Risonanze Planetarie - Astrofisica

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Risonanze Planetarie Riccardo Della Monica (N85/467) A.A. 2014-2015

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Review sul fenomeno dell risonanze spin-orbita e orbitali.

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Risonanze Planetarie

Riccardo Della Monica (N85/467)

A.A. 2014-2015

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Capitolo 1

Introduzione

L’origine della ricerca di un ordine naturale, di un’armonia celeste, nell’universoosservabile si perde nella notte dei tempi. Sin dall’antichità, infatti, sono te-

stimoniate ricerche sui rapporti semplici che si ottengono mettendo in relazione traloro le distanze e i periodi dei moti planetari. Il nome stesso che gli antichi grecidavano al’universo, il cosmo, dal greco kósmos (κόσμος): ordine di tutte le cose,opposto al caos, lascia intuire quanto fosse diffusa la credenza che ci fosse un’unitàordinata e regolare di tutte le cose. I filosofi della scuola di Mileto, Anassimandrosu tutti, crearono un modello musicale del cosmo, secondo cui i diversi corpi ce-lesti erano tra loro accordati e risuonavano negli stessi rapporti che sussistono trale diverse armoniche delle note musicali. Succesivamente, fu proprio la profondafede nella commensurabilità delle orbite dei pianeti a spingere Johannes Kepler acompiere l’immane opera di analisi dei dati di Tycho Brahe, raccolta nei suoi scrittidall’emblematico titolo Harmonicae Mundi, dai quali egli ricavò le sue famosissimetre leggi, che mettono in luce la struttura geometrica e regolare del Sistema Solare.Quando Isaac Newton formulò la sua teoria della gravitazione universale, si riuscìa dare una struttura matematica alle orbite per un sistema binario e quando suc-cessivamente, con l’avvento della meccanca lagrangiana prima e hamiltoniana dopo,si riuscirono a modellizzare sistemi complessi di più corpi per via perturbativa, siottenne la riprova teorica che una situazione risonante può conferire grande stabilitàa un sistema che ne resti intrappolato.

In questo lavoro cercherò di illustrare in maniera qualitativa i diversi tipi dirisonanza che si incontrano nel Sistema Solare, mettendone in luce alcuni aspettiquantitativi fisici e matematici, e fornendo una serie di esempi osservabili per ciascunfenomeno trattato.

Definizione di RisonanzaSi dice che due o più corpi sono in uno stato di risonanza quando vi è una

relazione semplice (esprimibile come rapporto fra numeri interi) tra le frequenze e iparametri caratteristici che ne descrivono il moto.

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CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

Figura 1.1: Estratto del trattato Harmonicae mundi di Keplero, in cui vengonomessi in relazione i pianeti del sistema solare e sequenze armoniche di note musicali.

A seconda delle grandezze cinematiche coinvolte, si classificano diversi tipi di riso-nanze:

- Risonanza Spin-Orbita: si ha quando il periodo di rotazione di un corpo celesteattorno al proprio asse è confrontabile con quello di rivoluzione (Capitolo2).

- Risonanza Orbitale: si ha quando due corpi celesti gravitazionalmente legati auno primario, hanno periodi di rivoluzione il cui rapporto è esprimibile comerapporto di numeri interi (Capitolo 3).

- Risonanza Secolare: si ha quando la frequenza di precessione di orientazionedell’orbita è confrontabile con quella della direzione normale all’orbita (questotipo di risonanza non verrà trattato in questa tesina perché una semplice di-scussione qualitativa risulta del tutto inefficace a una descrizione dei fenomenia essa legati e, d’altra parte, una discussione quantitativa richiede l’impiego distrumenti matematici altamente sofisticati).

Nel Sistema Solare vi sono numerosi esempi delle diverse configurazioni di risonanza.che spesso costituiscono la fine di un pocesso evolutivo che tende a modificare iparametri orbitali dei corpi, fino a portarli in una situazione risonante di particolarestabilità. Tali risonanze, infatti, sono self-excited, nel senso che non è necessaria unaforza perturbativa esterna per generarle, ma è la sola forza gravitazionale interna alsistema a realizzare la situazione più stabile. Più in avanti ci soffermeremo megliosulla stabilità o instabilità delle configurazioni risonanti e sul problema della loroorigine.

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Capitolo 2

Risonanza Spin-Orbita

Si dice che un corpo celeste (satellite) è in uno stato di risonanza spin-orbitaquando il suo periodo di rotazione attorno al proprio asse è confrontabile con quellodi rivoluzione attorno al suo primario. La risonanza spin-orbita è un fenomenomolto comune nel nostro Sistema Solare e coinvolge quasi tutte le lune principalidei diversi pianeti. Tale ricorrenza non può essere casuale e implica un processoevolutivo che porta all’instaurarsi della stessa. Nella Tabella 2.1 sono riportatii periodi di rotazione e rivoluzione per i principali satelliti naturali del SistemaSolare. Come si osserva, il caso più frequente è l’instaurarsi di una risonanza spin-orbita 1:1 (rotazione sincrona o tidal locking) come quella in cui si trova la Luna,la quale volge alla Terra sempre la stessa faccia. Vedremo in seguito che, per basseeccentricità dell’orbita, la risonanza 1:1 conferisce stabilità al sistema. Mentre, colcrescere dell’eccentricità (situazione che si verifica per Mercurio, la cui orbita èfortemente perturbata dagli altri pianeti), entrano in gioco risonanze spin-orbita diordine maggiore come quella 3:2 in cui è intrappolato Mercurio.

Figura 2.1: Risonanza Spin-Orbita nel sistema Terra-Luna.

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CAPITOLO 2. RISONANZA SPIN-ORBITA

Corpo Celeste Trot (days) Triv (days) Trot/Triv

Terra

Luna 27,3 27,3 1,0

Marte

Phobos 0,319 (7h39m) 0,319 (7h39m) 1,0Deimos 1,26 1,26 1,0

Giove

Io 1,77 1,77 1,0Europa 3,55 3,55 1,0

Ganimede 7,15 7,15 1,0Callisto 16,7 16,7 1,0

Urano

Miranda 1,41 1,41 1,0Ariel 2,52 2,52 1,0

Umbriel 4,14 4,14 1,0Titania 8,7 8,7 1,0Oberon 13,5 13,5 1,0

Saturno

Mimas 0,9 0,9 1,0Encelado 1,4 1,4 1,0

Teti 1,9 1,9 1,0Dione 2,7 2,7 1,0Rea 4,5 4,5 1,0

Titano 16 16 1,0Giapeto 79 79 1,0

Plutone

Caronte 6,38 6,38 1,0

Sole

Mercurio 87,97 58,65 1,5 (3:2)

Tabella 2.1: Principali esempi di risonanza spin-orbita nel sistema solare.

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CAPITOLO 2. RISONANZA SPIN-ORBITA

Dinamica della risonanza spin-orbitaL’instaurarsi della risonanza spin-orbita in un sistema binario in cui uno dei corpi

è nettamente più grande e massiccio dell’altro è una diretta conseguenza dell’azionedi forze mareali tra i due corpi. Il processo che porta al tidal locking di un satellitepuò avvenire in una sacla di tempi molto variabile, in funzione delle masse dei pianetie soprattutto del semiasse dell’orbita del satellite, secondo la legge:

tlock ≈ωa6IQ

3Gm2pk2R

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dove:

• ω è la pulsazione orbitale del satellite.

• a è il semiasse maggiore dell’orbita del satellite.

• I è il momento d’inerzia del satellite rispetto all’asse di rotazione su se stesso(contiene all’interno la massa ms del satellite).

• Q è la funzione di dissipazione (per risaldamento mareale, o tidal heating) erappresenta l’energia dissipata internamente al satellite ogni orbita.

• G è la costante di gravitazione universale.

• mp è la massa del pianeta primario.

• k2 è il secondo numero di Love e rappresenta il coefficiente di rigidità di uncorpo rigida sotto l’azione di un potenziale mareale.

• R è il raggio medio del satellite.

Il processo che porta alla formazione di risonanze spin-orbita segue, per linee gene-rali, tre tappe fondamentali che vedono l’azione mareale, esercitata dal pianeta sulsatellite, perturbare i suoi parametri orbitali fino all’instaurarsi della risonanza.

1. Deformazione mareale

Consideriamo un satellite che orbita in una traiettoria (in prima approssimazionecircolare) attorno al suo pianeta, il cui periodo di rotazione è scorrelato da quellodi rivoluzione (situazione iniziale diasincronia). Esso risentirà di un gradiente gra-vitazionale dovuto alle sue dimensioni finite e pertanto la forza gravitazionale saràmaggiore nei punti più vicini al pianeta e minore in quelli in più lontani. Inoltre,siccome il satellite ruota attorno al centro di massa del sistema, i punti più lontanida quest’ultimo risentiranno di una forza centrifuga maggiore rispetto a quelli piùvicini. Il risultato netto di questa combinazione di forze è uno schiacciamento delsatellite (ma anche del pianeta) lungo l’asse congiungente i due corpi, come mostratoin Figura 2.2. Siccome il satellite è un corpo rigido, il processo della deformazione(non elastica) è dissipativo e comporta la perdita di energia dal parte del sistemacon conseguente riscaldamento mareale (tidal heating).

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CAPITOLO 2. RISONANZA SPIN-ORBITA

Figura 2.2: Deformazione per forze mareali del satellite.

ψ

θ v

Figura 2.3: Angolo di tilt ψ che si forma tra l’asse di simmetria della protuberanzae la congiungente tra satellite e pianeta. Gli angoli θ e v saranno molto utili inseguito per esprimere il moto medio del satellite.

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CAPITOLO 2. RISONANZA SPIN-ORBITA

2. Tidal Despinning e Tidal Locking

Il corpo deformato continuerà nel suo moto di rotazione e rivoluzione attornoal suo pianeta e, siccome la deformazione non è istantanea, ma richiede un suotempo caratteristico, la protuberanza risulterà inclinata di un certo angolo rispettoalla congiungente i corpi (tilt). Tale angolo di inclinazione farà sì che le forze digravità generino sul satellite deformato un momento torcente non nullo che varierài parametri orbitali del corpo. Se A, B, e C, sono i termini diagonali del tensored’inerzia del satellite nel riferimento baricentrale GXY Z e assumendo che la forzadi marea assuma all’ordine più basso la forma:

FT =2Gmsmp

r3dr

dove r è la distanza tra i centri di massa del pianeta (di massa mp e consideratopuntiforme) e del satellite (di massa ms e diametro dr). In queste ipotesi, le trecomponenti del momento torcente sul corpo saranno:

Nx =3Gmp

r5Y Z(C −B)

Ny =3Gmp

r5XZ(A− C)

Nz =3Gmp

r5XY (A−B)

Applicando l’equazione di Eulero relativa all’angolo θ e riscrivendo X e Y in terminidegli angoli definiti in Figura 2.3, si ottiene:

θ̈ =Nz

C= −3Gms

r3A−BC

sinψ cosψ = −3Gms

r3A−BC

sin(2(v − θ))

che contiene tutta la dinamica del fenomeno di despinning operato dal pianeta sulsatellite deformato. L’unica approssimazione fatta finora è che il pianeta sia punti-forme, ma gli effetti dati dalla geometria del pianeta sono di ordine trascurabile perla trattazione in corso.

3. Risonanza

L’equazione differenziale ottenuta presenta un ritratto di fase che alterna zonecaotiche a zone di stabilità. In particolare, quando l’eccentricità dell’orbita è nulla(consideriamo, a tal proposito, i termini di ordine 0 dello sviluppo ellittico del se-condo membro dell’equazione differenziale, ovvero quelli per cui e = 0) e il periododi rotazione è pari a quello di rivoluzione del satellite (caso di risonanza 1 : 1), cioèper

θ = pn = pv̇

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CAPITOLO 2. RISONANZA SPIN-ORBITA

Figura 2.4: Il ritratto di fase per un sistema come quello Terra-Luna. Nelle zonepunteggiate domina il caos. Le orbite stabili si trovano all’esterno di tali zone,che comunque vengono attraversate varie volte prima dell’instaurarsi di un’orbitarisonante.

Figura 2.5: Un caso molto particolare è il caso di Iperione (satellite di Saturno) che,a causa dell’elevata irregolarità geometrica, non ammette configurazioni risonantistabili, ma le ampiezze di risonanza si sovrappongono determinando un’evoluzionecompletamente caotica del moto spin-orbita del satellite.

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CAPITOLO 2. RISONANZA SPIN-ORBITA

l’equazione si riduce a quella di un pendolo semplice, sistema caratterizzato daun’elevata stabilità delle oscillazioni attorno a un punto di equilibrio:

γ̈ = −3

2n2B − A

C(S̄1 + S̄2) sin(2γ)

dove abbiamo definito:

• γ = (1− pt)v ⇒ γ̈ = pv̈ = θ̈

• S̄1 e S̄2 sono medie temporali effettuate su k periodi dei termini di ordine 0dell’espansione ellittica del secondo membro dell’equazone differenziale. Ciòcoincide con l’assumere circolare l’orbita del satellite.

Se invece si considera l’eventuale eccentricità dell’orbita del satellite come un para-metro perturbativo rispetto al quale sviluppare, mediante un’espansione ellittica, ilsecondo membro dell’equazione del moto, si ottiene:

γ̈ = −3

2n2B − A

C

{(S̄2 + S̄2) sin(2(θ − nt))+

−1

2(S̄4 − S̄3) [sin(2θ − nt) + 7 sin(3θ − 2nt)] e+ o(e2)

}Il primo termine è quello trovato prima, relativo alla rotazione sincrona (risonanza1:1), agli ordini successivi, emergenti man mano che l’eccentricità cresce, compaionoaltri tipi di risonanze (1:2, 3:2 e tutti gli altri interi e seminteri per ordini superiori).È il caso di particolare risonanza in cui si osserva Mercurio che compie tre rotazionisu se stesso, ogni due orbite complete attorno al Sole. Si pensa che questo particolarestato sia il frutto della grande perturbazione dell’orbita di Mercurio da parte deglialtri pianeti, che ne comporta una grande eccentricità.

Nei calcoli sono stati trascurati tutti gli effetti dissipativi dovuti agli attriti inter-ni al pianeta in risposta allo stress della deformazione mareale. Questa dissipazionesi traduce nel riscaldamento (tidal heating) del satellite (caso estremo è il sistema Io-Giove, in cui Giove utilizza Io come "valvola di sfogo" tramite cui dissipare energiarotazionale) e nello smorzamento delle oscillazioni del satellite fino al raggiungimen-to dell’equilibrio asintotico, corrispondente alla rotazione sincrona, dove vi è lamaggiore stabilità (punto di minimo del pendolo). Siccome l’equilibrio è asintotico isatelliti continuano in un lento moto di oscillazione attorno a tale punto di equilibrionoto come librazione il cui periodo coincide con quello della variabile γ.

Notiamo che l’effetto di locking è reciproco e anche il pianeta tende (molto piùlentamente, per via della sua massa più grande) a entrare in rotazione sincrona colsuo satellite. La Terra, infatti, rallenta il suo moto di rotazione di circa 15µs ognianno sotto l’effetto del despinning mareale; si stima però che la sincronia non verràmai raggiunta dalla Terra, perché il tempo necessario al raggiungimento tlock di talesituazione è maggiore di quello in cui il Sole, diventando una gigante rossa, ingloberàla Terra. Nel sistema Plutone-Caronte, invece, le cui masse differiscono di un soloordine di grandezza, c’è perfetta rotazione sincrona tra pianeta e satellite.

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Capitolo 3

Risonanza Orbitale

Due corpi celesti (satelliti) legati gravitazionalmente a un terzo (primario) sidicono in risonanza di moto medio o risonanza orbitale se si verifica che:

n1

n2

=p

p+ q

dove n1 e n2 sono i moti medi dei due pianeti definiti come n = 2πT

(supponiamo cheil satellite con moto medio n2 sia interno e quello con moto medio n1 sia esterno),e p e q sono due numeri interi positivi. In questo caso si dice che i corpi sono inrisonanza p+ q : p, ovvero che il corpo più esterno ha un periodo di rivoluzione paria p+q

pvolte quello interno. Da un punto di vista cinematico, la risonanza implica

che se a un dato istante i corpi sono in congiunzione, allora essi si ricongiungerannonello stesso punto quando il corpo interno avrà compiuto p+ q orbite, mentre quelloesterno ne avrà compiute p, incontrandosi nel frattempo (ma in punti diversi) q− 1volte. Il periodo tra due coniunzioni successive è dato da:

T =2π

|n2 − n1|=p

qT2 = p+ qpT1

Notiamo che la situazione di congiunzioni ripetute nella stessa posizione è possibilesolo nel caso dell’instauarsi di una risonanza. Se infatti non c’è commensurabilitàtra i moti medi, le conginzioni sucessive avverrano in punti differenti ed eventualieffetti perturbativi, una volta integrati su un cospicuo numero di orbite, risulterannonulli.

Relazioni simili valgono anche se la longituine media del pericentro ω̄ varia conun moto di precessione ( ˙̄ω 6= 0) e ciò si verifica quando l’eccentricità di uno dei duesatelliti non è più trascurabile. In tal caso la relazione di risonanza risulta:

(p+ q)n2 − pn1 − q ˙̄ω = 0 ⇒ n2 − ˙̄ω

n1 − ˙̄ω=

p

p+ q

Le quantità n2− ˙̄ω e n1− ˙̄ω sono i moti medi dei satelliti relativi al moto di precessionedel pericentro. Quindi, in questi casi, la congiunzione avverrà sempre nello stesso

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CAPITOLO 3. RISONANZA ORBITALE

punto e con le stesse caratteristiche illustrate prima, ma soltanto in un riferimentosolidale al pericentro che precede1. Si definisce argomento risonante, l’angolo:

ϕ = (p+ q)λ2 − pλ1 − qω̄

dato dall’integrazione della relazione di risonanza. Abbiamo indicato con λ gli an-goli che individuano i satelliti nel sistema di riferimento corotante col pericentro,grandezza definita come longitudine nel sistema di riferimento fisso. Quando c’ècongiunzione, λ1 = λ2 e dunque:

ϕ = q(ω̄ − λ2) = q(ω̄ − λ1)

che indica la longitudine della congiunzione rispetto al pericentro che precede.Per capire in che punto si formano le risonanze, bisogna sfruttare la Terza Legge

di Keplero (T 2 ∝ a3) e imporre la risonanza nel rapporto tra i periodi orbitali.Indicando con aS il semiasse maggiore dell’orbita del satellite esterno, con aR ilsemiasse maggiore dell’orbita in risonanza con il corpo esterno e con m la massa delcorpo sull’orbita risonante, si ha:

aR = (1 +m)−13

(p

p+ q

) 23

aS ≈(

p

p+ q

) 23

aS

ovviamente, se non è trascurabile il moto di precessione del periapside la relazionecambia leggermente, ma la correzione è di piccolo ordine.

Figura 3.1: Esempio di risonanza 2:1. Il corpo più interno percorre due orbitementre quello esterno ne percorre una.

1In questo sistema, l’orbita del satellite esterno è stazionaria

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CAPITOLO 3. RISONANZA ORBITALE

Figura 3.2: geometria della risonanza orbitale. E’ tracciata, per ogni risonanza,l’orbita del corpo interno come vista da un sistema di riferimento ruotante conmoto medio pari a quello del pianeta esterno, centrato sul primario del sistema.L’espressione dell’orbita è ottenuta applicando all’espressione cartesiana dell’orbitauna rotazione di un angolo nt mediante la corrispondente matrice di rotazione. Ilnuovo sistema di riferimento è detto sistema sinodico.

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CAPITOLO 3. RISONANZA ORBITALE

Dinamica della risonza orbitaleAl fine di capire meglio il meccanismo fisico della risonanza, riconsideriamo due

oggetti che orbitano intorno ad una massa centrale e valutiamo gli effetti della lo-ro congiunzione ripetitiva. Ipotizziamo per semplicità che l’oggetto più interno (dimassa m1 trascurabile) giaccia su un’orbita dall’eccentricità non trascurabile, chequello più esterno (di massa m2 � m1) si muova su un’orbita circolare nello stes-so piano dell’altro e che entrambi siano in risonanza di moto medio tale per cui lecongiunzioni avvengono sempre alla stessa longitudine (o nel sistema di riferimentoinerziale o in quello corotante). In tale configurazione, quando il satellite si trovaall’apocentro della sua orbita, esso si troverà nel punto più vicino all’orbita del sa-tellite esterno, mentre il punto di maggiore distanza sarà al suo pericentro. Se lecongiunzioni avvengono sempre esattamente al pericentro o all’apocentro, allora laforza tangenziale esercitata sul satellite interno immeiatamente prima della congiun-zione è uguale e opposta a quella applicata subito dopo la congiunzione. Quindi,non c’è una forza tangenziale netta e non ci sono variazioni del momento angolaredel corpo. Se invece la congiunzione avviene in un punto vicino al pericentro dell’og-getto interno (fare riferimento alla Figura 3.3), la forza tangenziale Fτ esercitatadall’oggetto più interno immediatamente prima della congiunzione è maggiore diquella F ′τ che viene applicata subito dopo di essa. Inoltre, siccome il corpo internosi sta avvicinando al pericentro, esso sta accelerando e quindi la forza più intensanella direzione del moto agisce per un tempo maggiore rispetto a quella meno in-tensa dopo la congiunzione. Il risultato netto è un aumento del momento angolaredell’oggetto interno implicando che la successiva congiunzione avverrà in un puntopiù vicino al pericentro. Nel caso in cui la congiunzione avviene immediatamentedopo il pericentro, invece, il risultato è una diminuzione del momento angolare cheporterà la successiva congiunzione ad avvenire più vicino al pericentro. Le stesseconseguenze avverranno quando le congiunzioni avvengono in punti in prossimitàdell’apocentro dell’orbita del corpo interno, cioè in generale c’è sempre la tendenzaa creare condizioni per cui esse possano avvenire al pericentro.

La congiunzione al pericentro può allora essere considerata come un caso diconfigurazione di equilibrio stabile del sistema; quella all’apocentro può essereconsiderata come una configurazione di equilibiro instabile. L’instabilità è dovutaprincipalmente al fatto che all’apocentro, la distanza è minima e dunque la forzaradiale perturbativa è massima e il pianeta viene estratto dall’orbita risonante.

E’ chiaro allora che su una stessa orbita risonante, la stabilità o instabilità delsistema dipende molto dalla condzioni iniziali e in particolare dalla longitudine dellacongiunzione con il satellite più grande.

Origine della risonanza orbitaleGeneralmente, l’origine della risonanze orbitali può essere attribuita a due tipi di

processi: collisionali e dissipativi (mareali). Le risonanze che attualmente osser-

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CAPITOLO 3. RISONANZA ORBITALE

A

F ′τ

P

Figura 3.3: Le forze agenti nelle congiunzioni tendono a spostare le succesivecongunzioni più vicino al pericentro.

viamo nel Sistema Solare sono, nella stragrande maggioranza dei casi, un risultatodel contributo di entrambi i processi in misura diversa.

Osservando le fasce asteroidali, gli anelli planetari e gli oggetti transnettunianipossiamo dedurre che il Sistema Solare primordiale era molto più popolato da corpirocciosi di piccole dimensioni rispetto a quanti ne osserviamo ora. Lo stato attualeè il risultato di un’opera di pulizia portata avanti dalle perturbazioni dei pianetipiù massici. La distribuzione iniziale di questo gran numero di detriti su tutto ilSistema Solare comprendeva sicuramente anche corpi su orbite risonanti e, quandola densità di detriti era ancora alta, il numero di corpi che, a causa delle reciprochecollisioni, venivano spinti fuori dalle orbite risonanti eguagliava quello dei corpi chesi portavano su di esse. A lungo andare, i detriti sulle orbite instabili sono statiespulsi dal Sistema Solare o sono finiti in rotta di collisione con i pianeti maggiori;quelli posizionati nelle buche di potenziale delle zone stabili delle orbite risonanti,invece, si sono salvati dalla “pulizia”. Esempi lampanti di questo processo evolutivosono sicuramente gli asteroidi Troiani e Greci (che vedremo con più attenzione inseguito) e i maggiori oggetti transnettuniani come Plutone.

Il meccanismo di evoluzione dissipativa, invece, coinvolge i sistemi più piccoli,come quelli satellitari dei pianeti maggiori. Solo in questi sistemi, infatti, l’effettomareale può essere tale da comportare un’evoluzione significativa dei parametri orbi-tali. Il modello alla base di questo meccanismo prevede che, tramite azione mareale,il pianeta trasferisca ai suoi satelliti momento angolare e dissipi energia sottoforma

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CAPITOLO 3. RISONANZA ORBITALE

di calore. Il processo trova il suo punto di equilibrio quando il satellite giunge suorbite risonanti, dove gli effetti dissipativi si sommano alle librazioni del pericentroindotte dalla risonanza, portando il sistema in uno stato di particolare stabilità.

Risonanze orbitali nel Sistema SolareOra che abbiamo discusso della dinamica e della geometria delle risonanze or-

bitali, passiamo all’analisi dei numerosi esempi di tali risonanze nel nostro sistemasolare:

Satelliti Medicei di Giove

Quello dei satelliti medicei di Giove è il più celebre caso di risonanza orbitale nelsistema solare. Ganimede, Europa e Io si trovano in uno stato di risonanza (detto diLaplace, dal matematico che per primo ne studiò le proprietà) del tipo 1:2:4. Valea dire che Ganimede compie un’orbita completa ogni due orbite di Europa, che necompie una ogni due di Io. Valgono dunque le relazioni tra i moti medi:

nI − 2nE = 0 nE − 2nG = 0

nI − 3nE + 2nG = 0

verificate sperimentalmente con grande accuratezza.La stabilità di questa tripla risonanza è spiegabile mediante un particolare bi-

lancio energetico che si è venuto a creare tra l’energia dissipata per azione marealenel sistema Giove-Io, e una distribuzione di momento angolare operata da Europanei confronti degli altri due satelliti con cui interagisce. In questo meccanismo, Iosi trova costretto sulla sua orbita, contro la tendenza della forza di marea giovianaad allontanarlo e pertanto risente di un forte surriscaldamento (che causa l’attivageologia del satellite).

Figura 3.4: in scala relativa, da sinistra a destra: Io, Europa, Ganimede e Callisto.

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CAPITOLO 3. RISONANZA ORBITALE

Famiglie asteroidali

Una famiglia di asteroidi è un raggruppamento arbitrario di asteroidi caratte-rizzati da parametri orbitali simili (tipicamente il semiasse maggiore, l’eccentricitàorbitale o l’inclinazione). La teoria oggi più accreditata è che essi abbiano avutoun’origine dinamica comune, come resti della rottura di un precedente corpo a causadella collisione (o dell’eccessivo avvicinamento) con un pianeta maggiore, durante ilperiodo di migrazione planetaria. In particolare, la fascia principale degli asteroidisi è formata dalla nebulosa solare primordiale come aggregazione di planetesimi, chea loro volta hanno formato i protopianeti. Tra Marte e Giove, tuttavia, le perturba-zioni gravitazionali causate da Giove hanno dotato i protopianeti di troppa energiaorbitale perché potessero accrescersi in pianeti. Le collisioni troppo violente, hannofatto sì che, invece di aggregarsi, i planetesimi e la maggior parte dei protopianetisi si siano frantumati. Questo meccanismo ha disperso il 99,9% della massa inizialedella fascia degli asteroidi al difuori del Sistema Solare. Alcuni frammenti, invece, sisono fatti strada verso il Sistema Solare interno occupando l’unica zona di stabilitàpossibile nello spazio tra Marte e Giove.

La disposizione degli asterodi in tale fascia è fortemente influenzata dalla pertur-bazione gravitazionale di Giove che distribuisce i corpi su orbite stabili del sistemaristretto a tre corpi Sole-Giove-Asteroide e svuota quelle instabili. In particolare,è interessante studiare la dinamica delle Lacune di Kirkwood (Kirkwood Gaps),dei cali nella distribuzione degli asteroidi a determinati semiassi maggiori (e quindia determinati periodi orbitali), posti in condizione di risonanza orbitale con Giove.Le lacune più significative corrispondono alle risonanze 1:3, 2:5, 3:7 e 1:2, ma ve nesono di altre poste a un semiasse maggiore di:

- 1.90 UA in risonanza 2:9;

- 2.06 UA in risonanza 1:4;

- 2.25 UA in risonanza 2:7;

- 2.50 UA in risonanza 1:3 - vi orbita la famiglia di asteroidi Alinda;

- 2.71 UA in risonanza 3:8;

- 2.82 UA in risonanza 2:5;

- 2.95 UA in risonanza 3:7;

- 3.27 UA in risonanza 1:2 - vi orbita la famiglia di asteroidi Griqua;

- 3.70 UA in risonanza 3:5.

Il fenomeno che svuota le lacune è analogo a quello spiegato in precedenza. Sulleorbite risonanti vi sono zone di stabilità e di instabilità, quelle instabili sono statesvuotate completamente e gli unici corpi che restano in risonanza sono, in numeromolto ridotto, alcune famiglie come gli Alinda e i Griqua.

E’ necessario precisare che le lacune di Kirkwood non sono osservabili guardan-do la distribuzione spaziale degli asteroidi a un dato istante (come un’istantanea),

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CAPITOLO 3. RISONANZA ORBITALE

perché l’instabilità è legata al semiasse maggiore dell’orbita e non a un determinatopunto dello spazio. Difatti, la densità istantanea di asteroidi è pressoché uniformesu tutta la fascia principale. Per poter apprezzare lo svuotamento delle orbite riso-nanti, è necessario graficare il numero di asteroidi in funzione del semiasse maggiore(cfr. Figura 3.5).

Figura 3.5: la depopolazione delle orbite risonanti si osserva solo in termini delsemiasse maggiore. La densità della fascia asteroidale è pressoché uniforme e non èpossibile notare i gap da un’osservazione visiva.

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CAPITOLO 3. RISONANZA ORBITALE

Altri esempi di famiglie asteroidali in particolari stati di risonanza, sono gli aste-roidi troiani situati nei punti di equilibrio semi-stabile L4 ed L5 di una particelladi prova nel sistema binario Sole-Giove2. Tali punti sono situati a 60

◦ rispetto allacongiungente tra i due corpi massicci e costituiscono dei punti-sella lisci del poten-ziale efficace del sistema; dei corpi che giacciano in prossimità di tali punti si trovanonel particolare stato di risonanza 1:1 con Giove (in quanto condividono con esso laloro orbita). I troiani di Giove si dividono in due gruppi principali: il campo greco(o gruppo di Achille), posto sul punto L4, in cui gli asteroidi hanno i nomi deglieroi greci, e il campo troiano (o gruppo di Patroclo), sul punto L5, i cui asteroidihanno il nome degli eroi troiani. Col tempo, il termine “troiano” è stato utilizzatogenericamente per identificare dei corpi minori che presentano relazioni simili ai tro-iani di Giove con corpi più grandi: esistono quindi dei troiani di Marte e dei troianidi Nettuno, mentre Saturno possiede dei veri e propri satelliti troiani. Sono statescoperte nei punti lagrangiani L4 e L5 della Luna due nubi di polveri chiamate nubidi Kordylewski che sono a tutti gli effetti i troiani della Luna.

Vi è infine da annoverare la famiglia di asteroidi Hilda che orbita nello spaziocompreso tra la fascia prinicpale di asteroidi e Giove. In verità non si tratta di unafamiglia vera e propria, poiché i corpi che la compongono non discendono da uncomune oggetto progenitore; è invece un gruppo dinamico, composta da asteroidiintrappolati in un rapporto di risonanza orbitale 3:2 con il pianeta Giove. Gli aste-roidi Hilda percorrono le loro orbite in modo tale da raggiungere l’afelio in posizionediametralmente opposta a quella di Giove, oppure ad una distanza angolare di 60◦dal gigante gassoso, nei punti lagrangiani L4 ed L5 (entrando spesso in collisone congli asteroidi troiani). Nel corso di tre orbite successive ogni asteroide Hilda tocca,in successione, questi tre punti.

(a) In bianco la fascia principale, in aran-cione la famiglia Hilda e in verde i troianidi Giove.

(b) Punti lagrangiani del sistema Sole-Giove.

2La L sta per punti di Lagrange, in onore del matematico italiano che, studiando il problemadei tre corpi, per primo ne studio le caratteristiche di stabilità.

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CAPITOLO 3. RISONANZA ORBITALE

Oggetti Transnettuniani

Un oggetto transnettuniano (TNO) è un corpo celeste appartenente al SistemaSolare la cui orbita si trova interamente o per la maggior parte oltre a quella diNettuno. Plutone è il più grande e più visibile di tali oggetti ed è stato considerato(fino alla storica conferenza dell’UAI nel 2006) il nono pianeta del Sistema Solare.La crescente tecnologia dei rivelatori ha permesso però la scoperta di tanti altricorpi molto simili a Plutone, che hanno richiesto la necessità di ridefinire la nozionestessa di “pianeta”. Oggi si stima che esistano almeno 70.000 TNO con diametri dioltre 100 km tra le 30 e 50 UA. La regione principale comprendente questi oggetti(70%) è detta fascia di Edgeworth-Kuiper (KBO); il restante 30% è stato espulsodai pianeti giganti fino a formare gli elementi del disco diffuso (SDO), costituito daoggetti “dinamicamente freddi ” caratterizzati da una bassa densità e da un’elevatainclinazione orbitale.

Plutone è particolarmente interessante dal punto di vista delle risonanze orbitaliperché la risonanza stessa permette al pianeta nano di salvarsi dalla collisione conNettuno (del quale interseca l’orbita). Infatti, tra i due corpi vi è una risonanza 2:3tale che le congiunzioni avvengano sempre quando Plutone si trova all’afelio o a 90◦

dal nodo orbitale. La maggior parte dei “compagni” di Plutone è stata espulsa dalSistema Solare molto tempo fa, a causa della collisione o dell’eccessivo avvicinamentocon Nettuno. Gli unici “compagni” di Plutone che si sono salvati costituisconoquella che oggi viene classificata come la famiglia dei plutini (con Plutone comecapostipite), ovvero i plutoidi3 in uno stato di risonanza 2:3 con Nettuno.

Figura 3.6: In rosso i corpi dinamicamente caldi, disposti su orbite prevalentementerisonanti (anche a risonanze di ordine maggiore). In blu i cubewani su orbite nonrisonanti e caratterizati da una dinamica fredda. I corpi posti in risonanza 1:1 sonoi troiani di Nettuno.

3 Pianeti nani o asteroidi con orbita caratterizzata da un semiasse maggiore più grande di quellodi Nettuno.

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CAPITOLO 3. RISONANZA ORBITALE

I plutini non sono gli unici KBO caratterizzati da una risonanza orbitale conNettuno. Un’altra grande famiglia di oggetti risonanti è costituita dai twotinichiamati così per la loro risonanza 1:2 con il pianeta. Ovviamente i twotini hannoun semiasse maggiore più grande dei plutini e la zona compresa fra queste dueorbite risonanti è popolata dai cosidetti cubewani (dal primo di questi oggetti QB1)che non presentano particolari caratteristiche risonanti e presentano una dinamicafredda. Esiste infine un’assenza di oggetti con semiassi maggiori di 39 UA, fenomenoche non può essere spiegato dalla teoria attuale delle risonanze attuali. L’ipotesicomunemente accettata è che la zona fu attraversata da delle risonanze orbitaliinstabili durante la migrazione di Nettuno, e che tutti gli oggetti al suo internofurono espulsi da essa.

Figura 3.7: risonanze orbitali nella fascia di Edgeworth-Kuiper.

Secondo la Hydroplate Theory, molti asteroidi di grosse dimensioni sono spi-raleggiati verso Nettuno fino a divenire TNO a seguito di un meccanismo radiativodal Sole verso questi oggetti. Tutti gli asteroidi presenti nel Sistema Solare vengonoinvestiti dalla radiazione solare e quelli di dimensione maggiore ottengono un’energiatale da ricevere una spinta che fa spiraleggiare gli sciami verso l’esterno del SistemaSolare. Gli asteroidi maggiori, però, hanno anche maggiore gravità e riescono per-tanto a trattenere il loro gas che si riscalda nella parte esposta al Sole e si raffreddadalla parte opposta, formando una sorta di motore di Carnot che spinge gli sciamivia dal Sole. Tuttavia, man mano che si allontanano dal esso, il gas si raffredda im-pedendo la fuga dei corpi minori; quelli di dimensione maggiore, invece, comincianoa ruotare più lentamente mantenendo zone al Sole e oscurate per tempi maggiori.Il grande squilibrio termico che si viene a creare fornisce nuovamente momento an-golare al corpo che è in grado di spiraleggiare fin oltre l’orbita di Nettuno andandoa creare la regione degli oggetti trans-nettuniani, stabilendosi per la maggior partenella regione di risonanza 1:2 e 2:3.

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CAPITOLO 3. RISONANZA ORBITALE

Anelli di Saturno

Gli anelli di Saturno sono tra le più affascinanti e interessanti strutture dinami-che del Sistema Solare. Molto probabilmente, essi si sono formati a seguito dellosgretolamento per forze mareali di uno o più satelliti interni di Saturno che, nellaloro evoluzione orbitale durante le fasi primordiali del Sistema Solare, sono finitioltre il limite di Roche. La dinamica degli anelli è stata oggetto di studi di innume-revoli fisici, nel tentativo di spiegarne la peculiare struttura caratterizata da zone diaspetto e densità differenti (A, B, C, D, E, F e G ring) separate in maniera nettadalle cosiddette divisioni (gap).4

Attualmente gli anelli vengono studiati come una struttura dinamicamente ri-sonante in cui ciascuna divisone è riconducibile a uno stato di risonanza orbitalecon i satelliti interni di Saturno. E’ però necessario fare una distinzione tra effettirisonanti del prim’ordine (responsabili delle divisioni principali degli anelli) e delsecond’ordine (responsabili di divisioni meno marcate che sono venute alla luce soloda osservazioni ravvicinate [Sonda Cassini-Huygens - 2004]).

Le divisioni principali sono riconducibili ad effetti di risonanza orbitale con i sa-telliti maggiori tra quelli interni del pianeta. Le divisioni secondarie, invece, possonoessere spiegate tramite fenomeni risonanti di diverso tipo:

- Risonanze p : p + 1 di alto ordine e scarsa eccentricità con alcuni satellitiminori, interni agli anelli stessi;

- Propagazione di onde di densità (spiral density waves) e onde verticali (bendingwaves) generate da risonanze orbitali p : p + 1 altamente eccentriche (detterisonanze di Lindblad) che coinvolgono rispettivamente la frequenza radialeκ e quella verticale ν, generando chiaro-scuri molto caratteristici, simili a unafigura di diffrazione.

- Generazione di anelli molto sottili (narrow rings) da parte di coppie di satellitidetti satelliti pastore.

4 È necessario precisare che la separazione è solo visiva. In realtà, come osservato al passaggiodella sonda Cassini, anche i gap sono popolati da microparticelle (perlopiù di polveri). Tuttaviaessi sono caratterizzati da una densità molto ridotta e da una bassissima riflettività e appaionopertanto vuoti.

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CAPITOLO 3. RISONANZA ORBITALE

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CAPITOLO 3. RISONANZA ORBITALE

Figura 3.9: le risonanze secondarie generate nella parte esterna dell’anello A dallerisonanze orbitali indicate (di ordine molto alto) con Pandora (linee tratteggiate) ePrometeo (linee continue).

Figura 3.10: spiral density waves (a), bending waves (b) e un’immagine scattatada Voyager (con relativo profilo fotopolarimetrico in occultazione) che mostra ondedi densità e onde verticali che si propagano rispettivamente a sinistra e destra delpunto esatto di risonanza di Linblad 5:3 con Mimas. Tutto il sistema di anelli subiscedeformazioni simili in corrispondenza delle risonanze.

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CAPITOLO 3. RISONANZA ORBITALE

Il confinamento radiale da parte di particolari coppie di satelliti, detti satellitipastore, crea quelli che vengono definiti come narrow rings : sottili anelli di ma-teriale confinati a restare sulla loro orbita compresa fra quella dei due pastori, acausa della perturbazione degli stessi. Il caso più eclatante è l’anello F di Saturno,distaccato dall’anello principale e guidato dai pastori Pandora e Prometeo. Un re-cente modello attribuisce la formazione dei narrow rings tra i due satelliti pastoreall’instaurarsi di risonanze di Lindblad combinate tra i due satelliti e l’anello, chegenerano onde di densità stazionarie sul cui nodo giace l’anello stesso. Gli effetti diqueste onde si possono osservare dalla particolare deformazione ondulata che subiscel’anello in prossimità dei due satelliti alla loro congiunzione.

(a) (b)

(c) (d)

Figura 3.11: fotogrammi scattati da Voyager che mostrano la propagazione dionde di densità sull’anello F di Saturno alla congiunzione tra i due satelliti Pandorae Prometeo.

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Bibliografia

[1] Murray, Carl - Dermott, Stanley (1999), Solar System Dynamics, CambridgeUniversity Press.

[2] Peale, S.J (1976), Orbital Resonance in the Solar System, Annual Reviews.

[3] Caleo, Andrea (2102), Le risonanze nel sistema solare: l’accoppiamento spin-orbita di Mercurio.

[4] Morbidelli, Alessandro (2011), Modern Celestial Mechanics.

[5] Woolfson, Michael (2002), Planetary Science: the science of planets around stars,Institute of Physics Publishing.

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