stati ameri-cani che hanno raggiunto record dicontagi, mentre sono 250mila lepersone rimaste contagiate nei soliprimi giorni di luglio, secondo unconteggio del «New York Times».

Ieri il dottor Anthony Fauci, di-rettore del National Institute of Al-lergy and Infectious Disease e figu-ra di spicco della task force nazio-nale contro il coronavirus, haespresso ancora una volta tutta lasua preoccupazione per la situazio-ne sanitaria attuale. Nel corso diuna conversazione in livestreamcon Francis Collins, capo dell’Isti-tuto nazionale americano per la sa-lute, ha affermato che quella in

corso negli Stati Uniti «è una si-tuazione grave che dobbiamo af-frontare immediatamente».

Fauci ha sottolineato che il Paesesta ancora affrontando la prima on-data dell’epidemia e si è rivolto inparticolare ai giovani, dopo che idati più recenti mostrano come ilcontagio si stia particolarmente dif-fondendo fra le persone sotto i 40anni. «I giovani non devono sentir-si invulnerabili alle conseguenzepiù gravi, possono ammalarsi mol-to gravemente», ha avvertito loscienziato.

Intanto ieri il servizio di immi-grazione e controllo doganale (Ice)degli Stati Uniti ha riferito chenon consentirà più agli studentistranieri di rimanere nel paese se leloro lezioni saranno tenute onlinenel prossimo semestre a causa dellapandemia di coronavirus. La misu-ra riguarda coloro che hanno vistidi tipo “F-1” e “M-1”. Dovranno la-sciare il Paese o trasferirsi in istitutiche prevedono corsi in presenzaper mantenere il loro status giuridi-co.

Molte università, a settembre,col nuovo anno scolastico, non ri-prenderanno le lezioni “classiche”.Alcuni atenei sembrerebbero orien-tati su un modello misto di lezionifrontali e a distanza, mentre altri,come Harvard, hanno già annun-ciato che tutte le loro lezioni saran-no online. Harvard ha comunqueprecisato che consentirà al 40% deisuoi studenti universitari di tornareal campus, anche se le lezioni nonsaranno “faccia a faccia”. Si stimache ci siano stati più di un milionedi studenti stranieri negli Usanell’anno scolastico 2018-2019, se-condo l’Institute of InternationalEducation.

WASHINGTON, 7. Il governatore re-pubblicano della Georgia, BrianKemp, ha dichiarato lo stato diemergenza e ha chiamato la Guar-dia nazionale dopo quelle che hadefinito «settimane di crimini vio-lenti e distruzioni di proprietà au-mentati drammaticamente nella cit-tà di Atlanta». Kemp ha riferitoche oltre 30 persone sono rimasteferite da spari durante il fine setti-mana lungo del 4 luglio e cinquepersone sono morte, tra cui unabambina di 8 anni rimasta uccisa

sabato notte mentre era in macchi-na con sua madre e un’altra perso-na. Nella nota diffusa ieri dal go-vernatore si attesta che la Guardianazionale «fornirà supporto» pres-so gli edifici statali come il Campi-doglio e il Palazzo del governatore,in modo che la polizia statale pos-sa aumentare i servizi di pattuglia.

«Abbiamo avuto oltre 75 spara-torie in città nelle ultime settima-ne», ha detto il sindaco di Atlanta,Keisha Lance Bottoms — risultataproprio ieri positiva al covid-19 —parlando della morte della bambi-na e aggiungendo che «non si puòdare la colpa al dipartimento dipolizia di Atlanta».

L’uccisione dell’a f ro a m e r i c a n oGeorge Floyd alla fine di maggio aMinneapolis durante un fermo dipolizia, ha dato vita a un fortissi-mo movimento di protesta controogni forma di discriminazione raz-ziale in tutte le maggiori città degliStati Uniti. Nel centro di Atlantaqueste mobilitazioni sono però inmolti casi degenerate in saccheggie atti di vandalismo. «Proteste pa-cifiche sono state dirottate dai cri-minali con un'agenda pericolosa edistruttiva. Ora, innocenti georgia-ni vengono presi di mira, fucilati elasciati morti», ha affermato il go-vernatore Kemp nella dichiarazionediffusa ieri, precisando che «questaillegalità deve essere fermata e lor-dine ripristinato nella nostra capi-tale».

Intanto a Phoenix, in Arizona, èstata registrata una nuova azionecontroversa della polizia, che saba-to scorso ha ucciso con almeno ot-to colpi a bruciapelo un uomo chesi trovava nella sua auto. Il diparti-mento di polizia di Phoenix haidentificato l’uomo come JamesGarcia, 28enne di origini ispaniche.La polizia sostiene di aver ricevutola richiesta d’aiuto di un cittadinoche segnalava il ritorno di una per-sona armata che lo aveva aggreditogiorni prima. Gli agenti hanno in-dividuato il sospetto, gli hannochiesto di uscire dall’auto ma luiavrebbe messo mano alla pistola. Aquel punto i poliziotti hanno spa-rato. L’episodio, documentato dalvideo di un passante, sta alimen-tando un nuovo round di protestecontro le tattiche violente della po-lizia.

Nella costruzione di un mondo nuovo, l’Europa deveaffermare la sua leadership. Lo deve fare a partiredal suo patrimonio di umanesimo, dalla sua tradizio-ne politica e culturale, dalla sua vocazione originaria.È in fondo la stessa Europa che nasce senza confini,che guarda naturalmente al Mediterraneo, che ha cu-ra dell’ambiente in quanto azione imprescindibile diun’ecologia integrale radicata nel suo cristianesimo. Èl’Europa che molti vorrebbero tornare a sognare. Sultema del futuro all’indomani del virus il Parlamentoeuropeo ha avviato una serie di incontri pubblici viainternet. Al primo, che si è tenuto ieri, hanno presoparte il filosofo Edgar Morin, lo scrittore RobertoSaviano e lo stesso presidente del Parlamento europeo,David Sassoli. «Ho la sensazione — ha detto que-st’ultimo — che l’emergenza ci abbia fatto intravederegli elementi di un mondo nuovo. Ma se la politica

non si libera dei condizionamenti del passato la spin-ta all’indietro sarà molto forte. Noi usciamo da que-sta crisi grazie al modello sociale europeo. Nessuno inEuropa è rimasto escluso dalle cure. Altrove non è co-sì. A parte lo sbandamento iniziale, l’Europa ha for-nito una risposta unitaria. Certo, bisogna riconciliarele parole con la vita. A partire dalla definizione dicrescita e di solidarietà. Dopo la guerra la ricostru-zione europea l’abbiamo fatta con i soldi degli altrima la classe dirigente allora era preoccupata di arri-vare alla piena occupazione. Ora noi ci presentiamocon una grande massa di precari. Abbiamo bisogno diuna regia, in questa fase, e questa regia è la dimen-sione pubblica, l’idea che interesse privato e collettivopossano stare insieme. È questa la nostra vocazione.L’abbiamo un po’ persa». Secondo Saviano «le im-prese dei paesi totalitari stanno vincendo in questa

crisi. L’idea che sta passando è che la democrazia siaun po’ un’idea da privilegiati, mentre quello che contadavvero è la sicurezza. L’Europa in questo può farela differenza, per cultura, tradizione, identità... L’Eu-ropa sin dall’inizio non nasce confinata. Ma non puòesistere democrazia se non si parla di diritti. E par-lare di diritti significa anche parlare di come unaazienda produce e di come paga i suoi lavoratori. Lapolitica europea va rifondata in nome dei suoi princi-pi e non secondo il principio del denaro e la logicadegli offshore. L’Europa è diversa: era diversa nelpensiero dei suoi padri fondatori, poneva una via al-ternativa tanto al capitalismo quanto al socialismoreale. È una strada è ancora possibile». Nel corsodell’incontro Morin ha tenuto due lunghi interventi,che riassumiamo qui di seguito. (ma.be.)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 mercoledì 8 luglio 2020

Una nuova veste editoriale per «Viaggio in Oriente» di Gérard de Nerval

Alla ricercadell’equilibrio perduto

Cesare Biseo, «La cittadella del Cairo» (1883)

Gli occidentali non vivono la vita, la studianoNon vivono l’amore, lo analizzanoIl viaggio in Oriente si configura dunquecome il tentativo di liberarsi una volta per tuttedella sovrastruttura intellettualeper dare sfogo alla visione, al sogno e al mito

di GABRIELE NICOLÒ

Un cammino, al contempo,entusiasmante e disartico-lato, alla ricerca di sé stes-so. Un itinerario che co-niuga, in felice sintesi, la

dimensione fisica e la dimensione spiri-tuale. Viaggio in Oriente (1851) di Gérardde Nerval, figura di spicco del Romanti-cismo francese, si pone anzitutto comeuna sfida: la posta in palio è la riconqui-sta di un equilibrio interiore che già dalungo tempo è stato spezzato. Al viaggiol’autore affida la missione di recupero diquell’equilibro, riconoscendo ad esso,forse con disarmante ingenuità, un pote-re catartico.

Quale è stata la causa primaria che hainciso drammaticamente sulla psiche del-lo scrittore e poeta? Come recita la suabiografia ufficiale, la morte, per meningi-te della madre, rappresentò un traumamai più superato. Cercò di colmarequell’immenso vuoto con uno studio“matto e disperatissimo” anzitutto dei

do moderno, gradualmente e inesorabil-mente sfigurato dallo squallore e dal de-grado.

«Sono uscito dalla lettura del Viaggioin Oriente con la stessa sensazione diquando rimetto piede sulla terrafermadopo una nuotata in un mare agitato»,scrive Giuseppe Conte nella nota critica,rilevando che «per le pagine di tutto illibro corre una energia ondosa, si alza laschiuma di una turbolenza vitale edall’immaginazione che trascina e nondà tregua». Nell’immergersi in questa ru-tilante avventura il pensiero non puònon andare al «Viaggio sentimentale» diLaurence Sterne (che l’autore stesso ri-corda) e al Viaggio in Italia di Goethe(punto di riferimento per de Nerval, tral’altro traduttore del Fa u s t ).

Il “peccato originale” degli occidentaliè che non vivono la vita, la studiano;non vivono l’amore, lo analizzano. Ilviaggio in Oriente si configura dunquecome il tentativo di lasciarsi alle spallestudio e analisi, di sbarazzarsi di una so-vrastruttura intellettuale, per dare libero

versa. Io credo — scrive Conte — chenessun viaggiatore dovrebbe dimenticar-sene. Senza una conoscenza della suaidea di sacro, dei suoi riti, dei suoi miti,un paese si conosce solo in superficie».

Nel 1841, quindi poco prima della par-tenza di de Nerval, anche Baudelaireaveva fatto rotta verso l’Oriente. Si trattadi un viaggio di punizione, comminato-gli dalla madre e dal patrigno per disto-glierlo dai suoi eccessi parigini. Ma Bau-delaire, dal suo veliero che doveva por-tarlo a Calcutta, scende a Mauritius, eda lì pretende, dopo due mesi, di tornarea casa, carico di immagini esotiche chenon dimenticherà più. Tuttavia Baudelai-re rimane convinto che soltanto Parigi, ilcristianesimo, l’Occidente sono l’orizzon-te in cui vuole dissipare la propria vita.Baudelaire tenterà soltanto il suicidio:Nerval, «impossibilitato a governare ilproprio tormentoso subbuglio interiore»si suiciderà impiccandosi in un vicolodella città da cui erano invano fuggito.

Una peculiarità del romanzo di deNerval, che sarebbe più appropriato defi-

classici. Ma la cultura accumulata e ocu-latamente rielaborata, si rivelò una medi-cina sì efficace per curare quella “ferita”così grave, ma non sufficiente. Ci volevaaltro. Ecco allora l’idea, folgorante, delviaggio.

Su questa strategia per ritrovare unequilibrio seriamente compromesso nonsarebbe stato d’accordo il poeta latinoQuinto Orazio Flacco che, nelle Epistole,così ammoniva: Caelum, non animum mu-tant qui trans mare currunt. Insomma,nessuno può sfuggire a sé stesso. La se-renità vera è un tesoro interiore da valo-rizzare attraverso una mirata e severa di-sciplina personale. Se l’individuo pensache viaggiando risolve il problema, ri-marrà deluso: a cambiare, da una desti-nazione all’altra, sarà il cielo, non l’ani-mo.

Gérald de Nerval, a dispetto della im-marcescibile saggezza degli antichi, simette in viaggio. E l’avventura ha inizio.Tale avventura ha ora una nuova vesteeditoriale: in questi giorni, infatti, è usci-to nelle librerie Viaggio in Oriente per i ti-pi delle Edizioni Ares (Milano, 2020, pa-gine 704, euro 24) con la traduzione e acura di Bruno Nacci, e con una nota cri-tica del poeta Giuseppe Conte. Nel gen-naio 1843 lo scrittore si recò in Oriente:prima ad Alessandria, poi Il Cairo, quin-di Rodi, la Siria, fino a Costantinopoli.Stava fuggendo da un anno: aveva tra-scorso il 1841 in una casa di cura, a causadi continui deliri che lo avrebbero con-dotto, dopo anni segnati da una crescen-te fragilità, al suicidio.

Viaggio in Oriente è una specie di Millee una Notte, in bilico tra realtà e fantasia,tra dimensione onirica e scenario prag-matico, nel segno di una narrativa bruli-cante di personaggi di ogni sorta: dagliemiri agli incantatori, da gente della ple-be a maestose regine. Ne emerge unquadro smagliante di colori che contrap-pone il mondo antico (saldamente anco-rato alla religione e alla natura) e il mon-

sfogo alla visione, al sogno, al mito.«Ho amato — sottolinea Conte — la pre-cisione, i dettagli coloriti e pregnanti chenon devono mai mancare in un libro diviaggio: la descrizione dei mezzi di tra-sporto, carrozze, treni, navi di diverso ti-po, sempre alle prese con le quarantenenei porti». Nella “commedia umana”messa in scena da de Nerval spiccano fi-gure di donne: Whahaby, la boema, chetenta invano di sedurre: Zeynab, la

co. «De Nerval — osserva Conte — è unviaggiatore che ha mantenuto ben saldala sua identità, con il suo frequente rife-rirsi alla epopea napoleonica, col suo fre-quente manifestare risentimento controgli inglesi vittoriosi che l’hanno spenta,ma nello stesso tempo, proprio in con-trasto con i “pettinati, imbrigliati, in-guantati” viaggiatori inglesi, ha preferitodiventare arabo tra gli arabi, turco tra iturchi, affittare una casa al Cairo piutto-sto che abitare negli alberghi occidenta-li».

Fondamentale poi è l’interesse per lereligioni. Verso la fine della sua esperien-za di viaggiatore, de Nerval dichiara diessere stato pagano trai Greci, musulma-no tra gli arabi, panteista tra i Drusi. «Ilrispetto e l’attenzione per le religioni de-gli altri — evidenzia Conte — non lo por-ta a rinnegare il cattolicesimo, ma a capi-re più in profondità la civiltà che attra-

gica di ladino, per farne scaturire impre-vedibili analogie».

Nel rilevare che la dimensione teatraleinforma di è il racconto del viaggio,Nacci mette l’accento sul fatto che perde Nerval il teatro rappresenta una for-ma privilegiata dello sguardo poiché adesso è sottesa una intrinseca ambiguità.Per lo scrittore al teatro appartengono,in egual misura, la concretezza e l’illusio-ne. «Più ancora — scrive Nacci — e qui sitocca forse uno dei punti nevralgici dellaconcezione nervaliana, il teatro permetteuna forma di conoscenza che lascia intat-to l’oggetto conosciuto, salvandone leinesauste possibilità». Dunque la realtàvissuta e pensata come teatro ci rende li-beri, ci comunica al grado più alto il suosemplice e terribile segreto: «tutto non èche gioco, rincorrersi spontaneo di for-me».

gne, ogni elemento del paesaggio, con lasua immobile evidenza, è come stagliato«contro il pallore rosa di un cielo di car-ta». L’iconografia nervaliana esce intattada un album di illustrazioni per ragazzi.Eppure Il Cairo, Beirut, Costantinopolisono città reali, dove de Nerval ha vera-mente vissuto. «Egli — afferma Nacci —rispetta la realtà, ma non ci crede, ha bi-sogno di sfregarla, come la lampada ma-

nire diario, è data dall’as-senza di descrizioni ne-gative. Così non c’è trac-cia di povertà e mai l’au-tore indugia sulle condi-zioni miserevoli delle fol-le orientali, sulle loro ca-se fatiscenti. Al contrariodel comune viaggiatoreeuropeo, lo scrittore èportato a vedere lo splen-dore dei quartieri di le-gno, degli abiti a tinte vi-vaci, dei tetti, e delle ter-razze che si perdono tramare e deserto. Comepure in ogni donna, vec-chio o mendicante deNerval scopre caratteri digrandezza, ingegnosità,gentilezza.

Come viene fatto acu-tamente notare nel capi-tolo introduttivo al librointitolato Viaggio e Mitonell’Oriente di Nerval escritto da Bruno Nacci,l’Oriente dello scrittore èmeraviglioso perché inesso «si rompe la succes-sione del tempo, permet-tendo l’ingresso a unamolteplicità di tempi,sciolti dal laccio della ir-reversibilità». Lo spazio ètutto un giardino daifrutti dorati: chioschi,moschee, fiumi, monta-

schiava giavanesecomperata al mercato,che sarà fonte di tantiguai; Salima, la ragaz-za drusa di cui sem-bra davvero innamo-rarsi.

Gli sfavillanti colo-ri, che impreziosisco-no un itinerario dalletante sfaccettature, silegano al ritmo di ri-flessioni di caratterestorico e antropologi-

«La Tentazione di Sant’Antonio» di Gustave Flaubert

S a c roe diabolico

di MARCO TESTI

Nel marzo del 1845 Gustave Flau-bert, assieme ai genitori e a unacoppia di amici in viaggio dinozze, visita Genova: a palazzoBalbi viene attirato da un qua-

dro attribuito a Pieter Brueghel, Le tentazionidi Sant’An t o n i o . «Darei l’intera collezione del“Moniteur”, e ancora 100.000 franchi, per po-ter avere quel quadro» scriverà qualche tem-po dopo. Eppure per un giovane di 24 anni,colto, avido di letture anche “scandalose” etormentato da malattie nervose, diavoli, don-ne in atteggiamenti seduttivi, deformità e de-moni non dovevano poi sembrare così ecce-zionali: c’era qualcosa d’altro dietro quellostup ore.

E quell’altro era l’attrazione del mistero,del sacro, di tutto ciò che a casa di un rispet-tato chirurgo di provincia, quale era il padredi Gustave, poteva sembrare fuori luogo eantiquato. La Francia di quegli anni era pas-sata attraverso gli sviluppi della rivoluzione,dell’ambigua avventura di Napoleone, gli an-ni della repubblica che poi, di là a poco, cul-mineranno nel colpo di mano di NapoleoneIII e nel nuovo impero. E alla fine il massacrodella Comune, che sconvolgerà la già provatapsiche dello scrittore.

Ma gli ideali razionali dell’illuminismo era-no rimasti, e la buona borghesia d’oltralpe neaveva comprese le potenzialità propulsive perl’economia e il benessere: se si esclude Rous-seau, la gran parte dei filosofi non vedeva dibuon occhio il popolo minuto nei pressi delpotere. Perciò il “disturbato”, secondo Sartre,giovanotto era attirato da quello che l’o diataborghesia benestante non poteva — almeno alivello cosciente — approvare: la trasgressione,l’occulto, il mostruoso e il demoniaco. E so-prattutto il sacro.

Prova ne è il fatto che già nel 1839 avevacompletato la stesura di Smarh, una sorta diracconto-mistero medioevale che rappresentaun primo assaggio di un suo nuovo “ro m a n -zo”, La tentazione di Sant’An t o n i o , appunto. Einfatti, proprio nei giorni della cacciata diLuigi Filippo e della “nuova” fine della mo-narchia, il giovane scrittore inizia a mettere lapenna su un’opera che, come L’educazionesentimentale, lo impegnerà per molti anni, coninfinite revisioni e riscritture, come d’a l t ro n d eera solito fare nella sua “clausura” di Crois-set.

Flaubert è convinto di avere scritto un ca-polavoro, ma quando lo sottopone al giudiziodi due amici, da lui ritenuti gli unici in gradodi capirlo, ha un duro colpo: poco manca chegli dicano di buttare il manoscritto, non è ro-

ba per lui, lasci a Dio quel che è di Dio epensi a sfruttare le cronache di donne sole, osposate ma in balia dei sogni romantici (cheFlaubert odiava, anche perché erano i suoisogni, che lui tentava di rimuovere), in evi-denza sui giornali di allora. Consigli non deltutto sprovveduti, perché porteranno l’ip o-condriaco, misantropo scrittore alla composi-zione di Madame Bovary. E però Brueghel, leleggende medioevali, l’attrazione dell’Oltre, lefigure di coloro che avevano abbandonato lericchezze per andare a vivere nei deserti piùremoti rimanevano conficcati nella sua fertilee non sempre controllata — come avrebbe vo-luto — fantasia. E così, negli anni a venire ri-prenderà in mano il manoscritto e lo rima-

Pieter Brueghel«Le tentazioni di Sant’Antonio» (XVII secolo)

Catturato dal quadroattribuito a Pieter Brueghelper il quale avrebbe vendutol’intera collezione del «Moniteur»lo scrittore compone un’o p e rain cui denunciai limiti dell’umano saperee si arrende all’O l t re

neggerà anche alla luce dei nuovi libri che in-tanto stava letteralmente divorando, andando-seli a cercare perfino alla Biblioteca Imperialedi Parigi.

Alla fine, nel 1874, molti anni dopo il pol-verone del processo per oscenità di Ma d a m eBovary (accusa dalla quale verrà assolto, alcontrario del Baudelaire dei Fiori del male,stessa corte, stesso anno, il 1857) finalmenteesce la sua tanto tribolata Tentation de SaintAn t o i n e , che avrà molte critiche, poche lodi(ma rilevanti: Hugo, ad esempio) e conosceràanche un buon successo commerciale.

Ironia del destino, un libro influenzatodall’arte influenzerà a sua volta l’arte a veni-re: alcune incisioni di Odilon Redon, adesempio, sono state una sorprendente “tradu-zione” in immagine della Te n t a z i o n e , forse lapiù riuscita. Redon ha colto il senso abissaledi una storia in cui si voleva fare piazza puli-ta di tutte le pretese intellettualistiche di unaborghesia che lui accusava di imbecillità asso-luta: il fanatismo sciocco di quelli che preten-devano di spiegare tutto, che avevano una ri-sposta per ogni domanda, narrati qui nelleinterminabili e capziose affermazioni dei mae-stri eretici della Te n t a z i o n e , ma soprattuttol’angoscia del nulla, il dubbio dell’onnip oten-za della materia che forse aveva un peso neisuoi attacchi epilettici. E il bisogno, nono-stante tutto, di una Ragione superiore. Re-don è riuscito a cogliere mirabilmente l’in-quietante apparizione «delle piccole masseglobulose, grosse come teste di spilli e tutt’in-torno ornate di ciglia».

L’ossessione della materia, le seduzioni diuna sensualità fine a se stessa che lascia soli-tudine e noia, e, al contrario, la fissazione ro-mantica su un’idea di amore più che su unapersona in carne ed ossa, sono catturate im-placabilmente dalla scrittura di Flaubert. Cheattacca le pretese culturali e il vuoto di unaclasse senza più valori, preda, secondo loscrittore, di una stupidità inguaribile. E il fat-to che dopo chiacchiere, apparizioni diaboli-che e sofismi, la conclusione sia una ierofania,un disco solare in cui «sfavilla il volto di Ge-sù Cristo» accolta dal segno della croce diSant’Antonio, la dice lunga sull’onestà di unoscrittore alla ricerca, è vero, della forma per-fetta, ma che qui è costretto a denunciare i li-miti dell’umano sapere e arrendersi all’O ltre.

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 8 luglio 2020 pagina 5

Un maestro da riscoprireI salmi come tappe del viaggio dell’anima verso casa nei «Commenti» di Cassiodoro

Pubblichiamo stralci tratti dalla prefazionea «È il Signore! — Commento ai salmi —VI» , volume che completa la traduzione initaliano del «Commento ai Salmi» di Fla-vio Magno Aurelio Cassiodoro, con introdu-zione, traduzione e note di monsignor Anto-nio Cantisani (Milano, Jaca Book, 2020,pagine 875, euro 40).

di FRANCESCO MILITO

L’introduzione a questo vo-lume di monsignor Anto-nio Cantisani che, per ilCommento ai Salmi di Cas-siodoro, con diligente co-

stante scadenza ha curato i cinque prece-denti con traduzione e note, inquadra ilmotivo della scelta dei Salmi rispetto aiprecisi motivi finora seguiti. Premessautile per accingersi alla lettura con liber-tà maggiore rispetto a un motivo domi-nante, ma per altri aspetti più vincolante,perché ad entrare nel vivo della mens diCassiodoro occorre avere sempre benpresenti tutte le questioni che lo interes-sano, dalla lingua al confronto con Ago-stino, dallo stile alla quadripartita divi-sione interna dell’Expositio, dal vasto sci-bile scientifico al possesso della retorica,e così essere aiutati a comprenderne ori-ginalità e limiti.

Ancor più determinanti sono le coordi-nate del costrutto teologico entro cui co-stantemente si muove Cassiodoro: la cri-stologia e l’ecclesiologia con la grazia,preveniente e attuale-attualizzante chel’accompagna, in maturazione orante nelpellegrinaggio verso la Patria, di cui iSalmi sono gli inni di marcia e di soste-gno nelle esperienze del percorso umano,che a tappe incede lento, faticoso, spessoincerto con le opacità intermittentidell’e s i s t e re .

A chi, dunque, con questo ultimo te-sto si avvicina per la prima volta a Cas-siodoro, come insigne maestro della lectiodivina, è oltremodo vantaggioso rifarsi edisporre delle Prefazioni, di autori e sen-sibilità diverse e a tutte le Introduzionidel curatore nei volumi precedenti, comepure di avere ben presenti l’Indice dellefigure retoriche. L’operazione, editorial-mente non contemplata per il motivo cheogni volume vive “da sé”, si rende perònecessaria per cogliere, nella fondamenta-le intelaiatura dell’insieme, peculiaritànon omologabili. In che cosa allora que-sto sesto volume sul Commento ai Salmi

può indicare, se non vere e proprie novi-tà, alcune note su cui soffermarsi? Laprima riguarda il completamento delCommento: esaminando i Salmi primastudiati — quasi due terzi dell’intero sal-terio — ne mancava ancora poco piùdell’ultimo terzo: oggetto ora del presen-te volume. Un gran lavoro, finora, untraguardo ambizioso.

I numeri, in questi casi, non sono aridielenchi di confronti, ma indicatori di unaimpresa culturale ed editoriale, degni inanalogia speciale — si direbbe — dell’ala-cre e deciso modo di lavorare di Cassio-doro. Se, cioè, la traduzione e le note ai

Salmi, hanno richiesto oltre un lustro ditempo, non è difficile supporre ed imma-ginare quanto abbia significato per luiportare a termine un’opera, ai suoi tempimai prima compiuta. All’interno di que-ste coordinate numeriche e temporali cheaiutano, in qualche modo, ad accostarcial fervore del Nostro, molto lontano neltempo — ma che sentiamo palpitare nelcommento che ci coinvolge —, con atten-zione ad alcuni passaggi si può dire chetra il presente volume e i precedenti c’èuna certa discontinuità? A confronto deiprericordati principi selettivi di partenza,sembrerebbe di sì. Ma con liaison interneal testo sacro, un legame organico lo sipuò trovare, avendo sempre presente la

lettura teologica di fondo che muoveCassiodoro. In ogni salmo emerge il li-mite dell’uomo, quale che siano le formein cui compare: mali fisici e sofferenzemortali, minacce e paure interne ed ester-ne, coscienza del peccato e dei mali auto-procuratisi, come singoli e come comuni-tà. Contestualmente, proprio tale limite— assunto come lineare confine entro cuinon sentirsi segregati come in un campodi concentramento, o dietro le sbarre diuna prigione, quasi impotente e sfiducia-to fino a temere della propria sopravvi-venza — fa volgere lo sguardo indietroper ripercorrere la fedeltà all’Alleanza, ri-

cordare i benefici straordinari, narrati daipadri, guardare fiduciosi in alto al Diodella salvezza, potente, roccia, rupe. Daqui il canto di gratitudine, la ripresa del-la speranza, la gioia del ritorno dall’esiliodelle terre di deportazione e da quelloindotto da sé stessi. (…)

Il completamento della traduzionedell’Expositio (e dei Salmi) permette oradi sottolineare alcune peculiarità, cherappresentano indubbiamente motivi dimerito unici per l’impegnativo lavoroportato avanti da monsignor Cantisanicon puntuale scadenza. Anzitutto, averpermesso al lettore di lingua italiana —quale che sia il suo rapporto con i libri(accademico, di ricerca, di alimento cul-turale o spirituale) — di potersi accostarefinalmente all’opera cassiodorea per laprima volta in modo completo, fatti salvii gusti e le preferenze per la scelta di unoo più titoli o testi. Considerato che il la-tino di Cassiodoro, infatti, è facile, comealtri di scrittori ecclesiastici dei primi se-coli e/o della Tarda-antichità, la tradu-zione dell’Expositio in italiano va così adaffiancarsi all’unica finora disponibile so-lo in inglese edita. È ipotesi, pertanto,peregrina pensare che, come altre volteavvenuto in casi simili, ad interessati edi-tori, fidandosi delle traduzioni italiana oinglese, baleni l’idea di diffondernel’opera in altre lingue più diffuse? L’op e-ra di Cassiodoro sarebbe così immessa adisposizione in un circuito più vasto econ indubbia più vasta conoscenzadell’autore. Una traduzione plurilinguecolma sempre la distanza fra cultori e ad-detti al mondo della cultura, e nel nostrocaso, non ultimo, per la storia dell’esege-si. Al lettore, che voglia entrare in tuttala complessità dell’Expositio, per il corre-do culturale che sottende resta, tuttavia,la necessità di essere accompagnato daanalisi specialistiche che ne rendano più“fondata” ma anche più chiarificatrici let-tura e studio. È il mondo delle figure re-toriche, oggetto di precisi approfondi-

menti, nei nostri volumi pur sempre se-gnalate.

Un altro versante di ricerca ad operacompleta e da perseguire come chiave il-luminante di lettura per comprenderemeglio la familiarità di Cassiodoro con leSacre Scritture riguarda una puntualeclassificazione delle citazioni dirette edelle allusioni che egli fa nel corsodell’opera. Il loro raggruppamento perogni singolo libro dei due Testamenti e,all’interno di ognuno di essi, dei singoliversetti richiamati, aiuterà a scoprire co-me egli ha commentato la Scrittura conla stessa Scrittura, e come ha usato glistessi testi e le stesse citazioni in rappor-to ad altri contesti, aprendo così la possi-bilità di scoprire l’uso versatile di un te-sto in rapporto alla sua applicazione divolta in volta. Il fatto che, sotto il profilodel microcosmo bibliografico, con

l’Expositio ci muoviamo nella vicenda pa-tristica e, in questa, all’interno il fattoche «la Scuola latina dipende prevalente-mente dalla metodologia alessandrina, al-meno nei suoi più celebri rappresentanti(…) Ambrogio e Agostino», ai quali puòaggiungersi Cassiodoro, aiuterebbe ancorpiù a comprendere la «tendenza allego-rizzante» e, quindi il richiamo ad altri te-sti. Anche in questo caso c’è da notarequali conferme o quali originalità, egli harielaborato nel suo mondo spirituale e in-tellettuale, aspetto prezioso per la com-prensione del personaggio.

Altrettanto rivelativo sarebbe rifletteresu come Cassiodoro usa le stesse citazio-ni per contesti diversi. I confronti con gliIndici delle citazioni bibliche riportatinei singoli volumi permettono infatti dirilevare come vi compaiono quasi tutti ilibri biblici. Che non si tratti di un puroesercizio comparativo, ma di un tasselloda aggiungere alla storia dell’esegesi, vie-ne sorretto da altro motivo e di più pre-ciso significato: la ruminatio del testo bi-blico, esercizio interiore del monaco nellasua quotidiana esperienza di preghieracontemplativa. L’uomo di Dio non puòche vivere di ogni parola uscita dalla suabocca, e farla diventare t ra d i t i o anche percoloro ai quali l’opus magnum dell’Exposi-tio è rivolto e pensato. In conclusione, unrichiamo su come l’eco e l’interesse deiposteri, resta e prova di quanto essa siastata apprezzata e valorizzata. Sulle vi-cende dei manoscritti dell’Expositio si ègià indagato. Di quelle a livello biblio-grafico disponiamo di ricerche, ma anco-ra forse non molto conosciute, per cui si

che censisce tutte le edizioni e, per cia-scuna edizione degli esemplari conosciutinel mondo, ne offre i risultati attraversola banca dati Incunabula Short Title Ca-talogue. Dopo la descrizione dell’edizio-ne, dato che accomuna tutti gli esemplari(indicati con Holdings), l’IncunabulaShort Title Catalogue localizza appuntogli esemplari conosciuti attualmente neivari paesi del mondo. Lo scorrimentopermette di fare un vero giro del mondodove gli incunaboli dell’Expositio sono oggi disponibili. Il raffronto tra Paesi,dove ne è segnalata l’esistenza in più bi-blioteche, è una prova di come l’op eracassiodorea ha travalicato i confini entrocui è stata composta e l’esame dei pas-saggi tendenti a ricostruirne le tappeaprirebbe un’altra ricerca sui percorsidella sua diffusione. Sono, come si com-prende, piste aperte di ricerche faticose,ma di indubbio valore.

Interessante, infine, la presenza del-l’Expositio Psalterii, Basilea (JohannAmerbach, 1491) nella Biblioteca del mo-numento nazionale dell’Abbazia di Grot-taferrata, il cenobio italogreco, fondatoda san Nilo di Rossano nel 1004, al ter-mine del suo pellegrinaggio terreno alleporte di Roma. L’amore alla scrittura didue grandi del monachesimo, a partireanche dalla dimestichezza con gli scripto-ria, riporta alla fedeltà dei loro discepolinel corso dei secoli. Ad opera completataun auspicio finale guarda all’opp ortunitàdi procedere alla raccolta di tutti i sei vo-lumi del Commento in cofanetto unicocon un sussidio a parte riservato a l’Indi-ce delle figure retoriche — sempre oppor-tunamente ripreso in ognuno dei volumi— e a l’Indice dei nomi, da assemblare inunico testo.

ritiene utile di seguito riportarle. Si trat-ta, in pratica, di rendersi conto di qualerecezione abbia avuto la tradizione ma-noscritta all’indomani dell’invenzionedella stampa, passando in rassegna anzi-tutto gli incunaboli. La British Library,

Il latino del fondatore di Vivarium è facilecome quello di tanti scrittori ecclesiastici coevinei primi secoli della Tarda-antichitàPerché non tradurre l’«Expositio»anche in altre lingueoltre che in italiano e in inglese?

Video, premi internazionali e racconti di «fanta-filologia» per ricordare il fondatore dello scriptorium calabrese

Quanta vita (dopo quattordici secoli) a Vivarium

Cassiodoro raffigurato in un codice miniato dell’VIII secolo(Bambergensis Patr. 61)

In ogni preghiera emerge il limite dell’uomomali fisici e sofferenze mortali, minacce e paure interne ed esternecoscienza del peccato e dei mali che ci si procurano da soliMa il limite fa volgere lo sguardo indietroper ripercorrere la fedeltà all’Al l e a n z afa ricordare i benefici straordinari narrati dai padrifa guardare fiduciosi in alto al Dio della salvezza

Particolare tratto da «Cassiodorus the Great. Writer, Politician Man of Faith»traduzione inglese del libro a fumetti «Cassiodoro il Grande» (Edizioni San Paolo, 2008)

di SI LV I A GUIDI

«S e noi continueremo a com-mettere ingiustizie, Dio ci la-scerà senza la musica»; una

frase che a quattordici secoli di distan-za da quando è stata scritta per la pri-ma volta non ha perso la sua verità e lasua freschezza. Più difficile è ricordarsidel suo autore, Flavio Magno AurelioCassiodoro, senatore a Roma durante ilregno ostrogoto, ministro a Ravenna eambasciatore a Costantinopoli, biblista,storico, fondatore di monasteri e scrip-toria (in particolare il cenobio di Viva-rium, che sorgeva vicino all’attualeSquillace, in Calabria). Luoghi che, inun’epoca segnata dallo smarrimento,dalla violenza e dal caos, hanno tra-ghettato verso il futuro capolavori divalore inestimabile.

Le iniziative nate per cercare di ri-mediare a questa amnesia sono tante:premi internazionali, promossi dall’As-sociazione guidata da don AntonioTarzia, cicli di conferenze (come leconversazioni Cassiodoro all’alba del ter-zo millennio, promosse e ospitate dal li-ceo classico Tommaso Campanella diReggio Calabria) libri a fumetti cheraccontano per immagini la sua biogra-

fia, concorsi riservati alle scuole, pensa-ti per far tradurre ai ragazzi in linguag-gio video (o comunque nell’ambientedigitale) gli insegnamenti di un uomovissuto in un’epoca tanto lontana dallanostra, ma anche tanto vicina per lacomplessità dei problemi da affrontare.

Nel sesto secolo, Cassiodoro fa na-scere una sorta di università cristianaante litteram sui suoi terreni in Calabriae la chiama Vivarium, il Vivaio. Nelprimo libro del regolamento inserisceanche la frase sulla musica che abbia-mo riportato all’inizio; una metaforadella società umana e del suo difficilerapporto con Dio, attuale in qualsiasicontesto. L’uomo di ogni epoca speri-menta che la disarmonia, la “stonatura”del male non permette di sintonizzarela propria vita sulle frequenze del Benecon la b maiuscola. E l’accesso alla sca-la del Cielo sulla quale salgono e scen-dono angeli, come narra Giacobbe nel-la sua visione (sinonimo della musicaanche secondo tanta esegesi ebraica) ri-schia di essere dimenticato. Negli ulti-mi anni, i destinatari dei progetti di-dattici dedicati alle opere del successo-re di Boezio non sono solo i licei clas-sici, ma anche gli istituti alberghieri eagrari. «Questo approfondimento te-

matico — spiega don Tarzia nel sitodella sua associazione — è stato decisoper continuare la politica di valorizza-zione dei luoghi interessati dall’op eraspirituale e culturale di Cassiodoro inCalabria allo scopo di progettare deiveri e propri “percorsi e cammini cas-sio dorei”. Il collegamento più impor-tante con questi temi, può essere tratto,dalla sua vasta produzione culturale,dai frequenti brani delle Va r i a e in cui,nella sua qualità di prefetto della Cala-bria e della Lucania, si dilunga amabil-mente (e con dovizia di particolari)sulle straordinarie qualità dei prodottidi questi luoghi. La sua posizione pri-vilegiata di primo sottoposto al re Teo-dorico, gli consente di scrivere interepagine di elegie sui cibi, sui vini, suiluoghi, sull’abilità dei contadini e degliallevatori».

Cassiodoro muore intorno al 580 do-po Cristo; già nel 598 si parla di Viva-rium come di un monastero in gravidifficoltà in due lettere di papa Grego-rio. La biblioteca si disperde a partiregià dal VII secolo; probabilmente unaparte dei libri confluisce al Laterano,per poi disperdersi. Fra le spy storieserudite che si dipanano a partire daquesta sparizione eccellente spicca un

piccolo gioiello di fanta-filologia, L’er-ro re di Alessandro Zaccuri (Papero Edi-tore, 2016), in cui il paleografo RudolfBeer si convince che la biblioteca delmonastero di Vivarium non è persa per

sempre, ma in parte migrata a Bobbio,in quella del monastero di San Colom-bano. Fatto dimostrabile grazie a uncomplesso sistema di scatole cinesi co-dicologiche, in un gioco di specchi chericorda le atmosfere allucinate dei rac-conto di Kafka. Dopo quattordici seco-li, quel che resta di Vivarium non cessadi generare traduzioni, racconti, crona-che immaginarie e non, e a diffonderel’amore per i libri. Proprio come avevaprevisto Cassiodoro nel suo atto difondazione.

Tra i destinatari dei progetti didatticici sono anche gli istituti agrariIn molti brani delle «Variae»parla della bellezza della campagnae dell’abilità dei contadini

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 mercoledì 8 luglio 2020

A colloquio con l’amministratore apostolico del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini

Desiderio di rinascitadi FEDERICO PIANA

Mai come in questo periododominato dalla paura perla pandemia, in Terra San-

ta la fede è messa davvero a duraprova. Le celebrazioni liturgiche e lecatechesi che si continuano a tra-smettere online, il prolungarsi degliincontri virtuali tra sacerdoti e fedelie il blocco quasi totale dei pellegri-naggi stanno creando scoramento epreoccupazione in tutta la Chiesalocale. Anche se nel più profondodel cuore la speranza non è statasradicata. L’arcivescovo PierbattistaPizzaballa, amministratore apostoli-co del Patriarcato di Gerusalemmedei Latini, è pienamente consapevo-le che in quei luoghi santi il deside-rio di rinascita, di riscatto dal dolo-re causato dalla virulenza della ma-lattia, non potrà venire meno, nonpotrà essere soffocato: «Noi siamonella terra dove Gesù è risorto equindi dobbiamo custodire la visio-ne pasquale della vita che è una vi-sione certamente di croce ma anchedi risurrezione».

Eppure l’assenza dei pellegrinaggi èuno di quei fatti che sicuramente pro-vocano smarrimento e dispiacere. Qualè attualmente la situazione?

Qui i pellegrinaggi sono pratica-mente fermi. In primo luogo, per-ché i confini sono ancora chiusi.Gran parte dei Paesi con i quali cisono ancora relazioni richiedono laquarantena e questo naturalmentescoraggia i pellegrini. A ciò va ag-giunto il fatto che nell’ultima setti-mana, in Israele e Palestina, si è ve-rificata una seconda ondata di con-tagi molto forte che ha davvero spa-ventato.

In questo frangente così drammatico,come può essere definito lo stato d’ani-mo della Chiesa?

Passata la prima fase della pande-mia alla quale eravamo preparati,ora, purtroppo, siamo entrati in unasituazione di emergenza prolungata:c’è l’aspetto sanitario che, con la re-crudescenza del virus, sta preoccu-pando tutti. E poi ne esiste ancheuno economico. Da diversi mesi mi-gliaia di famiglie sono senza lavoroe ciò provoca delle conseguenzedrammatiche, soprattutto nelle zonepiù povere del Paese: la Palestina ela Giordania non hanno gli ammor-tizzatori sociali che ci sono in Israe-le o in Europa.

Sicuramente la Chiesa non fa mancarela sua vicinanza spirituale e materialead ogni famiglia coinvolta. In che mo-do si concretizza la prossimità ecclesialenei confronti delle persone che stannos o f f re n d o ?

Attraverso il supporto di tanteistituzioni. Penso in modo particola-re ai Cavalieri del Santo Sepolcro.Con loro abbiamo aperto dei puntid’emergenza soprattutto nella zonadi Betlemme, nel nord della Palesti-na e a Gerusalemme est, oltre che inGiordania, naturalmente. I punti diemergenza servono per dare aiutoalle famiglie che si sono ritrovatesenza più nulla da un momentoall’altro e che sono state spinte sullasoglia della povertà. Abbiamo atti-vato un sostegno alimentare, unsupporto scolastico e sanitario. È ilmassimo che possiamo fare in que-sto momento storico.

Anche la preghiera sarà un aiuto co-stante?

Certamente. Noi siamo in Orien-te e in Oriente c’è una Chiesa tradi-zionale — nel senso bello del termi-ne — dove la partecipazione alla li-turgia è molto sentita. Uno dei pro-blemi attuali delle famiglie è quellodi non poter partecipare, o di parte-cipare in maniera limitata, alle litur-gie: per ovviare alle difficoltà, i no-stri parroci si sono attrezzati perrendere concrete delle forme di pre-ghiera alternative, per fare visitedov’è possibile, per formare i capifamiglia affinché possano portare lacomunione ai propri familiari quan-do il sacerdote è impossibilitato arecarsi sul posto. Senza alcun dub-bio, la preghiera è un sostegnoumano e spirituale assolutamentenecessario.

E la preghiera si può trasformare an-che in un segno di speranza…

Mettersi davanti al Signore per lapreghiera d’intercessione, in questomomento, è il pane necessario delquale abbiamo estremamente biso-gno, oltre al pane quotidiano. Lo ri-peto: noi siamo nella terra dove Ge-sù è risorto e siamo noi che dobbia-mo conservare la visione pasqualedella vita, fatta di croce, ma anchedi risurrezione.

Un segno importante di speranza èstata anche l’ordinazione di nuovi sa-cerdoti per la Terra Santa, in un pe-riodo estremamente difficile. È così?

Sì. Finora abbiamo ordinato un-dici sacerdoti e diciotto diaconi.Nonostante tutte le fatiche e tutte ledivisioni, anche politiche, il Signoreci benedice con le vocazioni e pertutto questo lo ringraziamo.

Le chiedo di gettare uno sguardo alfuturo: come si immagina la ripresadei pellegrinaggi in Terra Santa e co-me si aspetta il ricominciare della fedepartecipata, nei tempi prossimi?

Prima di tutto mi soffermo suitempi. Abbiamo messo in conto cheper circa un anno vivremo comestiamo vivendo ora. Siamo coscienti,poi, che per i pellegrinaggi non cisaranno più i numeri che avevamoprima: i viaggi saranno più compli-cati, anche il post-covid richiederàdi mettere in atto attenzioni che nelpassato non si prendevano. Il pelle-grinaggio, insomma, dovrà adattarsialle nuove situazioni con forme,modalità ed itinerari diversi. Allostesso tempo, però, in Terra Santa ilpellegrinaggio avrà sempre la carat-teristica fondamentale dell’i n c o n t rocon Gesù nei suoi luoghi. Ciò noncambierà mai.

Dunque, la Chiesa si attrezzerà peraffrontare una tale situazione?

Necessariamente. Ce lo chiede ilbuon senso, ce lo chiederanno leleggi civili e ce lo chiederanno i pel-legrini che certamente vorranno ve-nire per devozione, ma in tutta sicu-re z z a .

Secondo lei, perché e necessario che tuttii credenti aiutino la Terra Santa a nonsmarrire la fiducia nel proprio futuro?

La Terra Santa è il luogo che cu-stodisce ancora oggi l’umanità diGesù, la sua storicità. Gesù non è unmessaggio astratto, non è un’idea. Èuna realtà che noi possiamo toccare.Custodire questo aspetto della TerraSanta e sostenere la sua speranza si-gnifica mantenere vivo, per tutta laChiesa, il nostro legame con quelGesù che qui si è fatto carne e cheancora oggi è la vera speranza pernoi, ma anche per il mondo intero.

Ad Aleppo numerose le iniziative promosse dall’associazione Pro Terra Sancta

Garantire l’i s t ru z i o n eanche ai bambini poveri

di IGOR TRABONI

Ad Aleppo, la seconda cittàdella Siria martoriata dallaguerra e oggi dalla fame e

dalla pandemia, esplode anchel’emergenza educativa per decine dimigliaia di bambini senza istruzio-ne. Ma tra le rovine, materiali e mo-rali di quello che una volta era ilricco snodo commerciale tra il Me-diterraneo e l’Eufrate, ci sono anchele storie liete di tanti bambini sordi,oggi più di 100 (ma appena 3 nel2005, anno di fondazione della Eco-le d’Habilitation et d’Initiation pourle Sourds, Ehis) che ogni giornonon solo vanno a scuola all’internodi un convento francescano, mapossono anche seguire un adeguatopercorso riabilitativo di logopedia,grazie al quale molti di loro impara-no a parlare proprio durante i primianni di formazione e riescono cosìad affrancarsi dal mutismo, aiutatida 38 tra insegnanti e operatori. Unlavoro meritorio, che due anni fa haindotto l’autorità pubblica siriana arestituire ai frati francescani dellaCustodia di Terra Santa (la confiscadi tutte le scuole private, soprattuttocristiane, risale agli anni ’70 del se-colo scorso) un’area che era di loroproprietà a fianco del convento,proprio per accogliere e ampliare leattività della Ehis. Fatti i lavori disistemazione, già l’an-no scorso sono statiaccolti altri 40 bambinis o rd i .

Da Aleppo arrivaanche la storia lieta dei250 bambini che vannoa scuola dalle suoredella Congregazionedelle Sorelle del Rosa-rio: materna, primariae secondaria aperta nel2010 nell’area di Man-soura, occupata tre an-ni dopo dai miliziani del sedicentestato islamico (Is). Ma le suore nonsi sono scoraggiate e nel 2014 hannopreso in gestione uno spazio appar-tenente alla Chiesa caldea e hannoriaperto la scuola che oggi accogliebambini di diversa etnia e religione,con l’obiettivo nei prossimi due anni— ha dichiarato la direttrice suor Ja-cina Hassayant che guida 25 inse-gnanti — di aprire altre classi nellascuola secondaria, in modo da offri-re l’accesso completo all’i s t ru z i o n ebase (6 anni di scuola primaria e 3

di scuola secondaria). Però il 40 percento dei bambini accolti arriva dafamiglie povere che non hanno lapossibilità di pagare la retta, costoche va ad aggiungersi a tutte le altrespese “o rd i n a r i e ”, dall’acquisto di ci-bo per i bambini alla gestione dispazi e ambienti. Ma ecco che, so-prattutto dall’Italia, arriva la lungamano della generosità, con questi ealtri progetti sostenuti dall’asso cia-zione Pro Terra Sancta, un’o rg a n i z -zazione no profit presente in Mediooriente, che realizza progetti di con-servazione dei luoghi santi, di soste-gno alle comunità locali e di aiutonelle emergenze umanitarie, laddoverisiedono i frati francescani dellaCustodia di Terra Santa. E tra que-sti frati, spunta il volto pacifico esorridente di padre Ibrahim Alsa-

bagh, francescano della parrocchialatina di San Francesco d’Assisi, adAleppo: «Non potrei non sorridere,pur in mezzo a tante difficoltà, per-ché sento la gioia di essere amatodal Signore», racconta il parroco inun collegamento via Skype dalla Si-ria, organizzato da Pro Terra Sanctae anche per promuovere l’iniziativadella fondazione Mediolanum cheha deciso di raddoppiare ogni dona-zione per questi progetti.

Oltre al sorriso del simpatico fra-te francescano, si immagina subito

Assistenza sanitaria e lezioni a distanza in tempo di pandemia grazie all’impegno del Centro Santa Rachele

In aiuto dei piccoli migranti

quello dei bambini di Aleppo, ac-colti nella scuola per sordi o inquella delle suore. Ma anche deibambini di strada, perché anche lo-ro trovano sempre un motivo persorridere. E invece no: la tristezza diAleppo, dove trovare un po’ damangiare è un’impresa eroica cosìcome un lavoro o una medicina, haavvolto anche i più piccoli: «Si so-no fatti seri e preoccupati anche ivolti dei bambini — riprende padreIbrahim — perché anche loro vivonomille difficoltà e non trovano più unmotivo per sorridere».

Con i confratelli e i volontari del-la parrocchia, padre Ibrahim sta co-munque ridando una speranza an-che a tanti altri bambini, riaprendoloro le porte dell’oratorio estivo:«In questa situazione è tutto diffici-

le e sarà così anche per il campoestivo, però quando ho letto che an-che Papa Francesco invitava a farequalcosa per l’estate dei bambini,ho pensato che noi non potevamomica tirarci indietro». Ed ecco allo-ra che ben 660 bambini arrivanoogni giorno nella parrocchia deifrancescani, per giocare, per tornarea studiare un po’ di catechismo, perconsumare qualche pasto, per ritro-vare anche la gioia di contatti uma-ni e sociali interrotta pure in Siriadal lockdown. E qui si tocca un al-tro tasto dolente, con le cure sanita-rie precarie e un’emergenza covid-19difficile da affrontare. Un ulterioremacigno su tante famiglie, già mes-se in ginocchio da una crisi econo-mica senza precedenti. Come se nonbastasse, il 17 giugno scorso sono ar-rivate le nuove sanzioni economichee adesso anche acquistare qualcosaper il sostentamento minimo è diffi-cile, praticamente impossibile: iprezzi di carne, zucchero, riso sonoquadruplicati, la Lira siriana si sva-luta ogni giorno, il pane invece ècalmierato, ma solo per chi ha latessera governativa e molte famiglielo portano in tavola solo una voltaal giorno, servendolo ai figli condelle povere erbe tritate.

«Nella nostra parrocchia — ri-prende a raccontare padre Ibrahim— l’85 per cento della gente vivesotto la soglia di povertà. Ma non èche gli altri stanno bene o sono ric-chi, diciamo che arrivano appenaall’autosufficienza. E adesso c’è unaltro nemico da affrontare: la perdi-ta della speranza. In strada incontrigente disperata, che oramai parla dasola, che non sa più come fare. Esono sempre di più quelli che bussa-no alla porta del nostro conventochiedendo cibo o lavoro». Da questifrati arriva dunque anche un aiutonello stare vicino a queste persone,pregando con loro e per loro (conti-nuo e molto seguito il ricorso ancheai social durante il recente periododel lockdown), cercando di ridareanche quella speranza il cui sensoprofondo è stato sottolineato dalcardinale Angelo Bagnasco, in qua-lità di presidente del Consiglio delleConferenze episcopali europee, cheha aperto l’incontro via internet conpadre Ibrahim, ricordando la visitacompiuta ad Aleppo nel settembredel 2019: «Ho conosciuto un popo-lo di grande dignità, che pure inmezzo a profonde sofferenze, tramacerie e paure, non si piange ad-dosso». Per aiutare i bambini diAleppo e sostenere i progetti di ProTerra Sancta è possibile consultareogni informazione utile sul sito in-ternet dell’asso ciazione.

A fianco padre Ibrahim Alsabaghparroco della parrocchia latinadi San Francesco d’Assisi ad Aleppo

GERUSALEMME, 7. La pandemia dicoronavirus non molla la sua presaa livello mondiale e alcuni paesi,tra cui Israele, hanno dovuto fare iconti con una nuova ondata dicontagi che hanno messo in preal-larme ospedali, strutture sanitarie eil governo sull’opportunità di rein-trodurre restrizioni e tracciare spo-stamenti per impedire una ulteriorediffusione del morbo. Un’e m e rg e n -za senza fine davanti alla quale ri-salta a Gerusalemme l’opera delCentro Santa Rachele, nel distrettodi Talbieh, gestito dal vicariato diSan Giacomo per i cattolici di lin-gua ebraica in Israele e collocatosulla proprietà del convento dei fra-ti cappuccini. Nato nel 2016 per ac-cogliere i bambini dei migranti cat-tolici e richiedenti asilo grazie an-che al sostegno di Ordine equestredel Santo Sepolcro, Pontificie ope-re missionarie (Pom), l’o rg a n i z z a -zione cristiana statunitense WorldVision e l’associazione umanitariasvizzera Dear Foundation, è dotatodi due grandi sale che fungonocontemporaneamente da stanze dagioco e dormitorio per i più picco-li, e di una terza riservata al dopo-scuola. Altri locali sono adibiti aduffici, studio e riunioni, con un pic-colo alloggio per i volontari. Il no-me del complesso, è scritto sul por-tale del vicariato di San Giacomo,è in onore di Rachele, «una dellegrandi donne e madri della Bibbia,madre di Giuseppe e Beniamino, laquale ha lottato per avere figli ed èmorta dando alla luce il suo figliopiù giovane».

Prima del dilagare del coronavi-rus, venticinque bambini di età in-feriore ai 3 anni venivano accoltiogni giorno nel Centro insieme a

un gruppo di 15-40 minori che fre-quentavano il doposcuola, fungen-do anche, nel fine settimana, daluogo di incontro dei giovani delvicariato di San Giacomo. Nono-stante sia stato costretto a chiuderei battenti a metà marzo nel rispettodelle misure adottate dalle autoritàcivili per il contenimento del covid-19, ha dato comunque ospitalità anove bambini e alle loro madri pervenire incontro alle difficoltà di al-cune famiglie di rifugiati, soprattut-to indiani e filippini, particolar-mente vulnerabili per alloggio epovertà e quindi più esposte al ri-schio contagio, assicurando comun-que l’osservanza delle regole sanita-rie imposte dal governo. Per alle-viare le loro difficoltà economiche èstata lanciata anche una raccoltafondi tra le comunità cattoliche diespressione ebraica.

«Queste popolazioni — ha di-chiarato Rafic Nahra, vicario pa-triarcale di Gerusalemme dei Latiniper i fedeli cattolici di lingua ebrai-ca e responsabile della pastoraleper i migranti del vicariato di SanGiacomo — spesso vivono insieme,in più famiglie, dividendo un unicoalloggio, con la conseguenza di unagrande promiscuità e quindi con al-te probabilità di infezione».

Il Centro ha garantito anche le-zioni a distanza per i bambini: ilpassaggio dalla scuola all’insegna-mento online ha permesso di stabi-lire infatti un fruttuoso impiego deltempo, con delle giornate scanditetra corsi al mattino e attività sporti-ve e ricreative il pomeriggio. I re-sponsabili del centro, ha precisatopadre Nahra, sono in contatto coni professori e annotano tutti i com-piti da far svolgere ai piccoli, aiuta-

ti pure da persone che tramite tele-fono o via Skype li accompagnanonello studio. Tutto è stato organiz-zato in modo da aiutare i bambinia vivere come se si trovassero inuna vera e propria famiglia. In pre-cedenza, durante il periodo di qua-rantena sono stati distribuiti dallastruttura “kit antistress” ai genitoripreparati da IsraAid, un’o rg a n i z z a -zione israeliana il cui obiettivo èsostenere le persone colpite dallacrisi pandemica. Il materiale offertoconteneva una lettera di spiegazio-ne in arabo e tigrino — lingua par-lata dai migranti etiopi di etnia fa-lasha — una pianta di menta, unpallone, carte da gioco, colori e al-tri oggetti pensati per alleggerire lesituazioni di tensione e angoscia.Spazio anche al momento religioso:nel parco giochi della struttura ven-gono infatti celebrate messe duevolte a settimana, sempre nel ri-spetto delle regole sanitarie, e unadi esse è stata recentemente cele-brata dall’amministratore apostolicodi Gerusalemme dei Latini, arcive-scovo Pierbattista Pizzaballa.

Santa Rachele intende risponde-re a uno dei bisogni più urgentidelle persone immigrate in Israele,quello della presa in carico quoti-diana dei bambini con meno di 3anni per motivi di sicurezza, igienee per una sana crescita, consideran-do che molti migranti trascorronoper lavoro diverse ore lontano dacasa, costretti in alcuni casi ad affi-dare i figli a “nidi pirata”, semprepiù diffusi e detti “depositi di bam-bini”: qui i piccoli, gestiti da donnemigranti senza alcuna formazione,vengono tenuti in ambienti perico-losi e sovraffollati.

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 8 luglio 2020 pagina 7

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UN SITO ALLA SETTIMANAa cura di FABIO BO L Z E T TA

Santuario di Santa Maria Goretti a Nettuno

Un fiore di purezza, strappato con violenza alla vita terrena, e germogliato nella santità. Il6 luglio 1902 Maria Goretti, originaria di Corinaldo in provincia di Ancona, muore all’etàdi 12 anni, dopo aver perdonato il suo assassino. “Martire della purezza” viene beatificatanel 1947 e, tre anni dopo, Papa Pio XII la proclama santa. Da allora le sue spoglie mortalisono custodite presso il Pontificio santuario basilica Madonna delle Grazie e Santa MariaGoretti di Nettuno, la città alle porte di Roma dove è stata uccisa, dopo il tentativo di vio-lenza, da un ragazzo diciottenne che se ne era infatuato e che, dopo aver scontato 27 annidi carcere per l’omicidio, ha chiesto perdono alla madre della ragazza, uccisa per aver dife-so la sua castità, e si è convertito. Sul sito internet del santuario, affidato ai padri Passioni-sti, il calendario delle celebrazioni — a 130 anni dalla nascita e a 70 dalla canonizzazione —presiedute dall’arcivescovo dell’Aquila, il cardinale Giuseppe Petrocchi, e dal vescovo di Al-bano, monsignor Marcello Semeraro, in onore della patrona secondaria della diocesi lazialee compatrona della città di Nettuno. Un’altra reliquia di santa Maria Goretti è custoditanel santuario a lei dedicato a Corinaldo, sua città d’origine.

w w w. s a n t u a r i o n e t t u n o . i t

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Su YouTube la Settimana sociale organizzata dalla Conferenza episcopale arg e n t i n a

Nessuno si salva da solo

Campagna di solidarietà di Caritas italiana e Focsiv

Per arginarela pandemia della fame

Raquel Forner, «Génesis del hombre nuevo» (1974)

Ricordato in Papua Nuova Guinea il beato To Rot

Secondo il Vangelo

Assistenza sanitaria diritto di tuttiLe iniziative del Consiglio nazionale delle Chiese cristiane in Brasile

di GI O VA N N I ZAVAT TA

Pensare a un’economia dal vol-to umano, che ponga al centrodell’attenzione le persone e la

dignità del lavoro, che consideri ildialogo come strumento principaleper affrontare le differenze politichee sociali; insomma «un’economia diproduzione e consumo piuttosto chedi speculazione». In un’intervistaall’agenzia Télam, il vescovo di Lo-mas de Zamora, Jorge Rubén Lugo-nes, presidente della Commissioneper la pastorale sociale della Confe-renza episcopale argentina, parla delfuturo prossimo, quello del postpandemia, periodo in cui il paese sa-rà chiamato necessariamente a cam-biare rotta, privilegiando solidarietàe bene comune. La pandemia, spie-ga, «ha fatto uscire allo scopertol’enorme numero di esclusi o scartatidal sistema, come afferma PapaFrancesco, che oggi richiedono curee attenzioni, nonché opportunità peril futuro». Già perché la pandemia,oltre a una tragedia, «potrebbe esse-re un’opportunità», sottolinea mon-signor Lugones, apprezzando «conpiacere come i governi di distinteparti politiche compiano sforzi co-muni per mitigare», specialmentenell’area metropolitana di BuenosAires, l’avanzata del covid-19. Esem-pi che mostrano la necessità di unStato «presente per garantire il benecomune».

Le riflessioni sono state fatte allavigilia della Settimana sociale che si

svolge in Argentina dal 6 al 10 lu-glio. Il tema scelto dalla Commissio-ne episcopale è «Nessuno si salva dasolo. Chiamati a remare insieme ver-so una conversione umanista ed eco-logica» e ricorda alcune frasi pro-nunciate dal Pontefice nella benedi-zione “Urbi et Orbi” durante il mo-mento straordinario di preghiera te-nutosi il 27 marzo sul sagrato dellabasilica di San Pietro. La tradiziona-le settimana, che la pastorale socialeorganizza ogni anno nella città diMar del Plata, quest’anno, proprio a

causa del coronavirus, si svolge inmaniera virtuale, su YouTube. Il col-legamento è ogni giorno alle ore 18,con la partecipazione fra gli altri deiministri dell’Istruzione, Nicolás Trot-ta, dell’Ambiente, Juan Cabandié, edella Sanità di Buenos Aires, FernánQuiros, del responsabile dell’Ammi -nistrazione nazionale della sicurezzasociale, Fernanda Raverta, del sena-tore Martín Lousteau e del presiden-te dell’agenzia d’informazione Té-lam, Bernarda Llorente. I temi af-frontano l’attualità: «È tempo di agi-

re ora per il futuro»; «Guardiamo alfuturo con creatività»; «Costruiamoun mondo più equo»; «Cerchiamo ildialogo e la riflessione comune»; «Ilgiorno dopo: pensare alla ripresaeconomica».

Come ogni anno, ha dichiarato ilvescovo presidente, la Commissioneepiscopale per la pastorale sociale«incoraggia questo incontro con irappresentanti dei diversi ambiti del-la comunità per riflettere sulla realtàsociale del nostro paese, una realtàche negli ultimi tempi ci sfida inmodo sempre più doloroso. Abbia-mo deciso di affrontare le situazionidella pandemia e gli scenari successi-vi, in linea con il magistero di PapaFrancesco, cercando di capire comefare per forgiare un mondo piùequo, come promuovere il dialogo ela riflessione comune, come pensareil giorno dopo in termini di ripresaeconomica», ha spiegato monsignorLugones. Se la pandemia ha dimo-strato che nessuno si salva da solo,la sfida collettiva adesso «può esserequella conversione umanista ed eco-logica in cui possiamo consolidare imodi per costruire una società piùegualitaria». Ciò richiede «sensibilitàsociale» e «senso di fratellanza e so-lidarietà», e implica «non solo l’in -clusione ma anche l’integrazionesenza la quale l’umanesimo e la curadella casa comune non sarebberop ossibili».

Nell’intervista a Télam, Lugoneselenca i problemi acuitisi in Argen-tina durante la pandemia: «Eviden-ziamo innanzitutto la questione del-la crescente povertà che innesca unaserie di situazioni difficili: l’alimen-tazione, la mancanza di lavoro, ilsovraffollamento nei quartieri popo-lari, il rischio del mancato rispettodel distanziamento sociale e dellaquarantena, le cure primarie, in par-ticolare agli individui che vivono instrada». Le principali preoccupazio-ni sono per le categorie più vulnera-bili della popolazione, come i bam-bini «che hanno visto il loro dirittoall’istruzione limitato a causa dellamancanza di accesso alle risorse tec-nologiche».

di RICCARD O BURIGANA

«N on fa parte del pianodi Dio una società di-visa dall’odio»: con

queste parole il pastore luteranoInácio Lemke, presidente del Con-selho Nacional de Igrejas Cristãs(Conic) del Brasile, ha ricordato,pochi giorni fa, l’esperienza dellaSettimana di preghiera per l’unità

te coinvolgimento delle religioni dimatrice africana e indigena.

Denunciando l’inadeguatezzadella risposta delle istituzioni pub-bliche e moltiplicando le iniziativedi assistenza sanitaria e di lotta al-la povertà, il Conic ha indicato nelvivere le parole evangeliche di «ac-cogliere con gentilezza» l’altro lastrada per combattere la pandemia,sempre con lo sguardo rivolto al

denti del dialogo ecumenico inBrasile perché testimonia l’unitànella diversità, guidata dall’a m o redi Cristo «per coinvolgere comuni-tà di fede e persone di buona vo-lontà, per pensare, valutare, identi-ficare cammini superando le pola-rizzazioni e le violenze che caratte-rizzano il mondo attuale».

Per il 2021, proprio alla lucedell’esperienza della pandemia dicovid-19, che ha mostrato, per ilConselho Nacional de Igrejas Cri-stãs, quanto i cristiani devono farenella società in difesa degli ultimi,si è deciso di affrontare il tema«Fraternità e dialogo, compromes-so d’amore», indicando un passodella lettera agli Efesini (2, 14)quale punto di riferimento per unacultura dell’accoglienza che sappiavivere l’unità in grado di andareoltre le contrapposizioni della so-cietà contemporanea. Con questeiniziative il Conic non solo prose-gue la sua testimonianza ecumeni-ca a favore degli ultimi, così comeè stato fin dalla sua fondazione,nel 1982, ma, in questo tempo dipandemia, rafforza l’impegno deicristiani nella lotta a ogni forma didiscriminazione, soprattutto quelleche impediscono o limitano l’ac-cesso all’assistenza sanitaria, perpromuovere la costruzione di unmondo di giustizia e di pace.

dei cristiani in Brasile (svoltasi dal24 al 31 maggio), quando è statovissuto un tempo particolarmentefecondo nella riflessione su cosa fa-re per coloro che erano stati colpitidal covid-19. Nel ripensare radical-mente, in tanti luoghi, la modalitàcon la quale celebrare l’evento acausa della pandemia, i cristianihanno voluto testimoniare un pro-fondo disaccordo nei confronti ditutti coloro (compresi rappresen-tanti delle istituzioni) che tendeva-no a minimizzare, o addirittura anegare, le conseguenze della crisisanitaria.

Secondo Lemke, in quei giorni,sono state progettate e rilanciatetante iniziative per l’assistenza de-gli ultimi, i più esposti alla pande-mia, riaffermando quanto era statogià detto dal Conic e da molteChiese fin dall’apparire del corona-virus, anche in Brasile; si è venutorafforzando l’impegno del Consi-glio nazionale delle Chiese cristia-ne a «unire uomini e donne percondividere la voce della denunciadelle ingiustizie, la voce profeticaper la speranza e la voce pastoraleper un’assistenza materiale e spiri-tuale», con l’obiettivo di aiutaretutti di fronte al diffondersi dellapandemia. Si tratta di un impegnoche, come si è venuto manifestan-do in queste ultime settimane, haassunto altresì una dimensione in-terreligiosa, con un sempre più for-

domani quando i cristiani dovran-no collaborare al ripensamentodella casa comune. L’attenzioneper gli ultimi si è così concretizza-ta in tante iniziative locali, mentrea livello nazionale, accanto al darevoce alle terribili condizioni degliindios (investiti dalla pandemia inmodo così violento da mettere a ri-schio, in tanti casi, la loro stessasopravvivenza), il Conselho Nacio-nal de Igrejas Cristãs ha promossouna campagna per la regolarizza-zione dei migranti; con questacampagna, che ha coinvolto anchel’Argentina, la Bolivia, il Cile e ilPerú (con la partecipazione diChiese, organismi ecumenici, asso-ciazioni no-profit), si è voluto chie-dere l’applicazione della risoluzio-ne della Commissione interameri-cana per i diritti umani, approvatanel dicembre 2019, in modo darendere possibile ai migranti l’ac-cesso alla sanità pubblica.

Con il sostegno a questa campa-gna il Conic ha voluto supportarel’idea che la lotta alla pandemia ri-chiede uno sforzo condiviso daparte di tutta la società, superandodivisioni e discriminazioni con unospirito che è profondamente radi-cato nella democrazia. In tal sensosi colloca il lancio della Campagnadi fraternità ecumenica per il 2021,promossa dal Conic e dalla Confe-renza episcopale brasiliana; da an-ni l’evento è uno dei segni più evi-

ROMA, 7. «Dacci oggi il nostro panequotidiano» è il tema della campa-gna di solidarietà che Caritas italia-na e Focsiv lanciano in queste oreper sostenere progetti concreti inquesto particolare momento contras-segnato dall’emergenza sanitaria glo-bale. Un’occasione di impegno emobilitazione per tutti, in primoluogo per sensibilizzare le comunitàcristiane e tutta l’opinione pubblicaper preparare insieme il domani ditutti, senza scartare nessuno, riflet-tendo e impegnandosi sui temi dellafame, della povertà, del lavoro,dell’educazione, delle disuguaglianzeanche basandosi sugli approfondi-menti che verranno proposti mensil-mente su www.insiemepergliultimi.it.Una campagna volta a sollecitare ungesto concreto per sostenere gli in-terventi nelle varie aree del mondodelle Caritas e dei soci Focsiv — 62interventi in Africa, Medio oriente,Asia, America Centrale, America La-tina, Europa dell’Est e Balcani — af-finché si possa concretizzare un’azio-ne semplice: «Condividi il pane.Moltiplica la speranza».

La partenza ufficiale della campa-gna è prevista per mercoledì 8 lu-glio, (7° anniversario della visita delPapa a Lampedusa), Giornata inter-nazionale del Mar Mediterraneo, checi ricorda — si legge in un comunica-to congiunto di Caritas italiana eFocsiv — come, si sia «tutti sulla

stessa barca». In occasione della vi-sita nell’isola siciliana, il Santo Pa-dre, riferendosi alle tante vittime deinaufragi, sottolineò quanto fosse im-portante tutelare e promuovere la di-gnità e la centralità di ogni essereumano. Un problema che riguardatutti: i poveri, gli esclusi, i dimenti-cati, vittime di una globalizzazionedell’indifferenza. Sono loro i piùcolpiti oggi dalle conseguenze dellapandemia, che ha causato un au-mento delle diseguaglianze e una di-minuzione delle risorse essenziali perla sopravvivenza. Il 55 per cento del-la popolazione mondiale oggi vivesenza alcuna tutela sociale. Ha per-duto i diritti umani fondamentali co-me quelli dell’accesso al cibo, allasalute, al lavoro dignitoso. Il corona-virus ha provocato una vera catastro-fe umanitaria su scala globale, unapandemia della fame e della povertà,secondo quanto indicato dal WorldFood Programme, che toglierà i di-ritti umani basilari a più di un mi-liardo di persone, riportando il mon-do indietro di oltre 100 anni. Caritasitaliana e Focsiv in questa emergen-za hanno unito le forze in un’allean-za “per amore degli ultimi”, per nondimenticare chi è rimasto indietro,perché senza una visione d’insiemenon ci sarà futuro per nessuno. Tra imedia partner della campagna vi so-no «L’Osservatore Romano», RadioVaticana e Vatican News.

PORT MO R E S B Y, 7. A settantacinque anni dal martirio e aventicinque dalla beatificazione, l’assemblea plenaria an-nuale della Conferenza episcopale di Papua Nuova Gui-nea e Isole Salomone ha ricordato nei giorni scorsi la vi-ta, l’esempio, l’attualità di Peter To Rot, primo beato nel-la storia della Papua Nuova Guinea. A celebrarlo presuli,religiosi, religiose e laici, con una messa presiedutadall’arcivescovo di Madang, Anton Bal, neoeletto presi-dente dell’episcopato, assieme all’arcivescovo di Port Mo-resby, cardinale John Ribat, all’arcivescovo di Rabaul,Rochus Josef Tatamai, e al vescovo di Bereina, Otto Se-pary. Nell’omelia, pronunciata da monsignor Tatamai,presidente uscente dell’episcopato e stretto discendentedella famiglia del beato, To Rot è stato indicato comeesempio fulgido di santità nella vita quotidiana dei laici edelle famiglie, uomo di coraggio e fortezza nella fede, ol-tre che di determinazione nel seguire Gesù Cristo con lasua vita fino alla morte.

Tatamai — riferisce l’agenzia Fides — ha ricordato ilbeato dal momento in cui i suoi genitori divennero cri-stiani di prima generazione (quando i missionari sbarca-

rono sull’isola di Matupit nel 1882). Peter To Rot era un“cristiano di seconda generazione” che seguiva le ormedei suoi genitori. Era «un padre di famiglia, catechista,insegnante», ed è morto «martire in difesa della sua fedecristiana, dopo aver lavorato duramente con disciplina eobbedienza per diventare un buon insegnante e un cate-chista». Quando si sposò visse una vita coniugale e fami-liare secondo gli insegnamenti del Vangelo, difese i valoridel matrimonio e resistette alla tradizionale cultura dellapoligamia e alle leggi dell’esercito imperiale giapponese,e morì sostenendo la sua fede.

To Rot, ha proseguito l’arcivescovo, ha lasciato dietrodi sé molti grandi esempi di obbedienza, di vita familiareesemplare. E ha vissuto e rappresentato la sua fede anchequando alcuni membri della sua famiglia lo tradirono. «Ilaici, in particolare, sono sfidati a portare avanti il suoesempio soprattutto nei tempi difficili e incerti di oggi», èstato sottolineato, «perseverando nel lavoro pastorale diinsegnamento e catechesi». Di qui l’esortazione a essereresilienti e a continuare a crescere nella fede in questo pe-riodo di blocco causato dal covid-19.

Page 8: Senza pace e sicurezza globale non si sconfigge la ... · perché senza la sicurezza globale le risposte alla pandemia risultano in-sufficienti. Lo ha detto il cardinale Peter Kodwo

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 mercoledì 8 luglio 2020

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

D ov’è tuo fratello?

Congelare la produzionee il commercio di armi

di PETER KODWO APPIAH TU R KS O N

Come tutti sappiamo, stiamoaffrontando una delle peggio-ri crisi umanitarie dalla secon-

da guerra mondiale. Mentre il mon-do adotta misure di emergenza peraffrontare una pandemia globale euna recessione economica globale,entrambe sostenute da un’e m e rg e n z a

(compresi i più grandi programmi dimodernizzazione nucleare), i malati,i poveri, gli emarginati e le vittimedei conflitti sono colpiti in modosproporzionato dalla crisi attuale. Fi-nora, le crisi interconnesse (sanitaria,socio-economica ed ecologica) stan-no allargando il divario non solo traricchi e poveri, ma anche tra le zonedi pace, di prosperità e di giustizia

politica e la concordia internazionalecessino sempre più di essere il benesupremo che le nazioni desiderano eper il quale sono pronte a impegnar-si. Purtroppo, invece di essere unitiper il bene comune contro una mi-naccia comune che non conosce con-fini, molti leader stanno approfon-dendo le divisioni internazionali einterne. In questo senso, la pande-mia, attraverso morti e complicazio-ni sanitarie, recessione economica econflitti, rappresenta la tempestaperfetta! Abbiamo bisogno di unaleadership globale che possa rico-struire legami di unità, rifiutando alcontempo il capro espiatorio, la re-criminazione reciproca, il nazionali-smo sciovinista, l’isolazionismo e al-tre forme di egoismo. Come ha det-to Papa Francesco lo scorso novem-bre a Nagasaki, dobbiamo «rompereil clima di sfiducia» e prevenire«l’erosione del multilateralismo».Nell’interesse della costruzione diuna pace sostenibile, dobbiamo pro-muovere una «cultura dell’i n c o n t ro »in cui uomini e donne si scopranol’un l’altro come membri di una stes-

sa famiglia umana, condividano lostesso credo. Solidarietà. Fiducia.Incontro. Bene comune. Non-violen-za. Noi crediamo che questi siano ifondamenti della sicurezza umana.

La Chiesa sostiene con forza iprogetti di costruzione della paceche sono essenziali per le comunitàin conflitto e post-conflitto per ri-spondere al covid-19. Senza il con-trollo delle armi, è impossibile ga-rantire la sicurezza. Senza sicurezza,le risposte alla pandemia non sonocomplete.

La pandemia dovuta al covid-19,la recessione economica e il cambia-mento climatico rendono sempre piùchiara la necessità di dare priorità al-la pace positiva rispetto a concettiristretti di sicurezza nazionale. SanGiovanni XXIII segnalò già oltre cin-quant’anni fa la necessità di questatrasformazione ridefinendo la pacein termini di riconoscimento, rispet-to, salvaguardia e promozione deidiritti della persona umana (Pacemin terris, 139). Ora più che mai ègiunto il momento che le nazionidel mondo passino dalla sicurezza

nazionale con mezzi militari alla si-curezza umana come preoccupazio-ne primaria della politica e delle re-lazioni internazionali. Ora è il mo-mento che la comunità internaziona-le e la Chiesa sviluppino piani auda-ci e fantasiosi per un’azione colletti-

va commisurata alla portata di que-sta crisi. Ora è il momento di co-struire un mondo che rifletta meglioun approccio veramente integrale al-la pace, allo sviluppo umano eall’ecologia.

Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integraleCommissione vaticana covid-19

Nella Sala stampadella Santa Sede

Dalla sicurezza nazionale alla sicurezza umana globale

A quarantott’ore dal nuovo appello diPapa Francesco per un cessate-il-fuocoglobale, il cardinale prefetto del Dicasteroper il servizio dello sviluppo umanointegrale e due membri della Commissionevaticana covid-19 hanno incontrato igiornalisti nella mattina di martedì 7luglio, nella Sala stampa della Santa Sede.«Preparare il futuro, costruire la pace altempo del covid-19» è stato il tema degliinterventi (che pubblichiamo integralmentein questa pagina) del porporato, dellareligiosa delle Figlie di Maria ausiliatrice,che insegna Economia politica allaPontificia facoltà di Scienzedell’educazione Auxilium e coordina latask force per l’economia dellaCommissione, e dell’officiale del Dicasteroche coordina la task force per la sicurezza.

climatica globale, dobbiamo ancheconsiderare le implicazioni per la pa-ce di queste crisi interconnesse. LaCommissione covid-19 del Vaticano,in particolare attraverso le task forceper la sicurezza e per l’economia, haanalizzato alcune di queste implica-zioni. Permettetemi di evidenziare iseguenti punti.

Mentre oggi si destinano sommesenza precedenti alle spese militari

dobbiamo congelare la produzione eil commercio di armi.

Le attuali crisi interconnesse dicui ho parlato (sanitaria, socio-eco-nomica ed ecologica) dimostranol’urgente necessità di una globalizza-zione della solidarietà che rifletta lanostra interdipendenza globale. Ne-gli ultimi due decenni, la stabilità ela sicurezza internazionale si sonodeteriorate. Sembra che l’amicizia

ambientale e le zone diconflitto, di privazione e didevastazione ecologica.

Non ci può essere guari-gione senza pace. La ridu-zione dei conflitti è l’unicapossibilità di ridurre le in-giustizie e le disuguaglian-ze. La violenza armata, iconflitti e la povertà sonoinfatti collegati in un cicloche impedisce la pace, favo-risce le violazioni dei dirittiumani e ostacola lo svilup-p o.

Personalmente, accolgocon favore la recente appro-vazione da parte del Consi-glio di sicurezza dell’O nudi un cessate-il-fuoco glo-bale. Non possiamo com-battere la pandemia se cicombattiamo o ci stiamopreparando a combatterel’uno contro l’altro. Accol-go inoltre con favore l’ap-provazione, da parte di 170Paesi, dell’appello delle Na-zioni Unite a mettere a ta-cere le armi! Ma una cosa èchiamare o approvare unadichiarazione di cessate-il-fuoco, un’altra cosa è met-terla in pratica. Per farlo,

Più risorse per garantire cibo, salute e lavorodi ALESSANDRA SMERILLI

La pandemia, che è un malecomune, ha fatto emergere inmodo esperienziale l’imp or-

tanza del bene comune. Come ci haricordato Papa Francesco, nessunopotrà farcela da solo. Un male co-mune e globale si affronta solo secomprendiamo di essere tutti legati:umanità dal destino comune. Se neesce solo con l’impegno di tutti.

La pandemia ha rivelato le nostrefragilità, a partire dai sistemi sanita-ri: le dimensioni e la gravità dellapandemia ha messo in difficoltà an-

che sistemi sanitari ben finanziati.Oltre a esercitare pressione sui siste-mi sanitari, la pandemia ha ancheprovocato un aumento drammaticodi forniture mediche essenziali. Ab-biamo capito che i sistemi sanitariin tutto il mondo hanno bisogno dimaggiori investimenti di qualità.Abbiamo bisogno di protezione neiconfronti delle malattie trasmissibili,e di investire in prevenzione: il co-vid-19 ha rivelato l’insufficiente fi-nanziamento delle cure per le ma-lattie trasmissibili nel cuore di moltisistemi sanitari. In questo momentoabbiamo bisogno di un vaccino.

La pandemia ha rivelato la veraportata della nostra interconnessio-ne. Sappiamo che la salute è un be-ne comune globale e che anche iservizi di prevenzione e cura devo-no essere globali. In particolare, lasalute globale deve essere considera-ta un bene comune nel senso chetutti ne hanno diritto, ma anche pa-ri responsabilità nel promuoverla.

La recessione economica che staattraversando e attraverserà tutto ilmondo provocherà lo spiazzamentodi milioni e milioni di posti di lavo-ro. La crisi economica e sociale po-trebbe avere dimensioni disastrose.Inoltre, la pandemia ha acceleratola transizione tecnologica e digitale:in 8 settimane abbiamo fatto passiin avanti di 5 anni, e questo velociz-zerà la perdita di posti di lavoro.

Le vie di uscita ci sono, ma ri-chiedono capacità di visione, corag-gio e collaborazione internazionale.Nessuno Stato potrà farcela da so-lo. Investimenti in sanità e cura,transizione ecologica, riqualificazio-ne dei lavoratori e aiuto alle impre-se che subiranno inizialmente dannidalla transizione. Di tutto questoabbiamo bisogno, e per farlo sonoindispensabili ingenti investimentipubblici.

Papa Francesco ci ha chiesto so-luzioni creative. E allora ci chiedia-mo: se invece di fare la corsa agliarmamenti, facessimo la corsa versola sicurezza alimentare, di salute elavorativa? Cosa chiedono i cittadi-ni in questo momento? Hanno bi-sogno di uno Stato militarmenteforte, o di uno Stato che investa inbeni comuni? Come ogni cittadinovorrebbe che fossero spesi i proprisoldi oggi? Ha senso continuare a

fare massicci investimenti in armi sepoi le vite umane non possono esse-re salvate perché mancano le strut-ture sanitarie e le cure adeguate? Laspesa militare nel mondo nel 2019ha raggiunto il livello più elevato.Se ho una persona malata in fami-glia e ho bisogno di spendere per lecure, non indirizzerò tutte le mie ri-sorse per curare il mio familiare?

Non voglio banalizzare, ma sia-mo nel momento in cui dobbiamocomprendere dove indirizzare le ri-sorse in un momento di cambioepocale. Oggi la prima sicurezza èquella della salute e del w e l l - b e i n g.A cosa servono arsenali per esserepiù sicuri, se poi basta una mancia-ta di persone infette per far dilagarel’epidemia e provocare tante vitti-me? La pandemia non conosce con-fini.

Sappiamo bene che il tema è piùcomplicato di quello che sembra: lacorsa agli armamenti è un dilemmache vede gli Stati, per paura deglialtri Stati, o per voler primeggiare,continuare ad aumentare i propriarsenali militari. Ma questo generaun circolo vizioso che non finiscemai, spingendo ad aumentare sem-pre più le spese militari. È unacompetizione posizionale che spin-ge a spese irrazionali pur di mante-nere le proprie posizioni. Tale tipodi corsa si arresta solo con una vo-lontà collettiva di autodelimitazio-ne. Abbiamo bisogno di leader co-raggiosi che dimostrino di credereal bene comune, che si impegninoper garantire quello di cui oggi c’èmaggior bisogno. Abbiamo bisognodi un patto collettivo per indirizza-re le risorse per la sicurezza nellasalute e per il benessere.

di ALESSIO PECORARIO

I l peggiore impatto medico dacovid-19 deve ancora venire, av-verte l’Organizzazione mondiale

della sanità (Oms). L’impatto finorasta già innescando la più grave per-turbazione economica e sociale deitempi moderni. Il Fondo monetariointernazionale (Fmi) ha già previstoun calo globale del Prodotto internolordo (Pil) di almeno il 3 per cento.A sua volta questo ha un impattodiretto sulla sicurezza a tutti i livelli,da quello interno a quello globale.

Il sostegno al cessate-il-fuoco glo-bale da parte del Consiglio di sicu-rezza dell’Onu e il supporto ricevu-to dalla grande maggioranza degliStati è un’importante misura di sta-bilizzazione che secondo la nostraopinione potrebbe essere completatacon il congelamento o la moratoriadella produzione e del commerciodi armi: come ha osservato il Papa,questo non è il momento di fabbri-care armi.

Tuttavia, l’Istituto internazionaledi ricerca sulla pace di Stoccolma(Sipri) osserva un continuo aumentodella spesa militare. La spesa milita-re globale nel 2019 è stata di 1,9 tri-lioni di dollari Usa (che supera digran lunga le spese militari globaliannuali durante la guerra fredda edè circa 300 volte il budgetdell’Oms), e alcuni osservatori efunzionari sollecitano un aumentodella spesa militare in risposta allapandemia da covid-19. Tale spesa vadai nuovi programmi di armi nu-cleari tra tutti coloro che già ne so-no in possesso, passando per i prin-cipali equipaggiamenti delle forzearmate convenzionali e le armi dipiccolo calibro con esportazioni nel-le regioni in conflitto.

La cosiddetta cyberwar e la crimi-nalità hanno fatto del covid-19 unnuovo teatro di operazioni. Anchele organizzazioni criminali sono im-pegnate in attività che non favori-

scono la pace e la prosperità inun’area di acuta vulnerabilità dei si-stemi informatici integrati. Le ten-sioni sono in aumento con il covid-19, in alcuni casi diventato un moti-vo di disputa, alimentando quelloche la task force per la sicurezzadella Commissione vaticana per ilcovid-19 ha descritto come «trappo-la del conflitto», «dilemma della si-curezza», ecc.

Devono essere fatte delle scelte.Le forniture mediche, la sicurezzaalimentare e la ripresa economica in-centrata sulla giustizia sociale esull’economia verde richiedono ri-sorse che possono essere sottratte alsettore militare nel contesto di unrinnovato controllo degli armamen-ti. I risultati ottenuti nel controllodegli armamenti e le strutture deitrattati hanno permesso di ottenereun dividendo di pace nell’ultima ge-nerazione, può esserci dunque unarinascita in quest’a re a ?

La sicurezza alimentare è al primoposto ed è fondamentale per la sicu-rezza internazionale. L’O rganizza-zione delle Nazioni Unite per l’ali-mentazione e l’agricoltura (Fao), quia Roma, è stata creata negli anniQuaranta per evitare che la famealimenti un nuovo conflitto mondia-le; oggi essa mette in evidenza au-menti, derivanti dal covid-19, nellafame e nell’interruzione delle forni-ture alimentari mondiali. Il Pro-gramma alimentare mondiale (Pam)stima già un raddoppio delle perso-ne che soffriranno la fame. Lo svi-luppo umano integrale richiede unurgente ri-dispiegamento delle risor-se globali per liberare le persone dalbisogno.

Guardando oltre i bisogni imme-diati della fame, abbiamo la necessi-tà di un’analisi approfondita cheforse l’antica prospettiva di questacittà può fornire. Una triste innova-zione dell’attuale crisi è che essacombina la pandemia da covid-19con l’avventurismo nazionalista e la

disuguaglianza economica visti l’ul-tima volta prima del 1914 e del 1939,con l’emergente crollo economicovisto l’ultima volta negli anni Tren-ta, in combinazione con le armi nu-cleari e la rapida comparsa del feno-meno del cambiamento climatico.

Attraverso l’enciclica Populorump ro g re s s i o del 26 marzo 1967, che af-ferma il concetto di sviluppo umanointegrale, il magistero della Chiesaanticipa quello che diventerà un im-portante cambiamento di paradigmadopo la seconda guerra mondiale,cioè il passaggio dall’attenzione perla sicurezza nazionale alla sicurezzaumana e globale, dalla semplice pre-venzione dei conflitti alla costruzio-ne della pace. Insieme ai membri

della nostra task force per la sicurez-za ricordiamo che le istituzioni in-ternazionali del secondo dopoguerrasono state create per portare e soste-nere lo sviluppo e la pace. Alla lucedell’emergenza, della complessità edelle sfide interconnesse emerse dal-la pandemia, potremmo concludereche le risorse umane e finanziarie ela tecnologia dovrebbero essere usa-te per creare e stimolare strategie,alleanze e sistemi per proteggere levite e il pianeta, non per uccidere lepersone e gli ecosistemi. Per noi,dunque, il multilateralismo e l’attua-zione degli Obiettivi di sviluppo so-stenibile (SD GS) sono fondamentaliin questo processo.

l’uno dell’altro e desidera condurci sulle suevie». Nel nome della fratellanza, vivificata dallacomune fede in Cristo, si realizza anche l’in-contro, impensabile fino a pochi anni prima,del Vescovo di Roma con il Patriarca di Mosca,evento benedetto dal Patriarca di Costantino-poli, il fratello Bartolomeo I. A Cuba, France-sco e Kirill firmano un documento comuneche, nel suo incipit, sottolinea: «Con gioia cisiamo ritrovati come fratelli nella fede cristianache si incontrano per “parlare a viva voce”».Fratellanza è pure la parola chiave che ci per-mette di decodificare uno degli atti più forti esorprendenti del Pontificato: il gesto di ingi-nocchiarsi a baciare i piedi dei leader del SudSudan convocati in Vaticano per un ritiro spiri-tuale e di pace. «A voi tre, che avete firmatol’Accordo di pace — dice il Papa con parole ac-corate — vi chiedo come fratello, rimanete nellapace. Ve lo chiedo con il cuore. Andiamo avan-ti».

Se dunque il Documento di Abu Dhabi èstato come la fioritura di semi piantati all’inizioe poi lungo il Pontificato, certamente il “cam-biamento d’ep o ca” che stiamo vivendo, accele-rato dalla pandemia, rende improrogabile l’as-sunzione di responsabilità rispetto alla questio-ne della fratellanza umana. «Dov’è tuo fratel-lo?». Quella domanda-appello, levata nellamattina assolata dell’8 luglio 2013 a Lampedu-sa, è oggi “la” domanda. Il mondo, convinto dipoter fare da sé, di poter andare avanti nellalogica egoista del “si è sempre fatto così”, si èinvece ritrovato a terra, incredulo e impotentedi fronte ad un nemico invisibile e inafferrabi-le. E ora fa fatica a rialzarsi perché non trovala base giusta per sorreggersi. Questa base, ciripete Francesco, è la fratellanza. Lì sono leuniche fondamenta su cui costruire una casasolida per l’umanità.

Il coronavirus ha mostrato drammaticamenteche, per quanto siano differenti i livelli di svi-luppo tra le nazioni e di reddito all’interno del-le nazioni, siamo tutti vulnerabili. Siamo fratel-li sulla stessa barca, agitata dalle onde di una

tempesta che colpisce tutti e ciascuno indistin-tamente. «Con la tempesta — afferma il Papasotto la pioggia il 27 marzo nella piazza SanPietro vuota — è caduto il trucco di quegli ste-reotipi con cui mascheravamo i nostri “ego”sempre preoccupati della propria immagine; edè rimasta scoperta, ancora una volta, quella(benedetta) appartenenza comune alla qualenon possiamo sottrarci: l’appartenenza comefratelli». Ecco cosa può risvegliare le nostre co-scienze un po’ anestetizzate dinnanzi alle tante“pandemie”, come la guerra e la fame, che han-no bussato alle nostre porte, ma di cui non cisiamo curati perché non sono riuscite ad entra-re in casa. «Ci sono tante altre pandemie chefanno morire la gente — ha ricordato Francesconella Messa a Santa Marta del 14 maggio — enoi non ce ne accorgiamo, guardiamo da un’al-tra parte». Oggi come sette anni fa a Lampe-dusa, il Papa ci dice che non dobbiamo guar-dare dall’altra parte, perché se veramente cisentiamo fratelli, membra gli uni degli altri,l’altra parte non esiste. L’altra parte siamo noi.

Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza:ecco la forza della fedeche libera dalla paura e dà speranza

( Fr a n c e s c o ,Momento straordinario di preghiera 27 marzo 2020)