Relazione - Scuolab: progetti didattici multimediali e ... · ... diventava interessante sviluppare...

38
Pagina 1 di 38 Laura Antichi Allegato 2 Modulo di Progettazione primo anno Relazione Introduzione ICT nella didattica. Tools, che abbiano un contenuto disciplinare e una forma di relazione: Community, Blog, Audio,Video Il motto per le mie classi: “Siamo ciò che facciamo ripetutamente. L’eccellenza, dunque, non è un’azione, ma un’abitudine.” ARISTOTELE ----------------------------------- La presente Progettazione nasce dalle azioni di Formazione, seguite durante il primo anno del Diploma On Line (a.s. 2006/2007) del Politecnico di Milano ------------------------------------ Le applicazioni didattiche si riferiscono alla prima fase dell’anno scolastico 2008. La scuola è L’Istituto Statale Superiore Veronica Gambara di Brescia. Docente: Laura Antichi

Transcript of Relazione - Scuolab: progetti didattici multimediali e ... · ... diventava interessante sviluppare...

Pagina 1 di 38

Laura Antichi Allegato 2

Modulo di Progettazione primo anno

Relazione

Introduzione ICT nella didattica.

Tools, che abbiano un contenuto disciplinare e una forma di relazione: Community, Blog, Audio,Video

Il motto per le mie classi: “Siamo ciò che facciamo ripetutamente. L’eccellenza, dunque, non è un’azione,

ma un’abitudine.” ARISTOTELE

-----------------------------------

La presente Progettazione nasce dalle azioni di Formazione, seguite durante il primo anno del Diploma On Line (a.s. 2006/2007) del

Politecnico di Milano

------------------------------------

Le applicazioni didattiche si riferiscono alla prima fase dell’anno scolastico 2008. La scuola è L’Istituto Statale Superiore Veronica Gambara di Brescia. Docente: Laura Antichi

Pagina 2 di 38

Laura Antichi Allegato 2

Premessa

Nella pratica della scuola le ICT possono essere un fattore molto importante di innovazione se si specifica un modello organizzativo, che supporta la comunità in apprendimento, se si conducono attività trasferibili in competenze, se si implementano conoscenze, se si mappano gli apprendimenti nella relazione. Non è facile passare esattamente da un progetto iniziale alle realizzazioni possibili, perché, nell’ambito delle classi di insegnamento, sono in gioco molteplici variabili, legate al contesto, agli alunni, ai consigli di classe che mutano, alle nuove preoccupazioni didattiche rispetto a programmi, proposte del territorio, componente “genitori” ed altro. Sono, originariamente, partita con una Griglia di Progetto, a monte rispetto l’inizio dell’anno scolastico, e l’ho modificata per un’alfabetizzazione più estesa dell’ambiente tecnologico:

per diffondere meglio la pluralità dei linguaggi del conoscere; per promuovere ed incentivare momenti di autoformazione degli alunni; per dare documentazione, per valorizzare il momento della inter-operabilità dei gruppi e portabilità delle

esperienze. Avanzare domande e porre problemi ha, inevitabilmente, consentito di crescere sul progetto originario accogliendo il nuovo, che meglio esprimesse i bisogni. Interessante orientamento, quello assunto, perché ha determinato scelte successive a catena. È stata l’idea di partire dal “social”, dalle pratiche Web degli alunni, che ha mostrato la polivalenza e polifunzionalità delle azioni. Ad esempio, la maggior parte degli studenti possiede un Blog, su MSN e/o Myspace e questi luoghi rappresentano un nuovo modo, per i digital native, di comunicare, di raccontarsi, di personalizzazione, di dialogare con coetanei. Partendo da queste realtà, diventava interessante sviluppare strategie di ricongiungimento alla scuola, ai saperi riflessivi. Utilizzando lo zapping multitasking, che caratterizza molti ragazzi, si può farli passare, consapevolmente, a giostrare più linguaggi all’interno delle unità didattiche. Se da un lato, la Community Eun.org è servita come tracciamento di esercitazioni e prodotti condivisi, i blog, podcast, video hanno contribuito a sviluppare uno speciale creativo dell’essere attraverso la scuola.

Pagina 3 di 38

Laura Antichi Allegato 2

La Mappa del Processo e dei Contenuti

Pagina 4 di 38

Laura Antichi Allegato 2

Tempi, fasi Anno scolastico 2007/2008.

Nelle attività curricolari relative alle discipline: Filosofia, Scienze Sociali,

Linguaggi non verbali e multimediali;

2 ore fisse con utilizzo di laboratorio informatico per la classe dei Linguaggi

non verbali e multimediali;

1 ora settimanale, in media, per le altre classi con utilizzo di laboratorio

informatico. Quindi, le azioni hanno e stanno accompagnando la didattica in

modo regolare e pervasivo.

**********

Nota: si parla di laboratorio informatico perché le aule non sono dotate di

spazi e strumentazioni multimediali.

Protagonisti Studenti, guidati dal Tutor (insegnante), che lavorano in gruppo e che hanno

fasi individuali di sviluppo e di approfondimento di strumenti e contenuti

Modalità Molare (fase apprendimento frontale);

Molecolare (molti a molti).

Numero di

classi

4 classi coinvolte per intero + alcuni alunni di una classe

Pagina 5 di 38

Laura Antichi Allegato 2

coinvolte

Cosa è stato utilizzato?

1. La Community “La Porta D’oro”

http://community.eun.org

Pagina 6 di 38

Laura Antichi Allegato 2

Pagina 7 di 38

Laura Antichi Allegato 2

Finalità generali

Nel portale europeo, www.eun.org, che dal 2005 ho nesso a disposizione dell’Istituto, si sviluppa un progetto educativo innovativo e aperto verso le reti scolastiche nazionali e regionali. Il progetto è fortemente impegnato nel potenziamento e nella qualificazione dell'uso delle ICT nella scuola. Questa community, rivolta a insegnanti-tutor e ad alunni, aperta all'Europa, si propone come luogo di crescita comune attraverso la condivisione di esperienze e conoscenze e prefigura in concreto il modello di rete e di e-learning. Si utilizza questa piattaforma on-line per:

1. scambio di idee, di informazioni e materiali didattici tra gli insegnanti di tutte le discipline;

2. costruire piani di ricerca sull’insegnamento/apprendimento per favorire lo sviluppo di processi negli alunni;

3. favorire la comunicazione tra alunni ed insegnanti; 4. stimolare gli alunni alla discussione su questioni relative alla didattica e alla ricerca; 5. cercare di migliorare il rapporto con la scuola; 6. sviluppare nuove forme di approccio ai problemi; 7. sollecitare l’uso guidato di Internet.

Tutti accedono alla community con la pw ricevuta. Nello spazio virtuale della community, ciascuno avrà a disposizione

un archivio documenti e link, una bacheca, un forum di discussione, un servizio di chat e altre aree opzionali per scambiare idee, condividere esperienze, chiedere

informazioni, proporre problemi o soluzioni.

Pagina 8 di 38

Laura Antichi Allegato 2

Cosa fanno gli studenti?

scaricano i materiali didattici e le esercitazioni dell’insegnante; postano le loro esercitazioni; contribuiscono all’arricchimento dei link; interagiscono mediante forum, chat, e-mail, interne alla community.

Eun.org viene usata:

come piattaforma di apprendimento; come repository di materiali; come luogo di interazioni.

Report esercitazioni studenti (vedi esempi in “Allegati”)

Sono state postate diverse tipologie di esercitazioni:

per apprendimento pacchetto Office;

per elaborazione contenuti attinenti alle discipline;

per analisi siti;

per orientamento e riflessione su di sé.

Gli studenti, in relazione alle richieste, hanno uploadato lavori individuali e/o di gruppo.

ESERCITAZIONI STUDENTI

FATTORI POSITIVI

FATTORI CHE MERITANO ATTENZIONE

Socializzazione, condivisione e

confronto nel lavoro di gruppo.

Negoziazione dei significati.

Ricerca.

Estensione delle conoscenze.

Apprendimento di procedure.

Organizzazione,

Rinforzo.

Spazialità delocata e semantica.

Pluri uso dei linguaggi.

Copia/incolla, che porta a scarsa

elaborazione.

Lasciar fare agli altri.

Distrazioni d’obiettivo nel navigare.

Attrazione ad usare le tecnologie a

scuola con scopi personali.

Difficoltà ad organizzarsi e

automonitorarsi.

Pagina 9 di 38

Laura Antichi Allegato 2

Cosa è stato utilizzato? 2. I Blog

I Blog, per loro natura, portano a raccontare di sé e sono un potente strumento di

comunicazione creativa. Uniscono le facoltà dello scrivere e dell’immaginare nel dare forma a

rappresentazioni del mondo. Sono piccole psicoterapie aperte alla socialità.

Per usare blog o weblog non servono particolari abilità tecniche. Il Blog è a disposizione, in molti casi, gratuitamente. Divertente e flessibile nell’uso può essere integrato facilmente nella didattica.

Blog personali e blog-gruppo possono divenire strumenti di lavoro, spazi di pubblicazione. L’esperienza, che i ragazzi già fanno nell’informale, può, con facilità, essere trasferita nella didattica.

I Blog sono stati integrati in momenti disciplinari, durante i quali si sono organizzate isole differenziate di apprendimento, situato nello stesso tema: alunni organizzati in piccoli gruppi, specificati da uso di media diversi. L’aula in questo caso si è aperta nella determinazione di spazi multipli, adiacenti, convergenti.

Quali Blog?

PUNTI POSITIVI

Perché è Web 2.0, basato sulla condivisione e il social networking, checché ne dica Wikipedia. Dipendente da Google permette accesso gratuito. Lo definiscono “blogging puro”, e lascia uploadare testi, immagini e video. È semplice da usare e prevede registrazione. È flessibile e dà spazio alla creatività. Ho cercato di utilizzarlo come momento disciplinare di riflessione e di condivisione.

PUNTI CRITICI

La sua apertura agli altri blog casuali

lo rende insicuro dal punto di vista didattico.

Pagina 10 di 38

Laura Antichi Allegato 2

Il “Blog successivo” potrebbe presentarsi come non “pedagogico/educativo”. C’è la possibilità di segnalare un blog non appropriato.

Ma siamo in presenza sempre di un rischio. Poi dipende dall’azione di accompagnamento del tutor, dalla tipologia di classi ed alunni.

Nel caso delle mie classi, gli studenti sono consapevoli di questo rischio.

Esempi di blog

http://lantichi.blogspot.com/

Il mio per dare avvio ai loro

http://zoe-giuditta.blogspot.com/

Il Blog di Marta, Lucia, Margherita

Pagina 11 di 38

Laura Antichi Allegato 2

http://www.bea-otti.blogspot.com/

Il Blog di Beatrice ed Ottavia

http://giuseppes902.blogspot.com/

Il Blog di Giuseppe

Pagina 12 di 38

Laura Antichi Allegato 2

http://marychicca.blogspot.com/

Il Blog di Marianna e Marta

http://filo-ilo-i.blogspot.com/

Il Blog di Chiara, Francesca e Martina

Pagina 13 di 38

Laura Antichi Allegato 2

http://animala3u.blogspot.com/

Il Blog di Anna, Margherita, Angela

http://squola3u.blogspot.com/

Il blog di Mora, Casagrande, Saresera

Pagina 14 di 38

Laura Antichi Allegato 2

http://puffoinformatico.blogspot.com/

Il Blog di Francesco

http://arisnslio.blogspot.com/

Il Blog di Arianna

Pagina 15 di 38

Laura Antichi Allegato 2

http://lavorifilosofia4t.blogspot.com/

Il blog di Elisa e Antonella

http://fedeivysilvy.blogspot.com/

Il Blog di Ivana, Federica e Silvia

Pagina 16 di 38

Laura Antichi Allegato 2

http://robymanui.blogspot.com/

Il Blog di Roberta e Manuela

NOTE

Gli studenti hanno inserito nei loro blog Video da Youtube e slide da www.slideshare.net

Naturalmente molte delle diapositive personali le hanno prima uploadate in www.slideshare.net, dopo essersi registrati.

Cosa è stato utilizzato? 3. Audio e video

Solo alcuni per alunni avanzati, anche se il progetto registrazione e video sta generando molto

interesse.

Gli alunni hanno imparato ad utilizzare Audacity, associato con Lame per l’esportazione dei file

audio in .mp3.

Un alunno particolarmente esperto ha prodotto dei video di altissima qualità, utilizzando un

software Sony Vegas 6.0. Per fare questo ha avuto bisogno di matrici video, da lui eseguite ed

Pagina 17 di 38

Laura Antichi Allegato 2

assemblate, di strumenti Photoshop e Nero. I prodotti sono stati seguiti e valutati con interesse

da un esperto di cinematografia, Massimo Morelli.

Uno dei due Cortometraggi prodotti è disponibile su

http://www.metacafe.com/watch/858507/sigarette_funebri/ “Sigarette funebri”

L’altro, per ragioni di partecipazione ad un concorso non può essere pubblicato.

Sono cortometraggi di grande impatto visivo e pedagogico, di infinta profondità e di strepitosa

bravura nella tecnica e nella regia.

Sono stati costruiti dentro e fuori il tempo scolastico e hanno coinvolto altri studenti come

attori e spettatori critici.

Fattori positivi nell’introduzione delle ICT nella didattica

1. Dinamiche didattiche

2. CREATIVITA’

3. MULTIPROSPETTICITA’

4. APPROFONDIMENTO E RICERCA

5. LAVORO DI GRUPPO

6. VALORIZZAZIONE INTELLIGENZE MULTIPLE

Pagina 18 di 38

Laura Antichi Allegato 2

7. BENESSERE DALLA LIBERTA’ DI LINGUAGGI AUTOSCELTI

8. AUTOREGIA DEL PROPRIO APPRENDIMENTO

9. ALLARGAMENTO DELLA SFERA DEI BISOGNI FORMATIVI

10.CRESCITA CULTURALE

11. RISPETTO DEI RUOLI

Fattori critici nell’introduzione delle ICT nella didattica

1. TEMPI DIDATTICI PIU’ LUNGHI, LEGATI ALLE UNITA’ DI INSEGNAMENTO DEI

CONTENUTI.

2. DISPERSIONE DELL’ATTENZIONE IN ALCUNI ALUNNI PIU’ DEBOLI.

3. PERICOLI GENERICI E SPECIFICI DEL WEB.

4. GENITORI POCO DIGITALI.

5. FATICA A LAVORARE IN GRUPPO E A COORDINARSI CON IL LAVORO DEGLI ALTRI.

6. FATICA PER L’INSEGNANTE NELLA GESTIONE COMPLESSA DEL TUTTO e NEL

RISPONDERE ALLE ASPETTATIVE PROMESSE.

Difficoltà incontrate, sia

tecniche che

metodologico-didattiche

La configurazione tradizionale degli spazi d’aula.

Laboratori datati e connessione talvolta lenta.

Mancanza di un tecnico di laboratorio e la necessità

del “fai da te” riparazioni.

Governare il rumore e l’ordine nella partecipazione.

Mantenere le scansioni del programma.

Prendere decisioni sempre creative nelle

emergenze.

Valorizzazione di tutte le intelligenze.

Valutazione più complessa.

Sostener i pigri.

Pagina 19 di 38

Laura Antichi Allegato 2

Abilità acquisite dagli

insegnanti e dagli alunni.

nell’ affrontare problemi e situazioni.

nello scaffolding;

nella cogestione;

nelle relazioni;

nel principio del muto sostegno ed auto;

nella comunicazione (uno a molti, molti a molti);

nell’uso multitasking dei linguaggi,

nella produzione creativa,

nel problem solvine;

nella flessibilità e interscmbiabilità delle soluzioni;

nell’esercizio di tutte le facoltà;

nei processi metacognitivi;

nella ricerca;

nell’approccio metodologico,

nel progetto;

nell’intraprendere strade inusuali del conoscere;

nello sperimentare.

Modalità di relazione

osservate tra alunno ed

alunno

Maggiore attenzione nei confronti dell’altro;

capacità di mutuo sostegno ed impegno;

maggiore curiosità per le scoperte reciproche;

desiderio di condividere;

spirito di gruppo

Modalità di relazione

osservate tra docente e

docente (con coloro che

usano solo didattica

tradizionale)

incomprensione,

sopportazione,

non condivisione,

divisione,

supponenza,

ironia,

ammirazione senza lasciarsi coinvolgere,

desiderio di provare qualcosa

Pagina 20 di 38

Laura Antichi Allegato 2

Valutazione delle

tecnologie e del materiale

usato

ricchezza da perfezionare,

adatti ad una scuola che incontra l’informale e le

mutate condizioni di ascolto dei digital native,

interessante per sviluppare il conoscere in diverse

modalità,

importante per la socializzazione,

determinante per lo sviluppo cognitivo ed emotivo,

capace di estendere l’accesso e la riflessione sul modo

di comunicare comune.

Valutazione

dell’esperienza in termini

di arricchimento

professionale

Impossibilità di tornare indietro perché l’ usare certe pratiche

e il generarle, attraverso un continuo aggiornamento,

costruisce la storia professionale. Quest’ultima è situata

nell’evento di un processo, che continua e non rimane mai se

stesso, se non nell’obiettivo fondamentale di aiutare la

formazione e conoscenza, dal punto di vista disciplinare per se

medesimi e per degli alunni.

Le nuove tecnologie sono un linguaggio non neutro,

contagiano il fare e l’apprendere e sussumono le tradizionali

contagiandole e contagiandosi.

Passaggi dal “brick and mortar” al “clic and mortar”.

Valutazione

dell’esperienza da parte

dei ragazzi

si annoiano meno;

sviluppano il piacere del fare, valorizzando il loro

impegno, vedono valorizzato il mondo;

si accostano meglio al mondo dei contenuti;

riflettono sul loro modo di essere e di esistere;

si esprimono;

si sentono potenziati ed autori.

Naturalmente in questa progettazione sta sullo sfondo la formazione personale e le convinzioni

maturate, che questo corso del diploma On Line, ha aiutato a sviluppare e ad approfondire in

competenze ed abilità docente.

Pagina 21 di 38

Laura Antichi Allegato 2

Allegati

NOTA

Le esercitazioni , che sono state somministrate agli studenti nella prima fase dell’anno

scolastico, sono sul CD che accompagna il presente fascicolo.

Esempi di esercitazioni didattiche per gli studenti, presenti nella piattaforma di lavoro “La

Porta D’oro” http://eun.org.

Esempi di esercitazioni proposte

1 ESERCITAZIONE

1. Crea sul Floppy da 3,5 pollici (A:)o su penn drive una cartella chiamata “archivio_1” e dentro di questa crea

tre cartelle denominate: compiti, test, esercitazioni. 2. Apri un file Word sul tuo computer dove scriverai il seguente testo:

LE RANOCCHIE NELLA PANNA (da Lascia che ti racconti di J. Bucay)

C’erano una volta due ranocchie che caddero in un recipiente di panna. Si resero subito conto che sarebbero annegate era impossibile rimanere a galla per tanto tempo in quella massa densa come le sabbie mobili. All’inizio le due rane si misero a sgambettare nel tentativo i raggiungere il bordo del recipiente. Ma era inutile; riuscivano soltanto a sguazzare sul posto e ad affondare. Diventava sempre più difficile risalire e respirare. Una di loro disse ad alta voce: “Non ce la faccio più. E’ impossibile uscire di qui. Non si può nuotare in mezzo a questa roba viscida. E dato che devo morire, non vedo perché prolungare la mia sofferenza. Non riesco proprio a capire che senso abbia morire di sfinimento per uno sforzo inutile. Detto questo smise di scalciare e affondò rapidamente, inghiottita dal denso liquido biancastro. L’altra rana, più costante o forse più cocciuta disse fra sé: “Non c’è verso di salvarsi!! Non si può fare nulla per andare avanti in mezzo a sta roba … eppure. Anche se la morte si avvicina preferisco lottare fino all’ultimo respiro: non voglio morire neanche un secondo prima che sia giunta la mia ora”. Continuò a sguazzare sempre sul posto, senza muoversi di un millimetro, per ore e ore. E a un tratto, con tutto quello zampettare e ancheggiare, agitare e tirar calci, la panna si trasformò in burro. Meravigliata la ranocchia spiccò un salto e pattinando raggiunse il bordo del recipiente. Lo scavalcò e se ne ritornò a casa gracidando allegramente.

3. formatta il testo seguendo le seguenti indicazioni: Titolo = arial, dimensione carattere 12, grassetto, colore

carattere rosso, centra; Testo = arial, dimensione carattere 10, colore carattere nero, giustifica. 4. Salva il file Word creato informato Rich Text Format sul tuo floppy nella cartella “esercitazioni” 5. commenta il significato del testo nella tabella che creerai scegliendo dalla barra degli strumenti “Tabella”

“inserisci tabella” “numero colonne 1” “numero righe 1”

COMMENTO

Pagina 22 di 38

Laura Antichi Allegato 2

2 ESERCITAZIONE

CREAZIONE DEL SIMBOLO

“Simbolo” parola con origine dal greco sun-ballein (uni re, assemblare).

Il linguaggio del simbolo è universale e, come dice Jung, unisce il sé individuale ad archetipi originari dell’uomo.

Esempi:

1. Crea un simbolo per il tuo gruppo di lavoro. 2. Apri il programma Microsoft Power Point e disegna il simbolo del tuo gruppo. 3. “Salva con nome” in formato .jpg il simbolo in una cartella sul computer chiamata “simboli” . Nomina il file

“nome_gruppo” (esempio: “idea_perfetta.jpg”) 4. Apri un file Word ed inserisci il simbolo del tuo gruppo: Menu “inserisci” “immagine da file” 5. Aggiungi una spiegazione del simbolo. 6. Stampa e consegna il lavoro

potere compassione amore

3 ESERCITAZIONE 1. Apri sul desktop una cartella chiamata “prova”. 2. Nella cartella prova crea una cartella “esercizi”. 3. Apri un file Microsoft Word e salvalo subito nella cartella “esercizi” con nome “esercizio1”. 4. Nel file Word dal menu “Visualizza” “intestazione e piè pagina” “inserisci voce di glossario” “pagina X di Y” 5. Dal menu “Inserisci Immagine da file” inserisci il logo del tuo gruppo opportunamente rimpicciolito in modo che compaia nell’intestazione. 6. Chiudi “intestazione e piè pagina”, salva il file “esercizio1” 7. Nel file “esercizio1” scrivi il seguente testo:

AFORISMA “Dobbiamo stare attenti a non fare dell’intelletto il nostro Dio: sicuramente ha muscoli vigorosi ma nessuna personalità. Non può comandare, ma soltanto servire” (Einstein)

A. Formatta il testo: verdana 12, corsivo, grassetto, colore blu. Per formattare vai nel menu “Formato carattere”. Il titolo sarà tuttavia in maiuscolo Tahoma 14, grassetto, rosso

B. Inserisci l’immagine di Einstein, cercandola in Google e posizionala all’interno del desto a destra.

C. Inserisci un commento di 10 righe al testo in una tabella crata dal menu “Tabella, inserisci tabella 1 riga, 1

colonna.

D. Salva il file.

E. Sposta la cartella “prova” sulla tua penn drive o floppy.

F. Rinomina la cartella “prova” [tasto destro rinomina] in “esercizi”

Pagina 23 di 38

Laura Antichi Allegato 2

4 ESERCITAZIONE

Crea sul Floppy da 3,5 pollici (A:) o su penn drive una cartella chiamata “archivio_1” e dentro di questa crea tre cartelle denominate: compiti, test, articoli_giornale. Apri un file Word sul tuo computer dove scriverai il seguente testo:

5 STADI DELLA TRASFORMAZIONE

(verdana, 12, grassetto, corsivo, centrato) Qualcuno una volta ha detto: "Non c'è niente di strano quando un bruco ti dice che diventerà una farfalla". Questa frase illustra il processo di cambiamento in modo eccellente. La farfalla rappresenta una cosa di grande bellezza. Una farfalla trasforma se stessa completamente da un bozzolo in una entità radiosa con le ali. Tu sei come una farfalla che aspetta di rinascere e trasformarsi. (verdana, 12, giustificato) PRIMO STADIO: IL BOZZOLO. (verdana, 12, grassetto, corsivo, allinea a sinistra) Questo stadio è caratterizzato da emozioni di benessere, perché stai iniziando a renderti conto del bisogno di cambiare. Inizi a realizzare che potresti essere molto di più e riconoscere un errore di giudizio o dei modelli non funzionali che una volta rimossi ti consentiranno di cambiare. (verdana, 12, giustificato) SECONDO STADIO: LA CRESCITA. (verdana, 12, grassetto, corsivo, allinea a sinistra) Questo stadio è caratterizzato da sentimenti di malessere, perché stai estendendo te stesso, le tue abilità, il tuo ambiente. Inizi a provare nuovi modi di essere e di pensare e hai il desiderio di trasformate te stesso. (verdana, 12, giustificato) TERZO STADIO: IL CAMBIAMENTO. (verdana, 12, grassetto, corsivo, allinea a sinistra) Questo stadio è caratterizzato da sentimenti di paura e panico, perché stai iniziando a sembrare, sentire e agire in modo diverso. L'istinto ti dice che questo cambiamento sarà positivo per te e chiedi che la tua saggezza ti venga in aiuto e che ti faccia da guida. (verdana, 12, giustificato) QUARTO STADIO: IL VOLO. (verdana, 12, grassetto, corsivo, allinea a sinistra) Questo stadio è caratterizzato da sentimenti di coraggio e fiducia, perché stai dispiegando le tue ali per lasciare la tua vecchia casa e trovarne una nuova. Ora ti riconosci come una bellissima creatura, sei elettrizzato dalle possibilità che il futuro ti porta e semplicemente ti butti verso il domani. (verdana, 12, giustificato) QUINTO STADIO: LA COSCIENZIA (verdana, 12, grassetto, corsivo, allinea a sinistra) Questo stadio è caratterizzato da sentimenti di pace interiore e gioia, perché ricordi e realizzi chi sei veramente. Ora capisci che sei il co-creatore di te stesso e che possiedi la forza per diventare chi vuoi e fare ciò che vuoi. (verdana, 12, giustificato)

Giovanna D'Alessio (verdana, 12, allinea a destra)

Salva il file Word creato informato Rich Text Format sul tuo floppy nella cartella “compiti”

Pagina 24 di 38

Laura Antichi Allegato 2

5 ESERCITAZIONE Analizza il seguente sito http://www.linguaggiodelcorpo.it/ e alla fine descrivi in breve le risorse che ti sono sembrate significative.

Scheda di analisi Siti: Il linguaggio del corpo Oggetto cercato (parole

chiave di ricerca):

Motore di ricerca utilizzato: URL:

Titolo dell’argomento di riferimento:

Enti, gruppi, soggetti curatori del sito

Abstract Destinatari

Obiettivi Processi privilegiati: Argomento master:

Spunti e/o approfondimenti interessanti individuati:

Rispondenza al tema cercato: Materiali scaricabili:

Trasferibilità: Link:

Navigabilità del sito: Giudizio complessivo sul sito ( esprimendo punti di forza e di

debolezza):

Metadati (le parole chiave con le quali identifichi la risorsa)

Prima di salvare la scheda: vai in “File” Proprietà” e compila il riquadro:

Risorse significative Tipo di risorsa Motiva la rilevanza

Pagina 25 di 38

Laura Antichi Allegato 2

6 ESERCITAZIONE Testo 1

A. Riassumi brevemente il contenuto del testo “Identikit del nuovo ultras”

Argomenti Tematici

Cosa si dice Cosa ne penso

1.

2.

3.

B. Scegli 3 aspetti del testo “Identikit del nuovo ultras” che ti hanno aiutato ad acquisire una conoscenza (sapere) o una capacità (saper fare)

Aspetto Cosa ho imparato Lo trovo utile per… 1.

2.

3.

C. Aspetti faticosi o difficili da comprendere del testo

Testo 2

a. Riassumi brevemente il contenuto del testo "Mondo ultras"

Argomenti Tematici

Cosa si dice Cosa ne penso

1.

2.

3.

D. Scegli 3 aspetti del testo "Mondo ultras" che ti hanno aiutato ad acquisire una conoscenza (sapere) o una capacità (saper fare)

Aspetto Cosa ho imparato Lo trovo utile per… 1.

2.

3.

E. Aspetti faticosi o difficili da comprendere del testi

Pagina 26 di 38

Laura Antichi Allegato 2

Testo 1

http://www.psychomedia.it/pm/human/antrop/flocca.htm

Identikit del nuovo ultras

F. Flocca

Il lavoro qui presentato espone una rassegna di studi psico-sociali e clinico-antropologici sul problema, poco analizzato sul serio, della violenza negli stadi, delle dinamiche della tifoseria estrema ecc. di particolare interesse è l’esposizione degli studi italiani di carattere socio-psicologico e psicodinamico. Nell’insieme esso rappresenta un utile e chiara introduzione al tema.

Girolamo Lo Verso

Introduzione Le nuove forme di violenza che coinvolgono i ragazzi e i giovani adulti riguardano atti di vandalismo, violenza negli stadi, sassi dal cavalcavia, aggressioni razziali, etc. Si tratta di quegli eventi che V. Andreoli (2003) ha definito: "Gesti estremi compiuti da un gruppo: in cui il singolo si trasforma e persino giunge a una metamorfosi comportamentale assieme ad altri. Perde la propria identità per far parte di un super individuo, che è appunto il gruppo, all'interno del quale la responsabilità dell'individuo si dissolve". Tale quadro fenomenologico viene ripreso ed ampliato da A. Zamperini (2004) che parla di processo di deindividuazione, aggiungendo che in questi contesti a favorire tale processo è l'anonimato. Afferma, riportando diversi studi di stampo psicosociologico, che il far parte di un gruppo omogeneo, il confondersi tra la folla, l'essere coperto preserva dalle responsabilità personali e produce atteggiamenti di odio e aggressività verso l'altro. All'interno di questo contesto si assiste, però, anche alla costituzione di codici e valori normativi che contraddistinguono gli appartenenti al gruppo rispetto agli estranei, quindi ad un processo di depersonalizzazione, intesa come un abbandono dell' identità individuale verso l'identità del gruppo. I concetti di deindividuazione e depersonalizzazione, come afferma lo stesso autore possono essere utilizzati come chiavi di lettura del fenomeno della violenza negli stadi. Il calcio è lo sport più praticato al mondo e l’evento mediatico di maggior importanza a livello globale; in Italia è lo sport più praticato dai giovani e dagli adulti, e se non praticato attivamente, riscuote le simpatie di un vasto numero di appassionati, che fanno il tifo per la loro squadra. Per questi fanatici del calcio il 'non tifoso' è un estraneo, una persona con la quale non si ha assolutamente nulla in comune e con la quale è difficile comunicare, mentre il tifoso di un'altra squadra è percepito spesso come un vero e proprio 'nemico'. Questo articolo può essere in qualche modo considerato come una rassegna delle principali chiavi di lettura prodotte in ambito sociale e psicologico sulla descrizione, la formazione e l'evoluzione dei gruppi ultras. All'interno di questa cornice, e dinanzi alla complessità del fenomeno, mi è sembrato opportuno delineare un percorso di approfondimento, attraversato in senso dialettico da differenti teorie tradizionali e recenti, nel tentativo di contribuire alla messa a punto di una prospettiva centrata sulla possibilità di comprensione delle diverse dinamiche psichiche che sottostanno e interagiscono tra loro nella complessa fenomenologia dei comportamenti delle tifoserie ultras. Infatti, è all'interno di questo orizzonte che si inscrivono i temi dell'appartenenza, dell'aggressività, dei conflitti tra gruppi, del pregiudizio e della discriminazione. Identikit dei gruppi ultras tradizionali e del nuovo ultras Settimanalmente i quotidiani riportano, parallelamente agli avvenimenti calcistici, le atrocità collettive (A. Zamperini, 2002) consumate da tifoserie opposte, si dibatte sull'aspetto drammatico e su come arginare questo fenomeno, mentre per nulla o poco seriamente si è cercato di dare una spiegazione, da un punto di vista psicologico e culturale, su quelle che sono le dinamiche interne di gruppi di tifosi delle frange estreme, i cosiddetti ultras (brigate, commandos, warriors e altri "reparti" che etimologicamente rimandano a gruppi organizzati militarmente), che ogni domenica riempiono e devastano gli stadi. La letteratura scientifica internazionale sulla violenza calcistica indica con il termine di football hooliganism il fenomeno per cui il tifo viene vissuto con intensa eccitazione ed i supporters della squadra non si considerano semplici testimoni, ma partecipano attivamente alla partita come dodicesimo uomo in campo. A tale proposito C. Bromberger, nel suo volume "La partita di calcio", sfata molti luoghi comuni sul pubblico degli stadi, dichiarando che non si tratta di masse indifferenziate in preda al delirio, come sosteneva Le Bon in Psicologia delle folle evidenziando una "regressione a stadi arcaici del livello dell'attività psichica delle masse, in cui scompare del tutto il senso di responsabilità e l'individuo acquisisce un sentimento di grande potenza, che gli consente di cedere ad istinti che da solo avrebbe tenuto a freno", ma di un gruppo di individui organizzato che esprime e manifesta ciò che lo uniforma all'interno e lo differenzia dall'esterno. Il tifo diviene un forte elemento di identificazione, riesce a fondere le emozioni di molte persone e di gruppi di

Pagina 27 di 38

Laura Antichi Allegato 2

persone, che si incontrano ed interagiscono per affermare l’ammirazione per la propria squadra, animati dalle stesse emozioni e apprensioni per i propri idoli. Andare allo stadio significa non solo partecipare, ma addirittura ‘fondersi’ con l'evento, con i protagonisti e con gli altri spettatori, fino alla sostituzione finale dell’Io con il ‘Noi’. La folla della Curva non è un branco disorganizzato, ma un gruppo ben strutturato, i cui membri si riconoscono fra loro attraverso le bandiere, i cappellini, le sciarpe, e i diversi gadget che ostentano i colori della propria squadra; la curva si manifesta, anche attraverso gli striscioni che sono la loro icona, i loro totem, i cori, i boati, e le coreografie spettacolari. Effettivamente già S. Freud ha tentato di spiegare i meccanismi psicologici sottesi alle dinamiche gruppali attraverso il concetto di identificazione: all'interno di un gruppo di soggetti si evidenzia un reciproco legame che scaturisce da processi di identificazione tra loro, ed in ultimo con il capo oppure con l'idea che egli personifica, ovvero l' Ideale dell'Io di ogni componente il gruppo. Quindi "un gruppo si presenta come un insieme di individui che hanno sostituito il loro Ideale dell'Io con lo stesso oggetto (persona o idea), il che porta all'identificazione del loro proprio Io, ciò sembra spiegare la rinuncia dell'individuo al proprio ideale dell'Io per l'Ideale collettivo" (S. Freud, 1921). Di grande interesse sono anche le intuizioni di D. Morris, il quale tenta di impostare l'interpretazione dei processi formativi dei gruppi ultras in una prospettiva antropologica. Morris, infatti, nel suo La tribù del calcio pone a paragone i comportamenti, i riti, le mitologie del calcio con quelle tribali. “Il calcio considerato obiettivamente, è una delle più strane costanti di comportamento umano della società moderna”. Secondo Morris gli esseri umani durante il percorso evolutivo hanno trasformato i loro interessi ludici, passando da eventi ricreativi sanguinari a eventi sportivi propriamente detti. Il calcio, come altri sport avrebbe, dunque, sublimato, a livello rituale altri spettacoli di natura più cruenta, in cui il gioco consisteva nello scontro tra esseri umani: lo stadio ripropone gli scenari del circo dei i gladiatori romani, e le giostre dei cavalieri medioevali che erano supportati da vere e proprie tifoserie. Le dinamiche, i rituali e le scaramanzie dei gruppi di tifosi sembrano essere sovrapponibili: ogni centro di attività calcistica, ogni football club, è organizzato come una piccola tribù, completa di territorio tribale, anziani della tribù, stregoni, eroi, gesta mitiche. Il calcio, in determinati contesti, riesce perfino ad assumere, a livello individuale e collettivo, significati che vanno oltre l'ambito sportivo investendo diversi codici di appartenenza e gruppali quali quello etnico, religioso, politico. È a questo punto che il rettangolo di gioco diventa un campo di battaglia "simbolico" in cui vengono a scontrarsi valori e codici dei sostenitori delle diverse squadre. In maniera speculare vengono coinvolti gli ultras sugli spalti, che seppur condividono le stesse complesse motivazioni, da quelle legate a componenti strettamente sociali, a quelle culturali, economiche, e talvolta politiche danno vita ad un campo di battaglia concreto (G. Calderaro, 2001). Gli esempi sono innumerevoli. In Spagna il Barcellona incarna l'autonomismo catalano, contrapposto al centralismo castigliano del Real Madrid, inoltre l’Atletico Bilbao, squadra composta soltanto di giocatori baschi, simbolizza le rivendicazioni del movimento separatista delle province basche. In Italia e in Francia, Palermo, Lecce, Reggina e Olympique Marsiglia rappresentano l'ansia di riscatto del Sud arretrato rispetto all'arroganza settentrionale. A Glasgow, in Scozia, va in scena la sfida tra l'orgoglio protestante dei Rangers e la grinta del Celtic, squadra dei cattolici e degli immigrati di origine irlandese. E non dimentichiamo che i gravi incidenti avvenuti in occasione di un match tra i croati della Dinamo Zagabria e i serbi della Stella Rossa Belgrado furono la prima palese avvisaglia della tragedia che stava per sconvolgere la Jugoslavia. La complessità della cultura “sportiva”, quindi, trova riscontro nell’intrecciarsi di atteggiamenti trasgressivi e rituali, di interessi economici e simbolici, di fatti, miti e stereotipi. Questa complessità e la specificità della cultura sportiva non determinano sicuramente la separazione dal resto della società, dalla quale si assorbono e si recepiscono tensioni e conflitti, trasformati parodisticamente nel contesto dello stadio. Quanto sopra esposto pone l’accento sul fatto che qualsiasi fenomeno sociale non può essere analizzato a prescindere dal contesto culturale in cui si genera. A tale proposito sembrerebbe che una chiave di lettura per la comprensione delle dinamiche interne dei gruppi ultras, possa essere il concetto di transpersonale nella definizione che fornisce R. Menarini, ovvero “l'impersonale collettivo che attraversa la nostra identità più intima senza che il nostro potere cognitivo possa minimamente concettualizzarlo” (Menarini,1989), commentando le sistematizzazioni proposte da opera di G. Lo Verso, il quale sottolinea che la psiche umana è, anche, il prodotto di una matrice culturale-gruppale che si articola in cinque livelli che comprendono: -quello “biologico-genetico”, riferito al processo evolutivo e agli aspetti specie specifici che accomunano il genere umano uomini. -quello “etnico-antropologico”, riferito alle grandi aree culturali, ma anche a singole comunità sociali, comprende gli aspetti macro antropologici (miti, religioni, linguaggi, valori collettivi, etc). -quello “transgenerazionale”, riferito in senso ‘micro’ al nucleo familiare e alle reti parentali presenti, e in senso ‘macro’ alle reti parentali rivolte al passato. depositari di modalità di relazionarsi col mondo che vengono tramandati, anche, inconsciamente. -quello “istituzionale”, riferito agli aspetti psico-sociali presenti, alle appartenenze attuali della vita del soggetto (ambiente lavorativo, associazioni, etc.). -quello “socio-comunicativo”, relativo alla dimensione macrosociale contemporanea e all’orizzontalità con cui essa sembra sovrapporsi alla famiglia e alla tradizione culturale; si tratta di fenomeni tipici dei nostri tempi quali internet, mass-media, e globalizzazione. Si tratta di livelli che influenzano il modo in cui l’individuo si autorappresenta rispetto agli altri e come rappresenta gli altri rispetto a se stesso, legati alle esperienze fatte in famiglia e nella società, e che sono il basamento delle modalità relazionali dell'individuo con la realtà esterna che, quindi, hanno un forte impatto sulla formazione dell’identità (G. Lo Verso, 1995). L'identità del tifoso ultras si forma, in ultima analisi, in un ambiente che va considerato come ambiente transpersonale

Pagina 28 di 38

Laura Antichi Allegato 2

attraversato dai diversi livelli di cui esso si compone: l’etnico-antropologico, il trangenerazionale, l’istituzionale, il socio-comunicativo. Si potrebbe parlare di costruzione dell'identità del tifoso ultras, anche, perchè le forme culturali che le tifoserie si tramandano, hanno una propria storia, parallela ed autonoma rispetto al calcio come fatto atletico. Si potrebbe dire che in ogni tifoso del gruppo ultrà agisce una "memoria transgenerazionale" (G. Massimini ed R. Calegari, 1979), vero e proprio organizzatore di identità del gruppo stesso, che plasma l'identità del tifoso e la sua modalità di rapportarsi agli eventi calcistici. Anche gli studi di A. Roversi e C.Balestri (1999) evidenziano che il gruppo ultrà presenta al suo interno modi di agire e strutture organizzative capaci di allestire coreografie spettacolari che coinvolgono l'intera curva e richiedono un forte impegno economico, di lavoro e di coordinamento. All'interno di questo contesto di aggregazione e unione il senso di comunità viene manifestato dall'ostentazione di segni di riconoscimento e dalla partecipazione attiva alle riunioni organizzative dei club, ma soprattutto nell'identificarsi con una cultura che attraverso valori e codici non scritti regola i comportamenti dei membri del gruppo. Quindi nella cultura del gruppo ultrà lo stadio non è l'unico luogo di socializzazione e partecipazione alla vita di gruppo, è nei quartieri, nei bar, nei centri giovanili, e nei gruppi politici, che avviene il reclutamento del futuro ultrà, che deve mostrare doti di affidabilità, coraggio, solidarietà e durezza, grazie alle quali il giovane alla fine è considerato uno del gruppo. Sembra, appunto, che l'appartenenza ad un gruppo di tifosi sia diventato uno dei principali strumenti di identificazione collettiva nella società moderna e uno delle principali fonti di significato nella vita di molta gente. Il carattere intrinsecamente antagonistico delle varie tifoserie determina la sua rilevanza come luogo di identificazione collettiva, si presta alla formazione di un “gruppo in” e un “gruppo out”. L’elemento della contrapposizione, in tale frangente, diviene cruciale perché serve a rafforzare l’identificazione nel gruppo: il senso di appartenenza a un “noi” è rafforzato dalla presenza di un altro gruppo percepito come “loro”, la squadra avversaria. Si vengono così a determinare intensi sentimenti di attaccamento a “gruppi noi” molto definiti e sentimenti di ostilità ugualmente intensi nei confronti di “gruppi loro” altrettanto nettamente definiti. Secondo questa ottica è interessante la prospettiva delineata da A. Salvini (2004) il quale attraverso l'osservazione diretta e sistematica ha tentato di evidenziare i processi cognitivo-interattivi che sottostanno ai comportamenti violenti, non considerati semplici risposte dirette alle variabili ambientali, ma adattamenti alle interpretazioni che le persone danno a quanto accade nelle situazioni. L'autore esamina anche il ruolo che tali comportamenti hanno all'interno dei processi normativi del gruppo. Il tifoso, quindi, è un soggetto che dirige il proprio comportamento in vista di un fine e secondo le aspettative del gruppo; viene quindi evidenziata la funzione di costruzione dell'identità e dell'appartenenza ad un gruppo sociale svolta dal gruppo degli ultrà, che diviene fondamentale per il giovane adolescente. Far parte di un gruppo organizzato dà modo al tifoso di partecipare ad un mondo che lo valorizza conferendogli la possibilità di accedere ad un'identità che va oltre l'identità del singolo, e per ottenere questo il giovane tifoso si deve impegnare a condividere con il suo gruppo tutte le rappresentazioni che accentuano sia le somiglianze interne (identificazione/integrazione), che le differenze esterne (differenziazione/opposizione). Chi entra nel ruolo di tifoso ultrà trova un’identità già predisposta con il suo corredo di norme, valori, sanzioni, credenze, ragioni e modelli d’azione. Per cui il giovane tifoso preso entro la rete dei suoi bisogni di affiliazione e significazione, dovendo scegliere un abito di comportamento, farà sue quelle immagini e quelle regole condivise attraverso cui potrà essere confermato dagli altri. Si acquisiscono nuovi valori e nuovi obiettivi, acquistano nuovo significato concetti come lealtà, impegno, fedeltà, gerarchia; è un codice non scritto, informale, pieno di eccezioni, ma nella sua struttura di base, rigido. Per tali motivi bisogna considerare la cultura di gruppo degli ultras come una cultura forte, capace di trasformare la curva in un territorio in cui, al di là della provenienza sociale, delle motivazioni e degli stimoli soggettivi, dei differenti stili di vita, valgono per tutti i giovani tifosi le medesime regole e norme. Bisogna considerarla come cultura forte poiché è stata capace di gestire l'uso della violenza, indirizzandola solo verso nemici esterni, ed è riuscita a far tacere, dentro la curva, le differenti opinioni personali in nome della comune fede di gruppo e nel senso di appartenenza ad una dimensione collettiva. Questi universi psichici e comportamentali sembrano riproporre, fatte ovviamente le debite proporzioni e differenze, le dinamiche psichiche descritte da G. Lo Verso parlando della psiche totalitaria, “fondamentalista” (religiosa, politica, razzista sessuofobia, etc).; infatti "queste logiche dell'appartenenza in cui il noi sovrapersonale predomina sull' io individuale sembrano essere comuni al processo di costruzione dell'identità personale presente nelle culture fondamentaliste. Il quadro psicopatologica di base in questa strutturazione dell'identità psichica satura e saturante è la paranoia ed il modo di intendere la verità/realtà caratterizzata da una dicotomozzazione delle categorie cognitive e affettive; la “comunicazione” è di tipo esclusivamente strumentale: è vero ciò che si pensa sia utile e possa servire alla causa (…) Fondamentalista è chiunque ritenga che l'altro sia a- priori inferiore, nemico.” (G. Lo Coco, G. Lo Verso, 2002; G. Lo Coco, G. Lo Verso, 2003;). In tempi recenti si è assistito alla nascita di cellule autonome che, seppure agiscono nella curva degli ultrà, non si identificano nelle regole del gruppo; sono soprattutto formazioni autonome di matrice neo nazista che fondano l'appartenenza al proprio gruppo identificandosi nella comunanza di atteggiamenti violenti, xenofobi e di intolleranza razziale; ma si registrano gruppi di tifoserie violente anche di matrice ideologica di sinistra come i CARC. Alcuni di questi gruppi, che si dichiarano esplicitamente di estrema destra, esercitano una pericolosa attrazione cercando apertamente lo scontro fisico con azioni tipicamente militari. E' la nuova generazione degli ultras, con un' età media tra i 13 e i 35 anni, che si identifica negli skinhead di estrema destra, o naziskin , che introduce abiti militari, simbologie e ideologie razziali e antisemite nel loro credo. I naziskin, decisamente politicizzati e pronti a uccidere per la "giusta" causa, razzisti e antisemiti, esasperatamente nazionalisti, hanno sovente fatto da "soldati" per movimenti più o meno organizzati di estrema destra, vicini al ku klux klan oppure ai neo con più estremi negli Usa, e a gruppi neonazisti nel resto del mondo. La passione per il calcio e il tifo violento si è affiancata alla preparazione atletica in discipline di combattimento quali

Pagina 29 di 38

Laura Antichi Allegato 2

la thai - boxe e il full - contact. Ciò che il gruppo offre a chi lo abbraccia è un forte senso di fratellanza, e la sicurezza di avere sempre dei "fratelli" su cui contare in caso di problemi pratici. Il culto della forza impone spesso prove di coraggio e le manifestazioni di violenza, aggressività e fedeltà al gruppo sono elementi considerati vincenti. La ingente mobilitazione e presenza delle Forze in servizio di ordine pubblico dentro e fuori gli stadi, spesso rappresenta, per questi nuovi gruppi un motivo di ulteriore compiacimento per vedersi così osservati e sorvegliati, anche se per una identità negativa attribuita loro dalla Società. Interessante a questo proposito è la ricerca condotta da G. De Leo (2002) dal titolo "Il sistema di convinzioni dei giovani naziskin; aspetti cognitivi e dinamiche di appartenenza gruppale". L'autore evidenzia come nei gruppi giovanili in cui prevalgono forme estremistiche di comportamento sociale e politico, in questo caso il fenomeno dei naziskin, l'individuo orienta le proprie aggregazioni, le proprie scelte e i propri comportamenti sulla base di una precisa micro-cultura di gruppo che si esprime, attraverso riconoscibili e tipici sistemi di convinzioni. La ricerca esplorativa di tipo qualitativo è stata condotta attraverso l’analisi del contenuto delle relazioni di osservazione di 5 adolescenti naziskin detenuti presso il carcere minorile di Roma, e attraverso interviste approfondite e articolate su varie dimensioni effettuate a tre giovani maggiorenni romani aderenti a gruppi di naziskin, contattati per adesione volontaria. Le interviste sono poi state a loro volta lette con il metodo dell’analisi del contenuto. Nello specifico i risultati hanno evidenziato che i giovani naziskin mostrano una forte e costante tendenza cognitiva verso una rigida dicotomizzazione (vero/falso, giusto/sbagliato, bello/brutto) rispetto a tutti gli oggetti dei loro discorsi e dei loro riferimenti (valori, ambienti, gruppi, persone, politica, ecc.). Mostrano inoltre una precisa caratterizzazione valoriale, enfatica, retorica, sempre contrappositiva, del proprio «Sé», del proprio «Noi», con una decisa e svalutante individuazione della categoria «Loro». Diverso, ma che rappresenta totalmente la guerriglia domenicale allo stadio, è il caso dei Cani Sciolti del tifo. Tifosi che messi al bando e diffidati dal frequentare lo stadio in cui gioca la propria squadra, si aggregano ad altre cellule minori di tifoserie gemellate non tanto per guardare la partita, quanto per creare scompiglio e violenza, rivolta in particolar modo verso le forze dell'ordine. Interessante a questo proposito è l'articolo scritto da G. Dotto (2004) in cui intervista due soggetti da lui definiti due casi purissimi di teppismo da stadio: disinteressati rispetto alla partita (non gioca la loro squadra), apolitici, non pagati, a differenza dei gruppi ultras non hanno delle regole. Il loro kit da guerra è composto da tuta Ninja, berretto, sciarpa, niente armi ("sono da infami") si usa tutto ciò che si trova a portata di mano, in particolare la cinta con la fibbia. Ritornando al tema della violenza negli stadi, la domanda che ci si pone è se effettivamente si possa parlare di "violenza", determinata da una motivazione, uno scopo definito, e un nemico designato, quale può essere il caso dell'aggressione dei supporter avversari, anche soltanto a scopo intimidatorio; oppure bisogna parlare di "distruttività gratuita" dell'esistenza dell'altro, chiunque esso sia, associata alla devastazione di luoghi pubblici quali gli stadi, gli autogrill, i treni etc.. Una possibile chiave di lettura per analizzare la fenomenologia della violenza negli stadi, intesa quale possibile trasgressione ai presupposti di base della convivenza, sembra essere fornita dall'interpretazione del modello di R. Carli (2000) che situa la "convivenza" al carrefour di tre componenti che la originano: i sistemi di appartenenza, l'estraneo, e le regole del gioco. Un primo modo di trasgressione è la negazione dell'estraneo, che si configura necessariamente come nemico; ciò comporta l'apprezzamento dei soli sistemi di appartenenza. Tale situazione sembra rispecchiare il tradizionale scontro tra tifoserie organizzate, uno scontro fra sistemi di appartenenza; si può ancora parlare della partita di calcio come ritualizzazione dello scontro tra due fazioni che possono coinvolgere questioni che esulano dall' evento sportivo e implicano questioni etniche, religiose, politiche che inevitabilmente influiscono sugli stati d'animo degli spettatori che si identificano totalmente con i valori che la squadra rappresenta. Un secondo modo di trasgredire è la negazione delle regole del gioco in cui, non esistendo l'estraneo come nemico, si annullano i sistemi di appartenenza e si attaccano le regole del gioco. Situazioni simili sono state riscontrate recentemente in riferimento ad attacchi verso le Forze dell' Ordine oppure verso strutture fuori e dentro lo stadio quando i tifosi avversari sono già andati via. Sono i casi riferibili a cellule autonome di tifosi, ai gruppi quali i naziskin, i CARC , o addirittura i cani sciolti; in questo caso è doveroso parlare di distruttività e devastazione gratuita di tutto ciò che non si riconosce come proprio. Oggi, sembrerebbe che lo stadio sia diventato luogo di espressione della voglia di violenza e scontro con ciò che rappresenta le istituzioni, questo si dimostra nel momento in cui l'altro, il nemico non è più il tifoso avversario ma le Forze dell'Ordine. Esempio emblematico di questo nuovo fenomeno è la sospensione del derby Roma- Lazio del marzo 2004; all'interno di questo contesto si è assistito all'alleanza di due tifoserie storicamente rivali, che contemporaneamente ritirano gli striscioni, imprecano contro le istituzioni e richiedono ai capitani delle due squadre la sospensione della partita contrariamente alle decisioni del Prefetto di Roma, fuori dallo stadio si sono visti i classici scontri non più tra tifoserie ma contro i rappresentanti delle istituzioni. L'idea di fondo che in chiusura vuole essere richiamata, anche alla luce dei vari modelli interpretativi, che a mio avviso si completano reciprocamente, è che nel prendere in considerazione il fenomeno della violenza negli stadi non si può fare a meno di osservarlo nella sua complessità e specificità. La violenza dell'ultras, intesa sia in un'ottica collettiva (ultras organizzati) che in un'ottica individuale (cani sciolti), non può essere indubbiamente osservata a prescindere dal resto della società, da cui assimila e accoglie tensioni e conflitti, che in un secondo tempo vengono agiti nella circostanza della partita domenicale. È evidente che volendo analizzare, da un punto di osservazione psi, il fenomeno della violenza negli stadi, sia a livello di gruppi organizzati che di piccole frange autonome, si entra in contatto con una straordinaria molteplicità di processi e una complessità di dinamiche tali da rendere impossibile una definizione sintetica. Ad una attenta analisi, infatti, oltre agli aspetti fenomenici visibili a tutti, emergono dimensioni inconsce plurime, di carattere individuale che

Pagina 30 di 38

Laura Antichi Allegato 2

transpersonale, queste due dimensioni vanno considerate le due facce della stessa medaglia, perché se da un lato sono la sedimentazione del patrimonio di ogni singolo individuo della cultura, dei valori, e dei principi trasmessi in senso verticale, dall'altro lato si riferiscono, anche, alle modalità relazionali comuni a tutti i gruppi di cui fa parte l'individuo nella sua quotidianità: gruppo di amici, gruppo di lavoro, tifoseria, etc. A questo punto si potrebbe affermare che per osservare il fenomeno "gruppo ultras" non è possibile considerare il singolo tifoso come l' unità elementare di un fenomeno complesso, altresì non è possibile neppure pensare al gruppo come una sommatoria anonima di comportamenti individuali in cui scompaiono l' identità e le responsabilità di ciascuno individuo. Il gruppo come sostiene G. Lo Verso, va considerato come una rete antropologica identificatoria che ha costitutivamente il carattere della molteplicità e della complessità, e che implica tutta la storia di ogni soggetto, rispetto alle significazioni affettive da ciascuno esperite ed elaborate in rapporto all'ambiente antroporelazionale in cui si è cresciuti (Lo Verso G., 1994). Conclusioni Per concludere vorrei focalizzare l'attenzione su due (s)punti di riflessione. Il primo punto vuole ribadire che, come ogni altro fenomeno dell'esistenza umana, le dinamiche che si manifestano tra i gruppi di tifosi, dentro e fuori gli stadi sono lo specchio e il riflesso dei tratti caratteristici delle realtà sociali e del momento storico in cui prendono vita. Il processo centripeto dei gruppi ultrà, e il rispettivo processo di atomizzazione e disgregazione delle curve degli stadi sembrano rispecchiare in senso "micro" quello che è lo scenario "macro" dell''attuale periodo storico dell'umanità caratterizzato da due scenari opposti e discordanti. Da un lato vi è la tendenza ad una omogeneizzazione/omologazione del genere umano nonostante le diversità, le differenziazioni, le culture, le religioni, e le etnie, in cui ogni individuo perde la propria identità. Allo stesso tempo, però, si assiste ad una costante messa in discussione delle reti relazionali, passate e presenti, alla ricerca di una propria identità sempre più narcisista ed egoista. Il secondo punto su cui richiamare l'attenzione è quello relativo agli interventi tesi ad arginare la violenza dentro e fuori gli stadi; un problema che tuttora rimane irrisolto. Come si è sopra menzionato, nel corso degli anni si è assistito ad una evoluzione nell'agire la violenza negli stadi , e di conseguenza un cambiamento di modelli esplicativi di riferimento che indubbiamente hanno influenzatole varie modalità di risposte per arginare il fenomeno. Da sempre sono state incaricate le Forze dell’Ordine ad attuare provvedimenti e misure di intervento mirati a controllare e reprimere le "cariche dei tifosi"; l'esito ottenuto si risolve in un maggiore nervosismo ed una dislocazione del scontro, non più tra ultrà delle opposte tifoserie, ma tra ultrà e forze dell’ordine. In un secondo tempo si è assistito all’adozione di misure di controllo sempre maggiore ricorrendo alle telecamere che riescono ad identificare i singoli tifosi i quali, come dei capri espiatori, subiscono le conseguenze legali nonché la diffida dal frequentare lo stadio in cui gioca la propria squadra. In ultimo si è intervenuti direttamente sulla squadra attraverso multe alla società, penalizzazioni in classifica, e squalifica del campo di gioco. La conoscenza approfondita del fenomeno del tifo di curva, ha evidenziato nel corso degli anni un universo variegato e contraddittorio, per cui si è passati da modelli esplicativi che sostenevano la dissoluzione della responsabilità dell'individuo nel gruppo, a modelli esplicativi disposizionali, in cui il comportamento individuale è concepito come caratteristica propria della persona, infine si è giunti ad una prospettiva gruppale e situazionale in cui l'attenzione è rivolta, non più al gruppo inteso come massa né al singolo individuo, bensì alle relazioni che sussistono tra gli individui tenendo in debita considerazione l'influenza del contesto socioculturale (Zamperini A., 2004). Bibliografia: Andreoli V., Il branco che dissolve , Mente & Cervello, n°2, marzo-aprilre, 2003 Bromberger C., La partita di calcio, Editori Riuniti, 1999. Balestri C., Roversi A., I gruppi ultras oggi: cambiamento o declino?, in “Rassegna Italiana di Sociologia”, a. 13, n. 3, dic 1999, pp. 453-468 SOC Calderaro G., Psicologia e psicopatologia della Violenza negli stadi, Medicina dello sport Vol 54 173-7-2001 ed. Minerva Medica Carioti A., Allo stadio come allo specchio, http://www.caffeeuropa.it/attualita/58attualita-calciolibri.html 20.11.199 Carli R., Prefazione, in Di Maria F. (a cura di) Psicologia della solidarietà, Franco Angeli, (2000). Dal Lago A., Moscati R., Regalateci un sogno, Bompiani, Milano, 1992 Dal Lago A., Descrizione di una battaglia, Il Mulino, Bologna, 1990 De Leo G., Il sistema di convinzioni dei giovani naziskin; aspetti cognitivi e dinamiche di appartenenza gruppale".VII Congresso Nazionale SOPSI 19-23 Febbraio 2002. Dotto G., Professione testa matta, L' Espresso, n°9, 4 marzo 2004. Freud S., Psicologia delle masse e analisi dell'Io, 1921 Libanora R., Carioli F., Sport e società, oltre ogni violenza, Centro Studi Kerr, Roma 1996 Lo Verso G., Le relazioni soggettuali, Bollati Boringhieri, Torino, 1994 Lo Verso G., Psicodinamica dei gruppi, Raffaello Cortina, Editore, 1995 Lo Verso G., Lo Coco G. (a cura di), La Psiche Mafiosa, Franco Angeli, Milano, 2003. Lo Verso G., Lo Coco G. (a cura di), Psichiatria e pensiero mafioso. Spunti di riflessione legati ad un percorso di ricerca, in rivista telematica www. Pol.it, 19.03.2003

Pagina 31 di 38

Laura Antichi Allegato 2

Massimini G., Calegari R., Il contesto normativo sociale, Milano Angeli, 1979, Morris D., La tribù del calcio, , Mondatori, Milano,1982. Roversi, A., Triani, G. (a cura di), Sociologia nello sport, ESI, Napoli,1995 Roversi, A., Calcio, tifo e violenza, Il Mulino, Bologna, 1992 Salvini, A.: Il rito aggressivo, dall'aggressività simbolica al comportamento violento: il caso dei tifosi ultras, Giunti, Firenze, 1988 Salvini, A., Ultrà. Psicologia del tifoso, Saggi Giunti, Firenze, 2004 Zamperini A., Psicologia dell'inerzia e della solidarietà, Einaudi, 2002 Zamperini A., Prigioni della mente, Einaudi, 2004

Testo 2

"Mondo ultras"

“C’era una volta un popolo felice e contento. Un giorno, una terribile orda di barbari si diresse alle porte della

loro città. Essendo privi di guerrieri, il Gran Consiglio decise di giocare d’astuzia. Fu dato ordine all’uomo più

robusto ed alto della città, un gigante di nome Eraclio, di andare incontro ai nemici e di iniziare a piangere alla

loro vista. Interrogato dai barbari, il gigante confessò di essere stato deriso dai suoi concittadini perché era il più

mingherlino di tutti. Alle sue dichiarazioni i nemici fecero all’istante dietro front e se ne scapparono a gambe

levate.”

Questa storiella era una di quelle che amavo sentire di più da bambino. Me l’aveva raccontata una volta mio

padre e amavo farmela ripetere all’infinito. A ben pensarci, questa favoletta mette in risalto come sia possibile

battere un avversario senza sferrare mai un colpo, utilizzando (solo) le armi dell’ingegno e dell’arguzia. L’aspetto

psicologico, si sa, è un’arma determinante nella sfida con il nemico. Lo sanno bene questo gli ultras che affollano

ogni domenica le curve degli stadi di calcio. Gli striscioni ed i loro cori ne sono la prova lampante. Cristiano

Militello nel suo “Giulietta è ‘na zoccola” (edito da Kowalski Editore) ha raccolto cinquecento striscioni apparsi

negli stadi d’Italia. Il libricino è simpatico ma l’autore, forse troppo attento alle esigenze di cassetta, ha inserito

nel testo solo striscioni “divertenti”, depurando e sbiadendo, di fatto, “il mezzo” della loro vera forza caustica e

rivoluzionaria.

Queste scritte che compaiono ogni domenica nelle curve di tutt’Italia, pur essendo emessi da un unico emittente

(gli accaniti sostenitori della squadra del cuore) si rivolgono, in realtà, a diversi destinatari. Ad un primo ed un

secondo livello, il messaggio è inviato ai giocatori e agli ultras della squadra avversaria; ad un terzo, in generale,

ai media (siano essi carta stampata o TV); ad un quarto al gruppo di tifosi “concorrenti” che tifano la loro stessa

squadra ed un quinto che è da considerare assolutamente autoreferenziale.

Se ci attestiamo ai primi due livelli, scopriamo che le scritte mimano uno stile militare, un po’ enfatico e

ridondante. Quel “Sbrana grifo, sbrana”, immortalato in uno striscione della torcida perugina, ne è un fulgido

esempio. La partita di calcio non è più un incontro sportivo bensì una battaglia fino all’ultimo sangue, da

combattere a viso aperto, senza esclusione di colpi. I nomi stessi dei supporter sono tutto un programma, ma per

lo più si richiamano ad animali feroci (pantere, tigri, leoni) o a gruppi di combattenti (brigate, commandos,

falangi, fedayn). Secondo l’ultras-pensiero, il nemico non deve essere solo battuto ma deriso, sconfitto, umiliato.

I cori, non a caso, vanno in genere dal banale “Devi morire” (rivolto all’avversario che è rimasto a terra dopo uno

scontro di gioco) all’immortale “Vaffa…” d’italica derivazione.

Pagina 32 di 38

Laura Antichi Allegato 2

Altra regola assoluta che ogni ultras deve rispettare è quella di sommergere di fischi i più forti giocatori

avversari, di beccarli al minimo errore, con la speranza (spesso vana) di innervosirli, di deconcentrarli e di

renderli innocui ed inoffensivi.

Infine nel DNA di ogni ultras c’è la convinzione che più è puro il proprio tifo e più forza riesce ad infondere alla

propria squadra del cuore.

I meccanismi psicologici che sottendono le molteplici modalità di pensiero dell’ultras sono di tipo “magico” e

compaiono generalmente nel corso dell’infanzia. “Se penso intensamente una cosa, questa diventa realtà” è

quello che, segretamente, ripete a se stesso il bambino. Tale modalità di pensiero non scompare mai del tutto

dalla nostra mente; in età adulta essa è spesso sostituita dalla religione (se prego, accadrà). Ed è di fede, infatti,

che parlano i capi ultras, una scelta di campo per loro non solo ideologica, totale, assoluta, a 360 gradi. Un vero

ultras deve essere sempre al fianco della squadra del cuore, se vince, se perde, se sta lottando per il primato o

per la retrocessione.

Del resto, se risaliamo all’etimo della parola stessa, tifo rimanda al greco “tiphòs” che sta per “ardere”,

“offuscare i sensi”, “essere trasportato”.

Ma è ancora la psicoanalisi che può venirci incontro e che può offrirci altre interessanti chiavi di lettura.

“Identificazione con l’aggressore” è un’altra tipica modalità adottata dal bambino, sapientemente illustrata da

Anna Freud. Fateci caso. Ogni qual volta il bambino si trova di fronte ad una situazione di pericolo (un adulto

minaccioso, un animale “pericoloso”) temendo di essere aggredito, s’identifica con l’oggetto che gli incute

terrore e, ribaltando i ruoli, diventa lui stesso aggressore.

Non è un caso ma più la squadra avversaria è sentita come “forte” ed “imbattibile” e più alto deve essere il

livello dello scontro fisico e verbale tra le due tifoserie.

Di fronte a questi sempre più esasperati livelli di violenza, c’è chi liquida il tutto, definendoli “atti di teppisti”. Ma

anche in questo caso la lettura di questo fenomeno potrebbe essere più complessa.

Un tempo gli stadi erano altra cosa e si andava tranquilli e sicuri a vedere, con tutta la famiglia, la propria

squadra del cuore. Gli scontri, si sa, avvenivano altrove. Le “piazze” erano i teatri dove si fronteggiavano gli

“estremisti” di destra e di sinistra.

Al tempo, c’era chi credeva che solo innalzando il livello dello scontro di classe, era possibile cambiare “il

sistema”. Alla DC e agli altri partiti di governo andava bene così. Terminate le stagioni della strategia della

tensione, crollati gli altri ideali rivoluzionari che animavano i giovani extraparlamentari, “la piazza”, il luogo “per

eccellenza” di aggregazione e di “protesta” è venuta a mancare, a poco a poco.

Deprivati del loro abituale teatro di scontro, queste frange di violenti, si sono riversati negli stadi, divenuti gli

unici collettori sociali dove era “possibile” (in nome e con l’alibi della squadra del cuore) scambiarsi botte e

legnate. Ma se in piazza, un tempo, erano per lo più i giovani della borghesia italiana a fronteggiarsi, oggi negli

stadi ci sono solo i ragazzi del proletariato o del sottoproletariato. Ma c’è di più. Se un tempo il livello dello

scontro sociale era d’appannaggio degli studenti universitari, l’età media degli ultras è notevolmente più bassa.

“Religione, oppio del popolo”, sentenziava un tempo Karl Marx; ai tempi nostri il calcio e la televisione, sono (non

Pagina 33 di 38

Laura Antichi Allegato 2

a caso) le droghe più diffuse dal potere. Ne sa qualcosa Silvio Berlusconi, impegnato da tempo, massicciamente

in entrambi i campi.

Ma gratta, gratta il vero “rimosso” che sottende il tifo (specie quello più violento) è la morte. Questo

fondamentale passaggio lo si può comprendere solo se si è assistito, almeno una volta nella vita, ad una corrida.

Ernest Hemingway, Garcia Lorca, Pablo Picasso (e non solo) ne hanno cantato le immortali gesta.

L’immenso fascino della corrida non è nell’infame uccisione del toro ma solo e soltanto in quell’attesa magica del

suo ingresso nell’arena. Il toro, con le sue narici fumanti ed il suo tumultuoso irrompere nell’arena, suscita

(sempre) negli spettatori un sentimento che è un misto tra ammirazione e paura. La potenza che esprime nella

sua “dissennata” corsa, non solo incute una naturale spaesamento ma è fonte di straordinaria commozione. In

fondo, il destino del toro è segnato, come quello dell’uomo e lo spettatore, nel corso della corrida, non assiste

che alla rappresentazione della propria morte. La corrida non è solo la metafora della lotta del male contro il

bene ma anche (e sopratutto) quella dalla morte sulla vita. Non è forse quella “signora in nero” il nemico che

l’uomo non potrà mai sconfiggere?

Alla luce di tutte queste riflessioni, se fossi un ultras, più di confezionare scritte sadiche, violente e volgari,

sposerei quel motto “Una risata vi seppellirà”, coniato dagli anarchici. “Giulietta è ‘na zoccola”, ironico e sulfureo

sberleffo degli ultras del Napoli, indirizzato ai tifosi del Verona, non è (forse) uno striscione inimitabile, entrato a

far parte dell’immaginario collettivo?

da "La Voce della Campania" - Numero 12- Dicembre 2004

7 ESERCITAZIONE La maschera PRIMO ESERCIZIO Per ogni diversa tipologia di maschera cerca un’immagine adatta e realizza una presentazione in Power Point.

1. feste in maschera a Carnevale.

2. In psicologia: indossare una maschera

3. Uso religioso

4. Uso funerario della maschera

5. Nel teatro greco

6. La maschera negli studi antropologici

Vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Maschera)

SECONDO ESERCIZIO Crea una mappa che rappresenti i vari significati di maschera utilizzando Power Point 8 ESERCITAZIONE

Pagina 34 di 38

Laura Antichi Allegato 2

ISTRUZIONI Dai una definizione di “Wiki” Collegati a http://www.zoho.com/ e crea il tuo account di gruppo. Hai bisogno di creare anche un’e-mail di gruppo in http://mail.google.com/ 9 ESERCITAZIONE

istruzioni Copia e incolla il testo sottostante in un nuovo documento Word in cui avrai messo in intestazione pagina le pagine, il tuo nome e la data. 1. seleziona i titoli e dalla finestra “stile” clicca su “Titolo 1”; 2. seleziona il testo sottostante il titolo e dalla finestra “stile” clicca su “normale”

3. quando hai finito posizionati alla fine dello scritto sotto indice e dal menu “inserisci”:

Pagina 35 di 38

Laura Antichi Allegato 2

4. CLICCA SU “Sommario” e dai OK

VITA E OPERE Fra i pensatori statunitensi più noti e discussi Richard Rorty rappresenta lo studioso che più di ogni altro ha spezzato i legami con la filosofia analitica e con la maniera tradizionale di fare filosofa. Rorty nasce a New York nel 1931. Dopo aver insegnato filosofia a Princeton, è passato al Dipartimento di discipline letterarie dell'Università della Virginia. La sua formazione è avvenuta a Chicago e a Yale, due "bastioni di resistenza", come dirà il suo compagno di studi R. Bernstein, alla dilagante egemonia della filosofia analitica. Circostanza che però non esclude il peso di tale filosofia nella formazione di Rorty, ma che, fin dall'inizio, gli ha permesso di muoversi in orizzonti più vasti. Lui stesso dichiarerà in seguito di dovere molto ad alcuni fra i principali esponenti "eterodossi" della filosofia analitica: W. Sellars, Quine e, in misura minore, Goodman. Altri autori che hanno influito sul suo pensiero sono Kuhn e Davidson. Nel 1901 appare il suo primo articolo pubblicato, " Pragmatism, Categories and Language ", in cui manifesta interesse per Pierce e introduce " temi che avrebbero pervaso il suo lavoro: la tradizione pragmatistica americana e il potere terapeutico dell'ultimo Wittgenstein " (R. Bernstein). Successivamente, partecipa alle discussioni sul rapporto mente-corpo, approdando ad una prospettiva antidualistica, basata sulla tesi, condivisa da Feyerabend, secondo cui " non ci sono menti, ma soltanto cervelli ". Nel 1967 pubblica un'ampia raccolta di testi della tradizione analitica, nelle sue varie espressioni e correnti. Nell'introduzione, intitolata "Difficoltà metafilosofiche della filosofia linguistica", Rorty inizia a prendere le distanze da tale tradizione, esaminando, al tempo stesso, una serie di possibili scenari alternativi per la "fine" della filosofia. Egli ritiene che il pensiero analitico, sia quello di matrice neopositivistica, sia quello del linguaggio ordinario, pur non avendo rispettato la promessa di fare, della filosofia, una scienza, abbia pur sempre avuto il merito di attirare l'attenzione sulle difficoltà epistemologiche della filosofia tradizionale: " la cosa più importante che è accaduta nella filosofia degli ultimi trent'anni non è la svolta linguistica come tale, ma piuttosto l'inizio di un ripensamento a tutto campo di certe difficoltà epistemologiche che hanno tormentato i filosofi a partire da Platone e Aristotele " ("La svolta linguistica"). Negli anni Settanta-Ottanta (a partire dal suo grande successo, "La filosofia e lo specchio della natura", 1979), Rorty approda ad una prospettiva radicalmente post-analitica e post-filosofica, caratterizzata da un recupero della tradizione pragmatistica americana (Dewey, James) e da un confronto creativo con l'heideggerismo, l'hegelismo, il nietzscheanesimo, l'ermeneutica, il decostruzionismo, il postmoderno ecc. Nello stesso tempo, accentua i suoi interessi letterali, confrontandosi non solo con i filosofi, ma anche con gli scrittori (Proust, Nabokov, Orwell ecc). Tra i suoi scritti meritano di essere menzionati: "La svolta linguistica" (1967), "La filosofia e lo specchio della natura" (1979), "Conseguenze del pragmatismo" (1982), "Contingenza, ironia e solidarietà" (1989), "Oggettività, relativismo e verità" (1991), "Saggi su Heidegger e altri articoli filosofici" (1991), "Verità e progresso" (1998). Il lavoro del 1989 è stato tradotto in italiano con il titolo "La filosofia dopo la filosofia". I lavori successivi sono stati raccolti sotto il titolo "Scritti filosofici".

FILOSOFIA, MENTE, CONOSCENZA L'impegno di Rorty non è quello di escogitare nuove concezioni circa i tradizionali oggetti della filosofia (Dio, l'essere, l'Uomo ecc.), ma quello di sbarazzarsi di un bimillenario modo di filosofare. Al centro della sua riflessione troviamo infatti una serrata polemica contro la Filosofia (la maiuscola designa la tradizione filosofica "ufficiale" a cui egli intende contrapporsi) e un atteggiamento "terapeutico", come egli stesso lo definisce, contro la corrente dominante del pensiero occidentale: " i pragmatisti ritengono che la più grande aspirazione della filosofia è quella di non praticare la Filosofia ". Questa impostazione risulta evidente soprattutto in "La filosofia e lo specchio della natura" : l'immagine canonica della filosofia, dice Rorty in questo scritto, che più di ogni altro ha contribuito alla sua fama di studioso, è quella di un " sapere fondazionale " che giudica la validità di tutte le altre aree della cultura (dalla scienza alla religione, dalla matematica alla poesia) assegnando, ad ognuna di esse, un posto specifico. Tale immagine trova in Kant, e nella sua concezione della filosofia come metacritica delle scienze speciali, il maggior teorico e interprete: " dobbiamo al XVIII secolo, e in particolare a Kant, la nozione della filosofia come tribunale della ragione pura, che conferma o respinge le pretese della cultura restante " ("La filosofia e lo specchio della natura"). In seguito, la ritroviamo nel neokantismo, nella fenomenologia, in Russell, nell'empirismo logico e nella stessa filosofia analitica, che in luogo della critica trascendentale pone l'analisi linguistica:

" Per come la vedo io, il genere di filosofia che discende da Russell e da Frege, proprio come la fenomenologia classica di Husserl, è semplicemente un ulteriore tentativo di mantenere la filosofia nella posizione in cui Kant desiderava porla: quella cioè di giudice delle altre aree della cultura. […] L'empirismo logico era una variante della canonica e accademica filosofia neokantiana incentrata sull'epistemologia. […] La filosofia "analitica" è una variante ulteriore della filosofia kantiana, una variante caratterizzata principalmente dal considerare la rappresentazione come linguistica piuttosto che mentale, e quindi la filosofia del linguaggio come la disciplina che esibisce i "fondamenti della conoscenza", invece della "critica trascendentale" o della psicologia " .

Il presupposto comune di queste dottrine è l'idea della Filosofia come disciplina che possiede una sua specifica e privilegiata via d'accesso ai fondamenti della conoscenza e ai meccanismi della mente: " la filosofia può essere fondazionale nei confronti della cultura restante perché la cultura è la raccolta delle pretese di conoscenza, mentre la filosofia sottopone a giudizio tali pretese. Può fare questo perché comprende i fondamenti della conoscenza e trova questi fondamenti attraverso lo studio dell'uomo-come-soggetto-della-conoscenza, dei "processi mentali" o delle "attività della rappresentazione" che rendono possibile la conoscenza. Conoscere significa rappresentare accuratamente quel che si trova fuori della mente; in tal modo concepire la possibilità e la natura della conoscenza

Pagina 36 di 38

Laura Antichi Allegato 2

significa capire il modo in cui la mente riesce a costruire tali rappresentazioni. Il compito cardinale della filosofia è quello di costituire una teoria generale della rappresentazione, una teoria che sia in grado di dividere la cultura nelle aree che rappresentano bene la realtà, in quelle che la rappresentano meno bene, e in quelle che non la rappresentano affatto (malgrado la loro pretesa di riuscirci) " . Filosofia, conoscenza e mente sono quindi idee interconnesse: ma di quale "mente" parla, polemicamente, Rorty? Della mente come "specchio", ovvero come occhio immateriale che rappresenta, in modo adeguato o inadeguato, la realtà. Infatti, asserisce Rorty (secondo cui sono le immagini piuttosto che le proposizioni, le metafore piuttosto che le asserzioni a determinare il maggior numero delle nostre convinzioni fìlosofìche), esiste un'immagine che continua a tenere prigioniera la filosofia. È l'immagine della mente " come un grande specchio, che contiene rappresentazioni diverse - alcune accurate, altre no - e può essere studiato attraverso metodi puri, non empirici " (il pensiero corre immediatamente a Kant). Del resto, prosegue Rorty, senza la nozione della mente come specchio non ci sarebbe stata l'idea della conoscenza come rappresentazione accurata e quindi non avrebbero avuto senso gli sforzi di Cartesio e di Kant, volti ad ottenere " rappresentazioni più accurate attraverso l'esame, la riparazione e la pulitura dello specchio ". Nemmeno avrebbero avuto senso, fuori di questa strategia, " le recenti tesi secondo le quali la filosofia consisterebbe di "analisi concettuale", o di "analisi fenomenologica", o di "spiegazione dei significati", o di esame della "logica del nostro linguaggio" oppure della "struttura dell'attività costitutiva della coscienza" ".

DALLA FILOSOFIA ALLA POST-FILOSOFIA Questa teoria "speculare" o "spettatoriale" della conoscenza (che affonda le sue radici profonde in Platone e nel mondo greco, ovvero in una tradizione di pensiero che ha inteso la conoscenza in termini di metafore visive) oggi risulta in crisi. Infatti, la pretesa di uscire dalle nostre rappresentazioni, per afferrare un punto di vista esterno o neutrale, da cui potersi interrogare circa la legittimità delle rappresentazioni stesse, si è rivelata un semplice mito cartesiano-lockiano-kantiano, ovvero il frutto di una costruzione storica, da cui abbiamo preso irrimediabilmente le distanze. Tant'è che, se la Filosofia tradizionale aveva l'aspetto di un pensiero fondazionalista ed epistemologico (termini che in Rorty sono sinonimi), la post-Filosofia ha l'aspetto di un pensiero antifondazionalista e antiepistemologico (e quindi antikantiano e postkantiano). Del resto, le ambizioni epistemologiche della Filosofia sono state respinte da quelle stesse attività (la scienza, la politica ecc.) che la Filosofìa si proponeva di legittimare. E se Cartesio, Locke e Kant sono stati i fondatori della filosofia moderna, Wittgenstein, Heidegger e Dewey ne sono stati i distruttori. Infatti, dopo aver cercato, in un primo tempo, nuovi modelli di filosofia fondazionale, in un secondo tempo ciascuno di essi consumò il proprio tempo a metterci in guardia contro quelle tentazioni alle quali essi stessi avevano ceduto. Così la loro opera successiva è terapeutica piuttosto che costruttiva. Anche lo scopo di Rorty intende essere terapeutico, ossia volto a "guarire" le menti dalla filosofia e a promuovere la transizione dalla Filosofia alla post-Filosofia. Tuttavia, come risulta chiaro dalle ultime pagine del suo capolavoro, il discorso di Rorty è più articolato di quanto sembri a prima vista. Da un lato, l'autore dichiara la fine della Filosofia, assimilandola a una "malattia culturale" da cui occorre liberarsi, in vista di una nuova età postfilosofìca: " può darsi che l'immagine del filosofo proposta da Kant stia per tramontare com'è tramontata l'immagine medievale del prete " . Dall'altro, egli puntualizza che dopo la Filosofia ci sarà ancora la filosofia, in quanto ad essere finita non è la filosofia tout court , ma la filosofia protesa ad una fondazione sistematica dell'Essere e della Conoscenza: " non c'è pericolo che la filosofia "si esaurisca". La religione non è finita con l'Illuminismo, nè la pittura con l'impressionismo [...] anche se la filosofia del XX secolo si avvia ad apparire come un confuso stadio di transizione [...] ci sarà certamente qualcosa chiamato "filosofia" dopo la transizione " . Convinzione ribadita in un intervento del 1990: " sono spesso accusato di essere un pensatore della "fine della filosofìa", e vorrei cogliere quest'occasione per sottolineare ancora una volta [...] che, semplicemente, la filosofia non è un genere di cosa che possa avere una fine; è un termine troppo vago e amorfo per sopportare il peso di predicati come "inizio" o "fine" " Per quanto concerne il presente, Rorty, dopo aver distinto tra filosofi "normali" e "rivoluzionari", afferma che tra questi ultimi occorre distinguere due tipi: 1) quelli che " fondano nuove scuole all'interno delle quali può essere praticata la filosofia normale e professionalizzata " (ad esempio Cartesio e Kant, Husserl e Russell); 2) quelli che " rifiutano l'idea che il loro vocabolario possa mai essere istituzionalizzato, o che i loro scritti possano essere considerati commensurabili con la tradizione " (ad esempio Kierkegaard e Nietzsche, l'ultimo Wittgenstein e l'ultimo Heidegger). La simpatia di Rorty va esplicitamente a quest'ultima categoria di filosofi, che egli chiama edificanti per distinguerli da quelli sistematici: " i grandi filosofi sistematici sono costruttivi e offrono argomentazioni. I grandi filosofi edificanti sono reattivi e offrono satire, parodie e aforismi [...]! grandi filosofi sistematici, come i grandi scienziati, costruiscono per l'eternità. I grandi filosofi edificanti distruggono a beneficio della loro propria generazione " (La filosofia e lo specchio della natura). Più in particolare, la filosofia edificante, che Rorty accosta all'ermeneutica (per la comune ispirazione storicistica e antiepistemologica), lascia cadere sia l'immagine della filosofia come sapere professionale di tipo specialistico, sia l'idea del filosofo come uno " che conosce alcunché intorno al conoscere che nessun altro conosce altrettanto bene ", e si concretizza in una ricerca dedisciplinarizzata di nuovi dizionari e di nuove maniere di vivere e di pensare. Per queste sue caratteristiche di sapere narrativo, la filosofia re appare protesa a edificare, cioè a formare gli uomini, più che a "conoscere" oggettivate mente il mondo. In questa nuova veste, di tipo etico-formativo, la filosofia, semplice scrittura fra le scritture , non si pone più come espressione privilegiata del sapere, ma come una delle tante voci all'interno della "conversazione" complessiva dell'umanità: " l'impegno morale dei filosofi dovrebbe essere quello di continuare la conversazione dell'Occidente " (La filosofìa e lo specchio della natura). Conversazione che si nutre del dialogo, ossia di una "democrazia dialettica" che vive del confronto costante dei diversi punti di vista, senza pretese di sopraffazione reciproca.

CONTINGENZA, IRONIA E SOLIDARIETA' Nello scritto "Contingenza ironia e solidarietà" (1989, tradotto in italiano con il titolo "La filosofia dopo la filosofia") Rorty è andato sempre più accentuando la fisionomia storicistica e pragmatistica del suo pensiero. All'idea metafìsica di una descrizione privilegiata della realtà, capace di rispecchiare in modo sovratemporalmente valido l'essenza delle cose egli ha contrapposto l'idea "postmetafisica" di una pluralità mutevole di approcci al reale ossia il concetto della

Pagina 37 di 38

Laura Antichi Allegato 2

storicità dei vari modelli di comprensione dell'esistente (e quindi dei vari "paradigmi culturali" entro cui il mondo ci è dato) Non esiste, dice Rorty a più riprese, un mitico là fuori, che la nostra mente intesa come essenza rispecchiante, avrebbe il compito di riprodurre poiché la realtà esiste sempre all'interno di una serie di prospettive storicamente e socialmente condizionate che corrispondono a modi diversi di atteggiarsi di fronte al mondo. Alla concezione (metafisica) della verità come "scoperta", Rorty, partendo dall'idea del mondo finalmente perduto, oppone la concezione (pragmatistica) della verità come costruzione umana, connessa a determinate pratiche sociali di giustificazione e di controllo e quindi a determinati valori. Non esiste una verità oggettiva di tipo platonico, cioè esistente al di sopra e indipendentemente dagli uomini. Vero è ciò che una determinata comunità, sulla base di determinate regole storielle di controllo e di verifica, crede, in maniera argomentata, che sia tale. Il punto decisivo dell'opera di Rorty, scrive Aldo G. Gargani, risiede " proprio nel rovesciamento teorico che egli opera quando, in luogo di una legittimazione degli enunciati in rapporto diretto e estensivo ai loro referenti "là fuori", indipendenti dai nostri sistemi simbolici, [ ] propone invece un nuovo modo di guardare ai nostri discorsi, che non devono essere legittimati rispetto ai princìpi o fondamenti già predisposti, ma in relazione a ciò che riteniamo migliore, più utile, più bello da fare e da pensare nell'ambito di una comunità [ ] di valori condivisi e partecipati ". Prospettiva che viene ribadita e radicalizzata nel terzo volume dei Philosophical Papers, in cui Rorty afferma che soltanto "sbarazzandosi" delle teorie tradizionali della verità la filosofia riesce ad assolvere meglio alla sua funzione culturale ed esistenziale. Questo atteggiamento neo-storicistico e neo-pragmatistico, che rifiuta " la nevrotica ansia cartesiana di certezze ", si accompagna alla proclamata necessità di una cultura postmetafisica (osservando che " cultura postmetafisica [...] sembra non più impossibile di una cultura postreligiosa ed egualmente desiderabile "). Cultura che, per Rorty porta a termine il processo moderno di secolarizzazione e disincantamento del mondo: " A cominciare dal XVII secolo cercammo di sostituire all'amore per Dio l'amore per la verità trattando il mondo descritto dalla scienza come una semidivinità. A partire dalla fine del XV secolo cercammo di sostituire all'amore per la verità scientifica l'amore per noi stessi, di venerare la nostra natura profonda, spirituale e poetica, trattandola come un'ulteriore semi-divinità. La prospettiva condivisa da Blumenberg, Nietzsche, Freud e Davidson ci chiede di provare a non venerare più nulla, a non considerare niente come una semidivinità a considerare tutte- linguaggio, coscienza, comunità - come un prodotto del tempo e del caso " (La filosofia dopo la filosofìa). La nuova prospettiva di Rorty ruota intorno a tre parole-chiave: contingenza, ironia e solidarietà. Con il termine contingenza Rorty intende la tesi secondo cui non esistono essenze universali e sovratemporali, ma tutto è socializzazione e quindi circostanza storica . Con il termine ironia intende la posizione di chi riconosce il carattere storico, cioè fugace e contingente, delle proprie convinzioni. Per solidarietà intende l'atteggiamento di chi si batte per diminuire la sofferenza e l'umiliazione degli esseri umani.

DEMOCRAZIA E FILOSOFIA I tre concetti appena spiegati caratterizzano la nuova figura dell'intellettuale postfilosofico, ossia di ciò che Rorty chiama " l'ironico liberale ". Di fronte allo scontro fra gli studiosi in cui domina il bisogno di autocreazione e di autonomia individuale e gli studiosi in cui risulta preponderante il desiderio di una comunità giusta e solidale, l'ironico liberale invita a non scegliere tra essi ma a dar loro, invece, ugual peso, per usarli poi per scopi diversi: " gli autori come Kierkegaard, Nietzsche, Baudelaire, Proust, Heidegger e Nabokov sono utili in quanto modelli, esempi di perfezioni individuali - di vita autonoma che si è creata da sé. Gli autori come Marx, Mill, Dewey, Habermas e Rawls sono, più che dei modelli, dei concittadini. Il loro impegno sociale, è il tentativo di rendere le nostre istituzioni e pratiche più giuste e meno crudeli " ("La filosofia dopo la filosofia"). Di fronte alle pretese della Filosofia (metafisica) di parlare in nome dell'unica Verità e dell'unico Bene, tramite un platonico attingimento delle essenze universali delle cose (natura umana inclusa), l'ironico liberale afferma il "primato della democrazia sulla Filosofìa ", intendendo sostenere, con questa espressione, che le pretese assolutistiche della Filosofia (tradizionale) vanno ripudiate, in quanto risultano strutturalmente inconciliabili con gli assetti pluralistici e democratici delle società avanzate: " quando entrano in conflitto, la democrazia ha la precedenza sulla filosofia ". Nelle democrazie nessuno può ergersi a custode dell'unico Vero e dell'unico Bene e nessuno può pretendere di imperli agli altri, alla maniera dei guardiani platonici. Contrariamente a quanto si afferma talora, il prospettivismo di Rorty non coincide affatto con una forma estrema di relativismo culturale. Infatti, di fronte all'anti-etnocentrismo di coloro che, partendo dal postulato antropologico dell'equivalenza di tutte le culture, rinunciano a difendere i valori della propria cultura, Rorty afferma un "etnocentrismo moderato " che, pur essendo consapevole del carattere locale di determinati valori dell'Occidente (libertà, uguaglianza di diritti, pluralismo ecc.), ne afferma la validità transituazionale, cioè l'universalità di diritto: " l'anti-antietnocentrismo sollecita [...] ad accettare con assoluta serietà il fatto che gli ideali della giustizia procedurale e dell'eguaglianza umana sono sviluppi culturali provinciali, recenti ed eccentrici e a rendersi conto che non per questo vale meno la pena di battersi per essi; insiste sul fatto che gli ideali possono essere locali e legati a una cultura e ciò nondimeno costituire la più grande speranza della specie " ("Scritti filosofici").

INDICE

10 ESERCITAZIONE ESERCITAZIONE SUL BLOG

Pagina 38 di 38

Laura Antichi Allegato 2

ISTRUZIONI

1. apri il motore di ricerca www.google.it 2. ricerca definizioni per la parola “Blog” scrivendo nella finestra di ricerca “define blog” spuntando “italiano” 3. con le informazioni appropriate crea una presentazione in Power Point dal titolo “Cosa si intende per blog ed

alcuni esempi” 4. cerca nel Web alcuni esempi di blog mettendo l’indirizzo dei blog scelti e un commento. 5. Stampa la presentazione utilizzando “stampa di stampati” diapositive per pagina 6. 6. Consegna il tuo lavoro stampato all’insegnante e postalo sulla Community.

Un esempio interessante di Blog: http://www.beppegrillo.it/