Riassunti di organizzazione aziendale

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I riassunto di organizzazione aziendale

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RIASSUNTI

DI

ORGANIZZAZIONE

AZIENDALE Dal Grandori A.

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione CAPITOLO 1 LA FIGURA DELL’ATTORE ORGANIZZATIVO Prima di intraprendere la prima fase del nostro studio sull’attore organizzativo la prima cosa che dovremmo spiegare è cos’è l’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE? L’organizzazione aziendale è il complesso delle modalità di divisione del lavoro e del coordinamento tra attività interdipendenti fra loro. Abbiamo introdotto nel concetto di organizzazione due parole chiavi:

1. DIVISIONE DEL LAVORO, scomporre un’attività complessa in più attività semplici ed assegnare la responsabilità della loro gestione ad attori diversi

2. COORDINAMENTO, comportamento individuale e collettivo che risponde ad una pluralità di modelli. E’ la regolazione efficace tra attori e attività

L’unità di analisi elementare è l’attore organizzativo inteso come individuo o gruppo caratterizzati da percezioni e preferenze omogenee in relazione al problema sotto esame. Un individuo è titolare di diritti ed interessi ed ha preferenze e utilità soggettive. La formazione di tali preferenze è influenzata dagli altri individui con cui si ha a che fare. Perciò, gli studiosi, hanno constatato che le scelte degli individui vengono spesso fatte in gruppo. Quindi, un ATTORE, può essere composto anche da più individui o da gruppi. Ad esempio, all’interno di un’impresa, i responsabili della funzione di Marketing vengono visti come unico attore, ecc. Tra i diritti dell’attore, ricordiamo:

• Diritto di Azione, ossia il diritto di svolgere un’attività • Diritto di Decisione, ossia il diritto di decidere come svolgere quell’attività • Diritto di Informazione, ossia il diritto di essere informato sullo svolgimento

di altre attività • Diritto di Controllo, ossia il diritto di poter rilevare e valutare i risultati • Diritto di Proprietà • Diritto di Ricompensa

Come possiamo capire l’attore organizzativo è diverso da:

• UOMO ECONOMICO, in quanto modello iper-razionale dell’economia • UOMO AFFETTIVO, basato sulle teorie dell’inconscio e dell’affettività • UOMO NORMATIVO, basato su una concezione sovra-socializzata del

comportamento umano Secondo Simon, l’attore è un uomo amministrativo che si basa sulla teoria della razionalità limitata. L’ipotesi fondamentale è che le azioni umane derivano da processi

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione di ricerca e apprendimento. Nell’analisi organizzativa il modello di comportamento individuale si caratterizza per:

• Una forma di razionalità economica la quale però è limitata • La considerazione di elementi a carattere affettivo • Il fatto che è empiricamente fondato

Abbiamo parlato della teoria sulla razionalità limitata di Simon. Questa è una teoria della ricerca,ovvero, l’attività di decisione è un’attività di individuazione e soluzioni di problematiche. Simon afferma che i problemi sono infiniti e che i processi di ricerca non possono produrre risultati ottimali, quindi l’individuo tende ad accettare quelle che per lui sono le soluzioni più giuste per la risoluzione del problema che ha sotto esame. Possiamo allora dire che differenti modalità di strutturazione degli attori e differenti combinazioni di coordinamento danno vita ad una forma organizzativa(i modelli di divisione delle risorse e delle attività tra attori e il coordinamento tra questi a vari livelli, sono analizzati come configurazioni allocative di diritti e obblighi di informazione, decisione, controllo, ricompensa e proprietà). Abbiamo prima specificato che l’attore organizzativo svolge attività economiche. Per definirsi economiche non è essenziale che le attività siano valorizzabili in termini monetari, bensì che esse assorbano risorse(scarse)per un uso definito, per produrre un certo tipo di output e non un altro. Gli output possono essere valutati secondo quattro variabili:

1. EFFICIENZA: l’output viene realizzato risparmiando risorse materiali e cognitive

2. EFFICACIA. la realizzazione dell’output avviene pervenendo ai risultati desiderati

3. PARETO-EFFICIENZA: soluzioni tali per cui non se ne possano trovare altre che comportino incrementi di utilità per uno o più attori senza danno per altri

4. EQUITA’: • SOSTANZIALE: che cosa spetta e a chi • PROCEDURALE: come si raggiunge una soluzione

Oltre agli output, è importante definire le risorse. Le risorse rappresentano un potenziale d’azione e di generazione di valore accumulabile e indipendente dagli specifici impieghi. Secondo Grandori(1999) le risorse possono essere classificate in: -UMANE: insiemi di conoscenze e competenze, difficilmente separabili e trasferibili -TECNOLOGICHE: strumenti che incorporano conoscenze, indipendenti dai loro progettatori, facilmente separabili e trasferibili -FINANZIARIE: indipendenti da specifici attori e sono risorse facilmente trasferibili

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione CAPITOLO 2 CONOSCENZE Il materiale che viene trasformato in un processo di decisione consiste di informazioni, che costituiscono l’elemento base delle componenti decisionali. E’ importante effettuare una distinzione tra “dati” ed “informazioni”. I DATI sono notizie, rapporti e numeri che un soggetto percepisce e che confronta, interpreta e seleziona al fine di trasformarli poi in INFORMAZIONI. L’attore, percependo e valutando le informazioni (in modo ordinato), trae le sue conclusioni acquisendo in questo modo delle CONOSCENZE per poi dar vita al processo decisionale. Il processo decisionale è l’eliminazione di alcune possibilità per accoglierne altre. Esso non parte mai da zero, ossia, alla sua base c’è sempre un patrimonio di informazioni e di conoscenze (interne) che verrà modificato e arricchito nel processo stesso e costituirà la base di partenza per le fasi successive. Le conoscenze possono essere rappresentate graficamente in maniera stratificata e si suddividono in: 1.Conoscenze PARADIGMATICHE: esse sono acquisite in maniera NON critica e NON sono soggette a discussione o verifica. Esse sono accettate per convenzione, in quanto non sarebbe fattibile e conveniente ripartire sempre da zero. Le azioni che ne derivano sono soggette a processi di selezione naturale. Le chiavi interpretative (offerte da Simon), sono due:

• Impossibilità tecnica di una verifica diretta e consapevole di tutte le conoscenze su cui gli esseri umani basano la propria condotta.

• Non è conveniente partire da zero altrimenti si incorrerebbe in costi elevati ed errori di valutazione.

2.Conoscenze ESPERIENZALI: questo tipo di conoscenze viene acquisito tramite la propria, diretta esperienza passata, quindi tramite la sperimentazione delle conseguenze delle proprie azioni (learning by doing) o tramite l’osservazione di esperienze di altri soggetti (vicarious learning). Questa osservazione dà luogo al carattere tacito della conoscenza. Le persone, infatti, sanno fare molto più di quanto sappiano spiegare (Polany). Per questo, le conoscenze esperienziali sono difficilmente codificabili e difficilmente trasferibili (un es. di conoscenza economica di tipo tacito è quella applicata da un maestro artigiano, in quanto le sue conoscenze non sono facilmente codificabili o trasferibili ad altri). Le azioni che ne derivano sono soggette a processi di apprendimento osservativo e vicario. 3.Conoscenze ESPLICITE e ipotesi controllabili: esse sono acquisite tramite processi di ricerca e di apprendimento e sono facilmente codificabili e trasferibili. Tale conoscenza, può essere più o meno estesa e consolidata, con riferimenti diversi a

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione seconda il modo in cui entrano nel processo decisionale. Thompson e Tuden ipotizzano che diverse strategie decisionale siano adottabili in modo contingente allo stato informativo iniziale su due tipi di input:

• obiettivi (ipotesi su cosa è desiderato e percepito come raggiungibile) • teorie sulla relazione causa-effetto (ipotesi su quali azioni generano

determinati risultati). A queste si possono aggiungere: • le stime di probabilità sugli elementi precedenti • i giudizi osservativi(le stime su quali grandezze e eventi si sono osservati) Le azioni organizzative sono soggette a procedure razionali di ricerca e di apprendimento

2.1 GIUDIZIO La percezione ed il giudizio in base al quale si avviano poi i processi decisionali, sono concetti altamente soggettivi e quindi fallibili. Ogni individuo, infatti, è dotato di una razionalità limitata che può portare a facili distorsioni. Le distorsioni sono effetti non desiderati, illusioni ottiche ed errori inconsapevoli che, qualora fossero “visti” dai decisori, porterebbero a correggere il proprio processo e quindi le scelte effettuate. Le distorsioni, quindi, devono essere viste come guida ad un uso migliore della razionalità, ad una capacità di discernimento tra eurismi “buoni” e “cattivi”, in funzioni delle situazioni decisionali, alla capacità di decisioni in situazioni di incertezza, al miglioramento della qualità degli input che il decisore elabora. Con il termine eurisma, (serve anche per risparmiare risorse) invece, indichiamo qualunque regola o procedura mentale si metta in atto per trovare qualcosa che si sta cercando (ad esempio la soluzione ad un problema: A è la causa di B, se B segue temporalmente A). In altri termini è un metodo di ricerca (che può essere fondato sia sull’esperienza, sia su un sillogismo logico). Tuttavia, l’uso di eurismi può provocare alcune distorsioni nei processi decisionali:

• DEFINIZIONE DEI PROBLEMI e interpretazioni delle osservazioni: molti processi decisionali partono da problemi. Tuttavia, oggettivamente, non esiste nessun problema in natura. Essi non sono altro che frutto della nostra mente e di una serie di percezioni ed interpretazioni. Come diceva Merton, “ogni modo di vedere è anche un modo di non vedere”. Ciò sta a significare che la definizione dei problemi non solo è soggettiva ma anche selettiva, ossia porta a considerare alcuni lati, o frame, della realtà per trascurarne altri. I fenomeni reali hanno infiniti aspetti e nessun decisore può considerarli tutti. I problemi si suddividono in problemi strutturati e problemi non strutturati. I primi sono ben definiti ed hanno una sola soluzione. I secondi sono poco definiti e hanno più di una soluzione. La definizione di un problema può prevedere la comparsa del cosiddetto EFFETTO FRAMING. Esso prevede l’adozione di un particolare punto di vista che esclude gli altri; per questo motivo, può provocare due tipi di

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distorsioni. A volte, a causa dell’effetto framing, ci si ferma al punto di vista elaborato e si perde la capacità di valutarne di nuovi. Inoltre, il frame adottato, può anche non dipendere necessariamente dall’elaborazione del decisore, ma dal linguaggio e dai punti di riferimento inconsciamente adottati. La stabilizzazione di frames diversi negli attori favorisce la differenziazione tra stili cognitivi. Per esempio alcune persone tenderanno a considerare prevalenti le informazioni “esterne”/”interne”, oppure quantificate e descrittive di fatti/qualitative, con valenze emotive, percettive. Per ovviare a tali distorsioni, bisogna ricorrere agli antidoti della comunicazione intensa con attori che abbiano schemi mentali diversi dall’attore distorto. Inoltre, tale comunicazione di gruppo, può portare un attore con capacità cognitive elevate a sviluppare una mentalità aperta e quindi a sviluppare nuovi campi di scelta. Altri antidoti sono: la curiosità e despecializzazione.

• RICERCA DI INFORMAZIONI ALTERNATIVE: la ricerca è un processo

molto costoso e difficile. Si può, quindi, consapevolmente ridurre quest’ultima. A volte però si può essere vittima inconsapevole di una tendenza ad indirizzare la ricerca in una determinata direzione o di restringerla a determinati campi. Gli eurismi che imprigionano la ricerca di un soggetto sono: la disponibilità (giudizio sull’importanza dei vari fattori viene influenzato dalla facilità con cui si riescono a generare tali informazioni, non è solo la frequenza con cui si è esposti a un certo tipo di informazione che influisce sulla sua probabilità d’uso, ma anche la salienza, intesa come familiarità, e intensità cognitiva ed emotiva dell’informazione), la rappresentatività (ciò che di solito governa la valutazione di appartenenza alla categoria è soprattutto un giudizio di similarità fra la descrizione qualitativa dell’individuo e lo stereotipo della categoria, cioè quando il singolo caso è rappresentativo della categoria. Previsioni e stime con un grado di sicurezza spesso ingiustificato) e l’ancoraggio (la ricerca empirica dimostra che spesso l’aggiustamento è insufficiente, le stime sono tipicamente distorte, nel senso che sono troppo vicine all’ancora utilizzata e troppo poco sensibili ai fattori correttivi che sarebbe necessario considerare).

Gli antidoti a queste tre patologie sono • le check-list,vengno usate come antidoti per due motivi:

1. la decisione intuitiva in condizioni di incertezza è soggetta ad errori sistematici

2. questa condizione di incertezza può essere migliorata da una codificazione sistematica delle pratiche efficaci

• le informazioni di sfondo, sono importanti ogni qual volta bisogna prendere decisioni importanti

• l’uso dei gruppi, può ridurre la tendenza alla ricerca locale e all’accesso di sicurezza generando informazioni più ricche e svariate

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I tre eurismi descritti si possono combinare dando luogo a distorsioni molto evidenti: overconfidence e underconfidence. Antidoti a effetti distorsivi di overconfidence sono il feedback, possibilità di osservare la propria performance su serie di stime e giudizi – in compiti strutturati o similari, oppure la generazione di ragioni pro o contro il proprio giudizio - in attività non ripetitive.

• TRAPPOLE DELL’APPRENDIMENTO: Mill afferma che la logica della scienza è

anche la logica della vita e dell’economia. Gli attori organizzativi agiscono (e lo fanno in funzione dei risultati desiderati) mentre apprendono. Le principali trappole dell’apprendimento sono la trappola dell’autoconferma e gli errori di attribuzione casuale. La trappola dell’autoconferma rappresenta la tendenza a cercare esempi confermativi alla propria tesi, piuttosto che contro-esempi. Gli errori di attribuzione causale mettono in risalto il concetto che ogni attore, se i risultati di un’azione sono positivi, l’attore tende a prendersi il merito. Se i risultati sono negativi, il decisore tende ad attribuire la causa dell’insuccesso ad altri fattori. Nisbert e Ross, hanno identificato che i decisori tendono a considerare gli attori come cause di eventi e risultati piuttosto che fattori strutturali.

• GIUDIZI DI PROBABILITA’ • INFERENZA BASATA SULL’ESPERIENZA

Antidoti alle trappole dell’apprendimento sono la sperimentazione e l’ammissione di errori che non siano immediatamente puniti, disponibilità di molte teorie e ipotesi, osservare i risultati ricordandosi delle decisioni, disponibilità di risorse in eccesso rispetto alle esigenze operative, in termini di tempo, disponibilità e ricompense materiali derivanti dalle sue azioni 2.2 STRATEGIE DI DECISIONE Una strategia decisionale è diversa da un’altra se è caratterizzata da un diverso approccio a queste 4 attività cognitive fondamentali:

1. modalità di definizione degli obiettivi, 2. modalità di generazione di alternative, 3. regole di valutazione e di scelta 4. regole di apprendimento.

In caso di razionalità limitata le decisioni possono essere valutate su 3 criteri: 1. Efficacia, misura la possibilità di legare le azioni alle preferenze e agli

obiettivi dei decisori, 2. Efficienza, ottenendo risparmi sia sulle risorse critiche che cognitive;

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3. Capacità di risoluzione del conflitto, più attori con diversi obiettivi s’incontrano e adottano quella strategia.

Sulla base di ricerche effettuate nel campo delle attività economiche dei comportamenti decisionali, si possono ricostruire tre tipi di razionalità, che valutano la capacità di legare risultati ad obiettivi in problemi di diversa complessità informativa o con diversa intensità di conflitto d’interesse:

• MODELLO DI RAZIONALITA’ DEDUTTIVA (basata sull’ottimizzazione): questo modello prevede che i problemi siano ben noti, chiari e misurabili. Le alternative sono finite e definite, come i confini del problema. In questi termini, una strategia di ottimizzazione è la migliore da perseguire. Una regola di ottimizzazione prevede che il decisore scelga l’alternativa che apporta il massimo dei benefici al minore dei costi l’utilità massima (si definisce una funzione di utilità, e si stabilisce l’ordine delle preferenze). Tale strategia può incontrare degli ostacoli in sede di complessità computazionale e complessità conoscitiva, scarsità di risorse che genera l’avversità al rischio (ad esempio non si hanno le risorse necessarie ad assorbire un eventuale insuccesso) oppure il problema di una conoscenza limitata per la presenza di un problema poco strutturato. Esistenza di più obiettivi in conflitto (se gli obiettivi sono comparabili, sarà possibile effettuare un trade-off, costruire curve di indifferenza e trovare le soluzioni che massimizzano l’utilità complessiva. Se gli obiettivi non sono comparabili, l’applicazione di un parametro ottimizzante si ferma a soluzioni pareto-ottimali).

• MODELLO DI RAZIONALITA’ EURISTICA (basata sull’accettabilità):

questa strategia si utilizza in presenza di problemi poco strutturati e dalle alternative potenzialmente infinite. Si sceglierà, pertanto, l’alternativa più soddisfacente. Essa è una strategia che vede la massiccia presenza dello strumento della ricerca e prevede che le scelte possano essere cambiate anche durante il processo. Ad esempio, un’azienda, non trovando un candidato con le caratteristiche richieste, può decidere di cambiare i propri parametri di giudizio abbassandone il livello o cercando in settori sui quali prima non si era concentrata. Ricerca locale di alternative, ossia mettere in discussione solo le alternative trovate per sostituirle con altre della stessa specie, rispetto a una ricerca radicale che metta in discussione anche le teorie causa-effetto che generano le alternative e gli obiettivi perseguiti, che guardi lontano. La ricerca, rispetto all’azione, può avvenire in maniera ex-ante (se il problema è stabile e sono note teorie e modelli con i quali poter prevedere eventuali conseguenze) oppure ex-post (se la ricerca ex-ante non è possibile). La ricerca è un’attività molto costosa e anche potenzialmente illimitata. Deve avere una fine per dare il via all’azione e le decisioni prese, sono valutabili in termini di

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accettabilità. Una strategia euristica, quindi, è in grado di risolvere il conflitto e l’incompatibilità tra obiettivi anche qualora siano pertinenti ad attori diversi, in modo molto + veloce rispetto ad un’altra strategia di ottimizzazione.

• MODELLO DI RAZIONALITA’ AUTOMATICA (non calcolativa) e principio di rinforzo: questo modello prevede che le azioni da intraprendere non implichino previsioni di costi e benefici, ma si intraprendano grazie all’esperienza passata e alle convenzioni. Definiamo due tipi di modelli:

I. MODELLI INCREMENTALI: tali modelli sono adottati da attori che non

hanno chiaro l’obiettivo da raggiungere e il livello di aspirazione. Il decisore, inoltre, ha esperienze e preferenze rudimentali riguardo al problema; o perché il problema è troppo complesso o perché il decisore non ha ancora abbastanza esperienza a riguardo, pur rimanendo il fatto che il decisore sa distinguere la direzione in cui vuole andare. La giustificazione all’uso di tale modello può essere il fatto che le alternative incrementali generano piccoli rischi e quindi la variante di rischio è accettabile. Ma non sempre è così. Esistono casi in cui piccole variazioni possano innescare una serie di reazioni a catena che a loro volta portano a grosse conseguenze, regole lineari di scelta (si pensi ad esempio ad una barca la cui portata massima sia di 1000kg. Una persona in più può non comportare grossi cambiamenti se si è lontani dal limite di peso, ma se si è vicini a tale limite, le conseguenze possono essere disastrose).

II. MODELLI DEL RINFORZO E CIBERNETICI: implica tali tipi di giudizi:

la capacità di distinguere gli scostamenti di alcune grandezze rispetto ad uno standard di riferimento; il possesso di un repertorio di azioni possibili; la capacità di riconoscere un’azione ricorrente. Le alternative non vengono valutate, ma vengono provate sequenzialmente. Ad esempio, un plotone dell’esercito ha avuto l’ordine che se una jeep si ferma deve effettuare tali procedure: 1. sostituire la batteria, 2. cambiare le candele, 3. pulire il carburatore, ecc…fin quando la jeep non riparte. Senza, quindi, ricercare il problema in sé ma procedere per tentativi. Il principio del rinforzo dice che le azioni che fanno registrare effetti positivi devono essere tenute in memoria e ripetute in simili occasioni (imitazione di azioni di successo). Questa tipologia di azione, comporta sì un risparmio di energia cognitiva, ma è applicabile solamente a situazioni che si ripetono con caratteristiche simili nel tempo e, inoltre, non sviluppa conoscenze e competenze particolari. Sensore. I processi omeostatici sono una versione stazionaria di un modello cibernetico che si

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ottiene se lo standard di sopravvivenza si traduce nel mantenimento nel tempo di uno stato stabile con riguardo a qualche grandezza.

CAPITOLO 3 COMPETENZE L’argomento delle Competenze è attuale, fin troppo attuale. Il fatto che in passato l’analisi delle competenze sia stata trascurata, ha portato, oggi, ad una sovra-produzione di modelli di queste ultime. La COMPETENZA è l’insieme di caratteristiche strutturali dell’attore e delle risorse che può mobilitare al suo interno e di ciò che è capace di fare ( Spencer &Spencer, “la competenza è un insieme di attributi intrinseci alla persona, correlati con la performance in compiti definiti”). Le competenze vengono classificate in base alla loro profondità all’interno dell’attore e attraverso uno schema stratificato (simile a quello delle conoscenze):

• Competenze INNATE: esso è lo strato più profondo perché sono nascoste nella parte sommersa di ogni singolo attore e, spesso, non si sa nemmeno di possederle. Spencer & Spencer, per renderci l’idea, si rifanno all’esempio della scatola cinese per rappresentare le Competenze Innate. Esse, date le sue caratteristiche, sono paragonabili alle conoscenze paradigmatiche.

• SKILLS e ABILITA’: sono competenze più esterne e più facili da sviluppare perché apprese in maniera esperienziale diretta o tramite osservazione. Per questo, esse sono paragonabili alle conoscenze esperienziali. Sono largamente identificabili con le conoscenze dell’attore.

• NOZIONI E PREPARAZIONE PROFESSIONALE: esse rappresentano lo strato più esterno, più modificabile e più trasferibile. Sono spesso chiamate “competenze tout-court” e sono paragonabili alle conoscenze esplicite.

Il parallelismo tra conoscenze e competenze, comporta anche la possibilità di trasferire alcune implicazioni dell’analisi delle une sulle altre, come il tasso di cambiamento o il processo di cambiamento. I contenuti sulle competenze, inoltre se combinati, posso rappresentare un modello di competenza finalizzato alla gestione delle risorse umane, comparando le risorse tra loro (per selezionarle o ricompensarle) o comparare le risorse al compito (per selezionarle e svilupparle). Un’altra maniera per procedere allo studio delle Competenze, è l’analisi della loro specificità o della loro specializzazione. Se una competenza è molto specifica rispetto ad un’attività, la differenza tra il valore dei servizi resi in quell’ attività e il miglior impiego alternativo è molto elevata. Ad esempio, se due imprese hanno sviluppato conoscenze tecniche e capacità che possono essere valorizzate solo nel loro rapporto reciproco, si dirà che esse hanno sviluppato

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione compente specifiche al partner o alla relazione. La competenza specifica perde valore se trasferita o diffusa in modo imitativo ad attività e relazioni solo nominalmente simili. La specializzazione esprime il grado di divisione del lavoro. Specificità e Specializzazione sono due concetti che spesso si tende a confondere. Per questo è stato realizzato un grafico fatto di quattro quadranti che aiuta a esprimere meglio i concetti (pagg. 97 del testo) Il possesso di competenze non porta automaticamente al loro utilizzo. Per ottenere buone prestazioni c’è bisogno che l’individuo sia consapevole dei proprie competenze e abbia fiducia nelle proprie capacità. Una persona che attribuisce buone probabilità di successo alle proprie azioni ha una buona dose di self-confidence (fiducia in se stesso). Lo stesso soggetto può definire le proprie probabilità di riuscita in modo diverso a seconda della percezione delle proprie competenze in diverse attività, a parità di incertezze e rischi esterni: può essere under-confident oppure over-confident….concetti dai quali scaturisce il grado di propensione al rischio del soggetto. L’auto-stima, invece, è una percezione che il soggetto sviluppa in seguito a una miriade di esperienze passate. L’auto-efficacia è il giudizio che un attore ha di sé stesso di organizzare ed eseguire azioni richieste per raggiungere determinati livelli di performance. Esso è un giudizio su ciò che si può fare in base alle proprie capacità e competenze in un determinato campo. Il concetto dell’auto-efficacia è quindi strettamente collegato all’apprendimento, perché esposti a distorsioni. L’APPRENDIMENTO può avvenire in tre maniere:

1. Sperimentazione Diretta (enactive attainments): attraverso questo meccanismo, l’attore percepisce il valore della propria prestazione in base al feedback che gli viene assegnato da altri attori. Tuttavia, il valore di tale feedback dipende anche dalla capacità dell’attore attribuente di giudicare la prestazione.

2. Sperimentazione Vicaria: questo meccanismo consente agli attori di aggiustare

il proprio giudizio di auto-efficacia attraverso l’osservazione delle performance di altri attori dotati delle stesse risorse e competenze (per questo definito anche apprendimento imitativo). Non conduce a scoprire talenti e e competenze di speciale qualità e livello.

3. Modeling: il role modeling implica l’uso dell’esperienza per costruire modelli

generali di comportamenti di successo, così da poterli applicare alle specifiche condizioni iniziali e di contesto in cui opera un particolare soggetto ( es. a pagg. 101).

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione 3.1 MOTIVAZIONE Il sostegno di prestazioni elevate richiede l’analisi e il governo della motivazione. La prestazione, infatti, è funzione della motivazione e della capacità (PRESTAZIONE = MOTIVAZIONE x CAPACITA’). La MOTIVAZIONE (motus ad ationem, la spinta dell’azione) è l’insieme dei motivi che ci spingono ad agire e che sono in relazione a diversi obiettivi ed interessi. La CAPACITA’ è l’insieme delle caratteristiche intellettive dell’individuo, delle abilità, del livello di conoscenze e il grado di utilizzo della tecnologia nello svolgimento delle attività. Il CONTESTO è l’insieme dei fattori situazionali e ambientali che definiscono le condizioni in cui l’attività si svolge. Le dimensioni rilevanti della prestazione sono tre:

I. Task Performance: attività richieste per lo svolgimento della propria mansione II. Contextual Performance: attività che vanno al di là dello svolgimento della

propria mansione ma che contribuiscono ad aumentare l’efficienza organizzativa migliorando il clima lavorativo.

III. Ethical Performance: fare le cose eticamente corrette Nella prestazione, un ruolo fondamentale è giocato dalla tecnologia. Essa è comparata alla capacità e a seconda del tipo definiamo prestazioni del tipo task skill-dominated (in cui il fattore più importante ai fini della prestazione sono le capacità individuali) e task technology-dominated (in cui il fattore più importante ai fini della prestazione è la tecnologia. Le teorie della motivazione si dividono in due grandi macro-classi: Teorie del Contenuto e Teorie del Processo. Nelle prime, si mettono in evidenza i bisogni umani che hanno spinto l’individuo ad assumere determinati comportamenti. Nelle seconde, viene spiegato in che modo il comportamento cambia e il modo in cui una persona comincia ad agire diversamente. Delle TEORIE DEL CONTENUTO fanno parte:

I. GERARCHIA DEI BISOGNI DI MASLOW: secondo Maslow, un bisogno consiste nella percezione di un gap (divario) o di un deficit da colmare per raggiungere la situazione desiderata, un equilibrio pertanto il bisogno è un tipo di obiettivo molto particolare. Il contenuto è legato a beni e servizi che vengono riconosciti come “necessari”. Come forma logica è un livello di aspirazione, in quanto si ricerca una quantità soddisfacente di bene, sufficiente a colmare il deficit percepito e non la quantità più grande possibile. Il modello offre una classificazione dei bisogno in 5 classi: bisogni fisiologici (come la fame o il sonno), bisogni di sicurezza (non essere minacciati da pericoli: nei contesti

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lavorativi sono rappresentati indirettamente dal sistema retributivo, dalla carriera), bisogni di appartenenza (di essere accettati ed identificati da una società, che incentivino il lavoro di squadra e di gruppo) bisogni di stima (di avere conferme del proprio valore, mettere alla prova le proprie capacità) e bisogni di auto-realizzazione (di realizzare le proprie competenze). Una seconda parte del modello, ipotizza che tali bisogni si suddividano ancora in bisogni di ordine inferiore e bisogni di ordine superiore (ordine gerarchico). I bisogni di ordine inferiore vanno soddisfatti prima che la necessità di soddisfare i bisogni di ordine superiore si faccia più forte. Ad esempio, un uomo del terzo mondo che ha come bisogno quello della sopravvivenza, è difficile che si concentri sull’acquisto di un auto se prima non riesce a cibarsi.

II. MODELLO DEI FATTORI DUALI DI HERZBERG: secondo Herzberg, gli individui sono allo stesso tempo sensibili a bisogni di ordine inferiore e a bisogni di ordine superiore, ma li interpretano in maniera diversa. Egli suddivide i bisogni in due classi: fattori igienici (vengono visti come deficit rispetto ad uno standard, generando insoddisfazione se non trovano risposte; se sono presenti però non aumenta il grado di soddisfazione) e fattori motivanti (che vengono percepiti come surplus e generano spinte positive all’azione per conseguire un’alta soddisfazione).

III. MODELLO DEI BISOGNI APPRESI (learned needs) DI McCLELLAND:

secondo McClelland i bisogni non nascono con la venuta al mondo dell’individuo. Essi vengono appresi in base alla cultura della società in cui l’individuo è inserito ed in modo diretto secondo le sue esperienze. Ad esempio, persone con una spiccata facilità di sviluppo percepiranno bisogni di realizzazione più elevati rispetto a individui poco ambiziosi. Secondo McClelland esistono quattro tipi di bisogni: bisogni di achievement (ossia il bisogno di raggiungere risultati significativi), bisogni di potere (ossia il bisogno di orientare il comportamento altrui), il bisogno di appartenenza (ossia il bisogno di sentirsi accettati ed approvati da altri) e il bisogno di autonomia (ossia di auto determinare le proprie azioni). Gerarchia logica dei bisogni : attribuire un grado di utilità alle categorie di beni desiderati per comprendere quali siano i propri interessi in date situazioni, indicazione precisa degli obiettivi operativi perseguiti. [posizione e obiettivi – Motivi e interesse – bisogni e valori]

IV. MODELLO ERC di Alderfer: riclassificazione dei bisogni in tre classi, bisogni

esistenziali, relazionali e di crescita, in base all’ipotesi che gli attori abbiano una percezione meno dettagliata dei diversi tipi di bisogni. Inoltre esso ammette che i livelli di aspirazione si possano abbassare di fronte a esperienze negative e non solo elevare.

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione Le TEORIE DEL PROCESSO Per capire e prevedere come agiscono gli attori o per decidere un corso d’azione è necessario attivare un processo di decisione. I processi motivazionali si dividono in:

I. TEORIA DEL RINFORZO e modelli cibernetici: tale teoria prevede che il processo motivazionale sia regolato da aggiustamenti automatici al feedback direttamente conseguente dalle azioni. Il rinforzo può essere diretto (premi e punizioni) o indiretto (astensione da premi e punizioni). Inoltre può essere positivo (“stai facendo bene, continua così!”) che aumenta la probabilità che il comportamento sia ripetuto, oppure negativo (il capo, che normalmente critica tutto, tace) e aumenta anch’esso la probabilità che il comportamento sia ripetuto. Una patologia di tale modello è rappresentata dalla possibilità di rinforzare comportamenti indesiderati (quali somministrazione di punizioni). Una variante del modello è rappresentata dalla teoria cibernetica, nel quale gli aggiustamenti automatici, l’equilibrio è ritenuto uno standard, ed eventuali variazioni, sono percepite come performances gaps da correggere.

II. GOAL SETTING: in questo modello, gli “obiettivi” o “goal” sono percepiti come

traguardi da raggiungere e le azioni svolte sono il mezzo per il loro raggiungimento. Un obiettivo o goal, è definito come un livello di performance definito a priori che orienta la scelta di azioni come mezzi per raggiungerlo. Il problema principale di questo modello è la difficoltà di definire a quale obiettivo si possa collegare un livello di performance elevato (tensione ottimale). Livelli di aspirazione troppo bassi tendono ad accontentarsi dei primi risultati. Livelli di aspirazione troppo elevati, invece, possono riscontrare il problema della bassa probabilità di riuscita e quindi si ha lo stimolo a non agire. Ulteriori elementi che rendono la vita difficile in ambito di goal setting sono il grado di precisione degli obiettivi e il grado di autodeterminazioni degli stessi.

III. MASSIMIZZAZIONE DELL’ASPETTATIVA/VALENZA: modello di Vroom,

dove l’aspettativa è il giudizio che l’attore formula sulla probabilità di raggiungere un certo risultato, attraverso l’impiego di un certo sforzo e di certe competenze. La valenza è il valore, l’utilità assegnata all’attore alle conseguenze (Vroom propose una scala da +1, max utilità a -1, max disutilità). Più in generale, la misura della valenza, deve includere valutazioni separate sia della valenza estrinseca (ricompense monetarie e non), sia della valenza intrinseca (senso di auto-realizzazione), sia della valenze negative (associate allo sforzo lavorativo – costo dello sforzo). Per quanto riguarda le aspettative, Vroom distinse i giudizi sulla probabilità di produrre una data prestazione applicando certi sforzi e competenze (comprende un giudizio di auto-efficacia e la valutazioni del peso di fattori esogeni sulla prestazione) e giudizi sulla probabilità che a quella prestazione siano legati determinati risultati (riguarda

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la possibilità di accedere a ricompense). Le conseguenze devono essere misurabili quantitativamente su una scala di utilità unica. Le alternative devono essere note e comparabili. Vi devono essere abbastanza informazioni da poter esprimere delle stime di probabilità. Alti costi di processo e alte le competenze richieste.

I principi regolatori dell’azione motivizzante sono:

• efficacia, ossia la capacità delle azioni di portare a conseguenze desiderate

• efficienza, la capacità di farlo risparmiando risorse materiali e cognitive. Questi due criteri orientativi, non sono sufficienti a spiegare e a prevedere bene i comportamenti economici e quelli di lavoro in particolare: entra in gioco un altro elemento che è l’equità, attraverso una comparazione sociale (comparare i propri benefici con quelli di altri attori in posizione di scambio simile alla propria) e un giudizio di equità (sulla quota di risorse ottenuta rispetto a quella di altri).

• Equità basata sul valore dei contributi e delle ricompense: massimizzazione del prodotto delle utilità degli attori coinvolti, proporzionalità ai contributi (al valore complessivo da dividere);

• Equità basata sui bisogni: visti come livelli di aspirazione da soddisfare, meno costi di informazione, mutua responsabilità, +risorse a +bisogni, ↑ grado di longevità e ↓ grado di sostituibilità dei partner;

• Eurismi equi: Situazioni informativamente complesse; sono essenzialmente due: riduzione dei costi di informazione e applicabilità di esperienza passata.

• Uguaglianza: divisione in parti uguali; • Prassi e costumi: precedenti storici; • Equità procedurale: in condizioni di scarsa chiarezza informativa si usa la

giustizia procedurale, come arrivare a una soluzione, costanti nel tempo rappresentazione di tutti, in particolarmente in decisioni incerte.

Condizioni favorevoli all’equità: 1. vi sono molte possibili combinazioni distributive, tutte Pareto-efficienti; 2. vi è incertezza sul valore delle migliori alternative ad un accordo tra un

dato insieme di partner; 3. le relazioni sono multilaterali; 4. le relazioni ripetute e longeve; 5. le parti abbiano conoscenze specifiche e personali sulle altre parti; 6. i problemi coinvolgono interessi primari degli attori.

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione CAPITOLO 4 COORDINAMENTO La maggior parte delle attività economiche genera interdipendenze fra attori. Per COORDINAMENTO, si intende la regolazione efficace di tale interdipendenze. Il coordinamento delle azioni di più attori, qualunque sia il motivo, implica dei processi di modificazione reciproca di comportamenti, che sono influenzati. Le influenze non provocano sempre cambiamenti: se positive, saranno trattate come opportunità, altrimenti saranno trattati come limiti e “costi”. I meccanismi principali di coordinamento sono tre:

• COORDINAMENTO TRAMITE DECISIONE UNILATERALE: dove a decidere è un solo attore che non comunica (prezzo, voto).

• COORDINAMENTO TRAMITE DECISIONE CONGIUNTA: gli attori decidono congiuntamente comunicando (autorità, agenzia, gruppo e negoziazione).

• COORDINAMENTO TRAMITE NORME ISTITUZIONALIZZATE: gli attori non decidono, ma si affidano a norme (regole e procedure).

Potrebbe nascere spontaneo pensare che per coordinarsi ci sia bisogno della comunicazione. In effetti non è sempre così. Esistono situazioni in cui la comunicazione è tacita e permette di ottenere benefici evitando anche i costi di comunicazione. La teoria dei giochi di Nash ci mette in luce le diverse tipologie di coordinamento:

I. GIOCHI A SOMMA ZERO o puramente competitiva: in un gioco a somma zero, la comunicazione, oltre a non essere necessaria, è anche inutile. Non esiste nessun punto in cui le parti possano accordarsi per raggiungere un risultato migliore (in senso paretiano). L’esito finale per ciascun giocatore è, quindi, il minore dei mali e quindi una situazione di equilibrio “0,0”, non c’è possibilità di coordinamento.

II. GIOCHI PURAMENTE INTEGRATIVI: in questo tipo di giochi, la

comunicazione non è necessaria. Il miglior risultato per sé stessi è ottenibile anche se l’altra parte ottiene il miglior risultato per sé stessa, quindi ogni “giocatore massimizza il proprio payoff, indipendentemente dagli altri giocatori”.

III. GIOCHI CON POTENZIALE DI COMUNICAZIONE: in questa tipologia di

gioco, la comunicazione assume un ruolo fondamentale per cercare di ottenere risultati migliori e per ridurre il potenziale di errore (opposizione d’interessi).

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IV. GIOCHI CON POTENZIALE DI OPPORTUNISMO: esistono situazioni in cui, anche qualora si negoziasse un accordo, rimarrebbero delle tentazioni ad eluderlo. Questo perché si potrebbero ottenere condizioni migliori che cooperando. Non solo: pur giungendo ad un accordo, potrebbero comunque esserci incentivi ad eluderlo. È un gioco, questo, a struttura mista. Esistono sia elementi di cooperazione che elementi di conflitto. Per ovviare a questo opportunismo si può ricorrere a pegni ed impegni (che potrebbero comportare maggiori costi rispetto ai potenziali guadagni di un ipotetico comportamento opportunistico) e meccanismi di ispezione e controllo.

4.1 PREZZO Il PREZZO (aurisma ingegnoso: consente di risolvere problemi complessi senza troppa analisi e comprensione), come meccanismo di coordinamento, ha ragione di esistere perché, in opportune condizioni, permette di raggiungere un efficiente allocazione delle risorse a diversi usi e utilizzatori, con un minimo di scambio di informazioni. Esso, quindi, rappresenta un’informazione altamente codificata e sufficientemente rappresentativa delle condizioni della domanda e dell’offerta. I produttori e i consumatori prendono le loro decisioni in base alle informazioni locali che hanno a disposizione. Ogni individuo ha qualche vantaggio rispetto agli altri perché è in possesso di informazioni uniche di cui può fare un uso proficuo. I prezzi, inoltre, si suppone non siano mai stabiliti unilateralmente. Distinguiamo in base alla loro formazione, due tipologie di prezzo:

I. PREZZI LIBERI: un prezzo si definisce libero quando viene “scoperto” in seguito ad un processo di ricerca intrapreso dai produttori e/o dai consumatori. Si usa il termine “scoperto” per indicare che il prezzo non può essere determinato come una scrittura contabile, ma deve emergere da una determinata situazione. Nella determinazione del prezzo libero gioca un ruolo fondamentale il rapporto domanda/offerta. Dal lato dell’offerta, il prezzo verrà determinata in base allo squilibrio che c’è con la domanda. Se la domanda supera l’offerta è ovvio pensare che il prezzo tenderà a salire sequenzialmente, viceversa, se è l’offerta a superare la domanda, il prezzo tenderà ad abbassarsi sequenzialmente fino ad incontrare una situazione di equilibrio. Dal lato della domanda, per far si che i produttori avvertano un eventuale “malcontento” generato dai loro prezzi, bisogna che i consumatori reagiscano con l’uscita e che siano liberi di farlo. Il segnale di uscita recepito dalle imprese deve essere comunque graduale per far si che provochi l’effetto desiderato. Se tutti i consumatori uscissero improvvisamente, l’impresa verrebbe messa in condizione di non sopravvivenza. Sostituibilità/insostituibilità dei prodotti (firmati per es.)

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II. PREZZI AMMINISTRATI: il prezzo può fungere da meccanismo di coordinamento anche all’interno dell’impresa. All’interno delle imprese, infatti, vi sono veri e propri “mercati interni” del lavoro e delle conoscenze. I prezzi amministrati si dividono in due categorie: prezzi di trasferimento e incentivi. I prezzi di trasferimento rappresentano i valori monetari assegnati ai beni e ai servizi scambiati all’interno di un’impresa o tra gruppi di imprese. Gli incentivi, invece, sono premi economici offerti per diversi livelli di prestazione; una sorta di ricompensa. La condizione importante per far si che gli incentivi possano avere luogo è che le prestazioni siano osservabili e misurabili.

III. SCORTE E CODE: sono un’altra classe di meccanismi di coordinamento che

sono spesso associati a quello prezzo e uscita, aggiustamento tra domanda e offerta, che richiede tempo. Il tempo che un consumatore è disposto ad attendere per un bene o un servizio è una forma di prezzo che è disposto a pagare per quel bene. Minore è il tempo che le scorte giacciono, maggiore è la tempestività di aggiustamento del prezzo, tendono a scendere i costi di mantenimento e il rischio obsolescenza. Al contrario quando l’acxcumulazione di scorte diventa costosa o infattibile è la “domanda” che si accumula in “code”, come nel caso dei servizi.

4.2 VOTO Il voto è un altro meccanismo di coordinamento che presenta caratteristiche simili a quelle del prezzo. Il voto coordina e controlla le azioni tramite l’uscita e quindi gli attori interessati a un dato problema devono essere liberi di scegliere tra le varie alternative disponibili. Tali alternative devono essere note e ben strutturate in modo da escludersi a vicenda per permettere il ricorso al voto. Il voto, inoltre, permette di coordinare un grande numero di attori grazie alla riduzione dello scambio di informazioni ad un livello basso. I votanti, infatti, comunicheranno le alternative scelte ad un centro di elaborazione che a sua volta comunicherà ai decisori la scelta collettiva. Il voto è quindi uno strumento fattibile che ha motivo di essere quando ci sono tanti attori da coordinare. A differenza del prezzo (che coordina e risolve le interdipendenze di transazione e quindi di scambio di beni e servizi), il voto coordina l’interdipendenza da azione comune, ossia l’opportunità di condividere risorse in modo tale da ottenere maggiori benefici. Il voto comporta due forme di costo: costi interni (di processo) e costi esterni (di mancata rappresentanza). Finora si è supposto che ad un attore venga assegnata la possibilità di esprimere un solo voto. Ci sono casi in cui alcuni attori che contribuiscono alla realizzazione delle attività comuni in maniera superiore e hanno un peso maggiore rispetto ad altri attori. Per risolvere questa situazione nasce il voto ponderato. Esso assegna un peso

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione proporzionale al numero di persone che costituiscono l’attore o alle risorse che quest’ultimo ha conferito. Si pensi, ad esempio, ai maggior azionisti di una S.p.A. La concessione dei diritti di voto in base alle azioni possedute in una società per azioni è un meccanismo di ponderazione del voto. Comunque sia, come il prezzo non costituisce da solo il mercato, anche il voto non costituisce da solo una democrazia. Se si presenta una circostanza in cui le scelte opinabili sono più degli attori votanti, si potrebbe presentare la situazione che ogni alternativa possa essere scelta da una parte relativamente bassa di votanti (ma comunque di maggioranza rispetto alle altre)

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione CAPITOLO 5 RELAZIONI DI AUTORITA’ e AGENZIA Una relazione di Autorità tra due attori ha luogo quando una delle parti decide di conformare i propri comportamenti alle decisioni dell’altra parte, relativamente ad un area di comportamenti. Tale relazione può esistere anche tra più di due attori: ad esempio un gruppo può accettare l’autorità di un leader. In una relazione di autorità, quindi, si assisterà alla cessione o sospensione dei propri diritti di decisione da parte di un attore e l’accettazione delle decisioni prese da un altro attore. In pratica, l’AUTORITA’ è una relazione di potere asimmetrica ma legittima, cioè accettata da tutte le parti coinvolte. L’autorità può essere applicata per eccezione o in modo residuale quando la decisione di un gruppo o la negoziazione, non giungono ad un risultato. Esistono diverse forme di autorità, che si stabiliscono di per sé o in aggiunta di altri meccanismi:

I. AUTORITA’ BASATA SULLA COMPETENZA: questa relazione prevede che la base per cui si definisca un membro autoritario sia la competenza. Tale competenza deve essere considerata non solo maggiore di chi accetta di subire l’autorità, ma anche in grado di risolvere il problema in questione. Un efficace funzionamento implica che tra chi subisce l’influenza e chi l’esercita non vi siano conflitti d’interesse, in quanto verrebbe meno la fiducia, se pensassimo che il leader possa perseguire finalità e obiettivi differenti dall’interesse generale. Ad esempio, si pensi ad un gruppo di amici che va in barca e che decide di affidare il comando di quest’ ultima al più esperto: devono potersi fidare per le competenze che egli ha.

II. AUTORITA’ BASATA SULL’EFFICIENZA DECISIONALE: in questo caso si nomina una figura autoritaria (a cui venga sempre riconosciuta la competenza e in cui non vi siano conflitti d’interesse) con lo scopo di allineare le azioni di un grande numero di attori interdipendenti con il minor tempo e il minor numero di comunicazioni è possibile (è meno costoso). Di fronte a problemi complessi e nuovi, il confronto tra attori può comportare risultati migliori ed efficienti che la decisione di un unico attore. Ad esempio, un gruppo di amici ugualmente esperti nella vela, nominerà comunque un comandante in condizioni di navigazione difficile.

III. AUTORITA’ ARBITRALE: a differenza delle precedenti relazioni di autorità, dove gli interessi degli attori erano omogenei, in questo caso si verifica la situazione che gli interessi siano in conflitto e che gli attori non siano in grado di risolvere tale situazione da soli. Quindi, si nominerà una figura autoritaria che avrà il compito di regolare tale conflitto, che dovrà essere neutrale e allo stesso tempo altamente competente riguardo la materia del contendere.

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IV. AUTORITA’ BASATA SULLO SCAMBIO: quando gli interessi sono diversi tra autorità e chi la subisce, tali interessi possono essere regolati da un accordo o “contratto sociale” di scambio. Una relazione di autorità di questo tipo è tipica nelle relazioni di lavoro, dove l’individuo cede ad un altro il diritto di dirigere alcuni suoi comportamenti in cambio di qualcosa (una ricompensa). Una relazione di lavoro, quindi, implica che ci sia qualcuno interessato a cedere lavoro in cambio di un corrispettivo e qualcuno che sia interessato ad acquisirne i servizi. Chi acquista servizi nel corso del tempo può subire delle variazioni in base alla domanda. Chi eroga lavoro invece, non è interessato a sopportarne il rischio e può essere indifferente alle alternative di impiego del suo lavoro in base alle contingenze. Quindi un datore di lavoro acquisisce il diritto di controllare che il lavoro sia intrapreso, trattenendo i risultati residuali. Se poi il datore di lavoro è anche conferente di capitale, si stabilisce uno scambio Pareto efficiente, sia sul profilo dell’allocazione sia sul profilo della partecipazione a produrre.

V. AUTORITA’ BASATA SULL’EFFICIENZA NEL CONTROLLO: tale autorità nasce con lo scopo di ridurre gli incentivi al free-riding, ossia ridurre i propri sforzi senza ridurre significativamente i propri benefici. Anche laddove gli individui siano impegnati per il raggiungimento di un obiettivo comune, potrebbe nascere la tentazione di ridurre i propri sforzi, che cresce se si ha la sensazione di non essere controllati. Il singolo membro si approprierà dei benefici che scaturiscono da questo comportamento, mentre i costi del minor output finale saranno ripartiti tra tutti i membri. Se la squadra è piccola i membri hanno la possibilità di controllare che questo non accada, ma se la squadra è grande sarà conveniente istituire una figura autoritaria che si dedichi a tale controllo. Il controllore, sarà poi direttamente ed economicamente incentivato ed interessato a massimizzare il risultato attraverso l’impiego più efficiente possibile delle risorse.

Le PATOLOGIE DELL’AUTORITA’ più gravi e più diffuse sono l’autoritarismo, la manipolazione, il paternalismo ed il permissivismo:

• AUTORITARISMO: le componenti di questa patologia dipendono da diversi fattori. Un comportamento autoritario, alle volte, può essere accompagnato da eccessiva aggressività verso l’individuo, oppure può portare ad avere la pretesa di essere serviti (anche al di fuori dell’ambito lavorativo) e a dirigere qualsiasi comportamento del subalterno. Inoltre, un comportamento di questo tipo, trascura gli scambi sociali che scaturiscono da una relazione di autorità e quindi si dimentica di fornire approvazione per un lavoro svolto bene, mentre reagirà solo negativamente di fronte a prestazioni non conformi alle aspettative.

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• MANIPOLAZIONE: una patologia del tutto diversa all’autoritarismo è la manipolazione. In questo caso non si trascurano le relazioni sociali che emergono dal rapporto lavorativo e/o che scaturiscono dall’autorità, ma le si sfrutta ai fini produttivi. In poche parole, in nome dell’amicizia nata dal rapporto, si chiedono favori che vanno al di là dell’accordo di cooperazione. Si tratta quindi di una forma di opportunismo. La manipolazione, però, può avvenire anche da parte del subalterno che, sempre in nome della stima e dell’amicizia nata con il superiore, chiede in cambio trattamenti privilegiati (assenza di controllo, promozioni, ricompense).

• PATERNALISMO: il paternalismo confonde la relazione di autorità con una

relazione padre-figlio, per cui il superiore veste gli abiti del padre lungimirante e onnisciente che orienta gli interessi del figlio ancora inesperto e non in grado di giudicare. Il Genitore parla dall’alto in basso, esprime continuamente giudizi e valutazioni; il Bambino parla dal basso in alto, chiede consigli e pareri, è gregario e insicuro. Tale patologia può avere luogo solo se vi sono importanti disparità nei livelli di auto-stima, istruzione e maturità tra le due figure.

• PERMISSIVISMO: una situazione di permissivismo è completamente opposta

a quella della manipolazione. Se le relazione sociali nate dal rapporto di autorità sono buone, può diventare difficile assegnare feedback negativi e rilevare inadempienze. Il controllore, che con quei comportamenti aumenta l’efficienza del sistema, può incorrere in perdite personali di amicizia e sostegno emotivo, e sull’altro versante i controlli in sé possono non essere graditi e suscitare una certa resistenza psicologica. In questo caso è come se le relazione produttive siano state imprigionate in quelle affettive.

Per concludere, un comportamento direttivo efficace richiede un orientamento positivo verso le persone, nell’ambito dell’ autorità non deve trascurare gli aspetti sociali e interpersonali che possono nascere dalla relazione, ma allo stesso tempo prevede la capacità di assegnare feedback sia positivi che negativi alle persone in sede di attuazione dell’attività. Inoltre, un leader, deve avere chiare le fonti e le basi da cui ha avuto origine la sua autorità. Egli deve sapere bene se la sua capacità di influenza è basata su competenze tecniche o sociali, su uno scambio di risorse o su funzioni arbitrali. Alcuni dei problemi che non possono essere risolti da una relazione di autorità sopra descritta, possono esserlo tramite una Relazione di Agenzia. Una RELAZIONE DI AGENZIA è una relazione di scambio tra un attore (ad esempio il principale) che delega un altro attore (l’agente) il potere di agire nell’interesse del principale.

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione L’analogia con la relazione di autorità è subito visibile. Anche qui abbiamo una relazione di scambio che giustifica la cessione dei diritti di decisione e controllo come in una relazione di autorità basata sullo scambio. Ma a differenza dell’autorità, qui il principale dà pieno diritto ed obbligazione all’agente di agire nei suoi interessi. I motivi di questa delega possono essere di mancanza di tempo, di risorse o di conoscenze da parte del principale per poter svolgere tutte le attività desiderate. Tra i motivi di accettazione della delega in genere vi è una ricompensa per l’agente. E’ importante sottolineare che in una relazione di agenzia c’è asimmetria informativa tra agente e principale. Per cui i comportamenti dell’agente non siano direttamente osservabili dal principale e essi dipendono anche da fattori esogeni (stato della domanda, azioni di altri) oltre che dalle azioni dell’agente. I meccanismi per far si che il contratto sia rispettato e per far si che l’agente agisca effettivamente negli interessi del principale sono due: ricorrere ad un sistema di incentivi relativi ai risultati oppure investire in sistemi di controllo delle performance. 5.2 ELEMENTI DI STILE E DIREZIONE Un comportamento direttivo efficace richiede una pluralità di elementi per la sua realizzazione tra cui:

- attenzione e capacità di dare dei feedback alle persone sull’attuazione dell’attività, sia positivi che negativi;

- consapevolezza delle particolari basi o fonti da cui deriva la possibilità di esercitare l’autorità;

- la capacità di discernere il grado di delega efficiente nello svolgimento delle attività.

- Un orientamento positivo verso le persone. Ognuna di queste variabili è un continum e può combinarsi in molti modi con le altre leadership. 5.4 COSTI DELL’AUTORITA’ E DELL’AGENZIA

- Costi d’informazione e comunicazione, maggiori nelle relazioni di autorità e di agenzia;

- Costi d’influenza: giudizio del controllore per le ricompense; - Costi di struttura: mantenimento di una o + posizione specializzate in

tutto o in parte in attività di coordinamento; - Perdita di controllo e inerzia: derivano da perdite in informazioni in

catene di processi di comunicazione qualitativa, e da fattori esogeni non previsti o casuali, costo di inerzia basato sull’autorità.

I costi di correzione di errori nelle relazioni di autorità sono elevati, ancora di più in quelli d’agenzia per via della delega di poteri decisionali. Con riferimento all’autorità basata sullo scambio, si è parlato di una “quasi indifferenza” di chi subisce l’autorità con riguardo ai possibili impieghi dei propri

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione sevizi di lavoro entro una determinata zona, una condizione che rende lo scambio fattibile ed efficiente, ma non priva di costo. Una persona “quasi indifferente” sul contenuto della propria attività, non sarà incentivata a perfezionare la propria attività (indifferenza). Tale relazione di autorità è definita un sistema di coordinamento debole o “indulgente”, per gli scarsi incentivi al miglioramento. Infine, anche se volontariamente accettata, l’alienazione induce delle riduzioni di contributo da parte del soggetto. Nel rapporto di agenzia si presentano problemi minori, sia per quanto riguarda l’indulgenza, sia per quanto riguarda l’alienazione, perché maggiore è l’attenzione sul legame prestazione risultati. 5.3 LEADERSHIP La LEADERSHIP è una sorta di problema organizzativo che mira a raggiungere gli obiettivi organizzavi attraverso l’influenza sull’azione altrui. La TEORIA DELLA LEADERSHIP si divide in:

• TEORIA DEI TRATTI: essa esprime la personalità di un leader efficace. Egli deve avere diverse caratteristiche fondamentali:

I. CAPACITA’: deve essere capace di risolvere i problemi, di

esprimere dei giudizi e di lavorare duramente. II. ACHIEVEMENT: deve essere ambizioso e puntare ad avere

risultati migliori rispetto agli altri leader. III. RESPONSABILITA’: deve essere affidabile, persistente,

grintoso, avere spirito d’iniziativa, voglia di eccellere e tanta fiducia in sé stesso.

IV. PARTECIPAZIONE E COINVOLGIMENTO: deve essere attivo, socievole e mostrare spirito di cooperazione.

V. STATUS: deve essere la persona più elevata sotto l’aspetto sociale ed economico e deve essere la persona più popolare.

• TEORIA COMPORTAMENTALE: l’Ohio State University dice che un buon

leader deve basare i suoi comportamenti sulla considerazione degli altri membri non-leader e deve specificare il suo metodo di lavoro attraverso la struttura e la schematizzazione del suo rapporto di lavoro. The University of Michigan, invece, suppone che un buon leader debba basare i suoi comportamenti sulla leadership di produzione, ossia esercitando forti pressioni per ottenere un livello produttivo maggiore e sulla leadership di relazione, cercando di creare un’atmosfera armoniosa e di reciproca fiducia all’interno del contesto aziendale in cui opera.

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• TEORIA DEI CONTINGENTI: secondo tale teoria, l’efficacia della leadership è influenzata dal contesto. La teoria dei contingenti si divide in: Teoria di Fiedler, che tiene in considerazione i fattori situazionali e considera l’orientamento del leader più che il suo comportamento. Il comportamento può anche variare ma l’orientamento rimarrà stabile. La Teoria del Percorso-Obiettivo: afferma che i risultati sono l’obiettivo e i compiti per raggiungerli sono il percorso. Il compito di un buon leader è quello di rendere chiaro il percorso.

• TEORIE DEL PROCESSO: le teorie del processo spiegano i processi

attraverso i quali si sviluppa la relazione tra leader e collaboratori. Esse si dividono in: Teoria della Leadership Trasformazionale, che spiega come i leader sviluppano ed aumentano il coinvolgimento dei collaboratori; Teoria della Relazione Verticale Diadica che considera le risposte di leader e collaboratori in base al loro rapporto.

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione CAPITOLO 6 GRUPPI Il GRUPPO è un insieme di due o più individui che interagiscono e dipendono l’uno dagli altri per il raggiungimento di un obiettivo comune. I gruppi si formano per svariati motivi: per condividere valori, per soddisfare i bisogni di sicurezza, per protezione, per contribuito intellettuale, per bisogno di affiliazione, per attenzione e amicizia, per potere negoziale e per la previsione di interazione futura. I gruppi, quindi possono coordinare l’azione collettiva in modo efficace, efficiente ed equo. 6.1IL GRUPPO COME STRUMENTO DECISIONALE I VANTAGGI

Il gruppo è un ottimo strumento di comunicazione, decisione e di controllo e si caratterizza per avere una rete di comunicazione totale (in cui tutti possono comunicare con tutti e effettivamente lo fanno), parità di condizioni, capacità di influenza equilibrata (in quanto gli attori controllano informazioni e competenze approssimativamente della stessa consistenza e rilevanza per l’attività in questioni) e soprattutto per l’assenza di conflitti di interessi (visto che si mira a raggiungere un obiettivo comune). Il meccanismo centrale del gruppo è il confronto che permette di mettere in comune ed integrare competenze parziali e differenti, con la possibilità che queste diventino competenze collettive. In un gruppo, infatti, si presume che nessun individuo abbia da solo le competenze necessarie a risolvere un determinato problema ed ognuno esercita influenza, in base alle proprie informazioni e competenze. Saranno dunque i problemi nuovi, complessi a richiedere l’impiego di processi di decisione di gruppo e a beneficiarne maggiormente. Il gruppo, inoltre, riduce le distorsioni di framing in quanto la generazione di ragioni pro e contro alle alternative proposte ridurrà il fenomeno dell’eccesso di sicurezza e della sottovalutazione dei rischi a vantaggio dell’apprendimento. Il gruppo, inoltre, presenta numerosi vantaggi motivazionali (partecipazione al processo decisionale è un fattore di accettazione e convinzione sulle azioni da compiere) oltre che cognitivi. Quindi il gruppo, funziona bene, solo se la natura degli interessi e delle informazioni sono rispettate.

GLI SVANTAGGI Il gruppo è un’arma a doppio taglio. Esso può fungere da decisore super-umano limitando le distorsioni della razionalità umana ma può anche provocare conseguenze disastrose nel momento in cui non fossero rispettate alcune condizioni essenziali di funzionamento.

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La potenza della pressione di gruppo (o groupthink) può portare ad abbagli generali piuttosto che a decisioni vincenti. Le persone, in regime di groupthink, troveranno difficile esprimere le proprie opinioni e le proprie idee perché sopraffatte dal parere del gruppo. Singolarmente, non temono di esprimere le proprie opinioni o di essere puniti, ma in gruppo si perde di sicurezza. Ciò può provocare una maggiore propensione al rischio (ossia alla sottovalutazione di quest’ultimo) perché si ha l’illusione che il gruppo sia invulnerabile (esperimento di Asch, quadro 6.2, pag. 188 del testo). A riguardo ricordiamo l’esperienza del lancio sul mercato dell’auto “Corvair” da parte di General Motors che, a causa di difetti di progettazione, provocò una catastrofica serie di incidenti. I progettisti, prima del lancio, erano al corrente di alcuni limiti tecnici del prodotto ma l’entusiasmo collettivo per l’impresa portò i membri ad una cecità e una mancanza di senso critico superiori a quella dei loro membri, presi singolarmente. La responsabilità ricade sul gruppo, quindi, e in parte, sostenibile dal singolo. In mancanza di incentivi, il gruppo è più propenso al rischio, rispetto al decisore individuale. Vi sono una serie di variabili che ha effetti significativi sull’efficacia o sulla degenerazione del gruppo come meccanismo di coordinamento e di decisione:

- Il grado di differenziazione delle informazioni possedute dai membri. - Il grado di differenziazione degli stili cognitivi e degli schemi

percettivi. - Il grado di pressione del tempo. - Il grado di pressione esterna per risultati immediati. - Una rivalità diretta tra i gruppi. - Il grado di coesione agli interessi del gruppo, vissuti come “missione”.

La relazione tra queste variabili con l’efficacia non è lineare: il gruppo efficace ha bisogno di una differenziazione interna, tempo per decidere, non deve essere minacciato dall’esterno. Al contrario, quando questi fattori si presentano, il gruppo è posto in difficoltà o non è sufficientemente motivato, per cui si può costruire un grafico con una forma a U rovesciata (grafico 6.1, pag. 190).

Per cui, per far si che il gruppo funzioni bene e non cada in patologie e in empasse c’è bisogno delle seguenti condizioni:

• COINVOLGIMENTO NELLA DEFINIZIONE DEI PROBLEMI: questa è una condizione fondamentale per far si che i membri del gruppo abbiano le idee chiare su quale sia il problema da risolvere. Molte riunioni e processi decisionali non vanno a buon fine proprio perché i membri non hanno chiaro quale sia il problema da prendere in atto.

• GENERAZIONE DI ALTERNATIVE LIBERA E INDIPENDENTE: questa

condizione è utile per conseguire maggiore creatività all’interno del gruppo. In fase di generazione di opzioni, molti gruppi si scindono in sotto-gruppi, in

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quanto vi è un aumenti della varietà degli input informativi, quindi si possono proporre più idee senza influenzarsi a vicenda. I membri, inoltre, possono ricorrere ad una seconda tipologia di azione affidandosi al brainstorming che consiste nella generazione libera di alternative senza che queste vengano giudicate o valutate. Altra tecnica di sostegno agli input è la costruzione forzata di un gruppo completamente differente, che apporti un diverso stile cognitivo, o persone chiamate allo specifico ruolo di “critico”.

• CONFLITTI SUI PROBLEMI E NON CON LE PERSONE: la discussione e

il confronto sono processi ad alta intensità emotiva. Non sempre le persone sono allenate a fare e ricevere critiche costruttive. I comportamenti da evitare per non generare conflitti relazionali sono: interrompere, essere aggressivi con le persone, cercare di abbassare lo status degli altri, estraniarsi. Un ruolo fondamentale ha la formazione, che facilita i processi di formazione di gruppo.

• DIFFERENZIAZIONE DEI RUOLI: spesso è utile creare ruoli focalizzati

su una determinata fase o un’attività particolare, sia per una questione di convenienza della divisione del lavoro, sia per specializzare una tecnica.

Meccanismi rafforzativi di un processo di gruppo efficace sono:

1. l’uso di forme di autorità procedurale, afferente al metodo di discussione non al contenuto;

2. presenza di una conoscenza comune sugli elementi di fondo, linguaggio, condivisione di principi e valori, ma non routine.

3. scambio sociale, cioè la ricompensa reciproca attraverso la transazione di beni comuni: status, stima potere cognitivo, appartenenza e la socialità.

6.1.4 COSTI E LIMITI DEL GRUPPO (COME STRUMENTO DECISIONALE) I costi e i limiti del gruppo, crescono di identità in base a diverse condizioni: dimensioni del gruppo (al crescere del numero degli attori da coordinare, i costi crescono in ragione del numero di connessioni possibili tra le parti, pertanto un gruppo dalle dimensioni di sistema elevate comporterà costi elevati); importanza delle decisioni (decisioni con conseguenze importanti giustificano e provocano elevati costi di processi decisionali e investimenti in capacità di trattamento delle informazioni); conflitti tra interessi (il gruppo come meccanismo di coordinamento è tanto meno efficace, e quindi più costoso, quanto più ci sono conflitti di interessi tra membri). 6.2 IL GRUPPO COME STRUMENTO DI CONTROLLO Oltre alla funzione comunicativa e decisionale, il gruppo assolve anche la funzione di CONTROLLO DELL’AZIONE COLLETTIVA. La necessità di controllo nasce nel momento in cui i contributi individuali di ogni membro nello svolgimento dell’attività,

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione non sono individuabili. Se ciò fosse possibile il controllo sarebbe inutile; basterebbe incentivare i membri tramite ricompensa legata ai risultati. Il Controllo di Gruppo avviene eseguendo 3 operazioni fondamentali:

1. RILEVAZIONE: il controllo di gruppo implica, innanzitutto, che i membri possano osservarsi reciprocamente. Attraverso l’osservazione reciproca si riesce a rilevare il contributo di ogni membro attraverso l’analisi dei risultati o attraverso i suoi comportamenti. Tale rilevazione, però, può avere luogo solamente in gruppi di dimensioni contenute (sarebbe troppo difficile e costoso dar luogo all’osservazione in gruppi di dimensioni troppo ampie). Un’altra barriera è rappresentata dal grado di divisione del lavoro (e quindi dalle specializzazioni) di ogni membro, nonché dalla complessità delle attività che il gruppo svolge. Pertanto, mentre la decisione di gruppo è efficace soprattutto in condizioni di elevata complessità informativa, il controllo di gruppo è tanto più efficace quanto minore è la complessità dell’attività.

2. VALUTAZIONE: questa fase prevede la valutazione delle qualità delle performance dei membri. C’è da dire, però, che i membri controllori devono essere in grado di valutare la qualità dei contributi forniti e farlo in base a principi come i contributi in termini di impegno, preparazione e serietà. Per far si che sia possibile una valutazione anche a livello qualitativo delle attività c’è bisogno che ci sia una diffusione delle competenze rilevanti per l’attività di gruppo e che sia chiaro e condiviso il sistema di ruoli, di aspettative reciproche di comportamento che governa il suo funzionamento: stabilità nella composizione, nelle attività. Le attività nuove e innovative mal si prestano al controllo di gruppo.

3. RICOMPENSA E SANZIONE: il gruppo è inevitabilmente un luogo di scambio sociale. Seppur nato per motivi economici, esso implica che nascano anche relazioni sociali all’interno di esso nonché beni sociali. I beni sociali che si creano all’interno di un gruppo sono: lo status (impegno, capacità cognitive, capacità di risolvere i problemi sono riconosciuti dagli altri membri del gruppo che gratificano il singolo membro attribuendogli uno status), il potere (la capacità di influenzare i comportamenti altrui si ottiene attraverso le competenze, le capacità dialettiche e relazionali, ecc.), la stima (i gruppi conferiscono o ritirano stima in base alla qualità dei contributi dei membri) e, infine, l’appartenenza (l’isolamento, l’esclusione e l’emarginazione sono una sorta di sanzione che può essere percepita molto male dall’individuo membro).

4. LIMITI DEL GRUPPO: grado di diversificazione degli impegni di una persona; possibilità di ottenere ricompense in altri gruppi.

6.2.4 COSTI E LIMITI DEL GRUPPO (COME STRUMENTO DI CONTROLLO). In teoria non è difficile pensare di utilizzare il gruppo come strumento decisionale e di controllo allo stesso tempo. In pratica, ciò è molto difficile e si riscontra che le

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione organizzazioni aziendali privilegiano l’una o l’altra dimensione. Infatti, i gruppi che hanno bisogno di creatività e innovatività si prestano difficilmente al controllo. Oltre al conflitto con l’attività decisionale, il gruppo può incorrere in altri limiti come un’eventuale perdita di controllo, i cui aspetti negativi possono essere letti anche in chiave positiva e di sviluppo. Una perdita di controllo, infatti, è il segnale che l’attività del gruppo sta cambiando, che il sistema sta apprendendo nuovi comportamenti e che l’attuale forma di controllo sta entrando in crisi.

Il crearsi di tensioni di ruolo è un altro fattore di costo del gruppo come strumento di controllo. Esse hanno luogo nel momento in cui il membro percepisce e interpreta in maniera errata le comunicazioni delle aspettative del gruppo (distorsione di ruolo). Oppure, nel momento in cui le persone non abbiano quelle risorse tecniche e professionali per svolgere il proprio ruolo e quindi non gli vengono messi a disposizione adeguati mezzi per svolgere la propria attività, si parlerà di incongruenza di ruolo. Inoltre, possono manifestarsi situazioni in cui esistono conflitti di ruolo e tra ruolo. Un membro, genericamente, appartiene a più di un gruppo; se la diversità di interessi dei diversi gruppi provoca incompatibilità, le conseguenze possono diventare disastrose (basti pensare all’incompatibilità, che spesso è presente tra ruolo lavorativo/ruolo extra lavorativo, quale la famiglia). Infine, potrebbe capitare che i membri del gruppo non accettino deliberatamente di uniformarsi alle attese, sviluppando una sorta di devianza comportamentale. I gruppi, normalmente, tollerano un certo grado di devianza perché, oltre ad essere impossibile ipotizzare un processo di controllo socialmente perfetto, i comportamenti diversi possono essere anche fonte di apprendimento.

Infine, è utile operare una distinzione tra diverse tipologie di gruppo in base al loro grado di coordinamento:

• GRUPPO PRIMITIVO: si definisce in questo modo, un gruppo nel quale i

comportamenti siano perfettamente osservabili, a comportamenti diversi dalle attese corrispondono sanzioni e a comportamenti conformi corrispondono ricompense. Questo tipo di gruppo è adatto a governare attività chiare e direttamente osservabili.

• GRUPPO RELAZIONALE: tale tipologia definisce un gruppo nel quale le

attività, oltre che interdipendenti e inseparabili, siano anche difficilmente osservabili e misurabili nel breve periodo. L’attività di controllo reciproco quindi, si attua su un arco temporale più lungo, magari unito ad una forma di incentivazione.

• GRUPPO COMUNITARIO: questo ultimo tipo di gruppo presenta la

situazione in cui le attività sono così complesse, così specializzate e così individuali da non poter essere né osservate né misurate nemmeno nel lungo

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periodo. Le decisioni non sono separabili dal controllo, ed entrambi non lo sono dall’azione. La cooperazione e lo scambio, può essere gestita solo da sistemi di incentivo e di auto-controllo. I membri del gruppo possono essere controllori di se stessi grazie a meccanismi culturali, e la condivisioni di obiettivi, conoscenze e linguaggi.

CAPITOLO 7 NEGOZIAZIONE La NEGOZIAZIONE è un processo di interazione in cui due parti cercano di trovare un risultato reciprocamente accettabile per risolvere una situazione di conflitto di interessi. Esso, quindi, non è un processo basato su decisioni unilaterali ed è un processo estremamente costoso. Il processo negoziativi, quindi, implica che ci sia conflitto di interesse fra le parti, decisione congiunta (quindi non unilaterale), scambio di risorse materiali e immateriali, comunicazione e ricerca di modalità di scambio. Esistono tre tipi di strutture negoziali: I. STRUTTURA DISTRIBUTIVA: con questa configurazione si indica che gli

interessi delle parti sono completamente opposti, per cui la soluzione più vantaggiosa per una parte risulterà la più svantaggiosa per l’altra parte.

II. STRUTTURA INTEGRATIVA: nella negoziazione con struttura integrativa è

possibile trovare combinazioni di scambio in cui tutti guadagnano rispetto ad altre configurazioni per cui è come “allargare la torta prima di dividerla”

III. STRUTTURA GENERATIVA: tale configurazione prevede che l’accordo tra le

parti possa generare nuove risorse e quindi nuovo valore. E’ conveniente, quindi, accordarsi perché ciò che deriva dall’accordo è superiore all’utilità che c’era precedentemente.

Gli accordi efficienti, quindi, sono accordi rispetto ai quali non sono possibili miglioramenti o soluzioni migliori. In problemi poco strutturati, invece, si potrà parlare di accordi pareto-superiori nel senso di soluzioni non dominate rispetto alle alternative che è stato possibile generare (ma che comunque non sono tutte le alternative possibili). 7.2 STRUTTURE FONDAMENTALI DELLA NEGOZIAZIONE A DUE PARTI Non esiste un modo “migliore” di negoziare in generale. Bisogna capire in una negoziazione, quale sia la struttura del gioco, ovvero la configurazione degli interessi per non incorrere in una sopravvalutazione del conflitto. Conflittualità sia tra le posizioni che sono cognitivamente più disponibili alle parti e sia di conciliabilità sostanziale tra gli interesse retrostanti. Un dilemma della negoziazione è lo scambio di informazioni e comunicazione, in quanto non si conosce la disponibilità dell’altro

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione giocatore, come nel dilemma del prigioniero: il pay-off migliore sarebbe comunicare, ma non sapendo ciò che l’altro farà, conviene non comunicare. Un altro elemento per comprendere la natura della negoziazione che si va a condurre è la ricerca e l’analisi delle alternative che ogni parte può avere alla conclusione di un accordo con una specifica controparte: MAAN – migliore alternativa a un accordo negoziato – o BATNA, in inglese. Ricercare o immaginare alcune principali alternative è utile per valutare le conseguenze in termini di costi/benefici e comprendere quale può essere il livello si accordo sotto o sopra il quale non si è disposti a continuare la trattativa. Questo livello è chiamato, negli accordi monetizzati, prezzo di rottura o prezzo di riserva. Infine esistono due tipi di STRATEGIE NEGOZIALI:

• STRATEGIA NEGOZIALE DISTRIBUTIVA: tale strategia presuppone che gli interessi delle parti siano completamente opposti (ad esempio il prezzo). Il punto di accordo più probabile sarà il punto medio tra le prime offerte dichiarate da entrambe le parti (ad esempio tizio dichiara 100, Caio dichiara 50, il punto medio al quale è probabile si chiuda la contrattazione sarà 75). Tramite, quindi, una serie di passi sequenziali si cerca quanto più si riesce ad ottenere facendo concessioni. In questa strategia gioca un ruolo importantissimo l’informazione. Quanto più si sa sul contesto, sulle condizioni di mercato, sulle alternative disponibili, tanto meglio si saprà stimare il valore minimo accettabile e il valore massimo ottenibile dalla controparte. Il ricorso a terze parti nella negoziazione distributiva può essere letto come un sostegno della negoziazione tramite elementi di coordinamento per autorità. Funzione arbitrale.

• STRATEGIA NEGOZIALE INTEGRATIVA: in questo caso le parti hanno

interessi complementari e la strategia consiste nel creare ipotesi di accordo creative piuttosto che accordi dello stesso tipo con parti alternative. Linee guida per la costruzione di alternative sono: - contratti contingenti: consente di risolvere le divergenze derivanti da diverse stime delle parti sul valore della transazione e sulle probabilità di eventi incerti che lo possono condizionare: si conviene di corrispondere compensi di diversa entità in funzione di diversi livelli di risultati osservati. - Bridging: tecnica utile dove si debbano definire le caratteristiche di un oggetto o di un’azione comune e consiste nel progettarle in modo da soddisfare contemporaneamente le preferenze più importanti di entrambe le parti. - Introduzione e ideazione di nuove materie: più materie incluse in un negoziato, più varie potranno essere le combinazione di scambio e maggiori possibilità di integrazione. Ampliamento delle materie con introduzione di nuove oppure spaccando le materie in sottomaterie. Materie particolari sono il tempo e i compensi in denaro.

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L’intervento di terze parti non dovrebbe implicare l’uso di autorità, poiché le informazioni sono diffuse e complesse, bensì dovrebbe essere brokeraggio tra partner, intermediazione nelle comunicazioni e di mediazioni tra interessi.

Gli approcci alla costituzione degli accordi possono essere sintetizzati in tre punti:

1. approccio “item per item”: trattare sequenzialmente le singole materie, che però può essere svantaggioso nel limitare la visione delle loro complessità, si rende quindi adatto a negoziati distributivi dove non vi siano molte possibilità di scambi di item tra le parti. Sia pur al prezzo di trascurare le interdipendenze tra le materie, l’approccio item per item permette una maggiore competenza specialistica dei negoziatori riducendo tempi e costi del processo.

2. approccio a testo unico: secondo questo approccio i negoziatori non partono da piattaforme contrapposte ma lavorano sin dall’inizio su un unico documento, comprensivo di tutte le materie in gioco, che prefigura una o + ipotesi di accordo, modificandolo e sviluppandolo fino a raggiungere un testo di mutua soddisfazione. Alti standard di razionalità e equità, alti costi di analisi e studi preliminari, usato nei negoziati innovativi e complessi.

3. approccio per pacchetti: è un approccio intermedio con ampie possibilità di applicazioni.

Sicuramente, l’azione negoziata ha bisogno di controlli. Il CONTROLLO NEGOZIALE avviene tramite l’utilizzo di alcuni strumenti fondamentali come i pegni, garanzie, ostaggi. Essi caratterizzano un indennizzo nel caso in cui le parti venissero lese o danneggiate da una parte inadempiente. Ostaggi, pegni e garanzie possono anche essere simbolici e immateriali (non per questo meno efficaci). Ad esempio, le dichiarazioni e gli impegni presi pubblicamente (tramite i mass media) “legano le mani” esponendo come pegno la reputazione e l’immagine dell’attore. Quando negoziare: vi è una insostituibilità delle parti; restringimento delle “zone d’indifferenza”; equilibrio dell’influenza tra le parti. Limiti del coordinamento negoziale sono il numero di relazioni di interdipendenza da coordinamento, il potenziale di opportunismo delle parti e il costo in termini di tempo e risorse. Le distorsioni negoziali sono:

1. effetto di framing: cos’è un negoziato; 2. effetti di commitment: intrappolamento sulle parti; 3. effetti di ricerca locale: i costi aumentano se si cerca altrove.

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione CAPITOLO 8 NORME E REGOLE

Le NORME e le REGOLE sono un insieme di prescrizioni di comportamento accettate come legittime da tutti i membri della società. I vantaggi di avere delle regole all’interno di una società sono tanti: tutti gli individui stanno meglio se vengono adottate delle regole piuttosto che nessuna regola (ad esempio adottare un linguaggio o uno standard di convenzione è comodo); inoltre la scelta tra una regola od un’altra regola è di solito una situazione meno conflittuale rispetto alla scelta di potenziali azioni all’interno di regole definite. Molte norme e consuetudini non sono frutto di calcoli, ma nascono in base a comportamenti e decisioni avvenuti nel passato. Nessun sistema di interazione può funzionare se gli attori non istituiscono una norma di reciprocità;

Le regole e le norme agiscono come fattori di legittimazione e come agenti selezionatori di modalità organizzative favorendo la sopravvivenza dei sistemi ad esse isomorfi. I sistemi normativi e regolativi sono una modalità di coordinamento che deve essere spiegata o progettata insieme alle altre. Nell’economia istituzionale, le norme divengono “insieme di gioco”, che una volta stabiliti agiscono come vincoli entro i quali si esercitano le scelte sulle mosse da effettuare da parte degli attori. La CULTURA ORGANIZZATIVA è un sistema di norme prescritte ed accettate dai partecipanti di un sistema di azione economico. Il modello stratificato di cultura organizzativa si divide in tre parti (simili alla conoscenza in generale):

I. VALORI: esso è il primo livello di base e rappresenta gli assunti fuori discussione spesso condivisi da intere società (ad esempio la missione aziendale) ma anche di sotto insieme, come i settori, le imprese (i valori di un gruppo di persone). Una proprietà distintiva di questo livello di regolazione è quella di lasciare elevata discrezionalità agli attori e quindi di essere un grado di governare attività ad alto grado di complessità e variabilità. Pertanto in queste situazioni sono preziosi i meccanismi di coordinamento basati sull’allineamento di obiettivi, piuttosto che sul controllo dei comportamenti.

II. CODICI DI CONDOTTA: si tratta di un livello intermedio di specificità

all’azione ed è rappresentato da eurismi e leggi empiriche che si suppone generino azioni corrette in determinate situazioni e incorporano conoscenze procedurali (“come fare?”) rispetto a conoscenze sostantive (“cosa fare?”). I codici di condotta, quindi, lasciano molta discrezionalità agli attori.

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione III. ROUTINE: essa è costituita da regole che prescrivono quale azione

intraprendere in presenza di determinate situazioni. La Routine è costituita da programmi, procedure, abitudini e pratiche. Comporta un allineamento dei comportamenti anziché degli interessi. Si concretizza in condizioni di elevata stabilità e con un certo know- how.

Gli orientamenti culturali (i contenuti delle culture) di un’impresa possono essere diversi. Un’attività la cui qualità dipende dall’innovatività e dalla creatività, come ad esempio la produzione artistica, avrà spesso incorporate al suo interno delle norme di innovatività, più critiche, nuove (orientamento all’innovazione). Possono esistere anche imprese la cui cultura organizzativa è orientata al lungo periodo piuttosto che al breve periodo (orizzonte temporale). Infine, un’unità organizzativa può avere una cultura organizzativa di allocazione dell’attenzione sia orientata all’interno che all’esterno. Una cultura organizzativa orientata all’interno otterrà migliori risultati in ambienti al sicuro da disturbi e varianze. Un’unità orientata all’esterno, invece, troverà il suo habitat naturale e darà migliori risultati se inserita in un contesto dinamico e turbolento. Le aziende assumono quindi un orientamento proattivo (in termini di ricerca di opportunità che di tentativo di controllare l’ambiente) o reattivo (orientate all’imitazioni e/o alla risposta a condizioni ambientali percepite come non modificabili. Una proprietà efficace è l’orientamento ai compiti rispetto l’orientamento alle persone. Lo studioso Hoefstede, attraverso una serie di questionari fatti compilare ad ogni singolo individuo facente parte di ogni impresa o consociata in 53 paesi del mondo, condusse un’analisi sui problemi di differenziazione delle culture organizzative su scala globale della IBM. L’analisi mise in luce le differenze di valori che c’erano tra le varie culture nazionali esaminate. L’analisi statistica mostrò l’esistenza di differenze significative tra i valori nazionali: tali differenze andavano ad influire sul grado di individualismo o collettivismo (le persone si occupano solamente di sé stesse e della propria famiglia considerando questo comportamento legittimo oppure si identificano in gruppi più ampio cui rimangono fedeli per periodo di tempo molti lunghi); grado di accettazione della distanza di potere (ossia accettare, come aspetto legittimo della vita, che ci sia qualcuno più in su che abbia più potere di influenza rispetto ad un altro); grado di avversione all’incertezza (la misura in cui le persone non tollerano di non prevedere gli eventi futuri, di vivere in condizioni poco chiare e definite, di doversi adattare o arrangiare) e mascolinità o femminilità (intesa come assunzione di valori maschili, come ad esempio il denaro e la forza, oppure valori femminili, vale a dire cooperazione piuttosto che competizione, attenzione alle relazioni ed equilibrio psicologico). Gli studi successivi, che hanno avuto come base l’analisi di Hoefstede, hanno portato alla luce due tipologie di culture organizzative:

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• CULTURE- BOUNDED: essa è caratterizzata da un’intrasferibilità del know-how organizzativo e delle soluzioni organizzative in generale da una cultura all’altra. Si asserisce che la diversità nei sistemi di base di norme e regole di convivenza e di collaborazione economica rende diverse le soluzioni organizzative efficaci nella regolazione dello stesso tiupo di attività economiche.

• CULTURE- FREE: vede la possibilità di adottare una varietà di soluzioni

organizzative all’interno di un unico contesto con la probabilità di avere soluzioni simili in contesti diversi.

8.4 I SISTEMI LEGALI-FORMALI I sistemi di azione stabili, descritti in documenti privati o tutelati dal diritto, sono definiti “organizzazioni formali” (i classici contratti). La differenza di un’organizzazione formale o informale risiede nel “grado di esplicitazione delle conoscenze codificate nelle regole e nella loro incorporazione in documenti accessibili e controllabili da diversi soggetti”. Un CONTRATTO, nel diritto e nelle teorie economiche del contratto, include qualsiasi accordo con conseguenze patrimoniali per le parti. Il sorgere di obblighi reciproci tra più parti non implica, tuttavia, che il contratto debba essere formalizzato in un documento. Per rendere l’idea di CONTRATTO NON-FORMALIZZATO, si pensi, ad esempio, alle dichiarazioni di acquisto “gridate” in una borsa valori, una semplice consumazione a un ristorante; essi generano obblighi di pagamento del corrispettivo e sono tutelati dal sistema legale esterno, tuttavia non sono formalizzati. Una classificazione, invece, dei CONTRATTI FORMALIZZATI ci è offerta da Williamson:

• CONTRATTO ISTANTANEO: esso definisce l’allocazione delle risorse in termini distributivi, o meglio, quanti e quali risorse vengono trasferite tra soggetti. Esso non regola gli aspetti del processo, per cui il contenuto “procedurale” del contratto è basso.

• CONTRATTO CONTINGENTE: tale tipologia è un tantino più complessa.

Esso riconosce che la relazione non è istantanea, ma si svolge in un tempo in cui le condizioni possono variare o che il valore delle risorse scambiate non è noto a priori ma potrà essere conosciuto solo in un tempo successivo (es: la prestazione di un cantante di teatro, il cui valore si riscontra con la vendita dei biglietti, dopo la scrittura). Regolano rapporti caratterizzati da basso grado di incertezza e definiscono un’allocazione delle risorse in termini sostantivi.

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• CONTRATTO OBBLIGATIVO: tale contratto non si limita a fissare i termini di uno scambio o di un conferimento di risorse, ma istituisce anche obblighi di comportamento e clausole procedurali. L’incertezza mette in crisi questi contratti come meccanismo di coordinamento.

• CONTRATTO RELAZIONALE: esso rappresenta una combinazione tra

regole formali incorporate nel contratto e norme socialmente accettate. Tale tipologia di contratto è stata a lungo studiata come efficace meccanismo di coordinamento nelle relazioni di scambio di beni complessi e da elevato grado di incertezza, sono fortemente incompleti nella parte scritta e formalizzata, e sono integrati da aspettative di buona fede e di comportamenti conformi alle regole di buona condotta prevalenti una certa attività.

• CONTRATTI ASSOCIATIVI: regolano rapporti ad elevato grado di

incertezze, garantiscono il coordinamento tramite l’allineamento degli obiettivi e regolano rapporti basati sulla condivisione dei diritti di proprietà.

• CONTRATTI INTERNI: essi rappresentano la “corte d’appello” preposta

alla tutela del sistema legale interno ad un’azienda. Sono visti come una continuazione del sistema di regolazione esterno. Tali regole sono efficaci ed efficienti nella misura in cui le attività sono abbastanza stabili, prevedibili e non complesse.

8.4.2 GRADO DI FORMALIZZAZIONE INTERNA – programmi – procedure - costituzioni Il livello costituzionale della regolamentazione è rappresentato da atti di fondazione e statuti, organigrammi e descrizione di responsabilità che sanciscono l’allocazione di base dei diritti di decisione, controllo e proprietà. L’ organigramma della società è affiancato da mansionari, che include la collocazione dell’organo nella divisione verticale del lavoro, il contenuto delle attività assegnate, gli obiettivi e le responsabilità che definiscono le attività assegnate all’organo e i metodi d lavoro e procedure che regolano l’attività. Le proprietà delle regole formali differiscono in funzione del livello di generalità, specialmente per quanto riguarda il governo dell’incertezza. Quanto + è bassa l’intensità di procedure e programmi tanto + è flessibile il sistema di regolazione. 8.5 VALUTAZIONE COMPARATA DELLA FORMALIZZAZIONE Una prima ragione per formalizzare è l’esigenza di equità di trattamento nei casi di molteplici contratti della stessa specie. Gli attori assegnano valenze positive all’equità

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione delle procedure con cui sono regolate le relazioni con altri attori e spinge alla trasparenza e alla formalizzazione delle regole. La formalizzazione rende i sistemi dotati di accountability, di maggior capacità di ricostruire le proprie azioni e giustificarle nei confronti di terzi (produzione di documenti formali). Maggiore è il potenziale di conflitto tra interessi e di difendibilità degli interessi davanti ad autorità arbitrali interne o esterne al sistema di azioni (l’entità delle conseguenze), tanto maggiore sarà la convenienza a formalizzare. La complessità computazionale derivanti dalle dimensioni del sistema da coordinare, dal numero degli attori, delle attività e delle loro connessioni, sono elementi di analisi in fase di progettazione, che possono comunque portare ad un grado di formalizzazione efficace, efficiente ed equo.

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione CAPITOLO 9 UN MODELLO GENERALE DI ANALISI E CONFIGURAZIONE DELL’ ORGANIZZAZIONE La prima cosa da fare prima di andare ad approfondire le variabili fondamentali dell’analisi e della progettazione organizzativa è quella di dare una definizione alla forma organizzativa. Tale forma organizzativa è un particolare modello di divisione del lavoro e di coordinamento efficace ed efficiente, per gestire date attività e relazioni di attività. Si configurano, quindi, diritti e obblighi di azione, decisione, controllo, proprietà e di meccanismi di coordinamento tra attori titolari di diversi diritti. Si adotta un modello di analisi organizzativa “allargato” il quale si basa su:

• Integrazione di modelli esistenti • Modello proposto risulta applicabile ad un livello micro, meso e macro.

Il disegno dell’organizzazione è un problema: • Complesso e poco strutturato • Caratterizzato da significative divergenze, tra interessi e attori coinvolti.

Il processo di decisione sulle forme organizzative consiste in: • Processi di ricerca di alternative strutturali e di attività cui possono essere

convenientemente applicate. • Processi di negoziazione tra attori con interessi differenziati, che

prestabiliscono quale alternativa sia la migliore tra quelle valutate. Alcuni studiosi definiscono gli attori economici come possessori di RISORSE e competenze che possono generare fasci potenziali di attività e servizi. Edith Penrose (1959), per spiegare gli incentivi alla crescita e alla differenziazione delle attività economiche, svolte da un attore nel corso del tempo, osserva che le risorse sono strutturate come “bundle” (fasci) di servizi possibili, più ampi rispettoal particolare uso che può aver originato un fabbisogno per quella risorsa: ci possono essere più modi per utilizzare una fresa o una macchina ad esempio, così come le competenze e le energie delle persone possono fornire diversi servizi. La prima distinzione di risorse è la seguente:

I. RISORSE UMANE: esse possono essere definite come insiemi di conoscenze e competenze. Non sono quindi, identificate con le persone, ma esse sono possedute, incorporate da queste ultime. Inoltre, le risorse umane sono difficilmente separabili e trasferibili dalle persone che le posseggono, mentre ciò che viene trasferito sono le attività o i servizi di lavoro erogabili in base alle risorse umane.

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II. RISORSE TECNICHE: esse sono strumenti che incorporano conoscenze e competenze (know- how) e sono relativamente indipendenti dai loro ideatori e sono capaci di produrre attività e servizi dei quali gli stessi produttori non sarebbero mai direttamente capaci. Le risorse tecniche sono separabili e trasferibili, in quanto concorrono a migliorare il grado di meccanizzazione,di complessità e di specializzazione.

III. RISORSE FINANZIARIE: Sono indipendenti dall’attore e più facilmente

trasferibili, pertanto sono le risorse più facilmente trasferibili e separabili dal possessore, per cui anche più versatili in diversi usi. L’allocazione di risorse finanziarie agli impieghi migliori necessita di informazioni che possono o non possono essere disponibili o accessibili, in modo da poter creare fabbisogno di meccanismi di coordinamento e decisione più o meno complessi. La variabile informativa finanziaria ha altrettanto rilievo come le economie di scala, le specializzazioni e “scope”. Tali variabili, pesano sulla progettazione, e nei diversi momenti, anche il conflitto fra gli interessi degli attori, tanto maggiori, quanto saranno le implicazioni.

9.2 VARIABILI DELL’ANALISI E PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA:

I. ECONOMIE DI SPECIALIZZAZIONE: Un forte esponente e supporter della divisione del lavoro fra attori (e quindi “specializzazione”) fu l’inglese Adam Smith. Secondo lo studioso la produttività aumenta in modo spettacolare se si effettua una forte manovra di specializzazione, fino a rendere le singole attività così focalizzate da non essere più tecnicamente divisibili. Il grande motore della specializzazione è l’apprendimento. La focalizzazione su una determinata tecnica e la sua ripetizione producono nell’individuo allenamento e destrezza, portando alla creazione di un repertorio di procedure di lavoro efficaci ed efficienti nella risoluzione di qualsiasi problema. Inoltre, i processi di scoperta e crescita delle conoscenze non sono mai limitati, pertanto, nelle economie di specializzazione c’è anche una buona dose di approfondimento indefinito delle tecniche. La complessità delle competenze richieste per svolgere queste attività, rafforzano tale apprendimento: più difficili sono le attività, tanto più lungo è il ciclo di apprendimento e dell’esperienza. Tuttavia, questo tipo di specializzazione può anche non dipendere dall’apprendimento di determinate tecniche e dal loro approfondimento. Può essere effettuata anche in base ai tratti culturali, cognitivi e caratteriali dell’individuo. Ad esempio, una persona meticolosa, dedita al lavoro ed attenta ai particolari sarà ideale addetto alla fase produttiva. Una persona con spiccate capacità relazionali ed attenzione alle relazioni sarà un ottimo responsabile commerciale. In questo caso si parla di focalizzazione. Il grande limite delle economie di specializzazione rimane comunque la flessibilità, che in un’organizzazione di

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questo tipo è ridotta ai minimi termini, in quanto implica l’opposto della specializzazione.

II. ECONOMIE DI SCALA: si definisce “economia di scala” la diminuzione dei

costi unitari di produzione di beni e servizi al crescere della scala in cui sono impiegati i fattori di produzione. La presenza di economie di scala è considerata un fattore di espansione dei confine delle unità produttive. Si può parlare di economie di scala con riferimento a processi di produzione materiali (beni), immateriali (servizi), o addirittura micro con riferimento alle risorse umane, a costi minori. Saturare la capacità di una persona con capacità specialistiche in una determinata attività comporterà meno costi da sostenere che lasciando la capacità parzialmente inutilizzata. Il conseguimento di un’economia di scala dipenderà, ovviamente, dalla capacità di assorbimento del mercato dei prodotti e dalla disponibilità delle risorse (sia tecniche che umane).

III. ECONOMIE DI SCOPE: nelle economie di scope (o di “raggio d’azione”) i costi

unitari diminuiscono grazie alla produzione congiunta, con le stesse risorse (impianti, know-how, ecc), di determinati beni e servizi. Con le economie di scope, quindi, risulterà più conveniente produrre due beni con processi congiunti piuttosto che produrli separatamente. Come per le economie di specializzazione, anche qui la fase dell’apprendimento è fondamentale. Apprendimento inteso come scoperta delle attività che potrebbero essere sinergiche con quelle già condotte. Impiegare le risorse nella produzione di più di un bene alle volte può dipendere dal fatto che le risorse tecniche e umane dedicate ad un’attività siano in eccesso e quindi risulterà meno costoso impiegarle anche in altre produzioni. Le risorse con molteplici attività si possono definire risorse di base (core). Limite all’economie si scope è l’appropriabilità delle risorse comuni o di base. Imprese che sviluppano tecniche di elevata utilità e versatilità ma i facile limitabilità e che si vedono sorpassate in fase di commercializzazione. Intrasferibilità delle risorse in quanto l’uso parziale di capacità inutilizzata della risorsa può essere venduto.

IV. COMPLEMENTARITA’: questa variabile è stata in luce per capire le numerose

alleanze che si sono stipulate tra le imprese con competenze diverse ma orientata alla ricerca, allo sviluppo e alla realizzazione di nuovi prodotti. Tuttavia la complementarità è altrettanto fondamentale e sviluppata anche all’interno delle imprese. Risorse e competenze “complementari” consentono di generare output di valore diverso da quelli già esistenti o a minor costo. La ricerca di complementarità tra risorse può essere sistematizzata attraverso strumenti di analisi tra risorse come le matrici risorse/risorse o le matrici risorse/attività. La matrice risolve domande sistematiche riguardo le risorse e competenze che possono essere messe in azione, o come attualmente utilizzano

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ciascun tipo di risorsa: la matrice offre un quadro sintetico anche delle variabili precedentemente illustrate- economie di specializzazione, scala e raggio d’azione- leggibili nelle celle disposte sulla diagonale, in cui sono elencate le attività che possono essere svolte con l’ uso di ogni risorsa o aggregando risorse della stessa specie. Le celle situate fuori della diagonale ospitano le attività che possono essere generate con l’uso combinato di risorse diverse (fig. 9.3, pag. 313).

V. INSOSTITUIBILITA’ DELLE RISORSE: le fonti di insostituibilità delle

risorse derivano dal possesso concentrato di alcuni attori di risorse naturali ambite e rare (ad esempio il talento sportivo), rapporto tra dimensione della domanda e dimensione minima efficiente delle imprese, innovazione e differenziazione del proprio output rispetto a quello dei concorrenti. Tutte queste forme di insostituibilità delle risorse danno luogo sia a rendite che a costi di transazione. Le rendite sono dei ritorni economici superiori a quelli necessarie per attrarre la risorsa in un dato impiego o attività. I costi di transazione sono costi di ricerca di partner, di negoziazione delle condizioni di scambio e di controllo che gli accordi siano rispettati. L’insostituibilità delle rendite porta a conseguenze organizzative di base. La differenziazione degli output e la specificità delle risorse ci porta a una conseguente divisione negoziata delle rendite: i monopoli naturali e il rapporto tra dimensioni di mercato delle imprese, ci portano alla regolazione di tali conseguenze. Quando le rendite sono create da relazioni specifiche, si crea il problema di come dividerle: la parte divisibile, del surplus è definita “quasi- rendita”, diminuita del costo di ricerca e trasferimento delle risorse.

VI. COMPLESSITA’ INFORMATIVA E INCERTEZZA: il concetto di incertezza

usato nella teoria dell’organizzazione è più ampio di quello utilizzato nella teoria delle decisione classica. La distinzione classica nella teoria delle decisioni prevede che esistano tre concetti base: certezza, rischio e incertezza. Il concetto di incertezza utilizzato, invece, in organizzazione include sei componenti principali: conoscenza dei possibili stati del mondo, variabilità, conoscenza delle relazioni causa-effetto, chiarezza delle preferenze, osservabilità e misurabilità, numero di informazioni e asimmetria informativa. Le principali implicazioni che comporta l’asimmetria informativa sono: complessità computazionale, formata dalla variabilità, dal numero di elementi e dalla incompletezza delle conoscenze sulle probabilità; e la complessità conoscitiva per cui l’incompletezza delle conoscenze ricade sulle preferenze, sui possibili stati del mondo, dai nessi causa-effetto.

VII. FORME DI INTERDIPENDENZA: l’interdipendenza è una variabile molto

usata nei modelli organizzativi. In effetti, l’esigenza di coordinare le attività

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economiche nasce dal fatto che molte di esse sono interdipendenti tra loro. Possiamo distinguere 4 tipi di interdipendenza:

Transazionale: trasferimento di beni e servizi attraverso interfacce tecnicamente separabili (l’attività A genera un output che viene trasferito come input ad un’attività B).

I.INTERDIPENDENZA SEQUENZIALE: essa si riferisce alle relazioni di scambio di beni e servizi tra attori. Quando tale scambio è “unidirezionale” ossia del tipo A B si parlerà di interdipendenza sequenziale.

II.INTERDIPENDENZA RECIPROCA: essa ha le stesse caratteristiche strutturali della sequenziale ed infatti riguarda lo scambio di beni e servizi tra attori, ma tale scambio è regolato da una relazione A B per cui lo scambio avviene in maniera simmetrica.

Associativa: unione di sforzi, allineamento dei comportamenti in azione comune: III.INTERDIPENDENZA POOLED: tale interdipendenza non ha come

oggetto lo scambio di beni ma l’unione di sforzi e l’allineamento dei comportamenti da parte degli attori (ad esempio l’uso degli stessi edifici, degli stessi impianti, o anche delle stesse attività)

IV.INTERDIPENDENZA INTENSIVA: è sempre una tipologia di interdipendenza che ha per oggetto l’allineamento dei comportamenti e l’unione degli sforzi, ma è decisamente più complessa. Le azioni, infatti, vengono svolte in relazione di altre azioni (come una sorta di mosaico a incastro).

CONFLITTO TRA INTERESSI E POTENZIALE DI OPPORTUNISMO Secondo la teoria economica, più che il conflitto di interessi, è il potenziale di opportunismo a minare l’efficienza di alcune organizzazioni. Un comportamento opportunistico è un comportamento che tradisce gli accordi di cooperazione presi in precedenza ed è caratterizzato da azioni che accrescono i propri benefici e danneggiano gli altri. La possibilità di adottare un comportamento opportunistico dipende anche dal grado di sostituibilità delle parti, ossia quanto le minacce di uscita dalla relazione siano credibili. Il connubio, quindi, tra incertezza, insostituibilità e conflitto di interessi, può dar luogo ad un comportamento opportunistico. La presenza di conflitto tra interessi ed obiettivi che governano o dovrebbero governare due o più attività, può avere come soluzione la divisione delle attività per incompatibilità, risolvibile con un’efficace allocazione delle attività ad attori distinti e talora, addirittura non comunicanti. Si sottolineato quindi, nessuna delle variabili esaminate ha, da sola, la capacità di spiegare e predire soluzioni organizzative efficaci ed efficienti. Ogni variabile ha relazioni parziali con alcune dimensioni o caratteristiche degli assetti organizzativi.

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione CAPITOLO 10 ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO Organizzare il lavoro all’interno di un’impresa significa ripartire i diritti di azione, di decisione, di controllo e di proprietà di determinati individui con determinate risorse. Le persone non sono “risorse” ma sono attori, titolari di prefereze e diritti, che posseggono risorse e stipulano accordi sul loro uso. L’impiego delle risorse umane è regolato da qualche forma di accordo o contratto. I sistemi di governo delle relazioni di lavoro in azienda sono:

• VALUTAZIONE: le principali forme di valutazione della gestione delle risorse umane sono la valutazione delle posizioni, delle competenze, delle prestazioni, del potenziale. Hanno una catena causale. La valutazione della posizione prevede che le ricompense siano corrisposte non in base alla prestazione dell’individuo, bensì alla posizione che egli riveste all’interno dell’azienda. L’impresa, quindi, stipulerà una graduatoria nella quale esprimerà delle classi (in base alle mansioni) e ad ognuna delle classi corrisponderà una quota fissa di retribuzione. Una valutazione di questo tipo è particolarmente utile quando le prestazioni individuali non sono facilmente osservabili e misurabili. Tuttavia, competenze e responsabilità, non si desumono solo dalla posizione dell’individuo. Non tutti i capi-reparto, ad esempio, posseggono le stesse competenze e le stesse responsabilità. Una valutazione basata sulle competenze dei singoli attori è una risposta a tale problema. La valutazione delle prestazioni misura i contributi forniti da determinate risorse umane e assegna loro ricompense in base a tali contributi (prestazione). Una valutazione del genere prevede che ci sia un’ osservabilità e una misurabilità degli input (ossia i comportamenti dell’attore) o dei risultati che ne scaturiscono l’output. Inoltre tanto più ci si allontana dalle competenze dell’attore verso i risultati, tanto più la valutazione della prestazione risulta difficile, anche perché soggetta a rischio. Una valutazione del potenziale, infine, prevede la stima degli sviluppi futuri delle competenze e delle prestazioni dell’attore. Essa è una previsione futura, una sorta di “scommessa” soggettiva e per cui soggetta ad incertezza e fallibile. Per minimizzare gli errori è necessario introdurre un importante supporto di tecniche e metodologie strutturate e convalidate.

1. VALUTAZIONE DELLA POSIZIONE Intende comparare i valori relativi delle differenti mansioni entro un’organizzazione, indipendentemente dalle competenze e dalle prestazioni degli specifici attori che possono esserne titolari, al fine di porre le basi per una razionale struttura retributiva. Espressa in termini di punteggi assoluti o di fasce di punteggi (classi), che definiscono il valore relativo di ciascuna posizione.

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A ciascun punteggio o a ciascuna classe occorre attribuire un certo valore retributivo, che rappresenta la quota fissa di retribuzione per quella posizione, determinata considerando sia la tendenza del mercato del lavoro per posizioni simili, sia la politica retributiva che l’azienda intende adottare.

2. VALUTAZIONE DELLA PRESTAZIONE È la modalità più applicata nelle diverse figure contrattuali, valuta le prestazioni passate e attese per acquistare un servizio di lavoro sul mercato esterno per allocare le risorse, per costituire un gruppo di lavoro o per assumere personale. Rileva e misura il valore dei contributi forniti da date risorse umane fornendo una base di informazioni cui legare ricompense (monetarie e non) in funzione dei contributi forniti (prestazione) quindi si ha una: • Valutazione sui comportamenti (input) • Valutazione sui risultati (output)

La scelta tra input ed output dipende da tre fattori: • Osservabilità dei comportamenti • Misurabilità dei risultati • Conoscenza delle relazioni causa-effetto

Le difficoltà di valutazione della prestazione possono dipendere da: • Variabilità dei risultati dovuta a fattori esogeni SOLUZIONE: viene esteso l’orizzonte temporale di valutazione valutando serie temporali di prestazioni • Interdipendenza con altri attori SOLUZIONE: Combinare la valutazione sui risultati con alcuni parametri di valutazione dei comportamenti; Ampliare il ventaglio dei parametri di valutazione dei risultati considerati; Valutare i risultati collettivi degli attori interdipendenti

3. VALUTAZIONE DEL POTENZIALE E’ volta ad apprezzare le capacità di sviluppo e di prestazione futura delle risorse umane in attività nuove rispetto agli impieghi passati La valutazione del potenziale si basa su due postulati: • Ogni lavoratore possiede energie, attitudini, abilità, delle quali una parte viene utilizzata ed una parte resta in una situazione di potenziale disponibilità; • Il “surplus” di dotazione individuale non ancora impiegato può essere individuato con appositi strumenti e valorizzato con opportune politiche. • RETRIBUZIONE: le persone possono attribuire un valore di ricompensa sia se questa sia monetaria (denaro) sia che non lo sia (ad esempio possibilità di sviluppo professionale e di carriera). La retribuzione fissa si commisura alla mansione ed al tempo di lavoro dell’attore. La retribuzione variabile è un concetto un po’ più particolare. Solitamente l’azienda definisce gli obiettivi di prestazione da raggiungere ed effettua un confronto tra i risultati raggiunti dall’attore e tra gli obiettivi per assegnargli una ricompensa. Tra le forme di

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retribuzione variabile ricordiamo il cottimo (retribuzione in base alle unità prodotte). E’ utilizzata per posizioni esecutive e incentiva il contributo individuale dell’operaio nella saturazione dei tempi di lavoro e nell’utilizzo efficiente delle risorse, trova ampia applicazione nelle imprese industriali di tipo taylorista ed in sistemi tecnici non altamente automatizzati. I limiti sono l’automazione dei compiti più semplici e l’affermazione di nuovi modelli di divisione del lavoro (arricchimento delle mansioni, maggior impiego del lavoro di squadra), gain sharing (partecipazione ai guadagni che si originano dalle prestazioni di gruppo, socializzazione delle informazioni e partecipazione alle decisioni), profit sharing (forme di retribuzione legate ai risultati economici dell’impresa nel suo insieme Condizioni di efficacia del profit sharing. Il gruppo è di ridotte dimensioni, la responsabilità e l’incidenza delle azioni sui risultati sono rilevanti, la partecipazione riguarda i profitti e non anche le perdite, è possibile accordarsi su procedure eque e trasparenti di definizione e misurazione dei profitti da distribuire), Management by object (MBO). Sistema retributivo applicato a livello direttivo, si prevedono i risultati da raggiungere, si impiegano tali obiettivi come criteri per valutare il livello di performance raggiunta dai diversi responsabili, esistenza di uno stretto collegamento tra il sistema di programmazione e controllo, il sistema di valutazione delle prestazioni ed il sistema di incentivazione monetaria. • MOBILITA’ E SVILUPPO: i processi di mobilità e sviluppo sono processi di incontro tra persone e impieghi. Essi si dividono in tre parti:

I. RICERCA E SELEZIONE: il primo quesito che si pone l’impresa nell’accingersi ad un processo di ricerca è dove indirizzare quest’ultima. Essa può avvenire analizzando il mercato interno, ossia cercare candidati a nuove mansioni tra le persone già impiegate in azienda. Ciò comporta il grande vantaggio del possesso di informazioni riguardo il candidato in esame. La ricerca può avvenire anche con riguardo al mercato esterno ma in questo caso, i candidati, saranno sottoposti a valutazione professionale complessa (che avverrà nel processo di selezione). Il processo di selezione, invece, prevede l’individuazione delle scelte accettabili. Esso è un processo che comporta incertezza: il datore, al momento della selezione, non ha informazioni certe sulle capacità del candidato nello svolgimento della mansione (anche se si tratta di mercato interno); d’altro canto neppure il candidato possiede tutte le informazioni sulle attività da svolgere.

II. FORMAZIONE: una volta che il candidato si inserisce nell’azienda,

viene a contatto con le norme e le aspettative del contesto aziendale (come il livello minimo e massimo della prestazione, ecc.), andrà incontro al processo di formazione. Esso è un processo fondamentale

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nella generazione e sviluppo delle competenze che potranno portare l’azienda ad ottenere un vantaggio competitivo e, d’altro canto, una ricompensa in termini di risorse conoscitive che rimarranno in suo possesso, da parte dell’individuo. Le imprese di oggi sono interessate a formare personalmente l’individuo senza affidarsi a società di formazione esterne. Tuttavia, esse investono nella formazione di un –know- how polivalente, ossia che non sia specifico solo a determinati usi. Il processo di formazione segue una linea che forma dapprima più genericamente per poi procedere ad una formazione sempre più specifica. Gli strumenti per la formazione si dividono in strumenti tradizionali (formazioni d’aula, lezioni, discussioni ed esercitazioni) e strumenti interni (tutorship, coaching, affiancamento). Knowledge management; Learning by doing; Learning by networking.

III. CARRIERA: la carriera è il cambiamento di posizione di un individuo

all’interno di un’azienda e permette di collegare gli aumenti retributivi a livelli di competenza e responsabilità superiori. La carriera può essere individuale o organizzativa. La prima, secondo la definizione di Hall, è la sequenza percepita in modo soggettivo ed individuali, degli atteggiamenti e comportamenti associati alle esperienze ed alle attività lavorative svolte nel corso della propria vita. Il grado di successo di una carriera va valutato in termini di:

- adattabilità: cioè la capacità/propensione a cambiare organizzazione; - atteggiamenti: importanza della carriera nella propria vita; - identità: rappresentazione interiore di sé riferita alla carriera; - performance: dal punto di vista organizzativo e psicologico. La carriera organizzativa, secondo la definizione di Salvemini, è “l’insieme delle mansioni che in individuo ricopre nel tempo e che sono qualificate congiuntamente dal livello retributivo, dalla qualifica, dalla posizione, dal livello gerarchico, dai contenuti delle caratteristiche professionali dei compiti. Essa è il sistema che consente di progettare la dinamica retributiva associata alla dinamica organizzativa”. È quindi uno strumento di rinforzo alle logiche di funzionamento del mercato interno del lavoro.

I criteri per la definizione di una carriera sono quattro: • Anzianità: è un criterio che premia la fedeltà

all’organizzazione e la durata della relazione di lavoro e contribuisce a ridurre i costi di influenza. Essa è coerente con organizzazioni meccanicistiche in ambienti stabili.

• Merito: le promozioni vengono assegnate tramite un “torneo interno”, ossia più persone concorrono per l’assegnazione di posizioni più alte e sono in competizione tra di loro. Tale

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competizione, però può comportare effetti negatiti quali la tensione del clima lavorativo. Esso è coerente con organizzazioni dinamiche e in ambienti competitivi.

• Criterio euristico del sufficientemente adeguato: in questo caso non è il migliore o il più meritevole ad essere promosso, ma colui che è abbastanza bravo per ricoprire una determinata posizione. Questo accade perché, nella realtà, incide sensibilmente sulle probabilità di promozione la conformità degli atteggiamenti di un individuo a norme e valori dell’organizzazione (in generale) e del gruppo di potere dominante (in particolare).

• Partnership: tale criterio si sviluppa in quelle realtà aziendali a forte contenuto professionale che lavorano a stretto contatto con i clienti. In questo caso, l’unico modo di fare carriera, è diventare partner oppure uscire.

Infine, riguardo il criterio del merito, ossia la promozione basata sulla prestazione, è utile ricordare il principio di Peter. Il principio di Peter afferma che può accadere che la persona migliore nelle prestazioni al proprio livello non sia il miglior candidato per la posizione a livello più elevato. Le soluzioni per ovviare a questo tipo di problema sono due:

I. SENTIERI DI CARRIERA MULTIPLI: essi fanno la distinzione tra carriere di tipo professionale e carriere di tipo manageriale. I vantaggi derivanti da questa soluzione sono le sinergie tra risorse umane e compiti, e la resa di buone opportunità di carriera compatibili con strutture organizzative non troppo verticalizzate.

II. VALUTAZIONE DEL POTENZIALE: in questo caso non si promuove la persona

che abbia offerto un livello prestazionale elevato, ma quella che ha offerto la prestazione potenzialmente migliore al livello superiore.

10.4 I CONTRATTI I CONTRATTI possono essere:

• Completi o incompleti, in relazione al grado di incertezza, cioè alla quantità di circostanze imprevedibili che vengono regolate:

• CONTINGENTI, che regolano rapporti caratterizzati da basso grado di incertezza. Essi definiscono un’allocazione delle risorse in termini puramente sostantivi o distributivi. Riconoscono che la relazione non è istantanea ma si svolge in un tempo in cui le condizioni possono variare.

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• OBBLIGATIVI, regolano rapporti caratterizzati da basso grado di incertezza. Essi incorporano regole e sistemi di gestione delle interdipendenze e risoluzione dei conflitti di vario tipo, incluse le regole e l’autorità. Non si limitano a fissare i termini di uno scambio o di un conferimento di risorse, ma istituiscono obblighi di comportamento; non configurano necessariamente una relazione di lavoro dipendente a tempo indeterminato.

• RELAZIONALI, regolano rapporti caratterizzati da elevato grado di incertezza. Sono fortemente incompleti nella loro parte scritta e formalizzata. Sono integrati da accordi e aspettative di buona fede e di comportamenti conformi alle regole di buona condotta prevalenti in una certa attività.

• ASSOCIATIVI, regolano rapporti caratterizzati da elevato grado di incertezza . Garantiscono il coordinamento tramite l’allineamento degli obiettivi. Regolano rapporti basati sulla condivisione dei diritti di proprietà.

I CONTRATTI DI LAVORO, possono essere sia interni che esterni in relazione alla specificità delle risorse umane rispetto al sistema, alle economie di scala e specializzazione. Infine possiamo avere contratti a tempo determinato o indeterminato, in relazione alla specificità delle risorse umane ed alla frequenza delle transazioni. 10.4.2 IL MERCATO DEL LAVORO

• È gestito, in misura più o meno estesa, da attori collettivi e dalle istituzioni (significativo è il ruolo dei sindacati);

• “È un mercato in cui colui che ha venduto la merce ne rimane in qualche modo in possesso perché la fruizione del suo valore d’uso dipende da una prestazione del venditore”;

• Lo scambio di prestazione lavorativa non avviene attraverso un contratto istantaneo;

• Il mercato del lavoro si articola in una pluralità di mercati che sono segmentati in settori scarsamente comunicanti per ragioni territoriali, informative, professionali, razziali

Mercati segmentati

NON COMPLETA DISPONIBILITA’ DI INFORMAZIONI

• diminuzione del “tasso di liquidità della forza lavoro” • Discriminazione non volontaria

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Il mercato primario: Comprende l’occupazione delle grandi aziende collocate

nell’area urbano-industriale; • L’offerta è di norma sindacalizzata; • L’offerta comprende i lavoratori a più elevata professionalità e scolarità

compresi nelle classi centrali di età, che dispongono anche di una elevata forza contrattuale individuale;

• L’impiego è caratterizzato da elevati salari, buone condizioni organizzative e ambientali, opportunità di crescita professionale e stabilità di occupazione

Il mercato secondario:

• E’ più concorrenziale rispetto al mercato primario; • È caratterizzato da bassi salari, precarietà d’impiego, condizioni di lavoro non

buone, irrilevanza dell’azione sindacale; • E’ alimentato da fasce marginali dell’offerta di lavoro e si caratterizza per la

sua flessibilità.

Il dualismo del mercato del lavoro: spiegazioni • Le imprese più dinamiche che dispongono di posizioni dominanti necessitano di

lavoratori in grado di apprendere rapidamente e di legarsi stabilmente. A tal fine tali imprese offrono condizioni particolarmente vantaggiose finendo col creare quest’area centrale del mercato del lavoro alla quale accedono solo i lavoratori con i requisiti richiesti;

• Il dualismo del mercato del lavoro è il risultato delle pratiche delle imprese

volte a dividere la classe dei lavoratori ed impedire politiche di solidarietà e di tutela unitaria degli stessi;

• I lavoratori dei settori più dinamici sono sottoposti al rischio di perdere il loro

forte potere contrattuale a causa delle innovazioni tecnologiche che possono rendere obsolete le loro professionalità. Per questa ragione sviluppano comportamenti sindacali volti a proteggersi, attraverso il controllo dell’offerta, della concorrenza nel mercato del lavoro rappresentata da lavoratori più giovani ed adattabili alle nuove esigenze

I Mercati Interni del Lavoro Si definiscono come insiemi di processi di allocazione e di remunerazione del lavoro che si affermano all’interno di sistemi di contratti di lavoro dipendente da uno stesso attore centrale, cioè all’interno di un’impresa I MIL si originano per le seguenti cause: 1) Specificità delle professionalità

• È definita dalle abilità necessarie per eseguire un lavoro o applicarsi ad una specifica tecnologia;

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• L’acquisizione di tali abilità richiede una trasformazione delle caratteristiche professionali del lavoro;

• Quanto più il lavoro e la tecnologia sono specifici di un’impresa tanto più la trasformazione è debole, in quanto essa ha un certo valore solo per la specifica impresa ed un basso valore per il mercato;

• L’investimento sostenuto dal lavoratore e dall’impresa si deprezza al di fuori dello specifico rapporto di lavoro (investimento idiosincratico)

2) Addestramento sul lavoro (on the job training) • E’ un processo informale di acquisizione di abilità professionali attraverso

l’osservazione dei lavoratori già addestrati, l’affiancamento di lavoratori più anziani, l’inserimento graduale nella posizione

• La specificità della mansione favorisce l’uso di questo tipo di addestramento e rende difficoltosa la codificazione ed il trasferimento delle informazioni attraverso altre forme di istruzione

3) Consuetudini • Comprendono un insieme di regole non scritte che governano la formazione ed i

comportamenti dei gruppi di lavoro; • Tali regole influenzano i livelli retributivi, la mobilità interna (verticale e

orizzontale) ed il livello qualitativo e quantitativo della prestazione lavorativa; • La presenza di tali regole, sostenuta da un efficace sistema sanzionatorio per

chi non le rispetta, conferisce stabilità (rigidità) al mercato interno e una sua impermeabilità alle influenze di altre forze economiche esterne

Vantaggi: Per il datore di lavoro l’impiego del MIL

• consente di economizzare sui costi di fine rapporto e sui costi di ricerca di nuovo personale legati al costo delle informazioni da raccogliere;

• Consente di economizzare sui costi sociali ed organizzativi legati all’inserimento di nuovo personale.

Per il lavoratore l’impiego del MIL • Consente stabilità occupazione e possibilità di crescita professionale e di

carriera; • Vantaggi di riduzione dei costi di ricerca di nuove posizioni, dei costi sociali e

organizzativi di abbandono di un contesto di lavoro e di relativo cambiamento.

Svantaggi: • Perdita di controllo all’aumentare del numero delle relazioni di lavoro; • Possibile diminuzione delle fonti di innovazione in conseguenza in conseguenza di

una maggiore omogeneità di schemi mentali e di cultura organizzativa; • Costo dei servizi di direzione del personale, scarsa flessibilità congiunturale,

inerzia organizzativa e obsolescenza delle competenze distintive dell’impresa

I contratti di lavoro dipendente

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• È caratterizzato da alcune regole generali che inquadrano la relazione in termini di diritti e doveri delle parti e che definiscono la relazione di autorità, i confini della relazione e le autorità competenti in caso di contenzioso;

• Sono completati nella parte non scritta da accordi verbali o taciti, che dipendono dal rapporto di fiducia esistente tra le parti;

• Svolgono una funzione di tipo assicurativo (riduzione del rischio di licenziamenti, attraverso contratti di lungo termine, e riduzione del rischio di variabilità salariale, attraverso l’istituto della retribuzione fissa)

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione CAPITOLO 11 FORME DI ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO Argomento principale di questo capitolo è la “divisione del lavoro” e il coordinamento tra “attività divise”, cioè insiemi di attività di cui individui o gruppi di individui possono essere responsabili in base a un insieme di diritti e obblighi di azione (job). Il livello di analisi è microstrutturale, definita “tout court” problematica di organizzazione del lavoro, analizzando ciò che fa la singola persona. Una “soluzione” o “forma” di organizzazione del lavoro sarà definita come una figurazione o distribuzione particolare di diritti- non solo di azione, ma anche di controllo, di decisione e di proprietà. Configurazione o distribuzione particolare di diritti di azione, controllo, decisione e proprietà (paragrafo 2). Bisogna individuare quali sono le attività interdipendenti (anche se assegnate a colleghi e superiori), comprendendo quali criteri di aggregazione delle attività in una missione sono correttamente impiegati e quali potrebbero esserlo. Livello di analisi:

• SOVRAORDINATO: Sistema primario di lavoro: Insieme di attività interdipendenti che portano ad un risultato identificabile, tipicamente un’unità di prodotto o servizio; la ragione di questa ipotesi deriva dal fatto che, potenzialmente, sia in grado di “autoregolarsi”: in tal modo si riducono i costi di coordinamento e controllo, aumentando il grado di soddisfazione dell’interesse primario. Tale sistema, include due tipi di attività collegate: a) le attività operative interdipendenti che concorrono alla realizzazione di un output identificabile (es. tutte le attività di montaggio che portano dai componenti ad un auto finita); b) le attività di supporto, di manutenzione controllo e regolazione del processo operativo (es. le attività di controllo degli operatori su un processo automatizzato).

Tale sistema primario, con le sue attività collegate, stabiliscono un limite esterno o “superiore” all’integrazione tra attività:

• SOTTO-ORDINATO: Operazioni unitarie elementari: Attività base, non ulteriormente divisibili; Stabiliscono un limite inferiore oltre il quale i compiti non sono divisibili. A livello di microstrutturale, le variabili hanno effetti importanti: le “varianze” nello svolgimento dei compiti e l’intensità delle interdipendenze (fig. 11.1 pag. 401).

Variabili significative nell’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO Nell’analisi delle mansioni, le eccezioni, gli eventi imprevisti, le incertezze che caratterizzano un processo di trasformazione sono solitamente chiamate varianze; la varianza è definita come una “deviazione rispetto alla norma” (di un procedimento di trasformazione), con effetti sull’output non trascurabili e che può essere regolata solo attraverso l’intervento umano (caso Shell).

1) Varianze nello svolgimento dei compiti e intensità delle interdipendenze, una elevata varianza nei compiti determina una interdipendenza più intensa.

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Varianze elevate e interdipendenze complesse favoriscono aggregazione dei compiti in mansioni ampie. Gli effetti di alcune varianze si fanno sentire in tutte le fasi successive condizionandone gli aspetti (come la velocità del flusso, l’azione degli agenti chimici durante un processo): sono definite varianze chiave. Tali varianze mettono in luce come a monte, sono necessari degli input informativi sul modo migliore di regolare gli imprevisti tenendo conto delle caratteristiche generali e della situazione corrente delle attività a valle, per cui l’interdipendenza è reciproca, piuttosto che sequenziale. In generale e a parità di condizioni, quanto più sono elevate le varianze e complesse le interdipendenze tra operazioni unitari, tanto meno è efficace ed efficiente dividerle in mansioni specializzate assegnate a diversi operatori. Un ulteriore influenza è data dalla specificità delle conoscenze di un’attività rispetto ad un’altra, quindi q parità di condizioni, compiti legati da una forte specificità possono essere sufficientemente aggregati alla stessa mansione individuale.

2) Economie di specializzazione e di scala, in genere e non sempre, possono pesare in senso opposto al caso precedente: ostacolano l’aggregazione dei compiti in mansioni ampie, mentre le economie di scope favoriscono tale aggregazione. Herbst (1976), propone di analizzare matrici persone/ compiti di specificazione del lavoro (fig. 11.2, pag. 403): la massima specializzazione indica la presenza di importanti economie di apprendimento e specializzazione nei singoli compiti e la saturazione delle capacità di singole persone per realizzare quella attività (es. in campo medico, i compiti di taglio, sutura e anestesia, sono competenze specialistiche di persone differenti, perché richiedono una preparazione, competenze e apprendimenti differenti). Una situazione di massima polivalenza, può derivare sia dalle “basse barriere di entrata” sia dalle presenza di economie di scope differenti. La stessa analisi è rilevante per la dimensione verticale tra attività operative e di controllo: per questo la specializzazione polarizza mansioni nell’organizzazione, come esecutori/ controllori o progettisti/ decisori.

3) Osservabilità delle prestazioni e criticità dei contributi di lavoro, attività con grado di osservabilità molto diverso non dovrebbero essere unite nella stessa mansione. Quanto più critiche sono le risorse umane tanto più forme di organizzazione del lavoro efficienti ed eque dovrebbero riservare loro diritti di proprietà. Ulteriori variabili sull’osservabilità dei contributi di lavoro riguardano:

- il grado di sostituibilità delle risorse umane - il valore da esse aggiunto rispetto ad altre risorse - il rischio cui è esposto il capitale umano - la misura in cui le conoscenze su cui si basano le attività sono state

accumulate dagli operatori e sono poco trasferibili. La criticità delle risorse umane rispetto ad altre risorse e a parità di circostanze, quanto più critiche sono le risorse umane tanto più forme di organizzazione del lavoro

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione efficienti ed eque dovrebbero riservare loro diritti di proprietà (l’uso di contratti associativi, attività educative, di consulenze, sanitarie ecc.).

4) Analisi delle preferenze. In procedura di analisi e progettazione delle

mansioni, si richiede che siano specificate le preferenze degli attori sulle stesse. Le preferenze possono essere effettivamente rilevate o ipotetiche, e in genere si opta per il secondo. Si assume che la preferenza sia configurata in un dato modo e proposta all’attore, un metodo analitico valido, ma limitante se si vogliono trovare soluzioni concretamente applicabili. In questo senso si è sviluppato un approccio empirico all’analisi delle preferenze, individuando alcuni tratti salienti:

- le preferenze degli attori non si distribuiscono a caso, individuando l’organizzazione del lavoro in direzioni identificabili,

- le preferenze vanno rilevate empiricamente perché la loro configurazione specifica è soggettiva, migliora l’equità procedurale percepita delle soluzioni organizzative;

- le preferenze non riguardano solo le azioni da compiere, ma anche le modalità di organizzazione di tali attività.

Le qualità delle preferenze dei prestatori di lavoro sono: la varietà: gli attori hanno preferenze definite sulla varietà di attività che la loro posizione lavorativa consente; l’autonomia: il grado di autonomia caratterizza una mansione verticale. È costituita dall’estensione delle attività di decisioni, di controllo e pianificazione attribuite alla posizione: maggiori sono tali estensioni, maggiori è il grado di autonomia. L’identità e l’identificazione: il bisogno di identità, di un’immagine di sé e del proprio contributo è considerato uno dei bisogni base, che nei contesti lavorativi è influenzato dalle possibilità di identificazione con i prodotti del lavoro o con gruppi di riferimento. Tale mancanza è un fattore che incide negativamente sulla soddisfazione. L’identificazione con una funzione precisa ed apprezzata, o una posizione di lavoro per un’impresa nota e prestigiosa, è di solito preferita a posizioni con caratteristiche simili e meglio retribuite, ma che non abbiano tale proprietà. L’interazioni sociali: la possibilità di intrattenere relazioni sociali e di soddisfare i bisogni di appartenenza, non è apprezzata in modo uniforme. L’età, lo stile cognitivo, l’interesse dell’attività dal punto di vista tecnico, la qualità di combinazione tra persone che spesso non si autoselezionano su affinità elettive, sono fattori che possono influire sul grado di orientamento alle relazioni sociali delle persone. Tuttavia, condizioni di impossibilità di parlare o isolamento, sono fattori di insoddisfazione e di stress. Lo sviluppo: è una caratteristica di una mansione poco definita, in quanto apre la possibilità di acquisire, in tempi successivi mansioni più attraenti e quindi offre la prospettiva di uno sviluppo professionale. Una distinzione tra i prestatori di lavoro riguardo alle linee di sviluppo è quella tra locals (persone identificate con un sistema organizzativo particolare e orientate alla carriera in quel sistema) e professionals (persone identificate con una

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professione, in cerca di uno sviluppo delle competenze e nei contenuti del lavoro, con forte propensione alla mobilità). Non è l’evoluzione del contenuto del lavoro che interessa particolarmente, ma lo sviluppo dei diritti di controllo e proprietà sulla propria attività: il “mettersi in proprio”. L’autorealizzazione: il lavoro può essere fonte di ricompense intrinseche per chi lo svolge, non solo un mezzo per conseguire ricompense estrinseche. Tali ricompense e il senso di autorealizzazione che procurano consistono in termini di interesse, divertimento senso di competenza, di utilizzazione piena delle proprie capacità. In genere è un tipo di valutazione che si effettua a posteriori, rilevando le preferenze empiriche e apprenderle nel corso dell’attività, influenzando l’aggregazione sia in senso verticale che orizzontale. Salute, sicurezza e qualità della vita di lavoro: questo insieme di fattori è maggiormente attinente a condizioni esterne e di contesto delle mansioni, che non alle attività specifiche che le compongono. Si è recentemente sviluppata un’opportunità di un collegamento teorico con un “pacchetto di cambiamento più ampio orientato al miglioramento complessivo della qualità della vita di lavoro” (Hackman 1977), sia da un punto di vista psichico che da un punto di vista familiare e di vita privata. Approcci all’ottimizzazione congiunta dell’organizzazione del lavoro dei requisiti tecnici e sociali :

• Si assegna un voto ad ogni soluzione di organizzazione del lavoro, derivante da una somma di voti ottenuta da ogni soluzione sulle principali dimensioni delle mansioni.

Limite: tale approccio è difficilmente sostenibile quando le preferenze sono espresse da diversi soggetti e spingono in direzioni divergenti.

• Le soluzioni di organizzazione del lavoro sono negoziate da attori con preferenze diverse.

Limite: la negoziazione riguarda non solo le caratteristiche delle mansioni, ma anche gli indennizzi monetari per l’accettazione di aspetti non graditi.

11.3 STRUTTURE ALTERNATIVE DI ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO

Una classificazione tra forme di organizzazione del lavoro basata sulla configurazione dei diritti di proprietà:

FORME CAPITALISTICHE • I diritti di proprietà sulle risorse tecniche sono allocati ad una singola parte; • Questo attore o gruppo di attori proprietari del capitale tecnico assume il

lavoro di altri secondo vari schemi contrattuali; • Le mansioni sono caratterizzate da prestazioni di lavoro svolte in tutto o in

parte “per” (nell’interesse) e “alle dipendenze da” soggetti diversi dall’agente. Peculiarità delle forme capitalistiche • Maggiore criticità e specificità dei conferimenti di capitali rispetto a quelli di

lavoro;

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• Maggiore avversione al rischio degli agenti; • Minore esposizione al rischio del “capitale umano” rispetto a quanto accade per

il capitale tecnico e finanziario; • Una produzione di squadra su vasta scala; • Una discreta controllabilità delle prestazioni di lavoro da parte di soggetti

diversi dagli agenti. Tipologie di forme capitalistiche 1. Modello burocratico-taylorista

• Massima divisione del lavoro tra diversi operatori • Allocazione dei compiti di decisione, coordinamento e controllo ad

un’autorità gerarchicamente sovraordinata • specializzazione, accentramento e chiara assegnazione formalizzata dei

compiti (es. 11.2, pag. 417) 2. Modello arricchito prevede sistemi di lavoro più flessibili e più motivanti attraverso tre tipi di interventi sulle mansioni: • rotazione • allargamento • arricchimento La rotazione: prevede l’assunzione periodica di diverse mansioni da parte dello stesso operatore È orientata ad aumentare le conoscenze sull’intero ciclo di lavoro, il senso di contribuzione e la polivalenza delle risorse L’allargamento: prevede l’aggregazione di compiti diversi allo stesso livello è orientato ad aumentare la varietà della singola mansione individuale L’arricchimento: prevede un allargamento verticale della mansione con attività di decisione, controllo e pianificazione. E’ orientato a garantire una migliore regolazione delle varianze, capacità di adattamento locale ed a soddisfare gli obiettivi di autonomia ed autorealizzazione degli agenti.

Trova efficace applicazione in sistemi di attività ad alta varianza ed incertezza, elevata interdipendenza tra operazioni unitarie, e requisiti relativamente bassi di specializzazione nelle singole attività, in situazioni di cronici e acuti problemi di conflitto industriale prodotti dall’assetto taylorista. Un’organizzazione di lavoro ricca o arricchita esiste più stabilmente e diffusamente nei settori di attività fortemente sposti a richieste variabili di mercato, alla competizione basata sulla differenziazione e l’innovazione dei prodotti.

3. Modello reticolare È una soluzione più radicale orientata a creare un’organizzazione del lavoro flessibile, basata su una posizione del lavoro con riferimento al gruppo, non ad un individuo, su modalità di coordinamento alternative alla gerarchia e c’è l’esigenza

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di specializzazione in singole attività ed elevate varianze, interdipendenze e specificità tra contributi. Si possono individuare tre varianti di organizzazione del lavoro che presentano caratteristiche “reticolari”:

a. Gruppo autonomo di lavoro, è in grado di risolvere tutti i problemi di regolazione e controllo di varianze ed interdipendenze al proprio interno; È efficace se le interdipendenze esterne con altri gruppi non sono troppo elevate; È autonomo nell’assegnazione flessibile di compiti ai suoi componenti; Es. le isole di produzione o di montaggio

b. Matrice: Le esigenze di specializzazione tecnica all’interno del gruppo

sono molto elevate (gruppo di progettisti o ricercatori); Sono attribuite ad ogni posizione responsabilità e compiti sia all’interno di una specializzazione tecnica sia con riferimento ad aree applicative, tipi di prodotti, tipi di macchinari o tipi di processi. La rete interna: le interdipendenze e le varianze della produzione possono essere efficacemente risolte solo ricorrendo a competenze e risorse ogni volta differenti; La configurazione organizzativa è definita da decisioni ad hoc anziché stabilmente.

c. Modello professionale: una diversa “alternativa alla gerarchia” è

costituita da un mix di meccanismi del coordinamento in cui prevalgono le norme e la routinizzazione di know- how diffusi; essendo il know- how (l’esperienza o il “mestiere”) concentrato in un uno o più leader, il meccanismo dell’autorità deve essere supportato da meccanismi di codificazione e trasmissione delle conoscenze (es. lavorazione di alta qualità di materiali non standard, come pelle o legno) in modo da permettere che tutti possono agire in modo competente in processi poco prevedibili, che richiedono interventi correttivi e decisioni locali e tempestive. La creazione di norme, regole abitudini e prassi, oltre alla comunicazione e decisione di gruppo, sono meccanismi di coordinamento efficaci, anche se gli attori sono proprietari delle attività.

FORME COLLETTIVE:

sono gruppi di lavoratori associati, titolari non solo di diritti di azione e decisione ma anche di diritti di proprietà sulle risorse complementari; Chi è proprietario delle risorse umane e conferisce lavoro è anche proprietario delle risorse tecniche, finanziarie e commerciali; Es. cooperative o società di persone (partnership)

Il gruppo di pari • I membri del gruppo detengono tutti diritti fondamentali: di proprietà,

decisione, controllo, azione e appropriazione dei risultati finali

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• Può strutturarsi secondo una democrazia rappresentativa, specie se di grande dimensione

• È efficace in attività in cui i contributi di lavoro sono gli input principali e critici, e in cui l’associazione continuativa tra tali input generi surplus rispetto al loro impiego separato

Il gruppo federativo • Forma organizzativa parzialmente collettiva • Messa in comune di risorse • Ritenzione dei diritti di ricompensa residuali e dei diritti di autoregolazione

delle proprie attività da parte di ognuno

FORME IMPRENDITORIALI Sono organizzazioni che affidano la realizzazione di alcune fasi del processo di lavorazione ad operatori esterni/interni indipendenti (es. settore tessile) • Lavorazione in conto terzi (“putting out”): Svantaggi: Costi di free-riding,

noncuranza, sprechi, intempestività. Vantaggi: Specializzazione, flessibilità. • Imprenditori interni: operano in imprese che non possiedono strumenti tecnici

e conoscitivi specifici ad una data attività; Forniscono risorse complementari, quali capitale finanziario, patrimonio immobiliare o strutture e competenze commerciali e distributive; Assumono e gestiscono i propri collaboratori e ricevono ricompense per unità di prodotto secondo schemi negoziati precedentemente.

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione CAPITOLO 12 ORGANIZZAZIONI INTERNE E’ opportuno partire da un’analisi dell’efficacia e dell’efficienza della configurazione delle unità organizzative. Per controllare i confini di un’unità organizzativa è necessario partire da un’unità di analisi più elementare di quello dell’unità presa in considerazione (caso Silca, es. 12.1, pag. 442-444). In sostanza, si definiscono le attività di base come nuclei di attività inseparabili e si considerano le variabili chiavi, quali: 1. incertezza ambientale e dei compiti 2. economie di specializzazione, scala e raggio d’azione 3. interdipendenza tra attività 4. limiti alle dimensioni efficienti delle unità 5. possibili conflitti di interesse. ANALISI DELLE INCERTEZZE: la diversità nel grado d’incertezza delle attività è una barriera (fonte di costi) alla loro aggregazione. Il fatto che lo svolgimento di un’attività sia certa o prevedibile, richiede regole, programmi e procedure. Quando un’attività presenta delle eccezioni, si richiedono delle soluzioni ad hoc e un certo grado di discrezionalità degli attori. Questa differenza nell’organizzazione a basso e ad alto grado di incertezza rende difficile la loro aggregazione:

- Le attività più programmabili, se svolte dalle stesse persone che dovrebbero svolgere anche attività poco programmabili, scacciano queste ultime dall’attenzione degli attori;

- Attività a forte aleatorietà e intensità di ricerca richiedono un ambiente organizzativo con attività poco formalizzate e standardizzate, i compiti non devono essere definiti con troppa rigidità, valutando gli obiettivi nel lungo periodo, integrando la professionalità;

- Il grado di incertezza in diverse unità genera vantaggi di apprendimento e di specializzazione, consentendo agli operatori di svolgere efficacemente la propria attività; le incertezze intese come varianze, che hanno effetti importanti sull’economicità dell’impresa, sono dette incertezze critiche, importanti per assegnare compiti di coordinamento ad un’unità anziché ad un'altra, minimizzando i costi.

ANALISI DELLE SPECIALIZZAZIONI: la diversità nelle competenze richieste dalle attività è una barriera alla loro aggregazione. Competenze diverse presuppongono culture diverse, rigide o flessibili: orientamento alla standardizzazione o all’innovazione; orientamento ai compiti o alle persone; orientamento al breve o lungo termine; orientamento focalizzato o generalista. In base ai modelli di competenze tecnica e culturale efficaci in ogni attività si possono valutare relazioni tra attività in termini di affinità o diversità di competenze (fig. 12.1, pag. 444).

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Page 62: Riassunti di organizzazione aziendale

www.ABCtribe.com Il p2p della formazione ANALISI DELLE INTERDIPENDENZE : le interdipendenze complesse tra attività richiedono mutuo aggiustamento e favoriscono l’aggregazione delle attività in una stessa unità. Le interdipendenze semplici possono essere efficacemente regolate tra unità diverse tramite scorte, prezzi o programmi, regole di accesso alle risorse comuni e procedure di comunicazione tra utenti. LIMITI ALLE DIMENSIONI DELLE UNITA’: sia le economie di scala e di raggio d’azione che i costi di controllo, contribuiscono a definire i confini efficienti di un’unità organizzativa. Un allargamento delle unità è favorito dall’opportunità di realizzare economie di scala o di scope quando l’aggregazione di più attività consentisse di saturare risorse umane e tecniche che rimarrebbero altrimenti sottoutilizzate. Un allargamento delle unità è favorito da bassi costi di controllo se le attività sono fortemente programmate e regolate da meccanismi formali, se lo stile di supervisione non è di tipo accentrato, se gli obiettivi degli attori non sono in conflitto tra loro. CONFLITTI D’INTERESSE: l’incompatibilità tra obiettivi ed il conflitto d’interessi rappresenta una barriera all’aggregazione delle attività. L’assegnazione alle stesse persone di attività orientate ad obiettivi diversi e conflittuali può generare forti sub-ottimizzazioni nello svolgimento di entrambe le attività. Un problema di incompatibilità che si riscontra spesso nella progettazione organizzativa è quello tra attività per cui è efficace ed efficiente istituire controlli ed unità di controllo. CRITERI PER L’AGGREGAZIONE DELLE ATTIVITA’: Le attività e le risorse dovrebbero essere aggregate in modo da max l’interdipendenza all’interno di ogni unità e min l’interdipendenza tra unità (min dei costi di coordinamento); le attività e le risorse dovrebbero essere aggregate in modo da min la differenziazione interna ad ogni unità e la max differenziazione tra unità (economie di scala e specializzazione); le dimensioni di qualunque unità non devono superare il limite oltre il quale l’incremento dei costi superi le riduzioni nei costi di coordinamento e di produzione; non devono essere aggregate attività con interessi in conflitto o incompatibili. POSSIBILE COMPRESENZA DI DIVERSI CRITERI DI SPECIALIZZAZIONE DELLE ATTIVITA’: Le unità organizzative possono essere specializzate secondo diversi criteri. Tradizionalmente si contemplano tre tipi di specializzazione: per funzione, per prodotto o per mercato. Tuttavia non sono gli unici criteri interessanti da analizzare. I criteri si specializzazione di norma applicati sono i seguenti:

1. specializzazione per funzione: è il criterio più utilizzato e implica la divisione dei processi di trasformazione in gruppi di attività simili tra di loro dal punto di vista di tecniche utilizzate, dei tipi di input, di risorse e competenze.

2. specializzazione per prodotto/progetto: è l’alternativa più importante al

criterio sopra citato. Comporta il raggruppamento di attività diverse ma relative allo stesso output (o prodotto)

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3. specializzazione per processo: il processo è costituito da una serie di attività

che consentono di identificare l’output (non necessariamente il prodotto finale) perché svolte tutte sulla stessa catena del valore.

4. specializzazione per sbocchi di mercato: tale criterio è fondamentale per le

imprese orientate al mercato e ha molte sfaccettature. I mercati di sbocco possono essere intesi come aree geografiche dalle esigenze diverse, segmenti di mercato particolari, etc.

5. specializzazione per tipo di relazione/partner: tale specializzazione è

conveniente quando il governo delle relazioni esterne con altri fattori diventa critico.

Principio di contingenza (Lawrence e Lorsh, 1967) Gli assetti organizzativi efficaci ed efficienti non sono indipendenti dalla natura delle attività da organizzare Si contrappone:

• Principio universalistico:Esiste un modello ottimo di organizzazione (one best way of organizing) in generale, universalmente valida indipendentemente dalla natura delle attività

• Approccio degli archetipi : Sono modelli ideali di forme organizzative presentati come alternative per la progettazione dell’assetto e dei meccanismi di relazione organizzativa a livello dell’azienda.

Di conseguenza, rappresentano dei modelli da cui avviare l’analisi e la rappresentazione di un’organizzazione, con l’obiettivo di arricchirla con indagini più approfondite che ne sappiano cogliere anche gli aspetti originali ed unici Esiste un’ ampia varietà di forme organizzative per quanto è ampia la varietà di combinazioni possibili tra tutti i diversi particolari meccanismi del coordinamento e tutte le particolari modalità di divisione dei diritti di azione, decisione, controllo e proprietà tra sotto-unità. Le peculiarità delle soluzioni adottate in ogni impresa non sono né irrilevanti né accidentali. Possono essere le differenze che fanno la “differenza” in termini di vantaggi competitivi.

12.1 FORME UNITARIE Un tipo di impresa la cui forma organizzativa sia “unitaria” è specializzato su un singolo prodotto o su una linea di prodotti ed ha tutte le competenze specifiche nello svolgere i processi relativi al prodotto in questione. Le principali unità organizzative sono raggruppate per funzioni e responsabilità simili (contabilità, acquisti, vendite, ecc). Le persone impiegate nelle diverse unità organizzative, quindi, utilizzano le stesse tecniche e hanno gli stessi orientamenti cognitivi. L’assetto strategico e organizzativo è quello classico dell’impresa industriali di medie e medio- grandi

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Page 64: Riassunti di organizzazione aziendale

www.ABCtribe.com Il p2p della formazione dimensioni, le cui principali sotto-unità sono le “funzioni”. Le dimensioni e l’articolazioni del sistema organizzativo implicano una discreta o elevata formalizzazione almeno al livello delle unità funzionali. Il grande vantaggio di una forma unitaria è l’efficienza che assume nelle economie di scala e specializzazione, ma i grandi problemi sono la generazione di comportamenti orientati a obiettivi parziali e l’indistinguibilità dei risultati economici all’interno della produzione di squadra. Vantaggi: Economie di scala e di specializzazione. Limiti: Comportamenti orientati ad obiettivi parziali; l’indistinguibilità dei risultati economici conseguiti; Interessi e culture locali. Le strutture funzionali, o unità funzionali, costituiscono cluster di attività che rappresentano contemporaneamente processi, linee di servizio e funzioni. Tuttavia tali strutture restano strutture unitarie e non divisionali, in ragione del modo in cui la divisione del tra esse è definita. In uno schema unitario i confini tra unità sono specificati in termini di diritti e responsabilità di azione e di decisione differenziati; mentre in uno schema divisionale i confini tra unità sono definiti anche da diritti di controllo e di ricompensa residuali sulle azioni e decisioni intraprese. La crescita dell’impresa e l’articolazione delle unità sono tuttavia connesse ad una certa differenziazione dei soggetti detentori di diversi detentori di decisione, controllo e proprietà. Tra le forme unitarie distinguiamo:

• BUROCRAZIA (MECCANICA): essa prevede la specializzazione per competenze tecniche dei principali organi, unita alla depersonalizzazione dei ruoli e delle posizioni organizzative come aggregati di responsabilità indipendenti da chi assume, alla formalizzazione dei compiti e alla chiara divisione non solo orizzontale tra unità funzionali operative ma anche verticale tra organi di decisione e controllo. A queste caratteristiche si devono aggiungere un insime di meccanismi di coordinamento tra unità, costituito dalla combinazione di procedure formali di comunicazione, standardizzazione e programmazione dei processi di trasformazione e di scambio, supervisione ed intervento gerarchico. Una “macchina organizzativa”, predefinita e specializzata, può essere più efficace ed efficiente rispetto a forme più flessibili solamente se i beni o servizi da produrre, i clienti da servire, i fornitori e le loro condizioni e le tecnologie e processi di trasformazione sono sostanzialmente stabili e conosciuti. Tali condizioni si possono verificare quando un’impresa operi in mercati ampi, con clienti che possono essere soddisfatti con prodotti dai cicli di vita lunghi e dalla qualità standard e quando l’impresa scelga effettivamente strategie di competizioni sui costi e standardizzazione dell’output. Tali condizioni erano più diffuse nel passato che non oggi, riemergendo soltanto in processi di globalizzazione e omogeneizzazione della domanda mondiale di alcune classi di prodotti (es. elettronica tascabile). Dal punto di vista organizzativo non ci sono state differenziazioni di rilievo, in

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quanto la direzione rimane accentrata, i controlli frequenti e gli standard rimangono formulati in modo preciso nel breve periodo.

• BUROCRAZIA PROFESSIONALE o di Mintzberg: essa si distingue dalla

precedente perché il coordinamento è centrato sulla standardizzazione delle conoscenze e delle competenze anziché sulla standardizzazione dei materiali, dei processi di trasformazione e degli output, oltre che sulla negoziazione tra unità anziché sulla supervisione. Tale forma organizzativa è particolarmente legata ad attività di servizio piuttosto che industriali (come scuole o ospedali), quindi in sistemi di grande servizio complessi ma stabili. Tuttavia, in non poche attività industriali la componente di servizio è diventata essenziale per cui, anche un’impresa di questo tipo, può adottare una forma organizzativa di tipo burocratico- professionale, alleggerendo il numero di livelli gerarchici, dell’uso della supervisione come meccanismo di coordinamento e sulla distinzione tra ruoli di manager (responsabile di risorse umane e finanziarie) e ruoli di professional (fornitore di competenze).

• FORMA AD ALTA DIFFERENZIAZIONE ED INTEGRAZIONE: è una forma

organizzativa unitaria ma non burocratica, nata dalla storia aziendale che ha visto infiniti esempi di funzioni aziendali divenire “comparti stagni”, a causa della mancanza di comunicazione e della difficoltà di comprensione. Per fronteggiare questo tipo di problema, molte imprese hanno adottato, tra le attività funzionali più critiche, assetti organizzativi caratterizzati da bassa formalizzazione e divisione delle attività. Sotto l’assetto organizzativo, si è operata una differenziazione tra i sottosistemi maggiormente investiti da una variabilità esogena, con caratteristiche “di confine”, a cui si richiedeva una maggiore flessibilità e adattabilità, con una elevata complessità informativa e da funzioni interne, con minore complessità informativa. Tali assetti sono regolati da tre tipologie di organi di integrazione:

I. ORGANI DI INTEGRAZIONE. PER PRODOTTI E CLIENTI: tale

organo si è sviluppato principalmente per risolvere problemi generati dall’evoluzione della domanda e della concorrenza, cioè da fattori critici per l’efficacia, l’efficienza e la sopravvivenza a lungo termine dell’impresa collegata all’area marketing. Tali organi vedono la nascita di tre figure importanti: il product manager, brand manager e account manager. Il product manager è una figura largamente impiegata nelle imprese che gestiscono una folta gamma di prodotti ed è un ottimo aiuto nello svolgimento delle attività di linea, sviluppo, produzione e commercializzazione con finalità di ottimizzazione di marketing mix (es. nelle case farmaceutiche o prodotti alimentari). Il product manager tradizionalmente cura il coordinamento tra le sottofunzioni

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del marketing (vendita, ricerche di mercato, pubblicità e comunicazione, sviluppo di nuovi prodotti) e con le altre realtà funzionali esterne al marketing (progettazione, produzione, ricerca e sviluppo). Ad ampie responsabilità di coordinamento non è associata l’attribuzione di un analogo potere formale o autorità gerarchica. Ciò determina: un clima diffuso di ambiguità, frequenti conflitti e problemi di bilanciamento e ridefinizione dei ruoli e delle competenze. Il brand manager, invece, è una figura che nasce nel momento in cui l’impresa realizzi prodotti tecnicamente simili ma con marchi diversi (ad esempio la FIAT e l’ALFA ROMEO). Gli account manager, infine, nascono per coordinare le funzioni che dipendono dalle relazioni con altre imprese in situazione di alta concentrazione del mercato.

II. ORGANI DI INTEGRAZIONI PER PROGETTI: il più importante e

rappresentativo strumento in questo caso è il project manager. Egli sta a capo del progetto, che può essere lo sviluppo di un nuovo prodotto, la realizzazione di una commessa industriale, lo sviluppo di un programma di automazione, ecc. E’ responsabile di organi tipicamente creati ad hoc per risolvere problemi complessi ed interdisciplinari con l’apporto delle diverse specializzazioni funzionali. Il project manager ha, ovviamente, autorità gerarchica sui membri del gruppo di progetto. Il progetto può essere sia lo sviluppo di un nuovo prodotto che una commessa industriale che l’attuazione di un programma di formazione di automazione, quindi anche per problemi di natura non tecnica.

III. ORGANI DI INTEGRAZIONE PER PROCESSI: un terzo tipo di

organi ha come orientamento l’ottimizzazione e il controllo dei processi e vede la nascita di figure come il capo commessa. È utilizzata nelle imprese di medie e medio- piccole dimensioni: controlla e coordina i processi di avanzamento della commessa, trasversalmente alle principali funzioni operative, sia con strumenti formali di programmazione, controllo dei costi e dei tempi, sia attraverso la gestione di processi di negoziazione interfunzionale e intercommessa. Più in generale, e più recentemente, si costituiscono figure di process owner con responsabilità più ampie e imprenditoriali sull’efficienza complessiva di “catene del valore” interne. È utilizzata nelle imprese di medie e medio- piccole dimensioni

• FORMA UNITARIA RETICOLARE: essa si divide in forma a matrice unitaria oppure a rete interna. Le strutture a matrice attrassero il massimo interesse

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nel corso degli anni ’70. Esse furono lo sviluppo di una logica “doppia” fondata sia sulla specializzazione funzionale, sia sull’integrazione tra le funzioni, quindi rende permanente la doppia appartenenza di tutti i partecipanti al sistema sia ad un’area di specializzazione funzionale sia a uno o più sottoinsiemi di attività di produzione di uno specifico output. Il limite fondamentale dell’assetto a matrice è la complessità informativa, la sua ambiguità, causata da una rete fittissima di relazioni. Le figure preponderanti in una forma a matrice sono i responsabili di prodotto e responsabili di funzione. Un’altra configurazione di forma unitaria reticolare (che ha preso piede negli anni ’80) è la rete interna (tout court). Essa concepisce il sistema come un sistema di nodi di competenze che si possono aggregare flessibilmente secondo necessità. Una struttura di questo tipo è necessariamente molto piatta: i meccanismi di integrazione dominanti sono la comunicazione diretta, la decisione congiunta e la negoziazione tra le parti, all’interno di architetture incentivanti allocati in modo decentrato e condiviso (es. attività di ricerca ed innovazione). Spesso si tratta di parti di grandi imprese altamente innovati ad alta tecnologia, come il settore tecnologico dell’innovazione, ma si può trattare anche di istituti o laboratori di ricerca. Centrata sul two boss manager: un responsabile a livello intermedio che riferisce sia al coordinatore per funzione sia al coordinatore di prodotto o progetto (in deroga al principio one man one boss). Il resto del personale opera alle dipendenze di questi responsabili intermedi, quindi di un solo “capo”.

Il grande vantaggio della struttura unitaria in termini di efficienza risiede nelle economie di scala e specializzazioni realizzabili dall’aggregazione delle attività tecnicamente omogenee. I problemi riguardano la generazione di comportamenti orientati a conseguire obiettivi parziali e i risultati non investono il lavoro di squadra delle varie funzioni. La specializzazione per funzioni tecnicamente omogenee porta una segmentazione degli obiettivi, dei sistemi di ricompensa delle culture organizzative all’interno del sistema: possono sorgere conflitti tra le strutture funzionali, legati all’incomprensione e ai conflitti.

Matrice unitaria Meccanismi del coordinamento GERARCHIA, che si esprime nelle due figure di responsabili di prodotto e di funzione; PROGRAMMAZIONE delle attività interne e con quelle di produzione e di progetti; INCENTIVAZIONE basata su una logica di risultato nel prodotto e su una prestazione specialistica; PROCESSI DI DECISIONE CONGIUNTA→ Complessità informativa

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Page 68: Riassunti di organizzazione aziendale

www.ABCtribe.com Il p2p della formazione Rete interna

• sistemi di nodi o poli di competenze che si possono aggregare flessibilmente secondo necessità;

• forma organica ed orientata all’innovazione; • forma piatta con un reticolo di unità-nodi posti tendenzialmente sullo stesso

piano. Meccanismi del coordinamento

• Comunicazione diretta; • Decisione congiunta; • Negoziazione.

12.2 FORME DIVISIONALI Tale forma organizzativa fu adottata da imprese di grande blasone come la General Motors, come stadio organizzativo successiva a quello unitario: può essere adottata anche senza che prima vi sia stato uno stato di organizzazione unitario. Tale evoluzione, risponde a problemi come la crescita di numero, dalla complessità e dalla crescita dei prodotti e mercati in cui la singola impresa si trova ad operare, in genere in mercati instabili, superando il coordinamento orizzontale e rispondendo prontamente alle differenziazioni. Rispetto all’organizzazione unitaria, una forma divisionale quindi, anziché cercare di unificare e integrare il più possibile aree differenti ma fortemente interconnesse dall’impresa, si cerca di dividere o meglio di decentrare l’impresa in combinazioni produttive il più possibile indipendenti in modo da far operare tali “divisioni” nella maniera più trasparente è possibile a livello di risultati e dando loro l’autonomia di “quasi-imprese” indipendenti. Si può pensare, quindi, alla forma divisionale come a un insieme di unità specializzate e tali unità vengono valutate in termini di risultati reddituali (quasi come se si trattasse di imprese, appunto) e sono a loro volta organizzabili all’interno secondo uno schema unitario. Sotto l’aspetto della struttura proprietaria le forme divisionali sono caratterizzate da un’accentuata separazione tra proprietà e controllo e dall’allocazione di alcuni diritti di proprietà alle unità organizzative, con un’attenzione agli utili degli azionisti e agli interessi generali dell’azienda. Tale separazione implica l’instaurarsi di relazioni di agenzia a fondamento della gerarchia aziendale, con i relativi costi. Le esigenze di investimento o disinvestimento, nei vari rami sono relativamente bassi e la realtà legislativa presente nei paesi in cui si opera può rendere efficiente il mantenimento delle società acquisite in forma di S.p.A controllate o il conferimento delle unità divisionali dello status giuridico di imprese consociate. Tra le patologie delle forme divisionali ricordiamo la febbre della diversificazione che ha portato l’espansione di imprese ben al di là dei propri confini efficienti. Inoltre, una dimensione del sistema troppo elevata può comportare problemi di coordinamento. Costi d’agenzia.

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione I lati positivi, invece, sono rappresentati dalle occasioni di conflitto, che in una struttura divisionale sono minori visto che minori sono le interdipendenze tra attori. Quando emergono i conflitti, essi sono esclusivamente di natura distributiva ossia riguardano la concorrenza interna per l’acquisizione di risorse umane e finanziarie. Esistono diversi tipi di forme divisionali:

• DIVISIONALI BUROCRATICHE: tale forma si chiama in questo modo perché, nonostante la diversa natura dei diritti e delle responsabilità di ogni unità, i meccanismi di coordinamento sono simili a quelli delle forme burocratiche unitarie. In ogni divisione si realizzeranno combinazioni produttive che si collocano su punti diversi della catena del valore. Si affermeranno principalmente interdipendenze sequenziali tra le diverse attività svolte in ciascuna divisione. Tali combinazioni verranno coordinate attraverso i prezzi di trasferimento (tramite i quali indirizzare gli scambi tra divisioni), la pianificazione strategica (per regolare l’utilizzo delle risorse) e tramite gli staff centrali di specialisti che coordinando le divisioni fornendo conoscenze specialistiche e politiche funzionali comuni. Può risultare idonea nei seguenti casi Integrazione verticale (es. le compagnie petrolifere hanno integrato a monte nell’industria estrattiva e controllano altresì la raffinazione e le catene distributive); Sviluppo internazionale dei mercati di sbocco basato su economie di scala in mercati globali di beni con caratteristiche standard (es. le prime grandi aziende americane che si sono internazionalizzate i settori del largo consumo e molte imprese internazionalizzate giapponesi).

• DIVISIONALI INTEGRATE: essa si caratterizza dall’utilizzo comune di

risorse complesse in settori diversi ma correlati, non completamente decentrata, in cui la funzione finanziaria non è delegata dalla casa madre, come succede nelle divisionali, burocratiche. Ad esempio, il know-how appreso in prima battuta da un determinato settore viene trasferito ad un altro settore evitando a quest’ultimo perdite di tempo e cognitive. Per far si che questo trasferimento di know -how possa avvenire, le imprese impegnate in questo tipo di organizzazione, devono essere dotate di organi di integrazione importanti. Esistono tre configurazioni di forme divisionali integrate: 1) a core (basata sull’orientamento tecnico e sullo stesso know- how, I grafico pag. 479). Si riscontra in alcuni gruppi di imprese europee con elevata diversificazione su attività industriali dipendenti da conoscenze tecnologiche di fondo comuni. La struttura adottata presenta divisioni o imprese “pilota” per ogni gruppo di prodotti che dipende da una stessa tecnologia (o core competence) controllata principalmente da quella impresa; 2) a funzione critica (basata sulla funzione finanziaria, II grafico, pag. 479), si riscontra generalmente nelle compagnie di assicurazione diversificate su diversi tipi di attività finanziarie e soprattutto in diversi paesi del mondo. Tali compagnie hanno nella gestione dei flussi

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finanziari e patrimoniali un’attività trasversale ai diversi servizi e critica per il successo dell’impresa. Pertanto le attività di gestione finanziaria sono centralizzate ed alla funzione finanziaria sono attribuite responsabilità di coordinamento tra le divisioni geografiche; 3) ad area manager (basata sulla funzione commerciale, III grafico, pag. 479), si riscontrano nelle strutture divisionali per prodotto integrate trasversalmente da responsabili di area geografica. Le attività relative ai diversi prodotti necessitano di un coordinamento ed un adattamento orientato alle specificità locali dei paesi in cui sono commercializzati e di usufruire delle conoscenze e dei legami locali dei responsabili di paese.

• DIVISIONALI RETICOLARI (es. caso Pocket): esso è un modello che si caratterizza per lo sviluppo internazionale (internazionalizzazione) e per la diversificazione dei prodotti. Le forme divisionali reticolari possono assumere struttura a matrice divisionale e a rete interna. Una struttura a matrice divisionale prevede una logica organizzativa “doppia” che tratta allo stesso tempo la specializzazione per area geografica e per prodotto. Ad esempio, è a matrice divisionale, una multinazionale che produce diversi prodotti e li distribuisce in tutti il mondo, con una duplicazione della linea di potere formale; limitato ricorso alla gerarchia; forma organizzativa molto costosa in termini di processi di decisione e di negoziazione. Una struttura a reti interne tra imprese che prevede che le imprese “sussidiarie” riescano a mantenere la propria identità locale piuttosto che ereditare l’identità della casa madre. Forme multipolari o transnazionali o eterarchie aziende multinazionali che competono su scala mondiale e sono presenti con più prodotti su più mercati; le risorse locali, altamente specializzate, sono controllate in modo diffuso e diversamente combinate in relazione alle esigenze; decentramento di tipo eterarchico (nonostante la centralizzazione dei diritti di proprietà su un vasto gruppo di imprese, le possibilità d’uso della gerarchia come meccanismo di decisione e controllo sono molto ridotte). Forme Adhocrazie : L’aggregazione delle diverse unità individuali, in unità funzionali e unità divisionali è definita di volta in volta in relazione alle diverse esigenze dei clienti; ha una forma organica, finalizzata all’innovazione; vi è un’elevata flessibilità organizzativa ottenuta mediante la continua aggregazione e scomposizione delle attività; elevata differenziazione orizzontale e verticale.

• MULTIDIVISIONALI E HOLDING: la forma Multidivisionale è

l’estremizzazione della forma divisionale (viene chiamata anche M-Form o forma pura). Si contraddistingue per un decentramento e una separazione massima dei diritti di decisione e di ricompensa e per un uso esteso di meccanismi di coordinamento e controllo simili a quelli di mercato, per quanto

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applicati all’interno di un’impresa. Le divisione sono largamente autonome nelle loro scelte e il coordinamento è assicurato principalmente dalle regole del gioco e incentivi di tipo economico: investimenti e finanziamenti in funzione della redditività delle divisioni, controllo su parametri economico- finanziari. Questa logica di funzionamento è definita anche “mercato internalizzato” o “mercato dei capitali interno”. Se a queste divisioni viene riconosciuta anche una personalità giuridica, esse divengono imprese vere e proprie controllate da un’impresa centrale che diventa una società Holding che non ha più niente a che vedere con le tematiche industriali delle “divisioni” ma governa solo gli investimenti e l’aspetto finanziario (H-Form). Presupposto per l’efficienza della forma M è che vi siano effettivamente interdipendenze poco complesse tra i diversi settori di attività o nelle attività industriali. Queste condizioni ricorrono nelle cosiddette conglomerazioni o imprese con attività non correlate. Si deve però dire, che comunque, un canale informativo e di circolazioni di conoscenze specifiche deve pur sussistere anche nelle strutture radicalmente diverse: se simulassero un mercato troppo realistico, non avrebbero vantaggi informativi su un mercato vero e proprio, comportando maggiori costi di struttura e di governo centrale.

Una patologia tipica di tali strutture divisionali è quella sorta di febbre dell’acquisizione e della diversificazione che porta le imprese all’inefficienza. Un secondo limite è dato semplicemente dalla vastità del sistema da coordinare, in quanto vi è un uso limitato di meccanismi gerarchici, di pianificazione e di decisione congiunta. Costi di agenzia alti. Possibili conflitti e negoziazioni distributive.

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione CAPITOLO 13 CONFINI E COORDINAMENTO TRA IMPRESE Il problema della divisione del lavoro e del coordinamento è affrontato anche a livello imprenditoriale. Un impresa produce beni per la vendita, implicando una certa specializzazione dell’attività. È rappresentabili attraverso tre aspetti:

- l’autosufficienza, cioè l’azienda stessa. - La durata, che associa i proprietari all’input. - La consapevolezza, cioè l’orientamento delle risorse.

La specializzazione, la continuità di associazione e la direzione consapevole sono caratteristiche del firm-like (tipo di impresa). Sostituiscono l’autosufficienza e i mercati istantanei, sono ricorrenti nell’organizzazione aziendale perché convenienti in molte circostanze. La convenienza deriva in parte dai costi di transazione e di controllo, in parte dalle condizioni che presiedono all’acquisizione e all’uso della conoscenza. 13.1 imprese e mercati Secondo Coase, l’impresa ha ragione di esistere perché le capacità degli attori di trattare informazioni e di risolvere conflitti è limitata, così come i costi di transazione generati da tali limiti: costi di ricerca di informazioni, di identificazioni di partner commerciali, di presa di decisioni, di negoziazione di controllo. Se gli attori economici potessero trattare liberamente tali risorse e diritti senza “attriti”, vincoli, “effetti ricchezza”, “esternalità” o altri limiti che potrebbero prevenire l’effettuazione di scambi efficienti, qualunque fosse la distribuzione iniziale dei diritti di proprietà si arriverebbe ad un’allocazione Pareto- efficiente. In questa prospettiva, l’esistenza delle imprese, come strutture di coordinamento tra diverse attività è attribuita all’esistenza di condizioni di “crisi di mercato” (market failure) dettata da:

- esternalità: i mercati non riescono a gestire efficacemente questi scambi, che hanno conseguenze (positive o negative) su terze parti non coinvolte nello scambio: ad es. l’inquinamento industriale è un’esternalità negativa. Anche le esternalità positive possono creare problemi: si pensi ad una nuova tecnologia che possa essere copiata con facilità. I benefici non sarebbero appropriabili dall’impresa che ha sostenuto i costi dell’innovazione, che sarebbero goduti da terzi senza ottenere un corrispettivo: in un regime di mercato non corretto, tali innovazioni non vengono intraprese (missing markets).

- Costi di produzione: l’esistenza di economia di scala o di scope è stata considerata fonte di crisi di mercati, come pure l’indivisibilità delle risorse combinata con la varietà dei servizi cui possono essere

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impiegate, che spiegano la crescita delle dimensioni efficienti delle imprese.

- Indivisibilità tecnica: sono gestite, in linea di principio, da “contratti di mercato”. Pertanto i costi di transazione nell’uso del mercato, assieme ai costi di produzione, può spiegare perché un mercato fallisce: includono, infatti, i costi di trasferimento dei beni e servizi tra diversi attori economici.

Affinché questa analisi sia rilevante per la progettazione dei confini dell’impresa bisognerebbe dimostrare che l’organizzazione interna ha prestazioni superiori nel governare esattamente quel tipo di transazioni, piuttosto che esserne altrettanto disturbata. Ma quali sono le proprietà che l’organizzazione interna dovrebbe avere per impiegare nel modo migliore le risorse disponibili e per rispondere in maniera più adeguata ai cambiamenti del mercato? Dipende da quale struttura prevale nell’organizzazione interna. un primo vantaggio dell’organizzazione interna è la possibilità di far circolare le informazioni in maniera più intensa e ricca di quella possibile attraverso i suoi confini: comporta meno rischi competitivi in base ad una cultura comune; tuttavia tali meccanismi sono imperfetti anche nell’impresa, specialmente se grande e divisa ma si può affermare che un vantaggio di maggior capacità di trasferimento di conoscenze è posseduto da dall’organizzazione interna quanto più la sua struttura organizzativa proprietaria è integrata e reticolare. Inoltre la variabilità ambientale può essere causa di crisi dell’organizzazione interna tanto quanto dei contratti di mercato: solo le forme flessibili e adhocretiche sono in grado di gestire questa complessità informativa. Solo se si suppone che le relazioni esterne siano affrontate in modo conflittuale e opportunista l’organizzazione interna di tipo gerarchico può diventare relativamente attraente. Tuttavia se l’impresa fosse governata solo dalla gerarchia e dall’autorità i vantaggi interni sarebbero limitati ad attività semplici: solo se si considera l’impresa come struttura di condivisione (piuttosto che di centralizzazione) dei diritti di proprietà, allora si possono gestire interdipendenze molto complesse meglio delle varie forme disponibili di organizzazione interna. In conclusione si possono tracciare due indirizzi metodologici per l’analisi dei confini:

1) dove sia meglio posizionare i confini dipende da quali sono le “forme di governo confinanti”, cioè i confini dovrebbero essere co-progettati con le forme di organizzazione interna ed esterna che intendono dividere. Vi sono due forme particolari di organizzazione: interna, gerarchica e burocratica, ed esterna, contratti di mercato. Possono competere per l’organizzazione di attività e relazioni semplici, e l’alternativa rilevante nel caso di attività complesse sarà tra forme reticolari interne ed esterne, e non tra mercati e gerarchie.

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2) Confini adeguati all’impresa, soprattutto nella loro dinamica di espansione, dipendono dai migliori sentieri percorribili di apprendimento e di utilizzazione economica delle risorse e del know- how e non solo dai costi comparati di modi di organizzare attività date.

Crescita basata sulle risorse e sulle conoscenze I vantaggi di governo di crescita di un’impresa basata sulle risorse e sulle conoscenze, risiedono nell’opportunità di generare nuovo valore appropriabile; nel poterlo fare a basso costo; e potendo utilizzare i canali di comunicazione diretti, informali e diffusi che sono presenti in una struttura che tenda all’innovazione. In questo modo le conoscenze distintive dell’impresa non vengono esternalizzate, rendendo possibili rendite e vantaggi competitivi sostenibili e giustificabili. Da un punto di vista progettuale, l’analisi è anche di tipo ex ante e non solo ex post, sui possibili sviluppi delle risorse: ad esempio, possono essere costituiti da analisi di matrici. In genere questi apprendimenti, scoraggiano gli ingressi in attività di cui non si posseggano i vantaggi informativi e la competenza (correlati al “core competence”). Crescita basata sui costi di produzione e transazione. Immaginiamo che sia dato un insieme di “nodi” non separabili (o per know-how comune o perchè non sono separabili tecnicamente): è meglio che l’impresa sia governata all’interno di una stessa impresa o tramite contratti esterni? Per Make or buy si intende la scelta di un'azienda o di costruire o di effettuare al proprio interno (make), oppure di acquistare all'esterno (buy), un componente, un prodotto o un servizio necessario alla produzione. La scelta si basa sul raffronto dei costi totali da sostenere nei due casi, tenendo conto inoltre sia delle caratteristiche di reperibilità all'esterno (e quindi di eventuali criticità), sia delle risorse disponibili a questo fine all'interno dell'azienda. Si tratta di una scelta strategica fondamentale per la gestione d'azienda, che definisce il livello di integrazione delle attività (a monte e a valle) e determina anche la struttura dei costi, l'organizzazione e il posizionamento sul mercato. L'opzione make (o gerarchia) offre soprattutto il vantaggio di garantire un controllo diretto sull'attività, sugli approvvigionamenti e sulla qualità del prodotto/servizio. Consente inoltre di mantenere eventuali segreti industriali. L'opzione buy (o mercato) offre invece il vantaggio di comportare minori costi fissi e quindi minore capitale immobilizzato, consentendo una maggiore flessibilità della capacità produttiva. In generale l'esternalizzazione delle attività aumenta con la maturità del settore industriale, perché aumentano i vantaggi di specializzazione e le economie di scala. Negli ultimi decenni, la tendenza globale è quella di mantenere all'interno dell'impresa le attività della gestione caratteristica, basate sulle competenze chiave e quelle con forte potenziale di sviluppo, su cui si fonda il vantaggio competitivo di lungo termine, delegando all'esterno tutte le altre.

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione Il problema di “make or buy” è stato ben analizzato nell’economia dei costi di transazione sia con riferimento alle interdipendenze di scambio o transazionali, sia con riferimento a forme interne gerarchiche e a forme esterne di contratto completo. La proposizione centrale è che al crescere della specificità, dell’incertezza e della frequenza delle transazioni l’organizzazioni interna diventa relativamente più efficiente dell’organizzazione esterna. Williamson (1981) suppone che al crescere delle specificità, crescano tutti i costi esterni di produzione e di transazione, mentre decrescono quelli interni, placando eventuali conflitti di attori, con un maggiore accesso di linguaggio o informazione. Gli effetti dell’incertezza provocano: difficoltà a concludere contratti completi in condizioni incerte; possibilità che gli obiettivi conflittuali e incompleti espongano a rischi di opportunismo; possibilità che le strutture interne di management diventino insostenibili se frequenti: in altri termini, l’ipotesi operativa è che solo attività legate da transazioni, sia specifiche , sia frequenti, sia incerte si dovrebbero integrare nella stessa impresa (caso Calor 13.3 pag. 499). Effetti contrastanti e relazioni non lineari Vi sono latri effetti che contrastano ed hanno un peso in un modello di base e sono:

- l’incertezza aumenta i costi attesi di produzione esterna; l’incertezza può avere effetti opposti sui costi di transazione esterni (che si possono elevare rispetto a quelli interni per completezza dei contratti) e sui costi di produzioni esterni (che si possono abbassare relativamente a quelli interni per minori economie di scala realizzabili da impianti integrati. Il trade- off dipende dalle funzioni di costo.

- La specificità crea rendite e giochi integrative; in una situazione di scambio di beni unici o altamente co- specializzati in condizioni di simmetria, la contrapposizione sul prezzo di scambio può perdere molto della sua rilevanza. La divisione della quasi- rendita tenderà ad avvenire su un punto intermedio, con criteri di consuetudine ed equità. La relazione avrà un basso potenziale di opportunismo. Pertanto la specificità e l’incertezza allontanano da rapporti di mercato, ma solo se associate alla contrapposizione di interessi una causa della costituzione di strutture di impresa come soluzione dei conflitti generati da un elevato potenziale di opportunismo.

- La frequenza di una relazione diminuisce il potenziale di opportunismo. Nonostante che date transazioni siano specifiche ed incerte, possono trovarsi ad essere governate da assetti esterni, anche in modo efficiente. Una soluzione esterna è favorita da: 1) i costi attesi di produzione e 2) dalla frequenza delle interazioni e l’attesa di scambi ripetuti crea conoscenza specifica tra partner, effetti di reputazione riducono i costi di attesi dalle transazioni esterne, diminuendo i costi di mantenimento di una struttura

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organizzativa interna. Pertanto anche la frequenza degli scambi ha due effetti opposti sui costi di produzione e transazione che vanno soppesati: tende ad abbassare i costi di produzione e transazione interni perché consente economie di scala produttive e amministrative; ma tende a contenere i costi di transazione esterni attraverso un calmieramento dell’opportunismo. Calmieramento: regolamentazione dei prezzi da parte di un’autorità.

Ampliamento degli insiemi di variabili e di forme organizzative considerate Se le relazioni sono troppo complesse, governate da relazioni di autorità diverse, o gli obiettivi degli attori non sono gli stessi è necessario analizzare il modello base, per far fronte alle incertezze, alle incompletezze, grazie all’accesso centralizzato alle informazioni della gerarchia interna. Williamson ha elaborato un modello per la valutazione comparata per i due sistemi organizzativi impresa e mercato, partendo dall’assunto di Coase. Secondo questo modello, poi ripreso e perfezionato, le imprese sono caratterizzate da un sistema di cooperazioni e scambio interni ad unità giuridicamente autonome, con diritti di controllo unificate in base alle proprietà delle attività, al coordinamento e al controllo, prevalentemente a meccanismi di linguaggio comune, informazioni sulle diverse attività raccolte direttamente e trasmesse ad hoc, istituzionalizzazione del rapporto attraverso contratti di società o dipendenza, tramite sistemi di valutazione e ricompensa, risoluzione dei conflitti tramite risoluzione interna. I mercati invece, sono caratterizzati da sistemi di scambio e competizioni fra unità giuridicamente autonome, diritti di proprietà e decisioni separate, coordinamento e controllo tramite meccanismi di uscita e giochi senza comunicazione, informazioni e ricompense condensate nel sistema di prezzi, istituzionalizzazione del rapporto tramite contratti di scambio e regole di sfondo, risoluzioni di conflitti tramite autorità esterne. Williamson sostiene che al crescere della specificità, dell’incertezza e della frequenza delle transazioni, l’organizzazione interna diventa più efficiente dell’organizzazione esterna. Un primo tipo di estensione del modello sostiene che “se le attività sono legate da specificità e una parte controlla le risorse più critiche e meno sostituibili, l’aggregazione delle attività in un’impresa dovrà assegnare a questa parte i diritti di decisioni, controllo e ricompensa residuale” (in pratica la proprietà). Williamson poi propone un altro assunto, per cui “la riduzione nei costi di produzione e di transazione, ottenuta dall’integrazione di attività prima indipendente, deve essere superiore alle perdite per esternalità negative”. È stato poi osservato come chi svolge funzioni all’interno dell’impresa, sia in genere contrario alla loro esternalizzazione per interessi locali. Bisogna infine considerare che esiste un limite dimensionale oltre al quale non conviene più aggregare nessuna nuova attività, indipendentemente dalla sua natura o con le relazioni delle attività già aggregate. Inoltre non bisogna dimenticare come il ricorso ad esternalizzazioni o internalizazzioni dallo stato opposto, comporti inevitabilmente costi di transazioni.

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione 13.2 “reti” tra imprese Sono forme di federazione tra più imprese che rispondono ad esigenze di differenziazioni e di integrazioni simultaneamente. Differenziazione per quanto riguarda in funzione delle specificità locali e delle esigenze di specializzazione; integrazione per quanto riguarda l’impiego più o meno intenso di meccanismi di coordinamento diversi da quelli di mercato. La federazione applica congiuntamente i diversi tipi di know- how da diverse imprese, per progetti di sviluppo pre- competitivi. Esistono tre tipi di forme di imprese legate da forma di interdipendenza attuale o potenziale:

- reti sociali: le imprese intrattengono numerosi legami informali, diretti e interpersonali che hanno importanti capacità di coordinamento. Questi legami possono poi acquisire maggiore consistenza, come nel caso della leadership della più importante impresa di una regione su imprese minori. Altri esempi sono le relazioni di gruppo tra imprese (si scambiano informazioni di rilevanza economica sulla base della negoziazione, o meglio della fiducia quando c’è un basso potenziale di opportunismo e un numero limitato di attori e materie) e i “mercati-c” o meglio “mercati assistiti da clan”: alcuni esempi di mercato-c possono essere alcune forme di distretto industriale presenti in Italia (pag. 516, 6° par.). i mercati-c hanno lo svantaggio di essere sistemi ad accesso relativamente chiuso, quindi potenzialmente iniqui verso gli aspiranti entranti perché potenzialmente poco innovativi. Forme più aperte di contrattazione di mercato combinata con norme specifiche o decisione comuni, sono descritte all’interno dei contratti relazionali, come ad es. molte relazioni di fornitura di beni industriali complesse, poco formalizzate e di lungo periodo.

- reti burocratiche: le imprese interdipendenti possono regolare le loro relazioni di cooperazioni e scambio attraverso contratti che definiscono non solo gli obblighi reciproci a carattere patrimoniale, ma anche una seri di obbligazioni di comportamento, di diritti reciproci di informazioni, di decisioni e controllo, di divisione dei compiti e delle responsabilità dei diritti di ricompensa ad esse collegate. Questi contratti sono incompleti, lontani dalla fattispecie del contratto di mercato, e sono poi integrati da patti interni; nella maggior parte dei casi, i meccanismi burocratici affiancano i meccanismi di mercato “assistiti dalla burocrazia” (mercato B). Le relazioni tra imprese interdipendenti possono essere governate in modo burocratico, con l’impiego di regole, piani, procedure e programmi oppure con l’impiego di autorità e supervisione (mercato A) o con entrambi i meccanismi, i consorzi (cioè un’associazione tra imprese al fine di condurre in comune alcune fasi dell’attività di diverse imprese). I meccanismi

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burocratici di coordinamento tra imprese, possono essere istituiti tramite due forme di contratto: i contratti associativi e i contratti di scambio obbligativi. Esempi sono il franchising, in cui un’impresa madre trasferisce il know -how ad altre imprese affiliate che pagano delle royalties per poter usare il marchio dell’azienda madre, o il subcontracting (appaltatrici), in cui l’impresa principale fa svolgere alcune attività parziali ad aziende appaltatrici sotto la sua supervisione. Due variabili sono importanti per spiegare il passaggio da meccanismi informali a meccanismi formalizzati nelle relazioni di imprese: il numero di attori e attività da coordinare e il potenziale di opportunismo insito nella struttura del gioco. Inoltre, la presenza di incentivi al free- riding e all’inefficienza rendono efficienti garanzie esplicite nei contratti, difendibili di fronte alla legge, anche come sorveglianza e arbitrato.

- reti proprietarie: le imprese mettono in comune sia diritti di proprietà che diritti di ricompensa residuale. Un esempio è dato dalle Joint venture in cui due o più imprese conferiscono il capitale, le competenze tecniche e manageriali per costituire una nuova impresa, dalla cui unione nasce la competenza distintiva della nuova impresa. I risultati residuali sono poi assegnati in base alla proprietà delle azioni della società figlia, conferite a priori. Vi sono poi le Capital ventures: sono di solito considerate come operazioni finanziarie, dato che hanno un alto contenuto finanziario: una società fornisce il capitale di rischio per progetti fortemente innovativi e difficilmente finanziabili attraverso i canali tradizionali. Le capital venture si qualificano come forme intermedie tra mercati di capitali esterni (come le borse) e mercati dei capitali interni (come le conglomerate), oltre ad un efficace di governo che deve permettere anche un trasferimento di conoscenze, di know- how e di decisioni congiunte. Troviamo infine le reti semiproprietarie, meno complesse in cui le imprese partecipano congiuntamente agli utili, ma senza avere una proprietà congiunta delle attività. Queste forme sono utilizzate per progetti in cui l’interdipendenza è limitata nel tempo o nell’entità delle risorse assorbite, per cui non si giustifica la costituzione di una struttura comune. Ne sono esempi il contratto di joint venture (in base al quale le aziende partecipano pro- quota agli utili), l’associazione di partecipazione (l’impresa assume un obbligo di committenza per terzi, avvalendosi di benefici di un'altra impresa che partecipa in virtù degli utili della prima), alcuni cartello (le imprese si accordano di spartirsi in base a quote negoziate, gli utili di azioni concordate, per es. sui prezzi).

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione Esistono forme federative di coordinamento tra imprese basate su alcuni diritti di proprietà congiunta di risorse (es. un marchio o un output comune) ma diritti agli utili separati. Ne è esempio il Gie (groupement d’ìnteret economique) usata per regolare l’uso del know- how comune in attività molto complesse, ma svolte in modo individuale. Problemi di analisi e scelte delle forme organizzative possono essere risolti ricercando soluzioni organizzative Pareto- superiori ed eque, in una logica negoziale a più parti. In conclusione all’analisi delle reti tra imprese, qualora si cerchi di definirlo in modo preciso, si scopre che i confini dell’impresa sono multipli e che l’appartenenza ad un impresa potrebbe essere definita in termini di grado e di probabilità di appartenenza (fig. 13.2 pag.527).

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione Schema dei capitoli: - i capitoli 2 3 10 e 11 attengono al livello micro di analisi organizzativa; - i capitoli dal 9 al 12 attengono al livello meso; - solo il capitolo 13 attiene al livello macro; i capitoli da 4 a 8 riguardano tutti e tre i livelli dell' analisi organizzativa; bisognerà seguire quest’ordine per studiare, e il corso si svolge in quest’ordine. DICEMBRE 2007 (tempo 1:10) 1) non me la ricordo 2) teoria motivazionale del rinforzo 3) Reti di Bavelas 4) Prezzi liberi e prezzi amministrati 5) Forme unitarie reticolari 6) Forme divisionali M- e H- NOVEMBRE 2008 1. I concetti di specificità e specializzazione delle competenze. (5punti) 2. La teoria motivazionale del goal-setting. (5punti) 3. La teoria di Hoefstede. (5punti) 4. Gli organi della forma ad alta integrazione e diversificazione delle reti unitarie(5p.) 5. La forma divisionale: caratteristiche e principali tipologie. (10 punti) MAGGIO 2009 1) stratificazione delle conoscenze 2) teoria motivazionale del rinforzo 3) le patologie del gruppo come strumento decisionale 4) forma ad alta differenziazione ed integrazione 5) forma divisionale (10punti) GENNAIO 2009 (esame 9cfu) 1) stratificazione delle competenze 2) modello di hoefstede 3) teorie motivazionali e caso "massoterapia o fisioterapia" 4) socializzazione e mentoring 5) burocrazia professionale 6) reti sociali

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “PARTHENOPE”

FACOLTÀ DI ECONOMIA

CORSO DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE - NUOVO ORDINAMENTO

9 CFU

A.A. 2008-2009

PROF.SSA LUISA VARRIALE

n. Argomento Letture 1 Introduzione al corso - Una definizione di

attore – Conoscenze e competenze G. Introduzione. Una definizione di attore + cap. II par. 1 + cap. III par. 1

2 Giudizio e decisione G. cap. II par. 2 e 3 3 Motivazione – Teorie dei fattori

motivazionali e teorie dei processi motivazionali

G. cap. III par. 2 + Conclusione. Un attore a razionalità multipla

4 Il coordinamento - Prezzo e voto G. Introduzione. Una definizione di coordinamento + cap. IV

5 Autorità e agenzia - Dinamica sociale e costi dell’autorità e dell’agenzia

G. cap. V par. 1 e 2, par. 3 e 4

6 Comunicazione e decisione di gruppo- Controllo e coordinamento di gruppo

G. cap. VI par. 1, par. 2 e 3

7 Studio di casi G. cap. VII par. 1, 2 e 6 ; 8 Cultura G. cap. VIII par. 1, 2 e 3 2 9 Sistemi legali-formali - Meccanismi di

coordinamento a confronto G. cap. VIII par. 4 e 5 + Conclusione. Combinazione e comparazione tra meccanismi di coordinamento

10 Simulazioni 11 Forme organizzative e modalità di analisi e

configurazione - Attori, risorse e attività G. Introduzione. Una definizione di forma organizzativa + cap. IX par. 1

12 Le variabili fondamentali dell’analisi e della progettazione organizzativa

G. cap. IX par. 2

13 Organizzazione del lavoro: sistemi; contratti; strutture – Forme di contratto di lavoro Sistemi di gestione delle risorse umane

G. cap. X par. 1, 2, 3 e 4

14 Il mentoring a supporto delle politiche di gestione del personale

Dispense

15 Le variabili chiave dell’analisi e progettazione dei “sistemi di lavoro” e strutture alternative di organizzazione del lavoro

G. cap. XI

16 Studio di casi 17 Organizzazione dell’azienda – Confini e

coordinamento tra unità organizzative G. cap. XII par. 1

18 Forme unitarie G cap. XII par. 2 19 Studio di casi

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione 20 Forme divisionali G cap. XII par. 2 21 Studio di casi 22 Introduzione - La forma N- Confini e

coordinamento tra imprese Dispense. G cap. XIII par. 1

23 Le reti sociali G cap. XIII par. 2 24 Le reti burocratiche G cap. XIII par. 2 25 Le reti proprietarie G cap. XIII par. 2 26 Prova fine corso

Nota bene: G. sta ad indicare il volume: Grandori A. (1999), “Organizzazione e comportamento economico” ed. Il Mulino. MATERIALE DI STUDIO: Grandori A. (1999), “Organizzazione e comportamento economico”, ed. Il Mulino. Dispense a cura del docente.

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione DOMANDE DI ORGANIZZAZIONE AZIENDALE Quelle da 1 punto Conoscenze esperenziali (legate alle conoscenze delle proprie azioni esperenziali, sono conoscenze non facilmente codificabili e trasferibili tra soggetti, apprendimento vicario) Conoscenze esplicite (procedure razionali, di ricerca e di apprendimento, codificabili e facilmente trasferibili ) Conoscenze paradigmatiche (sono acquisite in modo non critico, accettate per convenzione non soggette a discussione o a verifica. Le azioni organizzative che ne derivano saranno più inerti e maggiormente soggette a processi di selezione naturale e sociale) Il rinforzo è una forma Cibernetica La trappola dell’autoconferma (tendenza a cercare esempi confermativi alle proprie ipotesi d’azione piuttosto che controesempi) Bisogni ERC si dividono in 3 classi (esistenziali, di crescita relazionali) Modello fattori duali o Hetzbegr legati alla soddisfazione e insoddisfazione, si classificano in motivanti e igienici. Modello della teoria dei giochi appresi o di McClelland (3 classi: potere, stima-appartenenza, autonomia: autoregolazione-autodeterminazione delle proprie azioni) Maslow distingue 5 bisogni (fisiologici, di sicurezza, di appartenenza, di stima, di auto realizzazione) vengono soddisfatti prima i primari poi i secondari Equità procedurale (determina…definizione di ricompensa) Efficacia è la possibilità di legare le azioni alle preferenze e obiettivi dei decisori Efficienza la capacità di portare a compimento le azioni risparmiando risorse materiali e cognitive Condizioni per l’aspettativa-valenza (le condizioni devono essere misurabili su una scala di utilità unica, le alternative devono essere note e comparabili, il tipo di analisi può essere difficile e costosa, vi devono essere abbastanza informazioni per poter esprimere delle stime…) Il coordinamento diventa + complesso (azione collettiva) nel caso di decisone congiunta Prezzo è un meccanismo che considera l’interdipendenza derivante da opportunità di transazione (rappresenta un’informazione altamente codificata e sufficientemente rappresentativa degli aspetti rilevanti nelle condizioni di offerta e di domanda) Incentivo: imprese industriali offrono incentivi ai loro dipendenti se la produzione ha esito favorevole Il voto coordina e controlla le azioni utilizzando l’uscita, alternative note e predefinite, coordina grandi numeri di attori Autorità: basata sul controllo limita i costi di differenziazione La relazione di agenzia: scambio tra un attore che delega d un altro attore il potere discrezionale di agire nell’interesse del principale

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione La relazione di autorità: è caratterizzata dalla sospensione o cessione di alcuni diritti di decisione da parte di un attore e l’accettazione delle decisioni prese da un altro attore. Meccanismi di sistemi di incentivi dell’agenzia (bassi risultati dell’agente, bassi rischi all’agente; basso) L’autorità basata sull’efficienza decisionale (ossia la possibilità di allineare le azioni di numero elevato di attori interdipendenti…) Meccanismo di incentivazione dell’autorità fallisce in condizioni di incertezza Il gruppo è un insieme di due o più individui che interagiscono e dipendono gli uni dagli altri per il raggiungimento di un obiettivo comune (comunicazione totale, parità di condizione e condizione di influenza equilibrate, non è conflitto di’interessi;interessi comuni e compatibili) Groupthink: richiede bassa differenziazione cognitiva e pressione alta Testo unico lavorano sin dall’inizio su un unico documento Approccio item per item: le materie da negoziare sono trattate sequenzialemnte La negoziazione interazione in cui due o più parti cercano di accordarsi su un risultato reciprocamente accettabile in una situazione di conflitto di interessi Contratto contingente quando le parti possono stabilire la retribuzione dovuta e la mansione da svolgere in ogni stato di natura (relazioni lunghe; tutto basso) I valori (allineati agli obiettivi, sono assunti fuori discussione e sono condivisi a livello di intere società) La routine (allineamento di comportamento; prescrivono quale azione intraprendere in presenza di quale situazione) Norme e regole sono insiemi di prescrizioni di comportamento accettate come legittime, una gran parte diviene coordinata (senza ricerca,senza previsione) Organizzazione culture-free:possibilità di adottare una varietà di soluzioni organizzative anche nello stesso contesto con la possibilità di avere soluzioni simili Cottimo (posizioni esecutive, stabilisce ricompense in funzione delle unità prodotte, incentiva il contributo individuale, trova ampia applicazione nelle imprese industriali) Gaing sharing (retri variabile di gruppo, partecipazione ai guadagni, socializzazione delle informazioni) Profit sharing (retri variabile di gruppo, legata ai risultati economici, gruppo ridotte dimensioni, responsabilità è l’incidenza delle azioni sui risultati, la partecipazione riguarda i profitti e non le perdite MIL (specificità delle professionalità, consuetudini, addestramento sul lavoro) Bisogna aggregare le attività in modo da minimizzare la differenziazione interna di ogni unità e massimizzare la differenziazione tra unità Bisogna aggregare le attività in modo da massimizzare l’interdipendenza all’interno di ogni unità e minimizzare l’entità tra unità La forma funzionale burocratica è un processi di trasformazione e scambio, supervisione e intervento gerarchico (input)

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione Non bisogna mai aggregare nella stessa unità organizzativa, attività con interessi di conflitto La funzione critica fa parte delle divisionali integrate Il Franchising è una forma di rete burocratica Reti sociali (dove c’è scritto distretto; che rappresenta una piccola impresa) Quelle da 5 punti Modello burocratico-taylorista E’ un importante modello caratterizzato dalla massima divisione del lavoro tra i diversi operatori, dall’allocazione dei compiti di decisone, coordinamento e controllo ad un’autorità gerarchicamente sovraordinata e da una specializzazione, accentramento e chiara assegnazione formalizzata dei compiti. Modello arricchito E’ un importante modello che prevede sistemi di lavoro più flessibili e più motivanti attraverso tre tipi di interventi sulle mansioni: rotazione, allargamento, arricchimento.Trova efficace applicazione in sistemi di attività ad alta varianza ed incertezza, elevata interdipendenza tra operazioni unitarie, e requisiti relativamente bassi di specializzazione nelle singole attività. La rotazione prevede l’assunzione periodica di diverse mansioni da parte dello stesso operatore. E’ orientata ad aumentare le conoscenze sull’intero ciclo di lavoro, il senso di contribuzione e la polivalenza delle risorse. L’allargamento prevede l’aggregazione di compiti diversi allo stesso livello. E’ orientato ad aumentare la varietà della singola mansione individuale. L’aricchimento prevede un allargamento verticale della mansione con attività di decisione, controllo e pianificazione. E’ orientato a garantire una migliore regolazione delle varianze, capacità di adattamento locale ed a soddisfare gli obiettivi di autonomia ed autorealizzazione degli agenti. Modello reticolare E’ un importante modello caratterizzato dal fatto che le posizioni di lavoro sono definiti e con riferimento la gruppo, caratterizzato da una esigenza di specializzazione in singole attività ed elevate varianze, interdipendenze e specificità tra contributi e da preferenze per l’interazione sociale ed il confronto di gruppo. Abbiamo tre tipologie di modelli reticolari:Gruppo autonomo di lavoro è in grado di risolvere tutti i problemi di regolazione e controllo di varianze ed interdipendenze al proprio interno inoltre è efficace se le interdipendenze esterne con altri gruppi non sono troppo elevate ed infine è autonomo nell’assegnazione flessibile di compiti ai suoi componenti. Le matrici sono caratterizzate da esigenze di specializzazione tecnica all’interno del gruppo molto elevate e inoltre sono attribuite ad ogni posizione responsabilità e compiti sia all’interno di una specializzazione tecnica sia con riferimento ad aree applicative, tipi di prodotti, tipi do macchinar o tipi di processi.Le reti interne sono caratterizzate da interdipendenze e da varianze della produzione che possono essere efficacemente

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione risolte solo ricorrendo a competenze e risorse ogni volta differenti e dalla configurazione organizzativa che è definita da decisioni ad hoc anziché stabilmente. Modelli professionali E’ un importante modello caratterizzato dalla presenza di un mix di meccanismi del coordinamento in cui prevalgono le norme e la routinizzazione dalla presenza di konw how diffusi e dal fatto che il meccanismo dell’autorità deve essere supportato da meccanismi di codificazione e trasmissione delle conoscenze, essendo il know how concentrato in uno o più leader. Forme collettive Sono gruppi di lavoratori associati titolari non solo di diritti di azione e decisione ma anche di diritti di proprietà sulle risorse complementari inoltre chi è proprietario delle risorse umane e conferisce lavoro è anche proprietario delle risorse tecniche, finanziarie e commerciali. Abbiamo due tipologie di forme collettive: Gruppi di pari, i membri del gruppo detengono tutti diritti fondamentali: di proprietà, decisione, controllo, azione e appropriazione dei risultati finali, può strutturarsi secondo una democrazia rappresentativa, specie se di grande dimensione ed infine è efficace in attività in cui i contributi di lavoro sono gli input principali e critici, e in cui l’associazione continuativa tra tali input generi surplus rispetto al loro impiego separato. Gruppo federativo, ha una forma organizzativa parzialmente collettiva, e’ caratterizzato dalla messa in comune di risorse ed dalla ritenzione dei diritti di ricompensa residuali e dei diritti di autoregolazione delle proprie attività da parte di ognuno. Forme imprenditoriali Sono organizzazioni che affidano la realizzazione di alcune fasi del processo di lavorazione ad operatori esterni/interni indipendenti. Abbiamo due tipologie di forme imprenditoriali: Lavorazione in conto terzi, caratterizzato da una serie di svantaggi che sono da iscrivere a costi di free-riding, noncuranza, sprechi e da una serie di vantaggi da iscrivere alla specializzazione e alla flessibilità. Inoltre questa particolare forma richiede un coordinamento basato su regole e routine settoriali/locali.Mentre la forma di Imprenditori interni è caratterizzata da persone che operano in imprese che non possiedono strumenti tecnici e conoscitivi specifici ad una data attività, che forniscono risorse complementari, quali capitale finanziario, patrimonio immobiliare e competenze commerciali ed infine che assumono e gestiscono i propri collaboratori e ricevono ricompense per unità di prodotto secondo schemi negoziati precedentemente Divisionale burocratica E’una particolare forma divisionale nella quale in ciascuna divisione si realizzano combinazioni produttive che si collocano su stadi della catena del valore.Dobbiamo dire inoltre che si affermano principalmente interdipendenze sequenziali tra le diverse attività svolte in ciascuna divisione. Come meccanismi del coordinamento ricordiamo i prezzi di trasferimento per regolare efficientemente gli scambi tra le divisioni, la pianificazione strategica per regolare l’utilizzazione delle risorse ed infine

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione gli staff centrali di specialisti di tipo funzionale che coordinano le divisioni fornendo conoscenze specialistiche e definendo politiche funzionali comuni.Può risultare idonea nel caso di una diversificazione realizzata con l’internazionalizzazione delle vendite attraverso mercati globali, beni con caratteristiche standard, economie di scala e interdipendenza da risorse comuni. Divisionale integrate Abbiamo una diversificazione in settori diversi industrialmente correlati e delle interdipendenze transnazionali complesse.Come meccanismi del coordinamento ricordiamo gli organi di integrazione interdivisionali che favoriscono la circolazione del konw how, permettono che il personale può imparare da coloro che in prima battuta lo ha preceduto e garantiscono assistenza tecnica. A tal proposito ricordiamo tre tipi di strutture:struttura a core, a funzione critica ed area manager. Divisionale reticolari E’ una particolare forma divisionale in cui possiamo distinguere due forme caratteristiche: matrici divisionali che hanno una logica organizzativa doppia:specializzazione per area geografica e specializzazione per prodotto. Le caratteristiche delle matrici divisionali possono essere ricondotte alle aziende multinazionali che realizzano numerosi prodotti e li distribuiscono in numerosi paesi del mondo, alla duplicazione della linea di potere formale, la limitato ricorso alla gerarchia e alla forma organizzativa molto costosa in termini di processi di decisone e di negoziazione.Tutto ciò implica una elevata capacità di trattamento delle informazioni. reti interne le dividiamo in forme multipolari o transnazionali e adhocrazie. Le forme multipolari o transnazionali sono caratterizzate da aziende multinazionali che competono su scale mondiale e sono presenti con più prodotti su più mercati, da risorse locali altamente specializzate che sono controllate in modo diffuso e diversamente combinate in relazione alle esigenze e da un decentramento di tipo etarchico. Come meccanismo del coordinamento ricordiamo la presenza di interdipendenze complesse. Le adhocrazie sono caratterizzate dall’ aggregazione delle diverse unità individuali, in unità funzionali e unità divisionali che viene definita di volta i volta in relazione alle diverse esigenze dei clienti, da una forme organica finalizzata all’innovazione, da un elevata flessibilità organizzativa ottenuta mediante la continua aggregazione e scomposizione delle attività e da un elevata differenziazione orizzontale e verticale Multidivisionali o M-Form E’ una particolare forma divisionale le cui caratteristiche si possono scrivere ad un decentramento e separazione massima dei diritti di decisione e ricompensa residuale alle divisioni alla presenza di interdipendenze poco complesse tra i diversi settori di attività, all’uso esteso di meccanismi di coordinamento e controllo simili a quelli di mercato:quasi - prezzi interni,investimenti e finanziamenti in funzione della redditività delle divisioni,controllo su parametri economico-finanziari. E’ stato dato il riconoscimento della personalità giuridica alle divisioni H-Form.Le caratteristiche di queste ultime sono riconducibili ad una aggregazione di più aziende separate dal punto

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione di vista giuridico e collegate le une alle altre da relazioni di controllo proprietario e ad un’impresa centrale,definita anche holding, che controlla il K azionario delle altre aziende condizionandone le scelte finanziarie ma non anche quelle di tipo industriale Mentre i problemi e i costi di queste strutture divisionali sono da ascrivere a limiti all’espansione delle imprese individuali, a conflitti e negoziazioni distributive e a costi d’agenzia. La forma N è una combinazione di processi di coordinamento prevalentemente non gerarchica e di strutture organizzative basate sull’integrazione per linee orizzontali e su una gestione aperta dei confini progettati da una impresa focale, per ottenere simultaneamente obiettivi di efficienza dinamica e di varietà di combinazioni produttive e di prodotti su larga scala di attività in ambienti dinamici ad alto rischio. La tipologia caratteristica è la multinazionale cioè imprese che operano su mercati e paesi diversi. Caratteristica di questa forma è la doppia rete e cioè un legame interno fra le varie unità divisionali, rapporti con la sua casa madre, relazioni d’interdipendenza che riguardano la stessa impresa e un legame esterno che legano l’impresa al proprio paese e al proprio contesto di riferimento. Burocrazia meccanica E’ una particolare forma unitaria che è caratterizzata da una specializzazione per competenze tecniche dei vari organi, da una depersonalizzazione dei ruoli e da una chiara formalizzazione dei compiti, da una chiara divisione orizzontale tra unità funzionali e infine da una chiara divisione verticale tra organi di decisione e controllo e organi operativi. Come meccanismi del coordinamento ricordiamo le procedure formali di comunicazione, la standardizzazione e programmazione dei processi di trasformazione e scambio e da una supervisione e intervento chirurgico. Questa forma unitaria può ben funzionare in ambienti stabili e conosciuti con ampi mercati, con clienti che possono essere soddisfatti con prodotti dai cicli di vita lunghi e dalla qualità standard, con strategie di competizione dei costi e con una standardizzazione degli output. Burocrazia professionale E’ una particolare forma unitaria che è caratterizzata da una specializzazione per competenze tecniche dei vari organi, da una depersonalizzazione dei ruoli e da una chiara formalizzazione dei compiti, da una chiara divisione orizzontale tra unità funzionali e infine da una chiara divisione verticale tra organi di decisione e controllo e organi operativi. Come meccanismi del coordinamento ricordiamo la standardizzazione delle conoscenze e competenze anziché dei materiali, dei processi di trasformazione degli output e la negoziazione anziché la supervisione. Forma unitaria reticolare E’ una particolare forma unitaria in cui possiamo distinguere due forme caratteristiche: Matrici unitarie che hanno una logica organizzativa doppia; specializzazione per funzioni e specializzazione per prodotto o per progetto. Ricordiamo il criterio del two boss manager: un responsabile a livello intermedio riferisce sia al coordinatore per funzione sia al coordinatore di prodotto o progetto; il resto del personale opera alle dipendenze di questi responsabili intermedi, quindi di

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione un solo capo. Come meccanismi del coordinamento ricordiamo la gerarchia che si esprime nelle due figure di responsabili di prodotto e di funzione, la programmazione basata su una logica di risultato nel prodotto e su una prestazione specialistica ed infine processi di decisione congiunta. Tutto ciò implica una complessità informativa. Le reti interne si caratterizzano per sistemi di nodi o poli di competenze che si possono aggregare flessibilmente secondo necessità, per forma organica e orientata all’innovazione. Come meccanismi del coordinamento ricordiamo la comunicazione diretta, la decisione congiunta e la negoziazione. Vi sono dei vantaggi nelle economie di scala e di specializzazione e dei limiti dovuti ai comportamenti orientati ad obiettivi parziali - l’indistinguibilità dei risultati economici conseguiti - interessi e culture locali. Forma ad alta differenziazione ed integrazione E’ una particolare forma unitaria che si caratterizza per la presenza di funzioni “di confine” a contatto con l’esterno, con una maggiore complessità informativa; funzioni interne, con minore complessità informativa. Dobbiamo distinguere una differenziazione negli assetti organizzativi ed una integrazione basata sui meccanismi di coordinamento. Distinguiamo vari organi di integrazione: Organi di integrazione per prodotti e clienti dove esistono figure come: Product manager coloro che operano nelle imprese che gestiscono un’ampia gamma di prodotti di uno stesso settore; contribuiscono alla risoluzione di problemi di integrazione intrafunzionale ed interfunionale Il product manager tradizionalmente cura il coordinamento:tra le sottofunzioni del marketing (vendita, pubblicità) con le altre realtà funzionali esterne al marketing (progettazione, produzione ed ha ampie responsabilità di coordinamento non è associata l’attribuzione di un analogo potere formale o autorità gerarchica. Ciò determina: Un clima diffuso di ambiguità, frequenti conflitti, problemi di bilanciamento e ridefinizione dei ruoli e delle competenze. Brand Manager:che operano nell’organizzazione commerciale delle imprese che producono e commercializzano beni industrialmente poco differenziati e commercializzati con molte varianti sotto diversi marchi. Acconut Manager: si occupano di coordinare le funzioni di linea in modo orientato alla gestione delle relazioni con altre aziende, fornitrici o distributrici, in situazioni di alta concentrazione del mercato di sbocco e importante identità e potere negoziale dei partner. Organi di integrazione per progetti: responsabili di organi tipicamente creati ad hoc per risolvere problemi complessi ed interdisciplinari con l’apporto delle diverse specializzazioni funzionali.Organi di integrazione per processi: controllano e coordinano i processi di avanzamento della commessa, sia con strumenti formali di programmazione, controllo dei costi e dei tempi, sia attraverso la gestione di processi di negoziazione interfunzionale e intercommessa. Reti sociali I meccanismi di coordinamento diversi da quelli di mercato sono soliti definirsi “Reti”. Un primo esempio di rete, è quello di RETE SOCIALE, in cui s’identificano alcuni elementi caratterizzanti. Prima caratteristica fondamentale è la comunicazione diretta che avviene tra i diversi attori; infatti, le imprese intrattengono diversi legami

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione informali diretti che evidenziano l’elemento sociale, soffermandosi su conoscenze quali l’identità, l’affidabilità e le abitudini. Un esempio potrebbe essere quello di un’impresa madre che gestisce imprese minori per promuovere azioni comuni nei confronti della Pubblica Amministrazione. Tuttavia questa forma di collaborazione prevede qualcosa in più rispetto alla semplice conoscenza; si affiancano a questa caratteristica, meccanismi di controllo sociale, in modo da tutelarsi contro eventuali comportamenti scorretti o opportunistici, abbastanza efficienti, come ad esempio accadeva nel controllo di gruppo. Secondo molti autori questi elementi sono alla base di quella fiducia che in questo tipo di coordinamento le imprese ricercano. Non bisogna però dimenticare che in alcune circostanze il meccanismo della rete, è affiancato a quello del mercato; ad esempio Barney e Ouchi nel loro esempio, in cui si analizzavano le relazioni tra Aeronautica Americana e le imprese che costruivano aerei F116, avevano parlato di Mercati-C ovvero di mercati assistiti da clan. I mercati-c hanno lo svantaggio di essere sistemi ad accesso relativamente chiuso, e quindi potenzialmente iniqui verso gli aspiranti nuovi entranti nonché poco innovativi. Reti burocratiche La necessità di forme di organizzazione più complesse, ha caratterizzato la nascita di RETI BUROCRATICHE in cui gli obblighi non si limitano all’elemento patrimonio, ma definiscono una serie di obbligazioni di comportamento, di diritti di informazione,decisione e controllo, spesso inoltre, la loro incompletezza ha determinato la creazione di patti interni che specificano meglio le procedure e i programmi da attuare. Come accadeva per le reti sociali, anche quelle burocratiche sono strutturate in alcune circostanze con meccanismi burocratici affiancati a quelli di mercato, dando luogo a quelli che in gergo tecnico sono definiti Mercati-B ovvero di mercati assistiti dalla burocrazia. I meccanismi di coordinamento possono basarsi sia su procedure e regole, sia caratterizzarsi per l’impiego di autorità e supervisione oppure con entrambi. La forma più semplice e immediata, è quella in cui consideriamo una figura arbitrale come elemento di coordinazione: è il caso di rapporti tra privati e imprese di costruzione in cui l’architetto funge da elemento di raccordo. Altre forme di coordinamento burocratico sono quelle in cui abbiamo sia le regole sia l’autorità, come ad esempio accade nei consorzi, nel franchising, e in alcune forme di subcontracting. Per consorzio s’intende un’associazione tra imprese al fine di condurre in comune alcune fasi dell’attività di diverse imprese. Il consorzio mantiene una profonda divisione dei diritti di proprietà e degli utili, ma nello stesso tempo si compone come struttura organizzativa cui vengono affidati lavori e procedure ben precisi. Il franchising è una forma complessa di contratto obbligativo tra imprese, che regola le transazioni tra un’impresa che possiede un know-how trasferibile attraverso processi di formazione e programmi di attività ed altre imprese che replichino e applichino tale know-how. Le imprese affiliate pagano delle royalties al franchisor per i trasferimenti di know-how accompagnati dal diritto d’uso del marchio identificativo. Il subcontracting è invece.una forma di quasi-integrazione a monte piuttosto che a valle, di parti o fasi di

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www.ABCtribe.com Il p2p della formazione attività affidate a terzi da parte di un’impresa (main contractor) che acquisisce una commessa. Le aziende sub-contractor non sono semplicemente fornitori, ma sub-fornitori dell’azienda principale: operano su indicazione dell’azienda principale e sotto la supervisione del main-contractor che è responsabile finale verso i clienti. Nel caso delle relazioni tra imprese per spiegare il passaggio da meccanismi informali a meccanismi formalizzati due variabili sono importanti: il numero di attori e attività da coordinare e il potenziale di opportunismo insito nella struttura del gioco. Reti proprietarie Non sempre la creazione di reti burocratiche riesce a risolvere alcuni problemi di coordinamento. Spesso si rende necessario lo sviluppo di un diverso tipo di rete che metta in comune non solo il know how e le regole ma che si attenga ad una più completa organizzazione che coinvolga i diritti di proprietà sulle attività, per esempio attraverso la costituzione di imprese di proprietà comune (joint venture), realizzando attività innovative o particolari economie di scala, irrealizzabili in circostanze diverse: queste reti vengono definite RETI PROPRIETARIE. La scarsa possibilità di controllare un sistema così ampio e complesso ha fatto puntare verso forme di incentivo nei confronti degli attori economici. Un primo esempio emblematico di rete proprietaria è quello delle joint-venture; con tale termine si intende un contratto di società in cui due o più imprese non solo conferiscono il capitale per la costituzione di una nuova impresa, ma anche le competenze tecniche e manageriali dalla cui unione nascono le competenze distintive della nuova impresa (soci di telecom). Esse risolvono il problema dei contributi in quanto vengono assegnati a priori i diritti sui risultati residuali in base alla proprietà di azioni della società figlia. Sono imprese a tutti gli effetti al loro interno troveranno tutti i meccanismi di coordinamento tipici dell’impresa integrata, in funzione della specifica forma adottata dalle joint-venture. Altro esempio è data dalle capital-venture dove un’impresa, quasi sempre di grandi dimensioni, partecipa alle iniziative economiche di altre imprese fornendo capitale di rischio. Naturalmente la creazione di nuove unità nell’ambito delle joint-venture, non sempre si presenta come elemento base del sistema proprietario, in alcune circostanze si parla invece di reti semi-proprietarie che si caratterizzano per un’interdipendenza limitata con una struttura sistemica meno complessa.

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