Relazione sul Patria

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Società Cooperativa Sociale ECOSFERA Regione Siciliana Assessorato Regionale Beni Culturali e Ambientali e P.I. Dipartimento Beni Culturali e Ambientali ed E.P. S.S. PATRIA Un tuffo nella storia sotto il patrocinio di ARSENALE MILITARE MESSINA Col gradimento del Direttore Amm. Gianfrancesco Cremonini 22/04/2012 Autori: Domenico Majolino Simona Ratti Santi Cavallaro Daniele Cotogno In collaborazione con AFS Associazione Ferrovie Siciliane

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Relazione conclusiva sui lavori di identificazione del relitto della S.S Patria

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Società Cooperativa Sociale

ECOSFERA

Regione Siciliana Assessorato Regionale Beni Culturali e

Ambientali e P.I. Dipartimento Beni Culturali e Ambientali

ed E.P.

S.S. PATRIA

Un tuffo nella storia

sotto il patrocinio di

ARSENALEMILITAREMESSINA

ColgradimentodelDirettoreAmm.GianfrancescoCremonini

22/04/2012

Autori: Domenico Majolino Simona Ratti Santi Cavallaro Daniele Cotogno

In collaborazione con AFS Associazione Ferrovie Siciliane

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PATRIA

GPS(WGS84): 38,1890 – 15,5597

DMS(gradi°minuti’secondi"): 38° 11’ 20” N 15° 33’ 35” E

Profilo del Patria tratto da "Fremde Schiffe in deutscher Hand 1939-1945",

Reinhart Schmelzkopf, Cuxhaven, 2004

Fotografia tratta dal libro "La Marine Marchande Française 1940/1942",

Marc Saibène, Jean-Yves Brouard e Guy Mercier, Marines Edition, 1998

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Il piroscafo S.S. Patria, numero di identificazione 5613995, fu costruita nel 1939 presso il cantiere Kristiansands Mek. Verksted (KMV; yard n. 171), a Krinstiansand, in Norvegia, per la Oluf Skjeldbred Knudsen e la sua destinazione d’uso era il trasporto merci.

Dai registri della Lloyd, di cui riportiamo gli estratti, risulta che il Patria cambiò nome dal 1941, anno in cui la nave, a causa delle vicende belliche della II Guerra Mondiale, passò sotto la sovranità e la bandiera francese del governo collaborazionista di Vichy e iniziò a navigare col nome di Ste. Christine.

La vita del Patria fu breve e travagliata, a riflettere le intricate vicende storiche di quel periodo e le delicate strategie politiche delle potenze in campo. Nel 1940, infatti, fu una delle navi internate in Africa; nel 1942 la nave fu formalmente restituita dalla Francia di Vichy alla Norvegia, che però la cedette immediatamente, nell’Ottobre del 1942, alla Germania.

La fine della nave fu altrettanto travagliata; il 13 Luglio 1943, mentre trasportava un carico di esplosivi, fu bombardata da aerei alleati nel porto di Messina.

NOTA: l’acronimo S.S. sta per SteamShip ossia Nave a Vapore.

SCHEDA:

Nome: PATRIA

IDNo: 5613995

Yard No: 171 – Kristiansands MV

Bandiera: Norvegese

Anno di Costruz.: 1939

Tipo: Cargo

Data Varo: 13.11.38

Lettere identificative: LKBU

Dettagli Tecnici:

Lunghezza -LPP: 76.4 mt

Larghezza max: 12.8 mt

Dislocamento: GRT(Gross Register Tonnage): 1341 tons DWT(Deadweight Tonnage): 2485 tons

Number of screws/Mchy/Speed(kn): (1T-12) / 1 caldaia/ velocità12kn

Motori: a vapore tripla espansione

La scheda Lloyd’s di Londra

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Le schede del Miramar Ship Index

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Qui di seguito riportiamo alcuni estratti dei registri dei

Lloyd’s di Londra ripresi dal sito “Plimsollship data - the Lloyds Register searchable database”

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1938-39

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1940-41

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1941-42

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1942-43

1943-44

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1940-1942: L’INTERNAMENTO

La nave a vapore Patria fu una delle 26 navi norvegesi internate tra il 1940 e il 1942 nel Nord-Ovest dell’Africa. Secondo quanto riferito nel libro “Nortraships flåte” scritto da Jon Rustung Hegland (1976 – Dreyer - Oslo) la nave fu internata ad Oran (Algeria) il 22 Giugno 1940; requisita il 6 Settembre 1941, rinominata Sainte Christine, e posta sotto la sovranità del governo francese di Vichy. Nell’Ottobre 1942 (pare a Genova) fu nuovamente rinominata Patria e messa sotto sovranità tedesca per la compagnia di navigazione Mittelmeer-Reederei GmbH di Amburgo. Il 21 Giugno 1940 il piroscafo Patria avrebbe dovuto lasciare Gibilterra col convoglio HG35 per dirigersi verso l’Inghilterra, destinazione Milford Haven, trasportando un carico di grano. Secondo quanto riportato dalla lista delle navi facenti parte di suddetto convoglio (Fonte Public Records Office, Kew GB), il Patria non partì con loro e il suo nome risulta depennato. Il Patria però salpò effettivamente da Gibilterra quel giorno, perché il 22 Giugno 1940 arrivò nel porto nemico di Oran(Algeria), dove venne internata.

Qui di seguito l’immagine di una pagina del registro del Patria con l’elenco degli scali effettuati proprio in quel periodo.

Il testo “Sjømann – Lang Vakt” di Guri Hjeltnes riporta che sul Patria c’erano 26 membri dell’equipaggio, di cui 14 norvegesi, e di questi 5

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fuggirono. Di seguito riportiamo alcuni (quelli che sono giunti fino a noi) dei nomi dei membri dell’equipaggio. Sembrano essere quelli delle persone rilasciate al momento dell’invasione degli Alleati nel Nord-Ovest dell’Africa nel Novembre 1942.

Comandante: Egil H. Norman primo ufficiale: Haakon Haakonsen Primo Ingegnere: Rudolf Skjerum Secondo Ingegnere: Alf Sørensen Assistente: Einar Mjaaland Steward: Konrad Kristiansen Ragazzo della mensa: Johan Pettersen

Questi nomi compaiono nel libro di Kristian Ottosen “Nordmenn i fangenskap (Norvegesi imprigionati)” che afferma quanto riportiamo di seguito.

… Non compare un Egil H. Norman, ma un Capitano Harald E Norman, che dovrebbe essere il capitano del Patria. Il testo riporta che fu arrestato (in questo caso internato) il 22 Giugno 1940, trasferito ad Oran il 6 Settembre 1941 (ciò potrebbe significare che il Patria era inizialmente in un porto diverso e poi spostata a Oran) e rilasciato il 16 Novembre 1942. Gli stessi dettagli sono riportati per il primo ufficiale Haakonsen (rilasciato il 15 Novembre 1942), e per il ragazzo della mensa (rilasciato il 12 Novembre 1942). Non compare un Rudolf Skjerum così scritto, ma c’è un Primo Ingegnere Rudolf Skjærem. Anche lui internato, trasferito ad Oran e poi rilasciato il 12 Novembre 1942. Stesse date di arresto e rilascio sono riportate per Alf Sorensen, ma il suo trasferimento a Oran sarebbe avvenuto il 27 Gennaio 1942, così come per Einar Mjaaland e Konrad Kristiansen (in questo testo citato come cuoco).

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1942-1943: DALLA FRANCIA ALLA GERMANIA

Il 6 Settembre 1941 la Francia di Vichy confiscò la nave, sotto forti pressioni tedesche, e l’affidò in gestione alla “Compagnie de Navigation

Paquet” (CNP)di Marsiglia con il nome di SAINTE CHRISTINE.

La nave venne quindi portata in convoglio a Marsiglia con l’obiettivo finale di consentirne la consegna ai tedeschi. Il Terzo Reich premeva infatti da tempo per ottenere da Vichy la

consegna delle numerose navi ex norvegesi, ex danesi, ex greche (queste ultime destinate all’Italia) rimaste nelle mani dei francesi nel Marocco, nel Senegal (Dakar), in Algeria (Oran), e via via concentrate a Marsiglia.

Con gli accordi di Nevers del 27/28 agosto 1942 firmati da Pierre Laval, capo del governo di Vichy, e Karl Kaufmann, nuovo Alto Commissario del Reich per la navigazione marittima, la Germania ottenne la cessione di 29/30 navi danesi, greche e norvegesi per 115.000/127.000 tonnellate di portata lorda. In questo modo Vichy mantenne (ancora per poco) il controllo sull’intero naviglio francese, che tuttavia dopo lo sbarco alleato in Nord Africa dell’8 novembre 1942 venne interamente assegnato al Reich con il nuovo accordo Kaufmann/Laval del 20/22 novembre 1942.

Tornando agli accordi di Nevers, il protocollo prevedeva che le navi confiscate da Vichy venissero prima restituite pro forma ai loro armatori di origine e poi da questi immediatamente assegnate alla Germania, che esercitò così il “diritto della potenza occupante”. Nell’Ottobre 1942 la SAINTE CHRISTINE venne restituita all’armatore norvegese a Marsiglia, e riassunse il nome PATRIA per mantenere in piedi la finzione giuridica. Successivamente, ma sempre nello stesso mese di Ottobre 1942, fu trasferita a Genova, dove venne presa in gestione dall’armatore tedesco “Mittelmeer-Reederei GmbH” di Amburgo, come molte delle altre navi ex francesi; la Mittelmeer utilizzava equipaggi sia tedeschi che italiani che greci, ma in genere non francesi.

I tedeschi assegnarono una denominazione in codice a ciascuna delle navi di cui fu prevista la consegna, ma queste avrebbero continuato a navigare con i nomi originali norvegesi, greci o danesi, per sostenere la finzione. Per le navi norvegesi, i nomi fittizi (secondo Reinhart Schmelzkopf nel suo libro “Fremde Schiffe in deutscher Hand 1939-1945”, 2004) erano NORDA, numerate dalla I alla XII.

La SAINTE CHRISTINE, quindi di nuovo PATRIA, passò alla Germania con il nome in codice NORDA I.

Riportiamo di seguito i nomi e, quando disponibili, le date del trasferimento, delle navi norvegesi passate in mano tedesche.

• NORDA I: Patria (10-1942) • NORDA II: Favør (15-10-1942) • NORDA III: Tana (11-1942) • NORDA IV: Oria (11-1942) • NORDA V: Brott • NORDA VI: Hadrian

• NORDA VII: Skotfoss • NORDA VIII: Ringulf • NORDA IX: Kari • NORDA X: Bosphorus • NORDA XI: Garbon • NORDA XII: Gran

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1943: L’AFFONDAMENTO

E’ la mattina del 14 Luglio 1943, venticinque quadrimotori alleati attaccano Messina alle ore 10:37, seguiti, ad ondate successive, da altri 212 velivoli che sganciano tonnellate di esplosivo sulla città.

Una di queste bombe colpisce un piroscafo, battente bandiera tedesca, ormeggiato in porto davanti alla dogana e carico di munizionamento, che esplode con un fragore impressionante disseminando l’abitato cittadino di grossi rottami che vanno a finire a chilometri di distanza fin sulle terrazze del Seminario Arcivescovile di Giostra.

“Il Dizionario dei disastri del Mare durante l’età del Vapore 1824-1962” di Charles Hocking riporta che il Patria fu bombardato da aerei alleati il 13 Luglio 1943, mentre sostava nel porto di Messina con un carico di esplosivi. La nave saltò in aria e l’esplosione causò notevoli danni nel porto.

Le banchine del porto di Messina dopo i bombardamenti del 1943/44. In primo piano si vede parte della prima invasatura dei traghetti FS e, quasi completamente affondato, ciò che resta di una nave forse uno dei traghetti FS. A destra sullo sfondo si intravede la struttura in ferro della dogana sormontata sempre in prospettiva dalla cupola della chiesa di S.Caterina Valverde. Purtroppo questa foto esclude proprio il tratto

di mare dove era (ed è) il relitto del Patria.

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Via Garibaldi alle spalle della Cattedrale (largo S.Giacomo), che si vede incendiata sullo sfondo. In primo piano, parte delle lamiere divelte e

contorte del piroscafo Patria esploso in porto a seguito del bombardamento del 14 Luglio 1943.

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I Cantieri Navali costruttori del Patria:

Il cantiere Kristiansands Mek. Verksted (KMV), sorgeva nella città di Kristiansand in Norvegia e vanta una lunga storia nella costruzione di navi.

Il cantiere ben presto si espanse raggiungendo dimensioni considerevoli e rappresentò un importante fonte di lavoro per la comunità di Kristiansand. L’area era transennata da recinzioni e accessibile solo tramite una lingua di terra che attraversava il porto; nel periodo di massimo sviluppo dell’attività il cantiere vantava anche un proprio bacino di carenaggio. A questo si aggiungeva un bacino in affitto a Bredalsholmen, presso cui la KMV dislocava alcune delle opere di costruzione e riparazione. Il Patria fu costruito proprio nel bacino di Bredalsholmen.

Il Patria presso il cantiere KMV (yard 171) nel bacino di carenaggio di Bredalsholmen.

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Bredalsholmen così come appariva nel 1950.

In primo piano si può osservare la monumentale gru a tre piedi che veniva usata per sollevare le caldaie e altri equipaggiamenti pesanti da

installare e/o prelevare dalle navi.

L’ultimo periodo di attività dei cantieri KMV fu caratterizzato dalla costruzione di nuovi tipi di nave dalle dimensioni sempre più grandi. Nel 1988 l’importante crisi del settore cantieristico portò alla chiusura del cantiere, insieme a quella di molti altri cantieri norvegesi.

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Le Immersioni:

Le operazioni hanno avuto luogo nei giorni 14 e 15 Aprile 2012 dopo aver ricevuto le necessarie autorizzazioni da parte della Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana (protocollo n° 140 del 15/02/2012) e della Capitaneria di Porto di Messina (autorizzazione n° 13/2012).

Hanno partecipato alle immersioni dieci subacquei della Società Cooperativa Ecosfera e due funzionari della Soprintendenza del Mare.

E’ stata impiegata una imbarcazione d’appoggio fornita dall’Agenzia Industrie Difesa di Messina ed è stata assicurata la presenza di una ambulanza per tutto il periodo delle operazioni.

La difficoltà maggiore si è rivelata essere quella di conciliare il pubblico servizio passeggeri e mezzi, eseguito dalle diverse compagnie di navigazione presenti nel porto di Messina, con l’esecuzione in piena sicurezza delle immersioni.

E’ stato pertanto necessario eseguire due immersioni al giorno, impiegando tutti i subacquei, in orari non contrastanti con le attività dei traghetti.

Particolarmente apprezzata è stata l’attività della Capitaneria di Porto che, nei periodi di immersione, ha continuamente segnalato via radio le operazioni in corso.

La precisione del punto di immersione scelto si è dimostrata valida quando, dopo il salto dalle banchine del porto, i subacquei hanno subito intravisto la sagoma della poppa del relitto davanti a loro. Dopo poche pinneggiate si raggiunge, ad una quota di venti metri il castello di poppa che evidenzia i macchinari della timoneria ed i passacavi. Considerata l’integrità della poppa con il grande timone di tipo non compensato e la presenza dell’elica ci aspettavamo, proseguendo verso Nord, di vedere il resto della nave. Purtroppo, subito dopo il castello di poppa la devastazione è totale, fatto questo che perfettamente aderisce a quanto storicamente appreso riguardo la sua esplosione; intravediamo molti metri più in basso il tunnel dell’asse elica, lo raggiungiamo e lo seguiamo per raggiungere il settore prodiero.

Il fondo è disseminato di parti del carico costituite da munizioni di piccolo calibro, e grossi fusti contorti che, probabilmente, contenevano carbolubrificanti. Le paratie delle stive si aprono contorte verso l’esterno della nave, a testimonianza degli effetti della forte esplosione subita. Circa a metà nave raggiungiamo una paratia verticale che, presumibilmente, segnava l’inizio del locale macchine ed alla cui base si apre un cunicolo dove troviamo, ancora nel suo alloggiamento, una grande chiave inglese. Continuando verso la prua sul fondo vediamo molti fusti insabbiati mentre nelle vicinanze del relitto giacciono grosse lamiere contorte.

Dopo circa ottanta metri dalla poppa ed ad una profondità di trentasei metri raggiungiamo la prua della nave che appare anch’essa quasi irriconoscibile per gli effetti dell’esplosione. Torniamo sui nostri passi e, raggiunto il troncone di poppa, ne visitiamo le ampie e spoglie

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stive, raggiungere nuovamente l’elica rappresenta il termine della nostra escursione prima di spostarci sotto banchina per eseguire la sosta di sicurezza.

Considerazioni:

Si presenta riconoscibile, nonostante l'esplosione, il tunnel di alloggiamento dell'asse dell'elica.

Il riconoscimento definitivo della nave si presenta abbastanza difficile in quanto, a parte la zona poppiera, il relitto, risulta devastato.

Inoltre, non possiamo escludere che le lamiere della nave siano state tagliate, probabilmente subito dopo gli eventi bellici per liberare l'accesso alle banchine.

Fotografie Immersioni sul Relitto:

La poppa del relitto

Foto di Domenico Majolino

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Il centro nave devastato

Foto di Domenico Majolino

La pala dell’elica ed il timone

Foto di Domenico Majolino

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Le munizioni di piccolo calibro

Foto di Domenico Majolino

La chiave inglese

Foto di Domenico Majolino

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Del gruppo di lavoro hanno inoltre fatto parte:

Stefano RUIA (fotografie subacquee e ricerca storica) Marco GIULIANO (fotografie subacquee) Filippo MALLAMACI (riprese subacquee) Salvatore PLATANIA (esperto subacqueo) Enzo ANNUARIO (ricerca storica) Laura SORACI (supporto in superficie) Matteo CALARCO (istruttore subacqueo,addetto alla gestione emergenze) Sergio DE COLA (subacqueo tecnico che si è occupato delle misurazioni) Francesco DEMETRIO (istruttore subacqueo) Giuseppe STAITI (istruttore subacqueo) Salvatore VALLETTI (supporto in superficie)

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Fonti internet :

http://www.warsailors.com/singleships/patria.html

http://warsailors.com/riksarkivet2/patria.gif

http://no.wikipedia.org/wiki/Kristiansands_Mek._Verksted

http://www.bredalsholmen.no/bredalsholmen-shipyard-preservation-centre.html

http://www.theshipslist.com/ships/lines/cnp.htm

Testi:

Kristian Ottosen “Nordmenn i fangenskap (Norvegesi imprigionati)”

Jon Rustung Hegland “Nortraships flåte” (1976 – Dreyer - Oslo)

Marc Saibène, Jean-Yves Brouard e Guy Mercier "La Marine Marchande Française 1940/1942", Marines Edition, 1998

Reinhart Schmelzkopf "FremdeSchiffe in deutscher Hand 1939-1945", Strandgut Cuxhaven, 2004

Charles Hocking “Dictionary of disasters at sea during the age of the steam 1824-1962”The London Stamp Exchange, London 1990

Città di Messina – Enzo Verzera “Bombardamenti aerei nella seconda guerra mondiale”, Edizioni G.B.M. Industria poligrafica della Sicilia MESSINA 1979

Fotografie:

Le fotografie e le immagini sono tratte dai testi e dai siti internet sopra citati.

Le fotografie del relitto oggi sono di Domenico Majolino

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Ringraziamenti:

Benedetto Calamarà e Giuseppe Cucinotta per la fattiva collaborazione in mare;

Vincenzo Annuario dell’associazione AFS per la collaborazione prestata nella ricerca storica;

Salvatore Platania per le indicazioni e l’esperienza.

Francesco Di Domenico dell’Aidmen per le preziose informazioni forniteci.

Stefano Ruia che non manca mai di darci le “dritte” giuste con suoi insostituibili libri a tema navale.

Il responsabile del centro Immersioni “Ecosfera”

Dott. Domenico Majolino