Repubblica Italiana La Corte dei conti in Sezione ... · 5 all’articolo 1, comma 9, della legge...
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Del n.
Repubblica Italiana
La Corte dei conti
in
Sezione Regionale di Controllo
per l’Abruzzo
nella Camera di Consiglio del 5 dicembre 2013
composta dai Magistrati:
Maria Giovanna GIORDANO Presidente
Lucilla VALENTE Consigliere (relatore)
Giovanni MOCCI Consigliere
Nicola DI GIANNATONIO Consigliere
Oriana CALABRESI Consigliere
visto l’art. 100, comma 2 della Costituzione;
visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con
R.D. 12 luglio 1934, n. 1214;
vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20 e successive modificazioni
ed integrazioni;
visto il Regolamento concernente l’“Organizzazione delle funzioni
di controllo della Corte dei conti”, nel testo modificato, da ultimo, con
deliberazione del Consiglio di Presidenza 19 giugno 2008, n. 229/CP/2008
(G.U. n. 153 del 2.7.2008);
vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
vista la legge 5 giugno 2003, n. 131, relativa alle “Disposizioni per
l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale
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18 ottobre 2001, n.3”;
vista la delibera della Corte dei conti, Sezione delle Autonomie 4
giugno 2009, n. 9, recante “Modifiche ed integrazioni degli indirizzi e
criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva da parte delle Sezioni
regionali di controllo”;
vista la delibera della Corte dei conti, Sezioni Riunite 26 marzo
2010, n. 8, recante “Pronuncia di orientamento generale” sull’attività
consultiva;
vista la delibera della Corte dei conti, Sezioni Riunite, 21 ottobre e 8
novembre 2010, n. 54;
viste le ordinanze 4 marzo 2013, n. 6/2013, e 19 aprile 2013,
n. 14/2013, di ripartizione, tra i Magistrati, dei compiti e delle iniziative
riferibili alle varie aree di attività rientranti nella competenza della
Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo;
vista la nota 9 ottobre 2013, n. 249936, con la quale il Direttore
regionale preposto alla Direzione Politiche agricole e di sviluppo rurale,
forestale, caccia e pesca, emigrazione ufficio programmazione attività
faunistico venatorie ha trasmesso copia delle determinazioni direttoriali
29 novembre 2012, n° DH/195/2012 e n° DH/196/2013; determinazioni
direttoriali 18 giugno 2013, n. DH/149/2013, n° DH/150/2013,
n° DH/151/2013, n° DH/152/2013 e n° DH/153/2013; determinazione
direttoriale 23 luglio 2013, n° DH/174/2013; determinazioni direttoriali 6
agosto 2013, n° DH/191/2013 e n° DH/192/2013, assunte per
l’affidamento di incarichi di studio, il cui importo supera 5000,00 euro;
vista l’ordinanza 3 dicembre 2013, n. 49/2013, con la quale il
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Presidente ha convocato la Sezione per l’odierna Camera di consiglio;
udito il relatore, Consigliere Lucilla Valente;
FATTO
Con nota 9 ottobre 2013, n. 249936 a firma del Direttore
regionale preposto alla Direzione Politiche agricole e di sviluppo rurale,
forestale, caccia e pesca, emigrazione ufficio programmazione attività
faunistico venatorie sono pervenuti a questa Sezione n. 10 determine
dirigenziali di “affidamento di incarichi di studio il cui importo unitario
supera i 5000,00 euro al netto di IVA e oneri contributivi”.
Nella citata nota si avverte che “lo scrivente resterà in attesa di
riscontro per un periodo non superiore a 60 giorni, trascorso il quale
riterrà assumibili le determinazioni in oggetto”.
Allegato ad ogni incarico figura lo schema di convenzione
contenente “le finalità, le modalità e la tempistica di attuazione delle
attività svolte” dal professionista, nonché “le modalità di pagamento”.
“Tutti gli incarichi affidati – prosegue la nota – riguardano la
costituzione di un gruppo di esperti di elevata professionalità, preposto
alla individuazione dei criteri e degli elementi tecnici, indispensabili alla
redazione del Piano faunistico venatorio regionale. L'Istituto Superiore per
la Protezione e la Ricerca Ambientale, organismo scientifico e tecnico di
consulenza per lo Stato, le Regioni e le Province, ai sensi dell'art. 7 della
L. 157/92, nell'ambito di una delle funzioni identificate dalla convenzione
stipulata con questa Direzione a carico dello stesso, ha attestato la
specifica competenza tecnica degli esperti incaricati, valutandone i
curricula.
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Tale Istituto opera anche come coordinatore scientifico dei lavori
inerenti la predisposizione della documentazione necessaria ad adempiere
agli obblighi di legge imposti alla Regione Abruzzo dalla L. 157/92.
Dovendo procedere con estrema sollecitudine all'avvio dei lavori
del richiamato gruppo tecnico, propedeutici alla predisposizione del Piano
faunistico venatorio regionale, quale documento programmatico imposto
all'Ente dalla normativa di genere vigente, si invia copia della
documentazione di affidamento degli incarichi (determinazioni direttoriali)
e le note valutative espresse dall'Istituto riferite ai professionisti
incaricati”.
DIRITTO
1. Deve escludersi che gli atti siano stati inviati dalla Direzione
competente perché vengano sottoposti ad un controllo preventivo di
legittimità.
La richiesta è oltretutto formulata con l’indicazione di un termine
che non esonera assolutamente la Direzione scrivente dalle proprie
responsabilità anche in caso di risposta favorevole da parte della Sezione
di controllo.
Il controllo preventivo di legittimità per gli atti in questione è stato
introdotto dal decreto legge n. 78/2009, convertito dalla legge
n. 102/2009 che ha aggiunto alle fattispecie tipizzate dell’art. 3, comma
1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, le lettere f-bis) e f-ter) con
riferimento rispettivamente, agli “atti e contratti di cui all’art. 7, comma
6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive
modificazioni” e agli “atti e contratti concernenti studi e consulenze di cui
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all’articolo 1, comma 9, della legge 23 dicembre 2005, n. 266”
attribuendone la competenza, con il successivo comma 1-bis, alla Sezione
centrale del controllo di legittimità.
Quest’ultima, con le deliberazioni 12 novembre 2009, n. 20 e
10 dicembre 2009, n. 24, ha chiarito l’ambito soggettivo di applicazione
delle citate disposizioni, escludendo che si applichino a Regioni ed Enti
locali e che, quindi, i loro atti siano sottoposti al controllo preventivo di
legittimità. La Corte costituzionale si è pronunciata nello stesso senso con
sentenza 13 maggio 2010, n. 172.
In base a quanto evidenziato, questa Sezione non ha competenza
a pronunciarsi su una richiesta del genere.
2. La richiesta della Regione neppure può essere intesa a
richiedere un parere circa l’assumibilità o meno degli incarichi ivi indicati.
Sul punto si ricorda all’Amministrazione che per l’attivazione
dell’esercizio dell’attività consultiva della Corte dei conti sono stati
elaborati alcuni indispensabili requisiti di ammissibilità, sostanzialmente
riconducibili ad un profilo soggettivo consistente nella legittimazione del
soggetto che effettua la richiesta, ed all'ambito oggettivo della richiesta.
Sotto il profilo soggettivo, la legittimazione a richiedere pareri è
circoscritta ai soli Enti previsti dalla legge n. 131/03, stante la natura
speciale della funzione consultiva introdotta dalla medesima legge,
rispetto alla ordinaria sfera di competenze della Corte, ma può
considerarsi ammissibile solo se proveniente da Organi rappresentativi
dell’Ente (nello specifico: Presidente della Giunta regionale, Presidente del
Consiglio regionale).
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Nel caso in esame sotto il profilo soggettivo, dunque, ove la nota
configurasse una richiesta di parere, questa si paleserebbe inammissibile.
Sotto il profilo oggettivo, i pareri sono previsti dalla citata legge
n. 131 del 2003, esclusivamente nella materia della “contabilità
pubblica”, come delineata dalle SS.RR. con delibera n. 54/2010, come
“attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore,
ricomprendendo, in particolare, la disciplina dei bilanci e i relativi
equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziaria-
contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione delle spese,
l’indebitamento, la rendicontazione e i relativi controlli”.
“In base alla delineata configurazione, - prosegue la deliberazione
- il concetto di contabilità pubblica – di cui l’istituto del bilancio
rappresenta l’aspetto principale – consiste nel sistema di principi e di
norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli
Enti pubblici”. Ad essa è da riconoscere il merito di aver colto la
distinzione tra “attività di gestione ed attività di amministrazione, nonché
la coeva autonomia del procedimento contabile rispetto a quello
amministrativo.
La funzione consultiva della Sezione regionale di controllo nei
confronti degli Enti territoriali sarebbe, tuttavia, senz’altro incompleta se
non avesse la possibilità di svolgersi nei confronti di quei quesiti che
risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel
quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi
di coordinamento della finanza pubblica – espressione della potestà
legislativa concorrente di cui all’art. 117, comma 3, della Costituzione –
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contenuti nelle leggi finanziarie, in grado di ripercuotersi direttamente
sulla sana gestione finanziaria dell’Ente e sui pertinenti equilibri di
bilancio”.
La funzione consultiva non deve, inoltre, rivolgersi a quesiti che
implichino valutazioni di comportamenti amministrativi oggetto di
eventuali iniziative giudiziarie proprie della Procura regionale della Corte
dei conti o di procedimenti giudiziari di competenza di altri giudici. Ciò al
fine di evitare contrasti tra pronunce o conflitti di giurisdizione.
Unica limitazione è la libera valutazione, da parte della Sezione
regionale medesima, che il caso prospettato “non concerna una questione
pacificamente risolta e/o non sia contenibile in un ambito d’interesse
puramente locale, dovendo, in tal caso, rimettere la questione in sede
centrale”.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il Collegio ritiene che
la richiesta in esame dovrebbe essere dichiarata inammissibile anche
sotto il profilo oggettivo.
3. Premesso quanto sopra, la Sezione ritiene utile ripercorrere il
contesto normativo di riferimento in cui collocare i predetti atti, una volta
che siano stati effettivamente stipulati da parte dell’Amministrazione.
Si coglie l’occasione per formulare una panoramica della disciplina
della materia alla luce della normativa vigente e delle pronunce di questa
Corte in sede di controllo , ai fini di un’adeguata informativa da parte
degli Organi di vertice di codesta Regione nei confronti dei Responsabili
dell’organizzazione amministrativa.
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Sul punto si richiama quanto già affermato da questa Sezione
(cfr. DEL. n. 383/2011/PREV), che “il contratto d’opera professionale
quando sia parte una pubblica amministrazione richiede la forma scritta
che enuclei gli elementi del medesimo, che, a pena di nullità si deve
tradurre nella redazione di apposito documento recante la sottoscrizione
del professionista e del titolare dell’organo attributario del potere di
rappresentanza dell’Amministrazione nei confronti dei terzi, dal quale
possa desumersi la concreta istaurazione del rapporto con le
indispensabili determinazioni in ordine alla prestazione da rendere e al
compenso da corrispondere”.
L’art. 7, commi 6 e ss. del decreto legislativo n. 165/2001, e
successive modifiche disciplina il conferimento di incarichi esterni da
parte di pubbliche amministrazioni, stabilendo che: “per esigenze cui non
possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche
possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo,
di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare
e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei
seguenti presupposti di legittimità: a) l'oggetto della prestazione deve
corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento
all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e
determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità
dell'amministrazione conferente; b) l'amministrazione deve avere
preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse
umane disponibili al suo interno; c) la prestazione deve essere di natura
temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo;
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l'eventuale proroga dell'incarico originario è consentita, in via
eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non
imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso
pattuito in sede di affidamento dell'incarico; d) devono essere
preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della
collaborazione” (comma 6).
Il medesimo comma prevede, altresì, che: “si prescinde dal
requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di
stipulazione di contratti di collaborazione di natura occasionale o
coordinata e continuativa per attività che debbano essere svolte da
professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo
dell'arte, dello spettacolo, dei mestieri artigianali o dell’attività
informatica nonché a supporto dell’attività didattica e di ricerca, per i
servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei
contratti di lavoro di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276,
purché senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica,
ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel
settore.
Il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per
lo svolgimento di funzioni ordinarie o l'utilizzo dei collaboratori come
lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il
dirigente che ha stipulato i contratti. Il secondo periodo dell'articolo 1,
comma 9, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168 convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, è soppresso. Si
applicano le disposizioni previste dall'articolo 36, comma 3, del presente
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decreto e, in caso di violazione delle disposizioni di cui al presente
comma, fermo restando il divieto di costituzione di rapporti di lavoro a
tempo indeterminato, si applica quanto previsto dal citato articolo 36,
comma 5-quater”.
L’art. 32, comma 1 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223,
convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha inserito
il comma 6-bis, che recita che “le amministrazioni pubbliche disciplinano
e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure
comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione”, nonché
il comma 6-ter secondo cui, “i regolamenti di cui all'articolo 110, comma
6, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si
adeguano ai principi di cui al comma 6”.
Successivamente l’art. 3, comma 77 della legge 24 dicembre
2007, n. 244 a decorrere dal 1 gennaio 2008, ha inserito un ulteriore
comma, il 6-quater, che recita che “le disposizioni di cui ai commi 6, 6-bis
e 6-ter non si applicano ai componenti degli organismi di controllo interno
e dei nuclei di valutazione, nonché degli organismi operanti per le finalità
di cui all’ articolo 1, comma 5, della legge 17 maggio 1999, n. 144”.
Sebbene più volte modificata (da ultimo cfr. art. 4, comma 2,
decreto legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla
legge 30 30 ottobre 2013, n. 125), dal punto di vista oggettivo la norma
riguarda gli studi e gli incarichi di consulenza.
Per la loro individuazione si fa ancora riferimento alla delibera
delle Sezioni riunite della Corte dei conti 6 febbraio 2005,
n. 6/CONTR/2005, con la quale sono state fornite le “linee di indirizzo e
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criteri interpretativi della legge 30 dicembre 2004, n.311 (finanziaria
2005) in materia di affidamento di incarichi di studio o di ricerca ovvero
di consulenza (art. 1, commi 11 e 42)”.
L’art. 1, comma 11 della legge n. 311 del 2004, in particolare,
ha introdotto l’obbligo (ulteriormente disciplinato per gli Enti locali dal
successivo comma 42) di comunicazione alla Corte dei conti
dell’attribuzione di incarichi “di studio o di ricerca, ovvero di consulenze a
soggetti estranei all’amministrazione in materie e per oggetti rientranti
nelle competenze della struttura burocratica dell’ente” possibili a fronte di
provvedimento “adeguatamente motivato (…) soltanto nei casi previsti
dalla legge ovvero nelle ipotesi di eventi straordinari ”. La stessa norma
precisava, altresì, che “l’affidamento di incarichi in assenza dei
presupposti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e
determina responsabilità erariale”.
Successivamente, con l’art. 32 del decreto legge 4 luglio 2006,
n. 223, convertito con legge 4 agosto 2006, n. 248, sono stati
compiutamente definiti i requisiti per un corretto affidamento dell’incarico
esterno prevedendo, oltre a quanto già disciplinato, la necessità di
“obiettivi e progetti specifici” e del preventivo accertamento della
“impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane” ed imponendo alle
amministrazioni di disciplinare e rendere pubbliche le “procedure
comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione”.
Nella citata delibera le Sezioni Riunite della Corte hanno precisato
che, “oltre il limite della spesa, la norma citata ha individuato tre
categorie d’incarichi: di studio, di ricerca o di consulenza, per le quali ha
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prescritto un’adeguata motivazione e la possibilità di ricorrervi “solo nei
casi previsti dalla legge o nell’ipotesi di eventi straordinari”. Gli atti di
conferimento dell’incarico devono poi essere trasmessi agli organi di
controllo interno degli enti”.
Hanno ribadito, poi, che “l’affidamento d’incarichi, in assenza dei
presupposti stabiliti dall’articolo 1, comma 9, “costituisce illecito
disciplinare e determina responsabilità erariale”.
Le Sezioni Riunite hanno ulteriormente precisato che: 1) “gli
incarichi di studio possono essere individuati con riferimento ai parametri
indicati dal D. P. R. n. 338/1994 che, all’articolo 5, determina il contenuto
dell’incarico nello svolgimento di un’attività di studio, nell’interesse
dell’amministrazione. Requisito essenziale, per il corretto svolgimento di
questo tipo d’incarichi, è la consegna di una relazione scritta finale, nella
quale saranno illustrati i risultati dello studio e le soluzioni proposte;
2) gli incarichi di ricerca, invece, presuppongono la preventiva definizione
del programma da parte dell’amministrazione; 3) le consulenze, infine,
riguardano le richieste di pareri ad esperti. Il contenuto degli incarichi, cui
fanno riferimento i commi 11 e 42, coincide quindi con il contratto di
prestazione d’opera intellettuale, regolato dagli articoli 2229 – 2238 del
codice civile”.
Le Sezioni riunite hanno, tra l’altro, previsto nella stessa
pronuncia, ipotesi che “non rientrano nel concetto di consulenza o studio,
quali: le prestazioni professionali consistenti nella resa di servizi o
adempimenti obbligatori per legge, qualora non vi siano uffici o strutture
a ciò deputati; la rappresentanza in giudizio ed il patrocinio
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dell’amministrazione; gli appalti e le “esternalizzazioni” di servizi,
necessari per raggiungere gli scopi dell’amministrazione.
Non rientrano, in sostanza, nella previsione gli incarichi conferiti
per gli adempimenti obbligatori per legge, mancando, in tali ipotesi,
qualsiasi facoltà discrezionale dell’amministrazione.
L’esclusione di questo tipo di incarichi è, del resto, convalidata
dallo stesso comma 42 che esclude dall’ambito della sua applicazione gli
incarichi conferiti ai sensi della legge quadro sui lavori pubblici 11
febbraio 1994, n. 109”.
La Sezione regionale di controllo per l'Abruzzo, con
deliberazione n. 2/2005 ha approvato i criteri per l’applicazione dei
commi 11 e 42, dell’art. 1 della legge 311/2004.
“In particolare, l’art. 1 comma 11 della legge n. 311/2004 (legge
finanziaria 2005), per tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1
del decreto legislativo n. 165/2001, escluse le università, gli enti di
ricerca e organismi equiparati, pone una serie di prescrizioni in ordine
all’affidamento di incarichi di studio o di ricerca e consulenze affidate a
soggetti estranei all’amministrazione, così sintetizzabili: 1) La spesa
annua sostenuta per ciascuno degli anni 2005-2006-2007 non deve
essere superiore a quella sostenuta nell’anno 2004; 2) l’affidamento dei
predetti incarichi in materie o per oggetti rientranti nelle competenze
della struttura burocratica dell’ente deve essere adeguatamente motivato
ed è consentito soltanto nei casi previsti dalla legge ovvero nell’ipotesi di
eventi straordinari; 3) l’atto di affidamento di incarichi e consulenze deve
essere trasmesso alla Corte dei conti; 4) l’affidamento di incarichi in
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assenza dei presupposti predetti costituisce illecito disciplinare e
determina responsabilità erariale.
Il comma 42 del medesimo articolo, espressamente per gli enti
locali superiori a 5000 abitanti, introduce ulteriori requisiti: l’affidamento
in oggetto deve essere adeguatamente motivato con specifico riferimento
all’assenza di strutture organizzative o professionalità interne all’ente, in
grado di assicurare i medesimi servizi, ad esclusione degli incarichi di cui
alla legge 109/94 e successive modificazioni ed integrazioni; l’atto di
affidamento dell’incarico deve essere corredato della valutazione
dell’organo di revisione economico-finanziaria dell’ente locale e deve
essere trasmesso alla Corte dei conti; l’affidamento di incarichi anche in
difformità dalle previsioni di cui al presente comma costituisce illecito
disciplinare e determina responsabilità erariale”.
In ragione di tale quadro normativo la Sezione regionale di
controllo per l'Abruzzo ha previsto che:
-“l’articolazione della Corte dei conti destinataria della disposizione
in esame è la Sezione del controllo, regionale o centrale a seconda
dell’amministrazione;
- non si tratta, comunque, di controllo di legittimità, ma di
controllo successivo sulla gestione;
- nell’ambito del controllo sulla gestione, che non è finalizzato alla
verifica della legittimità di singoli atti, la norma va letta in coerenza con le
disposizioni che regolano le attribuzioni della Corte in quest’ambito, e, in
particolare, con la legge n. 131/2003, per quanto concerne gli enti locali;
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- le disposizioni che sanciscono, quindi, la comunicazione o la
trasmissione di taluni atti incidenti in settori sui quali il legislatore ha
posto particolare attenzione al fine del contenimento della spesa pubblica,
concorrono a fornire alla Sezione direttamente e più facilmente elementi
utili alla verifica della sana gestione;
- sotto il profilo operativo nessuna incombenza è a carico della
Corte, in quanto le disposizioni pongono obblighi a carico degli enti;
- resta onere della Sezione acquisire gli atti che pervengono nei
fascicoli degli enti, per consentire una puntuale analisi della gestione degli
enti che, di volta in volta, sono sottoposti a verifica.
Più specificatamente, - prosegue la Sezione - … si ritiene utile
sottolineare , ancora una volta, che, anche in questo caso, non trova
spazio una soluzione diversa da quella di intendere che la stessa non
introduce un controllo, meno che mai preventivo di legittimità, su singoli
atti, ma che si versi anche in tale fattispecie, in ipotesi di controllo sulla
gestione .
Del resto, … un’interpretazione diversa sarebbe confliggente con il
sistema dei controlli delineato dall’ordinamento vigente, che ha via via
ridotto a casi residuali e tipizzati il controllo di legittimità.
Inoltre non sarebbe possibile applicare siffatta forma di controllo a
Regioni ed enti locali, pure destinatarie dell’obbligo di comunicazione, a
seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, che ha travolto ogni
forma di controllo di legittimità verso detti Enti, mentre la legge attuativa
(131 del 2003) ha intestato alla Corte compiti di verifica secondo i
principi del controllo collaborativo.
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Infine, il controllo di legittimità, in quanto procedimento
paragiurisdizionale, deve seguire regole rituali (cui non sono riconducibili
le norme in discussione) di stretta interpretazione, e, quindi, ben definite,
senza che si possano operare estensioni ed analogie creative”.
Attenzione costante è stata posta su tali incarichi anche dalle leggi
finanziarie successive.
La legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005, art. 1,
commi 9, 10, 56, 57 e 173), da un lato, conferma il citato art. 1, comma
11 della finanziaria dell’anno precedente, dall’altro, abbassa il limite di
spesa. Dispone, infatti, il comma 9: “Fermo quanto stabilito dall'articolo
1, comma 11, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, la spesa annua per
studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei
all'amministrazione, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e
successive modificazioni, esclusi le università, gli enti di ricerca e gli
organismi equiparati, a decorrere dall'anno 2006, non potrà essere
superiore al 50 per cento di quella sostenuta nell'anno 2004.”
Con il comma 56 vengono ridotti i corrispettivi delle consulenze in
essere: “Le somme riguardanti indennità, compensi, retribuzioni o altre
utilità comunque denominate, corrisposti per incarichi di consulenza da
parte delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni,
sono automaticamente ridotte del 10 per cento rispetto agli importi
risultanti alla data del 30 settembre 2005.”
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Con il comma 57, in via temporanea, si introduce un ulteriore
limite alle consulenze: “A decorrere dalla data di entrata in vigore della
presente legge e per un periodo di tre anni, ciascuna pubblica
amministrazione di cui al comma 56 non può stipulare contratti di
consulenza che nel loro complesso siano di importo superiore rispetto
all'ammontare totale dei contratti in essere al 30 settembre 2005, come
automaticamente ridotti ai sensi del medesimo comma 56”.
Con il comma 173 viene ridisciplinato l’obbligo di trasmissione,
già previsto dall’art. 1, commi 11 e 42 della legge n. 311/2004, degli atti
di spesa in discorso alla Corte dei conti, specificando che il tipo di
controllo esercitabile è quello successivo sulla gestione: “Gli atti di spesa
relativi ai commi 9, 10, 56 e 57 di importo superiore a 5.000 euro devono
essere trasmessi alla competente Sezione della Corte dei conti per
l'esercizio del controllo successivo sulla gestione.” Nulla viene disposto in
ordine alla valutazione dell’organo interno di revisione economico –
finanziaria (richiesta dal ridetto art. 1, comma 42, legge n. 311/2004),
peraltro, in via interpretativa, se ne afferma la perdurante necessità (cfr.,
da ultimo, Sezione controllo Piemonte, par. del 23 giugno 2011, n. 63).
Con la finanziaria per il 2008 (legge n. 244/2007, art. 3) si
stabilisce ulteriormente che: “I contratti relativi a rapporti di consulenza
con le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs.
30 marzo 2001, n. 165, sono efficaci a decorrere dalla data di
pubblicazione del nominativo del consulente, dell’oggetto dell’incarico e
del relativo compenso sul sito istituzionale dell’ amministrazione
stipulante” (comma 18); “Gli enti locali possono stipulare contratti di
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collaborazione autonoma, indipendentemente dall'oggetto della
prestazione, solo con riferimento alle attività istituzionali stabilite dalla
legge o previste nel programma approvato dal Consiglio ai sensi
dell'articolo 42, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267”
(comma 55, come sostituito dall’art. 46, comma 2, decreto legge
n. 112/2008 conv. in legge n. 133/2008). Si introduce, poi, per gli enti
locali, un obbligo di autoregolamentazione: “Con il regolamento di cui
all'articolo 89 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono fissati,
in conformità a quanto stabilito dalle disposizioni vigenti, i limiti, i criteri e
le modalità per l'affidamento di incarichi di collaborazione autonoma, che
si applicano a tutte le tipologie di prestazioni. La violazione delle
disposizioni regolamentari richiamate costituisce illecito disciplinare e
determina responsabilità erariale. Il limite massimo della spesa annua per
incarichi di collaborazione è fissato nel bilancio preventivo” (comma 56,
come sostituito dall’art. 46, comma 3, decreto legge n. 112/2008 cit.);
prevedendo, infine, al comma 57, che tali disposizioni regolamentari
siano trasmesse, per estratto, alla Sezione regionale di controllo della
Corte dei conti entro trenta giorni dalla loro adozione.
La Corte dei conti - Sezione delle Autonomie - con
deliberazione 14 marzo 2008, n. 6, ha dettato “Linee di indirizzo e
criteri interpretativi dell’art. 3, commi 54-57, legge n. 244/2007, in
materia di Regolamenti degli enti locali per l’affidamento di incarichi di
collaborazione, studio, ricerca e consulenza”.
Infine, ma non ultimo, l’art. 46, comma 1, decreto legge
n. 112/2008, convertito dalla legge n. 133/2008 (recante Disposizioni
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urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) ha
disposto che “Il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e
continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l'utilizzo dei
collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità
amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti”.
Ha, inoltre riscritto l’art. 7 comma 6 del decreto legislativo
n. 165/2001 indicando quali requisiti di legittimità per il conferimento
degli incarichi esterni quelli riportati nelle lettere a-d del medesimo.
Successivamente il decreto legge 31 maggio 2010, n. 78
convertito dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, all’art. 6, comma 7, al
fine di valorizzare le professionalità interne alle amministrazioni, a
decorrere dall'anno 2011, limita la spesa annua per studi ed incarichi di
consulenza, inclusa quella relativa a studi ed incarichi di consulenza
conferiti a pubblici dipendenti, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni
di cui al comma 3, dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196,
incluse le autorità indipendenti, escluse le università, gli enti e le
fondazioni di ricerca e gli organismi equiparati, nonché gli incarichi di
studio e consulenza connessi ai processi di privatizzazione e alla
regolamentazione del settore finanziario, al 20 per cento di quella
sostenuta nell'anno 2009, prevedendo che l'affidamento di incarichi in
assenza dei presupposti di cui allo stesso comma costituisce illecito
disciplinare e determina responsabilità erariale.
Il comma 21-bis del medesimo articolo ha previsto che le
disposizioni dell’articolo 6 riguardanti puntuali indicazioni di tagli o di
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riduzioni di spesa non si applicano in via diretta alle Regioni, alle Province
autonome e agli Enti del SSN per i quali costituiscono disposizioni di
principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica.
L’attenzione del legislatore sul fenomeno delle consulenze si è
rinnovata con l’art. 1, comma 5 del decreto legge 31 agosto 2013,
n. 101, convertito dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, che recita:
”la spesa annua per studi e incarichi di consulenza, inclusa quella relativa
a studi e incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti, sostenuta
dalle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato
della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di
statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31
dicembre 2009, n. 196, nonché dalle autorità indipendenti e dalla
Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), escluse le
università, gli enti e le fondazioni di ricerca e gli organismi equiparati,
nonché gli istituti culturali e gli incarichi di studio e consulenza connessi ai
processi di privatizzazione e alla regolamentazione del settore finanziario,
non può essere superiore, per l'anno 2014 al 90 per cento del limite di
spesa per l'anno 2013 così come determinato dall'applicazione della
disposizione di cui al comma 7 dell'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio
2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010,
n. 122. Si applicano le deroghe previste dall'articolo 6, comma 7, ultimo
periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con
modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122”.
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La prima innovazione riguarda la disciplina soggettiva degli
incarichi, con il riferimento alle pubbliche amministrazioni individuate ai
sensi dell’art. 1, comma 3 della legge 196/2009.
L’elenco delle medesime, inserite nel conto economico consolidato
è contenuto, da ultimo nel comunicato ISTAT del 28 settembre 2012 e
comprende Regioni, Comuni, Province, Comunità montane, Unioni di
comuni, Asl, C.C.I.A.A. e una serie di Consorzi, Agenzie, Fondazioni e
Istituti promanazione degli stessi, con la sola esclusione delle Università,
degli Enti e delle Fondazioni di ricerca ed Organismi equiparati e gli
Istituti culturali.
Dal punto di vista oggettivo, la misura è ancora una volta il
contenimento della spesa: tale decreto legge pone un’ulteriore riduzione
del 10 per cento imponendo che gli oneri per tale tipologia di spesa non
possano superare il 90 per cento del limite del 2013 con applicazione
dunque dal 2014.
Fermo quanto finora riepilogato, poiché nella disciplina vigente
(decorrente dal 2011) la spesa annua in oggetto non può essere
superiore al 20 per cento di quella sostenuta dalla medesima
amministrazione nell’anno 2009, applicando il 90 per cento su tale limite,
a partire dal 2014, esso scende al 18 per cento rispetto alla spesa del
2009.
Si associa a tale misura riduttiva un sistema sanzionatorio:
- la norma impone, al fine di rendere la spesa più controllabile
l’adozione di appositi capitoli nel bilancio di previsione;
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- per eventuali incarichi affidati fuori dei termini previsti nella
disposizione è sancita la nullità degli atti e dei contratti stipulati, che
pongano la relativa spesa fuori dal tetto;
- di conseguenza, si avrà la responsabilità dei soggetti che hanno
adottato il provvedimento e che hanno sottoscritto il contratto, che
rispondono sia per il danno quantificabile nel corrispettivo delle
prestazioni, sia per l’illecito disciplinare per il quale l’Amministrazione
sarà comunque obbligata ad avviare il procedimento disciplinare, in
mancanza del quale si avrà l’apertura di altro procedimento a carico del
soggetto che non vi ha provveduto (con sanzione da 1000 a 5000 euro).
Sovrintende a tutto il meccanismo il Dipartimento della funzione
pubblica e la Ragioneria generale dello Stato che possono disporre visite
ispettive alle amministrazioni al fine di verificare il rispetto del limite di
spesa per incarichi di studio e consulenze.
In caso di comportamenti contrari alla norma, rispettivamente
l’Ispettorato per la funzione pubblica e i Servizi ispettivi di finanza
possono denunciare alla Corte dei conti i comportamenti illegittimi.
L’art. 1 del decreto legge chiude sottolineando che “Le disposizioni
del presente articolo costituiscono norme di diretta attuazione dell'articolo
97 della Costituzione, nonché principi di coordinamento della finanza
pubblica ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione”.
All’esito di tale excursus normativo, la Sezione regionale di
controllo per l'Abruzzo conferma quanto già espresso nella citata delibera
n. 2/2005, aggiornato alle ultime normative, ed in particolare:
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a) tutti gli atti (rectius: le copie degli atti) di affidamento di
incarichi ad esterni individuati come sopra ricordato, dalla giurisprudenza
della Corte dei conti, provenienti dalle pubbliche amministrazioni
menzionate, dovranno continuare a pervenire alla Sezione regionale di
controllo per l'Abruzzo, via via che saranno adottati;
b) i provvedimenti dovranno:
essere adeguatamente motivati; “ … L’affidamento dell’incarico
dovrà essere preceduto, pertanto, da un “accertamento reale, che
coinvolgerà la responsabilità del dirigente competente, sull’assenza di
servizi o di professionalità, interne all’ente, che siano in grado di
adempiere l’incarico” (cfr. SS.RR. n. 6/contr/05);
essere adottati nel rispetto dei requisiti codificati dalle norme
sopra ricordate ed in particolare riassunte nell’art. 7 comma 6 del D.L.
n. 165/2001 e dei requisiti contenuti nel comma 42 per i comuni superiori
a 5000 abitanti: in particolare i provvedimenti dovranno essere corredati
della valutazione del collegio dei revisori (comma 42), ai sensi
dell’articolo 239 lettera b), del T.U. n. 267/2000, sulla regolarità
contabile, finanziaria ed economica dell’atto, con particolare riguardo
all’osservanza del limite di spesa posto dalla legge n. 311/2004;
contenere tutti gli elementi identificativi soggettivi ed oggettivi,
per l’esatta individuazione dell’incarico;
indicare l’onere della spesa e il relativo capitolo di bilancio;
all’uopo, come prescritto dalle Sezioni riunite, gli atti dovranno recare una
certificazione dei competenti servizi di ragioneria per gli enti pubblici
nazionali, per le regioni, le province e i comuni, sul rispetto del limite di
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spesa stabilito dalla legge n. 311/2004. Per gli enti che adottano la
contabilità economica, l’attestazione è rimessa all’organo che esercita il
controllo contabile”. Il limite di spesa attuale è quello introdotto dal 2011
dal decreto legge n. 78/2010 già ricordato e ridotto per il 2014 dal
decreto legge n. 101/2013 citato.
“Per assicurare la dovuta riservatezza ed una omogeneità di
comportamento nei confronti della Corte dei conti (cfr. delib. Sezione
centrale di controllo delle amministrazioni della Stato Ad. 11 marzo 2005
n. 7/05), gli atti dovranno pervenire alla Sezione in busta chiusa sulla
quale dovrà essere indicata la norma di riferimento (art. 1, legge
30.12.2004 n. 311)”.
Per le operazioni di protocollo e archiviazione e di esame degli atti
pervenuti si rinvia alla citata deliberazione n. 2/2005 di questa Sezione.
Si ricorda che, “eseguito positivamente il riscontro formale del
rispetto dei requisiti sopra menzionati, il magistrato disporrà, con propria
determinazione, la catalogazione ed archiviazione sistematica dell’atto,
che ne consentirà l’utilizzo per le ordinarie attività di controllo sulla
gestione, proprie della Sezione. Inoltre, da tali atti potranno ricavarsi
elementi per l’elaborazione del programma annuale di controllo da parte
della Sezione medesima.
Ove il magistrato, invece, riscontri la mancata osservanza dei
requisiti formali come sopra ricordati, verificandosi, anche in questo caso,
la fattispecie … secondo cui l’affidamento di incarichi in difformità delle
previsioni … “costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità
erariale”, farà opportuna segnalazione alla Procura regionale della Corte
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dei conti e all’Ente interessato per eventuali provvedimenti di
competenza.
Tale procedura, peraltro, nulla influisce sulla prassi di continuo e
reciproco scambio notiziale tra area del controllo e procura, contenuto
strettamente entro i limiti di genericità deducibili da quanto affermato
dalla corte costituzionale (sentenza 22 febbraio 1989 n. 104) e ricordato
dalle Sezioni riunite”.
P. Q. M.
DELIBERA
per le motivazioni sopra espresse, di restituire le determinazioni
direttoriali 29 novembre 2012, n° DH/195/2012 e n° DH/196/2013;
determinazioni direttoriali 18 giugno 2013, n° DH/149/2013,
n° DH/150/2013, n° DH/151/2013, n° DH/152/2013 e n° DH/153/2013;
determinazione direttoriale 23 luglio 2013, n° DH/174/2013;
determinazioni direttoriali 6 agosto 2013, n° DH/191/2013 e
n° DH/192/2013, in quanto risultano incomplete negli elementi essenziali
previsti dalla normativa vigente.
INVITA
l’Amministrazione emanante a rispettare i termini normativi per
l’invio alla Sezione di atti similari una volta stipulati per il riscontro nei
termini sopra indicati.
DISPONE
che copia della presente deliberazione sia trasmessa, a cura della
Segreteria, al Presidente del Consiglio regionale d’Abruzzo e al Presidente
della Regione medesima ai fini di un’adeguata informativa ai Responsabili