Scienza politica

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1 SCIENZA POLITICA 1^ PARTE TESTO DEL PASQUINO CAPITOLI 1-2: DEFINIZIONE DI SCIENZA POLITICA E MOTODI DI ANALISI Politica : insieme delle azioni compiute per unire, ampliare, proteggere, organizzare un gruppo, scegliere chi e come prende le decisioni, al fine di elargire risorse, prestigio, fama, valori. Scienza politica : disciplina che attraverso un metodo scientifico cerca delle generalizzazioni o teorie da verificare o falsificare. Secondo EASTON: politica è assegnazione imperativa di valori che esula dalla presenza dello stato. Vi può essere politica anche senza di esso (ad esempio nei sindacati o nei partiti, definiti sottosistemi politici). Il luogo privilegiato della politica è il sistema politico; la scienza politica è lo studio delle forme complesse e mutevoli con le quali i sistemi politici procedono all’assegnazione imperativa di questi valori. INPUTS (domande – sostegni) black box OUTPUTS (decisioni – politiche pubbliche) Compiti della scienza politica: - rilevare comportamenti regolari; - sottoporli a verifica; - elaborare tecniche rigorose di osservazione e raccolta dei dati; - procedere alla quantificazione; - distinguere i valori dai fatti; - proporsi una sistemizzazione delle conoscenze acquisite; - mirare alla scienza pura cercando l’avalutatività; - operare in direzione di una integrazione fra scienze sociali. Utilità della scienza politica: mirare alla migliore forma di governo. I metodi utilizzati dalla scienza politica sono molteplici. Va fatta una premessa importante. A differenza di altre discipline scientifiche, i risultati che si possono ottenere non sono gli stessi che uno scienziato potrebbe ottenere studiando ad esempio il moto di una cometa; egli, infatti, potrebbe calcolare con esattezza la posizione di questa ad un dato momento; con la scienza politica non è possibile ottenere gli stessi risultati con lo studio, per quanto scientifico possa essere il metodo applicato, in quanto lo studio risente dei comportamenti di uomini e donne che fanno politica e che interagiscono fra loro. I risultati potranno indicare la probabilità che un dato evento possa avvenire al verificarsi di determinate condizioni. A disposizione ci sono tre metodi: sperimentale, comparativo e osservazione partecipante. Il metodo sperimentale, per quanto nella premessa, è difficilmente applicabile. Il metodo dell'osservazione partecipante ha il pregio di avere nell'osservatore un punto di vista realistico con la possibilità di avere una mole di dati eccezionale a disposizione, ma ha lo svantaggio di poter osservare un solo caso per volta e sempre e solo sottosistemi. Esso inoltre può soffrire del fatto che comunque l'osservatore ha scelto di partecipare a quel particolare sottosistema politico spinto dalle sue convinzioni ideologiche e questo può rendere lo studio poco soggettivo. Singolare lo studio che fece il politologo Roberto Michels nel 1911 del partito socialdemocratico tedesco elaborando quella che fu nota come la “legge ferrea dell'oligarchia” (*). Il metodo comparato è quello che riesce meglio a rispondere alle esigenze della scienza politica. E' possibile effettuare comparazioni diacroniche o sincroniche, sia fra casi simili che fra quelli più distanti fra loro, permettendo di effettuare generalizzazioni e elaborare teorie, verificarle e negarle.

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SCIENZA POLITICA

1^ PARTE TESTO DEL PASQUINO

CAPITOLI 1-2: DEFINIZIONE DI SCIENZA POLITICA E MOTODI DI ANALISI Politica: insieme delle azioni compiute per unire, ampliare, proteggere, organizzare un gruppo, scegliere chi e come prende le decisioni, al fine di elargire risorse, prestigio, fama, valori. Scienza politica: disciplina che attraverso un metodo scientifico cerca delle generalizzazioni o teorie da verificare o falsificare. Secondo EASTON: politica è assegnazione imperativa di valori che esula dalla presenza dello stato. Vi può essere politica anche senza di esso (ad esempio nei sindacati o nei partiti, definiti sottosistemi politici). Il luogo privilegiato della politica è il sistema politico; la scienza politica è lo studio delle forme complesse e mutevoli con le quali i sistemi politici procedono all’assegnazione imperativa di questi valori. INPUTS (domande – sostegni) black box OUTPUTS (decisioni – politiche pubbliche) Compiti della scienza politica:

- rilevare comportamenti regolari; - sottoporli a verifica; - elaborare tecniche rigorose di osservazione e raccolta dei dati; - procedere alla quantificazione; - distinguere i valori dai fatti; - proporsi una sistemizzazione delle conoscenze acquisite; - mirare alla scienza pura cercando l’avalutatività; - operare in direzione di una integrazione fra scienze sociali.

Utilità della scienza politica: mirare alla migliore forma di governo. I metodi utilizzati dalla scienza politica sono molteplici. Va fatta una premessa importante. A differenza di altre discipline scientifiche, i risultati che si possono ottenere non sono gli stessi che uno scienziato potrebbe ottenere studiando ad esempio il moto di una cometa; egli, infatti, potrebbe calcolare con esattezza la posizione di questa ad un dato momento; con la scienza politica non è possibile ottenere gli stessi risultati con lo studio, per quanto scientifico possa essere il metodo applicato, in quanto lo studio risente dei comportamenti di uomini e donne che fanno politica e che interagiscono fra loro. I risultati potranno indicare la probabilità che un dato evento possa avvenire al verificarsi di determinate condizioni. A disposizione ci sono tre metodi: sperimentale, comparativo e osservazione partecipante. Il metodo sperimentale, per quanto nella premessa, è difficilmente applicabile. Il metodo dell'osservazione partecipante ha il pregio di avere nell'osservatore un punto di vista realistico con la possibilità di avere una mole di dati eccezionale a disposizione, ma ha lo svantaggio di poter osservare un solo caso per volta e sempre e solo sottosistemi. Esso inoltre può soffrire del fatto che comunque l'osservatore ha scelto di partecipare a quel particolare sottosistema politico spinto dalle sue convinzioni ideologiche e questo può rendere lo studio poco soggettivo. Singolare lo studio che fece il politologo Roberto Michels nel 1911 del partito socialdemocratico tedesco elaborando quella che fu nota come la “legge ferrea dell'oligarchia” (*). Il metodo comparato è quello che riesce meglio a rispondere alle esigenze della scienza politica. E' possibile effettuare comparazioni diacroniche o sincroniche, sia fra casi simili che fra quelli più distanti fra loro, permettendo di effettuare generalizzazioni e elaborare teorie, verificarle e negarle.

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(*) Michels, socialdemocratico iscritto al partito fu autore della seguente teoria: organizzazione vuol dire tendenza all'oligarchia. Se il partito non era un sistema politico democratico, essendo lo stesso partito uno dei principali fautori della democrazia, si poteva dire che tutto il sistema politico tedesco non fosse democratico e la stessa democrazia non fosse perseguibile. Il PSD era un partito di massa e proprio per questo aveva bisogno al suo interno di una struttura organizzata, di funzionari stipendiati che pian piano acquisirono sempre più importanza arrivando a manipolare la massa poco informata, gestendo il flusso delle informazioni, dettando i temi dell'agenda del partito, decidendo chi candidare, mantenendo i contatti con gli iscritti. Essi, col tempo,cominciarono a mirare al mantenimento del proprio potere, passando da cariche di partiti a cariche pubbliche e viceversa. Si veniva a creare quindi una oligarchia.

CAPITOLO 3: LA PARTECIPAZIONE POLITICA Definizione Possiamo dare una prima definizione di partecipazione politica come insieme di tutte quelle attività più o meno dirette, più o meno legali che mirano ad influenzare le decisioni e la scelta dei detentori del potere. Questa può essere una definizione abbastanza calzante della partecipazione visibile. Nei regimi democratici esiste anche una forma di partecipazione latente sotto forma di presenza di una opinione pubblica interessata alla politica e ai suoi sviluppi. In ogni sistema e in qualsiasi momento storico possiamo distinguere tre modalità di partecipazione politica:

− quelle legali, riconosciute dalle normative vigenti dette ORTODOSSE (ad es. votare, iscriversi a un partito/sindacato, organizzare un corteo, assistere ad un comizio, firmare un referendum, ecc..)(**);

− quelle non riconosciute, ma accettabili ed accettate, dette ETERODOSSE (es. sit-in, bloccare il traffico, rifiutarsi di pagare l'affitto, propagandare l'astensione o l'annullamento della scheda, fare scioperi selvaggi, ecc);

− quelle illegali che sfidano le basi stesse delle istituzioni, con diversi gradi di illegalità, dette ANOMICHE (bruciare le schede di un'elezione, rovesciare e incendiare le auto, saccheggiare negozi e banche, ecc).

(**) ci sono 3 elenchi di attività di partecipazione ortodossa: − elenco di Milbrath (1965), comprende:

1. esporsi a sollecitazioni politiche; 2. votare; 3. avviare una discussione politica; 4. cercare di convincere una persona a votare qualcuno; 5. portare un distintivo politico; 6. avere contatti con un dirigente politico; 7. versare offerte in denaro a un partito o ad un candidato; 8. partecipare a un comizio o a un'assemblea; 9. contribuire con il proprio tempo libero a una campagna politica; 10. diventare iscritto attivo a un partito politico; 11. partecipare a riunioni in cui si prendono decisioni politiche; 12. sollecitare contributi in denaro per cause politiche; 13. diventare candidato a una carica elettiva; 14. occupare cariche pubbliche o di partito.

− elenco di Verba, Nie e Kim (1978), comprende: 1. prendere parte alla campagne elettorali; 2. svolgere attività di collaborazione in gruppi; 3. votare; 4. prendere contatti con dirigenti politici o partitici.

− elenco di Barbagli e Maccelli (1985), comprende: 1. dedicare tempo e lavoro a un partito; 2. andare a sentire un dibattito politico, un comizio, partecipare a un corteo; 3. iscriversi e dar soldi a un partito o a un sindacato; 4. rivolgersi a un politico per un problema personale o familiare; 5. cercare di convincere qualcuno a votare per un candidato o per un partito; 6. firmare leggi di iniziativa popolare o referendum.

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Classificazione di Kaase e Marsh Kaase e Marsh nel 1977 elaborarono una classificazione delle persone in base al loro diverso grado di partecipazione politica. Essi osservarono il comportamento dei cittadini di 5 grandi nazioni (Austria, Gran Bretagna, Olanda, Germania e Usa) e li divisero in cinque grandi categorie:

− gli inattivi, sono coloro che al massimo leggono di politica sul giornale o firmano una petizione;

− i conformisti, quelli che si impegnano solo in forme convenzionali (ortodosse) di partecipazione;

− i riformisti , quelli che si impegnano in forme convenzionali ma il loro repertorio politico comprende anche forme di protesta, boicottaggio e dimostrazioni;

− gli attivisti, si spingono fino ad abbracciare forme illegali di partecipazione; − i contestatori, sono quelli che non prevedono alcuna forma convenzionale di partecipazione.

La partecipazione elettorale La partecipazione elettorale è solo una delle forme di partecipazione politica e neanche quella più importante, anche se la più diffusa e praticata nei sistemi politici. Questa può essere considerata il punto culminante di tante altre attività ma anche un punto di partenza per altre forme di partecipazione politica. La partecipazione elettorale per una serie di motivi (quantità di dati disponibili, attendibilità, presenza in sistemi politici diversi) si presta ad approfondite analisi anche con metodi comparati, tant'è che l'analisi di un sistema politico non può prescindere da quella della partecipazione elettorale. Il voto è un'operazione piuttosto semplice ma non dobbiamo dimenticare che l'ampliamento del suffragio è stato motivo di ampie lotte fra detentori del potere e sfidanti e tuttora in molti paesi il diritto di voto non è assicurato definitivamente e il suo esercizio è sottoposto ad abusi e soprusi; spesso i risultati elettorali sono frutto di brogli e truffe. Ovviamente dove la partecipazione elettorale non è tutelata efficacemente tutte le altre forme di partecipazione politica risultano alquanto difficili e precarie. Per quanto attiene i risultati elettorali possiamo dire che il voto è un atto che traduce con immediatezza le preferenze dei singoli elettori, ma esso non comunica informazioni specifiche ma generiche. Infatti la scelta di votare per un candidato raramente implica una conoscenza approfondita di tutto il programma elettorale e delle politiche pubbliche che si attueranno. I fattori che favoriscono la partecipazione elettorale sono:

− interesse generalizzato per la politica; − possesso di informazioni politiche di base; − senso di efficacia del proprio voto.

I partecipanti. Tutte le ricerche empiriche hanno dato come risultato che sono le persone collocate a livelli più alti della scala sociale a votare e più in particolare a partecipare maggiormente alla vita politica; al contrario le persone più svantaggiate dal punto di vista socio-economico votano e partecipano meno. Se ne deduce che lo status socio-economico è la variabile indipendente con la quale spiegare la maggiore o minore partecipazione politica. La loro maggiore partecipazione sarebbe dettata dalla disponibilità di tempo, dalla preparazione culturale, dal desiderio di mantenere la loro posizione privilegiata ed assicurare per se e per i propri discendenti uno status socio economico adeguato. Possiamo quindi dire che maggiore sarà la partecipazione politica quanto maggiore sarà la coscienza di classe. I gruppi di pressione Finora abbiamo analizzato la partecipazione in riferimento alle azioni dei singoli. Altre forme di partecipazione si esprimono attraverso movimenti collettivi che da una prima fase segnata, a cavallo degli anni settanta, da tumulti, proteste e manifestazioni meglio conosciuta come il Sessantotto, si è passato ad una fase ben più istituzionalizzata attraverso i gruppi di interesse e di pressione.

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Secondo una delle classificazioni più interessanti, di Almond e Powell, i gruppi possono essere classificati come segue:

• gruppi di interesse anomico, emergono sia quando i loro interessi sono relativamente nuovi, sia quando le loro richieste sono state ripetutamente eluse; tendono a drammatizzare la loro situazione e sono “senza regole”, e si spingono fino a organizzare tumulti, sommosse, saccheggi e persino assassini;

• gruppi di interesse non associativo, sono rappresentati da elementi legati fra loro da rapporti di parentela, appartenenza a etnie e religioni;

• gruppi di interesse istituzionali, sono rappresentati da elementi legati fra loro dall’appartenenza alla stessa istituzione e da comunione di interessi (es. militari, burocrati, fedeli di una confessione religiosa); per farvi parte bisogna appartenere per forza all’istituzione;

• gruppi di interesse associativo, tipo associazioni culturali e sindacati, da cui si può entrare ed uscire quando si vuole.

La pressione esercitata da questi gruppi di interesse (o lobby) tende ad influenzare le politiche pubbliche al fine di realizzare i propri interessi. Le probabilità di successo di un gruppo di pressione dipende da molti fattori, i più importanti dei quali sono:

• dimensione della membership (ovvero il munsero degli iscritti); • la rappresentatività (può essere un gruppo di pressione piccolo numericamente, ma magari

rappresenta la quasi totalità dei membri di quella specie); • risorse finanziarie disponibili (servono per promuovere i propri interessi fino ad esercitare

vere e proprie corruzioni del sistema politico); • qualità e ampiezza delle conoscenze disponibili (sono importanti al pari delle risorse

economiche); • la collocazione “strategica” nel processo produttivo e nelle attività sociali (pensiamo ad

esempio ai controllori di volo).

CAPITOLO 5: ELEZIONI E SISTEMI ELETTORALI L’elezione delle cariche monocratiche (tipo presidente della repubblica) L’elezione di cariche monocratiche può essere indiretta (ad opera di un’assemblea precostituita) o attraverso elezione popolare diretta. In generale si richiede che per conquistare la carica un candidato ottenga la maggioranza assoluta dei voti popolari espressi; se questo non avviene, di solito si procede al ballottaggio tra i due candidati meglio piazzati. Plurality, majority e rappresentanza proporzionale Sono le tre grandi categorie di sistemi elettorali utilizzate attualmente: sistemi elettorali maggioritari a turno unico in collegi uninominali dove vince il candidato che ottiene anche solo la maggioranza relativa; sistemi maggioritari a doppio turno in collegi uninominali dove il candidato per vincere deve ottenere la maggioranza assoluta dei voti altrimenti il seggio viene attribuito ad un secondo turno; a loro volta possono essere aperti, se al ballottaggio concorrono tutti i candidati, oppure chiusi se concorrono solo i primi due; sistemi di rappresentanza proporzionale applicati solo in collegi plurinominali (eleggono più di un candidato), sono caratterizzati da una relazione proporzionale tra voti ottenuti e seggi attribuiti. Esistono poi molte varietà di sistemi misti. Rappresentanza proporzionale Il principio unificante è il tentativo di garantire una qualche corrispondenza percentuale tra i voti ottenuti dai partiti e i seggi attribuiti loro in parlamento. Gli strumenti usati per ridurre la frammentazione sono: - Dimensione della circoscrizione.

Cioè il numero di seggi che si attribuiscono in quella specifica circoscrizione e quindi il

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numero degli eletti, non l’ampiezza geografica. Quanto più grande è la circoscrizione tanto più elevata sarà la proporzionalità del sistema elettorale, e viceversa.

- Clausole di accesso alla distribuzione dei seggi (soglie di esclusione). Queste sono fissate in una cifra non assoluta ma percentuale. Il sistema è comunque completamente proporzionale perché ciascun partito che superi l’una o l’altra soglia, accederà alla distribuzione dei seggi in proporzione alla somma dei voti ottenuti.

- Numero dei parlamentari. Quanto più piccolo è il numero dei parlamentari da eleggere, tanto minore sarà la proporzionalità. È sempre difficile quindi ridurre il numero dei parlamentari perché più di un partito piccolo potrebbe risultare escluso dal parlamento ridimensionato. Deve esistere un rapporto equilibrato tra elettori ed eletti.

CAPITOLO 6: PARTITI E SISTEMI DI PARTITO L’origine dei partiti Di partiti politici si parla da quando le cariche di rappresentanza e di governo vengono attribuite attraverso consultazioni elettorali, dunque i candidati elettorali sentono il bisogno sia di dare un’organizzazione alla propria attività politica sia di allearsi con candidati che condividano le loro stesse posizioni. Definizione classica di partito (Weber): i partiti sono organizzazioni liberamente create e miranti a un reclutamento libero; il loro fine è sempre la ricerca di voti per elezioni a cariche politiche. Definizione contemporanea (Sartori): un partito è qualsiasi gruppo politico che si presenta a elezioni e che è capace di collocare attraverso le elezioni, candidati alle cariche pubbliche. Dunque, i requisiti minimi per essere un partito sono strutture tali da consentire la partecipazione dei suoi iscritti, un programma di politiche pubbliche, una durata più lunga di una sola tornata elettorale (non sarebbero quindi partiti quei gruppi che vivono lo spazio di una giornata definiti partiti – flash). Ci sono due prospettive alla luce delle quali analizzare la nascita dei partiti. Prospettiva genetica: si occupa deliberatamente delle modalità attraverso cui sono nati i partiti. Rokkan ha formulato una spiegazione. Individua quattro fratture che hanno dato origine ai partiti. Nella fase di costruzione dello stato nazionale, si creano due potenziali fratture (centro/periferia e stato/chiesa): può nascere un partito che rappresenti gli interessi del centro (maggiore disponibilità di risorse e di potere) e uno della periferia (peculiarità minoritarie); può nascere un partito che rappresenta lo stato e uno che rappresenta la Chiesa. La rivoluzione industriale crea altre due fratture (interessi agrari/industriali e datori di lavori/lavoratori):: fra interessi agrari e industriali, fra interessi dei datori di lavoro e dei lavoratori. Dopo la guerra però intervennero due fratture politiche (non sociali): sulla destra una ridefinizione di interessi e identità che diede vita al fascismo; sulla sinistra, la rivoluzione bolscevica produsse la scissione dei socialisti e la nascita dei comunisti. Prospettiva strutturale: si preoccupa di distinguere i partiti in base alle loro caratteristiche organizzative. Secondo Duverger fintanto che il suffragio è largamente limitato i partiti nascono in parlamento e sono poco più che connessioni rispettabili tra parlamentari, con limitata proiezione esterna; con l’ampliarsi del suffragio, nascono partiti extraparlamentari che fanno leva su organizzazioni esterne al parlamento per acquisirvi rappresentanza; quando il sistema partitico e parlamentare si consolidano, il malcontento e l’insoddisfazione possono incanalarsi in partiti antiparlamentari. Negli anni Venti, i partiti fascisti e comunisti sfruttarono la loro critica antiparlamentare per acquisire consenso elettorale, entrare in parlamento per distruggerlo; quando vi entrarono, però ne fecero parte. Tipi di partiti Quando negli anni Venti terminò il processo di formazione dei partiti, si tentò una classificazione. Weber distinse tra partiti di notabili (strutture embrionali e attivabili solo in occasione delle

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elezioni) e di massa (basati su strutture permanenti e mantenute in costante attività). Duverger distinse tra partiti di massa (fanno affidamento sugli iscritti per il loro radicamento e finanziamento) e di quadri (mirano a riunire notabili per preparare le elezioni e mantenere i contatti con i candidati). Neumann distingue tra partiti di rappresentanza individuale (si attiva in occasioni elettorali) e di integrazione sociale (dotato di organizzazione estesa e permanente e aperto alla partecipazione degli iscritti. Negli anni Cinquanta ci si rese conto che il partito di massa dovesse essere l’organizzazione politica prevalente nei sistemi politici democratici a partecipazione allargata (con l’eccezione degli USA). Alla metà degli anni Sessanta, però, Kircheimer sottolineò che i partiti di massa manifestavano sintomi di una drammatica trasformazione in partiti pigliatutti, dove la volontà dei dirigenti del partito era ricercare tutti i sostenitori e tutti gli elettori possibili per espandere al massimo il seguito elettorale. Sistemi di partito

- A partito predominante. Esiste un partito che, in una lunga serie di elezioni libere e competitive ottiene regolarmente un numero molto consistente di seggi, tale da consentirgli di governare da solo (in India il partito del Congresso, in Uruguay il partito Colorado, che governò dal 1865 al 1958). Se si fa riferimento al criterio solo numerico, questi sono sistemi multipartitici, ma, usando il criterio di rilevanza, si denota il predominio di un unico partito che formerà da solo il governo, farà funzionare il parlamento, sceglierà le politiche pubbliche.

- Bipartitici . Rispettano diverse condizioni: solo due partiti, e sempre gli stessi, conquistano alternativamente la maggioranza assoluta dei seggi; uno di loro conquista effettivamente una maggioranza sufficiente a governare; il partito vittorioso sceglie regolarmente di governare da solo; la rotazione del governo appare un’aspettativa credibile (Gran Bretagna).

- Atomizzati. Sono quelli non stabilizzati, nei quali nessun partito conquista percentuali consistenti di voti; spesso si trovano negli stati nascenti, dopo una lunga fase di autoritarismi (Russia, Ucraina).

- Multipartitici limitati . Hanno da tre a cinque partiti rilevanti e funzionano con una logica moderata e centripeta, producono alternanze al governo, con la possibilità per tutti i partiti rilevanti di accedervi. Si tratta di un pluralismo moderato (Germania).

- Multipartitici estremi. Hanno più di cinque partiti rilevanti per la formazione dei governi. Si definisce pluralismo polarizzato dove la competizione è centrifuga poiché i partiti collocati ai due poli estremi cercano di crescere svuotando il centro dello schieramento. Le opposizioni sono politicamente irresponsabili perché possono promettere programmi inattuabili; i governi possono praticare la politica dello scaricabarile (attribuire le proprie responsabilità alle opposizioni) o dello scavalcamento (promettere più di quanto possono mantenere). Questo sistema è sottoposto a forti tensioni e tende al collasso.

CAPITOLO 7: PARLAMENTI E RAPPRESENTANZA Essi nascono come l’organismo che collabora con il re ma anche che deve controllare il suo operato, soprattutto riguardo allo spendere e tassare, proprio perché il parlamento rappresenta inizialmente gli interessi di coloro (per lo più i nobili) che finirebbero per pagare parte consistente delle spese del re e delle tasse da lui imposte. Nei regimi democratici il tratto strutturale dominante dei parlamenti è il loro carattere elettivo. I parlamenti democratici sono anzitutto assemblee elettive in grado di rivendicare ed esercitare la rappresentanza politica di una società. Nei regimi democratici esiste sempre una camera elettiva, anche se possono accompagnarvisi altre camere (di nomina regia, ereditarie, di nomina da parte

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dell’esecutivo, di elezione indiretta, composite). Comunque, le camere basse sono composte esclusivamente da rappresentanti eletti; diversificata è la composizione delle camere alte, che in generale hanno sempre poteri e prerogative inferiori alle rispettive camere basse. L’analisi strutturale parte dalla differenza tra parlamenti monocamerali (Danimarca, Grecia, Finlandia, Svezia, Ucraina, Ungheria ecc) e bicamerali (tra gli altri, Russia e Polonia). Quando esistono due camere esse si debbono in qualche modo giustificare per differenze e compiti specifici. Il caso italiano è probabilmente l’ultimo esempio di bicameralismo paritario, dove la Camera dei Deputati e il Senato hanno gli stessi poteri e svolgono le stesse funzioni. Le differenziazioni riguardano le modalità di formazione (l’elezione può essere popolare diretta per la camera bassa e indiretta per la camera alta), i poteri (le camere alte ne hanno solitamente di meno, fatta eccezione per il Senato degli USA), le dimensioni (le camere alte sono di solito più piccole di quelle basse, quanto a numero di rappresentanti). In generale le seconde /alte camere risultano depotenziate e poco influenti sul sistema politico; si noti comunque che le differenze intercorrenti tra i poteri delle seconde camere hanno poco a che vedere con le differenze nelle forme di governo (per esempio ci sono sistemi parlamentari che hanno una camera e sistemi parlamentari con due camere). Di solito sono gli stati federali che, a prescindere dal loro essere presidenziali o parlamentari, hanno due camere, per garantire una rappresentanza efficace e autorevole alle autonomie territoriali; si può dire che un federalismo soddisfacente necessita di una camera di rappresentanza delle sue componenti territoriali. Un’altra distinzione riguarda la strutturazione interna ai parlamenti, l’esistenza o meno di commissioni parlamentari e la quantità e la qualità dei loro poteri. Spesso infatti i parlamenti possono dotarsi di commissioni specifiche, con compiti di controllo sull’applicazione e le conseguenze di determinate leggi, di vigilanza sull’operato del governo ecc. Talvolta va rilevato che l’affidamento di alcuni compiti a determinate commissioni appositamente create sembra peraltro riflettere una tecnica governativa che mira ad isolare e ad insabbiare un problema!

CAPITOLO 8: FORME DI GOVERNO

- Forme di governo presidenziali. Il capo dell’esecutivo è eletto direttamente dai cittadini. Il Congresso (cioè il parlamento) è anch’esso eletto dai cittadini con vari sistemi elettorali, che variano da paese a paese. Come il presidente non ha il potere di sciogliere il Congresso, quest’ultimo non ha il potere di sfiduciare e sostituire il presidente, ma può solo metterlo in stato d’accusa per attentato alla costituzione. Dunque presidente e congresso sono istituzioni separate, che condividono il potere. Il problema maggiore è costituito dalla possibilità che il partito del presidente non abbia la maggioranza al Congresso (governo diviso). Un altro problema è quello di un presidente che abbia invece una solida maggioranza al Congresso e che quindi possa governare schiacciando l’opposizione (presidenza imperiale). Entrambi questi effetti possono essere esaltati o temperati dal sistema partitico: ad esempio se i rappresentanti improntano i loro comportamenti ad una rigida logica di partito, i problemi diventeranno reali. Il presidenzialismo da un lato è troppo forte e rischia degenerazioni sotto forma di comportamenti insofferenti ai controlli e autoritari; da un altro è debole e scivola verso l’impotenza decisionale. Il governo diviso rende il presidenzialismo debole e poco responsabile, e può funzionare solo con un sistema partitico non rigidamente strutturato.

- Forme di governo semipresidenziali. Sono costruite per ottenere vantaggi dal presidenzialismo e dal parlamentarismo. Il presidente della repubblica è eletto direttamente dal popolo e non può essere rovesciato dal parlamento, salvo la sua messa in stato d’accusa; il primo ministro è nominato dal

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presidente ma deve essere sorretto dal parlamento e averne la fiducia, ha quindi una doppia responsabilità e può essere rimosso dal presidente.

- Forme di governo parlamentari. I governi parlamentari sono più rappresentativi e flessibili degli altri, ma anche più esposti all’instabilità, anche se la formazione di un sistema partitico che agevoli la stabilità (quello bipolare) può essere agevolata con leggi elettorali. In Italia dal 1945 al 1999 si sono avuti 57 governi della durata media di dieci mesi ciascuno. Il problema delle modalità con cui creare un governo stabile rimane aperto in Italia e appare risolvibile solo con una nuova riforma della legge elettorale. In Germania e Spagna è stato adottato il voto di sfiducia costruttivo: la sfiducia deve essere palesemente votata da una maggioranza assoluta e seguita da un altro voto a maggioranza assoluta, con cui viene designato il nuovo primo ministro, pena lo scioglimento del parlamento; questo serve da deterrente a eventuali partiti che vogliano produrre crisi di governo per ottenere vantaggi particolaristici.

CAPITOLO 9: LE POLITICHE PUBBLICHE Possiamo definire politica pubblica come l’insieme di prassi e direttive emanate da uno o più soggetti politici; le politiche pubbliche rappresentano i cosiddetti outputs che scaturiscono dalla blackbox (scatola nera) conseguenza essa stessa della conversione degli inputs (domande e sostegni). Possiamo individuare quattro tipi principali di politiche pubbliche:

- distributive (distribuiscono risorse e sono finanziate attraverso le tasse; per lo più assistenziali e previdenziali);

- regolative (riguardano la produzione di norme che regolano i comportamenti); - redistributive (tolgono in maniera tangibile risorse ad alcuni gruppi per darle ad altri); - costituenti (servono a formulare norme che sovrintendono alla creazione e al funzionamento

delle autorità).

CAPITOLO 10: I REGIMI NON DEMOCRATICI I regimi non democratici possono essere:

- regimi autoritari; sistemi a pluralismo politico limitato, la cui classe politica non rende conto del proprio operato, basati non su un’ideologia articolata ma su mentalità specifiche, dove non esiste una mobilitazione politica su vasta scala, e in cui un leader esercita il proprio potere entro limiti mal definiti.

- regimi totalitari, caratterizzati da: presenza di un’ideologia ufficiale; controllo centralizzato di tutte le

organizzazioni politiche, sociali e culturali, fino alla creazione di un sistema di pianificazione economica; mobilitazione, i regimi totalitari mirano a mantenere nella società uno stato di mobilitazione permanente imposta dall’alto; terrore; universo concentrazionario è un’istituzione penale, creata per la punizione e le repressione di delitti e crimini; partito unico. E’ lo strumento principale per l’acquisizione e l’esercizio del potere politico in un regime totalitario. Esso monopolizza il potere; Polizia segreta notevolmente sviluppata; Subordinazione completa delle forze armate al potere politico; Monopolio statale dei mezzi di comunicazione.

- regimi sultanistici, Alcuni casi di sultanismo sopravvivono ancora (Zaire, Iraq, Haiti ecc). Non hanno nessuna ideologia elaborata e coerente, e neppure mentalità distintive; sono le idee del leader che definiscono i limiti dell’accettabilità delle posizioni politiche. Non necessitano di alcuna forma di mobilitazione dei sudditi. Distruggono qualsiasi pluralismo esistente prima della conquista del potere da parte del sultano. Per lo più questi regimi giungono al loro termine con la scomparsa del sultano

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CAPITOLO 11: I REGIMI DEMOCRATICI Si può definire regime democratico quell’assetto istituzionale in cui alcune persone raggiungono il potere decisionale mediante una libera competizione elettorale. Tra le condizioni che favoriscono questo tipo di regime vi è sicuramente il suffragio universale. I cittadini devono poter competere per avere il potere decisionale senza alcuna preclusione se non l’età. Studi hanno correlato le condizioni socio-economiche alla democraticità di un regime ma a ragion veduta sembra esserci piuttosto una relazione di causa/effetto, intendendo che i regimi democratici sono quelli in cui le condizioni di vita per la popolazione sono migliori e ove le disuguaglianze fra gruppi sociali sono relativamente contenute. Anche il modo con cui si raggiungono le condizioni di benessere possono influire sulla democraticità di un regime; un’accelerazione tendente al raggiungimento del benessere in tempi troppo brevi presuppongono metodi autoritari alla base.

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2^ PARTE LEZIONI DI SCIENZA POLITICA – Prof.ssa SEPE

SISTEMI ELETTORALI IN ITALIA

SISTEMI PER ELEZIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E SE NATO All'articolo 56 della costituzione è previsto che si elegga un Deputato ogni 80.000 abitanti o per frazione superiore a 40.000. Nel 1963 è stato modificato in questa maniera: si procede dividendo la popolazione residente per 630 e si distribuiscono i seggi nelle circoscrizioni in maniera proporzionale sulla base dei quozienti e dei più alti resti. Per votare bisogna avere 18 anni e per essere eletti 25. Per il Senato la costituzione prevedeva, a base regionale, un eletto ogni 200.000 abitanti o frazione superiore a 100.000. Nel 1963 è stato modificato: si distribuiscono i seggi in proporzione ai quozienti e ai più alti resti. I senatori sono 315, il Molise ne ha 2, la Val d'Aosta 1, le altre non possono avere meno di 7 Senatori. Per votare 25 anni, per essere eletti 40. Nota: Il parlamento è l'organo costituzionale cui è devoluta la funzione legislativa; esso ha forma di una bicamerale perfetta in quanto le due camere hanno gli stessi poteri. La composizione attuale del parlamento: 630 DEPUTATI 315 SENATORI ELETTI 3 senatori di diritto e a vita (ciampi, scalfaro, cossiga) 4 senatori a vita (andreotti, colombo, levi montalcini, pininfarina) totale 952 Il parlamento si riunisce in seduta comune nei locali di Montecitorio, ed è presieduto dal Presidente della Camera con i suoi uffici di presidenza. I casi in cui il parlamento si riunisce in seduta comune sono:

− elezione del presidente della repubblica: in questo caso sono presenti anche i delegati delle regioni (3 per ogni regione – in maniera da rappresentare le minoranze – la val d'aosta ne ha 1);

− per assistere al giuramento del presidente della repubblica; − per la messa in stato d'accusa del presidente della repubblica in caso di alto tradimento e

attentato alla costituzione; − ogni 9 anni per compilare l'elenco dei 45 cittadini da cui estrarre i 16 giudici da utilizzare

nel caso di giudizio del presidente della repubblica; − per l'elezione dei cinque membri della Corte Costituzionale; − per l'elezione di un terzo dei membri del CSM.

Il Presidente della Repubblica ha funzione rappresentativa e di garante della Costituzione. LA RIFORMA ELETTORALE DEL 1993 Per quasi 50 anni (1946 – 1993) l'Italia ha applicato un sistema elettorale puramente proporzionale garantendo una stretta corrispondenza fra voti e seggi ottenuti. Questo sistema ha un grave problema di ingovernabilità in quanto frammenta eccessivamente il sistema politico e di conseguenza rendeva difficile fare delle coalizioni di governo, e a volte le maggioranze erano ostaggio di piccoli partitini che potevano far cadere una legislatura.

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Con referendum e successiva legge si passò ad un sistema misto, maggioritario per un 75% e il restante 25% con il proporzionale, e le due parti venivano collegate con il sistema dello scorporo (una volta assegnate le quote con il proporzionale, venivano scorporati dalla base di calcolo proporzionale i voti degli eletti). Andiamo ad analizzare i sistemi nello specifico per quanto riguarda la Camera dei Deputati e il Senato. Camera dei Deputati: 75% con sistema maggioritario in collegi uninominali, restante 25% con sistema proporzionale nelle 26 circoscrizioni (esse corrispondono quasi alle regioni, tranne lazio, sicilia, piemonte, campania, veneto 2, lombardia 3), con sistema di sbarramento al 4% e scorporo. Senato: 75% con sistema maggioritario in collegi uninominali, restante 25% con sistema proporzionale nelle 20 regioni, vengono eletti i primi non eletti dei collegi uninominali (no sbarramento % e si scorporo) Questo sistema è stato applicato nelle elezioni del 94 e del 96. la conseguenza è che i partiti si sono uniti in due grandi coalizioni (destra e sinistra). In entrambi i casi i governi sono caduti a causa di due piccoli partiti che hanno ritirato il proprio appoggio. LA RIFORMA ELETTORALE PROPORZIONALE DEL 2005 Con la riforma del 2005 è stato ripristinato il proporzionale come segue: Camera dei Deputati:

- le circoscrizioni estero eleggono col proporzionale puro 12 deputati senza sbarramento; - la Val d'Aosta elegge un deputato con il sistema maggioritario in collegio uninominale; - per le altre 19 regioni i partiti possono coalizzarsi e per ottenere l'assegnazione di seggi le

coalizioni devono ottenere almeno il 10% dei voti su base nazionale e almeno uno dei partiti deve raggiungere il 2%; i partiti non coalizzati devono raggiungere il 4%. all'interno di ciascuna coalizione i voti vengono assegnati ai partiti che superano il 2%, al migliore sottosoglia e ai sottosoglia che rappresentano minoranze linguistiche. La coalizione o il partito che ottiene la maggioranza relativa dei voti prende 340 seggi se non gliene dovessero spettare di più. I restanti seggi sono assegnati proporzionalmente alle altre coalizioni o partiti.

Senato: - le circoscrizioni estero eleggono col proporzionale puro 6 senatori senza sbarramento; - la Val d'Aosta (un senatore come previsto) e il Trentino Alto Adige con il sistema

maggioritario per preservare le minoranze linguistiche; - per le altre 18 regioni sono previsti almeno 7 senatori, al molise solo 2, e il numero dei

senatori per ogni regione viene stabilito con decreto prima delle elezioni; i partiti possono coalizzarsi e per ottenere l'assegnazione di seggi le coalizioni devono ottenere almeno il 20% dei voti su base nazionale e almeno uno dei partiti deve raggiungere il 3%; i partiti non coalizzati devono raggiungere il 8%. all'interno di ciascuna coalizione i voti vengono assegnati ai partiti che superano il 3%. La coalizione o il partito che ottiene la maggioranza relativa dei voti prende il 55% dei seggi assegnati alla regione, se non gliene dovessero spettare di più. I restanti seggi sono assegnati proporzionalmente alle altre coalizioni o partiti.

Per entrambi i sistemi non è possibile esprimere preferenze sulla scheda elettorale in quanto le liste sono bloccate e i seggi saranno assegnati in base all'ordine stabilito dalle segreterie di partito. IL SISTEMA ELETTORALE NELLA COSTITUZIONE La Costituzione contiene solo alcuni accenni sul procedimento elettorale, essa infatti demanda le questioni elettorali alle forme ordinarie di legislazione (articolo 72, comma 4).

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I SISTEMI MAGGIORITARIO E PROPORZIONALE Può essere di tipo assoluto o relativo a seconda se il corpo elettorale sia convocato in un unico collegio nazionale o ripartito in più collegi uninominali o plurinominali. I sistemi maggioritari realizzano la rappresentanza della sola maggioranza, escludendo di fatto le minoranze rendendo impossibile la partecipazione di tutti alla vita politica. Se andiamo ad analizzare gli articoli della costituzione n. 1 (..la sovranità appartiene al popolo...) n. 3 (… è compito dello stato rimuovere gli ostacoli che impediscono la partecipazione di tutto il popolo alla vita politica..), n. 49 (tutti i cittadini hanno la facoltà di associarsi per concorrere democraticamente a determinare la vita politica), n. 50 (...tutti i cittadini hanno la facoltà di presentare petizioni per proporre provvedimenti legislativi o necessità comuni..) e tutti gli articoli che introducono forme di democrazia diretta (referendum, leggi di iniziativa popolare, ecc. ecc.) si può dedurre che è esclusa qualsiasi forma di rappresentanza della sola maggioranza, quindi il sistema maggioritario non incontra i favori della Carta. Il sistema proporzionale, risponde a queste caratteristiche di costituzionalità ma ha il difetto di rendere il sistema politico molto frammentato con difficoltà oggettive nella creazione di coalizioni di governo ove, a volte, i governi sono diventati ostaggio dei piccoli partiti che potevano fungere da ago della bilancia. Si rende quindi necessario un sistema proporzionale con correttivo che ne limiti la stessa proporzionalità.

SERVIZI DI INFORMAZIONI PER LA SICUREZZA DELLA REPUBBLICA TUTELA DEL SEGRETO DI STATO – IL PROCESSO DI INTELLIGENCE

IL SISTEMA BINARIO E LA RIFORMA DEI SERVIZI- LEX N. 124 3/8/2007 La legge 124 del 3 agosto 2007 ha riconfermato il sistema binario precedente ma ha altresì introdotto una riforma organica dei servizi di informazione. Prima avevamo SISMI e SISDE che si ripartivano le competenze in base all'interesse da tutelare (militare o civile). Con questa nuova legge, la differenziazione avviene in base al luogo di attività. Le due agenzie sono AISI (Agenzia Informazioni per la Sicurezza Interna), che si occupa di ricercare ed elaborare le informazioni per la difesa della sicurezza interna della Repubblica, e AISE (Agenzia Informazioni per la Sicurezza Esterna) che si occupa di ricercare ed elaborare le informazioni per la difesa della Repubblica da minacce che provengono dall'esterno. Le due Agenzie sono tenute a collaborare. Possono uscire dai loro ambiti di competenza purché le attività oggetto di attenzione siano originate nel proprio “territorio”, in questo caso le due Agenzie sono tenute a collaborare e scambiarsi reciprocamente informazioni. Vanno a completare il quadro organico previsto dalla legge, il CISR (Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica, istituito presso la Pres. del Consiglio, composta da 5 Ministri – affari esteri, interno, difesa, giustizia, economia e finanze - e Autorità Delegata, ha compiti di proposta e consulenza sulla politica generale dell'informazione), il DIS (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza, istituito presso la Pres. del Consiglio, composta da 5 Ministri, ha il compito di coordinare ed esercitare il controllo sulle due agenzie di informazione, raccogliere le informazioni, gestire lo scambio di informazioni fra agenzie e forze di polizia) Autorità Delegata (può essere Ministro senza portafoglio o un Segretario di Stato, può occuparsi delle funzioni attribuite al Presidente del Consiglio non in via esclusiva e comunque deve riferire ad esso sulle modalità con cui esercita queste attività) IL COMITATO PARLAMENTARE PER LA SICUREZZA DELLA REP UBBLICA La legge va a disciplinare con gli articoli 30-38 il controllo parlamentare. Il COPASIR è composto da 5 deputati e 5 senatori è l'unico organo di collegamento fra parlamento e servizi e svolge un

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compito di controllo ed attenta vigilanza. Ha un presidente (attualmente è D'Alema dopo le dimissioni di Rutelli - 26 gennaio 2010 - ), un vicepresidente e un segretario. Il Comitato può ottenere informazioni di interesse da parte di appartenenti al Sistema di informazioni per la sicurezza. Qualora queste informazioni recassero danno alla sicurezza dello stato, agli appartenenti al sistema, alle operazioni in corso, il PDC può opporre l'esigenza di riservatezza. Questa non può essere opposta o confermata in relazione a fatti per cui non è opponibile il segreto di stato, o qualora il COPASIR abbia votato all'unanimità per avere informazioni circa il comportamento degli appartenenti ai servizi. I COMPITI ESCLUSIVI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO - LEX N.124 3/8/2007

− Apposizione e tutela del segreto di stato, conferma dell'opposizione del segreto di stato; − nomina del direttore e di uno o più vice direttori del DIS (Dipartimento Informazioni per la

Sicurezza); − nomina dei direttori e dei vice direttori dell'AISI e AISE; − determinazione dell'ammontare annuo delle risorse economiche per i servizi di

informazione. IL SEGRETO DI STATO Sono coperti dal segreto di stato tutti quegli atti, documenti, informazioni ed ogni altra cosa la cui diffusione può arrecare danno all'integrità della Repubblica, alla difesa delle istituzioni, all'indipendenza dello stato, alla preparazione e alla difesa militare dello stesso. Il vincolo è apposto su espressa disposizione del P.d.C. Che fissa i criteri per l'individuazione di quanto può essere oggetto di segreto di stato. Il vincolo permane per 15 anni, e può essere prorogato per una o due volte; non può superare i 30 anni. Non possono essere oggetto del segreto di stato i fatti di terrorismo, eversione, devastazioni, stragi, associazioni a delinquere di tipo mafioso, voto di scambio. I pubblici ufficiali, pubblici impiegati non possono deporre su cose coperte dal segreto di stato (es. caso gen. Pollari capo del SISMI su rapimento abu omar); in quel caso l'autorità giudiziaria chiede la conferma dell'apposizione del segreto di stato e il PcM deve rispondere entro 30 giorni con atto motivato. In caso di conferma dell'apposizione del segreto di stato il giudice deve dare il non luogo a procedere. IL CICLO DELLE INFORMAZIONI Il processo di intelligence si sviluppa in 4 fasi successive che costituiscono il cosiddetto “ciclo delle informazioni”; prima fase: si scelgono le tematiche da approfondire, gli eventi delittuosi, le attività illecite da analizzare, e la priorità, Seconda: inizia la fase di raccolta mirata delle informazioni utilizzando varie fonti (studi di carattere socio economico, fonti investigative, banche dati delle forze di polizia, ed altro) terza: selezione, analisi e collegamento delle informazioni; questa fase si conclude con la redazione di una relazione sull'attività di analisi svolta; quarta: in quest'ultima fase il documento teorico viene trasformato in uno operativo da cui possono scaturire provvedimenti di natura preventiva o giuridica.

CRIMINALITA' ORGANIZZATA E MAFIE

MAFIE AUTOCTONE COSA NOSTRA Il fenomeno mafioso, denominato Cosa Nostra, ha, in Sicilia, radici profonde che fanno risalire le prime manifestazioni alla prima metà del 19° secolo.

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La particolare struttura organizzativa di Cosa Nostra, che vede nella famiglia il suo elemento base con valori tradizionali quali onore, fedeltà e amicizia, ha permesso la sua ramificazione in tutta la Sicilia fino ad una grande espansione perfino negli Stati Uniti. Fonte iniziale di reddito di questa attività criminale fu rappresentata dalle estorsioni. Già agli albori di questo fenomeno organizzazioni mafiose offrivano protezione da assalti di briganti a proprietari terrieri in cambio di pagamenti in denaro. Fu per questo che il fenomeno, inizialmente, fu considerato come mafia rurale. In epoca contemporanea la situazione non è cambiata: commercianti e imprenditori si trovano a dover pagare “il pizzo” in cambio di protezione con la differenza che in caso di rinuncia a tale protezione la loro attività viene sabotata se non addirittura annientata dalla mafia stessa. Il fenomeno dell’estorsione in Sicilia si è ben radicato grazie anche all’omertà delle vittime che molto spesso non hanno fiducia nello stato e considerano il pagamento del pizzo quasi come una tassa dovuta. Per la propria struttura piramidale e per i propri valori già detti quali onore e famiglia, Cosa Nostra, infatti, si propone come modello alternativo a quello statale riuscendo paradossalmente a convincere alcuni siciliani che sia una organizzazione che faccia bene alla propria terra ed alla sua popolazione. Il fenomeno dell’estorsione è, ai giorni nostri, combattuto con leggi e con associazioni che cercano nella legalità di combattere questo flagello che ha ridotto sul lastrico tantissimi piccoli commercianti ed imprenditori meridionali. 'NDRANGHETA Altra organizzazione criminale è la ‘Ndrangheta”, nata nella regione calabrese e presente già dall’unità d’Italia. La struttura è completamente diversa da quella siciliana. Infatti è definita, è parcellizzata in tante cosche, ognuna delle quali unita da legami familiari e orizzontale per la mancanza di un vertice unitario per questo più impenetrabili. Tale impermeabilità si ripercuote sull’operato delle autorità, che così non possono avvalersi di collaboratori che partecipano alle attività di indagine: è più difficile infatti che si verifichino tradimenti all’interno della stessa famiglia. Di contro, la presenza di più cosche mafiose, non gestite da un’autorità centrale, fa si che possono verificarsi, con più facilità, conflitti interni di faide tra cosche. La ‘Ndrangheta è stata definita una organizzazione a “tela di ragno” per la sua poca visibilità sul territorio, ma molto insidiosa per la sua pericolosità sociale di inquinamento delle istituzioni pubbliche. Diffusissima è la pratica della collusione e della corruzione. CAMORRA L’organizzazione che non ha mai presentato una struttura unificata è la Camorra, formata da tanti gruppi criminali e da una configurazione orizzontale. Soltanto negli anni ’70 Raffaele CUTOLO, con la Nuova Camorra Organizzata, riuscì ad attuare un coordinamento stabile tra i vari gruppi, che però non durò a lungo, di fronte gli attacchi delle autorità statali e alle guerre perpetrate da clan rivali, denominati Nuova Famiglia, associati a Cosa Nostra. Il fenomeno camorrista più diffuso è il racket delle estorsioni e dell’usura con una capillare presenza sul territorio accompagnata ad una altrettanta diffusione dell’omertà delle vittime. Il confluire nella regione campana di un elevato numero di cittadini extracomunitari ha comportato l’impiego,nell’esercizio di particolari attività illecite di persone a titolo manovalanza. Inoltre, la presenza di organizzazioni criminali straniere sul territorio campano ha comportato una commistione delle diverse criminalità nella gestione di alcune attività illecite soprattutto allo sfruttamento della prostituzione ed al traffico di droga. CRIMINALITA' ORGANIZZATA PUGLIESE Ultima, ma non da meno, è l’organizzazione criminale pugliese, denominata Sacra Corona Unita. Già dalle sue prime manifestazioni è risultata essere particolarmente frammentata in vari gruppi, secondo il modello orizzontale che non prevede un organo di vertice. Intorno alla metà degli anni ’70 la regione attrae l’attenzione della Camorra di Raffaele CUTOLO, il quale se ne interessa per reclutare manovalanza locale da impiegare nel contrabbando di sigarette. Il declino della camorra, e l’appoggio della ‘Ndrangheta ad alcuni gruppi criminali pugliesi, permise la nascita della Sacra

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Corona Unita, secondo una struttura imitativa dei modelli organizzativi di stampo mafioso. Pur non trattandosi di una organizzazione verticistica, la presenza sul territorio di dimostra particolarmente invasiva anche se a ciò non ne consegue un effettivo controllo. MAFIE STRANIERE CRIMINALITA' ORGANIZZATA ALBANESE Si struttura orizzontalmente: ciascun gruppo si aggrega in base a legami familiari o di provenienza comuni, ed elegge al proprio interno un capo indiscusso. Non esiste comunque un vertice comprensivo dei capi dei vari gruppi. Questi gruppi si caratterizzano per la forte violenza con cui portano avanti le proprie azioni, alla quale consegue un forte assoggettamento, soprattutto delle ragazze albanesi destinate alla prostituzione Il traffico di droga è un settore in cui il crimine organizzato albanese è riuscito ad acquistare uno spazio rilevante gestendone anche i contatti a livello internazionale. MAFIA RUSSA Si sviluppa in gruppi organizzati orizzontalmente in base a tre livelli di aggregazione. I padrini della criminalità organizzata russa mentre, esattamente all’opposto, troviamo i delinquenti comuni, Nel mezzo si colloca un gruppo di soggetti che all’apparenza esercita delle professioni del tutto legali ma che, in realtà, è costituito da individui corrotti appartenenti alle organizzazioni criminali. È divenuto inoltre Paese di snodo per il traffico di eroina e, proprio in conseguenza di questo ampliamento delle sue attività, la mafia russa ha stretto accordi di collaborazione con i cartelli colombiani, aprendo nuove vie di transito alla cocaina diretta in Europa. MAFIA CINESE È caratterizzata dalla presenza delle triadi. Il nome Triade si riferisce a tre concetti base del pensiero cinese tradizionale: il Cielo, la Terra e l’Uomo. È una organizzazione criminale di tipo piramidale, in cui ogni gradino della scala gerarchica viene individuato con un numero; al vertice della struttura organizzativa si trova lo Shan Chun: la “Testa del Drago” identificato con il numero 489. La mafia cinese ha trovato nel traffico di eroina la sua maggior fonte di arricchimento riuscendo a gestire quasi la totalità del mercato statunitense; sue ramificazioni sono infatti presenti negli Stati Uniti, ma anche in Europa (in particolare in Gran Bretagna e Olanda) e in Australia. Gli altri settori d’interesse delle Triadi sono rappresentati dalla prostituzione, il gioco d’azzardo e la tratta di esseri umani, il falso in documenti. CRIMINALITA' ORGANIZZATA NIGERIANA La crescente immigrazione ha favorito lo sfruttamento sessuale delle donne nigeriane da parte delle organizzazioni criminali, attuato sin dal paese di origine mediante il diretto reclutamento e curando poi tutti i passaggi fino al luogo di destinazione. La criminalità nigeriana ha ramificazioni in tutto il mondo, potenziate dalla presenza di connazionali che gestiscono la rete di collegamenti, in special modo del traffico di droga . L’organizzazione dei gruppi criminali che si occupano del traffico di stupefacenti si configura come una struttura verticistica, al cui livello più alto si trovano i capi nigeriani, mentre alla base vengono impiegati per le fasi più rischiose individui di altre nazionalità; vengono utilizzati anche i delinquenti comuni reperiti sul posto. Pur non essendo un Paese produttore di droga, la Nigeria è riuscita ad affermarsi come importante crocevia della droga in Africa, con importanti organizzazioni di narcotrafficanti. CRIMINALITA' TRANSNAZIONALE Definizione di transnazionalità:

− commissione di reati in più stati;

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− commissione di reati in uno stato e programmazione e preparazione in altro; − commissione di reati in uno stato da parte di un'organizzazione che è attiva in un altro, − commissione di reati in uno stato ma effetti in un altro.

LA TRATTA DI ESSERI UMANI – SMUGGLING - TRAFFIKING Questo fenomeno orribile che ci riporta indietro nel tempo di 3-4 secoli, si estrinseca in due maniere denominate “smuggling” e “traffiking ”. Il traffiking , o tratta di esseri umani, avviene quando un'organizzazione approfittando di uno stato di necessità e vulnerabilità fa entrare illegalmente delle persone in uno stato e poi le sfrutta riducendole in schiavitù (lavoro nero, prostituzione, tratta di bambini ecc ecc.). Lo smuggling,traffico di migranti, avviene quando un'organizzazione fa entrare illegalmente delle persone in uno stato e il rapporto con i trafficanti finisce lì. La tratta di esseri umani è scandita in vari momenti, nei quali le multinazionali criminali pongono in essere una serie di attività:

− reclutamento che può avvenire attraverso l’inganno di false prospettive di lavoro con il sistema di “servitù da debito” e della minaccia di ritorsioni sulla famiglia; o forzatamente con il sequestro o il vero e proprio commercio delle ragazze (da parte delle famiglie, amici o fidanzati);

− gestione delle ragazze, cui vengono tolti i documenti di identità, attraverso pressioni psicologiche; minacce di ritorsioni nei confronti delle famiglie d'origine; per le donne nigeriane, intimidazioni con superstizioni religiose e riti voodo; violenze fisiche, abusi sessuali e riduzione in schiavitù;

− l’utilizzo delle vittime nel paese di destinazione: per le donne, lo sfruttamento sessuale; per i minori, l’accattonaggio, il lavoro sommerso nelle fabbriche, la schiavitù domestica, l’adozione illegale e anche il mercato del sesso.

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3^ PARTE TERRORISMO E SITUAZIONE MEDIORIENTALE – Prof. Schettino NOZIONE DI TERRORISMO Il fenomeno del terrorismo trova completa identificazione nel significato lessicale del termine: terrore. La finalità delle azioni dei gruppi terroristici è quella di creare terrore e insicurezza verso le istituzioni e la loro capacità di risolvere il problema. Esso è mira a colpire personalità singole o gruppi di persone che rappresentano le istituzioni o indiscriminatamente persone estranee, al fine di creare un senso di insicurezza generale e di sfiducia verso le istituzioni incapaci di debellare il fenomeno e garantire l’incolumità pubblica. A differenza della violenza pura, in questo fenomeno, oltre alle figure classiche di vittima e carnefice, vi è una terza parte da intimidire mostrando gli effetti sulle vittime. Dal punto di vista soggettivo l’atto terroristico si caratterizza per la presenza di un movente politico e ideologico che lo sorregge. Si possono distinguere 5 fasi nell’evoluzione del fenomeno terroristico: prima fase: compresa tra l’antichità e il 1789: gli eventi terroristici erano per lo più caratterizzati da rapimenti e omicidi ai danni di individui e gruppi di persone.; la seconda: tra il 1789 e il 1855: caratterizzato dal clima di terrore susseguente al periodo della rivoluzione francese; di particolare rilievo gli eventi susseguenti l’attentato contro Napoleone III e la conseguente fuga in belgio degli attentatori che porto all’emanazione di una legge che prevedeva la possibilità di non considerare come reati politici (e quindi passibili di estradizione) quelli rivolti verso membri della famiglia reale; la terza fase: tra il 1855 e il 1945: il periodo caratterizzato da due conflitti mondiali porta a disposizione dei terroristi nuove e più efficienti sistemi d’arma ed esplosivi più potenti; la quarta fase: tra gli anni 60 e 80: è caratterizzato dai cosiddetti anni di piombo ove gruppi armati cercano di sovvertire l’equilibrio politico con azioni terroristiche; la quinta fase: inaugura con i tragici fatti dell’11 settembre ad opera dei terroristi islamici. Si è cercata un definizione precisa di Terrorismo; stabilire esattamente cosa è significa individuarne i confini e individuare norme precise per cercare di combattere il fenomeno. Convenzioni che hanno cercato di dare una definizione di terrorismo e di porvi rimedio: Convenzione di Ginevra 1937 forniva una definizione generale di terrorismo come: atti criminali diretti contro uno stato atti a creare terrore presso persone determinate o gruppi di persone o verso la collettività Convenzione dell’Aja 1970 era diretta a prevenire la cattura illecita di aeromobili Convenzione di Montreal 1971 diretta alla repressione delle azioni illecite verso l’aviazione civile Convenzione di Strasburgo 1977 repressione dei fenomeni di terrorismo in ambito europeo ove all’articolo 1 si obbligavano gli stati a reprimere tutta una serie di crimini a finalità terroristica e all’articolo 2 si concedeva la possibilità di non considerare come reati politici tutta una serie di reati gravi non previsti nell’articolo 1 Convenzione di Roma del 1988 repressione degli atti verso la navigazione marittima.

I MILLE VOLTI DEL TERRORISMO Possiamo fare una prima distinzione fra TERRORISMO INTERNO E TERRORISMO INTERNAZIONALE

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Il terrorismo interno si può a sua volta distinguere in terrorismo di stato (azioni mirate a rafforzare l’autorità centrale) e terrorismo rivoluzionario (azioni mirate alla destabilizzazione e alla distruzione dello stato). Il terrorismo internazionale può differenziarsi in terrorismo coloniale (stati che non vogliono cedere le colonie) e terrorismo indipendentistico o separatistico (movimenti che tendono a liberarsi di un’oppressione coloniale o vogliono rivendicare l’autonomia di un territorio). Un’altra differenziazione può essere fatta analizzando le diverse rivendicazioni associate alle azioni terroristiche:

− terrorismo internazionale: prende piede negli anni settanta ed era espressione di gruppi sedicenti di rappresentati di popolazioni che rivendicavano il diritto a un territorio; le loro azioni erano per lo più attentati dinamitardi, dirottamenti aerei e assassini di cittadini di paesi stranieri;

− fondamentalista: si caratterizza per la componente religiosa oltre che politica delle rivendicazioni; si estrinseca mediante attentati rivolti agli infedeli;

− terrorismo etnico: è messo in pratica da gruppi etnici che rivendicano l’autonomia e l’indipendenza della loro etnia;

− terrorismo ideologico: si caratterizza per la natura politica delle rivendicazioni e per la presenza di estremisti di destra e sinistra.

I CANALI DI FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO I principali metodi di autofinanziamento e sostentamento per il terrorismo mediorientale sono:

- contributo di paesi amici o sostenitori: si materializza attraverso concessione di finanziamenti, concessione di asilo ai dirigenti dei movimenti terroristici, sostegno logistico (esempio creazione di campi di addestramento ecc ecc);

- false ONG: esistono false Organizzazioni Non Governative che sotto apparenti scopi pacifici sostengono effettivamente gruppi terroristici (esempio si sospetta che l’IIRO International Islamic Relief Organization abbia raccolto quasi cinque miliardi di dollari per finanziare Hamas);

- traffico internazionale di stupefacenti; - traffico internazionale di armi ; - riciclaggio di denaro e degli utili delle prime due attività al fine di creare ulteriori utili con

attività apparentemente legali; - raccolta di denaro nei centri islamici (zakat: purificazione dell’anima ogni qualvolta vi è

un incremento della ricchezza, mediante dazioni di denaro); - movimentazione delle somme mediante money transfer ecc ecc che rendono difficile il

controllo dei flussi di denaro.

RISORSE DEL TERRORISMO Le risorse principali del terrorismo sono:

− risorsa tecnologica: (globalizzazione) i mezzi di trasporto che consentono spostamenti in tutto il mondo in tempi rapidissimi, i mezzi di comunicazione di massa disponibili ormai anche via satellite su tutto il pianeta ed in particolare internet permettono al terrorista di comunicare e ricercare in un attimo tutte le informazioni di cui necessita, di tenere sotto controllo la situazione politica nei paesi di interesse al fine di trovare il momento ottimale per effettuare un attentato, organizzare tutto in tempi rapidissimi;

− risorsa economica (già analizzata);

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− risorsa territoriale : la presenza capillare su tutto il territorio (talebani, al Qa’ida ecc) consente di avere un controllo reale sulla situazione.

STATI CANAGLIA Nel 1994 fu utilizzata per la prima volta la definizione di “stati canaglia”: l’elenco comprendeva allora: CUBA, COREA DEL NORD, IRAN, IRAQ e LIBIA; attualmente sono: CUBA, IRAN, SIRIA E SUDAN L’iraq e l’afganistan (entrato nella lista dopo l’11 settembre) sono stati tolti dall’elenco 2003 e 2001 a seguito del rovesciamento dei loro regimi, la Corea del Nord è stata tolta dall’elenco nel 2008 dopo aver acconsentito all’invio degli ispettori per il loro programma nucleare, la Libia nel 2006 dopo aver ripreso normali rapporti diplomatici con gli USA. Caratteristiche degli stati canaglia:

− regime dispotico; − disprezzo dei diritti umani; − avversione nei confronti del mondo occidentale (ed in particolare verso USA); − propensione alla creazione di arsenali di armi di distruzione di massa; − finanziamento e/o sostegno a movimenti radicali e terroristici.

ULSTER E TERRORISMO IRLANDESE Questi movimenti si inseriscono nel processo di indipendenza dell’Irlanda dal Regno unito. Saltano subito all’occhio due aspetti particolari: innanzitutto assistiamo alla completa integrazione fra popolazione e forze armate nella lotta contro l’oppressore inglese, sarà il primo esempio di lotta urbana; il secondo aspetto è che nella disputa si può osservare una netta svolta verso la vittoria del fronte indipendentistico in quanto la Gran Bretagna ha considerato che i vantaggi acquisibili dal dominio sarebbero stati inferiori ai costi sia morali che bellici. All’inizio durante (vi era in corso la prima guerra mondiale) la Corona rispose con fermezza alle azioni dell’IRA. Il terrorismo irlandese ha radici che risalgono al 17° secolo ma ha avuto la sua fase più cruenta nei primi decenni del novecento. Il 06/12/1921 Michael Collins (fondatore nel 1918 dell’I rish Repubblican Army, IRA , trascinatore ed ispiratore delle prime azioni armate della stessa) firmò l’accordo che concedeva l’indipendenza dalla Corona e veniva creato lo Stato libero d’Irlanda che poi nel 1937 diventerà EIRE; il trattato legava l’EIRE alla corona con un giuramento di fedeltà e membro del Commonwealth britannico. L’ Irish Free State era composto dalle 26 contee a sud dell’isola, per le sei contee a nord (a maggioranza protestante) il trattato d’indipendenza veniva sospeso in attesa che la popolazione decidesse se aderire al nuovo stato cattolico. La volontà popolare si espresse contro questa eventualità e nel 1925 la Commissione per i Confini decretò diviso lo stato. Negli anni 50 l’IRA si divise in una linea official (aliena da forme di lotta violenta) ed una cosiddetta provisonal IRA (PIRA) improntata su una struttura tipicamente militare che faceva largo uso della violenza che ottenne notevole appoggio dalla Libia che fornì diverse navi cariche di armi ed esplosivo. Negli anni a venire vi furono diversi momenti di tensione e innumerevoli attentati. Passi verso una riappacificazione: 1993 Downig Street Declaration Primo Ministro Major e Capo del Governo Irlandese sottoscri- vono un impegno di cooperazione per il raggiungimento di una soluzione pacifica che riconosca il diritto all’autodetermina- zione del popolo irlandese.

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10/06/98 Acc. del Venerdì Santo Il governo Irlandese ha promesso di emendare la propria costituzione in modo che non vi siano ulteriori rivendicazioni sul territorio dell’ULSTER (Irlanda del NORD) ed ha solenne- mente riconosciuto che le sei contee a maggioranza protestante fanno parte legittimamente del Regno Unito. Il governo britan- nico si è impegnata a legiferare in modo da favorire l’unifi- cazione dell’Irlanda qualora questa fosse la volontà della po- polazione. A conferma della volontà di coinvolgere il popolo irlandese nelle future decisioni, l’accordo del Venerdì Santo è stato sottoposto a verifica referendaria ed approvato sia in ULSTER che nell’EIRE. Struttura dell’IRA: la struttura si può definire simil-esercito, è organizzata in ma- niera verticistica in brigate e battaglioni; gran parte dei suoi membri non sono in servizio permanente effettivo, ma sono volontari quindi non addestrati e specializzati. Essi si occupano prevalentemente di operazioni satellite come raccolta dei fondi, smistamento delle informazioni e sostegno logistico alle opera- zioni militari. Fiore all’occhiello di questa organizzazione è l’intelligence. Si pensa che il numero dei partecipanti alle ope- razioni terroristiche non abbia superato il numero di 200 elementi.

L'ETA ETA è l'acronimo che sta per Euskadi Ta Askatasuna ovvero Paese e Libertà. Il paese basco è formato da quattro province spagnole e una francese del Béarn. Si tratta di una unità linguistica animata da un forte spirito autonomistico. Sebbene il nazionalismo basco ha origini lontanissime, è solo dopo la seconda guerra mondiale che l'ETA diventa un vero e proprio movimento clandestino organizzato per la lotta armata. Lo spirito autonomistico fu aspramente combattuto dal generale Franco con una politica di assimilazione linguistica rigida. Egli infatti cercò sempre di ostacolare le politiche che a suo dire potevano rappresentare una minaccia per l'unità nazionale. Nel caso basco, in particolare, si cercò di attuare l'eliminazione dell'Euskara (lingua basca formata da 8 dialetti e 25 sottodialetti) attuando un vero e proprio genocidio culturale. Sebbene con la fine della seconda guerra mondiale vi fu la sconfitta del regime fascista, il Franchismo non fu completamente debellato e sopravvisse in molti ambiti quali il sistema giudiziario e nelle forze armate e di polizia. La genesi storica dell'ETA si può far risalire ai primi anni cinquanta quando un gruppo di studenti fondò una rivista (EKIN) i cui intenti erano riflettere sul passato e sul presente della nazione basca e cercare di aggregare colori i quali fossero interessati al problema. Finanziamento: imposizione di una tassa rivoluzionaria a commercianti e imprenditori baschi, rapimenti a scopo estorsivo di personalità. Obiettivi: i principali obiettivi delle azioni terroristiche furono indirizzate verso gli alti gradi delle gerarchie militari. Questo modo di agire trova giustificazione nel fatto che alla morte del generale Franco le forze armate assunsero il ruolo di garanti dell'unità nazionale e di contrasto a qualunque forma di separatismo. Le azioni dell’Eta furono spesso di provocazione in modo da generare una reazione dell'esercito al fine di interrompere il processo democratico in atto considerato contrario agli interessi del popolo Basco.

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IL CASO CECENO I motivi del terrorismo ceceno è dovuta al fatto che questa terra non si è mai assoggettata alla potente russia. Considerazioni:

− la cecenia è a maggioranza musulmana sunnita; − fu dissolta come realtà territoriale da Stalin nel 43 accusata di essere collaborazionista con i

nazisti. Eventi più importanti:

2. attentato al teatro di Dubrovka: 23 ottobre 2002, 40 terroristi (21 uomini e 19 donne) presero in ostaggio 950 persone chiedendo il ritiro delle truppe russe dalla Cecenia e cercando di dare il massimo risalto all'azione. Putin non negoziò per non dare loro visibilità e diede l'ordine di assaltare il teatro. 200 morti fra terroristi (tutti) e spettatori.

3. Attentato alla scuola di Beslan: 1 settembre 2004, i terroristi presero in ostaggio circa 1300 persone; anche questa volta putin non negozio e diede l'ordine di attacco, uccisi tutti gli attentatori tranne uno e 340 ostaggi. Perchè proprio Beslan? Perchè era stato il punto di partenza dell'invasione russa in Cecenia e molti russi poi erano rimasti li.

Richieste: ritiro delle truppe russe e rilascio del prigionieri, incontro con i presidenti di Inguscezia e ossezia del nord, con un deputato della duma Aslakhanov e con il pediatra delle missioni impossibili Rosha.

IL SEQUESTRO DI OSTAGGI Questo tipo di azione terroristica solitamente avviene mediante un’irruzione in un edificio e la presa in ostaggio delle persone presenti. La fine del sequestro solitamente avviene:

− se i sequestratori ottengono quello che avevano chiesto e rilasciano gli ostaggi; − se una persona che ha il loro rispetto dice loro di fermarsi ed arrendersi; − se vi è irruzione e scontro a fuoco.

I metodi per gestire queste situazioni sono:

2. scontro a fuoco: per alcuni negoziare significa dare luce e visibilità ai sequestratori e creare un precedente pericoloso ed emulabile, quindi bisogna uccidere al più presto i sequestratori anche sacrificando gli ostaggi;

3. negoziazione: rifiuto assoluto dell’idea di perdere gli ostaggi; gli attentatori non hanno nulla da perdere;

4. terza opzione: avviare contatti informali senza entrare in un vero e proprio negoziato (della serie.. parliamone ma non scendo a compromessi.. ).

BREVE SINTESI DEL TERRORISMO IN ITALIA In Italia, come in altri paesi tipo Germania, Francia, Inghilterra e Stati Uniti, verso la fine degli anni sessanta si svilupparono dei movimenti studenteschi che protestavano per l’arretratezza del sistema universitario ed auspicavano un passaggio da modello d’elite a quello di massa. Le istituzioni non seppero reagire prontamente a queste richieste e la protesta divenne sempre più forte fino a coinvolgere altri settori ed in particolare la classe operaia. Nel ventennio 69-88 vi furono 428 morti. In Italia sono coesistiti due terrorismi diversi e contrapposti. Quello nero, che tentava con lo stragismo di arginare la conquista del potere da parte delle forse rivoluzionarie, e quello rosso che con le stragi cercava di “svegliare” la classe operaia richiamandola alla sua naturale vocazione rivoluzionaria.

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LA DESTABILIZZAZIONE LIBICA Il periodo che va dalla fine degli anni 70 alla fine degli anni 80 rappresenta un momento cruciale nella storia del paese. Il leader libico GHEDDAFI comincio un programma di riarmo di proporzioni mai viste prima. La Libia, grazie a una non comune capacità estrattiva e da un buona politica commerciale ebbe ingenti risorse economiche che consentirono di disporre in breve tempo di un possente armamento bellico. Ma questo non servì perché la Libia perse tutte le sue guerre. I soldati non erano preparati ed aggiornati ad usare i nuovi equipaggiamenti messi a loro disposizione. GHEDDAFI cambiò rotta e pensò a una strategia che azzerasse le differenze belliche: il terrorismo.

2. 5/6/1986: attentato alla discoteca “La belle” di berlino (tre morti, due di loro soldati americani, e 200 feriti);

3. 21/12/1988: volo PAN AM Lockerbie 259 morti; 4. 19/11/1989: volo UTA 772 Nigeria 170 morti.

La Libia fu sanzionata con l’embargo fino a quando Gheddafi non ammise la responsabilità civile e risarcì le vittime. I rapporti con l’Italia sono sempre stati caratterizzati da un “tira e molla”. Se da una parte Gheddafi istituì la “Giornata della Vendetta” (7 ottobre) in cui si chiedeva un risarcimento all’Italia per il suo passato coloniale, dall’altra la Libia acquistava il 10% della fiat e dava miliardi di dollari di commesse all’ENI nella consapevolezza che il nostro paese rappresentava il maggior partner commerciale nel mondo. Recentemente l’Italia si è impegnata a realizzare investimenti per 200 milioni di euro all’anno per venticinque anni a risarcimento delle guerre coloniali.

IL MEDIORIENTE E LA QUESTIONE PALESTINESE Il medio oriente è da anni uno dei punti più caldi della terra e la questione palestinese una delle più difficili da risolvere. Terra ed aspirazioni territoriali sono sempre stati il cuore della lotta, ma le cause del conflitto arabo-israeliano sono più profonde della semplice disputa di territori. Secondo l’autore della dispensa, Il terrorismo in Medio Oriente (*) non nasce con la guerra dei sei giorni (4-10 giugno 1967) ma ben prima della nascita di Israele (per inciso.. 14 maggio 1948), semmai dopo questo evento nasce il terrorismo palestinese. La storia che ha portato alla nascita dello stato di Israele ha un punto di partenza che possiamo individuare nella dichiarazione di Belfour nel 1917, nella quale si affermava che il Governo Britannico avrebbe favorito la nascita di un “focolare nazionale” per il popolo ebreo. La motivazione ufficiale che hanno portato a questa dichiarazione era che già la Francia aveva pronunciato un discorso simile che non aveva però avuto la stessa eco, e sposando la causa ebrea si rafforzava la presenza inglese. La motivazione ufficiosa è che fu fatta per gratitudine verso Weizmann forte sostenitore della causa sionista che aveva scoperto un metodo di raffinazione dell’acetone che serviva per produrre la cordite usata negli esplosivi (ed in tempo di guerra era molto importante). Fino alla seconda guerra mondiale, unico attore sulla scena mediorientale era stato il regno unito che era una potenza coloniale, ma la sua decadenza porto sulla scena Gli Usa e l’Unione Sovietica che egemonizzarono la scena internazionale con la “Guerra Fredda” e cercarono di sostituirsi alla Gran Bretagna nelle questioni che riguardavano il Medio Oriente. Gli Ebrei dimostrarono un grande dinamismo raccogliendo fondi e cercando di sensibilizzare i paesi occidentali. Gli arabi, invece, sebbene nelle intenzioni fossero per l’unità dei popoli arabi, nei fatti si contraddistinsero per le divisioni interne, ognuno alla ricerca del proprio potere e per l’assenza di coordinamento fra i vari comandi. Sebbene sulla carta gli arabi disponessero di un apparato di gran lunga superiore agli ebrei, persero tutti e cinque i conflitti a cui parteciparono (**). (*) definizione di Medio Oriente: Anatolia e i paesi sulla sponda asiatica del Mediterraneo (Turchia, Cipro, Siria, Libano, Israele, Palestina Egitto), la Giordania, la penisola arabica (Arabia

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saudita, Bahrein, Oman, Quasar, Yemen, Emirati Arabi Uniti), paesi del golfo persico (Iran, Iraq, Kuwait). (**) 1° conflitto: 15/5/1948 il giorno dopo la creazione di Israele (Israele contro coalizione di stati arabi guidata dall’Egitto) 2° conflitto 1956 con la Crisi di Suez (Israele contro Egitto) 3° guerra dei sei giorni 4-10/6/1967 (Israele contro Egitto, Siria, Giordania) 4° nel 1973 noto come guerra del Kippur; 5° nel 1982 Israele-Libano.

HAGANAH, IRGUN E BANDA STERN, VERSO LA NASCITA DELLO STATO DI ISRAELE L'Haganah era soprattutto un'organizzazione civile, influenzata dalle varie organizzazioni dei lavoratori ebrei della Palestina, ma dopo i disordini arabi del 1929, da milizia non addestrata diventa un esercito capace, inizia un programma di addestramento e istituisce un deposito d'armi centrale. Nei tre anni che vanno dal 1936-1939, si scatena in Palestina la grande rivolta araba, rivolta innescata dalle prime persecuzioni ebree ad opera di Hitler e questo comporta un arrivo in massa di ebrei nella stessa Palestina. L’Haganah passa da milizia a corpo militare per proteggere gli interessi britannici e soffocare la rivolta araba. Nel 1937 sempre rimanendo nel quadro violento della rivolta araba, gli elementi più di destra dell'Haganah si staccarono e andarono a costituire l'Irgun (Organizzazione Militare Nazionale) conosciuta come ETZEL, scontenti delle restrizioni causate dalle pressioni britanniche e arabe. Per placare gli arabi, gli inglesi limitarono severamente l'immigrazione diretta verso la Palestina e l'Haganah iniziò ad organizzare immigrazioni illegali e dimostrazioni contro la Gran Bretagna. Durante il primo anno della seconda guerra mondiale, le autorità britanniche chiesero all'Haganah di cooperare ancora con loro, nel malaugurato caso che Rommel fosse riuscito ad arrivare in Palestina, ma gli inglesi fecero un passo indietro nel loro incondizionato sostegno all'Haganah. Nel 1943, dopo una lunga serie di richieste e negoziazioni, l'esercito britannico creò le Brigate Ebraiche. Nella Brigata entrarono molti giovani sfuggiti alle persecuzioni e persino i terroristi che furono liberati. Tra questi ultimi c’era anche Abraham Stern, di tendenze estremistiche. Se l’azione dell’Irgun si distaccava dall’Haganah per la maggiore aggressività militare e in ogni caso per la sfiducia nella trattativa e nella diplomazia, così la Banda Stern era la versione più violenta ed efferatamente terroristica dell’intero movimento. Durante la guerra l'Haganah rafforza ulteriormente le sue basi indipendenti, viene così istituito uno speciale programma di addestramento per i giovani del paese e creato il primo reggimento dell'Haganah: il Palmach (compagnie d'assalto). Alla fine della guerra, quando diventa chiaro che la Gran Bretagna non ha nessuna intenzione di modificare la sua politica anti-sionista, prende forma il Movimento di Resistenza Ebraico guidato dalla Haganah con la cooperazione dell'Irgun e della Banda Stern e inizia una lotta aperta contro gli inglesi. Successivamente. Dopo la creazione dello Stato di Israele (14 maggio) il Movimento di Resistenza Ebraico cessa di esistere e il governo provvisorio creò Forze di Difesa Israeliane che avrebbero preso il posto dell'Haganah. Proclamò illegale l'esistenza di qualsiasi altra forza armata. L'Irgun sfidò queste decisioni che diedero luogo a un breve scontro con l'Haganah e Irgun. Alla fine l'Irgun depose le armi e trasformò il suo esercito in un partito politico: l’Herut.

OLP: TERRORISMO SENZA CONFINI Il terrorismo messo in atto dell’OLP nasce a seguito della “guerra dei sei giorni” nel 1967, Israele conduce in modo travolgente un conflitto contro Egitto, Siria e Giordania sconfiggendoli in sei giorni e conquistando nuove terre. Dopo la fine di questo conflitto, l’OLP capisce che bisogna distruggere Israele e quindi fanno del terrorismo un forte strumento di pressione politica, sia contro Israele, sia contro obiettivi israeliani nel mondo. Dal 1967 alla metà degli anni ‘70 c’è una forte esplosione di atti terroristici contro Israele e contro gli Stati ritenuti amici di Israele. Non nasce

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assolutamente come organizzazione terroristica ma col passare degli anni lo diventa per poi ridiventare nuovamente un’entità riconosciuta dalla comunità internazionale come unica organizzazione a rappresentare il popolo palestinese e contrastare il terrorismo di altre organizzazione come Hamas e la Jihad Islamica. L’O.L.P. (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) fu fondata nel maggio del 1964 a Gerusalemme, su iniziativa della Lega araba e in particolare del presidente egiziano Nasser, allo scopo di riunire la resistenza palestinese e porla sotto il diretto controllo dei paesi arabi. L’O.L.P. sosteneva la distruzione dello stato d’Israele e l’istituzione di uno stato palestinese sull’intera regione. Nel 1968 la leadership dell’O.L.P. venne assunta da Yasser Arafat che trasformò l’organizzazione in un’efficace strumento militare e diplomatico, portando la questione palestinese all’attenzione internazionale. Nel 1974 l’O.L.P. venne riconosciuta come “unico e legittimo rappresentante dei palestinesi” dai leader arabi riuniti a Rabat (Marocco) e nello stesso anno le venne attribuito lo status di osservatore permanente alle Nazioni Unite. Nel 1988, dopo lo scoppio dell’intifada e la rinuncia della Giordania a ogni rivendicazione sulla Cisgiordania, l’O.L.P. operò una nuova svolta nella sua strategia, decise infatti di accettare integralmente le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che riconoscevano il diritto alla sovranità di tutti gli stati del Medio Oriente, ivi compreso Israele, e imponevano a quest’ultimo il ritiro dai territori occupati a partire dalla guerra dei Sei giorni. Riconoscendo, sebbene non ufficialmente, lo stato israeliano, l’O.L.P. proclamò al contempo la costituzione di uno stato palestinese indipendente, con Gerusalemme capitale. I diversi gruppi che si costituirono attaccarono praticamente tutto il mondo, considerandolo globalmente complice del loro nemico, Israele, senza limiti e senza confini. Il caso degli attentati agli aeroplani ne è una prova: la lista dei passeggeri poteva essere composta dalle personalità più varie, potevano anche esserci amici di palestinesi. Confluirono nell’OLP diversi gruppi, i principali dei quali erano: - Al Fatah, diretto da Yasser Arafat; - il Fronte popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), diretto da George Habbash e poi

da Wadi Haddad; - il Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina (FDPLP).

Nessun altro terrorismo ha avuto lo stesso raggio planetario di questo, che ha mirato sempre, più ancora che a colpire all’interno di Israele, a raggiungere i Paesi che si schieravano dalla parte “sionista” . Al primo posto viene l’Italia essendo l’Italia condizionata non soltanto dalla particolare collocazione geografica, quanto piuttosto da una singolare contraddizione politico-ideologica. Rigidamente schierata a livello ufficiale sulle posizioni filoisraeliane dettate dagli Stati Uniti, l’Italia era allo stesso tempo neutralista e di apertura filoaraba (la sua politica energetica l’aveva portata ad avere un rapporto privilegiato con il mondo arabo). Fu scelto come obiettivo i mezzi di trasporto, per l’indiscriminatezza dei loro possibili passeggeri. Il sequestro della nave da crociera Achille Lauro nel 1978. Gli ambasciatori d’Italia e Germania (in base alle cittadinanze più rappresentate tra i passeggeri), convenirono a un accordo per concedere un salvacondotto ai dirottatori, in cambio della liberazione della nave. Liberati gli ostaggi, si scoprì che i terroristi avevano ucciso uno dei passeggeri, ebreo di cittadinanza statunitense. Tra le varie conseguenze di quell’episodio gli operatori turistici italiani dovettero verificare l’eccezionale caduta delle presenze di viaggiatori statunitensi nell’anno successivo.

IL TERRORISMO DEGLI ANNI 90 Negli anni 80 la violenza suicida si diffuse in Libano e venne adottata sistematicamente parte degli Hezbollah (letteralmente .. partito di dio). Questa organizzazione fu creata al fine di unire i gruppi islamici per contrastare l’invasione del Libano da parte di Israele nel 1982 messa in atto per proteggere gli abitanti della Galilea dagli attacchi terroristici. La resistenza non disponendo di un esercito equipaggiato e con avendo capacità militari adotto una tecnica di “mordi e fuggi” cercando con le proprie azioni di portare il maggior

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numero di danni all’esercito israeliano. Per i vertici di Hezbollah il gap militare poteva essere colmato solo con il martirio. Attraverso processi di imitazione e collaborazione questa forma di violenza si trasferì negli anni 90 nei territori occupati palestinesi dove l’idea del martirio si saldo a quello del jihad (guerra santa contro gli infedeli). Gli attacchi suicidi entrarono quindi nel vasto repertorio delle forme di vilenza adottate contro Israele. Possiamo notare due ondate diverse di attacchi suicidi portati nella maggior parte dei casi su mezzi pubblici nei territori di Israele: la prima ondata dal 1993 al 1999, detta ondata di Oslo, che coincise con il fallimento dell’omonimo processo di pace tra Israele e Autorità Nazionale Palestinese; ci furono in questo periodo 24 episodi; la seconda ondata, dal 2000 al 2005, coincidente con la seconda intifada, che porto ben 129 eventi. Furono scelti nella stragrande maggioranza dei casi mezzi pubblici (autobus in particolare) soprattutto per la facilità di esecuzione dell’attentato (era facile trovare un obiettivo, non destava sospetti, alto numero di morti, presenza di giornalisti nel contesto urbano e quindi massima visibilità).

HAMAS Lo scoppio dell’Intifada (rivolta, insurrezione) trasforma la causa palestinese che in un primo tempo incarnava gli ideali del nazionalismo arabo. Questa nuova rivolta permette ad alcuni islamismi di avere un’eco mediatica in tutti i territori occupati soprattutto quando i Fratelli Musulmani abbandonarono il loro atteggiamento quietista passando al jihad contro gli occupanti con la creazione di HAMAS una settimana dopo l’inizio della ribellione (8 dicembre 1987). I Fratelli Musulmani era un movimento creato in Egitto nel 1928 da un insegnante egiziano Hassan al Banna che si prefiggeva di Islamizzare La Modernita’. Il motto era “Il Corano è la nostra Costituzione e la Jihad è la nostra vita” La situazione dei giovani palestinesi era critica: la nuova generazione aveva avuto accesso in maniera massiccia agli studi ma ora diplomati e laureati si trovavano a fare i braccianti in Israele; il dimensionamento del mercato petrolifero di quegli anni aveva portato una grave crisi economica che aveva portato ad una riduzione drastica degli investimenti e dello sviluppo dei territori occupati. Fu proprio in questo contesto che si manifestarono gli scontri più violenti. L’OLP e HAMAS entrarono in concorrenza per dirigere l’Intifada. Hamas cercò di canalizzare la rabbia sociale di questa gioventù e trasformarla in uno “zelo (Hamas)” religioso al servizio del proprio progetto di società.

DIFFERENZE FRA HAMAS E AL-QAEDA Si noti che tra Hamas e Al-Qaeda di Bin Laden ci sono notevoli differenze: Hamas è un movimento fondamentalista «nazionale», cioè radicato in uno specifico territorio (la Palestina), ha come scopo immediato la cacciata degli ebrei dalla Palestina e l'instaurazione di uno «Stato islamico» che vada dal Mediterraneo al Giordano mentre al-Qaeda è «transnazionale» e sogna l'istituzione del califfato e l'islamizzazione dell'Occidente «ateo e corrotto» e il suo primo nemico è rappresentato dagli Stati Uniti. Si deve poi notare che, in Palestina, Hamas è il più importante, ma non l'unico movimento terrorista. Oltre al Jihad Islamico, ci sono le Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, legate ad Al-Fatah.

IL TERRORISMO ISLAMICO Per capire cosa porta a questo tipo di terrorismo bisogna inquadrare l’Islam che è una fede ma anche uno stile di vita, e quindi è un sistema di leggi tratte dal Corano attraverso le quali viene disciplinato tanto il culto quanto il comportamento terreno. Nell’occidente i termini di stato e di nazione hanno il significato di identità, di auto-

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rappresentazione e di appartenenza di un popolo. Nell’Islam uno stato è tale solo per l’aspetto geografico, nel senso dello spazio e la nazione è il popolo (umma), ovvero la comunità identificata dalla comune fede religiosa. Ne consegue il mito di un super-stato, che comprenda tutti i paesi arabo-musulmani, i cui confini siano delimitati dalla umma. Il fondamentalismo islamico è una corrente di pensiero e di azione, interna al mondo islamico, che si propone tre obiettivi: - l'applicazione della sharí'a (legge islamica desunta dal Corano) in tutti i Paesi musulmani; - l'unificazione di tutti i Paesi a maggioranza musulmana in una sola realtà politico-religiosa

guidata da un califfo; - l'islamizzazione del mondo intero. Il terrorismo islamico ha come obiettivo l’eliminazione degli infedeli e dei traditori dell’Islam e lo jihad non è solo una difesa della umma attaccata ma assume una valenza offensiva nei loro confronti.

I MUJAHEDDIN

I MUJAHEDDIN del popolo iraniano o Esercito di Liberazione Nazionale dell'Iran è un partito politico tra i più attivi nell'opposizione al regime teocratico che ha preso il potere in Iran successivamente alla rivoluzione del 1979. È stata considerata per molti anni un'organizzazione terroristica. Il partito dei MUJAHEDDIN è stato fondato nel 1965 da due studenti dell'Università di Teheran. Inizia la sua attività successivamente alla rivoluzione iraniana che ha portato all'instaurazione di un regime teocratico che ancora oggi vigente e basato sull'interpretazione ferrea dei precetti del Corano e l'applicazione della SHARIA. Prima che potessero essere in grado di condurre azioni militari di importante valore contro il regime, un'operazione della SAVAK, la polizia segreta dello shah, trasse in arresto tutti i leader ed il 90% dei quadri dirigenti. La maggior parte dei capi furono fucilati, mentre gli altri affiliati rimasero in carcere per anni venendo sottoposti alle più atroci torture per la loro attività di opposizione al regime. Coloro che furono capaci di sopravvivere a queste persecuzioni, trovarono rifugio in altre nazioni per lo più usufruendo dello status di rifugiati politici o continuarono a vivere in Iran ma nella completa clandestinità per il pericolo di persecuzioni da parte della spietata polizia militare di Teheran. Sebbene il gruppo abbia inizialmente realizzato un'opposizione oltre che politica anche militare contro il regime iraniano, attualmente ha cessato ogni attività militare perseguendo una più civile quanto proficua opposizione politica.