Riassunti Letteratura Italiana

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Scuola poetica siciliana La scuola siciliana rappresenta il primo organico movimento in volgare italiano. Essa nasce intorno al 1230 presso la corte di Federico di Svevia e riprende fedelmente i temi amorosi, i procedimenti stilistici, le forme metriche dei modelli provenzali (rinunciando solo all'accompagnamento musicale e introducendo il sonetto). I poeti siciliani sono tutti funzionari statali e nei loro versi trattano esclusivamente d'amore. Questa chiusura esclusiva sul tema amoroso deve essere visto come dell'ambiente sociale e politico in cui questa poesia nasce: il fatto che in Sicilia vi sia una monarchia assoluta fa si che non ci siano dinamiche e contrasti che possano nutrire una poesia civile e politica; la poesia è uno strumento d'evasione dalla realtà oppure ornamento elegante segno di appartenenza a una elite. Nella poesia siciliana ricorrono dunque i temi tipici dell'amor cortese: l'omaggio feudale alla dama, depositaria di ogni virtù e pregio,di fronte alla quale l'uomo è un umile servo; la lode alla donna per le sue virtù fisiche e spirituali; la speranza di ottenere una ricompensa alla servitù d'amore. Questi temi sono stilizzati, nella forma e nel contenuto, senza riferimenti di luogo e di tempo, senza scenario, senza paesaggio. La figura più significativa di questa scuola poetica fu Iacopo da Lentini, ritenuto il padre della forma del sonetto. Egli riprende gli schemi della tradizione provenzale inserendovi delle innovazioni sul piano tematico e fantastico. Il modello della poesia siciliana sarà successivamente ripreso dalla scuola toscana (Guittone d'Arezzo) che ne riprende i temi d'amore e le convenzioni stilistiche, e introduce anche il tema civile e morale. Tradizionalmente ascritto alla scuola siciliana è Cielo d'Alcamo (Contrasto). Dolce stil novo Negli ultimi decenni del secolo nasce a Firenze una nuova tendenza poetica, il dolce stil novo, che avrà tra i suoi maggiori rappresentanti Cavalcanti e Dante. A differenza dei siculo-toscani, gli stilnovisti bandiscono dalla loro poesia ogni riferimento all'attualità e ogni argomento estraneo alla tematica amorosa. Ribadiscono la centralità del''esperienza amorosa che viene sentita come un'immensa forza spirituale e indagata attraverso un'approfondita analisi psicologica. L'amore non è sentito come fatto puramente personale: l'analisi si estende al principio assoluto e mira a studiare l'essenza, la genesi e la fenomenologia del sentimento. C'è qui una visione spiritualizzata della donna che viene esaltata come angelo in terra e dispensatrice di salvezza. Un altro tema centrale, oltre quello della donna-angelo, è l'identificazione di amore e nobiltà: il sapere amare (inteso qui come saper comporre poesie d'amore) è indizio di nobiltà d'animo, nobiltà che non è legata alla nascita o al titolo ereditario, ma è un dato di natura. Questa rivendicazione è legata all'estrazione sociale di questi poeti, i quali, facendo parte dei ceti emergenti nel contesto urbano, miravano a legittimare la loro ascesa. Il precursore degli stilnovisti fu Guinizzelli, autore della canzone Al cor gentile rempaira sempre amore, considerato il manifesto dello stilnovismo. Nella canzone vengono espressi i più tipici temi stilnovistici (identificazione amore – nobiltà; donna-angelo; lode bellezza donna). Un altro importante esponente dello stilnovismo è Cavalcanti autore del sonetto Chi è questa che ven ch' ogn'om la mira.

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Scuola poetica siciliana

La scuola siciliana rappresenta il primo organico movimento in volgare italiano. Essa nasce intornoal 1230 presso la corte di Federico di Svevia e riprende fedelmente i temi amorosi, i procedimentistilistici, le forme metriche dei modelli provenzali (rinunciando solo all'accompagnamento musicalee introducendo il sonetto). I poeti siciliani sono tutti funzionari statali e nei loro versi trattanoesclusivamente d'amore. Questa chiusura esclusiva sul tema amoroso deve essere visto comedell'ambiente sociale e politico in cui questa poesia nasce: il fatto che in Sicilia vi sia una monarchiaassoluta fa si che non ci siano dinamiche e contrasti che possano nutrire una poesia civile e politica;la poesia è uno strumento d'evasione dalla realtà oppure ornamento elegante segno di appartenenzaa una elite.Nella poesia siciliana ricorrono dunque i temi tipici dell'amor cortese: l'omaggio feudale alla dama,depositaria di ogni virtù e pregio,di fronte alla quale l'uomo è un umile servo; la lode alla donna perle sue virtù fisiche e spirituali; la speranza di ottenere una ricompensa alla servitù d'amore. Questitemi sono stilizzati, nella forma e nel contenuto, senza riferimenti di luogo e di tempo, senzascenario, senza paesaggio.La figura più significativa di questa scuola poetica fu Iacopo da Lentini, ritenuto il padre dellaforma del sonetto. Egli riprende gli schemi della tradizione provenzale inserendovi delleinnovazioni sul piano tematico e fantastico.Il modello della poesia siciliana sarà successivamente ripreso dalla scuola toscana (Guittoned'Arezzo) che ne riprende i temi d'amore e le convenzioni stilistiche, e introduce anche il temacivile e morale.Tradizionalmente ascritto alla scuola siciliana è Cielo d'Alcamo (Contrasto).

Dolce stil novo

Negli ultimi decenni del secolo nasce a Firenze una nuova tendenza poetica, il dolce stil novo, cheavrà tra i suoi maggiori rappresentanti Cavalcanti e Dante. A differenza dei siculo-toscani, glistilnovisti bandiscono dalla loro poesia ogni riferimento all'attualità e ogni argomento estraneo allatematica amorosa. Ribadiscono la centralità del''esperienza amorosa che viene sentita comeun'immensa forza spirituale e indagata attraverso un'approfondita analisi psicologica. L'amore non èsentito come fatto puramente personale: l'analisi si estende al principio assoluto e mira a studiarel'essenza, la genesi e la fenomenologia del sentimento. C'è qui una visione spiritualizzata delladonna che viene esaltata come angelo in terra e dispensatrice di salvezza. Un altro tema centrale,oltre quello della donna-angelo, è l'identificazione di amore e nobiltà: il sapere amare (inteso quicome saper comporre poesie d'amore) è indizio di nobiltà d'animo, nobiltà che non è legata allanascita o al titolo ereditario, ma è un dato di natura. Questa rivendicazione è legata all'estrazionesociale di questi poeti, i quali, facendo parte dei ceti emergenti nel contesto urbano, miravano alegittimare la loro ascesa.Il precursore degli stilnovisti fu Guinizzelli, autore della canzone Al cor gentile rempaira sempreamore, considerato il manifesto dello stilnovismo. Nella canzone vengono espressi i più tipici temistilnovistici (identificazione amore – nobiltà; donna-angelo; lode bellezza donna).Un altro importante esponente dello stilnovismo è Cavalcanti autore del sonetto Chi è questa cheven ch' ogn'om la mira.

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Dante

La Divina Commedia è composta di 3 cantiche di 33 canti ciascuna, la prima ne ha uno introduttivo,per un totale di 100 canti. I versi sono endecasillabi a rima incatenata ABA, BCB, CDC... Ognicantica termina con la parola stelle. L’inferno è un imbuto vuoto, dominato dal buio, che si discende. Il purgatorio è una montagnaaltissima, immersa in una luce primaverile, che si sale. Il paradiso è fuori dello spazio, immerso inun mare di luce. Tutti e tre i regni risultano poi divisi in dieci parti (anti-inferno e nove gironi; poispiaggia, antipurgatorio, sette cornici e paradiso terrestre; ed infine nove cieli e l’empireo). Il contenuto e lo scopo dell’opera sono questi: il poeta immagina di fare un viaggio nell’oltretomba per vole-re di Dio, che attraverso di lui vuole richiamare gli uomini erranti alla via del bene. Il poeta inizia il viaggioil venerdì santo del 1300 (8 aprile o 25 marzo), e lo conclude il mercoledì successivo, quindi sette giornidopo.

Inferno

I canto: La notte del 7 aprile (o 24 marzo) dell’anno 1300, dunque a trentacinque anni di età, Dantesi smarrisce in una selva oscura. Lui stesso non sa dire come c’è finito, poiché era pieno di sonnoquando ha perso la giusta strada: a un tratto però, mentre sta albeggiando, si ritrova ai piedi di uncolle, dalla cui vetta vede spuntare i primi raggi del sole. Questo gli ridà speranza e lo spinge atentare la scalata del colle, dopo essersi riposato per qualche istante. Mentre sta salendo il colle, gli appare improvvisamente una lonza dal pelo maculato che lo spingepiù volte a tornare indietro. Subito dopo compare un leone, e una lupa famelica. Dante è perciòcostretto a tornare indietro verso la selvaA questo punto intravede una figura nella penombra, e intimorito, supplica lo sconosciuto di averepietà di lui e gli chiede se sia un uomo in carne ed ossa oppure l’anima di un defunto. L’altrorisponde di non essere più un uomo in vita, e si presenta come Virgilio, autore dell'Eneide. Dante prega perciò Virgilio di aiutarlo contro la lupa e quest'ultimo si offre di diventare la suaguida nel suo viaggio per i tre regni dell'oltretomba, tranne nel Paradiso dove a lui è negatol'accesso, in quanto pagano. Lì gli farà da guida Beatrice.

Allegoria: la selva rappresenta il peccato; il colle la via alla felicità terrena; e tre fiere che sbarranoil passo al poeta e lo ricacciano verso la selva sono invece le tre principali disposizionipeccaminose: la lonza è la lussuria, il leone è la superbia, la lupa è l’avarizia-cupidigia, secondouna tradizione già attestata dai commentatori medievali.Virgilio, che sarà la prima guida di Dante nel viaggio ultraterreno e che è allegoria della ragioneumana dei filosofi antichi, guida sufficiente a condurre l’uomo al pieno possesso delle virtùcardinali

V canto : Usciti dal Limbo, Dante e Virgilio entrano nel II Cerchio, sulla cui soglia trovanoMinosse,: è il giudice infernale, che ascolta le confessioni delle anime dannate e indica loro in qualeCerchio siano destinate, attorcigliando intorno al corpo la lunghissima coda tante volte quanti sono iCerchi che il dannato deve discendere. Non appena vede che Dante è vivo, lo apostrofa con durezzae lo ammonisce a non fidarsi di Virgilio, poiché uscire dall'Inferno non è così facile come entrare.Virgilio lo zittisce ricordandogli che il viaggio di Dante è voluto da Dio.Superato Minosse, Dante si ritrova in un luogo buio, dove soffia incessante una terribile bufera chetrascina i dannati e li sbatte da un lato all'altro del Cerchio: è il girone dei lussuriosi. Tra questi cisono Semiramide, Didone, Cleopatra, Elena (moglie di Menelao), Achille, Paride, Tristano, incompagnia di più di mille altre anime. Dante nota che due di queste anime volano accoppiate e manifesta il desiderio di parlare con loro. I

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due spiriti così si avvicinano e si presentano: sono Paolo e Francesca, legati in vita da un amore cosìforte che continua anche dopo la morte; furono entrambi assassinati e la Caina, la zona del IXCerchio dove sono puniti i traditori dei parenti, attende il loro uccisore. A questo punto Dante restaturbato e per alcuni momenti resta in silenzio, gli occhi bassi. Virgilio gli chiede a cosa pensi eDante risponde di essere colpito dal desiderio amoroso che condusse i due dannati alla perdizione.Poi parla chiede alla donna in quali circostanze sia iniziato il loro amoreLa donna narra che un giorno lei e Paolo leggevano per divertimento un libro, che parlava diLancillotto e della regina Ginevra. Più volte la lettura li aveva indotti a cercarsi con lo sguardo e liaveva fatti impallidire. Quando lessero il punto in cui era descritto il bacio dei due amanti, anch'essisi baciarono. Mentre Francesca parla, Paolo resta in silenzio e piange; Dante è sopraffatto dalturbamento e sviene.

Interpretazione: I lussuriosi sono trascinati da una bufera incessante, che simboleggia la forza dellapassione sessuale cui essi non seppero opporsi in vita

X canto: Dante e Virgilio giungono nel VI cerchio dove sono puniti gli eretici che giacciono entrotombe infuocate. Virgilio guida Dante fra le tombe della città di Dite Dante è incuriosito e chiede almaestro se sia possibile vedere le anime che giacciono nei sepolcri, dal momento che i coperchisono sollevati e non ci sono demoni a custodire le arche. Virgilio risponde che le tombe sarannochiuse in eterno il giorno del Giudizio Universale, quando le anime risorte si saranno riappropriatedel corpo nella valle di Iosafat. Spiega inoltre che in questa sorta di cimitero giacciono tutti iseguaci di Epicuro, che hanno proclamato la mortalità dell'anima, e promette a Dante che saràpresto soddisfatto il desiderio che gli ha espresso e un altro che non ha svelato, ovvero di sapere selì c'è l'anima di Farinata degli Uberti. D'improvviso una voce proveniente da una delle tombe apostrofa Dante, identificandolo cometoscano e pregandolo di trattenersi poiché il suo accento lo indica come originario della sua stessacittà. Non appena Dante giunge ai piedi del sepolcro di Farinata, questi gli domanda chi fossero isuoi antenati. Il poeta rivela la sua discendenza e Farinata osserva che gli avi di Dante furono asprinemici di lui, dei suoi antenati e della sua parte politica (i Ghibellini), tanto che li cacciò per duevolte da Firenze. Dante ribatte prontamente che, se essi furono cacciati, seppero rientrare in cittàentrambe le volte, mentre non si può dire lo stesso degli avi di Farinata. D'improvviso accanto a Farinata emerge un altro dannato che chiede piangendo a Dante perché ilfiglio (Guido Cavalcanti) non lo accompagni in questo viaggio, se Dante è lì per l'altezza del suoingegno. Dante risponde che in realtà lui è lì non solo per i suoi meriti e indica Virgilio come coluidestinato a guidarlo verso qualcuno che, forse, il figlio di Cavalcante (in quanto seguacedell'epicureismo) ebbe a disdegno. La risposta di Dante è ambigua e induce Cavalcante a credereche Guido sia già morto, e poiché il poeta tarda a rispondere, il dannato precipita nuovamente nellatomba per non tornare più fuori. Farinata, per nulla scomposto dall'accaduto, prosegue il suo discorso con Dante riprendendoesattamente da dove l'avevano interrotto e dice che se i suoi avi non seppero rientrare in Firenzedopo la cacciata, ciò gli provoca più dolore delle pene infernali. Tuttavia non passeranno più diquattro anni fino al momento in cui anche Dante saprà quanto pesa non poter tornare nella propriacittà. Il dannato chiede poi per quale motivo il Comune di Firenze è così duro in ogni sua leggecontro la sua famiglia e Dante risponde che ciò è per il ricordo della battaglia di Montaperti.Farinata osserva sconsolato che a quella battaglia non partecipò lui solo, mentre fu l'unico a opporsialla distruzione di Firenze in seguito alla vittoria dei Ghibellini. Dante chiede a Farinata di risolvergli un dubbio, relativo alla facoltà che gli sembra abbiano idannati di prevedere il futuro e che ha causato la sua precedente esitazione nel rispondere aCavalcante. Farinata spiega che i dannati vedono, sì, il futuro, ma in modo imperfetto, riuscendo ascorgere gli eventi solo quando sono molto lontani; quando si avvicinano nel tempo o stannoavvenendo diventano loro invisibili e non sono in grado di saperne nulla. Dante comprende l'errore

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commesso e prega Farinata di informare Cavalcante che suo figlio Guido è in realtà ancora vivo.Virgilio richiama Dante, che perciò si affretta a domandare al dannato con chi condivida la sua penanella tomba. Farinata risponde di giacere lì con più di mille anime, tra cui quelle di Federico II diSvevia e del cardinale Ottaviano degli Ubaldini, mentre tace degli altri. A quel punto Farinatarientra nel sepolcro e Dante segue Virgilio, ripensando tristemente alla profezia dell'esilio. Dopo unpo' Virgilio chiede a Dante la ragione del suo smarrimento e il discepolo svela le suepreoccupazioni. Virgilio ammonisce Dante a rammentare quello che ha udito contro di sé e glipromette che quando sarà giunto in Paradiso, di fronte a Beatrice, lei gli fornirà ogni spiegazionerelativa alla sua vita futura. Poi il poeta latino si volge a sinistra e lascia le mura per imboccare unsentiero che conduce alla parte esterna del Cerchio, da dove si leva un puzzo estremamentespiacevole.

XIII canto: Ingresso nel II girone del VII cerchio, nella selva dei suicidi, dove sono puniti puriegliscialacquatori. L'episodio è anche fitto di rimandi letterari, sia per il riferimento all'Eneide diVirgilio, sia per la figura stessa di Pier della Vigna che fu, com'è noto, poeta siciliano e retore allacorte di Federico II. La scena in cui Dante spezza un ramo è modellata sul III libro dell'Eneide, e verrà ripreso anchenella Gerusalemme Liberata nell'episodio di Tancredi nella selva di Saron Dante e Virgilio si incamminano per una orribile selva, in cui il fogliame è oscuro, i rami sonocontorti e al posto dei frutti ci sono spine velenose, e su di essi nidificano le arpie.Dante sente levarsi dei lamenti da ogni parte e non vedendo chi li emette, crede che degli spiriti sinascondano tra le piante, ma Virgilio (che ha intuito l'errore del discepolo) lo invita a spezzare unramoscello da uno degli alberi. Dante obbedisce e appena ha spezzato il ramo di un albero, daltronco esce la voce di uno spirito che lo accusa di essere impietoso, mentre dal fusto esce sanguenero. Virgilio prende la parola e dice all'anima imprigionata nell'albero di essere stato costretto a indurreDante a compiere quel gesto, perché solo così egli avrebbe compreso ciò che lui stesso avevacantato nei versi dell'Eneide. Quindi invita il dannato a manifestarsi e a raccontare la sua storia,affinché Dante, tornato sulla Terra, possa risarcirlo del danno subìto restaurando la sua fama. Si tratta di Pier della Vigna che fu intimo collaboratore di Federico II di Svevia, caduto in disgraziaa causa dell'invidia dei cortigiani e per questo ingiustamente accusato di tradimento. In seguito Pierdella Vigna si era tolto la vita, credendo in tal modo di sfuggire allo sdegno del sovrano. Alla domanda di Virgilio Pier della Vigna spiega in che modo le anime dei suicidi vengonoimprigionate dentro gli alberi: le anime giungono davanti a Minosse che le manda nel VII; quindi leanime cadono in un punto e da lì si trasformano in alberi sui quali le arpie si posano nutrendosidelle foglie e causando quindi dolore. Il giorno del Giudizio Universale, spiega ancora il dannato,essi andranno a riprendere le loro spoglie mortali ma non le rivestiranno: porteranno i corpi nellaselva, dove ciascuna anima sarà appesa all'albero dove è imprigionata, poiché non è giusto riavereciò che ci si è tolto violentemente. Dante e Virgilio sono ancora accanto all'albero di Pier della Vigna, quando entrambi sentono deirumori all'interno della selva. Subito dopo vedono due dannati che corrono tra la boscaglia, nudi egraffiati, che rompono rami e frasche. Quello davanti (Lano da Siena) è più veloce, mentre quellodietro (Iacopo da Sant'Andrea) è più lento e si nasconde accanto a un basso cespuglio. Poco dopo èraggiunto da delle cagne nere, che fanno a brandelli lui e l'arbusto(suicida fiorentino) dove hatentato di celarsi, quindi ne portano via le carni maciullate.

XXVI canto: si svolge nell'ottava bolgia dell'ottavo cerchio, dove sono puniti i consiglieri di frode.Dante si mostra subito molto interessato alla pena di questa categoria di dannati, probabilmenteperché si sente in parte coinvolto nel loro peccato: in effetti la colpa di questi dannati è legata allaconoscenza e, soprattutto, all'uso della parola per tessere inganni, per cui il loro peccato è di natura

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intellettuale. Dante rivolge un aspro rimprovero a Firenze, che può davvero vantarsi della fama che haacquistato in ogni luogo e persino all'Inferno, dove il poeta ha visto (nella VII Bolgia) ben cinqueladri tutti fiorentini che lo fanno vergognare e non danno certo onore alla città.

Dante e Virgilio si allontanano dalla VII Bolgia e risalgono il ponte roccioso giunti al culmine delquale Dante guarda in basso e vede tante fiamme muoversi nella fossa. Virgilio gli spiega chedentro ogni fuoco c'è lo spirito di un peccatore (i consiglieri fraudolenti) che è come fasciato dallefiamme. Dante, notando una fiamma a due punte chiede a Virgilio chi ci sia dentro, e quest'ultimorisponde che all'interno ci sono Ulisse e Diomede, i due eroi greci che furono insieme nel peccato eora scontano insieme la pena. I due sono dannati per l'inganno del cavallo di Troia, per il raggiroche sottrasse Achille a Deidamia e per il furto della statua del Palladio. Dante chiede se i dannatipossono parlare dentro il fuoco e prega Virgilio di far avvicinare la duplice fiamma. Virgilio loinvita a tacere e a lasciare che sia lui a interpellare i dannati, perché essendo greci sarebbero forserestii a parlare con Dante. Quando la fiamma giunge abbastanza vicina ai due poeti, Virgilio sirivolge ai due dannati all'interno e prega uno di loro di raccontare le circostanze della sua morte.

Ulisse racconta allora che dopo essersi separato da Circe, che l'aveva trattenuto più di un anno aGaeta, né la nostalgia per il figlio o il vecchio padre, né l'amore per la moglie poterono vincere inlui il desiderio di esplorare il mondo. Si era quindi messo in viaggio in alto mare, insieme aicompagni, e con loro si spinse con la nave nel Mediterraneo verso ovest, costeggiando la Spagna, laSardegna, il Marocco, giungendo infine (quando lui e i compagni erano molto anziani) fino allostretto di Gibilterra, dove Ercole pose le famose colonne.

Ulisse si era rivolto ai compagni, esortandoli a non negare alla loro esperienza, giunti ormai allafine della loro vita, l'esplorazione dell'emisfero australe della Terra totalmente disabitato; dovevanopensare alla loro origine, essendo stati creati per seguire virtù e conoscenza e non per vivere comebestie. Il breve discorso li aveva talmente spronati a proseguire che Ulisse li avrebbe trattenuti astento: misero la poppa della nave a est e proseguirono verso ovest, passando le colonne d'Ercole edando inizio al loro folle viaggio. La notte mostrava ormai le costellazioni del polo meridionale,mentre quello settentrionale era tanto basso che non sorgeva più al di sopra dell'orizzonte. Eranopassati cinque mesi dall'inizio del viaggio, quando era apparsa loro una montagna (il Purgatorio),scura per la lontananza e più alta di qualunque altra avessero mai visto. Ulisse e i compagni se nerallegrarono, ma presto l'allegria si tramutò in pianto: da quella nuova terra sorse una tempesta cheinvestì la prua della nave, facendola ruotare tre volte su se stessa; la quarta volta la inabissò levandola poppa in alto, finché il mare l'ebbe ricoperta tutta. Lungi dall'essere quindi un eroe positivo della conoscenza, Ulisse è per Dante l'esempio negativo dichi usa l'ingegno e l'abilità retorica per scopi illeciti, dal momento che superare le colonne d'Ercoleequivale a oltrepassare il limite della conoscenza umana fissato dai decreti divini, quindi il viaggio èfolle in quanto non voluto da Dio e per questo punito con il naufragio che travolge la nave nei pressidella montagna del Purgatorio. È chiaro allora che Dante si sente personalmente coinvolto nelpeccato commesso da Ulisse, perché anch'egli forse ha tentato un volo altrettanto folle cercando diarrivare alla piena conoscenza con la sola guida della ragione, senza l'aiuto della grazia: è il peccatodi natura intellettuale che è all'origine dello smarrimento nella selva.

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Purgatorio

I canto: Dante avvisa il lettore dell'innalzamento della materia rispetto alla I Cantica, ma ribadisceulteriormente che il suo canto dovrà essere assistito dall'ispirazione divina, di cui le Muse sonopersonificazione. In particolare il poeta chiede l'assistenza di Calliope, la Musa della poesia epica ,che aveva trasformate in gazze le figlie del re della Tessaglia Pierio che avevano osato sfidare leMuse nel canto. Dante e Virgilio giungono sulla spiaggia del Purgatorio dove incontrano Catone. Questi si rivolgesubito ai due poeti chiedendo chi essi siano, scambiandoli per due dannati che risalendo il corso delfiume sotterraneo sono fuggiti dall'Inferno. Chiede chi li abbia guidati fin lì dall'inferno,domandandosi se le leggi infernali siano prive di valore o se in Cielo sia stato deciso che i dannatipossono accedere al Purgatorio. A questo punto Virgilio afferra Dante e lo induce a inchinarsi difronte a Catone, abbassando lo sguardo in segno di deferenza. Quindi il poeta latino risponde di nonessere venuto lì di sua iniziativa, ma di esserne stato incaricato da una beata (Beatrice) che gli avevachiesto di soccorrere Dante e fargli da guida. Gli spiega che Dante non è ancora morto, anche se peri suoi peccati ha rischiato seriamente la dannazione; Virgilio fu inviato a lui per salvarlo e non c'eraaltro modo se non percorrere questa strada. Gli ha mostrato tutti i dannati e adesso intendemostrargli le anime dei penitenti che si purificano sotto il controllo di Catone. Virgilio ribadisce chele leggi di Dio non sono state infrante, poiché Dante non è morto e lui proviene dal Limbo dove sitrova la moglie di Catone, Marzia.Catone invita dunque i due poeti a proseguire, ma raccomanda Virgilio di cingere i fianchi di Dantecon un giunco liscio e di lavargli il viso, togliendo da esso ogni segno dell'Inferno, poiché nonsarebbe opportuno presentarsi in quello stato davanti all'angelo guardiano alla porta del Purgatorio. Virgilio conduce allora Dante presso la spiaggia dove gli lava il viso con la rugiada, e gli cinge lavita con un giunco, strappato il quale ne ricresce subito un altro.

VI canto: questo canto si svolge nell'Antipurgatorio dove le anime dei negligenti (coloro chetrascurano i propri doveri spirituali) attendono di potere iniziare la loro espiazione.Dante apre il canto facendo un paragone tra un vincitore a zara, che per liberarsi dalla calca ècostretto a dare retta a tutti, e lo stesso poeta che ascolta le preghiere delle anime solo per farleallontanare. Non appena Dante riesce a liberarsi dalle anime che lo pressano, si rivolge a Virgilio egli ricorda come in alcuni suoi versi egli nega alla preghiera il potere di piegare un decreto divino.Queste anime si augurano proprio questo, quindi Dante non sa se la loro speranza è vana, oppure senon ha capito bene ciò che Virgilio ha scritto. Il maestro afferma che le preghiere abbreviano ilperiodo di pena delle anime, ma non confuta la tesi da lui espressa nel suo poema, in quanto lepreghiere hanno valore solo in un mondo in cui è riconosciuta l'esistenza di Dio, mentre nel mondopagano non avevano alcun effetto essendo recitate da persone che non erano sotto la grazia di Diopoiché erano pagani. Virgilio esorta Dante a non tenersi il dubbio, ma di attendere più profondespiegazioni da parte di Beatrice che illuminerà la sua mente e lo attende sorridente sulla cima delmonte. Virgilio indica a Dante un'anima che se ne sta in disparte e guarda verso di loro e avvicinandosi glichiede la strada più rapida per salire sul monte. L'anima non risponde, chiede piuttosto ai due poetila loro provenienza e non appena lo spirito sente Mantova, corre ad abbracciarlo e si presenta comeSordello, suo compatriota. Dalla reazione di Sordello parte l'invettiva di Dante contro l'Italia, cheparte dal fatto che nell'Italia del suo tempo i cittadini sono in lotta l'uno contro l'altro e addiritturaentro la stessa città. Dante riconduce la causa principale di tali lotte all'assenza di un potere centrale,

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che nella sua visione universalistica doveva essere garantito dall'Impero: è l'imperatore chedovrebbe regnare a Roma e assicurare pace e giustizia agli Italiani, invece il paese è ridotto a unabestia selvaggia che nessuno cavalca né governa. L'immagine del paese come un cavallo chedev'essere domato è la stessa usata nella Monarchia (III, 15) e nel Convivio (IV, 9), dove si dice cheil potere temporale ha soprattutto il compito di assicurare il rispetto delle leggi: la polemica è rivoltacontro i Comuni italiani ribelli, che come Firenze non si sottomettono all'autorità imperiale, maanche contro il sovrano stesso che rinuncia a esercitare i suoi diritti, come Alberto I d'Asburgo chelascia la sella vòta e preferisce occuparsi delle cose tedesche, seguendo il cattivo esempio del padreRodolfo I. L'ultima parte dell'invettiva si rivolge a Firenze, che come Dante afferma con amara ironia non ètoccata da questa sua apostrofe, essendo i suoi cittadini impegnati ad assicurarle pace e prosperità;in realtà in essa dominano la superficialità e l'irresponsabilità di cittadini che fanno a gara per averecariche pubbliche senza capacità o preparazione. Il passato di Firenze caratterizzato da continuainstabilità fa apparire la città simile ad un'ammalata che non riesce a trovare una posizione adatta alsuo riposo. il poema nel suo complesso è un duro atto di accusa contro il disordine politico e morale dell'Italiadel Trecento, che trovava la sua radice prima nella cupidigia nonché nelle lotte tra città.

XXIV canto: si svolge sulla VI cornice dove espiano le anime dei golosi.Dante si trova nella VI cornice, dei golosi, in compagnia di Virgilio, del poeta latino Stazio, che haterminato la fase di purificazione dell’anima nella V cornice del Purgatorio, degli avari e deiprodighi, ed è quindi pronto a salire in Paradiso, e di Forese Donati, poeta fiorentino fratello diCorso e di Piccarda. Dante chiede a Forese dove si trova la sorella Piccarda e di indicargli le animepiù degne di nota, dato che la loro magrezza li sfigura a tal punto da renderli irriconoscibili agliocchi del poeta. Forese risponde che la sorella, bella e buona quand'era in vita, ora è fra i beati inParadiso, ed indica poi tra i vari personaggi, per lo più nobili ed ecclesiastici (il vizio della goladoveva essere molto radicato nelle classi agiate), il rimatore Bonagiunta da Lucca ( iniziatore scuolasiculo-toscana) ed il papa Martino IV, che subisce con maggiore violenza l’espiazione del peccatoper aver ricoperto una alta carica ecclesiastica.Dante nota che Bonagiunta si mostra più degli altri desideroso di parlargli, mentre intanto mormoraun nome che gli sembra «Gentucca». Bonangiunta profetizza in breve il futuro esilio di Dante,dicendo che è ancora una adolescente la donna (Gentuccia) che gli farà cambiare opinione sullacittà di Lucca, nella quale verrà ospitato, per poi cambiare velocemente argomento e chiedere se luiè proprio il poeta inventore del dolce stil novo. Dante spiega di essere un poeta che, quando scrive,segue strettamente la dettatura di Amore: Bonagiunta afferma di capire quale differenza separa lui,Giacomo da Lentini e Guittone d'Arezzo dal «dolce stil novo» che Dante ha appena definito. Ilpenitente comprende che gli stilnovisti seguirono l'ispirazione amorosa, a differenza sua e dei poetidella sua scuola, quindi tace mostrandosi soddisfatto della risposta. Terminato il dialogo con Bonagiunta, tutte le anime si allontanano, ad eccezione di Forese chechiede a Dante, in segno di profonda amicizia, quando potrà rivederlo. Il poeta risponde di nonsapere quanto gli resta ancora da vivere ed aggiunge poi, con amarezza, di non vedere l’ora diritornare nel Purgatorio, tanto è la malvagità che regna a Firenze. Forese, forse per confortarel’amico, profetizza a Dante la morte e la successiva caduta nell’Inferno di colui che più di tutti haarrecato danni alla città; si tratta del fratello Corso Donati.I due amici infine si salutano e Dante, Virgilio e Stazio riprendono il loro viaggio.Ad un certo punto del cammino Dante scorge da lontano un grosso gruppo di anime riunite sotto unalbero che pregano e si disperano per poterne raggiungere i frutti. Non appena le anime si sonoallontanate ed i tre poeti si avvicinano all’albero, dalle fronde esce una voce che li ammonisce digirare al largo, comunicando loro che quella pianta deriva dall’albero del Paradiso terrestre efacendo loro diversi esempi di vizi di gola puniti tragicamente (Centauri, Ebrei).Oltrepassato l'albero, i tre poeti proseguono nella Cornice ormai deserta, ciascuno meditando su ciò

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che ha udito. Il profondo silenzio viene poi improvvisamente rotto dalla voce dell’Angelo dellatemperanza, che indica ai poeti la strada per salire alla successiva ed ultima cornice. L’Angelo ètalmente luminoso che Dante non riesce a sopportarne la vista e deve procedere voltato indietroverso Virgilio. Sente comunque le ali della creatura celeste che sbattono, liberando profumo diambrosia e facendo sentire a Dante una brezza primaverile sulla fronte: è la sesta ‘P’ che vienecancellata dalla fronte del poeta.

Paradiso

I canto: la cantica comincia, secondo il canone classico, con un proemio costituito da due parti: laprotasi (la presentazione dell'argomento trattato) e l'invocazione.Dante dichiara di essere stato nel Cielo del Paradiso e lì ha visto cose difficili da riferire a parole,poiché l'intelletto umano non riesce a ricordare ciò che vede quando penetra in Dio. Il poeta tenteràdi descrivere il regno santo e per questo invoca l'assistenza di Apollo in quanto l'aiuto delle Musenon gli è più sufficiente. Il dio pagano dovrà ispirarlo col suo canto, come fece quando vinse ilsatiro Marsia, tanto da permettergli di affrontare l'alta materia del Paradiso e meritare così l'alloropoetico. Apollo dovrebbe essere lieto che qualcuno desideri esserne incoronato, poiché ciò accaderaramente nei tempi moderni; Dante si augura che il suo esempio sia seguito da altri poeti dopo dilui.A questo punto inizia la narrazione vera e propria con la descrizione della stagione in cui ci si trova,cioè la primavera. Dante vede Beatrice rivolta a sinistra e intenta a fissare il sole e di rimandoanche Dante lo fissa il sole più di quanto farebbe sulla Terra., in quanto nell'Eden le facoltà umanesono accresciute e Dante può vedere la luce aumentare tutt'intorno, come se fosse spuntato unsecondo sole. Il poeta si perde a tal punto che subisce una trasformazione simile a quella di Glaucoquando divenne una creatura marina: è impossibile descrivere a parole l'andare oltre alla naturaumana, perciò il lettore dovrà accontentarsi dell'esempio mitologico e sperare di averne esperienzadiretta in Paradiso. Dante non sa dire se, in questo momento, sia ancora in possesso del suo corpomortale o sia soltanto anima, ma di certo fissa il suo sguardo nei Cieli che ruotano con una melodiaarmoniosa e gli sembra che la luce del sole abbia acceso in modo straordinario tutto lo spaziocircostante. Nel poeta si accende un fortissimo desiderio di conoscere l'origine del suono e dellaluce, per cui Beatrice, che legge nella sua mente ogni pensiero, si rivolge subito a lui per placare ilsuo animo. La donna spiega che Dante immagina cose errate, poiché non si trova più in Terra comeancora crede: egli sta salendo in Paradiso.Beatrice ha risolto il primo dubbio di Dante, ma ora il poeta è tormentato da un altro e chiede alladonna come sia possibile che lui, dotato di un corpo in carne e ossa, possa salire contro la legge digravità, dubbio che sarà sciolto da Beatrice con una complessa spiegazione che occupa l'ultimaparte del Canto. Beatrice spiega infatti che tutte le creature, razionali e non, fanno parte di un tutto armonico che èstato creato da Dio e ordinato in modo preciso, così che ogni cosa tende al suo fine attraverso stradediverse. Ciò vale per le cose inanimate, come il fuoco che tende a salire verso l'alto per sua naturama anche per gli esseri intelligenti, la cui anima razionale tende naturalmente a muoversi verso Dio;ovviamente essi sono dotati di libero arbitrio, per cui può avvenire che anziché volgersi in quelladirezione siano attratti dai beni terreni, ma questo non è il caso di Dante che ha ormai purificato lasua anima nel viaggio attraverso Inferno e Purgatorio. Egli tende dunque verso Dio che risiedenell'Empireo e ciò è un atto del tutto naturale, come quello di un fiume che scorre dall'alto verso ilbasso, mentre sarebbe innaturale per Dante restare a terra, come un fuoco la cui fiamma nontendesse verso l'alto.

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Ariosto

Ludovico Ariosto rappresenta una delle figure di maggior spicco della letteratura italiana di tutti itempi e il suo pensiero presenta dei tratti di modernità difficilmente riscontrabili in un altro scrittoredella sua epoca La figura di Ariosto appare già diversa rispetto ai poeti precedenti della nostra letteratura. Con luientra definitivamente in crisi il primato intellettuale. L'Orlando FuriosoIl suo capolavoro è il poema in ottave l'Orlando Furioso in cui riprende e prosegue la materiacavalleresca trattata da Boiardo nell'Orlando innamorato. Nell'Orlando Furioso è possibile distinguere due filoni: quello epico,che fa da scenario, e si aprela guerra tra i cristiani guidati da Carlo Magno e i saraceni; quello romanzesco, che racconta l'amoredi Orlando per Angelica che porterà l'eroe alla pazzia; e l'amore tra Ruggero, capostipite degliEstensi, e Bradamante (pretesto questo, già boiardesco, per sviluppare il motivo encomiastico.)La materia è poi organizzata secondo la tecnica dell'entralacement , che fa si che attorno a questi trefiloni si innestino una miriade di altre vicende e personaggi che si intersecano con quelle principali. I due grandi filoni che attraversano il Furioso vanno ricondotti alle due tradizione letterarie dellatradizione cavalleresca: quella epico-carolingia (che nasce con la Chanson de Roland) e quellaromanzesca arturiana (Chretien de Troyes), che nel corso del 400 avevano perso i loro caratterioriginari finendo per fondersi. Sarà con l'opera di Boiardo, che si regge spesso sull'alternanza tra ledue, che ritorneranno a differenziarsi . Sulle orme di Boiardo Il Furioso da nuova forza sia all'epicache al romanzo: poiché questi generi hanno visioni del mondo e valori non solo diversi, macontrastanti, il poema si regge su una voluta opposizione strutturale tra epica e romanzo,producendo una forte fratture nella tradizione cavalleresca. Nel poema, è la ricerca di qualcuno o qualcosa (tipica dei meccanismi del romanzo) adeterminare il movimento dei personaggi, a mettere in moto il poema. Ma mentre nel romanzoarturiano la divagazione è orientata e destinata al compimento, questo non succede nell'opera diAriosto, dove tutte le ricerche e i desideri dei protagonisti si rivelano un fallimento. In Ariosto, come in Boiardo l'avventura non è fine a se stessa: l'avventura cavalleresca racchiudesempre un significato allegorico. Le vane ricerche dei paladini rappresentano infatti la precarietà ela casualità della vita umana, vista come affanno della passione e come intreccio di destini che nonporta alla felicità.Il Furioso è quindi un poema del disincanto, della rinuncia a molte illusioni della civiltàrinascimentale. Ma questa rinuncia avviene con uno spirito ancora rinascimentale: cioè in un sensoné univoco, né tragicoLo stile e le forme esprimono un tentativo di distacco e di controllo razionale sugli eventi narrati. Ilpoeta evita infatti sia le punte estreme del realismo o del comico, sia la tragicità, puntando invece aun tono medio colloquiale e diretto, spesso ironico. L'opera costituisce quindi in primo luogo una riflessione sulla complessità del reale, sulle infinitevarietà e sfumature delle esperienze; e la serenità o il distacco non sono altro che il rimedio cuil'uomo può ricorrere per non essere travolto dai fatti e dalla loro irrazionalità. Nel poema sono presenti non solo il genere epico e quello romanzesco ( o anche le novelle), maessendo un racconto d'amore, esso tende a fare propri i temi e il linguaggio della poesia lirica diispirazione petrarchesca. Per quanto riguarda la voce del narratore, Ariosto fin dall'inizio del poema si mette in scena in unaduplice veste. La prima è quella del narratore onnisciente, cioè il narratore che sa ogni cosa dellavicenda narrata e che dall'alto muove e controlla i personaggi. In questa veste egli assume spesso un

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atteggiamento ironico. L'ironia si rivolge sia alle cose narrate, che al modo di narrarle. Ariosto sipresenta infatti indaffarato a seguire mille personaggi e mille trame; e a volte capita anche che ipersonaggi si rivolgano a lui affinchè si occupi di loro. Quindi si può dire che oltre le storie deicavalieri, l'Orlando tratta anche della storia di Ariosto che scrive il suo romanzo.Il secondo modo in cui Ariosto si mette in scena è come personaggio stesso: dalle prime ottaveinfatti egli paragona la sua storia d'amore a quella di Orlando, indebolendo in questo modo la suafigura di Demiurgo.

I canto “Proemio”:Le prime ottave dell’Orlando furioso costituiscono il proemiodell’opera,dedicato, come vuole la tradizione epica, alla presentazionedell’argomento e dei temi principali della storia, all’invocazione e alla dedica.Il poeta racconterà dell’amore e della guerra, di ciò che avvenne quando iMori giunsero in Francia guidati dal giovane re Agramante, mosso dalproposito di vendicare la morte di suo padre ucciso da Carlo Magno; e sveleràciò di cui nessuno ha mai parlato: la follia d’amore che travolse il saggiocavaliere Orlando. L’invocazione, tradizionalmente rivolta alle muse, è quiindirizzata alla donna amata, cui l’Ariosto chiede di risparmiarlo dalla pazziaamorosa,almeno fino a quando non avrà finito di comporre il suo poema. Ladedica al cardinale Ippolito d’Este chiude il proemio con parole di lode e conuna promessa: il poeta ripagherà il suo signore con l’opera che stacomponendo

XII canto “Il Palazzo di Atlante”:Mentre Orlando è in viaggio alla ricerca di Angelica, sente leurla di una donna in pericolo, sguaina la propria spada e corre in suo aiuto.Il paladino vede passare al galoppo un cavaliere misterioso con in braccio una donna, contro la suavolontà, che ad Orlando sembra Angelica. Il duca si lancia al suo inseguimento con Brigliadoro eraggiunge infine, uscito dal bosco, un vasto prato con al centro un bellissimo castello, all’internodelle cui mura è entrato il misterioso cavaliere.Orlando smonta da cavallo, entra nelle stanze del castello e controlla ogni piano senza riuscire atrovare né il cavaliere né l’amata. Incontra nel castello Ferrù, Bradimarte, re Gradasso, re Sacripanteed altri cavalieri, ognuno accusa il padrone del palazzo di avergli rubato qualcosa di prezioso e simuove invano alla sua ricerca. Non riuscendo a trovare quello che cercava, Orlando esce nel pratocircostante ma subito vede Angelica ad una finestra e sente le donna chiedergli aiuto. Torna nelcastello e continua la ricerca; la voce di lei proviene sempre da un luogo diverso, sempre datutt’altra parte rispetto a quella dove si trova lui. Nell’inseguimento del gigante che aveva rapitoBradamante, anche Ruggiero giunge al castello nel quale era entrato poco prima Orlando. Iniziaanche lui le ricerche dell’amata in ogni stanza del castello, anche lui senza successo, anche luidecide di uscire per continuare la ricerca altrove ma anche lui subito viene richiamato indietro dallegrida di aiuto della persona cercata. Sono tutti vittima del nuovo incantesimo di Atlante, che dopo ilcastello d’acciaio e dopo l’isola della maga Alcina, cerca ora di tenere impegnato il proprio protettoin questo nuovo castello finché non venga vanificato l’influsso negativo degli astri che avevanopredetto la sua morte. Il mago aveva deciso di condurre in quel posto anche tutti i valorosi cavalieriche avrebbero potuto uccidere Ruggiero.

Sul piano strutturale il passo si suddivide in 2 sequenze: la prima con protagonista Orlando, laseconda Ruggiero. Ma non si tratta di due vicende autonome: Ariosto, infatti, riconducendo ilmolteplice all'unità, ci mostra come i destini dei due cavalieri siano simili (parallelismo già affioratonella lotta contro l'orca). I nuclei tematici sono 2: il palazzo di Atlante è un'allegoria del destino degli uomini, che siaffaticano inutilmente dietro alle loro passioni e ai loro desideri. Quindi possiamo dire chel'episodio da una chiave interpretativa dell'intero poema. Il secondo tema è quello legato ad Atlante,

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che cerca attraverso i suoi incantesimi di sottrarre Ruggero alla morte, rappresentando in un certosenso il doppio di Ariosto: infatti egli, come Atlante, rimanda la morte di Ruggiero non chiudendo ilpoema con la sua morte (come promesso nel poema boiardesco), ma la colloca idealmente fuori dalpoema, rifiutandosi di affrontare fino in fondo la tragicità degli eventi , rispettando il sensorinascimentale di equilibrio. Sul piano stilistico Ariosto si concentra su termini che trasmettono il tema dell'illusorietà deidesideri umani, come “parere”, e sull'affanno delle ricerche dei cavalieri. Il cammino dei cavalieri èinfatti un andare a vuoto, una peregrinazione ciclica e labirintica.

XXIII canto “La pazzia di Orlando”: Dopo aver girato invano per due giorni, il conte Orlandogiunge infine nei luoghi dove Angelica e Medoro sfogarono la loro passione amorosa. Vede i loronomi incisi su ogni albero ed ogni pietra. Il paladino cerca di convincersi prima che si tratti diun’altra Angelica, ma conosce purtroppo bene la grafia della donna amata, poi che Medoro fosse ilsoprannome che lei gli aveva dato, ma in una grotta trova una poesia scritta dal giovane in onoredella passione vissuta insieme ad Angelica, e non può infine fare altro che scontrarsi con la durarealtà. Inizia a crescere la pazzia in Orlando. Pensa anche che le scritte siano opera di qualche male intenzionato, che voglia disonorare escreditare la sua amata, oppure che siano state fatte con l’intenzione di ferirlo ingiustamente. Quellasera si trova però a dormire nella casa dello stesso pastore che aveva accolto Angelica e Medoro e liaveva infine sposati. Gli viene raccontato ogni dettaglio della storia d’amore dei due giovani e gliviene anche mostrato il bracciale, donato da Orlando come pegno d’amore, con il quale Angelicaaveva ripagato il pastore dei favori ricevuti. Questa storia è la scure che tolse definitivamente ilcapo dal collo del paladino. Fugge nella notte da quella casa dove la sua amata aveva sfogato la sua passione amorosa perMedoro. Raggiunge il bosco, grida il suo dolore, versa lacrime per giorni e si sente morire. Giunto nuovamente nei luoghi dove ovunque erano incisi i nomi dei due amanti, l’Orlando furiososguaina la propria spada e distrugge tutto ciò che abbia quelle scritte. Ormai sfinito si sdraia sulprato e rimane così, immobile, per tre interi giorni. Orlando si spoglia poi dell’armatura, di ogniarma e di ogni veste, rimanendo completamente nudo. Il paladino ha perso ora completamante ilsenno: è la pazzia di Orlando. Il conte furioso distrugge tutto ciò che incontra sulla propria stradautilizzando la propria immensa forza.

Come al solito Ariosto in questo canto parte da una traccia narrativa preesistente: Orlandoimpazzisce infatti come Tristano. Ariosto interviene sulla fonte sviluppandola in chiave psicologica,facendola divenire il pretesto per uno studio sulla gelosia. Dal punto di vista strutturale, il passo è costruito secondo una duplice progressione. La prima èl'accumularsi di indizi che svelano a Orlando l'amore tra Medoro e Angelica: Orlando si rifiuta divedere la realtà, cosa che può essere vista come i primi sintomi della perdita di ragione. La secondaprogressione riguarda la psicologia di Orlando e il crescere in lui della follia. In questo passoAriosto assimila il proprio destino a quello del personaggio, svelando come la letteratura per lui èuno strumento di dominio di sé e di equilibrio (il Rinascimento ha infatti fiducia nel ruolo educativodell'arte).Questa volontà di equilibrio si riflette anche sul piano stilistico: i forti elementi di drammaticità delcanto, sono infatti smorzati dall'ironia. Questo episodio si rifà alla tradizione boccacciana (romanzo introspettivo), e petrarchesca in cui lalirica è strumento di analisi interiore. Ariosto porta però Petrarca e Boccaccio al paradosso, inquanto l'amore diviene nell'Orlando furia devastatrice, non smarrimento dalla virtù cristiana opassione dolorosa.

XXXIV canto “Astolfo sulla Luna”:Orlando è divenuto pazzo per amore. Il duca Astolfo decideallora di volare sulla Luna con l’Ippogrifo (cavallo alato) per recuperare il senno di Orlando.

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Giunge nel Paradiso Terrestre dove incontra San Giovanni Evangelista che gli rivela la volontàdivina di quel viaggio soprannaturale. Dio ha tolto il senno a Orlando per punirlo della sua passioneamorosa per una pagana. Per ridare il senno al paladino, Astolfo dovrà salire al cielo della Luna. Ilduca e San Giovanni Evangelista varcano la sfera del fuoco e giungono in un vallone lunare dove sitrovano ammonticchiate tutte le cose che si perdono in Terra: le lacrime e i sospiri degli amanti, iltempo che si trascorre nei giochi, le ambizioni, i desideri... e, soprattutto, il senno degli uomini.Quest’ultimo, essendo un liquido «atto a esalar, se non si tien ben chiuso», è raccolto in numeroseampolle che portano scritto il nome del proprietario. Tra quelle ampolle, Astolfo trova quella conscritto «Senno di Orlando».Questo episodio racchiude in forma sintetica il senso generale del poema. Il tema che percorre tutto il poema è la vanità dei desideri degli uomini, il loro protendersi inconcludente ad inseguire oggetti illusori,che non possono essere mai raggiunti, o per impotenza ed errore umano o per colpa del tempo o della Fortuna capricciosa. In questo inseguire mete vane si manifesta la follia dell'uomo. L'invenzione fantastica e il clima meraviglioso dell'episodio servono da supporto all'intento conoscitivo. L'osservazione della vanità delle azioni umane e della loro follia avviene da una prospettiva insolita:il viaggio lunare è un espediente per realizzare lo " straniamento", cioè una visione distaccata e disincantata della realtà umana. Lo straniamento si basa su un rovesciamento: la luna è come uno specchio della terra, ma uno specchio che presenta immagini rovesciate.

Concezione del mondo: Ariosto ha una concezione del mondo profondamente laica e sostanzialmente pessimistica. Il dominio del caso significa che la volontà, la razionalità e la virtù non sono determinanti per l'esito delle azioni umane. Questa visione dell'esistenza umana è evidentenel canto “il palazzo di Atlante” dove le ricerche dei paladini sono il simbolo della vanità degli sforzi dell'uomo per conseguire i suoi scopi.

Ariosto vuole fare percepire la sua opera come una continuazione dell'opera di Boiardo, (anche neltitolo, anche se si ritiene che si sia ispirato a all' Hercules furens di Seneca). Entrambi dedicano le loro opere alla casata degli Este: Ariosto a Ippolito d'Este, mentre Boiardo al duca Ercole I. Tra le due opere esiste una netta differenza: Boiardo , nell'Orlando Innamorato, segue una struttura che ha a che vedere con l'oralità; in Ariosto si percepisce invece la consapevolezza di star producendo un testo scritto (es. “E adesso giriamo pagina”; nell'impostazione delle ottave tiene conto del numero delle ottave e delle pagine).

Tasso

Il capolavoro di Tasso è il poema in ottave Gerusalemme Liberata, che ha per argomento la Icrociata, e che per la composizione del quale il poeta impiegherà quasi tutta la vita. Quest'opera fusottoposta dal suo autore, a continue revisioni e riuscì ad essere pubblicata contro il suo volere(anche il titolo non è quello che l'autore avrebbe voluto, cioè Gerusalemme Conquistata). La Gerusalemme Liberata è suddivisa in 20 canti, raggruppabili in 5 parti corrispondenti ai 5 attidella tragedia. Il poema presenta infatti l'impianto generale della tragedia: rispetto al centrodrammatico, rappresentato dalla città di Gerusalemme, si sviluppano numerose forze centrifughemesse in moto dagli interventi diabolici; finché il trionfo progressivo del bene fa nuovamenteconvergere l'azione. Il poema è dunque costruito secondo la tecnica della peripezia.La trama si presenta piuttosto semplice se paragonata a quella dell'opera di Ariosto; Tasso si limitainfatti a raccontare la fase conclusiva della prima crociata relativa all'entrata dell'esercito cristianoin Palestina e all'assedio di Gerusalemme. La Gerusalemme Liberata fonda la sua struttura narrativa sui caratteri dei personaggi. Infatti iltema fondamentale del poema è costituito dall'interiorità dei protagonisti. Il poeta segue e

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rappresenta minuziosamente i loro pensieri, i loro desideri, anche quelli più nascosti, affondando losguardo sugli aspetti più irrisolti, problematici e conflittuali. La visione della coscienza non siesaurisce in una prospettiva morale, di tipo religioso, non è cioè soggetta all'ideologiacontroriformistica. La coscienza è piuttosto lo spazio di una tensione tra forze e valori moralmentepositivi e forze negative.Gli eroi della Gerusalemme Liberata sono eroi complessi, dominati da un'interiorità inquieta econtraddittoria. Tasso affida lo svolgimento dell'azione ai rivolgimenti interiori dei personaggi (adifferenza di Ariosto che invece lo affidava al caso), facendo dell'interiorità la molla e il terrenoprincipale dello sviluppo narrativo.Al personaggio di Rinaldo si collega l'intento encomiastico del poema in quanto egli èl'immaginario fondatore della casa d'Este. Per questo motivo al suo personaggio mancal'ambivalenza e la contraddittorietà presenti invece negli altri personaggi. Il poema si colloca all'incrocio di vari generi letterari: rinnovando la tradizione del poemacavalleresco, esso collabora a fondare la narrativa moderna, operando la funzione che in altri paesieuropei è assunta dal romanzo, e costituisce anche un punto di riferimento importante per la nascitadel melodramma. La varietà si definisce anche come compresenza di diversi registi espressi eformali. Tasso quindi ripropone per la prima volta dopo il monolinguismo petrarchesco, unaprospettiva pluristilistica. Se questo è uno degli aspetti che lo allontanano da Petrarca, un aspettoche invece accomuna i due poeti è il dissidio e la lacerazione interiore provocata dalla tensione tradovere morale e pulsione del desiderio.Il pluristilismo di Tasso si è senza dubbio ispirato al modello della Commedia dantesca, ma ladistanza da quest'ultima è significativa: il pluristilismo di Dante risponde a un'esigenza di realismo,ed esprime quindi una forma di rappresentazione e di controllo del mondo; in Tasso invece è segnodi una lacerazione interiore, di una impossibilità di ricomporre stati d'animo contraddittori. Con quest'opera Tasso attua una riforma del poema cavalleresco, che si traduce effettivamentenella fondazione di un nuovo genere: il poema epico cristiano. Sostanziale è infatti la differenzarispetto alla tradizione ferrarese del poema cavalleresco: rifacendosi al modello epico classico(Iliade, Eneide) e rispettando quindi l'unità dell'azione aristotelica, impone all'azione unitàdrammatica e organicità compositiva, rifiutando la varietà e la discontinuità strutturale tipica adesempio dell'Orlando Furioso; in secondo luogo per Tasso l'invenzione poetica deve tenere contodella verità storica e quindi il ricorso al fantastico e al meraviglioso deve essere limitato; infineavendo il poema una funzione educativa in senso morale e religioso, la prospettiva laica dellatradizione cavalleresca ferrarese deve cedere il posto a una prospettiva cristiana. I canto:Il proemio della “Gerusalemme Liberata” è costituito da 5 ottave che comprendono,secondo la tradizione epica classica la protasi, cioè l'annuncio della materia del poema;l'invocazione alla Musa; e infine la dedica (Alfonso II d'Este). Se di taglio tradizionale risultano laprotasi e la dedica, le ottave 2 e 3 contengono un'implicita dichiarazione di poetica: Tasso affermainfatti che alla base storica della narrazione si intrecceranno numerosi elementi di fantasia, atti adaccrescere l'interesse e la piacevolezza della lettura.L'esordio del proemio ricorda quello dell'Eneide di Virgilio, e si differenzia da quello dell'OrlandoFurioso, in quanto in quest'ultimo, si da maggiore rilievo alla materia trattata piuttosto che alcantare in sé.Quello che conta di più in questo proemio è l'introduzione delle coordinate ideologiche del poema.L'immediato intervento divino e sovrannaturale mostra la centralità occupata dal tema religioso. Laformazione religiosa dell'autore influisce anche sul suo rapporto con la tradizione letteraria classica:infatti, nonostante essa sia largamente ripresa e imitata, i suoi riferimenti mitologici sono traspostiin termini cristiani (La Musa di Tasso non è la divinità pagana della poesia: secondo i commentatoriantichi è allegoria della Madonna; secondo i commentatori recenti è Urania, Musa classica delle articelesti e ispiratrice della poesia epico-religiosa, qui cristianizzata).Anche l'attualizzazione del tema delle crociate risponde all'esigenza controriformistica di

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ricompattare l'unità dei cattolici contro la Riforma luterana. La crociata diviene quindi allegoriadella cultura del Concilio di Trento, impegnata contro il Protestantesimo.

XII canto “Clorinda e Tancredi”: dopo aver fatto strage di nemici sul campo, Clorinda e Argantefuggono verso Gerusalemme. Qui nella mischia accade che Clorinda sia inavvertitamente chiusafuori dalle mura della città e, vedendosi perduta, si finge un soldato crociato. A questo punto,Tancredi, credendola un soldato nemico si batte a duello con lei uscendone vittorioso. Clorindaprima di morire chiede di essere battezzata, e una volta toltole l'elmetto Tancredi riconosce la suaamata che muore tra le sue braccia. Questo episodio è uno dei più intensi e famosi del poema.

Barocco

Sebbene i vari movimenti artistici e letterari non possano essere ridotti a fenomeni statici chiusi inrigide cesure temporali, per comodità di studio si ricorre spesso a schematizzazioni temporali.Il Barocco fu un movimento artistico che dominò per tutto il Seicento, anche se in realtà cominciòad entrare in crisi già nel 1690 (anno della fondazione dell'Accademia dell'Arcadia). Il Barocco mise in discussione i concetti rinascimentali di misura e classicismo (che già eranoentrati in crisi a partire dal 1545 con il Manierismo). Questo perché esso è il frutto di una nuovavisione del mondo prodotta dalla rivoluzione scientifica.Il 1600 si apre infatti con le scoperte astronomiche di Keplero (che studia il movimento dei pianetiintorno al sole), e di Galilei che proprio nel 1610 fa uscire il trattato astronomico Sidereus nuncius,e termina con l'opera di Isaac Newton nella quale espone le sue leggi sulla gravitazione universale.Tutto questo ci permette di capire il diffuso senso di relativismo, di precarietà e di smarrimentoche caratterizzano l'immaginario del Seicento. L'uomo avvertiva di essere abbandonato in ununiverso infinito che non riusciva più a controllare; La nuova visione del mondo si traduce, incampo letterario in un rifiuto dell'estetica classicistica e in una poetica della metafora. La letteraturabarocca scansa le regole che nel Cinquecento erano state elaborate attraverso le discussioni dipoetica e di retorica, e rifiuta la convenzione classicistica che fa coincidere la bellezza con unarappresentazione idealizzata della realtà in forme composte ed equilibrate. Il barocco mira invecealla produzione di piacere attraverso l’effetto, la spettacolarità, la meraviglia e questo attraverso unmassiccio uso della metafora e del concetto, un artificio retorico che consiste nel collegareimmagini tra loro diverse e nell'accostare cose tra loro molto distanti.I barocchi valutano al massimo l’invenzione e la novità. Il fine che si propongono i barocchi è disollecitare il destinatario con una continua stimolazione tenendolo in sospeso per poi sorprenderlocon esiti inaspettati, da cui la meraviglia. Per quanto riguarda i generi letterari si affermano ilromanzo in prosa e la fiaba, mentre il poema eroico o assume un tono comico (poema eroicomicoTassoni) o subisce profonde trasformazioni, come nell'Adone di Marino. Particolarmenteimportante, dato il periodo di grandi scoperte scientifiche, sarà la trattatistica scientifica dominatadalla personalità di Galilei (rinnovatore genere trattatistica, in quanto lo rende adatto a unacomunicazione più vasta e varia e a un pubblico più ampio). Questo rinnovamento della trattatisticainizierà con l'opera il Saggiatore (prima opera in volgare) e proseguirà con il Dialogo. L'altro autorepiù rappresentativo del Barocco è Marino il quale avviò una trasformazione sia del genere lirico chedel poema eroico. Nel campo della lirica Marino, con La Lira, segna la rottura rispetto alclassicismo e al petrarchismo fino ad allora dominanti, e l'affermazione del nuovo gusto barocco. Icanzonieri non raccontano più una storia unitaria, un'organica vicenda d'amore, ma vengonoorganizzati per temi come La Lira); l'attenzione si sposta dalle vicende interiori, psicologiche esentimentali del soggetto poetico, a dati esterni, particolari oggettivi: prevale insomma unatteggiamento visivo; tendenza alla variazione, combinazione, contaminazione di generi letteraridiversi. Nel campo del poema eroico, l'Adone segna una profonda differenza rispetto alla

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tradizione: contrariamente al genere propriamente epico, prevale qui l'aspetto privato e amoroso,piuttosto che quello pubblico e bellico; si nota inoltre la mancanze di un ordine consequenziale, conil prevalere di digressioni ed episodi secondari che ben esprime la nuova prospettiva policentrica emultiforme della sensibilità barocca.

Galileo

La trattatistica scientifica del Seicento è dominata dalla personalità di Galilei, sia come scienziato efilosofo, sia come scrittore. Sul piano letterario Galileo riprende dalla tradizione umanistica l'usodel dialogo e dell'epistola, ma rinnova anche profondamente il genere della trattatistica, rendendoloadatta a una comunicazione più vasta e varia e a un pubblico più ampio. Il dialogo permette direndere l'argomentazione più mossa, problematica e drammatica.Come scrittore Galileo introduce un importante innovazione: usa il volgare fiorentino. Grazie allasua autorità, la trattatistica scientifica sarà redatta di qui in avanti in volgare. Quest'ultimo diventacon lui non solo una lingua letteraria, ma anche scientifica e sottratta alla subordinazione del latino,che era stato per secoli la lingua dei dotti. Ovviamente ciò comporta un cambiamento del pubblico:Galileo e i suoi allievi non si rivolgono solo agli specialisti, ma a tutte le persone colte, svolgendocosì un compito non solo scientifico ma anche di alta divulgazione.

Il trattato in lingua volgare italiana doveva diventare, nelle sue intenzioni un modello da proporre alivello internazionale. Galileo perseguiva insomma un'alternativa al latino della Chiesa e dellechiuse accademie dei dotti, un'alternativa linguistica, letteraria, culturale. Egli si rivolge sia agliambienti dei letterati e degli intellettuali, sia al mondo dei tecnici, degli ingegneri, degli artigiani percreare consenso alla sua proposta, anche se sapeva che era decisivo conquistare soprattutto i nobili etrovare un ponto di accordo con le autorità ecclesiastiche.

Dialogo sopra i due massimi sistemi: quest'opera fu terminata nel 1630 ma ottenne l'imprimaturnel 1632 dopo aver subito numerose modifiche nel proemio, nel titolo e nelle conclusioni.La decisione di Galileo di dare al proprio lavoro la forma di dialogo è di capitale importanza sulpiano della strategia comunicativa. Dal punto di vista dei generi letterari la scelta quasi obbligataper lo scienziato che intendeva esporre le proprie teorie nel Seicento era il trattato in lingua latina.Galileo si rivolge invece alla lingua italiana e alla lunga tradizione del genere dialogico. Il dialogogalileiano riprende dunque una tradizione platonica e rinascimentale, ma allo stesso tempo la innovaprofondamente, introducendo la struttura che nel Seicento divenne il vero modello per il generedialogico di tipo scientifico: è infatti impostato su 3 personaggi, due dei quali scienziati,rappresentano i due sistemi cosmologici contrapposti, mentre il terzo, non specialista, contribuiscecon argomentazioni più colloquiali e divulgative a orientare l'intreccio delle voci. La scelta sulpiano dei generi è dunque strategica: si tratta di un efficace mezzo che permetterà all'autore da unlato di introdurre nella conversazione argomenti atti a catturare l'attenzione del pubblico colto,dall'altro di presentare le prove a favore del copernicanesimo senza impegnarsi personalmente inesse.Gli interlocutori del Dialogo sono tre: il nobile fiorentino Filippo Salviati, che rappresenta il puntodi vista copernicano; il nobile veneziano Sagredo rappresentante di quel pubblico di persone nonspecialiste ( il destinatario ideale dell'intera opera di divulgazione galileiano); e infine Simplicio,rappresentante della visione aristotelica.Si immagine che i 3 personaggi si riuniscano per 4 giornate (omaggio alla struttura del Decameron)a Venezia nel palazzo Sagredo, a discutere amichevolmente intorno alle ragioni a favore o contro ilsistema eliocentrico. Galileo non da indicazione dell'argomento principale affrontato in ciascuna diesse, come avveniva nella tradizione dei dialoghi rinascimentali. Il colloquio si muove in modoapparentemente casuale, con continue e numerose digressioni. In questo modo, nella forma della

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conversazione a più voci, l'opera racchiude tutti i temi della precedente attività scientifica diGalileo.Le scelte linguistiche di Galileo obbediscono all'intento fondamentale di raggiungere un vastopubblico formato non solo da studiosi di professione ma anche da coloro che si dilettano di studiscientifici. La lingua impiegata dunque non è il latino, normalmente usato per esporre le nuoveteorie nei trattati scientifici e compreso dagli specialistici di tutta l'Europa, ma il volgare, più adattoa divulgarle e difenderle.L'aperta rottura con la tradizione aristotelica si verifica anche sul piano terminologico. Ogni teoriascientifica ha infatti bisogno di una specifica terminologia per descrivere i fenomeni di cui sioccupa. Un procedimento frequente è quello di coniare nuovi termini prelevandoli dalle lingueclassiche; Galileo invece preferisce ricorrere a parole usuali adibendole a una nozione specifica. Pertale motivo uno dei modelli linguistici e stilistici della prosa del Dialogo è costituito dal Principe diMachiavelli.

Marino

Marino è il massimo rappresentante del barocco italiano, autore del poema Adone. Questo poema èimmaginato in opposizione o in competizione alla Gerusalemme Liberata di Tasso e con le sue 5033ottave costituisce il poema più lungo della nostra letteratura.Formalmente il poema appartiene al genere epico, ma si differenzia da quest'ultimo per il prevaleredella dimensione privata e dell'amore, sulla dimensione pubblica e la guerra. Inoltre, al posto dellacongiunzione tra storia e religione sulla quale si fondava l'opera di Tasso, qui si realizza quella tramito ed edonismo.L'opera non segue un ordine narrativo consequenziale, ma procede attraverso digressioni ed episodisecondari, conferendogli una varietà e molteplicità che riflette la nuova prospettiva policentrica emultiforme della sensibilità barocca. Per questo motivo Marino sembra ispirarsi più all'OrlandoFurioso piuttosto che alla Gerusalemme Liberata.Il poeta prende a modello soprattutto le Metamorfosi di Ovidio, ma si rifà anche a molti autori grecie latini, nonché a Poliziano e Pulci.Quanto al linguaggio Marino non si rifà ai criteri sanciti da Bembo o al fiorentino teorizzatodall'Accademia della Crusca, ma alla lingua “comune” dell'epoca, arricchita dall'invenzione dineologismi, latinismi e dialettismi.

L'Illuminismo

Il Settecento fu, in tutta Europa, il secolo dei “lumi”, definito così in quanto si sottopone tutta lacultura del passato all'esame della ragione e della modernità. Le correnti filosofiche che contribuiscono a forgiare la nuova dottrina sono il razionalismo franceseteorizzato da Cartesio, e l'empirismo inglese rappresentato da Locke (da cui deriva il sensismo cheavrà come massimo esponente Codillac).L'Illuminismo predica l'assoluta fiducia nella ragione in grado di illuminare le menti contro lesuperstizioni e i pregiudizi delle religioni, della tradizione e di tutti quegli elementi sociali eculturali che limitano la libertà dell'uomo.L'Illuminismo ha quindi intenti polemici nei confronti delle strutture e delle istituzioni chereprimono la libertà naturale dell'uomo, assoggettandolo, prima fra tutti la Chiesa.Gli illuministi ritengono che le varie religioni della storia abbiano contribuito insieme al poterepolitico a tenere i popoli nell'ignoranza, e che esse intristiscano l'uomo con il senso delpeccato,danneggiandolo. Questo non vuol dire però che Dio venga negato, (che avverrà in seguito

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con Nietsche), ma esso viene relegato alla sfera privata dell'individuo. All'interno del movimento sidistingueranno 2 filoni, uno ateo, rappresentato dal barone d'Holbach (materialismo) la cuiconcezione materialistica dell'esistenza influenzerà profondamente Foscolo (e più tardi ancheLeopardi) e uno deista (teorizzato da Locke) che crede nell'esistenza di una religione naturalefondata su una serie di verità comune a tutti gli uomini.In questo periodo cambia la concezione della cultura, vista ora come un sapere da diffondereall'intera umanità; di conseguenza cambia anche l'idea dell'intellettuale (tramonta la figuradell'intellettuale cortigiano) che si pone a servizio dell'educazione collettiva e del progresso dellaciviltà umana nel suo insieme.Anche dal punto di vista sociale l'Illuminismo si configura come una stagione portatrice di ideeinnovatrici (uguaglianza di tutti gli uomini, tolleranza religiosa, libertà di pensiero e di stampa,diritto all'istruzione) e di importanti conquiste civili (dichiarazione diritti dell'uomo 1789;abolizione pena di morte e tortura).In campo artistico l'Illuminismo in genere si riconosce nel programma del Neoclassicismo: l'artedeve ispirarsi alla ragione, a criteri classici di regolarità, di semplicità e di armonia ( l'ispirazioneall'arte classica si fa inquieta e malinconica perché consapevole della distanza dal mondo antico) enello stesso tempo, deve essere utile alla società, impegnarsi in senso etico-civile (questo indirizzosarà quello ripreso da Parini e Foscolo nei Sepolcri). Non si deve pensare che l'Illuminismo sia statocaratterizzato solo dal culto della ragione astratta e dall'intellettualismo (cosa smentita dallo stessosentimento di malinconia e inquietudine con cui si guarda al mondo antico) infatti all'interno delmovimento si possono riscontrare delle tendenze preromantiche come l'esaltazione della natura,della spontaneità dei sentimenti e delle passioni.Per quanto riguarda i generi questo periodo vedrà il prevalere della prosa sulla poesia: i generi piùdiffusi sono il saggio (filosofico, scientifico) e il romanzo, che si diffonde in Italia con le opere diFoscolo e Verri). In generale il cambiamento del pubblico e la crescente dipendenza dello scrittoreda esso, influisce sullo stile e sul sistema dei generi letterari: si predilige infatti una scritturasemplice, lineare e chiara; da qui la fortuna dello stile epistolare impiegato sia negli scritti filosofici( Voltaire) sia nel romanzo (Goethe e Foscolo); e del pamphlet Beccaria) nella trattatistica.Tra i maggiori rappresentanti dell'Illuminismo abbiamo Parini, Foscolo e Goldoni.

Parini

Parini fu una personalità che, per molti versi potrà sembrare contraddittoria, ma che in realtà si puòspiegare con il fatto che visse in un'epoca caratterizzata dall'incrocio di tendenze e tradizioni diversee spesso contrastanti, ne risulta quindi che egli risenta l'influenza di queste varie tendenze, ma allostesso tempo non aderirà mai a nessuna.Questa sua ambivalenza si traduce ad esempio nella critica all'oscurantismo della Chiesa,respingendo però al tempo stesso le posizioni atee e materialistiche di alcuni pensatori francesi; onella critica dei privilegi e dei vizi dell'aristocrazia, lavorando però, allo stesso temponell'amministrazione dell'Impero austriaco e sostenendo il valore della cultura, vista come unattributo proprio di una ristretta elite intellettuale.La critica alla nobiltà, che nasce dalla sua frequentazione degli ambienti aristocratici milanesi, toccail suo punto più netto nel Dialogo sopra la nobiltà, ma costituisce anche la struttura portante delGiorno. Parini non mira però a un soppiantamento della nobiltà, ma si riconosce ancora in unaprospettiva tradizionale secondo cui spetta alle vecchie strutture sociali operare un rinnovamento: lanobiltà deve quindi perdere i propri vizi, e divenire una classe propositiva e moderna. Parini miradunque a un rinnovamento delle strutture dell'ancièn regine, non a una loro messa in discussione.Ciò che più di ogni cosa segna la differenza tra Parini e gli intellettuali suoi contemporanei è laconcezione sulla funzione della letteratura: gli illuministi infatti sostenevano il fine pratico della

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letteratura, vista come uno strumento di diffusione di conoscenze utili alla società; Parini invece sirifiutava di ridurre la letteratura a mero strumento di utilità, sostenendo invece che la poesia devenascere dall'incontro tra finalità sociali e bellezza.

Il Giorno è un poema in endecasillabi sciolti all'incrocio tra il genere didascalico e quello satirico.Nelle intenzioni di Parini l'opera doveva essere costituita da quattro parti, ma il poeta riuscì aterminarne solo due: Il Mattino e il Mezzogiorno.Oggetto del poema è il racconto di una giornata esemplare della vita di un giovane nobile, scanditain 4 momenti che corrispondono alle 4 parti dell'opera. Il racconto è svolto dal punto di vista di unprecettore che fa da guida a un giovane signore. Mentre finge di aderire al suo mondo, celebrandonei pregi, egli assume in realtà una prospettiva critica, manifestata attraverso il taglio ironicodominante. La meschinità, i vizi e la corruzione del mondo nobiliare diventano così oggetto di unacaricatura feroce e di una denuncia in linea con le posizioni illuministiche. La struttura del giorno è la parodia. Parini nel trattare la materia si serve di uno stile alto esublime, ricorrendo a tutte le raffinatezze dello stile classicista, che per contrapposto ne fa risaltarela vacuità ottenendo l'effetto della satira.La vacuità del mondo nobiliare è rappresentata dal Giovin Signore, un personaggio vuoto, senzapersonalità, senza attitudini o interessi reali, tutto risolto nell'esteriorità dei suoi comportamentimondani.Il Precettore si mostra come celebratore del mondo del Giovin Signore, ma è in realtà lo criticafortemente. Sul piano narrativo, egli assume una funzione di complicità con quello che descrive; ilsuo è un punto di vista straniato che rivela la meschinità del mondo della nobiltà, non attraverso lacritica aperta, ma attraverso l'esaltazione e la celebrazione. Spetta quindi al lettore cogliere l'ironia.Il senso di vacuità è sottolineato dalle coordinate spaziali e temporali del poemetto. Nel Giornoinfatti sull'aspetto drammatico o narrativo prevale nettamente quello della descrizione: perciò lascelta degli ambienti si carica di un valore decisivo. Muovendo tra ambienti interni ed esterni, ilGiovin Signore è in realtà imprigionato nella gabbia delle convenzioni sociali. Anche la scansionetemporale fissa (il susseguirsi dei 4 momenti della giornata) ci da la percezione di una vita che siconsuma per inerzia, senza scelte, senza volontà, senza attribuzione di peso o importanza alle cose.Siamo dunque in un mondo chiuso, dominato dall'insensatezza e dalla ripetitività.Anche il tempo della storia non compare nella sua realtà drammatica: l'unica eco che ne è presente èquella della moda, che degrada la realtà della storia a una serie di riti estetici. Contrasto tra eleganza della scrittura e tema (frivolo). La scrittura non è settecentesca ma siavvicina più all'Ottocento.

Foscolo

La vita e e l'opera di Foscolo si svolgono all'insegna della contraddizione e, proprio per questomotivo la sua poesia porta i segni di una condizione nuova dell'intellettuale e dello scrittore in Italia.Foscolo deve fare i conti con la necessità di vivere del proprio lavoro di scrittore: da questo punto divista è il primo scrittore borghese, costretto cioè a misurarsi con la scrittura come condizioneprofessionale. Dall'Illuminismo Foscolo deriva una visione laica della storia e della società e una prospettivamaterialistica. Egli si distanzia dall'Illuminismo nella concezione dell'intellettuale e del sapere: gliilluministi infatti, rinnegano la concezione tradizionale dell'intellettuale come “letterato”, facendoneuno scienziato a servizio della società; Foscolo invece sostiene il primato della poesia e dell'arterispetto alla scienza, e vede nell'intellettuale non un operatore sociale ma una coscienza collettiva.Foscolo assegna il valore più alto alla natura primitiva e non all'intervento tecnico o scientifico dellaciviltà: da qui deriva la sua concezione pessimistica della storia e della società, all'interno dellaquale si inserisce la valorizzazione della poesia. Quest'ultima ha il compito, non di riscattare questa

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negatività, ma di gestire i grandi valori della civiltà. Per quanto riguarda la produzione lirica, che occupò una breve fase della sua esistenza, Foscolodiede il meglio nella forma del sonetto, raggiungendo risultati che ripeterà solo nei Sepolcri. Il“canzoniere” foscoliano è composto da 12 sonetti e 2 odi. Se per le odi risulta decisiva la lezionepariniana, per i sonetti è Alfieri a fungere da modello, anche se il poeta si ispirerà anche alCanzoniere di Petrarca. I sonetti più importanti di Foscolo sono : Alla Sera, che accosta il motivodell''aspirazione alla pace e all'equilibrio, con il tempestoso spirito guerriero (motivi che riflettonola personalità foscoliana); A Zacinto fonde motivi biografici (l'esilio) e motivi mitici, rievocando ilfascino della propria isola natale e confrontando il proprio destino con quello di Ulisse.

Alla sera: sonetto ( 14 endedecasillabi) con rime secondo lo schema ABAB, ABAB, CDC, DCD.

Forse perché della fatal quiete Tu sei l'imago a me sì cara vieni O Sera! E quando ti corteggian liete Le nubi estive e i zeffiri sereni,

E quando dal nevoso aere inquïeteTenebre e lunghe all’universo meniSempre scendi invocata, e le secreteVie del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co’ miei pensier su l’ormeChe vanno al nulla eterno; e intanto fuggeQuesto reo tempo, e van con lui le torme

Delle cure onde meco egli si strugge;E mentre io guardo la tua pace, dormeQuello spirto guerrier ch’entro mi rugge.

La sera, per il poeta, è il momento più bello della giornata: il momento in cui, finalmente, ci si puòriposare dopo gli affanni quotidiani; il momento in cui si placano i rumori dell’esistenza ed il cuoreè invaso da pace e serenità. Ma la meditazione sulla sera sfocia spontaneamente nella meditazionesulla morte. Infatti, anche la morte, come la sera, è una promessa di pace: una pace dolce edefinitiva: un rassicurante porto d’oblio dove si annullano le fatiche di un’esistenza tribolata edangosciosa. Questo sonetto appare nettamente diviso in due parti: le due quartine sono statiche, poichéintendono descrivere lo stato d’animo del poeta dinnanzi alla sera, equivalente sia che si tratti diuna serena sera d’estate, sia che si tratti delle tenebre di una scura sera invernale: in tutti e due i casila sera porta con sé la tranquillità e la cessazione degli affanni. Nelle due terzine, invece, sichiarisce perché la sera è cara al poeta: essa è immagine della morte, di quel “nulla eterno”, che èliberatorio poiché, secondo la concezione illuministica e materialistica di Foscolo, rappresental’annullamento totale, in grado di cancellare i conflitti e le sofferenze della vita. Secondo taleconcezione, infatti, l’universo, di cui anche l’uomo è parte, è un ciclo perenne di nascita, morte etrasformazione della materia, che è l’unica realtà esistente. Si ripropone la medesima tematicadell’Ortis: lo scontro dell’eroe con il “reo tempo” in cui vive, la cui soluzione può essere soltanto lamorte, che porta sì annullamento, ma anche la tanto desiderata pace. La celebrazione della mortecome foriera di tranquillità si ritrova nel carme “Dei sepolcri” e rappresenta il lato pre-romanticodella personalità foscoliana. Le opposizioni principali in cui si articola il sonetto sono nulla eternovs reo tempo; fatal quiete della sera vs spirto guerrier del poeta. Il primo elemento delle due

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opposizioni (positivo) annulla il secondo (negativo).

Il lessico è altamente letterario, costruito con parole auliche e poetiche; molte di queste sonolatinismi (“reo”, “aere”, “secrete”, “torme”, “cure”), che conferiscono al sonetto una formaneoclassica, mentre i sentimenti espressi, come abbiamo visto, sono decisamente romantici. Lapoesia è composta da periodi paratattici e ipotattici. Nelle quartine i periodi sono più ampi ecomplessi, nelle terzine più corti e concitati.

Struttura metrico-stilistica: l'equilibrio formale del sonetto è sostenuto dalla caratterizzazionediversa (contrapposta e complementare delle quartine e delle terzine. Le quartine presentano unandamento ampio e disteso, affidato alla esclamazione iniziale e al parallelismo delle due frasicoordinate che la seguono ( E quando....e quando). Le terzine mostrano invece un tono più concitatoe incalzante affidato alla sintassi e all'insistenza dei verbi di movimento (vagar, vanno, fugge, sistrugge).Inizia con un “forse” e in questo si avvicina all'Ortis e si distanzia da A Zacinto (né più mai)

A Zacinto: sonetto di endecasillabi con rime secondo lo schema ABAB, ABAB, CDE,CED

Nè più mai toccherò le sacre spondeOve il mio corpo fanciulletto giacqueZacinto mia, che te specchi nell'ondeDel greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole fecondecol suo primo sorriso, onde non tacquele tue limpide nubi e le tue frondel’inclito verso di colui che l’acque

cantò fatali, ed il diverso esiglioper cui bello di fama e di sventurabaciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,o materna mia terra; a noi prescrisseil fato illacrimata sepoltura.

In A Zacinto, il tema principale è l’amore per la patria lontana. Emerge il confronto tra l’eroe antico Ulisse e il poeta: i due personaggi sono in contrapposizione, poiché, mentre Foscolo non toccherà mai più le coste di Zacinto, Ulisse, dopo lunghe peregrinazioni, potè baciare la sua amata Itaca. Ma anche Foscolo, grazie alla forza eternatrice della poesia, potrà rendere imperitura la fama della sua Zacinto; Il sonetto costituisce una perfetta sintesi della dominante tradizione neoclassica e degli innovativiorientamenti romantici dell’autore. Richiama il mondo della Grecia arcaica e manifesta i sentimentitipici delle tendenze dello Sturm und Drang: l’amor di patria, l’ossessione della morte, la precarietàdel tempo, la poesia, che celebra eroismo e sventura. La vita è avversa e va affrontata secondo unaconcezione materialistica, che esclude un possibile rifugio nella religione. Tra le due componenti, èl’anima romantica a prevalere. Infatti, l’errare senza meta che si conclude con la morte dell’eroe interre lontane è un tema tipicamente romantico e coincide con l’impossibilità di identificarsi con ivalori della società in cui il poeta vive. Proprio perché si sente estraneo, smarrito e ribelle, l’eroe

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romantico ama rappresentarsi come un esule, costretto ad un perenne vagabondaggio, destinato aconcludersi tragicamente.

Questa condizione porta inevitabilmente alla disperata ricerca di una sicurezza, che, nel sonettoanalizzato, è rappresentata dall’isola, che entra in stretta relazione con l’immagine di Venere. Infatti,se Venere evoca la fecondità, Zacinto è legata all’idea di maternità. Sono molto significative inquesto senso le parole in rima tra loro: “sponde-onde-feconde- acque-giacque-nacque-tacque”:l’acqua è l’elemento centrale, da cui nasce la vita, ma è anche l’elemento in cui essa si dissolve, perrinascere sotto altre forme, in un ciclo incessante in cui la morte coincide con la vita e la vita con lamorte. L’idea dell’acqua è dunque centrale nel sonetto e sottintende una sorta di “regressione algrembo materno” per rinascere a nuova vita. Al contrario, la perdita del grembo materno fa scaturireangoscia e smarrimento, perdita di sé ed estraneità al mondo. L’aggettivo “illacrimata” (v.14) nelsecondo blocco sintattico di tre versi, rimanda ancora all’immagine dell’acqua che è però “negata”,viene a mancare nel suo apporto vitale. Qui, a differenza dell'Ortis, la condizione di esule è definitiva.

I Sepolcri: questa è l'opera di Foscolo più compatta e conclusa. Il carme è costituito da 295 endecasillabi sciolti sotto forma di epistola poetica indirizzata all’amico Ippolito Pindemonte. L’occasione fu offerta da una discussione sull’editto napoleonico di Saint-Cloud, che stabiliva che le tombe dovessero essere poste fuori dalle mura cittadine. Foscolo, inizialmente, aderendo alla concezione materialistica, aveva negato l’importanza delle sepolture; in seguito aveva però ripensato alle possibili valenze civili e filosofiche della questione. Pur non abbandonando la sua concezione materialistica dell'esistenza ( e laica) Foscolo sostiene l'enorme valore delle tombe in quanto rappresentano, non solo un luogo d'affetto attraverso le quali i vivi possano ricordare i propricari, ma diventano anche un luogo attraverso il quale mantenere viva le memorie di una nazione garantendone l'identità. Per Foscolo nella tomba si identifica la memoria concreta del passato, cioè la civiltà. La poesia ha la possibilità di prolungare nel tempo la funzione eternatrice assolta provvisoriamente dalle tombe. La poesia non ha solo la funzione di tramandare e tenere vivi i valoridel passato, ma di risvegliare nel presente quei valori del passato che nel presente possano portare alla creazione di valori nuovi. E' questo il compito che Foscolo stesso si prefigge, mirando al riscatto dell'Italia e a una rinascita dei grandi valori etici e civili del passato classico e miticoL'opera, composta sul modello de Il Giorno di Parini, può essere suddivisa in 4 parti.I parte: affronta il tema dell'utilità delle tombe e dei riti funebri. Qui Foscolo ribadisce la sua concezione materialistica sostenendo che essi non riscattano la perdita della vita (non sono dunque utili ai morti), ma sono fondamentali per i vivi in quanto attraverso di essi riescono a mantenere il contatto affettivo con i propri cari estinti prolungandone la vita attraverso la memoria. In questa prima parte il poeta cita esplicitamente Parini per criticare la nuova legge che, per cancellare le differenze sociali e sottolineare l'eguaglianza di tutti gli uomini negava di dare giusto riconoscimento ai meriti dei migliori.II parte:alla considerazione sul valore generale delle sepolture segue una ricognizione dei vari usi edelle varie concezioni che su sono susseguiti, rispetto alla morte, nel corso della civiltà umana. Foscolo critica qui il modello cattolico medievale e controriformistico , che presenta la morte in modo angoscioso e comunica ai superstiti un senso di terrore, contrapponendolo al modello antico delle civiltà classiche capace di un rituale più sereno. Come modello contemporaneo propone quelloinglese capace di rappresentare in modo sereno il mondo dedicato ai morti, costruendo per loro dei cimiteri simili a giardini.III parte: qui Foscolo si sofferma sul valore delle tombe dei grandi, attraverso il cui ricordo è possibile suscitare nelle generazioni future la memoria dei grandi valori morali. Dalla memoria del passato, rappresentata dalle tombe esemplari (Santa Croce), dovrà ripartire il riscatto italiano, sia in senso politico, che in senso civile e culturale.IV parte: introdotta da un esempio tratto dal mondo classico (Ajace), tratta del valore morale della

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morte, che compensa le ingiustizie della vita riconoscendo i meriti dei virtuosi e garantendo loro la gloria meritata. A questo proposito diventa fondamentale la poesia che ha il compito di celebrare le virtù presenti e antiche e di conservarne il ricordo anche dopo che i segni materiali da esse lasciati sono stati dispersi dal tempo. Quindi la poesia viene ad assumere lo stesso compito delle tombe, rivelandosi però capace di esercitarlo al di là dei limiti di esse. A conferma di questa sua posizione Foscolo introduce un nuovo riferimento al mondo classico: le vicende di Troia non sarebbero pervenute a noi se non grazie alla poesia di Omero.

Il tema centrale del carme è evidentemente quello dei sepolcri, che domina il preromanticismo inglese. A differenza di quest'ultimo però in Foscolo manca la prospettiva religiosa della morte, avendo piuttosto un'ispirazione civile e politica.Il tema dei sepolcri diviene in Foscolo un tema strategico perché in esso convogliano i temi più importanti della sua ricerca: il materialismo, il significato della civiltà e della poesia, la condizione storica dell'Italia e le possibilità di riscatto, l'identità individuale e sociale del poeta.Un altro tema presente nel carme riguarda il senso della civiltà. Le tombe sono appunto un segno di civiltà, e anzi un'espressione costante di tutte le civiltà. Questa corrispondenza fa si che le tomba possano essere considerate un parametro di verifica della civiltà in se stessa.Altro tema connesso a quello centrale dei sepolcri è il tema patriottico, relativo alla decadenza dell'Italia e alle se possibilità di riscatto.Infine, tra i temi capitali del carme si colloca la riflessione del poeta sul proprio destino. Il soggetto poetico entra più volte a far parte dell'esposizione in forma. La ricerca intorno al proprio destino produce il riconoscimento di una funzione storica e politica fondamentale: ripercorrere le orme del modello omerico (cioè della cultura classica) e attualizzarne gli insegnamenti, mettendo in movimento le potenzialità civilizzatrici della poesia.Per quanto riguarda lo stile, su modello di Parini, Foscolo sostiene il carattere argomentativo e filosofico del carme con uno stile elevato e denso.Una delle novità centrali dei Sepolcri è che la poesia ha un fine filosofico. In questo senso segue infatti i modelli delle letterature classiche (Omero e Lucrezio).

Goldoni

Goldoni, insieme a Pirandello, è uno degli autori teatrali italiani più conosciuti al mondo e autoredella riforma teatrale settecentesca.Venezia, città dove Goldoni visse la maggior parte delle proprie esperienze di teatro, aveva unafiorente tradizione teatrale dovuta alla riconversione di molte imprese in seguito alla crisi dei trafficie dei commerci. Questo fa si che attorno al teatro si sviluppò un vero e proprio mercato, e diconseguenza si assiste a un allargamento delle basi del pubblico costituito non più dall'aristocrazia edalla borghesia, ma anche dalle classi più umili. Il successo economico derivante dalle attivitàteatrali era dunque legato al gradimento presso il pubblico, cosa che determinò ad esempio l'enormesuccesso di generi popolari come la commedia e il melodramma (meno fortunata la tragedia).La commedia si identifica in questo periodo con le forme della commedia dell'arte: gli attoriimpersonano caratteri fissi e non recitano secondo un copione interamente scritto. Lo svolgimentodell'azione è affidata infatti a canovacci che riportano lo sviluppo generale dell'intreccio, mentre lebattute di dialogo sono lasciate all'improvvisazione degli attori. Il rischio di questa pratica teatrale èche gli attori si affidino a dei moduli ripetitivi, involgarendo e banalizzando le situazioni scenicheper ottenere il consenso del pubblico.Questo è esattamente ciò che successe negli anni in cui Goldoni si avvicinò al teatro comico, e chelo spinse a proporre la sua riforma della commedia.Con la sua riforma Goldoni sancisce innanzitutto la priorità del testo scritto. Il suo rifiuto nei

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confronti dell'improvvisazione affonda le proprie radici nel desiderio di compostezza, ordine esemplicità propri della cultura arcadica e illuministica.Il modello di Teatro cui guarda Goldoni, non è quello sancito dai grandi scrittori di teatro, ma la vitaconcreta e presente dei teatri. Al centro sta dunque il pubblico, con i suoi gusti, le sue aspettative; efondamentale diviene il rapporto tra scrittore e pubblico: Goldoni si rivolge spesso ad esso, non soloattraverso introduzioni stampate, ma anche attraverso parti recitate durante la messa in scena.Importante per Goldoni è il riferimento al Mondo, cioè alla realtà, che si traduce nell'impossibilitàdi servirsi delle vecchie strutture della commedia dell'arte che affidava l'azione a caratteri fissi.Goldoni vuole rappresentare nelle sue commedie tutta la realtà così per come appare. E presentequindi nel suo teatro la rinuncia a fornire modelli esemplari o valori da seguire Il teatro quindi, daluogo di evasione fantastica, diventa un luogo dove riflettere su reali questioni sociali, morali opsicologiche.Un altro nodo affrontato da Goldoni riguarda i “caratteri”: la sua riforma rifiuta la riduzione deipersonaggi a tipologie fisse (che la commedia dell'arte aveva in parte derivato dalla tradizioneclassica) perseguendo un obiettivo di realismo sia sociale, che psicologico. Non ci saranno più,dunque, lo sbruffone o il furbo, ma un particolare tipo di sbruffone o furbo. Goldoni realizza la sua riforma non solo attraverso la stesura di testi teatrali, ma anche attraversointerventi teorici tra cui la Prefazione “Il mondo e il teatro” alla prima edizione delle sue commedie.Qui Goldoni getta un ponte tra Teatro e Mondo: il Mondo entra nel Teatro nella forma dellospettacolo; e il Teatro, cioè il giudizio del pubblico, è chiamato a confrontarsi con unarappresentazione del Mondo che lo coinvolge.

Romanticismo

Il Romanticismo è stato un movimento culturale nato negli anni della Restaurazione ma giàanticipato dalle tendenze preromantiche che si erano affermate già alla fine del 700 in senoall'Illuminismo.Il movimento si presenta con una forte identità antilluminista e anticlassicista. Infatti sul pianofilosofico opponeva al sensismo l'idealismo; sul piano religioso proponeva contro il deismo ol'ateismo illuminista il ritorno al Cristianesimo, cosa che va ad influenzare anche la concezionedella storia. I Romantici infatti, a differenza degli illuministi secondo cui era l'uomo il protagonistadella storia, intendono la storia come percorso guidato da Dio.Cambia anche la concezione della natura, sentita dai filosofi tedeschi non piú come un insiemeastratto di leggi meccaniche (secondo la ben nota immagine dell'«orologio»), bensì come una realtàviva, animata, dinamica.Fondamentale è il rapporto fra l’io-e la natura, caratterizzato da due atteggiamenti essenziali: se lanatura è considerata come una metafora dello spirito o di Dio stesso, realtà vivente protettiva oconsolatrice alla stregua di una madre amorosa, prevarrà un sentimento euforico e ottimistico; seinvece natura è sentita come una forza indifferente o addirittura avversa, matrigna, ne deriveràun'attitudine pessimistica, sino ai limiti del Weltschmerz, il dolore cosmico di un Leopardi.

Alla base delle poetiche romantiche c'è il senso della scissione (tra individuo e mondo/ tra poesia enatura), della lontanaza dal significato, dalla pienezza, dall'armonia. Questa lontananza viene vistacome caratteristica della modernità e contrapposta all'armonia classica del passato. Viene vissutacome conseguenza di una perdita che non è possibile colmare con l'imitazione e con il rispetto delleregole, come volevano i sostenitori del classicismo. Tuttavia il sentimento non si esaurisce nelrimpianto. A livello teorico si assiste anzi alla rivendicazione del valore della poesia moderna

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rispetto a quella antica, e alla sua superiorità. E' vero che l'arte classica degli antichi esprimeva inmodo naturale, ingenuo e immediato la natura,, mentre la poesia romantica, che nasce dalla civiltà edalla cultura, deve cercare la natura fuori di sè, nel campo delle idee. Ma è anche vero che proprioquesta tensione verso l'infinito, tipico della poesia romantica, costituisce il suo riscattodeterminandone la superiorità rispetto all'arte classica. Affidandosi al genio, alla spinta soggettiva eobbedendo solo alla propria spontaneità creatrice, il poeta romantico può esprimere idealmente ilmondo della natura, quale gli si presenta attraverso il rimpianto e la forza dei sentimenti. Questaposizione, espressa inizialmente da Schiller nel saggio Sulla poesia ingenua e sentimentaleinfluenzerà tutto il dibattito successivo. In ogni caso, il tema della natura e del paesaggio lirico visto in stretta correlazione con l'animadello scrittore, diventa centrale. La scissione io-mondo viene vissuta in 2 modi: come contrasto storico tra ideale e reale, valori esocietà, come nel caso di Manzoni (che porta a un atteggiamento realistico); o come dissidioesistenziale dipendente dalla condizione stessa degli uomini, come in Leopardi.I generi principali di questo periodo sono il romanzo e la lirica che esprimono le due modalitàletterarie dell'immaginario romantico: quella storico realistica e quella esistenziale. La prima sirealizza soprattutto nel romanzo storico e sociale, la seconda nella poesia lirica.I maggiori rappresentanti del Romanticismo italiano sono Manzoni nel campo del romanzo e Leopardi nel capo della lirica.

Leopardi

Nella prima fase del suo pensiero di Leopardi, che risente fortemente dell'influenza dell'IlluminismoSettecentesco (in particolare Rousseau), affronta un tema che starà sempre alla base del suopensiero, cioè l'infelicità umana. In questa prima fase del suo pensiero, l'infelicità non dipende dallanatura (che è invece considerata un'entità benevola perché produce delle illusioni che rendonol'uomo felice), bensì dalla civiltà umana che ha distrutto le illusioni che rendevano all'uomo la vitasopportabile, mostrandogli quindi la cruda realtà della sua esistenza. Per questa prima fase del suo pensiero si parla di pessimismo storico, in quanto l'infelicitàdell'uomo è un fatto storico, proprio della civiltà moderna (gli antichi erano infatti capaci di grandiillusioni).Negli anni successivi, Leopardi abbandonerà questa posizione consolidando un punto di vistamaterialistico, ispirato al meccanicismo e al sensismo settecentesco ( verrà abbandonata ogni ipotesisull'esistenza di elementi spirituali, come l'anima). In questa seconda fase del suo pensiero l'infelicità dell'uomo, che aspira naturalmente al piacere, èdovuta all'impossibilità di vedere appagati i propri desideri e piaceri. Questo porta a unaridefinizione del concetto di natura che, se nella fase precedente era vista come un'entità benevola,adesso diviene la causa dell'infelicità umana, in quanto determina nell'uomo quella tendenza alpiacere senza che sia in grado di soddisfarla. Le cause dell'infelicità umana, dunque, non sono piùstoriche, ma esistenziali, motivo per cui si parla per questa fase di pessimismo cosmico.Per quanto riguarda la civiltà, in questa fase Leopardi la considera da una parte in modo psitivo,dall'altra ancora negativamente. Da una parte infatti la civiltà ha permesso all'uomo di vedereveramente la sua condizione facendogli recuperare dignità; dall'altra però, sottraendo l'uomo aldominio delle forze naturali e delle illusioni, lo ha reso più egoista e più fragile.Questa concezione negativa della natura e della civiltà portano Leopardi a non avere più fiducianella poesia e nella sua capacità di dare voce alle illusioni positive della natura. Ne consegue,perciò, il rifiuto della poesia e l'adesione a una letteratura tutta volta alla distruzione delle illusioni(periodo che si protrae fino al 1928 e corrisponde con le Operette Morali). Negli anni successiviLeopardi riprenderà a dedicarsi alla poesia e in particolare avanzerà una proposta sociale fondatasull'alleanza tra gli uomini, che consapevoli del male comune e del nemico comune (la natura)

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devono allearsi per ridurre il più possibile il dolore di tutti gli uomini e accrescere la propria felicità.

Le Operette morali, che si collocano nella fase di rifiuto per la poesia, comprendono 20 prose diargomento filosofico, di taglio satirico, in forma o di narrazione, di discorso o di dialogo. Leopardile concepisce come opera unitaria e organica ma ne organizza la struttura in modo vario: presenzadi diverse tecniche narrative, diverse ambientazioni, epoche storiche e personaggi. L'organicitàconsiste nel fine del libro, che vuole mostrare il vero e irridere a tutte le sue mistificazioni illusorie,e indicare i modi di vita adeguati alla consapevolezza del vero.

Dialogo della Natura e di un Islandese: questo dialogo ha un significato centrale nella riflessionefilosofica di Leopardi e segna un momento di fondamentale importanza nel suo pensiero: ilpassaggio dal materialismo storico al materialismo cosmico. Qui crolla infatti ogni fiducia neiconfronti della natura che viene vista come una forza spietata, indifferente al destino degli uomini. Prendendo spunto da un'opera del filosofo illuminista francese, Voltaire Storia di Jenni o il saggioe l’ateo (1775),in cui il filosofo parla delle minacce naturali, quali gelo e vulcani, a cui sonosottoposti gli islandesi, Leopardi sviluppa l'idea di un Islandese ( che diventa il simbolo dell'interaumanità) che viaggia, fuggendo la Natura. Ma giunto in Africa, in un luogo misterioso ed esotico,incontra proprio colei che stava evitando, con la forma di una donna gigantesca dall'aspetto "trabello e terribile". La Natura interroga l'Islandese sulle ragioni della sua fuga. La spiegazionedell'uomo è un lungo monologo, costruito sulla tecnica dell'accumulo, in cui egli ripercorre lesofferenze a cui gli uomini sono sottoposti nel corso dell'esistenza, giungendo alla conclusione chela causa dell'infelicità umana è la Natura, in quanto essa ha donato all'uomo un desiderio di piacereche essa non è in grado di appagare. Dopo il lungo monologo dell'Islandese interviene la Natura, che ribalta la posizione dell'uomo:questa è totalmente insensibile al destino degli esseri da lei creati, ma agisce meccanicisticamentesecondo un processo di creazione e distruzione, che coinvolge direttamente tutte le creature. Alla fine la domanda dell'Islandese rimane senza risposta, e il dialogo termina in racconto (finzioneletteraria).La scelta dell'Islandese come rappresentante del genere umano è dovuto al fatto che l'Islanda eravisto come un paese inospitale (terremoti, vulcani) dove più si fa sentire la forza della Natura, cheappare dominata dall'insensatezza e dall'indifferenza.

I Canti: la produzione poetica di Leopardi, che consiste di 41 testi, è tutta raccolta nei Canti.Si possono distinguere 3 fasi della poesia leopardiana:

I fase: a questa prima fase, compresa tra il 1818 e il 1822, appartengono le canzoni civili,nelle qualiil poeta tenta una poesia impegnata ricorrendo alla struttura tradizionale della canzone petrarchescae impiegando un linguaggio fortemente letterario; e gli Idilli, nei quali sperimenta invece una poesiapiù modernamente lirica, “sentimentale”. Un'altra differenza con le canzoni riguarda il linguaggio,che negli idilli riduce al minimo la componente erudita (classicista e arcaizzante) per scegliere unlessico più comune. Anche lo stile si avvicina a quello di un colloquio intimo, evitando artificitroppo evidenti. Dal punto di vista metrico è abbandonata la forma della canzona per l'endecasillabosciolto.

L'infinito: idillio, 15 endecasillabi scioltiIn questo componimento, a partire da un dato materiale e visivo, cioè una siepe che impedisce lavista di ciò che sta al di là di essa, il poeta mette in moto un processo immaginativo che lo porta afantasticare sul concetto di infinito. Il rumore delle foglie mosse dal vento lo riporta alla realtà macome la siepe gli aveva suggerito l’idea dell’infinito spaziale così il rumore del vento gli suggeriscel'idea di eternità l’idea dell’eternità. E l'abbandono alle sensazioni e alle immaginazioni suscitate daquesta esperienza coincide con il raggiungimento di un piacere indefinito.

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L'infinito si fonda sulla poetica settecentesca del sensismo, infatti sia le reazioni emotive, che leriflessioni razionali del soggetto lirico si sviluppano a partire da dati sensoriali (il guardare, l'udire).Lo scatto immaginativo si basa proprio sulla contrapposizione tra i limiti materiali (la siepe, ilrumore delle foglie) e lo scavalcamento di quel limite, il suo rovesciamento: dal concreto e dalmateriale verso l'indefinito e il non-sensoriale.

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,e questa siepe, che da tanta partedell'ultimo orizzonte il guardo esclude.Ma sedendo e mirando, interminatispazi di là da quella, e sovrumanisilenzi, e profondissima quieteio nel pensier mi fingo; ove per pocoil cor non si spaura. E come il ventoodo stormir tra queste piante, io quelloinfinito silenzio a questa vocevo comparando: e mi sovvien l'eterno,e le morte stagioni, e la presentee viva, e il suon di lei. Così tra questaimmensità s'annega il pensier mio:e il naufragar m'è dolce in questo mare.

II fase: dopo una fase segnata da una rinuncia alla poesia (coincidente con la stesura delle Operettemorali), dal 1828 Leopardi riprende a comporre testi poetici che rientrano quindi nella seconda fase,definiti canti pisano-recanatesi.

A Silvia: canzone libera di 6 strofe di diversa lunghezza; i settenari prevalgono sugli endecasillabi. Iversi non sono tutti rimati e l'ultimo verso di ognuna delle 6 strofe è sempre un settenario rimatocon uno dei versi che precedono.

Il nome della donna deriva dalla ninfa protagonista dell' Aminta di Tasso.In questo componimento, a partire dal ricordo di Silvia, Leopardi rievoca le speranze giovaniligiungendo alla dimostrazione dell'impossibilità per l'uomo di raggiungere la felicità. Il poeta operainfatti un parallelismo tra se e la giovane Silvia, che in giovinezza erano pieni di aspettative per ilfuturo, aspettative che però sono state stroncate dalla morte (per Silvia), e dal contatto con la realtàdella vita adulta dal poeta; per Leopardi è allora chiaro che la disillusione è un destino comune atutti gli uomini

Canto notturno di un pastore errante dell'Asia: canzone libera di endecasillabi e settenari, in 3strofe di diversa lunghezza.

La lirica consiste in un lungo monologo di un pastore che si rivolge direttamente alla Luna. Nelcanto il pastore interroga la Luna sul significato dell'esistenza, cioè sul suo valore e il suo scopo,giungendo a confrontare la propria esistenza con quella della Luna, entrambe limitate a unaripetizione di gesti uguali, privi di senso per l'uomo. Alle richieste di senso, non ascoltate dallaLuna, segue una descrizione allegorica della vita umana, secondo l'immagine del vecchietto che siaffatica e soffre per percorrere una strada che lo porterà alla morte. In questo è stata vista unacontinuità tematica con la canzone L di Petrarca, ma Leopardi opera un rovesciamento dellafunzione assegnata da Petrarca alla figura del pastore: in Petrarca infatti il pastore rappresenta unapossibilità di sereno e semplice abbandono alla vita, una possibilità di appagamento grazie a

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modestissimi beni; in Leopardi rappresenta invece l'emblema dell'inquietudine dell'uomo.Nei versi successivi il pastore continua a chiedersi il senso della dell'esistenza, denunciandol'incoerenza degli uomini che, sapendo la condizione di dolore e sofferenza provocata dalla vita,continuano a perpetuarla (fare figli).Non ricevendo alcuna risposta dalla Luna il pastore inizia a fare delle ipotesi circa il significatodell'esistenza: in un primo momento sostiene che probabilmente un significato esiste ma per l'uomoe impossibile concepirlo (lo è invece per la Luna che dall'alto vede tutto); in un secondo momento simisura con una realtà più prossima , cioè il suo gregge, sostenendo che probabilmente la felicità nonè data dal sapere il perché di tutte le cose, ma dall'ignorarlo ( come fanno le pecore). Alla fine del canto il pastore esclude tutte le ipotesi fino ad allora fatte, sostenendo che nonbasterebbe essere come la luna e vedere le cose dall'alto, né essere come un animale e vivere senzacoscienza, ma l'ipotesi più probabile è che la vita sia sofferenza in ogni condizione.

III fase: in questa fase sul piano formale resiste la novità della canzone libera; lo stile abbandona ilcanto aperto, l'effusione lirica, l'abbandono sentimentale, e definisce una concentrazione espressivafondata su un uso spesso estremo della sintassi (con alternanza di periodi brevissimi e di periodiinterminabili). Anche il lessico si apre a termini finora assenti dal repertorio leopardiano.

La Ginestra: canzone libera di endecasillabi e settenari divise in 7 strofe di lunghezza irregolare.Questa canzone può essere considerato il testamento ideale di Leopardi.La canzone si apre con l'immagine del paesaggio desolato del Vesuvio, che qui diviene il luogo-simbolo della condizione umana sulla terra, spingendo quindi a riflettere sulla fragilità dellacondizione umana e sull'indifferenza crudele della natura. Su questa considerazione si innesta lacritica verso le tendenze ideologiche dominanti negli anni della Restaurazione, alle quali vienerinfacciato di aver rinnegato la grande stagione del razionalismo settecentesco grazie alla quale ci siera risollevati dalla decadenza medievale, e di essere improntate a uno spiritualismo religioso e auna prospettiva sociale progressista, fiduciose nel valore privilegiato della specie umana.Leopardi rivendica la dignità del proprio andare controcorrente, e il dovere di denunciare la realtàdell'esistenza dell'uomo, dominata dall'infelicità.A questa rivendicazione segue la proposta di un nuovo modello sociale che porti tutti gli uomini aprendere coscienza dell'infelicità propria della loro esistenza e ad allearsi ( e a soccorrersiscambievolmente) contro il nemico comune, la Natura. Agli intellettuali spetta dunque il compitofondamentale di favorire questa presa di coscienza.La canzone si chiude con l'immagine della ginestra che davanti alla forza distruttrice della Natura sicomporta con dignità avendo, a differenza dell'uomo, coscienza della propria finitezza. Essa adifferenza dell'uomo non tenta di consolarsi con forti affermazioni di immortalità, sia che si fondinosulla fede religiosa nell'aldilà, sia che si basino sulla fiducia laica della capacità dell'uomo diprocurarsi da solo, per mezzo dei valori culturali, una durata oltre la morte e oltre il tempo (comeinvece era per Foscolo nei Sepolcri).

Dal punto di vista stilistico siamo di fronte a una novità, non solo nella poesia leopardiana, ma ingenerale nella tradizione lirica italiana. La sintassi vede infatti la prevalenza di periodi lunghi neiquali si succedono svariate frasi subordinate, a volte preposte alla principale.Nella Ginestra Leopardi tenda un nuovo metodo di ragionamento, che era già stato affrontato nelCanto notturno, costruito secondo le modalità dell'allegoria moderna: il ragionamento, e le verità daesso tratte, è costruito sulla base dell'esperienza concreta, non su ragionamenti astratti.Vi è poi un aspetto ulteriore del procedimento allegorico, consistente nella costruzione di esempicaricati di particolare responsabilità intellettuale e dimostrativa. Si tratta di esempi realistici ma nondirettamente appartenenti all'ambito principale nel quale si muove il testo (es. similitudine trauomini e formiche per dimostrare la eguale posizione dell'uomo e di tutti gli animali di fronte allanatura e al destino).

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Rapporto Romanticismo: Leopardi accusa i romantici di recidere il legame tra poesia e natura,volendo portare la poesia dalle cose alle idee. In questo modo essi prendono atto del distacco dellaciviltà dalla natura, ma rinnegano il fondamento della poesia che risiede proprio nel legame con lanatura. Leopardi propone invece una poesia capace di servirsi dei sensi per provocare un forteeffetto sul lettore (rivelando così la proprio formazione sensistica). La poesia ha per lui la funzionedi ristabilire sul piano dell'immaginazione quel rapporto diretto e sentimentale cn la natura che laciviltà e la ragione hanno distrutto sul piano dell'intelletto. Non essendo ai moderni più possibilequel rapporto fantastico e immaginativo con la natura, che era invece aperto agli antichi, l'unicaalternativa rimasta agli uomini moderni è lo studio degli autori antichi e l'imitazione dei loroprocedimenti. Il classicismo di Leopardi si fonda innanzitutto su questa critica alla società moderna; Come per i Romantici anche per Leopardi la poesia deve avere una funzione sociale. Ma mentreper i Romantici essa ha il compito di favorire un modello di cambiamento e di soddisfare i bisognidi una società nuova, per Leopardi serve a tenere vivi modi di sentire caratteristici dell'uomo e bensviluppati nel mondo antico (l'immaginazione, le virtù, i valori nobili).Un altro elemento che distanzia Leopardi dai Romantici è la sua sfiducia nel progresso e nel sensodella storia, che si contrappone alla loro fiducia e al loro progressismo moderato.Tuttavia in Leopardi è possibile ritrovare alcuni importanti aspetti dell'immaginario romantico,come la scissione io-mondo e la tensione tra uomo e natura ( e tra natura e civiltà). Ricorrono inLeopardi anche i temi dell'angoscia, del dolore, dell'infinito, del mistero. Egli resta però lontano dalRomanticismo per l'ideologia materialista, per il rifiuto dell'irrazionalismo e per la poeticaclassicista.

Manzoni

La letteratura italiana moderna inizia, nella narrativa, con Manzoni. Con lui quel processo dirinnovamento della forma e di riavvicinamento alla realtà, già percepibile in Goldoni e Parini,conosce una accelerazione tale da costituire una svolta. Con Manzoni viene colmato quel divario tralingua letteraria e lingua viva, tra letteratura e società ancora presente in Foscolo.Il suo capolavoro, i Promessi Sposi, costituisce dunque la nascita nel nostro paese del romanzo.Tutto ciò può accadere grazie alla confluenza in Manzoni di diverse tradizioni culturali:l'Illuminismo lombardo di Beccaria e Verri che sostenevano l'avvicinamento dell'intellettuale allasocietà; il Romanticismo con la sua attenzione alla storia nazionale, al sentimento popolare e con isuoi ideali religiosi cristiani; e infine importante fu anche l'influenza della cultura francese.Dalla rielaborazione di queste diverse tradizioni Manzoni riesce ad avviare un rinnovamento nellanarrativa italiana, successivamente operato da Verga.

Al centro di tutta la riflessione di Manzoni sulla letteratura c'è la ricerca della verità e dei modiattraverso i quali raggiungerla. In particolare egli indaga il rapporto tra vero poetico e vero storico,cioè tra l'intreccio di poesia e storia, prima affermandone la necessità, poi, a conclusione della suastagione creativa, negandola.A questo proposito, il testo che più di ogni altro rappresenta una chiara dichiarazione di poetica daparte di Manzoni, è la Lettre à M. Chauvet, scritta in risposta alla recensione che quest'ultimo(classicista) aveva dedicato al Conte di Carmagnola criticando il mancato rispetto dell'unità ditempo e di luogo.Uno dei più noti precetti classicisti era infatti quello delle tre unità drammatiche, d'azione, di tempoe di luogo, il cui scopo dichiarato era quello di garantire la verisimiglianza: si sosteneva che metterein scena una molteplicità di eventi, lontani nel tempo e nello spazio, impedisse allo spettatore diimmedesimarsi nell'azione rappresentata. Manzoni ammette la necessità dell'unità di azione (intesaperò come organicità della rappresentazione, e non come unicità dell'evento), ma polemizza controle altre due. Le unità di tempo e di luogo sono infatti per lui un vincolo assurdo, perché se ilsoggetto è storico, impongono una condensazione di avvenimenti che si sono svolti in tempi e

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luoghi diversi; ma anche se il soggetto non è storico, il comprimere nello spazio di un giornorappresenta una contraddizione della natura umana poiché le passioni non hanno una genesi e unosviluppo repentino e non sortiscono nella realtà effetti immediati.In secondo luogo, Manzoni passa a considerare il rapporto tra storia e invenzione: lo scrittore perManzoni non deve inventare ma attenersi ai fatti che sono accaduti, per poi ricostruire quegliaspetti della storia che restano fuori dal lavoro storiografico, e cioè i sentimenti, le sofferenze, lepassioni che hanno animato gli uomini che hanno agito nella storia. La letteratura deve quindiintegrare e completare la storia. E laddove la storia non da indicazioni, al poeta è concesso diinventare fatti secondari, ma l'invenzione dovrà comunque accordarsi con la verità storica, senzafalsificarla, né contraddirla. E' proprio questo che ha consentito a Manzoni di spostare l'attenzionedai potenti agli umili, delle cui vicende la storiografia non ha lasciato memoria.

Per Manzoni la ricerca della verità e la moralità sono due aspetti complementari della suaconcezione dell'arte. Il poeta infatti perseguendo l'ideale della verità ha il compito di favorire nelpubblico lo sviluppo della forza morale, di farlo innalzare al di sopra delle passioni dei personaggi,e non farlo immedesimare con essi.

Poco dopo aver pubblicato i Promessi Sposi Manzoni ripudia tutti i componimenti misti di storia efinzione, criticando quindi la sua stessa opera. Manzoni capovolge dunque le sue tesi, sostenendoche storia e invenzione non possono fondersi in una stessa opera; immettere personaggid'invenzione in una trama storica o attribuire a personaggi storici idee, sentimenti e passioni nondocumentabili significa comunque contaminare la ricerca della verità. Queste conclusioni, cheappaiono come una sconfessione di tutta la sua opera di tragediografo e romanziere, muovono, infin dei conti, dalle stesse premesse che erano alla base della sua riflessione precedente, cioè laricerca della verità. Promessi Sposi: La ricerca di un mezzo largamente comunicativo e adatto a trattare una materiacomplessa volge Manzoni dal teatro al romanzo, genere rilanciato con successo dalle narrazioni diargomento storico dello scozzese Walter Scott. L'opera vide 3 diverse stesure: si va dalla prima del 1823 (Fermo e Lucia) che venne sottoposta auna profonda revisione strutturale e linguistica ( vengono abolite le lunghe digressioni e soppressigli episodi più romantici o più corrispondenti al gusto del romanzo nero e gotico; questa revisioneporta all'edizione del 1827, che assume il titolo definitivo di Promessi Sposi, che sarà a sua voltarielaborata dal punto di vista linguistico: Manzoni elimina una parte di lombardismi cercando diadattare il linguaggio all'uso fiorentino. Esce così l'edizione del 1840, che è l'edizione definitiva.L'argomento del romanzo trae spunto da vicende storiche, svoltesi tra il 1628 e il 1630 a Milano: lacarestia, i tumulti di San Martino, la discesa dei lanzichenecchi, la peste. L'ambientazione lombardanon è dovuta solo a ragioni personali dell'autore: la Lombardia del Seicento sotto il dominiospagnolo, presentava aspetti di somiglianza con quella dell'inizio dell'Ottocento, sotto il dominioaustriaco. Inoltre, la polemica manzoniana contro il mondo della storia e contro l'irrazionalitàumana poteva più facilmente svilupparsi nei confronti di un secolo che la cultura illuministica avevamesso sotto accusa proprio come esempio del trionfo dell'irrazionalità.L'innovazione dei promessi sposi risiede innanzitutto nei protagonisti (umili); linguaggio vicino alparlato comunicativo (presenza codici espressivi differenti a seconda dei personaggi).Storia vista in modo negativo: sopraffazione dei più deboli. A quest'ultimi spetta il compito non diribellarsi, ma di accettare la loro condizione e affidarsi alla Provvidenza.

lingua: Nel primo ‘800 gli scrittori italiani, seguendo la nostra tradizione letteraria, adottavanoancora un registro di tipo aulico/formale/accademico, anche per la costante riproposta di registristilistici e lessicali ormai vecchi di secoli, per quanto prestigiosi. Manzoni, invece, avvertì lanecessità di una lingua italiana unitaria, di una lingua cioè comprensibile alla gran parte degli

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italiani. Non scelse però il dialetto lombardo (rifiutò anche gli idiotismi lombardi del manoscritto)bensì il fiorentino parlato dalle persone colte, «il fiorentino ben parlato», perché esso fornivagaranzie di prestigio, di espressione e di comprensione in larghi strati della popolazione.La riforma manzoniana del linguaggio influenzò tutti gli autori italiani successivi, anche se possonoessere considerati come eccezioni il D’Annunzio, che adotta un linguaggio «archeologico» fatto dicitazioni e reminiscenze letterarie, e il Carducci.Il suo linguaggio è dunque vivo e colorito, perché ricavato dalla comunicazione quotidiana deiparlanti. Stilisticamente sono frequenti l’uso dell’ironia e delle similitudini a fini espressivi echiarificativi

Vigna di Renzo E' evidente che la “vigna di Renzo” non è affatto uno svago retorico che l’autore si regala ma unodi quei momenti (il famoso “cantuccio”) in cui esprime letterariamente, ma anche moralmente:ovvero con pietosa compassione (vedi la similitudine: come accade spesso ai deboli che siprendono l’un con l’altro in appoggio), il proprio punto di vista ideologico cristiano e liberale, chegiudica negativamente la storia, luogo del male, della violenza e dell’odio tra gli uomini. Che poi èla morale del romanzo. Manzoni invita il lettore a una riflessione sulle leggi che animano il mondonaturale e che sembranorispondere allo stesso principio egoistico che domina la storia umana.Gertrude: Gertrude è presentata da Manzoni con una acuta indagine psicologica, chepenetra nelle pieghe più segrete del cuore. La donna è fragile e la vita in conventoandava contro la sua natura e le sue aspirazioni. Aveva bisogno di protezione, di affetto edi comprensione. Non li trova. Lo scrittore condanna la violenza di cui essa è vittima, unaviolenza che pervade tuta la società del tempo.Gertrude ci viene presentata come la vittima di un mondo sociale inautentico e spietato,quello stesso mondo che impedisce il matrimonio di Renzo e Lucia. Ma mentre questiultimi rispondono con la fede, Gertrude la rifiuta.Gertrude è il personaggio che patisce di più la violenza della storia poiché è ilpersonaggio che meno sa elaborare il suo dolore e difendersi attraverso l'arma delmessaggio cristiano.

Naturalismo

A partire dal 1861 l'esperienza romantica può considerarsi conclusa, in quantoridotta ormai al gusto del patetico e del lacrimoso contro cui a partiredall'Unità d'Italia si schiereranno sia la Scapigliatura che il classicismo diCarducci. Gli anni compresi tra il 1861 e i primi anni del 900 sarannodominati in campo letterario da Naturalismo e dal Simbolismo.Il Naturalismo nasce in Francia nel 1865 e annovera tra i suoi precursoriBalzac e Flaubert, e tra gli esponenti di punta i fratelli Goncourt, Maupassante Zola, considerato il caposcuola. I fondamenti di tale dottrina poetica sono lafiducia nella scienza e nel progresso, il determinismo positivistico, : i fenomenipsicologici, sociali, non sono frutto di cause insondabili di natura spirituale ometafisica; sono prodotti dell'attività biologica, fisiologica e psicologicadell'individuo e delle interazioni degli individui tra loro; il fatto che ciappaiano misteriosi è dato dal fatto che la scienza non ha ancora fatto iprogressi necessari. Da questi presupposti deriva la fiducia che il metodoscientifico, possa essere trasferito alla letteratura, che la letteratura stessa sipossa caratterizzare come una scienza capace di cooperare allo svilupposociale e culturale. In questa concezione del progresso si insinuano anche le

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teorie evoluzionistiche di Darwin e Spencer: la lotta per la vita e la selezionenaturale vengono visti come dei processi indispensabili al progresso sociale.La poetica naturalistica si pone dunque in netta contrapposizione allaletteratura romantica, in quanto era li privilegiato il mondo della fantasia e delsentimento; si afferma nel romanzo la teoria dell'impersonalità dell'autore,che in quanto scienziato ha il compito di descrivere scientificamente la realtà.Sul piano dei contenuti i naturalisti mirano a rappresentare tutti i gradinidella scala sociale, muovendo dai più bassi per risalire ai più elevati, seguendoquindi il metodo scientifico dal semplice al complesso; sul piano linguistico sipreferisce un linguaggio tratto dal gergo popolare.In Italia sulle orme del Naturalismo nascerà il Verismo che avrà i maggiorirappresentanti in Verga, Capuana e De Roberto. Il Verismo pur riprendendo iconcetti cardine del Naturalismo francese, se ne distanzia per alcuni punti:riduce la teoria naturalistica a metodo di scrittura, mettendo in secondo pianola componente scientifica; sottolinea maggiormente l'aspetto tecnico-formale,concentrando l'attenzione sulle conseguenze stilistiche dell'impersonalità edelaborando la teoria dell'omologia fra livelli sociologici della materia narrativae livelli formali; attribuisce minore importanza all'impegno sociale implicitonella rappresentazione ( i veristi italiani in quanto proprietari terrieri avrannoposizioni conservatrici e reazionarie).La consapevolezza di vivere in una società sempre più all'insegna delprogresso, se da una parte porta a una esaltazione del progresso, visto comeprocesso positivo; dall'altra porta a una visione negativa del progresso, cheporta all'alienazione dell'uomo. Questa visione negativa del progresso è alcentro della riflessione di Baudelaire, Nietsche, ma anche di Verga, che se dauna parte considera il progresso come evoluzione, dall'altra dedica il suointeresse alle vittime del progresso; o ancora Pirandello.

Verga

Verga può essere considerato il padre del romanzo moderno in Italia. Mentre le sue prime operesono ancora influenzate dal Romanticismo e dalla Scapigliatura, a partire dal 1877 aderirà a Milano,insieme a Capuana, ad un gruppo che si proponeva di creare il “romanzo moderno attraversol'adesione al programma naturalistico sostenuto in Francia da Zola: inizia così il suo periodo verista.

La poetica verista elaborata da Verga e Capuana dipende dunque da quella naturalistica francese.Sul piano filosofico rivela un'impostazione di tipo positivistico, materialistico e deterministico. E'positivistica perché parte dal presupposto che la verità sia oggettiva e scientifica: solo un approccioscientifico, basato sull'analisi e sullo studio dei fenomeni reali può permettere di conoscere la realtà;è materialistica perché il comportamento umano viene visto come guidato dall'egoismo individuale,dai bisogni materiali; è deterministica perché nega la libertà del soggetto, il quale è sempredeterminato dall'ambiente in cui vive.Sul piano letterario, da tale impostazione deriva una poetica antiromantica: esclude infatti sia

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l'idealismo romantico (secondo cui gli ideali modificano la realtà; i veristi credono invece che sia larealtà a determinare i comportamenti umani) sia la soggettività dell'io narrante. E' proprioquest'ultima ad essere la rivoluzione stilistica di Verga: egli rinuncia alla prospettiva onnisciente(Manzoni) e adotta un punto di vista narrativo che coincide con quello dei personaggi. Nell'operadunque, non verranno più espressi l'ideologia e i sentimenti dell'autore, ma esso deve comportarsicome uno scienziato, limitandosi a documentare la realtà oggettiva senza sovrapporvi la propriainterpretazione. E' esclusa anche la presentazione dei protagonisti da parte del narratore: essidovranno infatti essere riconosciuti dal lettore sulla base delle parole che pronunciano e di quelleche gli altri personaggi pronunciano su di essi. La narrazione deve essere quindi condotta dal puntodi vista dei personaggi: l'autore deve assumere la loro prospettiva, la loro cultura, il loro modo divedere le cose, a narrare le vicende devono essere i personaggi stessi. Di qui la teoria della formainerente al soggetto: ogni ambiente sociale, dai più bassi ai più elevati, deve raccontarsi da solo, conle proprie immagini e con la propria prospettiva culturale e linguistica. A ogni classe sociale devequindi accordarsi anche un diverso uso della lingua. che non comporta però per Verga la necessità diricorrere al dialetto nella rappresentazione delle classi povere. Egli si oppone infatti al dialetto siaper ragione politiche (sostenitore Unità), sia per evitare di relegare le sue opere all'ambito regionale;e si sforza di rendere con un linguaggio naturale e semplice il ritmo della sintassi siciliana.

Dietro l'impersonalità di Verga non ci sono solo dei postulati filosofici e letterari, ma anche unaprecisa crisi storica che induce lo scrittore alla rinuncia all'intervento diretto nella società. Vergarappresenta infatti uno degli ultimi rappresentanti della generazione romantico-risorgimentale e nevive drammaticamente le contraddizioni. Mentre lo scrittore romantico crede nella propriapossibilità di cambiare la storia e la società, Verga, che vive in un'Italia dominata dall'interesseeconomico, non ci crede più, preferendo piuttosto dedicarsi a un compito di documentazionescientifica. Se in un primo momento Verga cerca una possibilità di valori alternativi nella societàarcaico-rurale della Sicilia, successivamente approderà a un pessimismo materialistico che constataovunque il trionfo dell'interesse.

La chiave d'oro: questa novella, contenuta nel volume Drammi intimi, è di una particolare durezzanei riguardi della classe dirigente, dei “galantuomini”, qui personificati dal canonico e dal giudice.E' inoltre uno dei rari casi nella narrativa siciliana in cui si affronta, sia pure per accenni, ilproblema della mafia: la mafia per così dire agraria, propria di una società agricola (non legata albrigantaggio ma nella sua accezione moderna). Ad essere corrotta è tutta la società , non il singoloindividuo. Un mafioso è Surfareddu, il classico campiere che ricorre con disinvoltura all'omicidio;mafiosa è la complicità che lega il magistrato e il proprietario terriero.Ad avere la responsabilità della morte del ladro non è Surfareddu, ma il canonico e il giudice,perché entrambi tradiscono un loro preciso compito: la religione e l'amministrazione della giustizia.Tradimenti simili erano stati rappresentati anche da Manzoni con note di profondo pessimismo,riscattato però da una ideologia che vedeva le cose umane in una prospettiva provvidenziale. Nientedi simile nel mondo verghiano dove l'inesorabile meccanismo economico che regola la vitaassociata esclude ogni criterio di giustizia, al posto del quale ci sono invece la convergenza diinteressi e la solidarietà della classe dominante : solidarietà che il giudice facilmente concede e ilcanonico irrisoriamente paga. Solidarietà che qui Verga denuncia come situazione di fatto,fatalisticamente intesa.-Inizia alla maniera canonica dei testi letterari siciliani (recita del rosario); Rinvenimento delcadavere nel giardino (tema presente anche nel Gattopardo);

I Malavoglia: il romanzo, formato da 15 capitoli, racconta la storia della famiglia Toscano, nota inpaese (Aci Trezza) con il nome Malavoglia (già nel titolo si compie una scelta di poetica, in quantocon esso si assume l'ottica culturale e linguistica dei personaggi del romanzo).

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Nella descrizione del paese Verga non muove dalla descrizione “dal vero” di Aci Trezza, maricostruisce intellettualmente, cioè scientificamente, un paese siciliano tipico servendosi deidocumenti sociologici ed etnologici del suo tempo, per poi identificarlo con il paese reale.

Come da programma verista, il narratore è assente e la vicenda viene raccontata dal punto di vistadei protagonisti attraverso la loro mentalità e il loro registro linguistico. La novità stilistica di Vergaconsiste nel riportare, attraverso il discorso diretto e soprattutto indiretto, una fitta rete di vocinarranti popolari. L'uso del discorso indiretto libero diviene organico alla narrazione e attraverso diesso è filtrato tutto il racconto. Anche le metafore e le similitudini non riguardano mai il mondodell'autore, ma sempre quello dei personaggi, rimandando alla loro cultura e al loro immaginario.Verga non si serve del dialetto siciliano, ma impiega un italiano che conserva le sfumaturesintattiche del dialetto siciliano. Il romanzo rappresenta lo scontro tra due sistemi di valori diversi: quello dei valori del passatorappresentato da Padron 'Ntoni e quello della modernità, guidato dalla legge dell'interesse, deldesiderio di ricchezza ad ogni costo, rappresentato dal nipote Ntoni. Questa opposizione finisce perpenetrare all'interno stesso della famiglia dividendo i nipoti in due gruppi. Questa profondascissione, da luogo nel romanzo a due diversi registri espressivi: quello lirico-simbolico attraversocui vengono rappresentati gli stati d'animo dei personaggi dotati di interiorità e di valori (padronNtoni, Mena, Alfio, 'Ntoni); quello comico-caricaturale che rappresenta i comportamenti e i discorsidei personaggi meschini e cinici del paese.La famiglia rappresenta per Verga l'unico nucleo che può resistere (in virtù del legame di sangue) inuna società dominata dall'egoismo e dalla violenza. Ma il fatto che i valori negativi della modernitàsi infiltreranno anche nella famiglia, rivela l'espandersi del materialismo pessimistico di Verga.La famiglia e il paese, rappresentano nei Malavoglia il luogo dell'equilibrio, contravvenendo allecui regole ci si perde. Questo è quello che accade a Ntoni, che alla fine del romanzo diventa unescluso dalla famiglia, da l paese e dal loro tempo ciclico. Egli sa che l’unica integrazione possibilesarebbe stata a Trezza, ma sa pure che, ormai, questa non è più possibile e che il suo destino è diaccettare l’alienazione del tempo lineare del «progresso» e delle grandi città.

Pascoli

X agosto: ricchissima di simboli, Pascoli, come in molti altri componimenti di Myricae, rievoca latragedia dell’uccisione di suo padre, avvenuta il 10 agosto 1867, trent’anni prima della stesura dellapoesia. Il 10 agosto è, però, anche il giorno di San Lorenzo, quello in cui, secondo la tradizionepopolare, si verifica il fenomeno delle stelle cadenti. Le stelle che cadono in quella notte,nell’immaginario pascoliano, rappresentano il pianto del cielo sulla malvagità degli uomini:quest’immagine rende l’idea di un cosmo profondamente umanizzato. Prendendo le mosse dalla propria tragica vicenda personale, il poeta affronta i grandi temi del malee del dolore: gli elementi familiari e biografici vengono trasposti su un piano universale e cosmico.Così, la rondine e il padre uccisi, diventano il simbolo di tutti gli innocenti perseguitati ed alludonoscopertamente alla figura di Cristo, la vittima per eccellenza, che perdona i suoi carnefici sullacroce, richiamata già nel titolo, con il numero romano X. La struttura del componimento è circolare (Ringcomposition), poiché esso si apre e si chiude conl’immagine del cielo inondato di stelle cadenti, simboli del dolore . Il Cielo, ossia Dio, è sentitocome lontano, distante, indifferente, separato dal mondo, capace solo di guardarlo dall’alto e di“piangere” sulle miserie umane, ma non di lenirne in nessun modo le sofferenze.

L'assiuolo: Peculiarità della poesia L’assiuolo è il fonosimbolismo: un procedimento linguisticotipico in Pascoli, il quale ricerca gli effetti sonori nelle parole per trasmettere dei significatiulteriori. Colpisce il ricorso alle onomatopee. L’onomatopea «chiù» altro non è che il fonosimbolo

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della morte: rappresenta il suono attraverso il quale i morti comunicano coi vivi. Seguendo ilrichiamo del chiù l’io del poeta riesce a comunicare coi defunti. L’onomatopea «tintinni» (v. 21),invece, richiama il «tintinnio segreto» di cui Pascoli parla nel Fanciullino: un articolo di poeticaesplicita nel quale spiega la caratteristica del poeta che, proprio come il fanciullo, riesce ancora aguardare tutto con stupore, arrivando a capire il mistero dell’esistenza.Nella terza strofa il poeta ci invita a riflettere sulla possibilità che le porte della morte rimanganochiuse per sempre, non permettendo la resurrezione dei propri cari defunti ed anche impedendo lapossibilità di svelare il mistero della vita che l’apertura di queste avrebbe potuto dischiudere. Inquesta strofa il poeta manifesta tutta la sua angoscia: i suoni del rapace notturno hanno riportato allasua mente il dolore per la perdita dei suoi cari e gli hanno permesso di acquisire la consapevolezzache la morte incombe anche su di lui.

Il gelsomino notturno:I Canti di Castelvecchio si propongono di continuare il programma poeticoiniziato con la precedente raccolta Myricae: alle immagini quotidiane della vita di campagna, sialternano continuamente i temi della tragedia famigliare e delle ossessioni segrete del poeta, comel’eros e la morte.La poesia Il gelsomino notturno, a prima vista, potrebbe apparire una descrizione impressionistica evivida di un paesaggio notturno, in cui si alternano immagini naturali e umane ma – come accadespesso in Pascoli – nasconde una serie di significati ulteriori. Occorre specificare che la lirica èdedicata alle nozze dell’amico Gabriele Briganti: come Pascoli stesso esplicita in una nota, essarievoca allusivamente, solo per analogia, la prima notte di nozze in cui è stato concepito un figlio.Per l’appunto, i riferimenti alla casa che “bisbiglia” col lume ancora acceso andranno letti come unavelata allusione alla fecondazione che lì sta avvenendo, simile a quello che si verifica all’interno delfiore; il colore rosso e il profumo che si esala per tutta la notte assumono una forte carica sensuale,diventando una sorta di invito all’amore. Il fiore che si apre al calar delle tenebre e all’albaracchiude dentro di sé il segreto della fecondazione è un chiaro simbolo sessuale, mentre, adesempio, i “petali un poco gualciti” alludono alla perdita della verginità. Ma il poeta è escluso dallagioia della fecondazione e può solo vagheggiarla da fuori e da lontano come “l’ape tardiva” restafuori dalla sua celletta (vv. 13-14). In questa chiave vanno lette le immagini di morte, checostantemente si alternano a quelle amorose (“i miei cari”, “le fosse”, “l’urna”) e i frequentiriferimenti al “nido” (le “ali”, le “celle”, la “Chioccetta”, il “pigolio di stelle”), il luogo simbolico erifugio protettivo in cui si racchiudono gli affetti famigliari del poeta: la tragedia famigliare hadistrutto il nido, impedendogli ogni legame che non sia quello con i cari defunti che continuano avivere come lugubri presenze. Uscire dal “nido” e partecipare appieno alla vita, per il poeta,significherebbe tradire un vincolo sentito come sacro. L’amore e la morte si legano in un cerchioindissolubile.

Pirandello

Pirandello fu uno dei testimoni più attenti delle profonde contraddizioni della società borghese tra lafine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento. Egli ebbe chiara consapevolezza del senso di disagio edi crisi della sua epoca seguito alla dissoluzione delle certezze positiviste, e seppe smascherarne lecontraddizioni mettendo a nudo l'insanabile contrasto tra le ipocrisie della vita sociale e le esigenzedi realizzazione di un'esistenza individuale. Per Pirandello il compito fondamentale dell'arte è quello di mettere a nudo le contraddizionidell'esistenza che danno forma al conflitto tra l'essere e il dovere apparire, cioè tra vita e forma, e trapersonaggio e persona. La forma è rappresentata da tutti quegli inganni che l'uomo costruisce per dare un senso alla suaesistenza: organizza perciò l'esistenza secondo convenzioni, riti, istituzioni che rafforzano in lui taleillusione. La vita è concepita come una forza profonda che pulsa sotto la forma (dalla quale èbloccata) e riesce ad erompere solo raramente. Da questo contrasto deriva anche quello tra personae personaggio: il soggetto costretto a vivere nella forma non è più una persona integra, coerente e

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compatta, ma si riduce a una maschera (o personaggio). Se il soggetto decide di adeguarsipassivamente alla forma sarà solo una maschera; se invece vive consapevolmente la scissione traforma e vita, sarà una maschera nuda: in quest'ultimo caso il personaggio più che vivere, si guardavivere, ponendosi fuori dall'esperienza vitale (La carriola).L'arte può cogliere questo contrasto attraverso l'umorismo che differisce dal comico: quest'ultimo èinfatti l'avvertimento del contrario, cioè di una situazione contrario a quanto dovrebbe essere, cheprovoca quindi il riso; l'umorismo è invece il sentimento del contrario, cioè il procedimento con cuil'artista, grazie all'intervento della riflessione, riesce a cogliere i motivi profondi di quellacontraddizione, evidenziando così la realtà che si cela dietro le apparenze.

L'umorismo pirandelliano non è solo una poetica, ma è anche l'espressione del pensiero e dellacultura del relativismo filosofico. Esso presuppone la messa in discussione sia del Positivismo, inquanto rifiuta il criterio della verità oggettiva garantita dalla scienza; sia del Romanticismo, perchérifiuta l'idea della verità oggettiva, la centralità del soggetto e la sua capacità di dare forma e sensoal mondo. Entrano in crisi quindi sia l'oggettività che la soggettività.Nell'arte umoristica (proprio per il venir meno nel mondo moderno delle categorie di bene e dimale, di vero e di falso) non propone valori, né eroi, ma un atteggiamento critico-negativo epersonaggi problematici e inetti; essa non risolve positivamente le questioni che affliggono l'uomo,ma mette in rilievo le contraddizioni e le miserie della vita, irridendo e compatento nello stessotempo.

Maledetto sia Copernico: qui Pirandello fa dipendere il relativismo moderno e il conseguenteumorismo dalla scoperta di Copernico e dalla fine dell'antropocentrismo tolemaico: la rivelazioneche l'uomo non è più al centro del mondo (definito granellino di sabbia) ma è al pari di un“vermuccio”( formiche Ginestra) in un universo infinito e inconoscibile, rende assurde le suepretese di conoscenza e di verità e “relative” tutte le sue fedi.

Lo strappo nel cielo di carta: questo episodio tratto da XII capitolo, rivela l'impossibilità dell'artemoderna di rappresentare eroi a causa della relatività in cui è sprofondata l'esistenza dell'uomo.Oreste, eroe greco esempio di coerenza e sicurezza, di fronte al buco nel cielo di carta cherivelerebbe la natura fittizia della rappresentazione ( di fronte quindi alla constatazione del contrastoforma-vita), diventa una sorta di moderno Amleto, un antieroe, un inetto incapace all'azione.

Tu ridi: Il protagonista è un modesto impiegato cui è morto l’unico figlio; ha una moglie semprepiena di malanni, che lo rimprovera perché ride nel sonno (è molto gelosa del marito). Il signorAnselmo non sa il perché delle sue risate notturne, dal momento che non ricorda i sogni, perciò puòsolo pensare si tratti di vicende divertenti, che la sua psiche crea per compensarlo dello squalloredella sua esistenza diurna. Ma ecco che ricorda un sogno: vede se stesso riflesso come in unospecchio nell’immagine dell’impiegato comicamente punzecchiato dal bastone del capoufficio.Anche nel sonno la realtà si duplica, è riflessa. Nel corso della narrazione si sviluppa il legame tra iltema del riso e la poetica dell’umorismo. L’autore non si ferma all’aspetto comico di quelle risate notturne, ma fa emergere illoro significato nella vita penosa del protagonista, fino al crollo dell’ultima illusione: il «sentimentodel contrario» induce nel lettore pietà e comprensione nei confronti del signor Anselmo, che insogno ride anche se non ne ha alcun motivo.

La carriola: in questa novella Pirandello esprime chiaramente quel contrasto tra forma e vita che èuno dei noti fondamentali di tutta la sua opera.Il protagonista si attiva ad un tratto la consapevolezza della scissione tra ciò che egli appare(persona irreprensibile, dedita al lavoro, padre, marito, pieno di responsabilità) e ciò che in realtàegli è: l'avvocato non si riconosce più in quella forma che gli altri, la società gli hanno dato. Si

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rende conto che nel momento in cui si attua questa alienazione e si vede la forma che gli altri cihanno dato, significa che in realtà non stiamo più vivendo ma ci guardiamo vivere. La reazione del protagonista è quella di concedersi un piccolo atto irrazionale (che simboleggia ildesiderio irrefrenabile di uscire da se stessi) facendo fare “la carriola” alla cagnetta di famiglia, i cuiocchi come uno specchio rimandano al protagonista l'immagine della sua alienazione.

Svevo

Svevo fu tra i primi scrittori del Novecento a concepire la letteratura in modo assai diverso da comela concepiva la tradizione (per esempio D'Annunzio, in quell'epoca l'autore italiano più letto einfluente). Egli infatti ridimensiona nettamente il ruolo della letteratura e del poeta, allontanandosinotevolmente dalla figura di poeta-eroe dell'età classica, o da quella di poeta-genio dei romantici. Il punto è che i poeti non possono più conoscere il mondo, non hanno più certezze o valori o idealida comunicare. Se vogliono davvero rimanere fedeli alla vita ed essere sinceri, come Svevo auspica,non possono che ridursi a parlare dell'unica cosa che conoscono, pur se parzialmente: la propria vitainteriore.In tal modo, la letteratura perde la sua aura, non ha più nulla a che fare con il bello, con l'arte;diviene un fatto privato, che può sopravvivere solo se si rende utile a chi la pratica.

Svevo subisce l'influenza di diversi filoni di pensiero molto spesso in contrasto tra loro che riesceperò ad assimilare in modo organico: si va dal positivismo, darwinismo, marxismo, al pensieronegativo di Schopenhauer e di Nietzsche. Di questi pensatori egli non riprende l'ideologiacomplessiva, ma solo alcuni punti di ognuno.Dal positivismo e da Darwin riprende la propensione a valersi di tecniche scientifiche di conoscenzarifiutando ogni ottica metafisica, spiritualistica o idealistica; da Darwin respinge la fiducia nelprogresso, mentre dal positivismo la presunzione di fare della scienza la base del sapere; ilmarxismo poi non viene accettato come soluzione sociale, ma come strumento per analizzare ecriticare i meccanismo economici e sociali della civiltà europea; da Schopenhauer riprende lacapacità di cogliere gli autoinganni e il carattere effimero dei desideri dell'uomo, rifiutando invecela proposta di una saggezza raggiunta attraverso la rinuncia alla volontà.

Fondamentale per l'influsso sulle sue opere è l'incontro con la psicoanalisi di Freud che si traduce intermini letterari in un superamento del Verismo in direzione di una nuova visione del reale, piùanalitica e introversa, lontana da certi moduli cristallizzati e tradizionali.Svevo tuttavia si rifiuta di aderire totalmente al sistema teorico di Freud: accetta la psicoanalisicome tecnica di conoscenza, ma la respinge sia come visione totalizzante della vita, sia cometerapia medica. Questo perché la nevrosi per Svevo è anche un segno positivo di non rassegnazionee di non adattamento ai meccanismi alienanti della civiltà. L'ammalato è colui che non vuolerinunciare alla forza del desiderio; la terapia lo renderebbe si più normale, ma a prezzo di spegnerein lui le pulsioni vitali.Negli anni dell'elaborazione della Coscienza di Zeno, Svevo concepisce la letteratura comerecupero e salvaguardia della vita: attraverso la letteratura infatti, la vita vissuta viene sottratta alflusso del tempo. Solo se l'esistenza viene filtrata dalla letteratura sarà possibile sottrarsi dalla vitavera facendo rivivere l'esperienza vitale del passato, i desideri, le pulsioni che nella realtà vengonorepressi. La vita può essere dunque salvata solo dall'inetto, dal nevrotico, da chi nella società è undiverso, quindi dallo stesso scrittore. La letteraturizzazione della vita promossa da Svevo è bendiverso dalla sua estetizzazione (come proponeva D'annunzio); si tratta qui di recuperare ilmomento del desiderio presente in ogni uomo analizzando gli autoinganni che esso costruisce perraggiungerlo, ed esaminando la forza repressiva d i una società dominata dall'alienazioneeconomica.

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La coscienza di Zeno: con questo romanzo Svevo costruisce in Italia il romanzo d'avanguardia.Sostituisce al tempo oggettivo il tempo della coscienza e del monologo interiore; distrugge la tramatradizionale e struttura la narrazione non sulla vicenda ma sulla successione di una serie di temi (ilmatrimoni, il fumo); tratteggia un protagonista, Zeno, totalmente nuovo, che non ha più l'oggettivitàe la staticità dei personaggi ottocenteschi, ma la problematicità e l'apertura di quelli novecenteschi.

LA coscienza di Zeno è suddiviso in 7 capitoli preceduti da una Prefazione. Nei 7 capitoli a scrivereè Zeno, che parla della propria vita: c'è dunque un io narrante e un io narrato. L'ordine dei capitolinon è cronologico ma tematico.Il romanzo si presenza come un memoriale inviato da Zeno al suo psicoanalista, il dottor S, che loaveva spinto a scrivere una storia della sua malattia, come cura. Deluso dai risultati Zeno decide diabbandonare la terapia e il suo psicoanalista, per vendetta, decide di pubblicare il suo memoriale.A parte questo capitolo iniziale, che nella finzione è attribuito al dottor S, tutta la restante narrazioneè scritta da Zeno.La narrazione è organizzata in modo da richiedere una continua collaborazione del lettoreall'interpretazione dei fatti narrati. Questo perché Zeno, essendo un nevrotico, non è attendibilenella narrazione dei fatti che per lui sono correlati alla sua nevrosi; lo stesso vale per il dottore chesi vendica del suo paziente. In questo senso il romanzo si configura come un'opera aperta, un'operacioè in cui il lettore è invitato a collaborare alla costruzione del senso.

Prefazione: essa, scritta dal dottor S. ha una funzione strategica molto importante. In essa infatti siavvisa il lettore che ciò che sta per leggere sono delle memorie frutto di una malattia nervosa, chevanno quindi prese con le molle, giacchè in esse la verità è mescolata alla menzogna. A rendersi evidente è anche il carattere vendicativo e molto poco professionale dello psicoanalistache pubblica le memorie di Zeno per ricavarne un utile economico.Il lettore viene dunque avvisato che sta per avventurarsi in un romanzo molto complicato, in cui lacredibilità del narratore non è assoluta e nello stesso tempo viene screditata la scienza medica. Illettore dovrà dunque orientarsi da solo e sarà suo compito decifrare le verità di Zeno dalle suemenzogne, predisposte ad ingannare se stesso o il lettore, mascherando aspetti sgradevoli dellapropria personalità.Preambolo: qui prende la parola Zeno che già dall'interrogativo iniziale fa trasparire la suaantipatia nei confronti del dottore, e la sua sfiducia nella psicoanalisi come terapia.La dissacrazione a cui Svevo sottopone la psicoanalisi ufficiale del suo tempo è volta a rendereevidente come ogni spiegazione in chiave causale sia arbitraria e come ogni vera analisi siainterminabile (che non si concluda con la presa di coscienza, da parte del nevrotico, delle causescatenanti della sua malattia). Svevo riprende infatti da Freud l'idea secondo cui l'interpretazione èun'operazione aleatoria: i sogni sono impenetrabili nel loro significato ultimo; della malattia si puòtentare di decifrarne i sintomi; l'analista e l'analizzato devono collaborare alla costruzionedell'analisi.Finale: Infine nell’ultimo episodio, intitolato Psico-analisi, Zeno riprende, dopo sei mesi di interruzione, ascrivere le sue memorie, per ribellarsi al medico, esprimendo il suo disprezzo e il suo rifiuto per lapsicoanalisi. Ma in questo ultimo atto si rende conto che la malattia interiore di cui si sentivavittima e da cui riesce a curarsi è una condizione comune a tutta l’umanità e che coincide con ilprogresso del mondo intero. Il romanzo si conclude con una drammatica profezia di un’esplosioneche causerà la scomparsa dell’uomo dalla faccia della Terra. Zeno identifica la sua malattia non come malattia individuale ma come malattia insita nella vitastessa. E' il mondo ad essere malato e l'unico motivo di guarirlo dalla malattia è la sua distruzione,perché non esiste guarigione, salute senza distruzione della vita: la vita è malattia. Non ci si puòguarire dalla malattia/vita, l'unica soluzione possibile è la coscienza critica della malattia stessa e in

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tal senso l'«inetto», proprio perché incapace di agganciarsi alle convenzioni della vita, possiede unapiù elastica capacità di adattamento a quello stato patologico che è l'esistenza in quanto tale.

Ungaretti

L'importanza storica di Ungaretti non si lega soltanto al valore artistico dei suoi risultati, madipende anche dall'influenza esercitata sulle esperienze letterarie successive. Si può dire che l'operadi Ungaretti è legata nella sua prima fase alla stagione avanguardistica degli anni Dieci; e nella suaseconda fase alla crisi delle avanguardie tra gli anni 20 e 40. La prima fase della sua scrittura sipresenta assai originale e rivoluzionaria: ritroviamo la frantumazione della metrica e della sintassi,la sparizione della punteggiatura; la seconda fase è segnata invece da un'evoluzione in sensoclassicistico, con il recupero della metrica tradizionale e di forme stilistiche ed espressive menoestreme. Queste due fasi della sua poesia, seppur diverse, sono legate dal valore dato alla parola. La poesia èconsiderata come strumento capace di rivelare la verità e aprire le porte dell'assoluto; la parola èdunque caricata del massimo di tensione espressiva per sollecitarne il potenziale di rivelazione.La raccolta di poesie di Ungaretti, prima di giungere al titolo e alla versione definitiva, subisce unaserie di correzioni, aggiunte e cambiamenti di titolo. Si va dalla prima edizione, intitolata IL portosepolto, alla seconda Allegria di naufragi, alla definitiva Allegria. Nella raccolta, organizzata in 5sezioni (Ultime, Il porto sepolto, Naufragi, Girovago, Prime), domina il tema della guerra, attorno alquale si costruiscono vari arricchimenti tematici. La guerra è rappresentata sia come la condizioneconcreta e anonima di un soldato tra tanti, sia come occasione rivelatrice della propria identitàesistenziale. Essa diviene inoltre manifestazione esplicita di uno sradicamento, di una mancanza diradici e di identità che può esplicita, come nel titolo della quarta sezione Girovago oppureproiettarsi in figure esemplari, come quelle del suicida Moammed Sceab. E' però proprio questacondizione di sradicamento e anonimato che fa scattare, attraverso l'espressione poetica, ilsignificato profondo dell'esistenza, con una percezione quasi sacra del suo fascino e mistero.Accanto al tema della guerra vi è poi il tema della vicenda biografica del poeta, con iricordidell'infanzia in Egitto. Altrettanto importante è il tema della natura, che diviene il punto diriferimento centrale del soggetto anche nei momenti di guerra: è proprio nella natura che all'io èconcesso di ancorare il proprio bisogno di significato rispecchiandosi nelle forme naturali.Il segno più esplicito della natura simbolistica della poetica di Ungaretti sta nella concezione dellaparola, considerata veicolo per l'espressione dell'autenticità e per instaurare un rapporto conl'assoluto dei valori. La parola poetica consente di riconoscere la propria identità, di dare sensoall'esperienza, di avvertire su di sé il valore collettivo delle vicende.L'Allegria può essere considerato il libro formalmente più sperimentale del 900 italianoDal punto di vista formale i testi contenuti nell'Allegria costituiscono una vera e propriainnovazione rispetto alla tradizione precedente: si ha uno stravolgimento sia della sintassi che delladisposizione dei versi. Essi sono liberi e in genere brevi e brevissimi. Sul piano stilistico vengonoaboliti i nessi grammaticali e sintattici, e la punteggiatura. La paratassi domina la struttura sintattica,con largo impiego di frasi nominali e verbali. Anche la rima è praticamente abolita, accentuando inquesto modo il peso di ogni parola singola.Nell'Allegria convivono due tendenze di poetica che pongono la poetica ungarettiana traEspressionismo e Simbolismo. Da una parte si spinge infatti a caricare la parola fino al limite dellarottura; dall'altra si valorizza l'alone di indefinitezza della parola così da potenziarne le suggestionie il mistero. Interessante è il fatto tutte le soluzioni formali adottate nel testo rispondono adentrambe queste tendenze. La frantumazione del verso e la valorizzazione di parole-verso infatti, seda un lato potenziano la semanticità del vocabolo singolo, dall'altro costruiscono attorno ad ognivocabolo un'eco di mistero e di assoluto. Lo stesso può dirsi per le soluzioni sintattiche: la paratassida un lato scompone la realtà potenziando il valore dei frammenti, dall'altro da ad ogni frammento

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un'autonomia individuale.

Montale

Nel corso della sua carriera artistico-letteraria Montale ha accompagnato i principali movimentiletterari mantenendo sempre un'autonomia che lo differenzia da essi. Pur avvicinandovisi, non si èidentificato né nell'Ermetismo, né nel Neorealismo, né nella Neoavanguardia, prendendo anziposizione contro tutte queste tendenze.Il suo esordio avviene con Ossi di seppia in cui confluiscono tendenze opposte: si va dallaprosasticità e sperimentalismo dei crepuscolari, al simbolismo della poesia francese e italiana(Pascoli, D'Annunzio), al classicismo (antiavanguardistico) della <<Ronda>>.Il titolo rinvia all'immagine marina degli ossi di seppia, sbattuti sulla spiaggia come inutili relitti,accostati alla situazione dell'uomo, escluso dalla natura e dalla felicità. I due simboli dominantisono dunque il mare, luogo di beatitudine naturale (come quella perseguita da D'annunzionell'Acyone; e la terra, sede della privazione e dell'esilio, luogo-emblema dei limiti della condizioneumana. Il libro può essere considerato come un romanzo di formazione, in quanto delinea unpercorso che va dal momento felice dell'incanto, corrispondente con l'infanzia in, in cui esiste unrapporto organico con il cosmo; al disincanto della maturità caratterizzato da una condizione dispaesamento e frammentazione della realtà oggettiva e soggettiva. All'uomo non resta che accettarela vita su una terra desolata e su un universo disgregato, il che, dal punto di vista della poetica, portaal superamento di D'Annunzio e del simbolismo.Ossi di seppia si suddivide in 4 sezioni: la prima dal titolo Movimenti, è tutta giocatasull'opposizione mare-terra, natura-città, infanzia-maturità; nella seconda sezione, intitolata Ossi diseppia, domina il motivo dello scarto dell'osso di seppia, della distonia tra uomo e natura; la terzasezione, dal titolo Mediterraneo, canta inizialmente il mare come patria sognata, e successivamenteregistrano il distacco da esso; la quarta sezione, Meriggi e ombre, segna l'accettazione del propriodestino di sconfitta chiedendo di affrontarlo con dignità.

Meriggiare pallido e assorto: Il meriggio di una calda e assolata giornata estiva è un momento diimmobilità e sospensione: per effetto della calura e della luce accecante, la vita è quasi ferma, tuttosi muove molto lentamente e a fatica. nonostante i numerosi echi verbali di D’Annunzio, siamolontanissimi dal panismo. Anche D’Annunzio, infatti, aveva dedicato una poesia al “meriggio”, malì il caldo sole pomeridiano costituiva un tramite privilegiato per raggiungere l’estasi panica, qui,invece, il sole è una luce fortissima e abbagliante, che, però, non permette di vedere nulla.Infatti, l’aridità della natura è l’emblema di una condizione esistenziale di prigionia, solitudine eabbandono, di assenza di ogni slancio vitale. Il poeta si vede costretto ad accettare la triste e limitatacondizione umana: l’uomo è simile alle formiche rosse che si muovono incessantemente senzameta. Il paesaggio è chiuso, non comunica con l’uomo e non è fatto per l’uomo, è solo un tramiteverso qualcosa di indefinito, che dovrebbe essere in grado di rompere la monotonia della vitaquotidiana, tuttavia rimane sempre misterioso e insondabile, incapace di offrire rispostesoddisfacenti: il travaglio della vita resta, in definitiva, indecifrabile. La verità, rappresentataoggettivamente dalle “scaglie di mare”, si colloca al di là dell’ostacolo, della “muraglia” (emblemadella limitatezza della condizione umana) sovrastata dai “cocci aguzzi di bottiglia” (emblemi deidolori e delle sofferenze della vita). Molte sono le suggestioni di poeti precedenti, profondamenterielaborate. Oltre al già citato D’Annunzio, un’altra chiara reminiscenza letteraria è quellaleopardiana: il “muro d’orto” del v. 2 ricorda la siepe dell’Infinito (l’orto richiama anche il giardinodel male descritto nello Zibaldone), ma qui è un ostacolo che impedisce anche il piaceredell’immaginazione, che preclude lo “sguardo” verso ogni possibilità di salvezza e verso ognisperanza. Rispetto a Leopardi, Montale rinuncia alla protesta, alla ribellione, rimane in unacondizione di perplessità, di disorientamento e di impotenza.

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Non chiederci la parola: è una sorta di manifesto o di dichiarazione di poetica rivolta al lettore. Adifferenza di Carducci, Pascoli e D'Annunzio, il poeta dichiara di non avere nessun messaggiopositivo da rivolgere agli uomini. Nella seconda strofa il poeta rivela un atteggiamento ambivalentenei confronti della sicurezza ignara dell'uomo comune: da una parte ne ha pietà,perché vive in unacondizione di falsità e di illusioni; dall'altra lo invidia, perché la sua ignoranza riguardo la propriaidentità e collocazione nella realtà, fa di lui un uomo felice. Nella strofa finale, all'illusioneprovocata dalla parola capace di rivelare significati segreti e invisibili (simbolismo), Montalecontrappone una dimensione espressiva nuova, fatta di parole che esprimono la disarmonia trauomo e realtà, parole capaci non di affermare, ma di negare.

Con le Occasioni, Montale si cimenta in una poesia alta, aristocratica, difficile che sembrebbeavvicinarlo all'Ermetismo, da cui tuttavia si distingue per il rifiuto del simbolismo e l'adesione a unallegorismo influenzato da Dante e Eliot.Nel libro successivo, La bufera e altro, il registro elevato dell'opera precedente rimane, ma sicombina con esigenze più realistiche ( si avverte la presenza del Neorealismo).Le poesie raccolte in questo libro riflettono vicende sia pubbliche che private: orrori della guerra,entusiasmo lotta di Liberazione, lutti familiari, la lontananza da Clizia, la malattia della moglie.

Gli anni del boom economico italiano sono quelli del silenzio poetico di Montale. La modernasocietà industriale pone in discussione tutti i valori in cui il poeta crede, spingendolo a ritenereormai morta la poesia stessa. Questo silenzio durerà 10 anni alla fine dei quali Montale scriveràSatura. La poetica di Satura rappresenta una svolta in quanto viene abbandonato lo stile alto eraffinato delle opere precedenti, e prevalgono l'aspetto satirico, prosastico e diaristico. La parodiaassume spesso l'aspetto dell'autoparodia, con riferimento ironico dell'autore alla propria precedenteproduzione: di qui in avanti l'uso della citazione parodica sarà una costante.Il titolo non allude solo agli aspetti di satira politica e culturale, ma rinvia anche alla varietà e allamescolanza dei temi e degli argomenti. Accanto al motivo della morte della moglie, un altro temadominante è quello di vivere dopo la catastrofe che ha distrutto tutti i valori del passato.In questa fase si affermano elementi ideologici e scelte di poetica che avvicinano Montale alPostmoderno. Allo stesso tempo l'abbassamento stilistico, il plurilinguismo, la scelta prosastica, ilconfronto con i linguaggi tecnologici possono accostare Montale alle soluzioni dellaNeoavanguardia.All'allegorismo propositivo delle opere precedenti, subentra un allegorismo negativo, apocalittico,che riprende il tema della catastrofe del mondo occidentale e dei suoi valori.

Ho sceso dandoti il braccio..:Lo stile della poesia è prosastico e usa un linguaggio colloquiale. Siapre con il senso della mancanza e della perdita provocato dalla morte della moglie: Montalericorda la sua vita coniugale, allegoricamente simbolizzata dalla discesa delle scale e dal viaggiodell'esistenza . Le piccole azioni quotidiane sembrano ormai del tutto inutili perché fanno parte diuna realtà superficiale. Dalla moglie ha appreso la vera arte di vedere che non consiste nel crederealla superficie visibile delle cose, ma nel guardare in profondità sotto di essa. Il senso profondodella vita coincide con la percezione e l'accettazione della nullità dell'esistenza.

Gadda

La scrittura di Gadda risente fortemente della visione che egli ha dell'esistenza: il mondo è per luiun caos, un groviglio caotico di cose e fenomeni impossibile per il soggetto da decifrare. Lascrittura è dunque per Gadda non un modo per dare un senso all'esistenza, per dare un ordine alcaos, ma un mezzo attraverso il quale rappresentarla. Per questo si parla di realismo per Gadda.La lingua riflette allora in Gadda la frammentazione della realtà: da qui deriva allora il particolare

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uso che Gadda fa del linguaggio, caratterizzato dalla giustapposizione di stili e modi diversi(pastiche). Poiché è rappresentazione e interpretazione del caos, la scrittura diventa un processocentrifugo: la ricerca del senso viene sviata di continuo, e questo attraverso un massiccio uso didigressioni. Mentre per Manzoni le digressioni (Gertrude, vigna di Renzo) erano utilizzate percondurre il lettore al nucleo della storia, Gadda se ne serve per allontanarlo, proprio perché per luinon si può pervenire a un senso, la realtà non può essere letta. Questa sua idea acquista maggiorepeso nel momento in cui Gadda si cimenta nel romanzo giallo (Quer pasticciaccio brutto): lastruttura tradizionale del giallo si basa infatti sull'individuazione di un movente che portaall'individuazione dei fatti, quindi il percorse dell'investigatore è lineare; nel romanzo di Gaddainvece non esiste questa linearità: la storia, nel risalire da una causa all'altro diventa un groviglio nelquale è facile smarrirsi. E appare anche chiara la scelta del non finale del romanzo: la realtà non sipuò leggere.Al contrario di Gadda, Calvino ha cercato per tutta la vita una risposta, in termini razionali e morali,al senso del mondo, dell'esistenza, anche se visto come un labirinto pressochè incomprensibile. Daqui deriva dunque una scrittura diversa, non più complicata, ma al contrario chiara, cristallina, cl