Sentieri obliqui - Paola Abeni

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Sentieri obliqui Paola Abeni

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Sentieri obliqui

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Il ventre infertile

Maeba Sciutti

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Sentieri obliqui

Paola Abeni

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Prima edizione: ottobre 2010

Ebook © Clepsydra Edizioni

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Non so la paura e tremo.

Dentro il tuo corpo dicristallo si muovonoombre.

Scendo a vedere qualefiore indossare.

Toccarti è vedere chi sei.

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Chiamo la sera dovechini si spengonoi mali

come disseminati ivolti nel pigro caloredi voragini tristi

stanche chiome irridonosenza pioggia di buio.

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Sembra cadere,questa pioggianelle mani,

sopra le tuescale, nel miovociare,

sembra il tuonoinabissare ilmio grido,

annodare cavillisopra la pelle.

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Questo sapore d'autunno appena dentro le case,stanchezza di terre arse, il lungo sentiero delle lune,

l'arido richiamo dei giorni e spesso un inconfondibile terrore di sogni;fiutarsi vivi dai cuori di plastica,dondolarmi per occuparmi del tempo che ansimanelle sottili ombre d'erba,

forse il mio corpo comprenderàl'indice perfetto dei passi.

Scende a vestire i viali il fuoco amaranto di ottobre, conosceranno immaginianche gli ultimi fiori. Avranno respiro.

Mi lascerò chiamare. Ai vetri rimani come nervo di luce.Un colore tenuto vicino, un trascrivermi.

La memoria feroce del silenzio. C'è questo tepore oggi,questo docile accostarsi.

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Ditemi l'uguale angoloche mi chiude insolitarie sfidee altrettanti lutti

così fini rimangonoi rami a premeresul dovuto nervo

tante volte sfasciatoper improbabili schemi.

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Sorvolo questa bufera di luceil moto del cielo mi sovrastacome posso non sapere

pigri elenchi di morticontinue dimenticanze,

nel mio solo polsofiutano i minutila durezza incompresa.

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E nella sera scorgerel’indice della luna doveimmobili gelano gli occhi

come vecchi nastri inomi spioventi dai cuori

scoprire d’essere lembod’un girotondo lunare.

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C’è questo rumore addensato soprail cuore

ruvido al tattodelle poche dita

come fiumanaincerta e schivaalla vita

del mio primotempo.

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Fermare gli occhinelle parole del buio,donare rimedial batticuore di astri,aprirsi al gergosinuoso delle nubi,chiamarsi fuori,veicolare luce.

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Lividi d'inverno battono nei corpi nitide assenze e accumulanoun andare mesto nelle sere

come fanno per poco amorele segrete ombre nel boscoi nudi volti alle tombe

queste chiome ferinee sole.

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Questo somiglia al cuoreschiumoso delle zollepassando la morteelencata dei pensieriin pozzangheredi luce e voltitristemente vicini,

l'indole morbida delle schieneattraversate dal pesodi una danza pulita

come poche voltesaprò d'essere e resistere.

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Questa poca pelle, di una sola luce.l’estate diversa, un sapore acredi vita,cosparsi gli occhi di un verderemoto, raccolte le ore,paiono i giorni indelebiliprove.

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Sono altrove in questa terra di poesia. Quante rughe nutrono le mie mani.Ho un vestito uguale, tessuto di ore buie, questi rami forti contro la paura del vuoto.Sono venuti i giorni. Una primavera allineata,dove cadranno colori fin dentro la terra. Eppure sono io. A raccogliere l’ansia di mattini tersi, a farti dire che vivo.

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Come il vento stasera vedovicine le parole,l’albero sa congedarsi dalcielo ed il cielo morirelentamente nella sua luce,sopra l’erba chini i nomia spargersi di terra.

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Avanzo piano e guardocome nell’anima possosempre sanguinare.Ridere poi e sconvolgere.La tua mano è uno scudoche ho voluto per me.trascuro l’inerme bellezzadell’erba.

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Maeba Sciutti

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