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SEN 2017. OBIETTIVO COMPETITIVITà. A cura di Betto Aquilone Responsabile Area Studi e Ricerche Filctem Nazionale 3° CONGRESSO FILCTEM NAPOLI 27|28|29 NOVEMBRE 2018 La versione completa è disponibile su www.congressofilctem2018.it

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SEN 2017.OBIETTIVOCOMPETITIVITà.

A cura di Betto AquiloneResponsabile Area Studi e Ricerche Filctem Nazionale

3°CONGRESSO FILCTEM

NAPOLI 27|28|29 NOVEMBRE 2018La versione completa è disponibile su www.congressofilctem2018.it

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SEN 2017: OBIETTIVO COMPETITIVITA’

1° Seminario sulla Strategia Energetica Nazionale Filctem Cgil e Cgil nazionale – 17 novembre 2018

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Relazione introduttiva

Luca Barbetti – Segretario Nazionale Filctem Cgil

Esattamente venerdì scorso, il Governo ha presentato la SEN nella sua versione definitiva, con obiettivi molto ambiziosi: l’uscita dal carbone per la produzione elettrica ipotizzata al 2025; la riduzione di 8-9 mld della bolletta energetica del paese, rispetto al dato tendenziale e una previsione di investimenti per rendere possibile tutto ciò pari a 175 mld (tra quota privata e pubblica). Se dovessimo provare a sintetizzare un concetto potremmo dire che saranno gli investimenti in tecnologia, reti e rinnovabili a rendere credibili gli obiettivi indicati nella SEN che sono: migliorare la competitività del nostro sistema industriale, migliorare la compatibilità ambientale, rafforzare la sicurezza del sistema energetico del paese. Questi sono anche i tre macro temi su cui abbiamo pensato di costruire i nostri tre approfondimenti, di cui la riunione di oggi rappresenta il primo appuntamento.

Infatti, come ha detto il Presidente del Consiglio nella presentazione di venerdì: “la SEN ha come obiettivo strategico far si che il nostro sistema produttivo sia più sostenibile sul piano ambientale e più competitivo”. Ecco perché abbiamo pensato di partire proprio dal tema della competitività, cercando presenze qualificate di esperti e attori industriali qualificati per approfondire il tema.

La competitività di sistema è uno dei macro-obiettivi della SEN. Non c’è dubbio infatti che la riduzione dei costi energetici può garantire alcuni margini economici necessari per ridare o per mantenere, la competitività del nostro sistema industriale fortemente provato dalla lunga crisi economica che ha smantellato interi settori produttivi, restringendo di circa il 25% la capacità industriale del paese.

In questo senso il problema del maggior costo dell’energia sopportato dal nostro sistema industriale, rispetto ai nostri competitori esteri, sia comunitari che extracomunitari, resta uno dei nodi da sciogliere e un terreno di impegno prioritario della politica energetica italiana. Un nodo, ma naturalmente non l’unico, poiché la possibilità di restituire competitività al sistema richiede un forte impegno anche verso la ricerca scientifica e l’innovazione per sviluppare le tecnologie già esistenti, ma anche per individuare quelle non ancora disponibili, capaci di dare impulso al sistema produttivo. Per questo la nuova SEN promuove la diffusione di tecnologie rinnovabili a bassa emissione di CO2 sfruttando anche le potenzialità insiste nella posizione geografica del paese, mentre saranno sviluppati gli interventi di efficienza energetica che risultano essenziali per conseguire gli obiettivi ambientali e di riduzione dei consumi energetici primari.

In tale prospettiva l’efficienza dovrà determinare una riduzione annua dell’1,5% dei consumi primari dal 2021 al 2030, intervenendo prioritariamente sul settore residenziale e sui trasporti con la necessità di svecchiare circa 37 milioni di autoveicoli, ma anche rimodellando gli strumenti delle detrazioni fiscali per l’efficienza e introducendo sia il fondo di garanzia per l’eco-prestito che misure specifiche per la riqualificazione edilizia.

La SEN sembra quindi tesa a favorire il trasporto pubblico a bassa emissione e l’efficienza energetica, prefigurando anche una più intensa espansione dell’elettricità negli usi finali rispetto ai carburanti tradizionali e allo stesso gas. Ciò pone problemi di adeguatezza del sistema da un punto di vista di sicurezza elettrica anche in prospettiva dello sviluppo delle reti smart e alla capacità di assorbire per intero la produzione elettrica decentrata di origine rinnovabile. Per risolvere il conflitto tra prezzi concorrenziali dell’energia e sostegno alla decarbonizzazione la SEN punta in modo prioritario sui progressi tecnologici già compiuti ed in prospettiva su quelli che verranno per le rinnovabili, i mezzi di trasporto, i sistemi di accumulo l’efficienza e le tecnologie della comunicazione.

Il legame tra ricerca e sviluppo delle nuove tecnologie rinnovabili e i problemi di resilienza e di variabilità di carico delle reti elettriche è, a nostro parere, molto stretto e deve essere affrontato con molta attenzione avendo presente l’intera fase di transizione al nuovo modello energetico.

Del resto, l’innovazione risulterà fondamentale anche per la gestione dei settori cd. fossili durante la transizione energetica. In particolare, per il settore della raffinazione petrolifera che negli ultimi 10 anni ha perso il 20% della sua capacità e che ha necessità di recuperare competitività elevando la qualità dei prodotti (che per altro è già elevata), producendo biocarburanti di seconda

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1° Seminario sulla Strategia Energetica Nazionale Filctem Cgil e Cgil nazionale – 17 novembre 2018

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e terza generazione per coprire la maggiore domanda di biocarburanti prevista al 20% dei consumi nel 2030.

Ma sarà importante anche innovare i processi e i prodotti di origine fossile con le tecnologie di conversione completa del greggio in benzina e carburanti leggeri, trasformando il gas naturale in carburanti meno inquinanti e attivando la produzione di idrogeno nel quadro dello sviluppo dei carburanti alternativi.

Si tratta con questo di mantenere il tessuto industriale nel settore della raffinazione allargando le esperienze delle riconversioni di Gela e Marghera in bioraffinerie ad altri impianti italiani.

L’Italia è tra i promotori del SETPLAN, un programma che è punto di riferimento per gli investimenti privati a livello UE a favore della ricerca e della innovazione nel settore energetico e di cui il principale strumento di attuazione è attualmente il programma “Horizon 2020” che prevede un budget di circa 6 miliardi di euro nel periodo 2014-2020.

l’Italia, Inoltre, svolge un ruolo promotore nella innovazione attraverso il programma “Mission Innovation” nato in ambito accordo COP-21 che vede 22 nazioni coinvolte con l’obiettivo di promuovere l’innovazione tecnologica a supporto della transizione energetica, attraverso il raddoppio dei fondi pubblici dedicati alla ricerca. Proprio per questo, l’Italia è impegnata a raddoppiare il valore delle proprie risorse pubbliche dedicate agli investimenti in ricerca e sviluppo in ambito clean energy portandolo da 222 milioni di euro del 2013 a 440 milioni nel 2021.

L’obiettivo competitività si propone, come accennato, di ridurre il gap di prezzo dell’energia italiana, rispetto a quella europea, in un quadro che registra però la tendenza a crescere dei prezzi internazionali dell’energia.

Un rapido esame dei prezzi finali di gas ed elettricità nel nostro paese (vedi tabelle 1.14 e 1.16) evidenzia che i piccoli consumatori industriali pagano l’energia di più di quelli delle fasce di consumo più elevate.

Per l’elettricità con consumi fino a 20 Mwh si paga 16,32€/Mwh al netto delle imposte, contro 7€/Mwh. Anche nel gas i prezzi più elevati sono attribuiti a chi consuma di meno: 47€/1000 m3 per i consumatori fino a 26000 m3 annui, contro 25€/1000 m3 per i consumatori nella fascia compresa tra 2.627.000 e 26.268.000 m3.

Ma il vero problema è il confronto con i prezzi medi dell’Unione Europea che sono più bassi sia al netto che al lordo delle imposte di quelli nazionali. Il carico fiscale nel gas per i piccoli consumatori nazionali è del 48%, quello europeo della stessa fascia, è del 37% circa.

L’elettricità per le piccole imprese ha livelli più elevati di prezzi che in Europa e carichi fiscali più pesanti. Fino a 20 Mwh di consumo i prezzi italiani sono: 16,32€/Mwh al netto e 32,27€ al lordo imposte; mentre per l’Unione Europea il prezzo è di 13,69€/Mwh e 22,68€ al lordo. Per tali ragioni la SEN si prefigge di azzerare il differenziale di costo esistente tra il gas nazionale e quello europeo (che nel 2016 era di circa 2€/Mwh) attraverso il rafforzamento delle infrastrutture di trasporto e logistiche nazionali e di quelle verso Germania, Olanda e Francia per realizzare il cosiddetto corridoio della liquidità che consentirebbe un aumento degli scambi e la riduzione dei costi.

Gli interventi strutturali previsti per il sistema gas (di cui parleremo diffusamente nel secondo seminario, dedicato alla sicurezza del sistema) che riguardano anche il completamento dei collegamenti esteri (come la TAP) e lo sviluppo del GNL anche nel settore trasporti, mirano ad aumentare la disponibilità di gas, per l’Italia e per l’Europa, nella fase di transizione verso la decarbonizzazione con la sostituzione graduale degli altri combustibili fossili. Ma la domanda che occorre porsi è se saranno sufficienti questi interventi sulle infrastrutture per determinare la consistente riduzione del prezzo del gas allineandolo al prezzo medio europeo.

Una domanda non retorica, infatti negli ultimi 10 anni il calo della domanda di gas in Italia, ma anche in Europa (-13%) non ha avuto riflessi consistenti sul livello dei prezzi interni, mentre il mercato nazionale ed europeo hanno aumentato la loro dipendenza dall’estero riducendo del 38% la produzione interna (europea).

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In tale orizzonte non si può non sottolineare come la questione del prezzo del gas è sia rilevante per il nostro sistema produttivo, visto il ruolo che il gas svolgerà nella transizione energetica fino al 2050. Ancora nel 2030 il gas coprirebbe il 37% dei consumi primari italiani (da51 a 58 Mtpe/anno). Una rilevanza che è almeno pari al problema della flessibilità di approvvigionamento e della sicurezza energetica.

L’altro impegno è quello di ridurre i prezzi dell’elettricità italiana rispetto a quella dei maggiori paesi europei che nel 2015 era mediamente più alta di 35€/Mwh per le famiglie e di 25€/Mwh per le imprese. Occorre ricordare che negli ultimi anni, nel complesso, si è registrata una diminuzione tendenziale dei prezzi dell’energia elettrica, dovuti in primo luogo al basso andamento del prezzo dei prodotti petroliferi per un periodo abbastanza lungo e all’apporto crescente di elettricità prodotta dalle fonti rinnovabili che in alcune fasce orarie offrono elettricità a basso costo (anche se non molto visibile nella bolletta del consumatore). Una riduzione del costo medio di generazione rinnovabile che è prevista anche per i prossimi anni.

Infine, hanno avuto una incidenza positiva anche le azioni amministrative che tendono a distribuire diversamente il carico di alcuni oneri aggiuntivi che gravano sul costo dell’elettricità. Ma nel complesso il costo dell’energia elettrica è innegabilmente ancora troppo elevato e non si può sfuggire alla necessità di una politica mirata alla sua riduzione, soprattutto in previsione di uno sviluppo della penetrazione elettrica in nuovi settori di utilizzo, penetrazione incoraggiata anche per raggiungere gli obiettivi ambientali posti dalla SEN.

Ad esempio, la riduzione della attuale progressività tariffaria messa in campo dall’Autorità è infatti funzionale ad un utilizzo più esteso dell’elettricità in settori di impiego che attualmente utilizzano combustibili fossili (riscaldamento/raffrescamento, trasporti e mobilità).

Il costo dell’elettricità per un certo numero di anni continuerà ad essere gravato da un eccessivo peso fiscale (IVA e tasse, che è ancora più evidente per il metano) che necessita di interventi decisi per la riduzione dei prezzi a favore delle imprese manifatturiere.

E anche dal peso degli oneri parafiscali previsti per legge, in particolare gli oneri generali di sistema, che per circa il 90% sono costituiti da incentivi per il sostegno alle Fonti Rinnovabili, che continueranno a pesare sulle bollette elettriche. Questo nonostante che dalla metà del 2013 siano stati in buona sostanza superati, ma che continuano per i contratti in essere, sottoscritti prima di quella data.

Le direzioni su cui agire possono essere plurime:

• Una risposta a tale realtà è possibile attraverso l’abbattimento del costo delle tecnologie rinnovabili (come accennato in precedenza) che renderà sempre più convenienti gli investimenti, (nei prossimi 5 anni il costo del fotovoltaico dovrebbe scendere del 40% rispetto al 2015). In particolare, da questa evoluzione dovrebbe essere favorita l’autoproduzione per le imprese industriali, o i consorzi di impresa che utilizzano fonti rinnovabili, anche garantendo maggiori capacità di ammortamento per quelle imprese che effettuano investimenti in tal senso. Per gli impianti di grande taglia che entreranno in funzione nel futuro, si intende continuare a fornire strumenti per favorire la finanziabilità degli investimenti, facendo evolvere i vecchi sistemi di incentivazione che erano diretti alla produzione, verso fattori che abilitano la produzione. Nello specifico si introducono meccanismi di asta competitiva con un approccio di neutralità tra quelle tecnologie che hanno costi affini.

• Un’altra strada, peraltro già intrapresa dallo stesso Governo, è quella della riduzione degli oneri parafiscali a carico di alcuni settori industriali (le cosiddette agevolazioni agli energivori). Analogamente, sulla stessa base delle imprese energivore elettriche, verrebbero introdotte delle misure per la riduzione degli oneri destinati agli interventi di carattere ambientale oggi pagate dalle imprese a forte consumo di gas e inseriti nella tariffa del trasporto. Si tratta però di una scelta che lascia aperte delle contraddizioni, in particolare il rischio di scaricare il costo delle agevolazioni su altri consumatori, principalmente quelli domestici che ovviamente non sono affatto felici di questa scelta.

Resta quindi il problema di come attribuire questo costo, ed è un problema non da poco che occorre risolvere. Tutti temi questi, su cui riteniamo utile approfondire la discussione

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coinvolgendo gli attori principali sia dal lato del sistema industriale che chiede recupero di competitività, sia dal lato del settore energetico chiamato a fare le scelte per affrontare una delicata fase di transizione verso il nuovo modello che sia socialmente e tecnologicamente sostenibile. C’è un tema, infatti, che deve stare al centro della discussione della nuova strategia energetica del paese: le misure e le tempistiche da adottare per rendere percorribili gli obiettivi definiti.

Per esempio, il superamento della generazione elettrica da carbone, che ha guadagnato i titoli dei giornali sul tema, non può prescindere dalla realizzazione di importanti infrastrutture e dal potenziamento del ruolo degli impianti a gas, a sostegno della fase di transizione, pena la messa in discussione della sicurezza del sistema. Già in questi primi anni di transizione abbiamo assistito a ragionamenti semplicistici sul tema: la contingenza ha portato a considerare marginali gli impianti a gas che oggi si individuano come la chiave per affrontare la transizione, investendo anche nella realizzazione di nuovi impianti per accompagnare il processo di graduale uscita dal carbone.

Forse qualcosa va corretto. Ecco perché è giusto guardare alla SEN come uno strumento che deve essere condiviso: richiede scelte dei regolatori, degli operatori, e del sistema industriale per essere perseguita in modo socialmente sostenibile. Già perché come è facile capire a noi interessa anche che questo processo tenga in considerazione un altro dei suoi attori principali: il lavoro.

In linea con gli impegni assunti a livello internazionale che vanno sotto il nome di “just transition”, la transizione energetica non può non tenere conto degli effetti che potrebbero prodursi sui lavoratori e le loro famiglie.

La transizione energetica deve essere accompagnata da interventi di sostegno all’occupazione, dalla partecipazione dei lavoratori ai processi decisionali, dalla formazione di nuove figure professionali, riqualificando le competenze verso i nuovi settori dello sviluppo sostenibile, da investimenti per la creazione di posti di lavoro sostenibili e di qualità e dalla protezione sociale e il rispetto dei diritti del lavoro, in coerenza con il contenuto dell'emendamento approvato dal Parlamento Europeo alla Direttiva 2003/87/CE (ETS) che invita gli Stati membri ad affrontare gli aspetti sociali della decarbonizzazione, delle loro economie e ad investire, appunto, per promuovere la creazione di competenze e il ricollocamento dei lavoratori interessati dalla transizione occupazionale in un'economia a basso contenuto di carbonio.

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Relazione conclusiva

Emilio Miceli – Segretario Generale Filctem Cgil

I passaggi e le trasformazioni industriali sono sempre epocali, spesso vissuti con preoccupazione perché ci si indirizza verso sentieri e strade non conosciute. Noi, ovviamente, non siamo sereni per il quadro che abbiamo attorno, ma non abbiamo dubbi sul fatto che questo processo vada governato e accompagnato, è inevitabile. Tra le funzioni più alte e più nobili di un sindacato ce ne sono due che meritano d’essere citate: una è liberare il lavoratore dalla fatica, l'altra è far sì che l'ambiente che sta attorno a chi opera e a chi produce sia un ambiente salubre e sicuro.

Riguardo a questi processi di cambiamento verso energie green, ci preoccupa che la più grande democrazia del mondo sia contraria e che la più grande dittatura del mondo sia a favore. Penso che gli Americani, alla fine, si convinceranno che sono processi ai quali dovranno aderire e che dovranno contribuire a realizzare, poiché gli Stati Uniti sono tra i più grandi mercati del mondo, e di conseguenza tra i maggiori paesi che producono emissioni. Non possono, quindi, sottrarsi a questo cambiamento.

L'Italia non parte da zero. Non siamo in una situazione nella quale possiamo dire che questo Paese non ha fatto niente nel corso di tutti questi anni. Sarebbe ingiusto dirlo. Se, per esempio, pensiamo al carbone che c'è in giro, a cominciare dalla Germania, o se pensiamo a quello che succede sul versante del nucleare e al lavoro che dovranno affrontare nei processi di riconversione altri paesi, io sono convinto che l’Italia è già dentro un equilibrio ed è un equilibrio promettente.

Un pezzo di strada lo abbiamo percorso: siamo il Paese del gas e delle rinnovabili. Infatti, le rinnovabili coprono, secondo il documento sulla SEN 2017, il 20% dei consumi energetici complessivi già oggi; nel settore elettrico abbiamo sfiorato persino il 40%. Siamo un Paese che ha un’importante produzione di energia idroelettrica, e che sta crescendo nella produzione di Biofuel, almeno fino a quando l’Unione Europea ritiene che il Biofuel sia una priorità. Se l’UE dovesse, come sembrerebbe, decidere di non produrre attraverso l'olio di palma, quelle timide sperimentazioni di riconversione di modello che stiamo portando avanti rischiano di essere pregiudicate. Noi siamo molto preoccupati a riguardo e siamo convinti che questo modello di riconversione debba proseguire. Vorremmo essere rassicurati su questo, noi viviamo anche di cose molto pratiche e molto terrene, una vicenda di questo tipo porterebbe a delle ricadute sui progetti che si stanno realizzando a Porto Marghera e a Gela, vorremmo evitare una discussione di questo tipo. Speriamo che si possa invertire questo trend o, comunque, che il dibattito su questo tema venga superato da decisioni dell'Unione Europea che siano utili e che il Governo italiano faccia la sua parte. Il Paese, dato il quadro delle condizioni nelle quali si trova oggi, è in grado di gestire la transizione energetica le accelerazioni tecnologiche, dinamiche e culturali che ne conseguono.

Connesso a questo, il tema dell’occupazione deve essere affrontato con una certa attenzione ma anche con una certa tranquillità, del resto le fasi tecnologiche ci hanno abituati a dei salti improvvisi, è sempre successo. Quindi dobbiamo tener conto che processi accelerativi possono realizzarsi, la SEN - per esempio - prevede di uscire dal “carbone” nel 2025 anziché 2030. Questi cicli più corti in qualche modo ci faranno un po’ soffrire, però sono cifre che sarebbero più facili da gestire se ci fosse, e non c’è, attenzione sull’occupazione da parte della SEN.

Il tema che bisogna affrontare sono le grandi città, è un problema del mondo e dell'Italia. Noi la sfida la vinciamo o la perdiamo lì. La vinciamo se saremo in condizione di riconvertire le nostre città: il costruito delle nostre città, l'efficienza delle nostre città, i risparmi delle nostre città. Su questo punto non tutti sono allineati. Le nostre imprese, le due più grandi, non sono impegnate sulle grandi città, non c'è attenzione a riguardo. I grandi agglomerati urbani sono legati a quel resto di spesa pubblica che è rimasta, che non potrà mai fare i conti con un processo di riconversione così radicale quale quello che ci troveremo ad affrontare.

Mi sarei aspettato su questo punto una riflessione o delle suggestioni che ci possano consentire di dare un'idea su come governare il processo nella prospettiva di una grande città. Ma siamo in una fase dove il problema è, forse, appena avvertito. Enel ed Eni sono i due grandi player da cui

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inevitabilmente bisogna partire, se si vuole avere successo in una strategia energetica nazionale. Sono due aziende che probabilmente, nel tempo, andranno a convergere, ed è forse la migliore realtà che possiamo presentare al mondo. Questi due importanti player esprimono innovazione, crescita, ricchezze enormi per le politiche di investimenti e per il loro modo di immaginare e di pensare il governo del sistema-paese.

L'altro punto sono le infrastrutture. In un sistema energetico le infrastrutture sono rigide. Contestualmente il tema della digitalizzazione è un aspetto connesso e ancora in progress e di difficile interpretazione oggi.

Gli investimenti, su questo versante non sono stati tali da permettere, al Paese, di fare un salto in avanti, soprattutto considerando che ci confrontiamo, ancora, con tralicci che crollano a terra alla prima seria nevicata. Per quanto riguarda gli investimenti un dato preoccupante, non più ammissibile e tristemente significativo sono, ancora, le morti nei luoghi di lavoro.

Mentre parliamo di uno scatto decisivo nel progresso dell’intero sistema-paese continuiamo a convivere e a confrontarci, quasi quotidianamente, con i più antichi i problemi che l’uomo si è trovato ad affrontare nel momento in cui ha pensato che fosse una buona idea quella di cominciare a lavorare. Questo dà un po' il senso della contraddizione che è ancora drammaticamente presente. Stare continuamente su questo crinale tra Il vecchio e il nuovo è un elemento di debolezza per tutti quanti, soprattutto per noi.

Esiste un altro problema che riguarda le infrastrutture, Noi siamo stati impegnati in una discussione anche complicata e difficile sulla TAP. Questo si è verificato perché spesso viviamo come fenomeni regionali, fenomeni che regionali non sono.

Certamente non possiamo immaginare che i cittadini possano soltanto, o debbano soltanto, recepire i nostri pensieri lunghi. Però, non c'è dubbio che questo tema di avere una infrastrutturazione a sostegno di un processo, sia di transizione sia a regime, è un elemento importante per tutti noi.

Avere la tranquillità che l'Italia possa giocare una funzione non secondaria nel panorama europeo e che possa essere un territorio che ha le caratteristiche di HUB energetico gioca, in questa partita, un ruolo assolutamente importante.

Ritengo che il progresso tecnologico delle rinnovabili riguarderà molte questioni importanti per il nostro territorio, mi aspetto che finalmente nel Mezzogiorno possa annullarsi il problema della disparità energetica che soffriamo più in quelle zone che nel resto del Paese.

La possibilità di essere terra di materie prime e di produzione di materie prime è un’opportunità per tutti, anche per permettere a questa parte di Paese di riallinearsi e di poter crescere.

La SEN a me pare un buon documento che tiene conto del Paese nel suo presente e nelle sue prospettive. Purtroppo, come spesso capita, per quanto riguarda la “fatica” delle persone e sulla vita delle persone dice poco. Ci dà qualche tabella, ci dà qualche spunto e qualche suggestione, afferma che questa fase di transizione energetica riguarda l'occupazione.

Ci spiega che i processi di riconversione in atto, dalla raffineria alla bioraffineria riguarda pochi lavoratori. Questo è un dato che, ovviamente, non apprezziamo.

Non parla, per esempio, del lavoro precario, del lavoro improvvisato che è dentro il fenomeno nuovo delle rinnovabili; non ci dice che noi, sulle rinnovabili, non siamo sostanzialmente produttori di tecnologia e che l’acquistiamo all’estero.

La SEN non spiega quali sono i mali del Paese, i problemi che abbiamo di fronte e come poter governare un processo di trasformazione. Qui non si tratta della clausola sociale. Quello è mestiere nostro e cercheremo di difendere l'occupazione ovunque questo tema avremo di fronte.

Lo faremo nel contratto nazionale e lo faremo nelle vertenze.

Noi vorremmo capire, invece, se anche sul tema della qualità del lavoro ci possa essere una elaborazione di pari livello rispetto a quello che è stato pensato sulla strategia energetica. Dobbiamo comprendere se la fatica delle persone, di coloro i quali lavorano in questo mondo, sia solo un orpello di un processo.

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Ecco, ci permettiamo di dire che forse se il ministero dello Sviluppo Economico oltre ad essere il luogo in cui si pensa e si immaginare una strategia energetica nazionale di cui abbiamo già dato un'opinione sostanzialmente positiva, possa anche essere la sede in cui si pensa a questa transizione energetica tenendo presente la tranquillità del lavoro e dei tanti addetti del settore. Perché non sono pochi e non possiamo permettere che questa transizione alla modernità e al progresso corrisponda ad un passaggio da un lavoro stabile a un lavoro precario. Purtroppo, si stanno verificando queste condizioni, dobbiamo evitarle. È il tema più importante, è il nostro tema sul quale dovremmo sempre riflettere perché ci accompagnerà allungo nel futuro e nei prossimi anni.