Ringraziamenti - IRIS Università degli Studi di Palermo · Infine, desidero ringraziare tutti i...
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Ringraziamenti
Il lavoro di tesi di Dottorato è stato uno dei più impegnativi, perché frutto di un percorso formativo nel quale si sceglie di mettersi personalmente in gioco. Il mio personale percorso di Dottorato mi ha condotto ad a valutare la frequenza dei disturbi non motori, ed in particolare quelli urinari nella Malattia di Parkinson.
Ringrazio sinceramente il mio Tutor, Dott. Marco D’Amelio innanzitutto per avermi dato l’opportunità di entrare a contatto con il mondo della ricerca. Inoltre, esprimo la mia riconoscenza per avermi trasmesso parte della sua esperienza clinica nella gestione dei pazienti con Malattia di Parkinson, e per avermi guidato nel mio percorso di ricerca con preziosi consigli. Un ringraziamento anche per aver potuto fare affidamento su di lui nei momenti di gioia o di sconforto del percorso di Dottorato, condividendo con me i momenti di difficoltà cercando sempre di confortarmi e rallegrarmi. Grazie soprattutto per aver speso parte del proprio tempo non solo per leggere e discutere con me le bozze del lavoro di tesi, ma anche per gli altri progetti realizzati durante il Dottorato.
Un ringraziamento speciale è rivolto al Coordinatore del dottorato di ricerca in Scienze Urologiche, il Prof. Carlo Pavone senza il suo supporto e la sua guida sapiente questa tesi non esisterebbe.
Devo altresì ringraziare il Prof. Tommaso Bartolotta per una costante disponibilità ed interesse nel mio lavoro e per avere condotto gli esami strumentali previsti in questa tesi.
Sono molto obbligata nei confronti dello Staff tecnico dell’U.O. di Urologia del Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico “Paolo Giaccone”, in particolare, un ringraziamento sincero va al sig. Calogero Aiello, per avermi aiuto a realizzare operativamente gli esami previsti dal progetto di tesi.
Un ringraziamento a Giuseppe, che con il suo “rigore” scientifico, è stato un esempio da seguire.
Vorrei inoltre esprimere la mia immensa gratitudine ai miei colleghi di lavoro, Dott.ssa Sabrina Realmuto, Dott.ssa Valentina Arnao, Dott. Gabriele Bellavia, dott.Antonio Cinturino, dott.ssa Valentina Perini e dott. Sergio Mastrilli, che, nel corso di questi tre anni non hanno mai smesso di incoraggiarmi e dimostrami la loro stima.
Infine, desidero ringraziare tutti i pazienti con Malattia di Parkinson e i loro familiari per l’affetto e la fiducia incondizionata che mi hanno dimostrato durante lo svolgimento di questo studio.
Francesca
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Charcot was the first author to recognize James Parkinson as the
original descriptor of the disease. Charcot gave a succinct yet accurate
picture of several non-motor aspects of PD:
…“Paralysis agitans…is also a cruel affection, because of the unpleasant
sensations which the sufferers experience. Usually, indeed, (the neuralgic
cases which we have already described being excepted), they are not
affected by acute pains, but by disagreeable sensations of a special order.
They complain of cramps, or rather of a nearly permanent sensation
of tension and traction in most of the muscles…There is also a feeling of
utter prostration, of fatigue, which comes on especially after the fits of
trembling; in short, an indefinable uneasiness, which shows itself in a
‘perpétualdésire for change of posture’…At a given moment, the mind
becomes clouded and memory is lost.”
It is very clear that Charcot accurately described several typical
non-motor aspects of PD such as muscle pain, akathisia, fatigue and cognitive
decline.
J. M. Charcot (1825–1893)
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INDICE
INTRODUZIONE……………………………………………………….pag. 4
1.I disturbi non motori nella Malattia di Parkinson……………... pag. 5
2. I disturbi urinari nella Malattia di Parkinson………………… pag. 25
SCOPO DELLA TESI……………………………………….................pag. 31
PAZIENTI E METODI
1. Selezione dei pazienti……………………………………………pag. 32
2. Analisi Statistica………………………………………………...pag. 42
RISULTATI………..……………………………………….………..... pag. 43
DISCUSSIONE……………………………..….………………………pag. 46
CONCLUSIONI………………………………..….………………… pag. 53
TABELLE………………………….…………………….…………… pag. 54
BIBLIOGRAFIA……………………...……………………………......pag. 63
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Introduzione
La diagnosi clinica della malattia di Parkinson (MP) si basa sulla identificazione delle
caratteristiche legate al deficit dopaminergico che rappresenta una conseguenza della
degenerazione dei neuroni della pars compacta della sostantia nigra. Tuttavia, sintomi non
dopaminergici e non motori sono a volte presenti prima della diagnosi e quasi
inevitabilmente emergono con la progressione della malattia. In effetti, i sintomi non
motori dominano il quadro clinico della malattia di Parkinson in fase avanzata e
contribuiscono alla grave disabilità, alla ridotta qualità della vita, ed all'aspettativa di vita
ridotta. In contrasto con i sintomi dopaminergici della malattia, per la quale il trattamento è
disponibile, i sintomi non motori sono spesso misconosciuti e non adeguatamente trattati.
Tuttavia, l'attenzione viene ora focalizzata sul riconoscimento e la quantificazione dei
sintomi non motori, che costituiranno la base per trovare trattamenti adeguati. Alcuni
sintomi non motori, tra cui depressione, stipsi, dolori, problemi genito-urinario, e disturbi
del sonno, possono essere migliorati con trattamenti in atto disponibili. Altri sintomi non
motori possono essere più refrattario e hanno bisogno l'introduzione di nuovi farmaci non
dopaminergici. Inevitabilmente, lo sviluppo di trattamenti che possono rallentare o
prevenire la progressione della MP e soprattutto la neurodegenerazione fornisce la
migliore speranza di curare sintomi non motori.
James Parkinson (Parkinson J, 2002) descrisse accuratamente i sintomi motori dei
pazienti, ma già allora aveva già notato diversi disturbi “non motori”. I sintomi motori
della malattia di Parkinson (MP) sono stati ampiamente studiati con conseguente
miglioramento dell’accuratezza diagnostica, e lo sviluppo di appropriate scale di
valutazione e strategie di trattamento (Hughes 1992; Fahn 1987). Nonostante l’enfasi sulla
sintomatologia motoria, diversi studi hanno dimostrato che i sintomi non motori della
malattia di Parkinson, quali depressione, psicosi, cadute, e disturbi del sonno, hanno una
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maggiore rilevanza rispetto alla sintomatologia motoria, soprattutto quando valutati da
scale atte a valutare la qualità della vita, i tassi di ospedalizzazione, o dati di economia
sanitaria (Chaudhuri et al, 2004). Per tale motivo, ho indirizzato il progetto di dottorato
alla valutazione della frequenza dei disturbi non motori, in particolare i disturbi urinari, nei
pazienti con Malattia di Parkinson.
I sintomi non motori nella Malattia di Parkinson
Diversi studi, tra cui il lavoro del gruppo sui sintomi non motori nella MP ed altri, hanno
stabilito che i sintomi non motori nella MP sono comuni, si manifestano in tutte le fasi
della MP, sono sottostimati e sono determinanti per la qualità di vita dei pazienti. Studi
recenti suggeriscono che i sintomi non motori della MP sono spesso non riconosciuti dai
medici e rimangano non trattati. Anche quando identificati, vi è una percezione comune
che molti di questi sintomi siano comunque incurabili. I sintomi non motori e la loro
gestione sono stati riconosciuti dall’UK National Institute For Clinical Excellence come
un importante bisogno non soddisfatto della MP.
I sintomi non motori sono correlati con l'avanzare dell'età e con la gravità della malattia,
anche se alcuni sintomi non motori, quali problemi olfattivi, stipsi, depressione, alterazioni
della motilità oculare, possono verificarsi all'esordio della malattia (Tabella 1) (Chaudhuri
KR et al, 2005). Poiché l'età media e l'aspettativa di vita sono aumentate, i disturbi non
motori nella MP rivestono un’importanza sempre crescente (Chaudhuri KR et al, 2005,
Hely MA et al, 2005). Il ruolo e l’effetto del complesso dei sintomi non motori della MP
sono stati esplorati in uno studio prospettico condotto su pazienti parkinsoniani seguiti per
15-18 anni. Tale studio ha mostrato che i sintomi non motori sono gli aspetti più
disabilitanti della malattia e non rispondono alla terapia con levodopa (Hely et al., 2005).
Tra questi sintomi quelli che i pazienti percepiscono come maggiormente disabilitanti sono
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i disturbi dell’equilibrio, del sonno, le difficoltà mnesiche o gli episodi confusionali, e
l’eccessiva salivazione. Nel Regno Unito, uno studio condotto su una serie consecutiva di
pazienti affetti da MP ha dimostrato che i disturbi del equilibrio, i disturbi del sonno, i
deficit di memoria o episodi confusionali, e la scialorrea sono i sintomi più invalidanti
della malattia; in riconoscimento dell'importanza dei sintomi non motori nella malattia di
Parkinson, il governo del Regno Unito ha commissionato il National Institute for Clinical
Excellence (NICE), la raccolta di elementi di prova per lo sviluppo di migliori strategie
terapeutiche per gli aspetti non motori della MP (Gulati MA et al, 2004).
Tabella 1: Complesso dei sintomi non motori nella MP (adattata da Chaudhuri et al, 2005)
Disturbi
neuropsichiatrici Disturbi del sonno Disturbi disautonomici Disturbi gastrointestinali Disturbi sensoriali Altri sintomi
Depressione Apatia Ansia
RLS Disturbi Urinari Nicturia Urgenza Pollachiuria
Scialorrea Dolore Fatica
Anedonia RBD Sudorazione Disfagia Parestesie Diplopia Deficit dell’attenzione Disturbi del sonno, non
legati alla fase REM Ipotensione ortostatica Cadute legate all’ipotensione
ortostatica Ageusia Disturbi dell’olfatto Visione offuscata
Allucinazioni,
dispercezioni Sogni vividi Disturbi sessuali
Ipersessualità (legati ai farmaci) Disfunzione erettile
Vomito, reflusso
Demenza Eccessiva sonnolenza
diurna Xerostomia Nausea Perdita di peso
Disturbi ossessivi (spesso
legati al farmaco) Insonnia Costipazione Aumento di peso
(legato ai farmaci) Attacchi di panico Disturbi respiratori
durante il sonno Sensazione di incompleto
svuotamento intestinale Seborrea
Confusione Incontinenza fecale Deliri
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Fisiopatologia del complesso dei sintomi non motori ed ipotesi di Braak
La nostra comprensione della sequenza e la distribuzione di cambiamenti patologici nella
MP continua a evolvere con una disfunzione di neuroni non dopaminergici si pensa
possano svolgere un ruolo importante nello sviluppo dei sintomi non motori (Benarroch
EE et al, 1999). La visione tradizionale che il processo patologico nella MP inizia con la
degenerazione dei neuroni dopaminergici nella substantia nigra è stata contestata da Braak
et al (Braak et al, 2003, Del Tredici et al,2004), che ha introdotto il concetto di un
processo patologico in sei stadi, con inizio in siti di induzione chiaramente designati
(figura 1). Il primo stadio sarebbe caratterizzato dalla degenerazione del bulbo olfattivo e
del nucleo olfattivo anteriore che potrebbe manifestarsi clinicamente sottoforma di
disfunzioni dell’olfatto. Il secondo stadio denota la progressione del processo degenerativo
verso le zone più basse del tronco encefalo che, con molta probabilità, sono implicate negli
stadi preclinici 1 e 2 della MP e sono le aree che mediano i disturbi dell’olfatto, del
mantenimento del sonno e di altri sintomi autonomici. E’ stato ipotizzato che i disturbi del
sonno possano dipendere da alterazioni delle strutture cerebrali connesse al ciclo sonno-
veglia (nuclei troncoencefalici come i nuclei del rafe, il locus coeruleus ed il nucleo
peduncolopontino). Pertanto i sintomi clinici tipici di questa fase possono essere le
alterazioni del ciclo sonno-veglia, i sogni vividi, l’assenza di atonia muscolare durante le
fasi REM del sonno. Nel terzo e quarto stadio il processo patologico tenderebbe a
progredire verso la sostanza nera e verso i nuclei e del proencefalo. In queste due fasi
compaiono i primi sintomi motori tipici della MP (tremore, rigidità e bradicinesia) e
pertanto è in questa fase che può essere effettuata una diagnosi clinica di MP. Il quinto e il
sesto stadio sono caratterizzati dalla presenza dei corpi di Lewy sia a livello delle strutture
limbiche che della neocorteccia. In queste due ultime fasi un paziente può mostrare non
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solo i classici sintomi motori ma anche i sintomi neuropsichiatrici quali depressione,
deficit cognitivi e allucinazioni visive.
Figura 1: Stadiazione secondo Braak
Ad esempio, il sonno potrebbe essere influenzato da anomalie nel ciclo sonno-veglia legate
pathway, che media l'eccitazione talamo-corticale(flip-flop switch, figura 2), tra cui sono
coinvolti i nuclei del tronco cerebrale, come il nucleo rafe (serotonina), il locus coeruleus
(noradrenalina), ed il nucleo peduncolo-pontino. Questi nuclei si pensa siano coinvolti
anche nello sviluppo delle allucinazioni visive e dei disturbi del sonno della fase REM
(RBD). Infatti è stato suggerito che la dopamina regoli il ciclo sonno-veglia ed i circuiti del
tronco che controllano i movimenti periodici degli arti e l’atonia della fase REM.
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Figura 2: Rappresentazione schematica del concetto del “flip-flop switch of Wakefulness”
proposta by Saper, et al., 2001
La tipica triade motoria caratterizzata da tremore, rigidità, e bradicinesia si manifesta negli
stadi stadi 3 e 4 di Braak, quando il processo neurodegenerativo ha interessato
topograficamente la substantia nigra e altri nuclei profondi del mesencefalo, diencefalo e
telencefalo. In questa fase la MP passa da fase premotoria a fase motoria, e viene
clinicamente diagnosticata. Le due fasi finali della stadiazione di Braak, fasi 5 e 6,
correlano con la presenza di corpi di Lewy nelle strutture limbiche e nella corteccia
cerebrale. In questa fase, i pazienti possono presentare sintomi neuropsichiatrici come
depressione, deterioramento cognitivo, ed allucinazioni visive. Tuttavia la validità della
stadiazione proposta da Braak (ad esempio fasi 1 e 2) resta da confermare, perché questa
ipotesi non spiega, ad esempio, la presentazione clinica di parkinsonismo con difficoltà
cognitive, come allucinazioni e demenza, tipica della demenza a corpi di Lewy. Inoltre,
non fornisce una spiegazione del presentarsi della sindrome delle gambe senza riposo
(RLS) e della stitichezza come disturbi premotori della MP, al contrario della RBD e dei
disturbi olfattivi.
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Tabella 2: Sintomi non motori suggeriti come manifestazioni precliniche della MP
Studi condotti al livello del nucleo subtalamico, target principale della stimolazione
cerebrale profonda (DBS) nella MP, hanno dimostrato un’organizzazione topografica
relativa agli input provenienti da aree sensitivo-motoria, associative, e dalle regioni
limbiche ai nuclei della base, e le proiezioni pallido-subtalamiche considerate come la base
anatomica per gran parte delle funzioni “non motorie” dei nuclei della base. Questi studi
forniscono una base solida per spiegare il complesso dei sintomi non motori nella MP.
Spettro dei sintomi non motori nella Malattia di Parkinson
Disturbi del sonno Praticamente tutti i pazienti con MP presentano disturbi del sonno e molti studi dimostrano
che questi sono già presenti all’esordio della malattia. Le cause di disturbi del sonno sono
multifattoriali, ma la degenerazione dei centri di regolazione del sonno nel tronco
encefalico e dei pathways talamocorticali gioca probabilmente un ruolo importante. Il
nucleo peduncolo-pontino, il locus coeruleus, ed il nucleo rosso regolano la normale atonia
della fase REM e, come discusso in precedenza, sono implicati nella patogenesi della
RBD.
La dopamina condivide analogie strutturali con diversi farmaci che favoriscono la veglia, e
gruppi di cellule dopaminergiche nella sostanza grigia periacqueduttale ventrale del ratto
Forti Evidenze Relazioni ipotizzate (poche
evidenze)
Stitichezza Sindrome delle gambe senza
riposo
Disturbi olfattori Apatia
Disturbi del sonno REM Fatica
Depressione Ansia
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sembrano essere selettivamente attivi durante la veglia, con espressione di Fos, che media
il ciclo sonno-veglia (Rye et al., 2002). Lesioni di quest’area hanno portato ad un aumento
del 20% del sonno nei ratti; un analogo scenario si osserva nei neuroni dopaminergici del
mesencefalo (area tegmentale ventrale) che mediano l’arousal e la veglia. L’ipotalamo è un
fondamentale centro regolatorio autonomico del sonno ed è centrale per il proposto
“interruttore del sonno” (Saper et al., 2001). I farmaci dopaminergici, tuttavia, hanno
effetti variabili sul sonno: a basse dosi, provocano il sonno ad onde lente ed il sonno REM
ed inducono sonnolenza (forse attraverso gli autorecettori D2), mentre a dosi elevate
riducono il sonno ad onde lente ed il sonno REM ed inducono la veglia (Ng 1971; Rye
2002). L’esperienza clinica suggerisce che la sonnolenza diurna riportata durante la fase di
titolazione di alcuni dopaminoagonisti sembra essere diminuita dopo il raggiungimento
della dose di mantenimento. Un altro ruolo dei farmaci dopaminergici è l’inversione dei
sintomi notturni correlati allo stato “off”, che contribuiscono all’insonnia da mancato
mantenimento del sonno causando frequenti risvegli notturni (Dhawan et al.,2006).
Disturbo del sonno REM
Il disturbo comportamentale nel sonno REM (RBD) è stata descritta per la prima volta da
Schenck (1986) ed è una nota parasonnia generalmente caratterizzata da sogni on incubi
vividi e di solito spaventosi. I sintomi della RBD possono precedere la diagnosi di MP; è
stato riportato un periodo di latenza di 12,7 ±7,3 anni dopo l’esordio della RBD (Schenck
2002; Tan 1996; Iranzo 2006). La RBD si verifica in circa un terzo dei pazienti con MP e
rientra nelle parasonnie REM, fenomeni comportamentali ed esperienziali indesiderati che
si verificano nel sonno REM. Tale stato di sonno è caratterizzato da fenomeni tonici
(atonia muscolare generalizzata, con eccezione dei movimenti oculari e respiratori; EEG
desincronizzato, attività theta ippocampale, poichilotermia, tumescenza peniena), fasici
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(movimenti oculari rapidi, variazioni della frequenza cardiaca e respiratoria, movimenti
della lingua) e dal sogno (Schenck et al, 2002).L'atonia generalizzata è dovuta all'
inibizione attiva dell'attività motoria a partenza dai centri tegmentali pontini presso il locus
coeruleus, con attivazione del nucleo magnocellulare del bulbo, nucleo che a sua volta
esercita un' inibizione sui motoneuroni spinali e sui centri generatori dei pattern motori.
Nell'uomo il disturbo comportamentale nel sonno REM (RBD) è legato ad una disfunzione
transitoria su base tossico-metabolica o iatrogena (RBD acuto) o a degenerazione (RBD
cronico) delle stesse strutture, la lesione delle quali provoca il RBD nell' animale da
esperimento. Ciascun episodio (durata da 1-2 a 20 minuti) è caratterizzato da fenomeni
comportamentali-motori di varia natura: il soggetto può limitarsi a parlare, ridere,
lamentarsi, urlare ,compiere movimenti con gli arti oppure essere violento con pericolo di
auto- o etero lesioni. In quest' ultimo caso il soggetto sferra pugni e calci al letto o alla
parete della stanza, balza dal letto, afferra il partner. Il comportamento, violento o non,
rappresenta la "recitazione del sogno": alcuni soggetti, risvegliati, riferiscono di aver avuto
un sogno il contenuto del quale appare congruo con i movimenti osservati dal partner. I n
caso di comportamento violento vengono riferiti sogni vividi e minacciosi (presenza di
animali o di estranei nella stanza) ed il comportamento assume un significato difensivo: è
riportato l' uso del coltello o il tentativo di strangolamento (conseguenze forensi)
(Mahowald et al, 2005).Talora il RBD si presenta in forma dissociata: frammenti onirici si
sovrappongono alla saltuaria percezione dell' ambiente reale che viene incorporata nel
sogno. In tal caso il soggetto associa nel ricordo sia elementi onirici sia elementi reali.
Secondo il modello di attivazione-sintesi del sogno di Hobson e McCarley, la
disinibizione, legata alla disfunzione o degenerazione delle strutture del tronco encefalico
coinvolte nel sonno REM, dei generatori di pattern motori (violenti o non) si tradurrebbe
nell' attivazione discendente ai motoneuroni spinali sia ascendente ai centri corticali
generatori del sogno. Le due attivazioni sarebbero isomorfiche: pertanto il comando per i
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movimenti fittizi del sogno equivale a quello per i movimenti reali, con il risultato di atti
motori congrui con il contenuto del sogno. Il clonazepam è probabilmente il farmaco più
efficace, anche se in alcuni casi sono risultati efficaci anche il gabapentin e la melatonina.
Movimenti periodici degli arti, sindrome delle gambe senza riposo (RLS) ed acatisia
Sia i movimenti periodici degli arti che la RLS sono strettamente legate fra loro e sono
sensibili alla dopamina; infatti i DA sono i farmaci di scelta per il trattamento iniziale di
questi disturbi (Muzerengi et al. 2006). L’acatisia è comune nella MP in fase avanzata con
fenotipo acinetico-rigido e può coincidere con i sintomi della RLS. Sono state implicate
alterazioni della via dopaminergica mesocorticale (Comella et al, 1994). Inoltre questo
disturbo può rispondere alla terapia dopaminergica quando si presenta come parte del
wearing off, ma può necessitare di specifici farmaci come la clozapina (Comella et al,
1994).
Insonnia
L’insonnia precoce (cioè la difficoltà ad addormentarsi) e l’insonnia di mantenimento del
sonno (cioè, la difficoltà a mantenere il sonno per prolungati periodi di tempo), sono
comuni nella MP. Anche se l’insonnia precoce è associata alla MP di per sé ed al suo
effetto sul sonno, l’insonnia di mantenimento del sonno potrebbe essere dovuta ad una
serie di problemi, quali l’acinesia notturna e lo stato “off” connessi ai sintomi motori e non
motori (ad es. nicturia, RLS e movimenti periodi degli arti, ed inversione dei ritmi del
sonno) (Dhawan 2006; Lees 1988). In questi casi, la stimolazione dopaminergica continua
(LDOPA a rilascio modificato, o DA a lunga durata d’azione) può migliorare i disturbi del
sonno.
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Eccessiva sonnolenza diurna (EDS)
Tra i numerosi disturbi del sonno descritti nella MP, l' unico sul quale esistono dati
indicativi di un possibile significato predittivo è la EDS, presente nel 15-50% dei pazienti
con PD (Adler et al,2005). La patogenesi della EDS sembra essere multifattoriale (Arnulf
et al, 2002). Poiché 2/3 dei pazienti con PD presentano disturbi del sonno (insonnia,
sindrome delle gambe senza riposo, movimenti periodici degli arti, apnee nel sonno),
questi possono essere responsabili della EDS. In alternativa la sonnolenza abnorme può
essere la conseguenza della terapia con levodopa (LDOPA) e dopamino-agonisti (DA).
Non può, infine, essere esclusa l' esistenza in alcuni pazienti con PD di un disturbo simil
narcolettico. La EDS sembra avere un valore predittivo per il successivo sviluppo di PD: i
dati di Abbott et al, ottenuti in più di 3000 soggetti normali d' età superiore ai 70 anni,
seguiti per 7 anni, indicano un rischio di sviluppare PD tre volte superiore nei soggetti con
EDS rispetto a quelli senza EDS.
Disturbi Neuropsichiatrici
I sintomi non motori cognitivi e neuropsichiatrici nella MP includono ansia, apatia,
depressione e demenza. La franca psicosi è la principale causa di ospedalizzazione, mentre
la depressione è il più significativo predittore della qualità della vita della malattia.
Depressione
A seconda dei criteri utilizzati, la depressione può interessare dal 10-45% dei pazienti con
MP ed è responsabile della compromissione delle vita di relazione dei pazienti (Burn et al,
2002). Mentre la depressione maggiore compare in numero limitato di casi, sintomi
depressivi da lievi a moderati si riscontrano fino al 40% dei pazienti. La definizione clinica
di depressione nella MP è complessa e comprende caratteristiche che potrebbero indicare
precoci alterazioni cognitive (Aarsland et al. 2003). E’ stata implicata la disfunzione di una
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combinazione di vie dopaminergiche, serotoninergiche e noradrenergiche nel sistema
limbico (Remy et al. 2005). L’effetto benefico della terapia dopaminergica sui disturbi
dell’umore e l’apatia nella MP potrebbe essere in parte spiegato dal fatto che la LDOPA è
assunta e decarbossilata dai neuroni serotoninergici che possono anche convertire la
LDOPA in dopamina. I sintomi depressivi sono prevalenti negli stadi di malattia più
avanzati, anche se la relazione con la durata di malattia non è così lineare. Ci sono casi in
cui lo stato depressivo precede di anni l'esordio della sintomatologia motoria. È evidente
un ruolo della dopamina, norepinefrina e serotonina, studiato sia con tecniche
neurochimiche che con neuroimmagini, ma il meccanismo fisiologico rimane sconosciuto.
Non è semplice nemmeno l'esatta valutazione dei sintomi depressivi nei pazienti con MP,
in ragione dell'overlap di alcuni aspetti delle due patologie (povertà dei movimenti,
riduzione della mimica del volto, apatia, insonnia, diminuzione dell'appetito, ecc.). Vi sono
stati molti tentativi di utilizzare le terapie dopaminergiche, tra cui la LDOPA e gli agonisti
della dopamina, per il trattamenti della depressione nella MP. Per esempio, il pramipexolo,
usato per il trattamento della depressione nella MP, ha dimostrato attività antidepressiva
simile alla fluoxetina e superiore al placebo in 174 pazienti con MP e depressione
(Corrigan et al. 2000), ed è apparso migliore del placebo come terapia add-on a uno
stabilizzante dell’umore nel trattamento della depressione bipolare resistente (Goldberg et
al. 2004). Gli autori hanno ipotizzato che il pramipexolo abbia uno specifico effetto
antidepressivo nella MP, in base ad un possibile effetto di agonista del recettore della
dopamina D3 a livello limbico. Barone et al (2006) hanno confrontato il pramipexolo (1,5-
4,5 mg/die) con la sertralina (50 mg/die) in 67 pazienti affetti da MP e depressione
maggiore, ma senza complicanze motorie. E’ stato dimostrato che il pramipexolo ha
maggiori effetti antidepressivi rispetto alla sertralina; inoltre, vi è stato un migliore effetto
motorio con il pramipexolo rispetto alla sertralina, il che potrebbe acre contribuito al
miglioramento osservato nei punteggi nella depressione. I risultati di studi osservazionali
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hanno suggerito che anche l’anedonia, considerata come un sintomo fondamentale della
depressione, migliora con il trattamento con pramipexolo (Pahwa et al., 2007).
Analogamente, se l'evento depressivo è legato a periodi di OFF, la risposta è migliore
perfezionando la terapia per la MP, piuttosto che utilizzando farmaci specifici. In tutti gli
altri casi, la terapia non differisce molto rispetto ai casi di depressione senza MP. Quindi, i
triciclici e gli inibitori del reuptake della serotonina (SSRI), sono i farmaci generalmente
utilizzati, questi ultimi come prima scelta per la minore incidenza di sedazione ed effetti
collaterali anticolinergici. Una volta iniziato il trattamento, è sempre importante monitorare
i sintomi motori.
Ansia
Anche l'ansia è un sintomo psichiatrico molto frequente nei pazienti con MP ed è
addirittura considerata come un fattore di rischio pre-sintomatico (Shiba et al, 2000.). Ma
l'aspetto più tipico è la presenza di crisi di ansia nel corso di fluttuazioni motorie,
soprattutto negli stati di OFF e nell’ambito del fenomeno di fine dose (wearing off), e può
rispondere alla terapia dopaminergica. In questi casi, alcuni studi hanno decritto
un'incidenza di ansia nel 66% dei pazienti con fluttuazioni motorie, e di irritabilità nel
52%. I disturbi d’ansia di solito comprendono il disturbo d’ansia generalizzato, gli attacchi
di panico e la fobia sociale, che potrebbero essere la conseguenza di specifiche anomalie
neurobiologiche o neuropeptidiche associate alla MP (Richard et al., 1996).
Analogamente, anche l’ansia correlata alla depressione potrebbe rispondere alla terapia
dopaminergica, anche se, in alcuni pazienti, l’ansia può rimanere un costante problema,
indipendente dallo stato dopaminergico e talora non responsivo alla terapia dopaminergica.
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Apatia
L’apatia è un sintomo specifico della MP che può verificarsi con o senza depressione.
Pertanto l’apatia, potrebbe anche coesistere con il disturbo d’ansia e mascherarsi come
depressione. E’ possibile una base dopaminergica, anche se, come si è visto nei disturbi
d’ansia, l’apatia può essere non sensibile alla terapia dopaminergica. Alcuni autori (Marin
et al., 1995), hanno suggerito che il deficit di dopamina, che forse coinvolge le aree
limbiche, può provocare apatia, che è fatta regredire dal trattamento dopaminergico.
Psicosi
Nel corso della progressione della MP, è piuttosto frequente che il paziente manifesti una
psicosi; essa può far parte di un sottostante quadro di deterioramento cognitivo o demenza,
oppure può essere indotta da farmaci. In quest'ultimo caso, se il dosaggio del farmaco
inducente è particolarmente alto, la psicosi può comparire anche precocemente nel corso
della malattia; complessivamente fino al 40% dei pazienti possono manifestare psicosi
farmaco-indotte (Fenelon et al, 2000). La psicosi è generalmente caratterizzata da
allucinazioni visive (animali, persone, immagini strane), più frequenti nelle ore serali. Il
paziente molto spesso mantiene una certa lucidità nella percezione allucinatoria, cioè è
consapevole dell'irrealtà delle immagini, ma può anche succedere il contrario. L'altro
elemento psicotico tipico dei pazienti con MP, soprattutto in quelli con compromissione
della sfera cognitiva, è il delirio. Frequente è il delirio di gelosia nei confronti del partner,
meno quello con tematiche persecutorie. La comparsa di allucinazioni e psicosi è un
elemento prognostico sfavorevole sulla evoluzione della MP, con incremento della
mortalità. Quando si valuta e si tratta una psicosi, prima di tutto è importante verificare se
sussistono particolari condizioni cliniche secondarie, quali infezioni urinarie. Poi bisogna
attentamente rivalutare tutta la terapia assunta dal paziente. Tutti i farmaci per la MP sono
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potenzialmente responsabili delle psicosi, ed è necessario sospendere, in ordine,
anticolinergici, selegelina, amantadina, DA, inibitori delle COMT (non responsabili di per
sé, ma in quanto potenziatori del livello della LDOPA), ed in ultimo rivedere
eventualmente il dosaggio della l-dopa stessa. Ovviamente, il rimaneggiamento della
terapia deve anche tener conto dello stato motorio del paziente, che non può essere
aggravato incondizionatamente. È pertanto indispensabile l'aggiunta di farmaci
antipsicotici, escludendo i vecchi neurolettici tipici, antagonisti della dopamina, e
utilizzando i nuovi farmaci "antipsicotici atipici". Tra questi, si devono anche escludere
olanzapina e risperidone, che comunque determinano un peggioramento dei sintomi
extrapiramidali. Il trattamento di prima scelta rimane la quetiapina e, in seconda linea, la
clozapina, seppure quest'ultima maggiormente efficace, ma causa di rari casi di leucopenia.
Deterioramento cognitivo
Si può stimare che alterazioni della sfera cognitiva possono coinvolgere fino all'80% dei
pazienti con MP, e una franca demenza si verifica approssimativamente nel 30-40% dei
pazienti, e cioè con un'incidenza circa 6 volte maggiore rispetto ai controlli (Emre et al,
2003). Tuttavia, una disfunzione cognitiva può verificarsi nelle prime fasi della MP e può
presentarsi come una sindrome disesecutiva, che può manifestarsi come difficoltà nel
mantenimento di una risposta adattativa rispetto ad alternative competitive (Dubois et al.,
1997). I pazienti con MP possono anche avere deficit visuo-spaziali o visuo-percettivi (Uc
et al., 2005). Uno studio dei pazienti con MP in fase precoce ha trovato che 72 pazienti su
126 (57%) avevano un deterioramento cognitivo lieve al basale, con un cut off di più di 1,0
Ds al di sotto dei livelli normali per età (Williams et al., 2007). I primi cambiamenti
cognitivi della MP potrebbero coinvolgere il caudato e le vie corticostriatali (Emre et al.,
2003). Sono state riportate anomalie della captazione della dopamina e del metabolismo
cerebrale nelle aree corticali su cui proiettano le fibre dopaminergiche dello striato (Lewis
19
2003; Rinne 2000). Diversi fattori sono stati identificati come elementi di rischio per lo
sviluppo di un quadro di demenza nella MP. Alcuni autori hanno posto l'accento
soprattutto sugli anni di malattia, sulla gravità dei sintomi motori, sulla presenza di
depressione e sull'eventuale familiarità per demenza. Altri studi non hanno evidenziato
come fattore di rischio l'età del paziente all'esordio della MP e gli anni di malattia, ma solo
la severità della compromissione motoria (soprattutto nella forma acinetico-rigida o nei
quadri atipici). Il tipico profilo clinico della demenza nella MP è quello di una sindrome
disesecutiva con compromissione dell'attenzione, modificazioni della personalità e disturbi
del comportamento. I deficit della memoria sono anche frequenti, ma in maniera minore
rispetto al AD. Quando i disturbi cognitivi non sono ancora così eclatanti, è possibile
"smascherarli" con l'utilizzo di semplici test eseguibili nel corso della visita (MMSE,
MOCA), che possono servire anche come parametro evolutivo del disturbo stesso. Infine, è
sempre indispensabile riconoscere un sottostante stato depressivo, in quanto elemento
peggiorativo del decadimento cognitivo. È indispensabile la revisione della terapia
farmacologica assunta dal paziente, sospendendo ogni tipo di farmaco "non
indispensabile", come anticolinergici, selegelina, amantadina, antidepressivi triciclici e
sedativi. I farmaci dopaminergici non solo non migliorano i disturbi cognitivi, ma possono
anche peggiorarli. Studi iniziali sulla safinamide (un farmaco con molteplici meccanismi
d’azione, tra cui l’inibizione delle IMAO ed attività antiglutamatergica) può migliorare la
funzione motoria e cognitiva nella MP (Anand et al.,2007). Per quanto concerne i farmaci
utilizzati per i pazienti con AD, quali gli anticolinesterasici, esistono già da qualche anno
numerosi piccoli trial, sia in aperto che in doppio cieco, con donepezil, rivastigmina e
galantamina, che supportano un effetto benefico sulla componente cognitiva e
comportamentale in questi pazienti.
20
Sintomi gastrointestinali
La stipsi è un comune sintomo non motorio della MP e d alcuni studi suggeriscono una
grave perdita dei neuroni dopaminergici sia centrali sia del colon (Singharam et al., 1995).
Alcuni autori (Edwards et al., 1992), sulla base dei benefici dopo trattamento con
apomorfina, hanno suggerito che le anomalie della funzione anorettali e della defecazione
si verificano come conseguenza, almeno in parte, di un deficit della dopamina secondario
alle alterazioni patologiche della MP.
Sintomi sensoriali
Dolore
La dopamina può modulare il dolore a vari livelli all’interno del SNC, inclusi il midollo
spinale, il talamo, il grigio periacqueduttale, i gangli della base e la corteccia cingolata
(Chudler 1995; Shyu 1992). I dolori inspiegati sono una componente importante del
complesso sintomatologico non motorio della MP; lo studio NMS Quest ha riportato il
dolore nel 29% (158/545) dei pazienti (Martinez-Martin et al, 2007).Vi sono state varie
classificazioni per classificare il dolore nella MP, ed una parte significativa del dolore in
questa patologia è causata dalle fluttuazioni motorie e dalle discineise secondarie al
trattamento dopaminergico (Quinn et al., 1986). Inoltre, il dolore nella MP potrebbe
presentarsi come dolore centrale, dolore oro-facciale, dolore agli arti o dolore muscolo-
scheletrico. Il dolore correlato alle fluttuazioni motorie ed alle discinesie, insieme con il
dolore centrale, sono probabilmente associati alla MP per cui possono descritti come
dolore da MP, mentre le altre forme di dolore sono secondarie e no direttamente collegate
alla MP, per cui possono essere descritte come dolore non da MP. Comunque l’origine del
dolore primario centrale nella MP è basata su una disfunzione dei centri autonomici
21
dipendenti dalla dopamina che regolano la funzione autonomica ed il controllo inibitorio
del dolore.
Funzione visiva
E’ stato ipotizzato che la compromissione visiva che colpisce la discriminazione ed il
contrasto dei colori sia un possibile marcatore pre-motorio della MP (Buttner 1995;
Postuma 2006). Non vi è prova comunque che il deficit dopaminergico della MP possa
portare ad una disfunzione visiva primaria. L’innervazione intorno alla fovea è
ampiamente dopaminergica e studi autoptici hanno dimostrato come la concentrazione di
dopamina retinica sia diminuita nei pazienti con MP non trattati rispetto ai pazienti con MP
trattati in cui le concentrazioni di dopamina ritornano normali. I pazienti con MP
descrivono una visione offuscata, in genere a luminosità inferiore durante i periodi “off”; è
probabile che tale disturbo sia correlato ad una disfunzione dopaminergica della fovea
retinica (Wink et al., 2000).
Disautonomia
Anche il sistema nervoso autonomo (SNA) è frequentemente interessato nei pazienti con
MP; la fisiopatologia dei disturbi disautonomici sottende una disfunzione di alcuni nuclei
come il nucleo vago, il nucleo ambiguo, ed altri centri midollari, che esercitano un’azione
di controllo sui neuroni simpatici pregangliari. Uno studio condotto su 141 pazienti affetti
da MP e 50 controlli sani ha mostrato che la prevalenza di ipotensione ortostatica,
costipazione, disturbi urinari, disfunzione erettile, ed iperidrosi era significativamente
maggiore rispetto ai controlli, e il 50% dei pazienti con MP valutava il loro “impatto” sulla
vita quotidiana come "alto" o "molto alto" (Magerkurth et al 2005).Per valutare la
disautonomia nella MP, vi sono diversi test convalidati, tra cui QSART (quantitative
sudomoto raxon reflex test for sudomotor function), studi urodinamici quali
22
uroflussometria e cistometria per disfunzione della vescica, proctografia (disfunzione
intestinale), tilt test per l’ipotensione posturale, la risposta simpatica cutanea, e test di
funzionalità pupillare con pilocarpina (Bannister et al 1999; Pfeiffer et al, 2003;Low et al,
1999). Per la diagnosi differenziale con l’atrofia sistemica multipla (AMS) o con altre
cause di disautonomia, si possono utilizzare test come l’elettromiografia dello sfintere
uretrale, il dosaggio delle catecolamine plasmatiche, ecc..Il complesso dei sintomi non
motori della MP è spesso trascurato. In uno studio prospettico di 101 pazienti, i neurologi
non hanno discusso in più del 50% dei loro pazienti, sintomi come depressione, ansia,
stanchezza, e sonno (Shulman et al, 2002). Questo potrebbe essere il risultato del tempo
limitato del colloquio, o della percezione del paziente e del caregiver che alcuni sintomi
non sono correlati alla malattia (ad esempio, allucinazioni o diplopia), o
inconsapevolmente il medico può prestare maggiore attenzione i disturbi motori. Inoltre,
bisogna ricordare che i sintomi non motori possono presentare fluttuazioni come quelli
motori (Witjas et al, 2002). I sintomi non motori della MP non si manifestano soltanto in
fase avanzata, ma anche in fase iniziale, e alcuni sintomi come l’iposmia, la stipsi, la RBD
o/e la depressione potrebbero precedere la comparsa dei sintomi motori di più di un decade
(Chaudhuri et al, 2006;Naiduet al 2008).Per migliorare l'individuazione dei sintomi non
motori, e per pianificare nuove strategie di trattamento, ad oggi sono presenti diverse scale
di valutazione, che ci permettono non solo di individuarne la frequenza, ma anche la
severità (Tabella 3).
23
Tabella 3: Scale clinimetriche proposte per i sintomi non motori nella MP (adattata da Chaudhuri et al, 2005)
Diversi studi hanno stabilito che i sintomi non motori della MP sono molto comuni, si
verificano in tutte le fasi della MP, molto spesso sono sottostimati ed hanno un impatto
negativo sulla qualità della vita dei pazienti. Nonostante l’attenzione sempre crescente, i
sintomi non motori della malattia sono spesso non riconosciuti e non trattati. Alcuni di
questi sintomi rispondono, almeno in parte, ai farmaci dopaminergici (Tabella 4) e, in
alcuni casi, è stata ipotizzata anche l'uso della deep brain stimulataion (DBS) in specifici
target, quali il nucleo subtalamico ed il globo pallido. Anche se la DBS non è una specifica
terapia dopaminergica, ma modula i pathway dopaminergici a livello nigrostriatale.
Autonomic symptoms
Cognitive function Fatigue Health-related
quality of life Comprehensive assessment
SCOPA-Aut Mini mental Parkinson
test (not specific but
used for PD)
Fatigue severity scale
PDQ 39
The Parkinson’s disease NMS
scale (in development)
Hospital anxiety and
depression scale PF-16 PDQ 8
The Parkinson’s disease NMS
questionnaire (NMSQuest)
Beck depression
inventory PDQUALIFI
Revised UPDRS I
Hamilton depression
rating scale SCOPA-PS
(psychosocial aspect) Wearing off patient
questionnaire
EQ-5D131 PD quality of life
questionnaire
24
a
Tabella 4: I sintomi non motori e la risposta alla terapia dopaminergica
25
Disturbi urinari nella Malattia di Parkinson
Le basse vie urinarie sono costituite da due componenti principali, la vescica e l'uretra. La
vescica è abbondantemente innervata da recettori muscarinici M2, e recettori adrenergici
beta 3 ricevitori, ed è innervato da fibre colinergiche(parasimpatico) e noradrenergiche
(simpatico), rispettivamente per la contrazione ed il rilasciamento. L'uretra possiede
recettori adrenergici alfa 1A recettori nicotinici, ed è innervato da fibre noradrenergiche
(simpatico; contrazione) e colinergiche (somatiche; contrazione) (Figura 3).
Figura 3: Circuiti neuronali che regolano la funzione urinaria
26
Le basse vie urinarie sono deputate a due principali funzioni: quella di riempimento e
svuotamento delle urine, che coinvolgono un gran numero di strutture corticali,
sottocorticali e troncali. A livello del ponte sono stati infatti identificati due centri di
controllo della minzione, detti “pontine micturition center” (PMC) e “pontine storage
center” (PSC). Il PMC è responsabile dell’inizio della minzione mentre il ruolo del PSC è
meno noto, anche se la sua stimolazione porta ad una contrazione sostenuta dei muscoli del
piano pelvico e dell’uretra.
Anche se la frequenza riportata dei sintomi urinari in pazienti con MP varia
considerevolmente tra gli studi, si è d’accordo sul fatto che i sintomi urinari sono comuni e
studi più recenti indicano che la prevalenza di sintomi delle basse vie urinarie possa essere
fra il 25 ed il 50% (Winge et al, 2015).
I disturbi delle basse vie urinarie vengono suddivisi in due gruppi: quelli da riempimento e
quelli da svuotamento. Quelli da riempimento sono i più comuni nella MP ed includono la
nicturia (aumentata frequenza urinaria durante le ore notturne), che è il sintomo più diffuso
riportato da pazienti (> 60%) (Sakakibara et al., 2001). I pazienti lamentano anche urgenza
urinaria (33-54%) e pollachiuria durante il giorno (16-36%). L'incontinenza urinaria è
presente nel 26% dei maschi e nel 28% dei pazienti di sesso femminile con MP (Sakakibara
et al., 2001). Anche se meno comuni, i sintomi da svuotamento si verificano nei pazienti
con MP. Nello studio di Sakakibara et al. (2001), i pazienti affetti da MP avevano tassi
significativamente più alti di ritardo nell'avviare la minzione (44% degli uomini),
prolungamento / scarso flusso (70% degli uomini), e uso del torchio addominale (28%
delle donne solo) rispetto al gruppo di controllo (Sakakibara et al., 2001). Araki et al. (2000)
hanno notato una correlazione tra sintomi di svuotamento e fase malattia; inoltrea,
nonostante i sintomi minzionali da svuotamento, i pazienti con MP presentano bassi residui
post-minzionali (Sakakibara et al., 2001).
27
Gli studi urodinamici documentano in un’alta percentuale dei pazienti affetti da MP
un’iperattività detrusoriale (Figura 4), che si manifesta con sintomi quali urgenza,
pollachiuria, nicturia, incontinenza da urgenza (Sakakibara, et al, 2015). Anche se i
sintomi urinari possono diventare più frequenti con la progressione della MP, la
disfunzione urinaria può svilupparsi precocemente nel corso della malattia. Una vasta
gamma di farmaci anticolinergici antimuscarinici sono disponibili per il trattamento di
iperattività vescicale e gli approcci più recenti, come il beta-3-agonisti adrenergici e
l'iniezione di tossina botulina a livello intravescicale, sono molto promettenti. Invece, il
trattamento della vescica ipoattiva è più limitato e prevede l’utilizzo di autocateterismi.
Figura 4: Iperattività del detrusore all’esame urodinamico
I meccanismi fisiopatologici che controllano la minzione sono complessi e coinvolgono un
gran numero di strutture corticali, sottocorticali e troncali. Anche le vie dopaminergiche
influenzano i sintomi urinari correlati alla vescica nella MP, ed i dati provenienti da studi
condotti sugli animali indicano che i recettori dopaminergici svolgono un ruolo diverso sul
28
“pontine micturition center” (PMC): in particolare i recettori striatali D1 inibiscono il
riflesso alla minzione, al contrario i recettori D2 lo attivano (Yoshimura et al, 1992; Seky
et al, 2001). L’iperattività detrusoriale è di frequente riscontro nella MP, e si traduce
clinicamente come minzione imperiosa, che può essere causata da una combinazione di
ridotta attività dei D1 e possibile esacerbazione della stimolazione D2 (Figura 4). Inoltre, i
pazienti con MP possono presentare anche difficoltà di svuotamento, che può essere il
risultato di un disturbo della contrattilità vescicale o di un’alterazione dello sfintere causata
dalla bradicinesia (Uchiyama et al, 2003; Christmas et al, 1988), che sembra essere
reversibile con iniezioni di apomorfina. Di solito, la fase “on” si associa ad un
miglioramento della difficoltà di svuotamento vescicale, anche se i risultati con i farmaci
dopaminergici sono conflittuali. Per esempio, la LDOPA può migliorare o peggiorare la
minzione imperiosa e l’iperattività del detrusore. Uchiyama et al, hanno esaminato 18
pazienti con MP durante le fasi ”off” e ”on” con studi urodinamici, valutandoli in fase
“off” e dopo 1 h dalla somministrazione di 100 mg di LDOPA. I sintomi sono migliorati in
tutti i pazienti che avevano difficoltà nello svuotamento, anche se la minzione imperiosa e
l’incontinenza rimanevano invariate o peggioravano. I recettori D1 e D2 sembrano avere
differenti effetti sul controllo della vescica: la pergolide, un agonista D1 della dopamina
con possibile attività agonista, ha avuto effetti positivi sugli animali, mentre uno studio ha
rilevato un miglioramento della nicturia in tre pazienti che erano passati da bromocriptina a
pergolide (Kuno et al2004). Tuttavia, la pergolide non è più raccomandata per la MP,
poiché comporta un notevole rischio di sviluppo di fibrosi cardiaca valvolare. La DBS del
nucleo subtalamico ha un effetto benefico sulla funzione della vescica, migliorando la
capacità della vescica ed il volume riflesso; questo effetto è probabilmente secondario ad
una migliore integrazione sensorimotoria ed al miglioramento dell’elaborazione
dell’attività efferente ad un livello superiore (Winge et al 2004; Seif et al,2004).
29
Nicturia
Nello studio NMS Quest, fino al 62% dei pazienti affetti da MP, ha lamentato nicturia, che
potrebbe essersi verificata a causa di una combinazione data a sia da un aumento della
produzione di urine durante la notte, sia da una riduzione capacità della vescica e possibile
alterazione del sonno notturno legata all’acinesia notturna (Martinez-Martin et al, 2007).
In uno studio in aperto, internazionale, multicentrico su 54 pazienti, è stato riportato un
significativo effetto positivo del cerotto transdermico di rotigotina per la nicturia dei
pazienti con MP; il risultato è stato sostenuto da quello di uno studio monocentrico su 30
pazienti (Giladi et al, 2006). Comunque finora non ci sono studi clinici controllati che
abbiano indagato la relazione tra nicturia e terapia dopaminergica.
In conclusione, come esaminato in questa parte introduttiva, la maggior parte dei sintomi
non motori della MP sembra avere un contributo dopaminergico. Pertanto, alcuni di questi
sintomi, che sono in genere considerati come non responsivi alla terapia dopaminergica,
potrebbero rispondere ad una terapia dopaminergica mirata, oppure potrebbero essere
aggravati da questi stessi farmaci. Nel prossimo futuro, si prevede che un notevole numero
di studi indagherà questi importanti bisogni non soddisfatti della MP.
30
Oppenheim also devoted a whole chapter to paralysis agitans in his excellent
textbook, published in the early years of 20th century . He summarized
what was already known about clinical the characteristics of PD.
In addition, Oppenheim commented on bladder dysfunction:
…“The functions of the bladder are not generally affected, but many conditions
which impair these functions (hypertrophy of the prostate, etc.)
may occur in old age. I have seen a few typical cases in which strangury
and even incontinence seemed to be symptoms, and in one there was occasional
incontinence of faeces, a symptom also reported by Carrayrou”.
H. Oppenheim (1858–1919)
31
Obiettivo della Tesi
La Malattia di Parkinson è una patologia che ormai viene definita come disturbo
neurodegenerativo multisistemico, che interessa non solo la sfera motoria, bensì anche
diversi aspetti della sfera non motoria che influiscono sensibilmente sulla qualità di vita del
paziente. È necessario pertanto, focalizzare l’attenzione della comunità scientifica sui
sintomi non motori, e su eventuali associazioni con altre variabili di malattia. Tra i più
frequenti sintomi non motori annoveriamo i sintomi psichiatrici, i disturbi del sonno, i
disturbi gastrointestinali e dolore (la fatica), le disfunzioni urinarie ed i disturbi cognitivi.
Tra questi, i disturbi del tratto genito-urinario hanno un impatto particolarmente negativo
sulla qualità di vita del paziente. In una serie consecutiva di pazienti affetti da malattia di
Parkinson non dementi afferenti presso l’ambulatorio per i disturbi del movimento del
Dipartimento di Biomedicina Sperimentale e Neuroscienze Cliniche (BioNeC)
dell'Università degli Studi di Palermo abbiamo quindi valutato:
1) la frequenza dei disturbi urinari;
2) la correlazione dei disturbi urinari con altre variabili cliniche, in particolare con gli altri
disturbi non motori;
3) la correlazione con gli esami strumentali effettuati.
Questo studio è stato svolto in collaborazione con il Dipartimento di Discipline
Chirurgiche, Oncologiche e Stomatologiche (Prof. C. Pavone della sezione di Urologia) e
con il Dipartimento di Biopatologia e Biotecnologie Mediche (Prof. T. Bartolotta della
Sezione di Radiologia), dove sono stati eseguiti gli esami strumentali previsti dal
protocollo di ricerca.
32
PAZIENTI E METODI Pazienti
Abbiamo condotto uno studio trasversale al fine di analizzare la frequenza e la serialità di
disturbi disautonomici in una serie consecutiva di pazienti affetti da malattia di Parkinson
non dementi afferenti presso l'ambulatorio per i disturbi del movimento del Dipartimento
di Biomedicina Sperimentale e Neuroscienze Cliniche (BioNeC) dell'Università degli
Studi di Palermo.
I pazienti sono stati arruolati in modo consecutivo da gennaio 2014 ad oggi. Sono stati
inclusi nello studio pazienti con diagnosi di MD idiopatica secondo i criteri della UK
Parkinson’s Disease Brain Bank (Gibb et al, 1988). Sono stati considerati i soggetti che
hanno risposto ai criteri di inclusione che prevedono la presenza di 2 dei 4 segni cardinali
(tremore a riposo, rigidità, bradicinesia, alterazione dei riflessi posturali) in soggetti che
non assumono terapia antiparkinsoniana, e la presenza di almeno uno dei suddetti segni in
soggetti che rispondono alla terapia con l-dopa o dopaminoagonisti (DA). La diagnosi di
MP è stata sostenuta dall’esordio unilaterale dei sintomi, dal decorso progressivo, dalla
persistente asimmetria dei segni e/o dalla buona risposta ai farmaci antiparkinsoniani (l-
dopa o DA).L’esordio della malattia di Parkinson è stato identificato nell’anno in cui uno
dei 4 segni cardine della MP è stato notato dal paziente, da un familiare o documentato
nella documentazione medica. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad indagini strumentali
(TC e/o RMN encefalo) per escludere cause secondarie dell’origine dei disturbi.
Sono stati esclusi i pazienti dallo studio, i pazienti con deterioramento cognitivo (MMSE<
26), quelli affetti da disturbo psichiatrico (depressione maggiore, ecc…), o affetti da altre
patologie note per influenzare la funzione urinaria, quali diabete mellito, precedente ictus
cerebri, ipertrofia prostatica e pazienti trattati con farmaci per problemi urinari.
Tutti i pazienti sono stati sottoposti a un questionario demografico anamnestico
(informazioni demografiche generali e della storia personale, clinica e familiare) e una
33
valutazione neurologica che ha incluso scale per la valutazione motoria e non motoria della
malattia di Parkinson. Inoltre è stato rilevata ogni eventuale condizione patologica o
trattamento farmacologico che potrebbe interferire con una valutazione clinica per i
disturbi disautonomici. E’ stata inoltre indagata la presenza di comorbidità per
ipertensione, diabete e dislipidemie, ed è stata anche annotata tutta la terapia farmacologica
assunta dai pazienti al momento della valutazione. I dosaggi della terapia dopaminergica
sono stati convertiti in LED (l-dopa equivalent daily dose) (Tomlinson et al, 2010). Le
variabili continue esaminate (età all’intervista, età di esordio, durata di malattia, scolarità,
UPDRS-totale, UPDRS-I, UPDRS-II, UPDRS-III, SCOPA-AUT, ESS,BDI, NPI) sono
state categorizzate secondo la media o mediana del valore della variabile in esame.
Valutazione clinica
I pazienti hanno risposto ad un questionario che comprendeva i seguenti dati anagrafici:
età, sesso, stato coniugale, livello di istruzione, abitudini voluttuarie e informazioni
cliniche sulla storia di malattia: età d'esordio, durata di malattia, sintomi motori all'esordio,
trattamenti farmacologici.
La valutazione clinica ha incluso per un completo inquadramento dei sintomi motori la
scala di Hoen&Yahr, l' UPDRS-MDS (Antonini et al et al, 2012) (parti I-IV); al fine di
escluder la diagnosi di declino cognitivo è stata somministrata il Mini Mental State
Examination test, escludendo i pazienti con un punteggio < 26. La presenza di disturbi
disautonomici è stata investigata mediante la SCOPA-AUT. Il versante comportamentale è
stato esplorato mediante l'utilizzo di scale per i disturbi comportamentali quali la Beck
depression inventory (BDI) e Neuropsychiatric inventory. L'aspetto dei disturbi del sonno
è stato valutato mediante la somministrazione della Parkinson's disease sleep scale (PDSS)
e della Epworth Sleepiness Scale (ESS); infine è stato valutato l'aspetto della qualità di vita
mediante l'utilizzo della Parkinson disease quality of life questionnaire (PDQ39) .
34
MDS-Unified Parkinson’s Disease Rating Scale (MDS-UPRDS): è stata sviluppata a
seguito dell’analisi critica formulata dalla Task-Force per le Scale di valutazione del morbo
di Parkinson (Mov Disord 2003;18:738-750). La MDS-UPDRS consta di Quattro parti:
Parte I (esperienze non-motorie della vita quotidiana), Parte II (esperienze motorie della
vita quotidiana), Parte III (valutazione motoria) e Parte IV (complicanze motorie).
La parte I ha due sezioni: la sezione IA relativa ad alcuni aspetti comportamentali, valutati
dal ricercatore sulla base di tutte le informazioni pertinenti ottenute dal paziente e dal
caregiver; la parte IB che viene completata dal paziente con o senza l’aiuto del caregiver,
ma indipendentemente dal ricercatore. Questa parte può, comunque, essere rivista dal
ricercatore per accertarsi che a tutte le domande sia stata data una risposta chiara. Il
ricercatore può aiutare a chiarire eventuali ambiguità.
La Parte II è stata impostata come questionario autogestito così come la Parte IB, ma può
essere riveduta dal ricercatore per verificarne completezza e chiarezza.
La Parte III comprende istruzioni che il ricercatore può o fornire o mostrare al paziente.
Questa parte è completata dal ricercatore.
La Parte IV ha sia istruzioni per il ricercatore che istruzioni da leggere al paziente. Questa
parte integra informazioni ottenute dal paziente con la valutazione e l’osservazione clinica
del ricercatore ed è completata da quest’ultimo.
SCales for Outcomes in PD-Autonomic (SCOPA-AUT): è un questionario ideato nel 2004
(Visser et al 2004) per valutare i sintomi autonomici nei pazienti affetti da MP.
Consiste di 25 items che valutano la sfera dei disturbi gastrointestinali (7 items), urinari (6
items), cardiovascolari (3 items), termoregolatori (2 items), pupillomotori (1 item), cutanei
(2 item) e le disfunzioni sessuali (3 items per gli uomini e 2 per le donne); un item
aggiuntivo indaga i farmaci per la stitichezza, i problemi urinari, la pressione sanguigna e
altri sintomi non correlati alla malattia di Parkinson assunti precedentemente. Ogni item è
35
caratterizzato da una domanda sulla frequenza del disturbo a cui viene assegnato un
punteggio da 0 (mai) a 3 (spesso). I punteggi più elevati indicano una disfunzione
autonomica di grado più severo. Tutte le domande si riferiscono al mese precedente ad
eccezione della domanda che indaga l’eventuale anamnesi positiva per episodi sincopali,
che estende il limite temporale a sei mesi.
La formulazione di questo questionario si è basato sui risultati di un sondaggio postale su
46 pazienti con Malattia di Parkinson, 21 con atrofia multisistemica e 8 con disturbi del
movimento. Il primo studio di validazione del questionario SCOPA-AUT è stato
pubblicato nel 2004 (Visser et al, 2004), ed ha portato alla conclusione che si tratta di una
scala affidabile e valida per la misurazione delle funzioni autonomiche nel PD. Ulteriori
studi (Forjaz et al., 2010) hanno dimostrato la sua validità costruttiva, individuando
correlazioni con la gravità della malattia, l’età e la terapia. La scala SCOPA-AUT è stata
considerata la scala di valutazione raccomandata per una valutazione globale delle
disfunzioni autonomiche nella MP. L’unidimensionalità della SCOPA-AUT potrebbe
rappresentare un limite nell’utilizzo di questo strumento nella pratica clinica; la semplicità
e la rapidità di somministrazione costituiscono sicuramente un punto di forza di tale
questionario. In conclusione, il questionario SCOPA-AUT è una scala validata, utile nella
pratica clinica che mostra correlazioni con altri variabili di malattia della Malattia di
Parkinson. Inoltre permette di valutare presenza e severità sia dei sintomi urinari da
svuotamento che da riempimento.
Epworth Sleepiness Scale (ESS): il paziente deve valutare la probabilità di addormentarsi
in otto differenti contesti con un punteggio da 0 a 3 (bassa – discreta – alta probabilità)
(John et al., 1991). La scala ESS si basa su otto domande, riguardanti alcune situazioni che
sono ritenute in grado di favorire la sonnolenza. Nel questionario, che è
36
autosomministrabile, viene richiesto ai pazineti di giudicare la probabilità di addormentarsi
in queste situazione attraverso una scala di giudizio che va da 0 a 3 basandosi sulle proprie
abitudini. Se il soggetto non si è ritrovato di recente in una delle situazioni esaminate gli
viene chiesto quanto queste situazioni lo influenzerebbero. Con un questionario in tal
modo strutturato, si cerca di superare le differenze di abitudini, infatti non viene richiesto
ad esempio se il soggetto si addormenti guardando la televisione, bensì la probabilità di
addormentarsi in tale condizione. Inoltre le situazioni indagano sia quei casi caratterizzati
da un’elevata sonnolenza diurna, infatti vengono esaminate situazioni in cui normalmente è
poco probabile assopirsi, ad esempio stando in piedi o seduti su una sedia; sia casi di un
livello eccessivamente basso di sonnolenza tramite l’analisi di condizioni altamente
favorenti. Le risposte ottenute portano ad un punteggio sommario che può variare da 0 a
24. Il questionario ha provato di essere efficace nella distinzione di un vasto range di casi
di sonnolenza.
Dalla sua pubblicazione nel 1991, la Epworth Sleepiness Scale (ESS) è stata utilizzata per
quantificare la sonnolenza diurna nei pazienti con sindrome delle apnee notturne nota e in
tutte le malattie in cui la sonnolenza diurna potrebbe rappresentare un disturbo
clinicamente significativo, come nella MP.
Parkinson Disease Sleep Scale (PDSS): valuta tramite 15 item su una scala visiva
analogica il profilo di disturbi del sonno (Chaudhuri et al.,2002).
La PDSS è una scala analogica che valuta 15 sintomi comunemente riferiti associati ai
disturbi del sonno. I 15 items selezionati sono stati scelti dagli autori basandosi
sull’esperienza clinica, ottenuta da colloqui con i pazienti e i caregivers.
Lo studio di Chaudhuri ha mostrato che la PDSS è uno strumento facile da usare ed
affidabile per misurare i disturbi del sonno nella Malattia di Parkinson. I singoli item
hanno dimostrato un buon potere discriminativo tra i soggetti affetti dalla Malattia di
37
Parkinson e i controlli sani, inoltre nello stesso studio agli individui che prendevano un
punteggio basso nell’item della sonnolenza diurna corrispondeva eccessiva sonnolenza
diurna misurata con la ESS. Il questionario PDSS viene considerato il primo test in grado
di valutare gli aspetti multifattoriali dei disturbi del sonno applicabile al letto del paziente.
Un ulteriore vantaggio di questo test è la sua facilità di somministrazione e la capacità di
fornire una misura quantitativa dei sintomi. Tale scala inoltre permette di ottimizzare la
terapia per i disturbi notturni.
L’utilità clinica della PDSS è stata dimostrata da studi nei quali i pazienti sottoposti ad una
stimolazione dopaminergica notturna continua mostravano un miglioramento documentato
tramite relazioni soggettive riguardo la qualità del sonno sebbene l’architettura del sonno
fosse rimasta inalterata. I limiti della PDSS sono una limitata capacità di valutare
l'architettura del sonno rispetto agli studi polisonnografici. D’altronde la PDSS nasce per
fornire uno strumento clinico semplice, economico ed applicabile al letto del paziente per
la valutazione semi-quantitativa dei disturbi del sonno senza pretese di paragone con la
polisonnografia. In seconda istanza bisogna prendere in considerazione l’impatto delle
condizioni mediche del paziente sul punteggio ottenuto alla PDSS negli items individuali.
Sarebbe necessario controllare l’eventuale presenza di depressione, psicosi, ed altri disturbi
come l’artrite che potrebbero avere un’influenza disorientante sugli studi sul sonno. In
conclusione sebbene il PDSS risulti un ottimo test al letto del paziente probabilmente i
pazienti che ottengano un punteggio basso dovrebbero essere sottoposti ad un
approfondimento diagnostico con polisonnografia.
Parkinson's Disease Questionnaire (PDQ-39): consta di 39 items con 5 possibili riposte
suddivise in 8 categorie che valutano: motilità, attività della vita quotidiana, benessere
emozionale, segno preponderante, supporto sociale, stato mentale, comunicazione, disturbi
fisici (0-156). (Jenkinson et al., 1995).
38
il Parkinson disease quality of life questionnaire 39 (PDQ39) è una scala ideata da Peto et
al. nel 1995. Questo strumento misura la qualità di vita dei pazienti affetti da Malattia di
Parkinson ed è attualmente il più utilizzato e comprovato nella pratica clinica nell’ambito
di questa patologia (Marinusil PDQ39 è costituito da 39 items, distribuiti su 8 domini:
mobilità (10 items), attività giornaliera (ADL, 6 items), stabilità emotiva (6 items), stigma
sociale (4 items), supporto sociale (3 items), declino cognitivo (4 items), comunicazione (3
items) e disagio fisico (3 items).
Gli items sono dapprima sommati all’interno di ogni dominio così come nella totalità della
scala e successivamente rapportati ad una scala da 0 a 100. La scala è stata formulata
utilizzando come punto di partenza colloqui psicologici effettuati su 20 pazienti affetti da
PD afferenti ad un reparto di neurologia. A queste persone fu chiesto di descrivere gli
ambiti della propria vita che risultavano essere influenzati negativamente dalla malattia.
Questo metodo generò un esteso numero di possibili items inseribili nel questionario
finale; questi items sono stati in seconda istanza scremati per ambiguità e ripetizioni e da
ciò ne risultò un questionario di 65 items che venne utilizzato in uno studio pilota al fine di
testarne l’accettabilità e la comprensibilità. Ogni domanda indagava l’influenza del PD su
una specifica area della vita durante il mese passato, e per ogni domanda vi era un range di
cinque possibili risposte: mai, occasionalmente, qualche volta, spesso e sempre (Grove et
al., 2000).
In una fase successive tutti i membri di otto sedi locali della Parkinson’s Disease Society
(PDS) affetti da PD furono sottoposti ad un sondaggio postale utilizzando il questionario
da 65 items. I dati ottenuti furono utilizzati per determinare le dimensioni basilari e
permettere la rimozione di items ridondanti per un questionario finale più maneggevole. Il
risultato fu il PDQ-39, un questionario di 39 items comprendente otto domini. I punteggi
per ogni dominio sono rapportati su una scala che spazia da 0 (miglior punteggio, nessun
disturbo) a 100 (peggior punteggio, massimo grado di severità dei disturbi).
39
La misurazione delle proprietà del PDQ-39, vale a dire affidabilità, validità e sensibilità
alle variazioni, vennero valutate utilizzando I dati di un secondo sondaggio postale con
confronto con lo Short Form-36 Health survey (SF-36)( Jenkinson et al., 1995)
Per ciò che concerne l’affidabilità è risultato un dato soddisfacente per tutte le scale ad
eccezione del supporto sociale da cui è derivato un risultato leggermente inferiore . Inoltre
è stata valutata sia la validità la strutturazione del questionario che la correlazione con la
gravità della malattia. La sensibilità infine è sicuramente un aspetto di fondamentale
importanza in un questionario sulla qualità di vita, soprattutto in considerazione di un
eventuale utilizzo nei trials clinici. Questo aspetto è stato provato sulla base dei dati
ottenuti da una coorte di pazienti, valutando se i cambiamenti al PDQ-39 fossero
significativi e consistenti dopo un periodo di 4 mesi paragonandoli con le variazioni
ottenute al SF-36 e alla stadiazione clinica e ottenendo risultati consistenti (Jenkinson et
al., 1995).
Valutazione Strumentale
I pazienti arruolati sono stati sottoposti ad esame delle urine (esclusione infezione delle vie
urinarie in corso), uroflussimetria ed ecografia urinaria con valutazione del ristagno post-
minzionale. L’uroflussimetria è stata preceduta da una raccolta di dati relativa alle normali
abitudini minzionali nella settimana precedente l’esame, mediante il compilamento del
diario minzionale.
L’uroflussometria rappresenta l’indagine urodinamica più semplice e meno invasiva, e
permette di studiare il flusso urinario: essa consiste infatti nell’urinare in un apposito
strumento, appunto il flussometro, che ha le sembianze di un normale water, ma che in
realtà, attraverso una tecnologia elettronica, permette di misurare il flusso minzionale
momento per momento e di riprodurlo in forma grafica. E' un indagine semplice,
considerata di prima istanza nei pazienti che riferiscono disturbi della minzione. Il suo
40
fine è oggettivare il disturbo urinario ostruttivo riferito dal paziente, quindi distinguere un
soggetto con flusso normale da uno affetto da qualche patologia del basso apparato urinario
che influisce effettivamente sulla sua minzione, come la comune iperplasia prostatica
benigna, la stenosi dell'uretra, la vescica neurologica o altre patologie.
L'uroflussometria è quindi indicata in presenza di sintomi come difficoltà ad urinare, mitto
rallentato, gocciolamento post-minzionale, frequenza e urgenza minzionale, incontinenza
urinaria, senso di incompleto svuotamento vescicale. La presenza di uno o più di questi
sintomi può essere legata a molte patologie, e il fine della flussimetria non è di distinguere
quale fra esse (a questo saranno utili esami più accurati), ma di oggettivare il disturbo e
fornire parametri numerici che possano quantificarlo con precisione. L'uroflussometria è
anche un valido strumento di monitoraggio dei risultati di un trattamento, medico o
chirurgico. Viene quindi raccomandata nei pazienti che c devono effettuare una terapia
medica o sottoporsi ad un intervento chirurgico, e poi ripetuta ad intervalli di tempo
stabiliti dall'urologo.
L'apparecchiatura con cui si effettua questo esame è chiamata uroflussometro. Di fatto è un
vaso che misura la velocità del flusso urinario e la registra su un tracciato. L'atto
minzionale viene quindi rappresentato graficamente in un asse cartesiano, con tempo e
flusso in ascisse e ordinate. I parametri più utili sono Qmax (flusso massimo), Qave (flusso
medio), Vol (volume urinato, molto utile specie se rapportato allo stimolo minzionale del
paziente o al suo residuo postminzionale). L'interpretazione di questo diagramma consente
di confermare od escludere la presenza di una disfunzione del primo tratto urinario.
Ecografia apparato urinario con valutazione ristagno post-minzionale: è la tecnica di
indagine di prima istanza nello studio dell’apparato urinario nei pazienti con malattie
urologiche. È una metodica non invasiva, indolore e priva di effetti collaterali che non
richiede l’utilizzo di mezzi di contrasto o radiazioni ionizzanti. Inoltre è l’esame di scelta
41
nei pazienti con allergia ai mezzi di contrasto o i cui reni sono danneggiati e non sono in
grado di filtrare il mezzo di contrasto. Tramite l’ecografia è possibile misurare le
dimensioni dei singoli reni, studiarne la posizione e morfologia, lo spessore parenchimale e
il rapporto cortico-midollare. Tramite l’ecografia è possibile studiare anche il basso
apparato escretore, e in particolare la vescica. L’ecografia vescicale viene utilizzata per la
diagnosi di neoformazioni, diverticoli o calcolosi vescicale e per la valutazione del residuo
post-minzionale. E’ possibile inoltre eseguire una valutazione morfologica della prostata e
valutarne le dimensioni (parametro particolarmente importante nei pazienti che lamentano
disturbi minzionali). Gli ureteri non sono esplorabili se non nel tratto prossimale e
iuxtavescicale quando sono dilatati. Infine è una metodica la cui accuratezza diagnostica è
strettamente correlata alla capacità ed esperienza dell’operatore e alle caratteristiche
dell’apparecchio. L’ecografia sarà effettuata anche dopo lo svuotamento vescicale al fine di
valutare il residuo post-minzionale; verrà considerato patologico se compreso tra 50-200
ml.
42
Analisi dei dati
Il coefficiente di correlazione di Pearson è stato utilizzato per valutare la correlazione tra
punteggio della scala Scopa-AUT, e le altre variabili quantitative. I pazienti con Malattia di
Parkinson sono stati divisi in due gruppi in base alla mediana della scala SCOPA-AUT, in
base alla mediana dell’età allo studio, ed in base alla durata di malattia. Le caratteristiche
cliniche dei due gruppi sono state confrontate mediante il t-test per le variabili continue.
Inoltre i pazienti, sono stati suddivisi in tre gruppi in base alla severità di malattia secondo
H&Y; in questo caso, le variabili cliniche sono state analizzate secondo analisi ANOVA
“fra gruppi”. Le correlazioni e tutte le analisi sono state effettuati con la versione 9.2 del
software SAS.
43
Risultati
Sono stati arruolati 172 pazienti (103 maschi, 59.9%, 69 femmine, 40.1%), tuttavia il
44.7% dei pazienti (77/172) non sono stati ritenuti eleggibili per il protocollo strumentale
(34 pazienti con MMSE < 26; 21 pazienti con IPB; 17 pazienti con DM; 1paziente con
sindrome ansiosa-depressiva; 1 paziente con malattia cerebrovascolare cronica).
Dei 98 pazienti ritenuti reclutabili, in atto 45 (46%) (26 di sesso maschile, 19 di sesso
femminile) si sono sottoposti alle indagini strumentali di I livello, 10 (9.8%) si sono
rifiutati di partecipare al protocollo. Le caratteristiche demografiche e cliniche dei pazienti
che si sono sottoposti agli esami strumentali sono riassunte nella tabella 5.La maggior
parte dei pazienti (84%) erano in stadio HY 1-2 (33.3% stadio 1, il 51% stadio 2, 8.9%
stadio 3, 6.7% stadio 4 e nessuno in stadio 5). Tutti i pazienti presentavano almeno un
disturbo disautonomico; i domini della scala SCOPA-AUT più frequentemente coinvolti
sono stati urinario (92.8%) e gastrointestinale (95%), seguito dal cardio-vascolare (46.7%),
la termoregolazione (51.1 %), sessuale (35.5%), e la disfunzione pupillo-motore (24.4%)
(tabella 6). I disturbi urinari sono stati suddivisi in da riempimento (urgenza urinaria,
pollachiuria e nicturia, sensazione vescicale, incontinenza urinaria) e da svuotamento
(difficoltà ad iniziare il mitto, flusso debole, flusso intermittente, flusso a ventaglio,
sensazione di incompleto svuotamento e ritenzione urinaria). L’89% dei pazienti (40/45)
presentava un uno o più sintomi da riempimento, il 4.4% (2/45) presentava un disturbo da
svuotamento e solo il 6.7% (3/45) dei pazienti non presentava disturbi urinari (tabella 7).
La mediana del punteggio della scala Scopa-AUT era 14.All’analisi univariata, i pazienti
con più alti punteggi della scala Scopa-AUT (sopra la mediana) rispetto a quelli con i
punteggi più bassi (sotto la mediana) avevano una peggiore qualità di sonno (p< 0.05), ed
erano in trattamento con una maggiore dose di levodopa (p< 0.05) (dati non mostrati in
tabella).
44
La mediana dell’età allo studio era 64.6 aa. All’analisi univariata, i pazienti con più alta età
allo studio (sopra la mediana) rispetto a quelli età più bassa (sotto la mediana) mostravano
un flusso massimo più basso (p=0.03), e un volume vuotato inferiore (p =0.008) (tabella
8).
La mediana della durata di malattia era 5.7 aa. All’analisi univariata, i pazienti con più alta
durata di malattia(sopra la mediana) rispetto a quelli con durata più bassa (sotto la
mediana) mostravano un età allo studio maggiore (p=0.02), terapia con LDOPA(p =<.001),
LED (p=<.001) più alti; inoltre presentavano punteggio alla SCOPA-AUT (p=0.008), e
dall’inventario per i disturbi neuropsichiatrici (p=0.04) più alto ed un punteggio più basso
alla PDSS (p=0.03)(tabella 9).
I pazienti sono stati inoltre suddivisi in tre gruppi in base alla gravità di malattia secondo
H&Y. All’analisi univariata, i pazienti in fase avanzata di malattia rispetto a quelli con
stadio di malattia in fase iniziale o intermedio mostravano più alti dosaggi di LED
(p=0.0007) e di LDOPA (p= 0.001), punteggi più alti dalla scala UPDRS (p= 0.001),
punteggi più bassi alla scala PDSS (p= 0.0005) ed al MMSE (p= 0.004), punteggi più alti
alla BECK (p =0.04) ed alla scala NPI (p =0.0003) (tabella 10).
I punteggi della scala SCOPA-AUT, stratificati per durata di malattia, correlano
significativamente, per durata di malattia ≥ 5.7 aa, con la sezione motoria dell’UPDRS
(Rho 0.44, p = 0.03), con UPDRS totale (Rho 0.40, p = 0.05) e con la SCOPA-AU (Rho
0.57, p = 0.004). Invece, per durata di malattia< 5.7 aa correlano con l'età all’esordio (Rho
0.44, p = 0.03), età allo studio (Rho 0.47, p = 0.02), con UPDRS totale (Rho 0.42, p =
0.04), con la SCOPA-AU (Rho 0.83, p <.0001), con il punteggio per l’ inventario per i
disturbi neuropsichiatrici (Rho 0.49, p = 0.03).I punteggi della scala SCOPA-AUT scala
inoltre sono significativamente correlati con i seguenti domini della scala PDQ-39: la
mobilità (Rho 0.48, p = 0.02.), Attività quotidiana (Rho 0.43, p = 0.04), stigma (Rho 0.69,
45
p = 0.0003), la comunicazione (Rho 0.41, p=0.05), danno cognitivo (Rho 0.44, p = 0.03)
(tabella 11).
I punteggi della scala SCOPA-AUT, stratificati per gravità di malattia secondo H&Y,
correlano significativamente, per H&Y=1, con la sezione motoria dell’UPDRS (Rho 0.72,
p = 0.002), con UPDRS totale (Rho 0.75, p = 0.001), con la LDOPA (Rho 0.65, p = 0.007)
e con la SCOPA-AU (Rho 0.63, p = 0.01).
Invece, per H&Y =2 correlano con UPDRS totale (Rho 0.46, p = 0.04), con la SCOPA-AU
(Rho 0.81, p <.0001), con il punteggio della PDSS (Rho -0.65, p = 0.001), della BECK
(Rho 0.46, p = 0.03) e con il dominio danno cognitivo della PDQ-39 (Rho 0.44, p =
0.04)Infine i punteggi della scala SCOPA-AUT, stratificati per H&Y > 2 sono
significativamente correlati con la SCOPA-AU (Rho 0.78, p < 0.008), con il punteggio del
NPI (Rho 0.67, p = 0.04)(tabella 12).
I parametri analizzati per l’uroflussimetria sono stati il volume vuotato ed il flusso
massimo. La media del volume vuotato è stata 179.3 ± 91.1; la media del flusso massimo è
stata 17.9 ml/s ±9.1.Il 20%(9/45)dei pazienti (3 F, 6 M) presentavano un flusso massimo ≤
10 ml/s, di questi uno solo aveva sintomi da alterato svuotamento, gli altri da riempimento
(8/9).
I parametri analizzai per l’ecografia sono stati il volume pre e post minzionale. L’ecografia
ha documentato nel 44% (11/26) dei pazienti un’ipertrofia prostatica benigna; in
particolare il 91% (10/11) dei pazienti presentavano sintomi riempimento ed il
9%(1/11)dei pazienti presentava disturbi da svuotamento. Nessun paziente ha presentato
un residuo post minzionale patologico. La media del volume pre-minzionale è stata 172
±138.8, mentre la media del volume post minzionale è stata 33.7 ml ± 68.7. Non vi sono
differenze statisticamente significative tra i pazienti uomini con disturbi urinari con
riscontro di IPB e quelli con ecografia normale (tabella 13).
46
Discussione
Nel nostro studio, la maggior parte dei pazienti affetti da MP presenta disturbi urinari
(92.8%) e nel 44% (11/26) dei pazienti di sesso maschile, abbiamo inoltre riscontrato
all’ecografia un’ipertrofia prostatica benigna. E 'ormai ben noto che i sintomi urinari
possono essere un aspetto problematico dei sintomi non motori che interessano i pazienti
con MP (Magerkurth 2005; Chaudhuri 2006). Tuttavia, la frequenza dei disturbi urinari
varia considerevolmente tra gli studi, in relazione al tipo di questionari utilizzati (validati o
non validati) e la fase di malattia in cui si manifestano rimane controversa. Alcuni studi
stimano una prevalenza dei disturbi urinari tra il 27% e il 39%, (Araki 2000; Sakakibara
2001; Campos-Sousa 2003) ed ipotizzano come i sintomi urinari correlino con la gravità
della malattia, supportando l'opinione che la disfunzione urinaria nella MP si verifichi in
una fase avanzata di malattia. Altri studi, rilevano la frequenza fra il 18% ed il 59% di
disturbi disautonomici anche in pazienti con MP in fase iniziale di malattia e non trattati
farmacologicamente (Müller et al, 2011). In particolare dei 207 pazienti con MP non
trattati presi in esame e confrontati con una popolazione di controllo, l’80% presenta da
uno a quattro disturbi disautonomici, il 15% presenta più di quattro disturbi disautonomici
e solo il 6% non presenta disturbi. Un altro studio clinico-strumentale (Uchiyama et al
(2011) ha valutato la frequenza dei disturbi urinari in pazienti con MP all’esordio e non
trattati. Gli autori suggeriscono che i sintomi urinari e le alterazioni alle indagini
strumentali sono comuni anche nei pazienti con MP precoce e non trattati, ma che sono
spesso trascurati perché sono asintomatici (anomalie rilevabili solo alle indagini
strumentali), e hanno poca influenza sulla qualità della vita.
In diversi studi (Chaudhuri 2006; Winge 2006;Martinez-Martin 2007 ), i pazienti
presentavano più di un sintomo urinario (nicturia, 63,9%; pollachiuria, 36,1%; e l'urgenza,
32,8%), con i sintomi da riempimento più frequenti di quelli da svuotamento. Gli studi più
47
recenti comunque indicano che la prevalenza di sintomi delle basse vie urinarie possa
essere fra il 25 ed il 50%(Winge et al, 2015). Lo studio osservazionale PRIAMO, condotto
in 55 centri italiani, ha valutato la frequenza e l’impatto sulla qualità di vita dei sintomi
non motori in 1072 pazienti affetti da MP. La maggior parte dei pazienti era in trattamento
con levodopa e dopamino-agonisti (58,9%). Quasi tutti i pazienti presentavano almeno un
sintomo non motorio (98,6%), rappresentati in prevalenza da: sintomi psichici (67),
disturbi del sonno (64%), gastro-intestinali (61%), dolore (61%), affaticamento (58%),
sintomi del tratto urinario (57%). I sintomi di urgenza (35%) e la nicturia (35%) erano tra i
più comuni. La presenza dei sintomi urinari è stata associata con una durata di malattia
significativamente più lunga rispetto ai pazienti senza disturbi urinari (Barone et al, 2009).
Nella nostra popolazione caratterizzata da lieve a moderata gravità della malattia, la
frequenza dei disturbi urinari è stata del 92.8%, frequenza maggiore dei dati presenti in
letteratura. Il nostro studio ha utilizzato la scala SCOPA-AUT al fine di determinare la
frequenza dei disturbi disautonomici ed in particolare di quelli urinari. Altri studi, che
hanno riportato una frequenza dei disturbi urinari inferiore (46.8%), hanno utilizzato come
scala, la versione modificata dell’UPDRS parte I (Müller et al, 2011). Tuttavia questa
scala, a differenza della SCOPA-AUT, ha un solo item per i disturbi urinari (durante la
scorsa settimana, ha avuto problemi a controllare le urine? Ad esempio, avete avuto
urgente bisogno di urinare, bisogno di urinare troppo spesso o perdita di urine ) e cinque
possibili risposte relative al tipo di impatto sulle sue esperienze di vita quotidiana (0:
assenti; 1: minimo; 2: lieve; 3: moderato; 4: grave). Nel MDS-UPDRS parte I non vengono
quindi valutati i disturbi da svuotamento. Altri studi (Araki et al, 2000) hanno utilizzano il
“International prostate symptom score (IPSS)”, questionario molto utilizzato per
valutazione quantitativa dei disturbi delle basse vie urinarie in pazienti con IPB (Cockett et
al, 1991). Inoltre, sono presenti studi (Lemack et al, 2000) in letteratura che utilizzano
48
questionari differenti per uomini (American Urological Association Symptom Index-AUA-
SI) e donne (Urogenital Distress Inventory-UDI-6).
In accordo con i dati presenti in letteratura, i disturbi da riempimento sono risultati più
frequenti (89%) rispetto a quelli da svuotamento (4.4%). La frequenza di questi sintomi
potrebbe rendere conto della patogenesi multifattoriale che li caratterizza, alla base infatti
sono stati ipotizzati non solo la deplezione di neuroni dopaminergici al livello del centro
pontino della minzione ma anche l’alterata contrattilità della vescica e dello sfintere
uretrale derivanti dalla bradicinesia. E’ ben nota la funzione inibitoria dei nuclei della base
sul centro pontino della minzione (“pontine micturition center”) e che la deplezione
dopaminergica causi una disregolazione del riflesso minzionale.
Uno studio molto interessante (Kitta et al2008) ha cercato di chiarire il ruolo della DA e di
altri neurotrasmettitori nel controllo del riflesso minzionale in modello animale di MP. I
livelli di DA e glutammato sono aumentati durante la minzione mentre i livelli di GABA
sono diminuiti. Il blocco dei recettori D1 nel grigio periacqueduttale (PAG) aumentato i
livelli di GABA durante la minzione, mentre i livelli di DA e glutammato rimangono
inalterati. Gli autori concludono che la riduzione della minzione indotta dal GABA
extracellulare a livello del PAG è impedita da antagonisti dei D1-recettore e dalla
deplezione dopaminergica. Pertanto, in situazioni di deplezione dopaminergica, il PAG
provoca una disfunzione nella regolazione GABA ed una vescica iperattiva.
Nella nostra popolazione, i tre pazienti senza disturbi urinari (6.7%) si trovavano tutti in
stadio iniziale di malattia (H&Y=1), tuttavia è interessante sottolineare come la maggior
parte dei pazienti con disturbi urinari (84.3%) avevano H&Y fase 1-2 e solo il rimanente
15.6% si trovavano in stadio H&Y 3-4. Questa evidenza mette in luce non solo il fatto che
questi disturbi accomunano la maggior parte dei pazienti affetti da MP, ma anche che
questi si manifestano precocemente e teoricamente potrebbero anche manifestarsi prima
della comparsa dell’impairment motorio. Questi dati trovano una spiegazione sia nella
49
teoria degli stadi di Braak, che nell’evidenza del coinvolgimento patologico precoce di
strutture del sistema nervoso autonomico periferico. La presenza di sintomi non motori,
infatti, sappiamo che precede la comparsa dei sintomi motori su cui si base la diagnosi
clinica di MP, ed è strettamente correlata con la deposizione dei corpi di Lewy (Braak et
al, 2003). Anche se questa associazione suggerisca che il deposito dei corpi di Lewy e la
disfunzione neuronale (ma non la morte) hanno inizio nel bulbo olfattivo e nel tronco, i
sintomi motori caratteristici della MP non sono evidenti fino a quando non vi è perdita dei
neuroni dopaminergici della pars compacta della sostanza nera. Gli assoni originanti da
questa zona, dall’area ventrale tegmentale, e dall’ipotalamo- le aree dopaminergiche
fondamentali del SNC-proiettano in modo diffuso formando i quattro circuiti
dopaminergici principali: il mesocorticale, il mesolimbico, il nigrostriatale, ed il tubero-
infundibolare. Queste vie mediano diversi sintomi non motori come le disfunzioni
cognitive, disturbi del sonno ed il dolore.
Come precisato abbiamo in questo studio studiato le correlazioni esistenti tra i sintomi
disautonomici e le altre variabili di malattia analizzate. I pazienti con durata di malattia
maggiore presentavano comunque punteggi più alti alla scala SCOPA-AUT, praticavano
più alti dosaggi di terapia dopaminergica (espressi in LED) ed erano peggiori dormitori
(punteggi più bassi alla scala PDSS). Quest’ultimo dato trova recente riscontro in un
lavoro, pubblicato recentemente dal nostro gruppo di studio (Arnao et al, 2015), in cui si
ribadisce l’elevata frequenza dei disturbi autonomici e la loro associazione con altri
sintomi non motori, in particolare con disturbi del sonno. Questa associazione potrebbe
trovare due possibili spiegazioni. Mentre da un lato i disturbi del sonno potrebbero
dipendere dai cambiamenti neuropatologici a livello dei centri troncali deputati al controllo
del ritmo sonno-veglia, anch’essi parte integrante del processo degenerativo della MP,
dall'altro potrebbero essere secondari ad altri sintomi non motori (es. depressione, RLS,
fenomeni di apnee del sonno e sintomi disautonomici urinari). A tal proposito, la maggior
50
parte 69% dei nostri pazienti (31/45) lamentava nicturia, che influisce negativamente sulla
qualità del sonno.
Per quanto riguarda la relazione tra frequenza di disturbi urinari e terapia dopaminergica, i
dati presenti in letteratura sono sostanzialmente discordanti. E’ stato dimostrato che
l’iperattività detrusoriale migliora dopo somministrazione di apomorfina, e in minor
misura, dopo levodopa, anche se in pazienti con fenomeni “on-off” il miglioramento
appare imprevedibile (Christmas et al, 1998). L'importanza del contributo
“dopaminergico” nei sintomi non motori nella MP è evidenziato da un recente studio di
imaging (PET con ¹¹C-raclopride) che ha riportato dimostrazioni in vivo della disfunzione
dopaminergica nell’ipotalamo dei pazienti con MP (Politis et al, 2008). Questa
osservazione suggerisce l’esistenza di un contributo dopaminergico a diversi sintomi non
motori, come i disturbi del sonno, la disfunzione autonomica ed i problemi
neuroendorcrini.
Nel passato, le disfunzioni urinarie nei pazienti con MP sono state spesso attribuite a
problematiche legate all’invecchiamento, a cause iatrogene o altre comorbidità (Blackett et
al, 2009). Tuttavia, oggi è ben noto come alcuni disturbi disautonomici, tra cui ipotensione
ortostatica, stipsi ed alterazioni alla scintigrafia miocardica, si manifestano anche in
pazienti naïve (non trattati) ed in fase iniziale della MP (Krygowska-Wajs, 2000; Oka
2006).
Nel nostro studio, nel 44% dei pazienti di sesso maschile è stata documentata un’ipertrofia
prostatica benigna (IPB). In molte situazioni cliniche, è difficile stabilire il reale contributo
della MP nel manifestarsi dei disturbi urinari. Ad esempio, molti uomini di età superiore a
60 anni di età possono presentare disturbi urinari legati ad una ostruzione cervico-uretrale
causata da IPB. Tuttavia, è anche vero che l’incompleto rilassamento della muscolatura
striata del pavimento pelvico e dello sfintere (iperattività detrusoriale), riscontrato sovente
in pazienti con MP, può dare un quadro clinico urologico simile a quello ostruttivo
51
(Lemack et al, 2000). Analogamente, dal momento che la frequenza dell’instabilità del
detrusore in uomini sani è tra il 25% ed il 63% (Andersen et al 1978) e in donne
asintomatiche con età > 65 aa è del 38 % (Jones et al, 1985), rimane poco chiaro il ruolo
del processo neurodegenerativo della MP. Trattare efficacemente i sintomi urologici in
questi pazienti non è spesso semplice, soprattutto nei pazienti uomini, i cui la coesistenza
di un’eventuale ostruzione da IPB, pone problemi di diagnosi corretta e trattamento
appropriato. Inoltre, nel sesso maschile a causa dell’ipertrofia della ghiandola prostatica in
età senile e alla conseguente ostruzione cervico-uretrale possono coesistere sintomi quali
un’esitazione minzionale e una riduzione del flusso urinario (Sammour 2009; Lemack
2000). Tuttavia nel gruppo dei nostri pazienti affetti da MP con concomitante IPB, il 91%
(10/11) presentava sintomi da alterato riempimento e solo il 9% (1/11) presentava disturbi
da svuotamento. E’ interessante, inoltre, sottolineare come degli 11 pazienti con riscontro
all’ecografia di IPB, il 45% (5/11) presentavano un flusso massimo < 10 ml/s, dato che
indirettamente potrebbe far ipotizzare in questi pazienti anche un’iperattività detrusoriale.
Quindi, in considerazione del fatto che condizione frequente nel maschio è la coesistenza
di ostruzione cervico-uretrale dovuta all’ipertrofia prostatica benigna, il trattamento più
corretto dei sintomi urinari non può prescindere da un corretto inquadramento diagnostico
(Campeau et al, 2011).
I nostri risultati suggeriscono che le disfunzioni urinarie in pazienti affetti da MP sono
verosimilmente correlate alla malattia stessa ed alla degenerazione nigrostriatale,
presentandosi in fase anche iniziale di malattia. Inoltre, il fatto che le disfunzioni
autonomiche, ed in particolare i disturbi urinari, si presentino anche in fase precoce di
malattia, suggerisce che la malattia si associ ad altre lesioni del sistema nervoso centrale e
periferico (Tolosa et al, 2009).
Infine, gli studi osservazionali suggeriscono che i disturbi non motori hanno un impatto
negativo sulla qualità di vita dei pazienti affetti da MP (Hely et al, 2009). Effettivamente i
52
pazienti con durata di malattia più lunga, e maggiore severità di malattia, presentano un
correlazione tra punteggio della SCOPA-AUT ed alcuni items della PDQ-39.
Inoltre è da sottolineare che molto spesso i disturbi non motori sono difficilmente indagati
nella pratica clinica, poiché è più consolidata la valutazione dell’aspetto motorio e perché il
paziente non riferisce spontaneamente i sintomi non motori come quelli urinari. La
conseguenza di ciò è che i disturbi non motori molto spesso rimangono non indagati e non
trattati in maniera adeguata, comportando una peggiore qualità di vita per il paziente.
Infine, soprattutto per i disturbi urinari, il trattamento non può prescindere dalla diagnosi
corretta della causa del disturbo.
53
Conclusioni
Nel nostro studio, abbiamo riscontrato un’elevata frequenza di disturbi urinari (92.8 %) nei
pazienti con MP. Tale frequenza, più alta di quella trovata in letteratura, è probabilmente
legata al tipo di questionario utilizzato. Inoltre, il frequente riscontro di IPB nei pazienti di
sesso maschile all’ecografia, che può essere causa di sintomi urinari, ha evidenziato la
necessità di un corretto riconoscimento di patologie associate, mediante l’applicazione di
esami strumentali, con possibili implicazioni prognostiche e terapeutiche. Non abbiamo
comunque trovato differenze statisticamente significative tra pazienti di sesso maschile e
femminile, per quanto riguarda la presenza dei disturbi urinari. Probabilmente,
quest’ultimi, potrebbero essere pertanto correlati alla disautonomia, anche se dovrà essere
valutata la presenza di iperattività detrusoriale. Infine, confermiamo i dati di letteratura che
documentano come la disautonomia, ed in particolare i disturbi urinari siano presenti anche
in fase iniziale di malattia. La diagnosi di questi ultimi è rilevante dal punto di vista del
management poiché in questi pazienti, è auspicabile una tempestiva rimodulazione
terapeutica (se il sintomo è strettamente correlato alla disautonomia) o eventuali altre
opzioni terapeutiche (farmaci anticolinergici, tra i quali l’ossibutinina, la tolterodina, il
cloruro di trospio e la solifenacina) e al fine di migliorare la qualità della vita dei pazienti.
Sarà necessario, in futuro, estendere lo studio ad un maggiore numero di pazienti, e
soprattutto completare l’iter diagnostico dei pazienti con esame urodinamico.
54
Tabelle Tabella 5: Caratteristiche cliniche e demografiche dei pazienti con MP
Tutti i pazienti 45
Femmine 19
Maschi 26
p
Età esordio 62.5 ± 10.7 57.9 ± 12.1 55.2 ±8.4 0.4 Età all’intervista 64.8 ± 12.1 61.0 ±9.5 0.2 Durata di malattia 6.5 ± 4.3 6.8 ± 4.4 5.7 ± 4.2 0.4 Fenotipo Tremorigeno
30/45 (66.7%) 12/19
(63.2%) 18/26
(69.2%) 0.8
Acinetico 15/45 (33.3%)
7/19 (36.8%)
8/26 (30.8%)
UPDRS-I 2.3. ± 2.1 2.4 ± 2.1 2.2 ±2.2 0.8 UPDRS-II 9.9 ± 7.2 9.8± 6.4 10 ± 7.8 0.9 UPDRS-III 17. 2 ± 11.8 16.6 ± 8.7 17.5 ± 13.7 0.8 UPDRS totale 29.5 ± 20.7 29.1 ± 18.4 29.8 ± 22.6 0.9 LED 517.5 ± 406.2 488. 8 ± 411.8 538.5 ± 408.9 0.7 L-DOPA 349.7± 331.9 340.5 ± 318 356.5 ± 347. 7 0.9 DA 174.3 ± 130.5 148. 3 ± 130.3 193.2 ± 129.8 0.3 PDSS 112. 7 ± 22 113.2 ± 26.2 112.4 ±18.9 0.9 MMSE 27.9 ± 2.4 28.1 ± 2.2 27.9 ± 2.1 0.8 Beck 9.1 ± 7.1 8.9 ± 7 8.6 ±7.2 0.5 NPI 10.6 ± 9.8 11.6 ± 10.6 9.5. ± 9 0.5 SCOPA- AU 5.1 ± 3.8 4.5 ± 3.5 5.5 ± 4.1 0.4 SCOPA totale 14.1 ± 7.1 14.9 ± 6.4 13.3 ±7.7 0.5 Volume vuotato 179.3 ±91.1 182.2 ±101.6 177.5 ± 86.8 0.9 Flusso Massimo 17.9 ± 9.1 21.6 ± 12 15.4 ± 6 0.03 Volume preminzionale 172 ±138.8 166.2 ±162.9 176 ± 120.3 0.8 Volume postminzionale 33.7 ±68.7 39.8 ± 93 29.3 ± 45.8 0.6
55
Tabella 6: Domini della SCOPA-AUT (GI: gastro-intestinale; AU: urinario; CV: cardio-vascolare; TR:
termo-regolatore; PM: pupillo-motore; SD: disfunzione sessuale) interessati nei pazienti affetti da MP
SCOPAGI SCOPAU SCOPACV SCOPATR SCOPAPM SCOPASD
95%
35.5%
24.4%
46.7%
92.8%
51.1%
56
Tabella 7: Sintomi urinari ed esami strumentali in pazienti affetti da MP
*urgenza urinaria, pollachiuria e nicturia; incontinenza mista
**difficoltà ad iniziare il mitto, flusso debole, sensazione di incompleto svuotamento e ritenzione urinaria
***flusso massimo <10 ml/sec
Nessun disturbo (%)
Tipo di disturbo Esame strumentale Riempimento* Svuotamento ** Ecografia Uroflussimetria ***
Tutti i pz= 45 3 40 2 11 9 Femmine
Maschi 2/19 (10.5%) 1/26 (3.8%)
16/19 (84.2%) 24/26 (92.3)
1/19 (5%) 1/26 (7.7%)
0 11/26 (44%)
4/19 (21%) 5/26 (19%)
Severità (H&Y) Stadio I 3/15 (20%) 12/12 (100%) - 4/15 (26.7%) 3/15 (20%)
Stadio II 0/20 (-) 18/20 (90%) 2/20 (10%) 5/20 (25%) 5/20 (20%) Stadio III 0/10 (-) 10/10 (100%) - 2 /10 (20%) 1/10 (10%)
Fenotipo Tremorigeno 3/30 (10%) 26/27 (96.3%) 1/27 (3.7%) 9/30 (30%) 6/30 (20%)
Acinetico 0/15 (-) 14/15 (93.3%) 1/15 (6.7%) 2/15 (13.3%) 3/15 (20%)
57
Tabella 8: Caratteristiche dei pazienti in base all’età all’arruolamento (mediana)
Età ≥ 64.6, n= 22 Età < 64.6, n= 23 p Età di esordio 64.8 ± 4.5 48.3 ± 6.8 <.001 Durata di malattia 6.9 ± 4 5.5 ± 4.5 0.3 LED 572 ± 408.3 465.4 ± 406.3 0.4 LDOPA 407.3 ± 343.2 294.7 ± 318.4 0.3 DA 164. 7 ± 136.9 183.4 ± 126.4 0.6 UPDRS totale 28.2 ±14.5 30.8 ±25.6 0.3 PDSS 114.9 ±18.9 110.6 ±24.8 0.5 MMSE 27.8 ±2.3 28.2 ± 1.8 0.6 NPI 11.6 ± 9.5 9.7 ± 10.2 0.6 BECK 6.9 ±4.6 11.3 ± 8.3 0.03 SCOPA-AUT 14.9 ± 6.9 13.2 ± 7.5 0.4 Items SCOPA-U 5.6 ± 3.1 4.5 ± 4.4 0.3 Volume vuotato 139.7 ± 77.1 216.8 ± 89.1 0.008 Flusso Massimo 14.6 ± 7.9 21 ± 9.3 0.03 Volume preminzionale 135.7 ± 98.2 203.1 ± 161.9 0.1 Volume postminzionale 14.1 ± 16.9 50.8 ± 90.1 0.07
58
Tabella 9: Caratteristiche dei pazienti in base alla durata di malattia (mediana)
Durata ≥5.7, n = 23 Durata < 5.7, n= 22 p Età di esordio 56.4 ± 10.7 56.3 ± 9.8 1.0 Età allo studio 66.1 ± 10.4 58.9 ± 10 0.02 LED 736.2 ± 401.9 288.9 ± 263.6 <.001 LDOPA 529.3 ± 317.7 162 ±229.8 <.001 DA 193.8 ±159.8 153.8 ±89.71 0.3 UPDRS totale 31.8 ± 13.5 27.2 ±26.4 0.5 PDSS 106.2 ± 19.9 119.5 ± 22.6 0.04 MMSE 27.9 ± 2.1 28.1 ±2.1 0.7 NPI 13.9 ± 7.9 7.1 ± 10.4 0.03 BECK 10.4 ± 6.2 7.8 ± 10.4 0.2 SCOPA-AUT 16.7 ± 6.9 11.2 ± 6.5 0.008 Items SCOPA-U 5.8 ± 3.2 4.2 ± 4.3 0.1 Volume vuotato 164.4 ± 70 195 ±109 0.3 Flusso Massimo 17.1 ± 7 18.7 ± 11.1 0.6 Volume preminzionale 160.7 ± 129 183.7 ± 150.8 0.6 Volume postminzionale 30.6 ± 53.5 37.3 ± 84.3 0.8
59
Tabella 10: Caratteristiche dei pazienti in base alla gravità di malattia secondo H&Y
H&Y =1 n= 15
H&Y =2 n= 20
H&Y >2 n=10
p
Età di esordio 53.9 ± 11.1 56.6 ± 10.2 59.7 ± 8.3 0.4 Età allo studio 57.3 ± 10.5 64 ± 10.6 67.6 ± 8.7 0.04 Durata di malattia 3.5 ± 2.8 7.6 ± 4.2 8 ± 4.7 0.06 LED 217.4 ± 125.5 624. 6 ± 420.4 753.7 ± 414.1 0.0007 LDOPA 86.1 ± 115.8 418. 8 ± 330.2 607.2 ± 295.1 <.001 DA 130.7±75.7 190.1 ± 154 206.5 ± 138.9 0.3 UPDRS totale 16.7 ±6.8 25.6 ±11.7 56.6 ±25.3 <.0001 PDSS 120.7 ±17 117.9 ± 18 90.5 ± 23 0.0005 MMSE 28.9 ±1.5 28.2 ± 1.4 26.3 ± 3 0.04 BECK 6 ± 4.3 8.5 ±5.4 15.2 ± 9.8 0.004 NPI 5.8 ± 5 8.6 ± 7.2 20.9 ± 11.7 0.0003 SCOPA-AUT 12.8 ±7.9 13.1 ± 7.1 17.6 ± 5.1 0.2 Items SCOPA-U 4.7 ± 5.1 4.2 ± 2.8 7.4 ± 2.4 0.08 Volume vuotato 213. 9 ±98.7 160.7 ± 86.9 160.1 ± 78.8 0.2 Flusso Massimo 17.8 ±8.5 18.6 ± 10.9 16 ± 5.7 0.8 Volume preminzionale 214.8 ±170.2 149.5 ± 108.5 143.3 ± 126.7 0.3 Volume postminzionale 59 ±103 16.8 ± 34.2 26.1 ± 40.5 0.2
60
Tabella11: Correlazione della SCOPA-AUT con altre variabili in base alla durata di malattia
ρ di Pearson p ρ di Pearson p durata di malattia ≥5.7
n=23 durata di malattia < 5.7
n=22
Età di esordio -0.09 0.7 0.44 <0.05 Età allo studio 0.03 0.9 0.47 <0.05
LED -0.06 0.8 0.28 0.2 LDOPA -0.04 0.8 0.36 0.09
UPDRS parte III 0.44 <0.05 0.38 0.07 UPDRS totale 0.41 <0.05 0.42 <0.05
Items SCOPA-U 0.57 <0.05 0.83 <0.05 Volume vuotato -0.21 0.4 -0.30 0.2 Flusso Massimo -0.13 0.6 -0.16 0.5
Volume preminzionale 0.26 0.3 -0.16 0.4
Volume postminzionale 0.002 0.9 -0.19 0.4
NPI 0.11 0.6 0.49 <0.05 Qualità della vita
(PDQ-39)
Stigma -004 0.8 0.69 <0.05 Mobilità 0.05 0.8 0.48 <0.05
Supporto sociale 0.13 0.5 0.19 0.4 Attività di vita
quotidiana 0.04 0.8 0.43 <0.05
Benessere psicologico 0.14 0.5 0.28 0.2
Comunicazione 0.25 0.2 0.41 <0.05 Danni cognitivi 0.18 0.4 0.44 <0.05
Disfunzione fisica 0.25 0.2 0.26 0.2
61
Tabella12:Correlazione della SCOPA-AUT con altre variabili in base alla gravità di malattia secondo H&Y
ρ di Pearson p ρ di Pearson p ρ di Pearson p H&Y >2
n=10 H&Y =2
n=20 H&Y =1
n=15
Età di esordio 0.3 0.4 -0.10 0.6 0.27 0.3 Età allo studio 0.07 0.3 -0.04 0.8 0.45 0.08 LED -0.27 0.4 0.38 0.09 0.38 0.1 LDOPA -0.37 0.3 0.34 0.1 0.65 <0.05 UPDRS parte III 0.02 0.9 0.36 0.1 0.72 <0.05 UPDRS totale 0.07 0.8 0.46 <0.05 0.75 <0.05 Items SCOPA-U 0.78 <0.05 0.81 <0.05 0.63 <0.05 Volume vuotato 0.03 0.9 -0.40 0.1 -0.26 0.4 Flusso massimo -0.21 0.6 -0.38 0.1 0.18 0.5 PDSS -0.36 0.3 -0.65 <0.05 0.03 0.9 BECK 0.36 0.3 0.46 <0.05 -0.15 0.5 NPI 0.67 <0.05 0.35 0.2 0.09 0.7 Qualità della vita (PDQ-39)
Stigma 0.47 0.2 0.07 0.7 0.25 0.3 Mobilità -0.18 0.6 0.33 0.1 0.45 0.09 Supporto sociale 0.19 0.6 0.04 0.8 0.39 0.1 Attività di vita quotidiana
-0.10 0.7 0.31 0.2 -0.02 0.9
Benessere psicologico 0.10 0.7 0.37 0.1 -0.27 0.3
Comunicazione 0.24 0.5 0.34 0.1 -0.05 0.8 Danni cognitivi 0.17 0.6 0.44 <0.05 0.23 0.4 Disfunzione fisica
0.06 0.8 0.27 0.2 0.31 0.4
62
Tabella13:Caratteristiche cliniche dei pazienti con disturbi urinari on e senza riscontro di IPB all’ecografia Pz con IPB, n=10 Pz senza IPB, n=14 p
Età esordio 57.7 ± 8.8 53.8 ± 8.4 0.3 Età all’intervista 63.3 ± 10.4 59.5 ± 8.8 0.4 Durata di malattia 5.5 ± 4.0 5.7. ± 4.4 0.9 Fenotipo UPDRS-I 3.1 ± 2.6 1.6 ± 1.8 0.1 UPDRS-II 10.5 ± 6.4 10.1 ± 9.3 0.9 UPDRS-III 16.8 ± 12.6 18.1 ± 15.3 0.8 UPDRS totale 30.4 ± 20.6 29.9 ±25.5 0.9 LED 599.3 ± 461.3 499. 8 ± 394.7 0.5 L-DOPA 369.0 ± 389.3 346.3 ± 326.8 0.9 DA 200.3 ± 155.2 195. 7 ± 120.9 0.9 PDSS 108.4 ± 21.9 114.6 ± 17.9 0.5 MMSE 28 ± 2.0 27.7 ± 2.2 0.7 Beck 9.7 ± 8.8 7.9 ± 6.8 0.6 NPI 13.4 ± 15.9 7.4 ± 4.6 0.3 SCOPA-totale 12.7 ± 8 13.4 ± 7.3 0.8 SCOPA- AU 5.0 ± 3.7 6.1 ± 4.4 0.5 Volume vuotato 161.2 ± 125.9 184.9 ± 52.6 0.6 Flusso Massimo 14.9 ± 7.2 15.5 ± 5.4 0.8 Volume preminzionale 140.1 ± 118.9 198 ± 124.7 0.3 Volume postminzionale 31.1 ± 47.7 31.8 ± 48.7 0.9
63
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