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Siemens: un premio per le migliori innovazioni della Green Economy

RELOADER Magazine n. 90 - Luglio - Agosto 2015

Via di San Giovanni in Laterano 84 - 00184 Roma www.reloaderitalia.it [email protected] Fax: +39 06 62.27.05.44 Tel: +39 06 7049.5320

n. 90 - Luglio/Agosto 2015 Sommario

“Empowering  people  Award”  è  il  nome  dell’iniziativa  ed  è rivolta a sviluppatori e invento‐ri  internazionali  impegnati nel‐la realizzazione di  idee  innova‐tive  nel  settore  dell’economia sostenibile. Proprio  la  sosteni‐bilità  ambientale  dei  progetti di  impresa sarà  il metro di giu‐dizio principale per gli aspiran‐ti  vincitori,  chiamati  a  cimen‐tarsi  in  una  delle  8  categorie della Green Economy messa a loro  disposizione:  abitazione, agricoltura  &  alimentazione, educazione,  energia,  gestione dell’acqua  e  dei  reflui,  gestio‐ne dei rifiuti,  IT e sanità.  Il ter‐mine per  la presentazione dei progetti è  fissato per  il 30 no‐vembre 2015 alle ore 12. Al vin‐citore un premio di 50.000 eu‐ro, 30.000 euro per  il secondo 

classificato e 20.000 euro per il terzo.  La  nomina  dei  vincitori avverrà attraverso il giudizio di una giura globale online.  Al  premio  in  denaro  si  affian‐cherà  l’inserimento  delle  idee dei partecipanti nel “Database delle  Soluzioni”.  Gli  inventori entreranno  invece nella empo‐wering  people  Network,  una community creata e sviluppata da Fondazione Siemens.  L’obiettivo di questa  competi‐zione  è  quello  di  mettere  le persone  che  vivono  nelle  re‐gioni più disagiate  in condizio‐ne  di  avere  accesso  ai  servizi base per  i  loro bisogni giorna‐lieri. Vogliamo portare soluzio‐ni creative e non vediamo l’ora di  lavorare  con  chi  riuscirà  a realizzare soluzioni utili per chi ne ha più bisogno. 

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Storie di riciclo

Gli oggetti quotidiani che cambiano vita di Francesca Petrelli

Gli Speciali 21

La reverse logistics nella post-logistica: il ruolo degli Interporti Pietro Spirito Presidente di Interporto Bologna SpA

In Primo Piano RAEE

SISTRI – Le novità più recenti: l’approvazione della risoluzione 8-00119, il bando di affidamento dei servizi, e altre riflessioni ... di Vito la Forgia

Siglato a fine giugno il nuovo Accordo di Programma per la gestione dei RAEE

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Energie r innovabi l i

Rinnovabili in progress di Mirko Turchetti

La Commissione UE avvia la piattaforma intelligente europea in materia di energia

Fotovoltaico: pannelli ispirati alle piante

La “termopotenza” degli ossidi

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13 Il futuro del cibo: sostenibilità e sicurezza di Alessandro Bianchini

Il cibo del futuro: un bene comune

Il Manifesto della Green Economy per l’agroalimentare ad EXPO 2015

Lavorare senza carta: il primo esperimento “paperfree” in Italia di R. Bastianello

Il consulente assicurativo puro… Indispensabile per le PMI di Elmo Morini

Comieco: tre milioni di tonnellate di carta e cartone raccolte nel 2014

Ambiente e Società

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Uglio,  il  solstizio è già passato mentre questo articolo viene redatto, ma è re‐

cente  l’approvazione della  risoluzione 8‐00119 inerente  il  SISTRI.  Pertanto  anche  se  l’estate sta invadendo le nostre case e le nostre menti sono già proiettate alle vacanze estive ed alla calura in arrivo, è tempo di riprendere a parla‐re del nostro tanto amato quanto odiato e di‐scusso SISTRI. In questo  articolo  andremo  ad  esaminare  ciò che  è  stato  approvato  nella  risoluzione  il  cui testo, a parere di chi scrive, non aggiunge as‐solutamente nulla di nuovo a quanto già sape‐vamo  in merito a questo fallace sistema  infor‐matico che  il Ministero dell’Ambiente si rifiuta di far decadere in tempi di crisi e di ristrettezze economiche  come questo.  La nuova  formula‐zione approvata dalla commissione si apre con una  vecchia  notizia:  grazie  all’approvazione della  legge n. 116 del 11 Agosto 2014, entro 60 gg dalla sua entrata in vigore (25 Giugno 2014), il  sistema  SISTRI  viene  semplificato  con l’applicazione dell’interoperabilità e  la sostitu‐zione dei dispositivi  token usb, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Di semplificazioni traccia non v’è stata e di so‐stituzione dei token USB se ne è soltanto par‐lato. Vediamo  le novità più recenti. Entro  il 30 Giugno 2015  il ministero dell’ambiente avvia le procedure per l’affidamento della concessione del servizio nel rispetto dei criteri  … (omissis) nonché dei principi di economicità, semplifica‐zione, interoperabilità tra sistemi informatici e costante  aggiornamento  tecnologico.  Parole altisonanti che dovremo vedere quanto saran‐no aderenti alla realtà dei fatti. Al tempo in cui l’articolo  viene  redatto  quella  data  è  passata da  poco  ed  il  Bando  di  Gara  effettivamente esiste. Bando di gara Consip  In merito proprio all’affidamento, è recente al momento  in  cui questo articolo viene  scritto, la pubblicazione del bando di gara Consip per l’affidamento per 5 anni del servizio di traccia‐mento di rifiuti. La gara si svolgerà sostanzial‐

mente  in due  fasi,  la prima di pre‐qualifica ed una seconda nella quale ai concorrenti qualifi‐cati sarà inviato un invito. Il valore del bando di gara ammonta a  circa  260 milioni di euro, da aggiungere quindi a tutti quelli già spesi per la prima formulazione del sistema SISTRI e di tut‐ti i contributi versati dalle imprese coinvolte. Per  il ministro  dell’ambiente Gianluca Galletti questo  rappresenta un punto di  svolta ed un nuovo  inizio per  la soap‐opera del SISTRI. Cer‐tamente riuscire a creare un sistema informati‐

co efficiente di tracciamento dei rifiuti potreb‐be essere un buon punto di arrivo, ma occorre vedere se realmente i tempi prospettati per la realizzazione ed  il conseguente test sugli ope‐ratori  del  settore  (auspicato)  siano  effettiva‐

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RAEE

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SISTRI – Le novità più recenti: l’approvazione della risoluzione 8-00119, il bando di affidamento dei servizi, e altre riflessioni ... Vito la Forgia, Ambiente & Rifiuti-Consulenza Tecnica per la gestione dei rifiuti

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mente  rispettati.  Ovviamente  a  seguito  della realizzazione  di  questo  SISTRI  2.0  seguirà l’applicazione delle sanzioni per  il suo mancato utilizzo  che  ricordiamo  ad  oggi  sono  sospese fino  al  31  Dicembre  2015.    Tutto  ciò  significa 

quindi  che  al Ministero  dell’Ambiente  ci  si  a‐spetta nell’arco di 6 mesi  la realizzazione di un nuovo software, più efficiente e snello di quello attualmente  presente.  A  questi  sei mesi  però dovremmo  decurtare  i  tempi  di  svolgimento 

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della gara e dovremo sperare che l’aggiudicatario abbia  già  iniziato  a  lavorare  sul  progetto, per non essere in ritardo sulla tabella di mar‐cia. Personalmente ritengo quindi il tempo a disposizione molto  limitato per poter proce‐dere  con  la  realizzazione  di  un  progetto  di queste dimensioni, ma non  sono un progetti‐sta software e potrei quindi anche sbagliarmi. Il tempo sarà giudice di questo mio commento …  Vediamo  nel  dettaglio  in  cosa  consiste  il bando di gara: la procedura è ristretta, a lotto unico con l’obiettivo di garantire al mercato la possibilità  di  definire  gli  adeguati  raggruppa‐menti di  imprese per  la gestione dei servizi ri‐chiesti, ed il valore stimato di 260 milioni di eu‐ro sono validi per l’intera durata del contratto, 5 anni, più ulteriori 24 mesi opzionali. La gara prevede  che  vengano  affidati  in  con‐cessione una serie di servizi operativi, quali: ‐ Gestione  informatizzata dei  registri di carico e scarico (solo per i rifiuti pericolosi? Entrambi? Tutti i soggetti obbligati o solo una parte?) per i  produttori  e  smaltitori  (qualcuno  deve  aver  dimenticato  che  anche  i  trasportatori  hanno l’obbligo di un  registro di  carico  e  scarico  ed idem dicasi per gli intermediari senza detenzio‐ne); ‐ Gestione informatizzata delle schede di movi‐mentazione  (ex  formulari  di  identificazione rifiuti) ‐ Registrazione dei percorsi in modalità offline; Generazione automatica del MUD (ma se  il SI‐STRI 2.0 continuerà a non essere un gestionale allora  gli  operatori  del  settore  dovranno  co‐munque inserire manualmente una serie di da‐ti  relativi  alle  operazioni  di  recupero/smaltimento dei rifiuti); ‐ Gestione dei  contributi attraverso  il monito‐raggio  e  la  riconciliazione  dei  flussi  finanziari relativi  al  versamento  delle  quote  annuali  di iscrizione  dei  soggetti  iscritti  al  Sistema (volendo tradurre, le imprese continueranno a pagare); ‐  Le  azioni  finalizzate  all’ampliamento dell’adesione al  servizio da parte dei  soggetti 

facoltizzati  (questo  risponde  alla  prima  do‐manda, ossia che il sistema partirà nuovamen‐te con delle eccezioni). Chi avrà  la  fortuna/sfortuna di vincere  la gara dovrà  prendere  in  carico  l’attuale  sistema  SI‐STRI  e  procedere  con  lo  sviluppo  del  nuovo sistema informatico.  

Commenti sul testo  approvato dalla commissione Il testo approvato dalla commissione, che invi‐to  tutti  i  lettori a  leggere,  contiene  in  sé una sorta di riepilogo di quanto è stato detto e fat‐to  nel  corso  di  questo  ultimo  anno  nei  con‐fronti del SISTRI. Si parla della famigerata com‐missione  che  avrebbe dovuto  collaudare  il  si‐stema e che ha dato un esito positivo  (molto discutibile)  nell’ambito  della  conformità  del sistema a quanto era  stato progettato  inizial‐mente. Si è finalmente preso atto della vetustà del  sistema  dal  punto  di  vista  tecnologico  e delle procedure che lo caratterizzano. Volendo sintetizzare senza annoiare il lettore: ‐ Sistema tecnologicamente antiquato; ‐ Farraginosità nell’utilizzo delle procedure po‐co allineate alla normativa vigente; ‐ Quadro  poco  chiaro  relativo  alle  procedure da utilizzare nell’esecuzione di qualsiasi opera‐zione; ‐ Mancata competenza da parte del call center, ed aggiungerei anche un pizzico di arroganza da parte di taluni operatori che ricordiamo so‐no  stipendiati  per  dare  supporto  agli  utenti nell’utilizzo di un sistema informatico di poca e dubbia utilità e che nulla aggiunge ad oggi alla corretta gestione dei rifiuti, e che quindi sono deputati al dare informazioni chiare e corrette all’utente possibilmente  in maniera  cortese  e non  come  se  stessero  facendo  un  favore  nel rispondere al telefono; ‐ Mancata  formazione degli operatori del  call center  in merito alla normativa rifiuti. Non so‐no  pochi  difatti  gli  utenti  che  hanno  dovuto effettuare più telefonate al call center parlan‐do con più operatori e decidere poi quale fos‐

se  la risposta più consona al proprio problema (in pratica è come giocare al superenalotto); ‐ Mancata utilità del sistema SISTRI nell’attuale gestione dei  rifiuti. E’  infatti noto che  l’utilizzo del  SISTRI  non  fornisce  alcun  valore  aggiunto nel contrasto delle ecomafie e della tracciabilità dei rifiuti ma sta sortendo  invece  l’effetto con‐trario  ossia  quello  di  complicare  ciò  che  era semplice ovvero  l’utilizzo di un registro di cari‐co e scarico e di un formulario di identificazione rifiuti. ‐  Inutilità  dell’utilizzo  di  black‐box,  token  usb per una gestione che potrebbe essere fatta con sistemi più semplici. Non sono pochi gli utenti che lamentano la profusione di codici da inseri‐re per poter  effettuare  l’accesso  al  SISTRI  (  e ricordiamo  che  per  accedere  al  proprio  conto online  i codici richiesti sono di gran  lunga  infe‐riori ma i dati contenuti di maggior valore); ‐  La  tracciabilità  in  tempo  reale  è  sostanzial‐mente un miraggio; ‐ Aggravio  di  costi  in  capo  alle  imprese.  Basti pensare ai contributi annuali obbligatori da ver‐sare, alle  integrazioni che devono essere  fatte ogni qual volta si aggiunge un mezzo alla pro‐pria autorizzazione, al tempo che ogni operato‐re perde per poter produrre la documentazione che deve accompagnare un rifiuto pericoloso e del  tempo  che  gli  altri  operatori  perdono  per poter  effettuare  le  registrazioni  di  legge (ricordiamo che il tempo è denaro per le impre‐se). Personalmente  ritengo  di  aver  sviscerato l’argomento dei contro – SISTRI già ampiamen‐te  in  tutti  gli  articoli  che  sono  stati  pubblicati sul  blog:  www.ambienterifiuti.wordpress.com durante questi anni, e si invita il lettore a volerli leggere per avere una panoramica più ampia di quali siano le problematiche. Con ciò non voglio affermare  che  l’idea del SISTRI  sia da buttare. Anzi ribadisco sempre che l’idea dalla quale na‐sce  il  SISTRI  è  nobile  ed  utile  al  fine  di  poter tracciare e gestire i rifiuti. Ritengo  utile  tuttavia  soffermare  l’attenzione su quanto detto dal Ministro Galletti  in data 9 

Aprile 2014 dato che il suo  commento  è  sta‐to  citato  nel  testo  in esame:  «Si  va  avanti, bisogna  assolutamen‐te  farlo  perché  è  indi‐spensabile,  perché quello  che  abbiamo visto  accadere  nella Terra  dei  Fuochi  non deve  più  accadere»,  aggiungendo  che  «bisogna che questo sistema non crei danni agli  imprendi‐tori. Noi abbiamo un sistema che nasce vecchio, perché questo contratto risale a tanti anni fa. La tecnologia è andata avanti, il diritto amministra‐tivo è andato avanti e ha bisogno di un aggiorna‐mento. Stiamo lavorando su questo e vediamo il risultato  che  riusciamo  ad  ottenere,  perché  ab‐biamo  un  contratto  fatto  Mercoledì  17  giugno 2015 — 72 — Commissione VIII e  la pubblica am‐ministrazione  i  contratti  deve  rispettarli  fino  in fondo». Ci  permettiamo  di  fare  un  elogio  in  merito all’aver preso coscienza di quanto il sistema sia vecchio e di quanto la normativa ambientale sia andata avanti nel  frattempo, ma è utile anche una  critica  costruttiva  in  quanto  il  problema della terra dei fuochi non sarebbe stato evitato grazie al famigerato SISTRI. Ciò che credo i poli‐tici  non  abbiano  voglia  di  comprendere  è  la semplicità dei  fatti:  se  c’è un  soggetto  che  in‐tende  far viaggiare  illecitamente  i propri  rifiuti per poi  sotterrarli da qualche parte, qualcuno crede seriamente che il trasporto dal produtto‐re alla  cava  in  cui verrà  seppellito  il  rifiuto av‐verrà  con  la  scheda  SISTRI?  Che  l’automezzo impiegato  sarà  iscritto al SISTRI? La  risposta è ovviamente no, e da ciò ne discende che in real‐tà per prevenire questi eventi sarebbe necessa‐rio invece formare ed addestrare più agenti per svolgere  i  controlli  su  strada,  nei  siti,  presso  i produttori di  rifiuti, presso gli  impianti. Se una parte  dei  contributi  versati  al  SISTRI  fossero devoluti per  la  formazione degli organi di con‐trollo,  ritengo che  le  imprese sarebbero meno 

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Siglato a fine giugno il nuovo Accordo di Programma per la gestione dei RAEE

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contrarie  al SISTRI o, perlomeno,  saprebbero che non  tutti  i soldi versati vengano destinati al pozzo senza fondo che il SISTRI oggi rappre‐senta. Invece si continua a pensare che sia suf‐ficiente un sistema  informatico dove  le  impre‐se diligenti  (perché  solo queste ad oggi  sono iscritte) si iscrivono e compilano la loro scheda SISTRI  per  aver  contrastato  le  eco‐mafie  … Personalmente avrei qualche dubbio in merito. Poniamo  ora  l’attenzione  sull’attuale  sistema di gestione dei rifiuti costituito da formulari di identificazione rifiuti e registro di carico e sca‐rico e  vediamo da  cosa  scaturisce questa ne‐cessità di avere il SISTRI a tutti i costi.    Cosa c’è che non va  nell’attuale sistema? 

Sicuramente  manca  una  comunicazione  in tempo  reale  alle  forze  dell’ordine,  dato  che occorre  aspettare  la  presentazione  del MUD con le sue regole, che di anno in anno cambia‐no mandando  in  confusione  chi  lo  compila, e che  lascia  sempre  nel dubbio  gli  operatori  ri‐guardo l’effettivo controllo. Essendo un sistema cartaceo manca della rapi‐dità nella sua compilazione e consultazione, ed ancora,  la  comunicazione  a  tutti  i  soggetti coinvolti del peso riscontrato a destino richie‐de  del  tempo.  Grazie  però  all’avvento  degli scanner e della posta elettronica, le imprese in autonomia, fanno oggi viaggiare le informazio‐ni  in  tempo quasi  reale e  tutto  ciò  senza  che un decreto fosse stato emanato, e soprattutto che i costi fossero incrementati. Non  dimentichiamo  che  nel  frattempo  sono stati  prodotti  dei  software,  che  permettono alle imprese che devono registrare molti movi‐menti di carico e scarico rifiuti di informatizza‐re  queste  operazioni  rendendole  più  veloci  e snelle.  Inoltre gli attuali software permettono un controllo rapido della movimentazioni, del‐le giacenze e di tutto ciò che riguarda i rifiuti (il SISTRI questo non  lo  fa perché  si ostina a di‐chiararsi un Non Gestionale). 

I mezzi non sono tracciati in tempo reale. Que‐sto problema  le  imprese  lo stanno  risolvendo installando  sistemi di monitoraggio dei mezzi in  tempo  reale. Certo  i dati  sono di proprietà dell’impresa  di  trasporto  ma  nulla  vieta  che possano  essere  forniti  alle  forze  dell’ordine per  dimostrare  quali  viaggi  abbia  compiuto  il proprio mezzo. I sistemi di rilevazione satellita‐re sono però all’avanguardia, di piccolo ingom‐bro e con costi ridottissimi. Alla luce di ciò cosa c’è che non va nell’attuale sistema di gestione dei  rifiuti, che cosa  fareb‐be prediligere il SISTRI? Forse il versamento di un  contributo  annuale?  Forse  la  presenza  di black‐box  che  azzerano  le  batterie  gli  auto‐mezzi e che costano alle  imprese  in fase di  in‐stallazione? Forse  la presenza di numerosi co‐dici di accesso per arrivare alle movimentazio‐ni  che molto  spesso  rappresentano  un  rebus per chi non ha molta dimestichezza con i siste‐mi  informatici e con  le  logiche contorte di chi ha creato il SISTRI? In tutta onestà non vedo perché non sarebbe stato più semplice  informatizzare ciò che oggi abbiamo con  l’implementazione di una piatta‐forma  web  ministeriale,  collegata  in  tempo reale con  le  forze dell’ordine, sulla quale cari‐care tutti  i movimenti relativi alla gestione dei rifiuti,  ed  il  tutto  senza  numerose  ed  astruse password,  token, ecc … Ciò avrebbe permes‐so  ad  ogni  software  house  di  interfacciarsi semplicemente,  tutti  i  rifiuti  (pericolosi e non pericolosi) sarebbero stati tracciati con un uni‐co schema logico, e non ci sarebbero stati ulte‐riori costi per le imprese. E’ tutto qui? Facciamo  il punto sulle eccezioni. Personalmente  ritengo  sia  la più  grande  falla di questo sistema. Vogliamo  tracciare  i  rifiuti? Tracciamoli tutti quanti. Che senso ha far viag‐giare  i rifiuti pericolosi con un sistema e quelli non pericolosi con un altro? Perché aggravare le  aziende  con  due  gestioni  separate?  E  poi perché mai  tracciare  solo una parte dei  rifiuti pericolosi escludendo  le  imprese sotto  i 10 di‐pendenti?  Forse  i  loro  rifiuti  pericolosi  sono 

meno  pericolosi  dell’azienda  con  11 dipendenti? Non sarebbe stato forse più  utile  tracciarli  tutti?  O  magari utilizzare un  criterio quantitativo di rifiuti pericolosi? O scegliere una ro‐sa di rifiuti pericolosi da escludere? Appare chiaro che chi vuole imporre alle imprese del settore il sistema di lavoro  di  fatto  non  ha  alcuna  co‐scienza di quale sia il lavoro che que‐ste imprese svolgono. Auspichiamo  che  chi  dovrà  dettare le nuove regole lo faccia ascoltando le  imprese del  settore, che  si dia a‐scolto alle proposte di R.et.E Impre‐se  Italia che ha elaborato e presen‐tano  il 25 Marzo 2015 proposte per un nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti che siano in grado di conciliare la necessità di controlli  rigorosi con la necessità di non gravare con oneri inutili sulle imprese. Ancora una vol‐ta  ribadisco  che  la  soluzione per  la tracciabilità  dei  rifiuti  potrebbe  es‐sere semplice ed  invece come sem‐pre nel nostro paese  si  scelgono  le vie più contorte, con  la conclusione che non si raggiunge il risultato spe‐rato … qualora lo si raggiunga.  v.laforgia@ambiente‐rifiuti.com  

Ha validità di tre anni a partire dal primo luglio scorso il nuovo accordo  che disciplina  le modalità e  i  tempi di ritiro dei RAEE conferiti ai distributori dai luoghi di rag‐gruppamento,  l’organizzazione della raccolta  in modo omogeneo  sull’intero  territorio  nazionale  e  i  relativi premi di efficienza. E’ stato sottoscritto dalle Associa‐zioni  di  categoria  dei  Produttori  di  Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche,  le Associazioni delle Azien‐de di Raccolta dei  rifiuti e  le Organizzazioni delle  Im‐prese Commerciali e della Distribuzione. “L’accordo – si legge in una nota del Centro di Coordinamento RAEE‐  resta  comunque  aperto  alla  sottoscrizione da parte tutte  le associazioni di settore e offre condizioni eque e non discriminatorie a tutti gli operatori che volessero avvalersi delle specifiche in esso previste”. Al verificar‐si delle condizioni di buona operatività realizzate dalle imprese  commerciali  e  della  distribuzione,  verranno erogati  premi  di  efficienza  sulla  base  dei  quantitativi conferiti dai Consumatori ai Distributori,  ritirati dai Si‐stemi Collettivi dei produttori e avviati alle operazioni di trattamento e recupero. “Con la stipula della nuova intesa ‐ spiega la nota ‐ il valore di questi rimborsi pre‐miali è stato incrementato quasi del 50% in valor medio rispetto agli attuali  livelli”. L’obiettivo stabilito dal De‐creto 49/2014 è quello di arrivare, entro 5 anni, a racco‐gliere  720.000  tonnellate di RAEE pari  circa  al 65% di tutte le AEE immesse sul mercato ogni anno, che corri‐spondono  a  circa  12  Kg  a  cittadino.  “Questi  numeri molto  ambiziosi  rendono  necessario da parte di  tutti gli operatori  ‐ continua  il comunicato  ‐ un consistente impegno per migliorare  la gestione di questa risorsa e aumentare sensibilmente  la raccolta. A oggi  in  Italia  il sistema RAEE raccoglie circa 240.000 tonnellate di pro‐dotti destinati al recupero e/o al trattamento corretto. Tra le nuove misure introdotte, si segnala il supporto in via sperimentale alla creazione di “microaree ecologi‐che a basso impatto ambientale” mirate a rendere più agevole la raccolta dei RAEE in aree disagiate. 

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Energie rinnovabili Rinnovabili in progress di Mirko Turchetti

Promuovere  l'energia verde ed efficiente per  le regioni  dell'Europa:  ecco  un  obiettivo  in  linea con quello spirito di condivisione e collaborazio‐ne che ha animato i fondatori dell’UE e che indi‐ca “come potrebbe essere”.   Nel mese di maggio  la Commissione europea ha  avviato  la  piattaforma  di  specializzazione intelligente europea  in materia di energia, che sosterrà le regioni e gli Stati membri nell'utiliz‐zo efficiente dei finanziamenti della politica di coesione  per  promuovere  l’energia  sostenibi‐le. La piattaforma aiuterà  le  regioni a condivi‐dere  le  loro competenze  in materia di  investi‐menti  per  l’energia  sostenibile,  in  particolare per quanto  riguarda  l'applicazione di  tecnolo‐gie  innovative  a  basse  emissioni  di  carbonio. Sostenendo  l’uso ottimale dei fondi della poli‐tica di coesione per finanziare progetti nel set‐tore  delle  energie  sostenibili,  la  piattaforma contribuirà  direttamente  alla  strategia  per l’Unione Europea dell'energia. Essa mira altresì ad  allineare meglio  le  attività  di  innovazione 

nel  settore dell’energia a  livello nazionale,  re‐gionale  e  locale  in  vista  della  costituzione  di un'agenda  strategica  comune  sulle priorità e‐nergetiche. La piattaforma, che è stata istituita dal  servizio  scientifico  interno  della  Commis‐sione, il Centro comune di ricerca (JRC), contri‐buirà a promuovere la crescita economica nel‐le regioni garantendo un approvvigionamento energetico  sostenibile,  competitivo  e  sicuro. Inoltre  fornirà  informazioni,  conoscenze  e competenze  in materia di  investimenti  in pro‐getti  energetici,  in  linea  con  le  esigenze  dei responsabili politici, delle autorità e delle parti interessate  responsabili  dell’energia  e  della ricerca.  La  specializzazione  intelligente  è  un approccio  innovativo elaborato dalla Commis‐sione Europea per promuovere la crescita eco‐nomica e la prosperità a livello regionale. Inco‐raggia un uso efficiente e mirato degli  investi‐menti pubblici nella  ricerca e nell’innovazione per  creare  vantaggi  competitivi  e  consentire alle  regioni di  specializzarsi nell'ambito dei  ri‐

spettivi punti di forza. È altresì una condizione preliminare per beneficiare di fondi strutturali e di investimento europei. Sarà inoltre possibi‐le sviluppare modi di associare gli Stati mem‐bri  e  le  regioni  con  interessi  simili  e  investi‐menti  previsti  per  l’innovazione  in  campo  e‐nergetico. Il commissario europeo per  la poli‐tica  regionale,  Corina  Cretu,  ha  osservato: “Nel  periodo  2014‐2020  saranno  investiti  oltre 38 miliardi di euro di finanziamenti della politi‐ca di coesione per ultimare  la strategia per  l'U‐nione dell'energia e per promuovere  il passag‐gio ad un'economia a basse emissioni di carbo‐

nio in tutti i settori. Questo corrisponde a più di un raddoppio del finanziamento rispetto al pe‐riodo precedente.  I  fondi della politica di  coe‐sione offrono molte opportunità, ma pongono anche sfide  importanti per  le regioni  in termini di attuazione dei progetti energetici cofinanzia‐ti dall’UE. È per questo motivo che accolgo con favore la nuova piattaforma in materia di ener‐gia, che consentirà di mettere  in comune  le co‐noscenze in materia di energia sostenibile e aiu‐terà  le regioni ad utilizzare  in modo efficiente  i finanziamenti  disponibili  per  investire  in  solu‐zioni innovative.”      M. T. 

Fotovoltaico: pannelli ispirati alle piante USA.  Gli  attuali  pannelli  fotovoltaici  che  vengono installati sui  tetti delle abitazioni sono capaci di  im‐magazzinare  energia  solamente per pochi microse‐condi. Ma  i pannelli del  futuro  saranno  in grado di trattenere l’energia per alcune settimane. Si tratta di una nuova tecnologia messa a punto da un team di scienziati dell’Università della California di Los Ange‐les, che si ispira alle piante con un meccanismo simi‐le alla fotosintesi clorofilliana. Sarah Tolbert, autrice dello  studio  pubblicato  sulla  rivista  Science  spiega: “Le piante creano energia dai raggi del sole attraverso la  fotosintesi  in  un  modo  estremamente  efficiente. Nella  fotosintesi  le  piante  usano  strutture  accurata‐mente  organizzate  nelle  loro  cellule  per  separare  le cariche elettriche negative da quelle positive, e questa separazione è  la  chiave di  tanta  efficienza”.  Le  celle solari plastiche, che  rispetto a quelle  in  silicio  sono decisamente più economiche,  sono però poco effi‐cienti  in  quanto  le  cariche  positive  e  negative  che vengono  separate  si  ricombinano prima  che possa‐no  generare  energia  elettrica.  Invece,  nella  nuova tecnologia è presente una struttura che “consente di mantenere  le cariche separate per giorni, anche setti‐mane, migliorando  l’immagazzinamento  di  energia”. Il prossimo  step dei  ricercatori  sarà quello di  incor‐porare la nuova tecnologia nelle celle solari, in modo da poterla portare sui tetti.        Fonte: improntaunika.it 

La Commissione UE avvia la piattaforma intelligente europea in materia di energia La “termopotenza” degli ossidi

Alcuni ossidi artificiali hanno  la capacità di sfruttare in maniera mai rilevata  finora  l'effetto termoelettri‐co, cioè  la proprietà che permette a un materiale di convertire  il  calore  in  energia  elettrica.  Questo  il frutto di una ricerca congiunta  italo‐svizzera che ha coinvolto  le Università di Genova e Ginevra  in colla‐borazione  con  due  Istituti  del  Cnr:  l'Istituto  super‐conduttori,  materiali  innovativi  e  dispositivi  (Spin, Genova)  e  l'Istituto  officina  dei materiali  (Iom,  Ca‐gliari). Noto anche come 'effetto Seebeck', il potere termoelettrico permette di generare energia elettri‐ca  grazie  a  una  differenza  di  temperatura  tra  due punti di un materiale: sebbene sia una proprietà os‐servabile  in quasi tutti  i materiali conosciuti,  l'effica‐cia è relativamente debole e sinora solo il 10% dell'e‐nergia dispersa  in calore può essere  recuperata. Lo studio mostra che,  ingegnerizzando  le proprietà dei materiali su scala nanometrica, si possono ottenere valori  record di  termoelettricità a basse  temperatu‐re. Se fino ad oggi la scarsa disponibilità di materiali ad alto coefficiente di conversione energetica ne ha limitato  l'utilizzo ad alcuni specifici settori, disporre di  una  nuova  classe  di materiali  altamente  perfor‐manti ed economici potrebbe estenderne significati‐vamente  l'uso  in  ambito  industriale, migliorando  la resa di dispositivi quali processori di computer e mo‐tori per auto. Dunque è grande  il potenziale per  la famiglia degli ossidi che, oltre all’elevato coefficien‐te  di  conversione  energetica,  possono  sopportare temperature molto alte e non sono tossici.  

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Storie di Riciclo

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Diversi anni fa ho partecipato a degli in-contri che mi hanno aperto nuove pro-spettive rispetto al posto che gli oggetti occupano nella nostra vita. Ho imparato a portare armonia all’interno degli spazi vitali liberandoli dall’eccesso di cose che si accumulano occupando non soltanto spazio fisico ma arrivando a debordare nell’ingombro di spazi mentali ed emoti-vi. Alternando lezioni di feng shui, qi gong e space clearing, ho appreso come non “trattenere” più oggetti inutili e inu-tilizzati per far spazio al nuovo, adesso cerco di avere sempre un cassetto vuoto pronto ad accogliere quello che verrà. Ho scoperto che quando un oggetto riesce a coinvolgerci, a caricarci di energia positi-va, ha sempre un posto di rilievo … e poi non è detto che un oggetto, acquistato

e utilizzato per un certo periodo per u-no scopo, non possa vivere nuova vita cambiando completamente la sua fun-zione. Spesso ho attraversato periodi di accumulo, seguiti da tentativi di rimet-tere in ordine, ed è in quei momenti di “ordine” che gli oggetti cambiano vita

… come alcune vecchie lampade, para-lumi in vetro ormai spaiati e vecchie coppe che diventano vasi, strutture su cui intrecciare rami verdi ed edificare piccole sculture che nel tempo si modi-ficano. La cura e l’attenzione prestata li trasforma da ciarpame in complementi

Francesca Petrelli è socia di EnterprisinGirls

Gli oggetti quotidiani che cambiano vita di Francesca Petrelli

di arredo. Il mio lavoro parte da qui, dal vedere come le cose possano cambiare nel tempo. Già da un po’ condivido con mio padre il suo atelier napoletano di fiori e piante provenienti da tutto il mondo … un luogo in cui la formazione da architetto e outdoor designer incon-tra la sua grande esperienza di fiorista e il vissuto di scultore. Legni, residui di lavorazioni come nastri di ferro e ritagli di rete elettrosaldate, ceramiche e resine, tutto quel che l’occhio scorge si combina in inaspetta-te forme da vestire con foglie, infiore-scenze e fiori per dar vita a concordanze inedite frutto dell’inventiva e della crea-

tività più che della natura stessa degli oggetti. Così un vecchio supporto di metallo, ospitando una sfera rivestita con foglie di phormium tenax ed arric-chita con infiorescenze di carthamus tin-ctorius, di echinops ritro, di eryngium bourgatii e craspedia globosa si inventa scultura, mentre paralumi e coppe di ve-tro, poggiati su pietre bianche ovvero montati e sorretti da spessi spaghi, e al-lestiti con una grande varietà di fiori (curcuma, brumia, garofani verdi, giraso-li e calle) e foglie (aspidistra, chamae-rops) si trasformano in installazioni e mobiles verdi da installare in un angolo di casa.

www.ideaverde.info

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Ambiente e società

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ciò che si compra è un cibo sicuro, control‐lato e “virtuoso” o meno, in modo da soste‐nere così la green economy? Il  Manifesto  agroalimentare  a  cura  degli Stati Generali per  la Green Economy racco‐glie  in  sette proposte  la  strategia  che può rendere sostenibile ed ecologico, così come buono e sicuro, il futuro del cibo. Un futuro in  cui  il  risparmio  idrico  ed  energetico,  as‐sieme  alle  ridotte  emissioni  inquinanti,  an‐drà a braccetto con la biodiversità, la varie‐

tà  e  l’equità  dello  sfruttamento  del  suolo. Un  futuro  in cui  il suolo agricolo, “capitale naturale non sostituibile, che va conservato perché  è  un’infrastruttura  verde  strategi‐ca”, è da tutelare, valorizzare e proteggere dall’espansione  urbana.  Seguendo  simili suggerimenti  ci  sono  quindi  i  presupposti per  avere una produzione  locale,  a misura d’uomo e che preservi  la vita nei mari e  le condizioni di  vita negli  allevamenti. Affian‐cando a questa base di partenza l’utilizzo di 

confezionamenti sicuri e  riciclabili o  riciclati, o comunque riutilizzabili,  l’utilizzo di mezzi poco inquinanti e soprattutto il potenziamento delle filiere corte,  si può garantire che  i consumi di acqua ed energia siano minimi per tutto il ciclo di vita del prodotto. Nel supermercato (o in un più  piccolo  punto  vendita,  dato  che  si  punta sulla  capillarità  della  distribuzione  e  sulla  sua 

Efficienza energetica, sprechi, cicli di vita, filie‐re e provenienza delle materie prime, carbon footprint,  impronta  idrica,  sostenibilità;  tutti concetti e  informazioni  che  sono entrate nel nostro vivere quotidiano e che si applicano a ogni aspetto della nostra vita, cibo compreso. L’Expo 2015 si è rivelato fin da subito un note‐volissimo elemento di aggregazione di saperi, culture, problemi,  soluzioni  ed  idee  che pro‐mettono  di  scuotere  anche  la mente  più  di‐stratta. In aggiunta all’autorevole Enciclica del 

Papa, sono  innumerevoli gli studi e  le  iniziati‐ve  legate ad una nuova chiave di  lettura che estenda la cura per l’ambiente in cui viviamo e la  porti  ad  occuparsi  anche  della  questione alimentare,  che  per  quanto  presente  non  è stata sufficiente a risolvere  i problemi che af‐fliggono  l’agricoltura,  la  pesca  e  la  gestione delle riserve di cibo. Ma quali sono gli elemen‐ti cardine che  rendono un cibo  sostenibile, e quali sono i criteri da tenere in considerazione per raggiungere tale scopo? Come valutare se 

Il futuro del cibo: sostenibilità e sicurezza 

di Alessandro Bianchini

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giusta efficienza) del domani ci sarà quin‐di qualche etichetta  in più da considerare o  forse,  sfruttando  l’avviata  tecnologia dell’Internet‐of‐things, un metodo più ef‐ficiente  e  rapido  per  raccogliere  tutte  le informazioni che vogliamo su ciò che stia‐mo comprando. Ci si potrà così assicurare non solo  la provenienza, ma anche  il per‐corso,  il  costo  in  termini  ambientali, l’eventuale contenuto di sostanze sgradi‐te e magari anche qualche altra piacevole curiosità.  Papa  Francesco  nell’enciclica afferma che: “L’umanità è entrata  in una nuova era, in cui la potenza della tecnolo‐gia ci pone di fronte a un bivio. Non pos‐siamo  ignorare  che  l’energia nucleare,  la biotecnologia,  l’informatica,  la  conoscen‐za del nostro stesso DNA e altre potenzia‐lità  che  abbiamo  acquisito  ci  offrono  un tremendo  potere.  Anzi,  danno  a  coloro che detengono  la conoscenza  ‐ e  soprat‐tutto  il potere economico per sfruttarla  ‐ un  dominio  impressionante  sull’insieme del  genere  umano  e  del  mondo  intero. Mai l’umanità ha avuto tanto potere su se stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se si considera  il modo in cui se ne sta servendo.”  I governi e  le grandi  aziende  senza  dubbio  hanno,  e possono esercitare, questo tremendo po‐tere;  non  va  tuttavia  assolutamente  sot‐tovalutata  la  responsabilità  che  tutti  ab‐biamo  nelle  scelte  che  compiamo  ogni giorno,  e  l’importanza  che  anche  queste hanno  sul  bilancio  della  salute  e  del  be‐nessere del pianeta e di conseguenza del nostro stile di vita. Mai come ora abbiamo la facoltà di scegliere quali connotati assu‐merà il modo di nutrire la popolazione del pianeta,  e  considerando  che  ‐    citando Feuerbach  ‐  “l’uomo  è  ciò  che mangia”, questa stessa scelta assume ancor più vi‐tale  importanza non solo per  la mera esi‐stenza dell’uomo, ma anche per la qualità della vita del suo pensiero. A. B. 

Il cibo del futuro: un bene comune  Il  cibo nel  2050?  I  consumatori  lo  vorrebbero più  controllato,  sicuro,  e  per  certi  versi “democratico,  accessibile  a  tutti”, ma  se  lo  a‐spettano  anche  “freddo,  sterile,  standardizza‐to”. Questo  il  risultato di un’indagine svolta da Doxa per Coop e presentata il 22 Giugno a Expo. Lo studio ha indagato le aspettative, i desideri e i  timori dei  cittadini di otto Paesi del mondo – Italia, Germania, UK, Usa, Russia,  Cina,  India  e Brasile.  “In  tre generazioni  tutto è  cambiato  – ha  spiegato  l’ad di Doxa, Vilma  Scarpino  ‐Oggi c’è maggiore consapevolezza razionale del rap‐porto  tra  benessere  e  cibo. Non  c’è  più  l’idea che  il cibo  serve a  sfamare  la popolazione o  la famiglia,  non  c’è  l’idea  che  si  può  consumare qualsiasi  cibo  che  l’industria  fornisce,  ma  c’è l’idea che si debba per  il proprio bene  il meglio che il mercato offre. I consumatori sia spettano di avere un cibo sano, buono pur perdendo di fatto, i valori della territorialità della tradizione. Quindi un cibo sempre più globalizzante e glo-balizzato”. Secondo gli intervistati (6400 in to-tale) a decidere delle caratteristiche del cibo del futuro dovranno essere soprattutto i cittadini, seguiti dal mercato e dall’industria. “Meno le

istituzioni e i governi, che devono occuparsi più delle regole a tutela del cibo”. In tutti gli otto Paesi considerati, quello che il 56% dei cittadini chiede è che il cibo sia buono e sicuro per tutti. In altri termini, che sia “cibo democratico”. (Fonte; doxa.it)

In occasione di Expo 2015, il Consiglio Naziona‐le della Green Economy ha elaborato il Manife‐sto della Green Economy per l’agroalimentare, che si propone di esporre, in un contesto inter‐nazionale,  il punto di vista radicato nel model‐lo italiano di agroalimentare orientato alla gre‐en economy su 7 temi cruciali per l’agricoltura e la produzione di cibo nella nostra epoca: 

1.  Adottare  la visione della green economy per assicurare uno sviluppo durevole e di qualità della produzione agroalimentare. 

2.  Coordinare  la  multifunzionalità  con  la 

priorità della produzione di alimenti. 3.  Attuare misure di mitigazione e di adat‐

tamento alla crisi climatica. 4.  Superare modelli agricoli non più sosteni‐

bili e promuovere la diffusione delle buo‐ne pratiche. 

5.  Tutelare  la  sicurezza  alimentare,  poten‐ziare i controlli e le filiere corte. 

6.  Fermare  lo spreco di alimenti, assicurare la  circolarità  dell’economia  delle  risorse agroalimentari. 

7.  Fermare le minacce alla produzione agro‐alimentare e ai suoli agricoli. 

Per leggere e firmare il Manifesto: http://www.statigenerali.org/manifesto-green-economy-agroalimentare-expo-2015/firma-manifesto/

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Lavorare  oltre  un  anno  senza  carta,  senza stampare  fatture  o  documenti?  Possibile.  E  a ben guardare anche pratico e vantaggioso, ol‐tre che eco‐sostenibile. A dimostrarlo è  la sto‐ria  del workspace Menocarta.net,  il  primo  e‐sperimento in Italia completamente paperfree. Lo  spazio  nasce  a  Padova  nel  febbraio  2014 con  la missione di assistere aziende e profes‐sionisti decisi  a dire  addio  alla  carta,  anche  e soprattutto quella usata per documenti  fiscali e amministrativi. Anche limitandosi alle fatture elettroniche (senza contare  i libri sociali e  i re‐gistri contabili)  i numeri di un anno di vita del workspace Menocarta.net danno l'idea di cosa significa  lavorare  paperless.  Sul  versante  del 

servizio offerto ad aziende ed enti  in un anno la  rete d'impresa ha gestito 2.200.000  fatture in  formato  digitale.  Ciò  significa  che  ha  per‐messo di non stampare circa 5 milioni di pagi‐ne, una pila di carta alta 50 metri, più o meno come  un  grattacelo  di  17  piani  e  pesante  25 tonnellate. Il tutto riuscendo così a non emet‐tere nell'ambiente 42 tonnellate di Co2 e a non abbattere 63 alberi. Ma non solo. Il ciclo virtu‐oso  del  paperfree  si  estende  anche  al  rispar‐mio economico. Tra spese di cancelleria, stam‐panti e altro il risparmio totale per chi si è rivol‐to a Menocarta.net oscilla tra gli 8,8 milioni di euro (in caso di digitalizzazione di una singola fattura)  e  i  19,8 milioni  di  euro  per  gli  inter‐

scambi di documenti digitali più strutturati. Si tratta di un cammino lungo e in parte acciden‐tato  (ogni  rivoluzione  incontra  resistenze, scetticismi e critiche) ma le aziende e i profes‐sionisti che hanno deciso di abbracciare la filo‐sofia paperless sono sempre di più. Le 35 azien‐de  e  i  79  commercialisti  (303  anagrafiche  di aziende  finali)  che,  grazie  a  Menocarta.net, hanno detto addio alla carta nell'ultimo anno sono  la  conferma,  l'ennesima,  che  lavorare senza  carta  è  possibile  oltre  che  doveroso. Fortunatamente  l'Italia  sta  favorendo  quella che è a tutti gli effetti la più importante rivolu‐zione digitale per  il  sistema Paese. Dal primo aprile  2015  é  infatti  obbligatorio  presentare alla  Pubblica  Amministrazione  fatture  in  solo formato digitale. A  tre mesi dall'entrata  in vi‐gore dell'obbligo sono state emesse 7,7 milioni di fatture verso 22 mila enti e 42 mila uffici. E le stime parlano di 50 milioni di fatture elettroni‐che che saranno emesse ad un anno dall'entra‐ta  in vigore dell'obbligo di  legge e di vantaggi per  le  imprese  che vanno dai 6/8,5 euro  (per ogni  singola  fattura  inviata elettronicamente) a 25/65 euro (in caso di digitalizzazione dell'in‐tero  ciclo di ordine,  fatturazione,  consegna e pagamento). “E' evidente che solo pochi pro‐fessionisti e poche aziende hanno ben  chiaro che il rilancio passerà inevitabilmente attraver‐

so  un  maggiore  efficientamento  degli  studi professionali e degli uffici, grazie ad una  rior‐ganizzazione dei processi interni verso un effi‐cace utilizzo delle tecnologie ICT ‐ ha commen‐tato Andrea Cortellazzo, dottore commerciali‐sta e partner di Menocarta.net –  la conferma dei  vantaggi  ha  l'evidenza  dei  numeri:  grazie alla  fatturazione  elettronica  ed  alla  sola ‘conservazione a norma’ dei documenti digitali uno  studio  professionale  riesce  a  risparmiare una cifra pari al 20% del proprio bilancio e più dell'80% del costo di produzione dei servizi di tenuta  contabile  e  adempimenti  fiscali;  un'a‐zienda riesce invece a risparmiare dai 3 agli 8,5 euro per singola fattura e dai 25 ai 65 euro per la digitalizzazione dell'intero  ciclo dell'ordine. Continuare a stampare fatture e documenti su carta  sarebbe  come  comunicare  con  i  clienti solo attraverso posta ordinaria  invece che via email” . Il futuro prossimo parla anche di un'al‐tra spinta in questo senso: la fatturazione elet‐tronica b2b ovvero tra privati. E  il governo ha annunciato anche agevolazioni e  sgravi  fiscali per chi deciderà di  intraprendere questa stra‐da.  I  numeri  stimati dal Politecnico di Milano parlano di un  risparmio di un miliardo di euro all’anno per  la PA e di mezzo miliardo per  le imprese  (tra minori costi per  i materiali, spazi fisici dedicati e trasmissione del documento). I vantaggi totali che si potrebbero ottenere dal‐la dematerializzazione dei 45 miliardi di docu‐menti  “business” prodotti  in  Italia ogni  anno (circa 600 miliardi di fogli di carta) si tradurreb‐bero  invece  in  4 milioni  di  tonnellate  di  Co2 non  immesse  in atmosfera,  in 24 milioni di al‐beri non abbattuti, in 10 miliardi di ore di lavo‐ro  in meno e  in un  risparmio economico di  12 miliardi  di  euro  solo  considerando  i  costi  di cancelleria (60 miliardi in tutto, tanto quanto il danno  complessivo  provocato  ogni  anno dall'evasione fiscale).  Una  rivoluzione destinata a  cambiare definiti‐vamente  il modo di fare  impresa verso un uti‐lizzo  più  etico  e  rispettoso  delle  risorse  am‐bientali.  R. B. 

       DIGITALIZZAZIONE DELLE IMPRESE 

Andrea Cortellazzo 

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In molti  settori  esiste  da  tempo  la  figura  del “consulente di parte”: quando una PMI ha un problema  di  carattere  legale  si  rivolge  al  suo legale di fiducia (magari specializzato per quel tipo di problematica, ovvero diritto del lavoro, diritto  internazionale,  diritto  fallimentare, ecc.). Il legale pattuisce il suo compenso con la PMI cliente e ciò costituisce il fondamento del rapporto:  il  legale  “parteggia”  per  il  proprio cliente.  In  modo  del  tutto  analogo,  quando una  PMI  ha  un  problema  fiscale  si  rivolge  al proprio commercialista; è  lui che cura gli  inte‐ressi dell’azienda nei  contenziosi  con  l’Erario. La complessità e l’evoluzione continua della normativa fiscale e degli adempimenti a carico di una PMI fanno sì che  il commercialista sia  il primo consulente con cui una PMI  instaura un rapporto  duraturo  nel  tempo.  Ci  sono  molti altri settori che, come  i precedenti, vedono  le PMI  affiancate  da  consulenti  “di  par‐te”  (sicurezza  sul  lavoro,  gestione  dei  rifiuti, ecc.), ma c’è un settore in cui solo in pochi casi ciò succede: quanto una PMI ha delle necessi‐tà  di  tipo  assicurativo  (e  alcune  polizze  sono 

obbligatorie) spesso si rivolgono ad un agente o ad un broker. Per quanto “fidati”, gli  inter‐mediari assicurativi  (agenti monomandatari  in particolare)  hanno  una  difficoltà  oggettiva  a proporre la soluzione “migliore” per l’esigenza specifica. Possono soltanto scegliere fra  i pro‐dotti della propria  compagnia quello più  indi‐cato e proporre le coperture e/o franchigie e/o scoperti  adattandole  al  caso  specifico.  I broker,  operando  con  più  compagnie,  posso‐no scegliere fra un ventaglio di soluzioni assai più ampio; resta però  il fatto che  i broker per‐cepiscano  i  loro  compensi  (provvigioni)  dalle compagnie di assicurazione e non un compen‐so dalle  aziende  clienti. C’è  una  nuova  figura professionale  indipendente,  per  la  verità  non ancora molto diffusa, a cui  le PMI possono  ri‐volgersi  certe  che “parteggerà” per  loro per‐ché saranno  le stesse a  riconoscergli un com‐penso  commisurato  alla  competenza  ed  al  li‐vello del servizio erogato: il consulente assicu‐rativo puro. Questa nuova figura professionale funge  da  “anello  di  congiunzione”  fra  i  risk manager e gli agenti/broker: è in grado di con‐

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Il consulente assicurativo puro… Indispensabile per le PMI

Comieco: tre milioni di tonnellate di carta e cartone raccolte nel 2014

Elmo Morini, Consulenza - Intermediazione assicurativa frontarsi sia con i risk manager per capire quali sono  i  rischi  (e quindi  i possibili danni al patri‐monio ed alle persone) da  trasferire alle com‐pagnie  di  assicurazioni,  sia  con  gli  agenti/broker perché conosce “l’assicuratese” e com‐prende quando la clausola di una polizza è ina‐deguata  a  coprire  il  rischio paventato, oltre  a valutare  se  il  tasso/premio assicurativo è ade‐guato. Quando le dimensioni dell’azienda sono “contenute”,  il  consulente  assicurativo  puro, forte della propria esperienza e professionali‐tà, è  in grado di coprire anche  il ruolo del risk manager (ad eccezione di particolari rischi con‐nessi a particolari processi produttivi), suppor‐tando l’azienda ad  individuare, analizzare, pro‐teggere,  eliminare  o  trasferire  in  tutto  od  in parte (assicurazione, autoassicurazione) moni‐torare  i  rischi,  con  l’ulteriore  vantaggio  di  ac‐crescere  la cultura di  risk management e di a‐deguate  coperture  assicurativa  della  azienda stessa. La  indispensabilità del consulente assi‐curativo puro per  le PMI  è  altresì  importante per  la  consulenza  e  assistenza  che  lo  stesso può  fornire nelle denunce dei  sinistri, nelle o‐perazioni peritali, nella definizione e liquidazio‐ne degli indennizzi/risarcimenti, onde ottenere quanto spettante.  E. M.  

L’EVOLUZIONE PROFESSIONALE

I dati diffusi dal Consorzio nazionale per  il recupero  e  riciclo degli  imballaggi  a base cellulosica dicono che, dopo un quinquen‐nio  in cui  la raccolta si era mantenuta sta‐bile  a  causa  anche  della  contrazione  dei consumi, nel  2014  si  registra un aumento del  4%  rispetto  al  2013,  con  una  raccolta comunale che supera 3,1 milioni di tonnel‐late. Si tratta di 120 mila tonnellate  in più: è  come  se  una  nuova  regione  italiana  si fosse  aggiunta  alle  20  già  esistenti. Dalla costituzione  di  Comieco,  nel  1985,  la  rac‐colta differenziata di carta e cartone è pas‐sata da 300 mila a 3 milioni di  tonnellate, con previsioni positive anche per il 2015. Sono  positivi  i  valori  per  tutte  le  3  aree: +1,6%  per  il  Nord  (dove  spicca  la  Liguria con un +6,7%), +4,7% per  il Centro  (con  la performance migliore  del  Lazio:  +9,9%)  e ben +10,6% per  il Sud  (trainato dalla Cam‐pania con il suo +17,6%).  In  sintesi, Centro e Nord viaggiano ormai da alcuni anni affiancate, con un pro capi‐te che nel 2014 si attesta  intorno a 63 kg per abitante  l'anno. Più  staccato  invece  il Sud,  nonostante  il  notevole  incremento registrato lo scorso anno, con 29,9 kg. Un risultato confortante, che lascia ben spera‐re, ma che  induce a  lavorare ancora su al‐cune regioni che fanno più fatica ad alline‐arsi ai  trend nazionali,  come  la Sicilia  che nel  2014  registra  una  diminuzione  della raccolta pari al 7,1%. Per il momento il Consorzio raccoglie dalla differenziata per ogni  Italiano mediamen‐te 52 Kg di carta e cartone. Quanto al 2015, il Consorzio ha messo  a punto un  vero e proprio  Piano  per  il  Sud,  patrocinato  dal Ministero dell'Ambiente, con una dotazio‐ne economica di 7 milioni di euro per aiuta‐re i Comuni con deficit di raccolta.  M. P. 

Nel  XX  Rapporto  sulla  Raccolta differenziata  di  carta  e  cartone presentato  nel  padiglione  della Biodiversità,  all'Expo  di Milano,  il Consorzio, A 30 anni dalla nascita,  fa il punto della situazione:  dal  1985  ad  oggi  il  recupero  è decuplicato.  Il  Sud  è  il  traino  del Paese con il 10% di crescita (oltre il 17% in più in Campania). 

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Se  una  lezione  dovremmo  a‐ver appreso da questi otto an‐ni di  crisi prolungata, quasi u‐na maratona  della  recessione internazionale nei Paesi a capi‐talismo maturo,    consiste  nel fatto che non ne usciremo mai con la replica dei modelli di bu‐siness dei passati decenni. Ep‐pure, ancor molte sono le ten‐

tazioni  di  considerare  questo periodo  una  lunga  parentesi da mettere  alle  spalle  nel  più breve  tempo  possibile,  per  ri‐cominciare  “business  as  u‐sual”.   E’ una tentazione uma‐na, quella di immaginare di po‐ter  replicare  senza  soluzione di  continuità modelli mentali, gestionali  ed  operativi  appar‐

RELOADER Magazine Inserto n.7/2015

RELOADER Magazine - Gli Speciali, Luglio/Agosto 2015 21

La reverse logistics nella post-logistica: il ruolo degli Interporti

Pietro Spirito Presidente di Interporto Bologna SpA, Docente incaricato di Economia dei trasporti, Università di Tor Vergata, Roma

Mappa Interporti Unione Interporti Riuniti 2012

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tenenti  al  passato,  senza  consi‐derare che attorno ai noi le varia‐bili di cambiamento, talvolta, so‐no tali da far saltare il banco, co‐stringendo  tutti  gli  attori  del mercato  a mettere  in  profonda discussione coordinate che sem‐bravano destinate a restare inva‐rianti da non poter essere messe in discussione   se non da perico‐losi eretici.  Applicata ai trasporti ed alla logi‐stica è una concezione economi‐ca che assomiglia pericolosamen‐te  alle  convinzioni  tolemaiche, che ponevano un  limite  invalica‐bile,  ed  assiomatico,  alla  cono‐scenza dell’universo, che poi ine‐vitabilmente si è dimostrato mol‐to più complesso, ancor che oggi siamo costantemente alla ricerca delle  ragioni  fisiche  e  teleologi‐che che ci interrogano sulle origi‐ni e sulle dinamiche future. A  questo  atteggiamento  laico  e scientifico deve sottoporsi innan‐zitutto  la  logistica,  soprattutto 

quella  nazionale,  che  ha  subito nei passati decenni  un processo di  colonizzazione,  che ne ha de‐potenziato le capacità di orienta‐re  i processi, piuttosto gestendo come  braccio  operativo  le  deci‐sioni guidati dagli operatori inter‐nazionali.  Mentre  noi  ci  attardavamo  in una  discussione  antidiluviana ed  oziosa  sul  potenziale  ruolo dell’Italia come “centro del ba‐cino  del Mediterraneo”,  senza far null’altro che retorica, gli altri Paesi, e  la Germania  in particola‐re, attuavano  investimenti  per il potenziamento  del  posiziona‐mento sul mercato sia  in termini di  connessioni  infrastrutturali, ma  soprattutto  in  termini  di  ag‐gregazioni di gruppi  logistici do‐tati della dimensione di scala per affrontare  la crescente comples‐sità dei mercati, offrendo servizi ala clientela con crescente grado di  sofisticazione,  ed  in  questo modo  posizionandosi  nella  tra‐

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iettoria  corretta della evoluzio‐ne  strategica,  ed  acquisendo, per  questa  via,  una  posizione strategica di vantaggio  compe‐titivo. Abbiamo  così perso  una capacità di disegnare un futuro strategico  dell’Italia,  né  in  ter‐mini di disegno  infrastrutturale (impantanati  nella  logica  per‐versa delle grandi opere,  fonte peraltro da un  lato di distorsio‐ni drammatiche nella  legalità e 

dall’altro  di  performance  poco  efficaci dal puto dei costi e dei tempi  di  realizzazione)  né  dal punto  di  vista  del  processo  di erogazione dei servizi.  E  sono  venuti  in  questo modo al pettine tutti i nodi di una crisi di pianificazione  strategica del‐le  infrastrutture,  di  un  locali‐smo esasperato, di una compe‐tizione  distruttiva  tra  territori logistici  che  si  fanno  la  guerra 

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per attrarre  traffici  senza avere u‐na  strategia di Paese per  la pene‐trazione dei mercati internazionali. In questo modo si è realizzata una tempesta perfetta: non si è soste‐nuta  la competitività dell’industria manifatturiera  nazionale,  si  sono favoriti  i processi di decentramen‐to produttivo,  si  è  consolidato  un modello  di  consegna  delle  merci “franco fabbrica”, si sono realizza‐te opere costose e spesso inutili, è avvenuta  la  colonizzazione  logisti‐ca del Paese  da parte delle multi‐nazionali  che  considerano ormai  il 

nostro territorio solo un  luogo per presidiare  tatticamente  un merca‐to di consumo. Eppure, nella storia del  recente  passato,  dal  punto  di vista della  logistica  il nostro Paese aveva  introdotto  importanti  tra‐sformazioni  che  sono  state espor‐tate con successo in altre realtà in‐dustrialmente  avanzate.  Gli  Inter‐porti, in particolare, sono stati una felice  intuizione della  logistica  ita‐liana, quando ancora il nostro Pae‐se  riusciva  a  guardare  al  futuro  e non  ai  lacci  delle  proprie  scarpe.  Poi,  come  spesso  accade,  questa 

innovazione  è  sta‐ta  lasciata  a  se stessa,  senza  lega‐mi con una politica nazionale  dei  tra‐sporti  e  della  logi‐stica. Sono prolife‐rati in modo impro‐prio  gli  Interporti, le piattaforme logi‐stiche, i capannoni, in una  logica di oc‐

cupazione  cementificatrice  del territorio ed  in assenza di un dise‐gno urbanistico.  Questa  polverizzazione  logistica ha distrutto  le potenzialità per  lo sviluppo  della  intermodalità,  che richiede la costruzione di una rete primaria di collegamenti ferroviari dotata di massa critica adeguata a rendere  competitiva  la  soluzione internodale,  con  il  ferro  sulla  lun‐ga distanza e  la gomma che  svol‐ge una funzione di feederaggio, a monte  ed  a  valle,  per  i  collega‐menti  di  breve  distanza.  In  ogni caso, quel disegno di interportuali‐tà  e  di  intermodalità  deve  essere riclassificato considerando  le evo‐luzioni  strategiche  si  cono  deter‐minate  nel  corso  degli  ultimi  de‐cenni, ed  in particolare negli anni della  lunga crisi. In un recente do‐cumento di Luciano Greco1, si met‐te  in  evidenza  che  in  Italia  il  90% del  trasporto  viaggia  su  gomma (contro  una  media  europea  del 75%),  con  alti  costi  industriali  (11% 

sopra la media europea) e con ele‐vate ricadute ambientali.  A  venticinque  anni  dalla  riforma del settore interportuale, emergo‐no  importanti  criticità  strutturali che rischiano di depotenziare que‐sta  importante  innovazione  limi‐tandone da un  lato gli  impatti be‐nefici a breve e compromettendo‐ne  la  funzionalità  a  medio‐lungo termine.  Le potenzialità di  svilup‐po  sono  ancora  molto  rilevanti: nel 2012 le aree disponibili per atti‐vità  logistiche erano pari ad oltre 32 milioni di mq. In 11 dei 24  inter‐porti sono concentrati quasi tutti i servizi  intermodali.  Mentre  si  e‐spande  ancora  la  polverizzazione infrastrutturale, che ha caratteriz‐zato anche lo sviluppo delle realtà portuali, non si stabiliscono quelle priorità che vanno stabilite per da‐re gerarchia ad un sistema  logisti‐co  che deve  costruire una  rete di collegamenti,  in  particolare  inter‐modali,  tale  da  poter  offrire  al mercato  soluzioni  adeguato  allo 

1. Luciano Greco, “Piano strategico per  il consolidamento e  lo sviluppo del settore  interportuale”, Roma, 7 luglio 2014 

Interporto di Bologna

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shift modale. Un altro  fronte  stra‐tegicamente  determinante  riguar‐da  il mutamento sul versante della offerta produttiva.  I confini  tra  in‐dustria e logistica si stanno trasfor‐mando.  La  fabbrica  si  ritira  sem‐pre più nella sua specializzazione, mentre  la  logistica estende  il suo ambito  di  influenza,  personaliz‐zando  i  prodotti  in  una  società che richiede consumi  individualiz‐zati  e  non  di  massa.  Da  questo punto  di  vista  cambia  molto  ciò che è accaduto nei decenni passa‐ti, quando era la logistica ad entra‐

re  in  fabbrica per  supportare, me‐diante  le  esternalizzazioni,  i  pro‐cessi  industriali,  perseguendo  o‐biettivi di economie di costo ed e‐conomie di scala. Ora  il  flusso si è invertito,  e  la  logistica  diventa  at‐tore  del  cambiamento  in  un  peri‐metro  esterno  alla  fabbrica.  L’e‐commerce  sta  modificando  pro‐fondamente  i  rapporti  tra  produ‐zione e  consumo, mettendo  in di‐retto contatto il consumatore fina‐le  con  la  fabbrica,  determinando una  disintermediazione  radicale che cancella  in prospettiva  il ruolo 

dei  soggetti  che svolgevano  il  ruolo di  connessione  tra produzione  e  con‐sumo.  Analogo  a‐spetto  che  trasfor‐merà  il modo  della logistica riguarda la reverse logistics.  Nel  mondo  tradi‐zionale del passato recente,  esisteva  il tema,  crescente  dal  punto  di  vi‐sta  dei  volumi,  del  riutilizzo  dei materiali  usciti  dal  ciclo  produtti‐vo,  che  potevano  ancora  estrarre valore  attraverso  il  recupero.  Più recentemente,  l’allungamento  del‐le  catene  logistiche,  la  trasforma‐zione dei  cicli produttivi,  i  cambia‐menti negli assetti  industriali  la  re‐verse  logistics  stanno modificando la  propria  natura,  diventando  un elemento  sempre  più  rilevante  in una catena di produzione che de‐ve recuperare materiali ed ottimiz‐zare processi in un mondo che sta 

diventando sempre più competiti‐vo e complesso. In tutti questi gio‐chi  di  cambiamento,  l’Italia  potrà giocare  un  ruolo  soltanto  se  sarà in grado di:  recuperare la propria capacità di fare ordine nei processi strategi‐ci di pianificazione; 

realizzare le opere che servono; garantire  la manutenzione delle infrastrutture principali; 

predisporre  una  rete  di  sistemi intermodali  con efficace qualità nel  processo  di  erogazione  del servizio.  P. S.