Scultura greca kalokagathia

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La «Kalokagathia» nella cultura greca

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La «Kalokagathia»

nella cultura greca

Page 2: Scultura greca kalokagathia

Nel periodo arcaico i poeti-

cantori, ispirati dagli dei,

raccontano la verità attraverso

il mito.

Le parole del poeta sono

ritenute belle poiché vere, in

quanto le Muse donano ai loro

messaggeri la capacità di

guardare oltre l’apparenza

sensibile per scorgere la verità

originaria.

Nella poesia greca delle

origini, la bellezza è

considerata un valore

assoluto, spesso legato alle

azioni degli eroi, i quali sono

ricoperti da un manto di alone

divino che li rende splendenti

agli occhi umani.

Il Mito e la bellezza

nella poesia greca

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La bellezza

nella cultura greca arcaica

è concepita dunque come un

valore assoluto

donato dagli dei all'uomo

e spesso associato alle

imprese di guerra

dell'eroe omerico

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L'espressione kalokagathìa

(in lingua greca, καλοκαγαθία) indica l'ideale di perfezione

umana secondo i Greci antichi.

Il termine rappresenta la sostantivizzazione di una coppia

d'aggettivi indicanti

l'armonioso sviluppo della persona :

καλὸς κἀγαθός, (kalòs kagathòs), crasi di

καλὸς καὶ ἀγαθός, (kalòs kai agathòs),

cioè "bello e buono«,

inteso come "valoroso in guerra",

e come "in possesso di tutte le virtù".

“Il più giusto è il più bello” (Oracolo di Delfi)

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La scultura greca arcaica (VI sec. a.C.)

I soggetti

rappresentati nelle

sculture arcaiche

sono riconducibili

alle due tipologie

principali :

il kouros

(plurale kouroi)

maschile

la kore

(plurale korai).

femminile

kouros kore

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Il kouros

(plurale kouroi)

E’ un giovane uomo nudo, in posizione stante

(statica), raffigurato con la testa eretta, le

braccia stese lungo i fianchi, i pugni serrati e la

gamba sinistra leggermente avanzata, ad

accennare un passo.

Il termine kouros identifica un giovane nel pieno

e vigoroso splendore del suo sviluppo fisico e

morale .

Bellezza, forza, onore e coraggio sono i tratti

fondamentali dell’eroe omerico donati dalla

divinità: il valore del corpo, la prestanza fisica

sono uniti alla lealtà, alla virtù, in quanto

l’estetica corrisponde all’etica.

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Cleobi e Bitone, Polimede, 600 ca a.C., marmo, alt.

216 cm., Museo Archeologico, Delfi

Uno dei più importanti esempi di

scultura arcaica ci è offerto da una

coppia di kouroi, attribuiti a Polimede di

Argo. Si tratta delle statue, tozze e

rigide, dei fratelli Cleobi e Bitone,

scolpiti in posizione stante, con la

muscolatura del petto messa in

evidenza come il tipico sorriso arcaico.

Caso nuovo nella statuaria antica, gli

artisti greci si impegnano nella

rappresentazione del corpo nudo

maschile, che ritenevano più bello

rispetto a quello femminile, in quanto

era l’esaltazione del vigore e della

forza acquisiti con l’esercizio atletico.

I due Kouroi nudi

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La scultura greca arcaica si

ispira, almeno nelle fasi

iniziali, a quella egizia e ciò è

dovuto ai frequenti scambi

commerciali nel Mediterraneo

che avevano messo in

contatto gli artisti greci con

statuette di provenienza

egizia.

Si riscontra nel kouros una

notevole somiglianza con le

statue egizie a fianco

soprattutto nella gamba

sinistra avanzata e nella

rigida posizione delle braccia

con i pugni serrati attorno a

due corti cilindri, simbolo di

potere. Il kouros

(600 a.C.) Micerino con la moglie,

(2520 a.C.)

a. egizia a. greca arcaica

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la kore

(plurale korai)

E’ una giovane donna vestita

con il chitone (tunica) e

himation (mantello),

anch’essa in posizione stante

(statica), con la testa eretta, i

piedi uniti, un braccio steso

lungo un fianco a reggere la

veste e l’altro (solitamente il

destro) ripiegato in atto di

recare un vaso o un piatto

delle offerte.

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La Kore con il peplo

Tipico esempio di kore,

statua greca del periodo

arcaico (600 ca. - 475

ca. a.C.), raffigurante una

fanciulla avvolta in un

peplo. Le korai, così

come i kouroi (analoghe

statue di soggetto

maschile), sono

rappresentazioni di

carattere statico,

concepite per una visione

frontale. La statua qui

riprodotta, realizzata

intorno al 530 a.C., è

conservata al Museo

dell'Acropoli di Atene.

Page 11: Scultura greca kalokagathia

Si tratta di una statua di

piccole dimensioni, con

ancora evidenti tracce di

decorazione policroma sul

volto (occhi e labbra), sui

capelli e sulle vesti.

L’andamento della statua è

tutto verticale ed è

sottolineato dalla semplicità

del panneggio (disposizione

delle pieghe di un tessuto)

privo di increspature.

Perdura il sorriso arcaico sul

volto incorniciato

dall’acconciatura a trecce

che le ricadono

sinuosamente sulle spalle

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Agelada il Giovane

(maestro di Policleto),

bronzista di Argo, è attivo

alla metà del V sec. a.C.

E’ autore del Bronzo B

trovato nel 1972 ,

insieme al Bronzo A, nel

mare Ionio, al largo di

Riace (provincia di

Reggio Calabria).

Ad Alcamene il Vecchio si

attribuisce invece il

Bronzo A.

A B

La scultura greca pre-classica (V sec. a.C.)

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I due bronzi raffigurano due guerrieri privi delle armi e dello scudo.

Attualmente si trovano al Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio

Calabria, dove sono diventati uno dei simboli del museo e della città stessa.

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Il Bronzo di Agelada il

Giovane è l’unico

dell’antichità ad avere i

denti (realizzati in

argento).

Ambedue i Bronzi hanno

gli occhi in pietra e in

avorio, mentre le labbra e

i capezzoli sono in bronzo

rosso.

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La scultura greca classica (V sec. a.C.)

L’identità tra

«bellezza» e «virtù»

o «Kalokagathia»

permane nella

glorificazione del nudo

caratterizzante la

produzione greca del

V° secolo a.C.

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Policleto di Argo

è un celebre bronzista che,

circa a metà del V secolo

scrive un trattato chiamato

Canone (dal greco

kanon=norma, regola) nel

quale, dopo aver misurato

un certo numero di uomini

ed aver ricavato delle

misure medie, espone le

leggi per il

proporzionamento ideale

del corpo umano,

fondandole su precisi

rapporti numerici.

In particolare la testa deve

essere circa 1/8 del corpo

umano, il busto deve

corrispondere a tre teste e

le gambe a quattro.

La bellezza aveva,

per un artista greco,

una precisa base

matematica, fatta di

numeri e rapporti

precisi.

Il canone di Policleto

diventa quindi una

"regola d’arte"

per generazioni di

artisti che lo

seguiranno.

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Policleto e il «Canone»

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Come modello

concreto delle sue

teorie realizzò il

Doryphoros: portatore

di lancia (dal greco

dory = lancia e phèrein

= portare), detto anche

Canone.

La statua del Museo di

Napoli è la copia più

completa pervenutaci

del celebre originale in

bronzo che come tutte

le altre di Policleto

sono andate perse.

Policleto e il Doriforo

Copia romana

h. 2,12 m.

Prima età imperiale

(da un originale del

440 a.C. ca.).

Pompei, palestra

sannitica,

Museo Archeologico di

Napoli

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Ciò a cui tende

Policleto è infatti

un corpo perfetto

le cui misure sono

ricavate dallo

studio di misure

reali (media

matematica)

rilevate sui corpi

dei giovani atleti

olimpici.

Nella copia di sx

manca la lancia o

il giavellotto

che era retto dalla

mano sinistra e si

appoggiava sulla

spalla.

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Qui accanto la foto del Doriforo con sezione

aurea, dimostra che Policleto ha utilizzato un

rapporto aureo per realizzare il "Canone "

RETTANGOLO AUREO Esiste uno speciale rettangolo le cui proporzioni

corrispondono alla sezione aurea. Il suo nome è

rettangolo aureo. Per costruire il rettangolo aureo

si disegni un quadrato di lato a i cui vertici

chiameremo, a partire dal vertice in alto a sinistra

e procedendo in senso orario, AEFD. Quindi

dividere il segmento AE in due chiamando il punto

medio A'. Puntando in A' disegnare un arco che da

F intersechi il prolungamento del segmento AE in

B. Con una squadra disegnare il segmento BC

perpendicolare ad AB. Il rettangolo ABCD è un

rettangolo aureo nel quale Ab è diviso dal punto E

esattamente nella sezione aurea:

AE:AB=EB:AE

Il Doriforo e la «sezione aurea»

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Il Doriforo di Policleto, scultura famosa nel mondo per la perfetta armonia fra le

parti del corpo, dovuta all’utilizzo da parte di Policleto della sezione aurea (il

rapporto 1:0.618) per realizzarla.

Le due versioni modificate, a destra e sinistra dell’immagine, hanno il tronco più

lungo (sezione = 1:0.74); o il tronco più corto (sezione = 1:0.36).

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Nel Doriforo Policleto ha raggiunto l’equilibrio

tra movimento e stasi utilizzando uno schema

compositivo nel quale la disposizione di

braccia e gambe, e di bacino e spalle è

regolata da un equilibrio incrociato che

conferisce alla figura una sorta di

dinamismo trattenuto e composto.

L’atleta (o divinità o eroe), colto durante il

movimento, è rappresentato gravitante sulla

gamba destra che è detta, per questo, gamba

portante ed è rigida.

Alla gamba portante destra corrisponde,

secondo uno schema a X detto «chiasmo», il

braccio sinistro flesso e la spalla leggermente

spostata in alto. Il capo si volge verso il lato

della gamba portante e si inclina leggermente.

La gamba sinistra è invece flessa, mentre il

braccio destro è rilassato con la spalla

leggermente abbassata.

gamba destra rigida portante

braccio sinistro flesso

gamba sinistra flessa

braccio

destro

rilassato

Il Doriforo e il «chiasmo»

Page 22: Scultura greca kalokagathia

Il termine «chiasmo»

deriva dalla lettera

greca X (in greco è

pronunciata "chi") ed

indica una

disposizione in cui le

parti creano un

incrocio. Nel caso

delle statue di

Policleto la

disposizione

incrociata è tra gli

arti inferiori e gli arti

superiori.

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L'ideale classico di perfezione

è il risultato cui tende lo scultore greco, eliminando ogni difetto,

che, seppur minimo, è sempre presente in ogni singolo individuo.

La statua diviene così un ideale di perfezione umana, superiore alla realtà stessa.

È dunque impossibile non notare che, nonostante rappresentino individui diversi

(leggendarie o reali), tutte le sculture sono accomunate dagli stessi canoni e dagli

stessi tratti fisici, a testimonianza della tendenza greca all’astrazione e alla

ricerca di un modello di bellezza ideale ed universale che superi le caratteristiche

individuali per giungere ad un utopistico concetto di estetica.

È inoltre interessante scoprire che gli artisti greci non idealizzavano la bellezza

nella composizione delle proprie opere, bensì ricercavano la bellezza ideale

attraverso l’assemblaggio di diverse costituenti corporee.

Un artista non partiva dunque da un unico modello, ma selezionava le parti

migliori di diversi soggetti, unificandole poi in un’unica entità armonica ed

omogenea.

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La riscoperta dei valori classici nel Rinascimento

XIV – XV sec.

I valori di bello ideale, di simmetria, proporzione ed armonia Vengono

riscoperti nel Rinascimento. Si ha dunque una riscoperta dell’antica civiltà

classica, intesa come suprema sintesi dei più alti valori umani.

Nell’ altorilievo «Battaglia dei centauri»

(1492) su lastra in marmo, eseguita da

Michelangelo per Lorenzo il Magnifico è

evidente come l’artista abbia presto

assimilato i “modelli classici”,

apprezzandone soprattutto gli esempi

caratterizzati da forte dinamismo e

intensità patetica, come i rilievi dei

sarcofaghi con battaglie o lotte di

Centauri, che ispirano appunto

quest’opera.

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Michelangelo ed il «David»

La nudità del «David» (1501) giovane

eroe biblico è concepita da

Michelangelo, prima ancora che come

reminiscenza dell’antico, come chiara

manifestazione di “ira e forza”, prime fra

le virtù civiche poiché condizioni

necessarie alla conquista e alla difesa

della libertà.

Rispetto agli altri David realizzati da

Verrocchio e da Donatello, in questo di

Michelangelo sembra trasparire un forte

concetto di solidità, perfezione e potenza

legate assieme da linee armoniose e

dolci; un prototipo perfetto di bellezza

assoluta.

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La riscoperta dei valori classici nel Neoclassicismo

XVIII sec.

Johann Joachim Winckelmann, teorico tedesco, con le proprie opere contribuì in

modo significativo alla rifioritura dello stile classico. Ispirandosi soprattutto alla

scultura greca, Winckelmann pubblicò diversi saggi, che propongono le opere

classiche come modello di “nobile semplicità” e di “serena grandezza”. Secondo

il filosofo, difatti, l’arte doveva essere equilibrata e composta, priva di

passionalità, capace di rievocare la bellezza ideale dei tempi antichi

Antonio Canova nelle sue opere

femminili, idealizza al massimo la

bellezza naturale.

Nell’opera “Paolina Borghese come

Afrodite dea dell’amore ” la donna è

presentata con il pomo vinto quale più

bella fra tre dee eletta dal giudizio di

Paride, secondo la nota vicenda

mitologica.

Page 27: Scultura greca kalokagathia

L'opera “Amore e Psiche” (1788)

rappresenta, con un erotismo sottile

e raffinato, il dio Amore mentre

contempla con tenerezza il volto

della fanciulla amata, ricambiato da

Psiche da una dolcezza di pari

intensità.

L'opera rispetta i canoni dell'estetica

Winckelmanniana : infatti le figure

sono rappresentate nell'atto subito

precedente al bacio, un momento

carico di tensione, ma privo dello

sconvolgimento emotivo che l'atto

stesso del baciarsi provocherebbe

nello spettatore.

Questo è il momento di “equilibrio”,

dove si coglie quel momento di

amoroso incanto tra la tenerezza

dello smarrirsi negli occhi dell'altro e

la carnalità dell'atto.

Canova e «Amore e Psiche»